Non di Solo Pane n°742 - 6 Febbraio 2016

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Settimanale di preghiera PANE Non di solo Sussidio di preghiera per la famiglia Anno XV - n° 742 Domenica 7 Febbraio 2016 Tempo Ordinario

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Settimanale di riflessione per la famiglia www.nondisolopane.it

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Settimanale di preghiera

PANE Non di solo

Sussidio di preghiera per la famiglia

Anno XV - n° 742

Domenica 7 Febbraio 2016

Tempo Ordinario

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Non di solo pane - Numero 742 - Tempo Ordinario - pagina 2

Febbraio 2016

“Pregare, forse il

discorso più urgente”

Sussidio di preghiera

per la famiglia

Offerta della giornata

Cuore divino di Gesù,

io ti offro per mezzo

del Cuore Immacolato di Maria,

Madre della Chiesa,

in unione al Sacrificio eucaristico,

le preghiere, le azioni,

le gioie e le sofferenze

di questo giorno,

in riparazione dei peccati,

per la salvezza di tutti gli uomini,

nella grazia dello Spirito Santo,

a gloria del divin Padre.

Offerta quotidiana

Sito di Non di Solo Pane:

www.nondisolopane.it

Con Maria, la madre del Signore e della Chiesa, prego

specialmente per le intenzioni che il Santo Padre

raccomanda alla preghiera di tutti i fedeli in questo

mese

Intenzione del Santo Padre

Perché abbiamo cura del creato, ricevuto come dono

gratuito, da coltivare e proteggere

per le generazioni future.

Intenzione missionaria

Perché crescano le opportunità di dialogo e di

incontro tra la fede cristiana e i popoli dell’Asia.

Intenzione dei vescovi

Perché il Signore ci doni un cuore misericordioso

e umile, che riconosca la propria

povertà e si spenda per gli altri.

Intenzione del Vescovo di Brescia

Mons. Luciano Monari

Perché, guardando al Cuore di Cristo, paziente

e misericordioso, ci impegniamo con gioia

nella costruzione della civiltà dell'amore.

Intenzioni mese di Febbraio

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Domenica 7

Febbraio

I Settimana del Salterio

V Domenica del Tempo Ordinario

Dio va oltre la giustizia con la misericordia e il perdono.

Papa Francesco

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un pecca-tore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomi-ni». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Brano Evangelico: Lc 5, 1-11

Contemplo: Gettate le vostre

reti (Lc 5,4)

A Simone ormai stanco, Gesù dice

di gettare ancora le sue reti. La

pesca sarà abbondante. Quello che

è impossibile alle nostre povere

forze il Signore lo realizza. «Non

temere» dice Gesù a Simone. La

stessa cosa ripete anche a noi og-

gi. Gettiamo anche noi le reti

dell'amore di Dio e della preghie-

ra, per radicare il vangelo prima di

tutto nei nostri cuori e poi tra le

persone con cui viviamo.

Agisci

L'obbedienza alla Pa-

rola ci permette di

ottenere risultati in-

sperabili. Oggi mi

fiderò ciecamente di

quello che Dio mi

chiederà, sull'esem-

pio e con l'interces-

sione di Maria, Vergi-

ne fedele.

Il santo del giorno:

Beato Adalberto

Nierychlewski

Wojciech Nierychle-wski nacque a Da-browice, nei pressi di Lodzkie in Polonia, il 20 aprile 1903. Sa-cerdote della Congre-gazione di San Mi-chele Arcangelo (Micheliti), al tempo

del regime militare nazista contrario alla dignità umana ed alla religione, fu arrestato nell’ottobre del 1941 e deportato nel cam-po di sterminio di Auschwitz, nei pressi di Cracovia. Qui, a causa della sua fede in Cristo, morì a cau-sa delle atroci torture subite il 7 febbraio 1942. Papa Giovanni

Paolo II il 13 giugno 1999 elevò agli onori degli altari ben 108 vittime della medesi-ma persecuzione na-zista, tra le quali il Beato Adalberto Nierychlewski, che viene dunque ora fe-s t e g g i a t o nell’anniversario del martirio.

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P a g i n e b i b l i c h e

Leggiamo con attenzione il

brano evangelico di oggi; a-

scoltiamo volentieri, come

fosse la prima volta, gli inse-

gnamenti che Gesù ci vuole

trasmettere per il nostro e

altrui bene. «Maestro, abbia-

mo faticato tutta la notte e

non abbiamo preso nulla;». E’

l’umile confessione di un fal-

limento, di reti gettate nel

buio della notte, di un raccol-

to mancato. Io mi inginocchio

e vedo in questa scena la mia

vita, tanti miei fallimenti,

tante occasioni perdute, spe-

ranze infrante sui crinali roc-

ciosi del mio orgoglio.

«Non abbiamo preso nulla».

Quando si prende il largo da

soli, confidando esclusiva-

mente sulle proprie forza, il

“nulla” si concretizza, il vuo-

to riempie il cuore, il lago,

così ricco di vita, diventa de-

serto, terra arsa dal sole. Io

benedico questo nulla, questo

vuoto, questo lago diventato

landa desolata battuta dal

vento gelido della notte.

Solo sperimentando il mio

fallimento prendo coscienza

di me stesso, di quello che

sono, delle mie piccole, gran-

di mediocrità. Sento il biso-

gno di alzare lo sguardo, mi

accorgo di non essere solo. E’

la mia, è la vostra salvezza.

Là, sulla riva, un volto mi at-

tende: è il Signore, la mia, la

vostra salvezza. “Salì in una

barca, che era di Simone, e lo

pregò di scostarsi un poco da

terra. Sedutosi, si mise ad

ammaestrare le folle dalla

barca”. Dio si serve della mia

barca, di questa povera vita

per annunciare agli uomini le

sue meraviglie. Questo nulla,

il mio vuoto, il deserto inte-

riore che attanaglia il mio

cuore, diventano, nelle mani

di Dio, strumento di Grazia,

condizione per la mia e

l’altrui salvezza. “Quando

ebbe finito di parlare, disse a

Simone: «Prendi il largo e

calate le reti per la pesca»”.

