l'Artugna 90 - Agosto 2000

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXIX Agosto 2000 Numero 90 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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Periodico della Comunitàdi Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXIX Agosto 2000 Numero90 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa LuciaAnno XXIX Agosto 2000 Numero 90

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2 Tessere preziosedi Roberto Zambon

3 La lettera del plevandi don Adel Nasr e don Nillo Carniel

4 Nible de la corieradi Roberto Zambon

7 I nostri cognomi nella retedi Anna Pinal

10 Andar per fioridi Annalisa Quaia

12 Una staffa di Carlesso sul Crepdi Umberto Sanson

13 Veste nuova al presbiterio di Simonetta Gherbezza e Marta Bensa

15 Mario Signora, l’uomo dei princìpidi Walter Arzaretti

17 La raccolta delle patate (1948)di Clelia Zambon

La corletadi Angelin Frith

18 La mammadi Carla Andreini

19 Le piste dei Berberidi Claudia Pez

22 Intorvìa la tólaa cura di Adelaide e Melita Bastianello

23 L’angolo della poesia

24 ’N te la vetrina

26 Lasciano un grande vuoto...

27 Cronaca

31 Inno alla vita

32 I ne à scrit

34 Programmi e Bilancio

35 Avvenimenti

Un mosaico è proprio un’opera straordinaria.L’Italia è particolarmente ricca di capolavo-

ri creati con questa tecnica. Anche vicino a noisi trovano grandi mosaici conosciuti in tutto ilmondo per il loro splendore. Pensiamo a quellifamosissimi di Ravenna (nelle grandi basilichedi San Vitale, di Sant’Apollinare, o in quel pic-colo gioiello che è il mausoleo di Galla Placidia),ai mosaici preziosissimi nella basilica di SanMarco a Venezia oppure a quelli che ricopronoil pavimento, appena restaurati, nella basilica diAquileia.

Certo che creare queste opere deve richiede-re tempo, pazienza, fantasia, bravura: gli artistiche con somma maestria ci hanno regalato talicapolavori hanno dovuto, dapprima, selezionarele migliaia di tessere dai vari colori, forme e mi-sure e poi le hanno affiancate e fissate l’una con-tro l’altra fino a creare le figure che tanto ci af-fascinano.

Grazie alla resistenza dei materiali utilizzatie alla bravura degli artisti ci sono pervenuti mol-ti mosaici antichi, conservati nel loro splendoreoriginale.

È stupefacente come l’intelligente unione ditanti piccoli elementi di scarso valore riesca a for-mare opere di valore inestimabile.

Le tessere di un mosaico, infatti, sono solocubetti di marmo, pietra, vetro o terracotta. Alcunesono un po’ più ricche delle altre ma perfino quel-le d'oro e d'argento hanno solo un sottilissimo fo-glio del prezioso metallo applicato a comuni la-stre di vetro.

Eppure basta che manchi anche una sola tes-sera e il mosaico si impoverisce. Se le tessere co-minciano a staccarsi e non vengono sostituite,tutto il mosaico corre il pericolo di andare in ro-vina.

Mi piace pensare alla nostra comunità comea un bel mosaico formato da tante tessere. Neisecoli, queste hanno perso il loro splendore, so-no invecchiate ma sono state sempre rimpiazza-te da altre più giovani e lucenti in una sapienteopera di restauro: così la comunità è cresciuta econsolidata, ha superato difficoltà di ogni tipo edè arrivata fino ai nostri giorni.

Anche noi, tessere del mosaico, operiamo ac-canto a tessere preziose per la nostra comunità.Una di queste è senz’altro Ovidio che per decenniha prestato la sua opera come sacrestano dellaPieve. Sempre presente, competente e preciso hafatto sì che la chiesa fosse sempre in ordine e la

Tessere preziose

Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago,Budoia e Santa Lucia (PN)Direzione, Redazione, AmministrazioneTel. 0434/654033 - C.C.P. 11716594Internet: http://www.naonis.com/artugnaE-Mail: [email protected] responsabileRoberto Zambon - Tel. 0434/654616Per la redazione Vittorina CarlonImpaginazione Vittorio JannaEd inoltre hanno collaborato Ennio Carlon, Luigi Modolo, Espedito ZambonEuridice Del MaschioAutorizzazione del Tribunale di PN n. 89 del 13-4-73Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20,lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.Stampa Arti Grafiche Risma - Roveredo in Piano/Pn

SSoommmmaarriiooin questo numero...

ed inoltre… nel supplemento ’l Cunàth

1 L’Italia, ieri paese di emigranti, oggi paese di immigratidi Paolo Signora

3 Un dardaghese tra i coscritti udinesi del 1833di Lorenzo Smrekar

4 L’Artugna in Ungheriadi Marta Zambon

6 Festa diocesana dell’A.C. a Concordiadi Gruppo A.C.G.

6 Festa del Bambino in Carinzia

7 A Gardaland con l’Arco Irisdi Marina, Alessia, Elena

8 Quattro chiacchiere con Elenadi Laura e Sara

In copertina. La nostra Comunità s’impoverisce: una tessera preziosa èstata sradicata con violenza.Il rischio di un impoverimento spirituale e sociale con conseguentemassificazione dell’uomo è tangibile.Dobbiamo rassegnarci o lottare con speranza?

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3La lettera del plevan

Basilica di Aquileia.Lotta tra il gallo e la tartaruga.Particolare del grande mosaicopavimentale.L’immagine raffigura l’eternalotta tra le tenebre (tartaruga)e la luce (gallo).Alla fine il vincitorericeverà il premio, la coppasopra la colonna.È un simbolismo caro anchea religioni paganeper l’immediata comprensione.

liturgia si svolgesse con la dovuta cura e solen-nità. Ovidio, il prezioso aiuto per tanti pievani,ora non può più essere accanto al celebrante, pre-parare i paramenti, accendere le candele, suona-re le campane... La malattia lo ha fermato proprioprima della Settimana Santa, il periodo in cui l’ope-ra di un sacrestano è fondamentale per il buon an-damento delle funzioni più importanti e sentitedell’intero anno liturgico.

E come Ovidio, altre colonne della nostra co-munità, altre tessere sentono il peso degli anni. Ilmosaico si sta impoverendo e il «restauratore» fafatica a trovare quei pezzetti di marmo o di vetrocolorato per ridare nuova vita e portare questa pre-ziosa opera anche nel terzo millennio che stiamoper iniziare.

Il rischio di un impoverimento spirituale deinostri paesi è reale. La comunità cristiana ha sem-pre costituto il fulcro dei nostri paesi; attorno al-la chiesa e nella chiesa si è sviluppata la storia deinostri padri ma ora sembra che tutto questo nonconti più nulla.

Dobbiamo rassegnarci o possiamo continuarea sperare?

ROBERTO ZAMBON

Carissimi tutti, vicini e lontani, siamo nel cuo-re dell’estate in cui celebriamo l’Assunzione diMaria al cielo in anima e corpo. Questa festa nonè solo importante ma molto significativa, perchési celebra una primizia di redenzione, perciò tut-ti gli uomini aspettano la redenzione del propriocorpo. Il Signore Gesù è venuto nella carne persalvare la carne, quindi la nostra salvezza è, nonsolo nell’anima e nello spirito, ma anche nel cor-po, per questo tutto il nostro essere è prezioso. IlGiubileo ci ricorda di tornare a Dio con tutto ilcuore, che in senso biblico indica la totalità dell’es-sere. Allora è bello sentire la salvezza di Dio innoi. Qualcuno mi chiede: «Come può avvenire ilGiubileo, che è salvezza di Dio, nella mia vita?»

La Bibbia e i Santi rispondono di praticare laGiustizia e la Carità, ed agire nella bontà e nelperdono reciproco. Sarebbe molto bello se tuttigli uomini praticassero questi princìpi anche sein minima parte: si avrebbe così un paradiso an-ticipato. Invochiamo la benedizione di Dio perl’intercessione della Vergine Assunta su tutti voie le vostre intenzioni a gloria di Dio.

I vostri parrociDON ADEL NASR E DON NILLO CARNIEL

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Nible de la coriera, classe 1901. Un perso-naggio che appartiene alla storia dei nostri addiie dei nostri ritorni. Con il suo camice color sab-bia e bordi blu, divisa di allora, e l’eterno berret-to a visiera un po’ sfatto dall’uso, era sempre adattenderci a Sacile, come un capitano con l’ordi-ne di riportarci all’ovile, per ricomporre i paesiin continuo spopolamento.

Tanti ne riportava a casa, e di più ne ricondu-ceva poi al treno che li scaraventava prima aVenezia, poi sempre più lontano.

Siamo passati tutti di lì, sulla sua corriera, co-me in una strettoia di imbarco. Era un momentodi commozione. Quando partivi, lasciavi una li-bertà infinita, ma non sapevi dove saresti finito.

Quando tornavi vedevi che l’avere mollato leradici era un po’ come essere stati buttati via. Conil tempo diventavi sempre più estraneo. Eri di pas-saggio, cioè di nessuno.

Nible era un volto di riconciliazione, ti senti-vi riammesso, riaccettato, accompagnato fin sul-la piazza come per un ingresso di onore.

Quando poi rimetteva in moto per riportarti aSacile, dava una grande sbuffata di polvere e digas di scarico ai residenti che si sbracciavano persalutare, come a cancellarli e farli dimenticare su-bito, per alleviare il senso di abbandono.

Anche lui era eternamente in partenza, fuoridi casa per 15 ore al giorno.

Una cassetta con dentro pochi oggetti, rasoio,posata, asciugamano e qualche piccolo attrezzo,era tutto ciò che aveva con sé.

Era una comune scatola di legno, sulla qualea volte appoggiava i gomiti per riposarsi fra unacorsa e l’altra.

Un cuscino ben duro, per uno che ogni gior-no macinava chilometri lungo strade tortuose esconnesse, sollevando polveroni come un caro-vaniere del deserto.

Il suo pasto era pane e latte, che la SantaSartorela provvedeva a rifornirgli. Per quei tem-pi non sembrava un mangiare povero. Malgradola frugalità, Nible aveva un qualcosa di signori-le, un tono curato che non lasciava immaginareuna vita tanto dura. Però in qualche scatto bruscoe nervoso traspariva la sua stanchezza di solitoben dissimulata.

Era compare di Piero Postin, cioè santolo diuno dei figli, e possedeva il cartellino di fiducia-rio per la presa e consegna dei sacchi postali. Queiplichi di lettere arrivate e attesissime erano pre-sto tra le mani di Piero, messe tutte in ordine e

Nible de la coriera

La corriera del mattino, che

frequento io nel mio andirivieni Dardago-

Milano, è uno spasso: nel periodo scolastico, all’al-

ba delle 7,15 salgono decine di sonnambuli, con i loro zai-

ni colorati e pesanti come macigni... Quando risalgono alle

due passate, sono pallidi e affamati come martiri usciti dalle tor-

ture... Tra loro ci sono dei personaggi in miniatura: bulli e bulle ve-

stiti e truccati da adulti, che vorrebbero saltare via la giovinezza come

un’età senza attrattive...! Utilitaristi che ossessivamente ripassano gli

argomenti delle interrogazioni per sapere tutto alla pari dei loro inse-

gnanti... Giocherelloni che con le loro trabaccole elettroniche sperano

di scoprire i segreti dei missili interplanetari... Chi va in automobi-

le, si perde tutto questo fermento emotivo della precoce follia uma-

na..... La cosa più incredibile è la dolcezza di questi ragazzi...

ma da dove verrà? Non dai libri, non dai professori, e for-

se non dai genitori... mah!

La corriera è proprio un luogo

di riflessione!

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lui, el postin, era dietro lo sportellino, con gli oc-chiali sul naso, a farsi domandare:

«In elo de mea?»Lui sapeva già quando non ce n’era. Aveva

già scorso due o tre volte tutta la posta arrivata.Ma fingeva di cercare lentamente, ogni volta, perrispetto di quel viso teso e speranzoso.

«No, la rivarà doman».Giorno dopo giorno, Nible vedeva la fila di

impazienti arrivati con anticipo, che aspettavanoseduti sulle panche di pietra del Maressial.Aspettavano lui.

Era lui a portare la felicità.Quel pezzo di mondo che era lontano tornava

presente ad ogni arrivo di sacco postale, con mis-sive, foto, rassicurazioni, in lettere e cartoline.

Tra i giovani era abitudine nascondere sottoil francobollo romantiche frasi d’amore, comequelle dei famosi cioccolatini, oppure parole scher-zose e divertenti.

I sacchi quando ripartivano erano molto leg-geri, con poche lettere, scritte in bella calligrafiasul cjantonal del fogher; emanavano ancora unprofumo di legna e mostravano le tracce di cene-re usata come carta assorbente.

Più spesso venivano spedite cartoline illustratedi auguri... buon onomastico, buona Pasqua... ca-riche di valori simbolici ed affettivi.

I sacchi di posta viaggiavano accanto al gui-datore. Sul tetto della corriera, a cura del bigliet-taio (inizialmente Piero Sartorel) venivano alli-neate tutte le valigie, alcune gonfie da scoppiare,

Foto accanto: Dardago.Anni trenta (collezione privata).All’ombra del campanile lacorriera de Nible riscaldail motore per riprendereil quotidiano percorso.

Foto a sinistra: documentirinvenuti negli uffici della Saitadi Udine da Luigi Modolo,cui va il nostro cordialeringraziamento perla premurosa collaborazione.

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e anche masserizie, attrezzi agricoli di tutte le for-me per i contadini che andavano a rifornirsi aSacile, casse di verdura della Neta... Un giornoarrivò persino un porthitut tenuto legato in un sac-co che, per gli scossoni delle strade piene di bu-che, riuscì a scalciare, sciogliere il sacco e vola-re via dando filo da torcere per farsi riacciuffaretra le risate.

