Non di Solo Pane n°728 - 25 Ottobre 2015
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Transcript of Non di Solo Pane n°728 - 25 Ottobre 2015
Itinerario quotidiano di preghiera
PANE Non di solo
Sussidio di preghiera per la famiglia
Anno XV - n° 728
Domenica 25 Ottobre 2015
XXX del Tempo Ordinario
Alzati, ti chiama!
Non di solo pane - Numero 728 - Tempo Ordinario - pagina 2
Ottobre 2015
“Pregare, forse il
discorso più urgente”
Sussidio di preghiera
per la famiglia
Offerta della giornata
Cuore divino di Gesù,
io ti offro per mezzo
del Cuore Immacolato di Maria,
Madre della Chiesa,
in unione al Sacrificio eucaristico,
le preghiere, le azioni,
le gioie e le sofferenze
di questo giorno,
in riparazione dei peccati,
per la salvezza di tutti gli uomini,
nella grazia dello Spirito Santo,
a gloria del divin Padre.
Offerta quotidiana
Sito di Non di Solo Pane:
www.nondisolopane.it
Con immenso affetto e stima
La Redazione di “Non di solo Pane”
Augura
a
Don Luciano Vitton Mea
un felice e sereno cammino
di preghiera e spiritualità,
nella Parrocchia di Bovegno (Bs).
Non di solo pane - Numero 728 - pagina 3
Domenica 25
Ottobre
II Settimana del Salterio
XXX Domenica del Tempo Ordinario
Non si può scegliere il modo di morire. O il giorno. Si può soltanto decidere come vivere. Ora.
Crisanto figlio di un certo Polemio, di origine ales-sandrina, venne a Roma per studiare filosofia al tempo dell'imperatore Numeriano (283-284), qui ebbe l'occasione di cono-scere il presbitero Carpo-foro e si fece battezzare. Il padre Polemio cercò in tutti i modi di farlo tornare al culto degli dei, si servì anche di alcune donne e specialmente della bella
vestale Daria. Ma Crisan-to riuscì a convertire Daria e di comune accordo, si-mulando il matrimonio, poterono essere lasciati liberi di predicare, conver-tendo molti altri romani al Cristianesimo. La cosa non passò inosservata, scoperti furono infine ac-cusati al prefetto Celerino, il quale li affidò al tribuno Claudio, che però si con-vertì insieme alla moglie
Ilaria, i due figli Giasone e Mauro, alcuni parenti ed amici e i settanta soldati della guarnigione, che aveva in custodia gli arre-stati. Scoperti, vennero tutti condannati a morte dallo stesso imperatore Numeriano. Crisanto e Daria furono condotti sul-la Via Salaria, gettati in una fossa e sepolti vivi.
Il Santo del giorno: Santa Daria
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli
e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lun-
go la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a
gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo
rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte:
«Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse:
«Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti
chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da
Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il
cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse:
«Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lun-
go la strada.
Vangelo: Mc 10,46-52
Contemplo: Alzati, ti chiama! (Mc 10,49)
Il cieco Bartimèo invoca Gesù: «Figlio di Davide, abbi pietà di me! Rabbunì, maestro mio, che io veda di nuovo!». Voleva vedere, e vedere Gesù. Prima lo considerava solo un uomo buono e saggio. Gesù gli apre la vista, gli dà la fede che salva. Bartimèo lo segue «lungo la strada», perché lo vede come vero Dio. Gesù dice: «Io Sono la luce del mondo, chi segue me avrà la luce della vita» (Gv 8,12). Anche Maria di Màgdala chiama Gesù «Rabbunì» (Gv 20,16), quando lo riconosce risorto, Signore e Dio.
Agisci
Oggi, insieme a Ma-
ria, prego per i sa-
cerdoti che sono
chiamati a guidarmi
e ringrazio il Signo-
re per le loro debo-
lezze, perché è an-
che grazie ad esse
che possono com-
prendermi.
Non di solo pane - Numero 728 - Tempo Ordinario - pagina 4
P a g i n e b i b l i c h e
Il cieco di Gerico, Bartimeo,
è seduto sul ciglio della stra-
da: sta mendicando. E’ la
sorte di tutti i miseri: quella
di tendere la mano, di avere
come casa la strada e di por-
tare sul volto il velo della
polvere. Ma Bartimeo, come
tutti i poveri, ha nel cuore
una grande fede, sa che Dio
ascolta il grido dell’indigente
e soccorre chi soffre. E’ sul
ciglio della strada, seduto, a
mendicare; ma la lucerna del
cuore è ben accesa e i fianchi
sono cinti di speranza. Passa
Gesù. Il momento tanto atte-
so è arrivato. «Figlio di Davi-
de, Gesù, abbi pietà di
me!». Bartimeo grida, la
gente lo rimprovera, Dio
lo esaudisce. E’ la rea-
zione della gente davan-
ti al grido del povero
che mi stupisce: perché
rimproverarlo? Non ho
mai capito tanta durez-
za di cuore …. Un gior-
no, nel mio vagabonda-
re su internet, sono ca-
pitato nella pagina web
dell’Ordine dei Carmeli-
tani. Clicca di qui, clic-
ca di là e con stupore
trovo la “lectio Divina”
di questo brano. Ascol-
tate!
«Il grido del povero è
scomodo, non piace.
Coloro che vanno in pro-
cessione con Gesù cer-
cano di farlo stare zitto.
Ma “lui gridava ancora più for-
te!”. Fino ad oggi il grido del
povero è scomodo. Oggi sono
milioni coloro che gridano: mi-
granti, carcerati, affamati, ma-
lati, emarginati, oppressi, gente
senza lavoro, senza stipendio,
senza casa, senza tetto, senza
terra, che non riceveranno mai
un segno di amore! Grida silen-
ziate, che entrano nelle case,
nelle chiese, nelle città,
nell’organizzazione mondiale. Le
ascolta solo colui che apre gli
occhi per osservare ciò che suc-
cede nel mondo. Ma molti sono
coloro che hanno smesso di a-
scoltare. Si sono già abituati.
