La Voce del Popolo 2013 13

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Pasqua, Ascensione e Pentecoste costituiscono insieme l’unico ‘mistero pasquale’. La Pasqua dice che il crocifisso, Gesù, non è rimasto in potere della morte, ma Dio lo ha risuscitato e lo ha fatto partecipe della sua stessa vita; vivo della vita del Padre, Gesù non è un uomo del passato, ma rimane contemporaneo per ogni generazione, fino alla fine dei tempi. L’Ascensione dice che Gesù risorto è il Signore perché Dio gli ha dato ogni potere in cielo e sulla terra (s’intende: gli ha dato il potere di salvare ogni uomo). La Pentecoste dice che Gesù esercita il potere di salvare che ha ricevuto dal Padre attraverso il dono dello Spirito Santo, cioè dell’amore eterno ǯ ή che unisce il Padre e il Figlio. Di conseguenza, chi riceve e accoglie il dono dello Spirito vive un’esistenza nuova che ha la sua origine e la sua forma nella Trinità stessa. Si capisce allora perché la religione cristiana riconosca nella Pasqua il centro della fede. Dalla Pasqua, infatti, dipende la convinzione che Gesù è nostro contemporaneo; che l’efficacia della sua vita e della sua azione non era limitata al tempo del suo ministero in Galilea e in Giudea, ma rimane costante e piena attraverso il tempo. Anzi, la presenza di Gesù al mondo non è più sottomessa ai limiti di spazio e di tempo che accompagnavano la sua vita terrena: il Risorto, proprio perché vive in Dio, è presente a ogni uomo, in ogni situazione della vita. Per questo, quando parliamo di ‘amicizia’ con Gesù non stiamo usando semplicemente un’immagine attraente per ragionare della fede, ma facciamo riferimento a un vero rapporto attuale, personale, umano del discepolo con Gesù: la continuazione di quello che Gesù aveva detto durante l’ultima cena: “Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamato amici…” (Gv 15,15). Un rapporto nel quale si inseriscono tutte le dimensioni delle relazioni umane: sentimento, desiderio, attenzione, affetto, parola, intelligenza, sensibilità, dedizione… Insomma, è una vera relazione interpersonale quella che, nella fede, si sviluppa tra il credente e il suo Signore. Come tutte le relazioni interpersonali, anche la relazione con Gesù arricchisce la coscienza che abbiamo di noi stessi. Quando sono attento all’amico e mi confronto con lui, cresce la consapevolezza di me stesso, si affinano i miei sentimenti, si sviluppa un’empatia maggiore, la speranza si proietta verso obiettivi più grandi e così via. Ebbene, lo stesso avviene quando si sviluppa l’amicizia per Gesù. Poco alla volta, le sue parole e i suoi gesti mi diventano familiari e acquistano una forza sempre più grande; cresce la loro eco dentro di me. Quando sento parlare di mitezza, il significato che do a questa parola è arricchito dal ricordo della mitezza di Gesù; e quando parlo di amore, il significato di questa misteriosa parola è fissato nel modo in cui Gesù ha amato e ha donato se stesso per me; e così via. Nell’amicizia, gli obiettivi personali si intrecciano per formare obiettivi comuni di vita; non mi basta più ‘realizzare me stesso’; desidero che anche il mio amico possa vivere in pienezza; e questo m’interessa tanto che sono disposto a rinunciare a una parte dei miei progetti perché insieme possiamo portare a compimento progetti comuni. Corno d’Africa. Ecco cosa ha fatto Brescia Mons. Treccani. Settantacinque anni con la gioia di servire Giorgio Bontempi. Cassa in deroga: fine della copertura ǤǤǤ Ǧ Ǧ ǤǤ Ȁ ȋǤ Ǥ ȀȀ λ Ȍ Ǥǡ ǡ ȋȌ Ǧ ǤǤ Settimana Santa. Il sudario senza tasche di Francesco Marco Berni. Un trionfo sulle orme di Balto Brescia. I 50 anni di storia del Festival pianistico Ǥ ¿ λ Ǥ Ǥ ǡ ǤǤ ή /$ 92&( '(/ 3232/2 Il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: “Chi ci rotolerà via il mas- so all’ingresso del sepolcro?”. Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto gran- de. (Mc 16, 2-4). Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei maci- gni rotolati. È la festa del terremoto. La mattina di Pasqua le donne, giunte nell’orto, videro il macigno rimosso dal se- polcro. Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all’imboccatura dell’anima che non lascia filtrare l’ossi- geno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro. È il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione del peccato. Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte. Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’ini- zio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che caratterizzò la resurrezione di Cristo. Ǥ Ǥ Ǥ Il d s s m m d c g g le l pol p mes m geno, g luce, ch l solitudine so del peccato. de Pasqua allora, s Pa zio della luce, la suo sepolcro, si si ripeterà finalm Ǥ

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La Chiesa bresciana desidera camminare con gioia verso il Cristo Risorto. Nella Messa crismale del Giovedì Santo il vescovo Monari ha consegnato i documenti finali del Sinodo diocesano sulle unità pastorali.

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Pasqua, Ascensione e Pentecoste costituiscono insieme l’unico ‘mistero pasquale’. La Pasqua dice che il crocifisso, Gesù, non è rimasto in potere della morte, ma Dio lo ha risuscitato e lo ha fatto partecipe della sua stessa vita; vivo della vita del Padre, Gesù non è un uomo del passato, ma rimane contemporaneo per ogni generazione, fino alla fine dei tempi. L’Ascensione dice che Gesù risorto è il Signore perché Dio gli ha dato ogni potere in cielo e sulla terra (s’intende: gli ha dato il potere di salvare ogni uomo). La Pentecoste dice che Gesù esercita il potere di salvare che ha ricevuto dal Padre attraverso il dono dello Spirito Santo, cioè dell’amore eterno

che unisce il Padre e il Figlio. Di conseguenza, chi riceve e accoglie il dono dello Spirito vive un’esistenza nuova che ha la sua origine e la sua forma nella Trinità stessa. Si capisce allora perché la religione cristiana riconosca nella Pasqua il centro della fede. Dalla Pasqua, infatti, dipende la convinzione che Gesù è nostro contemporaneo; che l’efficacia della sua vita e della sua azione non era limitata al tempo del suo ministero in Galilea e in Giudea, ma rimane costante e piena attraverso il tempo. Anzi, la presenza di Gesù al mondo non è più sottomessa ai limiti di spazio e di tempo che accompagnavano la sua vita terrena: il Risorto, proprio perché vive in Dio, è presente a ogni uomo, in ogni situazione della vita. Per questo, quando parliamo di ‘amicizia’ con Gesù non stiamo usando semplicemente un’immagine attraente per ragionare della fede, ma facciamo riferimento

a un vero rapporto attuale, personale, umano del discepolo con Gesù: la continuazione di quello che Gesù aveva detto durante l’ultima cena: “Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamato amici…” (Gv 15,15). Un rapporto nel quale si inseriscono tutte le dimensioni delle relazioni umane: sentimento, desiderio, attenzione, affetto, parola, intelligenza, sensibilità, dedizione… Insomma, è una vera relazione interpersonale quella che, nella fede, si sviluppa tra il credente e il suo Signore. Come tutte le relazioni interpersonali, anche la relazione con Gesù arricchisce la coscienza che abbiamo di noi stessi. Quando sono attento all’amico e mi confronto con lui, cresce la consapevolezza di me stesso, si affinano i miei sentimenti, si sviluppa un’empatia maggiore, la speranza si proietta verso obiettivi più grandi e così via.

Ebbene, lo stesso avviene quando si sviluppa l’amicizia per Gesù. Poco alla volta, le sue parole e i suoi gesti mi diventano familiari e acquistano una forza sempre più grande; cresce la loro eco dentro di me. Quando sento parlare di mitezza, il significato che do a questa parola è arricchito dal ricordo della mitezza di Gesù; e quando parlo di amore, il significato di questa misteriosa parola è fissato nel modo in cui Gesù ha amato e ha donato se stesso per me; e così via. Nell’amicizia, gli obiettivi personali si intrecciano per formare obiettivi comuni di vita; non mi basta più ‘realizzare me stesso’; desidero che anche il mio amico possa vivere in pienezza; e questo m’interessa tanto che sono disposto a rinunciare a una parte dei miei progetti perché insieme possiamo portare a compimento progetti comuni.

Corno d’Africa.Ecco cosa ha fatto Brescia

Mons. Treccani.Settantacinque anni con la gioia di servire

Giorgio Bontempi.Cassa in deroga: fine della copertura

Settimana Santa.Il sudario senza tasche di Francesco

Marco Berni. Un trionfo sulle orme di Balto

Brescia. I 50 anni di storia del Festival pianistico

Il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: “Chi ci rotolerà via il mas-so all’ingresso del sepolcro?”. Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto gran-de. (Mc 16, 2-4). Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei maci-gni rotolati. È la festa del terremoto. La mattina di Pasqua le donne, giunte nell’orto, videro il macigno rimosso dal se-

polcro. Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all’imboccatura dell’anima che non lascia filtrare l’ossi-

geno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro. È il macigno della

solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione del peccato. Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte.

Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’ini-zio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che caratterizzò la resurrezione di Cristo.

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a Messa crismale è da sempre l’occasione in cui mons. Luciano Mona-ri comunica alla diocesi le notizie e le scelte più

importanti per la Chiesa bresciana, forse anche perché è uno dei pochi momenti di incontro tra il Vesco-vo e gran parte dei suoi preti. Nella Messa crismale il vescovo Monari ha dato alla diocesi l’annuncio della vi-sita di Benedetto XVI, ha comunica-to l’indizione del Sinodo diocesano e, lo scorso anno, ha consegnato la sua lettera ai sacerdoti. Quest’anno ha scelto la stessa celebrazione per consegnare alla diocesi il documen-to finale del Sinodo, che apre una nuova fase nel cammino della rior-ganizzazione della diocesi nella pro-spettiva delle unità pastorali, come conferma lo stesso mons. Luciano Monari in questa intervista conces-sa a “Voce”.Con la consegna ai sacerdoti del documento finale del Sinodo si è compiuto un altro passo nel cam-mino verso la prospettiva delle unità pastorali. Dopo il discerni-mento della fase preparatoria e il confronto che ha caratterizza-to le giornate del Sinodo, quale passo sono chiamate a compiere da oggi le comunità parrocchiali della diocesi?Con la consegna del documento fi-nale si apre il cammino di attuazio-ne delle unità pastorali. Un cammino che, per altro, era già stato intrapre-

so perché alcune esperienze erano già in essere. Quella delle unità pa-storali è una scelta antica, perché già nel corso del Sinodo del 1978

presieduto da mons. Morstabilini il tema era stato affrontato. Adesso si tratta di animare le comunità cristia-ne, le parrocchie, dalla base perché crescano i legami di collaborazione. Proprio grazie alla crescita dei lega-mi di collaborazione tra le parroc-chie è possibile costruire un unico progetto pastorale che accolga in-sieme tutte le comunità dell’unità pastorale. Si tratta di un lavoro che deve essere fatto dalla base proprio perché le zone della diocesi di Bre-scia sono molte, diverse, come diver-se sono le persone e le situazioni e le storie e dunque difficili da ricom-prendere in un unico modello, im-posto dall’alto, pena il mortificare qualche aspetto. Se invece questo aspetto nasce e si sviluppa dalla ba-se, nel riconoscimento reciproco tra parrocchie, nella collaborazione in alcuni aspetti particolari come, per esempio, la pastorale giovanile, nell’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi è più agevole arrivare ad avere un progetto che raccolga insieme tutte le diverse attività mini-steriali che ci sono nelle singole par-rocchie dell’unità pastorale in modo da farle diventare qualcosa di coe-rente e più efficace. L’obiettivo della fase che si è aperta con la consegna ai sacerdoti del documento finale del sinodo è fondamentalmente questo.Un cammino di attuazione che nasce dalla base può andare in-contro, almeno nella fase di av-vio, a qualche difficoltà. Ha pen-

Nella fede, accade che i desideri di Gesù diventano importanti anche per il credente: che il nome di Dio sia santificato, che la sovranità dell’amore di Dio si renda evidente nella storia, che gli uomini camminino verso una comunione crescente, che siano liberati dalla schiavitù del peccato e siano resi liberi per amare, tutto questo diventa anche il desiderio di chi è amico del Signore. Lo strumento indispensabile

perché tutto ciò avvenga è naturalmente la parola: la parola di Gesù rivolta al credente, che è la parola del vangelo e quella dei gesti sacramentali; la parola del credente rivolta a Gesù che è la parola della preghiera. Questa parola racconta la storia di Gesù (dentro alla storia del popolo di Dio); e racconta la storia di ciascun credente (nel popolo di Dio) in risposta alla storia di Gesù. (+Luciano Monari)

Quello verso le unità pastorali, lo ricorda anche il Vescovo in queste pagine non è un cammino nuovo per la Chiesa bresciana. Già da prima del Sinodo due erano le unità pastorali ufficialmente erette: quella delle parrocchie del centro storico della città e quella di Botticino. Altre 10, come conferma il provicario Cesare Polvara sono invece le unità pastorali “erigende”, che hanno già intrapreso il cammino, in attesa della costituzione ufficiale.

Mons. Cesare Polvara (nella foto) è stato, ed è tuttora, uno dei più stretti collaboratori del vescovo Monari nella progettazione, pri-ma, e nell’indizione del cammino, poi, della diocesi verso le unità pastorali. Come provicario della diocesi in-contra, quasi quotidianamente, i sacerdoti bresciani, raccogliendo-ne sfoghi, preoccupazioni e attese. Di qui un interrogativo che potreb-be suonare quasi scontato: nei tre mesi intercorsi dalla celebrazione

del Sinodo alla pubblicazione del documento finale qual è stato l’at-teggiamento dei sacerdoti verso la prospettiva delle unità pastorali? “L’attesa per l’esperienza del Sino-do diocesano era stata grande e se-gnata da diverse riflessioni – è la sua risposta –. È stato veramente un momento ecclesiale che ha se-gnato il cammino nelle zone pasto-rali. In questi mesi, prima del testo ufficiale, c’è stato sicuramente un atteggiamento di attesa per vedere come questo potrà aiutare la dio-

cesi a realizzare gradualmente le unità pastorali. Ora la promulga-zione del testo finale ci stimola ad accompagnare le unità pastorali in cammino e quelle in formazio-ne”. L’opera di accompagnamento chiede, come afferma il Vescovo, la creazione di una commissione diocesana. Come sarà composta come svolgerà il suo compito? “Quella a cui fa riferimento il Ve-scovo – continua il Provicario – non è una commissione in più, ma un organismo nuovo, formata da

alcuni sacerdoti, dal vicario e dal provicario generale, dai laici delle zone, dai religiosi e diaconi per-manenti, chiamata a raccogliere il cammino fatto per la preparazione al Sinodo. Avrà un compito prati-co: dovrà pensare a un piccolo pro-gramma, poi incontrare in loco le unità pastorali in cammino”. Non sarà dunque una commissione che osserva tutto dal centro, ma, sull’esempio di quanto avviene a Trento, incontrerà i vicari zonali e le comunità interessate e sarà

sato a qualche struttura che pos-sa essere di supporto a questa partenza?Sì, già il Sinodo ha previsto e richie-sto la formazione di una commissio-ne diocesana che segua la formazio-ne delle unità pastorali. Sarà presto composta e avrà come scopo di trac-ciare un panorama complessivo del-la diocesi per indicare esattamente dove e in che modo possono nascere le diverse unità pastorali. Voglio pe-rò ribadire che il cammino di struttu-razione delle unità deve però partire dalla base. Dal centro deve giungere un aiuto alle nascenti unità pastora-li perché abbiano il dono dell’espe-rienza delle altre parrocchie e delle unità pastorali già esistenti e abbia-no una supervisione che le possa aiu-tare a fare meno errori possibili nel-la ricerca della migliore direzione. La commissione sarà dunque costituita a breve con un mandato specifico che non è quello di sostituirsi alle parrocchie, ai sacerdoti che sono al loro servizio, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose presenti sul territorio e ai laici che collaborano all’interno delle comunità nella maturazione del desiderio e nella definizione di un progetto globale di ministero e di servizio all’unità pastorale.Proprio nell’ottica di un centro che svolge un’azione di suppor-to a un progetto che nasce della base, potrebbe essere di grande aiuto, come segno di incoraggia-mento, una sua visita pastorale

alle unità già operanti e a quelle che andranno a nascere?Sì, si tratta di una possibilità che mi sta molto a cuore, di un impegno che ho messo in conto. Quando ogni sin-gola unità pastorala avrà raggiunto una certa solidità sarà mia priorità essere presente per dare ufficial-mente il via al suo cammino, con una visita pastorale con cui mi tratterrò per una intera settimana nell’unità per incontrare, conoscere, riflet-

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attenta a far crescere e prepara-re l’istituzione dell’unità pastora-le. “Si realizzerà – afferma ancora mons. Polvara – quindi un tempo di incontro con le comunità, per programmare insieme fino al mo-mento conclusivo dell’erezione dell’unità pastorale alla presenza del Vescovo”. Quegli interrogativi, per altro legit-timi, sulle unità pastorali che ave-vano caratterizzato il tempo del discernimento e anche alcuni mo-menti giornate del Sinodo, hanno

trovato risposta in questi tre mesi e una sintesi nel documento finale? “Il Vescovo – è la risposta di mons. Cesare Polvara - ha ribadito che quello verso le unità pastorali non è un cammino imposto e uguale per tutti. Sarà invece segnato dal-la gradualità in base alle nomine dei sacerdoti e tenendo conto dei cammini finora fatti: sono infatti già più di 20 le unità pastorali eri-gende, alcune di esse camminano verso questo obiettivo da più di 10 anni. Pian piano si porterà a com-

pimento e realizzazione quanto è emerso dal Sinodo. Rimangono è vero ancora dei dubbi, ma saranno la bontà e lo spirito con cui si vi-ve quest’esperienza, uno spirito di comunione, di corresponsabilità e di missionarietà, uno spirito di una Chiesa non più chiusa su se stes-sa, ma che mette in comune con le parrocchie vicine i doni, le ca-pacità e le persone che già vivono il servizio, a favorire un cammino più bello di comunione e di unità pastorale”.

29° SINODODIOCESANOSULLE UNITÀ PASTORALI

COMUNITÀIN CAMMINO

DOCUMENTI SINODALI

tere, per dare, per quanto mi sarà possibile, indicazioni in modo che la stessa unità pastorale si senta in-coraggiata, conosciuta e possa inco-minciare il suo cammino sentendosi in perfetta comunione con tutta la Chiesa bresciana attraverso il suo vescovo. Sì, mi piacerebbe proprio fare una visita pastorale alle unità pastorali, anche se su questo tema devo comunque consultarmi con il consiglio presbiterale e con quello

pastorale diocesano.Per favorire e rendere meno dif-ficoltoso possibile questo cam-mino di progettazione che de-ve nascere dalla base c’è anche l’esperienza di quelle unità pa-storali che già sono costituite e di quelle che si stanno muoven-do in questa direzione. Come mettere a disposizione dell’in-tera Chiesa bresciana questa ricchezza?

Il tema è attuale anche se non è sta-to pensato un organo, un momento di collegamento ufficiale, a parte la commissione diocesana prima ricor-data. Si avverte, invece la necessità assoluta di una rete di comunicazio-ne molto intensa tra le diverse unità pastorali della diocesi, proprio per fare in modo che le esperienze già in atto possano diventare ricchez-za e opportunità per l’intera Chie-sa bresciana in questo impegnativo cammino verso le unità pastorali. Sarebbe un grave errore non mette-re in circolo le esperienze vissute da parrocchie, zone e macrozone nella prospettiva delle unità pastorali in modo che chiunque svolge un mi-nistero possa arricchire le scelte che si andranno a compiere. Ci so-no nel nostro territorio tantissime sperimentazioni, prove e intuizioni che se messe in circolo potrebbero essere di grande aiuto. Come fare tutto questo? Sicuramente tramite gli strumenti di comunicazione che abbiamo a disposizione. L’utilizzo di internet è sicuramente uno dei cana-li considerati. Ma potrebbe essere di valido aiuto anche un impegno di “Voce” proprio per una comunicazio-ne che sia il più efficace possibile e in grado di supportare il cammino delle unità pastorali e del tessuto comunionale della Chiesa bresciana, perché la comunione, realtà pretta-mente spirituale, ha bisogno della comunicazione.Eccellenza, un’ultima domanda. Un cammino come quello che lei ha indicato non può essere com-piuto sotto la pressione del ca-lendario, ma nel suo cuore non c’è un termine ideale entro il quale le piacerebbe vedere con-cluso il percorso verso le unità pastorali?No, non c’è, non l’ho pensato e non mi sento in grado di abbozzarlo in questo momento. Il mio desiderio è che il cammino prenda avvio, che le unità pastorali nascano e cresca-no bene. Forse tra qualche tempo, quando il cammino si sarà struttu-rato, si potrà pensare a qualche sca-denza temporale. Oggi è un discorso improponibile oltre che prematuro.

“Comunità in cammino” è il titolo della pubblicazione con i documenti sinodali che il Vescovo ha consegnato ai preti bresciani in occasione della Messa crismale.La pubblicazione è aperta da una introduzione dello stesso mons. Monari che ricorda come il Sinodo celebrato sul finire dello scorso anno possa rappresentare un modello del modo di procedere della comunità cristiana.Segue il decreto, firmato dal Vescovo il 7 marzo scorso, con cui

mons. Monari approva in forma definitiva il documento finale del 29° Sinodo diocesano e approva contestualmente il testo delle linee guida per un Regolamento delle unità pastorali. La seconda parte della pubblicazione è dedicata al documento finale composto da una premessa e da cinque capitoli: Fisionomia e struttura delle unità pastorali; compiti e funzione delle unità pastorali; soggetti; organismi di comunione e, per ultimo, verso le unità pastorali.

Tra gli strumenti di cui il vescovo Monari intende servirsi nel cammino verso le unità pastorali c’è anche internet, che ha dimostrato a sua efficacia proprio nei giorni del Sinodo. Fu lavocedelpopolo.it a seguire passo per passo i lavori dell’assemblea sinodale. Uno sforzo premiato dagli oltre 300mila accessi, da più di 3000 visite e da 13mila pagine consultate. Successo anche la pagina Facebook sinodobrescia, spazio di confronto sulle istanze emerse nel corso del Sinodo.

