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Grande folla per lui Chaberton, una tragedia dardaghese Bianca, Paona... 500 anni di nomi bovini Rientro in Patria di Guido Bocus Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXV · Aprile 2006 · Numero 107 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone. A chi dà fastidio il Crocifisso?

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXV · Aprile 2006 · Numero 107 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone. ] l’editoriale di Roberto Zambon * (Rm. 6-3-11) BUONA E SANTA PASQUA. CRISTO RISUSCITI IN TUTTI I CUORI. DON ADEL

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Grande folla per lui

Chaberton, una tragedia dardaghese

Bianca, Paona... 500 anni di nomi bovini

Rientro in Patria di Guido Bocus

Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa LuciaAnno XXXV · Aprile 2006 · Numero 107S

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A chi dà fastidio il Crocifisso?

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A chi dà fastidio

Sembra che ciò dia fastidio aqualcuno. Non mi riferisco agliextracomunitari seguaci di Mao -metto. È recente la sentenza delConsiglio di Stato che è interve-nuto, su richiesta di una cittadinafinlandese, Soile Lauti, che chie-deva la rimozione del crocifissodalla scuola media frequentatadai suoi figli ad Abano Terme (Pa -dova).

La sentenza dà torto alla si-gnora Soile perché, secondo l'or-gano d'appello della giustizia am-ministrativa, il crocifisso «è unsim bolo idoneo ad esprimere l'e-levato fondamento dei valori civi-li» (tolleranza, rispetto reciproco,valorizzazione della persona, af-fermazione dei suoi diritti, etc...)che hanno un'origine religiosa,ma «che sono poi i valori che deli-neano la laicità nell'attuale ordina-mento dello Stato». «È evidenteche in Italia il crocifisso espri mel'origine religiosa dei valori checonnotano la civiltà italiana. Sitratta di valori che – prosegue lasentenza – hanno im pre gnato disè tradizioni, modo di vivere, cul-tura del popolo italiano e che sog-giacciono ed emergono dalle nor-me fondamentali della nostraCarta Costi tuzio nale».

Questa sentenza, certamente,non mette la parola fine sulla que-stione, perché periodicamentequalcuno ne chiede con forza larimozione. C’è da chiedersi sel’atteggiamento della signoraSoile e di chi non vuole il crocifis-so negli edifici pubblici non sia unatteggiamento di prepotenza e diintransigenza verso coloro, lamaggioranza, ai quali il crocifissonon dà alcun fastidio.

il Crocifisso?È Pasqua! Abbiamo appena su-perato la quaresima che ha cele-brato, nella Settimana Santa, laPassione di Gesù Cristo. Nella ViaCrucis, che noi abbiamo celebra-to in forma comunitaria partendodalla chiesa di Dardago per giun-gere in quella di Budoia, il mondocristiano esalta la croce qualestrumento di salvezza dell’interaumanità. Nei secoli, pur tra milledifficoltà e contraddizioni, lenta-mente il seme cristiano è germo-gliato in modo tale che la nostraciviltà, la nostra storia e la nostracultura sono profondamente le-gate ai valori del cristianesimo.

Anche se nella CostituzioneEuropea non si è voluto ricono-scere tale fortunata realtà, nessu-no può disconoscere che se tutti,almeno a parole, affermiamo chela nostra società è fondata sulla

libertà, sull’uguaglianza, sul ri-spetto, sulla negazione dellaguer ra come mezzo per derimerele controversie, significa che i va-lori del cristianesimo sono i cardi-ni su cui poggia la nostra civiltà.

Anche la nostra cultura, quellavera, è permeata dei valori cristia-ni. Se pensiamo alla grande pittu-ra e scultura italiane ed europee,non c’è artista che non abbia af-frontato nelle sue opere il temadella croce: da Michelangelo aVelasquez, da Giotto a Raffaello,solo per citarne alcuni.

La croce come simbolo dellafede cristiana è presente nei luo-ghi di culto, la troviamo agli incro-ci, su molte vette montane, macome simbolo dei valori che portain sé, troviamo il crocifisso anchein molte aule scolastiche e in mol-ti edifici pubblici.

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Plevànla lettera del

L’apostolo Paolo ci aiuta a viverequesta Pasqua di Risur rezione2006, nello spirito del nostroBattesimo. Da quel gestodell’acqua che scende sullanostra fronte, parte la nostraavventura cristiana; inizia la «vitanuova»!La Quaresima, tempo forte dipreparazione spirituale, di ascoltosilenzioso, di mortificazione, dicarità, ci prepara a vivere concoerenza la Settimana di Pas -sione e la Pasqua.Sul Monte Tabor, Gesù mettePietro, Giacomo e Giovanni aparte di una esperienzastraordinaria: la Trasfigurazione.In tal modo li prepara adaffrontare il doloroso e straziantespettacolo della sua passione.Anche noi come loro siamoidealmente invitati a salire sulmonte per avere il coraggio diridiscendere, forti della gloria checi attenderà.Attra verso la passione,la sofferenza fisica e morale,giungeremo alla Risurrezione.Questo ci fa ripetere nel nostrointimo le stesse parole deglisbigottiti apostoli: «Signore è

bello per noi stare qui con Te».Sul Golgota, il buon ladronechiede a Gesù di ricordarsi di lui:«Ricordati di me quando entrerainel Tuo regno» e Gesù premiala sua fede nella risurrezione:«Oggi sarai con me in Para diso»;ecco l’eredità del nostroSI battesimale.Dalla croce il Figlio di Dio grida:«Tutto è compiuto» e dal suofianco squarciato dalla lancia delsoldato esce sangue ed acqua,simbolo dei sacramenti dellaChiesa. Ecco allora il «sensusfidei», il nostro credere, sperareed amare. Ecco svelarsiil mistero battesimale della «vitanuova». Il Cro cifisso ci ama e ciperdona è pronto a rialzarel’umanità caduta nel peccato,per rivestirla della luce nuova.Coraggio quindi: ripercorriamoanche noi, come i due discepolidi Emmaus, la stessa strada conquel misterioso Viandante.Egli ci spiegherà le scritture, cisvelerà la vera fede, fatta non diparole vuote e di gesti scontati.Ci dirà: «Non temete, sono io.Sono risorto» come avevapromesso. Farà ardere dentro di

*«...nel Battesimo siamo stati sepolti

insieme con Lui nella morte,perché come Cristo

fu risuscitato dai mortiper mezzo della gloria del Padre,

così anche noi possiamo camminarein una vita nuova»

(Rm. 6-3-11)

Risorti e viventi con Cristo

noi il nostro cuore conla dolcezza delle sue parole.Allora anche noi lo riconosceremonello spezzare il pane nellaMessa domenicale. Capi remosino in fondo che la Parola eil Pane dell’Eucaristia, Mistero eDono della Pasqua, restano neisecoli come memoria perennedella passione, morte erisurrezione di Cristo.Noi, cristiani di oggi, supplichiamoGesù, divino Viandante, dirimanere con noi. Egli è morto erisorto per fare una sola grandefamiglia, nella pace, nellatranquillità di un cosmoconsacrato dal suo sangue e daquello dei martiri e delle tantevittime innocenti delle guerre edel terrorismo. Egli ci infondepure la forza di una solidarietàgenerosa verso le moltitudiniche, ancor oggi, soffrono emuoiono di miseria e di fame,decimate da epidemie letali oprostrate da immani catastrofinaturali. Da qui l’auspicio cheil pro gresso materiale dei popolinon soffochi i valori spirituali chesono l’anima delle loro civiltà.Riconoscenti a Cristo, che hasolo «parole di vita eterna» glichiediamo con rinnovata fede:«Mane nobiscum Domine».Ri mani con noi Signore, sempre.Rimani con noi. Alleluja.

CRISTO RISUSCITI IN TUTTI I CUORI.

BUONA E SANTA PASQUA.

DON ADEL

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IMPORTANTE

Per ragioni legate alla normativasulla privacy, non è più possibile averedagli uffici comunali i dati relativial movimento demografico del comune(nati, morti, matrimoni).Pertanto, i nominativi che appaiono suquesta rubrica sono solo quelli che ci sonostati comunicati dagli interessati o da loroparenti, oppure di cui siamo venuti aconoscenza pubblicamente.Naturalmente l’elenco sarà incompleto.Ci scusiamo con i lettori.

Chi desidera usufruire di questa rubricaè invitato a comunicare i dati almeno ventigiorni prima dell’uscita del periodico.

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uota

della v

ita]

N A S C I T E

Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di...

Alessandro Cauz di Roberto e Gabriella Barbarito – BudoiaAlessio Valdevit di Dino e Sabrina Zambon – Rorai Grande (Pordenone)Federico Bastianello di Andrea e Elena Modolo – DardagoAlessandro Conzato di Ottaviano e Antonella Maccioccu – Roveredo in PianoTommaso Colombo di Marco e di Elisabetta Carlon – SacileAnna Pulcini di Terenzio e Lorena Zambon – Praturlone (Pordenone)

M AT R I M O N I

Hanno unito il loro amore. Felicitazioni a...