Altri tentano di ridurre al silen-
zio le grida, come fu fatto
con il cieco di Gerico. Ma non
riescono a zittire le grida del
povero. Dio lo ascolta (Es 2,23
-24; 3,7). E Dio ci avverte di-
cendo: “Non maltratterai la
vedova o l’orfano. Se tu lo
maltratti questi, quando invo-
cherà da me l’aiuto, io ascol-
terò il suo grido!» (Es 22,21).
Ecco la chiave di lettura: la
gente era abituata alla cecità
di Bartolomeo, ci si abitua
all’altrui sofferenza. Siamo
abituati a vedere i bimbi che
muoiono di fame, le donne
che piangono i loro uomini
sventrati da una mitraglia
(magari fabbricata poco lon-
tano da noi), il grido di mi-
gliaia di profughi che mendi-
cano un tozzo di pane; meglio
zittirli, rimproverarli. Se Dio
li ascolta le nostre sicurezze
si sgretolano, la coscienza
comincia a farsi sentire … Ta-
ci Bartolomeo, cosa vuoi dal
Signore, tu misero mendican-
te …. Gesù ascolta il grido di
Bartolomeo e lo guarisce; Dio
ascolta il grido dell’orfano e
della vedova e li soccorre. Il
grido del povero non deve
essere soffocato ma accolto
ed esaudito. E’ quel grido non
soffocato ma accolto che ci
aprirà le porte del paradiso:
non dimentichiamolo mai ….
don Luciano
Quel grido non soffocato Meditazione di don Luciano Vitton Mea
Non di solo pane - Numero 728 - Tempo Ordinario - pagina 5
P a g i n e b i b l i c h e
Contemplatio :
Amate Cristo
Amate il Signore. Amate, di-
co, questa luce, così come
amava di un amore immenso
colui che faceva giungere a
Gesù il suo grido: «Abbi pietà
di me, figlio di Davide!». Il
cieco gridava così mentre
Gesù passava. Temeva che Gesù passasse e non lo risa-
nasse. Con che ardore gridava? Al punto che, mentre la
folla lo zittiva, continuava a gridare. La sua voce trion-
fò su chi lo contrastava e trattenne il Salvatore. Mentre
la folla faceva strepito e gli voleva impedire di parlare,
Gesù si fermò. Amate Cristo. Desiderate quella luce
che è Cristo. Se quel cieco desiderò la luce fisica,
quanto più voi dovete desiderare la luce del cuore. A
lui eleviamo il nostro grido non tanto con la voce fisica,
quanto con l'operare rettamente. Cerchiamo di vivere
santamente, ridimensioniamo le cose del mondo. Ciò
che è effimero sia come nulla per noi. Quando ci com-
porteremo così, gli uomini mondani ci faranno rimpro-
veri come se ci amassero. Ci criticheranno senza dubbio
e, vedendoci disprezzare queste cose naturali, queste
cose terrene, ci diranno: «Perché vuoi soffrire privazio-
ni? Sei pazzo?». Costoro sono quella folla che contrasta-
va il cieco quando egli voleva far sentire il suo richia-
mo. Ci sono dei tali cristiani, ma noi cerchiamo di tri-
onfare su di loro e la nostra stessa vita sia come un gri-
do lanciato verso Cristo. Egli si fermerà, perché in ef-
fetti sta, immutabile. Perché la carne di Cristo fosse
onorata «il Verbo si è fatto carne e abitò tra noi» (Gv
1,14a). Gridiamo dunque, e viviamo rettamente.
(AGOSTINO, Discorso 349, 5)
E tu, Signore, per questa gioia degli umili gioia divina, da impazzire , continua a intervenire: sarà anche per te la gioia più
grande e umana! Troppi popoli poveri ancora seminano nel pianto, senza neppure il diritto di raccogliere il frumento maturato con l'acqua delle loro lacrime. Quando il Signore ristabilì
la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Come il cieco Bartimeo, Signore, anche
noi gridiamo e ti aspettiamo, aspettiamo e
gridiamo a te, senza pretendere, ma senza
poterci dare pace. Noi attendiamo te, Si
gnore, e sappiamo che ci sarà un attimo in
cui il tuo grande cuore si volgerà a noi, in
cui immeritatamente ci guarderai e sarà
l'incontro tanto atteso, l'abbraccio che da
sempre attendiamo, la salvezza che ricon
durrà alla nostra piccola, autentica pie
nezza.
Non di solo pane - Numero 728 - pagina 6
Lunedì 26
Ottobre
II Settimana del Salterio
XXX Tempo Ordinario
Il Santo del giorno: Beato Bonaventura di Potenza
In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C’era là
una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in
alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata
dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava
Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigio-
ne di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavo-
rare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli
replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o
l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che
Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da que-
sto legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avver-
sari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui
compiute.
Brano Evangelico: Lc 13,10-17
Nato a Potenza come An-
tonio Carlo Gerardo La-
vanga nel 1651, entrò tra i
Minori conventuali a 15
anni. Girò per tanti con-
venti campani: Aversa,
Maddaloni, Amalfi, I-
schia, Nocera Inferiore
(vi fu maestro dei novizi),
Sorrento, Napoli e, infine,
Ravello, dove morì per
una cancrena nel
1711. Fu esempio di
umiltà. Ma, pur non
essendo dotto, colpiva
anche per la profondi-
tà teologica della sua
predicazione. A lui
sono attribuiti nume-
rosi prodigi. Vide
l’anima della sorella
salire in cielo, guarì
un lebbroso. A Napoli,
nel convento di
Sant’Antonio a Porta
Medina, il suo mistici-
smo si manifestò con
numerose elevazioni
da terra. Si prodigò
anche per gli appestati.
È beato dal 1775.
Contemplo: Avete ricevuto lo Spirito (Rm 8,15)
Nel Vangelo di oggi, c'è un racconto esclusivo di Luca che ci fa notare la bon-tà di Gesù verso i bisognosi e le donne in particolare, in una società dai costu-mi troppo legalisti e maschilisti. Il povero capo della sinagoga è l'esempio del burocrate che ha lo «spirito da schiavi», quelli che hanno paura di Dio e del prossimo, perché sono senza amore. Gesù ci insegna: «Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo una legge di libertà, perché il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà avuto misericordia» (Gc
2,1213).
