Programma Del Corso Di Diritto Criminale Tomo 4 (08)

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    In ordine alle regole speciali per determinarecosa e quanto si volesse rubare nel caso di tenta-tivo ( 2 ) gi ne dissi abbastanza quando parlai(S . 2049 e segg.) del c riterio desunto dal valoredel tolto. Rimane soltanto che accenn i una u lterioreconseguenza del dissidio relativo al momento consu-mativo del furto; e questa appella al furto nzancato.Coloro che sostengono non essere consumato il furtofinch non B completata la asportaxione della cosaal luogo destina to dal ladro, amm ettono la possibilitadel delitto mancato (2) nel furto. E lo ravvisano nelladro sorpreso per via o sulle scale, a cui il pro-prietario abbia ritolto la roba. Noi invece che scor-giairio f'urto consumato nel momento della a?nozio?tBcon animo (li appropriarsi, non crediam o che siaescogitabilu la figura del delitto mancato nel furto.

    (1) Nella giurisprudenza austriaca semb ra ch e abbia pre-valso appo i tribunali superiori la regola che quando tral-tasi di furto tentato in luogo chiuso si debba presumere cheil ladro volesse rubare qu el maggiore valore ch e egli sa-peua esistere l dentro. hla q uesta regola si vuole desum ereda speoiaii dispo sizio ~i egislative di quello imper o, coine av-vert i l dotl . Ili a r C o D i e n a in una dissertazio ne consa-crata a tale dubbio e inserila nella Gaszct ln de i Tribunalida Jfiluno del 1855, n. 120-121. Comc priricipio scientifico~ S S O ~ U ~ Oon pub ammeitersi sifiitta presunzione (specitil-niente al flne di spin gere alla penalit d el furt o mngno) seno n si avvalora da circostanze di fatto. Posi0 per che Inintenzione di prendere 11 tulto sia renijuta costante non perlale presunzione, ma per suflciente giuslificozione dell' uninio

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    desunla da circost anze, rimane allora a decidere se lo agen-te debba tenersi come responsabile di un solo furto tentatoconsiderando que l Izrtto come una quunti tus juridica , comevolle qualche sottile Alemanno: opp ure debb a dirsi respon-sabile di dice furli; l 'uno consumalo in quanto alle cosedelle quali gi si era impossessato allorch fu sorpreso; el 'altro tentato rispetto alle cose che voleva prendere e nefu inipedito. E in questa seconda opinione sorgono i dubbiche esaminai nel mio discorso intitolato 06'uiz caso specialed i tottrr!ivo nei miei Opuscoli vol. 2 , opusc. 1 . Poniamo laipotesi che un ladro siasi introdotto nella casa altrui. Gi n eha sforzato gli usci. Gi ha dato opera a violentare un mobile;gi ne ha rotto I:i serratura e sta per porvi le mani quando sorpreso. L dentro trovavasi un anello di brillanti di gra nvalore e un b orsellino con due napoleoni d2 0r o. Dovr egliritenersi clie colui volesse rubare 1 anello, e cos impritargliun tentativo di furto magno; oppure c he volesse rub are ilborsellirio, e cos impu targli un tentat ivo di furto inferior eai cinquanta fra nch i? Ci influisce notabil mente sulla pena.Probabilmente in faccia alla verit 1 1 ladro non sapeva chel dentro vi fosse n 1' anelib, nk il borsellino: giudicava ch e visi contenessero dei valori e non prevedeva ancora cosa gliavrebb e posto sotto la mano la sua buon a fortuna. Cosiccha vero dire non si tratter il pi delle volte di decidere cos aavesse divisato colui di rubare; ma trattasi di conge tturarecosa aul*ebOescelto trovando colh quei due oggetti. Il codiceToscano in previsione di questo caso facilissimo ad incon-trarsi nella pratica dett 1: art. 44 , per il quale ,quand o siadubbio il fine del12agente si deve presuinere che il tentativofosse diretto al danno minore. Questa provvidissima dispo-cizioric fu test8 censu rata. Si d isse ch e come r i co r d o d i unamussi?)7a dottrincrle er a inzdtile, e come criterio di presun-zione legale eri1 pericolosn. fila non b vero n 1' uno n 1' altro.Esistendo nei pralici una divergenza sovra un p un to di dottrina dovere nel 1cgisl;itore di pronu nciars i pe r quella oPinioneche credc migliore. Ora esscndosi da uiolti segnata la pre-

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    sunzione che il ladro voglia se rnpre rub are qzccl pii1 C J I C p l ~ b ;mentre da altri molti si insegnato non doversi nepp ure peiladri derogare la giustissima presunzione della minore I I Z ~ I ~ -angil; utilissimo e niente pericoloso clie la legge dichiariquale delle due presunzioni vuole che governi la pratica. Peri-coloso invece sarebbe il tacere perchb e sporre bbe allo sconcioscandaloso che un trihunale accogliesse la prinia ed un altrola seconda di lali presunzi oni, e forse una terza vi a; e cosi cittadini fossero giudicati a d i m p a r i a . E dico iina terzavia poich oltre al possibile che il giudice si creda obbligatodalle regole giurisprudenziali a presu mer e che il malfaltorevolesse r ubare tutto quello che era nel cassetto evvi il caso( e ne ebbi la espe rienz a) c he egli si creda obbligato ad ccs.sol-vere. Infatti egli non pub con sicu ra coscienza affer mar e cheil ladro volesse r uba re l 'anello, o c he volesse rub are i con-tanti, e concludendo che non gli costa n& dell' una n dell' altraintenzione si condurr sofislicamente a neg are la certezza deltentativo sotto a mb o l e forme. Quel dettato le,oislativo chia-risce pertanto un punto di dottrina c he potendo esse re con-troverso Iia bisogno di veni re fissato ed evita i gravi pericolidi indebite assoluzioni e di fluttuanza nella giustizia.

    (2) il dubbio sulla possibilit del delitto mancato nel furtosi esami n anohe dallo J o n g e fde de lictis vo l. 2 , pcrg. 350,331) che lo risolvette per la negativa. L a c o i n t a (flevzte eri-tique vol. 2 3 , p n g . 45 1 ) ne fece la ipotesi in colui che aventlopreso il sacco poscia perc h colto dal propi-ietario rnentr e loasportava lo gelli. E caso arialogo immagin A r a b a prili-ripi d i dirilbo prnnle vol. 3, pag. 301.Questa ipotesi si adaltaalla dottrina franc ese pe r la qual e il furto si consiitiia con lasottrnaione; non per noi clie si consunia con I' r)~o;iolie.

    I,a regola generale da noi sosteilrila clie il 1011.-tativo debba sempre punirsi meno de l consriin:do

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    delitto procede seiiz:t speciale difficolki andie i11 (:-ina d i furto (l) . Le serie difficolti sorgono quandosi tratta di ra1utai.e le aggravanti non ancora ma-terialniente consumate :ma di ijuesto arduo proble-uia gi parlammo a suo luogo senza pretendere diinri:r dettato un a forn~rila lefinitivtt.

    (11 I l furto rimasto semplicemente lentato si pun menoanche dalle leggi barbariche: Lex Sn1icl.t t i t . 2 7 , $S. (iet 7 - e.?: Bnglorzr~rb t FVer inori~n i it . 7 , s . 1- eiLongobardicn Rothnris 5. 263;-e fu, pub dirsi, generale frai pratici la dottrina della minorazione: W e t t e n a li con-sil. 6 5 , n. 40 - e y s e r rnedi tat ione.~ n pandectcis u i d . 8,spec. 74 - u t t ma n ad ve^-sariorialz vol. 2, cap. 25 ,png. 176 - 1 e ii o c h i o rlc arb i l r i i r i is cccs. 560 , n. 86 -B r u n n e n i a n n a d leg. 7 ff. ctnt.2 leg. Cornel. des i cn ~. . nolocile i romani nel tentalivo di furto non ~ ; I V V ~ S ~ I V ~ I I Oeppnreil titolo di furto, ma quello d' ingiuria: l e g . 2 1 , S. 7 , fi lcfilrtis. T utto a l l ~ p p o s t o roced e il codice Francese del 1810,perch mentre ha stabilito per massim;i la non punibilit deltentativo nei delitti colpiti da pena correzionale lo vuole pii-nito nel fiirto anche semplice, benchS questo reato appar-tenga secondo il suo linguaggio al novero dei delitti. E dav-vero era questa una necessit, perch se poterono trascurareil tentalivo di furto semplice i romani che trovavano la con-sumazione nella sola untoaionc non avrebbe potuto senzapericolo fare altrettanto il codice Francese che la trova S O I Onella soltrnaiot~e.

    se noi accettiamo senza esitazione la regoladic la sola arnozio~ie onsumi il furto, crediamo peri)necessario avvertire che siffatta regola deve essereapplicata con criterio tutto soggettivo : mi spiego.

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    - 58 -Quando si faccia la ipotesi di pi partecipi al furtoio non veggo repngnanza nessuna che quel furto ilquale si considererebbe come g i consumato rispettoad alcuni dei partecipi, si ab bia invece come in corsodi esecuzione rispetto ad altri partecipi. Suppongasiche alcuni malfattori si siano introdotti nello altrui egi abbiano recato in loro possesso le cose che vo-gliono appropriarsi. Se costoro sono a questo mo-mento sorpresi non dubito che siano responsabilidi furto consumato. Non furono sorpresi;ma invecesopraggiunsero a caso altri amici loro ( e pongasisenza precedente concerto) e allettati dalla occasioneconcorsero con la opera propria. Se questi soprag-giunti h anno preso a ltri og getti oltre quelli che gii primi hanno tolto, non vi questione : i soprag-giunti sono debitori di furto consumato in quantoa tali ogge tti. I1 dubbio nasce se s i suppo ne che ilsacco fosse gi fatto dai primi e che i sopraggiuntiabbiano soltanto aiutato gli altri a portarlo fuoridelia casa. Allora si dir& che se i primi avevano gi8consumato il furto col me ttere la roba nel sacco, isecondi sono sopraggiunti a delitto gid conszcmato:che dunque B inammissibile il concetto di una com-plicitA in faccia alla mod erna scuola la qu ale in man-canxa di provio accordo negasi a ravvisare compli-cit nei fat ti sopravvenu ti dopo la consum azione delmdeflzio : e cos vorrassi conclu dere che nella operamalvagia dei sopraggiunti non pu trovarsi che unfavoreggiamento. Questa conclusione peraltro non sisosterrebbe nella pratica nostra; e ci non con-tradittorio, precisam ente perchk il mom ento dellaconsumazione bisogna sempre giudicarlo sotto unpunto di vista soggettivo ed individuale. 1 primi

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    avevano quanto a loro consumato furto, perchB gisi erano impossessati della cosa altrui. Questa er aperaltro una mera detenzione che non anco avevaspogliato il prop rietario del possesso .della cosaquantunque gi violato pe r 1 amozione. FinchB laroba restava entro la sua casa perdurava sempreil possesso di lui. L a violazione di tale possessocommessa da i prim i ladri mercB la apprensioneaveva quan to a loro consumato il fu rto. Ma quellacosa restando tutta via nell' ambito posseduto dalproprietario era sempre idoneo soggetto passivo difurto per p arte dei secondi ladri. Laoncle quan dosopraggiunsero i secondi, e ponendo ancora essi lamano su quella roba se ne impossessarono, essiaUa loro volta posero in esser e u n fatto che esa urivatutti i momenti consumativi di furto. La lesione deldiritto di p roprie t e di possesso (a differenza dellalesione alla vita) B reiterubile. Non vi dunquecontradizione nessuna nello ammettere che la iden-tica cosa dopo essere stata soggetto passivo di con-sumazione di fur to rispetto ad u n malfattore, possaessere (anche in un unico contesto di azione) soggettopassivo di furto rispetto ad u n altr o colpevole (1).