Lucio Cosmo e Francesca Maletti – Polcenigo – Formigine (Mo)

D E F U N T I

Riposano nella pace di Cristo.Condoglianze ai famigliari di…

Rosa Busetti di anni 88 – Santa LuciaAndreanna Busetti Morelli di anni 91 – DardagoCunegonda Zambon di anni 99 – DardagoMaria Zambon di anni 83 – DardagoAntonia Parmesan di anni 93 – DardagoAlfredo Busetti di anni 85 – DardagoGiuseppe Rigo di anni 88 – BudoiaGianni Zambon di anni 41 – ParigiMassimiliano Rizzo di anni 90 – Santa LuciaAgata Casagrande Berton di anni 92 – DardagoDomenico Comin di anni 73 – Santa LuciaGirolamo Zambon di anni 90 – MilanoGiuseppina Egidi Caprani di anni 93 – BudoiaPadre Rito Luigi Cosmo di anni 80 – Santa Lucia

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Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia (Pn)

sommario

2 A chi dà fastidio il Crocifisso?di Roberto Zambon

3 La lettera del Plevàndi don Adel Nasr

4 La ruota della vita

6 Grande folla per luidi Anna Pinàl

7 Don Alberto a Dardago...di Pietro Janna

9 ...e a Roveredo in Pianodi Sergio Gentilini

11 Lavoratori italiani in Germaniadi Mario Cosmo

13 Essen: un ricordo di bambinodi Vittorio Janna Tavàn

14 Chaberton, una tragedia dardaghesedi Luigi Zambon Pala

16 Bepi de la Tina: un «Amirino»dimenticatodi Donatella Angelin

17 Bianca, Paona, Volpe, Padovana...cinquecento anni di nomi bovinidi Carlo Zoldan

20 Una vita sul ringdi Sara Zambon e di Stefano Di Maria

21 Mariuccia Frey Zambondi Roberto Zambon (Vaticano)

22 Rientro in Patria di Guido Bocusdi Daniele Pellissetti

24 Le Agane: storia e leggenda di un’antica divinitàdi Marco Moretti, Silvia Malnis e Mauro Fracas

25 Un tuffo sulla neve finlandesedi Andrea Rui

28 Dardàc de ’na voltadi Yolanda Rigo

30 L’angolo della poesia

31 La Menega de la Santissimadi Padre Rito Luigi Cosmo

Autorizzazione del Tribunale di Pordenonen. 89 del 13 aprile 1973Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96.Filiale di Pordenone.

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzionedi qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza ilconsenso scritto della redazione, degli autori e deiproprietari del materiale iconografico.

Direzione, Redazione, Amministrazionetel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594

Internetwww.naonis.com/artugnawww.artugna.it

[email protected]

Direttore responsabileRoberto Zambon · tel. 0434.654616

Per la redazioneVittorina Carlon

Impaginazione Vittorio Janna

Spedizione Francesca Fort

Ed inoltre hanno collaborato Adelaide Bastianello, Francesca JannaEspedito Zambon, Marta Zambon

StampaArti Grafiche Risma · Roveredo in Piano/Pn

In copertinaRISVEGLIO E FIDUCIA

Dopo giornate di pioggia e di nebbie, primaveraappare con i suoi canti che risuonano tra i colli e inizia a diffondersi un po’ di verde intorno ai brulli rami, e – prima ancora – un po’di bianco intorno al ciliegio e di roseo intorno al pesco e al mandorlo. Intanto bada ai prati dove dal verde brillanociuffi di viole, di primule selvatiche d’un giallotenero e, sotto le dure siepi spinose, striscianocatenelle di pervinche, azzurro interrotto dal candore dei bucaneve che ancora agitanonell’aria lo squillo della loro campanella.E il cielo ne ride così limpido che lascia trasparirein fondo all’immensa pianura la fiducia nel tempo.

(foto di Rita Marson Zambon)

107

anno

XXXV

· aprile 2006

32 ’N te la vetrina

34 Il Gruppo Artugna e la trasferta a Monacodi Sara Vita, Marina Carlon, Michela De Marco

35 Assicurata la continuitàdi Roberto Cauz

36 Panevin 2006di Francesca Romana Zambon

37 Lasciano un grande vuoto...

38 Cronaca

42 Inno alla vita

44 I ne à scrit

46 Bilancio

47 Programma della Settimana Santa · Auguri

ed inoltre...

Albero genealogico della famiglia Zambon Pinàla cura di Roberto Zambon

[sedicesimo inserto]

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Don Semeja Sacerdote. Grandefolla a salutarlo in quel giorno, co-me in altri suoi addii.

Sarebbe rimasto sorpreso, in-credulo nel vedere quanta pre-senza è lì per lui e solo per lui.

Avrebbe cercato, come è sta-to nel suo carattere qualche ra-gione che non fosse lui stesso.Trattenuto da quell’umiltà interio-re che all’esterno appare comepessimismo. Il terribile dell’umiltà:non ha mai pieno successo.

di Anna Pinàlper luiGrande folla

Dietro i suoi sorrisi, rari e ap-pena accennati, c’è la grandezzadell’uomo che vede le cose controppa ampiezza e profondità persbilanciarsi in esuberanze. Il voltopensoso, ma pronto alla cortesia,è sempre intrigato in chissà qualisentieri della mente, nella ricercadi dire cose difficili in modo limpi-do e completo.

A smontare concetti stanchi elogori, in grosse verità da scopri-re, velate dal tempo e dalla su-perficialità, che appaiono comeannunci impensati. Uomini e don-ne sono uguali. Il vangelo è pienodi dimostrazioni. In chiesa sianoaffiancati e non irreggimentaticon priorità illogiche e superate.Un bel segno di visuale modernadel mondo, messa in atto da lui.Al suo arrivo, subito eliminato ilblocco degli uomi ni davanti e ledonne dietro.

Filosofo negli studi, ai massimilivelli, filosofo nei fatti della vita,nella ricerca del peso e dei signifi-cati delle parole di Dio, don Se -meja è entrato a inaugurare tempinuovi.

Anche il contadino a suo mo-do è filosofo. Ma percorre i sen-tieri della natura, con le sue ripeti-tività, i suoi sgarri, per imparare afidarti meno di te stesso. Confidasolo nella buona sorte, cioè intutto quello che può venire dalcielo, compresa la pioggia, sem-pre concessa con parsimonia espesso fuori tempo.

Due mondi che sembrano vici-ni ma non è così. Il filosofo si por-ta dietro gli sforzi di altri uomini, inuna catena, e cerca di metterci ilsuo anello. Per aiutare i suoi fra-telli a capire i tanti meccanismidella conoscenza e della riflessio-ne. È uno che smonta e ricuce vi-suali e te le consegna perché tupossa essere felice con tuttoquello che sai del tuo Dio e conquello che ti ha rivelato. È uomodi pazienza con una forza tran-quilla e profonda che mette il suosapere dentro nelle parole. Si ap-propria delle esperienze, viste co-

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me panorami da spiegare e orga-nizzare in ordine logico. Imparadai libri e dalle sconfitte e dallapreghiera.

Il contadino impara dai silenzie ne fa il suo linguaggio principa-le. Il filosofo si tuffa nelle parole al-la ricerca delle impalcature per di-stribuirle come pane dello spirito.Si appoggia sull’affanno della vitae di lì cerca la via per comunicare.

L’uomo che indaga l’uomo, equello che indaga la natura: duemondi che si tengono a distanzae si fronteggiano. Per don Se -meja il dilemma della separazione

don Alberto Lunedì 13 febbraio dopo unalunga sofferenza affrontata congrande serenità e fiducia nel Si -gnore è venuto a mancare donAlberto Semeja per 15 anni no -stro pievano.La chiesa parrocchiale di Ro -veredo in Piano, dove don Alber toaveva trascorso 28 anni comecollaboratore del pa rroco, eragre mita di fedeli per porgerglil’ultimo saluto assieme al vescovoe ad oltre una cin quantina disacerdoti. Numerose le Associa -zioni pre senti, tra cui l’Associa -zione Nazionale Friuli Ve neziaGiulia e Dalmazia.Al canto dell’accoglienza la co -munità roveredana ha espresso la

sua gratitudine per «il dono fattocidal Signore di don Alberto che èvissuto fra noi servendo il Si gnorecon competenza, fe deltà, umiltàevangelica».«Il Signore è venuto a prenderlo»ha sottolineato il vescovo nellasua omelia dopo aver ricordato latestimonianza data da don Alber -to sacerdote: una storia di graziache sfocia nell’eternità. «Sacer -dote fino in fondo è stato donSemeja» – prosegue il vescovo –«che nel suo te stamento si èrivolto a Maria Santis sima perchiedere che qualche giovanerisponda alla chiamata delSignore per andare al suoservizio».

non poteva essere maggiore e nesoffriva in silenzio. Ma dopo le ini-ziali perplessità, il paese ha co-minciato a percepire la fortunache gli era toccata. E lui a sentirsiinserito.