Puoi trovare Dio ovunque Sei tu a rendere le cose
spirituali. La Spiritualità è il tuo dono al mondo.
Agisci...
Gesù, oggi ti prego con
fede di liberarmi da
ogni malattia fisica,
morale, spirituale …
Credo che se tu vuoi,
puoi … Se la tua volon-
tà è diversa, aiutami a
essere comunque sere-
no e in pace insieme a
te.
Non di solo pane - Numero 728 - Tempo Ordinario - pagina 7
È affascinante il volto di Dio che Gesù oggi il Vangelo ci svela. Egli non tiene conto della ri-gidità dei tempi, delle tradizioni e dei riti sta-biliti dalle autorità religiose, ma si fa carico del dolore dell’uomo, dei suoi bisogni, del suo desiderio di felicità, di essere amato e riama-to. Così lo dipinge pure il salmo 67: "Sorga Dio e siano dispersi i suoi nemici e fuggano davanti a lui quelli che lo odiano. I giusti invece si ral-legrano, esultano davanti a Dio e cantano di gioia. Padre degli orfani e difensore delle ve-dove è Dio nella sua santa dimora. A chi è so-lo, Dio fa abitare una casa, fa uscire con gioia i prigionieri. Di giorno in giorno benedetto il Signore: a noi Dio porta la salvezza. Il nostro Dio è un Dio che salva; al Signore Dio appar-tengono le porte della morte". Con parole di-verse, anche san Paolo lo stesso concetta lo sottolinea nella lettera ai Romani, quando scrive: “Fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi so-no figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adotti-vi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Pa-dre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spi-rito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua glo-ria”. Ne esce il volto della misericordia, che Dio “applica” da sempre, senza chiedere nulla all’uomo e senza che questi ne sia la causa o in qualche modo meritevole. Dio è misericor-dioso perché ama.
Disperdi le genti che aman le guerre. Non turbiamo con nostre parole l'impetuoso dispiegarsi del canto. I pensieri si allarghino agli
spazi senza confini della preghiera; il cuore scorga ancora la potenza tremenda di Dio che si rivela nella storia, e cammina fattosi Emanuele con l'uomo. Finiamo il canto ai piedi della Croce, davanti alla decisiva e ultima teofania; poi attendiamo in silenzio il mattino di Pasqua.
Sorga Dio e siano dispersi i suoi nemici e fuggano davanti a lui quelli che lo odiano. I giusti invece si rallegrano, esultano davanti a Dio e cantano di gioia. Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora. A chi è solo, Dio fa abitare una casa, fa uscire con gioia i prigionieri. Di giorno in giorno benedetto il Signore: a noi Dio porta la salvezza. Il nostro Dio è un Dio che salva; al Signore Dio appartengono
le porte della morte.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Signore Gesù, quante volte, come l donna
del Vangelo non riesco a raddrizzarmi
pienamente, a ergermi ed esprimermi nel
la pienezza della relazione con te. Signo
re, dona ad ogni uomo e donna su questa
terra la liberazione dal male della cattive
ria, la possibilità di guardare il cielo da
figli in pienezza e in tutta la nostra statu
ra.
Meditiamo la Parola
Il volto della misericordia Meditazione di Fiorella Elmetti
Non di solo pane - Numero 728 - pagina 8
Martedì 27
Ottobre
II Settimana del Salterio
XXX Tempo Ordinario
Quando condanni qualcun altro per qualcosa non fai che
condannare gli aspetti di te stesso che vedi nell'altro.
In Francia, nella diocesi di Reims, Balsamia vie-ne onorata come nutrice di San Remigio, vesco-vo di quella città. Un dato che la rende parti-colarmente importante per l'Oltralpe. San Re-migio, infatti, convertì nel V secolo la regina Clotilde e il marito Clo-doveo. E con la conver-sione del re franco ini-ziò la storia cristiana della Francia. La figura
di Balsamia si accosta a quella della madre di R emig io , C el i na , anch'essa santa. Il nome della balia, però, appare tardivamente, nel X secolo quando oltre che nutrice viene identifica-ta anche come madre di santi: san Celsino sa-rebbe stato, infatti, uno dei suoi figli. La leg-genda dice che, benché venerata in Francia, Balsamia sarebbe stata
di origine italiana. Da Roma sarebbe giunta a Reims proprio in tem-po per svolgere la sua delicata mansione di nutrice. una lettura della storia che stabili-sce un legame forte tra Roma e la Francia: il la t t e , come u n «balsamo», che ha nu-trito il «padre della Chiesa francese», sa-rebbe venuto da Roma.
Il Santo del giorno: Santa Balsamia
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a
che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un
uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli
uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami». E disse ancora:
«A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che
una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta
lievitata».
Brano Evangelico: Lc 13, 18-21
Contemplo: A che cosa è simile il regno di Dio? (Lc 13,18)
Gesù vuole spiegarci «il regno di Dio». È Lui il Regno e «se uno non nasce dall'alto non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3). Paolo che an-nunciava il regno di Dio e insegnava «le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento» ha scritto che «il regno di Dio non è cibo o bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo» (Rm 14,17) perché «non consiste in parole, ma in poten-za».
Agisci…
Io che tipo di lievito
sono? Buono, cioè fac-
c i o f e r m e n t a r e
l’ambiente verso il
bene, o cattivo, cioè
distruggo la massa?
Maria, custodisci in
ogni cuore il buon lie-
vito del regno di Dio.
