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Cosi la storia anche nella penalità del furto fa te- stimonianza delle umane contradizioni additandoci punito da molte genti con lo estremo supplizio il furto che altre nazioni vollero anatto impunito (i). La storia perpetuamente ci mostra quella oscilla- zione delle opinioni umane da estremo ad estremo opposto che signoreggiò con singolare vicenda i consorzi cittadini: e tuttavia durerà finche il pro- gresso dei lumi e della civiltà non li abbia fermati in quel mezzo dove soltanto risiede il vero. Nc~dema- mente si rese dominatrice dei dettati penali la consi- derazione della oggettività giuridica dei malefizi. Si comprese ancl ~e rima che fosse nettamente enuclea- ta dalla scienza la nozione della co~nplessivita c' rea- ti . E applicando tale nozione al furto si dissero qun- llficati quei furti che recavano lesione di pitì diritti; e semplici quelli che avevano offeso soltanto il di- ritto d i proprietà. Cosi si destinarono contro primi pene di alto criminale assai più severe, e se nc spinse la cognizione ai tribunali di maggior com- petenza: lasciando la cognizione de i sernplici ai tri- bunali inferiori cd applicando pene piu lievi. Que- sto concetto f u giustissimo. Ma poscia si osservo dl e anche tra i furti che rispetto alla loro oggettività si sarehbero dovuti dire semplici (perche offende- vano *ilsolo diritto (li proprietà) ve ne erano alcuni che o pe r ragione di quantità naturale, o per ra- gione di quantità politica meritavano pena più se * vera; ed anche questi si vollero noverare trai qzba- lificati, e colpirli più severamente. Nella ulteriore

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Cosi la storia anche nella penalità del furto fa te-

stimonianza delle umane contradizioni additandoci

punito da molte genti con lo estremo supplizio il

furto che altre nazioni vollero anatto impunito (i).

La storia perpetuamente ci mostra quella oscilla-

zione delle opinioni um ane da estremo ad estremo

opposto che signoreggiò con singolare vicenda iconsorzi cittadini: e tuttavia du rerà finche il pro-

gress o dei lumi e della civiltà non li abbia fermati in

quel mezzo dove soltanto risiede il vero. Nc~dema-

mente si rese dominatrice dei dettati penali la consi-

derazione della oggettività giuridica dei malefizi. Si

comprese an cl ~e rima che fosse nettam ente enuclea-

ta dalla scienza la nozione della co~nplessivita c'i rea-

ti. E applicando tale nozione al furto si dissero qun-

llficati quei furti che recavano lesione di pitì diritti;

e semplici quelli che avevano offeso soltanto il di-

ritto di proprietà. Cosi si destinarono contro i primipene di alto criminale ass ai più seve re, e se nc

spinse la cognizione ai tribunali di maggior com-

petenza: lasciando la cognizione de i sernplici ai tri-

bunali inferiori cd applicando pene piu lievi. Que-

sto concetto fu giustissimo. Ma poscia si osservo dle

anche tra i furti che rispetto alla loro oggettività

si sarehbero dovuti dire semplici (perche offende-

vano *il solo diritto (li proprietà) ve ne e ran o alcuni

che o pe r ragione di quantità naturale, o per ra-

gione di quantità politica meritavano pena più se*

vera; ed anche questi si vollero noverare trai qzba-lificati, e colpirli più severam ente. Nella ulteriore

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elal.rorazione della scienza si osservò peraltro che a

torto davasi il nome di qualij5cati a tali furti per-

che la qualzficcc nella esattezza del linguaggio do-yeva nascere da un ulteriore diritto violato. Ed al-

lora si disse che anche questi dovevano resta re nella

classe dei furti senzplici; ma poichk era conveniente

sottoporli ad un aggravamento di pena si dissero

furti semplici c6ggr.avati. Ecco coine nacque in molti

dei codici contemporanei la triplice divisione dei

furti in qualificati, aggravati e semplici; o, a me-

glio dire, la suddivisione dei semplici ( nel contrap-

pbsto di complessi) in semplici propriamente detti,

e semplici aggravati. E simile concetto naturalmente

si svolse nel rapporto della penalita col minacc iare

ai qualificati una pena di alto criminale (reclusione,

casa di forza, galera) ed ai semplici sempre la pri-

gionia aumentata negli aggrav ati in prolungamento,

senza mutazione di specie.

(1) Co s t a l i o adversar ia pag. 27 , n. 9. & però vero

che molti negano essersi assolutamente permesso il furto

appo gli egizi e gli spartani: G r a n t z dc defenaione veo-

l o t a l pug . 1 4 9 , n. 83 - t r a u c h i o opuscula pag. 674.

E più recentemente combattb questa opinione T h O n i s s e n

in un suo erudito scritto inserito nella Revue I l i s tor ique

vol. 14, png. 2 4 0 , e riprodotto test8 nell' opera pubblicata

dallo illustre professore di Lovanio sotto il titolo e'tudes a 1 1 ~

1" fristo ive drc droit criiliinel des petaples anciens lit). 2,

cBhap.5, ( t y . l oc i .

Tale concetto in punto di scienza sarebbe esat-tissimo perchb in sostanza si riduce a questU. con-

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- 0-1-dusione. Stabilire come principio che il criterio di

penalitii desunto dalla sola offesa al gius di pro-

prietà (1) non porti mai a pene di alto criminale:

che per salire a questa occorra l' adiezione di uii

secondo criterio desunto dalla offesa ad altri diritti

poziori: e che tutt e quelle concoiriitanze le quali au-

mentano la quantità del reato per ragione di mag-

gior danno meiliato ma senza lesione di ulteriori

diritti, portino aumento di pena ma sempre nella

sfera delle pene inferiori senza mai passare allt:

pene superiori. Malgrado ci0 dissi di sopra che io

non credeva opportuno alla trarttazione scientifica

il seguire questa triplice divisione; e coerente-

mente a simile idea esposi le diverse aggrav anti

secondo l' ordine dei respettivi criterii intrinseci,

senza guardare se pei medesimi si producesse in

qucsto o in quel coilice contemporaneo il titolo d i

furto qualificato o soltanto aggravato. Adesso che

i miei alunni hanno più da vicino conosciuto le

principali circostanze aggravanti del furto, eccomi

a dare la ultima ragione di quel mio pensiero, e del

metodo da me tenuto. Fra tutti i codici contempo-

ranei che hanno adottato la distinzione tra furto

aggravato e furto qualificato non ne trovo alcuno

che abbia poi nell' applicazione strettamente obbe-

dito al principio cardinale che ho riassunto in que-

sta teorica, Seguendo la radicale della distinzione

non si s,arlebbero dovuti collocare tr a i qualificati clie

i soli reati complossi ; qui per tanto quelli chfi

presentano in loro oltre la lesione del diritto di pro-

prietà relativo alla cosa sottratta anche quella di

altri diritti. Così sta benissimo tra i qualificati il

furto violento che offende ancora la sicwrezaa ptif*-

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sonccle; il furto con effrazione scalata o falsa chiaveed altri, che offendono la sicurezza del domicilio;il furto sacrilego che ofrencle anche la religione: evia così discorrendo. Ma tut ti gli altri fu rti chesempre offendono il solo diritto di proprieta nondovrebbero essere che agg~u~atz' .e i codici con-temporanei avessero applicato in questo esatto sensola triplice distinzione, si sarebbe potuto benissimoassumere la medesima come guida di una tratta-

zione scientifica perchè sarebbesi riannodata ad unpunto fisso e razionale. &fa i codici contemporaneinon hanno poi rigorosamente obbedito a quel cri-terio naturale. Essi hanno preso a guida un criterioprepostero : un criterio che ho già notato in terminigenerali ( g . 1080 nota) non esser mai buono per71na esposizione scientifica: l criterio, voglio dire,della pena. Hanno prestabilito quali circostanze do-vevano secondo loro condurre alla pena superiore(per esempio la reclusione) ed hanno detto queifurti essere q~~aZificcc2;i:anno prestabilito quali furti

meritavano pena inferiore (carcere) e li hann.0 chia-wati senylici: hanno srestabilito quali tra questimeritavano un aumento di carcere nella durata e

li hanno det ti aggrccvati. Ma la pe na speciale mi-nacciata da uno o da altro codice contro un illale-fizio e un' ccccidefiGali!z'tÙ,esteriore rispetto aila natu radi quel malefizio : ssa i? variabile secondo il diversoInodo di veclere dei var i legislatori, ad uno de i qualipiacque punire un fatto con pena superiore, mentrttun altro puniva lo stesso fatto con pena inferiore.Ora Pi indubitato che non può affermarsi come dot-

trina scientifica un principio che non sia assoluto.I1 criterio della pena 21 variabile :dunque non puo

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assumersi come guida da chi imprenda ad esporPe

in punto di ragione astratta le specialità del furto.

Se io avessi voluto disporre le specialita dei furti

più grav i seguendo la triplice distinzione mi sare i

trovato a collocare fra gli aggf1uvat2un furto che

il codice di una provincia novera tra i quulificc~ti

viceversa: lo che avrebbe generato confusione e

perplessità nella mente degli studiosi.

(1) Questo criterio però non si può dire costantementeosservalo nelle pratiche, per quan to ap parisca razionale. Av-

vegnachò molte volte per ragione degli speciali servic i di

ccrte cose, e dello interes se che vi si annette si è salito

negli antichi tempi e si sale tuttavia ad altissime pen e quan-

tiinque non siavi complessità nella oggettivilà giuridica de!

rnalefizio. La storia ne fa solenni testimonianze di questo ri-

gore desunto dalla niera predilezione della cosa rubala. Così

anche riell' antico diritto scandinavo si punì cou la morte e

con la confisca dei beni il Curto di grano dai campi se as-

portato mediante carro: H e r r i g de rebus agrariis Sue-

ciis et Danicis pag. 45.

Basta che il giovine studente conosca quale do-

vrebbe esse re il vero criterio scientifico della distin-

zione tra furti aggravati e qualifìcnii. Gli basti

conoscere che da quella distinzione risulta l'effetto

di una diversità nella specie della pena. Gli basti

ctoiroscere molti legislatori aver dovuto prendere

pe r criterio della distinzione lo effetto che er a figlio

della loro volontC1 invece della causa giuridica. Com-

prese queste idee sarà chiarito allo intelletto c1i

ognuno il senso pratico di tale distinzione ; ogntino

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- 07 -portanclo I' occllio su que l codice che egli sa ld chin-

mato a rispettare nel proprio paese, troverh agevole

applicare la distinzione stessa senza pericolo dl in-

contrare contradizioni fra il dettato teorico e la di-

sposizione legislativa (1).

(1) Prendo qu i occasione di ricordare le differenze che

passano tra un corso teorico ed il commentario di un co-

dice, e ,le maggiori difficollà ch e in quello e non i n q ues to

S' incontrano. Non trovere te due codici ch e interamente con-cordino fra loro nella c lassazione dei reali. 11 com men tator e

accelta quella ch e trova fatta : l teorico deve crearla secondo

ragione sua, facendo astrazione d a tutti i diritti costituiti.

Questo sia detto intorno ai criterii gen erali da

seguirsi dal legislatore per la misura della penalita

in tema di fu rto. Ma l' argom ento della pena in

questo reato puo presen tare eziandio materia di stu-

dio speciale sotto il punto di vista della sua appli- 'cazione pratica; in quanto possano esservi in questo

reato speciali circostanze diminuenti la pen a che

in altri reati non lianno uguale valore. Questa ri-

cerca non si confonde con la ricerca del grado (1)

nel reato di furto che esponemmo nel precedente

capitolo; poichh orina i sappiamo qual sia la differenza

fra deg radazione clel clelitto, la quale conduce ac3

una minor pena come mera conseguenza della mi-

norata quantità clel m defizio; e degr~ adazio ne ella

pena ( 5 . 699) la quale porta a punir meno per ra-

gioni ineren ti a cjuesta, sebbene la quantit8 del ma-lefizio non ne venga modificata.

