Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015
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Transcript of Non di Solo Pane n°714 - 14 Giugno 2015
PANE Non di solo
Sussidio di preghiera per la famiglia
Anno XV - n° 714
Domenica 14 Giugno 2015
Tempo Ordinario
Itinerario quotidiano di preghiera
Questa settimana: preghiamo con la sindone
Non di solo pane Numero 714 Tempo Ordinario pagina 2
Giugno 2015
“Pregare, forse il
discorso più urgente”
Sussidio di preghiera
per la famiglia
Offerta della giornata
Vi offriamo questa settimana, in occasione
dell’ostensione della Sacra Sindone, alcune
riflessioni sul telo dove la tradizione vuole
che sia stato avvolto il corpo di Gesù dopo
la deposizione dalla Croce.
Ogni dettaglio della Sindone ci «racconta» ciò
che accadeva a un condannato che veniva sotto-
posto al supplizio della croce.
Come vedremo nelle pagine che seguono, tali
dettagli possono essere posti in parallelo con un
brano evangelico e tutti trovano un perfetto ri-
scontro con il racconto dei vangeli. Si potrebbe
dunque dire che il telo sindonico rappresenti un
altro vangelo non scritto da un autore umano,
che ci ricorda quel santo Mandylion, cioè il «volto
santo», immagine denominata, come detto, ache-
ròpita che in greco significa, appunto, «non fatta
da mano d'uomo».
La Sindone appare dunque ai nostri occhi come
una vera icona, cioè una finestra affacciata sul
mistero, che ci narra quanto è veramente accadu-
to e che ci rimanda costantemente al profondo
orizzonte della fede.
Proprio per cogliere meglio tale orizzonte, il bra-
no evangelico e la descrizione dei particolari del-
la Sindone sono stati affiancati da alcune medita-
zioni di una grande mistica medievale, Angela da
Foligno (+ 1309). È stata scelta una tra le tantissi-
me voci di credenti che lungo la storia del cristia-
nesimo hanno testimoniato con la vita il loro a-
more e la loro vicinanza all'Uomo dei dolori.
Preghiamo con la Sindone
Sito di Non di Solo Pane:
www.nondisolopane.it
Non di solo pane Numero 714 pagina 3
Domenica 14
Giugno
III Settimana del Salterio
XI Domenica del Tempo Ordinario
“Un buon cattolico non si immischia in politica? Quello non è vero, non è una buona strada. Un
buon cattolico si immischia in politica offrendo il meglio di sè“
Ricco possidente, originario di Abelmeula, il suo nome che significa «Dio salva» risponde bene alla missione svolta tra il popolo di Israele, sotto il regno di Ioram (853842 a.c.), Iehu (842815 a.c.), Ioacaz (814798 a.c.) e Ioash (798783). Eliseo era un uomo deciso e lo dimostra la prontezza con cui rispose al gesto simbolico di Elia che, per ordine di Jahvé, lo consacrava profeta e
suo successore. Eliseo prese parte attiva alle vicende politiche del suo popolo attraverso il carisma della sua profezia e può essere considerato il più taumaturgico dei profeti dell'Antico Testamento. La Scrittura ricorda infatti una lunga serie di prodigi da lui operati: stendendo il mantello di Elia divise le acque del Giordano; rese potabile l'acqua di Gerico; riportò in vita il figlio della su
namita che lo ospitava; moltiplicò i pani sfamando un centinaio di persone. Profeta non scrittore, come il suo maestro Elia si preoccupò del suo paese in tempi difficili durante la guerra contro i Moabiti e durante quelle contro gli Aramei. Morì verso il 790 a.C. e venne sepolto nei pressi di Samaria, dove ai tempi di San Girolamo esisteva ancora il suo sepolcro.
Il santo del Giorno: Sant’Eliseo
In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Brano Evangelico: Mc 4, 2634
Contemplo: Il seme germoglia e cresce (Mc 4,27)
Il regno di Dio è già presente in mezzo a noi, ma sta ancora crescendo e svi
luppandosi verso la mietitura, in un destino mirabile. Il futuro, per i credenti
in Gesù, non è condanna, disperazione e nemmeno rassegnazione fatalistica.
L'insegnamento di Paolo lo dice chiaramente: «Anche se siamo in un esilio
lontano dal Signore, siamo sempre pieni di fiducia e camminiamo nella fe
de», la fede in colui che ha vinto la morte e ci associa al suo trionfo nella glo
ria di amore e di intimità con Dio.
Non di solo pane Numero 714 Tempo Ordinario pagina 4
G l i a p p r o f o n d i m e n t i d i N o n d i s o l o p a n e
Gesù parla di Dio e del suo
Regno con un linguaggio
semplice, che tutti compren-
dono. Parte dalla quotidiani-
tà, dalle esperienze concre-
te della gente che lo ascolta,
spesso prende lo spunto dal
loro duro lavoro.
Così aiutava le persone a
scoprire le cose di Dio nella
vita di ogni giorno, vita che
diventava trasparente; le
parabole sono quindi una
sorta di chiave per aprire,
attraverso la semplicità della
vita quotidiana, i segni della
presenza di Dio che scorre
tra i declivi dei giorni e delle
stagioni che passano segnan-
do il volto degli uomini. Nel-
le due brevi parabole di que-
sta domenica Gesù ci presen-
ta l’immagine del seme.
Nella prima viene tratteggia-
ta, come in un bel quadro, la
storia del seme che cresce.
Quando il contadino lascia ca-
dere i semi nella terra li ab-
bandona a un lento processo
che li porterà prima a germo-
gliare, poi a crescere ed infine
a portare frutto.
Il seme stesso, a contatto con
la terra, l’acqua e il sole, spri-
giona la propria forza vitale
germoglia e cresce. Così è il
Regno di Dio. E’ un percorso,
ci sona tappe e momenti di
crescita. Avviene nel tempo.
Produce frutto al momento
giusto, ma nessuso sa spiegare
la sua forza misteriosa. Nessu-
no ne è il padrone! Solo Dio!
