Non di Solo Pane 745

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Settimanale di preghiera PANE Non di solo Sussidio di preghiera per la famiglia Anno XV - n° 745 Domenica 28 Febbraio 2016 III Settimana di Quaresima

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Settimanale di preghiera

PANE Non di solo

Sussidio di preghiera per la famiglia

Anno XV - n° 745

Domenica 28 Febbraio 2016

III Settimana di Quaresima

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Febbraio – Marzo 2016

“Pregare, forse il

discorso più urgente”

Sussidio di preghiera

per la famiglia

Offerta della giornata

Cuore divino di Gesù,

io ti offro per mezzo

del Cuore Immacolato di Maria,

Madre della Chiesa,

in unione al Sacrificio eucaristico,

le preghiere, le azioni,

le gioie e le sofferenze

di questo giorno,

in riparazione dei peccati,

per la salvezza di tutti gli uomini,

nella grazia dello Spirito Santo,

a gloria del divin Padre.

Offerta quotidiana

Sito di Non di Solo Pane:

www.nondisolopane.it

Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa, prego

specialmente per le intenzioni che il Santo Padre

raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli in questo

mese

Intenzione del Santo Padre

Perché abbiamo cura del creato, ricevuto come dono

gratuito, da coltivare e proteggere

per le generazioni future.

Intenzione missionaria

Perché crescano le opportunità di dialogo e di

incontro tra la fede cristiana e i popoli dell’Asia.

Intenzione dei vescovi

Perché il Signore ci doni un cuore misericordioso

e umile, che riconosca la propria

povertà e si spenda per gli altri.

Intenzione del Vescovo di Brescia

Mons. Luciano Monari

Perché, guardando al Cuore di Cristo, paziente

e misericordioso, ci impegniamo con gioia

nella costruzione della civiltà dell'amore.

Intenzioni mese di Febbraio - Marzo

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Domenica 28

Febbraio

III Settimana del Salterio

III Domenica di Quaresima

Nelle parabole dedicate alla Misericordia Dio viene sempre presentato come colmo di gioia,

soprattutto quando perdona.

Papa Francesco

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Pren­dendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più pecca­tori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle qua­li crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva pianta­to un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terre­no?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Brano Evangelico: Lc 13,1­9

Contemplo: Beato chi abita

la tua casa (Alla comunione)

Convertirsi è certamente qualcosa di esigente e impe-gnativo, che richiede un cam-biamento di mentalità. Ricor-diamo, però, che è anche un tornare nella casa del Padre,

per ricevere il suo abbraccio di luce e di pace. «Beato chi abita la tua casa: sempre can-ta le tue lodi» (Sal 83). Dio è amore: convertirsi a lui signi-fica tornare a colui che ci ha creati e ci ama come figli.

Agisci

Nei Vangeli Maria parla

molto poco. Potremmo

chiamarla "donna del

silenzio", alle parole

preferisce l'ascolto. Og-

gi, con il suo esempio e

la sua intercessione, mi

impegnerò a parlare

meno e, soprattutto, a

non parlare male degli

altri.

Il santo del giorno:

Beato Daniele

Alessio Brottier

Daniele Alessio Brottier

è ricordato per il suo

impegno nella missione, nell'apostolato tra i mili­

tari e per l'aiuto agli

orfani. Nato nel 1876 a

La Ferté­Saint Cyr, dio­

cesi di Blois, in Francia,

entrò in Seminario nel

1890 e divenne prete a

23 anni nel 1899. Nel

1902 entrò come novi­

zio nella congregazione

dello Spirito Santo ad Orly, l'anno seguente

emise i voti religiosi e

partì quasi subito per il

Senegal, allora colonia

francese , ma rientrò

dopo soli tre anni per

motivi di salute. Ripre­sosi tornò nuovamente

nel paese africano, ma i

problemi di salute lo

costrinsero a tornare

definitivamente in pa­

tria. Allora, in Francia,

fondò l'opera «Souvenir

Africain», allo scopo di costruire la cattedrale di

Dakar. Cappellano mili­

tare nella Prima Guerra

mondiale, fondò l'Unio­

ne nazionale combatten­

ti e l'Opera degli orfani

apprendisti. Morì nel 1936. È stato beatificato

da Giovanni Paolo II nel

1984.

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P a g i n e b i b l i c h e

I nostri tempi non sono poi

così differenti da quelli in cui

è vissuto Gesù; nemmeno la

lettura che noi diamo della

storia è molto diversa da

quella che davano i contem-

poranei del Signore. Proprio

per questo il Maestro, di fron-

te allo sconcerto di coloro

che restavano attoniti di fron-

te alla morte di alcuni uomini

che veniva considerata come

una punizione, ricorda sem-

plicemente una grande veri-

tà: piuttosto che guardare ai

peccati degli altri - veri o

presunti che siano - è meglio

ricordare che anche noi non

siamo né tanto migliori e

nemmeno tanto peggiori degli

altri. Per questo, il tempo

che abbiamo a disposizione va

usato molto bene: esso è

tempo di conversione e di

cambiamento interiore.

A tal proposito precisa A.

Louf: “Tutto è provvisorio

nella vita dell’uomo, tutto è

legato al tempo: in questo

senso i peccatori come i giusti

vivono nel tempo, un tempo

che è dono di Dio per loro, un

tempo di grazia e quindi un

tempo aperto alla conversio-

ne. Ne il peccatore incallito

ne il giusto incallito resteran-

no tali per sempre, tutti sono

ch iamati a d iventare

“peccatori in conversione”.

Dio viene a toccarci in infiniti

modi per renderci docili a

questo stato di conversione;

da parte nostra possiamo solo

prepararci ad essere toccati

da Dio. Estranei alla conver-

s ione s iamo es t rane i

all’amore. Al di fuori della

conversione non possiamo

stare alla presenza del vero

Dio: non saremmo davanti a

Dio, bensì davanti ad uno dei

nostri numerosi idoli. D’altro

lato, senza Dio, non possiamo

dimorare nella conversione,

perché questa non è mai frut-

to di buoni propositi o di

qualche sforzo sostenuto: è il

primo passo dell’amore,

dell’amore di Dio molto più

che del nostro. Convertirsi

significa cedere, abbandonar-

si al primo segnale d’amore

che percepiamo come prove-

niente da Lui.”