L’invito è rivolto a tutti, nes-

suno escluso. Ai vicini e ai

lontani, ai buoni e ai cattivi,

a tutti. “Questa parola la ri-

volge a tutti, senza fare ecce-

zioni e senza porre condizio-

ni: nonostante i nostri peccati

passati, la nostra mediocrità,

l'insensibilità spirituale, basta

credere all'Amore, credere

che tutto è possibile sempre,

che nulla è irrevocabile, né

fallimenti né infedeltà. La

grazia di Dio può porre rime-

dio a tutto, tutto redimere:

ritornare a Dio è sempre un

inizio assoluto, perché la po-

tenza di Dio è senza li-

miti.” (J. DANIÉLOU, Eléments de spiri­

tualité pour le laie d'aujourd'hui, Cercles J.8.,

s.d., 38-41).

don Luciano Vitton Mea

Ritornare a Dio è sempre un inizio assoluto

Sulla tua Parola Meditazione di don Luciano Vitton Mea

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P a g i n e b i b l i c h e

L’angolo della misericordia

Le preghiere più belle della Bibbia e dei grandi autori della tradizione cristiana. Charle de Foucauld

Una croce che emerge da un cuore, questo il simbolo che

fratel Charle de Foucauld scelse per il proprio abito, e che

perfettamente esprime la centralità della misericordia di

Dio: Jesus Caritas era il suo motto, e lo è tutto ora per i

Piccoli Fratelli e le Piccole Sorelle che da lui, vissuto dal

1858 al 1916 morto martire, hanno preso spunto per la

loro vita umile e dedicata ai poveri e al Vangelo.

IO MI ABBANDONO A TE

Padre mio, io mi abbandono a Te:

fa' di me ciò che Ti piacerà.

Qualunque cosa Tu faccia, io Ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto,

purché la tua volontà si faccia in me,

in tutte le tue creature.

Non desidero altro, o mio Dio.

Rimetto la mia anima nelle tue mani.

Te la dono, o mio Dio,

con tutto l'amore del mio cuore,

perché Ti amo,

ed è per me un bisogno d'amore il donarmi,

il rimettermi senza misura fra le tue mani,

con infinita fiducia,

perché Tu sei mio Padre.

L’otto aprile 1378 i cardi-

nali riuniti in Conclave a

Roma elessero al soglio

pontificio Bartolomeo Prignano che prese il

nome di Urbano VI. Il suo fu tra i pontifica-

ti più tumultuosi e complessi della storia

della Chiesa. Non posso, per motivi di spa-

zio, menzionare gli avvenimenti che attra-

versarono gli undici anni del suo pontifica-

to. Basta sottolineare che nel tentativo di

risollevare le sorti sociali e religiose di Ro-

ma pensò di anticipare il giubileo e con la

bolla Salvator noster Unigenitus stabilì che

l'intervallo fra i giubilei fosse di trentatré

anni e indisse un giubileo per i1 1390. Morì

però a Roma nel 1389. Il Giubileo fu pre-

sieduto dal suo successore, Bonifacio IX,

nel 1400. Nella bolla Salvator noster Uni-

genitus Urbano VI indica le motivazioni

della sua scelta:

“ Noi, considerato che il tempo della vita

degli uomini si è notevolmente abbreviato e

che i più non giungono all'anno cin­

quantesimo e desiderando che un maggior

numero di fedeli, partecipando alla menzio­

nata indulgenza, cresca nella devozione,

brilli per la fede, si rinvigorisca nella spe­

ranza e si rafforzi nella carità, su consiglio

dei nostri fratelli spostiamo il Giubileo all'anno trentesimo terzo e stabiliamo che

otterranno il pieno perdono dei peccati tutti

coloro che, veramente penitenti e confessa­ti, visiteranno in Roma le basiliche degli

apostoli Pietro e Paolo, la chiesa Latera­

nense e quella di Santa Maria Maggiore”.

Don Luciano

Storia dei Giubilei Salvator noster Unigenitus Papa Urbano VI

Papa Urbano VI Al secolo: Bartolomeo Prigna-no. Arcivescovo di Bari Elezione: 8 aprile 1378 Fine pontificato: 15 ottobre 1389 Morte: 15 ottobre 1389

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Lunedì 8

Febbraio

I Settimana del Salterio

V Settimana del Tempo Ordinario

Il santo del giorno:

San Girolamo

Emiliani Fondatore della Socie-

tà dei Servi dei pove-ri (Somaschi), Giro-lamo Emiliani si de-dicò a malati, giovani abbandonati e al ri-scatto delle prostitu-te. Nato a Venezia nel 1486, intraprese la carriera militare. Nel 1511, in prigioni-a, maturò la vocazio-

ne, similmente a sant'Ignazio ferito a Pamplona. Consacra-tosi a Dio nel 1518, si prodigò in una ca-restia e in un'epide-mia di peste a Vero-na, Brescia, Como e Bergamo. Qui, nel paesino di Somasca, nacque l'ordine di chierici regolari. Essi intuirono il ruolo di promozione sociale delle scuole e ne a-

prirono di gratuite con un metodo peda-gogico innovativo. Il fondatore morì di pe-ste nel 1537, mentre assisteva dei malati. Santo dal 1767, dal 1928 è patrono della gioventù abbandona-ta.

Patronato: Orfani, Gioventù abbandona-ta.

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a

terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente

subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono

a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovas-

se. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i

malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo

del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

Brano Evangelico: Mc 6, 53-56

Contemplo: Sorgi, Signore

(Salmo responsoriale)

Sorgi, Signore, e salvaci. Donaci

ancora oggi la tua parola di veri-

tà, perché possiamo camminare

nel mondo alla luce del tuo amo-

re e della tua presenza. Guarisci

le nostre malattie dell'anima e

del corpo, donaci il conforto del-

la speranza, perché tra le vicen-

de di ogni giorno possiamo trova-

re te, nostro rifugio e nostra

consolazione.

Rimanere sulla via del male è solo fonte di illusione e tristezza.

Papa Francesco

Agisci

L'attenzione di Gesù

nei confronti del ma-

lati è stata una carat-

teristica del suo mi­

nistero. Oggi preghe-

rò il santo Rosario per

loro e, se mi sarà pos-

sibile, andrò a trovar-

ne qualcuno.

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1Re 8,1-7.9-13

Introdussero l’arca dell’alleanza

nel Santo dei Santi e la nube

riempì il tempio del Signore.

Come aveva preannunciato la parola

profetica rivolta a Davide, Salomone

realizza il desiderio di suo padre e co-

struisce il primo tempio al Dio d'Israele,

che dopo tanti secoli ha una sede sta‑

bile e un luogo in cui la sua gloria può

finalmente dimorare. Il tempio di Geru-

salemme, costruito da Salomone, fu di

una magnificenza tale che mai più furo-

no eguagliati la sua bellezza e il suo

splendore. Eppure, dopo secoli di storia,

i profeti inizieranno a dire al popolo che

una dimora, per quanto bella e sforzosa

possa essere, non basta a far sentire Dio

a casa propria. Egli cerca piuttosto cuori

docili e umili: in essi si degna di porre la

sua stabile dimora. Dunque, non è im-

portante il luogo, che pure può aiutare,

è importante la disponibilità interiore.

