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Plens de trabacole La chiocciola negli archivi di Dardago Ensemble Vocale Femminile «Gabriel Fauré» La Ida la ne conta... Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXIV · Marzo 2005 · Numero 104 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXIV · Marzo 2005 · Numero 104

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Plens de trabacole

La chiocciola negli archivi di Dardago

Ensemble Vocale Femminile «Gabriel Fauré»

La Ida la ne conta...

Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa LuciaAnno XXXIV · Marzo 2005 · Numero 104S

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Pacem

Il mondo non conosce la paceperché non segue questo coman-damento. Sembra quasi che ci siaun altro nuovo comandamentoche ordini di essere violenti e cru-deli. Si vive con la paura del terro-rismo, il telegiornale ci porta a ta-vola, tra un piatto e l’altro, terribilinotizie di attentati, di autobombe,di kamikaze, di rapimenti.

Il terrorismo è una grossa piagadi questo mondo, un modo di agi-re disumano. Addirittura qualcunoafferma che tali atti sono permessio richiesti dalla religione. Poveraumanità! Come sei caduta in bas-so! Come sei distante dall’uma-nità redenta dal Salvatore!

L’altra piaga del mondo è lamancanza di pace, la guerra.

L’uo mo è ancora convinto cheessa serva a portare l’ordine e lapace. Non illudiamoci che la guer-ra risolva i problemi che dividono ipopoli. Non pensiamo che laguerra sconfigga il terrorismo.Essa genera solo morte, dolore,odio. La gente che vede bombar-date le sue città, uccisi civili iner-mi, coverà dentro di sé un fortesentimento di odio verso il nemi-co: un odio che durerà per gene-razioni, efficace combustibile perfar ardere ancora di più il terrori-smo ed altre violenze.

È necessario cambiare rotta. Èpos sibile. Non è utopia. Il Cri stomorto e risorto ci ha portato cer-tezze non chimere. Ma dobbiamoconquistarcele, giorno dopo gior-no, con tanta buona volontà econ la consapevolezza che ilmondo può cambiare.

Il cristiano non può abbando-nare questa sfida. Egli ha nelPadre nostro che è nei cieli ungrande alleato a cui può chiedereche il mondo conosca ed apprez-zi il grande bene della pace.

In occasione della Pasqua del1963, Giovanni XXIII, pochi mesiprima di morire, donò al mondo lasua Enciclica «Pacem in Terris»che si concludeva con questasupplica:

Questa è la pace che chiedia-mo a Lui con l’ardente sospirodella nostra preghiera. AllontaniEgli dal cuore degli uomini ciò chela può mettere in pericolo; e li tra-sformi in testimoni di verità, di giu-stizia, di amore fraterno. Il lu mini iresponsabili dei popoli, affinchéaccanto alle sollecitudini per il giu-sto benessere dei loro cittadinigarantiscano e difendano il grandono della pace; accenda le vo-lontà di tutti a superare le barriereche dividono, ad accrescere i vin-coli della mutua carità, a com-prendere gli altri, a perdonare co-loro che hanno recato ingiurie; invirtù della sua azione, si affratelli-no tutti i popoli della terra e fiori-sca in essi e sempre regni la desi-deratisima pace.

Giovanni, il discepolo prediletto diGesù, riportando fedelmente illungo e bellissimo discorso che ilMaestro fece ai suoi apostoli do-po l’ultima cena, ci fa conoscerequesta frase molto significativa.

Perché la pace di Gesù noncome quella del mondo? Forse larisposta non è poi così difficile. Ilmondo non conosce la pace.

Poco prima, quella stessa se-ra, il maestro «ordinò» ai suoi: «Vido un comandamento nuovo:che vi amiate gli uni gli altri; comeio vi ho amati, così amatevi anchevoi gli uni gli altri».

«Pacem relinquo vobis,pacem meam do vobis,non quomodo mundus

dat ego do vobis».

«Vi lascio la pace,vi do la mia pace,

la pace che io vi do non ècome quella del mondo».

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il centro di tutto l’anno Liturgicoè il Triduo del Signore, crocifisso,morto e risorto. Il mistero dellamorte e Risurrezione del Signoreconferisce senso alla storia uma na,riscattandola dalla sua fram menta -rietà: Il Triduo Pasquale (pre cedutodalla solenne ado razione a Cristopresente nel Santis simoSacramento nei tre giorni di lunedì,martedì e merco ledì santo)si apre la sera del Giovedì Santocon la ce lebrazione della cena delSignore, in cui Egli ha interpretatola sua morte imminente attraversoi segni del pane e del vino, donatiper noi, consegnati alla comunitàcome memoriale perenne: «Que stoè il mio corpo, questo è il mio sangue;fate questo in memoria di me».E si china a lavare i piedi dei suoiapostoli, vero gesto sacramentaleed eucaristico. Do v’è carità eamore, qui c’è Dio.Il Venerdì Santo è l’ora supremadella vita del Signore. In croce,dopo aver perdonato i suoi car nefici,dopo aver promesso il pa radiso alladrone pentito e aver donato aMaria sua Madre tutta l'umanità,esala l’ultimo respiro mortale peraprire la nostra vita al respiro vitaleed eterno, promes so all’interaumanità. Pur facendo memoria dellamorte del Giusto, la chiesa celebra iltrionfo della croce sul peccato delmondo, la vittoria del perdono delPadre sull’infedeltà e sui tradimentidegli uomini. L’infinito amore di Dioriesce a trarre un bene anche dalmale, a trasformare la croce da unostrumento di morte a stru mento divita eterna. Ti saluto o Croce santache portasti il Redentor, gloria, lode,onor ti can ta, ogni lingua e ognicuor.Il Sabato Santo richiama l’at tenzionesul destino futuro dell’uomo.«Ricordati che sei pol vere e polvereritornerai». Siamo nulla, ma con Dioin Cristo Gesù siamo tutto! Davantial sepolcro vuoto del Figlio di Dio,rinasce la nuova umanità. Il ceropasquale raffigura la nuova Lucedi Cristo che illumina il mondo.Come quella notte a Betlemme, cosìla fiammella pasquale riscaldail nostro cuore e lo rende generoso,forte, aperto alla comprensione, alla giustizia, alla carità senza fine.Nell’exsultet proclamiamo: «Un innodi gloria saluti il trionfo del SignoreRisorto». Alleluja, gioia intensa edincredibile, davanti ad un fatto maiaccaduto. L’Agnello di Dio, chetoglie i peccati del mondo, che siconsegna volonta riamente permorire sulla croce e al quale

Plevànla lettera del

un colpo di lancia ha trafitto il cuore,è RISORTO. Non è stato trafugato,portato via. Ai discepoli increduli esbigottiti, il Cristo Risorto e vivo sipresenta con i segni dei chiodi sullemani e sul costato e li invita acredere. Ecco il senso completodella nostra fede che parte daBetlemme per arrivare al Golgota.Dalla morte alla vita. la vita nuova!E per testimoniare questa verità,cuore di tutto il vangelo, gli Apo stoli,le schiere dei martiri, uomini e donnedi ieri e di oggi, danno la vita perCristo.È questo l’an nuncio grandiosoe sconvolgente che ribaltala pietra dei nostri sepolcri,delle tristezze e delle nostrepaure.La Pasqua di Ri surrezionesquarcia le tenebre e inondadi luce il nostro cammino,perché, liberi dai fermenti delpeccato, pro ce diamo con serenafiducia verso la domenica senzatramonto, quan do l’umanità intera,entrerà per sempre con il suoSignore nella nuova Geru salemmeceleste.«Gesù è risorto» dice l’Angelo alledonne. Risorgiamo anche noi a vitanuova! È Pasqua, la festa della vita.Facciamo nostre le parole diSanta Caterina da Sie na: «Cristocrocifisso ha fatto sca la del suocorpo, affinché noi saliamoall’altezza del cielo do ve c’è la vitasenza morte e la luce senzatenebre».

Cristo risusciti in tutti i cuori. Buonae Santa Pasqua a tutti!

DON ADEL NASR

Carissimi,

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IMPORTANTE

Per ragioni legate alla normativasulla privacy, non è più possibile averedagli uffici comunali i dati relativial movimento demografico del comune(nati, morti, matrimoni).Pertanto, i nominativi che appaiono suquesta rubrica sono solo quelli che ci sonostati comunicati dagli interessati o da loroparenti, oppure di cui siamo venuti aconoscenza pubblicamente.Naturalmente l’elenco sarà incompleto.Ci scusiamo con i lettori.

Chi desidera usufruire di questa rubricaè invitato a comunicare i dati almeno ventigiorni prima dell’uscita del periodico.

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uota

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ita]

N A S C I T EBenvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di...

Mathilde Zambon di Daniele e Isabelle Roussellot – FranciaAngelica Muraretto di Sergio e Marzia Fontana – Budoia – PadovaBenedetta Giacomel di Domenico e Claudia Del Maschio – BudoiaGreta Gazzoli di Massimo e Marina Angelin – Bresso (Milano)Giulia Fabris di Andrea e Denise Romani – MilanoNicole Andreazza di Massimo e Solima Da Re – BudoiaElisa Martinuzzi di Andrea e Michela Bernardis – Giais (Aviano)Tommaso Dassi di Andrea e Laura Carlon – San Giovanni di PolcenigoSofia Andreazza di Roberto e Cristina Barbariol – BudoiaAurora Tonon di Loris e Antonella Andreazza – San Quirino

M AT R I M O N IHanno unito il loro amore. Felicitazioni a...

Fabio Fort e Claudia Pugnetti – Santa LuciaRoberto Lazzari e Daniela Romani – Milano

Nozze d’oroLina e Umberto Fort – Santa Lucia

L A U R E E , D I P LO M IComplimenti!

LaureeLuca Modolo – Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio – PordenonePaola Poles – Informatica – Santa LuciaMargherita Bastianello – Medicina – PordenoneAlessio Zambon – Lettere e Filosofia – Bellegra (Roma)Francesco Usardi – Ingegneria Elettronica – Dardago

D E F U N T IRiposano nella pace di Cristo.Condoglianze ai famigliari di…

Aurelio Zambon di anni 83 – TorinoSantina Zambon di anni 55 – DardagoSanta Angelin di anni 89 – AvianoMaria Zambon di anni 77 – BudoiaAndrea Pilot di anni 103 – BudoiaMaria Zambon di anni 84 – DardagoRenato Fort di anni 93 – Santa LuciaVittoria Janna di anni 94 – DardagoSerena Zambon di anni 93 – DardagoCarmel Lido di anni 73 – Santa LuciaAdriano Carlon di anni 85 – BudoiaAngelo Dedor di anni 78 – BudoiaLuigi Carlon di anni 93 – BudoiaMarianna Lacchin di anni 93 – Santa LuciaLuigi Cardazzo di anni 90 – Budoia

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Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia (Pn)

sommario

2 Pacem in terrisdi Roberto Zambon

3 La lettera del Plevàndi don Adel Nasr

4 La ruota della vita

6 Plens de trabacoledi Anna Pinal

8 La chiocciola negli archividi Dardagodi Roberto Zambon

10 Pietre riscopertedi Leontina Busetti

11 Là de Signordi Silvia Signora

12 Ricordo di Umberto Sansondi Giacinto Mezzarobba

14 La Ida la ne conta...di Ida Rigo

16 Il libro smarritodi Vittorina Carlon

17 Ensemble Vocale Femminile«Gabriel Fauré»di Emanuele Lacchin

18 ’N te la vetrina

20 L’angolo della poesia

21 Lasciano un grande vuoto...

22 Cronaca

26 Inno alla vita

28 I ne à scrit

30 Recensione, Bilancio

31 Programma religiosoAuguri

Autorizzazione del Tribunale di Pordenonen. 89 del 13 aprile 1973Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96.Filiale di Pordenone.

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzionedi qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza ilconsenso scritto della redazione, degli autori e deiproprietari del materiale iconografico.

