Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015

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PANE Non di solo Sussidio di preghiera per la famiglia Anno XV - n° 714 Domenica 14 Giugno 2015 Tempo Ordinario Itinerario quotidiano di preghiera Questa settimana: preghiamo con la sindone

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PANE Non di solo

Sussidio di preghiera per la famiglia

Anno XV - n° 714

Domenica 14 Giugno 2015

Tempo Ordinario

Itinerario quotidiano di preghiera

Questa settimana: preghiamo con la sindone

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Non di solo pane ­ Numero 714 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 2

Giugno 2015

“Pregare, forse il

discorso più urgente”

Sussidio di preghiera

per la famiglia

Offerta della giornata

Vi offriamo questa settimana, in occasione

dell’ostensione della Sacra Sindone, alcune

riflessioni sul telo dove la tradizione vuole

che sia stato avvolto il corpo di Gesù dopo

la deposizione dalla Croce.

Ogni dettaglio della Sindone ci «racconta» ciò

che accadeva a un condannato che veniva sotto-

posto al supplizio della croce.

Come vedremo nelle pagine che seguono, tali

dettagli possono essere posti in parallelo con un

brano evangelico e tutti trovano un perfetto ri-

scontro con il racconto dei vangeli. Si potrebbe

dunque dire che il telo sindonico rappresenti un

altro vangelo non scritto da un autore umano,

che ci ricorda quel santo Mandylion, cioè il «volto

santo», immagine denominata, come detto, ache-

ròpita che in greco significa, appunto, «non fatta

da mano d'uomo».

La Sindone appare dunque ai nostri occhi come

una vera icona, cioè una finestra affacciata sul

mistero, che ci narra quanto è veramente accadu-

to e che ci rimanda costantemente al profondo

orizzonte della fede.

Proprio per cogliere meglio tale orizzonte, il bra-

no evangelico e la descrizione dei particolari del-

la Sindone sono stati affiancati da alcune medita-

zioni di una grande mistica medievale, Angela da

Foligno (+ 1309). È stata scelta una tra le tantissi-

me voci di credenti che lungo la storia del cristia-

nesimo hanno testimoniato con la vita il loro a-

more e la loro vicinanza all'Uomo dei dolori.

Preghiamo con la Sindone

Sito di Non di Solo Pane:

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Non di solo pane ­ Numero 714 ­ pagina 3

Domenica 14

Giugno

III Settimana del Salterio

XI Domenica del Tempo Ordinario

“Un buon cattolico non si immischia in politica? Quello non è vero, non è una buona strada. Un

buon cattolico si immischia in politica offrendo il meglio di sè“

Ricco possidente, origi­nario di Abelmeula, il suo nome che significa «Dio salva» risponde bene alla missione svolta tra il popolo di Israele, sotto il regno di Ioram (853­842 a.c.), Iehu (842­815 a.c.), Ioacaz (814­798 a.c.) e Ioash (798­783). Eliseo era un uomo deciso e lo dimostra la prontezza con cui rispose al gesto simbolico di Elia che, per ordine di Jahvé, lo consacrava profeta e

suo successore. Eliseo prese parte attiva alle vicende politiche del suo popolo attraverso il cari­sma della sua profezia e può essere considerato il più taumaturgico dei pro­feti dell'Antico Testa­mento. La Scrittura ricor­da infatti una lunga serie di prodigi da lui operati: stendendo il mantello di Elia divise le acque del Giordano; rese potabile l'acqua di Gerico; riportò in vita il figlio della su­

namita che lo ospitava; moltiplicò i pani sfaman­do un centinaio di perso­ne. Profeta non scrittore, come il suo maestro Elia si preoccupò del suo pae­se in tempi difficili du­rante la guerra contro i Moabiti e durante quelle contro gli Aramei. Morì verso il 790 a.C. e venne sepolto nei pressi di Sa­maria, dove ai tempi di San Girolamo esisteva ancora il suo sepolcro.

Il santo del Giorno: Sant’Eliseo

In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, su­bito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa pos­siamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più picco­lo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere an­nunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Brano Evangelico: Mc 4, 26­34

Contemplo: Il seme germoglia e cresce (Mc 4,27)

Il regno di Dio è già presente in mezzo a noi, ma sta ancora crescendo e svi­

luppandosi verso la mietitura, in un destino mirabile. Il futuro, per i credenti

in Gesù, non è condanna, disperazione e nemmeno rassegnazione fatalistica.

L'insegna­mento di Paolo lo dice chiaramente: «Anche se siamo in un esilio

lontano dal Signore, siamo sempre pieni di fiducia e camminiamo nella fe­

de», la fede in colui che ha vinto la morte e ci associa al suo trionfo nella glo­

ria di amore e di intimità con Dio.

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Non di solo pane ­ Numero 714 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 4

G l i a p p r o f o n d i m e n t i d i N o n d i s o l o p a n e

Gesù parla di Dio e del suo

Regno con un linguaggio

semplice, che tutti compren-

dono. Parte dalla quotidiani-

tà, dalle esperienze concre-

te della gente che lo ascolta,

spesso prende lo spunto dal

loro duro lavoro.

Così aiutava le persone a

scoprire le cose di Dio nella

vita di ogni giorno, vita che

diventava trasparente; le

parabole sono quindi una

sorta di chiave per aprire,

attraverso la semplicità della

vita quotidiana, i segni della

presenza di Dio che scorre

tra i declivi dei giorni e delle

stagioni che passano segnan-

do il volto degli uomini. Nel-

le due brevi parabole di que-

sta domenica Gesù ci presen-

ta l’immagine del seme.

Nella prima viene tratteggia-

ta, come in un bel quadro, la

storia del seme che cresce.

Quando il contadino lascia ca-

dere i semi nella terra li ab-

bandona a un lento processo

che li porterà prima a germo-

gliare, poi a crescere ed infine

a portare frutto.

Il seme stesso, a contatto con

la terra, l’acqua e il sole, spri-

giona la propria forza vitale

germoglia e cresce. Così è il

Regno di Dio. E’ un percorso,

ci sona tappe e momenti di

crescita. Avviene nel tempo.

