Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015

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Itinerario quotidiano di preghiera PANE Non di solo Sussidio di preghiera per la famiglia Anno XV - n° 731 Domenica 15 Novembre 2015 XXXIII del Tempo Ordinario Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

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Itinerario quotidiano di preghiera

PANE Non di solo

Sussidio di preghiera per la famiglia

Anno XV - n° 731

Domenica 15 Novembre 2015

XXXIII del Tempo Ordinario

Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

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Novembre 2015

“Pregare, forse il

discorso più urgente”

Sussidio di preghiera

per la famiglia

Offerta della giornata

Cuore divino di Gesù,

io ti offro per mezzo

del Cuore Immacolato di Maria,

Madre della Chiesa,

in unione al Sacrificio eucaristico,

le preghiere, le azioni,

le gioie e le sofferenze

di questo giorno,

in riparazione dei peccati,

per la salvezza di tutti gli uomini,

nella grazia dello Spirito Santo,

a gloria del divin Padre.

Offerta quotidiana

Sito di Non di Solo Pane:

www.nondisolopane.it

Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa, prego

specialmente per le intenzioni che il Santo Padre

raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli in questo

mese

Intenzione del Santo Padre

Perché sappiamo aprirci all'incontro personale

e al dialogo con tutti, anche con chi ha

convinzioni diverse dalle nostre.

Intenzione missionaria

Perché i pastori della Chiesa, amando

profondamente il proprio gregge, possano

accompagnarne il cammino e

tenere viva la speranza.

Intenzione dei vescovi

Perché il Convegno Ecclesiale nazionale di Firenze

sia l'occasione per ripensare l'umanesimo nell'epoca

della scienza, della tecnica e della comunicazione.

Intenzione del Vescovo di Brescia

Mons. Luciano Monari

Perché, guardando al Cuore di Cristo, paziente

e misericordioso, ci impegniamo con gioia

nella costruzione della civiltà dell'amore.

Intenzioni mese di Novembre

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Non di solo pane ­ Numero 731 ­ pagina 3

Domenica 15

Novembre

I Settimana del Salterio

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario

Non possiamo parlare finché non ascoltiamo.

Quando avremo il cuore colmo, la bocca parlerà,

la mente penserà.

Nato a Melk, nel 1073 venne educato dal monaco Altmanno, santo vescovo di Passau. Succedendo sul trono al padre, che era margravio della Marca d'Austria, la sua prima preoccupazione fu quella di promuovere la riforma ecclesiastica. Alleato dell'imperatore di Germa­nia Enrico V, ne sposò la sorella, vedova di Federi­co di Hohenstaufen. Un

matrimonio benedetto con 18 figli. I 40 anni del suo regno furono giusti e pro­sperosi, per quanto doves­se guerreggiare contro gli Ungheresi, che finalmente sconfisse. Il popolo lo chiamò Leopoldo il Pio e «Padre dei poveri». Alla morte di Enrico V venne proposto come imperatore di Germania, ma rinunciò. Fondò diversi monasteri e si adoperò in maniera par­

ticolare per il monastero di Melk, sua città natale. Fondò anche quello di Neuburg, dove venne se­polto. Ma alla sua memo­ria è legato Mariazell, nato prima come semplice cappella, o «cella», dedi­cata alla Vergine, e poi, sotto la guida dei monaci benedettini, diventato il più antico e il più impor­tante santuario mariano di tutta l'Austria. Leopoldo

Il Santo del giorno: San Leopoldo III il Pio

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«In quei giorni, dopo quella tribolazione,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

le stelle cadranno dal cielo

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria.

Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità

della terra fino all’estremità del cielo.

Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero

e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete

accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga.

Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il

Figlio, eccetto il Padre».

Vangelo: Mc 13, 24­32

Contemplo: Le mie parole non passeranno (Mc 13,31)

Il genere «apocalittico», dei profeti e di Gesù, per chi non co­nosce la Scrit­tura e la Chiesa, è considerato «catastrofico» o della «fine del mondo». Inve­ce è la «rivelazione» del significato della storia e della vita, è la certezza che il Figlio dell'uomo ritornerà. La «rivelazione» che Gesù compie è quella di aprici gli occhi al di là dei nostri piccoli orizzonti. Noi ascoltiamo le sue pa­role che sono fondamentali per tutti: «Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre» (Eb 13,8).

Agisci

Ogni giorno che passa

è un giorno in méno

che mi separa dal mio

incontro con Cristo.

Oggi troverò un mo-

mento per riflettere

sullo scorrere del

tempo e su come mi

sto preparando all'in-

contro con il Signore

della mia vita.

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Non di solo pane ­ Numero 731 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 4

L u n g o i f i u m i c o m m e n t o a i S a l m i

Dal fico imparate ….

La sapienza cristiana sa

scorgere nei piccoli segni

che avvolgono la vita

dell’uomo, la presenza di

Dio, i suoi insegnamenti,

l’esile voce dell’eterno che

riecheggia nella finitezza di

un germoglio o nel vagito di

un bimbo. Così mi assopi-

sco al tepido sole autunnale

mentre le foglie cadono al

soffio di una lieve brezza e

l’acqua del ruscello scorre

tra le rocce ricoperte di mu-

schio. E con le foglie cado-

no le mie sicurezze, la mia

presunzione; l’acqua si porta

via quello che ho racimolato,

conservato, deposto nei granai

di questo mondo. Insegnami,

Signore, a contare i miei giorni,

ricordami sempre che il dono

della vita è come l’acqua del

ruscello che scorre tra i dirupi.