Non di solo pane - Numero 728 - Tempo Ordinario - pagina 9
Quando sentiamo o pronunciamo il termine "regno",
abbiamo in mente una realtà caratterizzata da po-
tenza, gloria e sfarzo. Gesù, usando il linguaggio
umano, sconvolge il nostro modo di pensare e la no-
stra esperienza umana, affermando che il Regno di
Dio, infinito nella sua grandezza e in tutte le sue
perfezioni è simile a un granellino di senapa gettato
nell'orto. L'infinitamente grande diventa infinita-
mente piccolo! È un monito per noi che siamo cadu-
ti nel peccato a causa della superbia, per le nostra
smania di grandezza. Il Signore ci dice chiaramente
che se vogliamo far parte di quel Regno dobbiamo
diventare piccoli ed umili e, dunque, modificare
radicalmente le nostre categorie di pensiero. Il se-
me della senapa è davvero tra i più minuscoli esi-
stenti in natura, perciò il paragone usato da Gesù
non dà adito a fraintendimenti. Questo è un discor-
so che nel nostro mondo risuona incomprensibile e
perfino insensato agli orecchi di molti. La virtù
dell'umiltà sembra sia oggi quasi improponibile an-
che perché viene spesso confusa con la debolezza o
la pusillanimità. La seconda immagine usata da Ge-
sù per parlare del Regno di Dio è il lievito che viene
mischiato alla massa di farina. Qui il linguaggio di-
venta estremamente impegnativo perché il lievito
siamo noi, piccola porzione di eletti, in una massa
che attende di fermentare nel bene, sotto gli impul-
si convincenti del buon esempio. Per far questo non
possiamo e non dobbiamo far affidamento alle no-
stre sole forze, ma dobbiamo confidare soprattutto
nella grazia divina che ci fortifica e ci rende capaci
di compiere le opere di bene. E questa una grande
responsabilità, ma anche un meraviglioso privilegio.
Quando Signore
Quando il Signore ristabilì
la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Signore Gesù, bagna con la grazia della
tua Parola e con il dono dello Spirito la
nostra vita, perché possa crescere e dila
tarsi fino a tendere verso il cielo come
rami festanti di un albero esultante. Libe
raci dalla paura di essere tritati dalla vita
e aprici alla gioia di dare profumo e sapo
re alla vita di tutti, sentendoci parte della
vita di tutto il cosmo, sempre protesi oltre
noi stessi.
Meditiamo la Parola
Il valore dell’umiltà Meditazione a cura di don Carlo Moro
Parroco di Gargnano
Non di solo pane - Numero 728 - Tempo Ordinario - pagina 10
Non ha un colore l’ipocrisia,
piuttosto gioca con le mezze tin-
te. Si insinua e seduce in
“chiaroscuro”, con “il fascino
della menzogna”. Il Papa, par-
tendo dal brano del Vangelo di
Luca – Gesù e i discepoli in mez-
zo a una calca che si calpesta i
piedi tanto è fitta – mette in luce
lo schietto avvertimento di Cristo
ai suoi: “Guardatevi dal lievito
dei farisei”. “È una cosa piccolis-
sima” il lievito, osserva France-
sco, ma per come Gesù ne parla
è come se volesse dire “virus”.
Come “un medico” che dice “ai
suoi collaboratori” di fare atten-
zione ai rischi di un “contagio”:
“L’ipocrisia è quel
modo di vivere, di
agire, di parlare che
non è chiaro. Forse
sorride, forse è se-
rio… Non è luce, non
è tenebra… Si muove
in una maniera che
sembra non minaccia-
re nessuno, come la
serpe, ma ha il fasci-
no del chiaroscuro.
Ha quel fascino di
non avere le cose
chiare, di non dire le
cose chiaramente; il
fascino della menzo-
gna, delle apparen-
ze… Ai farisei ipocriti, Gesù dice-
va anche che erano pieni di se
stessi, di vanità, che a loro piace-
va passeggiare nelle piazze facen-
do vedere che erano importanti,
gente colta…”.
Gesù tuttavia rassicura la folla.
“Non abbiate paura”, afferma,
perché “non c’è nulla di nascosto
che non sarà svelato, né di segre-
to che non sarà conosciuto”. Co-
me a dire, osserva ancora France-
sco, che nascondersi “non aiuta”,
anche se “il lievito dei farisei”
portava e porta “la gente ad ama-
re più le tenebre che la luce”:
“Questo lievito è un virus che
ammala e ti farà morire. Guarda-
tevi! Questo lievito ti porta alle
tenebre. Guardatevi! Ma c’è uno
che è più grande di questo: è il
Padre che è nel Cielo. ‘Cinque
passeri non si vendono forse per
due soldi? Eppure, nemmeno uno
di essi è dimenticato davanti a
Dio. Anche i capelli del vostro
capo sono tutti contati’. E poi,
l’esortazione finale: ‘Non abbiate
paura! Valete più di molti passe-
ri!’. Davanti a tutte queste paure
che ci mettono di qua e di là e di
là, e che ci mette il virus, il lievi-
to dell’ipocrisia farisaica, Gesù ci
dice: ‘C’è un Padre. C’è un Padre
che vi ama. C’è un Padre che ha
cura di voi’”.
E c’è un solo modo per evitare il
contagio, sostiene Papa France-
sco. È la strada indicata da Gesù:
pregare. L’unica soluzione, con-
clude, per non cadere in
quell’“atteggiamento farisaico
che non è né luce né tenebre”,
ma è “a metà” di un cammino
che “mai arriverà alla luce di
Dio”:
“Preghiamo. Preghiamo tanto.
‘Signore, custodisci la tua Chiesa,
che siamo tutti noi: custodisci il
tuo popolo, quello che si era ra-
dunato e si calpestavano tra loro,
a vicenda. Custodisci il tuo popo-
lo, perché ami la luce, la luce
che viene dal Padre, che viene da
Tuo Padre, che ha inviato Te per
salvarci. Custodisci il tuo popolo
perché non divenga ipocrita, per-
ché non cada nel tepore della
vita. Custodisci il tuo popolo per-
ché abbia la gioia di sapere che
c’è un Padre che ci ama tanto”.