Direzione, Redazione, Amministrazionetel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594

Internet www.naonis.com/artugna

[email protected]

Direttore responsabileRoberto Zambon · tel. 0434.654616

Per la redazioneVittorina Carlon

Impaginazione Vittorio Janna

Spedizione Francesca Fort

Ed inoltre hanno collaborato Melita Bastianello, Cornelio Zambon, EspeditoZambon, Marta Zambon

StampaArti Grafiche Risma · Roveredo in Piano/Pn

In copertina. Cristo Pantocratore.

Icona, opera di don Adel Nasr.

L’icona è nella sua essenza un’arte religiosa, ma più

correttamente si deve parlare di un’arte teologica.

Rispetto ad ogni altra opera d’arte, aggiunge

all’immagine un’altra dimensione, quella del

trascendente: essa supera le forme del nostro mondo

per rendere presente il mondo di Dio.

Qui si unificano gli elementi teologici, estetici e tecnici.

Attraverso l’icona la nostra fede supera così il mondo

naturale e ci proietta verso l’aldilà in comunione con

l’eternità.

104anno

XXXIV

· marzo 2005

ed inoltre...

Albero genealogico della famiglia Carlon Fassinèr[tredicesimo inserto]

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Le nostre vite piene di ambizionie di obiettivi che si moltiplicanonon sono mai stabili. Diciamo sì atutto ciò che vediamo, e stiamoperdendo sempre più quella cal-ma forte e silenziosa che era labase delle nostre capacità, la for-za della nostra razza di furlanssobri e saggi.

Dove sono finiti i nostri solidiprincipi di vita? Oggi il favolosoDNA di intraprendenti e coraggio-si lo stiamo buttando nei casso-netti della carta da riciclare.

Ab biamo sfigurato le somi-glianze con i nostri antenati, i con-

Plens de

che è pensiero grande e abban-donati a noi stessi. Forse perché igrandi valori ci sono stati mollatidai vecchi senza parole di ac-compagnamento. Il contadino èstato nemico delle parole.Bisognava capirlo in silenzio.Quel silenzio che lasciava pensa-re, che chiudeva fuori le vane pa-role e apriva l’intelligenza interiore.Che dava spazio alla ri fles sione, aun’energia compressa in attesa diuso.

Oggi merce proibita e assenteda tutte le vetrine. Istinti, emozio-ni, affollamento di immagini nonamano la riflessione. È il nostromondo di oggi. Siamo infagottati,incatenati e attorcigliati come sa-lami, da impegni ossessivi spessoinutili, agganciati ad ali ed elicheche ci fanno salire e scendere,volare di qua e di là sempre atempi di record, presi dal deside-rio di cose che abbiamo già.

I nostri nonni non avevano pa-droni: noi ci mettiamo in ginocchiocome schiavi davanti all’auto conla trazione su tutte quattro le ruo-

trabacoledi Anna Pinal

te, davanti al computer che ci dàl’illusione di «navigare» tra siti, aesplorare americhe in internet,con immagini che Cristoforo Co -lombo guarderebbe con commi-serazione per le nostre pretese.

Noi non sappiamo ciò che icampi e i boschi, le semine, le fio-riture, le potature, le irrigazioni in-segnavano al cuore dell’uomoche ne aveva cura, in stretta vici-

tadini dai quali discendiamo, enon ce ne importa nulla. Il conta-dino non aveva l’arroganza di im-porsi, di farsi riconoscere, rivalu-tarsi di continuo, come facciamonoi. Sembrava uno sconosciuto ase stesso, guardava più all’ester-no che all’interno di un «io» tor-mentato da insicurezze. I suoigiudizi erano misurati, filtrati, at-tenti, non colpevolizzava, nonapriva processi con il passato:troppo fine e riguardosa era lasua analisi per trovare dei colpe-voli.

La bellezza della vita e delmondo secondo lui non andavadisturbata, ma guardata e capita.

A differenza di noi, non è statosmanioso di dialoghi, di confronti,di microfoni, di platee... Mio non-no, tuo nonno, avevano l’occhioriposato dei contemplativi. Sape -vano godere dei valori veri perchéavevano meno ansietà. Noi siamodei principianti impreparati, inca-paci di serenità.

Abbiamo la sensazione di es-sere stati conditi via su tutto ciò

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nanza di occhi, di braccia e di ini-ziative personali. La terra ha par-lato a chi aveva sensori specialiper captare i segnali silenziosidella vita. Un mondo che ha bril-lato di sapienza, ahimé taciuta efinita senza nostre interrogazioni.Di gente ricordata solo da lapidicon foto raschiate dal vento esmunte dal sole. L’abbandonoche vediamo nei campi e nei bo-schi è tutta opera nostra e diceche il lavoro del contadino non èpiù degno di esistere.

Bellezze che non abbiamoosservato nemmeno una volta,le calpestiamo perché non sap-piamo guardare. Viviamo caricatia molla come giocattoli, siamoimbastiti di aggeggi, trabacole,dispositivi, meccanismi, tastiere,spi notti clic e clip, ed è un mira-colo se riusciamo ancora a di-stinguere il tuono del temporaledal borbottio del diesel, la tinta-rella di alta montagna dal coloritoscuro e opa co di quando soffria-mo di fegato.

Se noi ci abbassassimo su unfiore, una viola o un fiordaliso dicampo, ad esempio, scoprirem-mo una bellezza dentro l’altra.Ogni piccola parte infinitesimale èbellezza e perfezione, che sostie-ne un’altra parte di bellezza eperfezione. Se guardassimo be-ne, ci libereremmo il cuore nel ve-dere quelle innocenze purissimeche sono i fiori. Tutta roba offertagratis. Spesso i bambini ci dannodelle lezioni assurde, si accovac-ciano e puntano gli occhi suqualcosa di minuscolo che li at-trae, fiori piccolissimi. E noi dia-mo una strattonata per trascinarliin piedi: «lascia stare, ma cosaguardi...»

Abbiamo sempre paura diavere troppo poco di tutto quelloche viene reclamizzato. Vogliamoessere i primi nell’accogliere lenovità. Di tutto quello che servepossediamo il doppio e il triplo.

Avon le ciase plene de strigos-si e strafants. Mai passudi. E cifacciamo venire l’acquolina in

bocca nel sentire i racconti della«vecchia miseria». Suscitano lostimolo di aprire il frigo e abbuffar-ci. Mai pensiamo che invece dimiseria sia stata solo penuria, acausa delle razzie delle guerre,che in terre di confine come la no-stra hanno infierito più che altro-ve. È questo che ha alimentatonel tempo quella proverbiale sal-dezza e dignità riconosciuta aifriulani. In quei lunghi anni difficili,nessuno è morto di stenti, mentreoggi molti soccombono per ictus,trombosi, depressione, diabete,regalucci che noi stessi ci procu-riamo con i nostri eccessi alimen-tari e con i fanatismi di insaziabilitàdi ogni specie. Fac ciamo pure lecorna e gli scongiuri, per liberarcidalle paure. Però liberiamoci an-che dalla sindrome di morti di fa-me e smettiamo di parlare della«vecchia miseria» come di una di-sgrazia collettiva. I nostri vecchiche erano estremamente attential buon uso del tempo, che eranomaestri di tenuta fisica e nervosa,non si lasciavano prendere dal-l’ansia, affrontavano tutto con pa-zienza. Senza la pazienza che tie-ne in sospeso giudizi e timori e saaspettare, si tende a cambiareopinione più volte per ogni situa-zione e ad agire in modo affretta-to, irregolare, precipitoso, di fron-te a ogni indizio. Per poi cambiare

idea, o piantare lì tutto, o consul-tarsi con chi la pensa in altro mo-do, o lasciar perdere o passare adaltro. Reane crode e son puina.

Una cosa è certa: i nostri nonnioltre alla serenità e alla fermezzapossedevano ironia, per sorrideredi tutto con eleganza, rassegna-zione forse. Un sorriso che lasce-rebbe sgonfia la falsa sicurezza diquando ci sentiamo eruditi, pro-grediti, attrezzati, evoluti, di suc-cesso, pronti a insegnare a tutti...

Che cosa? Boeuh...

UNA BELLEZZA DENTRO L’ALTRA. OGNI PICCOLA

PARTE INFINITESIMALE È BELLEZZA E PERFEZIONE.

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In questi ultimi anni il nostrovocabolario si è arricchito di moltineo logismi, forse troppi.Di queste nuove parole gran partesono legate al computer che hainvaso tutti i settori della nostravita quotidiana.Chi non ha mai visto la @, quelcurioso simboletto checaratterizza gli indirizzi di postaelettronica? Alcuni la chiamano «chiocciola»;chi vuol fare l’esperto dice «at»,in inglese.Ultimamente in molti hannocercato di capire da dove vienequesto curioso simbolo che èpre sente sulle tastiere dei PCdi tutto il mondo.

significato della chiocciola sial’abbreviazione di anfora?Di sicuro non è l’unico significato. Sempre su questo argomento,in internet si trova anche un’altrainteressante ipotesi.Nel Libro del Sacro Monte de’Mor ti della confraternita del SS. Ro sario di Castel Sant’An gelo(1803) compare il segno graficodella chiocciola per indicare ledate dei morti.(+A. B. mori’@20 7mbre 1803)Secondo l’autore della ricerca,il significato è molto simile aquello odierno (più simile diquello «veneziano» comeabbreviazione di «anfora»).Infatti la chiocciola era il simbolografico per il latino «ad». In latino«ad» indica complemento dimoto a luogo che tradottoletteralmente «presso» è perfettoan che come significato nelmoderno indirizzo di postaelettronica ([email protected] l.artugna pressonaonis.com). Sempre in latino«ad» indica anche un periodo(«ad noctem», du rante la notte) oun momento preciso («ad diemxy», il giorno xy che poiprobabilmente divenne addi’).

la chiocciola

di Roberto Zambon

Stando ad alcune ricerchesembra che la «chiocciola»compaia in alcune letteremercantili: non anglosassoni maitaliane e – pre cisamente –veneziane.La @ rappresentava un’icona deimercanti veneziani comeabbreviazione commercialedell'an fora, unità di peso ecapacità dalle originiantichissime.Da Venezia, lungo le rottemercantili del Nord Europa, la @entrò nell’alfabeto commercialeinglese con il significato di at, at price of, al prezzo di.Dai manoscritti passò ai caratteria stampa e, più tardi, aimartelletti delle macchine perscrivere angloamericane. Così, quando negli anni ’70,l’ingegnere americano Ray To m -lin son, uno dei padri di Internet,che cercava un simbolo perseparare il nome del destinatariodi posta elettronica dal nome delserver in cui questo era ospitato,non fece fatica a trovarlo sullatastiera perché gli anglosassoniconti nuavano a usarlo con ilsignificato di at price of.Ma siamo proprio sicuri che il

negli archivi di

Dardago

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La chiocciola, quindi, è un «ad» ecome tale si dovrebbepronunciare e non un «at» inglese.Quasi a confermare e a rafforzarequeste ipotesi si può far ricorsoagli archivi della Pieve di Dardago.Già dal ’600, quasi 200 anniprima del Libro del Sacro Montede’ Morti i nostri pievani usavanocompilare gli indici dei Registridei Battesimi riportando in ordinealfabetico i nomi dei battezzati e il numero della pagina in cui erariportato l’atto.Il numero della pagina era prece-duto dalla @. (Piero Z.Bon @ 12).

DAI REGISTRI DEI BATTESIMI DELLA PIEVE, LA @

È PRESENTE NEGLI INDICI E NELLE DATE GIÀ

DAL SECOLO XVII.