Dalla Prima Lettura Una dimora interiore

Preghiera

Signore Gesù, in te il mistero e il simbolo

dell'arca e del tempio raggiungono la loro

pienezza e si purificano da ogni incrosta­

zione idolatrica: tu sei in mezzo a noi per­

ché ogni nostra malattia e infermità possa

trovare conforto e guarigione a contatto

con la tua misericordia, che ci è vicina..,

sempre più vicina. Donaci di approdare

nel porto sicuro del tuo amore.

Medita La Parola

Pur nella sofferenza Dio è Presenza Meditazione di Fiorella Elmetti

La gente ha sete di Gesù, lo possiamo vedere

in questo e in altri brani del vangelo. Lo rico-

nosce appena scende dalla barca con i suoi

discepoli ed ecco che “accorrendo da tutta

quella regione, cominciarono a portargli sulle

barelle i malati, dovunque udivano che egli si

trovasse”. In un suo breve commento, Paolo

Curtaz sottolinea: “Volano le parole, e mentre

viaggiano si ingrossano. Gesù ha cercato di

tenere nascosti i prodigi, ha ammonito severa-

mente, rimproverato, intimato. Non è servito

a nulla: la folla accorre da ogni luogo. Non c'è

molta fede, nella loro corsa. Ma molto dolore

e un po' di superstizione: non è un guaritore il profeta di Nazareth? A loro poco importa dei

suoi discorsi su Dio e il Regno, ascoltano, pur-

ché alla fine qualcuno guarisca. E Gesù accet-ta, gestisce questa difficile situazione, cerca

di far maturare la loro poca fede, cerca di far capire che quei gesti, quei miracoli sono la

manifestazione del Regno che avanza, che

cresce giorno per giorno. No, non capisce la folla, fatica a star dietro a questo curioso pro-

feta. Poco importa: Gesù rischia, accetta, prova lo stesso. Non cerchiamo Gesù per i suoi

prodigi, non pesiamo la nostra fede chiedendo

miracoli impossibili. Se davvero abbiamo co-

nosciuto la straordinarietà del suo amore, al-

lora ci basta essere sfiorati dall'ombra del suo

mantello”. È vero, molte volte ci rivolgiamo a

Gesù soltanto nel momento del bisogno, e Lui,

certo, accetta, capisce, sperando che prima o poi la fede maturi e diventi il desiderio di ri-

mettersi con fiducia nelle mani di Dio. Siamo

tanto convinti che le situazioni di malattia siano negative che non pensiamo mai che pur

nella sofferenza Dio è Presenza ed opera il bene nelle anime, anche le più lontane dalla

vita cristiana.

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Martedì 9

Febbraio

I Settimana del Salterio

V Settimana del Tempo Ordinario

Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi!

Papa Francesco

Il Santo del giorno:

San Sabino di Canosa

È un vescovo vissuto tra la fine del V secolo e la metà del VI, di lui prima dell'episcopato non si sa praticamente nulla; sembra che sia succeduto come vesco-vo di Canosa di Puglia a Memore nel 514. Dal Papa Agapito fu invia-to come capo di una commissione di vesco-

vi, nel 535 a Costanti-nopoli per constatare l'eresia monofisita del patriarca Antimo, la sua rimozione e la so-stituzione con il nuovo patriarca Mena, che convocò un sinodo nel 536. San Gregorio Ma-gno racconta che Sabi-no era solito visitare san Benedetto a Mon-tecassino. In una di queste visite gli disse, che era preoccupato per l'ingresso di Totila re degli Ostrogoti in

Roma (dicembre 546) ricevendo come rispo-sta che Roma si sareb-be disfatta da sé per altre vie. E Totila in una delle sue incursio-ni, arrivò a Canosa e invitato a mensa dal santo vescovo, ormai vecchio e cieco, volle provarne lo spirito pro-fetico, offrendogli lui stesso del vino al posto del servo. Sabino chia-mandolo per nome lo ringraziò.

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con ma-ni impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si

sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tor-nando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame

e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impu-re?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:

“Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra

tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. […]

Brano Evangelico: Mc 7, 1-13

Agisci

Il rischio dell'ipocrisia lo corriamo tutti, anche nel nostro rapporto con Dio. Spesso ci limitiamo alle pratiche esteriori, senza che queste coin-volgano il cuore. Oggi, con l'aiuto di Maria, mi impegnerò a essere una persona vera, nella pre-ghiera e nella carità.

Contemplo: Tu, Signore, sei

fedele (cf I Re 8,23)

Signore, «tu mantieni l'alleanza e la fedeltà verso i tuoi servi che

camminano davanti a te con tut-to il loro cuore» (1Re 8,23). Con-

cedi anche a noi di camminare

davanti a te con cuore retto e sincero, affinché la preghiera

che ti innalziamo dall'intimo del nostro cuore, vero tempio del

tuo santo Spirito, sia pura come tu la desideri, e ti renda gloria

per tutti i tuoi benefici.

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Medita la Parola

Come i cerchi nell’acqua Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Lo scroscio dell’acqua in un catino, le mani lava-

te fino ai gomiti, le tradizioni degli antichi osser-

vate con scrupolo. Poco importa se quello scro-

scio annacqua il vino della misericordia di Dio,

lava le mani, rende ineccepibile l’esterno “della

coppa” ma lascia il cuore avvolto nelle tenebre

dell’orgoglio e della presunzione, l’interno “del

calice” sporco ed impresentabile. Le mani profu-

mate dei farisei di ieri e di oggi puntano il dito,

si alzano in un altero giudizio, dettano una legge

umana e cancellano quella divina. Anche noi

spesso ci accontentiamo dell’apparenza, copria-

mo le rughe dell’incoerenza con la cipria

dell’ipocinesia. Dio sulle labbra ma lontano dal

cuore, lontano dal fango che ricopre il viso di chi

giace nei letamai della storia. Il filosofo Friedrich

Nietzsche, rivolgendosi ai cristiani, pare che ab-

bia detto: “Se la buona novella della vostra Bib-

bia fosse anche scritta sul vostro volto, voi non

avreste bisogno di insistere così ostinatamente

perché si creda all'autorità di questo libro: le vo-

stre azioni dovrebbero rendere superflua la Bib-

bia perché voi stessi dovreste continuamente co-

stituire la Bibbia nuova”. Forse non abbiamo an-

cora capito che la buona novella consiste proprio

nel fatto che Gesù si è rivolto ad altre mani, ha

rifiutato le mani pulite dell’apparire e ha scelto

quelle sporche dei suoi discepoli. Mani nodose,

che conoscono il ruvido legno dei remi, le corde

taglienti di reti tirate con fatica sulla barca. So-

no le mani sporche di Giuda, il traditore, di Pie-

tro che rinnega per tre volte il suo Signore, degli

altri discepoli che lasciano solo Gesù nell’ora del

dolore, che scappano davanti a coloro che stanno

arrestando il Maestro. Sono le mie mani sporche

di tanti tradimenti. Per queste mani l’acqua non

serve, solo il tocco della misericordia divina le

può purificare.