Pagine bibliche / farisei Gli approfondimenti di Non di Solo Pane
Un nuovo anno di Grazia
Papa: l’ipocrisia è un virus
nell’ombra, la preghiera lo vince don Luciano
Non di solo pane - Numero 728 - pagina 11
XXX Tempo Ordinario
Puoi fare di questo giorno tutto ciò che desideri. Nel momento esatto in cui ti svegli al mattino, puoi decidere che tipo di giornata sarà per te.
In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando
Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede
anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea,
suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo,
figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota,
che divenne il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era
gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusa-
lemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere
guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri veniva-
no guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guari-
va tutti.
Brano Evangelico: Lc 6, 12-19
Il santo che si festeggia oggi assieme a Simone «il cananeo», pur appartenen-do al gruppo dei 12 aposto-li, non va confuso con l'o-monimo apostolo traditore di Gesù, l'Iscariota. Si trat-ta infatti di Giuda fratello di Giacomo, detto Taddeo, c h e s i g n i f i c a «magnanimo». Un nome ben conosciuto dalla tradi-zione ebraica quello di Giuda: era stato, infatti, di uno dei figli di Giacobbe e
dalla tribù di Giuda sa-rebbe uscita la stirpe dello stesso Messia. Inoltre, nel secondo secolo avanti Cristo, Giuda Maccabeo era stato un eroe della rivol-ta giudaica contro An-tioco IV. Secondo il racconto dell'evangeli-sta Giovanni al capitolo 14 durante l'ultima cena Giuda Taddeo domanda a Gesù: «Signore, come è accaduto che devi
manifestarti a noi e non al mondo?». «Se uno mi ama, osserverà la mia pa-rola e il Padre mio lo ame-rà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui», è la risposta di Gesù. Dopo l'Ascensione, anche Giuda Taddeo, se-condo la tradizione, andò a portare nel mondo l'an-nuncio di Cristo.
Contemplo: Siete familiari di Dio (Ef2,19)
Nella Chiesa apostolica non siamo «più stranieri né ospiti, ma concit-tadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d'angolo lo stesso Cristo Ge-sù». Nella «città di Dio» la costituzione è tanto antica che risale ai tempi degli apostoli e si adatta ad ogni tempo. L'unica legge fonda-mentale è l'amore di Cristo Gesù, che può rinnovare veramente la «città degli uomini».
Il Santo del giorno: San Giuda Taddeo
Mercoledì 28
Ottobre
II Settimana del Salterio
Agisci Non sono uno stranie-ro nei confronti di Dio e nemmeno un ospite. Sono invece un suo famigliare, uno di “casa” e come tale voglio vivere e consi-derarmi. Oggi, in ogni situazione, scelta, comportamento, mi ricordo di questo.
Non di solo pane - Numero 728 - Tempo Ordinario - pagina 12
Gesù prega, chiama, insegna. Potrebbero sem-brare azioni distinte, invece no. Neppure per noi. L’una è conseguenza dell’altra. Non si può svolgere un tema senza conoscere l’alfabeto e non si può insegnare senza avere padronanza della materia. E tutto richiede sensibilità, sa-pendo che le corde del cuore non sono tutte u-guali. In merito, il Vescovo Luciano Monari affer-ma: “Ci sono preoccupazioni necessarie, come quelle che riguardano il cibo e il vestito; e ci so-no preoccupazioni superflue. E può darsi che l’uomo riesca artificialmente ad addormentarsi, ma il prezzo che paga per questo è elevato: è l’insensibilità spirituale: «che quel giorno non vi piombi addosso improvviso come un laccio». Co-me evitare questo rischio? Con la preghiera, dice Luca; con una preghiera costante. Pregare, in-fatti, significa volgere lo sguardo da ciò che ci circonda a Dio che ci chiama, dalle preoccupa-zioni immediate al progetto ultimo della nostra vita. Pregare significa anche fare concretamente spazio alla volontà di Dio nella propria vita in modo da arricchire davanti a Lui. La Lettera ai Tessalonicesi offre per questo maggiori precisa-zioni. Una, anzitutto, che delinea l’atteggiamento di fondo del credente: «Il Signo-re poi vi faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole… cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più». San Paolo esorta a un progresso spirituale continuo; non basta essere, bisogna crescere; non basta crescere, bisogna abbondare. L’esistenza del cristiano rimane sem-pre una via, un cammino che richiede perseve-ranza e progresso continuo. È questa, d’altra parte, la legge di ogni vivente; quando il vivente non cresce più è già morto; quando la vita cri-stiana non progredisce, si è già sclerotizzata”.
Meditiamo la Parola
Con una preghiera costante Meditazione di Fiorella Elmetti
I cieli narrano
Ora sappiamo perché tante stelle e
sappiamo perché tanti fiori: siamo noi
la coscienza del loro splendere, noi la
coscienza del loro fiorire; ed è la tua
legge la fonte di ogni esistere, la ra
gione del nostro pensare ed agire.
I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani
annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida
il racconto e la notte alla notte
ne trasmette notizia.
Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde
il loro annuncio
e ai confini del mondo
il loro messaggio.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Gesù, Signore di tutte le notti della
nostra vita, della storia, di sem-
pre... in una notte hai posto profon-
dissime basi alla tua Chiesa, hai
pregato sui volti, sui nomi, sulle sto-
rie degli uomini da inviare al servi-
zio della tua Parola e di ogni uomo
lungo il cammino. A te, Signore no-
stro, che ci scegli senza avere pau-
ra delle notti della nostra anima,
lode e gloria e ogni benedizione nei
secoli.
Non di solo pane - Numero 728 - pagina 13
Giovedì 29
Ottobre
II Settimana del Salterio
XXX Tempo Ordinario
Sii attento a ogni cosa. Non esiste il "grande" e non esiste il "piccolo".
Tutto è Divino.
Amico del Beato Gia-
como 1°, Re d'Arago-
na, il Beato Bernardo
de Olivella, merce-
dario di Tarragona
(Spagna), venne e-
letto arcivescovo
della stessa città. Fu
presente al funerale
dell'amico Re morto
nell'anno 1276; lui
stesso poi cinse
con la corona re-
gale nella chiesa
cattedrale di Va-
lenza e consacrò
Re il nuovo sovra-
no Pietro. Finché
pieno di meriti
morì nella pace
del Signore nell'anno
1287 nella sua sede
di Tarragona. L'Ordi-
ne lo festeggia il 29
ottobre.