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- 08 -\ l ) Evvi un cri terio che non f~~ ll isc eai per dislinguert:

ciò che tiene al grado del delitto da cib c he tiene alla sua

quamtitti; e ciò che tiene al grudo del delitto, da ciò ch e

tiene al grado dellu penti. Il grado del delitto i? semp re

inerente alle forze soggettive di questo : a sua quantilà è

semp re connessa alle forze oggeitioe del medesimo. Il grado

nella pena non hti nessuna relazione n& con l e forze SOg-

rettive nè con le forze oggettive del delitto isolatamente

guardate, ma ha la sua radice nella forza oggettiva della pe-

na, Ia quale o diviene eccedente o insuniciente in un a

specie p er ragione della suscettività individuale dei condan-nato; o diviene eccedente per il suo rapporto con la forza

oggettiva del delitto in quanto questa siasi pe r eve nti po-

steriori diminuita. Cosi la fame che spinse a rubare non 6

iina degradante della pena, ma una degradante della ' i » / p ~ -

taz ione, perlochè niente s' immuta nel rapporto oggettivo e

nelle altre conseguenze giuridiche del malefizio, per chè ove

cib fosse non vi sare bbe nel ladro l' obbligo ad indenniz-

zare benclik tornato in fortuna migliore (Col e r o de a l i -

ntentis paq. 906) e pe r a ltro lato lo ignudo che ruba il

pane e lo af famato che ru ba le vest i non dovrebbe scusars i

quantunque per argomento dalla 1. 2. C. de pot r . qu i fZ -l ios suos uendid. comunemente si scusi: R o i t z decisiones

Lithuaniae decìs. 3, n. 313. Al contrario la restituzione de l

tolto non ha niente che vedere con le forze origiunrie de l

malefizio, ma perchè il fatto posteriore della restituzione ha

smorzato gli enètti della forza morale oggettiva del reato,

così il rapporto che in prima era proporzionale tra la forza

oggettiva del malefizio e la forza oggeltiva della pena, vie-

Iie a modificarsi, ed O causa di diminuire la pena qaantun-

qu e i l grado c la quantità del delitto nel rnonienlo della

consuinazione fossero alle condizioni ordinarie. Uguale cri-

terio regola tutte le altre attenuanti la pena che veramente

sono tali: non concordo pertanto con la doltrina di alcuni

moderni ( W e i s sb e i n dc poeni tcnl ia ef icaci post oon-

sumalionem cap. 2) i quali per regola generale insegnano

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- 09 -clie il pentimento ulile dopo la consumazione debba giovare

al colpevole, adagiando simile precetto sulla pr es un zi oi ~e he

11 pentimento efficace niostri non a ve re concorso nel delinqiien-

te la pienrzzct del dolo al momento dell' azione. Se tale pre-

sunzione si potesse accettare, la teorica della restituzione de:

tolto si conn etter ebbe col gr a do nel delitto. Ma io non credo

alla condizione ns sol utn di simile presunzione, potendo nelli ~

realtà avve nire il pentimen to efficace anche dopo consumato

un delitto con pienissino dolo. Anche qui si argomenta pervia di esem pii scegliendoli a comodo della tesi che si sostiene;

ina E sistema pericoloso. Per me le solide ragioni per va-

lutare a scusa del de linquente le riparazioni da lui eficn-

cemente oper ate dop o la consumazione , partono tutte da ri-

guardi politici e appartengono strettaniente al grado della

pena. Identica tesi si volle sostenere dal F o r n e t f n i s s e r -

talio d e poenitenlin qune di ci tur cf-licnx ccip. 2 ) i l quale

pronuncib la sentenza non potere il giudice minorare 1;i

pena se non dove trova una minore colpabilit(c nello agente.

')uccle aberrazioni derivano dalla signoria clie vuole accor-

darsi in cer te scuole ai principio sogge ttivo ; dal non com-

prendere la distinzione che passa fra gr a d o nel delitlo ( con-siderazione soggettiva ) e g r a d o n e l la p en a ( c~iis iderazione

oggettiva) e da l confondere il cardine m or al e della im pu-

tazione col c ardin e politic o della pu nizione. Il pregio della

Scuola Italiana, della quale fu principe C a r m ig n a n i , st a

appunto in questo di avere combinato i due principii rite-

nendo ciirscuno di loro i11 quello che ha di vero, iiledinnte

la distinzione fra degradanti il delitto e degradanti la pena.

La restituzione del tolto non pu ò a ppa rte ner e che alla cate-

goria delle degradmati la pena, ed anche in Russia ( G u i z-

z e t t i P r i n c i p i a j u r i s R u s s i a e d e d e li c ti s et poenis pag. 47 )

'si riconosce questa verità , che taluno si ostina a far moslra

di non conipr~:ndere.

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Ora la teorica del grado nella pena, cia noi esposta

sotto un punto di vista generale d al S . 700 al 1;. 778,

incontra alcune particolarità nel reato (li furto per

Ie quali se ne spande maggiormente lo influsso be-

nefico. Queste derivano dalla possibilità di una ?*i-

paraaio'one covqbta del danno immediato, la quale

nella maggior parte degli altri malefizi non niaialtrettanto ottenibile. Perciò avviene che inentre ( a

modo d i esem pio) la riparazione del danno eserciti

lieve influsso sulla pen di tà dell'omicidio, delle ferite,

ed altri rea ti, nei quali la indenn ità all' offeso non

B mai una reintegrazione perfetta, nel furto per lo

ria avernmoontrario eserciti tanto influsso, come 6''

occasione di osservare al $. 2234 nota l . Altret,tanta

benignità non potrebbe davvero usarsi in altri reati

quanta se ne accorda nel furto alla spontanea resti-

tuzione del tolto (1) appunto perchb in questo ma-

lefizioB

possibile la cancellazione totale di ognidanno reca to all' offeso: ed O la identica ragione

per cui nessuno sognc) mai la punibilità del furto

colposo: perchb se si re stituisce ciò che fu preso

per disawertenza non vi B danno alcuno, e se no

sorge il dolo nel ritenere scientemente lo altrui.

(1) Non fu universale nell' antica pratica 1' uso di a m -

mettere come diminuente nella pena di furto la restituzione

del tolto. Su ciò disputassi vivamente in Sassonia : W e r-

n ti e r obser.vatio~ltr;mom . 1, pars 4 , observ. 4, n . 125,

pag. 742 ; et oliseru. 201, n . 7, pag. 938 ct seqq . at (16-

8er.v. 225, pag. 964. Nell' antica pratica toscana lo ammet-

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- 11 -tere quesla diminuente era facollalivo: Annnli di yiuris-

prudenza Toscana X'V, 1 383; X I I , 1, 637. Lo ren-

dette obbligatorio pei giudici il codice del 18 5 3 art. 415 ,

S. 1: ina sotto diverse condizioni che l' articolo stesso

esprime, o ch e vi ha pe r interpretazione introdotto la giu-

risprudenza ; cioS :- . 0 Che sia totale : nnuli Toscn-

?li X V , l, 53, 654 - .0 Che si abbia la veni ~ e s l i -

tz~aionenon la semplice offerta o promessn: Annali To -

.qccrni X V I , 1, 8 7 6 , 8 7 7- .0Che non sia salutabile quan-

do il ladro p er rest ituir e la cosa pretese un dono in dena ro

dal proprietario: Annali Toscani X V I I , 1, 7 5 - .O Che

non sia valutabile quand o il ladro vi fu necessitalo per la

sorpresa del proprietario: Annali Toscnni X I X , l , 151

e 707; e X X , 1, 708, 709; X X I , 1, 7 2 6 - .0 Che nori

sia valutabile quando avvenu ta pe r op era della famiglia

del ladro a di lui insaputa :Annali Toscani XITII , 1 , 1 0 6 7 ,

1058; e X X I , l , 442 - .0 Che non tolga la diininuento

desunta dalla completa restituzione il da nno in cui sia ri-

masto il terzo compratore della cosa furtiva al quale il Ia-

dro I' abbia ritolta per restituirla : Annali Toscani ,YiYII 1 ,

595 - .0 Che deb ba amm ettersi la scusa quand o il pro-

prietario rict~sùdi accetiare la restituzione sebbene onèrta

nel 'suo conlple to: Annnli Toscani X V I , 1, 391.

Così per indentiche ragioni troviamo che i pratici

accordarono alla confessione spontanea maggiore po-

tenza come causa di diminuire la pena nel furto

che non i n altri reati : specialmente quando la con-

fessione porta seco la restituzione o la scoperta dei

complici. Il ladro non B come l' oniicida o come lo

stupratore, il quale sfogata una volta quella sua

passione verso un individuo potrà forse condurrelunga vita senza più avere occasione di ucciclere o

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- 12 -(li stuprare. L' aritlita dello altrui che domina il la-

dro rarissime volte k sazia al primo bottino. O egli

tesaurizza, e11 allora in lui avverasi la sentenza

c ~ e s c i t mar nzbznnzi quantunz @sa peczi.izia cloescil.

C) egli dissipa il male acquistato denaro (lo che

il caso pii1 frequente per la facilità con cui si kprocacciato) e datosi all'ozio ed al bel tempo, quan-

do si trova in secco torna a rubare (1). Di qui na-

sce che la società ha maggiore interesse a discuo-prire i complici di un furto che non i complici di

un oinicidio. Se è probabile che questi att erriti dalla

pena del loro compagno si astengano dal porre a

rischio la propria impunitti con nuove stragi, cib

non è ugualmente probabile in quelli. I1 cittadino,

che ha conosciuto essere stato invaso un domicilio

da se i ladri, ed ess erne stato punito uno solo sa

per certo che restano in societh cinque nemici delle

propriefa comuni, i quali imbaldanziti dalla loro

fortuna, e signoreggiati dalla perseverante passione

sono pronti a cogliere il destro di ag gred ire lo al-trui. Quindi se ne stanno in più grand e timore e

sospetto; clesiderosi di torselo dall' animo fanno

più buon liso alla mitezza che siasi usata verso il

ladro confitcnte, in faccia al grande benefizio di

vedere repressi i malandrini sconosciuti. Ecco per-

chè troviamo generalmente nella pratica (H) essersi

valutata la confessione del reo nel delitto di furtocon più larghezza che non in altri reati, Oltre a ciò

stando in fatto che nella maggior parte dei casi alla

condanna del ladro bisogna giungere per via d'in-

&zii (3) i quali possono riuscire fallaci, cosi la con-fessione in questo reato è desideratissima più che

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- 13 -in altri: m a pur troppo B anche pi" ra ra per la

indole versipelle di questi delinquenti.

(1) Questa osservazione pur troppo vera e costante si

usufruì per condurla a pii1 larghe conseguenze dal B r u s a

nei suoi stztdi sulla rccidiun.

('2) La conf essione si valu tb dcii prdtici co ine dim inue nte

anche quando fosse viziata da qualche- reticenza : W e r n h e

o b s e r u r r ~ i o ~ ~ ~ ~ n ~nm. 2, p u r s IX ,o b n er v . 151, pag. 2 5 0 e t

s ~ q q . d ammettcxrc la confessione c ome bastante a far pas-

saggio alla pena straordinaria conlro i l ladro condusse an-

cora u n7alLr a rego la. I1 furto è delitto di fatto trctnsezcnle,

e percib la confessione del reo supplisce alla rigorosa pro-

va del corpo del delitto secondo la comiine clotlrina dei

pratici: e di qui una ulteriore cagione ,di sce nd ere a pena

straordinaria qiiando il reo con la sua confessione avea for-

nilo la prova di un .materiale che altrimenti non sa rebb esi

avula : C a r p z o v o pvnct. prirs 2, qr~rtest.81 , n. 68 ct 59

- i r a q u e l l o de poenis tel~~percrndisons. 3 0 , n. 1 et

seqy. - n r p p r e c h t decis. 1, n . 61) ecis. 5, n. 2 7 ; t

dscis. 5 , n. 79 .

(5 ) Fra g17 indizi più freq uen ti e più culmina nli di cui

h grande maneggio la pratica a raggiungere la condanna

degli accusati di fu rto prinieggia quello della rcper i z ionc

degli oggetti frcrtivi presso di loro. E bene: anche questo

riesce molte volte fallace, C h e s t e r t o n nel suo libro in-

titolato 'Reuelut ions of prisons l i fe ( c h e B un registro di

falli :iutenlici) ricorda al clhctp. 6 , vol . 2, ag . l 5 0 i l caso

lacrime\~oledi una cameriera condannala a severa pena per

un preteso furto domestico sul fond;tmcnlo della reperizione

presso di lei di oggctli prctesi furtivi, tnenlre essa era del

tiltlo innocente.

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Altra difficoltA nella pratica applicazione del).

pena del furto iiicoglie per la frequenza di dovere

giudicare in un solo tratto pii4 successivi furti : edora doverli giud icare rin-ipetto allo stesso colpevole,

ora rinipetto a diversi. La priina cornbinszione porta

inibarazzi nella teorica. della continuazione; a se-

conda nella teorica della coiilp1icitL.

Per la teorica della continuazione (1) nascono in-ciampi a rnotivo dei criterii m isurato ri d ella pena-

lith i quali facilissimaniente s' incontrano differenti

nei più f'urti che si vogliono unificare col clicllia-

rarli ~o~zti ' iuati .i qui nascono tre distinti proble-

mi - "Quando dei piu fu rti con tinuati alcuni sia-

no corzszcrnati; ed altri solo tentati (2)- ." Quand

do dei medesimi alcuni siano semplici ed altri qzcc6-

l@~at.i 3) - ." Quando in ragione delle soinme

del tolto ciascuno (lei furti non porterebbe dia a

carcere, ma sommandoli porterebbero a redusione,o casa di forza.

