Non di solo Pane n°730 - 8 Novembre 2015

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Itinerario quotidiano di preghiera PANE Non di solo Sussidio di preghiera per la famiglia Anno XV - n° 730 Domenica 8 Novembre 2015 XXXII del Tempo Ordinario “Guardatevi dagli scribi…”

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Settimanale di riflessione per la famiglia www.nondisolopane.it

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Itinerario quotidiano di preghiera

PANE Non di solo

Sussidio di preghiera per la famiglia

Anno XV - n° 730

Domenica 8 Novembre 2015

XXXII del Tempo Ordinario

“Guardatevi dagli scribi…”

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Non di solo pane - Numero 730 - Tempo Ordinario - pagina 2

Novembre 2015

“Pregare, forse il

discorso più urgente”

Sussidio di preghiera

per la famiglia

Offerta della giornata

Cuore divino di Gesù,

io ti offro per mezzo

del Cuore Immacolato di Maria,

Madre della Chiesa,

in unione al Sacrificio eucaristico,

le preghiere, le azioni,

le gioie e le sofferenze

di questo giorno,

in riparazione dei peccati,

per la salvezza di tutti gli uomini,

nella grazia dello Spirito Santo,

a gloria del divin Padre.

Offerta quotidiana

Sito di Non di Solo Pane:

www.nondisolopane.it

Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa, prego

specialmente per le intenzioni che il Santo Padre

raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli in questo

mese

Intenzione del Santo Padre

Perché sappiamo aprirci all'incontro personale

e al dialogo con tutti, anche con chi ha

convinzioni diverse dalle nostre.

Intenzione missionaria

Perché i pastori della Chiesa, amando

profondamente il proprio gregge, possano

accompagnarne il cammino e

tenere viva la speranza.

Intenzione dei vescovi

Perché il Convegno Ecclesiale nazionale di Firenze

sia l'occasione per ripensare l'umanesimo nell'epoca

della scienza, della tecnica e della comunicazione.

Intenzione del Vescovo di Brescia

Mons. Luciano Monari

Perché, guardando al Cuore di Cristo, paziente

e misericordioso, ci impegniamo con gioia

nella costruzione della civiltà dell'amore.

Intenzioni mese di Novembre

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Domenica 8

Novembre

IV Settimana del Salterio

XXXII Domenica del Tempo Ordinario

La mia preghiera giunga fino a te; tendi, o

Signore, l’orecchio alla mia preghiera.

Nacque tra il 23 dicembre 1265 e il 17 marzo 1266, in Scozia da cui il sopran-nome «Scoto». La città natale, Duns portava lo stesso nome della sua fa-miglia. Sin da bambino entrò in contatto con i francescani, di cui tredi-cenne iniziò a frequentare gli studi conventuali di Haddington, nella contea di Berwich. Terminati gli studi in teologia si dedicò

all'insegnamento prima a Oxford, poi a Parigi e Colonia. Qui, su incarico del generale della sua Congregazione doveva fronteggiare le dottrine eretiche, ma riuscì a dedi-carsi per breve tempo all'impresa. Morì infatti pochi mesi dopo il suo arrivo, l'8 novembre 1308. Giovanni Duns è conside-rato uno dei più grandi maestri della teologia cri-

stiana, nonché precursore della dottrina dell'Imma-colata Concezione. Gio-vanni Paolo II lo ha pro-clamato beato il 20 marzo 1 9 9 3 d e f i n e n d o l o «cantore del Verbo incar-nato e difensore dell'Im-macolato concepimento di Maria». Le sue spoglie mortali sono custodite nella chiesa dei frati mino-ri di Colonia.

Il Santo del giorno: Beato Giovanni Duns Scoto

In quel tempo, Gesù nel tempio diceva alla folla nel suo insegnamento:

«Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, rice-

vere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi

posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo

per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di

fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi

ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due mone-

tine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse

loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel

tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro su-

perfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che ave-

va, tutto quanto aveva per vivere».

Vangelo: Mc 12, 41-44

Contemplo: Ha gettato nel tesoro più di tutti (Mc 12,43)

Ci sono sussurri di lode per le ricche offerte gettate nelle ceste del tempio, ma c'è anche lo sguardo tenero di Gesù per la povera vedova che getta due piccole monetine, «tutto quanto aveva per vivere». Il più bel commento al Vangelo di oggi, lo ha scritto san Paolo: «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se conoscessi tutti i misteri, e se anche dessi in cibo tutti i miei beni o tutto me stesso per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe» (cf 1Cor 13,1-4).

Agisci

Mentre il mondo vi-

ve di apparenza e

ostentazione, oggi,

come Maria sceglie-

rò la via dell’umiltà

e del nascondimen-

to, compiendo

un’opera buona

senza che nessuno

lo sappia.

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Non di solo pane - Numero 730 - Tempo Ordinario - pagina 4

P a g i n e b i b l i c h e

Senza far rumore, di sop-

piatto, con un gesto fretto-

loso della mano. Due spic-

cioli, tutto quello che ave-

va. Solo Gesù coglie il suo

gesto, la scova tra i molti,

che con fare antisonante,

gettano il “di più” nel teso-

ro del tempio. Due spiccioli

d’eternità. Quanto è vicina

al cuore di Dio la vedova

del Vangelo, come riassu-

me, in quel semplice gesto,

il mistero stesso del Bimbo

“deposto in una mangiatoia”.

Come giustamente osserva H.U

Balthasar “Dio è il più ricco di

tutti in assoluto, perché egli è

il più povero di tutti in assolu-

to.(….) La povera vedova, che

ha dato tutti i suoi averi, è

molto vicina a questo Dio. Non

si può forse dire che Dio ha

gettato tutti i suoi averi nella

cassetta delle offerte del mon-

do, quando ci donò quell'uomo

senza apparenza, nascosto,

appena rintracciabile nella

storia del mondo, di nome Ge-

sù di Nazareth? Che in

questo quasi niente ci

ha donato di più che con

il ricco, gigantesco uni-

verso, poiché così offrì

«tutto ciò che gli era

necessario per vivere»,

affinché noi, anche se

egli ne morisse, potessi-

mo vivere della sua vita

eterna?” (H.U. VON BAL-

THASAR, Tu coroni l'an-

no con la tua grazia,

Milano 1990, 177). Il miste-

ro di Dio non è racchiuso in

un tomo di teologia, in dotti

ragionamenti. La sua pre-

senza, il suo stesso essere,

si scorge e si svela nel lento

fluire di piccoli gesti ricchi

d’amore. Dio è amore. La

sapienza cristiana si riassu-

me nel frettoloso gesto di

una mano, in due spiccioli

d’eternità gettati furtiva-

mente “nella cassetta delle

offerte del mondo”.