L’arrivo della corriera si faceva udire da lon-tano con il suo clacson suonato prima delle cur-ve come un segnale di allegria.

Se strombazzava ad un muss, questo diventa-va anciamò pi muss.

«No podevelo tirasse drio ancia ’sta caretachel Nible là, e ancia mi deve a tordio come du-ti chei là... che desgrathia nasse muss...» dicevala povera bestia scuotendo le recie per il fastidio.

Gli orari della corriera li conoscevano tutti, ea richiesta erano comunicati a voce. Non c’eranotabelle.

«Vala a Pordenon ’sta coriera?» domandavauna donna a Piero Sartorel appoggiato sul fine-strino posteriore.

«No», risposta chiara e sintetica.«Vala a Pordenon ’sta coriera?» domandava

la stessa donna a Nible seduto al volante.«Se non la va a Pordenon da drio, no la va

nencia davanti». Risposta arguta da lasciare sen-za fiato.

Lavorare con Nible non era sempre facile. Ladurezza era lo stile dei tempi.

L’unica protezione del posto sicuro erano pa-zienza e buona volontà. Piero Sartorel era anco-ra ragazzo quando doveva mandare giù bocconi

amari. Nel suo primo lavoro di aiutante control-lava i biglietti forandoli con un chiodo. Anni dapionieri, quelli. Da allora la corriera si ammo-dernò in continuazione, soprattutto in occasionedei passaggi di proprietà: Puppin, Sap, Saita,Atap...

Nible, cioè Annibale Fornasieri, questo era ilsuo nome, arrivava ogni giorno da Aviano. Uscivacon il motorino alle 5.30 del mattino, per far par-tire la corriera da Dardago alle 6. Rimasto vedo-vo con due bambine, un bel giorno decise di ri-sposarsi. Ad una passeggera che saliva in corriera,le chiese:

«Dove va?»«A fare la cuoca in Svizzera».«Non vorrebbe fare la cuoca a me?»Probabilmente l’aveva notata altre volte ed

omaggiata già di qualche frase galante prima dipassare ad una proposta così diretta.

Si sposarono e quando andò in pensione, luiinstancabile viaggiatore, si dedicò al campeggioper continuare a girare il mondo, da dividere conla moglie a fianco. Ex cuoca di professione. Vitalibera, questa volta rallegrata da manicaretti sem-pre in tavola... Ai tempi di «pane e latte» nonavrebbe mai osato pensarlo. O forse sì?

ANNA PINAL

(CON LE INFORMAZIONI

DI FRANCINA ZAMBON SARTOREL)

Nella foto: Inaugurazione,nel1912 a Pordenone, dei serviziautomobilistici pubblici con ipaesi della pedemontana.Gaspardo Paolo, Un secolo, oggi.SOMSI, Pordenone.

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Nel numero 50 (aprile 1987) del nostro pe-riodico, con il titolo «I Registri della Pieve» è sta-ta pubblicata una ricerca sui cognomi, nomi e so-prannomi più usati nei nostri paesi. Tale ricercaaveva come fonte i preziosi registri di battesimodella nostra Pieve e dava appuntamento ai letto-ri per ulteriori ricerche, statistiche e curiosità trat-te dagli altri registri conservati nell’archivio par-rocchiale.

Varie difficoltà hanno impedito, per ora, dimantener fede alla promessa: speriamo in un pros-simo futuro di rimediare.

In questo numero, però, vogliamo analizza-re un altro aspetto dei cognomi più comuni deinostri paesi. Approfittando della mole di infor-mazioni presenti nella rete Internet verifichiamoil grado di diffusione di questi cognomi in ambi-to nazionale. Come vedremo non mancherannole sorprese e le curiosità.

Prima di tutto è doverosa una precisazione.La fonte utilizzata si riferisce alle utenze te-

lefoniche. Pertanto le entità numeriche che in-contreremo nell’analisi non si riferiscono a per-sone aventi un determinato cognome ma adabbonamenti telefonici intestati al cognome stes-so. Considerato che, in media, ogni famiglia è ab-bonata al telefono, possiamo tranquillamente af-fermare che i numeri riportati corrispondono ainuclei famigliari.

Lo studio prende in considerazione i 10 co-gnomi più frequenti nel nostro comune, che so-no: Zambon, Carlon, Fort, Bocus, Del Maschio,Angelin, Janna, Busetti, Lacchin, Bastianello.

I dati relativi ai cognomi Janna e Lacchincomprendono anche quelli presenti con ladiversa grafia Ianna e Lachin.

Il dato che emerge immediatamen-te dalla lettura della tabella riportata èche tutti i cognomi considerati han-no origine friulano-veneta e sono dif-fusi essenzialmente in queste due re-gioni.

Si nota una massiccia presenza aMilano, a Venezia e, in misura mi-nore, a Torino che testimonia la for-te emigrazione delle nostre genti inquelle città, nella prima metà di questosecolo.

Sporadiche, invece, sono le presenze diquesti cognomi nelle altre regioni d’Italia(specialmente del sud).

È particolarmente interessante la scoperta che

I nostri cognomi nella rete

tutti i cognomi analizzati, ad esclusione di Busettie Bastianello, registrano a Budoia una diffusio-ne più elevata rispetto a qualsiasi altro comuned’Italia (escludendo, naturalmente, Milano eVenezia). Ciò porterebbe ad affermare che que-sti cognomi hanno avuto origine nella nostra zo-na. Alla luce dei dati esposti, l’ipotesi è sosteni-bile ma lasciamo agli esperti del settore eventualiconclusioni.

Una notazione particolare merita il cognomeZambon che oltre ad essere il più diffuso nel co-mune è anche il cognome «nostrano» più diffusoin Italia. Oltre che nel comune di Budoia, Zambonè diffuso in tutto il Veneto. Un dato impressio-nante: il cognome è presente in ben 232 comunidella Regione. In nessun comune, però, trovia-mo una concentrazione come a Budoia.

La sua diffusa presenza in tutto il Veneto puòsuffragare l’ipotesi che il cognome abbia avutopiù di una origine. Senza dubbio, però, la suapreponderante presenza nei nostri paesi (special-mente a Dardago) e la antica documentazione sto-rica in nostro possesso ci permettono di stabili-re che il cognome Zambon ha anche una originedardaghese.

Busetti e Bastianello, pur rientrando tra i pri-mi dieci della nostra zona, rappresentano l’ecce-zione alla regola. Infatti la loro presenza a Budoia,percentualmente, è inferiore rispetto alla diffu-sione di questi cognomi nel resto d’Italia.

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Altri dati relativi ai vari cognomi

ZambonÈ presente in quasi tutta Italia, anche se mol-

te regioni meridionali registrano la presenza dipochissime unità. Il cognome è assente in Umbria,Molise, Basilicata e Calabria, mentre è abbastanzadiffuso in Emilia Romagna (46) e nel Lazio (49presenza a Roma, 16 a Latina e 4 a Frosinone).Le presenze nella zona di Latina sono probabil-mente da ricollegarsi con la migrazione di molticontadini veneti durante la Bonifica dell’AgroPontino intorno al 1930.

Come già detto, il cognome è presente in ben232 comuni del Veneto; a tale diffusione non fariscontro, però, una concentrazione rilevante co-me a Budoia. Escludendo Venezia (140 presen-ze, molte delle quali dovute all’emigrazione) i co-muni con una più alta presenza del cognomeZambon sono Padova (84), Villorba di Treviso(56), Schio (49), Treviso (46) e, con circa 30 pre-senze, Pieve di Soligo, San Fior, Susegana, VittorioVeneto, Roncà (VR), Marano Vicentino e Rovigo.

CarlonDiffusione prevalente nel nord Italia, una buo-

na diffusione in provincia di Venezia e in quelladi Padova. Interessante la presenza numerica aSan Martino di Lupari (20).

Il cognome è presente anche in cinque comu-ni della Val d’Aosta tra cui Saint Vincent (8).

Non si trova il cognome in Toscana, in Umbriae nelle regioni a sud delle Marche.

FortIl cognome è presente abbastanza uniforme-

mente nelle regioni del centro-nord. Negli elen-chi di Roma, Fort si trova 15 volte. È assente inValle d’Aosta, in Umbria e nelle regioni a suddelle Marche.

BocusÈ il cognome più «friulano» in quanto ben il

42% delle utenze telefoniche intestate a questocognome si trovano nella nostra Regione. Scarsele presenze nelle regioni del centro sud anche setroviamo un Bocus a Catanzaro.

Del MaschioÈ, forse, il cognome – tra quelli presi in con-

siderazione – più concentrato in tre regioni.

Le comunità: da un’unica originele famiglie si ramificanofino a intersecarsi tra loroper dar vita ad un immensoe vitale disegno.

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In pratica i 91 cognomi presenti sono con-centrati in Friuli, Veneto e Lombadia. Poche pre-senze, solo in Valle d’Aosta, Emilia Romagna,Toscana e Lazio.

AngelinAnche Angelin è un cognome prettamente set-

tentrionale. Infatti è presente in tutte le regioni anord della Toscana ad esclusione della Valled’Aosta. Troviamo il cognome anche nel Lazio ead Alghero (Sardegna).

Ianna/JannaIl cognome con la grafia Ianna è più frequen-

te rispetto a Janna (48 rispetto a 38). Il 90% delcognome è diffuso nelle 3 regioni Friuli, Venetoe Lombardia. Il cognome è praticamente assentenel centro-sud della penisola.

BusettiÈ il cognome a più larga diffusione geografica.

Lo troviamo in ben 17 regioni mancando solo inMolise, Basilicata e Calabria.

La provincia di Treviso, il Trentino e, special-mente, il Bergamasco sono le zone in cui il co-gnome è più presente.

Lacchin/LachinIn questo caso, Lacchin è più diffuso di Lachin

(85 e 68). Il cognome è molto presente in Veneto,infatti il 54% si trova in questa Regione. Il co-mune «piccolo» con maggior presenza è, sempre,Budoia poiché quasi tutti i Lacchin/Lachin delVeneto risiedono a Venezia.

BastianelloIl cognome è diffuso prevalentemente in Veneto

e specialmente nelle province di Padova, Veneziae Vicenza. In queste 3 province, Bastianello è pre-sente in 87 comuni.

Curiosità

Infine, alcune curiosità statistiche.I cognomi percentualmente più presenti a

Budoia rispetto al totale sono Bocus, Carlon eAngelin. Ben il 28% dei Bocus e il 27% dei Carlone degli Angelin d’Italia risiedono a Budoia.

Invece i cognomi con minor presenza per-centuale sono Busetti (3%) e Bastianello (4%).

ROBERTO ZAMBON

Cognome Italia Budoia % Pr. PN Friuli % Venezia Veneto % Milano Lombardia % Torino Piemonte % Resto %

Zambon 2422 121 5 201 263 11 231 1479 61 162 283 12 106 182 8 215 9

Carlon 208 57 27 62 71 34 43 92 44 16 17 8 0 5 2 23 11

Fort 205 39 19 49 73 36 47 61 30 30 40 20 2 2 1 29 14

Bocus 89 25 28 33 37 42 26 24 27 18 19 21 0 2 2 7 8

Del Maschio 91 23 25 25 27 30 30 37 41 15 16 18 0 0 0 11 12

Angelin 81 22 27 27 32 40 25 28 35 12 13 16 2 2 2 6 7

Janna/Ianna 86 21 24 24 26 30 19 29 34 20 22 26 0 0 0 9 10

Busetti 509 19 4 30 54 11 34 95 19 51 228 45 8 19 4 113 22

Lachin/Lacchin 153 17 11 26 30 20 71 83 54 9 15 10 7 9 6 16 10

Bastianello 605 16 3 21 26 4 83 459 76 35 38 6 14 26 4 56 9

Note:Nella colonna Italia sono riportate le utenze telefoniche intestate ai singoli cognomi in tutto il territorio nazionale.Nelle altre colonne «Budoia, Prov. Pordenone, Friuli, Venezia, Veneto ecc.» sono riportate le utenze relative al comune o alle zone indicate.La colonna «Resto» riporta le utenze telefoniche presenti nel rimanente territorio nazionale (Italia meno Friuli, Veneto, Lombardia e Piemonte).La colonna «%» indica il rapporto percentuale tra la presenza del cognome nella colonna precedente rispetto a tutto il territorio nazionale.

(Fonte: http://elenco.iol.it - Luglio 2000)

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Il tipo di vegetazione presente in una deter-minata area dipende da molti fattori tra cui lamorfologia del territorio, le caratteristiche fisico-chimiche del suolo, l’altitudine, le temperature,la piovosità ed anche l’intervento dell’uomo. Visono specie vegetali che si trovano un po’ dap-pertutto, per il fatto che si adattano bene ad unavasta gamma di condizioni, ed altre, molto esi-genti, che hanno distribuzione più ristretta. Salendolungo le pendici di una montagna le caratteristi-che ambientali, prima fra tutte la temperatura,cambiano molto rapidamente ed altrettanto fa lavegetazione; in pianura, dove le condizioni am-bientali rimangono sostanzialmente uguali su va-ste aree, si osserva una vegetazione più omoge-nea.

Trovandosi lungo la linea d’incontro tra pia-nura e montagna, il comune di Budoia può gode-re di entrambi i tipi di vegetazione.