(1) La pratica ho già pii1 volte notato corne fosse JargliiC-

sima quando trattavasi di dichiarare 1;i continuazioiie per

rninorare la imputazione del fiirto, laonde nou si esilb

;i dichiarare continuati diversi furli benchè commessi a di-

versi ititervalli e contro diverse persone purchè it i qu;iiclie

modo potesse dirsi che era un eKetto di iina sola risolu-

zione: C i u i.b a cunsilia criniiraaliu c u i ~ s .03.

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(2 ) La combinazione del furto consurnato col furto t e i l -

tn to si contemplò dalla Cassazione di Firenze f d n n a l i d i

gi i~r i sprz ide~zza VI, 1 , 1113) e ammise si misurasse la

pena sul consumalo avuto un riguardo entro i liniiti le-

gali della qua nti ti al fu rto tentato. Altra volta avev a in-

segnalo ( A n ~ c a l i T o s ca n i X"VII , 1, 59 6 ) essere viola-

zione di legge lo app licare una pena pe r il tentato ed un'a l-

tra pena per il consumato, sotto il pretesto che non sia offesa

la stessa legge da entrambo i farti perchS 1: uno incontra

1 articolo che punisce i l tentato e l'altro lo articolo che pu-nisce il consumato. fi troppo frequen te lo error e di credere

si debbano applicare le due pene, e non la sola pena del

delitto continuato per I' accidentalità di due titoli diversi

emergenti di1 due a t l i che fanno parle della medesinra aaio-

me. iila sarebbe non nieno e rroneo a pare r mio il sup porr e

che quei due a t t i per 1 accidentaIità di un difforrne titolo

costituiscano s em pre un delitto continuato quan do non lo sa-

rebbe per le altre condizioni. & sempre un delitto unico.

Cajo entr0 in chicsn e rubb due cose sacre: ecco tutti d' ac-

cordo a dire che è un furto unico. Ma se invece rub ò una

COSU s ~z c r aed una cosa non sacra ecco alcuni che dicono,

abbiamo du e titoli , du e leggi d ivers e; dunque dohbianio da-r e entrunzbo l e pene, quella del furto sacrilego e quella del

furlo non sacrilego pri mo er rore . Altri coaibatlono tale er-

rore; ma dicono, il diritto offeso è lo identico, dunque dob-

biarno dare utzn sola pena , ma au men tata per la continua-

zione: secondo erro re. Non vi è luogo nè alle due pene,

Dì ? alla pena aum entata , perchS i! un furto unico. Se la

accidentaiit& che nella sottrazione di uno degli oggetti rii-

hati sorga uii titolo meno grave portasse ad impedire d'in-

fliggere il n ~in imo ellii pena deduceudone la continuazione,

si andrebbe allo assurdo intollerabile che lo agente. incor-

rerebbe pena maggiore per ave r fatto cosil meno grave. Dove

conseguenza è assu rda, la interp ctrozionr non può es -

sere diibbia.

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(.3) La combinazione del fur to qiialif icato col furto sem-

plice si conlemplò dalla Cassazione di Firenze 1;4w?laliTo-

xcnrli XIII , 1, 64 6) decidendo doversi applicare la pena

del furto qualificato accresciuta entro i suoi limiti pel furto

semplice. hia tale precetto vale quando trattasi di due fiir-

ti distinti, unificati pe r la continuazione. Se pe rb trattisi di

iin solo furto che in part e sia semplick e in pa rte qualifi-

cato disse la Cassazione iued esi n~a Annali To sc an i XVII I ,

1, 647, 648 ) non essere obbligatorio Io aumenfo e polerr

il giudice applicare la pena del furto qualificato anche nel

n~in imodella medesima. E ciò a buona ragion e: poichè? se

il giiidice avrebbe avuto balia d' infliggere il solo n i i n i ~~ i o

quando tutto il fu rto fosse stato qualifìciito, sar eb be assur-

do gli si negasse tale balia perchb il fur to in par le fu seni-

plice: ed è un er ro re , corne tio detto nella nota prece dente ,

quello di coloro che credono trovare applicabile li i teorica

della continuazione in d ue sottrazioni cornuiebse nello siesco

contesto di azione unicamente pe r l' accidentalità che dal-

I' una sorga il titolo di furto qualiticato e dall: altr a il lilolo

di frirto semplice: malgrado ciò si tia sem pr e un fur to unico

quando le più sottrazioni avvengano contemporaneameiite

nello stesso luogo: Annali Toscan i XVII , 1, 451. Vedasi

ancora Annali Tascani-X-Y, l , 146 .

La soluzione del terzo problema (into rno al quale

gi&esposi la mia opinione al S. 1477, e a l S. 2064)

riflette sulla soluzione dei due precedenti. Stabilite)

il cardine che la continuazione debba sempre riu-

scire ad effetto diminuente della pena, b con que-

sto principio che debbono sciogliersi tutte queste

combinazioni. In sostanza deve semp re farsi il con-

fronto tra gli effetti della dottrina regolatrice del

cumulo delle pene e gli effetti della dottrina (l(?.b

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continztaziofle,e sciogliere il dubbio sempre in quel

senso che mena ad un risultamento più mite (i).

(1)Ciò può impugnarsi in faccia ai dettati apertamen-

te contrarii di qualc he legge p ositiva speciale : H e r b s t de-

cisioni fondanaentali S . 179. &la trann e questa necessità

la regola benigna deve se mp re prevalere. La sostenne il

Gl a s e r in apposita dissertazione nell' Eco de i Tr ib un al i

n. 1465.Vigevano in Toscana regole pre ssochè identiche sul-

la conlinuazione anche prima della pubblicazione del codicee sotto lo influsso della legge del 24 febbraio 1821 :Annal i

Toscani XIII, l, 203; XV , 1, 223.Che poi la continua-

zione ancorchè realmente concorra non debba valutarsi quan-

do la somma dei valori porterebbe la pena alla specie SU-

periore, lo stabili in termini la decisione inserita negli An-

nali Toscani XXI, 2,687, 688 ciò si dimostrò coerente

alle antiche pratiche toccane dall' altra decisione che trovasi

negli Annali Toscani XV , 1, 160.Dove in un Regno esi-

stano diverse legislazioni può ancora svolgersi il problema

sulla penalilà da applicarsi quando le successive sottrazioni

sebbene commesse in luoghi diversi presentino il carattere

di continuate. La regola generale pe r cui deve sem pre ap-plicarsi la pena del luogo del commesso delitto vale anche

in tema di furto: B a r m l in n observut. pra ct. add itae ud

V um r s e r lib. 2, t i t . 60, observ. 8, n. 13, png. 432. Ma

questa regola non scioglie il problema nel caso misto. Pari-

menti nel caso di vzandato a rubare se il furto sia com-

messo in altro luogo o in un tempo successivo in cui per

avventura sia sopraggiunta legge diversa, s' insegna doversi

applicare anche al mandante la legge del ltrogo e del lem-

p0 che i nv es ~ì a esecu zione del mandato. Rla questo rientra

nelle regole generali della complioità e del mandato: ed e,

questione relativa aiia generaliti esaminata specialmente dal-

10H e r m a n n c ommen ta tio rrd ar t . 159,C.C. C.pay. 26,27.

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La teorica della complicith produce combimzioni

singolari pur esse quando in un furto od in più

furti snccessivi siano inte rven ute pii1 person e senza

comzlnansa di bottino. Quando nel preconcetto dei

ladri i1 bottino doveva esser comune, e d'altronde

la scienza respettiva comunica le aggravanti mate-

riali, il caso è semplice: i criterii misuratori della

penaliti procedono uguali per tutti salvo il calcolo

della respettiva qualità di autori o di complici. Madove non fosse comunanza di bottino può nascere

il dubbio. Snppongasi che tre mariuoli sono andati

insieme in un uliveto intesi già che ognuno avreblic,

fatto suo pro speciale della propria destrezza, senza

partecipazione del compagno. FinchZs si guarda il

caso nel punto di vista della corresponsabilit8 si

potra dire benissimo che tutti sono a vicenda com-

plici 1 uno dell' altro in quanto si sieno vicendevol-

mente instigati, ed in quanto si siano incoraggiati

l un i' altro nella perpetrazione del reato; sicchb

sonosi aiut:iti ope et consilio.Ma quando poi griar-dasi il caso sotto il punto di vista della ,soZidn~*ictb

nella pena mi sembra difficile clie la medesima si

possa trovare dove non fuvvi solidarieth ne l gua-

dagno (1). Ognuno rubava per conto proprio: Cajo

più svelto rapi un sacco di olive; Tizio e Mevio pii1

inerti ne raccolsero appena uno staio por ciasclie-

duno. Seguendo il principio della solidarie k- dovrebbc

farsi un cumulo del valore del tolto da ciascrino dei

tre, e sul coacervo misurare la pena. Reietta la so-

lidarietà Tizio vedrà misurare la sria pena conie

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- 19 -autore sullo staio di olive che si approprib, e Cajo

sul valore del sacco di o b e di cui si arricchi. Tizio

potrà inoltre esser punito come complice del furto

(li Cajo, e Cajo del furto di Tizio: m a po trà avve-

nire altresì che le due pene di autore e di complice

restino inferiori alla unica pena di correi calcolata

sul valore con~plessivodei due o pih furti: ed ecco

lo interesse della ricerca. Io penso clie nel re ato

di furto la unificazione del giudizio e la contempo-

raneità della esecuzione rimangano uccidentulitcìsenza influsso sulla misura della pena sotto il rap-

porto del criterio desnnto dal tolto. P e r ave re la

vera societccs crimi?zis bisogna che i delitti siaiio

risoluti nello .i.lzteresse comune. blancando ciò i fatti

restano p~i?zc&uZiter giuridicamente sconnessi. V i

sar8 una connessione giuridica tra la persona di

Tizio e il futto di Cajo, e tra la persona di Cajo

e il fatto di Tizio; nel che sta appunto la respct-

tiva complicit5. Ma t r a fatto e fatto non vi è cori-

nessione, e non se ne possono sommare i rcsulta-

menti per farne un tutto od zcnitù giuridica cheporti a pii1 severa punizione (2).

(1) La conclusione che qui accetto non è come a priiiiii

giunta parrebbe in contradizione a yiiello che sopra esposi

iu ordine alla possibilità di pu nire com e cornplice del furio

da iiltri conirnpsso anch e chi non er a p er av ere pc-rrle nes-

suna n e l l ì t c~ o : ilcsta proposizione (che si consolida ai)-

cova con la 1. 50, S. l , ver b. iriinlicilinru n~ cittlssa ff.de ft11'-

ti-9 porta alla conseguenza che i l parfecipe senza lucro pro-

prio risporicla del furlo c;ilcol;ito sulla sotnmti iiitegrale, lad-

dove i l partecipe per lucro proprio senza corounanza di bot-

tino risponderebbe del furto calcolato soltanto sullii soiriniaparzirilc del tolto da lui. iiIa le d ue proposizion i sono ugual-

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- 20 -mente solide e non s i contradicono, perch è nella ipotesl che

faccio al presente luogo non si ha un zsnico furto 3 cui più

persone parlecipino; ma si hanno più furli distinti a i quali

vicendevolmente i due respettivi autori intervengono CO-

me corriplici.

:2) Yedasi ]V e i t t e n a u cons. 11, n. 100.

Molte altre speciosissime questioni pratiche ven-

gono a sorgere per le combinazioni di pib furti suc-

cessivi e di più e diverse persone che abbiano al-

ternativamente preso parte all'nno e non all'altro.

Per esempio la circostanza aggravante che inter-

venne in un primo furto (effrazione) informa essa

agli effetti della penalit8 anche tutti i successivi

nei quali non fu materialmente ripetuta, ma sem-

pre servì di mezzo a consum arli? Se informa tutti

i successivi rispetto a colui che la pose in essere

nel primo furto e poscia ne trasse profitto per con-

sumare i successivi senza ripeterla (perchb l'uscio

era sempre rotto) 1 informerà essa anche a carico

de l novello socio che al primo fur to nel quale. fa

eseguita era affatto estraneo, ma che scienternente

ne approfittò intervenendo nei furti successivi? Mak forza che io mi arresti por non immergermi in

una casuistica senza fine.

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C A P I T O L O TTIII.

F 2 4 1 * t o i m p r o p r i o .

Idea e contenuto di questa nozione.