Questo anno santo della Mise-

ricordia e il periodo quaresi-

male che stiamo vivendo è un

chiaro segnale dell’amore di

Dio che ci vuole raggiungere,

catturare penetrare in noi e

nel nostro cuore. Approfittia-

mone: non sappiamo quante

Quaresime ancora il Signore

ci donerà per cambiare il no-

stro cuore.

Tempo di grazia e di conversione

Catturati dall’amore di Dio Meditazione di don Luciano Vitton Mea

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P a g i n e b i b l i c h e

L’angolo della misericordia

Le preghiere più belle della Bibbia e dei grandi autori della tradizione cristiana.

Antonio di Padova

Contemporaneo di san Francesco, Antonio di Padova fu anche

uno dei primi missionari francescani, oltre che straordinario

predicatore e mistico. Di lui resta negli occhi l'immagine che lo

raffigura con il piccolo Gesù fra le braccia, segno della com­

prensione completa della misericordia divina che si spinse fino

all'incarnazione del Figlio. Qui di seguito, tratta dai suoi scritti,

una preghiera alle persona della Trinità, per chiedere perdono e

vicinanza continua.

Al Figlio

Signore Gesù,

sii fedele all'alleanza

che hai stabilito con il tuo sangue per noi tuoi figli

affinché non fossimo preda del maligno.

Concedici di parlare con fiducia la tua parola.

Non abbandonare le anime dei tuoi servi che hai

redento e che non hanno altra eredità all'infuori di Te.

Sostienici, Signore, con il bastone della tua potenza

poiché noi siamo i tuoi poveri.

Guidaci, non abbandonarci,

perché non andiamo errando senza di Te.

Conduci noi tutti sino alla fine

e, resi perfetti in te,

possiamo giungere a Te che sei il termine di ogni

speranza. Sorgi, Signore, Tu che sembri dormire

e non guardi al peccato ma al pentimento:

dividi il grano dalla paglia

separa dagli iniqui l'anima dei penitenti

per la quale hai subito il giudizio di Pilato.

Tu che sei benedetto e glorioso nei secoli. Amen.

Alessandro VI in oc­casione del Giubileo del 1500 fissò defini­

tivamente il complesso cerimoniale di apertura e chiusura della Porta Santa. Mi sembra importante sottolineare il valore simbolico della porta che i pel­legrini devono attraversare per riceve­re la remissione dei peccati e le indul­genze secondo i dettami già stabiliti dai predecessori di Papa Borja. La porta rappresenta Gesù e solo attra­verso di Lui noi possiamo ottenere la piena comunione con Dio e la salvez­za delle nostre anime. La porta rap­presenta anche però il nostro povero c uo r e c he , co me s i le g g e nell’apocalisse, deve essere aperto quando il Signore bussa e siede a mensa con noi. A tal proposito papa Alessandro VI nella bolla di indizione “Consueverunt Romani Pontifices” raccomanda: “Perciò, tutti si sforzino di preparare i loro cuori al Signore e migliorare le proprie abitudini, si a­stengano dalle cattive azioni, facciano l’elemosina, diano soddisfazione a Dio tramite il dolore della penitenza, lo spirito di umiltà, il sacrificio di un cuore pentito …” Raccomandazioni che possiamo fare nostre per vivere bene questo nuovo Giubileo della Misericordia.

Don Luciano

Storia dei Giubilei “Consueverunt Romani Pontifices” Alessandro VI

Papa Alessandro VI Al secolo: Rodrigo de Borja. Cancelliere della Santa Sede Elezione: 11 Agosto 1942 Fine pontificato: 18 Agosto 1503 Morte: 18 Agosto 1503

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Lunedì 29

Febbraio

III Settimana del Salterio

III Settimana di Quaresima

Il santo del giorno:

Sant’Augusto

Chapdelaine

Nacque a La Rochelle in

Francia, il 6 gennaio 1814

in una famiglia di conta­

dini. Frequentò il Semina­rio diocesano e fu ordina­

to sacerdote nel 1843;

ebbe il compito, prima di vicario e poi di parroco

del villaggio di Boucey.

Nel 1851 passò al novi­ziato dell'Istituto delle

missioni estere di Parigi e

il 29 aprile 1852 s'imbar­

cò ad Anversa, diretto

alla missione cinese del Kuang­Si; ma si fermò a

Ta­Chan vicino alla fron­

tiera, per ambientarsi,

imparare la lingua e a­spettare il momento pro­

pizio. Trascorsero quasi

tre anni, poi nel 1855 poté entrare nello Kuang­Si,

dove si mise subito a fare

apostolato, percorrendo il territorio in lungo e in

largo; in breve tempo i

neofiti divennero circa

duecento. Un certo Pe­San, uomo di costumi

corrotti, però, avendo

saputo che una donna da lui sedotta, si era conver­

tita al cristianesimo, de­

nunciò la presenza del

missionario al mandarino di Sy­Lin­Hien, acerrimo

nemico dei cristiani, ac­

cusandolo di sobillare il popolo, fomentando di­

sordini. Il 25 febbraio

1856 padre Chapdelaine fu fatto prigioniero. inter­

rogatom, torturato e con­

dannato. Morì martire il

29 febbraio.

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret: «In verità io vi dico:

nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte

vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e

ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se

non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del

profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo

cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era co­

struita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in

cammino.

Brano Evangelico: Lc 4, 24­30

Contemplo: Popoli tutti,

lodate il Signore (Alla comunione)

Elia ed Eliseo, come Gesù stesso,

non furono accolti dal popolo

eletto, per questo i loro inter-

venti benefici andarono a favore

di chi non apparteneva a Israele.

Il Signore guarda il cuore, non

l'appartenenza etnica: per lui ciò

che conta è ascoltare la sua voce

e mettere in pratica i suoi co-

mandamenti, è l'amore che ab-

biamo per lui e per il prossimo.

Gesù ci invita soprattutto ad entrare nel mistero delle sue piaghe,

che è il mistero del suo amore misericordioso.

Papa Francesco

Agisci

Le cose che la Chiesa ci

chiede di compiere in

questo tempo liturgico

per cambiare la nostra

vita sono semplici, sono

alla portata di tutti. Mi

impegnerò a praticare

con costanza gli impe-

gni penitenziali della

Quaresima.

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ Tempo di Quaresima ­ pagina 7

2Re 5,1­15a

C’erano molti lebbrosi in Israele, ma

nessuno di loro fu purificato, se non

Naamàn, il Siro.