E allora i due mondi si accor-darono pure senza mescolarsi.L’attuazione del progetto dell’asi-lo ha messo in luce le capacitàstraordinarie di don Alberto nelgestire e portare a compimento ilpro getto dell’asilo e nell’attivarela partecipazione di tutto il paese,a lungo nel più spettacolare vo-lontariato che si ricordi. Merito

delle sue finezze e della sua infati-cabile presenza, che senza pare-re insegnava quello stile nel tratta-re, che rende ogni impegno unsuccesso. Mai in intellettuale haarmato un paese fracassone ebaldanzoso, come fosse il mondoa lui più gradito. Ci ha amato co-me eravamo, con tutte le ruvidez-ze che avevamo, e che ci sono ri-maste, senza che ce le facessepesare. Per lui andavamo benecosì. Nei nostri silenzi c’era unastima grandissima. Mai pronun-ciata ma sicuramente da lui per-cepita.

a Dardago...di Pietro Janna

PAGINA ACCANTO. DON ALBERTO, IN OCCASIONE

DEL 50° ANNIVERSARIO DELL’ORDINAZIONE

SACERDOTALE, NEL 1996.

SOPRA. DARDAGO 1965. FESTA DI NATALE IN

ASILO. MOLTI DEI BAMBINI QUI FOTOGRAFATI

PROVENIVANO DA BUDOIA, CASTELLO D’AVIANO,

VILLOTTA E DA FAMIGLIE STATUNITENSI PRESENTI

NEI NOSTRI PAESI. SI RICONOSCONO DAVANTI

A DON ALBERTO: MANUELA ZAMBON, MODESTA

BOCUS, GIANPIETRO FORT (L’ULTIMO A DESTRA).

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Sono state molte le prove e lesofferenze che don Alberto hado vuto affrontare nella vita: dal -l’abbandono degli affetti e dellaterra natia come esule giuliano,alla perdita, nel giro di pochi mesi,dei genitori ancora giovani:vicissitudini, che oltre che averlolasciato solo e privo di affetti sucui contare al momento delbisogno, hanno influito note vol -mente sul suo carattere e sullasua salute. Prove che ha af -frontato con grande fede e di gnitàsenza cercare facile com pas sionetra gli uomini ma cer cando forza econforto nella pre ghiera.Aveva un carattere chiuso e bur -bero che induceva alla sog ge -zione, ma aperto e disponibileall’ascolto e al consiglio: si inte -ressava di tutto e di tutti ma conuna grande discrezione e riser -vatezza senza indugiare o darecredito a pettegolezzi o a critichee giudizi verso le persone, fosseroqueste anche suoi de trattori ocausa di sue sofferenze.Leggeva molto, si aggiornava suidocumenti del magistero, eraentrato in pieno nello spirito delconcilio, seguiva l’evoluzione dellaChiesa con spirito aperto: erasenz’altro un post-conciliare.Nella pratica religiosa era moltoesigente e rigoroso: poco inclineall’ipocrisia o al compromesso:non barattava il rispetto delleregole e dei principi per ottenereconsenso o simpatia a suo fa -

vore. Era il primo ad entrare inchiesa e l’ultimo, assieme adOvidio, ad uscire: si mettevavicino al confes sionale recitando ilbre viario, preparava con scrupolola liturgia, senza improvvisare elasciare nulla al caso; esigeva ilsilenzio e il rispetto del luogosacro e la partecipazione co -munitaria alle celebrazioni reli -giose. Non trascurava la for -mazione sia dei giovani che degliadulti, in particolare i genitori:promuoveva incontri ai quali sipreparava con scrupolo e invitavaanche degli esperti.Arriva a Dardago il 21 gennaio1956 come amministratore par -rocchiale e pievano il 15 giugnodello stesso anno.Per prima cosa apre la canonica anoi ragazzi riempiendo due stan -ze di vari giochi come il calcettoda tavolo, il ping-pong, il biliar -dino: e noi tra i giochi e la dottrina,la cui frequenza era la condizioneessenziale per poter accedere aigiochi, passavamo lì tutto ilpomeriggio. Era vamo in molti enon tanto tranquilli e il don erasempre presente nel suo studiopronto ad intervenire e qualchevolta a calmare la Gilda, ve laricordate?, la sua prima di tanteperpetue.Più avanti comprò un televisione enel tardo pomeriggio, dopo averesibito la «pleca», attestante lafrequentazione della dottrina,guardavamo assieme «Rin Tin

Tin» o «Stanlio e Ollio»; lui peròera sempre vigile, pronto ad an -nebbiare lo schermo se per casoappariva una ballerina con legam be scoperte.Alla sera la sala della televisioneera aperta agli adulti. Poi venneil campo da calcio dove pas -savamo interi pomeriggi: partiteche duravano ore.Aveva una grandissima atten -zione verso i problemi giovanili ecercava in tutti i modi di venireincontro con gli orari o con altre

IN ALTO. DON ALBERTO CON UN GRUPPO DI

DARDAGHESI A MILANO, NEI PRIMI ANNI ’60.

A LATO. DARDAGO, 2 GIUGNO 1968. SANTA MESSA

DI PRIMA COMUNIONE. DA SINISTRA, PRIMA FILA:

LUCIA BASSO, MARINA MARASCHINO, MANUELA

ZAMBON, CORA CARLON E MARISA LACHIN.

IN SECONDA FILA: LORIS ZAMBON ROSIT, DON

ALBERTO SEMEJA E ROMANO ZAMBON ROSIT.

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Nato il 12 luglio 1918 a Montonad’Istria da padre istriano, Stefanoe da madre friulana, Maria, diRanzano di Fontanafredda, vienebattezzato a Parenzo dove poiinizia la sua esperienza giovanilenell’Azione Cattolica e maturala sua vocazione, incoraggiatoanche dal vescovo mons. RaffaeleRadossi.Dopo aver frequentato l’Uni versitàCattolica a Milano (dal 1936 al1943), laureandosi in Pe dagogia,nel 1936 entra in Se minario aUdine dove (dopo il periodomilitare dal ’41 al ’43) verràordinato Sacerdote il 7 luglio 1946dall’arciv. Mons. Giuseppe Nogara(‘abbiamo visto – ha scritto MarioGrabar – un tal professor AlbertoSemeja fare apostolato trai banchi di scuola assai prima diindossare la veste talare’).Celebrata la sua prima SantaMessa a Ranzano nella chiesa diSan Paolo apostolo, inizia ilservizio pastorale a San Giovannidi Casarsa nel ’52 come vicarioparrocchiale a San Nicolò; nel ’53

è a Marsure di Aviano qualecollaboratore del defunto mons.Dino De Carlo, poi nel ’56parroco di Dardago, e nel 1970 aSant’Odo rico di Sacile; nel 1975 èa Fanna come rettore delSantua rio della Madonna diStrada fino al 1977, anno in cuiviene destinato a Roveredo inPiano come collaboratore delparroco don Mario Del Bosco epoi del parroco don RuggeroMazzega: vi resterà per 28 anni(quasi la metà della suavita sacerdotale), un lungoservizio svolto con fede profonda,competenza e discrezione,silenziosa e paziente, dedicandoogni sua migliore energia allacomunità roveredana.Di carattere un po’ burbero erude, e fors’anco tantinobrontolone «per temperamento»ma sem pre disponibile e attento,capace di gesti nobili e delicatiè partecipe di ogni aspetto dellavita pastorale e sociale diRo veredo, anche se assai pocoincline ad ‘apparire’.

iniziative affinché ci fosse la mas -sima partecipazione alla praticareligiosa e alla formazione: soffrivamolto per la disaffezione allaChie sa e ai suoi insegnamenti.Il circolo culturale giovanile cheper diversi anni raggruppò i gio -vani delle tre parrocchie, consede in canonica, fu una sua «in -venzione» per sopperire alla di -saffezione dei giovani nei con -fronti dell’azione cattolica e percreare un punto di incontro e didialogo tra le varie realtà giovanili.Nel maggio del 1956 diede il via ailavori di costruzione dell’asilo cheportò a termine nel 1960; permolti anni tutti i giorni andava aprendere e portare i bambiniall’asilo facendo il giro di tutte le