    (1) lo vidi su questo proposito agitarsi in faccia al tri-bunale di Livorno pochi anni o r sono acerrima disputa inuna fattispecie alquanto diversa da quella che io pongo neltesto. Un operaj o chiairiato al lav oro in una casa av ev a pro-fittato della comodit a prav o fine. Aveva pres o delle ling i;ne aveva fatto uno involto e lo aveva gettato dalla finestrapostica in un campo dello stesso padrone. Poscia temendodi essere vig;iiato se n' era partito tranquillamente ed a ma-ni vuote. Ma a notte invib sul luogo il proprio fratello; equesti trovato tuttora lo involto col& se lo era preeo e por-

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    tato via. r)iscoperlo, allegavasi da costui la teorica de l furtodi cosa snzurrita, ma' inettameiite. Con maggior calore sisosteneva c he costui non fosse responsa bile di complicitk infurto, ma semplice favoregg iatore, percli la sua opera er asopravv enuti a furto da lunga mano consuniato. Se il primofratello (d ioev asi) lo punite per furto consumato non potetepunire il secondo fratello come complice, poich in questofurto n on partecip n con la opera n col cousiglio. ESSOno n b che un ricettirtore, o favoreggialore come meglio vipiace. Puvvi scissura vivissiina fra i tr e magistrati. La mag-gioranza si pronunzib p er la complicit: anzi (ci ch e pi forte) dichiar la cor rei t, e cos venne a portare a caricodel secondo fratello anche la qualit aggravante della traditafiducia. IO non mi sarei senlito tranquillo in questa decisionespecialiuente nella seconda parte. Giusta i principii che espon-go nel testo, il friitello d el prinio sottrattore non sa re bb e statoche un mero fitvoregyirttore se lo involto (notisi bene) fosseslato gettato dal primo nel campo di al tr o proprietcwio.In tale ipotesi quelle lingi erano de/initivtrmera8e uscite dalpossesso d el padrone: laonde sa reb be stato impossibile con-figurarvi i l furto pro pri o. Ma si pot dire senz a errore incluel caso non trattars i di mer o favoregg inrnento, perc h lelingi rimasle sem pre nell ' amb ito posseduto dal padrone era-no tuttavia nel possesso suo. E bene: ammesso questo con-cetto giurid ~co che era l' unico sul quale potesse sostenersiI' accusa) bisognava conside rare l?ultimo.sottrattore come au -loro di contrettazione dolosa per aver egli tollo la cosa al-trui dall' altrui possesso: ma allora d oveva punirs i per i&/a l to s u o , e non corne partecipe del fatto del fratello al qualenon aveva menomamente partecipato. Autore di furto s en maggravante personale, percbb egli non era stalo chiamato ailavoro in quella casa, doveva dirsi responsabtle di fu rto sem-plice e non di furto qualificato. Cos vi Fu con tradi zion e inque l giudicalo: perc h qua ndo s i tratt di esc lude re il favo-reggiamento si considerb colui come au to re di furto ; niaquando si trallb di determinare la pena, si consider come

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    parleeipc di un furto che gi erasi consumato senza su(,intervento n& cognizione.

    Ugualiilente puO accadere benissimo una diffc-renza di titolo fra p i ~ artecipi in una ipotesi (:h(>vidi frequente in tema di furti campestri. Tizio eCajo sono anda ti (senza previa consociazione dir ett a:id interesse comune) a raccogliere delle frutta nel-1 altrui. Tizio ha empito il suo paniere aiutato (laC+jo e via se lo Q portato. Cajo rimasto ad em-pire il suo paniere, ma il proprietario lo ha sorpresoed impedito. Tizio debitore di f'urto corisumatoquanto al suo paniere, ma nel furto tentato da Cqjjonon k involto tutto al pi che quando se ne provila istigazione. Cajo sar ausiliatore o correo (i ) nelf'urto consuniato da Tizio ed auto re di frnto tcn-tato in quanto al secondo fatto. I1 primo furto patriavere qualifica dalla pluralit di persone : 1 secondofurto tentato non avrd tale qualifica, ma potr ave reinvece o quella del tempo notturno se b sopraggiunto,o qdello della violenza se Cajo resistb al proprietario.li: questi cenni hastincr per siffatte combinazioni.

    (1) Ncllo studio dei pratici ferisce la niente la diverg eiiz;~loro intorno a definire il momento in cui s i stacca l 'ausilio(lillln correil& . Spe sso la rnedesiina circostanza trovaci daullu scrittore valutata coriic coslituente mero ntrsilio ( o~'onipl ic i t , i n s e n s o s t r e ~ t o e da un altro valutata comecOSlituliva di co , . r e i bd ( o soc i e t d in senso largo ) senza iincriterio netto dcteriiiitiante. Per esenlpio 1 11o n1 m e E fRianp-sodi t r e vol. 2 , ob s c r v c l t . 29 6 j nietitre considera come c o l . r e oclii esegu la effra zion e dcll' uscio doride gli altri s ' intro-

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    dussero a rubar e, disserta per dimostrare non esse r correocolui che stando al di fuori della casa riceve dalla mano delcompagno introdottosi in quella la roba che esso gli porgedalla finestra. Forse in questa forma speciale si consider che1' opera di chi riceveva dal di fuori interv eniva dopoch laamozione era gi consum uta; ma non si avv ert al concerloprecedente. Per me il solo criterio possibile anche in temadi furto pe r discernere la co rreil dally ausilio trovasi nelladistinzione tra atti esecutivi e atti consumalivi. Chi inter-viene nei momenti in cui si consuma la sottrazione, qualun-que sia la parte che egli vi pren de, B correo. Chi intervieneprecedentemente mero complice. Potr in certi casi pari-ficarsi nella pena il complice ali' autor e, specialm ente s e ne-cessario: ma la nazionalit pi sicura e pi vera ontologi-cameiite questa. Sappiamo per che ne deviano tutti coloroi quali vogliono considerare com e au tore del delitto il m an-dante; e cos ne devia il codice Toscano: laonde la Cortedi Cassazione f Annal i Toscani XIX, 1,533) pot deciderebenissimo che chi islisava un servo a rubare al padrone unaqualche cosa e portarla a lui era iin coautore del delitto;e nel linguaggio del codice Toscano doveva dirsi cos. Si fecein materia di furto da moltissimi fra i vecchi pratici, e siripetb anche modernamente in Francia la questione intornoa coloro che stanno vigilando allo esterno di una casa mentregli altri compagni nello interno della medesima consumanoil furto. Certamente nello stretto senso antologico quelli nonsono coautori, perchb non portarono la mano sulla cosa al-trili. Ma potrh egli dubitarsi che siano co rr ei e tutti ugual-mente responsabili con gli autori? Malgrado 1' accidentalit%delle parti che si sono distrih uite tutti hanno esercitato effi-cacemente e dolosamente 1' azione propria nel moniento incui consumavasi il furto: tanto vale si aiuti a porre la robanel sacco, tanto va le si faccia ,pi sicuro, col guardargli lespalle e salvarlo da una sorpresa, il compagno che sta po-nendo nel sacco la roba per interesse comune.

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    E principio costante che non si am mette complicitpel solo concorso neZZY azione senza concorso nellavolo?zta;di qai la necessita che nessuno possa pu-nirsi come complice se non provata a suo caricola scienza della criminosit del fatto principale. Nes-sun dubbio su questa proposizione generica: ma ildubbio nasce intorno a determ inare se tale scienzadebba essere specipca; e simile questione ha piiifrequente importanza nel furto che in altri reati. I1problema della scienza specifica pnd cadere o sulfatto principab o sulle sue circostanze. Sul fattoprincipale il dubbio non colpisce gi% la criminositasostanziale dell' atto (che in ci6 B necessaria lascienza specifica) ma la individualith del fatto stesso."Ora come al complice di omicidio non vale lo al-legare che somministrb dolosamente le armi o ilveleno credendo si volesse uccidere Piero e nonCarlo, e cos che essendo stato ucciso Carlo eglinon concorse con volont a questo omicidio; cosinel furto non varr lo allegare che si fabbric lachiave falsa o la scala per ausiliare il furto a dannodi Cajo, e non il furto che fu comm esso a dannodi Mevio. Come nel primo reato il titolo B di orni-cidio e non di Piericidio) o CarZicz'dZo,cos nel furtoil reato consiste nel prendere lo altrui) e quandola scienza cade su tale condizione, essa B specifi-cata bastantemenie.

    Ma se la questione si porta sulle circostanze ng-gravawti, la scienza del complice deve essere mo-

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    stra ta specifica intorno a ciascuna di loro. Colui CEIPabbia ad altri somministrato il veleno credendo sone valesse ad avvelenare un estraneo non respoir-sabile della aggravante del parricidio die l autoreabbia con quel veleno consumato. Cosi colui cheson11ninisti. strumenti idonei a scalar muri o rom-pere usci sapendo in genere che dovevano servirea coinnietter furti, io non credo possa tenersi par-fecipe di furto sac.riIego se d i autori ad insaputadi lui si valsero di quelli strumenti ad invadererina chiesa. La stessa soluzione a pi forti terminicrederei si clovesse dare se si trattasse di arco-stanza non inerente al soggetto passivo del furto,nia ad altri n uovi fatti concornitanti, come pe r esem-pio la violenzcc. Non amm etterei 1~eralti.o denticaSoluzione per ci che attiene alla rluantitA del tolto:non ammetterei la deduzione di quell' ausiliatoreche dicesse io credeva si volesse rubare novantalire, e non giii cinquemila come furono contro It-,inie previsioni sottratte. Questo facile pretesto esi-terei ad am metterlo, perchb chi ajuta scieilteinentead un frtrto ajnta indetel-minatamente a quella sot,-trazione di pi o di meno che ve rr fatto agli ari-tori principali di consumare: onde vale la regolacEolzcs irul.ete?*mincctrhs leterntincctfc.?*b exltu.

    (Silesta ultima soltizione pu congiriiigessi con lateorica generale relativa allo eccesso, per la qualeinentrc non si comunica al complico lo eccesso neimezzi si coniunica sempre lo eccesso nel fine. Per:tnalogia pri0 dirsi che qriandci si P rubnt,o niill?

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    invece di cento, o a danno di Tizio in luogo di Cajo,vi stato eccesso nel mer o risultarnento sen za mu-tazione cli mezzi. Quando invece si usata percommettere il furto la violenza o la effrazione (1)alla insap uta de l complice, lo aggravam ento del ti-tolo nascendo cla un fa tto d istinto non conipreso co-me possibilit prevedibile nel fine coiicordato, nonse ne puO este nde re lo addebito al partecipe chenon ne ebbe cognizione speciflca.

    (1) Lo stesso pu dirsi anclie in ordine a quelle asgra-vanti derivate da qualith personcrli che sono con?tt?~icnbili,come la do-ies l ici t ( F a b r o J o a n n . i n Jnslit. lib. 4,tit. 18, a g . 6 5 1 ) quando abbia servi to di mezzo al furto.Suppongasi che i l complice ignorasse che chi lo invitava adi~jutarlo a rub are era impiegato come doiiiestico in quellacasa, e la regola della comunicazione dovr cessare per (li-fetto di scienza.