Don Luciano

Due spiccioli d’eternità di don Luciano Vitton Mea

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P a g i n e b i b l i c h e

Contemplatio :

Prudenza e Misericordia

Ricordiamoci anche

di quella vedova

che, nella sua solle-

citudine per i pove-

ri, trascurando se

stessa, si privò di

tutto quello che a-

veva per vivere, me-

more soltanto della

vita futura, come

attesta il Giudice

stesso, il quale dice che altri danno del loro super-

fluo, essa invece, che forse era più bisognosa di

molti anche tra i poveri, pur possedendo solo due

monete, fu in verità più ricca nell'animo di tutti

quanti i ricchi, e rivolta ai soli doni della bontà di-

vina, avara del solo tesoro celeste, donò tutto

quello che possedeva, perché tutto ciò che si rac-

coglie sulla terra alla terra deve tornare. Essa get-

tò nel tesoro del tempio quello che aveva per pos-

sedere ciò che non aveva ancora visto; vi gettò i

beni destinati alla corruzione per procurarsi quelli

immortali. Quella povera donna non disprezzò il

giudizio disposto e ordinato da Dio per essere ac-

colti da lui quando ritornerà. Per questo colui che

tutto dispone e il Giudice del mondo anticipò la

sua sentenza e lodò nel Vangelo la donna che a-

vrebbe incoronata nel giudizio. [...] Rendiamo

dunque al Signore i suoi doni; restituiamoli a lui

che li riceve nella persona di ogni povero; diamoli,

dico, con gioia per riceverli di nuovo da lui con e-

sultanza, come egli stesso afferma.

PAOLINO DA NOLA, Lettere 34,2-4, PL 61,345C.346A C

Signore di ciò che fu e di ciò che sarà, lui oggi, lui domani… Signore di tutto, sorgente di tutto, conosci-

tore di tutto, centro di tutto, colui al quale tutto viene, colui dal quale tutto va!

Il Signore rimane fedele per sempre

rende giustizia agli oppressi,

dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,

il Signore rialza chi è caduto,

il Signore ama i giusti,

il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,

ma sconvolge le vie dei malvagi.

Il Signore regna per sempre,

il tuo Dio, o Sion, di generazione

in generazione.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Signore Gesù, insegnaci a ricercare il si-

lenzio e quel nascondimento che, come il

lievito nel pane, come la moneta per la

povera vedova, colmano di pienezza il

dono, ci aiutano a condividere, e animano

la nostra più ordinaria quotidianità di una

intensità e di una forza straordinarie per-

ché vengono da te. Sii il nostro maestro,

Signore, insegnaci a darci, a spenderci, a

donarci per amore e senza cercare clamo-

re o riconoscimenti. Tu ci conosci, e que-

sto basta.

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Lunedì 9

Novembre

IV Settimana del Salterio

XXXII Tempo Ordinario

Il Santo del giorno: Beato Monaldo da Capodistria

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio

gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece

una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a

terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe

disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un merca-

to!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divo-

rerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare

queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò

risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei

anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.

Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto

questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Brano Evangelico: Gv 2,13-22

Beato francescano, nacque in una famiglia di origine toscano-marchigiana nel XIII secolo a Pirano. In una città, Capodistria (Giustinopoli), dedita al commercio, fu un giurista, ma abbandonò la profes-sione per vestire il saio francescano. Fu padre pro-vinciale della Dalmazia dal 1240 al 1260, dedican-dosi anche agli studi di teologia: a lui sono attri-

buiti alcuni commenti della Bibbia e diversi sermoni. L'opera certa-mente sua, che gli ha tributato una fama pe-renne, è la «Summa Juris Canonici», detta «Summa Monaldina». Per tale opera, che ebbe diffusione in tutta Europa e la cui prima copia a stampa è del 1516, può essere con-siderato il più impor-

tante giurista francesca-no del XIII secolo. Mo-naldo morì a Capodi-stria nel 1280. L'arca contente le spoglie del beato sono conservate a Trieste, nella chiesa francescana di Santa Maria Maggiore, dove giunsero, dopo alterne vicende, il 22 dicembre 1954.

Contemplo: Lo spirito di Dio abita in VOI (cf icor 3,18)

«Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1Cor 3,18). Gesù, nel purificare il tempio di Gerusalemme, forse vuole in realtà purificare il nostro cuore da una visione sbagliata di Dio. Dio non è un mercante che vende grazie al costo dei nostri sacrifici o del nostro denaro, ma è un Padre buono che ama i suoi figli e li vuole pieni di luce e di amore. È per questo che ci ha donato il suo Spirito, perché abitasse nei nostri cuori.

Non è tanto quello che facciamo, ma

quanto amore mettiamo nel farlo. Non è tanto quello

che diamo, ma quando amore mettiamo nel dare.

Agisci

Il nostro corpo è tempio dello Spirito Santo e per questo importante agli oc-chi di Dio. Oggi fa-rò momento di pre-ghiera coinvolgen-do, attraverso gesti e posizioni, anche la mia corporeità.

