Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015
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Transcript of Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015
Itinerario quotidiano di preghiera
PANE Non di solo
Sussidio di preghiera per la famiglia
Anno XV - n° 731
Domenica 15 Novembre 2015
XXXIII del Tempo Ordinario
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 2
Novembre 2015
“Pregare, forse il
discorso più urgente”
Sussidio di preghiera
per la famiglia
Offerta della giornata
Cuore divino di Gesù,
io ti offro per mezzo
del Cuore Immacolato di Maria,
Madre della Chiesa,
in unione al Sacrificio eucaristico,
le preghiere, le azioni,
le gioie e le sofferenze
di questo giorno,
in riparazione dei peccati,
per la salvezza di tutti gli uomini,
nella grazia dello Spirito Santo,
a gloria del divin Padre.
Offerta quotidiana
Sito di Non di Solo Pane:
www.nondisolopane.it
Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa, prego
specialmente per le intenzioni che il Santo Padre
raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli in questo
mese
Intenzione del Santo Padre
Perché sappiamo aprirci all'incontro personale
e al dialogo con tutti, anche con chi ha
convinzioni diverse dalle nostre.
Intenzione missionaria
Perché i pastori della Chiesa, amando
profondamente il proprio gregge, possano
accompagnarne il cammino e
tenere viva la speranza.
Intenzione dei vescovi
Perché il Convegno Ecclesiale nazionale di Firenze
sia l'occasione per ripensare l'umanesimo nell'epoca
della scienza, della tecnica e della comunicazione.
Intenzione del Vescovo di Brescia
Mons. Luciano Monari
Perché, guardando al Cuore di Cristo, paziente
e misericordioso, ci impegniamo con gioia
nella costruzione della civiltà dell'amore.
Intenzioni mese di Novembre
Non di solo pane Numero 731 pagina 3
Domenica 15
Novembre
I Settimana del Salterio
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario
Non possiamo parlare finché non ascoltiamo.
Quando avremo il cuore colmo, la bocca parlerà,
la mente penserà.
Nato a Melk, nel 1073 venne educato dal monaco Altmanno, santo vescovo di Passau. Succedendo sul trono al padre, che era margravio della Marca d'Austria, la sua prima preoccupazione fu quella di promuovere la riforma ecclesiastica. Alleato dell'imperatore di Germania Enrico V, ne sposò la sorella, vedova di Federico di Hohenstaufen. Un
matrimonio benedetto con 18 figli. I 40 anni del suo regno furono giusti e prosperosi, per quanto dovesse guerreggiare contro gli Ungheresi, che finalmente sconfisse. Il popolo lo chiamò Leopoldo il Pio e «Padre dei poveri». Alla morte di Enrico V venne proposto come imperatore di Germania, ma rinunciò. Fondò diversi monasteri e si adoperò in maniera par
ticolare per il monastero di Melk, sua città natale. Fondò anche quello di Neuburg, dove venne sepolto. Ma alla sua memoria è legato Mariazell, nato prima come semplice cappella, o «cella», dedicata alla Vergine, e poi, sotto la guida dei monaci benedettini, diventato il più antico e il più importante santuario mariano di tutta l'Austria. Leopoldo
Il Santo del giorno: San Leopoldo III il Pio
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria.
Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità
della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero
e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete
accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga.
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il
Figlio, eccetto il Padre».
Vangelo: Mc 13, 2432
Contemplo: Le mie parole non passeranno (Mc 13,31)
Il genere «apocalittico», dei profeti e di Gesù, per chi non conosce la Scrittura e la Chiesa, è considerato «catastrofico» o della «fine del mondo». Invece è la «rivelazione» del significato della storia e della vita, è la certezza che il Figlio dell'uomo ritornerà. La «rivelazione» che Gesù compie è quella di aprici gli occhi al di là dei nostri piccoli orizzonti. Noi ascoltiamo le sue parole che sono fondamentali per tutti: «Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre» (Eb 13,8).
Agisci
Ogni giorno che passa
è un giorno in méno
che mi separa dal mio
incontro con Cristo.
Oggi troverò un mo-
mento per riflettere
sullo scorrere del
tempo e su come mi
sto preparando all'in-
contro con il Signore
della mia vita.
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 4
L u n g o i f i u m i c o m m e n t o a i S a l m i
Dal fico imparate ….
La sapienza cristiana sa
scorgere nei piccoli segni
che avvolgono la vita
dell’uomo, la presenza di
Dio, i suoi insegnamenti,
l’esile voce dell’eterno che
riecheggia nella finitezza di
un germoglio o nel vagito di
un bimbo. Così mi assopi-
sco al tepido sole autunnale
mentre le foglie cadono al
soffio di una lieve brezza e
l’acqua del ruscello scorre
tra le rocce ricoperte di mu-
schio. E con le foglie cado-
no le mie sicurezze, la mia
presunzione; l’acqua si porta
via quello che ho racimolato,
conservato, deposto nei granai
di questo mondo. Insegnami,
Signore, a contare i miei giorni,
ricordami sempre che il dono
della vita è come l’acqua del
ruscello che scorre tra i dirupi.