La zona collinare e quella della bassa monta-gna sono caratterizzate da boschetti di querce mi-ste a castagni, aceri, carpini, frassini e a cespuglitra cui noccioli, cornioli, biancospini e viburni.All’inizio della primavera, quando ancora gli al-beri non hanno messo le foglie, il sottobosco sitappezza dei delicati fiori degli anemoni bianchie viola (Anemone nemorosa ed Anemone hepati-ca), delle pervinche (Vinca minor), delle primu-le (Primula vulgaris) e degli ellebori verdi(Helleborus viridis), mentre un po’ più in altocompaiono anche i bucaneve (Galanthus nivalis)ed i ciclamini (Cyclamen europaeum). Risalendole rive sassose del torrente Artugna, verso la chie-setta di San Tomè, si trovano delle piante parti-colarmente amanti del sole e dell’aridità: le bas-se piante di erica (Erica carnea) producono unaprofusione di fiorellini rosa nella tarda primave-ra, mentre gli arbusti di pero corvino (Amelanchierovalis) si coprono in estate di grandi fiori bian-chi.

Il bosco circostante cambia aspetto man ma-no che si sale, infatti, querce, carpini e frassiniconcedono un po’ alla volta lo spazio ai pini, agliabeti, a qualche larice ed ai faggi, che costitui-scono le principali essenze dei boschi montani.Nelle radure erbose ai margini della boscaglia vi-vono, al riparo di ginepri e noccioli, alcune pian-te che, per bellezza e rarità, non temono confronti:Lilium carniolicum ed Hemerocallis lilio-aspho-delus sono splendidi gigli dai fiori color rossoaranciato e giallo, decisamente in contrasto colviola tenue degli iris (Iris pallida cengialti).

Andar per fiori

In questa pagina.

Foto in alto: Hemerocallislilio-asphodelus.

Al centro: Eryngium alpinum.

In basso: Paeonia officinalis.

A pagina 11.

In alto: Amelanchier ovalis.

Al centro: Lilium carniolicum.

In basso: Gentiana lutea subsp.symphyandra.

(foto tratte da «Itinerari botanicinel Friuli-Venezia Giulia»di Livio Poldini, Edizionidel Museo Friulano di StoriaNaturale - Udine)

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Affascinano i rari narcisi bianchi (Narcissus poë-ticus) e le orchidee (Orchis purpurea, Orchis ma-scula...), che spuntano qua e là nell’erba con leloro infiorescenze carnose, mentre le peonie daifragili fiori rosa (Paeonia officinalis) preferisco-no l’ombra del margine del bosco. Nei prati è fa-cile incontrare, in primavera-estate, i fiori giallidi Genziana lutea, quelli rosa dei garofani (Dianthusmonspessulanus...) e dei gerani (Geranium san-guineum...), oppure i fiori viola della Pulsatillamontana, dei crochi (Crocus reticulatus), dellecentauree (Centaurea triumfettii...) e delle cam-panule (Campanula carnica...). Di particolare bel-lezza sono, ancora, il fior di stecco (Daphne me-zereum), arbusto poco appariscente dai fiori rosariuniti in mazzetti all’estremità dei rami, e Coronillaemerus, leguminosa che si copre di moltissimi

fiori gialli a partire da maggio. Alle quote più ele-vate vivono, infine, due piante tipiche dell’am-biente rupestre e delle praterie di alta montagna,sono il Leontopodium alpinum (stella alpina), ca-ratteristico per il fogliame argentato e lanugino-so, ed il Rhododendron ferrugineum (rododen-dro, rosa delle Alpi), arbusto sempreverde daifiori color carminio, riconoscibile dal rosso rug-gine che macchia la pagina inferiore delle sue fo-glie.

Naturalmente a tutela della flora della nostraregione vige una legge (cfr. Sanson U. «La LeggeRegionale 3 giugno 1981 n. 34 (*)», l’Artugna n.37, aprile 1982) che limita, ed in alcuni casi vie-ta, la raccolta delle piante rare e di quelle usateper scopi alimentari ed officinali.

ANNALISA QUAIA

(*)... Il Capo I di detta legge tratta le «Norme per latutela della flora spontanea». Si vietano «la raccolta e ladetenzione» delle seguenti specie:

1. Asphodelus albus Mill. (Asfodelo)2. Cypripedium calceolus L. (Scarpette della Madonna)3. Erucastrum palustre (Pir.) Vis. (Brassica palustre)4. Eryngium alpinum L. (Regina delle Alpi)5. Hemerocallis flava L. (Giglio dorato)6. Iris illiryca Tom. (Iride celeste)7. Iris pallida Lam. (Giaggiolo)8. Leontopodium alpinum Cass. (Stella alpina)9. Lilium bulbiferum L. (Giglio rosso)

10. Lilium Carniolicum Bern. (Giglio arancione)11. Lilium martagon L. (Giglio martagone)12. Narcissus radiiflorus Salisb. (Narciso)13. Nigritella nigra Rchb. (Nigritella)14. Nuphar luteum S. et S. (Nannufero)15. Nymphaea alba L. (Ninfea bianca)16. Peonia officinalis L. (Peonia)17. Phyteuma comosum L. (Raponzolo di roccia)18. Primula auricola L. (Orecchia d’orso)19. Pulsatilla montana (Hoppe) Rchb. (Anemone

montana)20. Wulfenia carinthiaca Jacq. (Wulfenia)

Fra tutte le specie della flora spontanea diverse dallesuddette (come: la viola, la primula, il bucaneve, il mu-ghetto, la margherita, il ciclamino...) «è consentita la rac-colta complessiva giornaliera, per persona, di non più didieci assi fiorali o di fronde se si tratta di felci e di non piùdi 1 chilogrammo di muschio o di licheni allo stato fresco».

«È vietato divellere, estirpare, asportare e distruggerele radici, i tuberi, i rizomi, i bulbi ed i semi delle piantespontanee o di parti di esse nonché di commerciare od of-frire in vendita le stesse». Un esempio ne è la radice dellagenziana lutea (anthiana da sgnapa). Per scopi scientifici,

didattici ed officinali si possono raccogliere le piante «proi-bite» previa autorizzazione delle superiori autorità.

È «permessa la raccolta fino ad un massimo giorna-liero di 1 kg delle parti commestibili allo stato fresco perpersona» delle seguenti 26 specie:

1. Silene cucubalus Wibel (Bobbolini, Stringoli) (sclopetína)

2. Taraxacum officinale W. et W. (Dente di leone) (radicia mata)

3. Gallium mollugo L. (Caglio bianco) 4. Chenopodium sp (Farinaccio selvatico)5. Aruncus vulgaris Rafin (Barba di capra)6. Papaver rhoeas L. (Papavero) (pavàre)7. Urtica dioica L. (Ortica) (urtìa)8. Mentha sp L. (Menta) (mentastre)9. Humulus Lupulus L. (Luppolo) (bruscàndol)

10. Ruscus aculeatus L. (Pungitopo) (spàreso de rusta)11. Cardamine pratensis L. (Crescione)12. Tragopogon pratensis L. (Barba di becco)13. Symphytum officinale L. (Consolida maggiore)14. Ruta graveolens L. (Ruta)15. Asperula odorata L. (Stellina odorosa)16. Valerianella olitoria L. Poll.(gallinelle,lattughini)

(ciantagìal)17. Origanum vulgare L. (Origano)18. Melissa officinalis L. (Melissa)19. Allium schoenoprasum L. (Erba cipollina)20. Rubus idaeus L. (Lampone) (lanpón)21. Rubus fruticosus L. (Mora di rovo) (mora de spin)22. Vaccinium myrtillus L. (Mirtillo nero) (blàsema)23. Vaccinium vitis-idaea L. (Mirtillo rosso) (blàsema)24. Fragaria vesca L. (Fragola) (fragola)25. Arnica montana L. (Arnica) (margarita dhala)26. Rosa canina L. (Rosa selvatica) (rosa o ruosa de cian)

.....

LEGGE REGIONALE 3 GIUGNO 1981, N. 34

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H o r i c o r d a t oRaffaele Carlessoperché ha onorato lenostre crode con ifatti e non posso di-menticarlo per iconsigli datimi eper la simpatia di-mostrata per lanostra montagna.

Parlando dilui uno scoiattolo di Cortinad’Ampezzo mi diceva: «A rampegar co’ lu, an-ca se el xe vecio, xe d’aver paura!». E ciò lo di-ceva uno che in fatto di croda e corda se ne in-tende.

UMBERTO SANSON

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Ad Est dell’abside della chiesetta di San Tomè,nel Comune di Budoia, in territorio di Dardago,presso il torrente Artugna, si eleva per circa 200e più metri, una parete rocciosa del monte Brognasanata dai franamenti che hanno dato origine allasottostante petraia. Tali franamenti hanno origi-nato: pareti lisce, soffitti, scafe ed anfratti similia finestrelle dove ora fanno i loro nidi rapaci diur-ni e notturni. Nella sua parte alta, attraverso unapericolosa entrata, si accede al Landre de Benedéto Benét dove antichissimi abitatori hanno lascia-to traccia.

Il carbonato di calcio di cui la parete è costi-tuita, a prima vista, allontana l’idea di scalarlaperché alquanto friabile e perciò pericolosa; so-lo lui, Raffaele Carlesso, accademico del CAI,poteva tentare un’impresa simile: attrezzare quel-

Una staffa di Carlessosul Crep

la pericolosa parete in cui, ultimamente, ha la-sciato una piccola staffa di corda ed alluminioche penzola nel vuoto. Oso sperare che nessunola tocchi. Ciò è purtroppo successo con certi chio-di. Il bello sarebbe rubare quella staffa seguen-do l’arrampicata di Raffaele Carlesso! Fin dalbasso.

Sulla stampa locale di lui ho letto: «Scomparea 91 anni il più forte scalatore della scuola por-denonese: Raffaele Carlesso» e ancora: «Un leo-ne entrato nella leggenda».

Non solo quel grande rocciatore ha attrezza-to le Crode di San Tomè, ma era anche solito al-lenarsi sul Crodón de la Val Grànda perché, midiceva un giorno, lo riteneva molto utile comeallenamento per il quarto grado.

Foto in alto: Raffaele Carlesso, unleone entrato nella leggenda.

Accanto: Il forte scalatore conamici budoiesi (m.o Sanson)e pordenonesi, alla base d’attaccodelle Crode de San Tomè.

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Partendo da un’altezza di 10 metri circa, sia-mo intervenute sui diversi materiali presenti qua-li: stucchi, dipinti murali ed elementi lapidei, rea-lizzati a cavallo tra il XIX ed il XX secolo. Conla tecnica dello stucco sono stati realizzati tuttigli elementi aggettanti che percorrono le tre pa-reti dell’abside (cornicione marcapiano, cornicea dentelli, elementi a fusaiola, capitelli, putti ala-ti con ghirlande di fiori).

Ricchissima è anche la decorazione realizza-ta nel 1943 con la tecnica della tempera, graziealla generosità della defunta Lucia Lacchin, raf-figurante finti marmi e moduli che si ripetono sututta la superficie del catino absidale (uva, spi-ghe di grano).

Ad un’analisi visiva abbiamo notato che tut-te le superfici prese in considerazione erano co-perte da uno strato più o meno concrezionato dipolvere mista a fumo di candela, depositatasi ne-gli anni; ciò ha portato ad una progressiva opa-cizzazione della doratura e della policromia.Abrasioni, cadute della pellicola pittorica e dell’in-tonaco, nonché ritocchi cromaticamente alterati,interessavano i dipinti murali.

Pessimo risultava lo stato di conservazionedegli stucchi che si presentavano con mancanzedi elementi, con pezzi pericolanti e con prece-denti interventi di restauro esteticamente e strut-turalmente inadeguati.

Individuate dunque le tecniche artisticamen-te originarie e le diverse forme di degrado, si èproceduto alla scelta delle metodologie di inter-vento. Il metodo di pulitura adottato è stato a sec-co (con pennelli di varia durezza e spugne wishab),

sulle zone sensibili all’acqua, mentre sulle dora-ture e sulle policromie degli stucchi è stato sceltoun sistema acquoso (soluzione tampone a pH 8,9).

Come precedentemente ricordato, gli stucchipresentavano grossi problemi. Gli stacchi sonostati fatti riaderire per mezzo di una resina acri-lica (Primal AC33), mentre per gli elementi piùpesanti si è fatto uso di una resina bicomponen-te (UHU Plus).

Veste nuova alpresbiterio

In occasione della solenne festività delCorpus Domini, la parrocchiale di Budoiaha riaperto il portale ai fedeli, anche se an-cora in modo non ufficiale.

L’ufficialità avverrà nel mese di settem-bre a restauro ultimato. Riportiamo di se-guito la relazione delle restauratrici SimonettaGherbezza, titolare della ditta omonima, dal1999, e Marta Bensa, collega-collaboratri-ce, le quali si prodigano attivamente ad ul-timare i restauri di loro pertinenza, anche inquesti mesi estivi.

Un grazie al parroco e ai Consigli am-ministrativo e pastorale della Parrocchia.

Foto in alto: Simonetta Gherbezza e Marta Bensa al lavoro di restaurodell’altare

Foto in basso: Ricostruzione di una foglia di acanto.

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Il rifacimento dei pezzi mancanti è stato por-tato a termine mediante una ricostruzione mime-tica usando gesso scagliola su perni in fibra di po-lipropilene.

I ritocchi di porporina alterati sono stati aspor-tati per mezzo di uno sverniciatore il cui princi-pio attivo è il cloruro di metilene.

Negli stacchi d’intonaco sono state eseguiteiniezioni di malta (6001 Bresciani), mentre neisollevamenti di pellicola pittorica e di foglia d’orosi è proceduto all’iniezione di Primal AC33. Suifinti marmi rossi e sulle decorazioni del semica-tino, risultati decoesi, abbiamo applicato a spruz-zo una resina acrilica (Paraloid B. 72) diluita inacetone al 10%.