Avere fede significa proprio fidarsi di una

parola che, a volte, può sembrare strana o che

può chiederti un cambiamento radicale del

tuo modo di pensare. Eppure, quando accetti

questa logica, vedi i veri miracoli. Così fu per

Naamàn, il quale dopo un momento di inizia­

le rifiuto, giunse alla pienezza della fede nel

Dio di Israele. Nota un particolare: Naamàn è

un pagano, ma il profeta Elisèo, da parte di

Dio, non gli rifiuta il miracolo. Questo signi­

fica che la fede non è legata ad una casta, ad

un gruppo e non è nemmeno ad appannaggio

esclusivo di chissà quale categoria di perso­

ne. Ciò vuoi dire che, forse, proprio la perso­

na della tua famiglia che a te sembra più lon­

tana da Dio, o quelle che tu giudichi indegne

della sua benevolenza, in realtà potrebbero

avere più fede di te.

Dalla Prima Lettura La vera fede

Preghiera

«Tutto qui?» Ce lo chiediamo a margine

di giornate affannate che sono istantanee

sfocate della nostra umanità. Signore Ge­

sù, che attraversi con la tua presenza sal­

fivica ogni istante della nostra vita, fa'

che questa domanda triste oltrepassi il

varco della speranza e si trasformi in

un'esclamazione di gioia, nella percezio­

ne di un compimento appassionato: «Che

sia davvero tutto qui!». Tutto nel tuo a­

more. Kyrie eleison!

Medita La Parola

Dio è per l’uomo Meditazione di Fiorella Elmetti

Non so dire perché, pur potendo operare se-gni grandi a beneficio di chi soffre, Dio se ne astiene oppure opera sceglie alcuni casi: la vedova di Sarepta di Sidone e Naam, il Siro. Fatto sta che si tratta di gente imprevista, lontana dal buon senso, gente a cui nessuno avrebbe mai prestato attenzione. Anche per Gesù è stato così. Quando opera i miracoli, quasi sempre li fa per donne che al tempo non venivano prese in seria considerazione, per samaritani che non erano ben visti dai giudei, per lebbrosi, ciechi, infermi tenuti ai margini della società. In merito, Padre Er-mes Ronchi scrive: “…non è imparziale il no-stro Dio: sta dalla parte degli ultimi, mai con gli oppressori; viene come fonte di libere vite e mai causa di asservimenti. Gesù non è venuto per riportare i lontani a Dio, ma per portare Dio ai lontani, a uomini e donne sen-za speranza, per aprirli a tutte le loro im-mense potenzialità di vita, di lavoro, di cre-atività, di relazione, di intelligenza, di amo-re. Il primo sguardo di Gesù non si posa mai sul peccato della persona, il suo primo sguardo va sempre sulla povertà e sul biso-gno dell'uomo. Per questo nel Vangelo ricor-re più spesso la parola poveri, che non la pa-rola peccatori. Non è moralista il Vangelo, ma creatore di uomini liberi, veggenti, gioio-si, non più oppressi. Scriveva padre Giovanni Vannucci: «Il cristianesimo non è una morale ma una sconvolgente liberazione». La lieta notizia del Vangelo non è l'offerta di una nuova morale, fosse pure la migliore, la più nobile o la più benefica per la storia. La buona notizia di Gesù non è neppure il per-dono dei peccati. La buona notizia è che Dio è per l'uomo, mette la creatura al centro, e dimentica se stesso per lui”. Il buon senso da parte dell’uomo sta nell’accogliere Dio così, imprevedibile, non come lo vorremmo noi.

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ pagina 8

Martedì 1

Marzo

III Settimana del Salterio

III Settimana di Quaresima

Non dimentichiamo le opere

di misericordia spirituale!

Papa Francesco

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldas­se il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che acca­deva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli a­guzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Brano Evangelico: Mt 18, 21­35

Agisci

Oggi, con l'ardore di

Maria, invoco il Si-

gnore, con la cer-

tezza che egli non

mi abbandonerà

mai. Anche io, a mia

volta, non abbando­

nerò mai coloro che

hanno bisogno del

mio aiuto.

Contemplo: Abbi pazienza con

me (Mt 18,26.29)

«Abbi pazienza con me e ti restitui-

rò ogni cosa» (Mt 18,26.29). Secon-

do la parabola evangelica, chi parla

così a Dio è perdonato, ma non ac-

cade lo stesso a chi rivolge tali pa-

role a un uomo. È sconcertante.

Noi, che pure siamo fatti della stes-

sa terra, non abbiamo pietà dei fra-

telli. Il Signore Gesù ci chiama ad

accoglierci e a perdonarci a vicen-

da, solo così saremo veri figli del

Padre buono celeste.

Medita Gesù risponde alla domanda dell'apostolo con una parabola. Ma nella semplicità di questo racconto, forse non cogliamo pienamente la trascendenza del messaggio che il Signore vuole inviarci. Nell'antichità vigeva la legge del taglio­ne: "occhio per occhio, dente per dente"... Era equa, non si può negarlo, ma co­munque sempre assai meno umana dell'amore e della misericordia di Dio che Cri­sto ci vuole mostrare. Gesù risponde che è necessario perdonare il prossimo fino a "settanta volte sette". Usa numeri molto significativi per gli ebrei dell'epoca, che danno alla frase un senso di pienezza: bisogna perdonare sempre. La parabola che segue, ci mostra la grande compassione che tutti noi peccatori suscitiamo agli occhi di Dio, quando andiamo da lui e ci prostriamo chieden­dogli perdono. Il Re dell'Universo è altrettanto sensibile quanto il re della parabola, e magnanimamen­te tende la mano e perdona i nostri debiti al suo amore, se trova in noi un cuore pentito e desideroso di riparare. E come una debolezza. Dio non sa trattenersi dal perdonare. Il perdono al giorno d'oggi è moneta abbastanza svalutata. Basta dare un'occhiata ai conflitti internazionali per vedere che con la legge del taglione, per quanto equa e severa possa essere, non si risolvono i problemi.

San Albino

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spiritualità Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Opera di misericordia corporale: Dare da mangiare agli affamati

Credo che nessuno come Madre Teresa abbia preso questa opera di misericordia come stile di vita, donando tutta la sua vita a sfamare i bisognosi, nel corpo e nello spirito. Ecco una pagina tratta da un discorso di Madre Teresa.