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a grave siccità che ha attra-versato, a partire dall’au-tunno 2010, la zona del Corno d’Africa, ha deter-minato problemi ingenti

per gli abitanti di questi Paesi che già soffrivano situazioni di instabilità po-litica, guerra, fame e ingiustizia socia-le. L’agenzia delle Nazioni Unite per la sicurezza alimentare, riferiva che, nel corso dell’estate 2011, il numero di persone bisognose di assistenza alimentare a causa della siccità nel Corno d’Africa era salito a 13,3 milio-ni. Le aree più colpite, da quella che può essere definita una vera e propria “catastrofe umanitaria”, sono state il centro-sud della Somalia, il Kenya, soprattutto nelle regioni del nord e dell’est, la parte meridionale e orien-tale dell’Etiopia, l’Eritrea e il Gibuti. In risposta anche agli accorati inviti del Papa, la Cei invitava a pregare per le comunità colpite, mettendo a disposizione un milione di euro e, consapevole della eccezionale gra-vità della carestia, indicendo per il 18 settembre 2011 in tutte le chiese d’Italia l’iniziativa “Fame di pane e di futuro”, una raccolta straordinaria a sostegno delle iniziative di solida-rietà promosse da Caritas italiana.Alla mobilitazione per il Corno d’Africa ha partecipato anche la Caritas diocesana Brescia che, in raccordo con l’intera rete di Cari-tas italiana, si è posta come punto

vo di Bassano Bresciano, vescovo di Awasa, in Etiopia per far fronte ai bisogni di quella diocesi. L’atten-zione di piazza Martiri di Belfiore è andata oltre e, con lo stile che con-nota la Caritas diocesana, sono sta-ti elaborati tre diversi progetti per un importo complessivo di 253mi-la euro. Tre progetti che Caritas ha seguito collaborando con alcu-ne realtà conosciute nel Bresciano come “Amare onlus” l’associazione genitori e figli adottivi, con cui ha realizzato nella regione di Jijiga un progetto per assicurare rifornimen-to di acqua e cibo ai migranti interni

di raccolta e di coordinamento della solidarietà bresciana. Già nel dicem-bre del 2011 aveva inviato 55mila eu-ro a Caritas italiana a sostegno della “fase emergenziale” e altro 10.500 a mons. Giovanni Migliorati, nati-

La vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò al cen-tro della crisi diplomatica tra India e Italia sta avendo ripercussioni anche sul governo Monti. Nei giorni scorsi, infatti, il ministro degli esteri Giulia-no Terzi (nella foto), al termine della sua comunicazione al Parlamento, ha annunciato le sue dimissioni dall’ese-cutivo. “Mi dimetto – ha affermato l’ex titolare della Farnesina – perché in disaccordo con la decisione di ri-

mandare i nostri due marò in India”. Una comunicazione che ha colto di sorpresa il Parlamento e che, secon-do fonti non ufficiali, ha infastidito il Capo dello Stato e lo stesso premier Monti. Le dimissioni di Terzi sposta-no l’attenzione della vicenda dei due militari italiani, accusati di avere uc-ciso, nel loro servizio di scorta a una petroliera italiana, due pescatori del Kerala scambiati per pirati, alla figu-ra non certo edificante dell’Italia sul

piano internazionale. Molte le voci critiche per la condotta tenuta sin dall’inizio dal governo. L’esecutivo Monti non sarebbe stato in grado di fare accettare alle autorità indiane elementari norme di diritto interna-zionale. Non ha giovato all’immagine italiana nemmeno il tira e molla delle ultime settimane con la decisione di non far rientrare i due marò al termi-ne della licenza elettorale, nonostante precisi accordi con le autorità india-

ne, e la scelta successiva (con l’amba-sciatore italiano in India divenuto un ostaggio) di rimandarli in India. Un atteggiamento confuso e per tanti ver-si balbettante che ha trovato epilogo nelle dimissioni di Terzi che di fatto confermano la spaccatura esistente all’interno del governo Monti. Una po-lemica violenta giocata sulle spalle di chi, i familiari dei due pescatori e gli stessi marò, attende di conoscere la verità e di avere giustizia.

e profughi della regione e per garan-tire l’accesso all’istruzione primaria per i bambini/e della comunità e dei villaggi della zona. Altro partner di Caritas è stato il gruppo Scout Bre-scia 11 per un progetto nella parte meridionale della regione Wollayata finalizzato a garantire la sussisten-za alimentare, attraverso l’acquisto di animali da reddito, la sussistenza alimentare ed economica a famiglie indigenti. Con i Salesiani Caritas ha, infine, collaborato nel villaggio di Matar, per garantire l’acqua potabi-le, cappella e oratorio e un proget-to agricolo.

Aiutare Cipro “a ricostruire la sua economia su basi nuove”. Il commissario Ue agli affari monetari, Olli Rehn, non ha fatto mistero dei “tempi difficili” che attendono il popolo cipriota. L’accordo fra troika (Ue, Bce, Fmi) e governo di Nicosia per salvare il Paese dalla bancarotta ed evitare l’uscita dall’euro, costerà caro ai ciprioti. Ma, come ha riconosciuto il ministro delle Finanze Michael Sarris, “andiamo incontro a tempi duri, eppure è il miglior

accordo che potessimo fare”. Il piano di salvataggio messo nero su bianco tra il 24 e il 25 marzo, prevede uno stanziamento di fondi internazionali per 10 miliardi a fronte di un contributo proveniente dall’isola di circa 7 miliardi. Questi ultimi arriveranno da un’ampia manovra di ridefinizione del settore bancario, a partire dalla chiusura della Laiki Bank (le perdite maggiori graveranno su detentori di azioni e obbligazioni, quindi sui proprietari dei depositi oltre

i 100mila euro), secondo istituto di credito dell’isola, i cui asset saranno ripartiti tra una “good bank” e una “bad bank”; a sua volta il primo istituto, la Bank of Cyprus, verrà coinvolta nell’operazione: assorbimento della “good bank” e tassazione dei depositi sopra i 100mila euro (sotto quella cifra sono garantiti dalla norma Ue), che potrebbe raggiungere anche il 30%. Ora nelle città cipriote la gente scende in piazza, le code agli sportelli bancomat si allungano.

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e non ora, quando? Questa è la domanda che ogni ita-liano si pone, dinanzi alle responsabilità che gravano sulle spalle di quanti posso-

no e devono trovare uno sbocco alla crisi politica in cui versa il Paese. Se non ora, quando i leader politici saran-no chiamati a cercare tutte le strade percorribili per garantire il bene co-mune, ovvero di tutti e di ciascuno? Se non ora, quando tutti i parlamenta-ri si riprenderanno la libertà intellet-tuale e di coscienza per dare al Paese un dibattito pubblico privo di falsità ideologiche, di interessate ricostru-zioni di parte, di false interpretazioni del reale? Se non ora, quando spose-ranno l’amore per la verità dell’uomo e sull’uomo? Se non ora, quando eser-citeranno il dovere di rappresentar-ci sino in fondo e, quindi, dichiarare la volontà di collaborare per il bene del Paese?Se non ora, quando i mezzi di comuni-cazione la smetteranno di parteggiare e di seminare divisione, preparando il terreno allo scontro sociale senza cu-rarsi dell’assoluta necessità di costru-ire ponti fra i gruppi sociali perché la coesione è un bene supremo? Dispia-ce dirlo, ma ancora in questi difficili frangenti, non si vede nulla di tutto questo. Sembra quasi che il germe della divisione, anche la più subdola, insinuante e violenta, debba prendere il sopravvento da un momento all’al-

poi resiste al tentativo di farsi risuc-chiare nella rissa di tutti contro tutti e soprattutto conserva la mente fred-da. Che lo spinge a dire, da vecchio saggio qual è, che “abbiamo bisogno di unità, ma anche di pensare adesso all’interesse generale del Paese e di dare continuità alle nostre istituzioni democratiche”. Quel vecchio signore si chiama Giorgio Napolitano, abita al Quirinale ancora per pochi giorni, e a lui tocca conservare la lucidità neces-saria a garantirci tutti. Noi possiamo solo augurarci che la serie intermi-nabile di “no” urlati nelle piazze e si-bilati nei microfoni, a uso e consumo delle avverse tifoserie, lascino presto il posto a qualche piccolo ma infinita-mente significativo “sì”. Che consenta a tutte le parti in causa di dare il me-glio di sé. È preoccupante, infine, che il capo dello Stato debba evocare la necessità di “dare continuità alle no-stre istituzioni democratiche”. Forse lui avverte dei pericoli che noi non stiamo percependo a dovere? Forse che l’espandersi a macchia d’olio del-la povertà e il conseguente malessere che erode la coesione sociale stanno minando alla base la nostra demo-crazia? Tante volte ci siamo detti che la nostra democrazia è giovane e le sue basi deboli. La ricerca del potere a ogni costo e l’effimero successo di pochi non possono, e non devono, determinare la rovina di tutti. Non procurateci uno choc democratico.

Le strade europee sono più sicure. Lo rivela uno studio della Commissione europea presentato lo scorso 19 marzo sulle statistiche relative alle vittime per incidenti stradali. In tutta l’Unione europea diminuisce il numero di decessi, fino a raggiungere il livello più basso di sempre. Nell’ultimo anno, il numero medio di casi in Europa è sceso infatti di ben nove punti percentuali. I dati mostrano anche come sia significativamente ridotto il tasso delle così dette

“vittime vulnerabili”, ossia di pedoni, anziani, motociclisti e altre categorie affini. Questo dato è tanto più importante se confrontato con i dati del 2011, in cui, a fronte di una diminuzione della mortalità sulle strade era invece aumentato il livello delle vittime vulnerabili. E l’Italia? Nonostante i risultati incoraggianti, tra i vari Stati membri permangono comunque ampie differenze: il nostro Paese, per esempio, mostra di avere un

tasso di mortalità per incidenti su strada doppio (circa 62 decessi per milione di abitanti) rispetto a quello di Danimarca, Regno Unito o Svezia (30 decessi per milione di abitanti). Ogni giorno, però, sulle strade europee perdono la vita 75 persone. Obiettivo dell’Unione europea è dimezzare questo numero entro il 2020. Per raggiungere questo obiettivo, già dal 20 luglio 2010 la Commissione aveva adottato un programma d’azione per la sicurezza

sulle strade incentrato sul miglioramento dei controlli, sul potenziamento della formazione e dell’istruzione degli utenti stradali e sulla diminuzione del tasso di feriti da incidenti. In merito a quest’ultimo punto, un grande passo avanti è stato compiuto nel corso del 2012 con l’istituzione di un accordo tra Commissione e Stati membri, sull’uso della scala dei traumi e sulla definizione comune di lesioni gravi causate dagli incidenti stradali.

tro. Per fortuna c’è chi, in queste ore, non sposa né gli umori della piazza né le fumisterie di improbabili quanto avventurosi equilibri più avanzati. E

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La Pasqua è la nostra festa.Il Natale fu il nostro riposo. Fuori c’era freddo, gelo, neve: i campi quasi estranei e ostili. Sotto la nostra mano, essi, così benigni e pazienti, s’irritavano. Volevano riposare: avevano diritto di riposare.Una stalla, un Bambino, una greppia, un bue e un asino, qualche pastore, un cielo pieno di stelle e d’angeli, ecco il Natale: tempo di raccoglimento, di piccole gioie, di riposi.E abbiamo riposato, Ma sul granaio il cumulo diminuiva, le riserve s’assottigliavano, la noia del non fare ci tediava.Finalmente usciamo incontro alla primavera, alla fatica che è pane, incontro alla Vita che è Cristo. Non ci sono più nebbie: l’aria ha trasparenze delicate, il cielo schiarite seducenti, qualche tepido bacio il sole. Bassi e rapidi lungo le siepi svolano i merli e le “gardene”: il fringuello sulla cima dell’ontano guarda passar le nubi; in alto trilla l’allodola.Tempo di marzo, tempo di Pasqua. Per noi la primavera è Pasqua e la Pasqua è primavera, poiché non abbiamo che una sola

La Pasqua del contadino

L’Istituto Pro Familia di Brescia promuove una serie di incontri sul tema le “Età della vita di coppia”, affidati a docenti esperti dell’Università cattolica nel campo dell’educazione familiare. Nel corso degli incontri verrà affrontata la riflessione su alcuni aspetti del processo di cambiamento che attraversa l’educazione familiare. Gli incontri si terranno presso la sede dell’Istituto a Brescia in va Lama, 61 dalle ore 16 alle ore 18 con il seguente calendario: 13

aprile “L’entusiasmo dell’amore all’inizio della vita di coppia” con Monica Amadini; 20 aprile “La nascita del figlio e le trasformazioni della vita di coppia” con Domenico Simeone; 4 maggio “La coppia con figli adolescenti” con Livia Cadei; 11 maggio “Il dialogo della coppia nell’età matura” con Luigi Pati. Quanti fossero interessati a partecipare sono invitati a iscriversi entro il 30 marzo 2013 telefonando alla sede dell’Istituto al numero 030.46358 – 030.292286.

memoria, un solo sentimento, una sola fede. La Primavera è per noi sospesa sull’alleluia pasquale come sopra una fronda d’eternità: il suo breve sorriso di luce, di verde, di fiori, di canti, di vita si apre sul cielo del Risorto.Tempo di marzo, tempo d’innamoramento tra noi e la

terra; sposalizio di speranza che le campane di Pasqua salutano giubilando. Cristo balza dal sepolcro chiuso ci spalanca il cuore con la sua pace, viene a stare con noi con la sua Pasqua.Pasqua del Signore, Pasqua nostra!Domani non avremo l’occhio chiaro come oggi; domani

avremo paura del cielo, della brina, della tempesta, dell’acqua, del sole, paura di tutto, mentre oggi tutto è promessa, e tutto è benigno.Il germoglio che cresce e diviene pianta si porta via ogni giorno un po’ di speranza e di promessa.La spiga è bella, non più però

di questo campo di frumento marzolino che il vento dondola e scapiglia e su cui le campane di Pasqua cantano la ninna nanna.Vi sono dentro più granelli adesso che a giugno, poiché le speranze sono tante quando è Pasqua.Pasqua è la festa della nostra speranza.

Con la mostra d’arte contemporanea “Novecento mai visto” inaugurata l’8 marzo presso il Museo di Santa Giulia, hanno preso il via anche le iniziative collaterali per favorire l’avvicinamento all’arte contemporanea, dentro e fuori le pareti del museo. Con “Brescia Contemporanea. Incontri che sorprendono”, il Museo di Santa Giulia diventa ogni mercoledì sera il luogo vitale di incontro, di approfondimento, di

frequentazione dell’arte in maniera informale. Il prossimo incontro in calendario è quello programmato per il 3 aprile alle 18.45 con Elisa Giardina Papa, videographer e artista multimediale che lavora tra New York e Milano e si occupa di progetti tra arte, media e social networks. In occasione della sua personale presentata presso il Link Art Center a Brescia, racconterà ai bresciani il confine estremo dell’arte contemporanea: internet e i social network.

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Due realtà unite da un unico obiettivo: quello di favorire l’integrazio-ne sociale. Si sta facen-do sempre più stretto il

legame tra la comunità di Ghedi e le cooperative sociali che si dedicano in modo particolare alle persone disabi-li. Un impegno davvero speciale, che racconta ogni giorno una coinvolgen-te storia fatta di amore e di sostegno agli utenti e alle loro famiglie per por-re al centro dell’attenzione il diritto-dovere di essere considerati e di par-lare innanzitutto di persone piuttosto che di “diversità”, “disabilità” o “han-dicap”. Ci sono due associazioni si-gnificative che si occupano di portare avanti questo progetto: le cooperative sociali “Sergio Lana” e “Il Quadrifo-glio Fiorito”. Entrambe si occupano di un vasto territorio che corrispon-de sostanzialmente a un’ampia fascia della Bassa e si rivolgono con il loro impegno quotidiano non solo ai singo-li utenti, ma offrono sostegno e aiuto anche alle famiglie (che vengono in-formate anche sulle modalità con le quali rivolgersi all’Asl per usufruire dei servizi offerti dalle due onlus). La prima ha sede nella centrale via Mar-coni 8, mentre la seconda si trova nella frazione di Ponterosso e, per il complesso “gioco” dei confini e degli spazi dei vari edifici, ha la sua sede le-gale nella vicina Calvisano. Al di là di questioni burocratico-territoriali, che

obiettivo di favorire un’adeguata pro-mozione umana e l’integrazione socia-le dei cittadini socialmente deboli e svantaggiati. Proprio in questo senso proseguirà anche quest’anno la bel-la consuetudine che negli ultimi due anni nel periodo natalizio ha portato i lavori realizzati dagli ospiti delle due cooperative in bella mostra nella sala del consiglio del Comune di Ghedi e nel centro della cittadina. Negli ultimi due anni, ad esempio, grazie anche al capace sostegno degli educatori e di artisti locali che generosamente han-no messo a disposizione il loro tempo, gli utenti delle due cooperative hanno

in una materia che si muove su “bina-ri” ben diversi come questa rivestono decisamente un significato seconda-rio, entrambe le cooperative si dedi-cano con il loro staff e i loro volontari all’assistenza ai disabili, con il preciso

All’Ospedale civile è stato attivato da più di un mese un nuovo ambulatorio pediatrico di importanza fondamenta-le per la salute dei più piccoli, struttu-ra che per caratteristiche e funzionali-tà è unica in Regione. Si tratta dell’am-bulatorio odontostomatologico per bambini fragili aperto dall’unità pe-diatrica di chirurgia maxillo-facciale. La chirurgia odontostomatologica si occupa dell’estrazione di denti molto malati o distrutti che non è possibile

salvare con altra terapia. Purtroppo i minori diversamente abili o con gra-vi patologie devono affrontare questo tipo di intervento in stato di anestesia totale, al fine di non andare incontro a stati di shock, di alterazione psico-fisica o pericolosi movimenti incon-trollati del corpo. “Il nuovo ambula-torio odontostomatologico – spiega Dante Burlini, dirigente medico re-sponsabile Uds chirurgia maxillo-fac-ciale pediatrica e principale ideatore

di questo progetto – è per soggetti tra zero e 17 anni d’età con patolo-gie croniche di tipo neurologico, che per questo tipo di operazione vanno necessariamente trattati in anestesia generale. Questo vale non solo per bambini diversamente abili, ma anche per soggetti cardiopatici scoagulati o diabetici scompensati”. Il servizio è operativo nella giornata di giovedì dalle 11.30 alle 12.30. Per prenotare la visita, contattare lo 030224466.

realizzato opere come il presepio in-terattivo e la riproduzione dell’antico castello di Ghedi che sono state poste in bella mostra nella centrale piazza Roma e nella sala consigliare per es-sere ammirate da tutta la popolazio-ne. In questi giorni è così iniziato il lavoro per dare vita all’appuntamen-to che a dicembre richiamerà ancora una volta l’attenzione dell’intera co-munità ghedese e, attraverso i lavori eseguiti con tanta passione da questi ragazzi (di diverse età), permetterà a tante persone di scoprire il capolavo-ro più coinvolgente che l’amore riesce a realizzare.

L’associazione “Amici per l’Happening” organizza, lunedì 8 aprile alle 21, “La vita: esigenza di felicità”. Interviene la dott.ssa Elvira Parravicini, neonatologa e assistente di clinica pediatrica presso la Columbia University di New York. È la fondatrice del primo neonatal hospice, un reparto ospedaliero nato con lo scopo di curare i bambini che nascono terminali, in quanto affetti da sindromi non compatibili con la sopravvivenza

e in cui viene praticato il comfort care, un’attività medica che dà dignità alla vita di un bambino appena nato, che permette che sia curato e amato in tutti gli istanti della sua vita, anche se pochi. Afferma la Parravicini “L’esistenza ha un inizio e una fine. E non la stabiliamo noi. Ma nel mezzo facciamo tutto quello che è possibile perché la loro vita sia bella”. Al termine dell’incontro verrà presentata l’iniziativa popolare europea

“Uno di Noi”. La campagna è stata attivata dai Movimenti per la vita di 20 Paesi dell’Unione Europea per chiedere alle istituzioni, attraverso la sottoscrizione di almeno un milione di cittadini, d’introdurre il divieto di finanziare con fondi comunitari qualsiasi attività che presupponga la distruzione degli embrioni umani a fini di ricerca. L’incontro si tiene presso l’auditorium Capretti all’Istituto Artigianelli.

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erché la scelta di can-didarsi? La mia scelta è stata forse anche un po’ naturale, do-po parecchio tempo di at-

tivismo all’interno del Meetup Amici di Beppe Grillo. La decisione di im-pegnarmi ancora più profondamente è maturata dopo la nascita delle mie due bambine, alle quali credo di do-vere il mio impegno per il loro futuro, non solo dando loro l’amore di una mamma ma anche dando la speranza di poter crescere in un ambiente sa-no e in una società dove non regna la paura dell’altro, ma il senso di appar-tenenza a una comunità, appunto, ove l’uno per l’altro è una risorsa preziosa.Lei è candidato portavoce, già nel-la forma questo presuppone un coinvolgimento diretto del Mo-vimento...Il ruolo del candidato portavoce è me-raviglioso, ma anche complesso. L’atti-vità del portavoce deve essere finaliz-zata alla comunicazione verso l’ester-no della filosofia e dei principi del Movimento e non di personalismi o di ambizioni del singolo, votata all’umil-tà e al continuo confronto con tutti.Quali sono le novità nei contenu-ti rispetto alle altre coalizioni?La novità principale è il modo in cui vengono prese le decisioni. Le scelte importanti per la città andranno sem-pre condivise, con la massima infor-

mazione e trasparenza, ascoltando sempre le voci che vengono dal bas-so, dai comitati, dalle associazioni e dalla gente. Abbiamo proposte inno-vative, come l’avvio della Strategia rifiuti zero, lo spegnimento gradua-

del modo di gestire la cosa pubblica, finora votato all’interesse di pochi ai danni dei molti.Ci saranno da fare scelte ponde-rate che tengano in considera-zione le possibilità economiche del Comune, quali sono, quindi, le priorità per la Brescia di oggi e di domani?Dopo la sciagurata scelta della fusio-ne Asm/Aem e la gestione tutt’altro che oculata del denaro pubblico del-la Giunta Paroli, Brescia sarà costret-ta a fare i conti con bilanci sempre più “magri”. In un momento di forte crisi occupazionale che sta creando anche una vera emergenza sociale il tema del reperimento delle risorse sarà centrale per chiunque si trovi ad amministrare la città. Le priorità sono quella sociale e quella lavorativa dove il Comune deve fare uno sforzo enor-me a favore delle famiglie in difficoltà; a questa si aggiunge quella ambienta-le, che incide sulla salute e sul benes-sere dei cittadini e che, se affrontata con forza, potrà anche avere positivi risvolti occupazionali. Mi sta a cuore anche il problema della trasparenza: i cittadini hanno il diritto di conoscere la verità su questioni importanti come la loro salute, in una città che, clamo-rosamente, non ha mai fatto uno stu-dio epidemiologico serio sull’inciden-za dell’inquinamento sulla salute dei suoi abitanti.

le dell’inceneritore; nel sociale pro-poniamo la creazione dell’albo delle associazioni dei migranti per favorir-li nel reperimento di aiuto immedia-to, l’istituzione di un’apposita con-sulta per lavorare sull’integrazione, proposte per l’emergenza abitativa e degli sfratti, il bilancio partecipativo per citarne solo alcune. Credo, però, che sia fondamentale sottolineare la credibilità della nostra lista civica. Ci impegniamo a dedicarci alla vi-ta pubblica delle istituzioni solo per due mandati. Ci muoviamo e ci muo-veremo a mani libere, alla ricerca del consenso finalizzato al cambiamento

Laura Castelletti (Brescia per passione) ha ufficializzato, come avevamo già anticipato, la sua candidatura come sindaco alle elezioni amministrative. “I bresciani negli ultimi cinque anni hanno potuto verificare come io sia slegata dai partiti e dai loro interessi” ha spiegato la Castelletti. “Ultimi cinque anni nei quali la visione di città che vogliamo proporre agli elettori si è rafforzata ed articolata” ha poi proseguito, affermando a proposito del programma:

“L’obiettivo base è quello di rendere più facile la vita dei bresciani. Il nostro programma non è stato partorito dal niente secondo esigenze elettorali, ma è nato e si è sviluppato con costanza negli ultimi cinque anni”. Il programma è il frutto di diverse esperienze: “I viaggi del gruppo di Brescia per Passione in giro per le varie municipalità europee sono stati ad esempio utili per capire come fare un’opposizione intelligente e costruttiva guardando a modelli internazionali, così

come sono stati altrettanto utili altri incontri di carattere molto più informale come ‘i panini del giovedì’ o quelli nati grazie alle attività del mio blog, attivo ormai da quattro anni”. Laura Castelletti insiste molto sulle proposte che il suo gruppo è riuscito a far approvare (o attorno alle quali ha fatto crescere interesse) per il bene di tutta la città: “Il wi-fi nelle piazze e nei luoghi pubblici c’è grazie ad una mia mozione, così come l’idea per l’Urban Center è partita

da noi, così anche le proposte per la conversione dell’ex tribunale in un grande spazio dedicato alla creatività, l’istituzione di un voucher per babysitter o la possibilità di destinare il 5xmille ad un fondo in aiuto alle donne che hanno subito violenze”. Laura Castelletti è molto convinta e, a conferma dello spirito che anima “Brescia per passione”, conclude così: “Se siamo riusciti a fare molte cose importanti stando all’opposizione, figuriamoci cosa faremmo se governassimo!”. (f.g.)

