Non di Solo Pane n°715 - 21 Giugno 2015
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Transcript of Non di Solo Pane n°715 - 21 Giugno 2015
PANE Non di solo
Sussidio di preghiera per la famiglia
Anno XV - n° 715
Domenica 21 Giugno 2015
Tempo Ordinario
Itinerario quotidiano di preghiera
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 2
Giugno 2015
“Pregare, forse il
discorso più urgente”
Sussidio di preghiera
per la famiglia
Offerta della giornata
Cuore divino di Gesù,
io ti offro per mezzo
del Cuore Immacolato di Maria,
Madre della Chiesa,
in unione al Sacrificio eucaristico,
le preghiere, le azioni,
le gioie e le sofferenze
di questo giorno,
in riparazione dei peccati,
per la salvezza di tutti gli uomini,
nella grazia dello Spirito Santo,
a gloria del divin Padre.
Dio, nostro Padre, io ti offro tutta la mia giorna-
giornata. Ti offro le mie preghiere, i pensieri, le
parole, le azioni, le gioie e le sofferenze in u-
nione con il Cuore del tuo Figlio Gesù Cristo che
continua ad offrirsi a te nell’Eucaristia per la
salvezza del mondo. Lo Spirito Santo che ha gui-
dato Gesù sia la mia guida e la mia forza oggi
affinché io possa essere testimone del tuo amo-
re. Con Maria, la madre del Signore e della Chie-
sa, prego specialmente per le intenzioni che il
Santo Padre raccomanda alla preghiera di tutti i
fedeli in questo mese
Intenzione del Santo Padre
Perché i migranti e i rifugiati trovino accoglienza e
siano trattati con rispetto nei Paesi nei quali giungono.
Intenzione missionaria
Perché l'incontro personale con Gesù susciti in molti
giovani il desiderio di offrirgli la propria esistenza nel
sacerdozio o nella vita consacrata.
Intenzione dei vescovi
Perché venga annunciato il cuore del messaggio cri-
stiano, piuttosto che alcuni aspetti dottrinali e morali.
Intenzione del Vescovo di Brescia
Mons. Luciano Monari
Perché i credenti crescano nella fede, nella speranza e
nell'amore e siano veri testimoni di Cristo nel mondo.
Offerta quotidiana
Sito di Non di Solo Pane:
www.nondisolopane.it
Non di solo pane Numero 715 pagina 3
Domenica 21
Giugno
IV Settimana del Salterio
XII Domenica del Tempo Ordinario
L’amicizia non deve essere una specie di dazio per esigere doverosi tributi ma piuttosto una fonte
di vera gioia e un abbellimento della vita. (Sant’Ambrogio)
Santa Demetria era un
tempo commemorata
nel Martirologio Ro
mano al 21 giugno,
ma nei repertori agio
grafici il suo dies na
talis è riferito in gior
ni diversi. Secondo la
leggendaria passio di
Pimenio sarebbe stata
figlia dei martiri Fla
viano e Dafrosa e so
rella di Santa Bibiana.
Dopo la morte dei
genitori, arrestata in
sieme con la sorella e
condotta alla presenza
dell'imperatore Giu
liano, improvvisa
mente morì di spa
vento. Come per i
suoi familiari, anche
per Demetria bisogna
dire che si tratta di un
personaggio storica
mente incerto.
Etimologia: Demetria
= sacra alla dea De
metra, dal greco.
Emblema: Palma.
Il santo del Giorno: Santa Demetria di Roma
In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
Brano Evangelico: Mc 4, 3541
Contemplo: Perché avete paura? (Mc 4,40) Gesù è «consolazione» con
la sua presenza sulla barca della Chiesa, e le sue parole sono «esortazione»
a non avere paura. Non siamo noi a possedere la verità, ma è la Verità, cio-
è Gesù stesso, che ha scelto di restare con noi. «In virtù della perseveranza
e della consolazione che ci provengono dalle Scritture - le parole di Gesù -
teniamo viva la speranza» (Rm 15,4). Siamo «pieni di consolazione, pervasi
di gioia in ogni nostra tribolazione» (2Cor 7,4).
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 4
P a g i n e b i b l i c h e
Oggi san Marco ci presenta il brano della tempesta sedata. Non ci sono dubbi che la barca che sta per essere travolta dalle onde impetuose rappresenta la nostra vita quando viene visitata dalla sofferenza, dalle difficoltà e dalle crisi. Cerchiamo, avvalendoci dell’aiuto dei padri della chiesa, di analizzare i singoli passaggi di questo brano così ricco di suggestioni.
«In quel medesimo giorno,
verso sera». S. Agostino commenta così queste parole: è lo stesso giorno in cui Gesù aveva esposto le due parabole della semente e del chicco di senapa che rappresentano la pienezza della nostra vita spirituale e il testo, precisando che si tratta di «quel medesimo giorno» e facendo riferimento a quelle parabole, vuole dirci che per arrivare là, alla pienezza dello spirito, bisogna passare attraverso le crisi.
«Verso sera»: le tenebre sono
il primo sintomo della tempesta dello spirito, quando ciò che sembrava deciso dalla volontà crolla.
«Passiamo all'altra riva». Il testo nella traduzione esatta dice «contro» l'altra riva, come se fosse
necessario andare contro qualcosa per arrivare poi all'altra riva, sinonimo di una fede matura ed autentica. Il bambino impara a camminare solo quando ha fatto molti ruzzoloni; così nel rapporto con Dio: la fede cresce e matura solo se passa attraverso il crogiuolo della “fatica del credere” o, come la chiama San Giovanni della Croce, la notte oscura dello spirito.