...e a Roveredo in Pianodi Sergio Gentilini

vie di Bu doia, Santa Lucia, Ca -stello, Vil lotta con grande spirito diservizio e umiltà senza pre tenderericonoscimenti da parte di alcuno.Quo tidiana era poi la sua pre -senza in asilo, attento ai problemie alle necessità che tale istituzionerichiedeva.Molti sono stati i lavori eseguiti inchiesa negli anni in cui fu pievano:ricordiamo la levigazione del pa -vimento della navata, i banchi nuo -vi, l’impianto di riscal damento,l’elet trificazione delle cam pane edaltri interventi di manutenzione.In occasione dei suoi 50 anni diordinazione sacerdotale dopoaver espresso riconoscenza alSignore, alla Madonna e a quantilo hanno aiutato a svolgere il

servizio sacerdotale chiede per -dono a Dio e ai fratelli se la suacorrispondenza alla voca zionenon è stata generosa ed esprime«rincrescimento se non sempreper temperamento e per saluteho corrisposto alle aspet tativedella comunità che si è di mo -strata comprensiva, cui anco rachiedo preghiere…».Don Alberto, grazie per quello chehai fatto per la nostra comunità,grazie per l’esempio di fedeltà, dibontà, di rettitudine costante edignitosa e preghiamo il Signoreche ti accolga nella sua pace e tiaffidiamo alla tenerezza di Mariache, dopo tante prove ma anchetanto servizio, ti accolga fra le suebraccia.

per luiGrande folla

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comprendere paternamente, conprudenza, e paziente amabilità.Poche le gioie, molte le ‘prove’:ricorda sempre con commozionela ‘sua natale terra istriana’: el’incontro con la stretta di manoal Papa nel 1985 durantel’udienza concessa agli esuligiuliani e dalmati; e poi la festaper il suo 50° di sacerdozio nel1996, festeggiato dall’interacomunità roveredana presenteanche una folta delegazione diamici della grande FamigliaParentina e del Circolo NormaCossetto, che gli avevano donato‘con gratitudine per il benegenerosamente svolto’ unapreziosa pergamena chenell’intestazione riporta il biblico«Justus ut palma florebit»; (perl’occasione nel suo ‘santino aricordo’ aveva fatto scrivere«l’anima mia magnifica il Signore»)gli era stata dedicata unapubblicazione e nell’intervista dame curata chiedeva «perdono aDio e ai fratelli se la miacorrispondenza alla vocazionenon è stata generosa!». Non soloma per suo preciso desiderio «alposto di eventuali regali sipartecipi invece alla tradizionaleraccolta pro opere parrocchiali in

Il confessionale diventa la suaseconda casa, con i suoi libri dipreghiera, l’amico breviario eil giornale (più d’uno) per trovarsisempre aggiornato anche dei fattimeno salienti.Con assiduità si reca in visita agliammalati, anche in ospedale,presente ad ogni funerale ed inogni altra circostanza lieta etriste della comunità roveredana:suo grande rammarico in questitempi (si confiderà) «la mancanzadi ricerca di valori spirituali eanche umani, il diffuso egoismoe, per i battezzati, il pocoimpegno per conoscere le realtàcristiane e viverle con generosità».Esperto conoscitore del vecchioceppo dei roveredani, cura conmeticolosità l’anagrafe dellaparrocchia, prestandosi serichiesto anche a diverse ricerched’archivio. Accoglie tutti semprecon affettuosa benevolenza, e conquella delicatezza e discrezioneche lo contraddistinguono.Guarda ai giovani con paternapreoccupazione, per il lorodiffuso disinteresse per ogniserio impegno per l’attivitàformative e sociali… senza unavera amicizia.Per l’omelia della Santa Mes sa siprepara con grande scrupolo, daltono dimesso e sobrio, semplicema preciso, l’andamento lento epacato, come il suo caratteristicoincedere, tra il frettoloso eil pensieroso: e per questo, ama -to molto specialmente dai piùanziani (me lo confidava il defuntoMarcellino) che lui sa

occasione della festività delPatrono San Barto lomeo».Festa che si era ripetuta nel 2001con i molti suoi confratelli nellachiesa parrocchiale di SanBartolomeo a Roveredo inoccasione del 55° anniversariodella sua ordinazione sacerdotale.Negli ultimi anni della sua vita,colpito e afflitto da diversi affannie difficoltà fisiche si decide peril ricovero nella casa di riposo peril clero a San Vito al Tagliamento,dove continua a manifestareil suo interesse per i roveredani(legge ogni volta d’un fiatoLa Voce di Roveredo), gratissimosempre per ogni visita ricevuta,fin negli ultimi giorni quando sispegne serenamente: tra qualchemese, in luglio avrebbe compiuto88 anni di età e celebrato il 60° disacerdozio. Anche nelle esequie enell’estremo suo viaggio, è statoaccompagnato dalla comunitàcon l’affetto di sempre: ora riposanella tomba di famiglia aVigonovo di Fontanafredda.Siamo certi che il Signore lo haaccolto per ricompensarlo delbene compiuto, perché «preziosaè agli occhi del Signore la mor tedei suoi fedeli», lui fedeleservitore del Vangelo: in memoriaaeterna erit iustus, recita ancorail biblico versetto, a lode e gloria,nella luce perpetua e nella visionebeatifica del Creatore.

per luiGrande folla

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Bottrop è una cittadina del Norddella Germania nella Ruhr, vicina adEssen, nel land della Re naniaWestfalia, di circa 120.000 abitanti.È di formazione recente: nel 1840contava circa 3.000 abitanti esuccessivamente si ingrandì conlo sviluppo dell’industriadell’estrazione di carbone: circa8.000 nel 1880, il quadruplo nel1904; nel 1919 aveva 72.000abitanti.Dopo le devastazioni della Se condaGuerra Mondiale la città si riprese esuperò i 100.000 abitanti; le attivitàeconomiche si diversificarono e dal1950 al 1964 la popolazioneimpiegata nel settore minerariopassò dal 53,4% al 32%. Tuttoral’attività di estrazione e stoccaggio

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el luglio 2004 è giunta al Co -mune di Polcenigo, da parte delMuseo etnografico della Città diBottrop, la richiesta di collaborarealla realizzazione di una mostrasui lavoratori italiani «tecnici eoperai che hanno collaborato allaprosperità della Città di Bottrop apartire dal 1878»; mostra da loroprogrammata per maggio-luglio2005. Alla richiesta era allegatoun elenco di 69 nomi e cognomidi lavoratori di Polcenigo.

Sono seguite due visite del cu-ratore del Museo, signor Mar tinWalders, e della direttrice del -l’Archivio di Stato Civile signoraHeike Biskup; nella seconda, il 12novembre 2004, hanno incontratoin municipio a Pol ce nigo discen-denti di prima e secon da genera-zione degli emi granti com presinell’elenco e preso in consegnadel significativo materiale docu-mentario.

Hanno parlato in particolarecon Corrado Zanolin, classe1909, che ha rievocato la sua in-

Lavoratori italianiin Germania

fanzia a Bottrop dove ha frequen-tato la prima classe elementare(Corrado è morto l’anno scorso),Antonietta Bravin, moglie di Ci -liano Dorigo, nipote di Gia comoBravin col quale ha vissuto fino a10 anni. Giacomo Bravin, classe1883, andò a Bot trop per lavora-

di Mario Cosmo

GRUPPO DI POLCENIGHESI NEL 1912. SI SONO RICONOSCIUTI MARCO BOSCO,

GIUSEPPE DELLA TOFFOLA, ANTONIO COSMO,

DOMENICO ZANOLIN E UMBERTO DEL SOLDÀ.

re alla miniera Prosper. Dopo unlungo periodo in ospedale ritornòdalla moglie e dai figli, nel 1920,con una valigia piena di denaro ecome un uomo apparentementedi successo; quando arrivò peròil suo denaro, guadagnato concosì duro lavoro, era solo «dena-

del carbone rappresenta un ruoloimportante nell’economia della cittàma si sono sviluppate ancheindustrie chimiche, metallurgiche,alimentari, elettroniche ecommerciali che creano ricchezza estabilità.La città si è anche sviluppataculturalmente; ha musei e teatri edorganizza mostre, festival ecc.È una «città verde» perché più del50% del territorio è rappresentatoda boschi, spazi liberi e campi.Ci sono 124 sport club e sipossono praticare tutti i tipi disport.

]Bottrop (Westfalia)

N

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12

Ai polcenighesi si sono unitealcune persone del nostroComu ne.

Davide Busetti (n. 6/4/1869 – m. ?)di Giomaria di Giovannie di Antonia Celant.Era il secondogenito di tre fratelli.Probabilmente del ramo deiBusetti di Santa Lucia.Valentino/Sante Puppin(n. 28/1/1882 – m. ?) di Budoia,terzogenito di Giuseppe diValentino e di Maria Carlon.Apparteneva al ramo dei Putelate.

ma nia nazionalsocialista, termi naticon l’internamento militare e con illavoro coatto per circa 600.000militari.