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Non di solo pane - Numero 730 - Tempo Ordinario - pagina 7

Mons. Antonio Riboldi, al termine del commen-to al vangelo di oggi sottolinea: “Oggi forse vi è un altro aspetto, che tocca ognuno di noi, e che Papa Francesco evidenziò in un discorso, solo poche settimane dopo la sua elezione alla Cattedra di S. Pietro, esprimendo il suo ram-marico per una fede epidermica di tanti, con-traddetta dalla condotta, e la necessità di co-erenza alla vera sequela di Gesù, dichiarando che bisogna "uscire da se stessi, da un modo stanco e abitudinario di vivere la fede, chiuso nei propri schemi'.... Spesso ci accontentiamo di qualche preghiera, di una messa domenicale distratta e non costante, di qualche gesto di carità, ma non abbiamo il coraggio di 'uscire' per portare Cristo'. Ci vuole il coraggio e la te-stimonianza dei Santi che amavano e amano la Chiesa di ieri e di oggi… Non ci resta che chie-dere allo Spirito di saper vivere e provare gioia e orgoglio anche noi, per “essere edificio di Dio, tempio in cui Egli abita” e “Suo popolo in cammino”. Battezzati che, sentendo la chia-mata, rispondono con la vita. Bisogna tornare ad essere cristiani convinti e gioiosi, per esse-re capaci di “andare incontro a chi si è allon-tanato dalla fede per varie ragioni”, rispon-dendo ad un bisogno che oggi più che mai, se-condo Papa Francesco, ha la Chiesa: “la capa-cità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità”, perché “chi conosce Gesù, chi lo incontra personal-mente, rimane affascinato... Trovare Gesù è avere la gioia cristiana, che è un dono dello Spirito Santo, gioia che si vede, trasparire in ogni parola, in ogni gesto, anche in quelli più semplici e quotidiani...”. Essere Chiesa non vuol dire pertanto rispettare i precetti, ma pregare, accogliere e far amare il Vangelo, la Croce, la gioia del servizio.

Il caos è ancora e sempre reale,

- e sempre più si scatenano

guerre per la terra intera. Ep-

pure egli sarà sempre l'Emmanuele, anche

se ora non ha più una città, ma l'ultimo di

tutti gli uomini sarà il suo vero santuario,-

e il cuore del fedele è la sua barca ove egli

riposa, pure nell'infuriare delle bufere.

Dio è per noi rifugio e fortezza,

aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce.

Perciò non temiamo se trema la terra,

se vacillano i monti nel fondo del mare.

Un fiume e i suoi canali rallegrano

la città di Dio, la più santa

delle dimore dell’Altissimo.

Dio è in mezzo a essa: non potrà vacillare.

Dio la soccorre allo spuntare dell’alba.

Il Signore degli eserciti è con noi,

nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.

Venite, vedete le opere del Signore,

egli ha fatto cose tremende sulla terra.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Signore, tu sei l'unico fondamento e doni fecondità, solidità e vita alla tua Chiesa. Fa' di noi delle pietre vive del tuo santo tempio, saldamente legate a te, consapevoli di non essere tutto, di non avere senso se non in comunione con te e con i nostri fratelli. Pietre di-verse, ma indispensabili tutte. Pietre che, nell'adesione fermissima a te, compiono il proprio umile e forse utile servizio.

Meditiamo la Parola

Trovare Gesù è avere la

gioia cristiana Meditazione di Fiorella Elmetti

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Non di solo pane - Numero 730 - pagina 8

Martedì 10

Novembre

IV Settimana del Salterio

XXXII Tempo Ordinario

È necessaria l'infelicità per capire la gioia,

il dubbio per capire la verità...

la morte percomprendere la vita. Perciò affronta

e abbraccia la tristezza quando viene

Arcidiacono (430), consi-gliere di Celestino I e di Sisto III, inviato da Va-lentino a pacificare le Gallie, venne eletto papa nel 440 circa. Fu un papa energico, avversò le so-pravvivenze del paganesi-mo; combatté manichei e priscillanisti. Intervenne d’autorità nella polemica cristologica che infiam-mava l’Oriente, convo-cando il concilio ecume-nico di Calcedonia, nel quale si proclamava l’esistenza in Cristo di

due nature, nell’unica persona del Verbo. Nel 452 fu designato dal de-bole imperatore Valenti-niano III a guidare l’ambasceria romana in-viata ad Attila. I partico-lari della missione furono oscuri: è solo che il re deg l i Un n i , dop o l’incontro con la delega-zione abbandonò l’Italia. Quando Genserico nel 455 entrò in Roma, Leo-ne ottenne dai Vandali il rispetto della vita degli abitanti, ma non poté

impedire l’atroce sac-cheggio dell’Urbe. Dota-to di un alto concetto del pontificato romano, fece rispettare ovunque la primazia del vescovo di Roma. Compose anche preghiere contenute nel “Sacramentario Verone-se”. Benedetto XIV, nel 1754 lo proclamò dotto-re della Chiesa, E’ il primo papa che ebbe il titolo di Magno.

Il Santo del giorno: San Leone Primo detto Magno

In quel tempo, Gesù disse:

«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà,

quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli

dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvi-

mi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà

forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevu-

ti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordi-

nato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fa-

re”».

Brano Evangelico: Lc 14,15-24

Contemplo: Siamo servi inutili (Lc 17,10)

Tutta la Chiesa di Dio è ordinata in gerarchie distinte. L'intero santo corpo è formato da membra diverse. Ma, come dice l'Apostolo, «tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). La divisione degli uffici non è tale da impedire che ogni parte, per quanto piccola, sia collegata con il Capo. Per l'unità della fede e del battesimo c'è dunque fra noi una comunione indissolubile sulla base di una comune dignità. I rinati in Cristo hanno dignità regale nel segno della croce (Leone Magno).

Agisci

Come Gesù, oggi mi

farò servo. Cercherò

di aiutare qualcuno

senza aspettarmi

nulla in cambio nella

gratuità evangelica

che dona la vita.

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Non di solo pane - Numero 730 - Tempo Ordinario - pagina 9

Siamo servi inutili. Dovremmo ricordarcelo

quando pensiamo di essere i pilastri della

parrocchia, quando pensiamo che, in fondo,

siamo rimasti gli ultimi a tenere duro. Sia-

mo servi inutili, dovremmo ricordarcelo

quando il mondo, memore del passato, ci

riempie di onori e di attenzioni. Siamo servi

inutili, anche quando in una comunità si di-

scute animatamente per imporre la propria

visione pastorale. Siamo servi inutili signifi-

ca rimettere in ordine le cose, lasciare il

primo posto a Dio, lasciare che sia lui colui

che dirige la nostra vita e la Chiesa. A vol-

te, invece, emerge in noi un pensiero finta-

mente santo, birichino: Dio ha fatto un af-

fare ad averci fra i suoi, modestamente.