    S. 22-17.La idea della solictarietr, ne l delitto condusse al-cuni a stabilire un a coi*re spon sabilit indefinita fiaa

    i partecipi di un reato, e cos fu un argomento con-vergente con clucllo dell' asserta inclivicluitA del ti-tolo onde render comuni a tutti i partecipi di [infurto le circostanze aggravanti che ricorressero, onella persona di un solo di loro, o nella azione :dirin solo. Di qui la regola che incorressero la pen:hdo1 f~.irtoviolento anclie quei ladri che non tiveITanocoq~erato lla violenza : L e y s e r vt,adilalio?ics il 1lm?tc7ecltt.s sjc ci ?n . 536, .rlzc&il:id.14 .Ma dove nnclirJsi amiilet.to in genere codcsto principio, che parveni%coltclsi roiiiaxii, rimane pero semprc grnvc, qricl-stionc se ;t cornrinicarc la respoiisabiliti~ delle :q-

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    - 66 -gravanti anche a chi ne sareb l~e ersonalmente im-mune, occorra almeno che questi avesse la scienzadi ci6 che facevasi d ai suo i conipagni. Sappiamopur troppo che fra i criminalisti frw cesi prevale ilduro pensiero che tale scienza noli sia necessaria.Finch questa massima s' insegna l come deduzionedel testo positivo di quel codice e della discretivaposta innanzi dal suo art. 63, dovrassi chinare lafronte. Ma quando vediamo alcu ni scritto ri anch erilodernissimi ( V o i s i n de la corn212icit pag . 61)insegnare come dottrina romana e come verit ra-zionale la negazione della scusa desunta cldln igno-?*anzudi fatto, noi deploriamo co testi insegnam enticome frutti di un ossequio esagerato. L' e.)vnoredifatto che influisce sulla sostanzialita della colpa valea toglierne la responsabilit morale per un princi-pio che nessun moralista disconobbe giamm ai. Laresponsabilit dei suoi atti grava l'uomo in ragionedella sua volonta, n p116 volersi ci6 che non si co-nosce. Sc lo errore cade su tutta la criminalitci sirispetta questo supremo vero, e si dichiara chi fucausa dell'evento non esser mai punibile in ragionedi clolo. Se invece lo e rro re cade sopra un a pa ri 6della crifi~in alitdell' atto si vuole insegnare altri-rncnti : e pe rch ? L' uomo in questo caso volle de-Zinquere, e cos si espose a tutte le eventuali mo-dificazioni che il fatto criminoso poteva presentarenel suo svolgimento : abbia egli sapuio, o non sa-puto tali modificazioni, egli poteva prevederlo ; cihasta per ritenere che ei le ahbia volute. Ecco tuttala soiiirria clell' argomentazione per cui mentre siainrnctte la ignoranza di fatto come buona scusa aldelitto principale, si pretende neg arle ogni valore

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    quando cade sulle aggravanti del reato. Con ci siadegua la possibilit della previsione alla previsioneattuale per poscia adeguarla alla volizione, e la de-linquenza si converte in una lotteria dove si giuocala testa. Ci p arr a nzeno rep ugn ante quando ancheil di pii6 risale come a sua causa alla rnano delgindicallile, sul quale cadendo indubitata la respon-sabitith ma teriale tr attas i soltanto di farvi acce derela responsabilitit morale. Ma quando la cazcsa ma-teriule dell' aggravante non fu Cajo ma un terko,il fatto di questo terzo non congiunto alla personadi Cajo per ,u n nesso ma teriale bisogna che a leisi ricongiunga per un nesso morale positivo. Bisognatutto al piu poter dire lo conobbe, dunque preszcsnoche lo volesse: nia non pu dirsi davvero lo poi&p"re~eclere, ~ n q ~ l eresumo che lo conoscesse ; erpoi soggiungere presunzo che lo volesse. Questo eun coacervo di presunzioni che repugna alla buonalogica, ed alla retta giustizia. Pesino dunque le cir-costanze ~~zu6ernialihe accoinpagnarono il furto sututti i correi ed anche su coloro che alle medesimenon cooperarono; cos la qualifica dell' arm e bran-dita da uno agg rav i il furto per tutti i compagniquantunque inermi (Annali Tosca?zi XII& 1 , 542)e gli atti violenti aggravino il furto anche per co-loro che violenza non usarono (AnnuZi Toscani XITI,1, r166-167). Ma ci"sia sempre subordinato allacondizione della scienza, senza la quale repugnanteaffermare quella tacita adesione che vuolsi equipa-rare alla adesione espressa ed al fatto (Ann a& To-scani XIV', 1, 816-81 7).Fu dunyrie inspirato notida sola umanit, ma da sapiente giiistizia l'artico-lo 105 del codice Sardo Napoletano il qiiale dispose

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    no n doversi comunicare ai complici neppure le circo-stanze ma teriali onde si aggrava il malefizio se quellino n ne ebbero scienza al nto~nento12 cui ~ g i ? ~ o u o1) .(1) Fu rigida conservalrice di questa provvida legge 12 1

    Corte di Cassazione di Napoli quando col suo decreto del 26maggio 1 8 6 5 stahil doversi in ordine a Lutti i complici chenon risultino partecipiilori materiali in qae1Ie circostanze,porre per ciascuno di loro una questione speciale sulla re-speltiva scienza delle inedesime. Ad uguali priricipii s' i n -spirano i migliori codici contemporanei ed i l Cj. 186 del co-diee AusIriaco, sul quale a vedersi in dissertazione del con-sigliere doltor G i u s e p p e I i i t k a riprodotta nell' Eco clciTribunali an n o 1859, n. 885: ne devi peraltro il codiceSardo e la relativa giurisprudenza, sul che E (la vedersi 121dissertazione dell' avv. C e s a r e O t t o l e n g h i nel giornaledi Torino La Leyye anno 1862, n. 55. L h r ro re intol lera-bile di rendere lutti i parlecipi i n un furto corresponsabilicl i una grave lesione recata da uti solo di loro al derubatooncorch tali partecipi non [ibbiano cooperato a sifTatla le-sione, ed ancorch non risulti clie nel precede nte concettofosse prevista e voluta la lesione medesima, si prese a colf]-bat tere anche dallo i l lustre G e y e r tn una apposita disser-tazione inserita nell' Eco d e i T~~ibzcnalii 1 n. 1560.

    Pu6 sorgere un dubbio intorno alla croilologia disiffat ta scienza liella ipotesi di un favoreggiamentocali(: per essere stato precedentemente pr.o?tresso cc!-stitriisca ( C;. 476) ausilio nel fcirto. GiA sappiaino~I i e l vcro o proprio fhvoreggiamento corisistcntrnel fatto (li un terzo che dopo la consrimuxiuiic (lirin reato soccorra ali' ariiore del riiedcsirrio ad a$-volarne la f'uga, o a iitiscoiidere i corpi del delit-

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    to (1) o le traccie del metlesimo, non si considerapiB dalla scuola inoderna come un fatto di ausilio,Dia come nn reato szti yeszel-is che lia per suo obiet-tivo distin to la pubblica giustiz ia. Ia sappiamo al-tres che quando tali favori siano stati clal terzupromessi all' autore del reato precedentemente allasua esecuzione, rivestono i caratteri di vera e pro-pria complicitd per lo impulso che la certezza diottenerli ha dato alla determinazione criminosa del-l' autore principd e. Anzi pi esattanlente pu d irsiche il fatto costitutivo clella complicit nella ptw-sltesscc clei fhvori, piuttostoch nella pi*estchsione de imedesimi; erch non i: complice clii li prestb senzaaverli proillessi innanzi, ed coniplice chi antece-denteniente li promise sebbene poscia mancandoalla data parola non li prestasse altrimenti. O r bene :pu avvenire che i favori si promettessero al ladroprima del furto da chi no.n sapeva n i pi*evedeucc leaggravanti dalle quali sarebbe accompagnato il furto:e che posteriormente i favori si siano prestati clopoacquistata la coy nizioone delle aggravanti dalle qualivenne accompagnato il furto. In tale ipotesi pu do-iuanciarsi se la scienza posteriore al furto ma con-comitante al prestato favoreggiamento basti ad in-volvere nella iesponsal~ilit&li cyuelle aggravanti. Ecl evidente che no : recisamente perch il fatto co-stitutivo di coinplicita non b il favo~eche si plaestOcon scienza clelle aggravanti; ma la pt70ilzessn chedietlesi senza tale scienza ('2).Notato ci, quantoaltro appartiene al favoreggiamento considerato co-nie delitto (li per sb stante non richiamasi a clueskjluogo ma alla esposizione dei reati contplo Zct pzh-bliccct yiz~stizin.VOL. V. 24

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    - 10 -(1) Tanto nel caso in cui la ricettazione costituisca c m -plicit per la precedente promessa, quanto nel caso in cnisi guardi come reato di per sb stante o come favoreggia-mento, nasce dubb io se a l fine di tenere responsabile il ri -cettatore occorre che abbia nascosto la specie rubata, O s ea ci basti che abhiu ricettato il denuro in cui il ladro con-vert la cosa furtiva. Nella prima ipotesi il dubbio non puesser serio, perch l? complicit sta nel prom ettere e nonnel ricettare. Nel favorepgiamento neppure, perchb anche ilnascondere il denaro retratto dal furto ? un'assicurarne i1criminoso profitto: il dubbio grav e striiigesi dunqu e nel casoin cui si obietti la r ice t taz ione come t a l e , perch manca ilmateri ale della recezione della co sa viziosa. hla la *s up rem aCorte di Giustizia in Vienna il 30 maggio 1855 giudic cliea termini del codice Austriaco alla recezione delle specieequivalesse la recezione del rlcnaro in cui si erano conver-tite dal ladro.

    (2) Professo senza esitazione questa dottrina quantunquein Francia si sostenga il contrario, e indistintamente si equi-pari la scienza sopravvenuta dopo il ricevimento alla scienzaanteriore e concornitante: B l a n C h e D e ux i me e l t ~ d e , . 154,pctg. 255. Dicesi ch e se non vi fu la piena colpevolezza nelmomento del pronietterc e del ricevere, la piena colpevo-lezza intervenne nel successivo r i tenere dopo acquistati1scienza. hla tropp a div ersit interc ede fra lo ad eri re pririi:iche il de lit b sia conimesso, ed in tal guisa esserne cclus(i, elo ader ire dopoah il delitto orniai fu comm esso. In Franciapu insegnarsi cos perchh /ndistintamente si ravvisa com-plicit nel ricevere posteriormente anche senza previa pro-messa. Rla dov e il mom ento costitutivo di complicit si trovanella p r o n l c ~ a u , non nella esecuzione della medesima, Inscienza bisogna trovarla completa nei momento in cili si di -viene cornplici ciok nel momento della promessa. Ilargomento della contraria opinione francese sta in questo:la legge piiniscc cili ? l f ~ s r a n d ecienlcnlenle, e non ciii riceve

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    scietl te~aente:colui che ricevette se nza scienza ma poi ritennecon scienza, coi ritenere nasconde scientem ente.

    Dalla ipotesi anteposta scorgesi chiaro che noirawisiam o anche nel furto elemento bastevole dicomplicit nel solo consiglio, ed in genere in ogniconcoyso morale: e difatti questa sembra non esse repi questione oggidi. Disputassi in faccia al dirittoroinano se nel furto si potesse divenir complici colmero consiglio senza aver dato aiuto 19zute~ialt.alladro : e sono note le controversie clegf' interpetrisulla intelligenza della 1. 53, 5. 2,6 e ve~*bor~us.l~s@nificatione, e della 1. 50, S. 1, fjK de furtis, e del5. 12 Instit. de obligutio~zibusquue e x delicto na-sczcntur (i), relative a determinare se l' ope e ilconsilio si designassero in quei frammenti comeestremi copulativamente richiesti, in quanto occor-resse ave re al tempo stesso aiu tato il ladro, edmere ci fatto consdlio, cio dolosamente : oppuredovessero gua rdar si come condizioni alterfiative, co-sicchb coi soli consigli ed istruzioni date al ladrosi divenisse passibili clella ccctio furti. Oggidi nonsi fa questione su ci; ed il concprso morale costi-tuisce indistintamente complicit anche nel furto ;la costituisce ancorcllb lo istigatore oltre a1 nonavere materialmente ajutato il ladro non abbia nep-pure avuto nessuno interesse pecuniario nel furto1s nessu na partecipazione nel lucro. L' animo d i lo-cupletazione non & necessario che concorra in tuttii partecipanti ra,pporto a loro medesimi. In~tilrnent~c:colui che in precedenza pattui di comprarti In cosa

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    dopo che fosse rubata allegherebbe di averla com-prata a giusto prezzo, e cos ili non avere nientclucrato. Una soddisfazione niorale deve esse rsi dalui avuta in vista poichk si scientemente involutoin un delitto e con la promessa gli lia clato impulso:e ci basta al suo dolo (2).