La terza sezione mostra il per-corso di alcuni cittadini italiani aBottrop che, dopo il 1955 e dopoun periodo di “scarso amore” daparte della popolazione locale,riuscirono, soprattutto nel campodella gastronomia, ad avviare nu-merosi esercizi di successo. Unarricchimento sociale e culturale

Emigrazione budoiese

italiani del XIX secolo dovetteroconquistare con le proprie forze ilmercato del lavoro tedesco. Spe -cialisti nella costruzione di tunnelven nero presto accettati comecostruttori di pozzi e gallerie, nelleprime profonde miniere di Bottrop.L’intervento italiano nella PrimaGuerra Mondiale troncò improvvi-samente questo flusso.

La seconda sezione della Mo -stra tratta l’oscuro capitolo dei le-gami tra l’Italia fascista e la Ger -

ro giocattolo» a causa dell’infla-zione: Antonietta ricorda di avercigiocato con le amiche a Mo -nopoli! Importante poi il contribu-to documentario messo a dispo-sizione dei due ricercatori daMaria Carla Pez zutto, che ha for-nito tra l’altro, la foto che è diven-tata il logo della Mostra.

Nel febbraio 2005 la lista di la-voratori, grazie al lavoro di ricer-ca nel frattempo effettuato dalMuseo, si è ampliata. Parte dalprimo emigrante italiano censitonel 1817, Peter Borelli, un brac-ciante agricolo proveniente dalPiemonte e, per quanto riguardai Comuni dell’attuale RegioneFriuli Venezia Giulia, comprendecirca 170 nominativi di Polcenigoma anche 5 di Budoia,1 di An -dreis, 2 di Aviano, 1 di AzzanoDe cimo, 4 di Barcis, 10 di Ca -neva, 1 di Civi da le, 3 di Fanna, 1di Gemona, 15 di Lauco, 7 diOvaro, 2 di Pasian di Prato, 2 diPordenone, 2 di Prato Carnico, 1di Rivignano, 1 di Sacile, 1 di SanQuirino, 1 di Tol mezzo, 1 di Tra -vesio, 5 di Udi ne, 1 di Ven zone;quindi, su 240 persone prove-nienti dai Co muni della Re gioneFriuli Venezia Giu lia, circa i 3/4provenivano da Pol cenigo.

La Mostra si articola in unaprima sezione con temi diversisviluppati su 15 cartelloni, forma-to 2,40 x 1,40 m, e un’altra se-zione col vagone di un treno diterza classe del 1911 e l’internodi una baracca del 1950; a parte,pannelli illustrativi della Città diBottrop e dell’attività di estrazio-ne del carbone.

L’accordo bilaterale tra Italiae Germania (Roma, dicembre1955) per il reclutamento di ma-nodopera ha offerto l’occasionedella Mostra che però ha abbrac-ciato un periodo molto più ampio,iniziando quindi all’epoca dellaprima industrializzazione, ai primidell’800.

Diversamente dalle numerosebraccia reclutate nella Slesia set-tentrionale ed in Polonia, gli operai

Angelo Signora (n. 27/8/1882 – m. ?).Non siamo riusciti ad individuarnele generalità.Potrebbe trattarsi del figlio diGiuseppe di Angel e di Luigia Carlon,nato il 22.10.1883, originario diBudoia.Inoltre, Giovanni Fort(n. 16/2/1870) e Gerardo De Fort(17/2/1869), di cui pure s’ignoranole generalità.

Con ogni probabilità sono state erratele trascrizioni dei dati anagraficida parte dell’ufficio emigrazione.

a Bottrop (Essen)

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A SINISTRA. IN PIAZZA A POLCENIGO IN OCCASIONE

DELLA VISITA DEI CURATORI DELLA MOSTRA

IL 12 NOVEMBRE 2004 COL SINDACO DI POLCENIGO

(QUARTO DA SINISTRA) CORRADO ZANOLIN

(AL CENTRO), ANTONIETTA BRAVIN (AL CENTRO

CON UN FOGLIO IN MANO), MARIA CARLA PEZZUTTO

(QUARTA DA DESTRA)

ED I CURATORI SIGNORI HEIKE BISKUP E MARTIN

WALDERS (SECONDA E TERZO A DESTRA) ASSIEME

AD ALCUNI COLLABORATORI.

A DESTRA. IN MUNICIPIO A BOTTROP CON

IL SINDACO PETER NOETZEL (SECONDO DA DESTRA).

Nell’unico cassetto del tavolinodella camera dei nonni trale ‘ciarte’più importanti dellafamiglia erano conservate pochefotografie. Quando il nonno Santeo la nonna Anna lo aprivano pernecessità di consultazione,capitava che qualche volta io fossipresente e la mia curiosità erasubito attratta da quelle immaginidi color seppia che affrescavanoil piccolo archivio di famiglia.Le risposte, per quanto ripetitivecome quelle di chi ha fissatovividamente la memoria di una vitain poche luci di ricordi, arginavanole mie insistenti domande mastimolavano fortemente la miaimmaginazione.C’era una foto in particolare chemi affascinava più di altre.Ritraeva mio nonno nella posa deidiciott’anni quando emigrò inGermania per lavoro.Era datata 1901, il volto di unchiaroscuro tre quarti, lo sguardodi malinconica sicurezza ma fieroper l’austera eleganza con tresigari nel taschino della giacca,quasi a rivendicare, per vizio dinecessità, di vanità o di conquistadi un primo benessere economico,il suo sentirsi uomo prima ancoradi essere adulto.Ma c’era nell’esperienzadell’emigrazione di quegli annila brusca accelerazione dei tempiche falsificava le apparenzedell’età e del carattere, graffiatadal duro lavoro e dalla nuovaesperienza di vita, troppo lontanadal silenzio dei monti dardaghesi,troppo vicina per l’affanno dellasopravvivenza.Lavorava in una fabbrica di

mattonelle di carbone ad Essen(o nelle sue vicinanze) in Westfalia;nel suo ricordare da adulto miraccontava della vita e del lavoro,senza tralasciare i particolari piùdrammatici di alcuni incidenti capitatiai colleghi, emigranti come lui.Non indugiava nei dettagli peril gusto del macabro o la volontà diimpressionarmi; era solo lo schiaffodel realismo che si faceva messaggiosenza retorica su quanto la vita, perquanto dura, sia stata a conti fatticon lui benevola.Allo stesso modo mi parlava dellaguerra e dei compagni persi, dellescene raccapriccianti di morte edevastazione, di prigionia, di fameche sembrava non lasciare respiro.

*Sono stato anch’io ad Essen, 20anni fa. La casualità mi ha portato adormire in un albergo della cittadinatedesca durante la mia visita ad unafiera a Düsseldorf.Quella domenica mattina, ricordosolo di aver giocato d’anticipo,sull’appuntamento con i colleghi,alzandomi un’ora prima per poterguardare un pezzetto di Essenrisvegliarsi.Un mattino di chiaroscuro che hopotuto finalmente rivedere senzafare tante domande.

VITTORIO JANNA TAVÀN

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oggi difficilmente cancellabile.Nel luglio dello scorso 2005, nel

periodo di apertura della Mostra(12 maggio-24 luglio), una delega-zione di Polcenigo e della Comu -nità Montana si è recata a Bottroped ha potuto apprezzare l’iniziativache quest’anno verrà riproposta,per quanto possibile, con il contri-buto della Regione e di «Friuli nelmondo», a Polcenigo dall’8 al 25aprile nei locali dell’Ex Convento diSan Giacomo.

RITRATTO DI SANTE JANNA TAVÀN (N. 4.7.1883,

M. 28.10.1972), INVIATO A DARDAGO ALLA MAMMA

LUIGIA, SCATTATO AD ESSEN (1901?) PRESSO

LO STUDIO FOTOGRAFICO WINK (O WINKJ).

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11 agosto 1934. Un urlo nellanotte, un corpo che cade in uncunicolo aperto nel ventre dellamontagna, un cuore cessa di bat -tere. Si concludeva la giovane vitadi Zambon Luigi Pala. Una giova-ne vita, iniziata a Dardago 17 anniprima, terminava così, come sipuò ancora leggere oggi su unapiccola tomba nel cimitero diDardago, «a Cesena ( ma è erra-to, va letto Cesana) in tragico fat-to», un paese lontano.

E sì. Era mio zio, fratello di miopapà!

No, non l’ho conosciuto. Mane porto il nome essendo natoqualche anno dopo.

Allora si usava! Anche lui por-tava il nome di un suo zio, fratellodi mio nonno! Ma questo, eramorto vecchio!

Mio padre era, allora, comecapocantiere in Piemonte, impe-gnato nella realizzazione di impor-tanti opere murarie di fortificazio-ne lungo il confine con la Fran cia.Stava realizzando interventi di ri-

strutturazione del forte Chaber ton.Sulla vetta di questa montagnache domina dai suoi 3130 metritutta l’alta Val di Susa, una gigan-tesca opera di ingegneria militareaveva installato un articolato siste-ma di cannoni da marina.