Non è difficile attribuire alla @«dardaghese» il significato latinodi «ad», «presso», …«a pagina».Mentre negli indici l’uso della @era costante, è curioso notarecome nel compilare i vari atti dibattesimo, verso la fine del ’600,le date venivano indicate con la@ o con la dicitura «Adi». Così mentre l’atto di Lucia figliadi Zuane di Agnol Zambon diDardago riporta la data Adi 9Luio 1688 nella pagina seguentetroviamo in data @ 21 luio 1688l’atto del battesimo diDomenego di Antonio q.Francesco Anzelino di Budoglia.Gli archivi dardaghesiconfermano, quindi, il doppiosignificato della @ indicante illatino «ad» traducibile con«presso» e «in data».È difficile immaginare chel’ingegnere americano Tomlinsonsa pesse di questi usi antichidella «sua» chiocciola. Forse, hascelto quel segno solo perchégià esisteva sulle tastiere ed erapoco utilizzato. Senza volerlo,visti gli illustri precedenti, ha fattouna buo na scelta.

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Un effetto del boom economicodegli anni ’60-70 è stato vederenei nostri paesi un intensorinnovo delle vecchie abitazioni.L’imperativo era trasformare:facciate delle case intonacate,chi poteva di più allargavai balconi e li sostituiva conpersiane, lunghe finestre inverticale per illuminare le scaleinterne, «corpi avanzati» perpoter inserire scale e servizi.Con gli anni si perse anchel’abitudine di coprire i cortilicon la betonella, facendoli cosìdiventare degli interni allargati.Senza alcun vincolo, muratorivolenterosi lavoravano conimpegno, inconsapevoli, inbuona fede, di distruggereun’architettura spontanea daivolumi e dagli spazi benequilibrati.Da qualche anno, però, non siparla più di rinnovo, ma direcupero: si avverte l’importanzadella memoria, si è capito chesenza memoria non ci sarebbearchitettura. E infatti ora sitolgono gli intonaci per faremergere quanto è possibile:pietre delle facciate e, ove piacemostrarle, all’interno; pietre emattoni, questi talvolta numerati,a contorno di porte e finestre cherisultano opere già del ’700 discalpellini abili e precisi, ritondeche erano diventate cucinini, travidei soffitti e architravi.

Pietre

di Leontina Busetti

riscoperte

Il risultato non è un effettomodaiolo, ma un ritrovamentodello spirito delle case che, una volta recuperate, appaionopiù autentiche, più calde edecisamente più eleganti.È innegabile che questo mododi restaurare ha un po’ il saporedella riconquista, come di unamore ritrovato.

1.

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Pozzo di Domenico Signora eantenati, appartenente attualmentead Angela Signora. Via Lunga, 16.Questo pozzo, di origine antica,è stato costruito nel corsodell’ottocento.È profondo circa 25 metri e l’acquasi può trovare, a seconda deiperiodi annuali di siccità, anche a23 metri.È fatto interamente di sassi.L’acqua del pozzo favoriva unarisorsa indispensabile di usoquotidiano, a tutte le famigliecircostanti dell’epoca.È stato funzionante fino aldopoguerra, ma successivamentegrazie alla costruzione diacquedotti comunali, fu sostituitodefinitivamente.

Là de Signordi Silvia Signora

A PAGINA 10, IN ALTO. CASA DI ORFEO GISLON IN

VIA DELLA LIBERAZIONE (SANTA LUCIA).

FOTO 1. PICCOLA NICCHIA DEL ’700 NELLA EX

CASA DI ELIO LACHIN (SANTA LUCIA).

FOTO 2. INTERNO DELLA CASA DI LUCIA MARINOI

IN VIA ROJAL (SANTA LUCIA).

FOTO 3. FACCIATA DELLA CASA A CORTE DELLA

FAMIGLIA BESA CODA IN VIA COMIN (SANTA LUCIA).

FOTO 4. ARCO DI RECENTE COSTRUZIONE NELLA

EX CASA FORT SALUTE IN VIA BRAIT (DARDAGO).

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4.

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«...mi ricordo di un ragazzo,tanti anni fa a Mezzomonte, chestrimpellava la chitarra...»

Umbertoricordo di

Sanson

italiano per fargli vedere che, an-che se di Mezzomonte, venivo daMilano ed avevo una certa cultura.

Tuttavia, dopo un po’ che par-lavamo, presi dalle sue mani ilGeloso a bobine che mi porse e,dopo aver posato in un angolo lamia inseparabile chitarra, salii nel-la ciamborata dalla nonna.

Quella fu la mia prima missio-ne. Registrare quanto potevo diciò che la nonna mi raccontava.

Sì! Perché, come scrive San -son, non era facile vincere la diffi-denza di certi anziani. Per lui era-no come dei cofanetti pieni ditesori e sapeva il danno cheavrebbe fatto se avesse forzatoquelle antiche serrature. Fu cosìche iniziai la mia prima operazio-ne di archeologia sul posto.

Mia nonna era cieca e questomi facilitava le cose. L’avvicinavo,cominciavo a parlare di cose chec’entravano come i cavoli a me-renda con il mio vero obiettivo e,quando la trappola era pronta,dopo un po’ di rumore con la se-dia, o tossendo per coprire ilclack del Geloso, iniziavo... nona,

di Giacinto Mezzarobba

polari friulani edita dalla So cietàFilologica Friulana.

Cercavano di registrare la vocedei vecchi di Mezzomonte, facen-dosi narrare fiabe ed episodi dellaloro vita.

Era il tempo in cui ero abba-stanza tronfio e cominciai a di-scorrere con Umberto Sanson in

Questo mi disse qualche anno faUmberto Sanson, quando lo in-contrai per la seconda volta, inBorc.

Rimasi sorpreso perché la pri-ma volta che lo vidi più di trent’an-ni fa e quel ragazzo che strimpel-lava la chitarra ero proprio io.

Era venuto a Mezzomonte perla sua indagine sulle parlate dellanostra zona insieme ad Elvia eRenato Appi. Quella pregevolissi-ma Raccolta che fu poi pubblicatanel 1973 col titolo di Racconti po-

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comot éla che barba... a l’àvedhùt al Diaol...? E la «landa»che bestia èrelo...?

Un po’ al giorno, ovviamente,perché la nonna era vecchia.

Alla fine della missione, co-munque, consegnai ad UmbertoSanson il mio bottino.

Da autentico mascalzone e la-dro avevo turlupinato la nonna,Giuseppina Mezzarobba Najo,scip pandone due bobine piene dicanthonète.

Ogni volta che terminavoun’inter vista parlavo con Umber toSanson delle «ingenuità» che ave-vo sentito.

Era la prima volta, ad esempio,che sentivo parlare delle Agane.

Lui sostava volentieri nel corti-

le, appoggiato al vecchio pozzoall’ombra della vite. La casa dimia nonna era proprio di fronte aquello che oggi è il Bar Nuvolone,a quei tempi della Rina e, primaancora, della Danela, sua madre.

Lì mi spiegava Umberto San -son quelle ingenuità le studiava.

Mi spiegò cosa erano le Aganee ricordo che mi parlò di una stu-diosa dell’Ottocento, mi pare chefosse di Belluno, la quale avevascritto qualcosa come... pissàr nel’acqua l’è come pissàr in boca alSignor...

Quell’estate la mia chitarra ri-mase sempre appoggiata in unangolo e, dopo un anno circa, miarrivò a Milano un pacco.

Dentro c’era il XII Volume dellaRaccolta Racconti popolari friula-ni – Zona di Mezzomonte. Editodalla Società Filologica Friulana.

Nella primissima pagina c’erauna dedica... Ricordo delle fiabedella nonna... e la firma diUmberto Sanson.

Ma, come non bastasse, pro-prio in fondo alla Prefazione insie-me a quello di altri, figurava an-che il mio nome, GiacintoMez za robba.

Mi sentii come il neofita cheera entrato a far parte di un tem-pio d’Iniziati!

Era il 1973. In una camera del-l’ospedale di Sacile, se ne anda-va la nonna.

Non ebbi nemmeno il tempodi dirle la mia felicità.

Ancora oggi, di fronte a quelPremio, anche un Nobel per laLetteratura avrebbe per me unvalore irrisorio.

Di Umberto Sanson mi colpì ladelicatezza. Non c’era bisognoche lui avvicinasse le persone,perché era la gente che desidera-va parlare con lui.

Non emanava quell’odore in-confondibile di intellettuale.

Non ho mai sentito, né vistoscritto da Umberto Sanson cosesgradevoli, così come non le homai udite dalla nonna o da qual-che Vecchio di Mezzomonte.

Le loro canthòns erano sem-plici e sagge. Perché parlavanosolo di ciò che conoscevano.

Purtroppo oggi, a volte, la pre-sunzione di voler esprimere giudi-zi su di una realtà complessa,senza possedere gli strumenti in-dispensabili, senza conoscere letecniche e le metodologie perpoter indagare obiettivamentesull’oggetto dell’indagine, porta aformulare ipotesi assolutamenteerrate o, addirittura, ad intuizionidel tutto inconsistenti.

A PAGINA 12. IL MAESTRO SANSON LUNGO IL CANAL

GRANDE NELLA SUA AMATA VENEZIA.

SOTTO. ALCUNE PUBBLICAZIONI DEL MAESTRO.

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la Idadi Ida Rigo

TERZA

E ULTIMA PARTEla ne conta… [ ]Ai scuminthiat a laorà come «aiu-tante infermiera» e cuan che aiavùt i schei pa’ studià ai ciapat ime tre diplomi: de ostretica, deinfermiera e de instrumentista. ALosanna ai avùt la possibilità decolaborà co’ el gran prof. MarcelRochet. ’Nte la so clinica le vigne-va dute le pi’ gran siore del mon-do. El professor ’l veva un studiodut blanc, ancia la «moquette».De oro ’l era sol che i polsini de laso ciamesa e ’l telefono, che i lo’veva regalàt ’na duchessa delLichtenstein. Ai giudàt a partorìtante contesse e nobildonne. Esoi dudha ancia ’n tiei ciastiei delLichtenstein.

Un dì me à sucedhut un fatocurioso. ’N te la clinica n’à capitàtpa’ partorì una de le Agnelli che la’veva maridhat el conte Brando linide Sathil. Quan che ài sentùtparlà de Sathil ài dita al me pro-fessor da ’na che vigneve cussi luidopo parlando co’ la contessa i àdita: «Signora contessa, lei vienea partorire in Svizzera pensandod’aver chissà che ostetrica. Lo sache la sua ostetrica è di Sacile?».La contessa Agnelli la me àvardhàt al lonc sentha disemegnent... Ài curat Soraya, la ex fe-mena de Reza Palevi e la sioraLequio, la nevodhuta de la ex re-

gina de Spagna, e po’ tante mi-liardarie, ’mericane e giaponesi.

Ains indavor, a palath Grassi, aVenethia, ài fat, da «istitutrice» aIra Fustenberg, fia de ’na Agnelli.E dopo tanti ains, co’ ’l professorRochat, ài fat nasse Egon Fu -stenberg, fiol de la Ira. Un bel dì ’lé rivàt da l’Arabia Saudita, un«ma gnate» de ’l petrolio co’ duth isiés, pì de vinti persone; ’na damade compagnia i à dita al professorRochat: «Posso leggerle la mano,professore?» El professor al se àmetut a ridhe e pa’ incontentala i àslongiat la man. La dama co’ cal-ma i à dita: «Lei, professore morirànella miseria!» El professor ’l èdhut via ridhend anciamò de pì.Ma invethe cussì ’l è sucedhùt. Ala scuminthiat a drogasse co’ lamorfina (mi i ài ciatat le fiale) e do-po pa’ vive ’l à dovut vende anciala so clinica (de sicuro i l’à rovinàt’na femena dhovena!).

In ultima el so’ amigo GeorgeSimenon, el gran scritor de «gial-li», parché el podhes vive, i dhevai «chéques», e mi pi’ de ’na voltasoi stadha clamadha pa’ portai ischei. Po’ ’l è stadha la fin!

***Soi partida pa’ Ginevra e ài ri-

scuminthiat a laorà co’ l’O.M.S.’nte la clinica medhica general.