Le stuccature delle lacune più estese sono sta-te portate a termine mediante calce e sabbia, men-tre per i piccoli dislivelli che interessavano la pel-licola pittorica è stato usato dello stucco vinilico.Tutti gli elementi metallici a vista (perni in legaferro/carbonio) sono stati trattati con un conver-titore di ruggine (Fertan).

In accordo con la direzione dei lavori, si è de-ciso di effettuare un’integrazione mimetica cheha interessato rispettivamente i finti marmi e ledecorazioni del semicatino absidale, risultantiabrase o macchiate, utilizzando colori acrilici con-siderati stabili nel tempo.

Sui nuovi rifacimenti in stucco e sulle zoneprive di doratura è stata posta una base gialla concolori acrilici, su di essa si è provveduto ad ap-plicare una doratura, mediante oro decalco, usan-do una missione ad acqua.

L’altare del 1884 dedicato a Sant’Andrea eSan Giacomo è stato realizzato nel presbiteriodall’artista G. Minarelli.

L’opera, dorata successivamente, è costituitada marmi policromi e da due sculture laterali instucco.

Tutta la superficie era ricoperta da depositisuperficiali misti a nero fumo; inoltre erano visi-bili diffuse gocciolature di cera di candele. Difronte a tale situazione siamo intervenute conun’accurata spolveratura e con un sistema di pu-litura a secco (gomma, whishab) sulle due statuein stucco. Gli elementi lapidei sono stati pulitimediante impacchi con una soluzione tampone apH 9 supportata da polpa di carta e da fogli di cel-lulosa. Sullo sporco più concrezionato abbiamousato del vapore acqueo.

La Croce di Sant’Andrea si presentava rico-perta da porporina alterata; ciò ha indotto le scri-

venti ad intervenire asportandola con dello sver-niciatore. Essendosi staccata la parte estrema del-la croce, abbiamo applicato un perno in fibra divetro e della resina bicomponente. Lo stesso ade-sivo è stato utilizzato per bloccare il Cristo postoall’estremità del tabernacolo.

Gli elementi in metallo (corona, porta cande-le e bandiera del Cristo) sono stati puliti con unasoluzione di acqua e acetone.

Tutte le leghe ferro/carbonio sono state trat-tate con il convertitore di ruggine, mentre le le-ghe di rame sono state lucidate con un prodottoa pH neutro.

Le stuccature decoese o che sbordavano sul-la pietra sono state eliminate e sostituite con unamiscela di calce, sabbia e polvere di pietra. Sullesculture sono state effettuate alcune stuccaturecon gesso scagliola. Terminate le operazioni dipulitura si è provveduto alla protezione di tuttele parti in pietra, mediante l’apposizione di ceramicrocristallina (Cosmolloid 80).

Sul retro dell’altare sono stati asportati vec-chi fili elettrici, tubi di plastica, ganci e graffe inmetallo, che sporgevano dalla superficie. Le la-cune sono state stuccate con calce e sabbia e suc-cessivamente tutta la parete è stata dipinta con unprodotto acrilico.

Questa prima sessione dei lavori nel presbi-terio della chiesa di Sant’Andrea Apostolo diBudoia si è felicemente conclusa; con il mese diluglio avranno inizio i lavori sulla navata che do-vrebbero vedere il termine con la fine della sta-gione estiva.

SIMONETTA GHERBEZZA E MARTA BENSA

Foto sopra: decorazionedel semicatino absidale, primae dopo il restauro.

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Ci ha lasciati un «grande vecchio», un bu-doiese che ha avuto per sua patria il mondo, do-ve l’aveva portato la vita e la professione e an-che le sue scelte di uomo retto e libero.

Mario Signora lo ricordiamo asciutto e distintonel portamento fisico, gentile e riservato nel trat-to umano, sicuro e forte nel condursi, da solo, an-che ad età molto avanzata.

Una personalità solida, quasi da «gentleman»inglese, che tale si era rivelata fuori Budoia, masenza scordare l’origine in questo paese dellaPedemontana Occidentale che ritrovò suo, col fra-tello Monsignor Aurelio, negli ultimi anni, quel-li del lento ma sereno declino della «quercia», cheaveva sfidato i terreni più impervi e i venti piùimpetuosi.

Mario Signora nasce a Budoia l’11 aprile 1909.Nasce soltanto, perché i suoi sono da tempo sta-bilmente impiegati a Venezia e hanno un figlio,maggiore di sette anni, che di lì a poco entrerà inSeminario e poi (1925, 75 anni orsono) si faràprete. L’esempio del fratello sarà sempre comeuna calamita per Mario che pure si forma, nei pri-mi anni di studio (ginnasio e liceo), nello stessoambiente di don Aurelio e vi apprende il rigoredi una vita di princìpi, da osservare con fedele di-sponibilità al sacrificio e una convinzione inat-taccabile.

Mario cresce come un giovane dotato di in-telligenza e di fermezza. Frequenta l’università aPadova lavorando per due anni da operaio (pur dinon prendere la tessera fascista) e presto (1932)si laurea in chimica ed in chimica-farmacia. Dastudente, entra attivamente nell’associazionismocattolico e si distingue a livello diocesano:nell’Azione Cattolica diventa presidente dellaGioventù diocesana di Venezia; nella FUCI è pu-re presidente diocesano, facendosi amico anchel’allora assistente nazionale Monsignor Montini(futuro Paolo VI).

Sono anni, quelli dal 1928 al ‘32, di difficileconvivenza per l’A.C. con il regime fascista, chetende ad assorbire interamente la formazione del-la gioventù nei suoi programmi ed organizzazio-ne. Si arriva alla chiusura delle sedi e anche aVenezia si assiste alla reazione, a tratti violenta,a questa imposizione.

Mario Signora è già allora tra i più convintisostenitori degli ideali di libertà e giustizia pro-pri del cattolicesimo democratico: libertà di pen-sare, di riunirsi, di manifestare e vivere le proprieconvinzioni. Il temperamento del fratello del mi-

te rettore, allo-ra, ai Miracoli è impavido (lui dice«pestifero») e inflessibile quando si tratta deiprincìpi: all’insaputa di don Aurelio, non esita arispondere con le botte, nel 1931 in Piazza SanMarco, quando i facinorosi del regime tentano dichiudere la bocca all’A.C. Ne andava ancora or-golioso a 90 anni di un tale gesto, il nostro MarioSignora! E si vedeva ancora tutta la passione idea-le che lo aveva condotto negli anni ad intrapren-dere strade scoscese e perigliose e assumere gra-vose responsabilità, sempre con la stessa bussoladi orientamento: l’onestà, la coerenza, senza com-promessi!

La militanza non equivoca di Mario Signoraè palese anche a Roma, dove egli ha modo di fre-quentare esponenti cattolici e no (su tutti DeGasperi), ospiti di riunioni clandestine a Piazzadi Spagna, protette dal fratello Monsignore, frat-tanto approdato al dicastero di «Propaganda Fide».Quando la guerra sopravviene e la situazione sicomplica, Mario non esita a gettarsi nella mischia,avendo considerato – evidentemente – che la po-sta (gli ideali) in gioco vale anche più della stes-sa vita.

Decide di arruolarsi subito (1943) con gliAmericani («nemici giurati», allora, della patria),nella V Armata del famoso generale Clark, incu-rante delle possibili conseguenze del suo tradi-mento. Con la vittoria alleata, invece, ha l’onore– primo di soli 25 italiani – di partecipare alla li-berazione di Milano, il 25 aprile 1945.

Una vita di ardimenti, dunque, quella del no-stro Mario Signora, alla quale egli mantiene fe-

Mario Signora, l’uomodei princìpi

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de nei lunghi anni d’intenso lavoro nel campo si-derurgico, dove certamente contribuisce, con ruo-li di prestigio, alla ricostruzione dell’Italia, a far-la anzi una «potenza industriale». Per seguirequesta sua «vocazione», rinuncia anche alla po-litica, al posto di ministro che De Gasperi gliavrebbe voluto affidare.

Lo ritroviamo comunque ai massimi livelli di-rigenziali di importanti colossi della produzionesiderurgica nazionale (il professor Mario Signoraè uno specialista quotato degli acciai inossidabi-li, autore di testi di manualistica in tema): Acciaieriee Ferriere Bolzano, Falck di Milano, AcciaierieTerni, fino anche a 9-10.000 dipendenti per vol-ta. Ed è anche libero docente al Politecnico diRoma.

Con tali responsabilità sulle spalle, e le im-maginabili estensioni di esse nel settore della fi-nanza, l’ingegner Signora si presenta comunquee sempre come l’uomo dei princìpi, inflessibilequando si tratta – come diceva – di «assicurare lagiusta compensazione all’operaio» e di «non per-mettere ai colletti bianchi di abusare del loro ruo-lo»: e che non scherzi sull’etica del lavoro, lo si

capisce quando, per questi motivi, fa licenziareanche gli «intoccabili».

Forse più nessuno può testimoniare della sta-tura morale, del ruolo di primo piano svolto perl’Italia del secondo dopoguerra dal professor MarioSignora, del quale, giustamente, in riferimento alfratello vescovo a Pompei, si è detto: «non è vis-suto di luce riflessa».

Fatti e aneddoti se li è probabilmente portatiper sempre nella tomba, a meno che ad illumi-narci non ci soccorrano i suoi diari: Mario Signoratanto era schivo, disturbato direi dall’odore di unaanche piccola notorietà, quanto meticoloso nell’an-notare per sè gli avvenimenti della sua vita in-trepida. Gli appunti forse gli servivano anche perguardarsi e calibrare il tiro, se per caso lo sparofosse andato oltre; oppure per ripararsi da vuotidi memoria pericolosi, con le patate bollenti chesi era ritrovato fra le mani e continuavano certu-ne a scottare a distanza anche di decenni; sicura-mente per meditare sulla giustizia come fonda-mento di tutto il suo agire, mai tradibile. E nondeve essere stato sempre facile per lui, al suo li-vello di decisioni.

Venne alfine l’ora della pensione, sollecitataanche da quella di Monsignor Aurelio, che scel-se Budoia per gli ultimi anni (dal 1983) e si videal fianco proprio il «devoto» Mario, che ogni co-sa avrebbe fatto per il fratello-vescovo e gli com-prò anche la casa (e la chiamò «Aurelia»), per-ché il soggiorno, segnato dalla malattia, fosse ilpiù confortevole.

È in questa casa che abbiamo conosciuto MarioSignora, un amico cortese e magnanimo: guar-dando alle foto, ormai antiche, incorniciate e ap-pese con precisa diligenza; osservando l’uomodistinto e forte, fiero degli anni gagliardi e riccodi concreta saggezza; sentendolo declamare i va-lori supremi da difendere, «se serve anche con lalotta». Valori «che ho riverito nella persona sa-cra di mio fratello vescovo», ci congedò una vol-ta il buon Mario, baciando una di quelle foto ap-pese; valori «che ho imparato a Venezia anzituttoda lui», aggiunse, prendendo fra le mani, con ve-nerazione, anche la foto (con dedica) del «suo»patriarca Cardinale La Fontaine.

Così era Mario, e così – con venerazione ecoraggio – è andato incontro anche alla mortel’ultimo di maggio di quest’anno santo. Avrà tro-vato, anche perché purificato dalla malattia, unabuona compagnia in cielo.

WALTER ARZARETTI

Ai suoi funerali, presiedutidal Parroco sac. AdelNasr, ha tenuto l’omeliail suo coetaneo e fraternoamico P. Venanzio Renier,presenti oltre – ad unadelegazione di Pompei,guidata da monsignorGiuseppe Rendina,segretario particolaredi Mons. Aurelio –il Sindaco di Budoia edil Maresciallo comandantela stazione carabinieridi Polcenigo.Sono stati pure lettii messaggi del Vescovo diConcordia-PordenoneSennen Corrà – chelo aveva visitato nella suaabitazione il primomaggio – dell’Arcivescovoe del Sindaco di Pompei.Gli alpini, cui Mario erasocio sin dallarifondazione, lo hannoscortato sino al cimiteroove riposa accantoal fratello ed ai genitorinella cappellada lui fatta edificare.

Mario Signora, sottotenente di prima nomina della Brigata AlpinaJulia, con il fratello mons. Aurelio. Anno 1934.

In memoria di Mario Signoraè giunta una generosa offertaalla redazione de l’Artugna.

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La stirpe dei Romolo Marin ebbe origineintorno alla metà del 1800 da Romolo e daAngela Besa di Santa Lucia; nacquero parec-chi figli: Maria Bocus moglie di Giovanni,Marco, Leonardo, Romano e Gilda, moglie diCostante Frith. Io sono figlio di questi ultimi.

Circa cinquanta anni fa mia nonna AngelaBesa possedeva una bella corleta con la qualefilava la lana per confezionare golf e calze pertutti, in particolare per i numerosi nipoti.

Io mi ero affezionato a quell’oggetto e nonne facevo mistero alla nonna Angela.

Un giorno, avanti con gli anni, mi disse:«Visto che ti sei affezionato alla mia corleta hodeciso di preferirti ai miei nipoti e te la voglioregalare».

Tornare a casa con il prezioso regalo dellanonna è stata una cosa entusiasmante e sonoandato a portarla in un angolo del granaio.

In quegli anni abitavo a Trieste e tutte levolte che ritornavo a Dardago andavo a trova-re la «mia» corleta.

Un anno ritorno e non la trovo più.Chiedo dov’è. Mi viene risposto che insie-

me ad un banc era stata... venduta.Non vi nascondo di aver pianto per aver per-

so la «mia» corleta, per ciò che essa rappre-sentava dal lato affettivo per un giovane dellamia età: un pezzo del mio cuore era legato alei.