Produce frutto al momento

giusto, ma nessuso sa spiegare

la sua forza misteriosa. Nessu-

no ne è il padrone! Solo Dio!

Questa breve parabola è una

sferzata di speranza, ci da fidu-

cia in questi tempi difficili dove

la presenza di Dio, e quindi an-

che del suo Regno, sembra esse-

re offuscata dall’indifferenza e

da una caduta di qui valori fon-

damentali che dovrebbero carat-

terizzare una vita autenticamen-

te cristiana. Il pensiero domi-

nante non facilita la crescita del

seme della Parola, ma non dob-

biamo scoraggiarci; anche se

non lo vediamo il regno di Dio

cresce in noi e fuori di noi per-

ché il padrone della messe cono-

sce i tempi della mietitura. Ge-

sù, oggi, ci rassicura: dobbiamo

gettare il seme della Parola in

terra, abbondantemente; non

solo nelle chiese ma anche

sull'asfalto dei nostri quartieri di

periferia. Uscire e gettare il se-

me, senza preoccuparsi. Parlare

di Dio, bene, con verità, con co-

erenza. Poi, ci penserà il seme,

progressivamente, a crescere.

Infine non dobbiamo mai dimen-

ticarci che noi stessi siamo il

campo di Dio, il terreno dome il

seme della Parola deve attecchi-

re, crescere e fruttificare.

Infatti “quando concepiamo

buoni desideri, gettiamo il seme

nella terra. Quando co­minciamo

ad operare rettamente, siamo lo

stelo. Quando cresciamo mag-

giormente nell'opera buona, ar-

riviamo alla spiga. Quando ci

rafforziamo nella perfezione

della nostra condotta, ormai

produciamo il chicco pieno nella

spiga”. (Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele

2, 3, 5)

Siamo piante nel regno di Dio Meditazione di don Luciano Vitton Mea

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Non di solo pane ­ Numero 714 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 5

G l i a p p r o f o n d i m e n t i d i N o n d i s o l o p a n e

Contemplazio: Nasconde e rivela

In casa, soli con Gesù, i discepoli vogliono sapere il

significato della parabola. Loro non lo capiscono. Ge-

sù rimane attonito dinanzi alla loro ignoranza (Mc

4,13) e in quell'occasione risponde con una frase diffi-

cile e misteriosa. Dice ai suoi discepoli: «A voi è stato

confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori

invece tutto viene esposto in parabole, perché guardi-

no, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, per-

ché non si convertano e venga loro perdonato!». Que-

sta frase spinge la gente a chiedersi: Ma allora a cosa

serve la parabola? Per chiarire o per nascondere? For-

se Gesù si serve di parabole affinché la gente continui

a vivere nell'ignoranza e non arrivi a convertirsi? Cer-

tamente no! Poiché nel vangelo di oggi Marco dice

che Gesù usava parabole «secondo quello che poteva-

no intendere» (Mc 4,33). La parabola rivela e nascon-

de allo stesso tempo! Rivela a coloro che sono dentro,

che accettano Gesù, Messia Servo; rivela ai poveri, ai

semplici di cuore, a coloro che abitano nelle tante

“Galilee” delle genti.. Nasconde a coloro che insisto-

no nel considerarlo il Messia, il Re grandioso. A tutti

quelli che presumono di possedere Dio e lo imprigio-

nano in norme fatta da mani d’uomo. Costoro capi-

scono le immagini della parabola, ma non riescono a

coglierne il significato.

Agisci

Vigilerò sul mio cuore

perché non ceda

all’ira, ma si apra

all’altro con mitezza

e, se necessario, con

disponibilità alla riconciliazione.

Appena detto questo, una delle guardie pre­

senti diede uno schiaffo a Gesù dicendo:

“Così risponde al Sommo Sacerdote?”. Gli

rispose Gesù: “ Se ho parlato male dimostra­

mi dove è il male. ma se parlo bene, perché

mi percuoti?” (Gv 18, 19­23).

Il volto dell'uomo della Sindone presenta

una tumefazione sullo zigomo destro,

mentre su quello sinistro vi sono i segni di

incisioni procurate probabilmente da ri-

petute cadute; sulla palpebra sinistra vi è

un grumo di sangue; due rivoli di sangue

appaiono fuorisciti dal naso; sotto il lab-

bro superiore vi sono gocce di sangue;

sulla punta del naso vi è un'ammaccatura.

Sono inoltre presenti alcune ferite sui so-

praccigli ed ecchimosi sulle palpebre. In Cristo vi fu dolore ineffabile, molteplice e nascosto. Poiché il dolore fu in Cristo indi-cibilmente acutissimo, il quale fu disposto per lui dall'ineffabile sapienza divina. Questa divina ed eterna disposizione ineffa-

bile, unita a Cristo dall'eternità, era per lui

causa di sommo dolore. Infatti, quanto più

la disposizione divina è meravigliosa, tanto

più per Cristo è causa di più acuto e intenso

dolore.

La Sacra Sindone

Il volto

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Non di solo pane ­ Numero 714 ­ pagina 8

Martedì 16

Giugno

III Settimana del Salterio

XI Tempo Ordinario

“L’educazione non può essere neutra:

o è positiva o è negativa. O arricchisce o impoverisce“

Aureliano fu eletto ve­scovo di Arles nel 546. Su richiesta del e Childe­berto, fu nominato da papa Vigilio vicario del­la Sede Apostolica nella Gallia e investito del pallio. Fondò il monaste­ro di S. Pietro, cui diede una regola ispirata a quella di s. Cesario e partecipò al concilio di Orléans del 549, nel qua­le fu rinnovata la con­danna di Nestorio e di Eutiche. Ricevette una

lettera, del 29 aprile 550, da Vigilio in ri­sposta a una sua, in cui si lamentava dell'atteg­giamento papale riguar­do ai "tre capitoli". Il pontefice si giustificò dicendo che non inten­deva ammettere alcuna proposizione contro quanto stabilito dai concili di Nicea, di Calcedonia e di Efeso (I) e gli domandò di intervenire presso Chil­deberto affinché costui

ottenesse dall'ariano To­tila e dai Goti, il rispetto della Chiesa di Roma. Aureliano morì a Lione, forse il 16 giug. 551, e fu sepolto nella basilica dei Santi Apostoli. Menzio­nato da Floro e da Ado­ne, il nome di Aureliano figura anche nel Martiro­logio Romano, che ne ricorda la festa nella data di oggi.