Certo, non siamo i migliori, ma quanti sono

peggio di noi! Quelli che non credono, che

non frequentano, che non si fanno mai ve-

dere, che si tirano indietro... Non è così.

Siamo noi ad avere avuto l'immensa gioia di

poter lavorare nella vigna del Signore, noi

che abbiamo scoperto di potere annunciare

il Vangelo, rendere presente il Regno... Sia-

mo servi inutili, che il Signore vuole neces-

sari, che il Signore rende figli, che il Signore

chiama a collaborare al suo straordinario

sogno.

Ancora: Alef, Bet, Ghimel...

Signore, non ci bastano

tutti gli alfabeti a cantarti!

Ne le ore della notte e del giorno per dire

quanto è soave il Signore. Neppure i di-

sperati potranno dirsi mai assolutamente

disperati. Cosi cantano i poveri, i servi

del Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,

sulla mia bocca sempre la sua lode.

Io mi glorio nel Signore:

i poveri ascoltino e si rallegrino.

Gli occhi del Signore sui giusti,

i suoi orecchi al loro grido di aiuto.

Il volto del Signore contro i malfattori,

per eliminarne dalla terra il ricordo.

Gridano e il Signore li ascolta,

li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,

egli salva gli spiriti affranti.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Signore Gesù, per noi non è faci-le accettare di servire senza nep-pure essere ringraziati! Ancora meno facile per noi è sentirci ser-vi qualunque, senza nessun me-rito particolare e senza che nes-suno si accorga realmente di noi e ci riconosca almeno un minimo di utilità. Aiutaci tu, che ti sei fatto servo senza smettere di es-sere Signore.

Meditiamo la Parola

Siamo servi inutili Meditazione a cura della Redazione

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Non di solo pane - Numero 730- Tempo Ordinario - pagina 10

Nei giorni scorsi la pietà cristia-na ci ha preso per mano e ci ha accompagnato davanti alle urne dei nostri cari defunti. Una pre-ghiera, un ricordo e tanta no-stalgia. Ma la fede ci conforta: i nostri cari vivono nel sonno e-terno, sono in attesa che il cor-po mortale risorga e si ricon-giunga all’anima che già gode la visione di Dio. Coloro che abbiamo visitato non ci hanno lascito ma ci precedono la dove il giorno non conosce tramonto. Il testo del libro della Sapienza è chiaro a riguardo: “Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subisco-no castighi, la loro speranza è piena di immortalità. In cambio

di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé: li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia, correran-no qua e là. […] Quanti confi-dano in lui comprenderanno la verità; coloro che gli sono fede-li vivranno presso di lui nell'a-more, perché grazia e misericor-dia sono riservate ai suoi eletti”. Le anime dei giusti, cioè delle persone buone, misericordiose ed oneste, sono chiamate alla gloria della resurrezione, a se-dersi al quel banchetto che Cri-sto, il primogenito dei risorti, è andato a preparare per loro: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a

prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prende-rò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv . 14, 1-

3). Il papa San Clemente I nella sua lettera indirizzata ai fedeli di Corinto ci ricorda che tutta la creazione è un segno, un mistero velato, di morte e resurrezione: “Consideriamo, o carissimi, come il Signore ci mostri continui esempi della risur-rezione futura, della quale ci ha dato una primizia in Gesù Cristo, risuscitandolo dai morti. Osserviamo la risurrezione che avviene nella legge del tempo. Il giorno e la notte ci fanno vedere la risurrezione. La notte si addormenta, il giorno risorge. Il giorno se

ne va, la notte sopravviene. Prendiamo come esempio i frut-ti. Il seme cos'è, e come si ge-nera? Il seminatore è uscito e ha sparso sulla terra ciascuno dei semi. Questi, caduti per terra secchi e nudi, marciscono. Poi Dio grande e provvidente li fa risorgere dallo stesso disfaci-mento, e da un solo seme ne ricava molti, e li porta alla frut-tificazione”. Gesù, che ci proi-bisce di mentire, è fedele alla parola data, è morto in croce per rivestirci d’immortalità. Le tombe dei nostri cari sono av-volte dalle brume autunnali ma baciate dai tiepidi raggi di un sole che attende di risplendere nel fulgore di una primavera che non cederà più il passo al gelo invernale.

Pagine bibliche Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Davanti ai nostri cari morti

La pietà cristiana di don Luciano Vitton Mea

Page 11: Non di solo Pane n°730 - 8 Novembre 2015

Non di solo pane - Numero 730 - pagina 11

XXXII Tempo Ordinario

Non tutti possiamo fare grandi cose, ma possiamo fare piccole cose

con grande amore.

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Ga-

lilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fer-

marono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!».

Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E men-

tre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò in-

dietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per

ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purifi-

cati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse

indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse:

«Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Brano Evangelico: Lc 17, 11-19

Nasce in Pannonia (oggi in Ungheria) a Sabaria da pagani. Viene istruito sulla dottrina cristiana ma non viene battezzato. Figlio di un ufficiale dell'esercito romano, si arruola a sua volta, giovanissimo, nella cavalleria imperiale, pre-stando poi servizio in Gal-lia. È in quest'epoca che si colloca l'episodio famosis-simo di Martino a cavallo, che con la spada taglia in due il suo mantello milita-

re, per difendere un mendicante dal freddo. Lasciato l'esercito nel 356, già battezzato for-se ad Amiens, raggiun-ge a Poitiers il vescovo Ilario che lo ordina e-sorcista (un passo verso il sacerdozio). Dopo alcuni viaggi Martino torna in Gallia, dove viene ordinato prete da Ilario. Nel 361 fonda a Ligugé una comunità di asceti, che è considerata

il primo monastero data-bile in Europa. Nel 371 viene eletto vescovo di Tours. Per qualche tem-po, tuttavia, risiede nell'altro monastero da lui fondato a quattro chilo-metri dalla città, e chia-mato Marmoutier. Si im-pegna a fondo per la cri-stianizzazione delle cam-pagne. Muore a Candes nel 397.

Contemplo: Si prostrò, per ringraziarlo (Lc 17,16)

La teologia, la scienza della conoscenza di Dio e della sua Parola rive-lata in Cristo Gesù, si domanda chi è Dio, si domanda il perché Dio si è fatto uomo. La Chiesa non si limita però alla giusta ricerca della mente, ma obbedisce con il cuore al comando di Gesù e, guidata dallo Spirito, ringrazia il Padre e si prostra nell'Eucaristia, il vero ringrazia-mento. È il senso originale dell'insegnamento di san Paolo: «Nelle vo-stre preghiere e suppliche non manchi mai il ringraziamento».