«Lo presero con sé, così com'e-ra»: Dio va accentato nel misterioso disegno della sua volontà, così com’è. «Dio non è il “tappabuchi” dei nostri bisogni, non è colui che possiamo utilizzare per colmare le nostre insufficienze. Ė proprio di una religiosità primitiva e infantile voler piegare Dio alle necessità del momento». (K. Barth)
«Le onde nella barca»: è il momento culminante della crisi, e non c'è nessun punto d'appoggio; dallo spirito escono considerazioni amare sulla vita, le certezze vengono meno, si rimane soli.
«E dormiva»: è quando, nel tormento della crisi, il fuoco dell'amore si raffredda e la fede si è intorpidita. È il momento del maggior turba
mento e ci rivolgiamo a tutti, scontrandoci con tutti, mentre Dio sembra dormire, zittito dal torpore del nostro egoismo.
«Maestro, non t’importa che sia-mo perduti?»
Quando infuria la tempesta solo noi possiamo fare qualcosa: ricorrere a quella voce che abbiamo zittito dentro di noi, e il Cristo ridona la tranquillità. È la voce della nostra coscienza che può imporre il silenzio: quando sale il sussurro di morte ed è il momento in cui l'uomo è tentato di gustare la morte, la coscienza allora deve imporre il silenzio.
«Il vento cessò e vi fu grande bo-naccia»: per significare che era completamente cessata la burrasca, perché quando riusciamo a imporci con un «taci» imperativo, allora torna la calma e il silenzio. La grande bonaccia ci mostra Dio: quando noi riusciamo ad ascoltare la voce della coscienza, allora ubbidiamo a Dio e tutto ritorna nella tranquillità. S. Ambrogio commenta: nessuno può attraversare la vita senza crisi, siamo sottoposti a tempeste spirituali, ma svegliamo quel navigatore che è in noi e che è il solo in grado di dominarle; è il nostro sonno che lo fa dormire.
Le tempeste della vita.
A cura di don Luciano Vitton Mea
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 5
P a g i n e b i b l i c h e
Contemplazio:
L’anima che non dimora
in Cristo è infelice
Dalle “Omelie” attribuite a San Macario, Vescovo.
Una casa, non più abitata dal padrone, rimane
chiusa e oscura, cadendo in abbandono; di conse-
guenza si riempie di polvere e di sporcizia. Nella
stessa condizione è l'anima che rimane priva del
suo Signore. Prima tutta luminosa della sua pre-
senza e del giubilo degli angeli, poi si immerge
nelle tenebre del peccato, di sentimenti iniqui e di
ogni cattiveria. Povera quella strada che non è
percorsa da alcuno e non è rallegrata da alcuna
voce d'uomo! Essa finisce per essere il ritrovo pre-
ferito di ogni genere di bestie. Povera quell'anima
in cui non cammina il Signore, che con la sua voce
ne allontani le bestie spirituali della malvagità.
Guai alla terra priva del contadino che la lavori!
Guai alla nave senza timoniere! Sbattuta dai maro-
si e travolta dalla tempesta andrà in rovina. Guai
all'anima che non ha in sé il vero timoniere, Cristo!
Avvolta dalle tenebre di un mare agitato e sbattu-
ta dalle onde degli affetti malsani, sconquassata
dagli spiriti maligni come da un uragano invernale,
andrà miseramente in rovina. Guai all'anima priva
di Cristo, l'unico che possa coltivarla diligentemen-
te perché produca i buoni frutti dello Spirito! In-
fatti, una volta abbandonata, sarà tutta invasa da
spine e da rovi e, invece di produrre frutti, finirà
nel fuoco. Guai a quell'anima che non avrà Cristo
in sé! Lasciata sola, comincerà ad essere terreno
fertile di inclinazioni malsane e finirà per diventa-
re una sentina di vizi.
Signore Gesù,
ti rendiamo grazie
perché non cessi d'insegnarci
come affrontare le tempeste
che agitano la nostra vita
e la storia degli uomini,
nostri fratelli.
Con lo sguardo del cuore
fisso su di te, sapremo
abbandonare ciò che rende
greve la nostra barca,
rafforzeremo la nostra fiducia,
sapremo sciogliere le vele
e sentiremo forte la certezza
che con te, qualunque cosa
accada, qualunque bufera
ci insidi, siamo al sicuro,
siamo al riparo,
siamo già in porto.
Amen
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 715 pagina 6
Lunedì 22
Giugno
IV Settimana del Salterio
XII Tempo Ordinario
Il Santo del giorno: San Paolino di Nola
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non
essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giu
dicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti
accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello:
“Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio
c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci ve
drai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
Brano Evangelico: Mt 7, 15
Discendeva da ricca famiglia patrizia romana (nacque nel 355 a Bordeaux, dove il padre era funzionario imperiale) e favorito nella carriera politica da amicizie altolocate, divenne «consul suffectus», cioè sostituto, e governatore della Campania. Incontrò il vescovo Ambrogio di Milano e il giovane Agostino di Ippona, dai quali fu avviato alla fede cristiana.
Ricevuto il battesimo verso i venticinque anni, durante un viaggio in Spagna conobbe e sposò Therasia. Dopo la morte prematura dell'unico figlioletto, Celso, entrambi si dedicarono interamente all'ascesi cristiana, sul modello di vita monacale orientale. Così, di comune accordo distribuirono le ingenti ricchezze ai poveri, e si ritirarono
nella Catalogna, deve venne ordinato prete. A Nola, poi, diede inizio alla costruzione di un santuario, ma si preoccupò anzitutto di erigere un ospizio per i poveri, adattandone il primo piano a monastero, dove si ritirò con Therasia e alcuni amici. Nel 409 fu eletto vescovo di Nola. Morì a 76 anni, nel 431.