Il Santo del giorno: Sant’Aureliano di Arles

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto:

“Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate

i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate

figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui catti­

vi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate

quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche

i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate

di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate

perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Brano Evangelico: Mt 5, 43­48

Contemplo: Fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5,45)

Per Gesù «i nemici sono amici cattivi». Non si accontenta di predicarlo, ma è amico dei poveri che vogliono capire, degli infermi che vogliono guarire, dei peccatori che non sanno come fare a riparare i loro peccati. Andando verso poveri, infermi e peccatori, Gesù intende far conoscere a tutti la gratuità e l'u­niversalità della «nuova» vicinanza di Dio. Dio offre ai peccatori la sua grazia. Tutti sono invitati al banchetto del Regno: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13).

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Non di solo pane ­ Numero 714 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 9

È possibile amare e pregare per i nemici? Con le sole forze umane no. Bisogna spingersi oltre.

Bisogna avere il desiderio di conoscere Cristo,

assumere i suoi sentimenti insieme alla capaci-tà di vedere la bellezza che sta nell'altro, an-

che nel meno meritevole. A riguardo, ecco una

breve testimonianza del teologo Bonhoeffer, morto in un campo di concentramento e proprio

per questo autorevoli: "Non posso giudicare o

odiare un fratello per il quale prego, per quan-

ta difficoltà io possa avere ad accettare il suo modo di essere o di agire. Il suo volto che forse

mi era estraneo o mi riusciva insopportabile,

nella preghiera si trasforma nel volto del fratel-lo per il quale Cristo è morto, nel volto del

peccatore perdonato... Non esiste antipatia,

non esiste tensione e dissidio personale che da parte nostra non possa essere superato nella

preghiera. Intercedere non significa altro che

presentare il fratello a Dio, vederlo nella luce

della Croce di Gesù come povero uomo e pec-catore bisognoso di grazia. Con ciò viene a ca-

dere tutto quello che me lo rendeva antipati-

co". Preso atto di questo, non possiamo, quin-di, dire che sono parole astratte, buttate lì tan-

to per dire. Sono parole, invece, vissute in pri-

ma persona, come lo sono quelle di Etty Hille-sum, anch'ella morta ad Auschwitz:

"...Dobbiamo respingere interiormente questa

inciviltà: non possiamo coltivare in noi quell'o-

dio perché altrimenti il mondo non uscirà di un solo passo dalla melma". Se lo dicono loro che,

come Gesù, innocenti, hanno pagato di persona

l'ingiustizia dell'umanità, uscendone più che vit-toriosi, anche noi possiamo amare e pregare

per i nostri nemici.

meditazione

Amare e pregare Meditazione di Fiorella Elmetti

Agisci

Darò spazio alla preghie-

ra personale, silenziosa,

chiudendo la porta della

“camera del cuore” per

stare alla presenza del

Signore con verità, lasciandomi

guardare e amare da Lui.

E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicina­vano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi (Gv 19,2-3).

La corona di spine posta sul capo del con-dannato appare formata da un casco di resistenti e lunghe spine. Tale sorta di ca-sco, simile alle corone dei re orientali, ha ricoperto l'intera superficie del capo. Le ferite causate dalla corona di spine sem-brano essere almeno una cinquantina. Sulla fronte appare evidente una colatura di sangue: sembra provenire da una gros-sa vena frontale; la sua forma a 3 rove-sciato è dovuta alle rughe della pelle for-matesi per i forti sforzi di resistenza al dolore. In Cristo vi fu dolore intensissimo e acuto per la mirabilissima compassione che ebbe per il genere umano che amava in sommo grado. Infatti aveva compassione di ciascuna persona con sommo dolore, secondo la misura dei peccati e delle pene in cui ciascuno doveva incorrere e in cui sarebbe incorso certamente.

La Sacra Sindone

La corona di spine

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Non di solo pane ­ Numero 714 ­ pagina 6

Lunedì 15

Giugno

III Settimana del Salterio

XI Tempo Ordinario

Il Santo del giorno: Santa Albertina Berkenbrock

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto:

“Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi

al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pór­

gigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica,

tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo

per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera

da te un prestito non voltare le spalle».

Brano Evangelico: Mc 5,38­42

Albertina Berken-

brock, nata l’11 apri-

le 1919 a São Luis

(Brasile), all’età di

soli 12 anni il 15 giu-

gno 1931 fu uccisa

perchè come Maria

Goretti difese eroi-

camente la sua casti-

tà. Dopo un rapi-

dissimo processo di

beatificazione, il

16 dicembre 2006 è

stato riconosciuto il

suo martirio ed il

20 ottobre 2007 è

stata dichiarata

"beata".

Etimologia: Alber-

tina = forma dimi-

nutiva di Alberta,

i l l u s t r i s s i m a ,

dall'antico germa-

nico.

Contemplo: Da' a chi ti chiede (Mt 5,42)

La legge del taglione o della reciprocità, dice che nella società tutti hanno gli stessi doveri e diritti. Umanamente è un grande passo verso una società più giusta. Però Gesù supera la legge vecchia con la legge dell'amore. Mosè ha chiesto a Dio: «Mostrami la tua gloria» e la rispo­sta è stata: «Vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere» (cf Es 33,17­23). Noi seguiamo le spalle di Gesù nel cammino verso Dio, noi seguiamo la legge dell'Amore.