Sono tante le ferite che, quotidiana-mente, osserviamo nella città. Le si-tuazioni di criticità hanno a che fare con il welfare, la cultura, l’ambiente, la famiglia e la scuola. L’ultima serata (lunedì 25 marzo) della felice iniziati-va “I cristiani e la città” ha cercato di rispondere alla domanda “Brescia fe-dele: a quale vocazione?”. Laici e sa-cerdoti hanno messo a punto un per-corso che vuole essere un modello di lavoro per quanti, appassionati alla cosa pubblica, vogliono impegnarsi per la crescita della città. Individuare la vocazione significa ripercorrere e riprendere quelle attività e quei valori che hanno formato e costituito l’inte-ra comunità cittadina. Se la Brescia di ieri è stata forgiata dalla Chiesa bresciana grazie anche alla feconda testimonianza di alcuni interpreti im-portanti (Vittorino Chizzolini, padre Bevilacqua e Michele Capra, solo per

citarne alcuni), quella di oggi vuole, in un contesto diversificato, mante-nere vivo il legame con le pietre cit-tadine; non a caso l’ultimo Sinodo bresciano ha mandato un messag-gio chiaro alla città per esprimere pubblica gratitudine per gli esempi di civiltà, umanità, dedizione pro-fessionale e onestà che si trovano al di fuori delle esperienze ecclesiali e vicinanza nella crisi per ribadire la disponibilità a intavolare una con-versazione. La cultura, la sostenibi-lità (territorio, ambiente, sviluppo), il welfare (la Brescia fraterna) e Bre-scia città educativa (famiglia, giova-ni, istruzione) sono stati sviscerati nel corso degli incontri; nell’ultima serata è stata presentata una sintesi dei quattro laboratori tematici, sinte-si che successivamente verrà messa all’attenzione dei candidati sindaci per la Loggia. Il risultato è quello di

poter offrire, grazie al coinvolgimen-to di laici e sacerdoti con le rispetti-ve parrocchie, proposte concrete. Se guardiamo al patrimonio di umanità, si evince la necessità di lavorare sul concetto di organismo territoriale at-traverso la tessitura di “reti” sempre più fitte, sperimentando circoli vir-tuosi di collaborazione nel sistema museale e teatrale; urgente anche la formazione di nuove professionalità e l’intensificazione della concertazio-ne tra enti pubblici e privati. Il frutto dei laboratori verrà, ora, messo a di-sposizione dei candidati alla carica di sindaco per la Loggia 2013. All’inter-no vi si possono leggere molte pro-poste e idee, ma soprattutto anche un tentativo di recupero della storia positiva (la lungimiranza e i valori) che ha permesso alla Brescia di oggi di avere spalle solide. Per info,www.icristianielacitta.it.

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uando le nuove tecnolo-gie trovano applicazione all’ambito della sanità, la sinergia che ne viene ge-nerata produce vantaggi

a valenza esponenziale. È quanto si può desumere dal primo anno di atti-vità del progetto “Medicina per un sor-riso”, realizzato dalla collaborazione fra l’Unità dipartimentale di chirurgia maxillo-facciale pediatrica dell’Ospe-dale dei Bambini, afferente agli Spe-dali civili e l’Associazione MeltLab, referente dell’attività di cooperazione transnazionale con il “Centro hospi-talar de Lisboa”, la struttura ospeda-liera più grande del Portogallo e che già opera in rete con Brasile, Angola, Mozambico e Capo Verde. Ne sono sostegni fondamentali la Fondazione Asm, il cui contributo di 35mila euro ne ha resa possibile la realizzazione e la E-health consulting, struttura che ha applicato alla sanità le nuove tec-nologie e che ha curato la creazione del network transnazionale. “Si tratta di continuare la strada intrapresa dal mio predecessore, il compianto Cor-nelio Coppini – ha detto il direttore generale degli Spedali civili Ermanna Derelli – attraverso interventi concre-ti tesi a incrementare sia le potenzia-lità interne all’azienda, grazie anche al contributo tecnico internaziona-le, sia il loro trasferimento ai Paesi più poveri, che, senza le applicazioni informatiche, non ne potrebbero di-sporre”. “Il progetto ha creato il net-work transnazionale di specialisti di chirurgia maxillo-facciale pediatrica – ha spiegato la presidente della Fon-dazione Asm Alberta Marniga – e un

comporta e permette alla comunità scientifica di rapportarsi in tempo re-ale con la tematica di riferimento. Da non trascurare – ha chiosato Burlini – l’esportabilità verso altre specializ-zazioni del progetto, con la possibilità di aprire nuove vie alla medicina”. Il portale www.medicinaperunsorriso.it si rivolge alle famiglie e ai professioni-sti, con un database aggiornato sulle moderne tecniche chirurgiche di set-tore”. “La collaborazione pubblico-privato, le competenze informatiche e il tema della sanità – ha aggiunto il direttore sanitario dell’Ospedale dei Bambini Raffaele Spiazzi – sono un mix esplosivo per il futuro di una re-altà come la nostra e questo progetto è la dimostrazione di cosa significhi lavorare in rete nel nostro ambito”.

contatto interattivo fra l’ospedale e il domicilio del bambino, affinché pos-sa essere seguito per i necessari con-trolli, conseguenti alle cure”. “È un progetto altamente tecnologico – ha illustrato il responsabile dell’Unità di-partimentale di chirurgia maxillo-fac-ciale pediatrica nonché responsabile scientifico del progetto Dante Burlini – poiché entra nelle case dei pazienti, con i vantaggi temporali che questo

Per il secondo anno e con la prospet-tiva di proseguire anche in futuro la benefica iniziativa con continuità, sabato 23 marzo si è svolta presso il Conad cittadino di via Triumplina nella sede Centro Futura la consegna dei fondi raccolti attraverso l’inizia-tiva “L’Albero degli Amici”, a favore degli Spedali Civili e, in particolare, del reparto di Oncoematologia pe-diatrica. Il progetto, realizzato dal Conad di via Triumplina, con il sup-

porto della Circoscrizione Nord pre-sieduta da Marco Rossi (nella foto) e dell’Abe (Associazione bambino emopatico) presieduta da Luciana Corapi, ha insistito su due meccani-smi distinti per la raccolta fondi. Il primo metodo, ormai classico e già sperimentato con successo nel 2011, ha previsto una donazione di 5 euro da parte di Conad per ogni disegno portato al punto vendita da un bam-bino, con un tetto massimo di dona-

zione di 5000 euro. Il secondo, nuovo per l’iniziativa, ha riguardato il coin-volgimento diretto dei clienti: ad ogni acquirente è stata donata dal punto vendita una somma qualora fosse ac-quistato un determinato prodotto in una settimana prestabilita; ogni pro-dotto target acquistato prevedeva la donazione della stessa somma pre-stabilita. Attraverso questa seconda combinazione di attività, è stato così possibile andare oltre il budget rigi-

do dei 5 mila euro messo a disposi-zione. Durante l’incontro di sabato, alla presenza dei referenti Giampie-tro Contratti (Conad), Marco Rossi e Luciana Corapi è stato manifesta-to il successo dell’iniziativa di soli-darietà, oltre che comunicato l’esito della raccolta di fondi e soprattutto l’intenzione nel voler proseguire an-che in avvenire nella direzione avvia-ta attraverso l’instaurazione di que-sta importante partnership solidale.

Il Collegio Ipasvi è l’Ordine degli infermieri e assistenti sanitari della provincia di Brescia. Oltre 500 iscritti si sono riuniti sabato 23 alla Camera di Commercio per discutere di deontologia e responsabilità nell’esercizio della professione. In assemblea si sono affrontati anche i temi caldi della crisi e delle nuove competenze che il Ministero su richiesta delle Regioni vuole affidare agli infermieri. Ma quali sono le funzioni dell’Ipasvi? Sono normate per gli Ordini e i Collegi e si possono

riassumere in una esterna e una interna. “La prima – dichiara Stefano Bazzana (nella foto), presidente Ipasvi provinciale e membro del Consiglio nazionale – è la tutela del cittadino che ha il diritto, sancito dalla Costituzione, di ricevere prestazioni sanitarie da personale qualificato, senza pendenze penali, in possesso di uno specifico titolo che abilita alla professione”. Rappresentanti dell’Ipasvi sono presenti in commissione di Laurea per infermieri: verificano

la preparazione dei laureandi e conferiscono l’abilitazione all’esercizio professionale. A partire dal 2013 la legge prevede che gli Ordini svolgano la certificazione triennale della formazione continua effettuata dai propri iscritti. Non solo una verifica dei requisiti, ma anche un monitoraggio nel corso della vita professionale. “Il cittadino può e deve segnalare eventuali disservizi attribuibili ai nostri iscritti – afferma Ermellina Zanetti, vicepresidente –. Auspichiamo

che ciò non accada, ma siamo a disposizione”. Secondo i dati dei Nas la professione infermieristica è la più colpita da abusivismo, più di dentisti e fisioterapisti. Chiunque può verificare se un infermiere è iscritto all’Albo, collegandosi al sito www.ipasvibs.it. Il Consiglio direttivo ha in programma una serie di corsi e progetti per consolidare i rapporti con le altre professioni, con le istituzioni e le associazioni. A Brescia l’Ipasvi è presente fin dal 1955 e conta quasi 8000 iscritti.

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Nell’ambito del “Patto per l’educazione”, il manifesto educativo che coinvolge le scuole, le famiglie, le associazioni e gli enti territoriali, si tengono a Orzinuovi in questo periodo alcuni percorsi di formazione dedicati a tematiche specifiche aperti e genitori, formatori e insegnanti. Il primo di essi è dedicato al bullismo e dopo un incontro iniziale di presentazione tenutosi il 15 marzo, vedrà altri due appuntamenti il 19

aprile e il 3 maggio, dedicati nello specifico al contrasto del fenomeno, presso l’aula magna della scuola primaria alle 20.30. La relatrice sarà la psicologa Roberta Carbone, ricercatrice presso l’Università degli studi di Parma. Un altro argomento che viene approfondito è quello delle dinamiche di crescita: con “Aiutiamoli a crescere”, infatti, si riflette sull’importanza dei legami affettivi e sentimentali che influenzano ogni individuo, sin

dalla nascita, per la costruzione della personalità e dello stile di vita, nella convinzione che è necessario cercare quelle regole che permettono di crescere con responsabilità in famiglia, con gli amici, a scuola. Dopo l’incontro del 22 marzo, lo psicoterapeuta Domenico Barillà interverrà sull’importanza delle regole nel processo di crescita il 9 aprile alle 20.30 presso l’aula magna della scuola primaria. Nella stessa location e alla stessa ora,

il 15 aprile l’ultimo ambito di approfondimento sarà dedicato alla salute, con l’analisi della celiachia, una patologia che presenta una diffusione sempre crescente. Il relatore sarà il dottor Domenico Colombo, direttore medico del laboratorio Synlab di Brescia. A tutti i partecipanti verrà offerta la possibilità di partecipare a un check-up gratuito sulla celiachia, presso il punto prelievo di Orzinuovi. (f.u.)

l mondo delle associazioni e della cultura di Pontevico si è unito in un progetto che ha coinvolto l’intera comunità. L’idea è stata quella di pro-

muovere una serie di iniziative per raccogliere fondi da devolvere al Comune di Gonzaga, in provincia di Mantova, per la ricostruzione della scuola di musica danneggia-ta dal terremoto dello scorso an-no. Prendendo spunto da questa proposta è così iniziata a Pontevi-co una vera e propria gara di soli-darietà, che, partendo dalle asso-ciazioni culturali e di volontariato promotrici, ha finito per coinvolge-re non solo tantissimi cittadini, ma anche istituzioni come il Comune e realtà come l’oratorio di Torchie-ra. Manifestazioni che sono comin-ciate a gennaio e si sono sussegui-te in questo mese di marzo, fino a raccogliere complessivamente una somma di poco inferiore ai 10mi-la euro. Si è creato così una sorta di gemellaggio costruito dalla so-lidarietà e dalla comune passione per la cultura e, più in particolare, per la musica, che ha avuto un mo-mento di particolare rilievo sabato 2 marzo in occasione del concer-to tenuto dalle bande musicali dei due paesi, ma che si è poi protrat-to attraverso altri appuntamenti che hanno raggiunto l’obiettivo di raccogliere fondi per questa bene-

merita iniziativa. Sabato 2 marzo, ad esempio, il teatro comunale di Pontevico, ha visto l’incontro uffi-ciale tra i sindaci delle due comu-nità. Oltre ai discorsi solenni pro-prio in quell’occasione c’è stata la prima consegna dei fondi raccolti grazie alla generosità dei pontevi-

chesi, generosità che in seguito ha potuto distinguersi anche grazie alla serata della “Torta fritta” or-ganizzata dall’oratorio di Torchie-ra e dell’asta mercato alla quale hanno partecipato generosamen-te con i loro lavori gli artisti e gli hobbysti di Pontevico. Se a tutto questo aggiungiamo le offerte rac-colte a gennaio in occasione della Giornata della memoria e quelle accumulate dalle varie associa-zioni pontevichesi con iniziative spontanee (in questo elenco me-ritano di essere inseriti anche i fondi che ha deciso di devolvere la famiglia di Angelo Botta, uno tra i promotori di questo gemel-laggio di solidarietà, scomparso a gennaio e nella cui memoria sono state inviate offerte sempre in fa-vore della cittadina mantovana), possiamo comprendere non solo il significativo contributo che tut-ta Pontevico ha saputo trasmette-re alla realizzazione di un obietti-vo di grande importanza, sia dal punto di vista culturale che edu-cativo, per Gonzaga come quello del rifacimento della sua scuola di musica, ma si può leggere in questo cammino che ha coinvolto tutta una comunità il volto più bel-lo della cultura e della solidarietà, un insegnamento e una “melodia” che rimarranno a lungo nel cuore di molte persone.

ª

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o devo incontrare presso la casa di riposo di Orzi-nuovi, dove risiede or-mai da qualche tempo, e quando chiedo di lui mi

dicono che è in cappella a pregare. Comincia così il mio incontro con mons. Giuseppe Treccani, parroco emerito di Orzinuovi, colto nella sua dimensione più intima di pre-sbitero, in raccoglimento davanti al tabernacolo. Quando termina la preghiera acconsente a fare una chiacchierata e comincia a raccon-tare di sé. Classe 1914, compirà 99 anni ad ottobre, è sacerdote da ben 75 anni, da quando cioè nel 1938 fu consacrato dal vescovo Giacin-to Tredici. Si sposta su una sedia a rotelle, ma la sua voce è ferma e la presenza lucidissima. “Dopo 75 an-ni di sacerdozio – esordisce – posso dire che è una gran gioia. Quando ero giovane mi dicevano che basta celebrare una Messa per andare in Paradiso e in questi anni ne ho det-te moltissime. E pensare che subi-to dopo la celebrazione i superiori mi mandarono per qualche tempo a casa perché ero molto fragile di salute. Per lo stesso motivo mi faci-litarono il cammino durante gli anni della formazione, perché potessi re-alizzare la mia vocazione”. In mol-ti anni di sacerdozio diversi sono i ricordi che affiorano, specialmente

quelli legati alla parrocchia di Orzi-nuovi, della quale è stato guida per quasi 30 anni, dal 1962 al 1991, e nella quale ha continuato a risiede-re: “La parrocchia è sulla strada di crescere, ancora molto resta da fa-

che non si dimenticano facilmente, è bello vedere come siano cresciuti e stiano camminando al meglio co-me sacerdoti. Anche adesso a Orzi-nuovi ci sono due seminaristi. Dal canto mio io sono innamorato del mio sacerdozio e cerco di viverlo al meglio, di celebrare e di predica-re bene e di dare il buon esempio. Così si può veramente incidere nei cuori”. Un esempio questo perfe-zionato in una lunga esperienza di vita e di sacerdozio. Mi saluta con una visione che guarda al futuro, accompagnata da un messaggio ai sacerdoti che in questi anni devo-no operare: “Il futuro è sempre una cosa che preoccupa un po’ tutti. Tuttavia i preti che vengono ora, se hanno criterio, non devono pensare di riuscire a cambiare tutto in po-co tempo, perché la pastorale che il sacerdote deve mettere in atto è qualcosa che esige una dedizione costante”.

re. Ricordo che negli anni avevo in-vitato qui diverse personalità come il famoso fisico Enrico Medi. Fece molta fatica ad arrivare a causa del-la nebbia, ma ad ascoltarlo c’erano ben 1300 giovani! Inoltre a Natale e Pasqua veniva ad Orzinuovi a con-fessare il cardinale Turkson, che ha mantenuto un legame di affetto ed è venuto a trovarmi lo scorso anno”. Soprattutto però porta nel cuore tutti coloro che durante il suo mi-nistero sono divenuti sacerdoti: “In 14 hanno preso la via del sacerdo-zio, sono ancora tutti viventi e fan-no molto bene. Sono cose queste

È bastato che si spargesse la voce della chiusura dell’ambulatorio di endocrinologia-osteoporosi operante all’ospedale di Montichiari per far attivare in breve tempo un Comitato spontaneo di cittadini capace di raccogliere in pochi giorni oltre 900 firme in difesa del servizio, prontamente inviate all’attenzione della facente funzioni di direttore generale degli Spedali Civili di Brescia Ermanna Derelli. Va detto che dal Civile era giunta la possibilità di un compromesso

consistente nell’apertura dell’ambulatorio per due pomeriggi la settimana “ma a nostro giudizio – afferma Davide Baccinelli, in rappresentanza del Comitato – non è soddisfacente questa soluzione. Sino ad oggi tale servizio, che opera cinque giorni su sette, vede una la lista di attesa di circa sei mesi, non osiamo pensare cosa possa succedere con una riduzione così drastica come quella prospettata dai vertici ospedalieri. Respingiamo con forza il concetto della suddivisione

territoriale dei pazienti in quanto ogni malato ha il sacrosanto diritto di farsi curare dove si sente più tranquillo e dove instaura un proficuo rapporto di fiducia con il medico”. “Se il problema è di natura economica – prosegue il Comitato – allora si dimostrino in modo trasparente i costi. Un ambulatorio con oltre 4500 pazienti rappresenta un introito notevole per un presidio come quello di Montichiari. È bene, dunque, che si trovi il coraggio di dire chiaramente quali sono le vere

motivazioni di tale assurda scelta”. Il gruppo di cittadini ha scritto anche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano “dal quale speriamo di ricevere presto una risposta”. Nei giorni scorsi, appresa la notizia della chiusura, si erano fatti parte attiva della questione sia il sindaco di Montichiari Elena Zanola (nella foto), sia diversi politici (da Viviana Beccalossi a Luigi Lacquaniti) oltre alla sezione monteclarense del Movimento 5 Stelle. (f.m.)

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al 16 al 18 ottobre 1953 furono convocati a Ver-sailles gli Stati genera-li dei Comuni d’Europa per fondare “un Istituto

di credito internazionale dei comu-ni d’Europa” che doveva assicurare un’abitazione ai cittadini europei usci-ti dalla disastrosa esperienza bellica, raccogliendo fondi mediante l’emis-sione di obbligazioni garantite dagli Stati e dai Comuni. Nasceva così il pri-mo coraggioso tentativo di istituire un ente finanziario a livello europeo che, se concretizzato, avrebbe anticipato e integrato le funzioni di alcune delle attuali istituzioni comunitarie. Lo ri-corda Fausto Parola, classe 1922, che a 30 anni era sindaco di Pavone Mel-la eletto alla conclusione del periodo bellico di cinque anni dopo aver mi-litato nel Comitato di liberazione nel quale era entrato come rappresen-tante della pianura costituito nella clandestinità come in tante comunità del Settentrione d’Italia occupato dai belligeranti nazisti. Parola accettò la proposta di padre Vincenzo Zasio dei Filippini della Pace di Brescia, per-sonalità di spicco a Pralboino dove aveva fondato la scuola media. Padre Zasio appoggiava il movimento Fiam-me Verdi; fu arrestato nel periodo del-la Resistenza e soltanto la pressione dei pralboinesi su un ufficiale tede-sco lo salvò dalla deportazione in un campo di concentramento. Dopo la Liberazione si adoperò intensamen-te in aiuto ai profughi e ai reduci. So-no ricordi di Fausto Parola che nella sua azione politica, da sindaco del dopoguerra del suo paese, assimilò

degli interventi. Di quell’evento Paro-la conserva nello studio una fotogra-fia della rappresentanza italiana nel-la quale erano solo quattro i sindaci bresciani presenti: con lui i colleghi di Rovato, Collio e Gardone Valtrom-pia. “Furono tre giornate di dibattito intenso aperto nell’Hotel de la Ville di Parigi e proseguite nel fasto di Versail-les tra relazioni e ricevimenti, il tutto finalizzato all’idea di un’Europa dei popoli che andava maturando. Que-sta è storia che non va dimenticata, raccomanda Parola, a 90 anni senza enfasi ma in tutta umiltà consapevole d’aver dato il suo pur modesto contri-buto, da sindaco di paese, a vicende da ricordare in particolare per i giova-ni “perché si rendano conto di come l’Europa sia una realtà da sostenere”.

e maturò l’idea di coloro che voleva-no restaurare l’Europa delle sovrani-tà nazionali, e intendevano superare l’illusione della sovranità nazionale. Parola in quegli anni aderì senza re-more all’invito a partecipare agli stati generali dei Comuni d’Europa, su invi-to dell’ing. Adriano Olivetti di Ivrea fra i primi a propugnare una federazione europea. Partecipò a quell’evento del 1953 del quale conserva il resoconto

Ricami a tavola, mostra mercato del ricamo e delle ceramiche d’autore inglesi – sabato 6 e domenica 7 aprile – in Palazzo Cigola Martinoni che ha dato i natali alla famiglia Paganini de Cegulis che, intorno al 1480, si trasferì a Venezia per dar vita a quella che sarà in seguito una vera e propria dinastia di stampatori, diventando una editoria da dove usciranno pregevoli volumi. Tra le opere più importanti ci fu il “Libro de rechami”, con il naturale

completamento “Il Burato”, che nell’insieme costituiscono un elegante manuale del ricamo del Cinquecento. Grande ricchezza di immagini, disegni raffinati, foglie e vitigni, figure geometriche, animali, putti e mascheroni, con le indicazioni di come riprodurli sulle stoffe. Da questo nasce l’idea di abbinare in una mostra mercato, l’arte del ricamo alla cultura del cibo, della tavola, del buongusto, del mangiar sano. Sabato 6 e domenica 7 aprile con

orario: 10/12 – 14/19, sarà possibile ammirare, e acquistare, preziose composizioni di ricami italiani (centrini, tovaglioli, tovaglie grandi e piccole, copriletti, ecc…) nelle sale affrescate del Palazzo. E non solo… su queste tavole impreziosite si potranno osservare delle ceramiche d’autore decorate, provenienti da collezionisti inglesi, anche queste a disposizione per chi volesse acquistarle a prezzi interessanti. Domenica, dalle 17 nel Salone dei banchetti al piano

terra la degustazione di una ricercata selezione di tè ed infusi a cura di “Camellia Tea Room”, accompagnati da una variegata pasticceria, oppure classici o ricercati aperitivi con gustosi stuzzichini. Nel frattempo eleganti modelle sfileranno fra i tavoli, indossando le ultime collezioni dell’Atelier Chez Moi by Jasmine. Ingresso gratuito. Il ricavato delle vendite andrà a favore delle attività culturali della Fondazione pianura bresciana. (f.pio)

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er la 39ª volta, la solida-rietà si mette in marcia e questa volta torna a far tappa ancora in Italia (la scorsa estate i 44 atleti

erano approdati in Sardegna), dopo aver attraversato: Francia, Spagna, Lussemburgo, Andorra, Principato di Monaco, Belgio, Olanda, Germa-nia, Svizzera, Austria, Polonia, Bielo-russia, Russia, Ucraina, Croazia, Slo-venia, Ungheria, Città del Vaticano, San Marino, Grecia, Canada e Stati Uniti d’America... Questo grazie alla volontà e sportività del gruppo “Vita per la Vita” di Coccaglio capitanato dal coccagliese Lino Lovo, da sem-pre attento e attivo nel promuovere e sensibilizzare verso la cultura della donazione di sangue, organi, cellule e tessuti. Al fine di delineare gli ulti-mi dettagli dell’articolata marcia dal calibro internazionale, nei prossimi giorni, si ritroveranno i responsabi-li dell’Avis e dell’Aido dell’Umbria, dove, appunto, dal 5 al 14 agosto, si snoderà l’importante corsa-fiacco-lata benefica. L’incontro servirà per definire con precisione il tragitto dei podisti che si preannuncia quest’an-no, oltre che suggestivo, anche ca-rico di suggestione e significato, transitando in luoghi e percorrendo alcune delle strade tanto care al ve-nerato San Francesco d’Assisi. Quel che è certo, per il momento, è il pe-riodo della manifestazione (da lune-dì 5 a mercoledì 14 agosto), la loca-lità di partenza, fissata a Perugia, e quella dell’arrivo previsto appunto ad Assisi. Il calendario tappe potreb-be essere così strutturato: Perugia-

cercano: marciatori, camminatori, ciclisti, autisti, addetti ai servizi lo-gistici e alla distribuzione del mate-riale informativo, mentre l’organiz-zazione metterà a disposizione per ogni sportivo cinque magliette e due paia di calzoncini e garantirà colazio-ne, pranzo al sacco e cena, oltre che la disposizione di palestre o impianti sportivi per il riposo notturno. A ogni partecipante sarà richiesto di portar-si un lettino da campo o sacco a pelo per la notte, mentre il contributo da versare è fissato a 300 euro (ridotto a 50 per i giovani studenti marciato-ri). Per iscriversi: contattare la segre-teria del Gruppo sportivo ai numeri 3397390192 – 3355477413, oppure scaricare il modulo dal sito www.vi-taperlavita.it (50 i posti).