Contemplo: Togli la trave dal tuo occhio (Mt 7,5)
Il Signore, prima di giudicare i fratelli, ci invita a considerare i nostri peccati, i nostri difetti. Abbiamo una trave nell'occhio e vorremmo togliere la pagliuzza nell'occhio dell'altro. Gesù ci aiuta a non disprezzare i fratelli. Egli ci vuole innalzare alla misura di Dio, che ha sempre misericordia dei suoi figli, e ci ricorda che il giudizio appartiene solo a lui, non a noi.
Gli animali sono amici così discreti: non fanno
domande e non riportano pettegolezzi. (George Eliot)
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 7
Il giudizio: non quello degli uomini, ma quello
di Dio. La nostra breve vita che scorre davanti,
nel bagliore di un istante, all’infinto, una bri-
ciola di tempo davanti all’eternità. Di fronte al
trono dell’altissimo svaniscono le nostre certez-
za, crollano le presunzioni, scivolano via i vellu-
ti dell’ ipocrisia. E la nostra vita si svela alla
luce di quell’unica e radiosa verità. I polsi tre-
mano, la nausea del nostro vuoto ci riempie la
gola. Poi l’eco di una parola lontana: “Non giu-
dicate, per non essere giudicati”. E’ Gesù stes-
so che ci ricorda il criterio del Giudizio, il peso
e la misura che verranno adottati. Non giudica-
re: più di un atto di clemenza nei confronti dei
fratelli, un gesto di bontà, un abbozzo di bene-
volenza. Il volgere lo sguardo verso noi stessi, il
porre attenzione alla nostra trave e il coprire le
altrui miserie sotto la coltre della misericordia
diventa un atto di legittima difesa, il garantirci
un cenno di assoluzione da parte di Dio nei con-
fronti della nostra vita nell’ultimo giorno, il
giorno del Giudizio.
meditazione
Un gesto di bontà Meditazione di Don Luciano Vitton Mea
Agisci
... Oggi contemplo ciò
che Dio ha compiuto
con l'umiltà di Maria
e scelgo la strada
dell'umiltà, per permettere al
Signore di compiere piccoli-
grandi miracoli nella mia vita,
secondo i suoi progetti.
Signore Gesù,
la tua parola
richiama al cuore
tutti gli esodi
della nostra storia
e della storia degli
uomini: la sofferenza
di lasciare ogni certezza
e ogni segmento
di vita, costruito con
amore per vivere,
insieme,la comune
Esperienza di una
provvisorietà
che pota e matura in te.
Per la tua presenza
grazie, oggi
e sempre, Signore!
Amen
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 715 pagina 8
Martedì 23
Giugno
IV Settimana del Salterio
XII Tempo Ordinario
Ho rinunciato all’amicizia di due persone:
della prima perché non mi ha mai parlato di sé, dell’altra perché non mi ha parlato di me.
(Nicolas De Chamfort)
Maria d'Oignies, beghina e mistica, nacque a Liegi nel 1177 circa da famiglia benestante. All'età di 14 anni si sposò, ma in seguito decise con il marito di dedicarsi ad una vita apostolica di castità e carità, lavorando in un lebbrosario. All'età di 30 anni, nel 1207, si ritirò in una comunità di conversi, ossia di suore e fratelli laici, coordinata da un
gruppo di preti, fra cui Jacques de Vitry, futuro Cardinale d'Acri in Palestina e protettore del movimento delle beghine. Maria ebbe molta influenza spirituale su Jacques, che ne scrisse la biografia e che la aiutò la fondare la sua comunità autosufficiente di beghine e begardi. Nonostante le accuse di eresia che sarebbero state
mosse al movimento negli anni successivi, Maria fu sempre molto ortodossa nelle sue convinzioni, tant'è che appoggiò con entusiasmo la Crociata contro i catari del 1209. Nel 1212 si racconta che Maria avesse ricevuto le stimmate, ben 12 anni prima di San Francesco. Morì nel 1213 all’età di 36 anni.
Il Santo del giorno: Beata Maria di Oignies
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai
cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpe
stino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Tutto quanto vo
lete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti
è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta
e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi
entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita,
e pochi sono quelli che la trovano!».
Brano Evangelico: Mt 7, 6.1214
Contemplo: Entrate per la porta stretta (Mt 7,13)
Le parole di Gesù, le parabole, i paragoni, le immagini, hanno diversi livelli di comprensione. L'immagine della «porta stretta» più che l'idea di esclusione per tanti, o di salvezza per pochi, deve farci ricordare il grosso cammello che non entra nella cruna dell'ago. Solo i piccoli, gli umili, possono passare per la cruna, per la porta stretta. Dice Gesù: «Io sono la porta. Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (cf Mt 11,29).