    (1) Vedasi M e r i l l o obserccrfion utn lib. 2, oliserv. 59-C o s t a in ins t i tu tu i115. l l , le ob1iyal io~~ibustcue e x Jeli-cto nctscil~btz~r a C h o v i o itd Treutlerzcrri vol. 2, pt l r s 2 ,tdisp. 50 , lhes. 3, l i t . d, pug. 1087 - r i s s o n i o de f0r-ntlblis 6, 2 5- c i u l t i n g i O j u ~ .r t lylrs t . ud sent . Ptiidilib. 4, 51, S. 10, not. 37 - y ri k e r s li o e k obsertintio-n ima jur i s romani t i b . 1 , obseru. 10 - r u m a e u s di-sputulionas disput. 24, thes. 3, pay. 596. Ma par e alla miatenuiti clie le difficolt di quei frammenti non meritasserocos sever e lucubrazioni, poicli a ine par e di scorgervi lim-pidissima la recognizione dei p rincipii cardinali del giurepunilivo. Non si pu essere coriiplici di fur to ope nis i e tconsilio, perch non basta avere aiutato se non si fattocol proposito di aiutare: non si pu essere complici consili0nisi et ope, perch non basta il consiglio se difatto questoiion rec aiuto od irripulso al delitto. Ma da quesle regolemal pub trarsi argomento per sostenere che chi instiga alfurto senza prendervi parte quando esso avvenga p er effettodel suo consiglio non debba risponderne come complice. Einutilmente si allegherebbe in contrario la 1. 6 , ff. de con-dict. furtiv a, sulla qu ale pub vedersi il caso speciale ricor-dato dal l. e y s e r medi ta i. a d Pande c t . spec. 149, ~ n e d .5.Questa legge nega che al propri etario competa la c on tlic lhfurtiva contro colui che is~ ig b l furto senza prend ervi parte:e bene a ragione perch sappiamo che In contlictio ftcrtivasi d soltanto co ntro l ' au tor e de l furto e i suoi e redi .Laonde la mera istigazione noti poteva render passibili diquella azione speciale. Cib per non esclude che la istiga-

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    - x3 -zione rendesse passibili della acf io f i t r fi esperibile controchiunque av esse coadiurato il ladro o col consiglio o conla opera: S li u l t i n g o tlteses controversne decas 4 5 ,S. G - e r r e n o n i o aninladvers. 1,21; i z Tlies. Otton.tom. 1,pag. 6 1 8 - o o d t connzeli t. ad Pandect . ii z lit.dc condict. f itrt. ver sic . interccb obser uandu ~n- u b e def i~r t i sdoctvina ex jz tre romano pcig. 1 0 0 nd 1 0 3 .

    (2) La 1. 54, S. 1, f . (le furtis proclama esser lztcro suf-ficiente anch e quello di pro cura rsi la benerne renza altrui:9tec naouere quevz debe t, qihasi nihil su i lu cr i gr nl ia fa-ciat: speeies eni m lu cri est ex x:lie?zo la rg ir i, et beneficiidebitorent sibi cidqzdrere. Analoga B la 1. 52, $. 15, fl : (l efur f i s ov e si pone il caso di chi col percuotere sulla man odi altri ne faccia cadere a terra il denaro ivi tenuto, afin-

    un terzo possa raccoglierlo; e questo E quello che i giu-risti aleaanni chiamarono l t&crum indirectu m: L e y s e rn~ed itat. d Panrlcct. spec. 557,mcdi t . 27. La Suprema Cortedi Vienna col decreto del 27 se t t embre 185 8 n . 10,993 f E codei Tribunali n. 913) ritenne parlecipe del fiirto chi aiu-tava altri a ruba re per rnera animosit contro il proprieta-rio. La stessa Corte coi decret i del 2 1 maggio 18 61, e 24marzo 185 2 dichiar pure partecipe di furto il serv o ch eaveva aiutato il padrone a rubare un cane destinato al ser-vizio esclusivo del padron e stesso, consistendo il lucr o deldomestico nei vantaggi personali c he spe rava otten ere dallagratitudine del padrone. Sta bene che l ' .animo lucri faciendirichiesto da P a o i o nella l . 1, S. 3, ff . de fitrtis debba con1'0 t h i e r intende rsi conie contrapp osto all' animo semp li-ceiiiente diretto a rec are u n nop iimento al proprie tario, de-scritto da P o m p o 11 i o alla l. 41, $. l , f l cld ley. Aquil .;e clie per conseguenza di qu alun que sp ecie sia il vantag gio

    sperasi dalla contrettazione dello cosa altrui, sem pre ri-corra il furto; ed invece senipre ricorra il danno (latoquando si a~ per fine di vendetta sen za nessuna veduta diutile p roprio. Ma non per questo pu dirsi esalta la f0tmul.iassunta da taluno c he a d av ere il furto sia necessario pre n

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    ilere con I' aiiiino 9 - em sibi I~nberzdi. l lucro sorto a pro-fitto di alcuno dei partecipi informa tulto il fatto, e gli d iil titolo di furto anche rispelto a coloro che vi partecipanosenza nessuna idea di goderee cidea cosa sott rat ta ma coi1 lasola veduta di procurarsi un altro vantaggio qualsiasi.

    (Juesta ultima prol~osizione sembrb a taluno sifosse disapprovata dalla Suprema Corte di Cassa-zione di Firenze nel suo decreto del 4 decern-bre 1858 (Annali Toscani XX, 1, 89 2) nei motividella quale invero ap pariva venisse detto Izon po-tersi dichia~areconpliee d i un fwlto per istiga-zione chi non ha partecipato nel lucro. Ma io chefui uno dei difensori in quella celebre causa, cono-sco bene che il motivo di cassare fu la perplessitdella prima sentenza fatta malissimo e confusa-niente : a Baireaita autrice principale di quel furtonon aveva avuto essa medesima l'animo di lucra-re, ma d' indennizzarsi per t re figli che il seduttore( a danno del quale sottraeva gli oggetti) le lasciavaalle spalle. Subentrava cos il titolo di ragion fattasia quello di furto, per le piu no te regole della giu-risprudenza toscana. Ed allora per ricon durre il fattosotto il titolo di fu rto a carico degli istigato ri dellaragazza bisognava che 1 animo di luc rare fosse resocostante almeno in loro. Ci non si leggeva nellasentenza; e cos il titolo ai furto mancava di unelemento tanto rapporto all'autrice principale quantoai suoi complici. Era dunque necessit cassare. Manel distendere i rriotivi di quel decreto io non credodavvero che il dottissimo relatore volesse insegnare

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    la massima che nizhtw possa esser co~~tplz'cei f z ~ t os e n m zln Zzccp-o suo pt-oplio , quando il fine di lucro nell'autore principale; quantunque i compilatoridegli A'/znali nel sommario premesso a quel decretoglielo abbiano voluto far dire. In tutti i delitti laessenza dei quali consiste in un determinato finesyeciuZe, basta che simile fine ricorra in uno clegliagenti-al quale gli altri o col consiglio o con l'operacoadiuvarono, quantunque in questi non ricorresseun fine uguale ma un altro tutto diverso. Tiziovuol rapire una donzella per fine di libidine; eccoil ratto :ma egli si B fatto ajuta re da Cajo medianteuna mercede: Sempronio volendo rubare si feceajutare d a Cqjo che si prest senza lucro, e pe ranimo di vendetta contro il proprietario :Mevio perinfamare un nemico compone un libello e lo fa.di-vulgare da Cajo dandogli un premio. Cajo & tradotto ,come complice di ratto, come complice cli furto, cc,-me complice di libello famoso ;ma egli non si sgo-menta, e risponde non esser comy~licedi ratto per-che non agi a sfogo di propria libidine; non esse rcoml~licedi furto perch non ebbe 1 animo di lu-crare; non esse r complice di. libello famoso perchbnon ebbe 1 animo d' infamare. PotrB egli ammettersimai cotesto sistema! La regola direttrice cli tali casinon pu essere che una: il fine speciale che (li laessenza al reato e ne determina la nozione bastache ricorra in uno dei partecipi perchb gli altri ( sene ebbero scienza e lo coacliuvarono a conseguirlo)siano corresponsabili dello identico titolo. Non pu8obiettarsi che in tal guisa la intenzione di un agentesi comunichi all'altro a dispetto della contraria re-gola: anche chi non ha il fine di raggiungere i , ~

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    - 76 -s stesso ci6 clie costituisce la nozione del reatu,& per0 che il compagno vuol raggiungere cotestofine, ed ha cosi egli medesimo la intenzione tli coa-diuvare a quel fine. I1 fine B altrui, ma la intenzionedi procu rarne ( a sB o ad a ltr i) il consegriimento bserilpre individuale (1).

    (1) Queste verili1 si confortano ancora dai monun~entidella pratica toscana : rlnnali T osc an i XX , 1 , 647. Fiivvitr a i dottori chi consideri) com e circostanza dim inue nte pelcoriiplice la non partecipazione ai lucro : L y s e r naedittr-tiones in Pnndectas spec. 557,meditul. 26. Queski opinionemollo estesa fra i giuristi alemanni ha probab ilmente ori-qine dalla Costituzione Elettorale Sassonica fpars 4 , const. 59)I:I quale dispose che gli excuDiutores (coloro che facevanogu;irdia mentre i cornpiigni rub ava no) non fossero puniti dimorte se non avevano partecipato nel lucro almeno per cin-que soldi. Di qui nacque una dotlriua eclettica sulla que-stione se il coniplice del furto dovesse o no parificarsi nellapena all' auto r princip ale; la qua le dotlrina distinse second oil liicro, parificando i l complice che vi aveva parlecipalo epuneiidolo rrieno se non aveva lucralo : 110 inn i e l Rlhapso-riicte vol. 2, observ. 2 9 6 , pag. 11 6. Anche in Germania pe r;iltro acceltossi senza distinzione da molti la minore puni-hilith del coniplice nel furto : M a r p p r e C li t tlecis. 6, 11 . 9.

    C;. 2251.Se peraltro (corrie bene ha osservato .J o r clnella sua prefazione a l proge tto di coilice Porto -ghese) non B oggimai pi controverso che il favo-reggiatore del ladro non si renda complice del furtoper quanto esegu dopo la consumazione del reato,quando non ne avesse data precedentemente pro-messa, evvi tuttora e nella scienza e nei codici una

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    Ibriiia speciale che porge argomento di controver-sia; e questa & la ~icettazionedolosa d i cose fur-tiae ( i ) nella quale gli antichi ravvisavano senzaesitazione un fatto di complicit, mentre i moderni(creata la nozione del favo reggiamento) si sono di-risi in due schiere. Alcuni noverano tra i favoreg-gianienti tanto il nascondimento quanto la compradolosa delle cose rubate : ltri invece nella corfip~u~Jolosa ogliono ravvisare se non i caratteri veri elrrapri di una complicitii, una continuuzio~ze el cle-litto di furto, per la duplice ragione che il compra-tore doloso fa un atto offensivo al diritto di pro-priet, e mira a locupletare sb stesso e niente aflfatto a ledere la pubblica gius tizia. Ma su questopunto gi esposi diffusamente il pensiero mio nelloapposito discos*so sulla ricettaxione d i cose fu~tz'ue(opuscoli vol. 1, opusc. 3 ) ecl al S. 480: n voglioa questo luogo ripetermi. Io persisto nella opinioneclie in quello scritto propugnai malgrado i dissen-zienti. La ogge ttivit clel re ato di compra dolosa dicose furtive non B la pubblica giustizia, ma il di-ritto di proprieth.