Se qualche volta la nostra povera gente è morta di fame, ciò non è avvenuto perché Dio non si è preso cura di loro, ma perché non siamo stati uno strumento di amore nelle sue mani per far giungere loro il pane e il vestito necessari, perché non abbiamo riconosciuto Cristo quando è ve-nuto ancora una volta, miseramente travestito, nei panni dell’uomo affamato, dell’uomo solo, del bambino senza casa e alla ricerca di un tetto. Dio ha identificato se stesso con l’affamato, l’infermo, l’ignudo, il senzatetto; fame non solo di pane, ma anche di amore, di cure, di considerazione da parte di qualcuno; nudità non solo di abiti, ma anche di quella compassione che veramente pochi sentono per l’individuo anonimo; mancanza di tetto non solo per il fatto di non possedere un riparo di pietra, bensì per non avere nessuno da poter chiamare proprio caro. Quando Cristo ha detto: “avevo fame e mi avete dato da mangiare”, non pensava solo alla fame di pane e di cibo materiale, ma pensava anche alla fame di amore. Anche Gesù ha sperimentato questa solitudine. Ogni essere umano che si trova in quella situazione assomiglia a Cristo nella sua solitudine; e quella è la parte più dura, la fame vera.

III Stazione:

Dal libro del profeta Isaia

“Egli si è caricato le nostre sofferenze, si è addossa-

to i nostri dolori. E noi lo giudicavamo castigato,

percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per

i nostri delitti, schiacciato per la nostra iniquità.”

Preghiamo: O Gesù, potenza che muove le stelle, for-

za che sostiene il mondo, eccoti caduto sotto la croce.

Che mistero, Signore, vederti spartire la nostra debo-

lezza!Abbi pietà di noi, così facili a cadere. Donaci la

grazia di elevarci dalle miserie della terra al desiderio di

te, Salvatore, che dai forza, conforto e salvezza.

Preghiamo la Via Crucis con le opere di misericordia

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ pagina 10

III Settimana di Quaresima

Tante persone si stanno riavvicinando

al sacramento della Riconciliazione

e tra questi molti giovani.

Papa Francesco

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia

venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma

a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati

il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Leg­

ge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di

questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà con­

siderato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li inse­

gnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Brano Evangelico: Mt 5, 17­19

Contemplo: Celebra il Signore,

Gerusalemme (sal 147,1)

Il Signore sa guidarci ogni giorno

con la sua parola, sta a noi co-

gliere il suo insegnamento nelle

piccole cose della vita quo­

tidiana. Gerusalemme, città di

pace, è immagine dell'anima fe-

dele che segue tali insegnamen-

ti, li mette in pratica e li inse­

gna agli altri con la sua testimo-

nianza. In questo modo celebra

con la vita le lodi del Signore.

Il Santo del giorno:

San Giovino Ve-scovo Vescovo di Bretagna, nipote di un altro santo vescovo di no­me Paolo Aureliano. Da giovane, Giovino si dedica alla pre­ghiera; fa vita eremi­ta; combatte contro bestie e fiere, che lo tormentano continua­mente. Designato ve­scovo del suo paese,

accetta per poco tem­po l'incarico, ma poi lascia per dedicarsi alla penitenza. Esem­pio di vita santa e nascosta, Giovino muore nel suo romi­taggio nel chiuso di una montagna; la fa­ma della sua santità, però, si diffonde su­bito per tutta la regio­ne e arriva fino alla Francia dove ci sono diversi templi a lui

dedicati. San Giovino appartiene alla schie­ra di santi eremiti, di cui sono ricchi i se­coli antichi. Non vie­ne ricordato nel Mar­tirologio romano, pe­rò il suo culto è atte­stato da secoli in al­cune regioni della Francia occidentale.

Mercoledì 2

Marzo

III Settimana del Salterio

Agisci

Oggi mi impegno a

comprendere che

Gesù non disprezza

la Legge, ma deside-

ra farci capire e vi-

vere il suo vero sen-

so.

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ Tempo di Quaresima ­ pagina 11

Dt 4,1.5­9 Osserverete le leggi e le metterete in pratica.

Le parole di Mosè gettano una luce nuova

sulla comprensione di un aspetto importante

della mentalità ebraica: il valore della legge.

Essa è il dono più grande che Israele ha po­

tuto ricevere: dunque essa non è da conside­

rare tanto una serie di precetti da eseguire.

La legge rappresenta la sapienza del popolo

davanti a tutti gli altri popoli. In genere, noi

cristiani non abbiamo questa concezione

della parola di Dio, per cui troppo spesso

non ci rendiamo conto che, se davvero la

leggessimo e la ascoltassimo con attenzio­

ne, troveremmo la nostra intelligenza in

essa. Quanta fatica facciamo ogni giorno

per accumulare un po' di cultura e di nozio­

ni che ci rendano un po' più intelligenti, e

non ci rendiamo conto che nella Bibbia c'è

un tesoro di sapienza che aspetta soltanto la

nostra attenzione per dischiudersi sotto i

nostri occhi!

Dalla Prima Lettura

Il valore della legge

Preghiera

Donaci, o Dio, l'intelligenza del cuore, quella che affina la nostra percezione della realtà, che ci permette di vedere te, dentro le pieghe di ogni attimo, quella che ci fa agire con amore e sapienza danzando la vita con efficacia e dolce decisione. Sia questa l'eredità che lascia­mo ai nostri figli, ai giovani: solo il cuo­re sa vedere e solo un cuore forgiato da te, che non dimentica e ascolta rapito, sempre, la mirabile sinfonia del tuo amo­re. Kyrie eleison!