Questa breve parabola è una
sferzata di speranza, ci da fidu-
cia in questi tempi difficili dove
la presenza di Dio, e quindi an-
che del suo Regno, sembra esse-
re offuscata dall’indifferenza e
da una caduta di qui valori fon-
damentali che dovrebbero carat-
terizzare una vita autenticamen-
te cristiana. Il pensiero domi-
nante non facilita la crescita del
seme della Parola, ma non dob-
biamo scoraggiarci; anche se
non lo vediamo il regno di Dio
cresce in noi e fuori di noi per-
ché il padrone della messe cono-
sce i tempi della mietitura. Ge-
sù, oggi, ci rassicura: dobbiamo
gettare il seme della Parola in
terra, abbondantemente; non
solo nelle chiese ma anche
sull'asfalto dei nostri quartieri di
periferia. Uscire e gettare il se-
me, senza preoccuparsi. Parlare
di Dio, bene, con verità, con co-
erenza. Poi, ci penserà il seme,
progressivamente, a crescere.
Infine non dobbiamo mai dimen-
ticarci che noi stessi siamo il
campo di Dio, il terreno dome il
seme della Parola deve attecchi-
re, crescere e fruttificare.
Infatti “quando concepiamo
buoni desideri, gettiamo il seme
nella terra. Quando cominciamo
ad operare rettamente, siamo lo
stelo. Quando cresciamo mag-
giormente nell'opera buona, ar-
riviamo alla spiga. Quando ci
rafforziamo nella perfezione
della nostra condotta, ormai
produciamo il chicco pieno nella
spiga”. (Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele
2, 3, 5)
Siamo piante nel regno di Dio Meditazione di don Luciano Vitton Mea
Non di solo pane Numero 714 Tempo Ordinario pagina 5
G l i a p p r o f o n d i m e n t i d i N o n d i s o l o p a n e
Contemplazio: Nasconde e rivela
In casa, soli con Gesù, i discepoli vogliono sapere il
significato della parabola. Loro non lo capiscono. Ge-
sù rimane attonito dinanzi alla loro ignoranza (Mc
4,13) e in quell'occasione risponde con una frase diffi-
cile e misteriosa. Dice ai suoi discepoli: «A voi è stato
confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori
invece tutto viene esposto in parabole, perché guardi-
no, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, per-
ché non si convertano e venga loro perdonato!». Que-
sta frase spinge la gente a chiedersi: Ma allora a cosa
serve la parabola? Per chiarire o per nascondere? For-
se Gesù si serve di parabole affinché la gente continui
a vivere nell'ignoranza e non arrivi a convertirsi? Cer-
tamente no! Poiché nel vangelo di oggi Marco dice
che Gesù usava parabole «secondo quello che poteva-
no intendere» (Mc 4,33). La parabola rivela e nascon-
de allo stesso tempo! Rivela a coloro che sono dentro,
che accettano Gesù, Messia Servo; rivela ai poveri, ai
semplici di cuore, a coloro che abitano nelle tante
“Galilee” delle genti.. Nasconde a coloro che insisto-
no nel considerarlo il Messia, il Re grandioso. A tutti
quelli che presumono di possedere Dio e lo imprigio-
nano in norme fatta da mani d’uomo. Costoro capi-
scono le immagini della parabola, ma non riescono a
coglierne il significato.
Agisci
Vigilerò sul mio cuore
perché non ceda
all’ira, ma si apra
all’altro con mitezza
e, se necessario, con
disponibilità alla riconciliazione.
Appena detto questo, una delle guardie pre
senti diede uno schiaffo a Gesù dicendo:
“Così risponde al Sommo Sacerdote?”. Gli
rispose Gesù: “ Se ho parlato male dimostra
mi dove è il male. ma se parlo bene, perché
mi percuoti?” (Gv 18, 1923).
Il volto dell'uomo della Sindone presenta
una tumefazione sullo zigomo destro,
mentre su quello sinistro vi sono i segni di
incisioni procurate probabilmente da ri-
petute cadute; sulla palpebra sinistra vi è
un grumo di sangue; due rivoli di sangue
appaiono fuorisciti dal naso; sotto il lab-
bro superiore vi sono gocce di sangue;
sulla punta del naso vi è un'ammaccatura.
Sono inoltre presenti alcune ferite sui so-
praccigli ed ecchimosi sulle palpebre. In Cristo vi fu dolore ineffabile, molteplice e nascosto. Poiché il dolore fu in Cristo indi-cibilmente acutissimo, il quale fu disposto per lui dall'ineffabile sapienza divina. Questa divina ed eterna disposizione ineffa-
bile, unita a Cristo dall'eternità, era per lui
causa di sommo dolore. Infatti, quanto più
la disposizione divina è meravigliosa, tanto
più per Cristo è causa di più acuto e intenso
dolore.
La Sacra Sindone
Il volto
Non di solo pane Numero 714 pagina 8
Martedì 16
Giugno
III Settimana del Salterio
XI Tempo Ordinario
“L’educazione non può essere neutra:
o è positiva o è negativa. O arricchisce o impoverisce“
Aureliano fu eletto vescovo di Arles nel 546. Su richiesta del e Childeberto, fu nominato da papa Vigilio vicario della Sede Apostolica nella Gallia e investito del pallio. Fondò il monastero di S. Pietro, cui diede una regola ispirata a quella di s. Cesario e partecipò al concilio di Orléans del 549, nel quale fu rinnovata la condanna di Nestorio e di Eutiche. Ricevette una
lettera, del 29 aprile 550, da Vigilio in risposta a una sua, in cui si lamentava dell'atteggiamento papale riguardo ai "tre capitoli". Il pontefice si giustificò dicendo che non intendeva ammettere alcuna proposizione contro quanto stabilito dai concili di Nicea, di Calcedonia e di Efeso (I) e gli domandò di intervenire presso Childeberto affinché costui
ottenesse dall'ariano Totila e dai Goti, il rispetto della Chiesa di Roma. Aureliano morì a Lione, forse il 16 giug. 551, e fu sepolto nella basilica dei Santi Apostoli. Menzionato da Floro e da Adone, il nome di Aureliano figura anche nel Martirologio Romano, che ne ricorda la festa nella data di oggi.