Tutto diventa provvidenza, sag-
gezza quando la luce della tua
parola tocca l’abisso della mia
miseria. La coscienza della
provvisorietà può essere an-
goscia o forza. Genera ango-
scia quando i granai del pane
quotidiano vengono demoliti
per costruirne altri dove raccol-
go ciò che non mi appartiene:
“Anima mia, hai a
disposizione molti
beni, per molti an-
ni; riposati, man-
gia, bevi e datti
alla gioia…” Diven-
ta forza quando
dalle foglie del fico
imparo a leggere i
segni del tempo,
quando accetto
ogni stagione della
mia vita. La primavera che
mi parla del bimbo interiore
che mai muore dentro di me;
l’estate baciata dal sole che
con la sua luce ridona forza
e vigore al bene e all’amore
che rendono giovane il cuore
dell’uomo; l’autunno che con
i suoi raccolti mi svela i mi-
steri dei frutti maturi che de-
vo consegnare al padrone
della messe; l’inverno dove
tutto riposa diventando eco
di un altro riposo che mai
avrà fine. “Dal fico impara-
te…”. Imparate a vivere be-
ne affinché il bacio della
morte sia benedizione, non
maledizione.
don Luciano
Le stagioni dell’uomo di don Luciano Vitton Mea
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 5
L u n g o i f i u m i c o m m e n t o a i S a l m i
Contemplatio a cura di don Luciano
Un’oasi di quiete
«Fermatevi e sappiate che io sono Dio» (Salmo
46,11) . Queste sono parole da prendere con noi
nelle nostre vite affaccendate. Possiamo pensare
al silenzio contrapponendolo al nostro mondo
chiassoso; ma forse possiamo fare un passo di più e
conservare la quiete interiore anche quando fac-
ciamo i nostri affari, insegniamo, lavoriamo a una
costruzione, facciamo musica oppure organizziamo
incontri. E importante conservare un luogo di quie-
te nella «piazza del mercato». Questo luogo di
quiete è dove Dio può dimorare e parlarci. E anche
il luogo dal quale possiamo parlare con parole di
guarigione a tutti coloro che incontriamo nelle no-
stre giornate indaffarate. Senza quell'oasi di quie-
te cominciamo a girare a vuoto. Diventiamo perso-
ne sbattute qua e là, che corrono intorno senza
orientamento. Ma in quella quiete Dio può diventa-
re la nostra dolce guida in ogni cosa che pensiamo,
diciamo o facciamo.
Altri i loro idoli si cerchi-
no, non noi, fedeli del
nostro Dio: non c'è altro
Dio che lui, nostra sorte,
unica gioia.
Il Signore è mia parte di eredità
e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia
vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Siamo pronti per venirti incontro,
Signore, quando tu verrai a far
festa con noi, ti attendiamo con
perseveranza anche se lo scorag-
giamento ci assale. Vigilanti e fi-
duciosi siamo in attesa, Signore:
vieni a noi, ti preghiamo, non tar-
dare.
Non di solo pane Numero 731 pagina 6
Lunedì 16
Novembre
I Settimana del Salterio
XXXIII Tempo Ordinario
Il Santo del giorno: Santa Margherita di Scozia
Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare.
Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa
Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di
me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gri
dava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e
ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi
che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli dis
se: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e co
minciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
Brano Evangelico: Lc 18,3543
Figlia di Edoardo, re inglese in esilio per sfuggire all'usurpatore Canuto, Margherita nacque in Ungheria intorno al 1046. Sua madre, Agata, discendeva dal santo re magiaro Stefano. Quando aveva nove anni suo padre potè tornare sul trono; ma presto dovette fuggire ancora, questa volta in Scozia. E qui Margherita a 24 anni fu sposa del re Malcom III, da cui ebbe sei figli maschi e due femmine. Il Messale
romano la descrive come «modello di madre e di regina per bontà e saggezza». Si racconta che il re non sapesse leggere e avesse un grande rispetto per questa moglie istruita: baciava i libri di preghiera che la vedeva leggere con devozione. Caritatevole verso i poveri, gli orfani, i malati, li assisteva personalmente e invitava Malcom III a
fare altrettanto. Già gravemente ammalata ricevette la notizia dell'uccisione del marito e del figlio maggiore nella battaglia di Alnwick: disse di offrire questa sofferenza come riparazione dei propri peccati. Morì a Edimburgo il 16 novembre 1093.
Contemplo: Passa Gesù, il Nazareno! (Lc 18,37)
Lo Spirito Santo, nei sacramenti che riceviamo, ci illumina per chiamare Gesù non solo «Figlio di Davide», ma «Signore, Figlio di Dio». Noi invochiamo Gesù «Luce del mondo!». Gesù manifesta a Nàzaret la missione ricevuta dal Padre e confermata dallo Spirito: «Mi ha mandato a portare ai ciechi la vista» (Lc 4,18). Gesù vuole farci «recuperare la vista», «sta alla porta e bussa», apriamogli il cuore (cf Ap 3,1820).
Non dobbiamo permettere a nessuno di
allontanarsi dalla nostra presenza, senza sentirsi
migliore e più felice.
Agisci
Gesù è in cammino ver-so Gerusalemme e sa quello che gli accadrà. Eppure rimane capace di attenzioni nei con-fronti di chi soffre. Mi impegnerò a mettere da parte le mie preoc-cupazioni e sofferenze, per essere attento ai bisogni di chi incontre-rò in questa giornata.
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 7
Padre Ermes Ronchi commenta così questo e-pisodio, raccontato sia da Marco che da Luca: “Un ritratto tracciato con tre drammatiche pennellate: cieco, mendicante, solo. Un men-dicante cieco: l'ultimo della fila, un naufrago della vita, un relitto inchiodato nel buio sul ciglio di una strada di Gerico. Poi improvvisa-mente tutto si mette in moto: passa Gesù e si riaccende il motore della vita, soffia un vento di futuro. Con il Signore c'è sempre un "dopo". E Bartimèo comincia a gridare: Gesù, abbi pie-tà. Non c'è grido più evangelico, non preghiera più umana e bruciante: pietà dei miei occhi spenti, di questa vita perduta. Sentiti padre, sentiti madre, ridammi vita. Ma la folla fa mu-ro al suo grido: taci! Il grido di dolore è fuori luogo. Terribile pensare che davanti a Dio la sofferenza sia fuori luogo, che il dolore sia fuori programma. Eppure per tanti di noi è co-sì, da sempre, perché i poveri disturbano, ci mostrano la faccia oscura e dura della vita, quel luogo dove non vorremmo mai essere e dove temiamo di cadere. Invece il cieco sente che un altro mondo è possibile, e che Gesù ne possiede la chiave. Infatti il rabbi ascolta e risponde, ascolta e rilancia. E si libera tutta l'energia della vita…«Sono venuto perché ab-biate il centuplo in questa vita». Credere fa bene. Cristo guarisce tutta l'esistenza”, anche la comunità. A differenza di Luca, in Marco Gesù ordina che “gli conducessero” il cieco, ed è bello. Anche gli altri sono chiamati ad oc-cuparsi di lui, accogliendo e ascoltando la ri-chiesta del cieco, chiede alla Chiesa di farsi carico di lui, che anche se resta nella cecità può diffondere luce attorno a sé. Effettiva-mente è così. Conosco ciechi che, pur nella loro oscurità, sono luce per chi è loro accanto. “La fede”, diceva don Aldo Vignola, “non risol-ve i problemi, ma li illumina”.