Città della Pieve (lunedì 5 agosto), Fabro-Orvieto (martedì 6), Baschi-Terni (mercoledì 7), Arrone-Norcia (giovedì 8), Cascia-Spoleto (venerdì 9), Acquasparta-Deruta (sabato 10), Torgiano-Foligno (domenica 11), Spello-Scheggia (lunedì 12), Gub-bio-Città di Castello (martedì 13), Umbertide-Assisi (mercoledì 14). E per partecipare? La partecipazione è libera, ma in particolar modo si ri-

La Federazione italiana tennis ha as-segnato, per il 3° anno consecutivo, i Campionati italiani indoor di tennis in carrozzina (terminano il 30 marzo) per atleti diversamente abili all’Acca-demia Tennis Vavassori. La scelta è stata dettata per una serie di motivi: la struttura logistica che permette di avere tre campi a disposizione con tutti gli altri spazi tecnici che servo-no per un adeguato sviluppo organiz-zativo del torneo; lo storico impegno

dell’Accademia che, da quando è sta-ta istituita (1992) 20 anni fa, ha sem-pre creduto e investito sul settore del tennis in carrozzina; vanta la presen-za di una scuola tennis permanente con programmi specifici per atleti diversamente abili e l’organizzazione di giornate dell’integrazione durante le quali i ragazzi normalmente dotati giocano con i ragazzi in carrozzina; la collaudata esperienza nell’organizza-zione di tornei di questo profilo che

negli anni passati ha visto l’Accade-mia protagonista nell’ospitare anche il Campionato del mondo di doppio. La manifestazione è patrocinata dal Co-mune di Palazzolo e dall’Assessorato allo sport guidato da Marco Ghidotti. Il Rotary Club Brescia Franciacorta Oglio del presidente in carica Andrea Bonetti; con i suoi soci del Rotary ha contribuito in maniera decisiva a so-stenere i costi della manifestazione. Il testimonial della manifestazione è

il dott. Alberto Betti, socio del Rota-ry, grazie alla sua figura professiona-le e alla sua sensibilità si è riusciti ad assicurare all’evento un’attenzione particolare da parte dell’importante tessuto sociale e imprenditoriale della zona. Il giudice arbitro della manife-stazione è il palazzolese Aldo Barbò; durante l’evento sarà presente Gian-luca Vignali, direttore tecnico della Federazione italiana tennis settore tennis in carrozzina.

La chiesa di San Rocco a Rovato è tornata a risplendere. Dopo il saccheggio subito ad opera di ladri cinque anni fa, nel marzo del 2008, lo scorso 22 marzo è stato posto ufficialmente l’ultimo tassello dell’opera di riqualificazione: il restauro del settecentesco organo, che sormonta la parte centrale della chiesa. Da oltre 50 anni le canne dello strumento non suonavano più, rovinate dagli agenti atmosferici, dai topi e da altre avversità. Il lavoro certosino, fatto dagli organari della

ditta “Pietro Corna” di Casnigo (nella bergamasca), ha riportato alla vita l’organo rovatese. “Un gioiello”, secondo i parrocchiani e gli stessi operatori: si tratta di un “Carlo Perolini” del 1793, restaurato secondo criteri strettamente filologici, con la storica fonica settecentesca restituita in tutta la sua chiarezza e limpidezza per la gioia dei fedeli che, ogni mercoledì e sabato, partecipano numerosi alle celebrazioni della Messa. La chiesa rovatese ha mantenuto nel corso dei

secoli un rapporto molto stretto con il proprio quartiere, il rione popolare che copre la zona tra il centro storico e il Cimitero vantiniano. I racconti, tramandati ancora oggi dai parrocchiani, ricordano come la chiesa oggi dedicata a San Rocco era originariamente intitolata a San Martino (vescovo di Tours e padre del monachesimo occidentale prebenedettino), che godeva di notevole popolarità grazie anche all’influenza benedettina sulla zona. Al finire del XVII secolo

risale invece la costituzione della “Confraternita di San Rocco” con il compito di gestire la chiesa e celebrare le consuete feste, tra cui spicca ancora oggi quella del 16 agosto, data in cui si ricorda il santo, a Rovato ma non solo. Per festeggiare la riapertura della chiesa, la chiesa di San Rocco (nell’omonima via) ha quindi ospitato un’emozionante serata di musica e spiritualità cristiana con le “Elevazioni spirituali” dirette dal maestro Giuseppe Pagani. (d.p.)

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n un partecipato incontro è stato presentato alla comunità il Progetto educativo dell’ora-torio e insieme il nuovo logo dello stesso. L’evento si inse-

risce nel cammino di preparazione alla festa del 400° del Santuario (11 giugno) che unisce preghiera, incon-tri e il restauro del portale di entra-ta (Porta Fidei) nell’Anno della fede. Don Marco Mori, direttore dell’Uffi-cio per gli oratori, ha parlato davan-ti a una sessantina di educatori, ca-techisti, animatori. Il “progetto” è il traguardo di un percorso iniziato una trentina di anni fa; 16 anni fa, invece, il parroco don Roberto Zanini aveva avviato il Cag. Già abbozzato col cu-rato don Giuseppe Albini, ripreso due anni fa dalla Commissione oratorio, ora il progetto è stato stampato in un agevole libretto; il parroco don Mau-rizio Rinaldi lo definisce come una “riflessione condivisa sulla identità e missione dell’oratorio in continui-tà con la tradizione oratoriana mar-

re morale si fondono insieme per fa-re del giovane il vigore un cristiano forte e cosciente”. Il progetto è de-dicato a Giovanni Paolo II con una targa marmorea da collocare con la scritta “L’uomo è la via della Chiesa e Cristo la via dell’uomo”. Concetti vigorosamente ripresi da don Mori dopo la presentazione del nuovo logo dell’oratorio fatta da Giuseppe Cono-scitore, presidente della Polisportiva. Il logo è il risultato sorprendente di un concorso tra i ragazzi che ha visto 50 partecipanti: esprimendo nel dise-gno il loro pensiero e desiderio hanno rappresentato esattamente quello che deve essere l’istituzione. È la sintesi dei tre disegni di Jessica, Elisa, Anita: un sole che racchiudeva due bambini, un loro girotondo mano nella mano con Gesù, due grandi porte spalan-cate. Don Mori richiama la “custodia di tutto il creato e di se stessi” del primo intervento di papa Francesco, in fraterna comunione di intenti, de-gli educatori nelle attività dei ragazzi

chenese e con riferimento al Proget-to educativo degli oratori bresciani”. È stato presentato da Sandro Savelli, portavoce della Commissione. Racco-glie sintetiche ma precise definizioni e riflessioni: quale mondo, Chiesa, educazione pastorale; progetto; na-tura (catechesi, finalità, obbiettivo, metodo). Fa saldo riferimento a due Pontefici (Paolo VI e Giovanni Paolo II). Paolo VI nel 1977 definiva l’ora-torio: “Espressione dell’amore della Chiesa, palestra di vita, dove la pre-ghiera, l’istruzione religiosa, il gioco, l’amicizia, il senso della disciplina e del bene comune, la letizia e il vigo-

Al noto modo di dire popolare “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”, si potrebbe aggiungere di questi tempi un’altra destinazione, questa volta riferita alla meta del tradizionale Lunedì dell’Angelo che segue la festività della Resurrezione. E dunque... Pasquetta? In miniera! È questa infatti la singolare proposta lanciata dalla cooperativa “Ski Mine” in collaborazione con l’Associazione “ScopriValtrompia”, il Comitato

“Sagra del Formaggio e delle Tradizioni Valtrumplina” e la Comunità montana di Valle Trompia, per il prossimo lunedì 1 aprile. L’insolita iniziativa, denominata “Pasquetta in miniera”, offrirà una valida occasione per poter addentrarsi e visitare gratuitamente la storica Miniera Marzoli di Pezzaze.Il visitatore potrà così scegliere di compiere un affascinante viaggio all’interno della

miniera, abbandonata dal 1972, oppure di visitare in forma più tradizionale il museo dedicato alla civiltà dell’Alta Valle Trompia e all’arte del ferro. Il percorso in sotterraneo ha infatti trovato il suo ampliamento e completamento nel nuovo spazio museale reso disponibile dalla ristrutturazione dell’edificio un tempo riservato a funzioni di servizio all’attività produttiva e ai lavoratori della stessa miniera. Per agevolare gli ingressi

liberi a tutti, sono stati fissati degli orari d’apertura: dalle 9.30 alle 12 e dalle 14 alle 17, anche se è opportuno e gradito procedere con la prenotazione telefonica ai numeri 030/8337495 347/8163286. Un ultimo consiglio? È opportuno vestirsi in modo adeguato alla temperatura del sottosuolo (circa 10° e 90% di umidità), muniti di giacca impermeabile e soprattutto di calzature comode e sportive. (a.s.)

L’assessorato alla Cultura supporta il “Corso di formazione per baby-sitter” che inizierà il 10 aprile e si terrà nella sede di palazzo Avogadro in via Ger-mone. I motivi per i quali si è voluto avviare questa serie di incontri sono molteplici. Innanzitutto l’intenzione di offrire un’opportunità formativa qualificante a tutti coloro che desi-dererebbero lavorare con i bambini, al fine di formare figure affidabili e competenti in un ambito molto im-portante per tutte le famiglie, dato che l’argomento dell’affidamento anche solo estemporaneo di minori a soggetti esterni ai nuclei famiglia-ri è sempre stato fonte di una certa preoccupazione anche per genito-ri non particolarmente apprensivi. Gli incontri si svolgeranno dalle ore 20.30 alle ore 22.30, mentre le date e

i temi guida degli incontri saranno i seguenti: 10 aprile, “Famiglie e baby sitter”; 17 aprile, “Elementi di psico-logia e pedagogia dell’infanzia e della famiglia”(I parte); 24 aprile, “Elemen-ti di psicologia e pedagogia dell’in-fanzia e della famiglia”(II parte); 29 aprile, “Il gioco”; 8 maggio, “La figura professionale del/della baby sitter”. Il corso sarà condotto dalla dott.ssa Laura Pederzani pedagogista, educa-trice e consulente pedagogica. Al ter-mine del ciclo di appuntamenti verrà rilasciato un attestato di frequenza. Il costo per l’iscrizione è di 50 euro e sarà attivato solo raggiungendo un minimo di 8 iscritti. Per maggiori in-formazioni, contattare il numero di telefono 333.683919 o consultare il sito web di Laura Pederzani (www.laurapederzani.com). (f.g.)

unita all’ascolto e capacità di estrarre proposte nella condivisione dei loro problemi, ha sottolineato che nel lo-go ci sono tre concetti: l’oratorio è dei ragazzi (Gesù coi bambini) e quando diventa degli adulti vanno fatti passi indietro; le porte spalancate esprimo-no l’accoglienza col sole dell’amicizia con Gesù; “l’oratorio è laboratorio della fede non luogo di mera promo-zione aggregativa: nell’emergenza educativa l’oratorio è sollecitazione e promozione della libertà, nella fede”.

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nsieme all’azzurro delle sue ac-que il Garda è rinomato per il verde dei giardini e dei parchi di cui è costellato. Il verde è la leva che ancor oggi cattura un

turismo più riflessivo e ‘naturale’ che vede nella primavera la stagione mi-gliore per passeggiare tra giardini e parchi, godendo, in completo relax, di colori, profumi ed emozioni. Accanto alla bellezza del paesaggio lacustre la sponda bresciana possiede alcuni fra i più bei giardini e parchi che, insie-me alle coltivazioni tradizionali, deli-neano il profilo dei paesi rivieraschi. Il viaggio ‘nel verde’ inizia nel basso lago a Lonato, la cui Rocca ospita una mostra-mercato di piante e fiori rari. “Fiori nella Rocca”, in programma il 13 e 14 aprile, coniuga l’evento con il patrimonio storico, artistico e cultu-rale custodito all’interno del comples-so museale. Si prosegue per Manerba raggiungendo il “Parco della Rocca” e il “Sasso” caratterizzati da diversi sentieri, percorribili a piedi o in bici-

esaltano il palazzo in stile neogotico veneziano. Più oltre, Gardone Rivie-ra, considerata la “città-giardino” del Garda, offre tre splendidi smeraldi: il “Parco del Vittoriale degli Italiani”, ri-sultato il migliore tra i “Parchi più belli d’Italia”, (www.vittoriale.it) il giardino botanico “Fondazione Andrè Heller”, una raccolta floreale a carattere con-tinentale, in cui trovano degna collo-cazione sculture e opere d’arte (www.hellergarden.com) e il “Giardino dei Sensi Bolsone”, dedicato alla bellezza e all’umiltà dei fiori di campo (www.giardinodeisensi.it). La piccola oasi verde dell’orto “Ghirardi” a Toscolano Maderno è riservata prevalentemente a piante medicinali (tel. 0365641246), mentre a Valvestino il museo intito-lato al botanico “Don Pietro Porta” ospita specie autoctone (www.cm-parcoaltogarda.bs.it). A Bogliaco, lo spettacolare giardino di Villa Bettoni, cinto dalle limonaie e dal parco, viene aperto, il 27 e 28 aprile, in occasione della mostra “Il giardino di delizia”.

cletta, dai quali è possibile ammirare preziosi gioielli naturali come piante mediterranee, rare orchidee, fauna boschiva, particolari farfalle, uccelli acquatici e rapaci (www.parcorocca-manerba.net). Dalla Rocca lo sguardo è catturato dalla maestosità dell’Isola del Garda il cui rigoglioso parco rac-chiude una vegetazione a dir poco in-credibile (www.isoladelgarda.com). Scoglio pittoresco, scrigno di storia, ricordi e leggende, l’isola incanta con i suoi giardini che sfiorano il lago, l’ar-monioso insieme di piante esotiche e rare essenze, pini e cipressi, limo-ni, agavi e magnolie che cingono ed

“Un ulteriore importante strumento per promuovere le eccellenze del territorio, incrementare il business e tutelare il consumatore”. È il commento rilasciato da Silvia Razzi, assessore alla Cultura e al Turismo della Provincia, in occasione del riconoscimento della classificazione “lusso” attribuita al 5 stelle “Lefay Resort&Spa Lago di Garda” di Gargnano. La splendida struttura ricettiva che si affaccia dall’alto sulle acque gardesane, vero e proprio simbolo dell’eccellenza

dell’ospitalità bresciana, è stata la prima ad ottenere il prestigioso conferimento previsto da un’apposita delibera della Giunta regionale della Lombardia. “La meritata classificazione costituisce testimonianza dell’elevata vocazione turistica del nostro territorio e al contempo ne valorizza ed amplifica le potenzialità”. I requisiti previsti dalle linee guida regionali per la denominazione aggiuntiva “lusso” agli alberghi di categoria 5 stelle

sono molto restrittivi. Tra questi rientrano la presenza di servizi accessori come palestre, piscine, sale fitness e negozi e l’esistenza di un numero superiore di sale di ritrovo, arredate con eleganza e signorilità anche nei dettagli. L’auspicio è che la struttura di Gargnano faccia da apripista. “Sono sicura che l’eccellenza sia la leva fondamentale per l’incremento del business legato al turismo nel nostro meraviglioso territorio e auspico che si possa presto

attribuire il riconoscimento ‘lusso’ anche a tutte le altre prestigiose strutture 5 stelle della ricettività bresciana, già in possesso della maggior parte dei requisiti necessari”. In pole position ci sono ben 11 alberghi ubicati nei Comuni di Brescia, Calvagese della Riviera, Erbusco, Gargnano, Limone sul Garda e Sirmione e la provincia di Brescia è proprio ad un passo dal divenire una delle più importanti per peculiarità ed eccellenza della sua offerta turistica. (v.b.)

Giovane, generoso, amico di tut-ti, Cristiano Pozzi se n’è andato in un caldo giorno di luglio, in una cisterna vuota sulle montagne di Treviso Bresciano, tradito dalle esalazioni di vernice. Gli amici ogni anno si stringono alla fami-glia e lo ricordano con una gara venatoria, la sua passione.L’appuntamento con la ricorrenza numero sei è per il 6 e il 7 aprile a Treviso Bresciano. Sia il saba-to, sia la domenica, i partecipanti si ritroveranno alle 6 del mattino nel piazzale della locanda Vittoria a Treviso Bresciano. Al sabato le prove di lavoro per cani da seguita su lepre verranno svolte da coppie di fidi amici dell’uomo.Domenica verranno invece impe-gnate le mute di cani. La manife-

stazione viene organizzata tutti gli anni dalla locale sezione del-la Federcaccia, che si avvale del-la competenza della Pro Segugio “Luigi Zacchetti” di Brescia e del sostegno del Comprensorio di Cac-cia C7, oltre che del patrocinio di Provincia, Comunità montana e dello stesso Comune di Treviso Bresciano.La manifestazione è resa possibile soprattutto grazie all’impegno e al-la generosità di una nutrita cordata di sponsor, alcuni anche anonimi, nonché ai proprietari dei fondi uti-lizzati per le gare, su tutto il terri-torio non innevato del Comune di Treviso.Le premiazioni sono attese per tut-ti alle 16 di domenica presso la Lo-canda Perlonc. (Ubaldo Vallini)

L’alto Garda è caratterizzato dai pila-stri e dalle muraglie su più terrazza-menti delle limonaie, testimonianze del lavoro dell’uomo e di una eco-nomia un tempo florida. A Tignale, il “Pra’ de la Fam”, primo esempio di struttura museale (tel. 036571449) e a Limone il “Castel”, situata nel cen-tro storico e vero tripudio di agrumi (www.visitlimonesulgarda.com). Il verde, declinato in tutte le tonalità, come chiave di lettura che suggerisce un Garda diverso.

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el 2014 varcherà il tra-guardo dei 40 anni di attività la sezione in-tercomunale Avis Alta Valle Camonica, che ha

sede a Edolo. Da poche settimane è stato rinnovato il consiglio diret-tivo e nominato il nuovo presiden-te ad opera dei circa 600 iscritti. Dopo due mandati Martindomeni-co Rossini in base allo statuto non poteva essere rieletto e, quindi, ha passato la mano a Romeo Comen-soli, edolese in pensione con oltre 15 anni di donazioni alle spalle. Al suo fianco altri 12 consiglieri, fra cui i vicepresidenti Fabio Moles e la cortenese Monica Radici. Teso-riere è Cesare Rizzi e segretario Silvio Comensoli. Il Gruppo rac-coglie i donatori di sangue di 18 Comuni, principalmente nell’area da Cedegolo in su. Attualmente i donatori attivi sono 535 (circa il 20% del totale camuno), in grado di garantire oltre un migliaio di

– e lo dimostra il fatto che i nostri nuovi donatori sono per la gran parte giovani, anzi alcuni sono gio-vanissimi, cioè poco oltre i 18 an-ni, l’età minima ammessa. C’è da essere soddisfatti”. In effetti sem-bra dare risultati l’opera di sensi-bilizzazione presso gli studenti in atto da vari anni. Attualmente gli incontri nelle scuole, l’ultimo a Vezza d’Oglio, vengono effettua-ti col supporto di alcuni docenti dell’Università cattolica. Altri mo-menti importanti sono iniziative come le feste annuali che si ten-gono a rotazione nei diversi paesi; lo scorso anno è toccato a Corteno Golgi, quest’anno, il prossimo 22 settembre, sarà la volta di Temù. L’ampliarsi dell’attività del Gruppo è dimostrato anche dalla necessità di una nuova sede più ampia, mes-sa a disposizione, accollandosene le spese, dall’amministrazione co-munale di Edolo: sarà operativa a giorni nei pressi dell’Ospedale

sacche di sangue, plasma e pia-strine ogni anno. Tutti fanno rife-rimento all’Ospedale di Edolo e sono supportati gratuitamente dai direttori sanitari Luigina Livelli e Luca Simoncini. Gli iscritti all’Avis dell’Alta Valle stanno gradualmen-te aumentando e, soprattutto, rin-giovanendo di età: lo scorso an-no a fronte di una trentina di soci che per motivi diversi sono diven-tati inattivi, sono da segnalare 54 nuovi donatori. “Non è vero che i giovani non sono disponibili a da-re una mano agli altri – osserva il neo presidente Romeo Comensoli

Dopo la pietra ecco l’acqua: è il tema della seconda edizione della Fiera della sostenibilità nella natura alpina in programma dal 27 al 30 giugno in Valle, con epicentro in Valsaviore, ma con il coinvolgimento di tutto il territorio. L’iniziativa si inserisce nell’anno internazionale per la cooperazione idrica delle Nazioni Unite. Poiché una Fiera è anche confronto, analisi, approfondimento, raccolta di informazioni e organizzazione di programmi e risposte, anche

in questa Fiera della sostenibilità l’acqua sarà argomento di dibattito economico e politico, visto lo sfruttamento intensivo e non remunerativo dell’acqua a scopo idroelettrico. Argomento sul quale il presidente della Comunità montana e Bim di Vallecamonica, Corrado Tomasi (nella foto), neo-eletto consigliere regionale nelle file del Pd, sviluppa un’analisi impietosa. “La Valle Camonica ha un reddito pro-capite analogo all’Albania – dice Tomasi – e inferiore alla

Calabria. Le nostre risorse vere, il nostro oro blu, cioè l’acqua, vanno altrove. Chi ne ricava vantaggio è il grande gestore nazionale dell’Energia elettrica. Dunque – continua Tomasi – bisogna riportare la gestione dell’acqua in Valle Camonica. Il vantaggio economico che ne deriverebbe è sufficiente a mantenere autonoma la valle senza altre provvidenze governative o regionali”. Ipotesi affascinante, ma ricca di ostacoli. L’acqua, nella Fiera delle sostenibilità, sarà il

tema centrale: culturale, scientifico, naturalistico, economico e anche politico. La Fiera della sostenibilità nella natura alpina inizia giovedì 27 giugno al Museo archeologico di Capo di Ponte, quindi toccherà Cevo, Breno. Cedegolo, le Terme di Boario, Sonico e ancora Cevo per la conclusione. Incontri, convegni, seminari, musica, gastronomia, natura, ambiente, cultura ed escursioni saranno i temi delle quattro intense giornate. (Davide Alessi)

Pronta al via la nuova manifestazione dedicata all’oggettistica di altri tem-pi programmata dall’Assessorato al commercio di Darfo Boario Terme che impegnerà le prossime domeni-che. “Abbiamo voluto riservare uno spazio particolare a questa esposizio-ne nell’ambito delle manifestazioni che stiamo programmando per ani-mare e sostenere la proposta com-merciale e turistica della cittadina – afferma Osvaldo Benedetti, asses-sore al Commercio – la passione per il collezionismo e l’antichità è forte-mente radicata nella nostra città, co-me del resto in tutta Italia. Siamo fe-lici di aver potuto organizzare questa iniziativa con un investimento mini-mo dal quale pare stiano arrivando segnali di grande interesse”. Sono ol-tre una quarantina gli espositori che,

a partire dagli stessi darfensi sino a tutto il Nord Italia, hanno accolto la proposta di mettere in bella mostra i loro oggetti da collezionismo: ogget-tistica, libri antichi, suppellettili, mo-bili d’epoca, ma anche auto storiche e pezzi di ricambio. “Grazie alla colla-borazione con il club Novecento ab-biamo dedicato una sezione a questa parte di collezionismo che raccoglie l’interesse di appassionati d’auto e moto d’epoca – continua Benedetti – così da far trovare pezzi di ricambio di auto e moto storiche. Certamente una parte curiosa e gradita non solo agli appassionati del settore”. Sempre a proposito di originali oggetti d’arte, saranno presenti anche alcuni colle-zionisti di bigiotteria del passato, a te-stimonianza che la bellezza e la cura di sé affascinano senza tempo. (e.g.)

di Edolo in Via A.Gelpi, 81 (tel. 0364.73056 - e-mail [email protected]). “Le incombenze sa-nitarie e burocratiche – spiega il segretario Silvio Comensoli – so-no sempre maggiori. Perché tut-to funzioni bene, l’attività di ogni singolo donatore deve essere co-stantemente assistita e controlla-ta. Perciò c’è grande soddisfazione in tutti noi per il consolidarsi della cultura della donazione sul nostro territorio”.