Re 8,22-23.27-30

Tu hai detto, Signore: «Lì porrò

il mio nome!». Ascolta la sup-

plica del tuo popolo Israele.

Nella sua preghiera, Salomone chiede

a Dio la grazia di degnarsi di abitare in

quel tempio costruito da mani d'uomo

che dovrebbe avere la dignità di acco-

gliere Colui che nemmeno i cieli posso-

no contenere. Salomone si rende conto

che quanto chiede a Dio è davvero ar-

dito: egli gli chiede di essere presente

in mezzo al suo popolo in maniera sta-

bile e definitiva, eleggendo quella di­

mora come luogo della sua supremazia

definitiva su Israele. Dio esaudirà que-

sta richiesta, manifestando la sua glo-

ria in quel luogo. Ogni volta che invo-

chi con fede il nome del Signore, egli

con gioia viene ad abitare nei luoghi

dove vivi e dove lavori; ma il suo tem-

pio preferito è il tuo cuore. È li che

egli vuole essere cercato da te.

Dalla Prima Lettura

Nei luoghi dove vivi

Preghiera

Signore Gesù, è inutile che guardiamo gli altri mettendo in evidenza le loro infedeltà e le loro ipocrisie. È nel no­stro cuore che dobbiamo avere il co­raggio di guardare ogni giorno, per poter smascherare noi stessi e impara­re ci vivere nella semplicità di una fe­de umile e generosa. Non lasciare che cediamo alla paura di essere noi stes­si... almeno al tuo cospetto.

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“Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.”

L’uomo, questo fuggiasco! Da sempre noi uomini siamo in fu-ga! La prima fuga è iniziata agli albori della nostra storia quando Adamo fuggì dal giardino di Dio, dalla sua identità di custode per mettersi la maschera di padro-ne, cedendo alla tentazione di “mettersi in proprio”. Da allora solo sudore, polvere e strug-gente desiderio di una felicità perduta, di un patrimonio sper-perato. Da allora siamo in fuga: scappiamo da noi stessi, dalla nostra vera identità, dalla picco-le gioie che danno sapore alla quotidianità, da una presenza. Quando l’uomo decide di pensa re in “grande” inizia la sua fuga,

un viaggio che conduce ad un paese lontano. Un luogo senza calore, privo di autenticità, vizia-to da l la presenza dei “surrogati”. Un paese dove tutto è in vendita e tutto si compra: gli amici, gli affetti, gli amori. Ciò che nella casa paterna ci veniva dato per dignità, ciò che nel giardino ci aspettava per diritto, nel paese lontano biso-gna comprarlo. E il patrimonio si disperde, presto ci si trova nel bisogno. Povero uomo, povero me! Ave-vamo tra le mani il titolo di “figli”, un patrimonio da custodi-re, una casa, un giardino, degli affetti, un amore… e l’abbiamo sperperato, sciupato, perso.

Allora andò e si mise a servizio di

uno degli abitanti di quella regio-

ne, che lo mandò nei campi a pa-

scolare i porci. . Avrebbe voluto

saziarsi con le carrube che man-

giavano i porci; ma nessuno glie-

ne dava.

Da custodi del patrimonio pa-terno, del Giardino di Dio, a custodi di porci. Anzi, peggio dei porci: loro hanno le ghian-de, chi li custodisce, per noi il vuoto, il niente. Mistero del male, di ogni catti-veria. L’uomo lontano da Dio diventa maschera, respira la vacuità del nulla, diventa brutto, cattivo. Non ci sono ciprie in grado di coprire le rughe della lontananza, in grado di restitui-re gradevolezza ad un volto abbrutt ito e contraffatto dall’egoismo. La lontananza da Dio genera cattiveria. Come può un uomo abusare di un bimbo o di una bimba? Co-me può l’uomo sfruttare il suo simile, godere dell’altrui falli-mento, dire male di chi gli sta accanto? Come può un uomo chiudere il proprio cuore a sua madre o a suo padre, abbando-nare il suo primo amore, i suoi figli? Mistero del male, mistero di una lontananza. Lontano dalla casa paterna l’uomo diventa cattivo, tira fuori il peggio di se stesso, coltiva rancori, desideri infausti, conta i soldi, accumu-la, rinnega. Lontano da Dio l’uomo si perde, rimane solo, impoverisce, invecchia: diventa custode di porci. Mistero del mio male, del mio peccato. Quante volte ho la-sciato e lascio la casa paterna alla ricerca di un paese lontano dove cullare le mie manie di protagonismo, alla ricerca di un “mio” che non mi appartiene. Quante volte vivo nel paese delle illusioni, dove rinnego me stesso, la mia dignità, la mia figliolanza.

don Luciano Vitton Mea

Pagine bibliche Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Anno della Misericordia 2015/16

Catechesi sulla parabola

del Padre Buono/2

Il Figlio minore/2 di don Luciano Vitton Mea

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Non di solo pane - Numero 742 - pagina 11

Mercoledì delle Ceneri

La Quaresima di questo Anno Giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per

celebrare e sperimentare la misericordia di Dio.

Papa Francesco

[…] Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ri-compensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcri-ti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Brano Evangelico: Mt 6,1-6.16-18

Contemplo: .Perdonaci, Signore (Salmo responsoriale)

Durante l'imposizione delle cene-

ri ci accompagnano queste paro-

le: «Rinnoviamo la nostra vita in

spirito di umiltà e di penitenza;

facciamo digiuno e supplichiamo

con lacrime il Signore, perché è

pieno di misericordia il nostro

Dio, disposto a perdonare tutti i

nostri peccati». Chiedere perdo-

no al Signore significa anche es-

sere desiderosi di rinnovare la

propria vita, affinché sia più con-

forme alla volontà di Dio.

Il Santo del giorno:

Mercoledì delle ceneri

«Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris», ovvero: «Ricordati uomo, che polvere sei e polvere ritornerai». Queste parole compaiono in Genesi 3,19 allorché Dio, dopo il peccato originale, cac-ciando Adamo dal giardi-no dell’Eden lo condanna alla fatica del lavoro e alla morte: «Con il sudo-

re della fronte mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere torne-rai!». Questa frase veniva recitata il primo giorno di Quaresima, quando il sacerdote segnava la fronte dei fedeli con la cenere. Dopo la riforma liturgica, seguita al Con-cilio Vaticano II, la frase è stata mutata con la lo-cuzione: «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Tradizionalmente le ceneri rituali si ricava-

no bruciando i rami d’ulivo benedetti la do-menica delle Palme dell’anno precedente. Per il mercoledì delle ceneri è previsto il digiuno e l’astensione dalle carni, astensione che la Chiesa ha sempre richiesto per tutti i venerdì dell’anno, ma che negli ultimi de-cenni si limita ai venerdì del periodo quaresimale. Inizia dunque il tempo della penitenza, delle rinunce e del colore viola per la Liturgia Sacra .