Il Santo del giorno: Sant’Aureliano di Arles
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto:
“Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate
i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate
figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui catti
vi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate
quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche
i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate
di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate
perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Brano Evangelico: Mt 5, 4348
Contemplo: Fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5,45)
Per Gesù «i nemici sono amici cattivi». Non si accontenta di predicarlo, ma è amico dei poveri che vogliono capire, degli infermi che vogliono guarire, dei peccatori che non sanno come fare a riparare i loro peccati. Andando verso poveri, infermi e peccatori, Gesù intende far conoscere a tutti la gratuità e l'universalità della «nuova» vicinanza di Dio. Dio offre ai peccatori la sua grazia. Tutti sono invitati al banchetto del Regno: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13).
Non di solo pane Numero 714 Tempo Ordinario pagina 9
È possibile amare e pregare per i nemici? Con le sole forze umane no. Bisogna spingersi oltre.
Bisogna avere il desiderio di conoscere Cristo,
assumere i suoi sentimenti insieme alla capaci-tà di vedere la bellezza che sta nell'altro, an-
che nel meno meritevole. A riguardo, ecco una
breve testimonianza del teologo Bonhoeffer, morto in un campo di concentramento e proprio
per questo autorevoli: "Non posso giudicare o
odiare un fratello per il quale prego, per quan-
ta difficoltà io possa avere ad accettare il suo modo di essere o di agire. Il suo volto che forse
mi era estraneo o mi riusciva insopportabile,
nella preghiera si trasforma nel volto del fratel-lo per il quale Cristo è morto, nel volto del
peccatore perdonato... Non esiste antipatia,
non esiste tensione e dissidio personale che da parte nostra non possa essere superato nella
preghiera. Intercedere non significa altro che
presentare il fratello a Dio, vederlo nella luce
della Croce di Gesù come povero uomo e pec-catore bisognoso di grazia. Con ciò viene a ca-
dere tutto quello che me lo rendeva antipati-
co". Preso atto di questo, non possiamo, quin-di, dire che sono parole astratte, buttate lì tan-
to per dire. Sono parole, invece, vissute in pri-
ma persona, come lo sono quelle di Etty Hille-sum, anch'ella morta ad Auschwitz:
"...Dobbiamo respingere interiormente questa
inciviltà: non possiamo coltivare in noi quell'o-
dio perché altrimenti il mondo non uscirà di un solo passo dalla melma". Se lo dicono loro che,
come Gesù, innocenti, hanno pagato di persona
l'ingiustizia dell'umanità, uscendone più che vit-toriosi, anche noi possiamo amare e pregare
per i nostri nemici.
meditazione
Amare e pregare Meditazione di Fiorella Elmetti
Agisci
Darò spazio alla preghie-
ra personale, silenziosa,
chiudendo la porta della
“camera del cuore” per
stare alla presenza del
Signore con verità, lasciandomi
guardare e amare da Lui.
E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi (Gv 19,2-3).
La corona di spine posta sul capo del con-dannato appare formata da un casco di resistenti e lunghe spine. Tale sorta di ca-sco, simile alle corone dei re orientali, ha ricoperto l'intera superficie del capo. Le ferite causate dalla corona di spine sem-brano essere almeno una cinquantina. Sulla fronte appare evidente una colatura di sangue: sembra provenire da una gros-sa vena frontale; la sua forma a 3 rove-sciato è dovuta alle rughe della pelle for-matesi per i forti sforzi di resistenza al dolore. In Cristo vi fu dolore intensissimo e acuto per la mirabilissima compassione che ebbe per il genere umano che amava in sommo grado. Infatti aveva compassione di ciascuna persona con sommo dolore, secondo la misura dei peccati e delle pene in cui ciascuno doveva incorrere e in cui sarebbe incorso certamente.
La Sacra Sindone
La corona di spine
Non di solo pane Numero 714 pagina 6
Lunedì 15
Giugno
III Settimana del Salterio
XI Tempo Ordinario
Il Santo del giorno: Santa Albertina Berkenbrock
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto:
“Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi
al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pór
gigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica,
tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo
per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera
da te un prestito non voltare le spalle».
Brano Evangelico: Mc 5,3842
Albertina Berken-
brock, nata l’11 apri-
le 1919 a São Luis
(Brasile), all’età di
soli 12 anni il 15 giu-
gno 1931 fu uccisa
perchè come Maria
Goretti difese eroi-
camente la sua casti-
tà. Dopo un rapi-
dissimo processo di
beatificazione, il
16 dicembre 2006 è
stato riconosciuto il
suo martirio ed il
20 ottobre 2007 è
stata dichiarata
"beata".
Etimologia: Alber-
tina = forma dimi-
nutiva di Alberta,
i l l u s t r i s s i m a ,
dall'antico germa-
nico.
Contemplo: Da' a chi ti chiede (Mt 5,42)
La legge del taglione o della reciprocità, dice che nella società tutti hanno gli stessi doveri e diritti. Umanamente è un grande passo verso una società più giusta. Però Gesù supera la legge vecchia con la legge dell'amore. Mosè ha chiesto a Dio: «Mostrami la tua gloria» e la risposta è stata: «Vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere» (cf Es 33,1723). Noi seguiamo le spalle di Gesù nel cammino verso Dio, noi seguiamo la legge dell'Amore.
Un cristiano senza gioia non è cristiano. È come il sigillo del cristiano, la gioia. Anche nei dolori, nel-
le tribolazioni, nelle persecuzioni. Un cristiano senza gioia o non è cristiano o è ammalato“
Non di solo pane Numero 714 Tempo Ordinario pagina 7
Porgere la guancia sinistra a chi ti percuote
quella destra. Una logica apparentemente as-
surda, fuori da una qualsiasi prospettiva umana
e di comune buon senso. Per comprendere
questo insegnamento dobbiamo avere la capa-
cità di andare oltre il mero significato delle
parole, oltre la superficie di un concetto che
ci appare irrazionale, per coglierne, nei fonda-
li vasti e sconfinati della sapienza divina, tutte
le ricchezze di una scelta di vita. Porgere
l’altra guancia, cioè buttarsi alle spalle il male
subito, non permettere che i ruvidi segni di u-
no schiaffo continuino ad abbruttire il nostro
volto; lasciare sul ciglio della strada il mantel-
lo soffocante della vendetta, la tunica adom-
brata dal risentimento, dall’odio, dal dilanian-
te rancore.