«Oltrepassiamo anche la fonda-
mentale visione farisaica della
Torah, come incessante ricupero e
decifrazione di contenuti viventi: il corpo del
meditante assume lui stesso, in questo espander-
si di canne d'organo che fabbricano l'oro con la
materia sonora, figura risonante di Torah. È
una trasmutazione dell'essere vivente per vera-
mente essere. Qui "non dimenticarsi di" vuol
dire essere la stessa cosa ricordata; ed essere
ricordato da vuoi dire partecipare all'Esse-
re» (O. Ceronetti).
Mi ha invaso il furore contro i malvagi
che abbandonano la tua legge.
I lacci dei malvagi mi hanno avvolto:
non ho dimenticato la tua legge.
Riscattami dall’oppressione dell’uomo
e osserverò i tuoi precetti.
Si avvicinano quelli che seguono il male:
sono lontani dalla tua legge.
Lontana dai malvagi è la salvezza,
perché essi non ricercano i tuoi decreti.
Ho visto i traditori e ne ho provato ribrezzo,
perché non osservano la tua promessa.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Signore Gesù, che senza ripugnanza
attraversi le nostre tenebre, grazie!
Tua è la domanda che educa il nostro
desiderio, che ci fa persone uniche,
capaci di leggere ed esprimerti, come
invocazione appassionata i nostri biso-
gni più profondi: quelli che muovono
la tua tenerezza per noi e ci sanano. A
noi il compito di leggere noi stessi con
autenticità per vivere la verità della
nostra vita!
Meditiamo la Parola
Cristo guarisce tutta l’esistenza Meditazione di Fiorella Elmetti
Non di solo pane Numero 731 pagina 8
Martedì 17
Novembre
I Settimana del Salterio
XXXIII Tempo Ordinario
Le parole gentili possono essere brevi
e facili da pronunciare, ma il loro eco
è davvero infinito.
Figlia di Andrea, re d'Ungheria e di Gertrude, nobildonna di Merano, ebbe una vita breve. Nata nel 1207, fu promessa in moglie a Ludovico figlio ed erede del sovrano di Turingia. Sposa a quattordici anni, madre a quindici, restò vedova a 20. Il marito, Ludovico IV morì ad Otranto in attesa di imbarcarsi con Federico II per la crociata in Terra Santa. Elisabetta aveva tre figli. Dopo il
primogenito Ermanno vennero al mondo due bambine: Sofia e Gertrude, quest'ultima data alla luce già orfana di padre. Alla morte del marito, Elisabetta si ritirò a Eisenach, poi nel castello di Pottenstein per scegliere infine come dimora una modesta casa di Marburgo dove fece edificare a proprie spese un ospedale, riducendosi in povertà. Iscrittasi al terz'ordine francescano, offrì tutta se
stessa agli ultimi, visitando gli ammalati due volte al giorno, facendosi mendicante e attribuendosi sempre le mansioni più umili. La sua scelta di povertà scatenò la rabbia dei cognati che arrivarono a privarla dei figli. Morì a Marburgo, in Germania il 17 novembre 1231. È stata canonizzata da papa Gregorio IX nel 1235.
Il Santo del giorno: Santa Elisabetta d’Ungheria
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando,
quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di
vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di
statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché
doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse:
«Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e
lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di
un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la
metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro
volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché
anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a sal
vare ciò che era perduto».
Brano Evangelico: Lc 19,110
Contemplo: Oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5)
Il pubblicano Zaccheo (i pubblicani sono banchieri o finanzieri del tempo di Gesù) si riconosce piccolo, peccatore, desideroso di vedere Gesù, che guarda la sua umiltà e gli chiede di essere accolto a casa sua. Per Gesù, «venuto a cercare e salvare ciò che era perduto» anche Zaccheo è figlio di Abramo, è uomo di fede. La parola «oggi» è spesso unita alla «salvezza» voluta da Gesù: «Oggi è nato per voi un Salvatore» (Lc 2,11), «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori» (Eb 3,78).
Agisci
Il Signore non si stanca
di cercare chi è lontano,
ma per essere salvati è
necessario accoglierlo
nella propria casa. Mi
impegnerò a celebrare il
sacramento della Ricon-
ciliazione appena mi
sarà possibile, come se-
gno efficace del mio de-
siderio di accogliere Ge-
sù nella mia vita.
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 9
Vedere Gesù. Cosa ci spinge? Poco importa:
la curiosità, un bisogno impellente,
un’esistenza vuota da rivestire con il lino
del significato. Poveri o ricchi, storpi o cie-
chi, tutti abbiamo bisogno di vedere il Si-
gnore che passa sotto l’albero della nostra
quotidianità. «Zaccheo, scendi subito, per-
ché oggi devo fermarmi a casa tua».