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Il primo giorno della settimana,Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio,e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietroe dall’altro discepolo,quello che Gesù amava, e disse loro:“Hanno portato via il Signore dal sepolcroe non sappiamo dove l’hanno posto!”.Pietro allora uscì insieme all’altro discepoloe si recarono al sepolcro.Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietroe giunse per primo al sepolcro.Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro,che lo seguiva, ed entrò nel sepolcroe osservò i teli posati là,e il sudario che era stato sul suo caponon posato là con i teli,ma avvolto in un luogo a parte.Allora entrò anche l’altro discepolo,che era giunto per primo al sepolcro,e vide e credette.Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

C’è un capolavoro di Fedor Dostoev-skij che si intitola “Delitto e Castigo” (1866). La storia richiama alla lunga un altro romanzo russo: “Resurrezio-ne” (1899) di Lev Tolstoj. Due romanzi dalla medesima struttura: colpa, casti-go, redenzione. Il romanzo di Tolstoj parte da una storia vera, raccontata allo scrittore russo dall’amico A. F. Koni: una ragazza di 16 anni, orfana, viene accolta in casa di parenti dove un giovanotto la seduce e la lascia incinta. Allontanata diviene prostitu-ta e ladra. Giudicata dalla corte dove tra i giudici siede lo stesso giovane Nechljudov è condannata alla depor-tazione in Siberia. L’uomo decide di sposarla e di seguirla nel suo destino. La resurrezione è la sua, sa di essere stato l’origine del male. La prima edi-

studiosi lo sanno e l’hanno già scritto chissà quante volte. Ma per me è sta-ta una conferma: il discepolo finché non “entra” nel sepolcro vede soltan-to quello che c’è; quando “entra” nel sepolcro, si lascia sconvolgere dal mistero che si è compiuto, non può più solo “vedere” ma riesce a ‘sape-re’ e quindi a credere. Non è solo una questione di sfumature o di verbi: è – suggerito dalla discrezione timida di chi era lì – il cammino di chi si trova a credere, di chi prima vedeva soltan-to e poi si accorge che il suo vedere è sapere. Come, non lo sa; come, non sta a lui saperlo. Ma quello che prima era solo una constatazione, adesso è la certezza della fede. In quel povero verbo, scelto in mezzo agli altri sino-nimi, si nasconde l’intera esperienza di quel mattino di Pasqua dove tutti corrono e tutti parlano e dove lo stu-pore e la paura si mescolano perché tutti stanno fuori dal sepolcro e vedo-no soltanto e se entrano, come Pietro, riescono al massimo a osservare. Non è un passaggio facile quello che va dal vedere al sapere e poi a un sapere che

è fatto di così poco, di qualche benda e di un sudario. E da lì arrivare a cre-dere. È ancora più difficile. Ma non è più soltanto vedere, non è più soltan-to constatare. È sapere attraverso gli occhi che vedono finalmente chiaro in mezzo a tutto quel buio e il residuo di quello che è il passato di Gesù, le bende e il sudario, serve solo a sapere che davvero quello non è l’ultimo luo-go. Ma le bende e il sudario sono an-che la garanzia di quel vedere-sapere: non è solo qualcosa che succede den-tro, una convinzione del discepolo, un desiderio che prende forma di fede. Sono la testimonianza della verità di quel sapere, così come il vederle è la certezza che quel corpo che le strin-geva non c’è più. E che non è lì non perché è stato rubato ma per quella follia che in quel momento i discepo-li ancora non ricordano, che non di-stinguono tra le tante parole dette da Gesù, che è la risurrezione. Non han-no ancora compreso. Ma le bende e il sudario sono lì. E li si può osservare. Ma anche vedere. Ed è questo che la-sciano vedere. Sapere.

Mistero compiutoedere. Ho ripreso in ma-no dopo tanti anni il mio vecchio Merk con le sue pagine finissime e il testo del Nuovo Testamento

in greco e in latino. Gli studiosi mi dicevano che è un testo sorpassato, ma per quello che mi serviva basta e avanza. L’ho ripreso in mano per ca-pire – meglio – per tentare di capire cos’era quel “vedere” del discepolo che Gesù amava, quel “vedere” che lo costringe a credere. Perché Maria di Magdala “vede” la pietra rotolata dal sepolcro; il discepolo che Gesù ama-va ‘vede’ le bende prima di entrare nel sepolcro; Pietro “vede” (o meglio “osserva”) le stesse bende e il suda-rio. Ma in nessuno di questi casi Gio-vanni usa il verbo che utilizza per quel momento, per il momento, cioè, nel quale il discepolo entra nel sepolcro, vede e crede. Per il poco greco che ri-cordo questo non è un particolare di poco conto perché lì Giovanni usa il verbo “vedere” con la sfumatura che è comune anche al verbo “sapere”. So che non è una scoperta e che gli

zione del romanzo si chiude con il di-scorso della montagna di Matteo. Nel romanzo dostoevskjano c’è ancora un Vangelo è quello che Sonja, prostitu-ta per fame ma pura nel cuore, porta al capezzale di Rashkol’nikov dopo avergli letto il brano della resurrezio-ne di Lazzaro. Rashkol’nikov è uno studente che ha ucciso volontaria-mente una vecchia usuraia e la sorella di questa capitata per caso sulla sce-na del delitto. Il castigo del titolo è il tormento a cui la coscienza e la paura sottomettono il protagonista. Sonja lo accompagnerà in Siberia, condivi-dendo con lui la pena da scontare e la possibilità di una vita nuova. Due romanzi, due capolavori, una medesi-ma struttura. La colpa e la condanna. In entrambi i lavori due persone (un

uomo, una giovane) sentono di voler aiutare e condividere la vita dei con-dannati. Il primo perché all’origine del male. La seconda perché si sente solidale con il peccatore. In entrambi l’importanza del Vangelo di Gesù Cri-sto. Questo mi hanno ispirato le paro-le di papa Francesco pronunciate nel settembre del 2012 quando ancora era il card. Bergoglio: “Gesù non fece pro-selitismo, lui accompagnò. E le con-versioni che provocava avvenivano precisamente per questa sua solleci-tudine ad accompagnare che ci rende fratelli”. In fondo Sonja è figura della Chiesa (e di Cristo) che si fa compa-gna di strada dell’uomo (peccatore) e condividendo (prendendo su di sé) la sua pena (condanna) lo guida alla risurrezione, alla salvezza.

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ioia, croce, giovani. So-no le tre parole che papa Francesco consegna in questa domenica delle Palme, inizio della Set-

timana Santa. Suggestiva cerimonia con quel procedere dall’obelisco al sagrato della basilica di San Pietro a ricordare l’ingresso di Gesù ac-clamato dalle folle mentre entrava a Gerusalemme. Le stesse folle che, pochi giorni più tardi, lo avrebbero condannato preferendogli Barab-ba. Lui ha risvegliato nel cuore delle persone “tanta speranza, soprattut-to tra la gente umile, semplice, po-vera, dimenticata, quella che non conta agli occhi del mondo”. Sette giorni dalla domenica delle Palme a Pasqua. Come per la creazione del mondo, sette giorni per consegnare ai popoli un mondo nuovo, una gioia nuova: la certezza che Dio “è nostro amico e nostro fratello”. Francesco accompagna il nostro cammino in questa settimana indicandoci subi-to una parola che abbiamo più volte ascoltato dalla voce del suo prede-cessore: gioia. Quasi a sottolineare una continuità fatta di impegni, una gioia che non nasce “dal possedere tante cose, ma dall’aver incontrato

una persona: Gesù”. Gioia: il cristia-no è l’uomo della gioia, non può es-sere triste; nemmeno nei momenti difficili “anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormonta-bili, e ce ne sono tanti”. Ma sappiamo che Gesù ci carica sulle sue spalle ed è “qui che sta la nostra gioia, la speranza”. Un anonimo poeta brasi-liano descrive questo rapporto con Dio come un camminare sulla sabbia con le impronte lasciate a descrivere il percorso della vita. Poi ad un cer-to punto le orme lasciate da quattro diventano solo due, e l’uomo dice al Signore: proprio in quei momenti quando avevo più bisogno di te, tu mi hai abbandonato. Ma il Signore risponde: no, in quei momenti ti ho preso tra le mie braccia. È un’imma-

gine che richiama, in un certo senso, le parole pronunciate da papa Fran-cesco a proposito del perdono: Dio non si stanca di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. E quel prendere in braccio della poesia, quel caricarsi il peso delle nostre mancanze e delle nostre difficoltà è un invito a non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento: “per favore, non lasciatevi rubare la spe-ranza! Non lasciate rubare la speran-za! Quella che ci dà Gesù”. La secon-da parola che propone Francesco è la croce. Cristo entra a Gerusalem-me non come un re potente, in senso umano, attorniato da una corte e da un esercito. Ma è un re che entra a Gerusalemme “ per ricevere una co-rona di spine, un bastone, un man-tello di porpora, la sua regalità sarà oggetto di derisione; entra per salire il Calvario carico di un legno”. Gesù prende su di sé “il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, di tutti noi, e lo lava con il suo sangue, con la misericordia, con l’amore di Dio”. Quante ferite il ma-le infligge all’umanità. Le guerre, le violenze, i conflitti economici “che colpiscono chi è più debole”. E poi la sete di potere, di denaro, come

I riti in preparazione alla Pasqua cominciano, per papa Francesco, il 28 marzo, Giovedì Santo, con la Messa del Crisma, alle ore 9.30, nella basilica di San Pietro. Nel pomeriggio del 28 marzo, alle ore 17.30, è prevista la Messa nella Cena del Signore all’Istituto penale per minori di Casal del Marmo. Doppio appuntamento anche per il 29 marzo, Venerdì Santo: alle ore 17, nella basilica di San Pietro, la celebrazione della Passione del Signore, cui parteciperanno

anche i prelati e i cappellani di Sua Santità, gli abati e tutti i membri della Cappella Pontificia. Il Santo Padre presiederà la Liturgia della Parola, l’Adorazione della Croce e il Rito della comunione. Alle 21.15, papa Francesco presiederà la Via Crucis al Colosseo, al termine della quale rivolgerà la parola ai fedeli e impartirà la benedizione apostolica. Nella notte tra il 30 e il 31 marzo, si svolgeranno i riti veri e propri della Pasqua. La veglia pasquale si terrà nella basilica di San Pietro alle ore

20.30 di sabato 30 marzo. All’inizio della celebrazione, papa Francesco benedirà il fuoco nuovo nell’atrio della basilica; dopo l’ingressi in processione con il cero pasquale e il canto dell’“Exsultet”, presiederà la Liturgia della Parola, la Liturgia battesimale e la Liturgia eucaristica. La mattina del 31 marzo, la solenne Messa di Pasqua, che il Papa celebrerà alle 10.15 sul sagrato della basilica di San Pietro. Al termine della celebrazione, la benedizione Urbi et Orbi.

se queste cose fossero davvero es-senziali nella nostra vita. Anche qui quanta consonanza con Benedetto XVI che diceva ai cardinali: voi siete principi di un re crocifisso. E con le sue parole che proprio nel tempo di Pasqua ha sempre invitato ad avere uno stile di vita sobrio, azzimo. Bella l’immagine che propone della nonna, che “diceva a noi bambini: il sudario non ha tasche”. La Pasqua, il tempo che stiamo vivendo e che ci porterà a ripercorrere i fondamenti della fede cristiana dall’istituzione dell’eucari-stia al Venerdì Santo, alla domenica in cui la pietra rotolata ci dice che un nuovo inizio è cominciato, e che pro-prio su quella croce i nostri peccati e le nostre mancanze sono stati scon-fitti dall’amore che non porta mai alla

tristezza, come ci ha ricordato Fran-cesco. Infine la terza parola: giovani. Papa Wojtyla parlava dei giovani co-me “futuro del mondo, la speranza della Chiesa, la mia speranza”. Papa Francesco dice loro: “Voi ci portate la gioia della fede e ci dite che dob-biamo vivere la fede con un cuore giovane, sempre: un cuore giovane, anche a 70, 80 anni”. Di qui l’invito a guardare a Rio, alla prossima Gior-nata mondiale della gioventù, 23-28 luglio. Un incontro, afferma il Papa, un segno della fede dei giovani che devono dire al mondo: “È buono se-guire Gesù; è buono andare con Ge-sù; è buono il messaggio di Gesù; è buono uscire da se stessi, alle peri-ferie del mondo e dell’esistenza per portare Gesù”.

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Un incontro che “vuole essere idealmente l’abbraccio del Papa al mondo”. Così il Papa ha definito l’udienza al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Agli ambasciatori, ha sintetizzato subito il senso della missione della Chiesa nel mondo: “È questo che sta a cuore alla Santa Sede: il bene di ogni uomo sulla terra”, ha rivelato, ringraziando alla fine del suo discorso – durato meno di dieci minuti – gli ambasciatori per il lavoro che svolgono, “insieme alla

Segreteria di Stato, per costruire la pace ed edificare ponti di amicizia e di fraternità”. Ad oggi, sono 180 gli Stati che intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede, a cui vanno aggiunti l’Unione europea, il Sovrano militare ordine di Malta e una missione a carattere speciale: l’Ufficio dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). “Lottare contro la povertà sia materiale, sia spirituale; edificare la pace e costruire ponti”. Con questi tre imperativi il Papa ha concluso il

suo discorso al Corpo diplomatico. Tre imperativi, ha spiegato, che “sono come i punti di riferimento di un cammino al quale desidero invitare a prendere parte ciascuno dei Paesi che rappresentate”. “Un cammino difficile però, se non impariamo sempre più ad amare questa nostra Terra”, ha ammesso il Papa. “Anche in questo caso – ha confessato – mi è di aiuto pensare al nome di Francesco, che insegna un profondo rispetto per tutto il creato”.

Si è svolto a Castelgandolfo l’incon-tro tanto atteso tra Benedetto XVI, papa emerito e Francesco. Tutto si è volto nella riservatezza e secondo la volontà manifestata al momento delle dimissioni: nascondersi agli occhi del mondo per continuare a vivere accan-to alla Croce di Cristo. Solo qualche immagine o il racconto del portavo-ce a testimoniare il clima di fraternità – quasi di tenerezza – tra papa Fran-cesco e il suo predecessore. In mol-ti si sono domandati come la Chiesa avrebbe vissuto questa pagina inedi-ta della sua storia. Se si guardano le cose solo da un punto di vista uma-no, in questo caso dal punto di vista politico, ci si aspetterebbero tensio-ni: chi assume un incarico nuovo, fa-cilmente, al fine di affermarsi, finisce con il prendere le distanze da chi lo ha preceduto; chi ha lasciato, frequen-temente, mantiene ancora contatti

così da influenzare l’andamento del-le cose e mostrare che ancora conta. Questo non è avvenuto nella delicata successione del Papa, perché nessu-no ha considerato il governo pasto-rale come un esercizio di potere, ma Benedetto XVI e Francesco si sono dichiarati al servizio di un Altro che guida la Chiesa. Con questa conside-razione si entra in un ambito delica-to, che è quello della dimensione so-prannaturale della Chiesa; esso non è accessibile solo a chi ha fede, ma a chiunque – con onestà – sia pronto a riconoscere che gli uomini possano rendere conto non solo a se stessi, ma anche a Dio e che questo riferi-mento ultimo sia per loro più impor-tante di ogni altro. Se ci si mette nella prospettiva giusta, si comprende che parole e gesti non sono né formali né di circostanza, ma esprimono la pro-pria intima convinzione. Si può così

provare ad entrare nel pensiero di pa-pa Francesco che, all’indomani della sua elezione, ricordava ai confratelli cardinali, quanto aveva imparato dal suo predecessore. “Come ci ha ricor-dato tante volte nei suoi insegnamenti e, da ultimo, con quel gesto coraggio-so e umile, il papa Benedetto XVI, è Cristo che guida la Chiesa per mezzo del suo Spirito”. Il Pastore dei pastori dunque non è il Papa, ma Cristo, che affida il suo gregge a chi sceglie per questo compito; è lui, mediante lo Spirito Santo, a creare quella comu-nione o armonia tra personalità che sono diverse. Qui c’è un altro punto importante: nessun pontefice è uguale ad un altro. E non c’è da meravigliarsi dal momento che Dio, chiamando gli uomini a collaborare con sé, non sop-prime la loro personalità, ma li lascia liberi di esprimere con tutto se stessi il ministero loro affidato.

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ella biografia di Mazzola-ri, “La Via crucis del po-vero” – apparsa proprio a Brescia presso l’ami-co editore Vittorio Gat-

ti nel 1939 – rappresenta un vero e proprio punto di svolta. Si conclude con questo scritto un intenso ciclo di pubblicazioni apertosi oltre 20 anni prima con la collaborazione della ri-vista “L’Azione” dei giovani democra-tici cristiani di Eligio Cacciaguerra e continuato con una serie di scritti di notevole rilievo, in particolare “La bel-la avventura” e la “Lettera sulla par-rocchia” entrambe degli anni Trenta, e si apre per certi aspetti una nuova stagione, quella caratterizzata dalla riflessione sul dramma della guerra, dall’analisi critica del fascismo, dal forte sostegno dato all’impegno poli-tico dei cattolici. Non si tratta di una sorta di banale transizione dallo “spi-rituale” al “politico” ma certo di una più penetrante attenzione ai proble-mi della società, sollecitata dal cor-so stesso degli avvenimenti. Più che il passaggio da una riflessione tra lo spirituale e il pastorale a una pubbli-cistica fortemente orientata all’impe-gno politico, si è di fronte a una sorta di diversa lettura della storia a partire dalla consapevolezza – che si fa sem-pre più lucida dopo il 1939, appunto dopo “La Via Crucis del povero” – del-la necessità per la Chiesa di misurarsi sino in fondo con il movimento del-

ne esistenziale di ogni cristiano, nel-la misura in cui intenda avvicinarsi all’ineguagliabile modello del Cristo povero); la seconda lettura può esse-re fatta, invece, in una prospettiva più propriamente sociale, come denuncia della povertà e come sollecitazione, a chi ha responsabilità nella società, a combatterla con tutte le sue forze. Da questa duplice lettura del cammino di Cristo verso il calvario, Mazzolari prende le mosse per cercare di illumi-nare il persistente paradosso della vi-ta cristiana: da una parte operare una decisa scelta di campo per la povertà (sull’esempio di Cristo), dall’altra im-

la storia. Di qui una duplice possibile lettura de “La Via Crucis del povero”: la prima in termini propriamente spi-rituali, se non propriamente asceti-ci, con sofferta riflessione sul Cristo avviato al martirio (e sulla condizio-

“Famiglia: chiesa domestica” è il te-ma del pellegrinaggio diocesano per le famiglie in programma il 1° maggio al Santuario “ Madonna della Pieve” (Madonna della Formigula) a Corti-celle. Il programma prevede il ritrovo e partenze a piedi: alle ore 10 presso il parcheggio del Cimitero di Azzano Mella, alle 10 presso la parrocchiale di Offlaga, alle 10 presso la Piazza di Del-lo. In bicicletta si parte: alle 10 presso la parrocchia di Flero e sempre alle 10

da Bagnolo Mella. L’arrivo è alle 11.30 presso il Santuario “Madonna della Pieve” a Corticelle con il saluto del vescovo Luciano e la preghiera con tutti i gruppi e le persone presenti. Al-le 12.30 il pranzo al sacco e il tempo di relax in amicizia. Nel pomeriggio, alle 14, l’incontro per sposi e genitori sul tema “Costruire la propria casa sulla roccia di Cristo”. In contemporanea all’incontro per gli adulti la parrocchia di Corticelle propone un momento lu-

dico con merenda per i bambini e i ra-gazzi. Alle 16, invece, la S. Messa per le famiglie, concelebrata con i sacerdoti che hanno accompagnato i pellegrini.Alle 17 il saluto e la consegna del man-dato a tutti i partecipanti. Per i grup-pi parrocchiali è meglio segnalare l’adesione all’Ufficio per la famiglia diocesano, telefonando al numero 030/3722232, email [email protected]. Sono aperte, inoltre, anco-ra le iscrizioni alla tre giorni (dal 26

al 28 aprile) guidata da don Giorgio Comini per giovani coppie di sposi al Passo del Maniva (Collio Valtrompia). Tenendo conto dei tempi familiari, le giornate prevedono: preghiera, forma-zione, condivisione, momenti di fra-ternità. Durante i lavori dei genitori, i figli avranno a disposizione tempi e luoghi per vivere una bella esperienza di gioco e di attività educative, accom-pagnati da personale qualificato. Per informazioni, 030/3722232.

pegnarsi coraggiosamente per la lot-ta alla povertà e per il suo possibile superamento, anche in questo caso lungo la via tracciata dal Cristo sof-ferente: la via dell’implicita denuncia di una povertà non liberamente scelta ma imposta da un sistema di potere ingiusto, che vuole che “il povero non sia” ma in realtà occulta la povertà in-vece di combatterla. Ritorna ancora una volta l’ambivalenza del messaggio cristiano sulla povertà: da una parte ricercarla, sull’esempio di Cristo po-vero; ma dall’altra parte combatterla attraverso un coraggioso impegno nella storia.