Porgere l’altra guancia, cioè buttarsi alle
spalle il peggio di noi stessi, l’odore malsano
della cattiveria; lasciare le cuciture di un abito
che ti stringe, soffoca, umilia.
Porgere l’altra guancia, cioè rivestirsi con il
lenzuolo che profuma di bucato, cingersi con i
fiori del prato, cogliere dall’albero un diadema
di ciliegie. Lascia ai figli di questo mondo il
veleno della rivalsa, porgi l’altra guancia, rive-
stiti con il meglio che Dio ha posto nel tuo cuo-
re.
don Luciano
meditazione
Buttarsi alle spalle Meditazione di don Luciano Vitton Mea
Agisci
Porterò nella mia pre-
ghiera, davanti al Padre,
una situazione che mi
reca sofferenza o una
persona con cui vivo un rapporto
difficile.
Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?». E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l'usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante. Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare (Gv 18,38-19,1).
I segni della flagellazione si possono rav-visare sul petto, sulla schiena e sui polpac-ci. Il condannato era assicurato a un cep-po o a una colonnina e veniva colpito a turno da due persone. Le fruste termina-vano con una o due vertebre di pecora e piccole sfere di piombo. I colpi erano in-ferti, presso i Romani, sino allo sfinimen-to; sino a trentanove presso gli Ebrei. L'uomo della Sindone fu colpito un centi-naio di volte. In Cristo vi fu il dolore proveniente dall'ineffabile lume divino che gli fu dato. Dio stesso infatti, luce ineffabile, illuminando Cristo in modo indicibile con questa eterna disposizione fonte di ineffabile unione - trasformatasi in luce divina - fu per lui causa di un dolore inenarrabile.
La Sacra Sindone
La flagellazione
Non di solo pane Numero 714 Tempo Ordinario pagina 10
Probabilmente, se il Libro di
Giobbe fosse affidato oggi a una
commissione dottrinale o teologica
per decidere se inserirlo o meno
nel canone, si giungerebbe a non
inserirlo nel timore di creare disa-
gio e disturbo. (Carlo Maria Martini)
Giobbe non maledice Dio. An-
che quando la moglie con paro-
le taglienti lo provoca “Rimani
ancor fermo nella tua integri-
tà? Benedici Dio e muori!”,
Giobbe rimane integro, un uo-
mo fermamente religioso:
«Come parlerebbe una stolta
tu hai parlato! Se da Dio accet-
tiamo il bene, perché non do-
vremo accettare il male?».
Giobbe contesta Dio, lo proces-
sa ma non lo nega.
La moglie gli suggerisce una
sottile forma di ateismo, di
morire, di lascarsi morire: con
un coccio in mano e seduto
sull’immondezzaio del villag-
gio, abbandonato da tutti, sen-
za più affetti, marchiato come
impuro, scomunicato e avvolto
dalla buia notte del non senso per-
ché continuare a vivere? Seduto sui
rifiuti del villaggio in compagnia di
altrettanti “Giobbe” maledetti e
dimenticati perché continuare a
lottare, a chiedere la presenza e
la Parola di un Dio che sembra es-
sere sordo e muto di fronte alla
sofferenza innocente?
Giobbe sceglie la via più difficile e
continua a credere, maledice il
giorno in cui è nato ma sceglie di
vivere. Diventerà la voce di milioni
di innocenti che tra le immondizie
della terra scelgono, con dignità,
la dura arte del vivere, la dura
crosta della fatica di credere.
Giobbe, come tutti gli abbandonati
della terra, non ha la presunzione
di spiegarci il senso del dolore in-
nocente, ma si chiede se è possibi-
le parlare di Dio di fronte al dolore
innocente. C’è questa possibilità?
E’ possibile parlare di Dio in un
reparto di oncologia pediatrica,
nelle tante Auschwitz di ieri e di
oggi, nelle chiuse stanze di un
manicomio dove i malati sono
abbandonati a sé stessi e giocano
con i propri escrementi? E’ que-
sta la strada scelta dall’autore di
questo meraviglioso libro: conti-
nuare a parlare di Dio non tra le
pietre votive del Tempio ma nei
concimai delle periferie dove i
Giobbe di turno imprecano, pro-
cessano tutto e tutti, ricordano
con nostalgia i giorni “ del loro
autunno quando si lavavano i
piedi nel latte e la roccia gli ver-
sava ruscelli d’acqua”, pregano,
piangono, sperano. Giobbe per-
corre la via della vita, accetta la
sfida della propria sventura per-
ché seduto su un cumolo di spaz-
zatura sa porsi delle domande, si
mette in ricerca e chiede a se
stesso e a noi: “Può l’essere u-
mano credere in Dio in modo di-
sinteressato, senza attendersi
ricompense né temere castighi?
C’è qualcuno che, in una situa-
zione di sofferenza ingiusta, sia
capace di affermare la propria
fede in Dio e di parlare di lui,
gratuitamente?” Domande attua-
li, moderne, dell’uomo di ieri, di
oggi e di sempre. Ecco perché
Giobbe esce dai canoni biblici e
diventa patrimonio di tutta
l’umanità, compagno fedele di
chi, ricoperto di un morbo mali-
gno , non cerca risposte banali
alla sua sofferenza. Partendo da
queste considerazioni un deside-
rio di Giobbe è già stato esaudi-
to: “Oh, se le mie parole si scri-
vessero, se si fissassero in un
libro, fossero impresse con stilo
di ferro sul piombo, per sempre
s'incidessero sulla roccia!”. Ogni
sofferenza, ogni lacrima è im-
pressa con stilo di ferro, il grido
degli ultimi è scritto da sempre
sul libro di Dio.