Un cristiano senza gioia non è cristiano. È come il sigillo del cristiano, la gioia. Anche nei dolori, nel-

le tribolazioni, nelle persecuzioni. Un cristiano senza gioia o non è cristiano o è ammalato“

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Non di solo pane ­ Numero 714 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 7

Porgere la guancia sinistra a chi ti percuote

quella destra. Una logica apparentemente as-

surda, fuori da una qualsiasi prospettiva umana

e di comune buon senso. Per comprendere

questo insegnamento dobbiamo avere la capa-

cità di andare oltre il mero significato delle

parole, oltre la superficie di un concetto che

ci appare irrazionale, per coglierne, nei fonda-

li vasti e sconfinati della sapienza divina, tutte

le ricchezze di una scelta di vita. Porgere

l’altra guancia, cioè buttarsi alle spalle il male

subito, non permettere che i ruvidi segni di u-

no schiaffo continuino ad abbruttire il nostro

volto; lasciare sul ciglio della strada il mantel-

lo soffocante della vendetta, la tunica adom-

brata dal risentimento, dall’odio, dal dilanian-

te rancore.

Porgere l’altra guancia, cioè buttarsi alle

spalle il peggio di noi stessi, l’odore malsano

della cattiveria; lasciare le cuciture di un abito

che ti stringe, soffoca, umilia.

Porgere l’altra guancia, cioè rivestirsi con il

lenzuolo che profuma di bucato, cingersi con i

fiori del prato, cogliere dall’albero un diadema

di ciliegie. Lascia ai figli di questo mondo il

veleno della rivalsa, porgi l’altra guancia, rive-

stiti con il meglio che Dio ha posto nel tuo cuo-

re.

don Luciano

meditazione

Buttarsi alle spalle Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Agisci

Porterò nella mia pre-

ghiera, davanti al Padre,

una situazione che mi

reca sofferenza o una

persona con cui vivo un rapporto

difficile.

Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?». E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l'usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: vo­lete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Ba­rabba era un brigante. Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare (Gv 18,38-19,1).

I segni della flagellazione si possono rav-visare sul petto, sulla schiena e sui polpac-ci. Il condannato era assicurato a un cep-po o a una colonnina e veniva colpito a turno da due persone. Le fruste termina-vano con una o due vertebre di pecora e piccole sfere di piombo. I colpi erano in-ferti, presso i Romani, sino allo sfinimen-to; sino a trentanove presso gli Ebrei. L'uomo della Sindone fu colpito un centi-naio di volte. In Cristo vi fu il dolore proveniente dall'ineffabile lume divino che gli fu dato. Dio stesso infatti, luce ineffabile, illuminando Cristo in modo indicibile con questa eterna disposizione fonte di ineffabile unione - trasformatasi in luce divina - fu per lui causa di un dolore inenarrabile.

La Sacra Sindone

La flagellazione

Page 10: Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015

Non di solo pane ­ Numero 714 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 10

Probabilmente, se il Libro di

Giobbe fosse affidato oggi a una

commissione dottrinale o teologica

per decidere se inserirlo o meno

nel canone, si giungerebbe a non

inserirlo nel timore di creare disa-

gio e disturbo. (Carlo Maria Martini)

Giobbe non maledice Dio. An-

che quando la moglie con paro-

le taglienti lo provoca “Rimani

ancor fermo nella tua integri-

tà? Benedici Dio e muori!”,

Giobbe rimane integro, un uo-

mo fermamente religioso:

«Come parlerebbe una stolta

tu hai parlato! Se da Dio accet-

tiamo il bene, perché non do-

vremo accettare il male?».

Giobbe contesta Dio, lo proces-

sa ma non lo nega.

La moglie gli suggerisce una

sottile forma di ateismo, di

morire, di lascarsi morire: con

un coccio in mano e seduto

sull’immondezzaio del villag-

gio, abbandonato da tutti, sen-

za più affetti, marchiato come

impuro, scomunicato e avvolto

dalla buia notte del non senso per-

ché continuare a vivere? Seduto sui

rifiuti del villaggio in compagnia di

altrettanti “Giobbe” maledetti e

dimenticati perché continuare a

lottare, a chiedere la presenza e

la Parola di un Dio che sembra es-

sere sordo e muto di fronte alla

sofferenza innocente?

Giobbe sceglie la via più difficile e

continua a credere, maledice il

giorno in cui è nato ma sceglie di

vivere. Diventerà la voce di milioni

di innocenti che tra le immondizie

della terra scelgono, con dignità,

la dura arte del vivere, la dura

crosta della fatica di credere.

Giobbe, come tutti gli abbandonati

della terra, non ha la presunzione

di spiegarci il senso del dolore in-

nocente, ma si chiede se è possibi-

le parlare di Dio di fronte al dolore

innocente. C’è questa possibilità?

E’ possibile parlare di Dio in un

reparto di oncologia pediatrica,

nelle tante Auschwitz di ieri e di

oggi, nelle chiuse stanze di un

manicomio dove i malati sono

abbandonati a sé stessi e giocano

con i propri escrementi? E’ que-

sta la strada scelta dall’autore di

questo meraviglioso libro: conti-

nuare a parlare di Dio non tra le

pietre votive del Tempio ma nei

concimai delle periferie dove i

Giobbe di turno imprecano, pro-

cessano tutto e tutti, ricordano

con nostalgia i giorni “ del loro

autunno quando si lavavano i

piedi nel latte e la roccia gli ver-

sava ruscelli d’acqua”, pregano,

piangono, sperano. Giobbe per-

corre la via della vita, accetta la

sfida della propria sventura per-

ché seduto su un cumolo di spaz-

zatura sa porsi delle domande, si

mette in ricerca e chiede a se

stesso e a noi: “Può l’essere u-

mano credere in Dio in modo di-

sinteressato, senza attendersi

ricompense né temere castighi?

C’è qualcuno che, in una situa-

zione di sofferenza ingiusta, sia

capace di affermare la propria

fede in Dio e di parlare di lui,

gratuitamente?” Domande attua-

li, moderne, dell’uomo di ieri, di

oggi e di sempre. Ecco perché

Giobbe esce dai canoni biblici e

diventa patrimonio di tutta

l’umanità, compagno fedele di

chi, ricoperto di un morbo mali-

gno , non cerca risposte banali

alla sua sofferenza. Partendo da

queste considerazioni un deside-

rio di Giobbe è già stato esaudi-

to: “Oh, se le mie parole si scri-

vessero, se si fissassero in un

libro, fossero impresse con stilo

di ferro sul piombo, per sempre

s'incidessero sulla roccia!”. Ogni

sofferenza, ogni lacrima è im-

pressa con stilo di ferro, il grido

degli ultimi è scritto da sempre

sul libro di Dio.