IDA CON I SUOI CINQUE FRATELLI.

SOPRA. ADAMO RIGO MOREAL CON LA MOGLIE.

Termina con questo numero il lungoracconto di Ida Rigo.

In tre puntate ci ha narratola sua infanzia, la sua giovinezza e i suoitrascorsi professionali che l’hanno vista

protagonista nelle migliori clinicheostetriche della vicina Svizzera.

Ciò che emerge da questi pensieri èl’attaccamento alle proprie origini e alle

proprie tradizioni, ma soprattutto una storia friulana di famiglia.

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Soi dudha de cà e de là pal mond.Po’ me soi maladha e me à tociàttornà. ’Veve ’na gran stanchetha!

Quan che no se lavorava cua-rantaoto ore su cuarantaoto l’erade segur sempro vinticuatro suvinticuatro. Ere tant stimadha ebastantha cortegiadha, ma no l’èmai dudha comot che voleve. ’L èstat al destìn! Mi i crede:«Chist est mon amourIl est tonte ma vieIl est le fiancé qui seul me navìt mes

jeux;J’entends dèjà vibrer de sa dance,

harmonieDes sons mèlodieux!...»

In Svissera se viveva tant «l’e-sprit d’equipe» tra «medici e para-medici».

Intant passava i ains e duti i dìsa’l era sempro chela: «Pas sez moibistouri! Divariquè mieux! Koker,ciseaux, pince, lumière, catgut,fils, agrafes, aspiration, compres-ses!».

Therti dotors i me diseva:«Hensensement, Rigo, que je voievos jeux!».

Co’ dut chisto, la Ida no la se àmai maridhàt!

Dopo pa’ tre ains ài ancia lavo-rat in psichiatria: curave co’ «l’in-sulina e l’eletrochoc». La psichia-tria ’l è stadha par mi come unbrath de la medhesina generalche la me à dat tanta sodisfa -thion. Un lì ’veve ciatat l’on de lame vita: un dotor inteligente. MaGesù no ’l à volùt, el me a volùtduta par Lui.

Par caso a Losanna ’veve co-gnosut la professoressa de musi-ca de Soraya Esfandiari e cussime soi metudha a studià el pia-noforte, ma ocor falo duti i dìs senò i studi i te lassa. Pa la rest, dachel dì, par duta la me vita, scoltà«mu sica sinfonica e classica» ’l èstadha par mi ’na grathia del Si -gnor. Co’ la musica me soi sem-

pro ciatadha come ’nte ’na fonta-na cialda e neta. Soi un poc difici-le, ma me plaseva «Les grandschefs d’auvres» dei compositorse dei sonadhors pì importanti. Lamusica ‘l è l’alegria pì bela e pì sa-na, co’ drento ’na gran dolthethache la porta ancia le aneme pì tor-mentadhe su le tere del Signor unlà che Lui ’l à butàt pa’ nealtre ungran nithòl de verde su i so prathe su i so boscs.

***1960. Un di me pare ‘l me dis:

«Vin Ida! ’Ndòn ’ntel me paeis, inCecoslovacchia. Voi dì a ciatà lame fameia (i era dodese fioi)». Sonpartidhi pa’ i Carpazi e le PitholeTatras, un là che l’era nassùt. Medesplas a diselo, ma un lì avonciatàt anciamò miseria, ma no indut: se magnava un bon pan ne-gre e un butiro altretant bon. ’L eraistàt e a passòn ‘n tiei ciamps sevedheva vacie, portith e tanti ocs.

Son stadi ospitadhi ’nte la «da-cia» de le me agne e de le medharmàne. La carne de oc l’eraspecial e l’ardhel de porthit, rostìtsu le bore, ’l veva un saor che nose pol dismintialo. ’Na matina bo-nora, le me dharmàne le me àportàt in mieth a un bosc, lonc unrui; no ve die che maravea a vedel’orso e l’alce ‘ntant che i bevea,ma come che i ’na sentut subito iè sciampath.

’N te chiei bosc ài magnàt ungrun de frambui e de blàseme epoi dise da vein ciapàt ’na pas-sudha.

***Me pare el me contava che ‘n

tel 1886 so pare (me nono)Adamo Rigo Moreal insieme atains scalpelins e co’ la cariola ’l èdhut via fin a Vienna e fin a VysnéRuzbachy ’n tiei Carpazi. ‘N te lecariole i veva i artes de ’l mestierpa’ podhè lavorà... Ancia me no-

SOPRA. IDA CON LA NEONATA DENISE LEQUIO,

NIPOTE DELLA REGINA DI SPAGNA.

SOTTO. IN ALTRI MOMENTI DELLA SUA ATTIVITÀ.

na, Santa Del Maschio, (femenade Adamo Rigo) l’era dudha co’lor fin in Romania pa’ fa’ da ma-gnà. Sembrarave che i prins a dhìvia da Dardac i sea partith ‘n tel1862.

A Vysné Rusbachy ài podhut avede ancia la ciasa che me nonoal s’avea fat ’n tel 1888, par de fo-ra, su la fathadha l’avea de le de-corathions, a chiei temps l’era lapi’ bela de ’l paeis.

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A tale significativo volume fudedicato il calendario Alpha Beta del2000 – Anno della Cultura della Pace– progettato e realizzato da VittorioJanna con l’inserimento di alcunepagine contenenti brani della storiadella città, scritte interamente amano con vari stili, dalla ScritturaRomana all’Onciale, dalla Goticaall’Uma nistica, dal Corsivo inglesealla Scrittura espressiva, con lafunzione di «conglobare in un’unicaritualità riconducibile alla Pace levarie e molteplici espressioni dellagrafia dell’Umanità». Sfogliandolo, nel corredo ico -nografico della presentazione appareanche la riproduzione del colophondel prezioso manoscritto, in cui silegge, oltre all’eccezionalemotivazione che spinseall’esecuzione dell’opera, la serie deinomi di coloro che collaborarono allarealizzazione della singolare opera –dall’ideatrice Ales sandra Marocco alminiaturista Enrico Englaro,dall’artista Zi gaina, autore di dieciacqueforti, alla calligrafa Shank Fratedel Circolo INCIPIT di Staranzano, eal rilegatore Padre ErmenegildoBiasetto del Mona stero di S. Giustinain Padova. L’elenco continua. Ci balza agli occhiun cognome familiare nei nostripaesi: Tiziana Carlon del LaboratorioOrafo La Malachite in Padova che,insieme con una collega, eseguì

il libro smarritoun’orafa e un grafico

artigianalmente ed incise a bulino ifregi dei piatti, utilizzandoesattamente 728,8 grammi di oro750/1000.Tiziana è figlia di Lucio CarlonFassinèr e di Agata Piccinato. Ci fapiacere vederla inserita in un’operacosì singolare. Diplomatasi allascuola professionale di Valenza Ponegli anni Settanta, diede vita ad unla boratorio orafo a Padova. Fuproprio in occasione dell’imminentevisita del papa nel 1992 che Ti zianavenne contattata per l’attuazione di

È apparsa recentemente nelle prime paginedei giornali provinciali la notizia della sparizione delprezioso Libro degli Ospiti della Città di Pordenone,esemplare unico con acqueforti esclusive, fregi eminiature d’oro, carta e rilegatura speciali,un’opera straordinaria costruita tutta a mano daimpareggiabili artisti specializzati, compostaed usata in occasione della visita di Papa Gio vanniPaolo II, nel 1992.

di Vittorina Carlon

SOPRA. TIZIANA CARLON NEL SUO LABORATORIO

ORAFO DI PADOVA.

A LATO. PAPA GIOVANNI PAOLO II FIRMA IL LIBRO

DEGLI OSPITI, IN OCCASIONE DELLA VISITA A

PORDENONE, NEL 1992.

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Fine estate 2002. Un’amica suona alla porta e mi dice«Ciao, Maestro! Perché non formiamo un coro?».

Inizia così l’avventura del l’Ensem ble Vocale Fem -minile «Ga briel Fauré». Qualche mese dopo un grup-po di poche ragazze si riunisce nel salotto di casamia per provare a cantare qualche brano. Alcune diloro non han no mai cantato se non sotto la doccia(ottima scuola!!!). Qual che mese più tardi, altre ragaz-ze si uniscono al piccolo gruppo iniziale e così prendeforma quello che si può definire un coro da camera avoci pari.

Ed il nome? Assegnare un nome a qualcosa dinuovo che si crea è peggio che scegliere un nome perun bambino. Lo studio e la ricerca del repertorio fem-minile mi hanno portato a scoprire un mondo musica-le di notevole fascino; un mondo formato da musicistiche hanno composto per voce, sia solistica sia coralein maniera eccelsa; tra loro, un francese, mi ha parti-colarmente entusiasmato ed a lui è stato intitolatol’Ensemble.

Dicembre 2002. Sono passati pochi mesi da quellariunione in salotto e il gruppo fa il suo debutto in unconcerto nella chiesa di Ranzano; il programma nonpoteva che prevedere musiche di G. Fauré: LeCantique de Jean Ra cine e la Messe Basse. Quattromesi dopo il grande evento: Sta bat Mater di G. B.Pergolesi con orchestra d’archi, nel Duomo di Aviano.In poco meno di un anno un piccolo gruppo di ragaz-ze riusciva in un’impresa veramente ardua: dal nullaad una delle più belle pagine musicali del ’700.

A quei concerti ne sono seguiti altri, da Pergolesi aFauré, a Britten. Le cantrici dell’E.G.F. han no cantatoaccompagnate da gli archi, dall’organo, dall’arpa e dai

di Emanuele Lacchin

Ensemble Vocale Femminile

«Gabriel Fauré»

corni, come nell’ultimo concerto in Villa Policreti aCastel d’Aviano lo scorso dicembre.

In questi due anni abbiamo avuto anche l’onore dipoterci esibire davanti a S.E. monsignor Poletto, qui aBudoia nel periodo pre pasquale 2004, riprendendo loStabat di Pergolesi.

Le prove non si svolgono più in salotto: dopo unpiccolo girovagare alla ricerca di una sala prove più ap-propriata, l’Ammi nistrazione Comunale di Budoia ci haaccolto e ci ha consegnato le chiavi dell’Ex Scuola diDarda go, dove proviamo ogni settimana, il venerdì se-ra. È nata anche l’Associazione Musicale «GabrielFauré» sotto la cui ala protettrice svolge l’attività l’E.G.F.

Beh… Quella riunione in salotto ha dato i suoi frutti!Bisogna ringraziare anche quella ragazza che ha suo-nato il campanello ed invece di proporre qualcosa diinutile ha dato il via alla creazione di un bel gruppo dipersone che si ritrovano per ridere e distrarsi facendomusica… e sembra con buoni risultati.

tale lavoro artistico, consideratodall’interessata il più importantecommissionatole, tan to che impiegòdue mesi circa per l’incisione a manodei fregi e della borchia centrale conlo stemma del Comune naonense,decorazioni che furono inserite eribattute negli scansi ricavati sullacopertina di pelle, senza l’uso della

colla. Lo ricorda come un lavoro diconcerto con il disegnatore, ilrilegatore e tutti gli altri artigiani e artisticoinvolti nell’esecuzione del libro.

*** Ritorniamo al volume, che vedecoinvolto nel suo destino un’altrapersona del luogo, legata al suoritrovamento. A dipanare la

questione dello smarrimento è statoil grafico de l’Artugna, che con unasempli ce telefonata all’ideatrice eproprietaria dell’opera, AlessandraMarocco, ha permesso in breve dirisolvere il giallo e sedare gli ani mi deipordenonesi. Il libro d’oro era nelle mani dellaproprietaria!