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 9
Che cos'è "la porta stretta" di cui si parla nel van-
gelo? Certamente, il sacrificio. Non si può annun-
ciare il regno di Dio senza avere davanti agli occhi
della mente la storia di Cristo, la sua rinuncia ad
essere forte e vincente pur essendo il Dio incarna-
to, la sua umanità nata dal grembo di Maria, il suo
nascondimento nella casa di un falegname, la sua
predicazione rivolta a tutti (non ad un'èlite di a-
scoltatori), la sua accoglienza verso i poveri e i
deboli, il suo andare continuo in direzione della
croce, la sua scelta di perdonare coloro che lo sta-
vano crocifiggendo. Il Card. Gianfranco Ravasi, in
merito, ha scritto: "Il vero fedele ha davanti a sé
un modello su cui esemplare la sua moralità: un
Dio che non ignora, certo, la giustizia, ma che la
invera secondo un canone ulteriore e superiore,
quello del perdono che è frutto di amore". Le per-
sone più anziane, quelle che Cristo ce l'hanno
scritto nel DNA del loro pensiero, sintetizzerebbe-
ro il tutto rispondendo che la porta stretta è il Pa-
radiso". E certamente vi è del vero, perché in Pa-
radiso non si va se si è troppo comodi. Il sacrificio
costa, inutile nasconderlo, ed è proprio il suo alto
prezzo che lo distingue dalla "porta larga e spa-
ziosa che conduce alla perdizione". Ma dietro c'è
sempre l'amore. A differenza della "porta larga",
infatti, il sacrificio porta in se la consapevolezza
di voler amare (senza l'amore neppure il sacrificio
conta agli occhi di Dio) per un obiettivo che va ol-
tre. Giuseppe Crea sottolinea proprio questo quan-
do afferma: "L'uomo è veramente felice, ossia vive
in pienezza la sua esistenza, solo nella misura in
cui è orientato verso qualcosa o verso qualcuno
che è al di là di se stesso e che rappresenta un va-
lore, un ideale, un progetto carico di senso".
meditazione
Ma dietro c'è sempre l'amore
Meditazione di Fiorella Elmetti
Signore Gesù,
il criterio che muove
le nostre scelte è
ancora e troppo spesso
la nostra presunta
autosufficienza,
un'autonomia illusoria,
un «meglio» che non ha
l'anima del tuo amore.
Noi «non ci rendiamo conto»:
aiutaci a rinnovare
continuamente l'esodo
che ci porta lontano
dalle nostre false certezze
e sempre più vicino
al nostro cuore e,
soprattutto, al tuo.
Grazie, Signore!
Amen
Agisci
Oggi, nella mia pausa
contemplativa, sosto a
fare memoria di quel
grande, forte e carisma-
tico personaggio che è Giovanni Bat-
tista. Ne lodo Dio perché, ancor og-
gi, è lì a dirmi: Segui Gesù: l’Agnello
di Dio venuto a dare la vita per te.
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 10
La vocazione del profeta
Osea è quella di prendere in
moglie una prostituta:
«Quando il Signore cominciò
a parlare a Osea, gli disse:
“Và, prenditi in moglie una
prostituta e abbi figli di
prostituzione, poiché il pae-
se non fa che prostituirsi
allontanandosi dal Signo-
re”».
Osea obbedisce alle parole
del Signore e prende in mo-
glie Gomer, figlia di Di-
blàim. L’esperienza tormen-
tata di questo matrimonio,
così particolare e difficile,
ci rivela l’amore incondizio-
nato di Dio nei confronti di
un popolo infedele, costan-
temente tentato dagli idoli,
da quelle alture dove gli
amanti di turno vendono
vane illusioni di felicità. Go-
mer non rappresenta solo il
popolo d’Israele ma tutti gli
uomini; i suoi tratti ci sono
famigliari, sono fissati per
sempre in una vecchia foto
che troviamo incorniciata
nel salotto di casa: «“Essa
ha detto: “Seguirò i miei
amanti, che mi danno il mio
pane e la mia acqua, la mia
lana, il mio lino, il mio olio
e le mie bevande…”».
Ma forse mi sto sbagliando.
Più che una semplice foto il
libro di Osea è un vero e
proprio albo di famiglia,
tratti molteplici di senti-
menti e di emozioni contra-
stanti che si accavallano e
si sovrappongono; un alter-
narsi continuo di manifesta-
zioni di amore appassiona-
to, di minacce, di gelosia,
di rimproveri e denunce
contro l’infedeltà, di e-
spressioni piene di tenerez-
za e di annunci di terribili
castighi, infine di promessa
restaurazione finale. Da no-
tare che in Osea, come in
tutti i profeti, l’ultima paro-
la è sempre una parola di
speranza, anche nelle situa-
zioni più drammatiche, per-
ché l’amore del Signore è
più forte di tutte le infedel-
tà dell’uomo.
Gomer rappresenta l’amore
fragile e debole dell’uomo,
quella incapacità adulterina
d’abbandonarsi ad un dono
completo e definitivo. Le
alture, i suoi culti, i suoi i-
doli sono il miraggio degli
uomini; l’amore adulterino
lo troviamo agli angoli delle
strade ed è facile lasciarsi
abbindolare, convincere e
infine tradire. Tutti lo fac-
ciamo, costa poco tradire,
diventare meretrici che la-
sciano il focolare domestico
per accostarci ai culti di
questo mondo, ai piccoli o
grandi piaceri della vita.
Lasciando l’Eden di Dio c’è
sempre un “Baal” di turno
che ci lusinga, che ci pro-
mette un poco di considera-
zione, un posto di lavoro,
una facile carriera, trenta
denari, il prestigio del pote-
re. Amanti esigenti che ci
fanno diventare “figli di
prostituzione”.