La dura arte del vivere Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Pagine bibliche: il Libro di Giobbe/3 Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Page 11: Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015

Non di solo pane ­ Numero 714 ­ pagina 11

XI Tempo Ordinario

“La Chiesa, ci diceva Benedetto XVI, cresce per attrazio­ne, per testimonianza. E quando la gente, i popoli vedono questa testimonianza di umiltà, di mitezza, di mansuetu­dine, sentono il bisogno» di cui parla «il profeta Zacca­ria: “Vogliamo venire con voi!”“

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giu­stizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suo­nare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricom­penserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Brano Evangelico: Mt 6,1­6­16­18

La beata Teresa del Por­togallo, al secolo princi­pessa Teresa Sanches de Portugal, era figlia di Sancio I, secondo sovra­no portoghese. Suoi non­ni paterni furono Mafalda di Savoia, figlia del conte Amedeo III, ed Alfonso I Henriques, primo re del Portogallo. Le due beate Mafalda e Sancha furono sue sorelle. Teresa nac­que nella città portoghese di Coimbra nel 1181 e

sposò il suo consangui­neo Alfonso IX, re di Castiglia e Léon, al quale diede tre figli: Sancha, Dulce e Fer­nando. Nel 1196 tale matrimonio fu dichia­r a t o n u l l o p e r «impedimentum affini­tatis» e quattro anni dopo Teresa si ritirò nel convento benedetti­no di Lorvao, che lei stessa aveva preceden­temente fondato, e do­

po averlo trasformato poi in abbazia cistercense nel 1229 prese il velo reli­gioso. Alla morte del padre Sancio I nel 1211, sorsero alcune diatribe dinastiche. Risolto il conflitto familiare, però, Teresa potè trascorrere il resto dei suoi giorni con circa trecento consorelle nel monastero portoghe­se di Lorvao, ove morì il 18 giugno 1250.

Contemplo: Dio ama chi dona con gioia (2Cor 9,7)

Siamo più abituati a pensare che Dio vede nel segreto, ci controlla e ci giudi­ca. Pensiamo poco invece alla presenza di Dio che «è nel segreto», vive con noi, a nostro favore, e ci insegna il modo di amare, di pregare e di digiunare. Egli ci dice: «Amatevi come io vi ho amato, con la potenza dell'umiltà. Pre­gate come io vi ho insegnato, in compagnia dello Spirito che vi ho inviato. Siate lieti nell'offerta della vostra vita, perché "Dio ama chi dona con gioia"».

Il Santo del giorno: Santa Beata Teresa del Portogallo

Mercoledì 17

Giugno

III Settimana del Salterio

Page 12: Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015

Non di solo pane ­ Numero 714 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 12

Il vero bene va fatto nel silenzio, dev’essere

velato di discrezione, nascosto nel profondo del

cuore, scritto sulle pagine di un libro che solo

Dio conosce. “Quando dunque fai l'elemosina,

non suonare la tromba davanti a te, come fan-

no gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade

per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico:

hanno già ricevuto la loro ricompensa”. Il vino

per diventare buono, per acquisire dolcezza de-

ve rimanere in cantina, lontano dalla luce del

sole, nascosto in botti di rovere. Se viene espo-

sto diventa acido e si trasforma in aceto. Un

gesto di bontà esposto alla luce dell’umana

compiacenza si gusta, si altera, perde la fre-

schezza del bacio, li profumo del fiore. Un rac-

conto che ho letto alcune sere orsono mi pare

appropriato al brano del Vangelo di oggi. “Il

muratore posava il mattone sul letto di cemen-

to. Con gesto preciso della sua cazzuola vi get-

tava una copertura. E, senza chiedergli il pare-

re, posava su un nuovo mattone. A vista d'oc-

chio le fondamenta salivano, la casa poteva e-

levarsi alta e solida per ospitare uomini. “Ho

pensato, Signore, a quel povero mattone inter-

rato, nella notte, alla base del grande edificio.

Nessuno lo vede, ma lui fa il suo lavoro e gli al-

tri hanno bisogno di lui. Signore, non conta che

io sia in cima alla tua casa o nelle fondamenta,

purché io sia fedele, al mio posto, nella tua Co-

struzione”.

Non suoniamo mai la tromba davanti a noi; Dio

fugge al suono scordato della “vanagloria”.

meditazione

Velato di discrezione di don Luciano Vitton Mea

Agisci

Oggi donerò un poco del

mio tempo e tutta la

mia attenzione ad una

persona che so che sta attraversan-

do un periodo difficile.

Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota (Gv

19,16-17).

L'uomo della Sindone presenta la spalla destra più bassa della sinistra e, inoltre, essa appare gonfia ed escoria-ta. Escorazioni simili sono evidenti sulla scapola sinistra. Sono i segni del «patibulum», il palo trasversale che il condannato doveva portare al luogo del supplizio, dove già era piantato in terra lo stipite («stipes»). In Cristo vi fu anche il dolore veemente e acuto, poiché aveva l'anima gentile e nobile. Quanto la sua anima era più nobile e delicata, tanto più grave e acuto era il dolore che soffriva. Quell'anima, che era nobilissima, soffriva un dolore grandissimo, e tutti quei dolori traevano origine da quella suprema e assolutamente ineffabile disposizione divina.

La Sacra Sindone

Il peso della croce

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Non di solo pane ­ Numero 714 ­ pagina 13

Giovedì 18

Giugno

III Settimana del Salterio

XI Tempo Ordinario

“Coloro che nella loro vita seguono questa

strada di male, come sono i mafiosi, non sono

in comunione con Dio: sono scomunicati!“

E' una santa giovane martire del Belgio, n e l t e m p o dell’evangelizzazione del Paese; la sua ‘Vita’ fu compilata da un anonimo alla fine del secolo XII e risen-te delle caratteristi-che delle narrazioni fantasiose agiografi-che, che tanto furono usate da autori, che non avevano notizie certe dei santi di cui

narravano. Alena (Elena) nacque da genitori pagani a Dielbeek presso Bru-xelles e si sarebbe fatta battezzare di nascosto della fami-glia nella chiesa di Forest. Il fatto scate-nò le ire del padre, che sembra fosse un re del paese, il quale ordinò ai suoi soldati di prenderla quando tornava dalla chiesa

e di portarla dinanzi a lui. Sembra che nella fase della cat-tura e del trascinarla con forza, uno dei soldati le spezzò un braccio ed Alena in seguito a questa traumatica ferita, morì il 17 giugno 640.