Malgrado gli anni trascorsi e le trasforma-zioni avvenute in casa, ricordo l’angolo del gra-ner dove l’avevo riposta e vado a vedere se ètornata, sapendo che ormai è sparita.

Oggi, 10 settembre 1999, viene a trovarmimia cugina Maria Marin e, visto il tempo pas-sato, racconto la storia della corleta per averela sua comprensione e quella degli altri cuginiverso i quali la nonna Angela Besa ha volutofavorirmi.

Con mia grande meraviglia, mi risponde chela corleta è in possesso di un nostro cugino,Gabriele Janna Ciampaner.

In quel momento ho provato una grandegioia come quando l’avevo avuta dalla nonnaAngela. La corleta non era sparita, ma era an-cora in mano della stirpe di Romolo Marin.

Se questo è vero, lasciatemi che io facciauna raccomandazione a Gabriele: conservalacon cura perché attaccato a quella corleta c’èun pezzo del mio cuore.

ANGELIN FRITH

Tutta la famiglia è mobilitata. Naturalmenteanche i bambini. Clelia 10 anni, Graziosa 8 eFrancesco, il cuginetto, 7.

Il campo è nei Magreith. Il nonno Adamomena le vace (guida le mucche), Paolin suo fi-glio all’aratro, nonna Rosa e altri dietro con lemastele (secchi). Dopo un po’ i bambini si stan-cano.

Il richiamo del torrente Artugna è troppoforte. Nella pietraia si trovano tante cose: sas-setti piccoli, soprattutto devono essere roton-di, il che comporta parecchio tempo nella ri-cerca.

Scaie per giocare a campanon. Poi garofo-lini rosa con quattro petali talmente rari, ma perquesto ancora più preziosi. Erba saponaria coni fiori di un bel rosa pallido. Mettendo le fogliein acqua e strofinando fanno la schiuma. Qualchefico selvatico (buoni però difficile trovarli ma-turi) si mangiano sempre prima. Pagugne pic-cole bacche nere e poi brombolite blu.

Ad essere fortunati si trova qualche baccadi stropacui (rosa canina).

Improvviso lo schiocco della frusta e la vo-ce tonante del nonno: «Canais chi che no la-vora nol magna».

I bambini si girano, alto sulla riva c’è il non-no Adamo sempre con il suo gilét e la sua in-discussa autorità di capofamiglia.

I bambini lasciano i giochi e ritornano a rac-cogliere le patate senza paura. La frusta è soloun simbolo.

CLELIA ZAMBON

La corletaLa raccolta delle patate (1948)

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Due grossi lucciconi scesero sul cuscino e tut-to diventò buio. Da molto lontano una voce anda-va ripetendo sempre delle parole che la bimba nonriusciva a sentire, perché la mamma se ne era an-data con quella veste tutta rossa, senza potersi vol-tare a guardarla..... qualcuno aveva chiuso la por-ta. E lei era rimasta lì, come una bambola di pezzacon gli occhi fissi, stupiti e la boccuccia socchiu-sa, senza potersi muovere.

Accanto a lei il fratellino dormiva...Le avevano detto una volta che, quando qual-

cuno viene chiamato da quella voce, lascia tutto,se ne va, proprio come aveva fatto la sua mamma.

Ma perché; dove era andata; quando sarebbetornata?

Era mai possibile che la lasciasse sola in quel-la casa che non conosceva?

Una terribile angoscia la scosse tutta e dalprofondo del cuore sentì salire un tepore che la in-vase, e la prima cosa che fece appena poté muo-versi fu di correre verso quel punto rosso tanto lon-tano. Più la bimba correva, più piccolo si faceva ilpunto e più larga la strada, più forte la luce... poiuna immensa confusione come una giostra che gi-ra, con cavalli a dondolo, pupazzi, fantocci, trom-bette..... la avvolse.

Chi la tirava da una parte, chi la voleva dall’al-tra, chi la respingeva, chi la chiamava!

Quella voce! La conosceva ora; riusciva a di-stinguerla benissimo; le diceva: «Sii bu..o...»;«Come?», gridava, «cosa hai detto? Non ti sentopiù»; intanto cercava di allontanarsi dalla confu-sione per distinguerla meglio, ma la voce se ne eraandata di nuovo lontano. Passò tanto tempo e labimba, tornando a casa, trovò una donna che ave-va preso il posto della sua mamma. Essa stringe-va al petto una creaturina, proprio come la mam-ma aveva fatto con lei, prima di andarsene persempre. Smarrita si senti più sola che mai.

Andava a scuola; quando tornava, esaurite tan-te piccole cose che doveva fare, si sedeva a tavo-la... sembrava che nessuno si curasse di lei, e al-lora presa dallo sconforto si rifugiava nel letto dovenessuno le rimboccava le coperte. Mai un bacio,un sorriso, una carezza. Solo ordini: fai questo, faiquello, vai, non andare.....

Quante lacrime soffocate! Quante ne aveva do-vute asciugare crescendo! «Il babbo quando tornaa casa è stanco e non voglio che si inquieti!».

Era stato un ordine anche quello, ed allora labimba non pianse più.

A poco a poco si chiuse in se stessa e così ri-

mase fino aquando ung io rno , i nmezzo ad unagrande con-fusione, fracase crollate, in-cendi, disperazio-ne, si accorse che la guerra l’avevaportata lontana da quella famiglia chenon era più la sua, ma che era stata adot-tata da un’altra immensamente diversa, chia-mata «vita». Lì trovò un posto e la pace. Era cre-sciuta!

Un giorno, le venne di pensare al passato, e fis-sando lo sguardo nel cielo sereno, rivide quel pun-to rosso, che più lo fissava più si faceva grandementre lei ritornava piccina!

In mezzo ad una luce sfolgorante un volto sor-ridente si chinò su di lei, mentre una voce calda lesussurrava: «Sii buona». Erano dunque queste leparole che non era riuscita a capire nella confu-sione tanto, tanto tempo prima?

Ma adesso l’aveva sentita bene! Si trovò stret-ta fra due morbide braccia, mentre un grosso ba-cio le schioccò sulla gota. Che gioia, era la suamamma; non l’aveva dunque perduta; forse nonl’aveva mai lasciata.

«Mamma, che brutto sogno ho fatto; ho avutotanta paura; ma ora sei qui... che gioia» andava ri-petendo, e si stringeva forte forte a lei.

«Sì tesoro, sono qui, ma ricordati che la gioiaha un suo prezzo, non dimenticarlo mai. Se vuoiche la tua mamma non ti lasci, se vuoi che la tuacasa sia serena, devi essere buona e ubbidiente; edevi perdonare».

Ascoltandole, quelle parole si impadronivanodi lei assieme ad una profonda pace, e si ritrovò adessere piccina, lasciandosi cullare, vestire, con-durre a scuola, tenendosi stretta alla mano dellamamma. Questo sogno diventò la realtà di tutta lavita. Il desiderio di amore, l’affetto della mammamai più ritrovato, ed il calore della famiglia, spen-to prima ancora di nascere. La famiglia era per leiuna grande città, tanti amici, lavoro e sacrifici, so-gni spenti sul nascere. La volontà di sopravviverenei momenti più difficili le era data dalla voce del-la sua mamma che la esortava a non arrendersi mai.

«Ci sono io a proteggerti, il buon Dio me lo haconcesso».

..... La mamma morì di aborto, mentre i duebimbi dormivano inconsci accanto a lei.

La mamma

Disegno dell’autrice

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Se state pensando alla vostra prossima mètadelle vacanze, vi consiglio di tutto cuore di dedi-care un po’ delle vostre ricerche alla Tunisia, per-ché in questa terra dell’Africa mediterranea cen’è di tutti i gusti: storia, cultura, pace e diverti-mento. Non indirizzate subito i vostri pensieri aDjerba, mèta turistica tunisina per eccellenza;evocate piuttosto gli immaginari avventurosi sti-le «I predatori dell’arca perduta», futuristici di«Guerre stellari», sentimentali e magici de «Il pa-ziente inglese». Alcune scene tratte da questi filmsono state girate in alcuni luoghi della Tunisia.

Il protagonista principale è il deserto del Sahara,un immenso mare di sabbia da far perdere la co-gnizione del tempo e del luogo. La sua sabbia ètalmente fine che tenerla in mano è un’impresada prestigiatore. È come se ti facesse capire chela sabbia appartiene solo al deserto e che nessu-no è in grado di possederla, così come è per lagente del deserto. Loro appartengono al deserto,sono parte del deserto. Gli uomini del deserto so-no persone sagge che vivono a stretto contattocon la natura della quale ne conoscono tutti i se-greti. Sono persone cordiali, ospitali e molto ge-nerose. Il loro modo di vivere e la loro stessa lin-gua li allontanano dalla realtà di vita e da quelloche è il nostro vivere occidentale; ma hanno sa-puto mantenere quei valori di vita, come la sin-cerità e la bontà d’animo, che da noi sono una ra-rità.

Forte è la differenza culturale che esiste all’in-terno della Tunisia passando da un paese all’al-tro: ogni tribù ha i propri disegni e colori e ciò losi capisce dalla diversa colorazione del vestitoche portano le donne tunisine.

Ad interrompere lo splendido paesaggio delSahara tunisino sono qua e là le oasi. Il fascinodelle oasi tunisine sta nel fatto che, come per ildeserto, a prima vista si assomigliano tutte ed in-vece sono tanto differenti. Al loro interno si puògodere della freschezza dei loro giardini e dellepalme dattifere, dell’acqua che sgorga da sorgentisotterranee e che si manifesta in brevi ma rigo-gliosi corsi d’acqua e dove non manca chi offreuno squisito thè alla menta o alle mandorle ap-pena fatto. E di certo non manca la spiaggia inTunisia: ben 1.200 km di costa inondata dal soletutto l’anno. E che dire della cucina tradizionaletunisina? Beh, a parte il famoso cuscus (cucina-to con agnello, pollo o pesce), molto buono il brik,una crepe fritta farcita con uovo, carne o pesce.I dolci sono semplici ma vari.

Le piste dei Berberi

Non nego che prima di partire eravamo tuttipieni di preoccupazioni – «stiamo attenti a nonprenderci qualche fastidiosa malattia» o «speria-mo di non trovarci qualche compagno non volu-to (scorpioni, vipere o salamandre) in tenda» – epiuttosto prevenuti – «chissà cosa mangeremo,dove dormiremo?». Già, perché il viaggio cheavremo intrapreso sarebbe stato un tour in fuori-strada su pista con in programma una notte neldeserto in tende allestite dai beduini. Non per al-tro il programma di viaggio si chiamava «Le pi-ste berbere!» Comunque si può dire che siamopartiti psicologicamente abbastanza preparati, senon pronti, ad affrontare la serie di problemi e difatiche che avremmo sicuramente incontrato du-rante quella settimana. Vi anticipo che, a dispet-to di quanto previsto, alla fine del viaggio ci sia-mo ritrovati ancor prima della partenza con tantamalinconia. È stato veramente un peccato doverlasciare quei posti così meravigliosi dove ci sisentiva come a casa. Eravamo proprio un bel grup-po, formato da 24 persone, affiatato quanto bastaper rendere il soggiorno e la convivenza piace-vole. L’età dei partecipanti spaziava dai 25 ai 65anni. Io sono partita con mia mamma Lucia e duesue amiche, Enzia e Agnese. Gli altri erano cop-pie sposate o gruppi di amici. Il giro che abbia-mo fatto è stato il seguente :

23 Aprile 2000 – 1° giorno. Siamo partitidagli aeroporti di Orio al Serio (BG), Bologna,Milano Malpensa, Roma – destinazione aeropor-to Zarzis di Djerba ad orari diversi. Noi quattroarriviamo a pomeriggio inoltrato giusto in tempoper ammirare il primo meraviglioso tramonto tu-

Foto sotto: la suggestiva oasidi montagna di Chebika, in cuisgorga una preziosa sorgented’acqua.

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nisino. Al nostro arrivo veniamo accolti dal per-sonale del tour operator ed accompagnati al no-stro albergo. Dopo aver cenato, la stanchezza delviaggio si fa sentire e pensiamo sia meglio anda-re a dormire per essere riposate per il giorno do-po. Ma, verso le 23.00 succede la «disgrazia»:Agnese cade e si rompe il polso. Iniziare una va-canza in questo modo, non è di buon auspicio!Comunque, dopo la visita in ospedale, Agnesetorna in albergo. Cerchiamo di convincerla a tra-scorrere la settimana nell’albergo di Djerba, malei non demorde e non rinuncia al suo viaggio av-venturoso nel deserto.

24 Aprile 2000 – 2° giorno. Al mattino co-nosciamo i nostri compagni di viaggio e la guidaChaker, un ragazzo tunisino che parla perfetta-mente italiano. Gli autisti dei 5 fuoristrada siste-mano le valigie sopra le macchine e noi veniamosuddivisi in gruppi di 6 persone. Il nostro autistaè Buba. Siamo pronti ad iniziare il viaggio.Partiamo, quindi, da Djerba, l’«isola dei lotofa-gi» dal nome del frutto che faceva perdere la me-moria. Si narra che fu proprio Ulisse a scoprirel’isola. Andiamo a visitare la Ghriba, che signi-fica «la straniera», la più antica sinagoga ebrai-ca del posto, ubicata al centro di Djerba. Due so-no le date storiche a cui far risalire l’origine dellasinagoga: 586 a.C. oppure 70 d.C. Ogni anno que-sta sinagoga è meta di un pellegrinaggio(Pellegrinaggio della Pasqua ebraica – primi diMaggio) a cui partecipano fino a 5/6.000 ebrei ditutto il mondo. La sinagoga è composta da duedistinte sale: la prima, destinata esclusivamentealle preghiere dei rabbini, è caratterizzata dallemeravigliose vetrate colorate in cui spiccano i co-lori bianco, azzurro, verde e giallo che hanno unpreciso significato e rappresentano rispettiva-mente la pace, il mare (di Djerba), la fertilità/vi-ta, il deserto (della Tunisia) ; nella seconda sala,nella quale si entra scalzi, si possono invece am-mirare i preziosi cimeli sacri ebraici.