Il Santo del giorno: San Martino di Tours

Mercoledì 11

Novembre

IV Settimana del Salterio

Agisci

Invece di criticare coloro che a vario titolo ci governano, oggi pregherò per loro, chiedendo al Signore che possano mettersi con onestà e coraggio al servi-zio del bene comu-ne.

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Non di solo pane - Numero 730 - Tempo Ordinario - pagina 12

Dunque, Gesù guarisce dieci lebbrosi, ma solo

uno torna indietro a ringraziarlo. Infatti, Gesù lo mette bene in risalto chiedendo: “E gli altri nove

dove sono?”. Probabilmente erano troppo presi

dalla contentezza, non voglio pensare ad altro,

pur tuttavia ci accorgiamo che Gesù se “reclama” non lo fa se non per “rendere gloria a

Dio”. Egli, comunque, dà in sovrabbondanza. Co-

sa significa questa sovrabbondanza? Ce lo spiega Papa Francesco: “Significa che «Dio non è un Dio

meschino: lui non conosce la meschinità, lui dà

tutto». Significa ancora che «Dio non è un Dio fermo: egli guarda, aspetta che noi ci convertia-

mo». In sostanza, ha sottolineato il Pontefice,

«Dio è un Dio che esce: esce a cercare, a cercare

ognuno di noi». Ogni giorno «lui ci cerca, ci sta cercando», come fa il pastore con la «pecora

smarrita» o la donna con la «moneta perduta».

Dio «cerca: sempre e così. Dio aspetta attiva-mente. Mai si stanca di aspettarci». Il suo atteg-

giamento è quello del «padre vecchio» che «ha

visto venire, rientrare il figlio da lontano» e su-bito gli è andato incontro «ad abbracciarlo». An-

che «Dio ci aspetta: sempre, con le porte aper-

te». Perché il suo cuore «non è chiuso: è sempre

aperto». E «quando noi arriviamo come quel fi-glio, ci abbraccia, ci bacia: un Dio che fa festa».

Gesù «lo dice esplicitamente parlando della giu-

stificazione, cioè dei peccati perdonati: ci sarà più festa in cielo per un peccatore che si conver-

te che per un centinaio che rimangono giusti».

Questo «è l’amore di Dio; Dio ci ama così, senza

misura». ..ha ribadito il Papa, «grazie allo Spiri-to posso dirgli “papà”». Da qui l’invito conclusi-

vo: «Chiediamo la grazia di sentire questo amo-

re, che è un amore di papà, un grande amore, senza limiti».

Meditiamo la Parola

Dio non è un Dio meschino Meditazione di Fiorella Elmetti

Dio, intervieni ancora! Ancora

siedono su «alti troni» quanti

confidano «nel solo potere». E

sono folli. O Dio, abbatti «i potenti dalle loro

sedi...». E si moltiplicano nelle città tribunali

ove piccoli uomini ancora indossano toghe e

parrucche, quasi a dimostrare che sono gente

di altra stirpe: arbitri assoluti. No, non sono

dèi, e tuttavia sono ugualmente un pericolo

come gli antichi dèi.

Difendete il debole e l’orfano,

al povero e al misero fate giustizia!

Salvate il debole e l’indigente,

liberatelo dalla mano dei malvagi.

Io ho detto: «Voi siete dèi,

siete tutti figli dell’Altissimo,

ma certo morirete come ogni uomo,

cadrete come tutti i potenti».

Preghiamo la Parola

Preghiera

Signore Gesù, sei sempre tu a metterti

dalla nostra parte, a metterti nei nostri

panni quando persino chi ci è stato

accanto fino a quel momento si sente

in dovere di prendere le distanze. Co-

me ringraziarti per questo tuo amore

che non evita il rischio di una vera

condivisione, una condivisione che non

può mai essere ,senza rischio e senza

pericolo?

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Non di solo pane - Numero 730 - pagina 13

Giovedì 12

Novembre

IV Settimana del Salterio

XXXII Tempo Ordinario

Il vero amore deve sempre fare male. Deve essere

doloroso amare qualcuno, doloroso lasciare

qualcuno. Solo allora si ama sinceramente.

È uno dei santi più popolari

di Spagna e delle Americhe,

dove portano il suo nome

fiumi, baie, canali e varie

città, tra cui San Diego di

California. Nulla però sap-

piamo della sua famiglia e

dei suoi primi anni. In gio-

ventù si fa eremita vicino al

paese nativo. Ma se ne va

quando la gente intorno a

lui diventa troppa. Lo ac-

colgono i francescani di

Arizafe, presso Córdoba, e

lì egli fa il noviziato

come fratello laico, ad-

detto ai lavori vari per la

comunità. Nel 1441 lo

mandano nelle Canarie.

E cinque anni dopo vie-

ne promosso guardiano

del convento di Fuerte-

ventura. La sua predica-

zione irrita i colonizza-

tori. Nel 1449 fra Diego

ritorna in Spagna, e nel

1450 è a Roma per il

Giubileo e per la cano-

nizzazione di Bernardino

da Siena, in maggio.

Nell’estate, però, arriva la

peste dalla quale fra Diego

non fugge: assiste i confra-

telli appestati nel convento

dell’Aracoeli e cerca di

organizzare distribuzioni di

viveri a Roma. Tornato poi

in Spagna, ricomincia a

servire varie comunità, fino

alla morte nel convento di

Alcalá de Henares.

Il Santo del giorno: San Diego di Alcalà

In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!». Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppu-re: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore,

guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».

Brano Evangelico: Lc 17, 20-25

Contemplo: Il regno di Dio è in mezzo a voi (i_c 17,21)

La bella spiegazione di queste parole la troviamo nelle altre parole di Gesù: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io» (Mt 18,20); «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mon-do» (Mt 28,20). Il regno di Dio, in mezzo a noi, è Gesù. Dice san Pao-lo: «La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella glo-ria» (Col 3,3-4). «Noi siamo dinanzi a Dio il profumo di Cristo» (2Cor 2,15).