Medita La Parola

La più bella eredità Meditazione di Fiorella Elmetti

Gesù dà pieno compimento alla volontà di Di-o. È mettendosi in fiducioso abbandono nell’amore del Padre, contemplando in conti-nuazione lui, la sua incarnazione, i suoi senti-menti, le sue parole, i suoi gesti, i suoi mira-coli, la sua morte e passione, la sua resurre-zione che si comprende cosa è la fede e come viverla. E la fede, come sottolinea Papa Fran-cesco, è “la più bella eredità”. Infatti, guar-dando all’esempio del re Davide, peccatore ma anche santo per la Chiesa, il Papa mette in luce che “la più grande eredità che un uo-mo, una donna, può lasciare ai suoi figli è la fede. E Davide fa memoria delle promesse di Dio, fa memoria della propria fede in queste promesse e le ricorda al figlio. Lasciare la fe-de in eredità. Quando nella cerimonia del Bat-tesimo diamo - i genitori - la candela accesa, la luce della fede, gli stiamo dicendo: ‘Conservala, falla crescere in tuo figlio e in tua figlia e lasciala come eredità'. Lasciare la fede come eredità, questo ci insegna Davide, e muore così, semplicemente come ogni uo-mo. Ma sa bene cosa consigliare al figlio e quale sia la migliore eredità che gli lascia: non il regno, ma la fede! Ci farà bene porci una domanda: Qual è l’eredità che io lascio con la mia vita? Lascio l’eredità di un uomo, una donna di fede? Ai miei lascio questa eredi-tà? Chiediamo al Signore due cose: di non ave-re paura di quest’ultimo passo, come la sorel-la dell’udienza di mercoledì - ‘Sto finendo il mio percorso e incomincio l’altro’ - di non a-vere paura; e la seconda, che tutti noi possia-mo lasciare con la nostra vita, come migliore eredità, la fede, la fede in questo Dio fedele, questo Dio che è accanto a noi sempre, que-sto Dio che è Padre e non delude mai”.

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ Tempo di Quaresima ­ pagina 12

Il fratello maggiore

Egli si indignò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitu-te è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.

Questo tuo figlio. La presunzione dell’esser nel giusto, di avere subi­to un torto, porta a rinnegare i vin­coli più sacri, i legami più belli, il ricordo di giochi fatti insieme nell’età dell’innocenza, il profumo degli abiti che sentono di famiglia, l’album con le foto che, pagina dopo pagina, parla dei sogni di una lontana giovinezza. Misero barat­to. Il volto del fratello viene can­cellato e al suo posto prende forma il muso di un capretto. Questo tuo figlio. Sottile invidia che di colpo fa dimenticare i beni ricevuti e goduti, il calore degli affetti, il calore di gesti quotidiani che in se stessi racchiudono il mi­stero di una felicità, la perla pre­ziosa di una fratellanza che vale ben più dei campi, dei granai, delle greggi. Nel figlio maggiore emer­ge con tutta la sua virulenza l’eco del Caino che da sempre alberga nel cuore umano: “Sono forse io il guardiano di mio fratello?” Se il figlio minore rappresenta la lontananza che sfigura il volto,

toglie la dignità, rende miseri va­gabondi ricoperti di brandelli (opaco ricordo della veste nuzia­le), il figlio maggiore rappresenta l’indifferenza che riduce l’uomo ad una piccola caricatura sorda alle tante voci che lo circondano; a pietra dove lo scroscio dell’acqua scorre senza lasciare i segni della pietà, della compassione, della comprensione verso le altrui debo­lezze, degli errori che feriscono in primo luogo coloro che li compio­no ancor prima di chi li subisce. Chi non ha mai sbagliato, chi ha avuto la fortuna di essere ricoperto da quella grazia che rende imma­colata la veste nuziale ricevuta nel Battesimo, corre il rischio di non capire il fratello ricoperto dalle piaghe della disperazione, le scot­tature che lacerano il tessuto di quell’immagine divina impressa indelebilmente nel profondo di ogni uomo. Questo tuo figlio. Chissà dove sarà stato, quali compagnie avrà fre­quentato, con chi avrà sperperato. Il sospetto si trasforma in diffiden­za e la diffidenza crea il diverso, erge gli steccati, divide tra buoni e cattivi, tra un fuori e un dentro, tra il giusto e l’ingiusto. Il sospetto e la sfiducia generano il chiacchie­riccio, la maldicenza, la mormora­zione. I farisei e gli scribi mormoravano: “Costui riceve i peccatori e man­gia con loro”. Gli eletti, coloro che presumevano essere “uomini di Dio” giudicano la misericordia

divina, rifiutano di sporcarsi gli abiti con il fango, lo strame di cui è ricoperto l’errore, la debolezza, la fragilità umana. Si sono scolpiti una immagine di Dio che segue i criteri umani, il colore della terra piuttosto che quello del cielo. E pian piano, senza esserne piena­mente coscienti, scivolano oltre la soglia del paterno, nel gelido in­verno del legalismo, tra le fredde pietre di un sepolcro esteticamen­te perfetto ma privo dell’alito vi­tale, dove soffiano i venti di una religiosità che è odiosa caricatura del sacro, del religioso, del divino. E la scena si cambia, muta la sor­te. Chi era dentro, (tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo) rimane fuori, nel vestibolo del banchetto, delle sacre nozze dove si fa più festa per un solo peccatore convertito che per no­vantanove giusti non bisognosi di perdono. E’ alla luce di questa metamorfosi che si capiscono le parole dell’apostolo Paolo: “Dio ha scelto ciò che nel mondo è de­bole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobi­le e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che so­no, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. “ Lontananze diverse ma comuni le conseguenze. Il primo ridotto a pascolare i porci, il secondo si erge a giudice del padre e dei fra­telli. Quali similitudini tra questi due figli e le nostre vite, come ci rappresentano con dovizia nel quadro dell’umana miseria. Per fortuna mia, per fortuna nostra si erge all’orizzonte la figura divina di un padre buono.

Pagine bibliche Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Anno della Misericordia 2015/16

Catechesi sulla parabola

Del Padre Buono/5

Il fratello maggiore/2 di don Luciano Vitton Mea

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ pagina 13

Giovedì 3

Marzo

III Settimana del Salterio

III Settimana di Quaresima

Entrare sempre di più nel cuore del vangelo, dove i poveri sono i privilegiati

della Misericordia Divina.

Papa Francesco

Il Santo del giorno: San Tiziano da

Brescia

San Tiziano è vesco­

vo di Brescia. Fino

all'anno 1962 veniva

festeggiato in data 3

marzo; da allora ven­

ne conglobato in

un'unica festa dei

santi bresciani al

giorno 20 aprile. Poi­

ché diversi calendari

lo portano oggi, vo­

lentieri lo ricordiamo,

anche se scarse sono

le notizie che lo ri­

guardano. Forse era

di origine tedesca;

certamente è stato ve­

scovo di Brescia. Vi­

ve alla fine del secolo

V, e viene ricordato

come pastore buono,

legato al suo popolo.

Si deve a lui la co­

struzione di una chie­

sa in onore dei santi

medici Cosma e Da­

miano, nella quale

poi viene sepolto. Si

deve ancora a san

Tiziano la costruzio­

ne di un antico mona­

stero e di un'antica

chiesa, sulla quale

sarà poi eretto l'attua­

le duomo di Brescia.