Tutto diventa provvidenza, sag-

gezza quando la luce della tua

parola tocca l’abisso della mia

miseria. La coscienza della

provvisorietà può essere an-

goscia o forza. Genera ango-

scia quando i granai del pane

quotidiano vengono demoliti

per costruirne altri dove raccol-

go ciò che non mi appartiene:

“Anima mia, hai a

disposizione molti

beni, per molti an-

ni; riposati, man-

gia, bevi e datti

alla gioia…” Diven-

ta forza quando

dalle foglie del fico

imparo a leggere i

segni del tempo,

quando accetto

ogni stagione della

mia vita. La primavera che

mi parla del bimbo interiore

che mai muore dentro di me;

l’estate baciata dal sole che

con la sua luce ridona forza

e vigore al bene e all’amore

che rendono giovane il cuore

dell’uomo; l’autunno che con

i suoi raccolti mi svela i mi-

steri dei frutti maturi che de-

vo consegnare al padrone

della messe; l’inverno dove

tutto riposa diventando eco

di un altro riposo che mai

avrà fine. “Dal fico impara-

te…”. Imparate a vivere be-

ne affinché il bacio della

morte sia benedizione, non

maledizione.

don Luciano

Le stagioni dell’uomo di don Luciano Vitton Mea

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L u n g o i f i u m i c o m m e n t o a i S a l m i

Contemplatio a cura di don Luciano

Un’oasi di quiete

«Fermatevi e sappiate che io sono Dio» (Salmo

46,11) . Queste sono parole da prendere con noi

nelle nostre vite affaccendate. Possiamo pensare

al silenzio contrapponendolo al nostro mondo

chiassoso; ma forse possiamo fare un passo di più e

conservare la quiete interiore anche quando fac-

ciamo i nostri affari, insegniamo, lavoriamo a una

costruzione, facciamo musica oppure organizziamo

incontri. E importante conservare un luogo di quie-

te nella «piazza del mercato». Questo luogo di

quiete è dove Dio può dimorare e parlarci. E anche

il luogo dal quale possiamo parlare con parole di

guarigione a tutti coloro che incontriamo nelle no-

stre giornate indaffarate. Senza quell'oasi di quie-

te cominciamo a girare a vuoto. Diventiamo perso-

ne sbattute qua e là, che corrono intorno senza

orientamento. Ma in quella quiete Dio può diventa-

re la nostra dolce guida in ogni cosa che pensiamo,

diciamo o facciamo.

Altri i loro idoli si cerchi-

no, non noi, fedeli del

nostro Dio: non c'è altro

Dio che lui, nostra sorte,

unica gioia.

Il Signore è mia parte di eredità

e mio calice:

nelle tue mani è la mia vita.

Io pongo sempre davanti a me il Signore,

sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Per questo gioisce il mio cuore

ed esulta la mia anima;

anche il mio corpo riposa al sicuro,

perché non abbandonerai la mia

vita negli inferi,

né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

Mi indicherai il sentiero della vita,

gioia piena alla tua presenza,

dolcezza senza fine alla tua destra.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Siamo pronti per venirti incontro,

Signore, quando tu verrai a far

festa con noi, ti attendiamo con

perseveranza anche se lo scorag-

giamento ci assale. Vigilanti e fi-

duciosi siamo in attesa, Signore:

vieni a noi, ti preghiamo, non tar-

dare.

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Non di solo pane ­ Numero 731 ­ pagina 6

Lunedì 16

Novembre

I Settimana del Salterio

XXXIII Tempo Ordinario

Il Santo del giorno: Santa Margherita di Scozia

Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare.

Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa

Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di

me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gri­

dava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e

ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi

che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli dis­

se: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e co­

minciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.

Brano Evangelico: Lc 18,35­43

Figlia di Edoardo, re inglese in esilio per sfuggire all'u­surpatore Canuto, Margheri­ta nacque in Ungheria intor­no al 1046. Sua madre, Aga­ta, discendeva dal santo re magiaro Stefano. Quando aveva nove anni suo padre potè tornare sul trono; ma presto dovette fuggire anco­ra, questa volta in Scozia. E qui Margherita a 24 anni fu sposa del re Malcom III, da cui ebbe sei figli maschi e due femmine. Il Messale

romano la descrive co­me «modello di madre e di regina per bontà e saggezza». Si racconta che il re non sapesse leggere e avesse un grande rispetto per que­sta moglie istruita: ba­ciava i libri di preghiera che la vedeva leggere con devozione. Caritate­vole verso i poveri, gli orfani, i malati, li assi­steva personalmente e invitava Malcom III a

fare altrettanto. Già gra­vemente ammalata rice­vette la notizia dell'ucci­sione del marito e del figlio maggiore nella battaglia di Alnwick: disse di offrire questa sofferenza come ripara­zione dei propri peccati. Morì a Edimburgo il 16 novembre 1093.

Contemplo: Passa Gesù, il Nazareno! (Lc 18,37)

Lo Spirito Santo, nei sacramenti che riceviamo, ci illumina per chiama­re Gesù non solo «Figlio di Davide», ma «Signore, Figlio di Dio». Noi invochiamo Gesù «Luce del mondo!». Gesù manifesta a Nàzaret la missione ricevuta dal Padre e confermata dallo Spirito: «Mi ha mandato a portare ai ciechi la vista» (Lc 4,18). Gesù vuole farci «recuperare la vista», «sta alla porta e bussa», apriamogli il cuore (cf Ap 3,18­20).

Non dobbiamo permettere a nessuno di

allontanarsi dalla nostra presenza, senza sentirsi

migliore e più felice.

Agisci

Gesù è in cammino ver-so Gerusalemme e sa quello che gli accadrà. Eppure rimane capace di attenzioni nei con-fronti di chi soffre. Mi impegnerò a mettere da parte le mie preoc-cupazioni e sofferenze, per essere attento ai bisogni di chi incontre-rò in questa giornata.