La mia casa, povera e disadorna, diventa
luogo d’incontro dove cadono tante ipocri-
sie, le molteplici incomprensioni; si frantu-
mano gli otri accumulati nello scorrere dei
giorni passati al tavolo delle imposte. Sul
desco imbandito il pane si spezza, i pesci si
moltiplicano, la vita diventa dono. Vengono
deposte le vesti dell’orgoglio, il fasto di un
“di più” che non mi appartiene, il bisso del-
la vanità. E mentre una nuova vita sta per
nascere e l’esile corpo si cinge il grembiule
del servizio, il Signore della vita mi sussur-
ra: “Oggi la salvezza è entrata in questa ca-
sa”.
È Dio il nostro libero spazio, la
fiducia in lui la nostra terra
tranquilla: grande dono la quie-
te della sera, ma dono ancora
più grande è la quiete dell'ultima sera.
Signore, quanti sono i miei avversari!
Molti contro di me insorgono.
Molti dicono della mia vita:
«Per lui non c’è salvezza in Dio!».
Ma tu sei mio scudo, Signore,
sei la mia gloria e tieni alta la mia testa.
A gran voce grido al Signore
ed egli mi risponde dalla
sua santa montagna.
Io mi corico, mi addormento
e mi risveglio:
il Signore mi sostiene.
Non temo la folla numerosa
che intorno a me si è accampata.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Per primo sei tu, Signore buono: primo ad
amarci, primo a cercarci e salvarci. E noi,
eternamente al seguito: piccoli, nei sogni,
nell'amore, nell'accoglienza… piccoli nel-
la preghiera! Eppure quale armonia d'in-
contro fino a mutare la direzione dei no-
stri passi, prontamente, inaspettatamente.
Grazie, Signore Gesù!
Meditiamo la Parola
Veder Gesù Meditazione di don Luciano Vitton Mea
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 10
“Credo in un solo Dio, Padre
onnipotente, Creatore del cie-
lo e della terra, di tutte le
cose visibili e invisibili”. Con
queste parole e con questa
ferma convinzione inizia la
nostra professione di fede.
Dio è onnipotente perché tut-
to può, perché dalle tenebre
del nulla ha creato ogni cosa.
Tutta la creazione narra le
meraviglie di Dio, loda il Suo
santo nome. Ma la sua gran-
dezza si manifesta in modo
ancora più luminoso quando
ricrea ciò che aveva creato,
quando la sua misericordia
bacia la miseria della creatura
fatta “a sua immagine e somi-
glianza. Dio ricrea quando
perdona, quando si spoglia
della sua divinità per raggiun-
gere la nostra umanità avvolta
nelle tenebre del male e del
peccato; quando separa nelle
anime la pula dell’egoismo dal
grana della bontà.
«Sì, la misericordia e il perdo-
no richiedono l’onnipotenza di
Dio, quella stessa onnipotenza
che ha creato il mondo e
l’uomo! Dunque ogni esperien-
za di misericordia e di perdono
è una vera e propria
“creazione” o “ri-creazione”.
Troppe volte abbiamo concepi-
to misericordia e perdono co-
me un “togliere”, un
“cancellare”! E’ ben di più do-
nare vita nuova, futuro nuovo.
Il perdono di Dio ci fa nuovi, ci
ri-costruisce, perché non è
“da Dio” togliere, ma è
“da Dio” donare e crea-
re».
Il perdono ricevuto e do-
nato rende l’uomo simile
a Dio, lo avvolge
d’onnipotenza. Infatti
Gesù chiede anche a noi
di essere “onnipotenti”
come Lui nel donare mi-
sericordia. L’Evangelista
Luca fa coincidere
l’essere perfetti con
“l’essere misericordiosi”
come il Padre che è nei
cieli.
L’uomo misericordioso,
lento all’ira è grande
nell’amare, ricrea rapporti
nuovi, scioglie i nodi del ran-
core, sradica la gramigna del-
la vendetta e del risentimen-
to.
Conoscere meglio la misericor-
dia di Dio e, più ancora, farne
esperienza, ci renderà tutti
più “umani”, condizione fon-
damentale per essere
“divini”.
don Luciano
Pagine bibliche Gli approfondimenti di Non di Solo Pane
Il perdono ricevuto è donato ci rende simili a Dio
L’uomo onnipotente meditazione di don Luciano Vitton Mea
Non di solo pane Numero 731 pagina 11
XXXIII Tempo Ordinario
Non permettere a te stesso di essere scoraggiato da qualsiasi fallimento fintanto
che hai fatto del tuo meglio.
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse
manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere
il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino
al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che
costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva
consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta
d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra
dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse:
“Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto
nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti
quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo
severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai conse
gnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la
moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato;
invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, condu
ceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Brano Evangelico: Lc 19,1128
Coetanea di Napoleone, studia dalle Visitandine, a Grenoble. A 18 anni il monastero la accoglie come novizia, anche se lei non fa in tempo a pronunciare i voti solenni: la Rivoluzione sopprime conventi e monasteri. Rosa decide allora di dedicarsi all'assistenza degli ultimi. Nel 1801 le comunità religiose riacquistano la libertà, e lei entra nella società del Sacro Cuore, creata nel 1800 da madre Maddalena Sofia Barat. Nel
1818 arriva con quattro consorelle in Louisiana, dove il vescovo cerca aiuto per l'assistenza religiosa agli immigrati francesi. Rosa apre una scuola gratuita nel 1820, e intanto arrivano altre consorelle; nel 1828 le case con scuola sono sei, in Louisiana e Missouri. Lei deve lasciare la responsabilità di superiora: le fatiche l'hanno resa invalida. E tuttavia c'è un nuovo campo di lavoro
da aprire: quello dell'evangelizzazione e dell'istruzione per la popolazione indiana seminomade dei Potawatomi, nel Kansas dove c'è una missione e dove la religiosa si reca in visita nonostante la malattia. Dal Kansas fa ritorno a Saint Charles, nel Missouri, dove muore a 83 anni. Beatificata nel 1929, madre Filippina è stata proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 1988.