Prendiamo il traghetto ad Ajim, villaggio por-tuale dove ancora viene praticata la pesca dellespugne, e raggiungiamo il continente. Ci dirigia-mo in fuoristrada verso Toujane, villaggio ber-bero scavato nella catena di montagne del Dahar.Durante il tragitto incontriamo distese di ulivetiintervallate da pianure desertiche.

Arriviamo successivamente a Matmata, vil-laggio costruito sui fianchi delle montagne fa-moso per le case troglodite, abitazioni scavate fi-no alla profondità di 6 mt. la cui origine risale al

1100 d.C. Pranziamo in un ristorante scavato nel-la roccia.

Caratteristico intorno al villaggio il paesaggiolunare, teatro di alcuni importanti film tra cui«Guerre stellari» e «I predatori dell’arca perduta».Partenza per Tamazret, villaggio situato su una col-lina. Arrivo a Kebili, dove abbiamo cenato e per-nottato presso l’albergo riservato. Il pranzo si puòdire che è stato il primo momento in cui abbiamoavuto modo di conoscerci. E abbiamo subito ca-pito che il viaggio sarebbe stato divertente.

25 Aprile 2000 – 3° giorno. Partiti da Kebilieffettuiamo una sosta per visitare le dune pietri-ficate di Bechri. Attraversiamo il lago Chiott ElJerid, il cui sale viene esportato ed utilizzato a li-vello industriale. In questo posto è possibile am-mirare l’effetto dei miraggi (ed effettivamente ab-

Foto sopra: altre immaginidi oasi tunisine:Ksar Ghilane, nota per lapresenza di acque termalie Mides, nelle cui vicinanzesi trova un profondo canyon.

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biamo creduto di vedere una distesa d’acqua do-ve invece non c’era altro che sale!). Il prosegui-mento della giornata prevede la visita alle oasi dimontagna: Mides, famosa per il canyon scavatodall’erosione; Tamerza, villaggio distrutto daun’alluvione; Chebika, dove nasce una sorgented’acqua. Arriviamo a Touzer per il pranzo. Dopopranzo, visitiamo la città vecchia di Tozeur e ilmuseo Dar Cherait, dove è esposta la collezionedi oggetti appartenenti all’epoca del Bey. Dopocena ci raccogliamo tutti quanti nella hall. Chakerci propone un fuori-programma: perché invece diuna, non trascorriamo due notti nel deserto? Viassicuro che il posto dove vorrei portarvi è bel-lissimo e suggestivo. Però dovete essere tutti d’ac-cordo, altrimenti non se ne fa niente. La propo-sta viene accettata all’unanimità.

26 Aprile 2000 – 4° giorno. Partenza per l’oa-si di Nefta, Perla del Jerid, costruita a gradini neiquali si coltivano principalmente palme, ulivi edorti. Dalla cima della sua collina il panorama cioffre un’immagine suggestiva dei suoi minaretiche dominano in lontananza. Si parte per Hazouae El Faouar percorrendo la strada che costeggiaad ovest il lago di sale del Chiott El Jerid. Duranteil viaggio è frequente incontrare dromedari al pa-scolo brado. Sostiamo per raccogliere le rose deldeserto, pietre di sabbia scolpite dal vento che ri-cordano nella loro forma le rose. Raccogliere lerose del deserto è stata l’impresa più faticosa chericordo; abbiamo sofferto un caldo micidiale – cisaranno stati 45 °C o più. Ma abbiamo raccoltole più belle! Pranziamo a El Faouar e nel pome-riggio, dopo la cammellata (sarebbe meglio dire,se la parola esistesse, dromedariata), partiamo perDouz, oasi del sud tunisino. La passeggiata suidromedari è stata divertente, ma purtroppo l’ab-biamo fatta alle due del pomeriggio quando il so-le picchiava in modo allucinante. Approfittiamodel tempo libero per dedicarci alla visita del mer-cato e all’acquisto di souvenir.

Ora siamo pronti per dirigerci a Bir El HadjBrahim – pozzo del pellegrino Abramo, dove dor-miremo in un accampamento.

La serata, iniziata con una gustosa cena, ter-mina con danze ed allegria in pieno deserto. Lacena ci è stata preparata e servita dai nostri auti-sti; è stata la cena più squisita che abbiamo man-giato: minestra piccante di semolino, carne dimontone e verdure cotte sotto la sabbia. I bedui-ni usano cucinare in questo modo: accendono unfuoco in mezzo al deserto che poi lasciano mori-

re, in un pezzo di stoffa sistemano il cibo, la ri-chiudono e la insabbiano. Il pane cuoce in circa20/30 minuti.

27 Aprile 2000 – 5° giorno. Dopo aver assi-stito all’alba nel deserto ed aver fatto colazione,riprendiamo il viaggio per Ksar Ghilane, oasi nel-la quale si può fare un bagno nelle acque terma-li. Qui trascorriamo il resto della giornata e per-nottiamo. C’è un’enorme differenza tra il postoin cui abbiamo pernottato ieri e quello dove sia-mo oggi. Ksar Ghilane è un comune campeggioattrezzato, dove però abbiamo visto scorpioni, to-pi e un’infinità di scarafaggi. Dopo aver visto BirEl Hadj Brahim, questo non ci piace proprio.

28 Aprile 2000 – 6° giorno. Alla mattina par-tiamo in direzione Ksar Hallouf. Arrivati a de-stinazione visitiamo i vecchi granai, fortificatisulla montagna. Pranziamo a pochi chilometri didistanza in un ristorante scavato nella montagna.Dopo aver mangiato raggiungiamo la capitaleMedenine e successivamente visitiamo Guellala,famosa per le ceramiche. Verso sera giungiamoa Djerba, dopo aver attraversato il ponte romano,e ci fermiamo per gli acquisti a Houmt Souk.Infine veniamo accompagnati al nostro albergo.

29 Aprile 2000 – 7° giorno. Giornata liberache alcuni dedicano alla spiaggia, altri alla pisci-na dell’albergo o ad una visita del mercato. Allasera, cena a base di pesce in un ristorante di Djerbanel quale abbiamo assistito ad un meravigliosospettacolo folkloristico e serata in discoteca.

30 Aprile 2000 – 8° giorno. Siamo ripartiti...per tornare in Italia.

CLAUDIA PEZ

Foto sopra: la cottura del panenel deserto: l’impasto, avvoltoin un telo, viene messo a cuoceresotto la sabbia precedentementescaldata con il fuoco.

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22Intorvìa la tóla

Pasta e fagioli di nonna Catina

Ingredienti Fagioli secchi4 patate1 carota1 gambo di sedano2 pomodori pelati1 cipolla80 g di pancettauna bella manciata di prezzemolosale, pepe, olio e a piacere aceto.

PreparazioneMettere a bollire i fagioli (precedentemente la-sciati a mollo per una notte) in acqua con un piz-zico di pepe. Unire 2 patate e un pezzo di carota,sedano e due pomodori pelati. A parte fare un sof-fritto con un po’ d’olio, cipolla, pancetta tagliatafinissima, insaporire per qualche minuto e quindiunire il tutto ai fagioli. Quando le patate sarannocotte toglierle e passarle al setaccio. Unire altre 2patate tagliate a pezzi. Lasciar cuocere ancora perun’ora e mezza circa. 10 minuti prima di spegne-re aggiungere un trito di prezzemolo. A piacerenel piatto unire un cucchiaio di aceto.

Fegato alla veneziana

Il fegato deve essere tenerissimo e bianco, che pro-venga possibilmente da vitello da latte, e ripulitodalle pellicine per evitare che si arricci in cottura.

Ingredienti per 4 persone400 g di fegato di vitello400 g di cipolle30 g di burro3 cucchiai di olio extraverginebrodo vegetale, sale, pepe, prezzemolo, succo dilimone.

PreparazionePreparare il fegato a fettine piccole e molto sotti-li. Far appassire la cipolla, affettata sottilmente,in olio e burro, bagnando con un poco di brodo.Lasciar cuocere a fuoco molto lento per circa 30minuti. Unire quindi il fegato e cuocere per 5 mi-nuti girando continuamente. Verso la fine dellacottura salare. Trasferire in un piatto caldo, rifi-nire con una manciata di pepe, prezzemolo trita-to e, a piacere, una spruzzata di limone. Servirecon la polenta.

A CURA DI ADELAIDE E MELITA BASTIANELLO

A P P E L L O A L L E L E T T R I C I

Ci farebbe molto piacere la vostra collaborazione a questa rubrica così da meglio rappresentare le abi-tudini di ogni famiglia. Inviateci presso la redazione de l’Artugna i vostri suggerimenti o le vostre ri-cette. Siamo disponibili per qualsiasi aiuto o richiesta. È indispensabile la collaborazione di tutti.

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Sommesso

Vorrei chiedere scusama già sarebbe vanitàtemoe dunque vadoancorain silenzioattentoa non sfiorare le siepiperfetterasatelivellatebelle peròpoiil boscoche perònon mi amaed è giustosicurocompiutobello comunqueevi assicuroche cammineròdelicatamentesulle zolle di questo pratocome alla festaquella veraquella seriae guarderò la luna

senza aviditàcredeteminon dovete preoccuparvie con occhi di ghiacciocome il suo voltodi ghiacciocome una fieraun’altra fieranon ci faremo del maleè certoele stelle bruciano se stessecome Narcisoe non chiederei loro nientee proverei vergognase venissi a sapereche fossero coscientiche le osservoma non lo sapranno maicredetemie pianosenza pretenderedi capireil linguaggio sommessodell’acquaposo un piededi là del ruscelloe mi va di credereche divida in due parti la

L’angolo della poesia

terrae che sotto di mealla finedi uno stretto anfrattoci sia un’altra lunaveradi ghiaccioe tante stelle verenon nell’acquae il cielo veroquello che mi avvolge comunquee ringrazio la brezzache mi accarezzae non prova bisognodi chiedermi scusaperché mi ha sfioratocon rispettocon gesto simile al mio passoin punta di piediin mezzo al cielo.

(A mio fratelloDon Italico J. Gerometta)

FERNANDO GEROMETTA

No ’l è pì...

No ’l è pì stale, ma ciàmbera e cusinapar me cugnada nel cortif Barthàn,unlà che nóna Nuta ogni matinamoldéa la vécia vacia co le man.

E col seciél se dheva in lateria,che el lat i lo cambiava in formai bone mi me lo ricorde e lo magnavetanto de gusto: l’era la me passiòn.

Me pora mama, vedova, impegnadai thìnque fioi co puòc a tirà avantidiséa, co domandave un altro sbit:«Da sol te magna pì de dhuti quanti!»

E co un cortif insieme in tre faméie,tre puliner co puoce pite ognun,ogni matina se palpea le pite,pa savé quanti guòf l’era a ciascun.

Vestiti nuof gnancia i se li sognava!Chéi del cugin Vittorio i se passavaduti noi thinque mas’ci e se li devaai «Tarantiéi» che là vithin i stava.

Me santol Leti m’à paiat el vestitoco l’era da fa cresima; metùtl’àe a la comunion tre ani dopo:no me muoveve, tant l’era stretùt.

Tempi puareti, ma se se volevadhuti gran ben e ància se se idhavaa ovra a tirà su ua e panole,pajadi co la thena o un fià de blava.

PADRE RITO LUIGI COSMO

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24’N te la vetrina

FOTO 1: SCUOLE ELEMENTARI DI BUDOIA, CLASSE 5ª

NATI NEL 1919-1920-1921. INSEGNANTE MAESTRO ARTURO

RODANO.

Prima fila, in alto (da sinistra). Avanguardista conbandiera (chi si riconosce ?), Rosa Licia, Diana Adele Pia,Steffinlongo Anna, Carlon Salute (?), Angelin Giuseppina,Panizzut Palmira, Vettor Anna, Panizzut Ferruccio (?),Mezzarobba Matteo, Carlon Gio Batta.Seconda fila (da sinistra). Panizzut Teresa, PanizzutNoemi Alberta, Carlon Santina, Ariet Italia, CarlonLuigina, Carlon Nelda, Ariet Rosina, Pusiol Lina,Burigana Anna, Santin Nives, Cardazzo Marianna.

Terza fila (da sinistra). Fort Franco, Bernardis Antonio,Da Ros Francesco, Titolo Cesare, Carlon Antonio, ilmaestro Rodanò, (?), Panizzut Ernesto, Carlon Arsenio,Burigana Giovanni, Panizzut Anselmo, Fort Angelo.

Seduti (da sinistra). (?), Del Maschio Luigi, CarlonAdriano, Scussat Amilcare.

FOTO 2: IL MUNICIPIO DI BUDOIA – INGRESSO

(LA FOTO DOVREBBE RISALIRE AGLI ANNI 1924/1925).

Evidenti gli stemmi (sabaudi e fascisti). Ai lati degli stipitidella porta, appena si nota, è effigiata la testa di Mussolini.Appese al muro le due vetrinette per l’albo pretorio delComune. La tabella che gli effigiati mostrano, riporta:«Dio Nus Protesi» (friulano di Bertiolo) e «Se no i xe matino li volemo» (veneziano).Le persone: sdraiato (?); da sinistra Carlon Giovanni(classe1904) fratello di Antenore; appoggiato allo stipite(?); al centro seduto Pieri (Pietro Morelli), dirigenteufficio postale di Budoia, friulano di Bertiolo; appoggiatoallo stipite (?), seduto dovrebbe essere uno dei fratelliBurigana Postin figlio di Osvaldo.Nota. Ai lati delle scritte sulla tabella figurano: a sinistrauna busta per corrispondenza riportante la scritta: RR. PP.(Regie Poste); a destra un cavalletto per canneggiatori conla scritta U. T. C. (erano i tempi della rilevazione per laformazione del nuovo catasto); il boccale riporta una datailleggibile.