    (1) La dottrina della quale io mi feci propugnatore frale due contradicentisi non eclettz'cn, lo che significhereb-be combiriatrice delle due opposte : ma propriamente unaterza formula tutta difforme dalle altre due. Gli uni diconoche il ricettalore di cose furtive un complice del furto:i0 lo nego per ch rep ugna una complicit che non fu cnusndel n~alefizio.Gli altri dicono il ricettatore un favoreg-ginlore: io lo nego nel com prato re doloso perchb n on ha1' ani??lodi offendere la giustizjn,ma di arricchirsi con l 'ai-trui. Io dico col B a r t o l o v ide t~b r u r a r i pa rch ha 1' mi-mo di ledere 1 altrui proprieth, e realmente nel fatto lede

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    - 7s -In pro prieti perseverante tuttavia nel padron e, per trasfe-rirla in sk stesso ; e ne concludo che costui b un continu-tore del furto: e questa figura dei cotiti?zuatori, tutta di-stinta da quella dei complici e dei favoreggiatori, a rnesembra altrettanto v era in punto giuridico quanto conve-riieuto a stab ilirsi in pun to politico. Vedasi an che la no ta ;tS. 2838. Del resto oltre la questione principale siilla pivera figura giuridica dei ricettatori di cose furtiv e, questamateria presente argomento di altre eleganti questioni. A mo-do di esem pio si disputb s e una ricettazione successiva fattaper diversi tempi e per diversi contratti di oggetti distintima provenienti da un solo compendio furtivo dovesse co-stituire pi deliiti, o un delitto solo : B l a n C h e DeuxiGrneetude n. 145. Si disput se dovesse ammettersi ricettrtzioneda' ricettnzione in quan to si fosse scientem ente compratala cosa furtiva non dal ladro, ma da un ricettatore (B la ri -c h e DeuxiGme etude n. 149) e qui viene in scena quellaregola che con formula generale vorreb be negare la complicitidi complicitA. Si disput se a punire il ricettatore occorressemostrare che egli avesse fatto un ingiusto guadagno: B l a n C hDeuxime etude n. 148. ' insegn doversi distinguere ( e nonsenza fi~ndanie!~to)ra ricettatore accidentale e ricettatore d i -tuale di &se furtive: e tale distinzione piacque U I codiceToscano art. 417. I ricettnlori abituali con una formulaespressiva del riostro volgo si dicono caniposunti: e vera-mente sono perniciosissimi perchb facendo mestiere di ne -goziare in cose furtive vengono presto ricchissimi con maloesempio altrui, ed incoraggiscono al furto per la facile Oc-casione di smercio. Si pu dire che i l ricettatore di meslieroha fatto in precedenza una promessa generale a tutti iladri futuri di favorirli quando riescano a rubdre qualchecosa. Singolare fu il giudicato che dovette correggersi dallaCorte di Cassazione di Milano nel decreto d el 1 9 decem-bre 1864, e che volea nientemeno s' infliggessero al ladrodue pene, 1' una in quanto aveva rubato, e 1' altra in quantoaveva poscin nascosto le cose rubale. La d otlrina ch e i ri-

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    cetlatori di c ose furtive fossero veri catnplici si volle ap-poggiare sulla l . 14,C. de furtis ( W e r n h e r observatio-t l u ; ~ ,ol. 4 , pnrs 6 , obscru. 269- e n C k e n i o systemajuris ciuilis secundztm Pandcctus lib. 47 , t i t . 2 , S. 12 )e sostenere con l' autorit deHa legge dei Visigoti che ri-sale al secolo quinto, e coi diritti consuetudinarii di Fran-cia ; fu comune mente accolta dai vecchi pratici : II a si-l i c o decis. 40 - a n i m o l l e decis . l 0 3 ; quantunqueassai presto ne dubitassero gli Alemanni, come si ha dalG r a n t z o dc defensione rcorunz pay. 527, n . 145 et 146.Slrano E l ' argomento col quale recentemente Vo is i n f i ela complicite' pag . 7 8 ) credette dimostrare la vera compii-cit nel ricettatore. Se (d isse egl i ) si nasconde la cosa fur-tiva pel fine di salvare il ladro dalle mani della giustizia,si complici del la dr o; ed in tal guisa preten dendo trova-re lo elemento della complicit nel fine di eludere la giu-stizia, capovolge le nozioni fondanientali, e a ttribuis ce allacolnplicita un criterio di rapporto personale e non pi uncriterio. di rap por to rea le , come universalmente s' insegna.In quanto ai ricettatori della persona dei ladri par certoclie il primo concetto di ravvisare in cotesto fatto un de-litto s u i g ener i ~ isalga alla l . l , f . e receptatoribus e1. 1, C . de 11is qui labrotzes, e s' introducesse specialmentead Occasione dei ladrorii di s tra da, con tro i quali fu stabilitoun giudizio straord inario . notabile un capitolare di Carlo-aIagno, ove a puni re que sti ricettatori si dichiar necessarioche avessero ricoverato i ladri almeno per sette notti: Ot-t011 e de tutela victrunz pag, 543. Aoch e in questi si volletrovare una forma di complicil : h1 a i SOn n e u V e exposede droit prtal pag. 102. nla i ricettatori abituali di malfat-tori bisogna co nsider arli com e colpevoli di un delitto di p er

    stante. Far ne dei complici S un crror e grossolano- .0Per-ch: sotlo il punto d i vista della complicit sare bbe futile ri-chiederne come estremo 1' abitudine - .0Perch non po-trebbero per tal guisa punirsi s e non quando i mabnd riniavessero consumato il delitto - ."Perch la loro imputahi-

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    - :so -lit diventerebbe variabile secondo In vari ci^ dei delitti com-niessi dai malfattori rico~erati.

    E v ~ i ariniente un' altra forma speciale di favorcdopo il de litto, la quale m eri ta osservazioni, ed i:rjuella che corre nei pratici sotto il nome di con-ti*ettaxioolze.I contrcttatori di cose furtive sono insostanza ricettatori, i quali hanno questa specialitkdi avere ricevuto scientemente all'estero le coserubate all' estero e di averle importate nel nostropaese per farne spaccio tra noi. Anche quando per-clurava la opinione che i ricettatori dolosi fosserocomplici si dubito che non potesse procedersi a pu-nizione contro coloro che avevano ricettato il pro-dotto di fur ti commessi all' estero, percli perdurandoaltresi la opinione che la giustizia punitiva non po-tesse avere forza estraterritoriale (1 ) se ne dedu-ceva non potersi giudicare dei complici di un furtoda chi gli autori principali di quello non era com-petente a giudicare. Laondc avverterido che la irn-portazione d i que lle cose furtive recava pericolo n1conimercio nazionale, per la facilitb clie i cittadininostri acquirenti a buona fede di quelle cose se levedessero rivendicate dai proprietari, si ' creo unaforma di reato sui genevis la quale chiamossi con-trettazione; ed avverso questa si minacciarono ap-posite pene. Siffatto reato non si pun come offesaalla pubhlica giustizia, perchb s i credeva che la giu-stizia nostra non avesse n& interesse n & diritto ayersegriitare il reato principale che veniva per quellaguisa favorcggiato: non si pun come offesa alla prn-

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    prietti, perchb la propriet estera si ritenne al difuori dela nostra difesa sociale: S e ne trov 1 obiet-tivo nella sicurezza dei nostri commerci, sicch f'uveramente un delitto 8zci ge)ael'gs (2) in tutta la esten-sione del termine. Oggidi se i progressi della scien-za allargano le competenze della giustizia punitivanon vi sarh pii1 bisogno cli q ~ e s t oitolo eccezioilale.(1) Alcune pratiche avevano peraltro introdotto il prin-

    cipio che quando il furlo era cornmesso in un paese e 1tiroba contrettata in un altro paese ambedue le giurisdizionifossero conipetenti a p unir e: P h o e b o decisiones lusitco~cce,decisi0 215, la. 15. Pare eziandio che in tema di furti si fosseallargato il principio della estraterritorialii del giure penale.11 V e r r i alla Costituzione di Milano ppn g . 277 ) nota duegiudicati del 1600 i qil;ili ad un nii~ioniileche aveva rubatoali'estero applicarono la pcna minacciata dallo Statuto ua-zionale, quan tunq ue la pena del luogo dov e era stato coni-nlesso il furto fosse pi mite. Altri disse ( il1 a r C o decis . 176 ,a. 1 , png. 165, vol . 2 ) he il ladro col traspor tare nel nostroPaese le cose rubiitt: til17 estero commelteva un nuovo furto.

    (2) Vedasi P ii o l e t t i ins t i tut io~zes l ib. 4, i t . 1 , S . 1 0- B o s s i o i i t t i t . d e f u r t i s 1 i . 1 8 R i r n i n a l d ~ co?ls .106,n. 1 1 , l ib . 1- ? a r in il c c o de inqusit quaest. 7, n. 7 -B e s O l d o t1t.esnzcrus vcil. 2 , png. 87, col . 1 - O l f i O (il-leyat. 25 , , 9 . Aiialogo procedime nto per identica ragionetroveremo a suo tempo nel delitto di falsa moneta in ordineagi' iwtrotl1cttor.i. In Toscana una legge del 9 s e tt e m b re l 6 8 1disponeva ciie il furto commesso ali' estero quando era sus-seguilo dalla coritrettazione in Toscana clelle cose furtive, siPutlisse corne se fosse sliilo consuniiito qua: e le Osservanze~iudiciwli are clie mantenessero in vigore quella leg$;e: C e r-r e t e l i rcpcl*torio u o l . 1, pnq. 6 2 1- o r t i conclusioniPug. 25 - r t n a l i T O S C ~ I I ITIV, 1 , 7 0 2 , 7 0 5 . Non tutti p e kcontcniplarotio la cunlrcltazione sollo il punto di vista del

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    - 82 -dan no al nostro commercio: molti presero le mosse dallasentenza del B a r t o l o in l . si domintsm ff. de furti8 - uire m furtivarn contrectixt dic itur a ctua liter furar G dunques e actualiter furatur chi contretta in Toscana, ruba in TO-scana. Questa formula analoga alla moderuissima ch e in chicontretta o ricetta cosa furtiva ravvisa un continuatore de lfurto. Qualunque si accetti di cotesti punti di vista, certo per che la i inputabili t del contrettatore si deve misuraresiil valore delle cose contrettate e non sul cornpendio del furto.

    Ad esa urire la mate ria a cu i ci richiama l'argo-mento della complicith nel furtq, riman e a tra tta rela ipotesi delle sottrazioni commesse dai figli e dallaliioglie . a d anno dei genito ri e del marito. I romaninon davano 1 uctio furti contro i figli e contro lelilogli quiu nec ex ulia ullu cuasu polest i ~ t e rosactio nasci ( 1 ) e a riguardo della vedova che Alamorte del marito avesse sottratto le cose maritalinegavano pure 1 uctio furti e vi sostituivano 1 azio-ne rerum amoturum (che non era fumosa) per ladistinta ragione di un rigua rdo di conv enienza, ri-pugnando che l'erede del marito infamasse la ve-dova del proprio autore. fi un errore il credere ch cquesta regola procedesse dalla idea del condominio :ove ci fosse stato non si sarebbe avuto furto, nbla cosa sarebbesi considerata come furtiva; ed in-vece letteralmente si disponeva il contrario rispettoai terzi acquirenti della cosa e per ogni altro ef=f'etto giuridico. Venuto meno nei tempi moderni ilprincipio per cui 1 antica Roma negava ogni azionefra padre e figlio, cess quella prima ragione ; iarest la seconda. Si consider sotto un printo di vi-

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    sta morale che in famiglia suole farsi (come dicesi)s confidenza, e che un figlio od una moglie si ap-profitta talvolta delle cose pa tern e o m aritali sen zacoscienza di far gran male, e quasi per la idea diun diritto. Si consider sotto il punto di vista giu-ridico che tali sottrazioni non presentano danno me-diato, pensando ciascuno che quei giovani e quellefemmine non sarebbero poi capaci cli portare la ma-no sovra la propriet di estranei. Si consider final-mente sotto il punto di vista politico che un a p o -cedura penale istituita per simili sottrazioni capio-nerebhe uno scandalo ed un disdoro clie ricadrebbesopra lo stesso derubato e su tutta la famiglia; t.nelle famiglie sarebb e funesta cagione di a marez zee discordie, e frequentissimo impulso pei familiaria mentire al cospetto della giustizia: e questa fr iragione prepo nderan te appo i codici mod erni comeper quello di Francia chiaro risulta dal discorso del-l'oratore del governo. Per siffatte osservazioni quan-tunque fosse venuto meno il princi~io omano dellaunita di persona si perseverb anche dai successivilegislatori e nei codici contemporanei a proclamarecoine assoluta la regola non mai doversi procedertjcriminalmente per le sottrazioni dei figli e moglic.oinmesse n danno dei padri e mariti.