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Padre Ermes Ronchi commenta così questo e-pisodio, raccontato sia da Marco che da Luca: “Un ritratto tracciato con tre drammatiche pennellate: cieco, mendicante, solo. Un men-dicante cieco: l'ultimo della fila, un naufrago della vita, un relitto inchiodato nel buio sul ciglio di una strada di Gerico. Poi improvvisa-mente tutto si mette in moto: passa Gesù e si riaccende il motore della vita, soffia un vento di futuro. Con il Signore c'è sempre un "dopo". E Bartimèo comincia a gridare: Gesù, abbi pie-tà. Non c'è grido più evangelico, non preghiera più umana e bruciante: pietà dei miei occhi spenti, di questa vita perduta. Sentiti padre, sentiti madre, ridammi vita. Ma la folla fa mu-ro al suo grido: taci! Il grido di dolore è fuori luogo. Terribile pensare che davanti a Dio la sofferenza sia fuori luogo, che il dolore sia fuori programma. Eppure per tanti di noi è co-sì, da sempre, perché i poveri disturbano, ci mostrano la faccia oscura e dura della vita, quel luogo dove non vorremmo mai essere e dove temiamo di cadere. Invece il cieco sente che un altro mondo è possibile, e che Gesù ne possiede la chiave. Infatti il rabbi ascolta e risponde, ascolta e rilancia. E si libera tutta l'energia della vita…«Sono venuto perché ab-biate il centuplo in questa vita». Credere fa bene. Cristo guarisce tutta l'esistenza”, anche la comunità. A differenza di Luca, in Marco Gesù ordina che “gli conducessero” il cieco, ed è bello. Anche gli altri sono chiamati ad oc-cuparsi di lui, accogliendo e ascoltando la ri-chiesta del cieco, chiede alla Chiesa di farsi carico di lui, che anche se resta nella cecità può diffondere luce attorno a sé. Effettiva-mente è così. Conosco ciechi che, pur nella loro oscurità, sono luce per chi è loro accanto. “La fede”, diceva don Aldo Vignola, “non risol-ve i problemi, ma li illumina”.

«Oltrepassiamo anche la fonda-

mentale visione farisaica della

Torah, come incessante ricupero e

decifrazione di contenuti viventi: il corpo del

meditante assume lui stesso, in questo espander-

si di canne d'organo che fabbricano l'oro con la

materia sonora, figura risonante di Torah. È

una trasmutazione dell'essere vivente per vera-

mente essere. Qui "non dimenticarsi di" vuol

dire essere la stessa cosa ricordata; ed essere

ricordato da vuoi dire partecipare all'Esse-

re» (O. Ceronetti).

Mi ha invaso il furore contro i malvagi

che abbandonano la tua legge.

I lacci dei malvagi mi hanno avvolto:

non ho dimenticato la tua legge.

Riscattami dall’oppressione dell’uomo

e osserverò i tuoi precetti.

Si avvicinano quelli che seguono il male:

sono lontani dalla tua legge.

Lontana dai malvagi è la salvezza,

perché essi non ricercano i tuoi decreti.

Ho visto i traditori e ne ho provato ribrezzo,

perché non osservano la tua promessa.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Signore Gesù, che senza ripugnanza

attraversi le nostre tenebre, grazie!

Tua è la domanda che educa il nostro

desiderio, che ci fa persone uniche,

capaci di leggere ed esprimerti, come

invocazione appassionata i nostri biso-

gni più profondi: quelli che muovono

la tua tenerezza per noi e ci sanano. A

noi il compito di leggere noi stessi con

autenticità per vivere la verità della

nostra vita!

Meditiamo la Parola

Cristo guarisce tutta l’esistenza Meditazione di Fiorella Elmetti

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Martedì 17

Novembre

I Settimana del Salterio

XXXIII Tempo Ordinario

Le parole gentili possono essere brevi

e facili da pronunciare, ma il loro eco

è davvero infinito.

Figlia di Andrea, re d'Un­gheria e di Gertrude, no­bildonna di Merano, ebbe una vita breve. Nata nel 1207, fu promessa in moglie a Ludovico figlio ed erede del sovrano di Turingia. Sposa a quat­tordici anni, madre a quindici, restò vedova a 20. Il marito, Ludovico IV morì ad Otranto in attesa di imbarcarsi con Federico II per la crociata in Terra Santa. Elisabetta aveva tre figli. Dopo il

primogenito Ermanno vennero al mondo due bambine: Sofia e Gertru­de, quest'ultima data alla luce già orfana di padre. Alla morte del marito, Elisabetta si ritirò a Eise­nach, poi nel castello di Pottenstein per scegliere infine come dimora una modesta casa di Marbur­go dove fece edificare a proprie spese un ospeda­le, riducendosi in pover­tà. Iscrittasi al terz'ordine francescano, offrì tutta se

stessa agli ultimi, visi­tando gli ammalati due volte al giorno, facendo­si mendicante e attri­buendosi sempre le mansioni più umili. La sua scelta di povertà scatenò la rabbia dei cognati che arrivarono a privarla dei figli. Morì a Marburgo, in Germania il 17 novembre 1231. È stata canonizzata da papa Gregorio IX nel 1235.

Il Santo del giorno: Santa Elisabetta d’Ungheria

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando,

quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di

vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di

statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché

doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse:

«Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e

lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di

un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la

metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro

volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché

anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a sal­

vare ciò che era perduto».

Brano Evangelico: Lc 19,1­10

Contemplo: Oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5)

Il pubblicano Zaccheo (i pubblicani sono banchieri o finanzieri del tempo di Gesù) si riconosce piccolo, peccatore, desideroso di vedere Gesù, che guarda la sua umiltà e gli chiede di essere accolto a casa sua. Per Gesù, «venuto a cercare e salvare ciò che era perduto» anche Zaccheo è figlio di Abramo, è uomo di fede. La parola «oggi» è spesso unita alla «salvezza» voluta da Gesù: «Oggi è nato per voi un Salvatore» (Lc 2,11), «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori» (Eb 3,7­8).

Agisci

Il Signore non si stanca

di cercare chi è lontano,

ma per essere salvati è

necessario accoglierlo

nella propria casa. Mi

impegnerò a celebrare il

sacramento della Ricon-

ciliazione appena mi

sarà possibile, come se-

gno efficace del mio de-

siderio di accogliere Ge-

sù nella mia vita.

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Non di solo pane ­ Numero 731 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 9

Vedere Gesù. Cosa ci spinge? Poco importa:

la curiosità, un bisogno impellente,

un’esistenza vuota da rivestire con il lino

del significato. Poveri o ricchi, storpi o cie-

chi, tutti abbiamo bisogno di vedere il Si-

gnore che passa sotto l’albero della nostra

quotidianità. «Zaccheo, scendi subito, per-

ché oggi devo fermarmi a casa tua».