Gomer ci è famigliare: è no-
stra madre in questa umana
miseria.
di don Luciano Vitton Mea
Una moglie per prostituta
Pagine bibliche: il libro del Profeta Osea/1
di don Luciano Vitton Mea
Gli approfondimenti di Non di Solo Pane
Non di solo pane Numero 715 pagina 11
Natività di S. Giovanni Battista
L’amicizia non si nutre dell’utile; si nutre di quello che abbiamo visto, toccato, pensato,
gioito e sofferto: niente che serva. (Fausto Gianfranceschi)
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Brano Evangelico: Lc, 1, 5766.80
Giovanni Battista è l'unico santo, oltre la Madre del Signore, del quale si celebra con la nascita al cielo anche la nascita secondo la carne. Fu il più grande fra i profeti perché poté additare l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. La sua vocazione profetica fin dal
grembo materno è circondata di eventi straordinari, pieni di gioia messianica, che preparano la nascita di Gesù. Giovanni è il Precursore del Cristo con la parole con la vita. Il battesimo di penitenza che accompagna l'annunzio degli ultimi tem
pi è figura del Battesimo secondo lo Spirito. La data della festa, tre mesi dopo l'annunciazione e sei prima del Natale, risponde alle indicazioni di Luca.
Patronato: Monaci.
Contemplo: Che sarà mai questo bambino? (Lc 1,66)
Giovanni è chiamato da Gesù «lampada che arde e risplende, il più grande dei nati da donna, e si è fatto il più piccolo del regno dei cieli». Il figlio del sacerdote Zaccaria e di Elisabetta proclama a tutto il mondo: «In mezzo a voi sta uno che non conoscete. Io battezzo in acqua, lui invece vi battezzerà nello Spirito. Lui è lo Sposo; e l'amico dello Sposo esulta di gioia alla voce dello Sposo. Lui deve crescere; io, invece, diminuire. Lui è l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo».
Il Santo del giorno: Natività di San Giovanni Battista
Mercoledì 24
Giugno
IV Settimana del Salterio
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 12
Avendo ritrovato la parola dopo la nascita del
figlio, Zaccaria cantò un inno di riconoscenza
contenente tutta la speranza del popolo eletto.
La prima parte, in forma di salmo, è una lode a
Dio per le opere da lui compiute per la salvez-
za. La seconda parte è un canto in onore della
nascita di Giovanni e una profezia sulla sua fu-
tura missione di profeta dell’Altissimo. Giovan-
ni sarà l’annunciatore della misericordia divina,
che si manifesta nel perdono concesso da Dio ai
peccatori. La prova più meravigliosa di questa
pietà divina sarà il Messia che apparirà sulla
terra come il sole nascente. Un sole che strap-
perà alle tenebre i pagani immersi nelle eresie
e nella depravazione morale, rivelando loro la
vera fede, mentre, al popolo eletto, che cono-
sceva già il vero Dio, concederà la pace. L’inno
di Zaccaria sulla misericordia divina può diven-
tare la nostra preghiera quotidiana. D'altro la-
to, Giovanni è il primo a testimoniare realmente
la luce stessa, per cui la sua missione sta chiara-
mente al di qua della soglia ed è una missione
neotestamentaria. Il compito neotestamentario
affidato da Dio a Mosè o a un profeta era sempre
un compito limitato e circoscritto all'interno della
giustizia. Esso veniva affidato e poteva essere e-
seguito in maniera tale che comando ed esecu-
zione si corrispondessero con precisione. Il compi-
to neotestamentario, già affidato a Giovanni, con-
tiene l'esigenza illimitata di testimoniare la luce
in generale. Esso viene affidato nell'amore e (per
quanto duro possa essere) nella gioia, perché vie-
ne affidato all'interno della missione del Figlio,
meditazione
Parola ritrovata A cura della redazione
Signore Gesù,
ti ringraziamo
per l'esempio forte
di Giovanni Battista,
per la sua vita
di astinenza,
di rinuncia generosa,
di preparazione
all'incontro con te.
Egli è la guida
al nuovo esodo,
al viaggio accolto e
desiderato, quello che
ci porta a te
per sentirci chiamare
«amici» per sempre.
Amen
Agisci
Oggi, sull'esempio di
Maria, proclamo Dio
Signore della mia vi-
ta in ogni aspetto. Se lo dico col
cuore e con convinzione, piano
piano tutto ritroverà la sua giu-
sta dimensione.
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 715 pagina 13
Giovedì 25
Giugno
IV Settimana del Salterio
XII Tempo Ordinario
L’amicizia si nutre di tante sorgenti, ma più
di tutto del rispetto reciproco.
(Daniel Defoe)
Guglielmo di Montevergi
ne era nato a Vercelli nel
1085 da nobile famiglia.
Divenuto monaco, decise
di recarsi in Palestina.
Lungo il cammino si fer
mò in Irpinia dove fondò
la Congregazione Bene
dettina di Montevergine,
con caratteristiche cenobi
tiche. Sentendo il bisogno
di solitudine, nominò il
suo successore nella Con
gregazione, che abban
donò per poi fondare
altri monasteri, fra cui
quello di San Salvatore,
diviso in due parti de
stinate rispettivamente
ai religiosi e alle reli
giose. La sua opera
infaticabile lo portò
ancora più lontano ver
so Rocca San Felice,
Foggia e Troia. L'ideale
di vita ascetica da lui
proposto, sostanzialmen
te legato alla Regola be
nedettina, faceva parte
del movimento spirituale
che cercava una Regola
più pura e dava maggior
spazio alla preghiera e
alla contemplazione.
Morì a Goleto, in Irpinia,
il 24 giugno 1142.
Il Santo del giorno: San Guglielmo di Montevergine
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signo
re”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel
tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non
abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai
conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.Perciò chiunque ascolta
queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito
la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si
abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiun
que ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto,
che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffia
rono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegna
mento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi.
Brano Evangelico: Mt 7, 2129
Contemplo: Costruisci la casa sulla roccia (cf Mt 7,24)
Signore Gesù, tu mi hai insegnato a pregare e a desiderare, perché senza di te non
posso far nulla, perché con te voglio fare la volontà del Padre tuo e Padre nostro che è
nei cieli. «Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui
trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza» (Sal 18,3). Tu sei la roccia,
su di te è costruita la casa di Dio, tu sei la bevanda spirituale che «zampilla per la vita
eterna» e che ci accompagna nel cammino (1Cor 10,4).