“Oggi mando te a tutta l’umanità con la mia Misericordia” scriveva suor Faustina Kowalska. Domenica 7 aprile la parrocchia Maria Madre della Chiesa e la parrocchia di S. Bartolomeo invitano alla celebrazione della festa della Divina Misericordia, voluta da Giovanni Paolo II, la prima domenica dopo Pasqua. La preghiera inizierà alle 14.30 con il rosario della Divina Misericordia e l’adorazione eucaristica nella chiesa di San Bartolomeo in via Gabbiane 8.

Nei giorni scorsi il vescovo Monari ha incontrato presso il teatro dell’Istituto Piamarta di via Cremona gli alunni del quinto anno delle scuole cattoliche aderenti alla Fidae. Un momento nel quale il Vescovo si è confrontato con oltre 300 studenti, in un dialogo che ha affrontato diversi argomenti. Il Vescovo non si è sottratto agli interrogativi anche scomodi che i ragazzi gli hanno posto, sulla natura

della fede e sul rapporto con la Chiesa. “È un dono che viene da Dio – ha risposto mons. Monari – ma che richiede la libertà dell’uomo nell’accettarlo. Serve per maturare come persone, nello stare vicino agli altri manifestando l’amore di Dio”. E ancora sulla Chiesa ha speso parole come queste: “La Chiesa siamo noi, con le nostre difficoltà e debolezze, mentre cerchiamo di vivere la

nostra fede. La Chiesa insegna la gioia del vivere da cristiani”. Inevitabile risentire in queste parole l’eco dei primi discorsi di papa Francesco, del quale il Vescovo ha sottolineato l’umiltà a partire dalla scelta del nome: “Il nuovo Papa – ha detto – si scosta da privilegi e formalità, ha uno stile proprio, molto spontaneo. Anche in questo modo si manifesta l’amore e la misericordia di Dio, di cui l’uomo ha

bisogno”. Il Vescovo ha inoltre raccontato ai ragazzi qualcosa di sé, di come sia maturata la sua vocazione, e di ciò che pensava sulla fede quando era ragazzo: ecco quindi il racconto dei primi passi durante il liceo, vissuti in famiglia e in oratorio, passi che poi lo hanno portato alla scelta di diventare sacerdote. Il dialogo tra il Vescovo e i maturandi è durato oltre un’ora, al termine c’è stato uno scambio di auguri.

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Si svolge a Brescia presso il Centro pastorale Paolo VI dal 2 al 5 aprile 2013 il 28° Seminario sulla direzione spirituale a servizio dell’orientamen-to vocazionale dal titolo “Gioia della fede e arte dell’accompagnamento spirituale. Alla scuola del venerabi-le Paolo VI”. Due esperienze saranno aperte a tutti, in preparazione alla 50ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni: mercoledì 3 aprile, alle ore 21, la veglia di preghiera per le voca-zioni presieduta dal vicario generale, mons. Gianfranco Mascher; giovedì 4 aprile alle ore 20.30, presso l’Istituto Paolo VI di Concesio, Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose pre-senta “La vocazione oggi”. Sabato 20 e domenica 21 aprile la 50ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni avrà sede a Brescia in omaggio a papa

Paolo VI che istituì questa iniziativa. I diversi appuntamenti previsti sono consultabili sul sito della diocesi. Tra essi, si segnalano in modo particolare, per sabato 20 aprile: “A tu per tu con la Santità. Paolo VI: la speranza diventa vocazione”, presso l’aula magna della Facoltà di Medicina, dalle ore 16 alle 19; Veglia di preghiera per la 50ª Gmpv presieduta dal Vescovo, ricordando in modo particolare i cinquantesimi anniversari di tutte le vocazioni e gli ordinandi presbiteri, presso la Basili-ca di S. Maria delle Grazie a Brescia, alle ore 20.30. Oltre a diversi appunta-menti in collaborazione con il Csi e di spiritualità in collaborazione con RnS, per domenica 21 aprile, si ricordano: celebrazione eucaristica in Cattedrale presieduta dal vescovo Luciano, alle 11 (diretta su Rai 1).

ndate e fate discepo-li tutti i popoli”, il te-ma della 27ª Giornata mondiale della gio-ventù, ha guidato sa-

bato 23 marzo gli adolescenti e i giovani bresciani nella tradiziona-le Veglia delle Palme dal Castello alla Cattedrale. Durante il cammi-no i ragazzi hanno potuto riflet-tere sulle testimonianze di alcuni missionari che hanno dato la vita per la fede: Oscar Romero, Madre Teresa di Calcutta, padre Giovanni Fausti, Santa Teresina di Lisieux e don Pierluigi Murgioni. Nell’ome-lia il vescovo Monari ha suggerito ai giovani quale meta inseguire e, soprattutto, come raggiungerla per vivere una vita in pienezza. “Qual è la meta che possiamo ragione-volmente proporci? Potrei dirlo così: si tratta – spiega il Vescovo – di nutrire in noi dei sentimenti umani e sradicare i sentimenti di-sumani; di avere desideri grandi,

imparare a collaborare rinuncian-do al successo personale ad ogni costo”. Queste parole pronunciate da Monari in una Cattedrale gremi-ta all’inverosimile dai partecipanti alla Veglia delle Palme dal Castello in Cattedrale sono molto significa-tive. “Camminare insieme permette di superare meglio gli ostacoli che s’incontrano; faticare in quattro è tutt’altra cosa dal faticare da soli su una salita ripida; gioire in quat-tro è tutt’altra cosa dal fruire isola-tamente di una soddisfazione per-sonale”. Monari ha ricordato le ul-time parole del Vangelo di Matteo, quando Gesù dice: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. “Gli esegeti spiegano – ha aggiunto Monari – che non si trat-ta di una presenza statica, come se Gesù promettesse solo di essere al nostro fianco, per consolarci; si tratta anche di una presenza dina-mica perché Gesù promette di par-lare a noi, decidere con noi, ope-

che corrispondano alla grandezza del cuore umano; di imparare rela-zioni autentiche con gli altri, cioè relazioni non inquinate dal bisogno di apparire o di prevalere; di sapere distinguere con spirito critico ciò che è vero bene da ciò che è be-ne apparente; di saper scegliere il bene anche quando costa fatica e saper rifiutare il male anche quan-do è attraente; di saper rispettare l’ambiente in modo da trasmettere alle generazioni future un mondo in cui possano vivere meglio; di crescere nella capacità di empa-tia e cioè di sentire con gli altri; di

rare con noi, sostenere la nostra fatica faticando con noi”. Sul tema della missionarietà, ben espresso dallo slogan della Gmg, alla fine a ogni ragazzo è stato consegnato una card con la quale invitare vici-ni e lontani alla celebrazione della Messa di Pasqua; è anche questo

un modo per annunciare senza ver-gogna il Vangelo, parafrasando il motto dello stemma episcopale di Monari. A proposito del messaggio della Gmg, è giusto ricordare che i giovani che non andranno a Rio potranno vivere la Veglia regionale al Santuario di Caravaggio il 27 e il 28 luglio. Al termine della celebra-zione, invece, i giovani bresciani iscritti alla Gmg hanno ricevuto un barattolo con la terra bresciana: al ritorno dall’esperienza avranno il compito e la responsabilità di co-municare (riempiendo fisicamente il contenitore con la terra brasilia-na) il resoconto di questa esperien-za di Chiesa universale.

Venerdì 29 marzoOre 8.30 - Brescia -Ufficio di letture e lodiin Cattedrale.Ore 15 - Brescia -Preghiera presso la sede dell’Editrice La Scuola.Ore 20.30 - Brescia -Liturgia della Passionein Cattedrale.

Lunedì 8 aprile viene presentato il Grest 2013 presso Casa Foresti alle ore 10 e alle ore 20.30. L’ambientazione della storia è la Firenze rinascimentale: la Firenze di Leonardo da Vinci è uno spazio- tempo nel quale l’uomo iniziava a sfidare alcuni limiti conosciuti per migliorarsi. Le grandi tavole del Codice atlantico potranno essere uno spunto per disegnare le scenografie e immaginare l’ambientazione della storia.

Sabato 30 marzoOre 8.30 - Brescia - Ufficiodi letture e lodi in Cattedrale.Ore 21 - Brescia - Veglia pasquale in Cattedrale.

Domenica 24 marzoOre 8.30 - Brescia - S. Messa presso il carcere di Verziano.Ore 10 - Brescia - Santa Messain Cattedrale.Ore 17.45 - Brescia - Vespriin Cattedrale.

“Mi abbandono alla fedeltà di Dio, ora e per sempre”. La comunità monastica delle Clarisse Cappuccine e la famiglia Pedrali con gioia invitano, sabato 6 aprile alle ore 16 al monastero dell’Immacolata di via Arimanno 17 a Brescia, alla professione perpetua di suor Maria Simona Francesca. La celebrazione eucaristica sarà presieduta da mons. Luciano Monari.

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Sono stati 60 i partecipanti in rappresentanza dei 43 centri di ascolto aderenti al Collegamento, quattro i facilitatori dei lavori di gruppo, tre gli incontri finora svolti (“Con le persone”, “Tra noi: soli – insieme”, “Ricomporre l’ascolto”), altrettanti i momenti di “Illuminazione della Parola”. Questi i “numeri” della proposta di formazione rivolta ai referenti dei centri di ascolto partecipanti al Collegamento dei centri di ascolto della Caritas diocesana

di Brescia, che ha preso avvio il 15 dicembre scorso. Il titolo della proposta, La “carta” dell’ascolto, racchiude in sé l’obiettivo del percorso: realizzare una carta dei principi e delle buone prassi che qualificano l’ascolto (non tanto delle necessità delle persone, ma delle persone con necessità). L’ascolto, infatti insieme all’osservazione e al discernimento, è uno dei capisaldi del “metodo pastorale

Caritas”, un metodo costruito sull’incontro, il confronto, la relazione, a servizio dell’animazione caritativa dentro le comunità e i territori. In questa prospettiva si spiega anche l’approccio formativo scelto per la definizione dei principi: partire dal confronto delle esperienze di ascolto per rileggere insieme fatti, fatiche, frutti, frontiere e muovere verso nuove consapevolezze. Il quarto incontro: sabato 20 aprile 2013.

ono in ritardo con l’affit-to; ho ricevuto l’avviso di sfratto; non posso più pa-gare il mutuo della casa; non ho soldi per pagare le

bollette e mi hanno chiuso il riscal-damento; sono in ritardo con il pa-gamento della mensa scolastica dei miei figli; devo iscrivere mio figlio all’ultimo anno delle superiori ma non ho i soldi per pagare l’iscrizio-ne e il contributo di laboratorio? Ho perso il lavoro e anche la liquida-zione; sono in cassa integrazione; sono in mobilità; lavoro solo quan-do mi chiamano; lavoro solo poche ore alla settimana…” Sono queste le “nuove beatitudini” che quotidia-namente vengono proclamate nei Centri di ascolto delle parrocchie, che interpellano le coscienze e le costringono a prendere posizione.La crisi economica che opprime le famiglie è sentita anche dalle Ca-ritas parrocchiali che incontrano sempre maggiori difficoltà nel tro-vare risorse per dare un minimo di risposta alle crescenti richieste di aiuto. Allora come nel bisogno le persone si danno una mano, al-lo stesso modo Caritas diocesana da due anni cerca di “farsi prossi-mo” delle Caritas sorelle che ope-rano nelle parrocchie, mettendo a loro disposizione qualche risorsa (il Fondo Briciole lucenti) per so-stenerle finanziariamente nel loro quotidiano impegno di vicinanza, di accompagnamento e di soste-gno economico alle famiglie che più soffrono questa crisi, perché è importante mantenere viva in lo-

uomo, ricco o povero, è tale per chi gli sta accanto e che cammina con lui. Nel corso del 2012, il Fondo Briciole lucenti, nella forma della compartecipazione, ha sostenuto 41 Caritas (parrocchiali, zonali, di unità pastorale), che a loro volta hanno potuto alleviare, almeno in parte, la sofferenza finanziaria di 445 famiglie e complessivamente di 1.820 persone, per un totale di euro 109mila Anche per il 2013 il progetto continua: le Caritas po-tranno presentare le domande di compartecipazione relative alle spese del 1° semestre 2013 entro l’8 luglio. Per scaricare il modulo di domanda: www.brescia.caritas.it; per info: 030 3757746.

ro la fiducia e la speranza, pur in questo periodo di incertezza che sembra non finire mai. Rispetto al mare vasto della sofferenza finan-ziaria di troppe persone, si tratta ovviamente di “briciole”, che hanno però la presunzione di essere “lu-centi”, puntini luminosi di speran-za fondata sulla certezza che ogni

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i impegniamo a condivi-dere con i giovani per-corsi comuni, perché possano sperimentare la gratuità, allenarsi ad

essere cittadini attivi e nello stes-so tempo acquisire abilità e com-petenze sia sociali che professio-nali” (dal documento finale della VI Conferenza nazionale sul vo-lontariato). Molte sono le attività che svolge il volontariato ed i servizi che rende alle persone e alle comunità. La ri-chiesta è sempre in aumento e con questa la fatica dell’essere e fare volontariato. Vi è un tipo di azione ancora poco conosciuta e che richiede un di più di responsabilità sia alle associa-zioni di volontariato che all’insie-me del terzo settore. Nella nostra società in generale, ma anche nelle nostre comunità, vi sono persone che per i motivi più vari, non sta a noi giudicare, si

reinserirsi dignitosamente nel con-testo sociale se vengono impiegate in servizi utili alla comunità. L’at-tività di volontariato è una delle opportunità offerte dal nostro or-dinamento. Alcune benemerite realtà associa-tive già si sono messe a disposizio-ne e stanno sperimentando per-corsi di collaborazione con buoni risultati. Inutile sottolineare che il metodo della “giustizia riparativa risponde in modo più efficace agli interessi della società oltre che delle perso-ne implicate. È una strada che va perseguita a vantaggio di tutti. Se il Principio è largamente approvato, non sempre gli stessi che lo condividono sono disponibili a mettersi in gioco. E si può capire, le incombenze sono sempre tante e, a volte, le forze non sono sufficienti. Tuttavia il volontariato deve ope-rare perché siano superate le si-

trovano in situazioni di rischio di devianza o hanno commesso errori sanzionati con provvedimenti am-ministrativi gravi o penali. Ricordiamo i detenuti che posso-no usufruire di pene alternative al carcere, coloro che sono stati tro-vati alla guida in stato di ebbrez-za, minori caduti in piccoli reati e messi alla prova prima del proces-so, giovani che vivono situazioni a rischio di disagio, studenti sanzio-nati con la sospensione scolastica. Tutte queste persone possono più facilmente uscire dalla situazione di disagio nella quale si trovano, e

tuazioni che creano il bisogno di assistenza. Così come si impegna a dare opportunità di crescita re-sponsabile ai giovani. E dunque è necessario che aumen-ti il numero delle associazioni di-sponibili a farsi carico anche di questi problemi. Che alcune figure tra i dirigenti, i volontari o gli ope-ratori, facciano da tutor alle perso-ne affidate e le accompagnino nel servizio prestato. Non bisogna spaventarsi, le asso-ciazioni non sono lasciate sole. Vi è costantemente la presenza anche dei servizi sociali di riferimento, che in ogni caso sono i responsa-bili delle persone affidate. Vogliamo sperare che dentro le or-ganizzazioni si valuti questa pro-posta e che si moltiplichino le di-sponibilità. Il Csv è a disposizione per infor-mare e soprattutto sostenere co-loro che accolgono questa nuo-va sfida.

Tanto tuonò.. che piovve! Dopo settimane di agitazione da parte delle associazioni in attesa delle indicazioni, è arrivata la circolare 6/E del 21 marzo 2013, con la quale l’Agenzia delle entrate ha pubblicato le modalità di iscrizione al riparto del 5xmille per l’anno finanziario 2013. Come ogni anno, la domanda deve essere presentata all’Agenzia delle entrate esclusivamente in via telematica

direttamente dai soggetti interessati abilitati ai servizi telematici e in possesso di pin code, ovvero tramite gli intermediari abilitati alla trasmissione telematica. Il Centro servizi sta strutturando il solito servizio di supporto alle associazioni che sarà attivo a partire dalla prossima settimana. Il termine per l’iscrizione è stato fissato dall’Agenzia al 7 maggio 2013. Ricordiamo inoltre che entro il 30 giugno 2013 (il

termine slitta al 1° luglio, perché il 30 giugno è festivo), occorre presentare la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà per attestare il possesso dei requisiti necessari per usufruire del beneficio. Si tratta di un adempimento formale che nelle scorse edizioni non ha mancato di invalidare parecchie richieste. Da quest’anno vi è la possibilità, a questo scopo, di usare come canale di trasmissione la casella di posta elettronica certificata.

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ome hanno più volte sot-tolineato Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, la ve-ra emergenza della no-stra epoca non è quella

economico-finanziaria, ma quella educativo-culturale. Infatti l’uomo contemporaneo ha smarrito il sen-so della verità, dei valori oggettivi, dell’orizzonte della trascendenza: esso si sente solo, abbandonato, disorientato. Venendo a mancare, sul piano culturale e filosofico, una prospettiva di riferimenti certi, an-che sul terreno dell’educazione è venuto meno il principio dell’autori-tà, che è verticale, e la stessa attivi-tà educativa, che implica il rapporto dialettico tra maestro e discepolo, docente e discente, padre e figlio, è andata in crisi. Per certi versi si è creato un cortocircuito tra i poli della dialettica pedagogica, perché i ruoli sono stati confusi, nell’illu-sione di fondare l’educazione su di un piano orizzontale, dove tutto

è livellato, indistinto, senza movi-mento dialettico, quindi statico. La questione di tale emergenza è stata affrontata nel corso della presen-tazione del libro di Antonio Polito “Contro i papà. Come noi italiani ab-biamo rovinato i nostri figli”, con gli interventi dell’autore, di Graziano Tarantini, di Michele Bonetti e di Al-berto Albertini. L’incontro ha posto l’accento sul significato profondo del termine “educazione”, che, co-me ricorda Bonetti, viene da “edu-cere”, tirare fuori, condurre con sé. Il genitore è colui che sa guidare il figlio, facendo emergere tutte le sue

qualità migliori, facendogli “parto-rire” le sue migliori tensioni, i suoi progetti, la sua brama di realizzarsi come uomo. L’immagine più appro-priata di questo significato è quella dell’arciere, che scocca la freccia e la lascia libera: il genitore deve for-mare il figlio, ma poi deve lasciarlo libero di seguire la propria strada. Come si vede, il rapporto educativo implica due ruoli precisi: quello del genitore-educatore, che deve avere una sua autorità e deve saper im-porre anche delle regole, e quella del figlio-discente, che deve gode-re di una sua libertà, ma deve an-che saper accettare con umiltà gli insegnamenti degli adulti. Se viene meno tale quadro, si rischia di cade-re nel vuoto di un rapporto sterile tra un genitore impotente, debole, silente, e un figlio smarrito, vuoto, autarchico. In questo senso, auto-rità non significa autoritarismo o dispotismo, ma autorevolezza dol-ce, atteggiamento forte, deciso, ma

nello stesso tempo umile, disposto al dialogo, comprensivo: Bonetti porta l’esempio della sua esperien-za di padre, che gli ha fatto capire che nel rapporto coi figli anche il genitore impara e cresce; l’educa-zione è biunivoca. La crisi del pro-cesso educativo si nota anche in altri fenomeni attuali. Ad esempio, come ricordano Polito e Albertini, la questione del lavoro: molti gio-vani in Italia, nella percentuale del 20%, non studiano e non lavorano. Spesso tra i ragazzi domina la ras-segnazione, la passività, la man-canza di speranza nel futuro. Poli-to, a tale riguardo, individua delle colpe dei genitori nati negli anni Cinquanta, che essendo cresciuti nel benessere economico e socia-le, hanno trasmesso ai figli l’idea che tutto è lecito, che è facile rag-giungere tutti gli obiettivi senza im-pegno e sacrifici. In questo modo, essi hanno indebolito il principio di responsabilità, che è fondamen-

tale in ogni processo formativo. La stessa questione dell’università si lega a questo ragionamento: molti giovani si arenano e non riescono a completare gli studi, spesso il li-vello delle facoltà è mediocre. La causa è sempre la concezione di rendere tutto facile, di non dare ri-levanza alla qualità degli studi, che non è mai disgiunta da un percorso arduo, impegnativo, difficile. L’in-contro sul libro di Polito, allora, è stata un’occasione di riflessione sul nostro futuro. La nostra civiltà ha bisogno di recuperare l’autentico significato dell’educazione, della formazione, della “paideia” greca: l’uomo, per crescere, necessita di maestri, di guide, di padri; solo nel-la dialettica pedagogica può sboc-ciare il fiore della libertà, dell’intel-ligenza, della cultura. Se perdiamo questa attività fondamentale del nostro essere, rischiamo di cadere nell’autismo spirituale, che può di-ventare il cancro dei nostri tempi.

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a Cooperativa cattolico-democratica di cultura, in collaborazione con i Padri filippini della Pa-ce, propone un nuovo

ciclo delle “Lezioni di filosofia”, un’iniziativa culturale giunta alla sua 12ª edizione, che intende con-tribuire a diffondere sempre di più all’interno della nostra società il ruolo educativo e la funzione so-ciale del pensiero filosofico. Anche quest’anno le lezioni saran-no dedicate al problema di Dio nel pensiero del Novecento, nella con-sapevolezza che per un’adeguata comprensione del presente è oppor-tuno anche confrontarsi con i pensa-tori a noi più vicini e nella certezza che l’uomo non può non parlare di Dio se vuole intendere veramente se stesso. Intendiamo infatti con-tinuare a chiederci se Dio sia solo un prodotto idolatrico della mente dell’uomo o se invece non costitui-sca l’orizzonte ultimo e decisivo so-lo alla luce del quale le aspirazioni di verità, giustizia, bellezza e libertà insite nell’uomo acquisiscono il loro senso definitivo. Il nuovo ciclo di le-zioni intende approfondire le tema-

tiche prendendo in considerazione la riflessione di tre pensatori molti diversi tra di loro, ma forse proprio per questo interessanti per mostra-re l’ampiezza e la profondità delle questioni sottese a tali tematiche. I tre incontri in programma si occupe-ranno, così, di altrettanti classici del pensiero del Novecento: Jean-Paul Sartre, Karl Jaspers ed Edith Stein, ovvero l’esistenzialista ateo sosteni-tore della libertà assoluta (Sartre), il filosofo della trascendenza non re-ligiosamente afferrabile (Jaspers) e la pensatrice cristiana morta ad Auschwitz e proclamata santa da Giovanni Paolo II (Stein). Le lezioni sono state affidate a stu-diosi (Giovanni Invitto, ordinario di filosofia teoretica all’Università del Salento, Francesco Miano, ordina-rio di filosofia morale all’Università Roma - Tor Vergata, e Angela Ales

Bello, docente emerito di filosofia contemporanea alla Lateranense di Roma) di fama nazionale e interna-zionale che hanno dedicato ampio spazio della loro ricerca agli autori oggetto degli incontri di questo nuo-vo ciclo di lezioni. L’organizzazione scientifica delle le-zioni anche di questo ciclo è stata curata da Luca Ghisleri, docente di ermeneutica presso il Corso di filo-sofia e comunicazione dell’Univer-sità del Piemonte orientale. Per i contenuti e le finalità gli in-contri potrebbero risultare molto interessanti sia per i giovani in for-mazione, sia per gli insegnanti e per tutte le persone interessate ad approfondire le ragioni dell’esiste-re. Le lezioni, a ingresso libero, si terranno presso la sala Bevilacqua in via Pace, 10 il 5, il 9 e il 19 aprile con inizio alle 18.