La dura arte del vivere Meditazione di don Luciano Vitton Mea
Pagine bibliche: il Libro di Giobbe/3 Gli approfondimenti di Non di Solo Pane
Non di solo pane Numero 714 pagina 11
XI Tempo Ordinario
“La Chiesa, ci diceva Benedetto XVI, cresce per attrazione, per testimonianza. E quando la gente, i popoli vedono questa testimonianza di umiltà, di mitezza, di mansuetudine, sentono il bisogno» di cui parla «il profeta Zaccaria: “Vogliamo venire con voi!”“
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Brano Evangelico: Mt 6,161618
La beata Teresa del Portogallo, al secolo principessa Teresa Sanches de Portugal, era figlia di Sancio I, secondo sovrano portoghese. Suoi nonni paterni furono Mafalda di Savoia, figlia del conte Amedeo III, ed Alfonso I Henriques, primo re del Portogallo. Le due beate Mafalda e Sancha furono sue sorelle. Teresa nacque nella città portoghese di Coimbra nel 1181 e
sposò il suo consanguineo Alfonso IX, re di Castiglia e Léon, al quale diede tre figli: Sancha, Dulce e Fernando. Nel 1196 tale matrimonio fu dichiar a t o n u l l o p e r «impedimentum affinitatis» e quattro anni dopo Teresa si ritirò nel convento benedettino di Lorvao, che lei stessa aveva precedentemente fondato, e do
po averlo trasformato poi in abbazia cistercense nel 1229 prese il velo religioso. Alla morte del padre Sancio I nel 1211, sorsero alcune diatribe dinastiche. Risolto il conflitto familiare, però, Teresa potè trascorrere il resto dei suoi giorni con circa trecento consorelle nel monastero portoghese di Lorvao, ove morì il 18 giugno 1250.
Contemplo: Dio ama chi dona con gioia (2Cor 9,7)
Siamo più abituati a pensare che Dio vede nel segreto, ci controlla e ci giudica. Pensiamo poco invece alla presenza di Dio che «è nel segreto», vive con noi, a nostro favore, e ci insegna il modo di amare, di pregare e di digiunare. Egli ci dice: «Amatevi come io vi ho amato, con la potenza dell'umiltà. Pregate come io vi ho insegnato, in compagnia dello Spirito che vi ho inviato. Siate lieti nell'offerta della vostra vita, perché "Dio ama chi dona con gioia"».
Il Santo del giorno: Santa Beata Teresa del Portogallo
Mercoledì 17
Giugno
III Settimana del Salterio
Non di solo pane Numero 714 Tempo Ordinario pagina 12
Il vero bene va fatto nel silenzio, dev’essere
velato di discrezione, nascosto nel profondo del
cuore, scritto sulle pagine di un libro che solo
Dio conosce. “Quando dunque fai l'elemosina,
non suonare la tromba davanti a te, come fan-
no gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade
per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico:
hanno già ricevuto la loro ricompensa”. Il vino
per diventare buono, per acquisire dolcezza de-
ve rimanere in cantina, lontano dalla luce del
sole, nascosto in botti di rovere. Se viene espo-
sto diventa acido e si trasforma in aceto. Un
gesto di bontà esposto alla luce dell’umana
compiacenza si gusta, si altera, perde la fre-
schezza del bacio, li profumo del fiore. Un rac-
conto che ho letto alcune sere orsono mi pare
appropriato al brano del Vangelo di oggi. “Il
muratore posava il mattone sul letto di cemen-
to. Con gesto preciso della sua cazzuola vi get-
tava una copertura. E, senza chiedergli il pare-
re, posava su un nuovo mattone. A vista d'oc-
chio le fondamenta salivano, la casa poteva e-
levarsi alta e solida per ospitare uomini. “Ho
pensato, Signore, a quel povero mattone inter-
rato, nella notte, alla base del grande edificio.
Nessuno lo vede, ma lui fa il suo lavoro e gli al-
tri hanno bisogno di lui. Signore, non conta che
io sia in cima alla tua casa o nelle fondamenta,
purché io sia fedele, al mio posto, nella tua Co-
struzione”.
Non suoniamo mai la tromba davanti a noi; Dio
fugge al suono scordato della “vanagloria”.
meditazione
Velato di discrezione di don Luciano Vitton Mea
Agisci
Oggi donerò un poco del
mio tempo e tutta la
mia attenzione ad una
persona che so che sta attraversan-
do un periodo difficile.
Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota (Gv
19,16-17).
L'uomo della Sindone presenta la spalla destra più bassa della sinistra e, inoltre, essa appare gonfia ed escoria-ta. Escorazioni simili sono evidenti sulla scapola sinistra. Sono i segni del «patibulum», il palo trasversale che il condannato doveva portare al luogo del supplizio, dove già era piantato in terra lo stipite («stipes»). In Cristo vi fu anche il dolore veemente e acuto, poiché aveva l'anima gentile e nobile. Quanto la sua anima era più nobile e delicata, tanto più grave e acuto era il dolore che soffriva. Quell'anima, che era nobilissima, soffriva un dolore grandissimo, e tutti quei dolori traevano origine da quella suprema e assolutamente ineffabile disposizione divina.
La Sacra Sindone
Il peso della croce
Non di solo pane Numero 714 pagina 13
Giovedì 18
Giugno
III Settimana del Salterio
XI Tempo Ordinario
“Coloro che nella loro vita seguono questa
strada di male, come sono i mafiosi, non sono
in comunione con Dio: sono scomunicati!“
E' una santa giovane martire del Belgio, n e l t e m p o dell’evangelizzazione del Paese; la sua ‘Vita’ fu compilata da un anonimo alla fine del secolo XII e risen-te delle caratteristi-che delle narrazioni fantasiose agiografi-che, che tanto furono usate da autori, che non avevano notizie certe dei santi di cui
narravano. Alena (Elena) nacque da genitori pagani a Dielbeek presso Bru-xelles e si sarebbe fatta battezzare di nascosto della fami-glia nella chiesa di Forest. Il fatto scate-nò le ire del padre, che sembra fosse un re del paese, il quale ordinò ai suoi soldati di prenderla quando tornava dalla chiesa
e di portarla dinanzi a lui. Sembra che nella fase della cat-tura e del trascinarla con forza, uno dei soldati le spezzò un braccio ed Alena in seguito a questa traumatica ferita, morì il 17 giugno 640.