Si trattava di otto cannoni149/35. L’espressione 149/35vuol significare: diametro internodella bocca da fuoco 149 mm,lunghezza della bocca da fuocopari a 35 volte il suddetto diame-tro cioè 5219 mm (149x35). Inrealtà, la lunghezza effettiva dellabocca da fuoco fu portata a 5464mm. I cannoni erano capaci, conuna gittata di oltre 16000 metri, dicolpire e distruggere tutta la con-ca di Briançon.

Alla prova dei fatti, però, du-rante la breve guerra con la Fran -cia, i potenti cannoni dello Cha -berton furono subito messi fuoriuso da pochi tiri dei mortai france-si! Quanto lavoro e quante trage-die inutili! Lungo i fianchi di questamontagna, a quota più bas sa, so-

Cesana, Claviere: in questi mesi

abbiamo più volte sentito

nominare queste località

in occasione delle Olimpiadi

invernali di Torino.

Molti anni fa, que sti luoghi

erano conosciuti dai Dardaghesi

perché tanti compaesani

vi lavoravano. Poi, una notte,

improvvisa la tra gedia.

una tragedia dardaghesedi Luigi Zambon Pala

Chaberton

SOPRA DA SINISTRA: RINO ZAMBON PINÀL,

VITTORIO ZAMBON PALA, BRUNO ZAMBON PALA.

IN PIEDI DA SINISTRA: PIETRO ZAMBON PINÀL,

GIROLAMO ZAMBON TARABÌN, ETTORE ZAMBON

THAMPÈLA, UN MURATORE BERGAMASCO.

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Quando si nominava questofatto, come a volerlo esorcizzare,mio padre cambiava sempre ar-gomento. Confesso che anch’ioavrei voluto conoscere altri detta-gli su questa tragedia, ma non homai osato farlo per non turbarequella sofferenza interna che lo hasegnato per tutta la vita.

Credo che ormai non ci sianopiù a Dardago superstiti che inqualche modo conoscano i fattiche ho narrato, ma se ci fossero,sarebbe per me una grande gioiapoterne parlare.

Alcuni anni fa sono salito sulloChaberton.

Non potevo farne a meno. Sia -mo saliti dal versante francese,me no impervio del lato italiano,ma pur sempre salita aspra e fati-cosa.

Arrivati a Cesana, da Torino, siprosegue sino a Claviere. At tra -versato il confine di Stato, si entrain Francia. Poco dopo si gira adestra, si parcheggia e si inizia, apiedi, la lunga salita che, in circa 4ore di dura marcia e oltre 1500metri di dislivello, si conclude sul-la vetta del Monte Cha berton,(3130 metri). Panorama moz za -fiato per 360 gradi. Di fronte a noila Fran cia, alle nostre spallel’Italia.

La cima è costituita da ungran de piazzale su cui brandeg-giavano gli otto cannoni che, po-sizionati su otto torrette, da quella

eccezionale posizione hanno rap-presentato una grave minacciaper tutta la zona di Briançon.

La vetta è accessibile anchecon adeguati mezzi meccanicicome auto fuoristrada, moto datrial o, per i più coraggiosi, conmountain bike. Si tratta di percor-rere circa 16 km e circa 2000 me -tri di dislivello! Località di partenzaFenils, vicino a Cesana. Stradaorrenda, ripida e stretta. Gli ultimitornanti sono talmente stretti chele macchine fuori strada, non po-tendo eseguire la rotazione com-pleta della curva, debbono usarela tecnica del pen dolo. Vuol direpercorrere, dei trat ti alternati, inretromarcia, su paurosi baratri!

Le otto torri sono ancora lì,malconce e melanconicamentedi sastrate, monumento all’imbe-cillità umana.

no state eseguite altre opere difortificazione denominate batteriebasse e batterie alte. Un intricatopercorso in galleria collegava in -ter namente il tutto. In pratica tuttala montagna, a partire da Ce sana,che sta alla base, alla vetta, è unalveare unico.

I lavori sono durati diversi anni.Mio padre per molti anni, fino alconflitto con la Francia, giugno1940, ne ha seguito i lavori.

All’inizio dei lavori sullo Cha -berton, assieme a tanti altri com-paesani di Dardago, mio padrearruolò nell’enorme cantiere chesi andava configurando, anche ilsuo giovane fratello Luigi, dicias-settenne. Immagino le raccoman-dazioni che avrà fatto la mia caranonna Pierina al figlio Vittorio, distare molto attento a Luigi, moltopiù giovane. Aveva la fama di es-sere uno scavezzacollo, moltoesuberante e irrequieto. Volle in-fatti far parte della squadra che la-vorava anche di notte. Avevanouna piccola integrazione al magrosalario. Ma una notte…

Penso sia stato terribile permio padre riportare il suo giovanefratello alla madre, a Dardago, en-tro quattro tavole di legno.

Ancora dopo molti anni, ricor-do e rivedo mia nonna, ritirata vi-cino alla lapide in cimitero, con ilviso coperto dal fatholet, coprire equasi voler nascondere il suo do-lore. Piangere in silenzio...

Rif. bibliografico: Edoardo Ca stel lano,Distruggete lo Chaber ton, Edizioni il Ca pi telloTorino.

ACCANTO. L’IMMAGINE DEL GIOVANISSIMO

LUIGI COSÌ COME I DARDAGHESI LO RICORDANO

NEL CIMITERO DEL PAESE.

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ticat

oHa colpito la mia attenzione edil mio interesse l’articolo apparsosu l’Artugna N. 98 pag.17relativo all’Associazione AMIRA,Asso cia zione Maitre ItalianiRi storanti Alberghi.

Leggendo l’articolo è balzatovivido alla mia mente il ricordodi mio padre, Giuseppe Angelin,meglio conosciuto come Bepi dela Tina e mi sono chiesta: «Manessuno si ricorderà del miopa pà?» Certo, stiamo parlandodi quasi 30/40 anni fa e spessoil tempo cancella i ricordi, manon ai suoi cari! Papà, classe 1908, è stato nel1955 uno dei soci fondatori eprobiviro di questa Associazione:il probiviro aveva il compito ditutelare il comportamento etico,morale e disciplinare di ognisocio. Nel 1975, in occasionedei vent’anni dalla fondazionedel l’AMIRA, gli è statariconosciuta una medagliaPremio Fedeltà come SocioBenemerito. Anche lui, come Pietro Vettore tanti altri giovani dell’epoca, hafatto lo stesso percorso di vita,qualche decennio prima però,esattamente negli anni ’30-’40.Ha lasciato giovanissimo il suopaese per andare prima aTrieste, poi a Venezia, Milano,successivamente in Svizzera,Inghilterra ed infine in Germaniaper fare apprendistato,perfezionarsi nel lavoro eacquisire quella esperienza eprofessionalità che gli avreb beropermesso poi di lavorare neimigliori e più rinomati ristoranti.

Infine l’arrivo e la sistemazionede finitiva a Milano dove diresseristoranti di fama internazionalefrequentati dall’elite italiana estraniera.Un articolo apparso nel ’57 suuna rivista di settore, così parlòdi lui dopo aver enumerato tuttigli alberghi e ristoranti dove papàaveva prestato la sua opera:«…a questo invidiabile stato diservizio viene ad aggiungersila sua personalità modesta esignorile nello stesso tempo, diindiscussa capacità, onesto ebuono, meritandosi la sua giustaconsiderazione e stima da partedei suoi superiori e dipendenti...Giu seppe Ange lin, si può bendefinire in senso comune unuomo che viene dalla gavetta».Questa mia precisazione solo percompletezza di informazione edovere di cronaca e ancheperché sono sicura che anchepapà sarebbe stato orgoglioso diessere ricordato, insieme a tantisuoi compaesani, come personache ha fatto conoscere all’Italiae all’estero il valore e l’onestànel lavoro dei friulani. Con lui orasono ben sei le persone delnostro comune che all’internodell’AMIRA hanno ricevuto unriconoscimento professionaleed esattamente, da Dardago:Pietro Vettor, Alfredo Zambon,Giancarlo Zambon, LuigiZambon; da S. Lucia: Eva ristoBusetti ed infine da Budoia: miopapà, Giuseppe Angelin.

DONATELLA ANGELIN

Bepi de la T

ina

Una affezionata lettrice ci ha fatto pervenire una sua notacon la quale desidera ricordare la figura del padre il cui nomeappare nell’albo dell’AMIRA.

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Il 14 novembre 1567, a Sacilenella Locanda del Bove – guardacaso! –, alla presenza di due te-stimoni, tra cui un ospite dellastessa locanda, certo GiovanniMaria Maltempo, il nobile vicenti-no Gio vanni Battista Del Monte,perfeziona un contratto di loca-zione1, già stipulato il 24 giugnodello stesso anno, con ser Ray -naldo Zanette originario di Fre -gona, vac caro, e gli affida, per ilperiodo in cui lasciano la monta-gna, 40 bovini: 1 toro, 22 vacche,di cui 19 gravide, 12 manze, di

Volpe, Padovana... Cinquecento anni di nomi bovini

cui 5 gra vide, 4 vitelle e un vitellodi un anno. Nei contratti d’affitto,ma anche nelle compravenditenel XVI secolo compaiono spessodei vaccari; erano evidentementedei «professionisti» nell’accudire ilbe stia me che, dopo la smontica-zione, doveva essere tenuto nellestalle fino alla successiva monti-cazione.