•a

ssociazioni

asso

ciazioni

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’N te la vetrina

NELLA FOTO. PRIMI ANNI SESSANTA DEL SECOLO SCORSO. CINQUECOPPIE CHE PARE D’INCONTRARE ANCORA TRA LE VIE DI BUDOIA.VOLTI FAMILIARI CHE PARLANO, PERSONE CHE HANNO COSTRUITO ILNOSTRO MICROCOSMO E CHE, COME TUTTI I NOSTRI ANZIANI, VIVONONELLA MEMORIA. LE DONNE CON IL LORO COSTUME NERO, I FAZZO-LETTI ANNODATI IN MODI DIVERSI E I LUNGHI SCIALLI DI LANA CON LEFRANGE. CON LORO IL PARROCO DON ALFREDO PASUT, CHE GUIDÒPER CINQUANT’ANNI LA COMUNITÀ. FORSE UN ANNIVERSARIO COLLETTIVO DI MATRIMONIO.SONO (DA SINISTRA) ANDREA BURIGANA SPINEL, IL VECCHIONONSOLO, CON CATERINA CARLON ROS, ANTONIO CARLON FAVRECON GILDA DEL MASCHIO, VALENTINO ANGELIN PELAT CON TERESACARLON DEI REDENTI, PIETRO DEL MASCHIO CON …. ED INFINEANDREA SIGNORA CON ROSA CARLON CECH.AL CENTRO, DON ALFREDO.

PROPRIETÀ DI ANGELO VARNIER

NELLA FOTO. ERANO GLI ANNI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE.NEL 1917, LA NUMEROSA FAMIGLIA DEL BISO POSA CON UN SOLDATOAUSTRIACO NEL CORTILE DELLA SUA ABITAZIONE, A DARDAGO,ALL’OMBRA DEL PERGOLATO DI VITI. IN PIEDI, DA SINISTRA, SONO PIETRO, GIUDITTA, FIORINA, TERESA,MENTRE SEDUTI, DA SINISTRA, I BAMBINI MARCO E ATTILIO INSIEMECON REGINA E AMELIA; AL CENTRO, IL GIOVANE SOLDATO AUSTRIACOCHE TIENE IN BRACCIO LA PICCOLA LUIGIA, QUINDI, NONNA MARIA CONANNETTA, ANGELINA E MARIA, QUEST’ULTIMA FIGLIA DI GUGLIELMO.

PROPRIETÀ DI SILVANA ZAMBON BISO

NELLA FOTO. IL GRUPPO DEI GIOVANI DELL’AZIONE CATTOLICA DIBUDOIA. È IL 1942.IN ALTO, DA SINISTRA: ROMANO CARLON ROS, CIPRIANO ANGELINPELAT, ELIO CARLON CECH, DOMENICO ANGELIN PELAT E OLIVOCARLON ROS, CHE SOSTENGONO IL QUADRO CON L’IMMAGINE DI DONBOSCO, ANGELO ANGELIN GIROLET, ATTILIO CARLON ROS, ELIOGISLON PUTHIT CON GAGLIARDETTO DELL’ASSOCIAZIONE.IN SECONDA FILA, DA SINISTRA: GIOVANNI SANTIN TRES, ANDREA DELZOTTO COTH, GIUSEPPE CARLON BROLO, RENZO PANIZZUT, GIACOMOCARLON ROS, TOMMASO DEL MASCHIO ANDHOLET, RENATO DELMASCHIO GÈ, ANGELO DEDOR BARISEL, MARIO DEL ZOTTO.IN TERZA FILA: DON LUIGI AGNOLUTTO, GIORGIO FORT , SERGIOANGELIN, GENNARO ZAMBON, ANGELO VARNIER, ORAZIO ZAMBON,BENIAMINO MEZZAROBBA, GIOVANNI GISLON PUTHIT, ENRICO BRAVIN,LUIGI PANIZZUT, FERRUCCIO PUPPIN LOS.IN QUARTA FILA: LUIGINO ANGELIN CIASAL, GASTONE BURIGANAPUSTIN, MARIO BURIGANA REMONDIN, LUIGI BOCUS, ... ZAMBON,DOMINIQUE DIANA (CON LA FISARMONICA), SILVIO CARLON ROS,BRUNO SANSON PASQUAL, ANDREA CARLON, ...SEDUTI: RENZO ANGELIN TONELA, PIETRO DEL ZOTTO, GIANNI ARIET,ANTONIO GISLON PUTHIT, GIUSEPPE LACHIN, VALENTINO CARLONBROLO, SILVANO DEL MASCHIO ANDHOLET.

NOMINATIVI RACCOLTI DA ANGELO VARNIER. PROPRIETÀ ANGELIN

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NELLA FOTO CENTRALE. DARDAGO, 15 AGOSTO 1965: I PARTECIPANTI ALLACUCCAGNA IN PIAZZA.SI TRATTA DI UNA CUCCAGNA RICORDATA DA MOLTI. ALCUNI PARLANO DI 4 O5 ORE DI SFORZI PER RIUSCIRE A RAGGIUNGERE I PREMI POSTI IN CIMA ALPALO COSPARSO DI GRASSO PER RENDERLO IL PIÙ SCIVOLOSO POSSIBILE.IN PRIMISSIMO PIANO, AL CENTRO: ESPEDITO ZAMBONSEDUTI DA SINISTRA: MARCO IANNA BOCUS, LUCIANO BOCUS FRITH,GIANCARLO PAULETTI, ELIA ZAMBON PALATHIN, MARIO PELLEGRINI, GIANNIBOCUS (CON LA FISARMONICA), GIAMPIETRO ZAMBON SCLOFA, RAUL MARIOTIZIANEL, PIERINO ZAMBON TARABIN, GINO ZAMBON MOMOLETI.SECONDA FILA: PIERO ZAMBON BISO, CORRADO ZAMBON TARABIN, PIEROZAMBON MARIN, FRANCO ZAMBON MOMOLETI (SEMINASCOSTO), RESPICIO(PINO) PELLEGRINI, CARMELO PALERMO, GIANNI ERMACORA BURELA,ZAMBON GIOVANNI SCROC, BRUNO ZAMBON.TERZA FILA : ARMANDO ZAMBON BISO, LUIGINO ZAMBON SCROC, MARIOSANTIN TESSER, PIETRO JANNA THECO, DARIO ZAMBON PAGOTO, ROBERTOPAULETTI, ... CARLON FAVRE (BUDOIA)....

Nei caldi pomeriggi del 15 agosto, in occasione della sagradell’Assunta, la piazza di Dardago è sempre stata teatro dei giochipopolari: la corsa coi sacchi, la rottura delle pignatte, il mangiarel’anguria con le mani legate, la corsa coi «muss» lungo le strade delpaese. Mi ricordo il 15 agosto 1965, sono giusti quarant’anni.Era stato preparato un bellissimo albero della cuccagna. In cimaal palo tanti premi mangerecci: un salame, un pollo, un coniglio, unfiasco di vino e, in un sacchetto, un po’ di sagra offerta dai titolaridelle bancarelle o barache come le chiamavamo: butholai, peverini,amaretti, spumiglie…Il palo di quell’anno era particolarmente alto e difficile da scalareperché abbondantemente spalmato di grasso. C’erano diversesquadre di giovani che tentavano la scalata. La tecnica eracollaudata.Intorno al palo si mettevano in cerchio i più robusti, sulle loro spallesalivano altri giovani meno pesanti, poi una terza e una quarta fila.Infine il «gatto», il più leggero ed agile si arrampicava sulle schienee sulle spalle dei compagni e quando raggiungeva il palo, prima lopuliva un po’ e poi cercava di raggiungere la cuccagna. Non eraimpresa facile: il peso e gli scossoni erano insopportabili per irobusti giovanotti alla base e molte volte la «piramide» umana sifrantumava. In quelle occasioni, il «gatto» si lasciava scivolare giùcercando di pulire il più possibile il palo.Non si sa di preciso quante volte fu tentata la scalata; alcunispettatori, pur non appartenendo alle squadre concorrentiandarono a cambiarsi i vestiti per dar man forte agli esausti atleti.La piazza era gremita di gente che si divertiva un mondo ad incitarei concorrenti. Sul tettuccio che copre il portone dei Bedin, DarioZambon Pagoto era cronista improvvisato ma efficace. Era tutto unsalto, una battuta, un incoraggiamento. L’altoparlante faceva inmodo che tutta la piazza potesse sentirlo.Finalmente dopo alcune ore – chi dice tre, chi quattro, chi cinque –la cuccagna fu conquistata. Il sole era già calato.Qualche sera dopo, nella sala di Agostino Vettor Cariola si fece unagran cena di tutti i partecipanti consumando il bottino dellacuccagna e molto altro. La foto testimonia l’euforia e l’amicizia diquella serata.Quella fu l’ultima cuccagna in piazza a Dardago.Diversi anni dopo, sempre in occasione del Dardagosto, a curadelle associazioni promotrici dei festeggiamenti, furono organizzatealtre cuccagne. Poi per motivi di sicurezza e per complicazioniburocratiche questo antico gioco fu abbandonato.Sarà possibile riprendere questa bella tradizione?

ESPEDITO ZAMBON

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ANCOR L’ARTUGNA

L’è rivada ancor l’Artugna,che à i anni del Signore ne conta ancor le storiee de adés e ància de allor.

E l’invern me ricordale brusade de sarturc,che se feva sul confinne la not de la Befana,

parché i Magi, che vignevaa trovar el Bambinel,no sbagliasse ància la strada,parché scuro l’era el ciel.

E quel canto, che i paesaniverso el ciel alto mandava,ne mandasse vin e biava

Tante ciase le fasevaància un fià de presepiùt,che ne fea dhuti contenti,fosse bel, o fosse brut.

La capanna de cartonper lucete avéa lumins,o tocheti de ciandéle,che féa lieti i fantolins.

Qualche volta succedevache ciandele le tomavaproprio adosso del ciartone le presepio se brusava.

Tempi bei, ne fea contentipi de ancuòi, che nostri fioii à tanti de regali,ma no i gode come noi.

Chioggia, 2 febbraio 2005

PADRE LUIGI RITO COSMO

L’angolodella poesia

LA PRIMAVERA

Va’ di lasciarci nebbia, da l’offusco grigiotenevi prigionier il sol, di febbril colorma già sua luce d’or, ben ridona il suo calor.

Se godervi aprile, vada pian il tuo svestirerisveglia tutti i cuor, è primavera!

Al suo passar nell’aria, ne’ prati verdi e colliv’è profumo di gelsomin e di viole.

Cantan su strade, al mattin, felicii bambini che van chi in asil chi alle scuole.

Passa un gregge dei pastori, ai bei monti van a salir,belar degli agnellini, i can fedel fan la scorta.Le timoniere, che a passo van, lor campanel tintinnan,brucar trifoglio van lassù, ugual l’an prima.

Tutti gli uccel festosi, nascosti tra fronde,al lavor già rifan i loro nidi.

Tutti gli alberi, che in fioremirar ognun, fa suo colore.Ma il freddo inverno fu pungente:frutti non più far, color sue gemme spente,se in cuor di noi v’è dispiacer malinconia,cercar chi aiuta di sincer fa compagnia.

Or già ne son ai capezzal dei campii contadin già seminar van le lor terre.Crescon ben gli stel dei grani,che del lor gran ne fan dei pani.

Ogni stagion suoi frutti dàva’ pensier, desiderar ci fa.

Nell’azzur baglior del sole, non la veder,udir del suo bel canto, l’allodola che in altolenta scende al suo laghetto che le fa da specchio.

Passan stormi di uccelli, dall’emigrar lontanodell’esodo richiamo, per migliorar la vitav’è per noi lavor lontano, le dure vite fanno.

Due rondini entran in casa, si posan sulla madia,i bimbi mirar d’incanto, chè cinguettar fan tanto.Nonna dice: «Lor non perdon mai sua stradadi ritornar alla lor casa».Ma due lacrime calan ed il viso le bagnan.Escon in fretta, per suo cibar volandosfrecciando in vasto ciel suo paradiso.