Il Santo del giorno: San Alena da Forest
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza
di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete
bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdo
nerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdo
nerà le vostre colpe».
Brano Evangelico: Mt 6,715
Contemplo: Dacci oggi il nostro pane (Mt 6,11)
Il Simbolo (o Credo apostolico) e anche il «Padre nostro», nell'antica Chiesa di Roma e di Milano, era «consegnato» ai catecumeni, per impararlo a memoria. Per una tradizione esplicita non doveva essere scritto, ma imparato, appunto, a memoria. A chi chiedeva: «In che modo può essere tenuto a mente se non viene scritto?», sant'Ambrogio rispondeva che ciò che è scritto spesso è dimenticato, se non si ripassa con quotidiana ripetizione, come invece si deve fare.
Non di solo pane Numero 714 Tempo Ordinario pagina 14
Secondo Papa Francesco, la preghiera del Padre
nostro “...apre le porte. Al momento del sacrifi-
cio, ha detto il Papa in una bella omelia, Isacco
si accorge che qualcosa non andava, perché mancava la pecorella, ma si fida di suo padre e
la sua preoccupazione l’ha buttata nel cuore di
suo padre. E ancora: “padre” è la parola che ha pensato di dire quel figlio che se n’è andato via
con l’eredità e poi voleva tornare a casa. E quel
padre lo vede venire e va di corsa da lui, gli si
getta al collo, per cadere su di lui d’amore. “Padre, ho peccato”: è questa la chiave di ogni
preghiera, sentirsi amati da un padre: abbiamo
un Padre. Vicinissimo, eh!, che ci abbraccia… Tutti questi affanni, preoccupazioni che noi pos-
siamo avere, lasciamoli al Padre: Lui sa di cosa
abbiamo bisogno. Ma, Padre, che? Padre mio? No: Padre nostro! Perché io non sono figlio uni-
co, nessuno di noi, e se io non posso essere fra-
tello, difficilmente potrò diventare figlio di que-
sto Padre, perché è un padre di tutti. Mio, sicu-ro, ma anche degli altri, dei miei fratelli. E se io
non sono in pace con i miei fratelli, non posso
dire Padre a Lui. Così, ha aggiunto, si spiega il fatto che Gesù dopo averci insegnato il Padre
Nostro, sottolinei che se noi non perdoneremo
gli altri, neanche il Padre perdonerà le nostre colpe. “E’ tanto difficile perdonare gli altri, ha
constatato, è difficile davvero, perché noi sem-
pre abbiamo quel rammarico dentro... Ma Gesù
ci ha promesso lo Spirito Santo: è Lui che ci inse-gna, da dentro, dal cuore, come dire ‘Padre’ e
come dire ‘nostro’. Chiediamo oggi allo Spirito
Santo che ci insegni a dire ‘Padre’ e a poter dire ‘nostro’, facendo la pace con tutti i nostri nemi-
ci”. A me quando prego il Padre nostro sembra
che il cuore si dilati... figuriamoci a Dio.
Meditiamo la Parola
"Padre… la chiave di ogni preghiera" Meditazione di Fiorella Elmetti
Agisci
Porterò nella mia pre-
ghiera, davanti al Padre,
una situazione che mi
reca sofferenza o una
persona con cui vivo un rapporto
difficile.
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte (Lc 23,33-
34). Le mani dell'uomo della Sindone sono sistemate sul basso ventre. La destra è posta sotto la sinistra, la quale presenta la ferita prodotta dal chiodo. La posizione di tale ferita conferma che l'inchiodatura avveniva non nel palmo, ma nel carpo, nel cosiddetto «spazio di Destot». Un chiodo fissato in quel punto lede il nervo media-no, che causa il ripiegamento del pollice, il quale, per questo motivo, non appare nel-la Sindone. Lungo le braccia sono visibili le colature di sangue. Quanto più Cristo amava profondamente i suoi eletti, tanto più sopportava con maggiore compassione e dolore le loro sofferenze e le loro pene, secondo la disposizione della divina volontà.
La Sacra Sindone
La trafittura delle mani
Non di solo pane Numero 714 Tempo Ordinario pagina 15
Venerdì 19
Giugno
III Settimana del Salterio
XI Tempo Ordinario
“Quando non si adora Dio, si diventa
adoratori di altro. Soldi e poteri sono
idoli che spesso prendono il posto di Dio“
Nobile, divenne eremita e dopo l'esperienza in Spagna, nei pressi di monastero sotto l'influenza di Cluny, iniziò una serie di peregrinazioni lungo l' Appennino con lo scopo di riformare monasteri ed eremi sul modello degli antichi cenobi dell'Oriente. La sua
fama e il suo carisma lo misero più volte in contatto con i potenti, principi e prelati. Convertì Ottone III che lo nominò abate di S. Apollinare in Classe, carica che Romualdo rifiutò clamorosamente dopo un anno rifugiandosi a Montecassino dove portò il suo rigore
ascetico. Riprese le sue peregrinazioni fondando numerosi eremi, l'ultimo dei quali fu Camaldoli. Questo nome deriva dal campo che un tale Maldolo aveva donato a Romualdo, in cerca di solitudine.
Il Santo del giorno: San Romualdo Abate
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi
tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassì
nano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma
né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Per
ché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. La lampada del cor
po è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà
luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebro
so. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tene
bra!».
Brano Evangelico: Mt 6,1319
Contemplo: Dov'è il tuo tesoro, là è il tuo cuore (cf Mt 6,21)
I tesori sulla terra sono per lo più accumulati inutilmente. «Il ricco deve distribuire e il povero deve meritare» insegna una sana contabilità delle ricchezze materiali. La contabilità di Gesù però è superiore alla nostra, perché guarda alla felicità delle persone. Si è fatto mostrare la moneta del tributo, ha pagato la tassa del tempio, ma è venuto per salvare le persone. Diceva: «Si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35).