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demo­nio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dis­

sero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, co­noscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e

una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelze­bùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di

chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma

se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confida­va e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

Brano Evangelico: Lc 11, 14­23

Contemplo: Ascoltate oggi la

voce del Signore (cf Sal 94,7)

È nell'oggi della nostra vita che possiamo incontrare il Si-gnore, né ieri né domani, ma oggi, per questo la parola di Dio ci invita a non chiudere il cuore ai suoi insegnamenti:

«Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore» (Sal 94). Questo tempo di cui disponiamo è un dono di Dio da far fruttificare secondo

i suoi disegni e il suo amore.

Agisci

Gesù ha parlato e-splicitamente della presenza e dell'ope-ra del maligno, non per spaventarci, ma per metterci in guardia. Oggi prego per tutti i sacerdoti esorcisti affidandoli alla protezione di Maria.

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ Tempo di Quaresima ­ pagina 14

Medita la Parola

Il Sacro Timore Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Dire che “è per mezzo di Beelzebùl, capo dei demo­

ni, che egli scaccia i demoni” è come affermare che

Gesù è un demone. Inaccettabile. Solo chi mette la

malizia nei propri giudizi può condividere questo tipo

di pensiero. Solo chi è superficiale si ferma a questo

giudizio. È chiaro che Gesù, invece, ci chiede di an­

dare oltre, fino ad arrivare al “dito di Dio”. Sì, il re­

gno di Dio è in mezzo a noi, basta volerci entrare con

rispetto ed umiltà, basta aprirci alla ricerca delle cose

di Dio e vedremo i segni di Dio risplendere in ogni

cosa. In passato si parlava del timor di Dio, oggi po­

chi lo conoscono ancora, eppure è un dono dello Spi­

rito Santo. Il timore di Dio non è l’aver paura, ma il

riconoscere che ci muoviamo in terra sacra. In meri­

to, A. Hesche afferma che “il timore è l'intuizione

della dignità di creature comuni a tutte le cose e del

grande valore che esse hanno per Dio; è il riconosce­

re che le cose non sono soltanto quello che sono ma

implicano anche, se pure alla lontana, qualcosa di

assoluto. Il timore è percezione della trascendenza,

percezione del fatto che tutto in ogni luogo si riferi­

sce a colui che è al di là delle cose. Un'intuizione che

si manifesta meglio negli atteggiamenti che nelle pa­

role. Tanto più siamo desiderosi di esprimerlo, tanto

meno vi riusciamo. Il significato del timore è di ren­

dersi conto che la vita si svolge sotto orizzonti vasti,

che si estendono oltre il breve lasso di tempo di una

vita individuale o perfino della vita di una nazione, di

una generazione o di un'epoca. Il timore ci permette

di percepire nel mondo le allusioni al divino, di senti­

re nelle piccole cose il principio di un significato infi­

nito, di sentire ciò che è essenziale nel comune e nel

semplice; di avvertire nel fluire del transitorio il si­

lenzio dell'eternità”.

Ger 7,23­28

Questa è la nazione che non ascol­

ta la voce del Signore, suo Dio.

Dio non ha bisogno della tua fedeltà

perché ciò gli dia qualcosa che egli non

possiede. Egli ha tutto ed è pienezza di

vita in sé. Evidentemente, il motivo per

cui egli ti chiede di fare o di non fare

certe cose deve essere un altro. La lettu­

ra, tratta dal profeta Geremia, ti spiega

il significato: Dio vuole la tua felicità, la

tua realizzazione ed il tuo bene. In altri

termini, quando segui la legge di Dio il

primo a guadagnarci sei proprio tu, in

quanto sperimenti la felicità che provie­

ne dall'essere fedeli a lui solo. Purtrop­

po, Geremia osserva che proprio gli i­

sraeliti, popolo eletto, non hanno voluto

capire questa lezione ed hanno preferito

indurire il proprio cuore. La loro storia

dimostrava come allontanandosi da Dio

si trovano solo disgrazia ed infelicità.

Dalla Prima Lettura

Dio vuole la tua felicità

Preghiera

Quante cose ascoltiamo o, meglio, sentia­

mo, nella nostra giornata! Perché siamo

eternamente svuotati e nulla di ciò ci col­

ma? Solo la tua parola, Signore, ci ripete

incessantemente i movimenti dell'ascolto

vero: rientrare nel centro del nostro cuore,

porsi in cammino, pellegrini alla sequela

del nostro Dio, accogliere con levità incon­

tri ed eventi senza lasciarcene imbrigliare,

senza mai cessare di amare. Quando impa­reremo? Kyrie eleison!

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ pagina 15

Venerdì 4

Marzo

III Settimana del Salterio

III Settimana di Quaresima

L’iniziativa “24 ore per il Signore”, da celebrarsi nel

venerdì e sabato che precedono la quarta domenica

di Quaresima, è da incrementare nelle diocesi.

Papa Francesco

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il

primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele!

Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il

tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua for­

za”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è al­

tro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene,

Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui;

amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il

prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici». Vedendo

che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal re­

gno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Brano Evangelico: Mc 12, 28­34

Contemplo: Amerai il Signore

tuo Dio (Mc 12,30)

Allo scriba che gli domanda qual

è il primo di tutti i comanda-

menti, Gesù risponde: «Amerai il

Signore tuo Dio con tutto il cuo-

re, e amerai il tuo prossimo co-

me te stesso» (cf Mc 12,30­31).

Questo è quanto dobbiamo fare

in primo luogo e sempre, tutti gli

altri precetti derivano da questi

primi due, ne sono le declinazio-

ni nelle varie circostanze della

vita.

Agisci:

Il Signore ci vuole

guarire dalle nostre

infedeltà. Oggi mi

immergo alcuni mi-

nuti nel silenzio per

provare a sentire il

suo profondo amore

che mi raggiunge e

cambia il mio cuore.

Il Santo del giorno:

San Casimiro Principe di Polonia,

granduca di Lituania,

san Casimiro ­ uno

dei tre figli del re di

Polonia Casimiro IV ­

non ama il lusso e lo

sfarzo permesso alla

sua condizione socia­

le; preferisce dedicar­

si interamente alla

preghiera, alla peni­

tenza e all'esercizio

della carità. Nasce

nella reggia di Craco­

via, nel 1468. È umile

con tutti, difende i

poveri, distribuisce a

essi i beni di cui può

disporre, anzi fa la

questua per aiutare chi

ha bisogno. Conduce

una vita esemplare.