(TESTO E FOTO 1, 2 E 3 A CURA DI FERDINANDO CARLON)

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FOTO 4: Luigia Del Maschio nata nel 1877.(PROPRIETÀ DI MARIA ZAMBONI)

FOTO 5: Angelo Zamboni nato nel 1869 e GiacominaValentini nata nel 1884.(PROPRIETÀ DI MARIA ZAMBONI)

FOTO 3: A MEZZOMONTE IL 17 GENNAIO 1929.

Chi si riconosce?La località: gradoni un tempo coltivati (le bancele) comesi vede, ora è folta vegetazione di rovi e spine!

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26Lasciano un grande vuoto...

È sempre tragico l’ultimosaluto, ma se il passaggioalla vita eterna avvienein giovanissima età comeper Paola CarlonMarcandella e Paolo Fort,ambedue trentenni– ad un anno dalla loroscomparsa – o addiritturain tenerissima età comeGiovanni Del Puppo,figlio di Pier Carlo,il dolore si fa straziante.Nella nostra limitatezzaumana ci chiediamoil perché.Solo Dio ci viene in aiuto,attraverso le personeche ci sono vicine,e ci lenisce il dolore.

*«Noi vediamo, infatti, comeper mezzo di uno specchio,in modo non chiaro;allora, invece, vedremodirettamente in Dio; oraconosco solo un modoimperfetto, ma alloraconoscerò perfettamente...»

(S. Paolo, I Corinti 13, 12)

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27Cronaca

PA’ LA VITA

In data 31 marzo 2000 si tiene l’Assembleadei Soci della sezione di Budoia-Santa Lucia del-la Associazione Friulana Donatori di Sangue e,quindi, la riunione del nuovo Consiglio Direttivocon la distribuzione delle cariche.

Per il quadriennio 2000-2003 il Consiglio ècosì composto: Umberto Coassin (Presidente);Pietro Del Maschio (Vice Presidente); EligioCarlon (Rappresentante dei donatori); ValerioArlati, Marcellina Carlon, Gian Pietro Fort, LuisaMalvermi e Basilio Zambon (Consiglieri) e LilianaPuppin (Segretaria).

FESTA DE LA BIRA E DE I «BIKERS»

A fine primavera la Pro Loco, in collabora-zione con il gruppo ciclistico «Salvador» di Sacileed il Comune di Budoia, organizza per il primoweek-end di giugno un «gran fondo» di mountainbike.

All’iniziativa, al suo debutto a Budoia, aderi-scono circa 300 appassionati delle due ruote pro-venienti da tutto il triveneto, che si confrontanoin un impegnativo tracciato. Partiti da Budoia, at-traverso Dardago, i ciclisti, sfiorando il Piancavallo,s’inoltrano nel bosco del Cansiglio.

In seguito, solcando le piste del Col dei Sclos,gli atleti attraversano Mezzomonte e Polcenigoper ritrovarsi alla fine in piazza a Budoia, doveun fornito chiosco enogastronomico provvede arifocillare i concorrenti e quanti hanno volutounirsi.

Tra i partecipanti si segnala un notevole grup-po di professionisti che, insieme ad un team dicronometristi affermati nei campi di gara inter-

nazionali, eleva il livellodella competizione ad

uno standard che vaben ol t re quel lodell’evento sporti-vo locale. In con-comitanza con lagara, la Pro Loco

organizza la Festadella Birra, durante la

quale funziona il servi-

PA’ STÀ IN FORMA

Si tiene anche quest’anno il corso di ginnasti-ca dolce per signore della seconda giovinezza or-ganizzato dall’AUSER.

Le partecipanti rimangono molto soddisfattesia per gli esercizi proposti dalla simpatica signo-rina Monica sia per l’ottimo rapporto che si è sta-bilito tra tutte le signore. Ringrazio i responsabilidell’AUSER per questa possibilità offertaci.

MARIA ANTONIETTA TORCHETTI

zio bar-ristorante, mentre le musiche di una vi-vace orchestra folk animano il sabato sera.

M.Z.

Sopra: foto di gruppo scattatain una delle ultime lezionidi ginnastica.Manca qualche signora ma si haun’idea del grande numero dipartecipanti.

Sotto: il momento dellapremiazione della riuscitissimagara di montain bike.

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ANCIAMO «I COLORI DELLA SPERANZA»

Sabato 30 giugno, la Pieve di Dardago ha l’ono-re di ospitare un evento di elevato tenore artisti-co. Il Collis Chorus, con la collaborazione dellaPro Loco, del comune di Budoia e della parroc-chia di Dardago, vuole ripetere anche quest’an-no la manifestazione «I colori della speranza»,rassegna di musica spiritual che, giunta alla sua6a edizione, ha ormai una rilevanza che supera iconfini provinciali.

Si esibisce il coro Academy Gospel Choir diFirenze, che esegue un vasto repertorio di spiri-tual più o meno noti al nostro pubblico. Il coro ei solisti, coinvolti nello spirito del canto anchecon la mimica del corpo, riescono veramente adentusiasmare i numerosi presenti, che non sannorinunciare ad alcuni bis e salutano il gruppo conuna vera e propria «standing ovation».

M.Z.

PELEGRINS PAL GIUBILEO

Il peregrinare, appartenente all’esperienza piùancestrale dell’uomo, è il momento forte di que-st’anno giubilare; anche Budoia rientra, seppursenza titolo, tra i luoghi di sosta.

Diretto ad Assisi per il Giubileo francescanodel 28 aprile, un gruppo di alunni ungheresi coni loro insegnanti del liceo francescano di Szentendreè ospite della Casa della Gioventù.

Entrati in Friuli da Tolmino ed attraversata incinque giorni la nostra regione, i giovani giun-gono per la celebrazione dei riti del Giovedì Santo,per poi proseguire verso altre località fino allacittà umbra.

È un’esperienza significativa per tutti i pre-senti alla cerimonia religiosa.

A TRIESTE

Il 15 luglio un nutrito numero di appassiona-ti si ritrova al teatro Verdi di Trieste, per assiste-re all’Operetta in tre atti «Il Pipistrello», su li-bretto di R.Genée e K. Haffner, musica di JohannStrauss.

Dirige il maestro Friederich Haider, mentreregia e coreografia sono affidate a Gino Landi.Purtroppo la pioggia incessante non ci dà tregua,neanche per consentirci una breve passeggiata aTrieste. L’attesa pomeridiana è però largamentecompensata dalla bravura dei tanti interpreti delfortunato e divertente spettacolo.

Grazie a questo appuntamento annuale con ilteatro, la Pro Loco vuole avvicinare sempre piùpersone a questa forma d’arte, che affonda le sueradici nel passato ma che sa suscitare sempre nuo-vi entusiasmi. Per allinearsi sempre più alle esi-genze dei soci, la Pro Loco sta diffondendo unquestionario dove essi possono esprimere le loropreferenze in merito al tipo di spettacolo, agli ora-ri e ai prezzi.

M.Z.

DA LA «LAPPONIA» A «LA CAMARGUE»

Nella calda serata di venerdì 9 giugno, un fol-to pubblico aderisce con entusiasmo alla propo-sta dell’AFNI (Associazione fotografi naturalistiitaliani) e della Pro Loco, dall’invitante titolo«Paradisi Naturali».

Foto sopra: alcuni ragazzidel Liceo con i loro insegnanti,insieme al sacrista Elio, primadella partenza.

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SÙ PA’ LE MONT

Anche quest’estate la Pro Loco di Budoia or-ganizza due escursioni in montagna.

La prima si svolge domenica 25 giugno: lamèta è il Col Cornier e la giornata trascorre pia-cevolmente nonostante il maltempo tenti di gua-stare la festa.

Il sentiero che raggiunge la cresta e poco do-po la vetta del Col Cornier è uno tra i più sugge-stivi delle nostre montagne perché nelle giorna-te più serene permette di ammirare uno splendidopanorama, spaziando sul gruppo del Cavallo, su-gli altopiani del Piancavallo e del Cansiglio, sul-le dolomiti bellunesi e sulla pianura pordenone-se fino al mare.

In questo modo la Pro Loco intende valoriz-zare i sentieri della zona, spesso sconosciuti aglistessi abitanti dei nostri paesi, oppure tralasciati,nella tendenza diffusa di apprezzare solo ciò cheè lontano da casa.

La seconda giornata, domenica 23, prevedeun’escursione in Val di Fassa. Un nutrito grup-po di persone di tutte le età trascorre circa 5 oredi camminata in allegra compagnia lungo un iti-nerario con moderato dislivello attraverso i rifu-gi sul Catinaccio: da Vigo di Fassa (m 1413) sisale in funivia sul Ciampedie (m 1997), prose-guendo per i rifugi Nigritella, Catinaccio, Gar-deccia, Vaiolet, Antermoia (m 2497), la BaitaLino Brach, fino al rifugio Micheluzzi, per di-scendere infine a Campitello di Fassa (m 1448)per la Val Duron.

I percorsi sono scelti in modo da poter acco-stare alla montagna il maggior numero di perso-ne possibile e permettere a tutti di vivere le emo-zioni che solo l’alta montagna sa dare, senzacorrere rischi e affaticarsi troppo.

M.Z.

Nella Sala Consigliare, Ermanno Dametto pre-senta due proiezioni di grande interesse naturali-stico: la prima serie di diapositive, «Autunno nelSarek», svela affascinanti immagini del ParcoNazionale della Lapponia Svedese; la seconda,«Ali sulla Camargue», presenta un ambiente a noipiù vicino, ma nel quale una natura ancora in-contaminata sa offrire con i suoi colori magicheatmosfere e nuove emozioni di vita animale.

M.Z.

TRA TERA, CLAPS E... AGA.

’L Crep, la Val de Croda, ’l Cunath, Fontana,per il loro particolare fascino sia preistorico chenaturalistico, offrono spunti per attività di labo-ratorio e per spettacoli, proposti dalla BibliotecaComunale.

E così, verso i monti, partono i laboratori diarcheologia con l’allestimento del forno per lacottura dei manufatti di ceramica, realizzati dairagazzi della scuola media, e di lettura per i bam-bini delle elementari. In località Fontana, invece,ci aspetta il teatro «Storie di fiume» della Compagniadi Arti e Mestieri di Pordenone.

Nella foto: Fernanda e Alpidiofesteggiano con i loro carii 50 anni di vita in comune.Ai due «sposi» giungano anchegli auguri della redazionede l’Artugna.

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EL CIAMPANILE DE BUDUOIA

A Budoia campane mute per l’ingabbiaturadella torre campanaria.

È l’impresa San Lorenzo di Marsure a con-durre i lavori di consolidamento della strutturache restituiranno al paese i quotidiani rintocchientro Agosto.

MA VARDA CHE TEMP MAT!

Tempo strano quest’estate!A un lungo periodo di siccità, che ad alcuni al-

beri ha trasformato la veste estiva in autunnale, sus-seguono settimane di temporali violenti con gran-dinate e vento, provocando sradicamenti di piantead alto fusto e un brusco abbassamento della tem-peratura di ben oltre quindici gradi. Tutti costrettia prendere dal guardaroba coperte e maglioni.

LUSTRE ’NTEL CIAMPANILE

Per volontà del Consiglio Amministrativo del-la Parrocchia di Dardago, nel periodo di festivitàde la Sunta, la cella campanaria viene festosamen-te decorata con le luminarie.

È un’immagine che ci riporta indietro nel tem-po, fino agli anni ’50. In tale occasione l’interocampanile fu vestito di luce. Ci si augura che la tra-dizione, una volta ripresa, non si interrompa.

13 LUGLIO 2000FESTA DI COMPLEANNO

... A una mamma.

Una Mamma è una donnache fa del suo meglioper sostituire una Fata.

La nostra cara mammaper nostra gran fortunapossiede una magiae gli anni sa fermar.

Se senti quando parlase vedi cosa fapensiamo esterefatte«ottantotto non li ha».

Non fa certo come il vinoche invecchiando inacidisceper ogni anno che passalei s’addolcisce.

È un paese assai curiosodove lei rimane giovane,un paese di magia,non serve andarci in treno,ci vuole fantasia.

Lei legge e raccontaa noi figlie sempre attentee tutte e tre viviamofelici e contente cantando:

Evviva la mamma, evviva la fantasia,evviva le fate che portano magia!

R.D.

Nella foto: il campanilebisognoso di cure

AGA IN PLATHA

Non c’è paese in Friuli che non sia caratteriz-zato dalla sua fontana. A Budoia mancava, ovverola piazza ne era sprovvista da alcuni decenni. È no-tizia di questi giorni l’imminente installazione diun moderno manufatto nella piazza Umberto I.

A memoria d’uomo, fino agli anni ’40, c’era lafontana alimentata dall’acqua del ruial, nel decen-nio successivo venne installato un manufatto cir-colare con faro centrale: era l’attrazione dei bam-bini che si divertivano a «pescare» con gli occhi ipesci rossi.

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Inno alla vita...

Primo compleanno di Jacopo Cautero: quattro generazioni a confronto.Monia Zambon (la mamma), Ermelina Bocus (la bisnonna), Jacopo Cautero(il festeggiato) e Corrado Zambon (il nonno).