    (1) In quanto ai figli aperto i! testo al Cj. 12 Inst . deobliyut. qune ex del ict . nascuntur: G r e s o r i o s y n t agmaCU I) . 11, n. l - 1 )a m h o u d e r prasois c ~ i , m .p. 110,n . 41.11 1 quanto alla vedova vedasi la nota a S. 2033; ed ai citatiiiella riiedesinia si aggiungano I.'r e h e r lib. 1, cap. 5: inT l ~ e s . t t on i s t io l . 1,col . 867- o o r d a Ihes. con trove rs .dee. 1 4 , S. 2 . - C k a r d ermeraeuticn pug. 356. Si corri-

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    prende da quanto sopra che in ogni suo stadio la non pu-nibilit del furto dei figli e dei conjugi non emana da unprincipio puramente soggetlivo, e non appartiene alla teoriadelle degradanti. A questa si connette 1: altra distinto regolapi larga nella sua comprensio ne ma pi limitata nei suoielfetti, ch e nel viilcolo del sangue r;ivvisa setnpre una mi-ni irante del furto: F o r t i conclusioa i yug. 195 e E27.

    Ma se furono concordi i dottori ed i codici con-temporanei a non ammettere la perseguibilita cri-minale contro i figli, andarono peraltro in iliverscvie rispetto ai loro complici e correi. Qui rinnuo-vossi la perpetua ques tione della coniunicabilitti dellecircostanze personali fra i partecipi di un delitto.Coloro che volevano punito come il parricicla il com-plice del figlio uccisore del padre, dovettero per se-vera logica dichiarare innocente il complice del fi-glio sottrattore delle cose paterne. Altri 41' op~~ost0guardando il problcma sotto i1 punto di vista dellanioralit individuale, sostennero non potersi ritro-vare n ei complici la scusa ilesunta del rapporto con-fidenziale. Altri guardarono il d u l~ l~ iootto divers(1aspetto: dissero la non perseguibilita del figlio m-sere tutta ispirata act un principio politico, quellocio di non eccitare discordie e disordini nelle fa-niiglie : quindi osservarono che il processo l~ench~diretto alla sola co ndanna deI coinl)lice avrebbe l ~ u rcagionato quelle amarezze e iliscordie che si vale-vano evitare; ecl avrebbe pur e fatto ricadere ciisilon~sullo stesso clerul~atoche si faceva sciirLinnza (livolere proteggere. La legge ( tlissero ) volle ~)i~rrcli.,ii-

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    temente cuoprire di un velo codesti fatti per ri-spetto alla qniete do mestica: ad u n accusatore in-discreto non deve esser dato sotto pretesto nessuno[li scluarciare quel velo. Altri pensarono doversi d-stinguere fra cocczl,toiaie co~nplici;ed ammet,tendola non perseguibilita di questi, sostennero che ilcouztto~e straneo fosse sempre punibile (1).(1) Vedasi C a l d e r o decisiones C atha lo~ii ue lecis. 65- u r b a cotzsilin crin~inalin cons. 68 - o r t i cori-

    clzi.sioni pag. 217. S. 2255.I1 codice Toscano all' art. 414 parve in cjuestadivergenza adottare la opinione pi severa, men treil codice di Francia e gli altri che ne seguivanole orme parvero propendere per la pi mite. Senzadubbio ove si consideri come cardine della teoricail riguardo alla quiete delle famiglie, lo interventodi un figlio nel furto deve render muta la giustiziarispetto a tutti i partecipi (i).Ma quando appren-

    clasi come troppo larga e pericolosa siffatta dot trina ,la distinzione con la quale a parer mio dovrebbela medesima moderarsi non sarebbe gi quella fracouzr,to~i co?nplici, alla quale in siffatt e question iio non so accordare gran peso.(3 ) Sembra certo che i romani non estendessero la irripu-

    niti al complice del figlio di famiglia .per le l e g . 36 , S. 1,e 55 . (j. 1, ff. d e fw t i s E di vero poich essi procedevanodal principio non datur act io, era naturale che amrnetles-sero la querela contro l 'estran eo complice avverso il qualednbatzcr nctio: L e y s e r mcditat . in Pandectas spec. 124,VOL. V. 25

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    ntcdit. 5; et spec. 556, medit. 4- Ye i t t e n a u cona. 61,n. 28. I1 P u t t m a n n fadueraarioru~n ib . l , ap. 1 6 , S. 101ammette questo principio, ma parlando in Lema di complicedella moglie vuole che si distingua: punisce il complice conla pena ordinaria salvo quando le cose rubate fossero statedal marito confidate alla donna, nella quale ipotesi trova unadirimente. Nella vecchia pratica francese non solo conservossila regola che pei furti commessi dal figlio a danno del pa-dre , o dalla moglie a danno del marito, potesse esercitarsil'a zio ne penale contro gli estranei che ne fossero complici;ma si ando ancora pi innanzi: inb tti ne amm aestra J o u s s e{Jzistice criminelle pa rt. 4 , ti t. 57 , a r t . 1 0 ) sulla scorta digiudicati in termin i, che quando vi era un coinplice estraneo,il padre ed il marito poteva ottenere condanna non solo diquesto nia anch e del figlio e della consorte. Al contrarioA u ge a r d farrets notables 11,82) riporta due giudicatidel Parlamento di Parigi del 1 9 aprile 16 98 e 1 2 uglio 1708,che distinsero, d ecretando la non punibilit del coriiplice quandonon aveva preso parte al lucro, e la sua punibilits qu ando viaveva partecipato: distinzione che piacque a nche a Vou -g a n s f ois criminellcs pag. 284) ed a R o u s s e a u d dela C o m b e matidres criminelles part. 1, chnp. 2 , sect. 3.Vedasi anche Se r p i l l o n code crimine1 tom. 1, pag. 5.18;tom. t, pag. 1618. Questa distinzione parve si adottasse dal-l'ar t. 380 del codice penale del 1 810 , il qual e rendendoimpreteribile la impuniti del figlio e del coniuge, sembrbestendere la loro immunit anche ai partecipi che non aves-sero volto a loro profitto Ie cos e so ttratte a dan no dei padrie dei genitori. Cos aimeno fu interpetrato per un tratto ditempo in Francia. Osservando che 1' art. 38 0 aveva una se-conda parte esolusivamenle destinata ad irrogare la pena delfurlo agli estranei i quali avessero ricettatu le cose rubaledal figlio O dalla moglie al padr o marito, se ne dedusseper buona logica che dunque per regola la impunit del furboconcessii al figlio mettesse al coperto anche gli eslranei chene fossero stati coautori seco lui, o suoi complici in allro il1odo

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    tranne per ricettazione. Cos la regola della impunit anchedel partecipe eslraneo fu generale e costante per lunga sta-gione: R o g r o n code p6nanal expl iqu pag . 113- a r n o tcode pnnl a r t . 3 8 0 , S. 18- e l i e reu ue de legisla-timi 1845 , tom. 2, pag. 9 0 et suiv.- e n o y t-C h a m p yessai s u r In con~pl ic i t icg. 118 - e r n e s C o CEU v0 1pag . 66- o i s i n de la complicit p a g . 1 4 3- orte diCassazione di Parigi nei decreli del 6 giugno 1816, 8 otto-bre 1818, 15 apr i l e 182 5,2 4 marzo 1838, e 1 0 o ttobre 1840.Afa dopo il 18 4 3 accadde in Francia un singo lare rovesciodi giurisprudenza. Si man tenne la regola della impunit inquanto ai complici dei figli e mogli: ma in quan lo agli estr a-nei che inlervenuti con loro nel furto ne fossero stati coautori,se ne sostenne la punibilil perc h rispe lto a loro il furto eraun- ente giuridico in s completo che non riceveva modifica-zione per la eventuale impunit del loro compagno: e cibport alla conseguenza c he me ntr e i complici del figlio con-tinuarono a non esser puniti si ve nner o a pun ire i complicidel coautore estraneo: Corte di Cassazione di Parigi nei d ecretidel 12 aprile 1844,25:marzo 1845- e S e l y e r t r a i l i d eIn criminalite' tom. 1, S. 2 2 4 - r e b u t i e n d r oi t c ~ i -minel pag. 193. Posteriorniente i tribunali di Francia sonosimantenuli in questa pi severa giurisprudenza, quantunquequalche criminalista abbia tentato di insorgere contro la me-desima. .!ioi non incombe di entrar e in una disputa ch etutta verte sulla interpetra zione del testo positivo di un co-dice speciale. lli perme tter soltanto di dire che la giustizianon dovrebb e avere du e pesi e du e misure variabili senip reper aggravare la sorte dei giudicabili. I criminalisti fraticesiche sostengono la coniunicazio ne dal figlio ai suoi co mpa gnidella circostanza aggravante dal parricidio per favo rire ladecapitazione ai conipagno del figlio uccisore del padre, do-vreb bero ( s e 1;; sevcrith non somm erges se la lo gica) comu-nicare la immunit al compagno del figlio del soltrattore dellecose paterne; o negandola in danno di questo dovrebbero purenegarla i11 favore di quello.

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    Dovrebbesi invece distinguere fra 11ul~teciy?eonZ~lcro partecipe senza Zzccvo. I1 partecipe col lucroe un vero ladro : egli oper il passaggio in sua manodell' altrui p roprieta con modi illegittimi: egli sivolle lo cn pl et ~r e si locupletb con l' altrui . Ma deIpartecipe senza lucro non pu d irsi altre ttanto . Nien-te valuto che sia coantore invece di semplice %usi-liatore : ia pur anche autor e zlfzico della sottrazione(perc hb abbia agito per ordine e conto del figlio )agli occhi miei torna all' istesso. Sempre st a in i t t ~che la proprieed ecl il possesso sono passati cla p-rlre in figlio, non da estraneo in e straneo. La cosaha circolato tra i soci della famiglia, e non vi 6f'urto per nessuno. D' altronde non sarebbe egli unoscaniialo si mandasse in galera come ladro chi nonIia niente guadagnato nel furto mentre passeggia*impunito chi lo ide, lo fece eseguire, e n e gode t ~ t -t0 il compendio !! Tale la mia opiniontt ( i ) .