La mia casa, povera e disadorna, diventa

luogo d’incontro dove cadono tante ipocri-

sie, le molteplici incomprensioni; si frantu-

mano gli otri accumulati nello scorrere dei

giorni passati al tavolo delle imposte. Sul

desco imbandito il pane si spezza, i pesci si

moltiplicano, la vita diventa dono. Vengono

deposte le vesti dell’orgoglio, il fasto di un

“di più” che non mi appartiene, il bisso del-

la vanità. E mentre una nuova vita sta per

nascere e l’esile corpo si cinge il grembiule

del servizio, il Signore della vita mi sussur-

ra: “Oggi la salvezza è entrata in questa ca-

sa”.

È Dio il nostro libero spazio, la

fiducia in lui la nostra terra

tranquilla: grande dono la quie-

te della sera, ma dono ancora

più grande è la quiete dell'ultima sera.

Signore, quanti sono i miei avversari!

Molti contro di me insorgono.

Molti dicono della mia vita:

«Per lui non c’è salvezza in Dio!».

Ma tu sei mio scudo, Signore,

sei la mia gloria e tieni alta la mia testa.

A gran voce grido al Signore

ed egli mi risponde dalla

sua santa montagna.

Io mi corico, mi addormento

e mi risveglio:

il Signore mi sostiene.

Non temo la folla numerosa

che intorno a me si è accampata.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Per primo sei tu, Signore buono: primo ad

amarci, primo a cercarci e salvarci. E noi,

eternamente al seguito: piccoli, nei sogni,

nell'amore, nell'accoglienza… piccoli nel-

la preghiera! Eppure quale armonia d'in-

contro fino a mutare la direzione dei no-

stri passi, prontamente, inaspettatamente.

Grazie, Signore Gesù!

Meditiamo la Parola

Veder Gesù Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Page 10: Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015

Non di solo pane ­ Numero 731­ Tempo Ordinario ­ pagina 10

“Credo in un solo Dio, Padre

onnipotente, Creatore del cie-

lo e della terra, di tutte le

cose visibili e invisibili”. Con

queste parole e con questa

ferma convinzione inizia la

nostra professione di fede.

Dio è onnipotente perché tut-

to può, perché dalle tenebre

del nulla ha creato ogni cosa.

Tutta la creazione narra le

meraviglie di Dio, loda il Suo

santo nome. Ma la sua gran-

dezza si manifesta in modo

ancora più luminoso quando

ricrea ciò che aveva creato,

quando la sua misericordia

bacia la miseria della creatura

fatta “a sua immagine e somi-

glianza. Dio ricrea quando

perdona, quando si spoglia

della sua divinità per raggiun-

gere la nostra umanità avvolta

nelle tenebre del male e del

peccato; quando separa nelle

anime la pula dell’egoismo dal

grana della bontà.

«Sì, la misericordia e il perdo-

no richiedono l’onnipotenza di

Dio, quella stessa onnipotenza

che ha creato il mondo e

l’uomo! Dunque ogni esperien-

za di misericordia e di perdono

è una vera e propria

“creazione” o “ri-creazione”.

Troppe volte abbiamo concepi-

to misericordia e perdono co-

me un “togliere”, un

“cancellare”! E’ ben di più do-

nare vita nuova, futuro nuovo.

Il perdono di Dio ci fa nuovi, ci

ri-costruisce, perché non è

“da Dio” togliere, ma è

“da Dio” donare e crea-

re».

Il perdono ricevuto e do-

nato rende l’uomo simile

a Dio, lo avvolge

d’onnipotenza. Infatti

Gesù chiede anche a noi

di essere “onnipotenti”

come Lui nel donare mi-

sericordia. L’Evangelista

Luca fa coincidere

l’essere perfetti con

“l’essere misericordiosi”

come il Padre che è nei

cieli.

L’uomo misericordioso,

lento all’ira è grande

nell’amare, ricrea rapporti

nuovi, scioglie i nodi del ran-

core, sradica la gramigna del-

la vendetta e del risentimen-

to.

Conoscere meglio la misericor-

dia di Dio e, più ancora, farne

esperienza, ci renderà tutti

più “umani”, condizione fon-

damentale per essere

“divini”.

don Luciano

Pagine bibliche Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Il perdono ricevuto è donato ci rende simili a Dio

L’uomo onnipotente meditazione di don Luciano Vitton Mea

Page 11: Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015

Non di solo pane ­ Numero 731 ­ pagina 11

XXXIII Tempo Ordinario

Non permettere a te stesso di essere scoraggiato da qualsiasi fallimento fintanto

che hai fatto del tuo meglio.

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse

manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere

il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino

al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che

costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva

consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta

d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra

dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse:

“Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto

nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti

quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo

severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai conse­

gnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la

moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato;

invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, condu­

ceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

Brano Evangelico: Lc 19,11­28

Coetanea di Napoleone, studia dalle Visitandine, a Grenoble. A 18 anni il mo­nastero la accoglie come novizia, anche se lei non fa in tempo a pronunciare i voti solenni: la Rivoluzione sopprime conventi e mona­steri. Rosa decide allora di dedicarsi all'assistenza degli ultimi. Nel 1801 le comuni­tà religiose riacquistano la libertà, e lei entra nella so­cietà del Sacro Cuore, crea­ta nel 1800 da madre Mad­dalena Sofia Barat. Nel

1818 arriva con quattro consorelle in Louisiana, dove il vescovo cerca aiuto per l'assistenza religiosa agli immigrati francesi. Rosa apre una scuola gratuita nel 1820, e intanto arrivano altre consorelle; nel 1828 le case con scuola sono sei, in Louisiana e Missouri. Lei deve lasciare la re­sponsabilità di superiora: le fatiche l'hanno resa invalida. E tuttavia c'è un nuovo campo di lavoro

da aprire: quello dell'evan­gelizzazione e dell'istruzio­ne per la popolazione in­diana seminomade dei Po­tawatomi, nel Kansas dove c'è una missione e dove la religiosa si reca in visita nonostante la malattia. Dal Kansas fa ritorno a Saint Charles, nel Missouri, dove muore a 83 anni. Beatifica­ta nel 1929, madre Filippi­na è stata proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 1988.