È una grande festa quando un bambino riceve il Sacramentodel Battesimo.l’Artugna partecipa alla gioia dei genitori e di tutta la comunitàcristiana con questa nuova rubrica fotografica.In questo numero ricordiamo il battesimo di Mathias Zambone Francesca Bastianello

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Milano, 24 maggio 2000

Spett. le Redazione,ricevo in data odierna il periodico l’Artugna n. 89e con grande commozione a pag. 6 vedo una fo-tografia «Romania 1923» a me cara.

La persona a sinistra è mio nonno: VincenzoBocus Frith.

Complimenti per il vostro lavoro e grazie perle emozioni che riuscite a dare.

Cordiali saluti.CATERINA BOCUS PIZZINI

Gent. ma Signora Caterina Bocus Pizzini,siamo lieti di riuscire ancora – dopo ventotto an-ni – ad offrire intense emozioni. Il merito è solodei lettori che intelligentemente collaborano al-la costruzione della nostra microstoria.

Attendiamo anche da lei e dalla sua famiglianuove emozioni!

Tilghman (U.S.A.), 25 maggio 2000

Spett. le Redazione,tante grazie al periodico per la pubblicazione del-le fotografie con i miei cugini.La fotografia della mamma di mio nonno mi ènuova.

Spero che ci rivedremo a Budoia un’altra volta.

ROSINA MANGIONE GARVIN

Gent. ma Signora Rosa,ci auguriamo anche noi di rivederla presto nel-la terra dei suoi avi.

Cordialmente.

Tricesimo, 2 gennaio 2000

Cara Redazione,intanto vivissimi complimenti per la rivista, insplendida forma grafica. Appena ricevuta, Brusinil’ha avuta e portata al fratello che ne è stato fe-lice. Non m’aspettavo di avere la mia immerita-ta porzione di «gloria»! Grazie. Soprattutto au-guri a tutti di buon lavoro, anche al maestroSanson.

A riviodisi e mandiANDREINA

Ci rattrista profondamente rileggere questoscritto, perché oramai la signora Andreina NicolosiCiceri non è più tra noi: ha raggiunto il suo Gigi,il 24 maggio.

Amica da quasi un trentennio anche di Budoia,per aver studiato e tramandato il video sui ritiepifanici, la ricorderemo sempre con affetto.

Santa Lucia, 2 luglio 2000

Spett. le Redazione de l’Artugna,mi chiamo Antonio Ceccato e con mia moglieAdelina Chiaradia abito a Santa Lucia di Budoiae vi saremmo grati se, nel prossimo numero de

I ne à scrit

Venezia, 21 giugno 2000

Ho trovato il vostro sito su Internet.Mio padre a suo tempo riceveva una rivista

che non ricordo se con questo titolo provenientedall’avito paese, in cui ho ancora delle proprietà.

Gradirei ricevere la rivista.Grazie e saluti

UMBERTO BOCUS

Gent. Sig. Umberto,con piacere inseriremo il suo nominativo tra gli«abbonati» e le faremo avere i prossimi numeridel periodico.

Ci scriva ancora!

Milano, 31 maggio 2000

Saluti dalla famiglia del professor FrancoBastianello da Milano.

Ricambiamo i saluti «telematici».

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l’Artugna inserirete una mia foto con mia moglieper il mio «venticinquesimo» di matrimonio. Cisiamo, infatti, sposati il 15 agosto del 1975 a Frattadi Caneva. Colgo l’occasione per farvi gli augu-ri di buon proseguimento.

SalutiANTONIO E ADELINA

DAI CONTI CORRENTI

Con tanti auguri per il torrente della mia primainfanzia.

PIETRO COVRE – TRIESTE

l’Artugna per me è un legame duraturo conDardago, paese dei miei nonni e genitori, IsidoroRigo Moreal e Andreanna Busetti Caporal.

JOLANDA RIGO – SACILE

Grazie per l’Artugna che ci fa ricordare annifelici.

BENITO PELLEGRINI – TORINO

Saluti ed auguri a tutti.DORINA DELLA VECCHIA – GALLIERA VENETA

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Un piccolo contributo e tanti carissimi auguri.IRMA BIANCHI E CRISTINA ZAMBON PINAL – MILANO

Auguri a tutta la Redazione.PINUCCIA DA ROS – MILANO

Con i miei più cari auguri. CordialmenteDANIELA ANGELIN CARGIOLI – GENOVA

Nel terzo anniversario della morte di VittorioDel Maschio: la moglie e i figli lo ricordanosempre con grande immutato affetto. Il miocontributo per l’Artugna. Buon proseguimento.

MARIA LILIANA PATRON – TREVISO

Per l’Artugna, tanto gradita e attesa dalla nostramamma quando era in vita e tuttora attesa egradita dai suoi figli. Grazie ed auguri.

FAMIGLIA LUIGIA FERRARI – MILANO

Grazie, l’Artugna, che mantieni sempre vivo, achi è lontano, il ricordo dei paesi a noi cari.Cordialmente

AURORA CERRONI – ROMA

In memoria di Romano Zambon, nel primoanniversario della morte, la moglie.

ROSINA ZAMBON – TORINO

Un altro Angelin, Lorenzo Maria, si è accodatonella famiglia di mio figlio Michele. A voi tutticordiali saluti ed auguri.

ALFEO ANGELIN – TOLMEZZO

Ecco il nostro piccolo contributo per l’Artugna.Con gli auguri affettuosi e riconoscenti di buonlavoro e buon 2000.

SILVANA BOCUS PISU – SUSEGANA

Con tanti complimenti e vivissimi auguri!GIOVANNI ZAMBON BONAPARTE – VENEZIA

Grazie per l’invio de l’Artugna.VITTORIO ZAMBON – MILANO

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BilancioSituazione economica del periodico l’Artugna

Periodico n. 89 entrate uscite

Costo per la realizzazione+sito Web 6.530.000Spedizioni e varie 230.000Entrate dal 01/04/00 al 10/07/2000 4.816.000

Totali 4.816.000 6.760.000

Differenza 1.944.000

Programmi e Bilancio

Festa dei Funghi e dell’Ambiente

Festa de la Sunta

Venerdi 8 settembre ore 21.00 2° torneo nazionale «OPEN» di danze sportive.Specialità ballo da sala, liscio unificato

Sabato 9 settembre ore 20.30Torneo individuale di scacchi.

Sabato 9 settembre ore 21.00Ballo con l’orchestra «Jimmy Bonato»

Domenica 10 settembre ore 10.30Apertura al pubblico della prima giornata di:

33a Mostra Micologica Regionale26a Mostra Filatelica e annullo postale speciale3a Mostra «Vecchi oggetti di vita paesana»

con animazioni a cura del Gruppo «Larin» di Polcenigo.3a Mostra Mercato sui prodotti tipici della Montagna

pordenoneseMostra Fotografica «Fotovisioni» un modo diverso

di vedere la NaturaMostra «Coltiviamo i Bonsai» a cura dell’associazio-

ne Sakura di Pordenone

Domenica 10 settembre ore 17.00Esibizione per le vie del paese di:· Claudio & Consuelo Giocolieri e Cantastorie· Trio Tzigano tre affermati musicisti (chitarra, violino efisarmonica)

Domenica 10 settembre ore 20.30Ballo e spettacolo con il gruppo folk «Popovic»

Giovedi 14 settembre ore 21.00Serata nusicale con esibizione di Band del Progetto Giovani della Pedemontana Occidentale

Venerdi 15 settembre ore 21.00Ballo con l’orchestra «Trio Italiano»

PROGRAMMA RELIGIOSO

Mercoledì 15 agostoore 11.15 Santa Messa Solennepartecipa la corale «Santa Maria Maggiore»

PROGRAMMA RICREATIVO

Lunedì 7 agosto inizio Torneo di Bocce «Lui&Lei»gara a coppie tra residenti e villeggianti.

Sabato 12 agosto apertura «Grande Pesca diBeneficenza» e rimarrà aperta i giorni 13, 14 e15 agosto.

Altri festeggiamenti sono organizzati dall’asso-ciazione C.F.D.

Sabato 16 settembre ore 9.00Convegno di Studio: Qualità Ambientali ed Identità.Quale Agricoltura e Turismo per uno sviluppo rurale esostenibile.

Sabato 16 settembre ore 21.00Ballo con l’orchestra «Jimmy Bonato»

Domenica 17 settembre ore 8.30Partenza della 28a Marcia dei Funghi

Domenica 17 settembre ore 10.30Apertura al pubblico della seconda giornata(vedi domenica 10)

Domenica 17 settembre ore 17.00Presentazione e dibattito nuova legge regionale 15/5/2000n.12 sulla raccolta dei funghi. Interverranno:Claudio Angelini Responsabile dell’ispettorato micolo-gico Azienda Sanitaria del Friuli Occidentale, AntonioZambonSindaco di Budoia, Isidoro GottardoPresidentedel Gruppo Popolare in Consiglio Regionale (autore del-la nuova legge), Giorgio Pozzo Assessore regionale al-la gestione faunistica e venatoria, alla autonomie localie alle foreste e parchi.

Domenica 17 settembre ore 17.00Esibizione per le vie del paese di:· Il Canzoniere Vicentino· Gli Stelten Flight: espertissima coppia di acrobatici tram-polieri

Domenica 17 settembre ore 20.30Ballo con l’orchestra «Souvenirs»

In tutte le giornate funzionerà un ristorante al coper-to con degustazione funghi e piatti tipici campagnoliaccompagnati da ottimi vini.

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NasciteBenvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di:

Samuele Prevedello Dellisanti di Luciano e Paola Madormo– VeneziaLorenzo Maria Angelin di Michele e Barbara Migotto –UdineVanessa Pellegrini di Luca e Erica Cosmo – DardagoAurora Sguassero di Devis e Laura Pellegrini – MussanaJacopo Zambon di Paolo e Anna Maria Re – Milano Elisa Volpatti di Bruno e Manuela Cadel – BudoiaLisa Puiatti di Stefano e Elisabetta Crovato – Chieri/Torino

Defunti

Riposano nella pace di Cristo:condoglianze ai famigliari di…

Giovanna Muti Puppin di anni 80 – MilanoTiziano Tranci di anni 57 – GenovaIvonne Ianna in Signorile di anni 62 – SaluzzoLuigi Zambon di anni 80 – DardagoGiovanna Lacchin di anni 89 – S. LuciaLuigi Bastianello di anni 91 – DardagoMarino Carlon di anni 72 – BudoiaRomano Michelin di anni 79 – Castello d’AvianoEmanuele Annieri di anni 85 – DardagoGiovanni Del Puppo di anni 6 – San Giovanni-PolcenigoMario Signora di anni 91 – BudoiaMarianna Carlon di anni 95 – BudoiaFrancesco Giannelli di anni 80 – BudoiaMaria Burigana di anni 87 – BudoiaSilvana De Chiara di anni 51 – Castello d’AvianoVincenzo Arcidiacono di anni 61 – S. LuciaGiacomo Carlon di anni 73 – Milano

MatrimoniHanno unito il loro amore: felicitazioni a…

*Nozze d’argentoAdelina Chiaradia e Antonio Ceccato – Santa Lucia

*Nozze d’oroFernanda Rigo e Alpidio Bocus – DardagoGiacomina Busetti e Vittorio Zambon Petenela – Budoia

I nominativi pubblicati sonopervenuti in Redazione entro il 15 luglio 2000.Chi desidera usufruire di questarubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni primadell’uscita del periodico.

Avvenimenti

Lauree e DiplomiComplimenti...

Licenza elementare Matteo Boem, Caterina Dorigo, Sasha Gamble, LilaDoris Jividen, Alexander Marcolin, Roberta Pitton,Andrea Rigo, Samuel Teot, Serena Tesolin, SophiaLaverne Wiley.

Licenza media inferioreAlberto Bocus, Yuri Bocus, Michela Busetti, NicolettaCandia, Marina Carlon, Francesca Carnio, SimoneCecchinel, Fabio Del Maschio, Ramona Deodato,Alessia Guadagnini, Ediana Martinuzzo, Nicola Moro,Andrea Rui, Andrea Usardi, Ivory Wiley.

Licenza media superioreSara Bocus – Liceo Socio Psico PedagogicoGianluca Quaia – Istituto Tecnico IndustrialeMicol Roncarà – Liceo ClassicoPaolo Signora – Liceo ScientificoPietro Sommario – Liceo ScientificoFrancesca Iuorio – Istituto d’ArteClaudio Zambon – IPSIA

LaureaAlessandro Del Zotto – Bardolino del Garda – Budoia –Architettura

IMPORTANTEGiungono talvolta lamenteleper omissioni di nominativinella rubrica Avvenimenti.Ricordiamo che la nostrafonte di informazioni sonoi registri dell’Anagrafecomunale. Pertanto, chi èinteressato a pubblicarenominativi relativi adavvenimenti fuori Comuneo relativi a particolariricorrenze (nascite, nozzed’argento, d’oro, risultatiscolastici, ecc.) è pregato dicomunicarli alla Redazione.

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Raganella · Hyla arboreaFoto di Gabriele Bano - Tolmezzo

Nikon F90s ob. 90 f 2.8 Fuji sensia

Principalmente notturno, questo anfibio lo si puòtrovare in ambienti ricchi di vegetazione; ha unapropensione per arrampicarsi e cambiando colorerapidamente si mimetizza tra cespugli e canneti.Nella stagione riproduttiva i maschi, rigonfiando ilsacco vocale, emettono in coro il verso caratteri-stico che da lontano può assomigliare ai versi delle

anitre.

�Associazione Fotografi Naturalisti Italiani

Sezione di Budoia -Pordenone

Via della Liberazione, 6 · 33070 Budoia /PnTel. 0434/654322