Mercoledì 10

Febbraio

IV Settimana del Salterio

Agisci

Ogni anno, all'inizio

della Quaresima, ri-

torna pressante que-

sto appello del Signo-

re: «Ritorna a me!».

Oggi mi fermerò a ri-

flettere per vedere

ciò che nella mia vita

mi allontana da Dio e

mi impegnerò a cam-

biare.

Page 12: Non di Solo Pane n°742 - 6 Febbraio 2016

Non di solo pane - Numero 742 - Tempo di Quaresima - pagina 12

2Cor 5,20-6,2 Riconciliatevi con Dio. Ecco ora il momento favorevole.

La Quaresima è un tempo favorevole.

Potremmo definirlo un periodo nel quale

la Chiesa intera — dunque anche tu —

vive un momento di esercizi spirituali.

Questa esperienza è estremamente utile

e formativa, in quanto è un momento

nel quale Cristo dona con particolare

abbondanza la sua grazia e la sua luce;

per questo motivo, grazie alla luce che

ricevi, puoi renderti conto di dove devi

impegnarti veramente per cambiare e

per far sì che Dio sia contento di te. A

volte può essere un'esperienza un po'

dolorosa, soprattutto quando Gesù ti fa

vedere il tuo limite e la tua infedeltà:

quello è il momento in cui cadono tutte

le maschere e tutte le tue false identi-

tà. Eppure. quello è anche il momen­to

della verità e della luce.

Dalla Prima Lettura Tempo favorevole

Preghiera

Signore Gesù, all'inizio di questo tempo

favorevole, affidiamo a te i nostri propo­

siti e i nostri desideri come un pugno di

cenere. Da te attendiamo la scintilla che

faccia sorgere, da tutte le nostre ceneri,

una nuova creatura completamente ac­

cordata alla tua volontà e al tuo amore.

Kyrie eleison!

Medita La Parola

Nel segreto Meditazione di Fiorella Elmetti

Mi ha sempre affascinato ciò che Gesù dice in

questo brano, soprattutto l’insistente espressio-

ne “nel segreto”. Ben sei volte si ripete esplici-

tamente, mentre le prima parte del testo la la-

scia intuire affermando: “State attenti a non

praticare la vostra giustizia davanti agli uomini

per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è

ricompensa per voi presso il Padre vostro che è

nei cieli”. Quindi, c’è da parte di Dio un interes-

se tutto speciale per quel mondo interiore che

tutti ci portiamo dentro e che, forse, non ascol-

tiamo mai abbastanza. Il Beato Luigi Novarese

questo spazio che ci riporta al cuore lo chiamava

“la tenda interiore”, che come tutte le tende

non ha pareti rigide come quelle della case, ma

flessibili e morbide, spaziose ed accoglienti,

sempre pronte a cambiare dimora, se necessario,

sempre disposte a lasciarsi gonfiare come le vele

di una barca che sul mare va. “Nel segreto” i

pensieri dell’uomo si intrecciano in modo unico

con i pensieri di Dio e si trasformano, come pure

accade per le offerte ed i sacrifici mossi

dall’amore. Ho trovato un bel pensiero di don

Mauro Orsatti che afferma: “Lo sguardo di Dio si

posa su ogni uomo, con la benevolenza del Padre

che istruisce e aspetta una risposta viva, fatta di

scelte concrete e quotidiane. E alla sera della

vita occorre presentarsi con la lampada accesa,

la stessa che ha illuminato il cammino incontro al

Padre, alimentata dall’olio di opere buone che

venivano da un cuore retto e sincero. Dio non è

un optional né un rifugio occasionale nei momen-

ti disperati. Egli è Colui che mantiene costante-

mente lo sguardo su di noi, ci ama, e ci aspetta

per un abbraccio definitivo che inizia sulla terra

e dura per tutta l’eternità in Cielo”. Nel segre-

to, ogni giorno l’anima canta il Magnificat.

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Non di solo pane - Numero 742 - pagina 13

Giovedì 11

Febbraio

IV Settimana del Salterio

Tempo di Quaresima

La Vergine Santa è la donna di fede, che ha fatto posto

a Dio nel suo cuore, nei suoi progetti […] Per questo

non si può capire Gesù senza sua Madre.

Papa Francesco

Il Santo del giorno: Beato Bartolomeo di Olmendo Il Beato Bartolomeo di

Olmedo, fu il primo

sacerdote che arrivò in

terra messicana, era

giunto in America nel

1516 all’età di 31 anni.

Durante la conquista

dell’impero azteca van-

no molte lodi a questo

giovane mercedario per

la sua attività che svol-

se con intelligenza e

prudenza in particolari

situazioni fra spagnoli

ed arborigeni. Portò la

devozione alla Vergine

della Mercede ai messi-

cani, i quali si innamo-

rarono di essa, portan-

doli così alla conoscen-

za di Dio, insegnando i

principi della fede pre-

dicando instancabil-

mente. Battezzò più di

2500 arborigeni, fra

questi la famosa Malin-

che, la quale, poiché

conosceva la lingua

spagnola era interprete

di Cortés e le diede il

nome di Marina. Il Be-

ato Bartolomeo morì in

Messico nel novembre

del 1524 all’età di 39

anni e pianto da tutti gli

indios fu sepolto in

Santiago de Tlatelolco.

L’Ordine lo festeggia

l’11 febbraio.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e da-gli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la per-derà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».

Brano Evangelico: Lc 9,22-25

Contemplo: Prendi la tua cro-

ce e seguimi (cf Lc 9,23)

Se vogliamo seguire il Signore

dobbiamo accettare la nostra vita

così com'è, rendendo grazie per

tutto quanto egli ha di­sposto per

il nostro vero bene. Amare il Si-

gnore e la sua volon­tà è talmen-

te importante che se noi non vo-

lessimo farlo, an­dremmo, in

qualche modo, contro noi stessi,

perderemmo la nostra stessa vita.

Se invece accogliamo la nostra

croce, se­guiamo il Signore là do-

ve vuole condurci, alla vita vera

ed eterna.

Agisci

Con l'esempio e con

l'aiuto di Maria, acco-

glierò con fede e sen-

za lamentarmi le

difficoltà che incon-

trerò in questa giorna-

ta, cercando di vede-

re in esse un'occasio-

ne di crescita nel mio

cammino di sequela

del Signore.