Il Santo del giorno: San Alena da Forest

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza

di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete

bisogno prima ancora che gliele chiediate.

Voi dunque pregate così:

Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà,

come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,

e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male.

Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdo­

nerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdo­

nerà le vostre colpe».

Brano Evangelico: Mt 6,7­15

Contemplo: Dacci oggi il nostro pane (Mt 6,11)

Il Simbolo (o Credo apostolico) e anche il «Padre nostro», nell'antica Chiesa di Roma e di Milano, era «consegnato» ai catecumeni, per im­pararlo a memoria. Per una tradizione esplicita non doveva essere scrit­to, ma imparato, appunto, a memoria. A chi chiedeva: «In che modo può essere tenuto a mente se non viene scritto?», sant'Ambrogio rispon­deva che ciò che è scritto spesso è dimenticato, se non si ripassa con quotidiana ripetizione, come invece si deve fare.

Page 14: Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015

Non di solo pane ­ Numero 714 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 14

Secondo Papa Francesco, la preghiera del Padre

nostro “...apre le porte. Al momento del sacrifi-

cio, ha detto il Papa in una bella omelia, Isacco

si accorge che qualcosa non andava, perché mancava la pecorella, ma si fida di suo padre e

la sua preoccupazione l’ha buttata nel cuore di

suo padre. E ancora: “padre” è la parola che ha pensato di dire quel figlio che se n’è andato via

con l’eredità e poi voleva tornare a casa. E quel

padre lo vede venire e va di corsa da lui, gli si

getta al collo, per cadere su di lui d’amore. “Padre, ho peccato”: è questa la chiave di ogni

preghiera, sentirsi amati da un padre: abbiamo

un Padre. Vicinissimo, eh!, che ci abbraccia… Tutti questi affanni, preoccupazioni che noi pos-

siamo avere, lasciamoli al Padre: Lui sa di cosa

abbiamo bisogno. Ma, Padre, che? Padre mio? No: Padre nostro! Perché io non sono figlio uni-

co, nessuno di noi, e se io non posso essere fra-

tello, difficilmente potrò diventare figlio di que-

sto Padre, perché è un padre di tutti. Mio, sicu-ro, ma anche degli altri, dei miei fratelli. E se io

non sono in pace con i miei fratelli, non posso

dire Padre a Lui. Così, ha aggiunto, si spiega il fatto che Gesù dopo averci insegnato il Padre

Nostro, sottolinei che se noi non perdoneremo

gli altri, neanche il Padre perdonerà le nostre colpe. “E’ tanto difficile perdonare gli altri, ha

constatato, è difficile davvero, perché noi sem-

pre abbiamo quel rammarico dentro... Ma Gesù

ci ha promesso lo Spirito Santo: è Lui che ci inse-gna, da dentro, dal cuore, come dire ‘Padre’ e

come dire ‘nostro’. Chiediamo oggi allo Spirito

Santo che ci insegni a dire ‘Padre’ e a poter dire ‘nostro’, facendo la pace con tutti i nostri nemi-

ci”. A me quando prego il Padre nostro sembra

che il cuore si dilati... figuriamoci a Dio.

Meditiamo la Parola

"Padre… la chiave di ogni preghiera" Meditazione di Fiorella Elmetti

Agisci

Porterò nella mia pre-

ghiera, davanti al Padre,

una situazione che mi

reca sofferenza o una

persona con cui vivo un rapporto

difficile.

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù di­ceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte (Lc 23,33-

34). Le mani dell'uomo della Sindone sono sistemate sul basso ventre. La destra è posta sotto la sinistra, la quale presenta la ferita prodotta dal chiodo. La posizione di tale ferita conferma che l'inchiodatura avveniva non nel palmo, ma nel carpo, nel cosiddetto «spazio di Destot». Un chiodo fissato in quel punto lede il nervo media-no, che causa il ripiegamento del pollice, il quale, per questo motivo, non appare nel-la Sindone. Lungo le braccia sono visibili le colature di sangue. Quanto più Cristo amava profondamente i suoi eletti, tanto più sopportava con maggiore compassione e dolore le loro sofferenze e le loro pene, secondo la disposizione della divina volontà.

La Sacra Sindone

La trafittura delle mani

Page 15: Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015

Non di solo pane ­ Numero 714 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 15

Venerdì 19

Giugno

III Settimana del Salterio

XI Tempo Ordinario

“Quando non si adora Dio, si diventa

adoratori di altro. Soldi e poteri sono

idoli che spesso prendono il posto di Dio“

Nobile, divenne ere­mita e dopo l'espe­rienza in Spagna, nei pressi di monastero sotto l'influenza di Cluny, iniziò una se­rie di peregrinazioni lungo l' Appennino con lo scopo di rifor­mare monasteri ed eremi sul modello degli antichi cenobi dell'Oriente. La sua

fama e il suo carisma lo misero più volte in contatto con i potenti, principi e prelati. Convertì Ottone III che lo nominò abate di S. Apollinare in Classe, carica che Romualdo rifiutò cla­morosamente dopo un anno rifugiandosi a Montecassino dove portò il suo rigore

ascetico. Riprese le sue peregrinazioni fondando numerosi eremi, l'ultimo dei quali fu Camaldoli. Questo nome deriva dal campo che un tale Maldolo aveva dona­to a Romualdo, in cerca di solitudine.

Il Santo del giorno: San Romualdo Abate

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi

tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassì­

nano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma

né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Per­

ché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. La lampada del cor­

po è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà

luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebro­

so. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tene­

bra!».