I romani non usu6.uirono la distinzione tr a furto

$wq23rzb e furto Z ~ z p r g ~ o1).Essi riferirono e parifi-

carono al titolo di furto molti fatti che noi oggi

specializziamo con titoli differenti; e molti altri, nei

quali trovarono la rnistione del falso, confusamente

designarono col nom e di stellion ato. Ma la pra tica

sentì il bisogno di distinguere e specializzare piu

nettamente a causa dello esorbitante rigore intro-

dotto nella penalità del furto. E come al fine di di-

radare le applicazioni di pene tro pi o severe soventesi afferr6 a distinzioni anche prive di solido fonda-

mento, cosi più alacremente potB propugnare una

distinzione che procedeva da una verità ontologica,

qual Q quella del delitto p?-op rio e del delitto Zm-

proprio. Ogni ente (e così ogni delitto) deve avere

certi cara tteri essenziali che lo costituiscono. Quan-

do tutti cotesti elementi ricorrono nel palefizio,

esso Q propio, ciok intero, completo nelle sue con-

dizioni ontologiche. Quando poi alcuna di tali con-

dizioni gli manchi, restandogli le altre (senza che

alla deficiente sia sostituita una diversa che facciadegenerare 1 ente o il delitto in diversa specie) si

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-- 422 -disse impopr ia ta la nozione, ci08 non completa, non

intera nei suoi elementi costitutivi. Poscia proce-

dendo sul principio che quando la legge impone

una pena ad un fiitto deve aver contemplato il fatto

nel suo modo di essere completo, sfruttò largamente

quella osservazione t2) insegnando che la pena or-

dinaria poteva irrogarsi soltanto ai relativi delitti

nel caso che fosserop?oop~+ii;a quando per il clifetto

di nn qnalche elemento erano E?~?p?*op~iati,ioveva

scendersi ad una pena straordinaria e piì~mite.

( l ) (Jueslo punlo di storia è posit ivo. Ma s e i Romani p n

riticavano al pr op rio i l furto. che noi chiamiamo i~ np ro pr io ,

liub egli :iffcrmarsi ch e anche a r~ucsto l t iri~o Romani adat-

lassero li1 distinzione tra furto non ~r~n t z i f e s louzn?lifesto du -

plicando iri queslo secondo caso anch e la potia dei furti irnpro-

prii ? Non mi è riuscito incontrare alcuno scrit tore c he esami-

ii i questo dubbio; e non lo tocca neppure il G h b l e r nella

dissertazione de /Zngrrrnti delicto ex jztris R o u ~ n n i r ae -

ceplis Botanae 1851, ove prccipuiirnerite svolge la dotlrina del

furto uiaiiifeslo Romano, e le ragioiii della medesima. Intorno

ii quesie noi tentammo di sopra (S.2048 nota eLj. 2110) le no-

stre congeliure, Il G h b l e r crede trov are la ragione della

pena maggiore del furto manifesto 1.0- el sentimento della

vendet ta che è p i ì ~ ivo quanto più il delitto è presenta-

ne o- . O nella c er te zz a maggiore della reità. Ma queste due

ragioni non ci sembran o serie; perchè non pu ò ainmeftersi

che la sapienza Iioniana volesse proporzionare le pene al

senliniento della vendetta privata; nè ravvisare una dimi-

iiucnte neila incertezza delle prove. Piic felice è i l G a h b l e r

nella coiifutazione degli argomenti allrui: e bene dimostra

falsa la opinione di M o n te s q ri i c u che il rigore Romano

contro il furto nianifcslo affermò desun to dalle leggi sparta-

ne: falsa la opinioue di C u a c i o il quale congetturò si vo-

lesse prem iare la diligenza dei proprietarii: falsa la conget-

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- 23 -tura di F u e r b a C li c he affermò esser maggiore 1' audacia

del ladro sorpr eso in f lragranza, laddove invece costui mo-

straci meno accorto e perciò meno temibile; nè. in lui ì: prova

di audacia I;i casualiti di essere stato sorpreso; e bene di-

mostra come ciidesse in equivoco il P e u e r h a C h quando

credette appoggiare la sua cong ettura suH7autori l i d i G e I i ci

noctes atticae lib. 20, cap. 1. Bla s e noi pienamente ader iamo

alle confutazioni ch e porg e G a h b l e r delle congetture altrui,

non ci sentiamo pera ltro persuasi di quelle da lui tentate;

e poichè dobbiamo appagarci di co ngetl ure teniamo la nostra.

(2) Cosi abbiamo trovato il parricidio i m p ~ o p r i o , l fa-

inulato f ~ n p r ~ p r i o ,1 ralto inzproprio, e simili. La differenza

che passa fra caso improprio e caso nzisio dipende da que-

sto che nel primo vi è mera deficienza di un qualc he ele-

mento nel secondo vi è sopi.avvenienza di una qualche cir-

costanza modificatrice della condizione ordinaria.

I pratici applicando questa distinzione al reato di

furto considerarono che l'oggettivo del furto consiste

nella violazione del diritto di proprietà e del pos-

sesso: e da ciò conclusero che ogni qualvolta si

violava la propp*.ietàaltrui per animo di lucro, senza

però violare il possesso (perchè il proprietario gia

ne fosse in quel momento privato) mancava al furto

uno dei suoi elementi e precisamente quello del

violato possesso; e così doveva il fatto (senza to-

glierlo dalla classe dei furti per la perseveranza

degli altri elementi) dirsi furto improprio e punirsi

più mitem ente, o per lo meno disapplicarne quelle

circostanze agg ravanti che al solo furto propvio do-

vevano referirsi. Questa distinzione, come ognuno ve-

(le, non B una vana sottigliezza : essa, benchè ignota

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ai romani, obbedisce ad una veriti antologica, ed of-

fre distintissima difformita cosi giriridica come po-

litica tr a caso e caso. Differmith gizcridica; poiche

diversb nei due casi B il diritto leso: difformità po-

litica,perchè grande differenza intercede fra il di-

sturbo che genera nella opinione della sicurezza il

fatto audace deI vero ladro, e quello che reca

un' azione della quale non può (nella maggior parte

dei casi) rimaner vittima .il proprietario se non per

troppa sua corren tezz a;~ rascuranza, o credulità (1).

Che se ancora in qualche caso di furto improprio

avviene (come vedremo) che nella penalità sia pia-

ciuto di stabilire una adequazione, non per questo

può dirsi inane il distinguere ciò che per sua na-

tura & distinto; e il distinguere produce sempre

utile frutto sotto il punto di vista delle qualifiche.

(1)La distinzione tra furti proprii e furti improprii si chia-

mò infelicissima dal17E r h a r d fd e notione fu:ulltipag. 133)

perchè a suo dire ciò che è furto improprio non è furto.

Atutto rigore di termini pub essere esatta simile censura.

Ma a clie conduce? SarA verissimo che il furto improprio

non è furto; e non lo è, perchè gli manca lo elemento

della contrettazione invito danzino ed il carattere essens.

ziaie della violazione del possesso. E perciò bene ha fat-

to la scienza moderna a d attribuir e a codesti singoli fatti,

che non sono furti, un nome speciale che l' uno dal17 altro

distingua, e che tutti li distingua dal ver o furto. Ma quando

vi è bisogno di esprimere con una sola parola tutta la fa-

miglia alla quale coteste figure appartengono, non potendole

chiamar furli perchè non sono, bisogna ben e u sare un vo-

cabolo che tutte simultaneamente le comprenda, e che ri-

cordi la negazione costante dei completi requisiti del titolo

di furto che a tlitti loro resta comune: è questa una neces-

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- 25 -sità dello espositore. Laonde poichè una pratica secolare ave-

va ormai dato a quell a famiglia il nom e di furti irrrproprii

(sia pure con minore esattezza) noi abbiamo ainato meglio

riprodurre quel nome, che può dirsi classico ed è inteso da

tutti, anzichè rimanere nel innominalo che genera oscurità,

o crea re un nuovo nome a capriccio. La impropriazione del

furto ha tutto il suo crilerio in una condizione yi ud di c n

della cosa ; niente valgono a questo fine le condizioni ma -

te ri al i della medesima. Laonde noi dicemm o a $. 2028 che

il furto anche delle cose intangibili è furto proprio (come

quello del gaz) quando la cosa sebbene intangibile può es-

sere nel dominio e possesso dell' uomo ; j>ub esservi tutte

le volle che malgrado la sua intangibilità è cosa corporea,

come osserva W i t t e w e n cle no tio ~z e urti pay. 15.

I1 concetto genera le che impropria il furto b dtin-

que quello della violazione del diritto di proprietà

non accompagnata dalla violazione del possesso. La

distinzione b tut ta noxz'onale e indispensabile alla

esattezza scientifica :ma non può dirsi come altredistinzioni, iner ente alla penalith o influente in un

i~lodo ssoluto sulla medesima : avvegnachh niente

ripugni che ad un furto improprio si applichino in

certe odiose condizioni le pene del furto proprio.

Così troveremo che l a frode b punita alla pari del

frirto semplice; e che la truffa con baratteria B

punita alla pari dei furti qualificati. Cid nonostante

la impropriazione della nozione il più delle volte

modifica la q uan tità del delitto e mitiga la pena-

lità. Ma si abbia sempre ricordo che ciò niente

muove nel metodo nostro, perclib il principio cardi-nale di cui parecchie volte abb iamo fatto solenne

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professione, si 6 che la pentilit6 sia un coizti-e?zte

estet3iore del delitto : che la nozione del iuedesirno

non debba mai desumersi da qnesto criterio pre-

postero, ma dalle condizioni essenziali del fatto per

le quali si richiama alla vera sua specie. Puni-

sca (1) il legislatore qnesto o quel fatto come par

meglio aiia prudenza su a; il fatto per cotesto non

muta; esso rimane sempre quello che e.

(1 ) Anche sulla penalità del furto improprio influisce ilva lor e del tolto. La regola c he anche il furto di cosa minimn

sia furto (S.2026 - C k o l d o compcnd ia pc lndec ta rum

pag. 1225, #t 1226, n. 6 - r u m a e u s dispulat iones

pag . 1014- i zna l i Toscan i X'CTI> , 1 4 4 ) vale a nche nel

furto improprio. Alcuni codici moderni proc edend o con un

inelodo particolare di classazione, come lo Austriaco il Fri-

burghese e il Bavaro del 1861, hanno distinto fra delitti e

contravvenzioni, e danno questyultimo nome al le sottrazioni

che rimangono al disotto di un certo valore. k chiaro da ciò

che la classe delle contravvciizioni nel codice Auslriaco pro-

(lede (alme no in part e) da u n criterio razionale desiinto dalle

intrinseche condizioni del f alto che niente ha di comune tra nne1' accidentalita del nome col criterio irrazionale desunto dalla

pena. Le dcyra dante' che emergono daIla niinorata fo rz a

mor ale soggett iva del m al ek io procedono senza dubbio nel

furto im propr io come nel propri o; e non av vi ragione di eccez-

zionali considerazioni. Così la età, la deme nza , il sordoniutis-

rno, e simili, si estendono senza esitazione da caso a caso: e

poichb la estrema necessità di fame (S. 2040 nota) esclude la

iniputazione ne l f urto pr oprio, così la esclude in ogni forrna

di furt o improprio. Potre bbe sofisticarsi dov e la lecge puni-

tiva abbia c ome in Russia (G i z z t t i p r inc ip ia genera l i a

ju r i s Russ iue de de li c ti s e l poenis , Koenisberga 1832,

pag. 1 4 ) dettato uno speciale precetto p er ordina re che nonsi punisca il fu rto commesso per fame: potr ebb e insistersi

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Questa forma fa nascere i titoli di truffa, frodata

amministrazione, e barattef-ia.

2."- nò il proprietario essersi volontariamente

dispogliato a favore di alt ri del possesso a l segu ito

di un inganno o di un artifizio preordinato ad usur-

pare la proprietà. Questa seconda forma fa nascere

il titolo dello stellionato, del falso privato, e della

usura prava.

3."- uò al proprietario esser venuto meno il

possesso della sua cosa per averla involontariamentesmarrita. Questa terza forma fa nascere il titolo d i

furto d i cosa trovata.

4."- inalmente può il proprietario non trovarsi

al possesso della cosa sua per non averlo mai con-

seguito sia col corpo sia con l'animo. Qui nasce il

titolo della espila;ta eredita, e del furto del tesoro.

Su queste linee verrò tracciando la partita espo-

sizione dei diversi casi che la pratica comune refe-

risce alla famiglia dei furti improprii. Ma in sostanza

la distinzione radicale ed im portante sta in ques to:

tenuto come carattere comune che nel momento

della appropriazione di una cosa il proprietario non

ne abbia il possesso, è. guardarsi se il colpevole

in un atto di sua malizia sia stato causa egli stesso

di quello spossessamento in apparenza volontario,

perchb egli abbia indotto a ciò il legittimo posses-

sore con artifizi ed inga nni; oppure se quello spos-

sessamento sia stato effetto del caso, o della volontà

libera spontanea ed illuminata del proprietario, e il

delinquente non abbia fatto che approfittare di tale

accidentalith senza averla preordinatamente procu-

rata . Sotto il punto d i vista della quantitd, del rea to è.

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questa la distinzione vitale. I1 resto non tiene che alla

nozionalità ed alla esattezza della nomenclatura (1).