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Non di solo pane - Numero 742 - Tempo di Quaresima - pagina 14

Medita la Parola

Divinum est pati Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Portare la croce e soffrire: questa è la proposta di Ge-

sù, il programma di vita che il cristiano deve abbraccia-

re. Parole dure, quasi incomprensibili, che vanno pon-

derate, che richiedono una sorta di “svelamento”, che

vanno, passi il termine, “digerite e assimilate”.

La sofferenza è sempre stata un enigma per l’uomo, per

chi crede e per chi non crede o si dichiara semplice-

mente agnostico. Giobbe piagato e seduto tra la cenere

e l’immondizia trascina Dio sul tavolo degli imputati e

sembra dirgli:” Tu, Dio, sei responsabile, o per lo meno

testimone, non solo del bene ma anche delle carestie,

delle pesti, delle morti, dei bambini annegati, delle

malattie, del cancro …”

Dio darà a Giobbe una risposta ben precisa ma ancora

poco esaustiva; solo Gesù Cristo è la vera risposta di Dio

ai perché di Giobbe e di ogni sofferenza innocente.

Dio, in Gesù, si sporca le mani, siede tra gli immondez-

zai dei tanti Giobbe e diventa il servo sofferente, il

compagno, l’amico di ogni sventurato. Diceva don Primo

Mazzolari: “l’unica cosa seria è l’umano soffrire”. Ro-

berto Benigni, si proprio lui, il comico toscano, interve-

nendo alla presentazione dell’ultimo libro di papa Fran-

cesco ha usato parole profondissime: “E’ in mezzo al

dolore che nasce la misericordia … In questo mondo irri-

conoscibile che vuole la paura, l’odio, la condanna

Francesco risponde con la misericordia che nasce dal

dolore, quel dolore che fa crollare ogni metafisica, ogni

filosofia; perché il dolore è più forte del male, il dolore

è l’unica forza superiore al male perché la sofferenza è

propria di Dio. Divinum est pati … Il grande mistero sta

proprio nel fatto che Dio vuole soffrire, questa divina

volontà di soffrire.”

Il dolore è il luogo della solidarietà fra Dio e l’uomo, fra

l’uomo e Dio non ci può essere collaborazione nella gra-

zia se prima non c’è stata nel dolore. Soggiunge Beni-

gni: “Senza il dolore la vita apparirebbe enigmatica e

l’esistenza assurda e la gioia inaccessibile”.

Gesù sceglie gli ultimi perché sia accessibile la gioia,

perché tra i letamai del mondo Dio e gli uomini si possa-

no incontrare ed amare. La croce sconfigge il male, ogni

male: ecco perché, grande o piccola che sia, bisogna

avere il coraggio di portarla e farla propria.

Dt 30,15­20 Io pongo oggi davanti a te la benedizione e la maledizione.

Dio è davvero onnipotente, ma di fron-

te alla tua libertà si ferma. Egli ti indi-

ca la strada del bene e ti avverte an-

che che c'è una strada che può portarti

alla morte. Inoltre, egli ti dice anche

che la via del bene consiste nel seguire

la sua legge e metterla in pratica. Ma,

alla fine, sei tu che devi decidere per

quale strada incamminarti. Questa de-

cisione devi prenderla tu, e nemmeno

Dio può sostituirsi a te: all'epoca in cui

questo brano fu scritto, esso si riferiva

soprattutto al futuro di Israele ed alla

sua scelta di stare con Dio o di seguire

idoli stranieri. Oggi questa indicazione

si riferisce a te ed a quello che vuoi

essere nella vita: o diviso e frammen-

tato dal peccato e da tanti idoli che

tiranneggiano il tuo cuore, oppure uni-

ficato e nella pace, unito a Dio.

Dalla Prima Lettura

Dio ti indica una strada

Preghiera

Signore Gesù, tu entri nella nostra vita

come ospite attento e discreto e ti fai

accogliere come un povero che mai può

imporre la sua presenza. Donaci il tuo

Spirito di discrezione e di mitezza, per­

ché il vangelo che ci hai affidato come

dono da comunicare non sia mai inqui­

nato dalle nostre ansie.

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Non di solo pane - Numero 742 - pagina 15

Venerdì 12

Febbraio

IV Settimana del Salterio

Tempo di Quaresima

Questo è il momento favorevole per cambiare vita!

Papa Francesco

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli

dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi

discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invi-

tati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno

giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

Brano Evangelico: Mt 9, 14-15

Contemplo: Il Signore è il mio

aiuto (All’ingresso)

«Cercate il bene e non il male, se

volte vivere, e il Signore sarà con

voi» (Canto al Vangelo). Se cerchia-

mo sinceramente il nostro vero be-

ne, che è quello di seguire la volon-

tà di Dio, allora resteremo con il

Signore, e il Signore sarà il nostro

aiuto. Siamo gli amici dello Sposo,

coloro che lo seguono e ne ascolta-

no la voce, questa è la nostra natu-

ra più intima e vera. Non siamo fatti

per essere abbandonati da soli in

questo mondo, ma per gioire insie-

me con lui per tutta l'eternità.

Agisci:

Il Signore chiede gesti

autentici di conversio-

ne, non vuota appa-

renza. In questo gior-

no di digiuno sceglierò

di privarmi di qualcosa

a cui tengo: un gesto

sincero e significativo

che esprima il mio de-

siderio di tornare a

Dio con tutto il cuore.

Il Santo del giorno: Beato Paolo da Barletta

Nel 1580 moriva il frate Paolo da Barletta. Entrato fin da giovane nell'ordine di Sant'Agostino, man mano crebbe sempre più in lui il desiderio di vive-re in una maggiore perfe-zione, tanto da allontanar-si dalla patria per «andare dove nessuno lo cono-scesse di persona, se non

Dio solo». Infatti, saputo del voto dell'Osservanza, che in quel tempo si con-duceva nella Provincia portoghese dell'Ordine, ottenne licenza di trasfe-rirvisi. Dal carattere gio-viale ma particolarmente dedito a preghiera e peni-tenza, visse intensamente il rapporto con il Mistero della passione e della morte di Gesù. Inviato come missionario nell'i-sola di San Thomé, nelle Indie Orientali, lavorò

instancabilmente alla dif-fusione del Vangelo. Fra Paolo accettò con rasse-gnazione la sua ultima malattia, vista come ulte-riore purificazione. Dopo la sua morte la sua fama di santità crebbe soprat-tutto tra i cristiani di San Thomé, ma lasciò un se-gno indelebile anche nella memoria di Barletta, sua città natale, che lo ricorda oggi.