ANGELO JANNA TAVÀN

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Lasciano un grande vuoto...l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari

Giuseppe De Majo

Arrivederci,caro, splendido, dolcissimo papà.Te ne sei andato in silenzio, soffrendo,senza mai lamentarti come hai fattodignitosamente per tutta la vita. In noilasci un vuoto troppo grande,incolmabile ma pieno d’amore, fiduciae forza per andare avanti, la stessaforza con la quale tu hai affrontato iltuo difficile cammino di dolore, fatica,rinunce e tanta, troppa sofferenza.Sei stato una guida, a volte anche

purtroppo, dove ogni giorno è statoguadagnato con la fatica e la tenaciae tutte le difficoltà sono sparitedavanti alla vostra forza ed al vostrocoraggio. Tu l’hai accompagnato,curato coccolato, amato moltissimo,a te va tutta la nostra stima edil nostro amore per aver aiutato papàad accettare tutto serenamente senzamai arrendersi.Gli ultimi giorni della tua vita sonostati dolorosi, vederti così è stato pernoi causa di grande tristezza ma ora,che ci hai lasciati, vorrei pensartilibero da tutta la tua sofferenza volareleggero e sereno come non lo eri piùda tempo.Grazie, papà, per essere stato connoi. Il tuo esempio sarà per tutti unmodello di vita da imitare, i tuoi silenziun pensiero da interpretare, il tuosguardo una luce per guidare il nostrocammino. Ora, sono sicura, ciproteggerai e potrai finalmenteriposare in pace.A noi resta solo lo spazio per unatenera, infinita nostalgia cheaccompagnerà per sempre il ricordodi te.

ANTONELLA

Il loro ricordo non sfuma

Miei cari non rattristatevi.La morte è un passaggio.Sono andata solo nella camera accanto.Ciò che sono stata per voi, lo sono ancora.Chiamatemi con il nome che sempre mi avete dato.Parlate con me come avete sempre fatto.Non cercate di farlo diversamente.Non siate festosi e neppure tristi.Sorridete sempre come insieme abbiamo sorriso.Pregate, sorridete, siate lieti pensando a me.Il mio nome sia ricordato senza particolare importanza e senza tracce d’ombra.La vita dimostra quello che è sempre stato.Il filo non è stato tagliato.Anche se i vostri occhi non mi vedono siamo sempre uniti con il pensiero.Io non sono lontana, sono solo nella camera accanto.

RUGGERO2003 · 2005

severa, ma ci hai insegnato a nonlamentarci, ad accettare tutto quelloche la vita ci proponeva anche se avolte era difficile.Continuamente, appare davanti aimiei occhi l’immagine di te sedutosulla tua inseparabile sedia spargereconsigli e dare coraggio con quellagrande serenità che sembravaappartenere solo a te.È stato difficile arrivare fino a qui,hai dovuto superare molti ostacoli ehai vinto molte sfide con la vita, mahai accettato sem pre serenamentequello che Dio aveva a te riservato,riuscendo a vivere una vita quasinormale nonostante tutto.Per i miei figli sei stato, ma lo sarai persempre, un nonno speciale,affettuoso, buono che ha trovatosempre la soluzione a tanti problemied ha sempre dato il giusto consiglio.Tutto l’amore che hai dato loro e lasicurezza che hai loro trasmessoli accompagnerà per la vita.Ed infine, una parola speciale per lamamma, la tua Giannina, compagnastupenda, sicura, silenziosa che conte ha iniziato un camminoimpegnativo, difficile ma vero,

Teresa Janna

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Cronaca

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I é dudhi a refasse

Cronaca

Le lus de Nadhalin platha

Nel mese di dicembre le piazze sivestono a festa. Non più il singoloabete addobbato con lampadinemulticolori domina la scena, maal suo posto quest’anno ci sonoalcuni pinetti carichi di piccole lucibianche che riempiono le piazze edonano un tono festoso all’am-biente. Grazie all’am mini stra zionecomunale per l’idea e per la realiz-zazione. Così pure non possiamodimenticare di ringraziare Espe -

dito Zambon che puntualmentein ogni festività si prodiga per ab-bellire la base del campanile e ilsagrato di Dardago, utilizzandoluci e bandiere del Friuli, dell’Italiae dell’Europa.Un tono di colore per sottolinearei giorni delle festività e per dare ilbenvenuto a chi giunge da fuori.

Dalle pareti della chiesa di Darda -go mancano i quadri raffiguranti iquattro evangelisti. Molti chiedo-no che fine hanno fatto.Rassicuriamo subito i dardaghe-si: sono in restauro presso lo stu-dio del prof. Giancarlo Magri e disuo figlio Giovanni. Prevediamo illoro ritorno per le festività diPasqua dopo che la Commis -sione d’arte sacra avrà dato il suobenestare.l’Artugna in anteprima – per i suoilettori – si è recata presso lo stu-dio dei restauratori per poter do-cumentare il lavoro quasi ultimato.La spesa per il ricupero dellequattro tele è sostenuta per dueterzi dalla Regione, mentre un ter-zo è a carico della popolazione.Nel prossimo numero di agostosarà data più ampia documenta-zione attraverso la relazione tec-nica degli artisti che hanno ridatovita e luce alle preziose opere.

SOPRA. GIANCARLO E GIOVANNI MAGRI NEL LORO

LABORATORIO DI RESTAURO A ROVEREDO, ALLE

PRESE CON I «NOSTRI» EVANGELISTI.

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Dopo diversi anni che gli allestito-ri ufficiali hanno sempre puntual-mente preparato il tradizionalepresepe, quest’anno «passano lamano».L’edizione 2004 – curata del sig.Ca pone con la collaborazione diLuigi Basso (Gigi Basso) – pre-senta una nuova fisionomia dovu-ta ad una insolita scenografia.Case tipiche della nostra pede-montana con tanto di cortìf, stale,cusìna, blavèr e fenìl compongo-no la sacra rappresentazione. Lacapanna con la Sacra Fa migliasembra che non ci sia ma, cer-cando bene, la si trova: piccola ea lato della composizione.Don Adel, durante l’omelia, sot-tolinea la cosa, attribuisce al vo-luto nascondimento – da partedell’autore sig. Capone – un si-gnificato tutto evangelico. «Perloro non c’era posto in città e ne-gli alberghi», la cosa ci fa rifletteree una domanda sorge sponta-nea: «Qual è il posto che noi ri-serviamo loro?»...Sull’altare del Cro ci fis so trova poicol locazione un altro presepio,quello di Bruno Rosit, interamen-te scolpito in legno di noseglerlocale.Il pievano lancia un appello aidardaghesi per il prossimo SantoNa tale: abbellire la chiesa, i nostriportoni, le nostre case con tantipresepi. Accogliamo l’invito.

In glesia a Dardacun presepio... «nof»

Da la plathaa via Verdi

ELIO QUAIA AL LAVORO NELLA NUOVA STAZIONE DI SERVIZIO.

Dopo oltre quarant’anni, lo scor-so trentuno dicembre, per motivilegislativi di sicurezza, la stazionedi servizio Agip della famigliaQuaia ha smesso di erogare ben-zina al centro del paese. Insiemead essa ha chiuso i battenti an-che l’officina. Si è conclusa unapagina di storia della piazza,scrit ta da Piero Quaia, che hasvol to con professionalità anche illa voro di taxista. Il figlio Elio, at-tuale titolare dell’impianto, conti -nua il lavoro in via Giuseppe Ver di(circonvallazione), strada di mag-gior viabilità, do ve la nuovastazione, dotata anche di servizio

Presentadi i lavoride restauro

Dopo la messa prefestiva di sa-bato 29 gennaio, l’architetto Pe -rut ha illustrato a un discreto nu-mero di parrocchiani i lavoriese guiti per il consolidamento e ilre stauro della parrocchiale. Conl’aiuto di numerose foto proiet -tate su uno schermo, abbiamopotuto apprezzare l’alta tecnolo-gia utilizzata per consolidare lepareti e il tetto della nostra bellachiesa.Grazie al lavoro di tecnici specia-lizzati, ora la nostra chiesa è piùsalda. Rimangono da affrontarealtri lavori (altari laterali e abside)che inizieremo il prossimo anno.

Tra nealtresuor Rita Sacol

Domenica 23 gennaio è tra noisuor Rita Sacol. Rientrata dalBrasile per un breve periodo di ri-poso, la suora missionaria ha de-siderato portare il suo «grazie» allanostra comunità.Al termine della S. Messa suorRita ha ringraziato Pietro Janna e

la popolazione di Dardago perl’aiuto economico che le ha per-messo di ampliare l’asilo con altredue aule e una piccola cappella.Un rifugio per i suoi numerosibambini bisognosi di ogni cosa.

di autolavaggio e di bar, è statainstallata.L’inaugurazione ufficiale avrà luo-go il 9 aprile.Auguriamo cordialmente una pro -ficua ripresa del lavoro.

(FOTO DI LUIGI BASSO)

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Anche quest’anno, nonostante levicende note a tutti o quasi, il pa-nevin dapprima è stato costruitoe poi bruciato. Si è così mantenu-ta una tradizione che nei nostripaesi ed in generale in tutto ilFriuli dura da secoli, il falò epifani-co nei vari paesi varia per gran-dezza, per il materiale utilizzato,per la sua costruzione ed ancheper il nome, nella bassa è chia-mato foghera, capon ca vin, nellapedemontana capan, nell’altoFriu li pignarul (famoso è quelloTar cento). La tradizione di brucia-re il falò e un misto di sacro e pro-fano. Uno dei suoi scopi, quellosacro, è di rischiarare ai re Magila via che porta a Betlem me, luo-go in cui si recano a rendereomaggio e portare i doni a GesùBambino; l’altro scopo, il profa-no, attribuibile ad antiche usanze

Dardac«panevin» 2005

celtiche, è quello degli auspici piùo meno favorevoli per l’anno ap-pena iniziato, dalle direzione cheprende il fumo del falò. Una voltaattorno al panevin accesso, erad’uso chie dere, con invocazionialla divinità, abbondanti raccolti eprosperità. Mi ricordo che quan-do ero bambino un’anziana, vici-na di casa, era solita farsi conqualche fascina di sorgial e di ra-mi di vite il suo piccolo falò nel-l’orto, e la sera del 5 gennaio, do-po averlo acceso e dopo averdetto qualche preghiera, cantavaquesta filastrocca: «Cà pan càvin, la luania ’ntel ciadin, al bocalplen de vin e ... tabac pal me on».Dapprima chiedeva abbondanzadi alimenti e poi, da brava moglie,tabacco per il coniuge! Fino a po-chi anni fa a Dardago in ogni viasi faceva il panevin ora purtroppoè già abbastanza se si riesce afarne uno in tutto il paese, que-st’anno è stato motivo di soddi-sfazione per gli organizzatori piùanziani vedere che la partecipa-zione dei giovani alla riuscita diquest’impresa è stata costante enumerosa. Speriamo che ciò av-venga anche in futuro così que-sta tradizione sarà mantenuta an-cora per molto tempo. La seradel 5 gennaio alle ore 20.30, allapresenza di numerose persone,dopo la benedizione di don Adel,in via Rivetta si è dato fuoco alpanevin, gli organizzatori hannodistribuito vin brulè, pinza e pa-nettoni. Molto apprezzati sonostati i canti religiosi intonati da unfolto gruppo di signore. I ragazzisi sono poi divertiti e sbizzarritinel far scoppiare petardi e lancia-re in cielo razzi multicolori. Il fumoe le faville emessi dal panevin, agiudizio degli anziani, hanno pre-so una direzione favorevole, quin-di ci si attende un anno di abbon-danza, di prosperità e speriamoanche di Pace. La foto ci mostrail folto gruppo di giovani, e meno,che hanno partecipato alla co-struzione del panevin.