Da un’analisi approfondita del-l’atto, si potrebbero ricavare mol-te notizie relative alle razze bovi-ne, ai sistemi di allevamento, aicontratti di soccida, all’alpeggio...

Bianca, Paona,

di Carlo Zoldan

IMMAGINE D’ALTRI TEMPI.

LA ROSSANDA BOCUS FRITH

CON UN BEL ESEMPLARE BOVINO.

(PROPRIETÀ DI VITTORIA SANTIN)

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Non ce lo permettono spazio etempo ed anche la scarsa com-petenza in merito. Si può tuttaviatentare qualche considerazione.

Osservando l’elenco degli ani-mali balzano subito agli occhi al-cuni tratti descrittivi di ognuno diessi: sesso, colore, nome, «statocivile», età... Vediamo così, adesempio, che le vacche, ma an-che le manze, sono per lo piùgra vide e questo denota subitol’abitudine, dettata del resto dallanecessità, di far partorire le vac-che possibilmente durante l’in-verno, nelle stalle, in modo daavere per il momento della monti-cazione tutti animali adulti oquantomeno autosufficienti.

Il toro seguiva le vacche e lemanze in montagna, ma questeerano già quasi tutte gravide allapartenza, in modo da esserepron te per partorire alla discesadai monti, tra ottobre e gennaio –quelle nominate con data di na-scita nel documento sono tutte digennaio, zenèr – e ad essere dinuovo ingravidate prima dellanuova monticazione2.

Il discorso sulla monticazionee sulle sue problematiche sareb-be lungo, ma, forse è preferibile,per questa volta, soffermarci suicolori e sui nomi degli animali no-minati nel contratto. Colori tipicidei bovini più diffusi nelle nostrezone nei secoli passati: vacche

lòre, cioè screziate, rosse e bian-che o nere e bianche; balzane,cioè con la parte inferiore dellezampe di colore bianco, con labalza; negre, nere; beretine, gri-gie; rosse, brune, chiare...

Queste razze, come dice an-che Antonio Maresio Bazolle,pos sidente agronomo bellunesedel l’Ottocento, vanno scompa-

Volpe, Padovana... Bianca, Paona,

Riportiamo per interola parte in italiano

del manoscritto,tralasciando tutta la prima

e il formulario, che sonoscritti in latino.

Inoltre la paginaè rovinata dall’acqua

e manca proprio l’ultimafrase del protocollo;

si riesce a leggeresolamente

tenor subsequitur,videlicet, segue il tenore

[dell’elenco degli animali].

rendo proprio in quel periodo: «Ibovini rossi, o screziati di rosso enero, di rosso e bianco, o di neroe bianco – lòri – vanno semprepiù scomparendo, e soltanto v’èqualche tolleranza per le vacchescure anche molto, balzane o lò-re, perché sono queste ritenutepiù da latte che non le belle bi-gie»3.

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NOTE

1. Il manoscritto si trova nell’Archivio di Stato diPordenone: ASPN, b.897, f. 6247, p. 116r-v.

2. A. MARESIO BAZOLLE, Il possidente bellu-nese, Feltre, Comunità Montana Feltrina, Co -mune di Belluno, 1986, a cura di Daniela Perco,vol. I, p.160.

3. MARESIO BAZOLLE, Il possidente bellunese,vol. I, p.158.

4. Salvina, per il Pirona è nome proprio di vacca,ma in questo elenco verrebbe da pensare piut-tosto ad un colore o ad una razza...Cfr. G.A. PIRONA, E. CARLETTI, G.B. CORGNA-LI, Il nuovo Pirona. Vocabolario Friulano, Udine,Società Filologica Friulana, 1979, ad vocem.

5. Lóra, variopinta, PIRONA, CARLETTI, COR-GNALI, Il nuovo Pirona, ad vocem.

Un torouna vacca rossa (...) [bia]nca ditta la Bella coda, piena, di etàd’anni 9una vacca bianca ditta la Bella donna, piena, di età d’anni 9una vacca rossa con il fronte bianco et meza la coda dittala Si gnora, piena, d’anni 7una vacca rossa ma chiara ditta la Ridonda, piena, di anni 9una vacca rossa ditta il Rossi gnuol, piena, d’anni 9una vacca salvina4 che tra al brun ditta la Brugnola, non piena,de anni 9una vacca bianca tutta ditta l’Armellin, piena, de anni 8una vacca rossa ditta la Subia, piena, de anni 6una vacca chiara con il fronte bianco ditta la Boccarda, piena,de anni 6una vacca chiara senza segno ditta la Pepola, piena, de anni 9una vacca rossa ditta la Svizera, non piena, d’anni 6una vacca chiara ditta la Pado vana, piena, de anni 5una vacca lora ditta la Sforada, piena, de anni 4una vacca rossa ditta il Falcon, piena, de anni 4una vacca chiara ditta la Paona, piena, de anni 5una vacca bruna ditta la Scura, piena, de anni 4una vacca lora5, cioè bianca e negra ditta la Bianca, piena,d’anni 4 a questo zenèruna vacca bianca o sia chiara ditta la Rizza, piena, de anni 3a questo zenèruna vacca negra con il fronte bianco ditta la Mascara, nonpiena, de anni 3 a questo zenèr

Per quanto riguarda i nomi, sipuò dire che già all’epoca del no-stro contratto, se ne trovano chesi rifanno al colore, al carattere, alcomportamento, all’origine, al -l’este tica dell’animale: Bianca,Vol pe, Boccarda, Pa dovana, Don -zel la, Belladonna, Bel lacoda...

Siamo nel periodo in cui per gliuomini si vanno consolidando i

co gnomi, molti dei quali, guardacaso, seguono lo stesso percorsodei nomi o soprannomi degli ani-mali: di provenienza, relativi alcomportamento e al carattere, aidifetti fisici... ma questo è un altrodiscorso.

Per gli animali i nomi sono ri-masti gli stessi nei secoli e per noiora è anche piacevole constatare

che nel Cinquecento già circola-vano più o meno quelli di oggi;nomi famigliari, che ci fanno sca-turire piace voli ricordi e che cidanno qualche notizia in più sullastoria e il modo di vivere della no-stra gente contadina.

una vacca rossa che tra al brun ditta la Perla, non piena, de an-ni 3 a questo zenèruna vacca rossa con stella in fronte e balzana ditta Balzana,piena, d’anni 4 a zenèruna vacca scura ditta la Pellosa, piena, de anni 4 ut suprauna manza negra ditta la Mora, piena, de anni 3 a zenèrut suprauna manza berettina ditta la Tur ca, piena, de anni 3una manza negra con coda bianca ditta la Merla, piena,de anni 3una manza rossa ditta la Don zella, piena de anni 3una manza lora, cioè bianca e rossa ditta la Fantina, piena,d’anni 3una manza rossa tra al chiaro con stella in fronte ditta Rossa,non piena, de anni 3una manza negra con stella in fronte ditta la Ciliga, de anni 2a questo zenèruna manza negra con poca stella in fronte ditta la Bergaminade anni 2una manza negra con la coda bianca ditta la Ferrarese, de anni 2una manza negra ditta la Volpe de anni 2una manza lora, cioè rossa e bianca ditta la Segnada, de anni 2una manza rossa chiara con stella in fronte ditta il Marchetto,de anni 2vedelle de uno anno n.o 4vedelli de uno anno n.o 1.

PAGINA ACCANTO. L’ALLEVAMENTO BOVINO NELLE

NOSTRE MONTAGNE: IN MALGA VAL, PRA’ DE BISE E

AL COL DE LE PALSE.

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Mio nonno Pasqualino ZambonCanta è nato e ha trascorso tutta lasua giovinezza a Dardago, dove anch’io ho trascorso vacanzeindimenticabili.Sembra che Dardago, protetto dallesue montagne, sia riuscito a fermare il tempo e a mantenere le sue caratteristiche ori ginarieevitando la contaminazione della«modernità». Il vostro giornale l’Artugna, al qualefaccio i miei più vivi complimenti,arriva puntualmente nella nostracasa portando il profumo dei luoghi cari, delle vecchie case e delle antiche tradizioni.I vostri servizi, sempre suggestivi e originali, mi hanno suggerito di inviarvi l’articolo allegato cheil quotidiano di Varese «La Prealpina»in data 3 marzo 2006, ha volutodedicare proprio al mio caro nonnoPa squa lino, in occasionedel tren tesimo anno di dialisi:

el el centro dializzati dell’ospeda-le cittadino è stato soprannomina-to «Roccia». In effetti, PasqualinoZam bon ha raggiunto un traguar-do che non avrebbe mai pensatodi tagliare: trent’anni di dialisi.