Agisci

La sofferenza fa par-

te dell’esperienza

umana e, nel miste-

rioso disegno di Dio,

ha in se stessa un

germe di bene. Oggi

chiederò al Signore

di saperla accettare

con pazienza e con

fede.

Page 14: Non di solo Pane n°730 - 8 Novembre 2015

Non di solo pane - Numero 730 - Tempo Ordinario - pagina 14

Sono passati già duemila anni da quando Gesù ha

rivelato che il Regno di Dio è giunto. Ma come lo

riconosciamo? Il Regno di Dio non è un oggetto

che si può possedere, o lasciare in eredità alle

generazioni future. Si tratta di un regno spiritua-

le, che si manifesta in azioni e gesti concreti.

Come l'acquisizione della verità e l'edificazione

di un mondo di pace, è compito di ogni uomo e

di ogni popolo. La miglior eredità che potremo

lasciare ai nostri figli sarà riuscire a far sì che

Cristo regni nella nostra vita e intorno a noi.

«L'attesa di una terra nuova non deve indebolire,

bensì stimolare piuttosto la sollecitudine a colti-

vare questa terra, dove cresce quel corpo dell'u-

manità nuova che già riesce ad offrire una certa

prefigurazione che adombra il mondo nuovo.

Pertanto, benché si debba accuratamente distin-

guere il progresso terreno dallo sviluppo del Re-

gno di Cristo, tuttavia nella misura in cui può

contribuire a meglio ordinare l'umana società,

tale progresso è di grande importanza per il Re-

gno di Dio» (Giovanni Paolo II, Laborem exer-

cens, 27). Le numerose testimonianze di persone

e famiglie che si lasciano guidare da criteri di

giustizia e di carità cristiana, i numerosi esempi

di impegno per la salvezza delle anime e per a-

more della Chiesa, il contegno gioioso di coloro

che soffrono malattie e persecuzioni per amore

di Cristo, sono segni inequivocabili, tutti questi,

del fatto che il Regno di Dio è realmente presen-

te tra gli uomini.

«Oltrepassiamo anche la fonda-mentale visione farisaica della Torah, come incessante ricupero e decifrazione di contenuti vi-

venti: il corpo del meditante, nel Salmo 119, assume lui stesso, in questo espandersi di canne d'organo che fabbricano l'oro con la materia sonora, figura risonante di Torah. È una tra-smutazione dell'essere vivente per veramente essere. Qui "non dimenticarsi di" vuol dire es-sere la stessa cosa ricordata; ed essere ricorda-to da vuoi dire partecipare all'Essere»

Per sempre, o Signore,

la tua parola è stabile nei cieli.

La tua fedeltà di generazione

in generazione;

hai fondato la terra ed essa è salda.

Per i tuoi giudizi tutto è stabile fino a oggi,

perché ogni cosa è al tuo servizio.

La rivelazione delle tue parole illumina,

dona intelligenza ai semplici.

Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo

e insegnami i tuoi decreti.

Che io possa vivere e darti lode:

mi aiutino i tuoi giudizi.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Signore Gesù, tu sei sempre più ve-loce di noi ed è inutile inseguire i tuoi passi, sarebbe come voler anti-cipare il fulmine quando si è già sentito il tuono. Donaci la sapienza di seguirti con la docilità dei sempli-ci e fa' che il nostro cuore sia sem-pre più capace di meraviglia, di contemplazione, di amore.

Medita la parola

Il suo regno

Meditazione a cura di Don Carlo Moro

Parroco di Gargnano

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Non di solo pane - Numero 730 - Tempo Ordinario - pagina 15

Venerdì 13

Novembre

IV Settimana del Salterio

XXXII Tempo Ordinario

Ciò che conta non è fare molto,

ma mettere molto amore in ciò che si fa.

Oltre a essere patro-no di Cremona, O-mobono Tucenghi è protettore di mercan-ti, lavoratori tessili e sarti. Egli stesso, in-fatti, fu commercian-te di stoffe stimatissi-mo in città. Era abile negli affari e ricco. Oltretutto viveva so-lo con la moglie, sen-za figli. Ma il denaro

- nella sua concezione della ricchezza, vista non fine a se stessa - era per i poveri. La sua azione lo portò ad essere un testimone autorevole in tempi di conflitto tra Comuni e Impero (Cremona era con l'imperatore). Quando morì d'im-provviso, il 13 no-vembre del 1197, du-

rante la Messa, subito si diffuse la fama di santità. Innocenzo III lo elevò agli altari già due anni dopo. Ripo-sa nel duomo di Cre-mona.

Patronato: Cremona, Mercanti, Lavoratori tessili, Sarti.

Il Santo del giorno: Sant’Omobono di Cremona

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così

sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie,

prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li

fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano,

compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da

Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno

in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e

avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel cam-

po, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la pro-

pria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. Io vi dico: in quella notte,

due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due don-

ne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».

Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si

raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

Brano Evangelico: Lc 17, 26-37

Contemplo: II Figlio dell'uomo si manifesterà (Lc 17,30)

Il diluvio al tempo di Noè, la pioggia di fuoco e zolfo dal cielo al tem-po della moglie di Lot, sono fenomeni della storia interpretata alla luce della Rivelazione. La lettura «spirituale» o «in preghiera» della Bibbia è stata predicata dalla Chiesa fin dalle origini. Il «simbolismo» ripreso dai Vangeli si collega a quello dell'Antico Testamento e non è affatto il frutto di una fantasia personale. La Chiesa continua a presentare la sto-ria come l'intervento di Dio per salvare gli uomini che egli ama.