(1) Recentemente si B agitata in Germania con grande

calore la questione s e il carcerato il quale evadendo porti

seco il vestiario od altri oggetti della pubblica amministra-

zione si renda colpevole di furto prop rio o di fu rto impro-

prio. Il caso trovasi esaminato nell' Archivio di diritto pe-

nale prussiano d i G o l d t d a m m e r vol. 1 , 1 8 5 3 , pag. 91 ;

e da O s e n b r u g g e n nella sua casuàstica del diritto pe-

nale, Sciaffusa 1854, pay. 170, n. 950. Certo è che la non

punibiliti in certi casi della evasione non può togliere la

punibililà della sottrazione, perch è sar eb be contro la regola

dettata da [i l p i a n o alla leg. 2, princ. f l: de privatis de-

lictis. hla in quan to alla qu estione sul titolo parmi si debba

distinguere. Se lo evaso portò via oggetti dello stabilimento

sarà senza dubbio responsabile. Ma in quanto agli oggetti

di vestiario non potrà tutto al più rimproverarglisi che un

furto improprio. E dico tutto al pitì; perchè a caso sem-

plice finchb avrà ritenuto o gettato via gli abiti carcerarii

che ha recato seco perchè coattivamente a lui furono in-

dossati e non poteva spogliarsene senza fuggire ignudo, non

sarà debitore di alcun reato perchè in lui mancherà 1' ani-

m o di lucro. Soltanto sarà punihile quando abbia poscia

venduto quei cenci, e il dolo nascerà in l u i a questo preciso

momento, ina non potrh obiettarsi altro titolo che quello di

trii&. E analoga la questione proposta dai Dottori se il de-

certore si rendareo di furto in quanto al vestiario che in-

~ ~ S S Uuando abband ona le bandiere. La questione fii tra t-

tata da En ge l h a r d de jure ni i l i tum S. 63 4 : ma il di-

ritto penale militare non entra nell' ambito della mia espo-

sizione. Al contra rio fu deciso tra noi (An n a l i To s ca n i

XVI , 1 , 1055 , 1 0 5 4 ) che lo infermo se uscendo dallo

ospedale porta via il vestiario postogli indosso nello stabi-

limento, ì, reo di furto e non di truff.2: e cib perchè si è

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detto che la consegtan no» lo rende possessore. In quanto

alle lenzirola ed altri oggetti questo proriunciato sar à veris-

s imo; ~ i i 1 n quanto alle vesti iiii permetto di dubitarne.

Costi s' intende egli per rendere possessore? S' intende un

possesso uti dorrrinus? Inteso così a c t u~n s t del titolo di

truffa. Si deve intendere di un possesso per un zrso deter-

ntinrcto e transitorio, il quale siasi dal coaseguatario iuver-

tito col farsi padrone dell' oggetto consegnato o usarne ir imodo difforme per proprio lucro ? Stando ciò, come può

dirsi che io non si a possessore della camicia datami perchè

la indossi finchè dimo ro nello stabilim ento ? Io vi scorgo il

vero e proprio commodato e il possesso uf i commodata-

?.ius: vi è quella conlrettnzione che i giuristi (E c ko l d

compendia pandectarurn pay. 1224-25, la . 4 ; t p a g . 1216,

n. 4 ) ch iamarono finta. Accettato i l principio cardi nale clic

la consegna quaritunque condizionata im proprii sem pre i l

furto (RI o r n c.m. 7843) mi semb rano arbitr arie tante distii i-

zioni e liniilazioni sotto i l piiiito di vista della nozionaliti.

I1 concelto antologico è scsrripre ;tssoluto. P otrà spaz iarsi in

più od in meno nella pcnalith ; tabilirsi delle aggravanti :

ma il fatto clie è quello, è spnipre quello.

T r u f f a .

1,a parola t ~ u f a os t i t~~ i tai latino ofucia ( ~ 1 1 ~

derivava da ~ ~ G C U S )' introdusse nella pratica p-

nale nei tempi di rriezzo (l) vennc fino n noi co-

rrtci costante espressione di una forma speciale di

reato cont-ro la proprietà. Modernamente però nel

foro Lonibardo-Veneto si venne ad usare questa

parola in un senso assai diflorme per corisegrie1lza

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- 31 -della versione italiana del codice Austriaco colà in-

trodotto. Nello originale alemann o i fatti che nel-

1 antico foro si chiamavano stellionati, e che noi

chiamiamo fi*ocli, vennero designati con la parola

belwg che significando inganno rappresentava esat-

tamente il concetto. Ma il trad utto re infelicemente

voltò il betwg in trzcffa, non trovando forse la pa-

rola frode che meglio avrebbe corrisposto : e così

quando poi ven ne a volttire la parola veruntrenung,

che nel codice Austriaco designava la vera tvuffa

secondo il concetto universale, vi con trappose la pa-rola infedeltà nuova afratto nel linguaggio scienti-

fico. Cosi mentre in Francia si sono clesignate le

truffe con la formula di abz6.s de confia?zce, il codice

Austriaco nel veneto ha posto in uso la parola t?.lcf-

fa in un senso latissimo e quasi direi indefinito.

L i oltre moltissimi casi che hanno appo noi speciali

denominazioni per altra prevalente oggettività giu-

ridica, si sono n ove rati fra le truffe certc figu re cri-

minose ( per esempio la falsa testimonianza ) alle

quali se bene conveniva il nome di belvzcg designa-

tivo di qualsisia reato commosso al mezzo di men-zogncc, non sappiamo comprendere come siasi potuto

adattare d a quel traduttore il nome di truffa. Anche

a questa occasione peraltro noi dobbiaino ripetere

che dove s' incontra fra le diverse scriole, o ira le

diverse legislazioni una divergenza nella nomencla-

tura di qualcilo fatto criminoso, stin~ iam o ostro de-

bito strettarnente aderire a quella tscnologia che

troviamo più universalmente accolta dai pratici (2 )

ed in spocial modo a qrielln che B prevalente in

Italia, o alme no a quella che fr i tra noi prevalente

finchi?In

importazione violenta di codici stranieri

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non venne a gettare la confusione anche nel nostro

vocabolario legale.

(1) Sul significato originario della parola t r u f a pub vedersi

D u C a n g e glossariumverbo brupha- S c a n n a r o l o de

uisitatione carceraloruna lib. 1 , cap. 3 - L a u r e n t i u s

amalbh. onornastic. verb o iru pha . Ma nella sua origineques ta

parola indicando un inganno, una finzione qcialunque si sa-

rebbe adattata tanto a quella che oggi più propriamente SI

dice truffa, quanto alla frode e allo steliionato. La specia-

lizzazione di quel vocabolo ad u na forma più p articolare di

malefizio B dunque tutta moderna. Circa la etimologia e la

origine di tale parola ecco cosa leggo nel T o s e I l i (Cenni sul

~ O P O riminale boloynese, Appendice pg. 05) - nella

a lingua dei Brettoni, e nei Dizionarii loro si legge t ruf fe ,

a truffa, inganno ; ruffare, dileggiare, beffare ; ruffa, sot-

a t rarre : rulfa, lusingare, sedurre con lusinghe : ella [in-

a gua Basca trufutza, io mi burlo : li antichi francesi ebbe ro

t rure , burla; t r u f i r burlare : gli spagnuoli t rufa burla ;

u trulfar deridersi. Il C o r m o n sobrino aumentado, la

a vuole voce del17 antico italiano, senza sap ere ch e fu ed è

n: ancora dell' antico bret ton e, e francese. In un processo

a criminale del 1311 si legge, in Cappella S. Luciaea contrata quae dicitur truffza ' l mondo. Truffa B dunque

a vocabolo gallico, o celtico della più remota antichiih. E non

n: solo nel 1311, ma ezlandio trovasi usato truflare pe r

« burl are dileggiare, ne' documenti più antichi. Nel 3281

dopo la scacciata de' Lambertazzi, alcuni Geremei venen-

a do dalla cavalcata fatta in Romagna e vedendo due Lam-

a bertazzi tigliuoli di Giacomo Abate alla finestra di una

R casa posta nella strada maggiore dicevano: haec sunt mala

a opeTa, no8 imus i n cava lcata s et Onnnili, pro parte

u stant in civilate et truffantur de nobis a .

('2) k perb vero che anche fra i pratici si trova spesso

usato promiscuamente il nome di furto per desig nare fattiche sarebbero per noi o frode o truffa: Ga r g i a r e o casua

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~ ì ~ i l i t c t r e sns. 59- t t o n e M a r c o c on sil in A r g c n t o r n -

terulu p a g . 1505- e y s e m e d i t . nd p a n d e c t . spcc. 557,

merlit. 9 et IO . Può dirsi clie la strett a ad erenza ;i questa

nomenclatura non si S rigidamente manten ul:~ in nessun

luogo quanto nelle osservanze giudiciali toscane.

Definiamo dnnrlne la tt-ufpct- a cloloscc u p j ~ ~ ~ o ~ ~ ii(/-

zioize c7i zclza cnscc cclt~zciche si & ~~icerslctal ~ ~ 11~o-

prletcwio per- ztnu convefzzione . r z o l z tt~tslcctiz7ali do-

~kzitzz'o ad zuz zcso dgle~nzhzato1 ) . I criterii essenzicr-li, o estreini, cliqnesto reato sono pcrtaiito i seguenti.

(1 ) Dicesi per un 2 1 ~ 0detcr~?iinato non già per conser-

varla e resiituirla al padrone. Perciò sulla cosa data ad altri

affinchè la venda p er co nto del pad rone cade ver a triifi 'ii:

come pure i i i ogui altro caso c he non tragga seco 1' obbligo

della resti tuzione; per esempio se vendasi i l concio clie 110

consegnato ad altri af inch S lo dia alle piante del mio giar-

dino. k indifferente clie 1' uso determinalo sia a profitto del

consegnante (abito dato per rticcornodare) O a profitto dei

consegnatario (c;ivallo dato per un viasgio). Il caso del170g-

getto dato per venclere si esaminb in termini nel giudicato

del tribunale provinciale di Venezia il 26 febbraio 186'6':

Eco d e i T r i h u t t i i l i 11. 3 651. Consegurntcmente si ritiene-!

senza esitazione com e truEa la appropriazio ne del d ena ro

consegnato al fine di recarlo ad altri, anclie in dono : K O C ìicom. 189, n, i, ol . 3, pny. 757. 11 padrone aveva abdicato

doniinio e possesso su queii' oggetto e su cluel d en ar o; il

terzo noi1 vi aveva ancora acquisito nè dominio, nS possesso.

hlalgrado ciò è truff a, perchl: il pad ron e coriserva i suoi

dirilti sulla cosa finchè il mandatario 1;i r i tiene, e s e ne spo-

glia definitivamente soltanto quando questi I' abbia tr:ismessa

;il donatario od al crediiore, e questi 1' abbia accettilta.

VOIJ. V. 2s

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1.0 Est?vvzo - he il possesso di un a cosa ( o

mobile, o mobilizzata dal delinquente per appropriar-

sela) siasi trasferito nel giudicabile dal proprieta-

rio. Questo è il criterio generale che impropria il

furto, Dove ricorra usurpazione di possesso cont9-ola volo~ztadel legittimo detento re non pub più esser

luogo a parlare di truffa. La consegna per pa rte del

proprietario deve peraltro esser fatta con Ikaivzodi spogliarsi delpossesso. Se taluno oonversando con

altri gli faccia vedere un oggetto e lo passi in sua

mano perchè lo esamini, e costui fugga involandolo,

egli non potrà dire di aver commesso una semplice

truEa nU un abuso di fiducia, perchè quella momen-

tanea detenzione accorciatagli dal proprietario non

aveva invertito il possesso della cosa. Questa spe-

cialita fu clecisa in termini d ai nostri tribunali: A*naM Toscalzi XVIT, 1, 1085. Questa con molto acu-

ine si disse dal F o r t i (Conclzcsionipag.240) con-

segna materia16 per contrapposto a quella che egli

chiama consegna per fiducia (1). I1 principio ebbe.

pure applicazione in Fran cia nel caso giu(1icato dal,-

la Corte di Cassazione 1 11 gennaio 1867: M o-

r i n art. 8452.Era un debitore che recatosi clal cre-

clitore col pretesto di voler vedere la propria obbli-

gazione se la era fatta consegnare, e iminediata-iiicnte l' aveva lacerata.'Si pretendeva chc ciò co-

stituisse un abuso di fiducia, rna i tribunali di Fran-

cia non ammisero questo siste ma; e fecero benissimo

Iìer la ragione sopra indicata . Dissero pero che eri1

f?nafo,P rloveticro (lira così perchb 10 leggi francesi

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non conoscono il falso pel* so~~ress ione .ppo noi

che abbiamo nella pratica e nel cociice che ci go-

verna questo titolo (che a suo luogo mostrer6 esat-

tissimo e conveniente) quel fatto meglio che rife-

rirlo al titolo di fnrto, del quale non esauriva gli

estremi perchi: il foglio soppresso non era un va-

lore ma una jiroua di obbligazione, lo avrem mo ri-

ferito al falso. Certo per6 che non pno ave rsi l a

truffa c~uancio l proprietario serbando la vigilanza

personale della cosa sua mostra chiaro non voler-sene spossessare: e cosi in termini fu stabilito dai

tribunali toscani: Alzfiali Tosca?zi XIX; 1, 546 (2).