Contemplo: Abbiamo creduto che tu sei il Cristo (dall'Antifona alla
comunione)
Sulla barca della Chiesa, gli apostoli sono coloro che hanno ricevuto il compito di timonieri, ma la loro perizia è dono di Cristo. È grazie a lui se essi possono guidarci sicuri al porto della salvezza. La Chiesa, e con lei anche noi, suoi figli, crede che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, colui che salva la nostra povera barca, colpita dalle vicende della vita. In lui abbiamo il rifugio sicuro e la gioia eterna.
Il Santo del giorno: Santa Filippina Rosa Duchesne
Mercoledì 18
Novembre
IV Settimana del Salterio
Agisci
Anche a me il Signore
ha dato tanti doni ma-
teriali e spirituali. Og-
gi mi impegnerò a farli
fruttificare, vivendo e
testimoniando la mia
fede con le opere.
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 12
È un brano severo quello che il vangelo ci propo-ne oggi. Un brano che non permette di barare con Dio, ma che ci invita a prenderlo in seria considerazione, come hanno fatto in molti e co-me, dopo alcuni anni di discernimento, ha fatto Stéphanie, una bella e giovane professoressa di ventisei anni, la quale racconta della sua scelta di andare in convento: “Ho perso una sorella nel 2005, mentre stava andando alla Giornata Mon-diale della Gioventù di Colonia. Quell’evento è stato senz’altro cruciale per il mio discernimen-to. La sua morte è stata un vero punto di svolta nella mia vita spirituale. Mi sono resa conto dell’importanza della nostra vita; che stiamo sul-la Terra per un tempo limitato, che veniamo da Dio e un giorno vorremmo tornare da Lui. Vengo da una famiglia cattolica molto religiosa, ma penso che fino a quel momento andavo in chiesa più per routine e mimetismo che altro. Qualche anno dopo, nel 2008, dopo un pellegrinaggio, ho sentito un’attrazione per Dio durante la Messa e un forte desiderio di amarlo. Da quel momento ho vissuto con la sete di assoluto. … I miei geni-tori hanno accolto la notizia con allegria ed emo-zione, pur sapendo che d’ora in poi ci vedremo di meno, ma ammiro il loro coraggio e la loro fe-de. Mia madre mi ha sempre detto che vedeva i figli come un dono di Dio e che alla fine dei conti i figli appartengono a Lui… La mia fede mi porta a non vivere in modo superficiale, perché non è in questo che è Dio. I momenti con la mia fami-glia e i miei amici mi mancheranno e sono consa-pevole di rinunciare a molte cose, ma so che nell’abbazia troverò l’essenziale. È vero che agli occhi degli uomini abbandonare la vita in società forse è una follia, ma non lo è agli occhi di Dio”.
Meditiamo la Parola
Con la sete di assoluto Meditazione di Fiorella Elmetti
Pure di notte innocenza e col-
pa egli vede e giustizia per
tutti egli compie: lui solo!
O fedele, attendi sereno che
spunti l'alba di quando il suo volto potrai
vedere.
Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno.
Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio,
ascolta le mie parole.
Custodiscimi come pupilla agli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi.
Io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Che tristezza, Signore, quella piccola som-
ma, rattrappita e infeconda, conservata
per paura. Rendi la nostra vita una sinfo-
nia di libertà che sia qualche nota almeno,
non impeccabile forse, ma armoniosa e
intonata, suonata con il cuore e che lasci
germogliare altre note… e altre ancora!
Grazie, Signore, perché ci fai temere solo
le stonature della paura!
Non di solo pane Numero 731 pagina 13
Giovedì 19
Novembre
I Settimana del Salterio
XXXIII Tempo Ordinario
Oggi la gente ha fame d'amore,
ha fame di comprendere l'amore più grande che è
l'unica risposta alla solitudine e all'estrema miseria.
Nasce attorno al 1240 nel
castello di Helfta, in Sassonia, da una delle più delle
più nobili e potenti famiglie
della Turingia, i von Hackeborn. La sorella maggiore,
Gertrude, è badessa nel con
vento di Helfta. All'età di
sette anni Matilde viene accolta come educanda nel
monastero benedettino di
Rodardsdorf. Qui la sua vocazione cresce e la giova
ne decide di indossare il
velo. Nel 1258 raggiun
ge la sorella maggiore a Helfta dove, tre anni più
tardi, le viene affidata la
cura di una giovane monaca che resterà nella
storia con il nome di
santa Gertrude la Gran
de. Proprio a quest'ultima Matilde confesserà le
proprie visioni mistiche.
Da queste confidenze nascerà poi uno dei libri
più noti della mistica
medievale: il Libro della
grazia speciale. Matilde, particolarmente dotata nel
canto, cura e dirige il coro
del monastero e per questa sua qualità sembra che lo
stesso Dante si sia ispirato a
lei per la figura di Matelda
nel Purgatorio. Muore nel monastero di Helfta nel
1298.
Il Santo del giorno: Santa Matilda di Hackeborn
In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi oc
chi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
Brano Evangelico: Lc 19,4144
Contemplo: Pianse su Gerusalemme (Lc 19,42)
La Gerusalemme storica, la città del grande re Davide e del grande
tempio di Salomone, era la sede della «Presenza» di Dio. La Gerusa
lemme spirituale, che noi chiamiamo «celeste», è la sede di Gesù, figlio
di Davide, «uno più grande di Salomone!». Gesù con la sua «Presenza»
in mezzo a noi ci ricorda che Dio è amico degli uomini. Gesù piange
alla vista di Gerusalemme, pensando a tutte le città del mondo in cui vi
sono persone che non lo accolgono nella propria vita.
Agisci Il sostegno degli altri è
importante nella vita.