    (1) La sola accidentalila che non sia punito l'autore prin-cipale del furto non B ragione siifficiente pcrchS non sia &)il-nito il suo coniplice: Annali d i G i u r i s p r u d e n z a Tosc (~n (~X X , 1, 560. Questa regola generale (che soffre limitazionesoltanto nella ipo tesi di complicitA p er mand ato, conie a suoluogo n olai) mostra che l'iinico aspetto sotto il qu ale possasostenersi la tesi della non punibilil del coniplice del figliob quello della individuitd del privilegio. Non urti i nervila parola priu ileg io applicata al caso presen te, q uasi si dici1polervi essere il privilegio d i ~u l rn r c : giiiristi sanno be-nissimo che pr iv ae leges sono tutte le leggi eccezionali chea riguardo della eccezionale situazione di una perso na la esi-

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    - 59 -rnono dallii legge generale. Sicch la disposizione che sottragge il figlio alla pena de l fur to c omale sso a danno delpadre, a tutto rigore di termini un prrivilcgio. Ora regolagiustissima (della quale i civilisti fanno applicazione nelliimateria delle evizioni ed in altre) che un privilegio il qualcnon pu esser leso direttamente neppure lo possa indiret-tamente. Laonde lu tto il nucleo dell' argom entaz ione a fa-vore dei complici si stringe nell' obiettare che col punirquesti si distruggerebbe il fine pel quale si vollero impu-niti i figli. Ci avviene inevitabilmente nel partecipe ausi-Ziutorc perch impossibile formulare l'accusa; impossi-bile costruire il processo; impossibile concepire la sentenzacontro I'ausiliatore che ( a modo di esempio) fabbric lafalsa chiave senza de nunziare, provare, e dichiarare che quel-la falsa chiave ser v ai figlio pe r rub are a danno del pad re:ed ecco il discreclito della famiglia che si voleva evitar e.Altrettanto non avviene in tema (li partecipe correo; e quin-di non s' incon tra ugu ale ostacolo. Se il figlio ruhb insieniccon Cajo per comune interesse, pu farsi accusa contro Ciijo,e contro Cajo esaminare i testimonii e pronunciare la seti-tenzn senza chc mai sia bisogno di nominare il figlio de lproprietario clie a Crijo fu compagno nella sottra zione ; e i ldecoro dclla famiglia pu essere illeso. D' altron de Cajo cori-Irettn~zdocy l i s tesso per animo di lucro la cosa altrui hiiconsumato i momenti giuridici di un furto che sta di pers senza bisogiio di appoggiarsi al fatto dell' altro. Ecco leragioni della distinzione ciie io sostengo. Solo un dubbio p u ~nascere iutoriio a certe aggravanti. Per esenipio; la clualificiidella pl t i~nl i tc i di perso ne pu dessa obiettarsi quando unodei due coaulori del furto era il figlio, non punibile?

    Vuulsi per6 avvertire clie la immuilit della ino-glie e de l figlio se concedesi ancora nei furti ac-

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    comp agnati da violenza contro le cose, o da altreaggravanti desunte o dal tempo o dal luogo, si li-mita per universalmente nel caso di furto accom-pagnato da violenza contro le persone. L a giustiziadi tale limitazione i cos intuitiva che non fa me-stieri trattenersi a dimostrarla.

    Del resto il codice Toscano riprod ucen do la re-gola del diritto romano parve adagiarla sopra unnuovo principio ; uello cio della comunanza di in-tere ssi: e cos potb senza esitanza e senza limita-zioni proclamare indifferente lo intervento del fa-miliare nel furto rispetto ad ogni partecipe estra-neo, Da la persona del quale e la cosa sottrattanon esisteva alcun rapporto giuridico. Infatti il co-dice Toscano allarg la regola della immu nit esten-dendola con 1 art. 4 22 anche alle sottq-agioni com-messe tra zio e nepote, o fratello e frate llo: maaggiunse la condizione viventi in comzmione do^-stica: lo che appunto mostra che il movente dellalegge B il riguardo alle cela~ioni he passano nontanto fra persona e persona quanto fra lo agente ela cosa. Quan do il codice Toscano volle ave re unriguardo soltanto alla quiete delle famiglie, ammessala punibilit del furto, la subordin alla condizionedella querela del derubato; condizione che richiesenel caso di furti tra fratello e fratello o zio e ni-pote, non viventi in comunione domestica (.I) c inddistintamente tra consanguinei ed affini sino alquarto grado inclusive. In ordine alla qu estione deicomplici la recise affatto, estendendo la punibilit

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    anche ai fau tori. I1 codice Sardo ( art. 635) estesepure la immunit anche al furto tra i fratelli, main luogo di esigere la comunione domestica si ap-pag della sola convi~enxa, mantenne sotto le or-dinarie sanzioni della legge tutti i partecipi.( 1 ) La coabitnzione per il codice Toscano non equivale

    alla comunione domestica : Annali Toscani X I X , 1 , 925.C A P I T O L O VII.

    A z i o n e , e P e n a l i t a d e l fuv to .

    Lo studio deli' axione destinata a perseguitare ilfurto, e della penalita di questo reato, si ricongiun-gono in un principio radicale; essendo facile a com-prendersi che dalla contemplazione o non contem-plazione del danno politico del furto emerge con-temporanea la conseguenza del rilasciarlo o no adazione privata, e dello abbassarne od elevarne lapenalita.5. 2260.

    Questo studio non pu farsi che sotto il punto di'vista del furto semplice, e pi specialmente di tuttiquei furti nei quali il criterio della punizione e dellamisura tragge unicamente dalla tutela del diritto dipropriet. Nei furti che si dicono in pi stretto sensoqualificati viene generalmente in campo. un ogget-tieo diverso, che sta o nella difesa del domicilio, onella difesa della persona, della libert individuale,

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    - 92 -della propriet pubblica, del rispetto alla religione,e simili. E tale oggettivo che esteriormente seinhraassumere la forma di accessorio diviene poi sostan-zialmente principale nel determinare la m isura dellarepressione, e la balia di perseguitare questi reati.I romani dettero contro il furto semplice unaazione penale al duplo od al quadruplo, la quale

    colpiva come pena tutti gli autori e partecipi delfurto, cosicchb ciascuno di loro era tenuto ad, unduplo e con soddisfarlo non liberava i suoi correi:1. 1 p i n . f f . si iis qui testamento; I. 1, C. de con-dictione furtiva; ma tanto la actio furti, che erapoenae perseczctoria, quanto la condictio f ~ ~ ~ t i v a1)che tendeva al ricupero della cosa o del valore dellacosa, consegnarono al privato offeso, perch quancloil furto non aveva per i suoi modi attaccato altri~ i umportanti diritti non ravvisarono un interessepubblico nella sua repressione; e coerentemente ad-dissero la pena pecuniaria a l danneggiato, ed a que-sto concessero i pieni poteri di procurare il castigoo di dare il perdono (2).

    (1)Vedasi K r u g de condictione furtivu. E per le dif-ferenze fra la azione reivindicatoria, la condictio furtiva,*e la actio furti si vedano M u l l e r o de furtis pag. 17 -S u a r e z comment. ad leg. Aquil. ( nel M e e r m n n TAC-suuruna vol. 2, pag. 7 2 , n. 56; et pag. 11, n. 2 7 )- V s-s e m b a C li disputati0 41 et 43 - e l b a C h selecta eri-rninalia posit. 86, 118, 147 - t i u s de ju rc privatol ib.4, t i t . 12,$.18 - S c h j f o r d e g h e r ad Alztoniztm F a -bruna lib. 2 , trac t. 1, dove esamina la questione se la con-

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    tliclio fiittiuu potesse sperimentarsi dopo aver mosso lanctio furti, ed avere con questa conseguito il duplo- u b ede fur t i s doctr ina e z jur e Romano pag. 133 et 151.Glispeciali favori della condiciio furliva. rispetto alla rivendi-cazione si hanno dalle leg. 3, 8, 13,20, ff .de condiclionefurtivo. Vedasi lo speciale trattato del C l u S i o de contli-ctione f'urtiva cap. 5 per tot .

    (a) 81e n C k e n i o s ys le tn a ju l- is c i ~ i l i s e c u n d i c ) ~ ~u n-dectas lib. 4 7 , t i t . 2, S. 1 4 - y h e n de jzcre civi l ipng. 177, colon. 2 - o l t a e r observcrt. 55, vol . 2 -l'l a t n e r de criminibics eztraordinnriis pag. 437 - u-c a s du v01 pay. 8- o v e r i i s ri l zu . d i ( l i ~ i l t o omcrnoVOL . 2 , pag. 310. Ed anzi i romani non davano sem pre I 'azio-ne penale del furto nepp ure al padrone della cosa. Il S. 15Jnstit. de obligntionibics qzcne e x delic to noscunticr pre-vede i l caso che il proprietario avesse dato a lavare lasua veste e questa fosse rubata presso I' operaio: e ne31l'azione al proprietario s e il lavandaio era solvente e l'a c-corda soltanto a questo, perch il pad rone non ha patito ildanno avendo la su a indennit da colui che aveva ricevutoin custodia la cosa. E concorda la 1. 45, S. 4 , ff. de ficrlis,dove si ferma che l7 act io fur t i pu compe tere anche alladro a cui fu rubata la cosa, perchb esso responsabileverso il proprietario pe r l' azione che questi pu esercitarecontro di lui. Onde la formula generale dei romanisti che1' actio fuvti compete i is quihus interest . Fecero per an-che i romani delle eccezioni, come si ha dalla l . 16 , ff. elege Corrlclia de falsis, e dalla 1. 6, f f. de lcge f ib iade plagiariis. Vedasi la nota a S. 2030.

    Sopra consimile idea corsero. ancora altri legisla-tori. Si disput in Germania se la costituzione Ca-rolina avesse o no, in quanto al giudizio penale pel

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    frrrt.0 semplice, derogato al giure romano ( t ) ; e lepratiche di molti paesi conservarono lungamente ledistinzioni romane. In Francia la ordinanza di Fran-cesco I sembr lasciasse incerto questo punto, mala ordinanza del 1670 (tit. 25) espressamente ordinla persecuzione nell' interesse pubblico anche deifurti semplici: J o u s s e Jastice criminelle, vot. 4 ,ar t . 10, n. 3, pag. 259. Nelle pratiche toscane erapiaciuta talvolta la distinzione tra furto di propriete furto di uso : el fine che quest' ultimo si tenessenon solo come meno punibile, ma ancora come per-seguitabile ad azione privata. Ma pi generalmenteanche pel fardo di uso ammettevasi 1 azione pub-blica; ed anche tale distinzione cess col nuovo co-dice: Annali Toscani XVA 1 , 145 .

    ( 1 ) Sostenne che la costituzione di Carlo V avesse ren-duto pubblici tutli i giudizi di furto anclie semplice 10E C k o l d o compendiaria Pandectarum lib. 4 7 , t i t . 8 , $. 8 ;ed altri. Propugnarono invece che la Carolina non avessederogato in quanto alla indole del giudizio alle regole ro-m a n e i l B o c e r o cliaputationes j u r. clczs. 4 , disput. 1 ,tkes. 88 - r p p r e C h t in instituta lib. 4 , tit. 3 , n . 37ad 4 1 ; mossi a tale opinione dal silenzio della Costituzionesu questo argomento : e pare che nelle pratiche di parecchipaesi alemanni si conservasse specialmente nei furti minimiuna simile dottrina : P u f t e n d o t obsertiationum vol. 1,observ. 168, pag. 440 ; vo l . 2, obsevu. 57, 5. 4 , p ag . 223 ;olseru. 68 , $. 5 , pag. 261, ed anche nelle antiche praticheitaliane: M u t a decisiones siculae decis. 40, n. 17 , fo1.216.Vedasi P a r i n a c c o de furti8 quaest. 165, n. 9 , 11 , 24et 26 . Ma in generale nelle pratic he ess endo invals a la di-stinzione tra furto proprio e furto improprio, la regola delgiudizio privato venne restringendosi a quest' ultimo, come

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    a suo luogo vedremo. E soltanto si & conservata per ecce-zione la regola ro mana nei casi ove si volle avere uno spe-ciale riguardo a certe relazioni personali: riguardo che ilcodice Badese ( art. 591 e 592) trov anche nel farnulato.