il ) Queste conclusioni del F o r t i r itraggono al vivo i ca -

ratteri che distinguono la truffa dal furto, e mostrano quanto

sia inelta la idea francese di definire il contratto speciale

passato fra consegnante e consegnatario. Non è una od altra

indole di contratto quella che costituisce la specialità della

truffa. i3 la consegna fatta p e r /lJilcict senza traslazione di

proprietà. E questa ren de mi nore il delitto (come benissimo

osservaF

o r i ) p e r d o pp ia r agio ne- ."

perchè colui chef u vittima della propria impr udent e fiducia merita protezione

ininore dalla legge - ."peschh il fatto eccitando minore

spavento nei cittadini ha una minore gravità politica. Trat-

tavasi (nel caso esaminato dal F o r t i e dalla Rota deciso i11

conformitk delle s ue conclusioni) di un gioielliere c he aveva

consegnato un vezzo di perle ad uno sconosciuto i l qualc

mostrava di volerlo co mpra re, nfinc hè lo facesse visitare e

stimare. Se il gioielliere (osservava P O I. t i) vesse mandalo

con lo straniero il suo garzone, 1' appropriazione di colui

sarebbe stato iin ftcrto, pcrcliè la consegna era tnnteriale,

ciob senza fiducia. Ma percliE fu vvi fiducia iniprudentissimii

e così lo stesso leso eccit8 la ten(azione di delinquere non

vi E clie truffa.

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(2) In tema di furto di cosa sequestrata i! evidente clie

ove la appropriazione si commetta dal terzo consegnalario

deil' oggetto, questi non com me tte clie una trufIj, percili*

abusa di cosa po sta in s uo possesso per tito10 non triislativo

di dominio. Se l ' og~ el to i so t trae da un terzo, s i ha vero

furto; nè concorderei clie la acciden(a1iIh di essere Iiì cosa

posta sotto la man o della giustizia inverta il titolo del reato

in quello di violazione di deposito clie piacque a taltino, r

nem me no clie ne derivi una qualifica del furto. hla una que -

slione elegante si presenta nel caso ch e i terzi i eludi sot-

trassero al sequest ratario la cosa iivessero per una conven-

zione rego lare acqiiistala In medesi ma da l propr ieta rio a ciii

danno era sta:a secloestrata. k certo ch e ciò non toglie il reato;

e clie i terzi acquire nti e solL r~tt ori se agivano scieiitenientci

sono p,irtccipi del nicdesimo. Ma la qucslione nasce ( e in

questi tcrmini si presenlb alla Corte di Cassnziorie di Pran-

cia il 1 n~irzo 867 : I o r i li art. 8461 ) sul pu nto d i deter -

minare cl i lal sia 11 m n m c ) ~ t o O ~ I S L ~ I I I [ I ~ ~ L ' Oel reato ; se ci«i l

4asi consunlato col pnllo o con la sottvazione. Se si cori-

sum a con la solt!.azione ne deriva duplice conseguenza r;iii.

r id ica: - .0 clie la couvenzione fra il proprietario e d l

terzi non fu che un tentativo - . V h e i terzi sottraltori

sono i soli u u t w i del reato, e il proprieiario che a loro

vendette non è clie un conzplice. 1n C<issazione d i Frai ici~i

parve opinare che il reato a termini dell ' art. 400, S. 4 dtxi

codice p cn ,~ lo "riiriccse rii'ormato nei 1 86 3, si fosse corisu-

riiato con In convenzione di vendita, C che così il debitore

piissivo del seqiiestvo fosse autore principale del delitto qaan-

tunqiie non avesse preso parte alla sottrazione. $la se ci;)

potb dirsi per la disposizioiic speciale di quella legge posi-

tiva, non polre hbe dirsi uprralnieiite in faccia alla scienz;!.

Ciò che Lrovo notabile in terna di rottura di sequestro si i'che n'IenLre b certa la non pcrsegiiibilith del furto cUil'ilrlL?s~~)

Ira niarit o e rnoglic, In giurisp rtide nza fra nce se (31 0 r i 11

ur t . 8 0 8 5 ) h3 animesso che i l nlorito (malgrado 1: ar t . 580;

pbssa essere responsabile crirriiiialmenle per Iii rottura di

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riii sequ estro fatto a carico di lui nell' interesse di sua mo-

slie. Sulla qu esiione s e lo asp orto della cosa sequestrata

co nm es so dal debitore apertanienfc a dispetto del custode

di sequ estro sia furto, leggesi apposita dissertazione ne ll Tc o

d e i Tribunal i anno 1861, 12i2. 1172-1175. elle vecchie

~ ~ r a t i c l i eostre si sarebb e trovato in ciò una ragion fa t tas i .

I1 codice Toscano all'art. 405 lelt: a ha troncato l e dispute,

noverando questo fatto speciale tra l e frodi insieme col

furto del pegno, ma sottoponendolo per ò alla pena della trul h.

2 . O Es6ve1,zo - he la convenzione traslativa del

possesso non fosse nltresi trc~sluliucccZi do~niqziopoieh8 in codesto caso 17appropriaz ione della cosa

es s~ nd o a esecuzione del contratto, non potrebbe

piìi presentarne là oiola,ux.io~ze.ndefinita (almeno infhccia alla scienza) e vastissimlz 6 l'applicazione di

questi termini ai diversi contratti. I1 dcpositario, il

coiiiodatario (1) il locatario che si appropri la cosa

mobile locata, comodata, o depositata: il colono chc

~lcnda buoi senza consenso (le1 domino: il fran-toiano, o ~nu gn aio, clualunclue arteilce che si ap-

propri i gen eri consegnatigli per una lavorazione :il vettore che si al~propri t: cose dategli per un

traspoi%o:e chiunque in generale, dopo aver rice-

vuta una cosa d d paclrone per fariic un uso deter-

n~in:it,o, della medesim a si m lg a a ltrimenti a su»

lucro usandone come padrone, coin n~c tte a Irzlfra.

r* i u l i n 11 i et1 altri elevarono dubbio sul contratto

dilieglilo, c il clribbio nacque in ragione dcl diritto

che 11a il crcditore sulla cosa ol~pignoratagli.Ma il

dubbio non sombra solido perchè un di?*itto sullacosa vc lo hanno tutti i co nsegnatari anche lJcr altri

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- 38 -contratti; nè ciò iml~edisceclie dallo abuso fattone

a proprio lucro so rga la t?*zhIfou,perchè il diritto clie

ha il creditore sul pegno è un diritto ben diverso

da quello di proprietà; sicchè se vende la cosa in-

verte l'uso per cui gli era stata consegnata, ne

usurpa il ciorninio, e si rende debitore di truffa.

P u C C i o n i introduce in questa disputa una distin-

zione Ia quale è sottile nia parmi esatta. Esso di-

stingue fra pegno che abbia un vulo?*e eguivcclente

al credito, e pegno che abbia un valore szqe?.ioreal credito: e dice che il creditore vendendo i1 pe-gno rendesi debitore di truffa soltanto fino al va-

lore superiore al suo credito; ma a con correnza di

questo non commette che una vagion fatiusi.

il) Esiste divergenza fra i codici moderni intorn o alla de-

finizione del contratto. Per me q ualun que contratto traslativo

di possesso senza iraslazione di dominio, quand o abbia dato

occasione alla appropriazione indebita, fa sorgere il reato di

truffa, O abuso di fiducia c ome voglia cliianiarsi: pu re ad al-

cuni legislatori parve diversamente, e dichiarando reato loabuso della consegna ricevuta per certe cause giuridiche, lo

xiegarono nelli1 consegna fatta per altre cause. Così il codice

Franceso del 1810 non aveva noverato fra i casi di abuso di

fiducia la consegna falta per comodato: ve la incluse la ri-

forma del 15 maggio 1863. La tassativa definizione di qualche

speciale contratlo ha implicato parecchie volte la soluzione

dei casi pratici. Si disputò in Francia ( fil o r i n ar t . 8058) se

il c redilo re rimasto pe r fiducia del siio debit ore nel possesso

di un pagltcrd rinnovato, quando lo abbia rimesso in cir-

coiazione si renda colpevole di f rode (scroccheria) o di t r t~ fa

(abuso di fiducia j. La frode non vi B perchb i l creditore non

ha usato artifizi e raggiri onde restare i n possesso di quel

foglio spontaueamente lasciatogti dal debitore per sua dab-

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benaggine. Ma faceva difficoltà 1' oss erv are che quel rilascio

di foglio non poteva dirsi un contratto ch e poi si fosse violato.

Si disse che era un n6andato. Ma qual mandato? Il mandato

di lacerarlo? Va1 meglio non impegnarsi, quando si defini-

sce la truil'a, nella d esignazione di uno od un allro contratto.

Dite consegnato per un uso delerminalo e si elimina ogni

sofisticheria. Una specialili assai broccardica la presen ta il

caso del debitore che furtivamente sottragga ( e così cou-

tretti) la cosa propria data ad altri in pegno. Si occuparono

di tale ipotesi aiiche le leggi romane, leg. 1 2 , S. 1 2 , f i def i~r t i s ; . 14, S. 4 , eodent: sulle quali è a vedersi J e n s o

stricturccc jur. Justininnei, Rotterodami 1749 , pag. 489.

Spesso i pratici !o definirono furto quantunque si fosse con-

trettata la cosa propria ( A s n i o de rel igiosis n. 1 6 , pay. 8 5 )

ravvisandovi il furtum possessionis. Nelle vecchie pratiche

toscane dicevasi furto improprio (Annali Toscani X V , l ,

586) lo che allarga la idea del furto improprio applicandola

tanto a1 caso in cui si violi la pro pri eti senza violare il pos-

sesso quanto se il possesso senza violare la proprietà. Questa

tesi si sviliippò e si mise in sodo con la sua consueta ~it id ez za

dal P o r t i in una conclusionale avanti la cessata Rota Fio-

rentina,la quale vi ade rì pienamente col giudicato del 1 0 set-

tembre 1834: si vedano le conclusioni del F r t i pubblicate

dal Cammelli a prfg,251. H e i n e C C i o (Elementa jur is Ger-

llzanici tit. 2 , lili. 2, S. 33 ) opinò che i l furturn possessionis

si conosoessc anche dalle leggi barbar iche argomentandolo

da una disposizione d ella legge dei Visigoti. Ma qu esla b la

uiiica fra le leggi b arbari che che ne dia cenno: e sappiamo

che la legge Visigota s7 informò, a differenza delle altre, alle

tradizioni del giure romano. In ordine al creditore che vende

il pegno n e fa argomen to in faccia al giure roma no di spe-

ciale disputa A r u m e u s dispzttat. 2 4 , S . 5 , ed O r t e g a

Pithanon Labeonàs, Salmanticae 1688 , pag. 815, n. SO,

et seqq. ma su cib ho proposto di sopra (5 .2286 ) la soluzione.

k a vedersi su questa figura M o r i n ar t . 8404. Analoga que-

stione sorge in ordine al proprietario depositante ohe sot-

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lenclo n1 titolo si t fatta abilita al terzo acq~~irentr!

(li renc1erl:i sria n danna rlel vero padrone; ncllo

stellionato invece si rax~7isa l SUO oggetto nel di-

ritto rlel feja;o che si E: leso ai1 rendergli cosa di

crii non si aveva aljilita di renderlo padrone. Ciij

tiene alla dive rsita degli effetti civili dell'atto, perchi!

al proprietario dello stabile indebitamente alienato

rimane sempre salva la ~~;i?zdiccttlo2) mediante la

rjuale conduce I' acquirente alla perdita del prezzo

sborsato. Percib la mis ura deUa quan tith del re ato

si cletermina nel primo caso secondo il gevo unlore

I~~?ZZCLCOSLC v c ~ i d r ~ t ae' il truf3htore riusci sc. ven-

dere per cento una cosa che valeva soltanto dieci

(!gli i: rco di una truffa de l valore tXi dieci. Nel sc-

condo caso ,211 opposto la misura della rluani,it&dr:l

reato si dctcrrriina sul in*e,mo riccbvato : hi vende

dolosai~onteper il prezzo di dicci lo stabile altrui

clie valeva conto i: debitore di uno stellionato di

dieci e no n (li uno stellionato di cento.