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 14
Agisci
Donaci, Signore, uno
sguardo lungimirante
che sappia cogliere,
anche lì dove sembra
che niente sia vera-
mente cambiato, i segni della vita
nuova che ogni giorno concedi a
piene mani seminando fiducia illi-
mitata e speranza viva tra le spine
e i sassi della nostra durezza di cuo-
re.
La casa costruita sulla roccia io credo sia la san-ta Eucarestia. È pane benedetto, ma è pure il segno visibile della presenza di Cristo che conti-nua ad offrirsi per noi ed è sempre con noi... Per imparare ad amare da lui e con lui che ama do-narsi. Una bella testimonianza in tal senso ce la offre Arnoldo Mosca Mondadori, pronipote del famoso editore. Egli è un “normale” quaranten-ne milanese, felicemente sposato, padre di tre bambini: "Dio parla nel silenzio, bisogna solo a-scoltare". E poi: "Senti una grande pace, improv-visamente non hai più bisogno di nulla. La gioia che l’uomo prova nell’accostarsi all’Eucaristia è un anticipo di paradiso...Cristo disseta l’infinita sete che l’uomo ha della bellezza. Avvicinarsi al tabernacolo è un’esperienza di estasi: non è un’esaltarsi, ma il sentire la pace di un mistero immenso...se parlare degli amori terreni è già difficile, il mistero del corpo di Cristo addirittura toglie di bocca le parole". Un dono, quello della fede, che Mosca Mondadori ha ricevuto fin da piccolo. "Ho sempre avuto un rapporto personale con Gesù. A 8 anni, durante la celebrazione del-la seconda Comunione, mi sono chiesto “Cos’è questo Pane che mi ferisce e mi comunica una gioia immensa?” e dentro di me ho sentito la ri-sposta “Questo Pane viene dal Cielo”». Poi la vita procede. "Un giorno mi trovavo nella basili-ca di Sant’Ambrogio, a Milano: sostando in pre-ghiera ho visto la beatitudine che sgorgava dal tabernacolo. Mi sono allontanato, ma questa gio-ia continuava a uscire. Allora mi sono detto: “Chi la prende tutta questa beatitudine?”. Attor-no non c’era nessuno... Per non lasciarla andare mi sono rimesso in contemplazione, e ho capito la gioia di Dio quando lo guardiamo".
Meditiamo la Parola
Un anticipo di paradiso Meditazione di Fiorella Elmetti
Signore Gesù,
la prova, la tribolazione,
a volte persino la gioia...
ci spingono a metterci
al riparo.
Edifichiamo case,
in cuori instabili
eframmentati, senza un
fondamento certo.
Invia anche a noi
un angelo e fa' che
lo ascoltiamo,
qualcuno che parli
di te, che ci restituisca
noi stessi, orienti il
nostro cuore e lo
volga a te.
Grazie, Signore Gesù!
Amen
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 15
Venerdì 26
Giugno
IV Settimana del Salterio
XII Tempo Ordinario
Una delle gioie dell’amicizia è di aver
qualcuno cui confidare un segreto. (Alessandro Manzoni)
Nasce il 22 novembre
1863 a Fiumicello di
Campodarsego (PD) da
una famiglia di contadini
affittuari. Seguendo la
sua vocazione al sacerdo
zio nel 1879 inizia il no
viziato nell'Ordine dei
Cappuccini, compiendo
gli studi tra Padova e
Venezia. Dopo aver svol
to per 18 anni l'incarico
di direttore spirituale dei
giovani religiosi, nel 1902
viene eletto ministro pro
vinciale dei Cappuccini
veneti. Il 13 aprile 1904
Pio X lo nomina vescovo
di Treviso. Nel proporre
le riforme indicate dal
Pontefice sceglie di curare
personalmente i rapporti
con il clero ed i laici della
popolosa diocesi veneta,
diventando così presto una
guida saggia e coraggiosa.
Compie tre visite pastora
li, la seconda delle quali è
interrotta dalla prima
guerra mondiale che lo
vede però sempre accanto
alla sua gente. Colpito da
una grave malattia muore
il 26 giugno 1936.
Il Santo del giorno: Beato Andrea Giacinto Longhin
Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì. Ed ecco, si avvici
nò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi
purificarmi». Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purifica
to!». E subito la sua lebbra fu guarita. Poi Gesù gli disse: «Guàrdati
bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta
l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».
Brano Evangelico: Mt 8, 14
Contemplo: Signore, se vuoi, puoi purificarmi (Mt 8,2)
I miracoli di Gesù sono «segni», sono «meraviglie di Dio». Si possono vedere e ammirare solo con la fede, nella speranza e nell'amore di Gesù che ci salva. Spesso Gesù guarisce dei lebbrosi per dire a tutti noi che è venuto a guarire la lebbra del peccato, la lebbra che solo lui può eliminare. Egli ci insegna e ci dona la preghiera, il digiuno, la carità che salva, «perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).
Non di solo pane Numero 715 pagina 16
Agisci Oggi chiedo allo Spirito Santo di rivelarmi i tranelli
in cui sono caduto senza
accorgermene: l'eccessiva preoccupazione o l'attacca
mento per qualcosa che mi
ha tolto la pace: il mettere al centro le mie
ragioni, che mi ha rubato la gioia di saper cedere e ascoltare. Oggi ridò il suo posto a
Dio, per ritrovare il vero senso delle cose.