FLAVIO ZAMBON TARABIN MODOLA

Domenica 9 gennaio, dopo la S.Messa delle ore 11, i presenti so-no invitati a partecipare alla bene-dizione e inaugurazione dellacappella feriale, ricavata dalla sa-crestia posta alla sinistra dell’alta-re maggiore. Da oggi la popola-zione nel periodo invernale potràcosì raccogliersi in uno spazio piùridotto e più confortevole conpossibilità di risparmiare sullespese di riscaldamento.Sulla parete di fondo: un grandeCrocifisso, il tabernacolo e la por-ta (contornata da erte in pietra)per l’accesso alla piccola sagre-stia. Nell’angolo di sinistra è collo-cata la statua lignea della Vergi ne,recentemente restaurata, pro -veniente dall’altarol del Brait. Unlampadario in vetro di Mu rano,una serie di banchi, di infissi eun’acquasantiera in pietra già ar-redano (anche se i lavori non so-no completamente ultimati) e do-

’Na glesiuta’n te la glesia

IL NUMEROSO GRUPPO DI VOLONTARI CHE HA

FATTO RIVIVERE ANCHE QUEST’ANNO IL PANEVIN

A DARDAGO

nano all’ambiente un tono sem -plice e austero ben si addice alraccoglimento e al carattere deidardaghesi così legati all’aspranatura del suolo natio.

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L’aga ’n tel rujal

Dopo anni di silenzio il rujal ha ri-preso a cantare. Grazie al lavorodi restauro eseguito dai volontaridella Pro Loco di Budoia l’acquaè tornata a scorrere nel rujal. Alprimo intervento di pulizia esgombero del fogliame e del ma-teriale franato nella canaletta èsucceduto quello dell’inserimentodei tubi e di altri mezzi di fortuna,in sostituzione delle pietre sette-centesche mancanti, saccheg-giate nel tempo da persone privedi scrupoli e poco amanti del-l’ambiente.Il restauro finale vedrà l’interopercorso del rujal ricomposto danuovi pezzi di pietra collocati neitratti danneggiati dall’uomo. Au -gu ri, Pro Loco! Speriamo in unfuturo prossimo in cui la ruota delMulin de Bronte possa ancora gi-rare.

I madi doimilaquatro

Dieci abeti, addobbati con sempli-ci cose (immagini sacre, fili di lana,mandarini, fichi secchi, fiocchi dicotone, formine di pasta di pane,carrube ecc.), la vigilia di Natalesono stati portati in chiesa aDardago e collocati lungo la cor-sia centrale. Quest’anno i rami diun mado portano foto e pensierimissionari. Dieci splendidi madi,ognuno rappresentante la popola-zione di una o più vie di Dar dago,vengono benedetti dal pievanodon Adel durante la S. Mes sa dimezzanotte. Grazie a chi si è pro-digato per il loro allestimento eper aver contribuito a tener viva la

LE OFFERTE PER I MADI VENGONO COSÌ DESTINATE

per l’acquisto di fiori per la chiesa euro 150

per il restauro degli altari della chiesa euro 900

TOTALE euro 1050

(FOTO DI CORNELIO ZAMBON)

I à dita che se sondismintiath

Ci sono giunte lamentele perchénel precedente numero di dicem-bre non c’era nessun accenno aifesteggiamenti agostani, avvenutiin occasione della festivitàdell’Assunta.Ciò è vero. Ci scusiamo, per l’in-volontaria dimenticanza, con il co-mitato festeggiamenti di cuil’Artugna è anche membro orga-nizzatore. Le manifestazioni ri-creative, sportive e culturali hannosottolineato le giornate d’agostodello scorso anno e la piazza si ènuovamente gremita di gente.Per la prossima estate... l’auguriodi trovare idee e volontari per or-ganizzare il «Dardagosto 2005».Per il prossimo numero... l’auguriodi ricevere idee e suggerimenti –non solo critiche – per renderesempre più vario e interessante ilnostro giornale.

tradizione. La presenza dell’albe-ro sempreverde vuole anche si-gnificare la nostra viva vicinanzaal presepe.Con l’interessamento e l’opera diEspedito, Maria, Anna Maria,Ange lo, Lidia, Anna, Bruna, Silve -stro, Piero, Daniela, Bruno, Bru -na, Ugo, Bettina, Rita, Genny,Fran ce sca, Doria, Marcella, Vit -toria, Franzina, viene raccolta inDardago, la somma di 1050 euro.Grazie a tutti e... arrivederci a di-cembre.

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Inno a

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Quattro generazioni a confronto!Nella foto sopra possiamo vederequattro generazioni: la bisnonna Pina(Giuseppina Sist), il nonno Nino dettoPoe (Burigana Vincenzo), la mammaAdriana Burigana e infine MicheleBerlingo.La bisnonna Pina, che tutticonoscono, è stata per 30 anniportalettere a Budoia e Santa Lucia,fra l’altro in tempi nei quali moltevolte una lettera era l’unica fonte dinotizie di un marito, di un figlio, di unfratello lontani. Quante lacrime,quanti sospiri, quantepreoccupazioni ha visto la nostraPina! Ora, a ottant’anni suonati,dopo aver amorevolmente assistitodue mariti e la nuora,prematuramente scomparsi. haancora voglia di confezionare degliottimi dolcetti dei quali chi scrive è ungoloso beneficiario.Il nonno Pino Poe (classe di ferro1943!) ha cominciato a lavorare daragazzino a causa della malattia edella morte del padre Perin (anch’egliportalettere come il padre Cencioche gli anziani ricordano come

Il nuovo consiglio della Pro Locodi Budoia, eletto dall’Assembleadei Soci dell’11 febbraio 2005, siè riunito per la prima volta merco-ledì 16 per la definizione delle ca-riche sociali.È stato riconfermato presidente ilsottoscritto, Gian Pietro Fort, chesarà coadiuvato da Marco Mar coz(vice presidente), da Davide Fre -gona (segretario amministrativo)e da Alessandro Baracchini (se-gretario contabile). Gli altri consi-glieri sono Roberto Andreazza,Matteo Bocus, Fernando DelMaschio, Mirco Fort, Michele

Nof consiliode la Pro Loco

Graniero, Na bil Kahol, EmanuelaLot, Luigino Morson, AntoniettaTorchetti, Andrea Usardi, StefanoZambon.L’eterogenea composizione delconsiglio, che vede l’alternarsi dinomi già conosciuti ad altri nuovi,rivela da un lato la continuità pro-grammatica rispetto alla compa-gine precedente; al tempo stes-so però si vuole sottolineare uncerto ricambio generazionale,con l’elezione di nuovi giovaniconsiglieri. Questo porta nuovalinfa e nuove motivazioni adun’associazione come la ProLoco, che deve sempre mante-nersi viva e vitale all’interno dellecomunità in cui opera.

GIAN PIETRO FORT

raccoglitore e distributore di notiziepaesane a scapito a volte dellaconsegna della posta!), a diciassetteanni prese la via dell’estero. Dopoaver girato mezza Europa, saltò il«fossal» e si stabilì negli Stati Uniti,dove crebbe come ristoratore allascuola di un altro emigrante famoso,Antenore Carlon. Si mette in propriogestendo per molti anni un grossoristorante in prossimità di New York.Nel frattempo sposal’indimenticabile Luisa. le cui spogliemortali riposano nel nostro cimitero.Lavorando sodo insieme, comemolti nostri emigranti, riescono afarsi un ottimo nome e un buonpatrimonio. Ora Nino si gode lameritata pensione facendo la spolafra l’America (non ha paura

dell’aereo come chi scrive!).La mamma Adriana, figlia unica delPoe, dopo aver lavorato nel ramoturismo, attualmente ha scelto ilmestiere di mamma. Il marito è unitalo-americano di terzagenerazione.Michele (all’anagrafe Berligo MichaelPoe) ha due anni e inevitabilmentesomiglia tutto al nonno!

FERNANDO DEL MASCHIO

Sto an, tanta neif

Da anni, nei nostri paesi, non ca-de la neve. Abitualmente ogni in-verno la vediamo solo sullemonta gne sino all’altezza di Bro -gnasa.Quest’anno il tempo ci ha riserva-to la sorpresa di trovarla fuori dal-la porta di casa.Oltre alla solita allegria e poesiache la neve ci regala c’è stato an-che qualche piccolo disago per laviabilità subito risolto dagli inter-venti dell’Amministrazione comu-nale. La foto a lato di VittorinaCarlon mostra l’arco prealpino in-teramente imbiancato.

Auguri dalla Redazione!

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28 marzo 2004 nella chiesa di Dardago è stato celebrato il bat-tesimo di Martina Zoni, figlia di Alessia Zambon e di MassimoZoni. Dopo la cerimonia ecco una bella foto con le quattro gene-razioni: Ermellina Bocus, Corrado Zambon, Alessia Zambon eMartina Zoni.

Sabato 26 giugno 2004, nella chiesa parrocchiale diS. Agnese a Roraipiccolo, si sono sposati Claudia Pugnettie Fabio Fort.La cerimonia è stata animata dai canti del Collis Chorus,dove cantano parenti e amici degli sposi.

Un momento della cerimonia del battesimo di Angelica Muraretto.La piccola è tra le braccia di mamma Marzia e papà Sergio.

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Vicenza, 22 gennaio 2005

Spett. le redazione,con sentimento di intima commo-zione, ringrazio per le espres sionidi partecipante apprezzamentodella «recensione» alla mia ope-retta «Unicità» nell’ultimo numerodella bella rivista «l’Artu gna».

Lo considero un riconosci-mento in radice – radice d’origine– per la mia testimonianza di ri-flessione spirituale e poetica.

Nel suddetto numero, poi, mitrovo fortuitamente riunito conme morie dei miei fratelli «darda-ghesi» figli di primo letto di miopadre Leone Burigana – scultore.A pag. 27, la fotografia di mia so-rella, maestra Irma Burigana, conla sua scolaresca nell’anno1930/31 e, a pag. 36, mio fratelloGiuseppe Burigana – menzionatocon gli appellativi con cui si iden-

Milano, 19 gennaio 2005

Spett. le redazione,con il mio modesto aiuto accludo,se può interessare, la foto dei par-tecipanti all’ultima cuccagna fattain piazza a Dardago (1965). Belleamicizie, bei ricordi!

Ho segnato i nomi di ciascu-no; ne mancano, però, alcuni dicui non sono riuscito a ricordare.Mi scuso.

Se la foto verrà pubblicata, rin-grazio anticipatamente e viviamosempre con l’Artugna nel cuoreanche se distanti.

Un abbraccio a tutti.

ELIA ZAMBON PALATHIN

Caro Elia, certo che pubbli-chiamo la foto. L’avrai già vista

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Venezia, 16 dicembre 2004

Spett. le redazione,Dardago è un paese veramenteinternazionale. Da Parigi una miaamica, sapendo quanto io sia at-taccata alle mie radici, mi ha por-tato un CD trovato in un grandenegozio di dischi. È una registra-zione eseguita nella nostra chiesadall’organista Catherine Todo -rovski nell’ottobre 2000.

Fa piacere farlo conoscere.Tantissimi auguri per il vostro

lavoro e anche per un sereno2005.

Cordiali saluti.

EDDA ZAMBON BELLINI

Grazie per la segnalazione, ca-ra Edda. Il nostro organo, unCallido (1780?), dopo essere sta-to restaurato dalla ditta Zanin diCo droipo (1993/1994), è statosuonato da molti organisti: alcunianche stranieri. Talvolta il loroconcerto è stato anche registrato.

Il CD a cui si riferisce è statoprodotto dalla «Syrus» e fa partedella serie «Venise baroque», no-no volume della collezione «LaMusique d’Orgue Italienne».

Firenze, 24 dicembre 2004

Spett. le redazione,spero che, nonostante l’approssi-matività dell’indirizzo, questa lette-ra, con la collaborazione dell’«uf -ficiale di posta» giunga alla giu stadestinazione.

Dal mio cognome sono evi-denti le mie origini, e, anche senato a Verona e cresciuto aPadova (e da quasi cinquant’anniresidente a Firenze), sono rimastofortemente attaccato ai luoghi do-ve, da bambino e poi da ragazzo,trascorrevo le vacanze estive nellacasa del nonno.