Contemplo: Abbiamo creduto che tu sei il Cristo (dall'Antifona alla

comunione)

Sulla barca della Chiesa, gli apostoli sono coloro che hanno ricevuto il compito di timonieri, ma la loro perizia è dono di Cristo. È grazie a lui se essi possono guidarci sicuri al porto della salvezza. La Chiesa, e con lei anche noi, suoi figli, crede che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, colui che salva la nostra povera barca, colpita dalle vi­cende della vita. In lui abbiamo il rifugio sicuro e la gioia eterna.

Il Santo del giorno: Santa Filippina Rosa Duchesne

Mercoledì 18

Novembre

IV Settimana del Salterio

Agisci

Anche a me il Signore

ha dato tanti doni ma-

teriali e spirituali. Og-

gi mi impegnerò a farli

fruttificare, vivendo e

testimoniando la mia

fede con le opere.

Page 12: Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015

Non di solo pane ­ Numero 731 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 12

È un brano severo quello che il vangelo ci propo-ne oggi. Un brano che non permette di barare con Dio, ma che ci invita a prenderlo in seria considerazione, come hanno fatto in molti e co-me, dopo alcuni anni di discernimento, ha fatto Stéphanie, una bella e giovane professoressa di ventisei anni, la quale racconta della sua scelta di andare in convento: “Ho perso una sorella nel 2005, mentre stava andando alla Giornata Mon-diale della Gioventù di Colonia. Quell’evento è stato senz’altro cruciale per il mio discernimen-to. La sua morte è stata un vero punto di svolta nella mia vita spirituale. Mi sono resa conto dell’importanza della nostra vita; che stiamo sul-la Terra per un tempo limitato, che veniamo da Dio e un giorno vorremmo tornare da Lui. Vengo da una famiglia cattolica molto religiosa, ma penso che fino a quel momento andavo in chiesa più per routine e mimetismo che altro. Qualche anno dopo, nel 2008, dopo un pellegrinaggio, ho sentito un’attrazione per Dio durante la Messa e un forte desiderio di amarlo. Da quel momento ho vissuto con la sete di assoluto. … I miei geni-tori hanno accolto la notizia con allegria ed emo-zione, pur sapendo che d’ora in poi ci vedremo di meno, ma ammiro il loro coraggio e la loro fe-de. Mia madre mi ha sempre detto che vedeva i figli come un dono di Dio e che alla fine dei conti i figli appartengono a Lui… La mia fede mi porta a non vivere in modo superficiale, perché non è in questo che è Dio. I momenti con la mia fami-glia e i miei amici mi mancheranno e sono consa-pevole di rinunciare a molte cose, ma so che nell’abbazia troverò l’essenziale. È vero che agli occhi degli uomini abbandonare la vita in società forse è una follia, ma non lo è agli occhi di Dio”.

Meditiamo la Parola

Con la sete di assoluto Meditazione di Fiorella Elmetti

Pure di notte innocenza e col-

pa egli vede e giustizia per

tutti egli compie: lui solo!

O fedele, attendi sereno che

spunti l'alba di quando il suo volto potrai

vedere.

Ascolta, Signore, la mia giusta causa,

sii attento al mio grido.

Porgi l’orecchio alla mia preghiera:

sulle mie labbra non c’è inganno.

Tieni saldi i miei passi sulle tue vie

e i miei piedi non vacilleranno.

Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;

tendi a me l’orecchio,

ascolta le mie parole.

Custodiscimi come pupilla agli occhi,

all’ombra delle tue ali nascondimi.

Io nella giustizia contemplerò il tuo volto,

al risveglio mi sazierò della tua immagine.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Che tristezza, Signore, quella piccola som-

ma, rattrappita e infeconda, conservata

per paura. Rendi la nostra vita una sinfo-

nia di libertà che sia qualche nota almeno,

non impeccabile forse, ma armoniosa e

intonata, suonata con il cuore e che lasci

germogliare altre note… e altre ancora!

Grazie, Signore, perché ci fai temere solo

le stonature della paura!

Page 13: Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015

Non di solo pane ­ Numero 731 ­ pagina 13

Giovedì 19

Novembre

I Settimana del Salterio

XXXIII Tempo Ordinario

Oggi la gente ha fame d'amore,

ha fame di comprendere l'amore più grande che è

l'unica risposta alla solitudine e all'estrema miseria.

Nasce attorno al 1240 nel

castello di Helfta, in Sasso­nia, da una delle più delle

più nobili e potenti famiglie

della Turingia, i von Hacke­born. La sorella maggiore,

Gertrude, è badessa nel con­

vento di Helfta. All'età di

sette anni Matilde viene accolta come educanda nel

monastero benedettino di

Rodardsdorf. Qui la sua vocazione cresce e la giova­

ne decide di indossare il

velo. Nel 1258 raggiun­

ge la sorella maggiore a Helfta dove, tre anni più

tardi, le viene affidata la

cura di una giovane mo­naca che resterà nella

storia con il nome di

santa Gertrude la Gran­

de. Proprio a quest'ulti­ma Matilde confesserà le

proprie visioni mistiche.

Da queste confidenze nascerà poi uno dei libri

più noti della mistica

medievale: il Libro della

grazia speciale. Matilde, particolarmente dotata nel

canto, cura e dirige il coro

del monastero e per questa sua qualità sembra che lo

stesso Dante si sia ispirato a

lei per la figura di Matelda

nel Purgatorio. Muore nel monastero di Helfta nel

1298.

Il Santo del giorno: Santa Matilda di Hackeborn

In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi oc­

chi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trince­e, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

Brano Evangelico: Lc 19,41­44

Contemplo: Pianse su Gerusalemme (Lc 19,42)

La Gerusalemme storica, la città del grande re Davide e del grande

tempio di Salomone, era la sede della «Presenza» di Dio. La Gerusa­

lemme spirituale, che noi chiamiamo «celeste», è la sede di Gesù, figlio

di Davide, «uno più grande di Salomone!». Gesù con la sua «Presenza»

in mezzo a noi ci ricorda che Dio è amico degli uomini. Gesù piange

alla vista di Gerusalemme, pensando a tutte le città del mondo in cui vi

sono persone che non lo accolgono nella propria vita.