Brano Evangelico: Mt 6,13­19

Contemplo: Dov'è il tuo tesoro, là è il tuo cuore (cf Mt 6,21)

I tesori sulla terra sono per lo più accumulati inutilmente. «Il ricco de­ve distribuire e il povero deve meritare» insegna una sana contabilità delle ricchezze materiali. La contabilità di Gesù però è superiore alla nostra, perché guarda alla felicità delle persone. Si è fatto mostrare la moneta del tributo, ha pagato la tassa del tempio, ma è venuto per sal­vare le persone. Diceva: «Si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35).

Page 16: Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015

Non di solo pane ­ Numero 714 ­ pagina 16

Cosa ci è prezioso? Cosa o chi rappresenta il no-

stro "tesoro"? In cosa stiamo investendo nella

vita? Certo: tutti desideriamo legittimamente

una vita serena, una casa, un buon lavoro, qual-

che soddisfazione. Ed è bene che sia così, so-

prattutto in questi tempi di fatica lavorativa.

Ma sappiamo anche che ciò che ci occorre è

molto di più: il nostro cuore è fatto per l'infinito

e solo l'infinito di Dio può davvero colmarlo.

Qui, in parte, e altrove, definitivamente. Se ab-

biamo intuito il valore del vangelo, della vita

nuova in Dio, della sua presenza, vale la pena

investire tutte le nostre energie in lui. Così co-

me non esitiamo a cercare qualche buon inve-

stimento che metta al sicuro i nostri risparmi,

investiamo per la vita vera. E si vede da lontano

in cosa noi o altri stiamo investendo: lo sguardo

buio di cui parla Gesù è quanto mai attuale:

quante persone incontriamo che hanno uno

sguardo intorbidito dai loro pensieri e dai loro

ragionamenti malvagi! Se, invece, poniamo la

nostra fiducia in Dio e ci lasciamo abitare da

lui, allora anche il nostro sguardo diventerà lu-

minoso e trasparente...

Meditiamo la Parola

L’infinito di Dio

a cura della Redazione

Agisci

Oggi chiederò luce e for-

za di Spirito Santo per

fare chiarezza e pulizia

dentro di me, guizzando

con agilità spirituale da

tutto ciò che m'impedisce di essere

puro e libero.

Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognu­no avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il mo­tivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due la­droni, uno a destra e uno alla sua sinistra (Mc 15,22­27).

I piedi sono stati inchiodati con un chiodo solo, conficcato nel secondo spazio inter-metastale. Il piede sinistro è stato posto su quello destro: ciò è provato dal fatto che la gamba sinistra è leggermente flessa ri-spetto alla destra. La rigidità cadaverica ha mantenuto tale posizione. Cristo amava ineffabilmente ognuno dei suoi eletti - secondo la misura di ciascuno - sentendo in modo vivo le offese da loro compiute, o che avrebbero commesso, e le pene che per tante offese dovevano sostenere, aveva compassione di loro sopportando le loro pene con sommo dolore.

La Sacra Sindone

La trafittura dei piedi

Pagine bibliche: il Libro di Giobbe/3

Page 17: Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015

Non di solo pane ­ Numero 714 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 17

La verità su Dio passa sem-

pre attraverso la strada degli

uomini. Gesù nel vangelo di

Giovanni, rispondendo a

Tommaso gli dice: «Io sono

la via, la verità e la vita.

Nessuno viene al Padre se

non per mezzo di me. Se co-

noscete me, conoscerete an-

che il Padre: fin da ora lo

conoscete e lo avete vedu-

to». San Tommaso esplicita

da far suo questo concetto:

“ Gesù è al tempo stesso via

e meta. Via secondo l'umani-

tà, meta secondo la divinità.

Dunque, in quanto uomo,

dice: «Io sono la via»; in

quanto Dio aggiunge: «la ve-

rità e la vita»”.

Non si può arrivare a Dio se

non si parte dall’uomo, quel-

lo reale, che abbiamo davan-

ti agli occhi. E’ questo

l’errore che commettono

Elifaz il Temanita, Bildad il

Suchita e Zofar il Naamatita:

partono da una presunta ve-

rità su Dio senza passare

dall’uomo Giobbe, senza a-

vere pietà delle sue piaghe,

senza ascoltare il suo lamen-

to.

Troppe volte coloro che si pro-

fessano credenti partono da

una prospettiva che elude le

ragioni dei poveri, il lamento

dei maledetti che portano nel-

la loro carne un morbo che li

rende ripugnanti e schifosi.

Spesso, troppo spesso, amia-

mo il profumo dei salotti e

rifiutiamo di accostarci ai le-

tamai della storia dove sale

l’odore repellente della carne

divorata da “una piaga mali-

gna, dalla pianta dei piedi alla

cima del capo”.

Gli amici di Giobbe sono mio-

pi, presumono di sapere ma in

realtà hanno smarrito la via

che conduce al vero volto di

Dio.

Dio non è un’idea, un concetto

più o meno complicato, Qual-

cuno che si lascia intrappolare

in norme che tradiscono

l’uomo di fango fatto a sua

immagine e somiglianza; Egli è

il Dio della storia, Colui che

interviene e che libera, che ha

promesso di esserci: “Io sono

Colui che sono” dice dal rove-

to ardente, cioè “Io sono il pre-

sente, Colui che c’è e che ci

sarà”.

Mentre i vari Elifaz il Temanita,

Bildad il Suchita e Zofar il Naa-

matita si chiudono in una stan-

za per cercare di capire e di

spigare il dolore innocente, Dio

visita i letamai, si siede sul suo

mucchio di spazzatura; non

parla, non spiega, va dietro la

sbarra degli amputati, ascolta i

capi d’accusa. E’ un Dio impre-

vedibile, lo trovi proprio la do-

ve l’accusano di essere il

“totalmente altro”, il lontano,

l’assente.

Per raggiungere Dio, verità e

vita, dobbiamo intraprendere

la via dell’uomo, le tante Via

Crucis della storia.

«Dice Agostino: “Cammina at-

traverso l'uomo e giungerai a

Dio». E' meglio zoppicare sulla

via, che camminare a forte an-

datura fuori strada. Chi zoppica

sulla strada, anche se avanza

poco, si avvicina tuttavia al

termine. Chi invece cammina

fuori strada, quanto più veloce-

mente corre, tanto più si allon-

tana dalla meta».