Ogni mattina si reca

in chiesa per la prima

messa, recitando spes­

so un inno alla Vergi­

ne composto da san

Bernardo di Chiara­

valle.

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ Tempo di Quaresima ­ pagina 16

Medita la Parola

Vedendo il cielo Meditazione di Elmetti Fiorella

Finalmente uno scriba che vuole imparare, pri-ma che dettare legge! E che ci richiama a fare lo stesso, prima che a giudicare secondo le ap-parenze. Ecco la grandezza del cristiano, una grandezza che sa farsi piccola come una formi-ca. Come accadde a Dom Hélder Câmara, il vescovo di Recife. Mentre egli viaggiava su un pullman, fu attirato da un bimbo che teneva tra le mani un pezzo di legno con la massima cura. “Sto portando su questo legno la mia a-mica formicuccia, è il suo primo viaggio in au-tobus”, spiegò il piccolo. Giunti a destinazio-ne, Dom Hélder disse al bambino che anche a lui piacevano le formiche e gli raccontò una storia: “Una notte, le formiche avevano divo-rato il mio roseto. L’indomani, catturai Sonia, una formica rossa, tra le più intelligenti che abbia mai incontrato. Lei tremava e il cuore le batteva così forte che sembrava scoppiare. “Pensa di essere il solo a cui piacciono le rose? Lei non fa la stessa cosa nella Comunione?”. Presentai a Sonia le mie scuse e la liberai. Poi, col suo aiuto, insegnai a tutte le formiche a odorare le rose, invece di mangiarle”. Dom Hélder invitò il ragazzino ad andare a casa sua. E il vescovo gli narrò di quando aveva in-contrato Claudina, una giovane formica zoppi-cante. “Eravamo nel mio giardino. Col suo per-messo, la girai sul dorso per vedere meglio che cosa aveva alla sua zampetta”. Claudina per la prima volta vide il cielo, perché le formiche sono come noi: vai vai, corri corri, e non hai mai il tempo di guardare verso l’alto e con-templare il firmamento. “Vedendo il cielo ri-mase con la boccuccia aperta per la meravi-glia. Mi accorsi che era inutile porle domande sulla sua zampetta. Non mi ascoltava, conti-nuava a guardare il cielo!”. E tu ti lasci affa-scinare dal cielo?

Os 14,2­10

Non chiameremo più Dio nostro

l’opera della nostre mani.

Certe volte è necessario giungere al fon­

do per rendersi conto che nessuno può

aiutarti, se non Dio solo. Quando tocchi

con mano che certe alleanze e certe ami­

cizie non ti hanno garantito as­

solutamente nulla, quando scopri di esse­

re completamente solo anche se sei in

mezzo ad una folla di gente; quando com­

prendi che su nessuno puoi davvero fare

affidamento, allora sei pronto per volgerti

nuovamente a Dio per ricevere il suo a­more. Allora, proprio quello che avevi

sempre rifiutato e deriso, in realtà ti si rivela in tutta la sua profondità: egli è l'unico che ti attende per ridarti quella dignità che tu stesso hai barattato senza scrupolo. C'è una cosa che Dio non riesce a fare, ed è quella di restare in collera con coloro che tornano da lui con il cuore contrito ed umiliato: per loro, Dio ha sempre pronta una festa da fare.

Dalla Prima Lettura

Solo Dio può aiutarti

Preghiera

Pretendiamo molto da te, Signore, ti inter­

roghiamo, ti invochiamo, ti interpelliamo.

Ma siamo così poco esigenti con noi stessi!

Ci accontentiamo di una bozza di vita, di

un bozzolo mezzo chiuso, in cui sognare la

bellezza di un prato, della farfalla che pos­

siamo diventare, del tuo amore che attende

con pazienza infinita il nostro tempo di

maturare in bellezza! Perché indugiamo?

Che cosa ci trattiene? Kyrie eleison!

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ Tempo di Quaresima ­ pagina 17

spiritualità Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Opera di misericordia corporale: Assistere i malati

Maria è tra le poche persone che hanno accompagnato Gesù fino alla morte. Maria ci ha insegnato che amare una persona vuol dire amarla fino alla fine, “nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore”. Quanti anziani e malati sono dimenticati dai propri familiari, perché inutili e nel bisogno! Anche Gesù ha avuto bisogno di una Madre, che lo accompagnasse fino alla fine, a cui rivolgere le sue ultime parole.

La Mia più bella invenzione, dice Dio, è Mia Madre. Mi mancava una Mamma e l’ho fat-

ta. Ho fatto Mia Madre prima che ella facesse Me. Era più sicuro. Ora sono veramente

un Uomo come tutti gli uomini. Non ho più nulla da invidiar loro, poiché ho una Mam-

ma. Una vera. Mi mancava. Mia Madre si chiama Maria, dice Dio. La sua anima è asso-

lutamente pura e piena di grazia. Il suo corpo è vergine e pervaso da una luce tale che

sulla terra mai Mi sono stancato di guardarla, di ascoltarla, di ammirarla. E’ bella Mia

Madre, tanto che lasciando gli splendori del Cielo, non Mi sono trovato sperduto vicino

a lei. Eppure so bene, dice Dio, cosa sia essere portato dagli angeli; bene, non vale le

braccia di una Mamma, credetemi.

M. Quoist

IV Stazione: Gesù incontra sua Madre

Dal vangelo secondo Luca

Nel tempio di Gerusalemme il vecchio profeta Simeone

parlò così a Maria: “Egli è qui per la rovina e la risurre-

zione di molti, segno di contraddizione. E anche a te

una spada trafiggerà l’anima.

Preghiamo:

Signore Gesù, tu rendi intensi gli incontri con te quan-

do ti riconosciamo come interlocutore della vita. Il tuo

sguardo su di noi sollecita il nostro verso dite: le nostre

resistenze si sciolgono perché il nostro sguardo si alza

fiducioso al tuo volto. Allora sapremo di essere per te

come le persone più amate della vita.