    Ma queste fluttuanze nei tempi pi recenti ce*sarono. Si riconobbe che e ra un dovere dell'auto-rit sociale proteggere nei cittadini il diritto dipropriet come ogni altro diritto : si avverti che perla impunit del furto eventualmente derivata dallatrepidazione od incuria del proprietario leso, se neatterrivano tutti gli onesti, e se ne incoraggivanogli avidi; e divenendo nel furto una regola la im-punit ed una eccezione rara il castigo se ne ve-niva empiendo la citt di mariuoli che piii non la-sciavano sicurezza alla propriet privata. Cosi andbprevalendo la idea che indistintamente ogni furtoproprio dovesse perseguitarsi ad azione pubblica.

    Consequenziale a siffatto pensiero doveva esseree fu la elevazione della penalit; e per una recru-descenza di rigor e s i venne al punto di punire dimorte (come altrove ho gi detto) ogni ladro checol rubare pi volte avesse mostrato una decisaabitudine ad attaccare le altrui proprietd; e si giun-se a sostenere la tesi che dannare a morte il ladroora una ~aecessitd(.l).(1) Ad occasione del processo contro il troppo famosoCa~.touche il W e r n e b u r g pubblic nel 1722 una dis-

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    sertazione intitolata dc Srrspetidio fiiris cx rrnti?lc natu-r a l i et civili considerato, nella quale prese a dimostrarela necessit dello impiccamento dei ladri. Vedasi A l b e r t.0D e s i m o n i de l furto e sua penc! $. 3; dove sostiene do-versi riferire alle leggi longobardicbe l' abuso introdotto dipunir e i ladri di morte, e ricorda ($. 4 ) aver Carlomagnovoluto mostrare mitezza ordinando che al ladro si cavasseiin occhio per il primo furto, si tagliasse il naso per il se-condo, e soltanto per il terzo si mettesse a morte. S a n tE d m e ( n e l s u o dict ionnaire de l a pnnli t6 , mot u o l j haraccolto per ordine alfabetico le penalit inflitte ai ladri dasessanta nazioni diverse: e questo elenco fascia in duhhiose gli uomini siano s tat i gi fieri nel dnlinquere o nel PU -nire. Fu punito di mo rte dall7antica legge sassonica, e daaltri statuti della Germania : M e i n d e r s de jztdicibtts cen-tumviralibus pay. 72- o l e r o decis. 14 4 ; e la mortes' irrogb ancora ai complici benchb non avessero perso-nalmente concorso nel furto : H e r t i u s Decisiones u01. 2,decis. 51 - e l l f e l d O p e r a ~ n i n o r awol. 2, opusc. 14 ,de justz'tia prjenarunz cap ita liu m, praesc?.tint i n crinziiiefurt i pcriculosi et ter t i i . In molti statuti d 7 talia la pen adel furto era arbitraria, e spesso i giudici si valevano di talearbilrio infliggendo il taglio di un orecchio; della qual pra-fica nella citt di Bologna ne fa ricordo il T o s e 1 i nel li-bro altr ove citato. Ma contr o 1 uso di tagliare le oreccliica i l ad ri s c r is se L a n g a e u s semestriu??a lib. 1, cap. 2 ,pag. 641. Anche fra %li antichi fuvvi pe r clii dubit dell: ~legittimith della p ena di mor te applicata al lad ro; e la im pu-gnarono parecchi teologi: la impugnarono per ragioni adat-tate allo stato della scienza in quei tempi, ma pure la irii-pugnarono : vedasi E clr o l d o compendiarin pandecttrrunzp g . 1229. T O ut m a s o M o r o nella sua utop in , pubblicalala p rima volta in Lovanio nel 1 5 1 6 , procliim assolutamenleingiusta la uccisione del ladro. Fr a i dottori prevalse la opi-nione che Federigo imperatore fosse il primo ch e facesseimpiccare i ladri: onde il P u t e o f dc syndaca tu , verbo

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    critdelitasj e il N e v i z z a n o (sylvn nupfialis Iib. 1, n. 69)dissero l 'an ima di Federigo abbruciare nello inferno, e lasua generazione essersi spenta per quella ferocit. iila io nonso comprendere come possa attribuirsi ai longobqrdi od a Fe-deris o la genesi della irrogazione della morte 31 ladro, infaccia alla Novella 134 di G i u s t i n i a n o che si esprime i nguisa da mostrare essersi prima di lui usato questo suppli-zio in pena del furto. Giova notare che i' H o m m e l fihcipsct-dine observut. 150, ont. 2, ptig. 166) si gloria di ave re finoda l 1765 combattu to la pena capitale pr ima ch e il libro rliB e C c a r ia ( tradotto in tedesco soltanto nel 1766 ) fossrconosciuto in Germania. Quella osservazione s' intitola tlcyoenarirnz capitaliialz crudelilcite et unnitatc. Nel l ' an t i c i~Francia per il primo furto semplice si altern In pena deltaglio degli occlri a quella della frusta accompagnata coibollo: vedasi R o l i n i e r la rprcssion du v o l , Toa lon-se 1869. Si usb anche 1 esilio locale c he c ome osserva Pa -s l o r e t non produceva altro effetto tranne di oper are unc'lmbio di malfattori tra le d ivers e Provinc ie della Francia:e talvolta applicavasi aiiclie la gogiia. Questi modi di puni-zione dura ron o fino alla rivoluzione. Ma s e trattavasi di re-cidivi s'infliggeva la galera, e per il terzo furto inesorabil-mente la m orte, la quale si eseguiva spessiss imo con laruota, supplizio introdotto in Francia pe r l' edilto di Fran-cesco I del mese di gennajo 1554. Mentre per senza scru-polo s' impiccavano e si squartavano i ladri , si faceva mo-st ra di umanitb disputando se potesse aggiungersi la pentidella confisca dei beni : G u a z z i n o de confiscntione bo-noruaz conclzlsio 7 8 , n. 2 , pag. 38. Laonde dubitavasi per-sino se potesse Condannarsi nelle spese del giudizio il dari-nato a morte, porch le s pese si sare bber o s opp ortat e dall:ifaniiglia innocente. h pieno di verit i l rriotto che leggeainel L n u t e r h a c li f c ~ ~ l l e c l i oiriva cotu. Tu6. vol. 4 , cons .128 , n . 26) ave re i ladri pi paura del lavoro che dellaforca. poi sirigolare il corifroiito clie i.) il P u t t n1 a n n / i i t i -verscrrin vol. 1, erip. 5 , puy. 93 ) tra il furt o e l' ndiilte-

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    - 98 --rio, e l ' analogia che egli ravvisa fra questi due delitti. Adun certo periodo dei tempi di mezzo venne in grande usonelle legislazioni Germanicbe infliggere ai ladri la pena delladeculvaziope consistente nel rad er loro i capelli. Sul sen soe fine di ques ta pena lili disputano gli eruditi: H e i n e C C i OElementa jur . Gernt . l ib . 1, t i t . 1 4 , S . 320 - mm i n-g I ia u s jus susatcnse urt . 2 4 , pug. 87. Le penalit ven-nero peraltro a nche nel furto modificate dalla pratica quand oprevalse la regola che sulla quantit della pena di un de-Iilto iii~luisse la quantiih della sua prova: H a n d j e r y defitrtis p ro dicersitate pro batioau m ptcniendis. Lo spiritoribelle alla pena di mo rte si rivel se mp re sotto cento for-nie: una esplos ione di siffatta tenden za s i pu notare anchenella dottrina che quando si fosse ro t to i l laccio a cui eraappeso i l condannato egl i dovesse esser sa lvo: Co c c e j ocxe?*citationescuriosae vol. 2 , d isp , 6 , pag. 96 de propor-tione furti ac suspendii ricpto laqueo. Cos la umanit lotta-vn anche mediarite sofismi, ma i giudici lottavano anch'essi:e non pi decretavano suspendatur, in a suspendatnr donecnlors sequutur, intendendo cos guarentirsi dal pericolo dellarottura del laccio. L3 pena di morte anche contro i l furtoin certe condizioni si ma ntenne dal codice Francese del 1810:su l che d i sse r~ S c h u u r b e q u e de requisitis ut poelitcmorlis furi in f l igat ur, LugdzrnB Ralauoricm 1837,

    Due cagioni principalmente contribuirono a spin-gere la penalit del furto sino allo estremo suppli-zio. La prima fu una errata aderenza all' ossequiodel girrre romano; la quale influi sovra quei giuri-sti che opinarono essersi in Roma punito il furtodi morte. Tale opinione B per assai disputabile, edassai coiitroversa fra i migliori interpetri. La so-stennero alcuni sull'autorit di S e r v i o e di T e o-

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    susatense pag.. 86. E sulla Carolina vedasi H e r in a n n conr-tnentalio ad ar t . 159 in C. C. I:. pay. 4 - o e hm r omeditationes art . 159, pag. 758; gli altri comnientatoridella Costituzione.

    Un' altra cagione che condusse i ladri allo estrc-nlo supplizio procedette d a rjuell' idea che p ur troppodomina anche ogpidi la mente di alcuno; voglio direche sia clel~ito missione della penalit la totaleestirpazione dei delitti. Correndo su questa linea t:osservando non raggiun gersi dalle pene cotesto sco-po srrperbo ed impossibile ad ottenersi sulla terra,s' insegn9 essere dovere delle au torit civili (cosiL a u t c, r 1) a c h di.ssertutio 65, thes. 65) di csteii-dere la pena del furto anche alla morte: e se que-sta non bastava d' infliggere al colpevole una morteaccoii~pagnatada cosi atroci dolori, che finalmenteper tanto te rro re gli uomini si asten essero clal ru-bare. D i qu i le teste dei ladri esposte al putsbliconeIle apposite gabbie di &erro agli angoli esterioridelle prigioni, che io stesso vidi nella mia infanzia;(li qui i quarti dei loro cadaveri appesi a dei palilungo le pubbliche vie finch la putredine non liavesse consumati; di qui altri spettacoli osceni clellaumana crudelt nobilitata col profanato nome digiustizia (1). In tal guisa ragionavano i nostri avisenza chinare la fronte alle necessitA umane ecl allaevidenza dei fatti. Certamente nessuno prib impu-gnare clie mezzo infallibile ad impedire all' uoinoproclive a1 furto la continuazione della sua pr>rnlraabitriiline sitt quello di mozzargli la testa. 1,:~ p(*-stione clclla penaliti non deve porsi in siffatti ter-

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    mini : eve cercarsi se sia necessario uccidere il I : cdro per impedire che gli altri rubino: e quandoanche cio fosse altrettanto provato quanto non lo i..resta precipuamente a decidere se possa mai tol-lerare giustizia la strage di una creatura umanaper la difesa della roba. Certo 13 che la pena capi-tale contro i ladri espone a nzassimo pericolo la vitadei proprietari, non esistendo pi nei ladri ragione(li non uccidere, mentre hanno tanto impulso ac2 uc-cidere nel desiderio della impunita.(1) Tale fu 1 odio contro i l ad r i che il Bo u l e n C nella

    ~ipet izione n l . c u p it n l iz o a ff. d e p o e n i s ( t ra le raccol ted a l L i m p o v o l . G, p n g . 467, la. 2 5 ) sostenne che agl ' im-pubati di furto non dovesse mai accordarsi il difensore; ar-gonientandolo dalla 1. 6 , C. d e d e f e n s o r i b u s c i u it u t t u ~ t.Lostesso troviamo stabilito di11 Rla r c o d e c i s i o n e s D e l p h ii u i-l e s v o l . 2 , q u a e s t . 4 , n. 11 , p u g . 4 . M a s e V :i l e n t i n i a n o,T e o d o s i o e d A r c a d i o rescrissero al preside Taziano,-l 'r rn lo uc un t p i c t r o c i n i u q u u e f a u o r c n z r e i s e t a u x i l i u m s c e -l e ro s ia i m , p c ~ r t i e n d o l a u r c t re s c e l e r a f e c e r u n t, ad occa-sione di strao rdina rio concorso di