Agisci: I vangeli ci descrivono Maria intenta ad osser-

vare le cose che accado-no e a custodirle nel cuore, riconoscendo in esse il manifestarsi del

progetto di Dio. Oggi proverò anch’io a legge-re gli eventi della mia vita con il cuore di Ma-

ria, attento a scoprire il rivelarsi di Dio

Page 16: Non di solo Pane n°730 - 8 Novembre 2015

Non di solo pane - Numero 730 - pagina 16

È davvero terrificante la scena descritta, ma, in

realtà, stonati siamo noi quando crediamo di es-sere sganciati da tutto e non diamo valore a nulla,

né alla vita, né all’uomo, né a Dio. Già perché il

vivere stesso diventa una catastrofe quando ti

senti vuoto, arido e non sai dare nulla né a te stesso, né agli altri. In merito, il monaco Padre

Anselm Grün in un’intervista ci ricorda una frase

contenuta nel bel libro “Il Piccolo Principe”. «L’affermazione fondamentale del testo è questa:

“Tu diventi responsabile per sempre di quello che

hai addomesticato”. Qui viene ripreso in forma poetica il messaggio centrale del cristianesimo:

l’amore è un impegno decisivo di consacrazione

agli altri che ci apre a una vita piena. Lo stesso

messaggio che, in forma letteraria diversa, ascol-tiamo nella Liturgia della Parola durante la Messa.

Possiamo imparare dal Piccolo Principe che crede-

re nell’amore e in quella nostalgia di infinito pre-sente nel nostro cuore non sia vano. Mi ha colpito

il momento in cui lui torna alla sua stella e il poe-

ta nel buio della notte, guardando in alto, sente un legame profondo con lui, quasi una nostalgia.

Lo stesso, credo, vale per noi cristiani con Gesù.

Egli ci ha annunciato una Notizia completamente

nuova e ci ha mostrato il suo amore prima di sali-re al Padre. Anche noi, guardando alle stelle, pos-

siamo sentire un legame con Lui. Infatti, come

dice Paolo nella Lettera ai Filippesi, “nel cielo è la nostra patria”… Lo scopo del cammino cristiano

è di diventare veramente se stessi entrando sem-

pre più in noi stessi. Questo cammino viene da un

rapporto profondo con Cristo, che cresce nella meditazione della parola di Dio, nella preghiera,

nell’Eucaristia, nel vivere con coscienza i simboli

della liturgia”.

Meditiamo la Parola

Guardando alle stelle Meditazione di don Fiorella Elmetti

Ora sappiamo perché tante

stelle e sappiamo perché tanti

fiori: siamo noi la coscienza

del loro splendere, noi la coscienza del

loro fiorire; ed è la tua legge la fonte di

ogni esistere, la ragione del nostro pensa-

re ed agire.

I cieli narrano la gloria di Dio,

l’opera delle sue mani

annuncia il firmamento.

Il giorno al giorno ne affida

il racconto e la notte alla notte

ne trasmette notizia.

Senza linguaggio, senza parole,

senza che si oda la loro voce,

per tutta la terra si diffonde

il loro annuncio e ai confini

del mondo il loro messaggio.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Tu sei grande, Signore, e sei bellezza da cui proviene ogni fascino. Donaci la luce del tuo Spirito creatore e vivifi-cante, perché possiamo sempre coglie-re l'invisibile attraverso le cose visibili e l'eterno attraverso le realtà tempora-li. Tu sei grandezza, Signore, tu sei bellezza, tu sei bontà. Sia lode a te, per i secoli dei secoli. Amen!

Page 17: Non di solo Pane n°730 - 8 Novembre 2015

Non di solo pane - Numero 730- Tempo Ordinario - pagina 17

Lungo i fiumi commento ai Salmi cura di don Luciano Vitton Mea

L'uomo: come l'erba sono i suoi giorni! Come un fio-

re di campo, così egli fiorisce. Se un vento lo investe,

non è più, né più lo riconosce la sua dimora.

Ma l’amore del Signore è da sempre.

(Salmo 103,15-16)

Signore, che cos'è l'uomo perché tu l'abbia a cuore?

Il figlio dell'uomo, perché te ne dia pensiero? L'uomo

è come un soffio, i suoi giorni come ombra che passa.

(Salmo 144,3-4)

L'uomo vive «nel» e «del» tempo: un tempo

che si snoda in giorni, settimane, mesi, an-

ni, decenni e secoli. In questo preciso

«momento» il salmista mi invita a riservare

una piccola e preziosa meditazione sui miei

giorni, perché mi possa rendere consapevo-

le della loro brevità e fragilità, e insieme

del loro significato e valore.

L'uomo viene qui fotografato con immagini

quanto mai forti ed eloquenti. È come un

soffio, come qualcosa che scorre veloce ve-

loce. È come un'ombra che passa quasi in-

consistente e che è destinata a dissolversi,

a scomparire, a lasciare il vuoto dietro di

sé.

Un'altra immagine ancora: quella dell'erba

del campo e del fiore che vi sboccia. Tutto

L’uomo: l’erba, come un soffio. Commento al Salmo 144

questo mi parla di una

vita che si sviluppa e cre-

sce e nel fiore mostra la

propria bellezza e la pro-

pria fragranza. Ma di nuo-

vo compare il limite, la

fragilità, l'aspetto della

brevità della vita che nel

fiore viene stroncata, la-

sciando un vuoto: lo investe il vento e non c'è

più. E a franare non è solo il fiore, il posto stes-

so sinora occupato dal fiore «nessuno più lo ri-

conosce», è come una casa diroccata e abban-

donata: chi può mai riconoscere la dimora d'un

tempo?

Mi viene con forza una domanda: sì, la vita

dell'uomo è breve e fragile, ma che cosa na-

sconde, che cosa sprigiona per il futuro, per il

futuro nel quale tutti ripongono una speranza?

Rispondo: la nostra fragilità contiene l'eternità

e la felicità! Sono queste il compimento dell'a-

more che ci ha fatto nascere e che abbiamo vis-

suto nel tempo! Ha ragione il salmista a procla-

mare: «Ma l'amore del Signore è da sempre»!

L'uomo è sì come l'erba, come un soffio di ven-

to, ma Dio lo ha a cuore e di lui si dà pensiero!

Qui sta la potenza del tempo: la sua importanza

e la sua ricchezza.

Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo emerito di Milano

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Non di solo pane - Numero 730 - pagina 18

Sabato 14

Novembre

IV Settimana del Salterio

XXXII Tempo Ordinario

Quanto meno abbiamo, più diamo.

Sembra assurdo,

però questa è la logica dell'amore.