Segue: Un Pater -10 Ave Maria - 1 Gloria

Preghiamo la Via Crucis con le opere di misericordia

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ pagina 18

Sabato 5

Marzo

III Settimana del Salterio

III Settimana di Quaresima

Con la sua prepotenza ed avidità la corruzione distrugge

i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri

Papa Francesco

Brano Evangelico: Lc 18, 9­14

Contemplo : O Dio, abbi pietà

di me (Lc 18,13)

Due uomini salgono al tempio,

uno è in prima fila, sicuro di sé,

dall'aria soddisfatta. L'altro, dal

portamento affranto, se ne sta in

un canto e non alza lo sguardo.

Forse al nostro giudizio umano

ammiriamo il primo e non de-

gniamo di uno sguardo il secon-

do. Gesù, che guarda nei cuori,

ci racconta che è il secondo a

essere gradito a Dio per le sue

parole: «O Dio, abbi pietà di me

peccatore».

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che ave­vano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùl­teri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla setti­mana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me pecca­tore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giu­stificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Agisci

Da oggi mi impegno a

conoscere veramente il Signore. Il momento in cui Io incontrerò

"faccia a faccia" è cer-to: non devo temere

questo meraviglioso incontro. Maria, ac-

compagnami in questo cammino.

Il santo del giorno: Sant’Adriano Il Martirologio romano oggi ricorda sant'Adria­no martire ­ ucciso du­rante la persecuzione ordinata dall'imperatore Diocleziano nell'anno 309 ­ a Cesarea, in Pale­stina, nel giorno in cui gli abitanti erano soliti celebrare la festa della dea Fortuna: per ordine del governatore Firmi­liano, per la sua fede in

Cristo fu gettato in pasto a un leone e poi sgozza­to con la spada. Con lui viene martirizzato anche Dubulo. C'è un altro celebre santo con lo stesso nome: Adriano III, papa per appena un anno, ricordato l'8 lu­glio, che cercò di influi­re presso Fozio per evi­tare la divisione dell'O­riente. Ebbe anche una fuggevole parte per met­tere pace tra i conten­

denti del regno di Ger­mania. Invitato alla fa­mosa Dieta di Worms, non fa in tempo a parte­cipare, perché muore in fama di santità nell'ab­bazia di Nonantola, nell'885. Se fosse vissu­to di più, la storia della chiesa avrebbe avuto un altro corso, ma la storia, si sa, non si fa con i «se», ma con i fatti.

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Non di solo pane ­ Numero 745 ­ Tempo di Quaresima ­ pagina 19

Os 6,1­6

Voglio l’amore e non il sacrificio.

Certo, Dio è esigente e richiede dal po­

polo eletto fedeltà assoluta. Però, quan­

do si fa esperienza di tutti i vari tipi di

schiavitù, tornare da lui è la cosa più

bella e gioiosa che ci sia. Di fronte al

suo amore, persino l'infedeltà e l'inco­

stanza del popolo divengono accettabili.

Dio conosce il cuore dell'uomo, e sa che

egli è perennemente incostante, ma pro­

prio per questo egli è l'eterno fedele,

sempre presente accanto alle sue creatu­

re. Per questo motivo, non guardare a

quanti e quali peccati hai commesso

nella tua vita: torna a lui con il cuore

contrito ed umiliato, ed il resto lo farà

lui con la sua grazia. Del resto, ciò che

egli vuole da te è proprio il tuo cuore:

cos'altro potresti dargli, che già non sia

suo?

Dalla Prima Lettura

Dona il tuo cuore a Dio

Preghiera

Signore, anche noi parliamo dei nostri li­

miti, diciamo di sentirci poveri... vicini al

pubblicano della parabola. Eppure anche

in questa distanza può celarsi l'inganno e,

nel profondo del nostro cuore, ecco il fari­

seo, che si compiace della propria superio­

rità, del cammino fatto, di una sensibilità

religiosa «fine» e osservante. Signore, il

nostro cuore è una contraddizione vivente,

restaci accanto! Kyrie eleison!

Medita La Parola

La preghiera del povero Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Sia il fariseo che il pubblicano vanno a pregare

nel tempio. Bellissima cosa che dovrebbe unire,

creare comunione tra i due protagonisti del rac-

conto nonostante le loro diversità, invece la pre-

sunzione gioca brutti scherzi, facendo dimentica-

re al giusto pubblicano (pio, non adultero, osser-

vante del digiuno non evasore delle tasse) che

Dio guarda con preferenza ai poveri e agli umili.

Non basta pregare. Pierre-Marie Delfieux afferma

che “è importante pregare come un povero. Il

fariseo pregava come uno contento di sé e il pub-

blicano pregava umilmente come un povero….La

preghiera del povero va dalla sua bocca agli orec-

chi di Dio. …Dio non si può raggiungere. Si può

solamente ricevere. Non saremmo capaci di sali-

re fino a Lui. Ma possiamo accoglierlo in noi. Bi-

sogna dunque aprirsi, aderire, convertirsi, abbas-

sarsi… Con le mani vuote perché possa riempirle

e il cuore disponibile perché possa colmarlo …

Beati noi se sentiamo che la nostra preghiera è

povera. Essa sale nel più alto dei cieli e fa già

scendere qualcosa del regno di dio nel più pro-

fondo della nostra anima. È importante pregare

come un bambino da amare e soddisfare… come

il Figlio del Padre. Come un neonato … con una

piena fiducia filiale, sicuri dell’amore del Padre,

con una grande tenerezza in fondo al cuore …

Perché ha per noi la tenerezza di una madre nei

confronti di un bambino che consola appoggian-

dolo alla sua guancia. È importante pregare nel

segreto significa pregare nell’autenticità.

L’importante non è che le nostre devozioni siano

viste, ma che la nostra preghiera sia vissuta… Pri-

ma di tutto la nostra preghiera deve essere vera.

Significa anche pregare nell’intimo del cuore…

Non abbiamo altro luogo che in Dio… Pregare nel

segreto significa soprattutto pregare

nell’intimità”.

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333/3390059 don Luciano

Anno XV- n. 745

Domenica 28 Febbraio 2016

Chiuso il 23/02/2016

Numero copie 1470

Coordinatrice Fiorella Elmetti

Redazione

don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini,

don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti

Grafica e stampa

don Luciano Vitton Mea

Ideato da don Luciano Vitton Mea

Sussidio di preghiera per la famiglia

Per la tua vita spirituale visita

Vi troverai:

Ogni giorno una meditazione dei più grandi maestri di spiritualità Il settimanale di preghiera Non di Solo pane (da scaricare) I Santi del Giorno Tutte le opere di San Agostino I racconti di un pellegrino russo L’Imitazione di Cristo

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