Ieri, scambiando gli auguri te-lefonici con il mio bis-cugino

Mario Fort (che non contattavo dalungo tempo) ho avuto notizie del-l’esistenza della vostra rivista, dicui lui è entusiasta. Sarei molto fe-lice di potermi abbonare e vi pre-go di darmi tutte le opportune no-tizie in proposito.

Ringrazio vivamente e porgo imiei più cordiali auguri.

ANTONIO FORT

La sua lettera è arrivata, carosig. Antonio. Talvolta le poste fun-zionano molto bene!

Siamo felici che sia venuto aconoscenza de l’Artugna, perchéuno dei motivi che ci spingono aperseverare nel nostro lavoro èproprio quello di mantenere il le-game tra la nostra terra e coloroche per vari motivi vivono lontani.

Come vede è già abbonato.Se desidera può usufruire delbollettino allegato. Anche a lei uninvito che spesso rivolgiamo ainostri lettori: con la sua vita tra -scorsa in alcune tra le più bellecittà d’Italia (e del mondo) non lemancheranno di certo spunti peruna sua collaborazione con noi!

Ricambiamo gli auguri.

nelle pagine precedenti. Dici chequesta foto ti fa ricordare le belleamicizie e la tua vita di qua-rant’anni fa. ma non solo a te:parlando con alcuni dei presentinella foto (Espedito, Piero Theco,Pierino Tarabin) per reperire i no-mi mancanti, sono emersi ricordied aned doti di quella «mitica»cuccagna.

Grazie per la collaborazione.

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Milano, 5 gennaio 2005

Salve,anni fa avete pubblicato l’alberogenealogico della mia famiglia(Jan na-Tavan) a partire, se ricordobene, dal 1650.Sarebbe possibile averne una co-pia via e-mail?Ho notato che, nel corso degli an-ni, qualcuno (io e mio padre adesempio) ha perso la J per passa-re a Ianna. Come mai?Sono solo disguidi anagrafici o cisono altri motivi?Vi ringrazio anticipatamente.

ROBERTO IANNA

Caro Roberto,la redazione è lieta di inviarti amezzo posta una copia dell’alberopubblicato nell’aprile del 1984.Trasmetterlo via e-mail non è pos-sibile.

Per quanto riguarda l’esattagrafia del tuo cognome rispondere

IN ALTO. LINEA FERROVIARIA SACILE-PINZANO.

LA TABELLA INDICANTE LA STAZIONE DEL NOSTRO

CAPOLUOGO PORTA LA «J» .

AL CENTRO. FRONTESPIZIO DELLA RACCOLTA

MAPPALE DEL COMUNE CENSUARIO DI BUDOJA

CON DARDAGO E COSTA, 1837 (ARCHIVIO DI STATO

DI PORDENONE).

SOPRA. VERBALE MANOSCRITTO DI UN CONSIGLIO,

TENUTO IN DARDAGO, DATATO 13 APRILE 1797.

NELL’ELENCO DEI CONSIGLIERI SI LEGGE «PIETRO

JANNA TAVAN»

tifica affettuosamente di «BepinJanna Ciampaner».

Un congiungersi, quindi, dimenzioni – grazie alla Rivista – checompensano, nella memoria, lon-tananze e divaricazioni decretate,spesso malgrado i protagonisti,dal «determinismo esistenziale», dicui si subiscono gli effetti, ma dicui non possediamo, se non a po-steriori, il canovaccio….

Doppia gratitudine quindi allaRivista, con ogni caro augurio.

MARIANO BURIGANA

Gent.mo Sig. Mariano,siamo veramente felici per la for-tunata coincidenza della pubblica-zione nello scorso numero dellarecensione della Sua «Unicità» edelle foto dei Suoi fratelli da sem-pre amici de l’Artugna.

Questa coincidenza ha datopiù significato alle nostre poche ri-ghe per presentare il suo ultimolavoro.

esattamente è difficile. Comunqueprovo o perlomeno spero di met-tere qualche puntino sulle i, vistoche di «I» o «J» parliamo.

I documenti conservati nell’ar-chivio della Pieve di Santa MariaMaggiore di Dardago per il nostrocomune sono i più antichi e, quin-di, a mio avviso i più attendibili al-meno dal punto di vista storico;inoltre, non dobbiamo dimenticareche i registri della Pieve fungevanoanche da anagrafe civile (nascita,matrimonio, morte) prima che sicreasse l’attuale sistema di regi-strazione. In questo archivio le re-gistrazioni manoscritte o le docu-mentazioni a stampa (vedi stam paal laudo «Per il commun di Budojadel 1754) il nostro cognome portala «J» come iniziale pur con varia-zioni del tipo: Jana, della Jana,dal la Janna o Janna. Non è possi-bile, come detto prima, eseguireun confronto «parallelo» con deiregistri anagrafici comunali se nonin epoca più moderna.

L’archivio del Comune di Bu -doia è stato bruciato nella Se con -da Guer ra Mondiale e successi-vamente riscritto dalla copiaori ginale depositata in Tribunale.

Ma forse non è nemmeno qui ilmomento del mutamento.

Quasi sicuramente un errorec’è stato. Oppure c’è stata unavolontà di cambiamento nel rite-nere la «J» un retaggio del latinomedioevale e poco italiano mo-derno? Tutto ciò non è ancorachiaro. Spero in futuro con l’aiutodella redazione de l’Artugna e dialtri studiosi in materia poter ri-spondere correttamente. Per ilmo mento per «el comun deBuduoja» gli Janna sono tutti Ian -na. Godiamoci con un sorrisoquesta deregulation.

Con la speranza di poter ri-spondere più ampiamente con unarticolo in un prossimo numero,allego alcune foto per testimoniarel’uso della «J» (come semiconso-nante) nel nome del capoluogo«Budoia».

VITTORIO JANNA TAVÀN

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Situazione economica del periodico l’Artugna

Periodico n. 103 entrate uscite

Costo per la realizzazione+sito Web 3.004,00Spedizioni e varie 159,00Entrate dal 10/12/2004 al 28/02/2005 3.581,00

Totale 3.581,00 3.263,00

bilancio

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«Gente, case, pietre, laboriosità»:sono alcune delle parole-chiave checontribuiscono ad approfondire laconoscenza di un campo d’indagine– qual è il territorio budoiese – giàcostantemente «monitorato» dalnostro periodico l’Artugna, in vita datrentatré anni, e dalle suepubblicazioni.Il nuovo volume, edito dal Comunedi Budoia, è il frutto di una serie ditematiche sviluppate da vari autoricoadiuvati dallo studioso Pier CarloBegotti. Si articola in sette interventiconcernenti il mutamento –sia storico che geografico, siaantropico che linguistico – esoprattutto dell’identità locale.In uno spaccato territoriale,s’illustrano morfologia, paesaggiocon i suoi insediamenti, storia, arte,

Invio il mio contributo pro restaurichiesa.

AURELIO ZAMBON · MILANO

Rivolgiamo un pensiero al nostropapà Girolamo.

ALESSIO E FABIO ZAMBON – BELLEGRA · ROMA

Con i migliori auguri per un feliceanno nuovo a tutti.

REMIGIO IANNA · VENEZIA

Con molto piacere ricevo la rivistal’Artugna. Auguri a tutti voi.

GIANCARLO ZAMBON · ROMA

Per il 2005, assieme ai miei ringra-ziamenti per la vostra interessantis-sima pubblicazione, vi mando tanticari auguri.

MARIA ANGELIN · TRIESTE

Saluti ed auguri a tutta la redazione.

DONATELLA ANGELIN · MILANO

Un raggio di sole è entrato nella miacasa. È arrivata l’Artugna. Un ab-braccio a tutta la redazione e uncomplimento per tutte le informa-zioni e gli articoli anche commoventiche ci offrite. Grazie di cuore.

VICTORIANO FORT PITUS · MILANO

In memoria di Rigo Ferdinando.

FAMIGLIA RIGO ADELAIDE · TORINO

In memoria di Giuseppe Bastia nello.

MARIA VIDALE · VENEZIA

Con gli auguri più cari e sinceri pertutta la Comunità.

SILVANA ZAMBON · ROMA

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enti]

*Tra le entrate sono inclusi 600 euro del compenso per la collaborazione di VittorinaCarlon alla realizzazione del libro «Budoia, dhent, ciase, crode e storie» e da lei devo-luti al nostro periodico.

*

parlata e tradizioni, ovvero sievidenzia la tenace laboriosità checaratterizzò nei secoli gli abitanti diquesti paesi uniti dalle medesimeradici. Conclude un sintetico cennoall’associazio nismo.La monografia è corredata di unprezioso apparato iconograficocurato anche dalla locale sezioneAFNI, mentre la copertina è lo studiodell’attivo Gruppo Giovani delComune.

Budoiadhent, ciase, crodee storie

Pier Carlo Begotti (a cura di), Sequals,

Comune di Budoia, 2004

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DOMENICA DELLE PALME Budoia Dardago• Benedizione dell’Ulivo sul sagrato,

processione e Santa Messa di Passione 9.30 11.00• Vespero e apertura

dell’Adorazione Eucaristica delle 40 ore – 15.00• Santa Messa Vespertina e apertura

dell’Adorazione Eucaristica delle 40 ore 18.00 –

LUNEDI, MARTEDI, MERCOLEDI SANTO• Santa Messa e apertura della solenne

Adorazione Eucaristica delle 40 ore 9.00 9.30• Chiusura dell’Adorazione Eucaristica 18.00 11.30

GIOVEDI SANTO• Santa Messa Vespertina «In Cœna Domini»,

riposizione del SS. Sacramentoall’Altare del Sepolcro, spogliazionedegli altari e adorazione.Raccolta salvadanai«un pane per amor di Dio» 20.00 18.30

VENERDI SANTO• Suono dei 33 rintocchi

«nell’ora della morte di Cristo» 15.00 –• Azione Liturgica della morte di Gesù,

recita del Passio, adorazione della Crocee Santa Comunione 15.30 17.00

• Solenne Via Crucis, con partenzadalla Chiesa di Budoia e conclusione nella Chiesa di Santa Maria Maggiorea Dardago (in caso di maltempo,la Via Crucis si svolgerà nella Chiesa di Budoia) 20.00 –

SABATO SANTO• Benedizione del fuoco ed accensione

del Cero Pasquale sul sagrato, Veglia Pasquale, benedizione dell’acqua con rinnovazione delle promesse battesimali e Santa Messa di Risurrezione 22.00 20.30

DOMENICA DI PASQUA• Santa Messa Solenne 10.00 11.00• Santa Messa Vespertina 18.00 –

LUNEDI DI PASQUA• Santa Messa 10.00 11.00

CONFESSIONI

Lunedi, martedi, mercoledi Santo 17.00/18.00 16.00/17.00Venerdi Santo 15.00/15.20 18.00/19.00Sabato Santo 16.00/18.00 18.30/20.00

Bambini e ragazzi (con l’orario del Catechismo)

DELLA SETTIMANA SANTA

programma IO L’HO UCCISO

Io L’ho ucciso.Non la congiura del Sinedrio,non la folla che urlava: Crucifige,non le ferite inferte sul Calvario.

Non ebbi pietàdegli occhi dell’Agnello,del cuore della Madre.

Io L’ho ucciso.Il Suo sangue è nelle mie mani,nei miei occhi l’orrore della Sua morte.

DONATA DONI

da Il fiore della gaggia,Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1973

Buo

na P

asqu

a

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Dardago e Budoiavisti dalla pianura

...All’orizzonte una montagna bianca:ferisce l’aria quel biancor di neve

Vive la luce:bianca a dicembre, verde a primavera

Il cuore vede e canta la sua gioia.

DA «FANTASIE DI PRIMAVERA» DI LYDIA AIMONETTO