L'evangelista dichiara che, sceso Gesù dal mon-
te, turbe numerose lo seguirono. Non sono i capi
né gli scribi che lo seguono, ma quanti sono privi
di malizia e hanno l'animo sincero, non corrotto.
In tutto il vangelo voi vedete che sono sempre co-
storo a seguirlo. Quando Gesù parla, essi l'ascolta-
no in silenzio, senza interromperlo, senza fargli
obiezioni, senza tendergli tranelli, senza voler
trovare da ridire su quanto afferma, come invece
fanno i farisei. Ecco perché anche ora, dopo un
così forte discorso, questi uomini semplici lo se-
guono pieni di ammirazione. Ma vi prego di consi-
derare anche la sapienza del Signore: come cioè
egli sappia variare il vantaggio che può procurare
ai suoi ascoltatori, passando dai miracoli agli inse-
gnamenti e, viceversa, dalla dottrina ai prodigi.
Prima di salire sulla montagna, il Signore guarisce
molti malati, per preparare la strada a quanto de-
ve dire; dopo questo lungo discorso, riprende a
compiere miracoli, confermando le parole con i
fatti. Dato che ammaestra come uno che ha auto-
rità, deve evitare che qualcuno creda che il suo
modo di insegnare sia pura ostentazione e arro-
ganza: perciò fa risplendere anche nelle sue ope-
re la medesima autorità, risanando gli infermi co-
me può farlo chi dispone di un effettivo potere.
Così non possono più turbarsi al vederlo insegnare
con autorità, quando con la stessa autorità egli
opera miracoli.
(GIOVANNI CRISOSTOMO, Comm. al vangelo di Matteo)
Meditiamo la Parola
La nostra lebbra
Meditazione di Don Luciano Vitton Mea
Signore Gesù,
la sterilità e l'isolamento
in cui viviamo
non ti allontanano da noi,
ma suscitano
la tua ferma volontà di amarci
e guarirci, proprio dove il
nostro limite è più grande.
È un nascere di nuovo,
nominare il mondo e se stessi
con lo stupore gioioso di
chi vive e vede ogni cosa
con lo sguardo incantato
di un bimbo,
come fosse la prima volta.
Lo speriamo e lo crediamo:
grazie, Signore!
Amen
Preghiamo la Parola
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 17
Tutto tace nell’immondezzaio
di Giobbe; anche gli amici han-
no terminato i loro sproloqui e
si sono fatti da parte. Quando
giunge la sera, sull’uomo rico-
perto di croste e di vermi,
scende la malinconia, il ricordo
dei giorni che furono, del Dio
della sua giovinezza.
«Giobbe continuò a pronunzia-
re le sue sentenze e disse: Oh,
potessi tornare com'ero ai mesi
di un tempo, ai giorni in cui
Dio mi proteggeva, quando
brillava la sua lucerna sopra il
mio capo e alla sua luce cam-
minavo in mezzo alle tenebre;
com'ero ai giorni del mio au-
tunno, quando Dio proteggeva
la mia tenda, quando l'Onnipo-
tente era ancora con me e i
giovani mi stavano attorno;
quando mi lavavo in piedi nel
latte e la roccia mi versava
ruscelli d'olio! Quando uscivo
verso la porta della città e sul-
la piazza ponevo il mio seggio:
vedendomi, i giovani si
ritiravano e i vecchi si al-
zavano in piedi; i notabili
sospendevano i discorsi e
si mettevan la mano sulla
bocca …»
Il ricordo dei giorni passa-
ti, del Dio delle giovinezza
aumenta in Giobbe la sof-
ferenza, diventa un fardel-
lo ancora più pesante dei ver-
mi che gli rodono la carne. E’
crosta dura ricordare la dol-
cezza del miele e il calore di
un focolare quando, nudi e
soli, si devono affrontare le
gelide notti orientali. E la
notte di Giobbe è profonda,
priva di stelle; anche la stella
del mattino sembra non sor-
gere sugli immondezzai
dell ’umana sofferenza.
L’attesa continua. L’attesa
della voce di un Dio che sem-
bra aver abbandonato coloro
che giacciono nella polvere,
di chi, buono e innocente,
“era gli occhi per il cieco, i
p iedi per lo zoppo,
il Padre per i poveri …”
Ma questa nostalgia è impor-
tante perché fa prendere co-
scienza che il presente e il
futuro allargano gli orizzonti
di un tempo che mai più ri-
tornerà. Quello atteso da
Giobbe sarà un Dio diverso da
quello della sua giovinezza;
quando risponderà alle accuse
mosse contro di Lui si rivelerà
con un volto nuovo e certa-
mente più splendente.
E’ questo forse il torto di
Giobbe, il nostro torto: atten-
dere il Dio che avevamo cono-
sciuto chiudendoci così alle
sue sorprese, alle novità di un
Dio “che fa nuove tutte le co-
se”.
Genera sofferenza la nostalgia
ma è pur sempre un dono;
quanti sventurati siedono ac-
canto a Giobbe privi di un ri-
cordo, senza aver esperimen-
tato un Dio giovane perché da
sempre seduti sul loro letama-
io.