Agisci Il sostegno degli altri è

importante nella vita.

Nel cammino di fede ci

aiuta il sostegno dei

santi. Oggi chiederò a

Maria, Regina di tutti i

santi, di sostenermi,

con la sua intercessio-

ne, nella coraggiosa

testimonianza della

fede.

Page 14: Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015

Non di solo pane ­ Numero 731 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 14

Ci strazia il pianto del Signore. Pianto dell'in-

namorato respinto, del portatore di buone no-

tizie inascoltato, del profeta rifiutato. Piange,

come piange il genitore che vede il figlio spro-

fondare nel demone della droga, come piange

la sposa che si vede tradita, come piange il

parroco che vede la sua chiesa svuotarsi ineso-

rabilmente. Gerusalemme è troppo presa dal

suo tempio per occuparsi delle cose di Dio. No,

non se l'aspettava una reazione del genere, il

Maestro. Era pronto a spiegare, a interloquire,

ad accogliere, ma non al rifiuto ostile dei sa-

cerdoti, non all'indifferenza della folla, non

alla sufficienza di chi pensa di essere a posto.

La profezia sulla città, probabile eco degli e-

venti storici che influenzano la redazione fina-

le di Luca, manifesta la gravità della situazio-

ne. Il grandioso tempio che ha fatto rinascere

la città, ancora in costruzione mentre Gesù

predica, iniziato vent'anni prima della sua na-

scita e terminato poco dopo il 60 d.C. sarà di-

strutto dopo soli dieci anni. Ne valeva la pena?

Anche noi: davanti agli eventi drammatici del-

la storia, chiediamoci cosa è veramente impor-

tante. E sappiamoci amati fino alle lacrime.

«Ma voi non credete in Dio: se

credeste in Dio credereste anche

in me»; «andate a vedere cosa

vuoi dire: io voglio misericordia

e non sacrificio». - Signore, donaci la grazia di

convertirci sempre dalla religione alla fede;

che sia «una fede esigente e concreta, una fede

sociale e pur contemplativa». «Se io rientro in

me stesso, io troverò là ciò che devo immola-

re... la mia coscienza sarà il tuo altare. Non

avrò bisogno di acquistare ciò che ti devo offri-

re, perché tu me lo hai già dato» (S. Agostino).

Parla il Signore, Dio degli dèi,

convoca la terra da oriente a occidente.

Da Sion, bellezza perfetta,

Dio risplende.

Davanti a me riunite i miei fedeli,

che hanno stabilito con me l’alleanza

offrendo un sacrificio.

I cieli annunciano la sua giustizia:

è Dio che giudica.

Offri a Dio come sacrificio la lode

e sciogli all’Altissimo i tuoi voti;

invocami nel giorno dell’angoscia:

ti libererò e tu mi darai gloria.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Le tue lacrime, Signore! Le tue lacrime sul nostro cuore chiuso, sui nostri rifiuti, sul nostro vivere di sempre, immemore e pre-occupato solo di se stesso. Le tue lacrime divinamente umane ci richiamano con una forza inaudita. Come possiamo provocar-le, senza rendercene conto? Quando ver-rai e noi saremo pronti, sorriderai dei no-stri tentativi maldestri, ma autentici, e ci stringerai a te. Grazie, Signore!

Medita la parola

Essere amati fino alle lacrime

Meditazione a cura della Redazione

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Non di solo pane ­ Numero 731­ pagina 15

Venerdì 20

Novembre

I Settimana del Salterio

XXXIII Tempo Ordinario

Se giudichi le persone,

non avrai tempo per amarle.

«A Torino si festeggia­no i santi martiri Otta­vio, Solutore e Avven­tore, soldati della le­gione Tebana, i quali, sotto l'imperatore Mas­simiano, combattendo valorosamente, furono coronati dal martirio». Così il Martirologio romano racconta la storia di questi tre mar­tiri della fine del II se­colo. Il riferimento al

«valoroso combatti­mento» si riferisce evi­dentemente alla loro determinazione nel di­chiararsi cristiani nono­stante la persecuzione instaurata da Massimia­no. Dei tre santi una «Passione» del V seco­lo narra che essi fuggi­rono al massacro gene­rale di Agaunum. Inse­guiti, furono presi nei pressi di Torino: Av­

ventore e Ottavio, rag­giunti, vennero trucidati sul posto. Solutore, in­vece, riuscì a proseguire nella fuga fino alle rive della Dora Riparia, do­ve, scoperto, fu decapi­tato. Nel luogo della sepoltura dei tre nel V secolo sorse una basili­ca. Nel 1575 fu innalza­ta la «Chiesa dei marti­ri», che ne ospita ancor oggi le reliquie.

Il Santo del giorno: Sant’Avventore Martire

In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che

vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di pre­

ghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Ogni giorno inse­

gnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo

morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare,

perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.

Brano Evangelico: Lc 19,45­48

Contemplo: La mia è una casa di preghiera (cf Lc 19,46)

Il tempio di Gerusalemme era casa di preghiera per tutti i popoli. Qui Israele poteva esercitare l'incarico di nazione santa e sacerdotale. Gesù, come ogni pio ebreo, fin dai dodici anni, saliva al tempio in pellegri­naggio. Era una salita fisica, per indicare la salita spirituale, in dialogo con il Padre: «Io devo occuparmi delle cose del Padre mio». Gesù parla di un tempio nuovo, quello del suo corpo risuscitato. Proprio uniti al suo corpo i credenti rendono a Dio un culto in Spirito e verità.

Agisci: Il Signore ha sconfitto una volta per sempre il mio peggior nemico, il peccato, chiaman-domi alla vita libera dei figli di Dio. Oggi non permetterò al ma-le di togliermi questa libertà e, con la forza che viene da Cristo, mi impegnerò a resi-stere alle tentazioni che incontrerò.