Il Santo del giorno: Beato Bernardo da Olivella
In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere». Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”. Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho volu-to raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”».
Brano Evangelico: Lc 13, 31-35
Contemplo: Salvami, Signore, per il tuo amore (dal Salmo responsoriale)
Signore Gesù, tu non hai avuto paura di fronte ai potenti di questo mon-
do, hai sempre detto la verità e anche dinanzi alle minacce non ti sei
mai tirato indietro. Lo hai fatto per amore nostro, fino al dono della tua
stessa vita. Aiutaci e salvaci nel tuo grande amore, non lasciarci soli
nelle difficoltà e nelle prove della vita, ma rialzaci e donaci la vita per
la tua grande misericordia.
Agisci
Oggi riprendo consa-
pevolezza che Dio è
per me! È dalla mia
parte! Questo mi
darà nuova forza per
affrontare la giorna-
ta con le sue diffi-
coltà, sull’esempio
di Maria.
Non di solo pane - Numero 728 - Tempo Ordinario - pagina 14
Come è consolante sapere che Gesù dice a tutti
— farisei compresi — che alla fine dei tempi tut-
ti diranno: «benedetto colui che viene nel nome
del Signore!». Questo è il senso dell'esempio
dell'immagine della chioccia che protegge la sua
nidiata sotto le sue ali. Nell'iconografia della Ma-
donna, soprattutto del XIII secolo troviamo
un'immagine simile: la Madonna che tiene sotto
il suo mantello un gruppo di fedeli in preghiera.
Normalmente questi ultimi sono raffigurati mol-
to più piccoli della Madonna e quindi sotto il suo
mantello ne entrano molti. Sono molto vicini tra
di loro e alla Madonna. Nulla può succedere fin-
ché i fedeli stanno sotto questo mantello. L'im-
magine è presa da un uso civile: chi era "sotto il
mantello" del principe aveva una protezione —
normalmente di tipo giuridico. La Madonna, qui
la Regina del Cielo, dà protezione "ai suoi". Non
sembra che il Signore sia mai stato raffigurato
in questo modo "protettivo", anche se in questo
Vangelo troviamo proprio questa descrizione:
l'amore di Gesù per gli uomini è come l'amore
materno, che tutela in qualche modo i propri
piccoli fino a dare la vita. Ma Gesù non può far-
lo, se la covata se ne va, rifiuta la protezione.
Come nella natura il piccolo che si allontana dal-
la mamma rischia molto e normalmente muore,
così avviene anche a chi si allontana da Cristo.
Ma, come l'animale cerca il suo cucciolo, anche
il Signore cerca i suoi. Nel Vangelo di Matteo l'e-
sempio della chioccia è offerto in prossimità del-
la morte del Signore. Il nostro rifiuto di Gesù è
un dolore per il Signore come quello della perdi-
ta di un figlio.
Come si addice al
tuo nome
Ma Dio capisce. Esiste anche il diritto del
disperato a pregare; il diritto di chi è solo;
ed è innocente, ed è condannato; o peggio
ancora, tradito dall'amico. Ed è impotente,
sottoposto a torture senza fine.
Tu, Signore Dio,
trattami come si addice al tuo nome:
liberami, perché buona è la tua grazia.
Io sono povero e misero,
dentro di me il mio cuore è ferito.
Aiutami, Signore mio Dio,
salvami per il tuo amore.
Sappiano che qui c’è la tua mano:
sei tu, Signore, che hai fatto questo.
A piena voce ringrazierò il Signore,
in mezzo alla folla canterò la sua lode,
perché si è messo alla destra del misero
per salvarlo da quelli che lo condannano.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Tu sei come una chioccia che tiene la
sua covata sotto le sue ali, Signore.
Posso contare sempre sulla tua prote
zione, se non mi allontano da te. Tu mi
dai tutto ciò di cui ho bisogno e mi
proteggi..
Meditiamo la Parola
Come la chioccia con i pulcini Meditazione a cura di don Carlo Moro
Parroco di Gargnano
Non di solo pane - Numero 728 - Tempo Ordinario - pagina 15
Venerdì 30
Ottobre
II Settimana del Salterio
XXX Tempo Ordinario
Possa io fare della mia vita qualcosa di semplice e diritto, come un flauto di canna che il Signore
riempie di musica.
Nato nel 1669 ad A-cri (Cosenza), Lucan-tonio Falcone ebbe un cammino vocazio-nale singolarmente travagliato. Entrò e uscì dal noviziato cappuccino per ben due volte. Il terzo tentativo fu decisivo. Venne ordinato sa-cerdote nel 1700 nel-
la cattedrale di Cassa-no. Esercitò il suo apostolato come pa-dre provinciale e, so-prattutto, come predi-catore in tutto il Mez-zogiorno per 40 anni. Era conosciuto come l'«Angelo della pa-ce». In vita e dopo la morte, avvenuta nel 1739, compì numero-
si miracoli. Il suo cor-po è venerato nella basilica di Acri, che è a lui dedicata. È stato beatificato da Papa Leone XII nel 1825.
Il Santo del giorno: Beato Angelo d’Acri
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare
ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo ma-
lato di idropisìa. Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù
disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo pre-
se per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse loro: «Chi di voi, se un
figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di
sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.
Brano Evangelico: Lc 14, 1-6
Contemplo: Lo prese per mano e lo guarì (Lc 14,4)
I farisei piacciono a Gesù, pranza con loro, discute, dialoga con loro, li sgrida, li vuole convertire. Sono i più vicini al regno di Dio, perché co-noscono bene la parola di Dio nelle Scritture. Gesù guarisce il loro e nostro «gonfiore», l'idropisia spirituale che ci impedisce di vedere che le leggi sono fatte per l'uomo. E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!»; «La legge di libertà con la miseri-cordia ha sempre la meglio sul giudizio» (Gc 2,13).