Di origine inglese, San Se-rapio, nacque verso l'anno 1179. Militare nella corte d'Austria, partecipò alla crociata in Terra Santa nel 1217, in seguito fu destina-to ad andare in Spagna a combattere contro i mori. Ebbe così occasione di co-noscere S. Pitero Nolasco e attratto dalla eroica carità dei mercedari, nel 1222 chiese di ricevere l'abito come cavaliere laico dell'Ordine. Dal fondatore venne nominato maestro dei novizi, incarico che

cercò di rifiutare rite-nendosi indegno, ma infine, non potendo fare altrimenti, accettò affi-dandosi al Signore e alla Vergine della Mercede. Insegnò più con la vita, che con le parole, infatti dalla sua scuola usciro-no religiosi illustri, il più importante è S. Rai-mondo Nonnato. Realiz-zò varie redenzioni, qual'era suo vero deside-rio, e sebbene non fosse sacerdote, ardente di zelo per la salvezza del-

le anime, riuscì a portarne moltissime a Cristo. Nell'ultima redenzione che compì ad Algeri in Africa, dovette restare in pegno per alcuni schiavi in pericolo, ma la somma pattuita per il riscatto non arrivò in tempo e i mori lo inchiodarono ad una croce come quella di S. Andrea e lo squartarono crudelmente. Ricevette la palma del martirio il 14 novembre 1240.

Il Santo del giorno: San Serapio

Brano Evangelico: Lc 18, 1-8

Contemplo: Pregate sempre, senza stancarvi (cf Lc 18,1)

Ai tempi di Noè, come ai nostri giorni, gli uomini «mangiavano, be-vevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano, prendeva-no moglie, prendevano marito», perché questa è la situazione umana. Ma Gesù ci ha insegnato a pregare, e a ringraziare Dio continuamen-te, non con le troppe parole, ma con il desiderio della nostra vita. Rin-graziamo Dio, con Maria: «Grandi cose ha fatto per me l'Onnipoten-te».

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare

sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio

né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da

lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo

egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per

alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non

venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che

dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano

giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro

giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla

terra?».

Agisci La gioia che nasce dalla comunione con il Signore è un tratto caratteristico della vita del cristiano. Oggi mi impegnerò a non essere triste e ad andare incontro agli altri con il sorri-so.

Page 19: Non di solo Pane n°730 - 8 Novembre 2015

Non di solo pane - Numero 730 - Tempo Ordinario - pagina 19

La giustizia umana ha i tratti vaghi della giustizia

divina. Qui Gesù le pone in parallelo perché, ve-

dendo come ci comportiamo noi uomini, ci pos-

siamo rendere conto del modo di agire di Dio.

Infatti, se l'uomo, perfino quello iniquo, può ar-

rivare ad agire secondo giustizia, cosa non farà

Dio? E, sebbene la distanza tra l'una giustizia e

l'altra sia abissale, c'è qualcosa che le accomu-

na, e che in qualche modo è necessario, perché

entrambe possano essere esercitate. Si tratta

della richiesta del giusto che reclama e si avvici-

na al Signore. Perché non basta lamentarci delle

ingiustizie che vediamo o soffriamo. E neces­

sario mettere in atto la nostra fede e la nostra

fiducia in Dio. Solo colui che invoca, che perse-

vera nella preghiera può otte­nere le grazie di

cui ha bisogno. Lungi dall'assumere un atteg­

giamento passivo, Gesù ci invita a rinnovare la

nostra fede con il potere del suo amore e della

sua giustizia divina. Se davvero crediamo con fe-

de profonda che Dio, al quale ci rivolgiamo insi-

stenti, può tutto, che ha potere assoluto su tutto

il creato, non siamo tanto restii nell'esporgli le

nostre più profonde necessità. L'aiuto di Dio per

i nostri più intimi bisogni arriva nel modo in cui

non ce l'aspettiamo. Per questo pensiamo che la

nostra preghiera non riscuota successo ed allora

non ci impegniamo più in questo senso, siamo

sfiduciati. Dio è con noi, e se Dio sta con noi, chi

sarà contro di noi? Con piena fiducia riteniamo

che il suo aiuto è sempre con noi per condurci al

Bene supremo della vita senza fine e beata con

Lui!

Potranno altri popoli oppressi, i

poveri di sempre, i poveri di tutto

il mondo: questa umanità schia-

va come l'antico tuo popolo, Si-

gnore; potrà questo oceano di poveri cantare

un giorno il salmo della loro liberazione? O ci

saranno soltanto nuovi faraoni senza nuovi

esodi? Che senso avranno le nostre Pasque e

questo cantare ancora salmi se ci troviamo

conniventi con gli stessi faraoni? Oh chiese!...

A lui cantate, a lui inneggiate,

meditate tutte le sue meraviglie.

Gloriatevi del suo santo nome:

gioisca il cuore di chi cerca il Signore.

Colpì ogni primogenito nella loro terra,

la primizia di ogni loro vigore.

Allora li fece uscire con argento e oro;

nelle tribù nessuno vacillava.

Così si è ricordato della sua parola santa,

data ad Abramo suo servo.

Ha fatto uscire il suo popolo

con esultanza,

i suoi eletti con canti di gioia.

Preghiamo la Parola

Preghiera

Signore Gesù, sono tanti i momenti in

cui ci sembra che tutte le strade - da-

vanti a noi e dietro di noi - siano defi-

nitivamente sbarrate. Donaci la capa-

cità di forzare la speranza e persino

l'audacia di inventarla, perché nuove

vie possano aprirsi non solo per noi

ma, veramente, per tutti.

Meditiamo la Parola

La preghiera incessante Meditazione a cura di don Carlo Moro

Parroco di Gargnano

Page 20: Non di solo Pane n°730 - 8 Novembre 2015

333/3390059 don Luciano

Anno XV- n. 730

Domenica 8 Novembre 2015

Chiuso il 02/11/2015

Numero copie 1350

Coordinatrice Fiorella Elmetti

Redazione

don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini,

don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti

Grafica e stampa

don Luciano Vitton Mea

Ideato da don Luciano Vitton Mea

Sussidio di preghiera per la famiglia

Per la tua vita spirituale visita

Vi troverai:

Ogni giorno una meditazione dei più grandi maestri di spiritualità Il settimanale di preghiera Non di Solo pane (da scaricare) I Santi del Giorno Tutte le opere di San Agostino I racconti di un pellegrino russo L’Imitazione di Cristo

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