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Non di solo pane - Numero 742 - Tempo di Quaresima - pagina 16

Medita la Parola

L’amore di Dio, mai preceduto dall’amore dell’uomo Meditazione di Eletti Fiorella

In una bella omelia Papa Francesco afferma che “Questa parola ‘amore’ è una parola che si usa tante volte e non si sa, quando si usa, cosa si-gnifichi esattamente. Cosa è l’amore? Delle volte pensiamo all’amore delle telenovele, no, quello non sembra amore. O l’amore può sem-brare un entusiasmo per una persona e poi… si spegne. Da dove viene il vero amore? Chiunque ama è stato generato da Dio, perché Dio è a-more. Non dice: 'Ogni amore è Dio', no: Dio è amore. Giovanni sottolinea una caratteristica dell’amore di Dio: ama “per primo”. Ne è una prova la scena del Vangelo della moltiplicazio-ne dei pani, proposta dalla liturgia: Gesù guar-da la folla e ne “ha compassione”, il che non è la stessa cosa che avere pena. Perché l’amore che Gesù nutre per le persone che lo circonda-no lo porta a ‘patire con' loro, a coinvolgersi nella vita della gente. E questo amore di Dio, mai preceduto dall’amore dell’uomo, conta mille esempi, da Zaccheo, a Natanaele, al fi-gliol prodigo. Quando noi abbiamo qualcosa nel cuore e vogliamo chiedere perdono al Signore, è Lui che ci aspetta per dare il perdono. Quest’Anno della Misericordia un po’ è anche questo: che noi sappiamo che il Signore ci sta aspettando, ognuno di noi. Perché? Per abbrac-ciarci. Niente di più. Per dire: 'Figlio, figlia, ti amo. Ho lasciato che crocifiggessero mio Figlio per te; questo è il prezzo del mio amore'. Que-sto è il regalo di amore. Il Signore mi aspetta, il Signore vuole che io apra la porta del mio cuore: questa certezza si deve averla “sempre”. E se sorgesse lo scrupolo di non sen-tirsi degni dell’amore di Dio, è meglio perché Lui ti aspetta, così come tu sei, non come ti dicono ‘che si deve fare’”. Dell’amore, perciò, non si può fare a meno.

Is 58,1-9

È forse questo il digiuno che bra-

mo?

Isaia evidenzia molto bene, in questa

lettura, quella frattura che spesso si crea

tra quanto diciamo di credere e cosa poi

facciamo nella nostra vita. In realtà sap-

piamo esprimerci anche molto bene nel-

la preghiera, nelle liturgie alle quali par-

tecipiamo, e conosciamo bene tanti a-

spetti della nostra fede. Il problema, pe-

rò, è quando dobbiamo passare dalla

teoria alla pratica: siccome per gli Israe-

liti tra la vita di fede ed il comportamen-

to morale non vi era nessun collegamen-

to, Dio si mostra sdegnato da un modo

di fare che, più che onorarlo, lo offende

ancora di più. Ricordati che Dio preferi-

sce il poco fatto con impegno ed umiltà,

piuttosto che azioni molto gratificanti

dal punto di vista esteriore, ma vuote di

ogni significato.

Dalla Prima Lettura

Una frattura esistenziale

Preghiera

Eppure mangiamo ogni giorno, più vol­

te al giorno, senza sapere perché e so­

prattutto senza chiedersi se ne abbiamo

veramente bisogno e in che misura. Si­

gnore Gesù, liberaci dalla tentazione di

evitare lo scoglio del buco allo stomaco

con parole altisonanti e talora così

vuote. Donaci la semplicità di digiuna­

re e di rinunciare. Kyrie eleison!

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Non di solo pane - Numero 742 - Tempo di Quaresima - pagina 17

spiritualità Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Con la quarta opera di miseri-

cordia spirituale entriamo da

un lato nel cuore delle beatitu-

dini evangeliche e dall’altro

nel mistero stesso di Dio.

L’afflitto è beato perché le sue

lacrime sono terse dall’Eterno

che si fa tempo e, di conse-

guenza, il consolatore diventa

strumento privilegiato di que-

sto frammento d’eternità. In

altre parole l’“imago dei”,

nell’atto di consolare, diventa

“come Dio anche se non è Di-

o”, il figliolo lascia, per un

breve istante, la tunica della

figliolanza per assumere le ve-

sti della paternità; si rinnova,

seppur in modalità diverse, il

prodigio del Getsemani dove il

Padre raccoglie il sudore, di-

ventato come sangue, del Fi-

glio Unigenito nel calice

dell’eterna salvezza. Nella

consolazione avviene un miste-

rioso scambio, si perpetua il

miracolo di Cana di Galilea,

dove Gesù tramuta l’acqua in

vino, dove la Parola di Dio di-

venta cronaca, storia perché

“chi semina nel pianto miete

nella gioia”. Consolare gli af-

flitti: faticoso atto di carità

dove Dio dice a chi giace nel

lutto, “nelle tenebre e

nell’ombra della morte”: «Io

metto i miei occhi nei vostri

occhi, la mia mano nelle vostre

mani, il mio cuore vicino al

vostro» (Giovanni XXIII ai car-

cerati di Rebibbia) . Non è fa-

cile consolare, ma è un atto di

estrema attualità! Leggendo

recentemente la morte di Mo-

sè di P. De Benedetti ho anno-

tato: “ Tra le più praticabili ...

opere di misericordia spirituale

ce n'è una di cui si ha sempre

più bisogno man mano che la

vita e la società si plasmano sul

modello della città, e che que-

sta società tuttavia non pratica

affatto: consolare gli afflitti.

La civiltà contemporanea teme

gli afflitti e li sfugge, perché

teme il contagio dell’afflizione

e non sa portare il contagio

della consolazione. E in realtà

non è facile consolare, special-

mente se si crede che ciò con-

sista in un obbligo da adem-

piersi mediante un discorso”.

L’afflitto tende a chiudersi, le

lacrime diventano tante picco-

le sbarre, il passato un malin-

conico rifugio, il presente

un’angusta cella, il futuro de-

serto arido e inospitale.

L’afflizione è una sorta di car-

cere invisibile ma altrettanto

duro e cocente; ma vi è una

speranza, una presenza che

rinfranca, una parola che rivela

un’arcana presenza: “Miei cari

figlioli, miei cari fratelli, siamo

nella casa del Padre anche qui.

Siete contenti che io sia venu-

to?” (Giovanni XXIII ai carcerati

di Rebibbia) Quando si avver-

te il mistero di una presenza

anche l’afflizione e il carcere,

due lati opposti della stessa

medaglia, diventano casa del

Padre, luogo di redenzione,

spazio illuminato dalla speran-

za.