La Fondazione del Teatro Grande di Brescia, nel cammino di apertu-ra al territorio, ha sceglie il Teatro Centro Lucia di Botticino per av-viare una collaborazione sulla sce-na coreografica italiana. Prende il via quest’anno “Grande al cubo”, la prima edizione della rassegna della danza italiana. Dal 5 al 7 aprile ver-ranno così proposto a Botticino i primi tre lavori del progetto “Ric.ci” (Reconstruction italian contempo-rary choreography anni Ottanta-No-vanta”, ideato dal critico Marinella Guatterini, che punta a dare risalto e dunque a (ri) mettere in moto la me-moria della danza contemporanea italiana dall’inizio degli anni ultimi 20 anni del secolo scorso.Ad aprire questa prima edizione di “Grande al cubo”, venerdì 5 aprile, sarà la Compagnia Enzo Cosimi con lo spettacolo “Calore”. 30 anni fa la compagnia rappresentava un’auten-tica rivoluzione tra picchi di danza pura e negazione di ogni codice, ora la sua temperatura bollente è affida-ta a un quartetto di giovani che por-tano in scena un viaggio interiore alla ricerca della soggettività. Il se-condo spettacolo in cartellone è una produzione della Fattoria Vittadini. In “Duetto”, in scena sabato 6 aprile, i due danzatori, in abiti sfarzosi, sug-geriscono la lotta di due improbabili guerrieri del Bhagavadgîtâ. Con in-telligenza ed eleganza la danza pura si lega a quella narrativa e al folk-lore. Chiude il cartellone di questa prima edizione della rassegna della danza italiana promossa dalla Fon-

dazione Teatro Grande lo spettaco-lo “La boule de neige”, in programma domenica 7 aprile e proposto da Bal-letto di Toscana Junior. Tratto da “Les Enfants terribles” di Jean Cocteau lo spettacolo tratta con tragico rigore e impalpabile leggiadria un’età atroce-mente felice e tortuosa come l’adole-scenza. I biglietti d’ingresso agli spet-tacoli si possono acquistare presso la biglietteria del Teatro Grande un cor-so Zanardelli a Brescia. Per ulteriori informazioni www.teatrogrande.it

In occasione del 35° anniversario della nascita del proprio gruppo volontari, la sezione della Croce rossa italiana di Brescia ha organizzato la rassegna cinematografica dal titolo “Persone in prima persona”. Obiettico della manifestazione è la diffusione della conoscenza delle attività sociali svolte dalla Croce Rossa locale a favore di anziani, disabili e migranti.L’iniziativa, a ingresso libero, si ter-rà presso l’auditorium del Museo di scienze naturali di via Ozanam, 12

a Brescia ed è articolata in quattro serate a partire da giovedì 4 aprile. I film messi in rassegna sono in gran parte inediti per Brescia, selezionati con l’obiettivo di unire il messaggio sociale con la qualità artistica delle pellicole. Questi i film in programma: 4 apirle “Hanna e Violjka”, di Rossel-la Piccinno; 8 aprile: “Pauline & Pau-line”, di Lieven Debrauwer; 15 aprile: “Oasis”, di Lee Chang Dong; 22 apri-le: “Tempo vero” di Daniele Segre. Le proiezioni inizieranno alle 20.30, ad eccezione di quella del 15, alle 20.

Dopo la pausa pasquale il sipario del Sociale di Brescia tornerà ad alzarsi il prossimo 9 aprile per ospitare una nuova produzione del Ctb, lo stabile bresciano. Sino al 21 resterà in cartellone lo spettacolo “Macelleria messicana”, di Enrico Groppali, con Elisabetta Pozzi, Paolo Bessegato, Fausto Cabra e Chiara Pizzatti. La regia è di Daniela Salvo. Lo spettacolo, il cui titolo è mutuato da un’espressione della lingua italiana che indica un episodio di violenza smisurata e ingiustificabile,

solitamente perpetrato in un teatro di guerra, è ambientato in una stanza buia, dimenticata, chiusa da anni, preclusa ad ogni sguardo. “In questa soffitta dell’immaginario – spiega il regista Salvo – in cui si celano oggetti e storie del passato, trascinano la loro stanca quotidianità due attori, prigionieri dei loro stessi gesti e dei loro ruoli.In questa stanza non ci sono finestre e da lì non si può uscire: la luce annienterebbe quei poveri simulacri umani”.

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L’associazione “Liberamentecorpo” e la Fondazione Dominato Leonense organizzano a Leno, presso Villa Badia, “Ri-Creativa-Mente”, un laboratorio creativo esperienziale rivolto agli adulti. Durante gli otto incontri i partecipanti potranno prendere contatto con le proprie emozioni ed esprimerle attraverso la creatività. Gli incontri si terranno il martedì, dal 16 aprile al 4 giugno dalle ore 20.30 alle ore 22.30 presso Villa Badia, sede della Fondazione Dominato Leonense. Durante gli

incontri, l’uso di materiali artistici sarà utile a promuovere e veicolare l’espressione e la comunicazione: ogni oggetto artistico creato, condurrà i partecipanti a condividere una potenziale esperienza, il cui fine è ampliare la conoscenza di sé e del mondo che ci circonda. Per iulteriori nformazioni: Fondazione Dominato Leonensetel.: 0309038463; mail: [email protected];www.fondazionedominatoleonense.it.

a Colossi Arte Con-temporanea (corsia del Gambero, 13 a Brescia) dedica una personale al grande scultore e sce-

nografo abruzzese Mario Ceroli. Protagonista di primo piano dell’ar-te italiana del dopoguerra, Ceroli è di quella generazione di artisti che a partire dai primi anni Sessanta ha avviato una vivace ed irripetibile stagione di rinnovamento negli in-dirizzi del linguaggio artistico, con-quistando una posizione di assolu-ta individualità in Italia e all’estero. Attivo da mezzo secolo, lo scultore abruzzese è tra i principali espo-nenti della pop art italiana, mo-vimento nato in contrapposizio-ne alla pop art americana e che si propone come antesignano dell’ar-te povera, attraverso l’utilizzo di materiali di origine naturale, tra questi il legno, a lungo sperimen-tato nella realizzazione e nell’arre-do di ambienti interni ed esterni, e plasmato al fine di ricavarne for-

me stilizzate plasmate dalla realtà della figurazione classica. Dal 1964 Mario Ceroli si impone così sulla scena artistica con delle opere in legno grezzo, in particolare il pino di Russia, che assembla con ogni sorta di materiale, dal legno bru-ciato alla paglia, dal vetro al piom-

bo, coerentemente con la poetica e l’uso dei materiali tipici dell’ar-te povera. Un singolare modo di intendere la pratica scultorea, che evidenzia la straordinaria pratica artigianale di Ceroli nel lavorare i più svariati materiali, quali legno, sabbia, terre colorate, stoffa, cenere, l’enorme creatività e originalità dei suoi la-vori, nonché la possibilità di com-prenderne il suo linguaggio, dedito allo studio delle infinite sovrappo-sizioni e rielaborazioni di forme. Nelle opere dalle cornici di legno in mostra, il maestro inscena un evento irripetibile, sperimentan-do anche l’applicazione di mate-riali come la foglia oro e il vetro: l’introduzione di “retrorealtà” in-sospettabili dietro o all’interno di forme esemplari che vengono così amplificate al limite tra l’astratto e il figurativo. La mostra sarà vi-sitabile fino al 31 maggio con i se-guenti orari: da martedì a sabato ore 10-12 e dalle 15-19.

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La Messa del sabato questa settimana viene sospesa. Riprenderà dal 6 aprile, sempre alle 18.30, in diretta su TT 2 Teletutto (87) e Super Tv (92-115).

Dalla Messa crismale del Giovedì Santo al pontificale della domenica di Pasqua, Radio Voce trasmette in diretta dalla Cattedrale tutte le solenni celebrazioni presiedute dal vescovo Luciano Monari. Giovedi Santo la prima diretta dalle 9.15 e poi alle 20.30 l’apertura del Triduo pasquale con la Messa In Coena Domini e il rito della lavanda dei piedi. Venerdi Santo alle 20.30 la celebrazione In Passione et Morte Domini e Sabato Santo alle 21 la Veglia pasquale.

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Se si parla di Rai non si può non par-lare di televisione del servizio pub-blico, ovvero di un’azienda che ha l’obbligo di lavorare per i cittadini. L’utente paga un canone che va a fi-nanziare progetti e produzioni tele-visive volti a migliorare l’offerta del-la rete. Spesso purtroppo si tratta di soldi amministrati in base a interessi che nulla hanno a che vedere con la qualità dei programmi: scambi di fa-vori, nepotismi, accordi sottobanco, ingerenze politiche.Fortunatamente esistono trasmis-sioni che vanno controcorrente, che mantengono un rapporto virtuoso fra istituzione e cittadino.

È ormai l’8ª stagione di programma-zione per “Presa diretta”, il settima-nale di approfondimento giornalisti-co di Rai Tre, curato e condotto da Riccardo Iacona.“Presa diretta” ci racconta l’Italia che in tv non riusciamo a vedere, mo-strando realtà che spesso sfuggono alla veloce livella dei telegiornali e che sono bandite dai talk-show di distrazione pomeridiana, che delle notizie trattengono e amplificano so-lo i contorni.Sotto l’obiettivo di “Presa diretta” viene messa una nazione che non funziona come potrebbe, bistrattata dai potenti e presa d’assalto dal cri-

mine organizzato, abbandonata alla sua sorte nel disinteresse generale del quieto vivere: i paradossi politi-co-economici, le conseguenze della privatizzazione della sanità e dei tagli all’istruzione, la crisi occupazionale che ha investito il Paese, i Comuni indebitati sull’orlo del fallimento, le storie di quotidiana violenza dome-stica, gli scandali delle scommesse sportive e le dinamiche degli investi-menti miliardari nell’industria bellica.Attivo nell’ambiente televisivo dagli anni Ottanta, Riccardo Iacona è un veterano dell’informazione: per re-alizzare questo progetto si è circon-dato da reporter professionisti che

non si fermano alla loro scrivania ma che si addentrano nelle notizie realizzando veri e propri documen-tari di strada.La puntata di domenica 31 marzo sarà dedicata a Brescia e al disastro ambientale della Caffaro, l’azienda che per decenni inquinò il nostro territorio con i famigerati Pcb. La no-stra città diventa un caso nazionale: la speranza è che anche questa lente d’ingrandimento sia utile ad affron-tare il grave problema con il quale conviviamo tutti i giorni.I dati auditel dimostrano che il pub-blico cerca e premia questo tipo di trasmissioni: da quando è in onda,

lo share di “Presa diretta” è sempre stato stabile intorno ai 2,5 milioni di telespettatori per puntata. Il dato è ancor più significativo se si conside-ra che il pubblico televisivo italiano dimostra quotidianamente di predili-gere un intrattenimento leggero, fra fiction e varietà.La buona televisione c’è e può cresce-re. Tutto sta alle scelte editoriali e agli obiettivi che una rete vuole raggiun-gere, ma anche alla coscienza civile di ogni singolo cittadino, che ogni sera può decidere se lasciarsi cullare dall’intrattenimento fine a se stesso o se sfruttare i mezzi di comunicazio-ne per restare con i piedi per terra.

La ricchezza del confronto delle assemblee sinodali di dicembre, ha trovato sintesi nel documento finale del Sinodo sulle unità pastorali (la consegna ai sacerdoti da parte del vescovo nel corso della S. Messa crismale del Giovedì Santo). In Primo Piano (9.30 circa) le interviste a mons. Luciano Monari sui contenuti del documento e a mons. Cesare Polvara sulle prossime tappe del cammino sulle unità pastorali. Il commento al Vangelo di Pasqua

è a cura del vescovo Luciano e a seguire il suo messaggio d’auguri. In Ecclesia (ore 11) l’intervento di don Mario Benedini sull’esperienza dei laboratori “I cristiani e la città”. Il programma domenicale prodotto da VoceMedia e curato da Betty Cattaneo, va in onda (in differita e in diversi orari) anche su Radio Voce Camuna, Ecz, Radio Claronda, Radio Basilica Verolanuova, Radio Ponte di Manerbio e Radio Raphaël. Le rubriche sono sul sito radiovoce.it

La prossima puntata della rubrica “La Buona Notizia” apre con il servizio “I documenti sinodali”. A seguire: la “Veglia delle Palme” dal Castello in Cattedrale sul tema della 27ª Giornata mondiale della gioventù “Andate e fate discepoli tutti i popoli”; la “Passione a Cologne” una rappresentazione che oltre a mettere in scena i fatti della Settimana Santa ha proposto in due serate una vera e propria meditazione visiva; gli auguri di buona Pasqua del vescovo Monari.

La rubrica “4 parole...” è con il diacono Giorgio Cotelli in merito all’emergenza in Corno d’Africa. “La Buona Notizia” va in onda: la domenica alle 13.05 su Teletutto e alle 18.30 su Tt2 Teletutto; su Super TV la domenica e il martedì alle 20; su Più Valli TV la domenica alle 8; su Teleboario la domenica alle 8.15 e alle 10; e su www.vocemedia.tv che manderà in onda anche lo speciale “Croce e giustificazione” con relatore mons. Luciano Monari.

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iparte alla grande dopo la Pasqua la stagione dei concerti bresciani, con un doppio appun-tamento. Due concerti

diversi per stile ma entrambi mol-to accattivanti: il primo venerdì 12 aprile al Palabrescia (inizio ore 21) con Cristiano De Andrè, figlio del mitico Fabrizio; il secondo previ-sto invece per sabato 13 aprile al Ctm di Rezzato (inizio ore 21) con i Marlene Kuntz, band di Cuneo dalla matrice alternativa che ul-timamente pare indirizzata verso un rock italiano meno intransigen-te. I Kuntz hanno allargato i loro orizzonti, partecipando tra l’altro al Festival di Sanremo del 2011 ed entrando quest’anno nella squa-dra di Piero Pelù nel Talent Show “The Voice of Italy”, nel ruolo di vocal coach e consulenti tecnici. Due partecipazioni che solo alcu-ni anni fa avrebbero fatto gridare allo scandalo lo zoccolo duro dei fans, abituati a considerare i Mar-lene Kuntz impermeabili alle sirene del mercato a favore di un percor-so più indipendente e alternativo. Oggi la situazione è però di grave crisi per il settore musicale ed è difficile, anche per i più duri e puri, poter rifiutare palcoscenici che se non danno automaticamente fama danno però sicuramente visibilità. Al Festival i Marlene Kuntz presen-tarono “Canzoni per un figlio”, un brano (che dà titolo anche al loro ultimo cd) in linea con il loro sple-en musicale, oggettivamente di-

verso dai canoni pop-sanremesi. Il sound dei Marlene è figlio del suo-no americano vicino al grunge, si gioca su movimenti minimali, con una chitarra rock Indie e dal tono piuttosto introspettivo. Grazie a queste caratteristiche e alla loro immagine tendenzialmente dark e “maledetta” i Marlene sono diven-tati una band di culto per molti ra-gazzi di una generazione fa. Il lea-der della band è Cristiano Godano,

leader carismatico dalla presenza magnetica, inizialmente entrato nella band come chitarrista e poi trasformatosi anche in cantante e front man. La band nasce musi-calmente all’inizio degli anni ‘90 e pubblica il primo disco, “Catartica”, nel 1994, imponendosi subito per la poetica e la musicalità decisamen-te innovative. Una vita quindi ab-bastanza lunga quella dei Marlene Kuntz, che transiteranno dal Ctm di Rezzato per una tappa del loro tour “unplugged”, rigorosamente acusti-co. Cristiano De Andrè rappresenta invece un mondo musicale diverso, quello dei cantautori, anche se il percorso di Cristiano è stato molto altalenante, complice anche il peso di un cognome molto ingombrante. Gli alti e bassi del figlio di Fabrizio De Andrè sono dovuti anche al ca-rattere mutevole di un musicista dal notevole talento, penalizzato da un cognome molto ingombrante. La storia musicale di Cristiano è però contrassegnata da alcuni album di notevole livello, con un capolavoro autentico, “Scaramante” del 2001, prodotto dal bresciano Mauro Pa-gani. Dopo una lunga pausa Cristia-no è tornato nel 2009 con un tour denominato “De Andrè canta De Andrè”, dedicato all’interpretazio-ne dei brani di papà Fabrizio. Il tour è stato un successo per Cristiano, che ha poi pubblicato il resoconto del live in un cd-dvd. De Andrè fa tappa a Brescia durante la tournée di presentazione del nuovo album “Come in cielo così in guerra”.

Lunedì 1 aprile prende il via Crucifixus Festival di Primavera, il principale festival di teatro sacro in Italia che, giunto alla sua 16ª edizione, quest’anno ruota attorno al concetto cardine di rinascita. Una rinascita che parte dal credo di ogni singolo individuo e che si realizza grazie alla forza delle relazioni umane e della comunità. Ad aprire il festival, lunedì 1 aprile alle 20.45 nella chiesa parrocchiale di Pisogne, è stato chiamato Alessio Boni (nella foto), protagonista del

panorama culturale italiano. L’attore originario di Villongo darà voce ai disciplini del territorio bergamasco raccontando, attraverso la loro antica lingua, la Passione di Cristo. In scena anche Michele Rabbia che, con le percussioni, accompagna lo scandirsi del testo, cogliendo le suggestioni del passato e traducendo le parole in suono e gesto. Lo spettacolo “Or te prego, dolze Christo”, apre un lungo calendario di proposte che prosegue sino a sabato 20 aprile lungo l’intera

Valle Camonica, come è possibile leggere in questa stessa pagina. Prosegue, nel frattempo, il concorso di disegno “E quindi uscimmo a riveder le stelle”, per gli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado. Altra iniziativa inserita nel percorso di Crucifixus 2013 è l’esposizione “Anno della fede”, di Carlo Alberto Gobbetti, che viene inaugurata domenica 7 aprile all’Eremo di Bienno. L’artista risveglia la consapevolezza che l’uomo ha un’anima immortale.

“Erix Logan the illusionist magic show con Sara Maya” è lo spettacolo che va in scena sabato 13 aprile alle ore 21 al PalaBrescia. l’ingresso, prevendita compresa, ha i seguenti costi: 1° settore numerato intero 33 euro, ridotto ragazzi fino a 13 anni 23 euro, 2° settore non numerato intero 23 euro, ridotto ragazzi fino a 13 anni 11,50 euro. L’illusionista bresciano Erix Logan ha portato il proprio spettacolo magico in 30 Paesi in giro per il mondo.

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li uomini della pietra in tv e al cinema sono sem-pre stati, per molte ge-nerazioni, i Flinstones. Per i più giovani parlare

di età della pietra al cinema significa anche confrontarsi con le varie “Ere glaciali”. Ora, grazie alla Dreamwor-ks, ci sono “I Croods”. E il termine di confronto non può che alzarsi, così come l’asticella della qualità.La famiglia di cavernicoli protagoni-sta del film diretto da Chris Sanders e Kirk De Micco (che già avevano fatto bene con “Dragon Trainer” nel 2010, segnando il nuovo passo verso cui Dreamworks stava camminando nel confronto con Pixar), è circondata da animali preistorici che hanno uc-ciso tutti i loro vicini, lasciandoli co-me unici sopravvissuti. E la vita del-la famiglia è scandita da regole ben precise che il padre Grug si prodiga di far rispettare; tutte le sere raccon-ta una storia che dipinge sulle rocce, ma la conclusione è sempre quella in cui il protagonista non rispetta una delle sue imposizioni e quindi muo-re. Non un padre cattivo, ma un uo-mo che cerca di proteggere la propria famiglia composta dalla moglie Ugga, dalla piccola Sandy, dal poco sveglio Thunk, dall’adolescente Eep e dalla suocera Gran.

Tutti sono più o meno obbedienti al-le regole di Grug, tranne la figlia ado-lescente Eep che è innamorata della luce, della libertà, del nuovo, insom-ma una cavernicola che prova a guar-dare al futuro. E il futuro compare nella caverna in cui sono rifugiati i Croods, dalle fes-sure del masso messo a chiusura, co-me riflessi della luce di un fuoco. Ed Eep trasgredisce a una legge del pa-pà: esce di notte e insegue quello che per lei è un riflesso del sole, compar-so in piena notte. Questo la porterà a incontrare Guy, ragazzo affascinante che appartiene però a una specie evo-luta, che ha delle idee che gli vengono, come lo chiama lui, dal cervello e che conosce cose nuove come appunto il fuoco e, soprattutto, aperto verso il nuovo. Tutto questo non fa che ren-derlo agli occhi di Eep affascinante. Guy preannuncia la fine del mondo

conosciuto fino ad ora e ha un proget-to ben chiaro per camminare verso il domani, che esclude la paura. Parola che invece per Grug è fondamentale. Il problema arriva quando la caverna, luogo sicuro, viene distrutta dai primi terremoti. Il viaggio comincia e l’uni-ca cosa da fare per i Croods è fidarsi dell’unico che pare avere delle idee. Se il viaggio in un mondo che cambia, che sta cercando dei nuovi equilibri, pare scontato non è così per il suo tema profondo. Al di là dei rapporti stigmatizzati della famiglia, “I Croods” parlano all’uomo di oggi di un futuro possibile, che può nascere dalle ma-cerie di un mondo conosciuto che si sfalda; parlano all’adulto di uno scon-tro tra chi ha paura di affrontare tut-to quello che è nuovo, etichettando il cambiamento come negativo a prio-ri, e chi invece sogna che il meglio sia ancora solo avanti, nel domani, forse con una visione utopistica. E la cosa interessante è che, nonostante i mu-tamenti, gli sguardi al passato e al fu-turo, la famiglia, con i suoi conflitti e le sue liti, pare essere la realtà con i legami necessari a permettere l’anda-re avanti. E “I Croods”, vanno avanti, alzando l’asticella dei cartoon, della tecnica e dell’emozione. Anche i pa-pà più rigidi si troveranno un pochi-no commossi.

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a notizia è di quelle che nessuno, ovviamente, vorrebbe dare. Ma per senso di responsabilità deve essere comunicata,

soprattutto a chi guarda alla cassa integrazione in deroga come all’ulti-ma spiaggia. E così Giorgio Bontem-pi, assessore provinciale al Lavoro, formazione professionale, attività produttive ed economia, pur non avendo alcuna competenza specifi-ca in questa materia, si è assunto lo scomodo e sicuramente impopolare compito di dire le cose come stan-no. La copertura di questa partico-lare forma di cassa integrazione ap-plicabile ai lavoratori di aziende di piccole o piccolissime dimensioni (sotto i 15 dipendenti, praticamente il 98% dell’intero panorama produt-tivo locale, ndr.) è terminata prima del previsto. La crescita esponen-ziale delle domande ha fatto finire anzitempo una copertura che do-veva durare invece sino al mese di giugno. Giorgio Bontempi non si è limitato a lanciare il grido d’allarme. Ha anche convocato i colleghi del-le altre amministrazioni provinciali lombarde per la realizzazione di un documento da indirizzare al nuovo governatore Maroni e all’assesso-re Aprea per invitare la Regione a prendere atto della gravità della si-tuazione e muoversi di conseguen-za per trovare le risorse necessarie.