(1) Una questione singolare si presentb a termini del co-

dice penale Auslriaco nell' anno 1865, che dicde 1iioi;o ~1111

discussionc riprodotti1 nell' Eco de i Tribunali IZ. 1503.AI-

cuni creditori ipotccarii denunciaro no che i l l o r o d ~ b i t o r c

andava demolendo una casa ipotecata a loro favore e veri-

rlendone i m:iteriali: C perchè i loro crediti non avevano altra

guarentigia tranne quella casa, così niostrando la criminosith

di quel fi t to diretto a danno loro, sostrnevano doversi ap-

plicare al inedrsimo i l titolo d' i~~ / icc lc l tù ,conie tale punirsi.

I tribiinaii decis ero non esse rvi delitto; rriossi prin cipal men te

dalla considerazione che t« ubuso clellic cosn ficceunai da

chi nc c ~ uropriclar io, Porse a qiiel fatto indubitalamc nte

disonesto e dannoso sar ebb e stato meglio a dattabile il titolo

di stelliotinlo.

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- -42 -(2) La l e g . iitcitiilc.na C. de filrlia, per la quale il pro-

prietario rivendica le cose furtive dal terzo acquirco te a

buona fede senza obbligo d' indennità, non proce de in tema

di cose truffate: d?znali Toscan i XTrI, 2, 1673.

4." .lCstl*e.i?ao- ' atto di upprogriaxione (i ) ne l

qnale consiste il momento consumativo della truffa .

E speciosa e meritevole di osservazione la figura

giuridica che sorge quando è il padrone stesso cheritoglie al locatario, depositario, o coriiodatario la

cosa della quale aveva in lui trasferito mediante

tale contratto i1 possesso. Torna qu i a ripeters i l o

influsso che ha l' a&no sulla nozione giuridica dei

reati. Se cotesto proprietario riprende la cosa sua

con 1 animo di s torn are il con tratto s i ren de debi-

tore di vmagio"lz~ttasi .Se sottrae la cosa occulta-

mente pel fine di costringere poscia il depositario a

pagargliene il valore, egli B colpevole di fwto im-

proprio: non mai di vero furto, perchè la contvectn-

tio non B caduta su cosa altrui; non mai di tr*z6fa,percliB manca la consegna spontanea del leso : bensì

di vera frode (come fra poco vedremo ) perche la

locupletazione colpevole si fa mediante inganno : cioè

simulando un furto dove furto non è, al fine d i scroc-

care dal consegnatario il valore della cosa propria.

(l)ormò argomento di speciale ques tione fra i crimina-

listi alemanni il caso in cui il consegnatario non alienasse

giB la cosa affidatagli n b la con sum ass e a su o pro, ma sol-

tanto la dnsse in pegno. Due sono le questioni che sorgono

da questa ipotesi1."

Se co n lo impegnare si commetta la

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truffi! (ilzfedeltà secondo il codice Austriaco; abuso d i con-

pdenzcc secondo il francese)- ." Se, dato costituisca truffa,

10 imporlo del reato debba valutarsi secondo il valore effet-

tivo della cosa, o secondo il fido ricavatone con lo impe-

gnarla. Tre volte ebbe occasione la Corte Suprema di Vienna

di decidere siffatte questioni (vedasi Eco de i Tr ibun al i vo l . 2,

puy. 277, vol. 5 , png. 78; vol. 7, pag. 121 ) il l 4 agosto 1851,

i1 7 giugno 1854, ed il 29 luglio 1856. E costantemente de-

cise- .0 he fosse trilli% (inf edelt à) - ." Che dovesse va-

lutarsi lo importo del realo sul ricavato dalla impegnatura

e non sul valore della cosa. òla enlrambo qiiesti pronunciati

eccitarono le censure dei giuristi. La prima proposizione si

combatte da B e r n e r (tra tta to del diritlo penale gernza-

nico pny. 271) i l quale cri t icò anche l 'ar t . 225 del codice

Prussiano che espressamente dispone commeitersi truffa con

lo impegnare la cosa altrui confidata ad altro uso; e da R u l f

nella disserlasione inserita neil' Eco de i Tr ibunal i an-

%O 1867, n, 771; e 1 8 5 8 e n. 789. Secondo questi eruditi lo

impegnare la cosa altrui non sem pre equivale allo appropria-

zione perchè può essersi fatta senza 1 animo di appropriarsela

e con la intenzione di riscattarla e restituirla al proprietario.

Bisogna dunque distinguere con qual animo la impegnatura

fu fatta, cioè s e con I'an imo o no di riscattarla e rend erla.

Nel primo caso non si ha la appropriazione e pe r conseguenza

non vi 6 truira. Essa v i è soltanto nel secondo caso. Questa

opinion e fu conf utata dal Dott. ICn e p l o r in una disserta-

zione inserita nell' E c o d e i T r i b u n a l i (1857, n. 7 7 4 ) e d a

altri. Io ne dubiterei in faccia alla scienza (pre scind end o

semp re da ciò che dipende dal linguaggio speciale dei codici

positivi) per due ragioni. La prirna è fondamentale,ed b che

al yius d i dominio essendo inerente il diritto di usare de l la

cos a , chi ne usa indebitamente esercita un atto di proprietà;

e così chi la impegna non può non avere l 'animo di usarne

come prop rietario. Tutta la differenza sta in questo: se siasi

voluto usarne come proprietario definitivamente e per tuttii diritti inerenti alla pro prietà, op pu re s e siasi volulo eser-

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citare sii quel la r~noolo dei diritti inere nti alla proprielà; nia

un atto da' appropriuzione vi E sempre. La seconda ragione

b pratica, ed è che se si mena buona a chi impegno la cosa

altrui la scusa di aver 1 animo di riscattarla e renderla non

vi sa rà più caso di punizione. Il codice Sassone diede pe-

raltro una sanzione a questa dotlrina quando nell'art. 350

minacciò una pe na m inore ( la miilta) a chi avesse soltanlo

impegnato la cosa altrui con animo di riscattarla. Il secondo

pronunciato si combatte p ure da R u l f nelle citate disserta-

zioni. Esso sottilmente osserv ò che chi impegnava la cosa

altrui non si appropriava indebitamente il danar o perci iè il

denaro dalo a lui era szio. Liappropriazione indebita cadeva

sulla cosa che veramente era al t ru i , e percib i l reato doveva

misurarsi sullo effetiivo valore della cosa. 11 codice penale

Toscano all'art. 306 cumuIando la parola dialraencloln cori

le parole cons~o~znndoln,d altrimenti corivertendola in pro-

fitto di sè o di un terzo, mostrb chiaro che intendeva la a p -

j~ropricczione nel senso più lato, cioè nello esercizio, anche

di un SOIO dei varii diritti inerenti al dominio; e i nostri tri-

l~un al i nsegnarono (Annal i Toscan i xVII , 1, 7 4 ) l o i n -

pegnare o il vendere la cosa, non essere ciò ch e impro pria

il furto, ma lo ave rla o no ricevula in consegna. Lascia poi

indccisa la seconda questione.

Lo estrenio della appropriazione include per ne-

cessita giuridica l'a?z.in~o i appropriarsi. La appro-

priazione, che nelIa truffa rap presenta la cont!t~eclc6tlo

del furto, deve risultare .d a un fdto eslerio?.e che

giuridicamente costiiuisca atto di dominio ; e dal-1 a?zifizo di appropriarsi la cosa. In moltissimi casi

c.otesto aniiiio risulterà Te @sa dall' atto ; uando

questo sia tale che non possa porsi in essere se nondal padrone: come se si vendb, si consumò, o s' im-

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pegiiò la cdsa altrui. 112 una qualche difficoltii iri-

torno all'ccizhno sorge allorquando il poc se ss or eenza

titolo ili proprietà non Sa che zcsmqe della cosa: per

esempio, il depos itario di un orologio lo va portando

addosso e se ne ser ve: il sartore clie ha un al ito

a racconciare lo indossa e lo . logora. Costui vorrh

dire che quell' atto non B univoco segno di appro-

priazione (i ) e che tale ailimo in lui non era , avendo

proposito di fare la debita restituzione. Ma codesto

scherixo non sempre sar à valevole. Quando l'usodella cosa del quale lagnasi il proprietario è quello

stesso pel quale col contratto erasi consegnata la

cosa (e cosi vi sarà unicamente eccesso o nel nzodir,

o nel telnpo dell' uso) non potrci parlarsi di delitto :sarà questione d' indennità contrattua.le da giudi-

carsi dai tribunali civili : cosi colui chc prese a nolouna vettura per servirsene fino n Pistoja se pro-

lunghi il viaggio e su quella si conduca a Firenze,

non fa atto per le pratiche nostre criminalmen-

te perseguitabile : P o g g i elenze?ztcc Zib. 4, cap. 2,

S. 24 - C a r m i g n a n i eleme~ztc~ . 1090, so -3 - P u C c i o n i co~?zrnenlo vol. 5, pccg. 10

e 12.Ma se il coiitratto noi1 (lavagli menomarnentc

la facolth di Z ~ S G C ~ * Cella cosa, non potendo chi uso,

per modo alcuno pretendere ili desumere tale fa-

colth dal titolo che gli accorda il contratto, sarA ne-

cessiti referire coilesto uso al titolo di proprietd e

r n ~ v i s a ~ on colrii l' animo di nl~propriarsi a .cosa.

(Sucsta conclnsionc nel secoptlo tema si appoggiasul responso di C a l l i s t r a t o nella leg. 69, ff.de fzttldi.s. 11 giurecoiisuIto fa il caso del depositario

d i niz anello che se lo sia posto in dito: e 10 di-diiars reo d i furto, lioicliè (come dicemrrro) i romani

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- 46 -cliiamavaiio furto anche la truffa. Tale lo dichiara

e sogginnge - ec 93efer-t +n digito habecct annzc-

Zuf~z,&n Izypotecne dutzcs sit. Ma nel primo tema

sembra ostare P a o l o alla 2 40, f / : de furtis, ove

dichiarò reo di furto colui qzci Zo?zgizcs ciz{xefnit giu-

menti affidatigli per un deternlinato viaggio. La ri-

gida n iassirna della 1. 40 era osservata nella pratica

romana, come si ha d a V a l e r i o M a s s i m o

Iib. 8, cap. 2, e da G e l 1 i 9 Zib. 7, ap. 15; ma il

E u g n y o n nel suo aureo libro legzc!vz ubogata-rz6??z ib. 1, sect. 64,pag. 2 l 8 , osserva che questo

frammento B abrogato daUe consuetudini di quasi

tutti i Regni. Del resto la prova dell' appropriazione

nasce p~*eszb~ztu,uando il proprietario abbia inti-

mato alla restituzione, e non siasi restituita la cosa.

(1 ) 11 indubitato che alla n ppropr inzion c, cioè al13atto con

cu i i l ,consegnatario intenda far e clefinitivamente sua la cosa,

equivale lo nbtlso consistente nei s cr ui rs cn e oltre il con-

cesso a suo pro. Prescindendo dalla ricerca se ii i questa od

i n quella pratica si ammetta il titolo di furto d j uso, per ap-

plicarvi le pene ordiia rie del furto ( A r u m n e u s d i s pu t a -

liones p a g . 397- u C C i o n i con,nlentario vol. 5 , p aq . 10)

certo è clie in faccia alla scienza nel fatlo di chi co nlr ett i la

cosa altrui invilo domino bisogna riconoscere il fi t~ lo , uan-

tunque abbiala contrettata al fine non di appropriarsela, ma

di usarne pe r suo lucro e poscia restituirla: vedi sopra S . 203s.

&da I? cerlo altresì che il fiwto ~ ' Z ~ S Oegenera in l r z l f i d i

tcso quand o della cosa della quale si abus ò senzf aiiimo di

appro priar sela si aveva acquistalo il possesso per consegna

del proprietario, perclib monca la cotztpcctatio inuito domino

clie è elem ento indisperisiibile del furto. Qui sia i l cardine

della dislinzione fra truu a e lktrto, &la troppo spesso mi pare

che si:isi di n~ en ti ca to o coloro clie peP considerazioni niorali

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o politiche (le quali sono buona ragione per aggravare le

pene, ma sono pessima ragione per falsare il titolo) hanno

dato il battesirnodifurto a molti fatti i quali non eran o chetruffe.

Da ciò si comprende altro essere il fuvto di uso,

altra la truffa di %&SO.Chi piglia invito domino la

cosa altrui pel solo flne di servirsene, e poscia la

rende al padrone, è colpevole di furto perchb ha

spogliato al tri del possesso ;ma b furto d %soe nondi p ~ o g ~ i e t a ,erchb la cosa fu contrettata al solo

fine di usarne temporaneamente, e non al fine di

guadagnarne la proprieti. Al contrario chi ricevette

la cosa dal padrone non è reo di furto perchè non

contrettò i.lzvito domino: ma se della cosa si valse

per un U S O cliforme da quello per cui gli e ra cont-

segnata, è reo di truffa : per altro una semplice?

i!ruflu d'tiso, perchè colui non volle usurpare la

proprieti.