Non di solo pane Numero 714 pagina 16
Cosa ci è prezioso? Cosa o chi rappresenta il no-
stro "tesoro"? In cosa stiamo investendo nella
vita? Certo: tutti desideriamo legittimamente
una vita serena, una casa, un buon lavoro, qual-
che soddisfazione. Ed è bene che sia così, so-
prattutto in questi tempi di fatica lavorativa.
Ma sappiamo anche che ciò che ci occorre è
molto di più: il nostro cuore è fatto per l'infinito
e solo l'infinito di Dio può davvero colmarlo.
Qui, in parte, e altrove, definitivamente. Se ab-
biamo intuito il valore del vangelo, della vita
nuova in Dio, della sua presenza, vale la pena
investire tutte le nostre energie in lui. Così co-
me non esitiamo a cercare qualche buon inve-
stimento che metta al sicuro i nostri risparmi,
investiamo per la vita vera. E si vede da lontano
in cosa noi o altri stiamo investendo: lo sguardo
buio di cui parla Gesù è quanto mai attuale:
quante persone incontriamo che hanno uno
sguardo intorbidito dai loro pensieri e dai loro
ragionamenti malvagi! Se, invece, poniamo la
nostra fiducia in Dio e ci lasciamo abitare da
lui, allora anche il nostro sguardo diventerà lu-
minoso e trasparente...
Meditiamo la Parola
L’infinito di Dio
a cura della Redazione
Agisci
Oggi chiederò luce e for-
za di Spirito Santo per
fare chiarezza e pulizia
dentro di me, guizzando
con agilità spirituale da
tutto ciò che m'impedisce di essere
puro e libero.
Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra (Mc 15,2227).
I piedi sono stati inchiodati con un chiodo solo, conficcato nel secondo spazio inter-metastale. Il piede sinistro è stato posto su quello destro: ciò è provato dal fatto che la gamba sinistra è leggermente flessa ri-spetto alla destra. La rigidità cadaverica ha mantenuto tale posizione. Cristo amava ineffabilmente ognuno dei suoi eletti - secondo la misura di ciascuno - sentendo in modo vivo le offese da loro compiute, o che avrebbero commesso, e le pene che per tante offese dovevano sostenere, aveva compassione di loro sopportando le loro pene con sommo dolore.
La Sacra Sindone
La trafittura dei piedi
Pagine bibliche: il Libro di Giobbe/3
Non di solo pane Numero 714 Tempo Ordinario pagina 17
La verità su Dio passa sem-
pre attraverso la strada degli
uomini. Gesù nel vangelo di
Giovanni, rispondendo a
Tommaso gli dice: «Io sono
la via, la verità e la vita.
Nessuno viene al Padre se
non per mezzo di me. Se co-
noscete me, conoscerete an-
che il Padre: fin da ora lo
conoscete e lo avete vedu-
to». San Tommaso esplicita
da far suo questo concetto:
“ Gesù è al tempo stesso via
e meta. Via secondo l'umani-
tà, meta secondo la divinità.
Dunque, in quanto uomo,
dice: «Io sono la via»; in
quanto Dio aggiunge: «la ve-
rità e la vita»”.
Non si può arrivare a Dio se
non si parte dall’uomo, quel-
lo reale, che abbiamo davan-
ti agli occhi. E’ questo
l’errore che commettono
Elifaz il Temanita, Bildad il
Suchita e Zofar il Naamatita:
partono da una presunta ve-
rità su Dio senza passare
dall’uomo Giobbe, senza a-
vere pietà delle sue piaghe,
senza ascoltare il suo lamen-
to.
Troppe volte coloro che si pro-
fessano credenti partono da
una prospettiva che elude le
ragioni dei poveri, il lamento
dei maledetti che portano nel-
la loro carne un morbo che li
rende ripugnanti e schifosi.
Spesso, troppo spesso, amia-
mo il profumo dei salotti e
rifiutiamo di accostarci ai le-
tamai della storia dove sale
l’odore repellente della carne
divorata da “una piaga mali-
gna, dalla pianta dei piedi alla
cima del capo”.
Gli amici di Giobbe sono mio-
pi, presumono di sapere ma in
realtà hanno smarrito la via
che conduce al vero volto di
Dio.
Dio non è un’idea, un concetto
più o meno complicato, Qual-
cuno che si lascia intrappolare
in norme che tradiscono
l’uomo di fango fatto a sua
immagine e somiglianza; Egli è
il Dio della storia, Colui che
interviene e che libera, che ha
promesso di esserci: “Io sono
Colui che sono” dice dal rove-
to ardente, cioè “Io sono il pre-
sente, Colui che c’è e che ci
sarà”.
Mentre i vari Elifaz il Temanita,
Bildad il Suchita e Zofar il Naa-
matita si chiudono in una stan-
za per cercare di capire e di
spigare il dolore innocente, Dio
visita i letamai, si siede sul suo
mucchio di spazzatura; non
parla, non spiega, va dietro la
sbarra degli amputati, ascolta i
capi d’accusa. E’ un Dio impre-
vedibile, lo trovi proprio la do-
ve l’accusano di essere il
“totalmente altro”, il lontano,
l’assente.
Per raggiungere Dio, verità e
vita, dobbiamo intraprendere
la via dell’uomo, le tante Via
Crucis della storia.
«Dice Agostino: “Cammina at-
traverso l'uomo e giungerai a
Dio». E' meglio zoppicare sulla
via, che camminare a forte an-
datura fuori strada. Chi zoppica
sulla strada, anche se avanza
poco, si avvicina tuttavia al
termine. Chi invece cammina
fuori strada, quanto più veloce-
mente corre, tanto più si allon-
tana dalla meta».
Gli amici ci Giobbe hanno cam-
minato troppo, hanno perso la
strada, si sono allontanati dalla
meta.