Page 16: Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015

Non di solo pane ­ Numero 731 ­ pagina 16

Gesù, “entrato nel tempio” scaccia chi in quel

luogo sacro fa mercato. Poi richiama alla verità delle Scrittura ricordando in particolare che “La

mia casa sarà casa di preghiera”. E qui casca

l’asino. Infatti, molti istintivamente sono portati

a credere che pregare sia noioso e inutile, una perdita di tempo. Invece, pregare è l’unica solu-

zione per essere fedeli alla vita cristiana. La pre-

ghiera è come la fiamma che, in modo lento ma sempre vivo, arde sotto la cenere del nostro vive-

re quotidiano (abitudini, imprevisti, incompren-

sioni, malattie, lutti, ecc.). Essa riscalda lenta-mente l’anima, brucia le nostre paure e le tra-

sforma in opportunità e speranza. In merito, Papa

Francesco ha affermato in una bella omelia:

«…Gesù ci dice: “C’è un Padre. C’è un Padre che vi ama. C’è un Padre che ha cura di voi”». E c’è

un solo modo per evitare il contagio, sostiene Pa-

pa Francesco. È la strada indicata da Gesù: prega-re. L’unica soluzione, conclude, per non cadere in

quell’“atteggiamento farisaico che non è né luce

né tenebre”, ma è “a metà” di un cammino che “mai arriverà alla luce di Dio”: “Preghiamo. Pre-

ghiamo tanto. ‘Signore, custodisci la tua Chiesa,

che siamo tutti noi: custodisci il tuo popolo, quel-

lo che si era radunato e si calpestavano tra loro, a vicenda. Custodisci il tuo popolo, perché ami la

luce, la luce che viene dal Padre, che viene da

Tuo Padre, che ha inviato Te per salvarci. Custo-disci il tuo popolo perché non divenga ipocrita,

perché non cada nel tepore della vita. Custodisci

il tuo popolo perché abbia la gioia di sapere che

c’è un Padre che ci ama tanto”. La preghiera per-mette a Gesù non solo di entrare, ma di restare in

noi. E qualunque cosa accada, Egli ci impedisce di

fermarci e di chiuderci nel nostro peccato.

Meditiamo la Parola

Pregare, l’unica soluzione Meditazione di don Fiorella Elmetti Lodiamo il tuo nome

glorioso, Signore.

Benedetto sei tu, Signore,

Dio d’Israele, nostro padre,

ora e per sempre.

Tua, Signore, è la grandezza, la potenza,

lo splendore, la gloria e la maestà:

perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo.

Tuo è il regno, Signore:

ti innalzi sovrano sopra ogni cosa.

Da te provengono la ricchezza e la gloria.

Tu domini tutto;

nella tua mano c’è forza e potenza,

con la tua mano dai a tutti

ricchezza e potere.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Padre mi affido alle tue mani,disponi di

me secondo la tua volontà qualunque

essa sia. Io ti ringrazio. Sono disposto a

tutto. Accetto tutto, purché la tua volon-

tà si compia in me e in tutte le tue crea-

ture. Non desidero nient'altro, Padre. Ti

affido la mia anima,te la dono con tutto

l'amore di cui sono capace,perché ti amo

e sento il bisogno di donarmi a te, di ri-

mettermi fra le tue mani, senza limiti,

senza misura, con una fiducia infinita

perché tu sei mio Padre.

Page 17: Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015

Non di solo pane ­ Numero 731­ Tempo Ordinario ­ pagina 17

Lungo i fiumi commento ai Salmi A cura di don Luciano Vitton Mea

Genti tutte, lodate il Signore,

popoli tutti, cantate la sua lode,

perché forte è il suo amore per noi

e la fedeltà del Signore dura per sempre.

Alleluia.

(Salmo 117,1-2)

Eccomi invitato a lodare il Signore. L'invito

mi viene da questo Salmo che è tra i più

brevi dell'intero salterio e tra i più ripetuti

nella preghiera liturgica della Chiesa.

Sì, sono chiamato a lodare il Signore: non

solo nell'intimità segreta e inviolabile del

mio cuore, ma anche nel canto che risuona

sulle mie labbra e ricade in uno spazio a-

perto agli altri, nella casa della comunità

che prega. Sono chiamato a lodarlo non solo

con una gioia che riempie e s'impossessa di

tutto il mio «io», ma anche con una conten-

tezza straripante e invadente che si riversa

come un grande fiume in piena e si espande

sull'universo intero, coinvolgendo così tutte

le genti, i «popoli tutti». Chi mai può misu-

rare le proporzioni di questo «coro mondia-

le»?

La mia lode segue un cammino ascensiona-

le: è rivolta al Signore e sale verso di lui, al

quale voglio dire tutta la mia gratitudine

per i tanti doni ricevuti dal suo amore. Ma

que­sta lode segue anche un cammino oriz-

Genti tutte lodate il Signore Commento al Salmo 117

zontale: appartiene a questa nostra terra. Essa

nasce da me, esonda dalle mie lab­bra e su di

me rifluisce, nel segno gioioso della fede e del-

la speranza condivise con l'intera creazione.

Sono chiamato alla lode del Signore dalla mia

fede, dal piccolo «sì» che non mi stanco di pro-

nunciare come umi­le e convinta risposta al

grande «Sì» di Dio che mi vuole «fortemente»

bene: «Perché forte è il suo amore per noi».

E sono chiamato alla lode del Signore dalla mia

speranza: questa è generata e alimentata dal

Dio assolutamente ed eternamente fedele, il

Dio la cui «fedeltà dura per sempre».

A caratterizzare la lode al Signore è una gioia

esplosiva e permanente che, ridondando e per-

manendo dentro il suo popolo, nei secoli eterni,

diventa un Alleluia senza fine! Una gioia che

tutto prende di me e della Chiesa: voce, cuore,

cor­po, vita; presente e futuro!

Card. Dionigi Tettamanzi

Arcivescovo emerito di Milano

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Non di solo pane ­ Numero 731 ­ pagina 18

Sabato 21

Novembre

I Settimana del Salterio

XXXIII Tempo Ordinario

Non permettere a te stesso di essere scoraggiato

da qualsiasi fallimento fintanto che hai fatto

del tuo meglio.