Nel cammino di fede ci
aiuta il sostegno dei
santi. Oggi chiederò a
Maria, Regina di tutti i
santi, di sostenermi,
con la sua intercessio-
ne, nella coraggiosa
testimonianza della
fede.
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 14
Ci strazia il pianto del Signore. Pianto dell'in-
namorato respinto, del portatore di buone no-
tizie inascoltato, del profeta rifiutato. Piange,
come piange il genitore che vede il figlio spro-
fondare nel demone della droga, come piange
la sposa che si vede tradita, come piange il
parroco che vede la sua chiesa svuotarsi ineso-
rabilmente. Gerusalemme è troppo presa dal
suo tempio per occuparsi delle cose di Dio. No,
non se l'aspettava una reazione del genere, il
Maestro. Era pronto a spiegare, a interloquire,
ad accogliere, ma non al rifiuto ostile dei sa-
cerdoti, non all'indifferenza della folla, non
alla sufficienza di chi pensa di essere a posto.
La profezia sulla città, probabile eco degli e-
venti storici che influenzano la redazione fina-
le di Luca, manifesta la gravità della situazio-
ne. Il grandioso tempio che ha fatto rinascere
la città, ancora in costruzione mentre Gesù
predica, iniziato vent'anni prima della sua na-
scita e terminato poco dopo il 60 d.C. sarà di-
strutto dopo soli dieci anni. Ne valeva la pena?
Anche noi: davanti agli eventi drammatici del-
la storia, chiediamoci cosa è veramente impor-
tante. E sappiamoci amati fino alle lacrime.
«Ma voi non credete in Dio: se
credeste in Dio credereste anche
in me»; «andate a vedere cosa
vuoi dire: io voglio misericordia
e non sacrificio». - Signore, donaci la grazia di
convertirci sempre dalla religione alla fede;
che sia «una fede esigente e concreta, una fede
sociale e pur contemplativa». «Se io rientro in
me stesso, io troverò là ciò che devo immola-
re... la mia coscienza sarà il tuo altare. Non
avrò bisogno di acquistare ciò che ti devo offri-
re, perché tu me lo hai già dato» (S. Agostino).
Parla il Signore, Dio degli dèi,
convoca la terra da oriente a occidente.
Da Sion, bellezza perfetta,
Dio risplende.
Davanti a me riunite i miei fedeli,
che hanno stabilito con me l’alleanza
offrendo un sacrificio.
I cieli annunciano la sua giustizia:
è Dio che giudica.
Offri a Dio come sacrificio la lode
e sciogli all’Altissimo i tuoi voti;
invocami nel giorno dell’angoscia:
ti libererò e tu mi darai gloria.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Le tue lacrime, Signore! Le tue lacrime sul nostro cuore chiuso, sui nostri rifiuti, sul nostro vivere di sempre, immemore e pre-occupato solo di se stesso. Le tue lacrime divinamente umane ci richiamano con una forza inaudita. Come possiamo provocar-le, senza rendercene conto? Quando ver-rai e noi saremo pronti, sorriderai dei no-stri tentativi maldestri, ma autentici, e ci stringerai a te. Grazie, Signore!
Medita la parola
Essere amati fino alle lacrime
Meditazione a cura della Redazione
Non di solo pane Numero 731 pagina 15
Venerdì 20
Novembre
I Settimana del Salterio
XXXIII Tempo Ordinario
Se giudichi le persone,
non avrai tempo per amarle.
«A Torino si festeggiano i santi martiri Ottavio, Solutore e Avventore, soldati della legione Tebana, i quali, sotto l'imperatore Massimiano, combattendo valorosamente, furono coronati dal martirio». Così il Martirologio romano racconta la storia di questi tre martiri della fine del II secolo. Il riferimento al
«valoroso combattimento» si riferisce evidentemente alla loro determinazione nel dichiararsi cristiani nonostante la persecuzione instaurata da Massimiano. Dei tre santi una «Passione» del V secolo narra che essi fuggirono al massacro generale di Agaunum. Inseguiti, furono presi nei pressi di Torino: Av
ventore e Ottavio, raggiunti, vennero trucidati sul posto. Solutore, invece, riuscì a proseguire nella fuga fino alle rive della Dora Riparia, dove, scoperto, fu decapitato. Nel luogo della sepoltura dei tre nel V secolo sorse una basilica. Nel 1575 fu innalzata la «Chiesa dei martiri», che ne ospita ancor oggi le reliquie.
Il Santo del giorno: Sant’Avventore Martire
In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che
vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di pre
ghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Ogni giorno inse
gnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo
morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare,
perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.
Brano Evangelico: Lc 19,4548
Contemplo: La mia è una casa di preghiera (cf Lc 19,46)
Il tempio di Gerusalemme era casa di preghiera per tutti i popoli. Qui Israele poteva esercitare l'incarico di nazione santa e sacerdotale. Gesù, come ogni pio ebreo, fin dai dodici anni, saliva al tempio in pellegrinaggio. Era una salita fisica, per indicare la salita spirituale, in dialogo con il Padre: «Io devo occuparmi delle cose del Padre mio». Gesù parla di un tempio nuovo, quello del suo corpo risuscitato. Proprio uniti al suo corpo i credenti rendono a Dio un culto in Spirito e verità.
Agisci: Il Signore ha sconfitto una volta per sempre il mio peggior nemico, il peccato, chiaman-domi alla vita libera dei figli di Dio. Oggi non permetterò al ma-le di togliermi questa libertà e, con la forza che viene da Cristo, mi impegnerò a resi-stere alle tentazioni che incontrerò.