8 . 2291.

La truffa oltre al criterio della sua quantità no-

tzi;rale, rappresentato clal maggiore o minor val0r.e

della cosa truffata ( 1 ) desume i criterii della sua

qz6untittu ppoliL.icct dalle circostanze di persoqzn e di

f?todo e cii cnzcsct clella consegna analogamente agli

altri rea ti e p er uniformi considerazioni. Laonde nel-

la scuola la tru ffa si clist-inguc in semplice e qualifi-

cata,. E mentre s'insegna che la truffa semplice i?delitto di us io ~w rZva6u, si considera come delittodi c~zio~zepufiblicaa truf fa c~uaIiIicata. a qualifica (2)

della truffa in punto cli rag ione si clesrime piU slw-cinln~enteo dal c7olo o dalla necessifu.

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(1) Nella truffa valgono le regole relat ive alla valula zione

del valore del tolto c he già largamente svolsi da S.2046

a Cj. 2065 in materia di furto. Le diverse teoriche proposte

al fine di concludere una formula netta c he esp rima il cri-

terio sulla v alutazio ne del tol.to nel fui-to e nella truffa si sono

ripres e novellamente in esame da T e iri m e nella dissertazio-

i ie de p rae t io re i f i~ r tu iuc r i t econstituendo, BerolUlo 1866.

>la le critiche con le quali T e m m e aggredisce le divers e

formu!e sempre più mi confermano in quella che da me fii

proposta. In ordin e al criterio fondamentale della vnlz& tnzione

certo è che n on può esservi diversità tra furto e truffa seb-bene possa esserv i diversità nella definizione del tolto quan do

la truffa cada soltanto sopra una po rte di una cosa o sul-

l' uso della medesim a.

(2) La truffa n on ha comuni p er regola le qualifiche del

furto: molte repugn ano alla sua esscnaictlitù. Per c~semp ia

la.viole?azrc cotztro le persone è inconciliabile con la me-

desima; perchè il criterio distintivo della truffa essendo

la abdicazione spoutanea del possesso fatta dal propr ietario,

questo criterio necessariamente distrutto dalla violenza a

cui quello abbia ceduto. Può però disputarsi se ugiialmente

si denaturi la truffa e ritorni sotto il titolo di furto per la

violenza contro le cose. Per esempio:

si consegnò ad unfacchino un baule chiuso onde lo portasse in un determi-

nato luogo; costui pe r via lo ru pp e e ne involò il contenuto.

È desco responsabile di truffa o di furtoP I nostri tribunali

f l l ,anal i Tosca~i iXAFI,l , 757 ) s i p r o l ~ ~ ~ n c i a r o n oero il

furto. Ma io persisterei a dubitare di si@ttta solozione, per-

cliè la consegna fu spontanea, e mi seiiibra troppo sottile 121distinzione fra consesua del coiltine~ite consegna del C ~ R -

tenuto. A quella severa niassirnn io accederei unicameiite

quando il proprietario avesse accompagnato o comunque vi-

gilato il facchino nel trasporto; perchi? allora non vi sarebbe

affidatnento nè di con tine nte, nè di conlenuto. Vedasi 181

nota 2 a S. 2156, e la nota 1 n Cj. 2104.

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I .O Il c7olo clualifica la truf fa quando fu precedente

alla consegna. Questo criterio si desume dalla cro-

nologia dell'acl,izi~no7i u p l ~ ~ ~ o p r i a r s ia cosa altrui.

Se questa prava intenzione precedette la consegna,

la truffa dicesi con dolo a71 initio o a.pztecedente: se

essa non es isteva precedentemente ma solo nacque

dopo che la consegna era fatta , dicesi truffa consemplice clolo susseguente. E intaitiva la ragione per

cui si considera come nioralmeiite più malvagio e

politicamente piu grave il primo caso del secondo.

In quello si us8 u na maccliinazione, un inganno,

simulando il pretesto di un bisogno, o di una occa-

sione mentita per trarre al laccio il proprietario ed

indurlo a darci la cosa della quale si aveva in ani-

rno di dispogliarlo. Sorgono i veri caratteri della

frode; e perci0 rettamente i mode~ni odici hanno

tolto questo caso dalla serie delle truffe, e lo han-

no riportato tra le frodi delle quali ha verainentei caratteri. La traslazione del possesso fatta dal 11i.c~-

prietario è giuridicarilelite inenicace; perchè il con-

senso estorto ,con inganno non & consenso che ab-

f ~ i aegale validita. Cosicchè fu dolostz e criniinos:~

in questo caso la invasione del possesso non meno

che la usurpazione della proprietà. Fu criminosa la

prima, perchb mediante inganno e simulate inten-

zioni s' indusse il proprietario a clarci quel possesso

clie dato non ci avrebbe se avesse conosciuto il vero

fine per cui ne veniva richiesto: fu criminosa la se-

conda, n& più nb meno come nella trufra semplice.Sicclii: a ragion e s e ne duplica la quantith. Invccc!

VOL. V. 29

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nella tru ffa semplice la traslazione deI possesso non

viziata da dolo fu giuridicamente efficace : sicchè

non rimane al reato che la sola violazione del di-

ritto di proprietà. Il colpevole ha ceduto ad un bi-

sogno sopraggiuntogli: a occasione lo ha sedotto.

E se il proprietario B rimasto vittima della sua cor-

rentezza, questa è ragione per cui si menomi la

quantità politica del delitto diminuendosi il pubblico

allarme : senza d ie possa ciò eqriilibrarsi da una

malv agità mag giore del colpevole che abbia' con in-ganno indotto a qyella correntezza.

2.0La necess i t d qualifica la truff a, appun to perchè

in codesto caso non può ripetersi ciò che nel pre-

ceden te si calcolava, ciob che il proprie tario deve

principalmente impu tare a se stesso se fu corrivo

a trasferire in altri il possesso delle cose sue; elle

è la ragione per cui i terzi poco o niente paven-

tano del delitto augura ndo a sè medesim i d i esserepiù cauti, e trovando pienezza di tutela nella difesa

privata, & fa queste considerazioni spariscono quando

il proprietario fu costretto dalla ne c e s s iM (1) a con-

segnare all' altrui fede le cose sue.

(1) La contemplazione della necess iti di cons egnare si

volle trarre qualoIie volta ad ulteriori conseguenze. Quando

il conseg natari o fu un pubblic o ufficiale ch e abu sò della con-

seg na a lui fatla in ragione di ullioio, si decise tra noi (/in-

ntrli T o s e a n i X i X , 1, 244) trattarsi di fu rt o e non di trz~fll.

IO vado d'ac cor do sullci pili se ver a punizione di que slo ca -so , e vi scorgere i un abuso di autorità o di ufficio il fine d i

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lucro : ma le condizioni antologiche del furto ma saprei tro-

varle giammai dove manca la violazione dei p ~ w s 9 ~ 1 ,ia

contrectatio invito domino. Abbia più o meno vol@nBicoriil

proprietario obbedito alla necessità di depositare le cose sue

presso il pubblico ufficiale, certo è che vi aderì; o almeno

la legge vi aderiva per lui. Del resto la garanzia che abbia

il proprietario a danno del quale fu fatta la distrazione del-

1' oggetto, sembra essere indifferente ad eliminare il titolo

criminoso: M o r n art. 8277.

Per tale circostanza della necessitata consegna si

qualifica la truffa di cui rendasi debitore ( a ) il

sequestratario che riceve in consegna la roba altrui

non per fiducia del padrone, ma perchè il padrone

vi b costretto dall' autorità giudiciale ; b ) il pub-

blico sensale; (C) il commissionato di trasporti clrie

storna a su o profitto le cose affidateg li in r agione

dell' zcfizio; (d) il vetturale (1) e procaccia; ( e ) il

facclhino di dogana; ( f ) le guardie di strade fer-

rate. A costoro non si consegnano le cose nostre

per una f iducia speciale che si abbia nell' irzdividuo:

non si può scegliere e fare a noi stessi rimprovero

della cattiva sce lta. Ognuno che v eng a a sapere le

appropriazioni indebite di costoro non può dire a

se stesso, io sarò più cauto, e tranquillizzarsi sulladifesa privata. una necess ità passare per le ma-

ni di costoro.

(1) A a r p p r e c h t diss . de juve aurigarirtn cfrca dc -

lictn; nelle sue exercitat. vol . 1, diss. 5. 11 codice Sardo

(art. 607, n . 3) novera la infedeltà del vetlore tra i furti pro-

pr i ; ma più rettamente il codice Toscano (a rt . 398) l a 110-

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vera tra le truffe, quantunque la punisca con pena ugua le

a quella del furto, Si dirà da laluno: che importa egli a voi

chiamisi sottrazione o furto o truffa, poichb andate d'accordo

che ancbe chiamandola truffa la si punisca com e il furio?

Importa moltissimo, In primo luogo è brutta cosa che una

legge alteri le nozioni della scienza e le verità antologiche,

e chiami orzo 1' avena, In secondo luogo importa per le qua-

lifiche. 11 vetto re c he ha distratto le cose fidategli, h a ciò

eseguito in compagnia di un suo garzone e in tempo di notte:

se il fatto costituisce furto vi trovate la qualifica del tem-

po notturno e delle due persone; se è truffa no, Eleganteè la questione s e ad a ver e la truffa aggravata pe r la neces-

sità della consegna occorra che il vettore es erciti abitual-

mente tale mttstiero : C h a u v e a u e t H e i e n. 3261. h evi-

denle che man cando l'abitucline del mcstiero la confidenza

di ctii gli dà oggetti per trasporto è volontaria e non neces-

saria, e che perciò l' abuso di chi era anciie per mercede

incaricato di un traspo rto costituisce truffa semplice.

Per la necessitata consegnasi

qualifica ancora

la truffa (9 ) de i colono parxiario in ordine alla

parte dei frutti spettanti al padrone; in ordine ai

bestiami, alle paglie, ai conci, eci agli strumenti del

fondo, che gli vengano consegnati dal padrone, o

che a nome di questo egli raccolga od acquisti. E cib

perchb app unto non può farsi a meno 'di consegnare

a costoro simili oggetti ( 2 ) .

(1) Trovo però clie i lribrinali toscani hanno deciso ( A j z -

nali l 'o icnni XT7/II,1, 3 3 4 ; e XX/; , 4 1 4 ) che il co-

lono rion si rvntle reo lli sola LriiUii, ma di vero e proprio

furlo se taglia lo piante del fondo da l u i esercitato per ven-

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h l e a suo profitto. Ci8 si Q giudicato per il m otivo che la

-segna del fondo fatta al colono non importa trasl azione

i5 lui del possesso delle piante esistenti sul medesimo. Am-

inesso questo principio dovrebbe generalizzarsi a tutti i casi

daila consegna di un immobile della quale il consegnatario

abbia abusato pe r togliere allo immobile una qualche su a

P rl e e venderla a propri o lucro: così Io ipquilino che venda

@n scio della casa locatagli sarebbe reo di furto proprio.

A me sembra assai problematica quella decisione e quel mo-

tivo. l a in Francia si va più oltre, e dichiaraci furlo e non

i[ fatto del colono che abbandonando il podere porlipia le paglie che dovev a lasciare al nuovo colono : h10 r i 11

7689. Ammesso il primo mi sembra logico ammettere

il seeondo. Negato il second o non mi s emb ra logico affer-

&f~.Cel primo. Del resto in tema di vendita di bestiami i

Q@&i tribu nali (Annoli Toscaai ,UV, 1, 492; e X V I , 1,

2l7,530) hanno riconosciiito il priricipio che la essenzialità

del reato non varia p er le straord inarie malizie od arli lisate

dal colono ond e trppro priars i gli animali fidati :Annttli To-

k@"iZII, 1, 800 : P XIII, 1, 89 . E neppure influisce $10

@vereo no il colono ricevu to la disde tta del fo ndo : Annali

roseani XIX, i , 208. In quanto ai raccolti che doveva divi-

.&!@@ col padrone i] colono che gli occulli per non darne la

!J@k3 si rende debitore di truffa, alla con s~tn azio ne della

¶gale non è necessario attendere che egli abbia distratto o

Eiflsi aon altro modo ap pro pri ata quella por zione di raccolto :ba$b che I' abbia nascosta in guisa da mostrare 1' animo

volerne defraudare il padrone : Antacdi Toscani Xx, ,

540 . Nello Statuto di Bologna ( M o n t e r e n 1 0 san-

atone~ rimillales l i b . 6, ag. 4 0 ) una disposizione W-

"" Qlpiva i sothrattori delle uve.

11 depositario per dgposilo miserabile. Dicesi

deposito miserabile qoello che si fa in occasione