“La nostalgia è nascosta nelle
cose e bussa lievemente alle
porte dei cuori. La malinconia
nasce dal Sole, dispiaciuto e
turbato di dover lasciare il
posto al buio. Non trattiamo
quindi male la malinconia. È
pur sempre un dono che nasce
dalla luce. E non trattiamo
male il nostro cuore quando
so f fre d i mal incon ia ;
anch’esso vorrebbe essere
tutto luce, e non può esserlo,
sinché non si sia trasformato
in una stella”.
don Luciano Vitton Mea
Il libro di Giobbe
La nostalgia di Giobbe di don Luciano Vitton Mea
Pagine bibliche: il Libro di Giobbe/5 Gli approfondimenti di Non di Solo Pane
Non di solo pane Numero 715 pagina 18
Sabato 27
Giugno
IV Settimana del Salterio
XII Tempo Ordinario
Chi può posare lo sguardo su un vero amico,
vede come un ritratto di se stesso. (Cicerone)
Nacque probabilmente a Cucciago, poco dopo l’anno 1000 da una famiglia di valvassori, originaria del vicino villaggio di Alzate Brianza o forse di Carimate. Fu ordinato diacono dall’arcivescovo di Milano Guido di Velate nel 1050, facendosi ben presto apprezzare per la sua capacità oratoria e la preparazione.
Dopo la metà del XI secolo fondò insieme ad alcuni compagni tra cui Anselmo di Baggio e Landolfo Cotta un movimento contro la simonìa e per la riforma dei costumi del clero, detto dai suoi avversari pataria, termine tratto dal dialettale patée per identificare gli straccioni. Divenuto Pontefice Anselmo di
Baggio con il nome di Alessandro II, si fece più aspro il conflitto con l’arcivescovo Guido che ribellandosi alla scomunica papale ricevuta, fece scacciare Arialdo e i suoi seguaci dalla città. Il 27 giugno 1066 Arialdo venne ucciso da alcuni avversari nel castello di Angera sul Lago Maggiore.
Il Santo del giorno: Sant’Arialdo di Milano
Brano Evangelico: Mt 8, 517
Contemplo: Egli ha preso le nostre infermità (Mt 8,17)
Prima ancora che noi allargassimo le braccia, come fanno i bambini quan-
do sono disperati e invocano l'aiuto della mamma o del papà, il Signore
Gesù ha allargato le braccia sulla croce e si è caricato di tutte le nostre
infermità, materiali e morali, per dimostrarci il suo amore. Fin dall'inizio
dei tempi egli dice a favore dell'uomo: «Verrò e lo guarirò».
In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo
scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre
terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore,
io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio
servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e
dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo:
“Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che
lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede
così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siede
ranno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del
regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E
Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il
suo servo fu guarito. Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era
a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo ser
viva. […]
Non di solo pane Numero 715 Tempo Ordinario pagina 19
Agisci
Cosa ci rende più
leggeri? Seguire il
nostro egoismo o fa-
re un gesto d'amore
secondo l'insegna-
mento di Gesù? li giogo di Gesù
in realtà ci alleggerisce la vita.
Oggi provo a vivere questa vera
libertà di cuore.
Il poeta L. Marcon ha scritto: "Quante volte nella vita tutti noi aspettiamo di uscire dal buio...un buio che si trascina da giorni oppure improvviso come un lampo. Ma è un "aspettare"? O è un rimanere inerti cercando una forza morale?". E in una sua poesia guarda a Dio, da cui gli viene la Luce per agire, pur essendo cosciente che il mistero, non sempre si dirada: "Momenti, frammenti d’eternità, svolte avvolte nel buio, sepolte in un pozzo giù nell’abisso. Dentro la mano una Luce viveva. Tut-to ora sembra oscuro, diverso. Ti aggrappi, ti af-fanni, non respiri quasi… Guardi quella mano, de-vi risalire per ritrovare la Luce e il respiro dell’anima". Qualcosa del genere dev'essere suc-cesso al centurione romano che va incontro a Ge-sù, sollecitandogli la guarigione del servo obbe-diente, e forse amico. Egli non si è chiuso nel pessimismo. È andato oltre sè. Ha aperto il suo cuore alla fede e alla speranza, pur non ritenen-dosi in grado di accogliere il Signore nella sua ca-sa. Ma è sempre la Luce che viene dal Cristo che attira, che smuove il cuore, che si fa vicino, come nel caso della suocera di Pietro. Per questo, co-me un'onda invisibile, "Venuta la sera, gli portaro-no molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati". È proprio vero che la grazia di Dio ci risolleva dalla polvere della no-stra povertà. Un grande santo ha scritto: "Se non fossi tuo, mio Cristo, mi sentirei creatura finita. Sono nato e mi sento dissolvere. Mangio, dormo, riposo e cammino, mi ammalo e guarisco, mi as-salgono senza numero brame e tormenti, godo del sole… Poi io muoio e la carne diventa polvere come quella degli animali che non hanno peccati. Ma io cosa ho più di loro? Nulla, se non Dio. Se non fossi tuo, Cristo mio, mi sentirei creatura fini-ta".
Meditiamo la Parola
Se non fossi tuo, Cristo mio... Meditazione di Fiorella Elmetti
Signore Gesù,
noi ti ringraziamo
per i tuoi benedetti
e sconcertanti passaggi
nella nostra vita.
Ne facciamo memoria oggi,
commossi e sollecitati
dalla tua parola
e ti chiediamo perdono
perché spesso non li abbiamo
riconosciuti come tali.
Che ci salvi l'attesa,
il balzare in piedi,
la ricerca inesausta,
il desiderio,
la nostalgia profonda.
Perché troppo spesso
dimentichiamo?
Amen
Preghiamo la Parola
333/3390059 don Luciano
Anno XV- n. 715
Domenica 21 Giugno 2015
Chiuso il 16 Giugno 2015
Numero copie 1400
Coordinatrice Fiorella Elmetti
Redazione
don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini,
don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti
Grafica e stampa
don Luciano Vitton Mea
Ideato da don Luciano Vitton Mea
Sussidio di preghiera per la famiglia
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