Le vie di Dio Meditazione di don Luciano Vitton Mea
Pagine bibliche: il Libro di Giobbe/4 Gli approfondimenti di Non di Solo Pane
Non di solo pane Numero 714 pagina 18
Sabato 20
Giugno
III Settimana del Salterio
XI Tempo Ordinario
“Oggi Cristo bussa alla porta del vostro cuore, del mio cuore. Vi chiama e chiama me ad alzarvi, ad
essere pienamente desti e attenti, a vedere le co-se che nella vita contano davvero“
Mercedario del con
vento di Logrono
(Spagna), il Beato
Lu ig i Mat ienzo ,
nell’anno 1579 a Tu
nisi in Africa, realiz
zò una numerosa re
denzione di 220
schiavi, tra i quali vi
era un gruppo di im
portanti cavalieri por
toghesi, ragione per
cui aumentò il costo
della redenzione.
Non avendo abba
stanza beni per il pa
gamento rimase in
pegno per tre anni
chiuso in un tenebro
so carcere soffrendo
molti maltrattamenti
fino a quando non fu
riscattato. Ritornato
in patria con nel cuo
re e sulla bocca sem
pre la passione di
Cristo, morì santa
mente nel suo con
vento. L’Ordine lo
festeggia il 20 giu
gno.
Il Santo del giorno: Beato Luigi Matienzo
Brano Evangelico: Mt 6,2434
Contemplo: Non preoccupatevi per la vostra vita (Mt 6,25)
Le parole di Gesù non sono incoerenti come i nostri ragionamenti umani. Qualcuno le definisce paradossali, perché alla maniera dei filosofi vuole farci riflettere su tutta la realtà, anche quella invisibile. La realtà per Gesù non si limita all'uomo sulla terra, il quale si preoccupa, quando non è un fannullone, di lavorare per sé e per gli altri. Gesù insegna la Provvidenza di Dio, il Padre che si prende cura degli uccelli, dei gigli del campo e soprattutto degli uomini «che egli ama» (Lc 2,14).
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o
odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete
servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello
che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale
forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e
non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete
forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la pro
pria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo:
non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria,
vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si
getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque
dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte que
ste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete biso
gno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno
date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di
se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
Non di solo pane Numero 714 Tempo Ordinario pagina 19
Perfettamente in linea con il vangelo di oggi, Henri
Nouewen ha scritto che "Ogni giorno porta con sé
una sorpresa, ma possiamo vederla, udirla o sentirla
quando essa giunge solamente se l’aspettiamo. Non
dobbiamo avere paura di accogliere la sorpresa di
ogni giorno, sia che essa ci venga come un dolore o
come una gioia. Essa aprirà un nuovo spazio nel no-
stro cuore, un luogo in cui possiamo accogliere nuovi
amici e celebrare in modo più pieno la nostra umani-
tà condivisa". La sorpresa, appunto, di oggi ci viene
pensando a Maria, vista come una donna rivoluzio-
naria, non ingessata da mantelli, corone nuvole:
"Avete soffocato l'afflato rivoluzionario di Maria di
Nazareth, esaltandone il divino e mettendo da parte
la sua umanità. Maria è donna, donna sola con un
figlio, vedova in un tempo in cui la vedovanza era un
abominio. Era un'ebrea in una terra oppressa dai
Romani, rifugiata in Egitto per sfuggire alla persecu-
zione. Maria fu una profuga. Madre affannata, che
spese la vita a seguire un Figlio che talvolta non ca-
piva un folle, suo figlio. Maria, donna libera, che se-
gue per le vie della Palestina il figlio, viaggiatrice,
teologa, scrutatrice. Maria donna dell'assemblea,
che presiede la celebrazione della Pentecoste se-
condo i costumi del suo popolo. Statue e immaginet-
te l'hanno legata, rappresentata in posa statica tra
nubi e lune, lei che spese tutta la sua vita a cammi-
nare, il cui cuore non conobbe tregua. Donna dai
sandali consunti per le passeggiate montane, per far
visita alla sua parente, per annunciare. Ed è per que-
sto che con tutto il cuore la chiamo "Madre!". Come
la mia mamma era una lavoratrice instancabile e
donna del popolo". Questa prospettiva di Maria ce la
avvicina come donna che pensa di vivere intensa-
mente l'oggi.
Meditiamo la Parola
Maria donna rivoluzionaria Meditazione di Fiorella Elmetti
Agisci
Porto in offerta a Cri-
sto, al suo altare, la
mia sterilità, le mie di-
strazioni e chiusure al
suo amore e ai fratelli,
perché lui le trasformi e la mia vita
diventi carica di frutto.
Era il giorno della Parasceve e i Giudei, per-ché i corpi non rimanessero sulla croce duran-te il sabato — era infatti un giorno solenne quel sabato —, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati croci-fissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzaro-no le gambe, ma uno dei soldati con una lan-cia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate (Gv 19,31-35).
Sull'immagine frontale, alla sinistra dell'os-servatore, si osserva una apertura cutanea nella zona pericardica della lunghezza di circa 5 centimetri. L'aspetto è quello di una ferita post-mortale provocata da una lancia che è penetrata tra la quinta e la sesta co-stola. Dalla ferita sono fuorusciti sangue e acqua. Affinché Gesù Dio e uomo ci mostrasse qualcosa dell'eccessivo e ineffabile dolore e per insegnarci a esserne sempre profondamente afflitti, gridò quella parola quando era nella croce dicendo: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
La Sacra Sindone
Il colpo di lancia
333/3390059 don Luciano
Anno XV- n. 714
Domenica 14 Giugno 2015
Chiuso il 9 Giugno 2015
Numero copie 1400
Coordinatrice Fiorella Elmetti
Redazione
don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini,
don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti
Grafica e stampa
don Luciano Vitton Mea
Ideato da don Luciano Vitton Mea
Sussidio di preghiera per la famiglia
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Vi troverai:
Ogni giorno una meditazione dei più grandi maestri di spiritualità Il settimanale di preghiera Non di Solo pane (da scaricare) I Santi del Giorno Tutte le opere di San Agostino I racconti di un pellegrino russo L’Imitazione di Cristo
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