Non di solo pane Numero 731 pagina 16
Gesù, “entrato nel tempio” scaccia chi in quel
luogo sacro fa mercato. Poi richiama alla verità delle Scrittura ricordando in particolare che “La
mia casa sarà casa di preghiera”. E qui casca
l’asino. Infatti, molti istintivamente sono portati
a credere che pregare sia noioso e inutile, una perdita di tempo. Invece, pregare è l’unica solu-
zione per essere fedeli alla vita cristiana. La pre-
ghiera è come la fiamma che, in modo lento ma sempre vivo, arde sotto la cenere del nostro vive-
re quotidiano (abitudini, imprevisti, incompren-
sioni, malattie, lutti, ecc.). Essa riscalda lenta-mente l’anima, brucia le nostre paure e le tra-
sforma in opportunità e speranza. In merito, Papa
Francesco ha affermato in una bella omelia:
«…Gesù ci dice: “C’è un Padre. C’è un Padre che vi ama. C’è un Padre che ha cura di voi”». E c’è
un solo modo per evitare il contagio, sostiene Pa-
pa Francesco. È la strada indicata da Gesù: prega-re. L’unica soluzione, conclude, per non cadere in
quell’“atteggiamento farisaico che non è né luce
né tenebre”, ma è “a metà” di un cammino che “mai arriverà alla luce di Dio”: “Preghiamo. Pre-
ghiamo tanto. ‘Signore, custodisci la tua Chiesa,
che siamo tutti noi: custodisci il tuo popolo, quel-
lo che si era radunato e si calpestavano tra loro, a vicenda. Custodisci il tuo popolo, perché ami la
luce, la luce che viene dal Padre, che viene da
Tuo Padre, che ha inviato Te per salvarci. Custo-disci il tuo popolo perché non divenga ipocrita,
perché non cada nel tepore della vita. Custodisci
il tuo popolo perché abbia la gioia di sapere che
c’è un Padre che ci ama tanto”. La preghiera per-mette a Gesù non solo di entrare, ma di restare in
noi. E qualunque cosa accada, Egli ci impedisce di
fermarci e di chiuderci nel nostro peccato.
Meditiamo la Parola
Pregare, l’unica soluzione Meditazione di don Fiorella Elmetti Lodiamo il tuo nome
glorioso, Signore.
Benedetto sei tu, Signore,
Dio d’Israele, nostro padre,
ora e per sempre.
Tua, Signore, è la grandezza, la potenza,
lo splendore, la gloria e la maestà:
perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo.
Tuo è il regno, Signore:
ti innalzi sovrano sopra ogni cosa.
Da te provengono la ricchezza e la gloria.
Tu domini tutto;
nella tua mano c’è forza e potenza,
con la tua mano dai a tutti
ricchezza e potere.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Padre mi affido alle tue mani,disponi di
me secondo la tua volontà qualunque
essa sia. Io ti ringrazio. Sono disposto a
tutto. Accetto tutto, purché la tua volon-
tà si compia in me e in tutte le tue crea-
ture. Non desidero nient'altro, Padre. Ti
affido la mia anima,te la dono con tutto
l'amore di cui sono capace,perché ti amo
e sento il bisogno di donarmi a te, di ri-
mettermi fra le tue mani, senza limiti,
senza misura, con una fiducia infinita
perché tu sei mio Padre.
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 17
Lungo i fiumi commento ai Salmi A cura di don Luciano Vitton Mea
Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode,
perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.
Alleluia.
(Salmo 117,1-2)
Eccomi invitato a lodare il Signore. L'invito
mi viene da questo Salmo che è tra i più
brevi dell'intero salterio e tra i più ripetuti
nella preghiera liturgica della Chiesa.
Sì, sono chiamato a lodare il Signore: non
solo nell'intimità segreta e inviolabile del
mio cuore, ma anche nel canto che risuona
sulle mie labbra e ricade in uno spazio a-
perto agli altri, nella casa della comunità
che prega. Sono chiamato a lodarlo non solo
con una gioia che riempie e s'impossessa di
tutto il mio «io», ma anche con una conten-
tezza straripante e invadente che si riversa
come un grande fiume in piena e si espande
sull'universo intero, coinvolgendo così tutte
le genti, i «popoli tutti». Chi mai può misu-
rare le proporzioni di questo «coro mondia-
le»?
La mia lode segue un cammino ascensiona-
le: è rivolta al Signore e sale verso di lui, al
quale voglio dire tutta la mia gratitudine
per i tanti doni ricevuti dal suo amore. Ma
questa lode segue anche un cammino oriz-
Genti tutte lodate il Signore Commento al Salmo 117
zontale: appartiene a questa nostra terra. Essa
nasce da me, esonda dalle mie labbra e su di
me rifluisce, nel segno gioioso della fede e del-
la speranza condivise con l'intera creazione.
Sono chiamato alla lode del Signore dalla mia
fede, dal piccolo «sì» che non mi stanco di pro-
nunciare come umile e convinta risposta al
grande «Sì» di Dio che mi vuole «fortemente»
bene: «Perché forte è il suo amore per noi».
E sono chiamato alla lode del Signore dalla mia
speranza: questa è generata e alimentata dal
Dio assolutamente ed eternamente fedele, il
Dio la cui «fedeltà dura per sempre».
A caratterizzare la lode al Signore è una gioia
esplosiva e permanente che, ridondando e per-
manendo dentro il suo popolo, nei secoli eterni,
diventa un Alleluia senza fine! Una gioia che
tutto prende di me e della Chiesa: voce, cuore,
corpo, vita; presente e futuro!
Card. Dionigi Tettamanzi
Arcivescovo emerito di Milano
Non di solo pane Numero 731 pagina 18
Sabato 21
Novembre
I Settimana del Salterio
XXXIII Tempo Ordinario
Non permettere a te stesso di essere scoraggiato
da qualsiasi fallimento fintanto che hai fatto
del tuo meglio.