A spingere l’assessore Bontempi è stato il vertiginoso aumento delle richieste di cassa in deroga regi-strato nel Bresciano in questi primi tre mesi dell’anno. A fronte delle 418.542 ore autorizzate (e coperte) al 27 febbraio se ne sono aggiunte altre 785.127 sino al 21 marzo, che sono ancora in attesa di validazione, e un numero imprecisato ancora in istruttoria. “I ritardi nelle risposte

alle domande presentate dall’inizio di marzo in poi – denuncia l’asses-sore Bontempi – non sono frutto di lungaggini burocratiche. Sono finite le risorse ma nessuno ha il coraggio di dirlo”. Che fare allora? Per l’As-sessore è necessario che il Governo (quello ancora in carica, in attesa del nuovo) e la Regione facciano la loro parte. Nel frattempo l’assesso-re Bontempi ha convocato per il 28

Uno straniero su 10 intende andarsene dalla Lombardia. Il 6,4% vorrebbe tornare nel Paese d’origine, il 4,9% trasferirsi in un altro Stato. È quanto emerge dal 12° rapporto dell’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità (Orim), presentato nei giorni scorsi a Milano, secondo il quale per la prima volta da 10 anni il numero degli immigrati è diminuito, del 2,6%: al 1° luglio 2012 erano 1 milione e 237mila, 33mila in meno rispetto al 2011. A motivare

il desiderio del rientro in patria ci sono anche ragioni economiche. Le famiglie immigrate, infatti, sono sempre più in difficoltà. Il reddito mediano mensile nel 2012 è sceso a 1.400 euro, nel 2011 era di 1.500 euro. E sono in diminuzione quelle che riescono a risparmiare: mette da parte 100 euro mensili il 27,8% (nel 2011 il 34,7%). Per quanto riguarda le rimesse, le famiglie che riescono a mandare nel Paese d’origine più di 100 euro al mese scendono dal 33% al 28,3%.

Il consorzio Garda Classico diventa consorzio Valtènesi e sbarca a Vini-taly per ufficializzare la novità: un definitivo cambio di “ragione socia-le” che arriva dopo l’entrata in vigo-re ufficiale della nuova Doc della ri-viera bresciana del Garda, scandita dalla vendemmia 2011. Ad un anno dal debutto sul mercato con il primo prodotto, la nuova denominazione ha ormai definitivamente preso il largo e sarà grande protagonista del

progetto promozionale che dal 7 al 10 aprile animerà la partecipazione alla 46ª edizione dell’expo verone-se. “Per il nostro territorio siamo ad un passaggio epocale – afferma il presidente del Consorzio Sante Bonomo –. Abbiamo dato ai nostri vini il nome del terroir, adottando procedimenti produttivi ancor più rigorosi per garantire un profilo qualitativamente ineccepibile ed in linea con le esigenze di modernità

del mercato. Vinitaly 2013 sarà per noi non solo un importante banco di prova, ma anche un trampolino di lancio dal quale far decollare in via definitiva la nostra nuova filoso-fia”. Grandi protagonisti della spedi-zione veronese saranno soprattut-to i nuovi Valtènesi Chiaretto Doc dell’annata 2012. Al Vinitaty sarà presente anche il consorzio Vini Montenetto. La Doc Capriano del Colle e l’Igt Monte-

netto di Brescia sono i prodotti che terranno banco nella “spedizione” del Montenetto all’expo veronese, con in primo piano il nuovo Mar-zemino Doc, che dalla vendemmia 2011 ha ottenuto la Denominazione di origine controllata: un riconosci-mento doveroso per un vino che su questo territorio si produce fin dal ‘500, come documentato dall’agro-nomo rinascimentale bresciano Agostino Gallo.

marzo la commissione lavoro, di cui fanno parte tutte le parti sociali, per uno studio più approfondito della si-tuazione. “So che con queste affer-mazioni – è stata la sua conclusione – rischio di essere impopolare. Ma dire le cose come stanno è un atto di onestà verso chi vive situazioni di disagio e vede minacciato il diritto al lavoro”. Il riferimento di Giorgio Bontempi è per quelle migliaia di la-voratori bresciani che nei primi mesi di questo 2013 hanno guardato alla cassa integrazione guadagni in deroga probabilmente come all’ultimo soste-gno al reddito familiare. L’esaurimen-to con tre mesi di anticipo rispetto al previsto della copertura finanziaria di questo particolare tipo di ammortiz-zatore sociale getta un ulteriore om-bra di preoccupazione sul Bresciano. Per questo, è stato il reiterato appello dell’assessore Bontempi, è necessario per la Regione si attivi, chiamando a precise risposte anche il governo na-zionale, per rimediare a una situazio-ne potenzialmente esplosiva.

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nzo Torri è stato rieletto alla guida della Cisl bre-sciana. Anzi, eletto, non rieletto, perché quello che si è celebrato a Villa

Fenaroli di Rezzato il 21 e 22 marzo è stato per la Cisl un Congresso un po’ speciale. “Direi molto speciale – precisa Torri – perché è stato, dopo 33 anni, il primo Congresso a carat-tere provinciale con l’unificazione dei due territori sindacali esistenti fino a ieri, quello della Cisl Valle Ca-monica-Sebino con quello della Cisl di Brescia”.Perché questa decisione?Per semplificare la nostra organiz-zazione, per evitare duplicazioni di ruoli e funzioni sia nei confronti del-le controparti imprenditoriali che di quelle istituzionali. E poi per mette-re tutte le risorse disponibili, uma-ne prima ancora che economiche, a disposizione di un grande progetto: essere in tutti i luoghi di lavoro, am-pliare la presenza sul territorio di

tivi di soddisfazione o di preoc-cupazione?Molto più semplicemente direi che siamo consapevoli di una grande responsabilità. Sono 102.308 lavo-ratori, giovani, famiglie, anziani, im-migrati che fanno affidamento sulla Cisl. Penso che sarà possibile uscire dalla crisi anche se sapremo alimen-tare fiducia, condividere percorsi, ag-gregare attorno all’idea della coope-razione e non a quella dello scontro.Questo è un tema emerso più volte nel corso del dibattito con-gressuale...Abbiamo ribadito con forza la natura partecipativa della Cisl bresciana e il ruolo che si è assunta in questi anni di crisi durissima. Le culture sindaca-li in campo sono andate chiaramente delineandosi: c’è quella antagonista e conflittuale e c’è quella della par-tecipazione e del confronto. La Cisl incarna da sempre quest’ultima, con l’obiettivo di salvare il lavoro che c’è, allargare le forme di solidarietà tra

uffici, sedi decentrate e recapiti di categorie e servizi della Cisl. Solo ca-landosi nella realtà, stando vicino al-le persone, ascoltando fino in fondo le loro domande, è possibile capire i problemi e agire per risolverli. L’utili-tà del sindacato è questa. La Cisl non si limita a rappresentare i malumo-ri. La protesta fine a se stessa, quella che anche a Brescia conquista tanto facilmente articoli sui giornali e spa-zi televisivi, lascia i problemi senza risposta, senza soluzione. La Cisl provinciale conta oggi più di 100mila iscritti, 102.308 per la precisione. Avete più mo-

i lavoratori, garantire loro forme di tutela anche nelle situazioni più dif-ficili di chiusura delle attività. I diritti dei lavoratori si salvaguardano difen-dendo il lavoro perché fare le barrica-te sui diritti senza curarsi della sorte delle aziende è una operazione pura-mente di facciata.Lei ha parlato al Congresso della necessità di relazioni più strette e più positive tra lavoro e impresa...Ho grande rispetto per la straordi-naria tradizione imprenditoriale che Brescia ha saputo esprimere e con-tinua ad esprimere. Gli accordi che firmiamo con le aziende hanno come primo obiettivo quello di salvaguarda-re, di non disperdere il capitale uma-no. Partendo da questi dati di fatto abbiamo bisogno, io credo, di scrive-re insieme un accordo che ridefini-sca nell’ottica della partecipazione le relazioni industriali a Brescia. Sareb-be un segnale di svolta molto impor-tante e noi siamo disposti a lavorarci da subito.

Una storia lunga, scandita da tante battaglie in nome della dignità e dei diritti dei lavoratori, radicata e riconosciuta sul territorio. La Cisl Valle Camonica-Sebino è arrivata così al Congresso del 21 e 22 marzo, quello dell’unificazione con Brescia e della nascita della Cisl provinciale. Ed è toccato proprio al segretario generale della Valle, Francesco Diomaiuta (nella foto), aprire i lavori del Congresso: “Consentitemi di rivolgere un pensiero di profondo ringraziamento a tutti

quei dirigenti e delegati camuni che hanno costruito la Cisl nel territorio in Valle Camonica e nel Sebino bresciano e che dopo 33 anni, con grande spirito di servizio e profondo senso di appartenenza, hanno accompagnato con umiltà questo processo di accorpamento. Non siamo qui oggi a chiudere una stagione, ma ad aprirne una nuova ancora più esaltante, che grazie all’apporto di tutti darà ancora più ruolo e rappresentanza al nuovo territorio”. “Niente

andrà perso dell’esperienza Cisl in Valle Camonica – ha detto dal canto suo nella relazione Enzo Torri – perché ci uniamo per essere maggiormente presenti nei luoghi di lavoro, per allargare gli spazi di incontro e di servizio per lavoratori, giovani, anziani e nuovi cittadini”. Significativa la presenza al Congresso dei tre ex segretari generali che avevano ricoperto l’incarico prima di Diomaiuta: Luigi Mastaglia, Roberto Ravelli Damioli e Gianbettino Polonioli.

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arco Berni ce l’ha fat-ta: alle 18 del 24 mar-zo (le 4 del 25 marzo in Italia) ha tagliato il traguardo dell’ Idita-

road Trail Invitational 2013, a Nome, in Alaska, classificandosi secondo assoluto nella categoria dei ‘runner’. L’atleta bresciano ha percorso a piedi i 1.800 km del ‘percorso lungo’ in soli 28 giorni e 4 ore, al suo fianco c’era l’amico Beat Jegerlehner; davanti a loro, con un distacco di quasi 80 ore, Tim Hewitt, che ha vinto scegliendo di non fermarsi ai check-point lungo il percorso e di portare con sé tutte le provviste e l’equipaggio, dalla parten-za di Knik Lake fino alla meta finale di Nome. L’Iditarod Trail Invitational è una competizione nata per onorare il ricordo del valoroso cane Balto che nel 1925 salvò la popolazione locale da un’epidemia di difterite portando il vaccino su una slitta per 1.800 km. I partecipanti possono scegliere il tra-gitto breve di 560 km, con traguardo a McGrath, oppure quello lungo, che prosegue per altri 1.240 km fino a No-me, decidendo se percorrerli tutti a piedi, in mountain bike o con gli sci: Marco Berni, 46enne di Monticelli Brusati, è stato l’unico italiano ad aver partecipato nella categoria ‘run-ner’ puntando solo sulla forza delle proprie gambe. Gli altri due italiani presenti quest’anno, Ausilia Vistarini e Sebastiano Favaro, hanno invece

partecipato come biker. Loro hanno raggiunto la meta, a Nome in 22 gior-ni e 7 ore.Erano 49 gli sportivi partiti da Knik Lake il 24 febbraio, in direzione di McGrath. Al traguardo del percorso breve, il vincitore, David Johnston, ha segnato il tempo record di soli 4 giorni e 19 ore, arrivando addirittura prima di alcuni “biker”; l’atleta però,

assieme a molti altri, ha deciso di fer-marsi e non proseguire verso Nome. Ad affrontare il percorso lungo, ne sono rimasti solo 12 rimasti, tra cui i tre bresciani, i due biker e il runner Marco Berni che, come già nel 2006 e nel 2009, ha resistito alle difficoltà, macinando, passo dopo passo, tutti i 1.800 km. La sfida in realtà si è rive-lata più dura del previsto: a McGrath,

Niente da fare. Nemmeno la pazza partita interna contro il Cittadella, terminata con un 2 a 2 maturato nei secondi finali dopo il vantaggio ot-tenuto da Picci e l’immediata rispo-sta di Di Nardo, è servita a spezzare il sortilegio che da qualche tempo sembra gravare sullo stadio Riga-monti. Dal rotondo 5 a 0 ottenuto il 30 dicembre con il Crotone, infatti, su sei partite disputate tra le mura amiche i risultati parlano chiaro: lo

score è di quattro pareggi e due scon-fitte. Per dirla in altri termini, quattro punti conquistati su 18 disponibili. Risultati troppo magri per una squa-dra che possa puntare ai playoff: allo stato attuale il Brescia occupa anco-ra la sesta posizione a 46 punti, ma una vittoria avrebbe consentito di agguantare il Varese al quinto posto a 46, mentre ora ci si deve guardare alle spalle dal Novara, che tallona a una sola incollatura.

Certo, che i playoff effettivamente verranno disputati è tutto da stabili-re: allo stato attuale, infatti, la distan-za tra la terza, il Livorno, e la quarta, l’Empoli è proprio di 10 punti, 63 a 53, perciò si profila la medesima situa-zione che si ebbe nel 2006-2007 quan-do vennero direttamente promosse la Juventus, il Napoli e il Genoa, che all’ultima giornata raggiunse il van-taggio in doppia cifra sul Piacenza necessario alla promozione diretta.

Anche allora il Brescia, sesto, vide sfumare la possibilità di partecipare agli spareggi per la massima serie. Tuttavia, ad oggi, il campionato è an-cora lungo, mancano ancora nove giornate ed è perciò troppo presto per lanciarsi in questi calcoli. Una cosa però è certa: da parte sua il Brescia, per mantenere questa spe-ranza, ha davanti a sé una sola strada: tornare a fare punti in casa. La volata finale riparte da qui.

Una nuova stagione esaltante: è ciò che si augurano i dirigenti del Team Loda Millennium di Brescia in occasione della presentazione ufficiale del terzo anno di vita. E, se il buon giorno si vede dal mattino, il gruppo presieduto da Nicola Loda (ha smesso di correre da sette anni dopo 14 da professionista) è già a buon punto avendo ottenuto otto vittorie in poco più di un mese dall’inizio dell’annata 2013. L’obiettivo è confermare e migliorare il bottino di 60 vittorie

centrate nell’annata precedente (ben quattro le maglie di campione italiano). Soddisfazione anche per la crescita del movimento: dai 130 iscritti dello scorso anno si è passati a 150 con un età compresa tra i 21 e i 55 anni. Sette le categorie rappresentate, di cui una tutta al femminile e composta da 35 atlete. “Abbiamo creato un bel gruppo di amici ed agonisti con la passione della bicicletta – spiega Loda – il nostro obiettivo non è solo la vittoria ma lo stare assieme”.

Berni ha dovuto cambiare una prima volta gli scarponi, ormai rotti e dive-nuti inutilizzabili, le vesciche e il do-lore l’hanno poi obbligato ad iniziare una cura antibiotica ed a cambiare nuovamente le scarpe a Unalakleet. Il tratto più difficile è stato quello tra Takotna e Shageluk, dove per le tem-perature troppo alte, la neve sciolta ha trasformato il fondo in poltiglia fan-gosa rendendo pesante trascinare la slitta e le gambe. Gli ultimi giorni sono sembrati ancora peggiori, colpiti da pioggia ininterrotta e forti raffiche di vento gelido, ma la resistenza è stata premiata dal calore con cui il runner bresciano e i compagni sono stati ac-colti dal pubblico di Nome. Ora, dopo tanta fatica, Berni torna a casa, nella sua Monticelli Brusati per godersi il meritato riposo, anche se, potrem-mo scommetterci, questo amante dell’escursionismo estremo non se ne starà per molto tempo lontano dalla montagna e dai rifugi in alta quota.

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itorno all’inverno. La tappa di Braone do-veva essere l’esordio primaverile del calen-dario ciclistico, ma ci

hanno pensato pioggia e tempera-ture rigide a complicare la gior-nata degli appassionati delle due ruote, che al di là delle condizioni climatiche sono balzati in sella di-ventando protagonisti di una gara da incorniciare.Un centinaio i biker sulla linea di partenza a caccia del II Memorial Riccardo Prandini. Dopo il giro di lancio di 1,2 km su un tratto asfaltato il gruppo è pas-sato compatto sotto il gonfiabile, ma appena usciti dal paese la testa del serpentone è stata conquista-ta da Nicola Bazzani (Mata Team) seguito da Enzo Gnani (Gnani Bi-ke) e Carlo Zaglio del Team Bike Gussago, pluricampione italiano ed europeo e vincitore della pre-cedente edizione.Nel corso della gara le carte si me-scolano al comando, e dopo 5 giri è Carlo Manfredi Zaglio a conqui-stare la vittoria in solitaria cen-trando la sua personale doppietta nella manifestazione. 1h12’21” il suo tempo. Secondo posto per l’ottimo Nicola Bazzani (Mata Team), che ha avuto la meglio su Enzo Gnani. Ai piedi del podio Francesco Capretti (Ma-ta Team) e Michael Bertasi (Gsc

Sport come mezzo educativo, ma non solo. L’impegno del Csi sull’ostico terreno della disabilità prosegue, con passione, perseveranza e quella speranza che fa sembrare gigantesco ogni piccolo passo. Ci sono sfide dove il risultato non arriva dal campo, ma dall’esperienza e dal suo ricordo, che può diventare la molla per giocare una partita quotidiana e trovare le motivazioni per poterla vincere. Sempre. Ecco perché lo scorso weekend a Trenzano è

stato tagliato un altro traguardo per il progetto “Cinque modi per crescere”. Gli atleti diversamente abili di Brescia e Cremona si sono incontrati al palazzetto dello sport, dove il Csi Brescia ha organizzato un triangolare di calcio a 5. Tutti hanno potuto mettersi alla prova, relazionarsi, esultare o rammaricarsi, vincere o perdere. Le prossime tappe saranno dedicate a pallavolo e basket prima del finale polisportivo con l’atletica. Saranno altri piccoli, grandissimi passi.

Bertasi), quarto e quinto.Nella categoria femminile esulta Daniela Poetini del Sellero Novel-le, al comando della gara fin dalle prime pedalate. Dietro di lei Simo-na Tomasoni (Mdl Racing Crew) e Sara Bodei (Mata Team). Il prossimo appuntamento con la mountain bike sarà sabato 4 mag-gio ad Azzano Mella in occasione

del I Cross del Mella. Gli stradisti torneranno a sfidarsi lunedì 1 apri-le a Provaglio d’Iseo, dove si svol-gerà il 9° Memorial Vezzoli.Questa la classifica assoluta di Braone: 1) Zaglio Manfredi (Team Bike Gussago) 1h12:21; 2) Bazzani Ni-cola (Mata Team); 3) Gnani Enzo (Gnani Bike Team); 4) Capretti Francesco (Mata Team); 5) Berta-si Michael (Gsc Bertasi); 6) Rizza Stefano (A.S. Boario); 7) Bettine-schi Natale (A.S. Boario); 8) Zanar-delli Enrico (Sprint Bike Lumezza-ne); 9) Battaglia Mauro (Brescia Bike); 10) De Maron Daniele (Gna-ni Bike Team).

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Ancora considerazionisul non voto

Egr. direttore,ho letto con attenzione la lunga e complessa lettera di Francesca Pa-ganuzzi; “Perché non ho votato”, pubblicata su “La Voce del Popolo” del 14 marzo. Penso di non sbaglia-re interpretandola come lo sfogo appassionato di una persona (e di una cara amica), civilmente impe-gnata, che ha deciso di non vota-re perché delusa e indignata dalla mancanza di risposte della politica politicante ai bisogni e alle attese. Ed io, da parte mia, non posso non pensare, a proposito del recente e spiazzante successo elettorale del Movimento 5 Stelle, alla risposta di Gesù ai farisei che gli chiedeva-no di far tacere i suoi discepoli: “Vi dico che se taceranno costoro, gri-deranno le pietre” (Luca, 19,40). La lettera è lunga e articolata, e meri-terebbe di essere approfondita pun-to per punto. Ma la lettera si chiude con un riferimento alla “sinistra” che mi pare meriti una precisazio-ne. I due principi fondamentali su cui fanno perno tutti i documenti della dottrina sociale della Chiesa sono il primato della persona uma-na e la destinazione universale dei beni (cito per tutti la Gaudium et spes nn .25-27 e, rispettivamente, 26 e 69). La loro realizzazione sconta le difficoltà delle singole e mutevoli situazioni storiche e socio-politiche, oltre che le deficienze e le colpe de-gli uomini chiamati a realizzarle. Ma quale, delle due divisioni politiche tradizionali, tra destra e sinistra, pur tra incertezze ed errori, è loro più vicina? E questi due principi, non sono anch’essi, (se non soprattutto)

valori non negoziabili?Maurizio Bestagno

Una lettera aperta

Egr. direttore,abbiamo letto con interesse l’edi-toriale in cui riassumeva con com-provata capacità di sintesi l’esito del voto che ha interessato la nostra collettività nazionale. Molti hanno lamentato incomprensione da parte dell’elettorato delle buone ragioni del proprio partito o movimento. Pochi si sono chiesti: siamo stati credibili? I nodi fondamentali rimangono irri-solti e la dimensione dei problemi di fondo ha ormai superato il livello di guardia. L’attenzione al bene comu-ne è spesso disconosciuta e prevale soprattutto l’interesse personale o di gruppo/lobby nella sua accezione più negativa. Già, che dire da cittadini e poi credenti ? Come riflettere ad alta voce? Oggi più che mai il ‘cerchiobot-tismo’ non paga, come non dovreb-bero pagare d’altra parte logiche fa-ziose ma ci permettiamo di definire con chiarezza alcuni punti fermi. Se non ricordiamo male nell’omelia dell’ 8 dicembre 2010, nella basilica delle Grazie, il nostro vescovo Luciano, tra altro, in sintesi affermava: ”…Noi non siamo né berlusconiani, né bersaniani...”, opportuna e corretta considerazione che avremmo com-pletato con: cercheremo di stare dal-la parte del Vangelo, su questo trac-ceremo la strada poi ci guarderemo attorno e vedremo con chi stiamo camminando. E proprio nella logica del Vangelo, logica della misericor-dia, logica della solidarietà, logica dell’accoglienza, ci sarebbe piaciuto leggere nella sua analisi che in Lom-bardia il candidato Ambrosoli, senza

diretta appartenenza partitica, ben rappresentava quei valori. Sono le linee comuni a molti di noi che spe-rano in un Chiesa ‘altra’ che ha pre-so le mosse dal Concilio Vaticano II e dalla testimonianza di molti laici e pastori che hanno saputo incarnare la speranza che si era manifestata in larga parte del popolo di Dio. Non si può rimanere silenti di fronte a mo-vimenti che hanno fatto della logica dell’esclusione e della discrimina-zione la loro bandiera e che anco-ra oggi raccolgono vasto consenso, purtroppo, tra la nostra gente. Desta scandalo rivolgersi ai maggiorenti di tali partiti per chiedere sostegno per la riduzione dell’Imu agli oratori. Schiena dritta e percorsi trasparen-ti nel rapporto con la politica. Cer-to, i vescovi e i preti non spostano i voti… e non devono sponsorizza-re apertamente alcuno ma prendere parte per i più deboli, gli esclusi, ecc. e sollecitare pratiche di buona politi-ca che ‘anche’ di loro deve prendersi cura. E qui veniamo al punto. Nella Brescia (soprattutto la provincia) una volta ‘bianca’, Brescia cattolica, come si concilia la consistenza elettorale di movimenti populisti, xenofobi, iso-lazionisti con la pastorale dei nostri preti ? I casi sono due: nella migliore delle ipotesi non sono ascoltati, nella peggiore essi non parlano, non denun-ciano e i risultati sono sotto gli occhi di tutti (i nostri occhi naturalmente). Bene, don Adriano, grazie per la be-nevola accoglienza, per l’attenzione e il lavoro svolto dal giornale molto spesso schierato per i valori che con-dividiamo e, nel contempo, auspichia-mo sempre più coraggio evangelico!

Teresa Benedini, Michelangelo Ventura

(Anche noi siamo Chiesa)

UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI

Associato Associato

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