Anno della Misericordia 2015/16

Le opere di Misericordia

Consolare gli afflitti Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Page 18: Non di Solo Pane n°742 - 6 Febbraio 2016

Non di solo pane - Numero 742 - pagina 18

Sabato 13

Febbraio

IV Settimana del Salterio

Tempo di Quaresima

Nella Quaresima di questo Anno Santo ho l’intenzione di inviare

i Missionari della Misericordia.

Papa Francesco

Brano Evangelico: Lc 5, 27-32

Contemplo : Mostrami,

Signore, la tua via (sal 85,11)

Gesù vede un uomo ricco, istrui-to, realizzato, a cui non manca nulla, ma per lui è come un «malato che ha bisogno del me-dico» (cf Lc 5,31), e lo chiama. Signore, mostra anche a noi la tua via, chiamandoci a seguirti.

Apri i nostri occhi interiori, af-finché comprendiamo quanto siamo malati di egoismo, di a-mor proprio; fa' che ricorriamo a te dal profondo della nostra angoscia, per essere da te libe-rati e guariti. Seguire te, Signo-re, è camminare sulla via retta, che porta alla vita e alla felici-tà.

In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al ban-co delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che era-no con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno biso-gno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».

Agisci

La Quaresima non è il

tempo dei buoni pro-

positi, ma è il tempo

nel quale compiere

gesti concreti di con-

versione. Oggi mi im­

pegno a non criticare o

condannare il mio

prossimo, qualunque

cosa abbia fatto.

Il santo del giorno: Beata Cristina da Spoleto Agostina Camozzi, figlia di un medico, nacque a Osteno, Co-mo. Ebbe un’esistenza molto travagliata. Dopo diverse e contrastanti vicende affettive, intra-prese un cammino di conversione e di peni-tenza per rinnovare profondamente la sua

vita. Si recò a Verona dove, decisa a seguire Cristo, assunse il nome di Cristina e si consa-crò come agostiniana secolare. La sua con-versione fu totale: dedi-cò la sua vita ad una penitenza eccezionale, alle opere di carità, alla preghiera. Nel 1457 iniziò un lungo pelle-grinaggio verso Assisi, Roma e in Palestina. Sulla via del ritorno, giunta a Spoleto, vi

morì il 13 febbraio 1458 con fama di santi-tà, confermata dai mi-racoli. I suoi resti mor-tali si conservano a Spoleto nella chiesa di San Nicolò, un tempo degli agostiniani. Il suo culto venne confermato nel 1834 da Gregorio XVI. La beata Cristina è un esempio di peni-tenza e di umiltà per il laicato.

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Non di solo pane - Numero 742 - Tempo di Quaresima - pagina 19

Is 58,9-14

Se aprirai il tuo cuore all’affamato,

brillerà fra le tenebre la tua luce.

Una delle parole più importanti della

Quaresima è senza dubbio questa: to-

gliere. Il profeta Isaia dice al popolo

eletto che ci sono delle azioni che vanno

assolutamente tolte dalla vista di Dio

per poter accogliere il suo perdono.

L'oppressione, il giudizio duro e la con-

danna tagliente degli altri è qualcosa

che va tolto, se vogliamo fare spazio

alla grazia che vuole operare in noi. An-

che nella tua vita avviene la stessa cosa:

se tu vuoi lasciare spazio all'azione del-

lo Spirito Santo in te, devi svuotarti di

tutto ciò che è peccaminoso, ingom-

brante e contrario alla legge di Dio. È

questo il primo passo per costruire dav-

vero nel suo amore. Se non ti dai da fare

in quest'opera coraggiosa ed importante,

sarai semplicemente un illuso.

Dalla Prima Lettura

Togliere dalla nostra vita

Preghiera

Signore Gesù, sii benedetto perché ci hai fatto comprendere il fine di ogni nostro digiuno e il senso di ogni nostra rinuncia, come condizione e prepara­zione di un banchetto nel quale tutti sono invitati a gioire di pia, a gustare di più, a vivere di più. Dacci forza e perseveranza nel lasciare le nostre oc­cupazioni per accogliere e confortare. Kyrie eleison!

Medita La Parola

Gabelliere di Grazia. Meditazione di don Luciano Vitton Mea

C’è un filo diretto che attraversa ogni epoca, la storia

stessa: un bisogno estremo di misericordia. Papa Fran-

cesco nel suo ultimo libro intervista lo dice chiara-

mente: quella che abbiamo davanti è un’umanità feri-

ta, che porta ferite profonde.

Anche Levi, il pubblicano, portava impresso il marchio

dell’infamia, le piaghe dell’egoismo e dell’avidità.

Eppure Gesù va oltre le apparenze, abbatte il muro di

separazione, lo chiama e si ferma a casa sua. E’ la

missione del Signore chiamare i peccatori, portare uno

spiraglio di luce dove le tenebre del peccato abbruti-

scono e invecchiano il volto dell’uomo. Afferma Cirillo

di Alessandria: “Levi era un pubblicano, un uomo avi-

do di denaro disonesto, pieno di un'incontrollata bra-

ma di possesso, privo di giustizia nella sua cupidigia di

avere quello che non gli apparteneva. Queste erano le

caratteristiche dei pubblicani. Eppure egli fu strappa-

to dallo stesso negozio del peccato e salvato quando

non c'era speranza per lui, con la chiamata di Cristo

…”

La misericordia di Dio strappa l’uomo dal negozio del

male e siede attorno al tavolo della miseria umana

per ridarle dignità, una nuova opportunità. Nella casa

di Levi l’ombra della malvagità viene sfiorata dalla

tenue luce della bontà di Dio, la Grazia che scende

dall’alto si immerge nell’abisso profondo

dell’indigenza umana. Ma perché Gesù chiama proprio

Levi, un pubblico peccatore e non un dottore della

legge o uno scriba? Perché un misero gabelliere diven-

ta custode dei misteri di Dio, apostolo ed evangelista?

Perché chi ha esperimentato la misericordia e la com-

passione di Dio è in grado di compatire e comprendere

coloro che vivono nell’ombra del peccato. Dice ancora

papa Francesco nel libro che abbiamo appena citato:

“Di questo sguardo di Gesù c’è bisogno quando ci tro-

viamo di fronte ad un povero, ad un emarginato, ad

un peccatore. Una compassione che si nutre della con-

sapevolezza che noi siamo altrettanto peccatori”.

Page 20: Non di Solo Pane n°742 - 6 Febbraio 2016

333/3390059 don Luciano

Anno XV- n. 742

Domenica 7 Febbraio 2016

Chiuso il 02/02/2016

Numero copie 1470

Coordinatrice Fiorella Elmetti

Redazione

don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini,

don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti

Grafica e stampa

don Luciano Vitton Mea

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