Agisci: Gesù è più interessato al nostro bene che a osservanze solo este-riori: non può aspetta-re a beneficiarci! E noi abbiamo la stessa “urgenza” di fare del bene a coloro che ne hanno bisogno? Oggi rispondo con sincerità a questa domanda e cerco di seguire l’esempio di Gesù.
Non di solo pane - Numero 728 - pagina 16
I farisei osservano Gesù e si avverte subito che il
loro non è uno sguardo benevolo. Infatti il verbo “stavano” indica che lo osservavano continuamen-
te, attenti a carpire ogni gesto per poi interpre-
tarlo a loro modo, alla luce dei loro pensieri tanto
diversi dai suoi. Lui pensa a guarire “un uomo ma-lato”, a ridargli dignità e speranza, loro invece gli
fanno notare che è “sabato”, giorno sacro per gli
ebrei in cui il riposo dalle attività deve prevalere su ogni altra attività. Per loro tutto ha senso nella
sacralità della legge, per lui il centro è la cura
delle creature. Questo è il dramma che Papa Francesco cerca di estirpare anche dalla Chiesa
dicendo: “E’ il cuore con quella durezza che non
lascia entrare la misericordia di Dio. E’ più impor-
tante la mia predica, sono più importanti i miei pensieri, è più importante tutto quell’elenco di
comandamenti che devo osservare, tutto, tutto,
tutto che la misericordia di Dio … Anche Gesù non era capito per la sua misericordia. E questo dram-
ma anche Gesù lo ha vissuto con i Dottori della
Legge, che non capivano perché Lui non lasciò la-pidare quella donna adultera, come Lui andava a
cena con i pubblicani e i peccatori: non capivano.
Non capivano la misericordia … No ai ministri del-
la rigidità, il Signore ci chiede misericordia. Dove c’è il Signore c’è la misericordia. E Sant’Ambrogio
aggiungeva: ‘E dove c’è la rigidità ci sono i suoi
ministri’. La testardaggine che sfida la missione, che sfida la misericordia: Vicini all’inizio
dell’Anno della Misericordia, preghiamo il Signore
che ci faccia capire come è il suo cuore, cosa si-
gnifica ‘misericordia’… soltanto si capisce la mise-ricordia di Dio quando è stata versata su di noi,
sui nostri peccati, sulle nostre miserie …”.
Meditiamo la Parola
Stavano... Meditazione di don Fiorella Elmetti
Spuntino quali fiori le pa
role sulle labbra finalmen
te gaudiose. Eri vento im
petuoso sulle prime sco
gliere del mondo. Eri colomba uscita
dalla nube eterna.
Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le
sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.
Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Signore Gesù, nulla disprezzi di ciò che è umano e tutto assumi della nostra storia, del nostro cuore, del nostro spirito e della nostra carne. Ti ringraziamo e ti preghiamo: liberaci dalla tentazione di «disincarnare» la fede, di darle e darci un volto troppo angelicato, lontano dalla realtà della nostra vita. Donaci di vivere con semplicità, realismo e dignità la nostra umanità, perché tu possa porre la tua tenda in noi e farti carne della nostra carne!
Non di solo pane - Numero 728 - Tempo Ordinario - pagina 17
Lungo i fiumi commento ai Salmi cura di don Luciano Vitton Mea
Riprendiamo la rubrica dedicata ai Salmi che lo
scorso anno ha avuto un notevole gradimento.
Di solito don Luciano commentava personal-
mente i Salmi ma in questo periodo di
“trasferimento” dalla Parrocchia di Cailina a
quella di Bovegno non è riuscito a commentarli.
Vi proponiamo, per tanto, una bellissima rifles-
sione, semplice ma profondissima, del Card.
Dionigi Tettamanzi Arcivescovo emerito di
Milano
esseri, anime in tormenti d'amore; anime e
corpi assetati di lui, altro non dite,
perché tutto è già detto, cantato, sofferto da
altri innamorati. È grazia di lui pregare così:
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’ aurora io ti cerco,
ha sete di te l'anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata,
senz'acqua. Così nel santu-
ario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e
la tua gloria.
(Salmo 63,2-3)
Lo definirei il Salmo della mia memoria
quotidiana. Quel «dall’ aurora io ti cerco»
mi rimanda al senso della vita, allo scopo
dei miei giorni: vivo per cercare il Signore,
Dall’aurora io ti cerco Commento al Salmo 63
non dimenticando mai e
ricordando sempre, an-
zitutto a me stesso,
qual è il destino gran-
dioso e meraviglioso che
Dio ha pensato per me
da prima del tempo. C'è
una meta di beatitudine
per la mia vita che mi è
di conforto e mi motiva
in profondità, è la ragione profonda e bella che
dà impulso e forza al mio quotidiano.
Quel «dall aurora io ti cerco» è anche un esame
di coscienza «fulminante» che mi mette spalle
al muro e mi chiede conto della fedeltà che ho
promesso al mattino, appena sveglio, con il mi-
o primo «segno di croce».
Tracciato sul mio corpo, quel segno ha la forza
di accendere e di far ardere il cuore al brucio-
re di un unico grande desiderio: quello di pro-
mettere una sincera e totale coerenza tra la
«sete» di Dio e tutte le altre «seti», i più diversi
sentimenti e gesti con i quali inizia e si snoda il
cammino della mia giornata.
Quel segno di croce si imprimerà altre volte an-
cora durante il giorno nella mia «carne», nella
mia umanità tanto fragile e talvolta così povera
e miserevole. Ma sono chiamato sempre, anche
«in terra arida», a tenere accesa e a ridestare
la sete di Dio e ad accogliere con cuore spalan-
cato quella misericordia, che instancabilmente
lo Spirito versa su di me, come acqua fresca e
rigenerante. Così proseguo il cammino e mi av-
vicino alla meta: ritrovo Dio come
«beatitudine», come felicità piena e indistrutti-
bile.