Nacque presso Varsavia in Polonia il 12 novembre 1842. Attorno al 1860 prese piena coscienza della sua vocazione alla vita religiosa. Una chiamata che non trovò il favore della famiglia. Nonostante fosse di salute cagionevole dovette seguire i genitori in diverse località europee. Nel 1873 padre Leandro Lendzian, sua guida spirituale, disse a Francesca che scorgeva
in lei la chiamata a fondare una famiglia religiosa. Progetto al quale la giovane si mise subito a lavorare. Il 1° ottobre 1873, fu ricevuta dal Papa che approvò l'idea della fondazione delle «Suore della Sacra Famiglia di Nazareth», la cui casa madre fu stabilita a Roma. Il 1° maggio 1884 la fondatrice e le prime compagne fecero
la professione religiosa; Francesca prese il nome di suor Maria di Gesù Buon Pastore. Ebbe inizio così un'intensa attività di evangelizzazione che portò la fondatrice anche in America, Inghilterra, Francia, Polonia. Morì il 21 novembre 1902 morì. È stata beatificata a Roma il 23 aprile 1989.
Il Santo del giorno: Beata Francesca Siedliska
Brano Evangelico: Lc 20, 2740
Contemplo: Ecco mia madre e i miei fratelli! (Mc 3,34)
Mentre la Chiesa ha già raggiunto nella Beatissima Vergine Maria quella perfezione che la rende «senza macchia né ruga» (Ef 5,27), i fedeli si sforzano ancora di crescere nella santità per vincere il peccato. Per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù a tutta la comunità degli eletti. La Chiesa, pensando a lei con pietà e contemplandola alla luce del Verbo fatto uomo, con venerazione penetra nel mistero supre
mo dell'Incarnazione (Dei Verbum).
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezio
ne – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di
qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza
al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì
senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare
figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie?
Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo
prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e
della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più mori
re, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio.
Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il
Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei
viventi; perché tutti vivono per lui».Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene».
E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
Agisci
Tante sono le me
raviglie che il Signo-
re opera nella mia
vita. Cercherò l'oc-
casione giusta per
poterle annunciare
senza vergogna alle
persone che ho vici-
no.
Non di solo pane Numero 731 Tempo Ordinario pagina 19
La fede nella risurrezione è uno dei problemi
fondamentali, sui quali sono discordi farisei e
sadducei; per questi ultimi, tutto finisce con la
morte, e perciò un Messia che non si afferma in
questa vita non è credibile. Il problema dell'aldi-
là, tuttavia, è d'importanza decisiva per l'intera
umanità. Gli stessi apostoli, che per tre anni
hanno vissuto con Gesù e sono stati testimoni di
miracoli di risurrezione, in fondo dubitano, e
presto lo dimostreranno. Le conseguenze di que-
sta mancanza di fede non sono di poco conto.
Se, infatti, crediamo nell'aldilà, il tratto di stra-
da che percorriamo sulla terra potrà essere
faticoso, limitante, buio, ma saremo sempre
sostenuti dalla speranza certa che Dio è Luce,
che noi siamo suoi figli e che, quando vedremo il
tutto, il nostro cuore si dilaterà: vivremo per
l'Amore, liberi, come pesci nell'acqua. Chi non
crede, invece, sarà impegnato a costruirsi una
vita comoda, piacevole; potrà anche compiere
opere meritevoli a vantaggio del suo prossimo,
ma la prospettiva è angusta, deprimente: dopo
la morte, il nulla! Con la sua risposta alla do-
manda maliziosa degli avversari, Gesù afferma
che non possiamo misurare la Vita Eterna con le
categorie mentali umane. La fede nella risurre
zione, tuttavia, è un dono da chiedere al Padre e
da accogliere con cuore semplice. Ogni dimo-
strazione teologica, infatti, non riuscirà a spie-
gare razionalmente l'Amore. Chi ha amato dav
vero, lo sa!
A Dio Padre, nostra sola speran-
za, al suo Figlio che è venuto a
salvarci allo Spirito che sempre
ci libera, pur se oppressi, o nel
pianto, cantiamo.
Renderò grazie al Signore
con tutto il cuore,
annuncerò tutte le tue meraviglie.
Gioirò ed esulterò in te,
canterò inni al tuo nome, o Altissimo.
Mentre i miei nemici tornano indietro,
davanti a te inciampano e scompaiono.
Hai minacciato le nazioni, hai sterminato
il malvagio, il loro nome hai cancellato
in eterno, per sempre.
Sono sprofondate le genti nella
fossa che hanno scavato,
nella rete che hanno nascosto
si è impigliato il loro piede.
Perché il misero non sarà
mai dimenticato,
la speranza dei poveri non
sarà mai delusa.
Preghiamo la Parola
Preghiera
La tristezza conosce le vie del nostro cuo-re,ci assale e mina dall'interno, dalle fon-damenta ciò che di buono e bello tu hai pensato e già realizzato per noi. La tri-stezza ha molti volti e molte ragioni per prosperare, ma moltissimi volti ha l'amore e altrettante e maggiori ragioni per edifi-care e consolidare fino a sanare e infon-dere coraggio: ci rianima, ci chiama a sé e ci spinge ancora e sempre sulla strada della vita, in pienezza, con i nostri fratelli.
Meditiamo la Parola
Siamo figli della risurrezione Meditazione a cura di don Carlo Moro
Parroco di Gargnano
333/3390059 don Luciano
Anno XV- n. 731
Domenica 15 Novembre 2015
Chiuso il 09/11/2015
Numero copie 1350
Coordinatrice Fiorella Elmetti
Redazione
don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini,
don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti
Grafica e stampa
don Luciano Vitton Mea
Ideato da don Luciano Vitton Mea
Sussidio di preghiera per la famiglia
Per la tua vita spirituale visita
Vi troverai:
Ogni giorno una meditazione dei più grandi maestri di spiritualità Il settimanale di preghiera Non di Solo pane (da scaricare) I Santi del Giorno Tutte le opere di San Agostino I racconti di un pellegrino russo L’Imitazione di Cristo
Ti aspetto ogni giorno su:
www.nondisolopane.it