Gli amici ci Giobbe hanno cam-

minato troppo, hanno perso la

strada, si sono allontanati dalla

meta.

Le vie di Dio Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Pagine bibliche: il Libro di Giobbe/4 Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Page 18: Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015

Non di solo pane ­ Numero 714 ­ pagina 18

Sabato 20

Giugno

III Settimana del Salterio

XI Tempo Ordinario

“Oggi Cristo bussa alla porta del vostro cuore, del mio cuore. Vi chiama e chiama me ad alzarvi, ad

essere pienamente desti e attenti, a vedere le co-se che nella vita contano davvero“

Mercedario del con­

vento di Logrono

(Spagna), il Beato

Lu ig i Mat ienzo ,

nell’anno 1579 a Tu­

nisi in Africa, realiz­

zò una numerosa re­

denzione di 220

schiavi, tra i quali vi

era un gruppo di im­

portanti cavalieri por­

toghesi, ragione per

cui aumentò il costo

della redenzione.

Non avendo abba­

stanza beni per il pa­

gamento rimase in

pegno per tre anni

chiuso in un tenebro­

so carcere soffrendo

molti maltrattamenti

fino a quando non fu

riscattato. Ritornato

in patria con nel cuo­

re e sulla bocca sem­

pre la passione di

Cristo, morì santa­

mente nel suo con­

vento. L’Ordine lo

festeggia il 20 giu­

gno.

Il Santo del giorno: Beato Luigi Matienzo

Brano Evangelico: Mt 6,24­34

Contemplo: Non preoccupatevi per la vostra vita (Mt 6,25)

Le parole di Gesù non sono incoerenti come i nostri ragionamenti umani. Qualcuno le definisce paradossali, perché alla maniera dei filosofi vuole farci riflettere su tutta la realtà, anche quella invisibile. La realtà per Gesù non si limita all'uomo sulla terra, il quale si preoccupa, quando non è un fannullone, di lavorare per sé e per gli altri. Gesù insegna la Provvidenza di Dio, il Padre che si prende cura degli uccelli, dei gigli del campo e soprat­tutto degli uomini «che egli ama» (Lc 2,14).

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o

odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete

servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello

che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale

forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e

non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete

forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la pro­

pria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo:

non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria,

vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si

getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque

dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte que­

ste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete biso­

gno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno

date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di

se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

Page 19: Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015

Non di solo pane ­ Numero 714 ­ Tempo Ordinario ­ pagina 19

Perfettamente in linea con il vangelo di oggi, Henri

Nouewen ha scritto che "Ogni giorno porta con sé

una sorpresa, ma possiamo vederla, udirla o sentirla

quando essa giunge solamente se l’aspettiamo. Non

dobbiamo avere paura di accogliere la sorpresa di

ogni giorno, sia che essa ci venga come un dolore o

come una gioia. Essa aprirà un nuovo spazio nel no-

stro cuore, un luogo in cui possiamo accogliere nuovi

amici e celebrare in modo più pieno la nostra umani-

tà condivisa". La sorpresa, appunto, di oggi ci viene

pensando a Maria, vista come una donna rivoluzio-

naria, non ingessata da mantelli, corone nuvole:

"Avete soffocato l'afflato rivoluzionario di Maria di

Nazareth, esaltandone il divino e mettendo da parte

la sua umanità. Maria è donna, donna sola con un

figlio, vedova in un tempo in cui la vedovanza era un

abominio. Era un'ebrea in una terra oppressa dai

Romani, rifugiata in Egitto per sfuggire alla persecu-

zione. Maria fu una profuga. Madre affannata, che

spese la vita a seguire un Figlio che talvolta non ca-

piva un folle, suo figlio. Maria, donna libera, che se-

gue per le vie della Palestina il figlio, viaggiatrice,

teologa, scrutatrice. Maria donna dell'assemblea,

che presiede la celebrazione della Pentecoste se-

condo i costumi del suo popolo. Statue e immaginet-

te l'hanno legata, rappresentata in posa statica tra

nubi e lune, lei che spese tutta la sua vita a cammi-

nare, il cui cuore non conobbe tregua. Donna dai

sandali consunti per le passeggiate montane, per far

visita alla sua parente, per annunciare. Ed è per que-

sto che con tutto il cuore la chiamo "Madre!". Come

la mia mamma era una lavoratrice instancabile e

donna del popolo". Questa prospettiva di Maria ce la

avvicina come donna che pensa di vivere intensa-

mente l'oggi.

Meditiamo la Parola

Maria donna rivoluzionaria Meditazione di Fiorella Elmetti

Agisci

Porto in offerta a Cri-

sto, al suo altare, la

mia sterilità, le mie di-

strazioni e chiusure al

suo amore e ai fratelli,

perché lui le trasformi e la mia vita

diventi carica di frutto.

Era il giorno della Parasceve e i Giudei, per-ché i corpi non rimanessero sulla croce duran-te il sabato — era infatti un giorno solenne quel sabato —, chiesero a Pilato che fosse­ro spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati croci-fissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzaro-no le gambe, ma uno dei soldati con una lan-cia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate (Gv 19,31-35).

Sull'immagine frontale, alla sinistra dell'os-servatore, si osserva una apertura cutanea nella zona pericardica della lunghezza di circa 5 centimetri. L'aspetto è quello di una ferita post-mortale provocata da una lancia che è penetrata tra la quinta e la sesta co-stola. Dalla ferita sono fuorusciti sangue e acqua. Affinché Gesù Dio e uomo ci mostrasse qualcosa dell'eccessivo e ineffabile dolore e per insegnarci a esserne sempre profondamente afflitti, gridò quella parola quando era nella croce dicendo: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».

La Sacra Sindone

Il colpo di lancia

Page 20: Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015

333/3390059 don Luciano

Anno XV- n. 714

Domenica 14 Giugno 2015

Chiuso il 9 Giugno 2015

Numero copie 1400

Coordinatrice Fiorella Elmetti

Redazione

don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini,

don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti

Grafica e stampa

don Luciano Vitton Mea

Ideato da don Luciano Vitton Mea

Sussidio di preghiera per la famiglia

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