Non di solo pane - Numero 728 - pagina 18
Sabato 31
Ottobre
II Settimana del Salterio
XXX Tempo Ordinario
"La fede viene con la pratica; vivi di fede, finché essa
diviene irremovibile, come una roccia,
e troverai la vera libertà dello spirito."
Alfonso era un mercan-
te, nato a Segovia, in
Spagna, nel 1533. Si era
sposato e aveva avuto
due figli ma fu sconvol-
to dalla perdita della
moglie e dei beni. A 35
anni tornò a scuola,
proseguendo faticosa-
mente gli studi interrotti
in gioventù. Si presen-
tò, quasi vecchio, come
novizio in un convento
della Compagnia di
Gesù. Venne accolto,
ma volle restare fra-
tello coadiutore, ad-
detto al servizio mate-
riale della comunità.
Divenne così portina-
io nel convento dell'i-
sola di Maiorca, da
dove passavano i mis-
sionari diretti in Ame-
rica. Per tutti l'incon-
tro con il santo porti-
naio era un'esperienza
illuminante e a volte
decisiva, come nel caso
di san Pietro Claver,
l'«apostolo degli schia-
vi». I suoi scritti furono
raccolti dopo la morte,
avvenuta il 31 ottobre
del 1617.
Il Santo del giorno: Sant’Alfonso Rodriguez
Brano Evangelico: Lc 14,1.7-11
Contemplo: Chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,11)
Gesù ci insegna che umiliarsi non significa sottrarsi alle proprie responsabi-lità. Ma invece significa esaltare Dio e la sua misericordia che, come dice il cantico di Maria, «guarda l'umiltà dei suoi servi» (cf Lc 1,48). Valutiamo noi stessi per convertirci agli insegnamenti di Gesù: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Parafrasando san Paolo: «Se non avessi l'umiltà di amare Dio e il prossimo, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita» (cf 1Cor 13,1).
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi
stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sce-
glievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non met-
terti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e co-
lui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai
con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a
metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti di-
ca: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i com-
mensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esalta-
to».
Agisci Dio sa trarre il bene anche dai nostri er-rori. Oggi affido al Signore i miei errori e le mie cadute, af-finché possa trarne il bene come solo lui sa fare.
Non di solo pane - Numero 728 - Tempo Ordinario - pagina 19
Ancora una volta la logica del Regno annunciato da
Gesù non coincide con quella del mondo. Nella no-
stra società veniamo educati, per quanto in maniera
quasi subdola, senza che ce ne rendiamo conto, pro-
prio ad ottenere i primi posti e questo, molto spesso,
a costo di passare sopra al prossimo, o di sacrificare
altri valori, più alti, come la famiglia, la dignità uma-
na o, anche, la nostra vita di preghiera. Così, ci tro-
viamo coinvolti in una lotta per arrivare in alto, se-
condo il motto "tanto hai, tanto vali", ricercando solo
convenienza e risultati rapidi. Tuttavia, Gesù ci con-
segna oggi un altro insegnamento: essere umili, rite-
nersi sempre meno degni dei fratelli. Ci dice di se-
derci all'ultimo posto. Ciò suona scandaloso alle no-
stre orecchie. Si può comprendere davvero questo
messaggio solo volgendo lo sguardo al Crocifisso. E-
gli, che pure era il Figlio di Dio, ha voluto nascere
nella povertà e nella miseria di una stalla. Egli, che
aveva creato tutto dal nulla, passò la gran parte dei
suoi anni terreni nella discrezione della tranquilla
vita domestica, lavorando come falegname. Colui per
il quale tutto è stato creato e al quale ogni cosa è
sottomessa di tutto quanto esiste, nonostante la sua
condizione divina, non considerò tesoro geloso la sua
divinità. A tanto è giunto il suo amore per noi, che
ha voluto rimanere tra noi e in noi, nascosto, ridu-
cendo la sua divinità in una piccola forma di pane,
per la nostra salvezza. Ecco la luce che guida la no-
stra vita. San Paolo fece della croce di Cristo la sua
unica gloria. "La mia vita è Cristo", ci dice oggi. Ciò
che importa non è la vita, né la morte, ma solo stare
dove Dio vuole, vivendo secondo il suo spirito.
Dio, sostegno dell’uomo.
Ma il quotidiano attrito dei potenti ha fatto del
mio cuore un rogo, avvampa ora il fuoco del
mio silenzio. Che io dica sempre la tua libera
parola, e quale speranza è nell'attesa amara.
Beato l’uomo che tu castighi, Signore,
e a cui insegni la tua legge,
per dargli riposo nei giorni di sventura.
Poiché il Signore non
respinge il suo popolo
e non abbandona la sua eredità,
il giudizio ritornerà a essere giusto
e lo seguiranno tutti i retti di cuore.
Se il Signore non fosse stato
il mio aiuto, in breve avrei abitato
nel regno del silenzio.
Quando dicevo: «Il mio piede vacilla»,
la tua fedeltà, Signore, mi ha sostenuto.
Preghiamo la Parola
Preghiera
Signore Gesù, insegnaci a essere
capaci di discernimento e donaci
la dolcezza in ogni nostra scelta,
per metterci sempre a nostro agio
senza mai mettere a disagio alcu-
no. La quotidiana frequentazione
della tua Parola crei in noi un in-
confondibile stile di vita.
Meditiamo la Parola
L’ultimo posto Meditazione a cura di don Carlo Moro
Parroco di Gargnano
333/3390059 don Luciano
Anno XV- n. 728
Domenica 25 Ottobre 2015
Chiuso il 20/10/2015
Numero copie 1350
Coordinatrice Fiorella Elmetti
Redazione
don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini,
don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti
Grafica e stampa
don Luciano Vitton Mea
Ideato da don Luciano Vitton Mea
Sussidio di preghiera per la famiglia
Per la tua vita spirituale visita il
Vi troverai:
Ogni giorno una meditazione dei più grandi maestri di spiritualità Il settimanale di preghiera Non di Solo pane (da scaricare) I Santi del Giorno Tutte le opere di San Agostino I racconti di un pellegrino russo L’Imitazione di Cristo
Ti aspetto ogni giorno su:
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