Nacque presso Varsavia in Polonia il 12 novem­bre 1842. Attorno al 1860 prese piena co­scienza della sua voca­zione alla vita religiosa. Una chiamata che non trovò il favore della fa­miglia. Nonostante fosse di salute cagionevole dovette seguire i genitori in diverse località euro­pee. Nel 1873 padre Le­andro Lendzian, sua gui­da spirituale, disse a Francesca che scorgeva

in lei la chiamata a fondare una famiglia religiosa. Progetto al quale la giovane si mise subito a lavora­re. Il 1° ottobre 1873, fu ricevuta dal Papa che approvò l'idea della fondazione delle «Suore della Sacra Famiglia di Naza­reth», la cui casa ma­dre fu stabilita a Ro­ma. Il 1° maggio 1884 la fondatrice e le pri­me compagne fecero

la professione religio­sa; Francesca prese il nome di suor Maria di Gesù Buon Pastore. Ebbe inizio così un'in­tensa attività di evan­gelizzazione che portò la fondatrice anche in America, Inghilterra, Francia, Polonia. Morì il 21 novembre 1902 morì. È stata beatifica­ta a Roma il 23 aprile 1989.

Il Santo del giorno: Beata Francesca Siedliska

Brano Evangelico: Lc 20, 27­40

Contemplo: Ecco mia madre e i miei fratelli! (Mc 3,34)

Mentre la Chiesa ha già raggiunto nella Beatissima Vergine Maria quella perfezione che la rende «senza macchia né ruga» (Ef 5,27), i fedeli si sfor­zano ancora di crescere nella santità per vincere il peccato. Per questo innal­zano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù a tutta la co­munità degli eletti. La Chiesa, pensando a lei con pietà e contemplandola alla luce del Verbo fatto uomo, con venerazione penetra nel mistero supre­

mo dell'Incarnazione (Dei Verbum).

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezio­

ne – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di

qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza

al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì

senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare

figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie?

Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo

prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e

della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più mori­

re, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio.

Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il

Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei

viventi; perché tutti vivono per lui».Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene».

E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

Agisci

Tante sono le me­

raviglie che il Signo-

re opera nella mia

vita. Cercherò l'oc-

casione giusta per

poterle annunciare

senza vergogna alle

persone che ho vici-

no.

Page 19: Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015

Non di solo pane ­ Numero 731 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 19

La fede nella risurrezione è uno dei problemi

fondamentali, sui quali sono discordi farisei e

sadducei; per questi ultimi, tutto finisce con la

morte, e perciò un Messia che non si afferma in

questa vita non è credibile. Il problema dell'aldi-

là, tuttavia, è d'importanza decisiva per l'intera

umanità. Gli stessi apostoli, che per tre anni

hanno vissuto con Gesù e sono stati testimo­ni di

miracoli di risurrezione, in fondo dubitano, e

presto lo dimostreranno. Le conseguenze di que-

sta mancanza di fede non sono di poco conto.

Se, infatti, crediamo nell'aldilà, il tratto di stra-

da che percorriamo sulla terra potrà essere

fatico­so, limitante, buio, ma saremo sempre

sostenuti dalla speranza certa che Dio è Luce,

che noi siamo suoi figli e che, quando vedremo il

tutto, il nostro cuore si dilaterà: vivremo per

l'Amore, liberi, come pesci nell'acqua. Chi non

crede, invece, sarà impegnato a costruirsi una

vita comoda, piacevole; potrà anche compiere

opere meritevoli a vantaggio del suo prossimo,

ma la prospettiva è angusta, deprimente: dopo

la morte, il nulla! Con la sua risposta alla do-

manda maliziosa degli avversari, Gesù afferma

che non possiamo misurare la Vita Eterna con le

categorie mentali umane. La fede nella risurre­

zione, tuttavia, è un dono da chiedere al Padre e

da accogliere con cuore semplice. Ogni dimo-

strazione teologica, infatti, non riuscirà a spie-

gare razionalmente l'Amore. Chi ha amato dav­

vero, lo sa!

A Dio Padre, nostra sola speran-

za, al suo Figlio che è venuto a

salvarci allo Spirito che sempre

ci libera, pur se oppressi, o nel

pianto, cantiamo.

Renderò grazie al Signore

con tutto il cuore,

annuncerò tutte le tue meraviglie.

Gioirò ed esulterò in te,

canterò inni al tuo nome, o Altissimo.

Mentre i miei nemici tornano indietro,

davanti a te inciampano e scompaiono.

Hai minacciato le nazioni, hai sterminato

il malvagio, il loro nome hai cancellato

in eterno, per sempre.

Sono sprofondate le genti nella

fossa che hanno scavato,

nella rete che hanno nascosto

si è impigliato il loro piede.

Perché il misero non sarà

mai dimenticato,

la speranza dei poveri non

sarà mai delusa.

Preghiamo la Parola

Preghiera

La tristezza conosce le vie del nostro cuo-re,ci assale e mina dall'interno, dalle fon-damenta ciò che di buono e bello tu hai pensato e già realizzato per noi. La tri-stezza ha molti volti e molte ragioni per prosperare, ma moltissimi volti ha l'amore e altrettante e maggiori ragioni per edifi-care e consolidare fino a sanare e infon-dere coraggio: ci rianima, ci chiama a sé e ci spinge ancora e sempre sulla strada della vita, in pienezza, con i nostri fratelli.

Meditiamo la Parola

Siamo figli della risurrezione Meditazione a cura di don Carlo Moro

Parroco di Gargnano

Page 20: Non di Solo Pane n°731-15 Novembre 2015

333/3390059 don Luciano

Anno XV- n. 731

Domenica 15 Novembre 2015

Chiuso il 09/11/2015

Numero copie 1350

Coordinatrice Fiorella Elmetti

Redazione

don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini,

don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti

Grafica e stampa

don Luciano Vitton Mea

Ideato da don Luciano Vitton Mea

Sussidio di preghiera per la famiglia

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