Convive con un rene artificialedal febbraio del 1976. Un «com-pleanno» importante, che ha volu-to festeggiare con tutto il reparto:vincendo la stanchezza che siporta dietro per i suoi 78 anni, si èpresentato con un gran sorrisostampato in volto, distribuendocioccolatini ai conoscenti e al per-sonale medico. Tre decenni di dia -lisi sono un caso raro, forse l’unicoin Italia.

Non che il saronnese non ab-bia mai subito complicazioni, ma èriuscito sempre a superarle, sfi-dando testardamente quello stes-so macchinario che lo tiene in vita.

Il rene artificiale ha la funzionedi purificare il sangue: dopo il pro-cedimento, che dura circa quattroore, si accusano spossatezza etalvolta malori. La storia di Pa -squalino Zambon inizia nel lontano1944, quando a sedici anni fu col-pito ad una gamba da una rafficadi mitragliatrice, nel corso di un ra-strellamento dei tedeschi in Friuli.

«Stavo andando in montagnaper portare da mangiare ai mieifratelli che si erano nascosti», ri-corda: «Purtroppo ho perso moltosangue e devo aver subito un’infe-zione alle ferite, perché da alloraho continuato a sentirmi semprepiù debole, anche dopo essereguarito».

Diagnosticatagli la glomerulonefrite, una perdita di albumina eglomeruli nel sangue, riuscì a con-vivere con la cronicità della malat-tia fino a 48 anni, quando le suecondizioni divennero gravi per al-tissimi livelli di azotemia.

trattamento indispensabile alla suasopravvivenza. La causa della suamalattia sono state le gravi feritesubite durante un rastrellamento dei tedeschi, nel lontano 1944,avvenuto proprio sui monti della Val Granda vicino Dardago.La pubblicazione di questainserzione, sono certa, susciteràvecchi e cari ricordi e un piacevoleinteresse fra i suoi coetanei e tutti coloro che l’hanno conosciuto.È stato ammirevole il suo impegnonel restaurare la sua amata casapaterna, spinto dal desiderio di ritornarci per trascorrere qualchebreve vacanza in quei luoghi chel’hanno visto giovane e sano,spensierato e felice.Sono sicura che questa mia ideafarà molto piacere anche al mioamatissimo nonno Pasqua lino che proprio quest’anno a Pasqua il 16 aprile 2006 compirà il suo 79°compleanno.

SARA ZAMBON

sul ring

DIALIZZATO DA TRENT’ANNI

Una vita

N

PASQUALINO ZAMBON INSIEME AL FIGLIO

FRANCESCO E AI NIPOTI SARA E MARCO.

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Cominciata la dialisi all’ospe-dale di circolo di Varese, si cercòuna soluzione per evitare di doverfare continuamente la spola daSaronno e, grazie all’intervento diun medico che prese a cuore ilsuo caso, Zambon riuscì ad otte-nere un rene artificiale al domici-lio, a patto che ci fosse qualcunoin grado di assisterlo. Quel qual-cuno fu il figlio diciottenne Fran -ce sco, che per aiutare il padre –facendosi carico di una grossaresponsabilità – non esitò ad ese-guire il trattamento in una stanzaallestita nell’appartamento doveabitavano.

«Non ha mai sbagliato a infi-lare gli aghi», dice orgogliosoPa squa lino. «Non ha mai com-messo errori che abbiano com -pro messo la mia vita. Del resto,per due mesi mi aveva accom-pagnato all’ospedale di Vare seosservando attentamente co mesi svolgevano le procedure perimparare».

Quando fu finalmente apertoun centro dialisi all’ospedale diSaronno, che dipendeva dal no-socomio di Bollate e successiva-mente passato sotto la direzionedi quello di Busto Arsizio, fu unsollievo per tutta la famiglia Zam -bon.

Finalmente c’era una struttura– pur priva di personale medico –dove potersi sottoporre alla dialisia cinque minuti di auto da casa.«Se sono riuscito a restare in vi-ta», afferma il saronnese, «è meri-to dei progressi della medicina,ma io e mia moglie vogliamoesprimere i nostri più sinceri rin-graziamenti ai medici e parame-dici che in tutti questi anni mihanno seguito e aiutato».

Che cosa prova mentre si ap-presta a sottoporsi alla dialisi? «Ècome se salissi sul ring», rispon-de Pasqualino. Ogni volta, vista lasua età avanzata, esce dall’in-contro di boxe a pezzi, ma sem-pre stringendo fra le mani unamedaglia.

STEFANO DI MARIA

Mariuccia Frey Zambon

Ad un anno dalla sua scomparsa, due foto per ricordarla a tutti quantinoi che l’abbiamo conosciuta.

La prima è stata scattata in Svizzera il giorno del fidanzamento colfuturo marito Ferruccio Pinàl; testimoni tutti gli altri dardaghesi che inquel periodo lavoravano al famoso Palace Hotel di Gstaad.

La seconda invece la raffigura, 55 anni dopo, bisnonna felice con fi-glia, nipote e, appunto, pro-nipote.

ROBERTO ZAMBON PINÀL (VATICANO)

3 AGOSTO 1948 ALL’OLDEN BAR DI GSTAAD (SVIZZERA);

DA SINISTRA A DESTRA: COSTANTE ZAMBON PINÀL, MARIO ZAMBON ITE, ANGELO RIGO BARTHAN,

FERRUCCIO ZAMBON TARABIN, FERRUCCIO ZAMBON PINÀL, ELPIDIO BOCUS CIUTI, SAURO VETTOR MUCI,

DUE RAGAZZE SVIZZERE SCONOSCIUTE E MARIA FREY.

VACCIAGO (NO) NELL’AGOSTO 2003;

MARIUCCIA FREY ZAMBON CON LA FIGLIA ANGELA ZAMBON, LA NIPOTE VALENTINA GASTALDI

E LA PRONIPOTE GIORGIA ZANDONELLA.

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La popolazione della ridente loca-lità della nostra Pede monta na, lu-nedì 26 dicembre 2005, giorno diSanto Stefano, si è raccolta nellachiesa parrocchiale con una me-sta e significativa cerimonia, allie-tata con canti natalizi e il cantodell’Ave Maria di Bepi De Marzieseguiti dal Coro parrocchiale, perrendere doveroso omag gio allespoglie mortali del C.M. FanteGuido Bocus, caduto a seguitodel bombardamento aereo del 20ottobre 1944 sul campo di prigio-nia di Brebach – Saar (Ger mania).Una delegazione dell’As so cia -zione Fanti d’Ar resto col proprio

Labaro rendeva gli Onori militari,accompagnata dal Pre sidenteRe migio Siri, dai Generali S. Tan -tulli, P. Mac ca gna no e da un foltogruppo di fanti in congedo. Eranoanche presenti il Gon falone delComune di Bu doia, il C.te dellaStazione CC. di Polcenigo, M.lloAiutante Claudio Zambon con ilVi ce C.te Dino Rapazzo, la Ban -diera dell’Ass. del Fante, una rap-presentanza dell’Ass. Bersa glieridi Budoia e Dardago, la Bandieradell’Ass. Famiglie Cadu ti eDisper si in Guerra con la Pre -sidente Julia Marchi e la Se -gretaria Vally Cum, il Vessillo del -

Dardago, commosso,ha accolto solennemente

le spoglie mortalidel suo caro fante

Guido Bocus, decedutoil 20 ottobre 1944,

in Germania duranteun bombardamento aereo.

Rientro in Patria diGuido Bocus

l’Ass. Ex Deportati Po litici ed ilVes sillo dei Donatori di Sangue diDar dago.

Partecipavano anche i Ga -gliar detti e le rappresentanze de-gli Alpini dei Gruppi di Budoia,Milano-Cre scenzago, Aviano eVal le non cello, mentre l’organizza-zione della cerimonia era curatadal De legato di Zona MarioPovoledo ed accompagnata dalTrombet tiere Pasut Bruno. Lespoglie mor tali di Guido Bocusraccolte in una cassetta eranostate collocate davanti all’altarenella chiesa che lo aveva vistobambino e nella quale si era spo-

di Daniele Pellissetti

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FOTO 1. VESSILLI E LABARI RENDONO OMAGGIO

ALLE SPOGLIE MORTALI DI GUIDO BOCUS.

FOTO 2. DON ADEL BENEDICE LA CASSETTA

AVVOLTA NEL TRICOLORE.

FOTO 3. IL SINDACO ANTONIO ZAMBON CONSEGNA

IL TRICOLORE ALLA VEDOVA ED AL FIGLIO DI

GUIDO BOCUS.

FOTO 4. IN CORTEO, CIRCONDATO DALL'AMORE

E DAL RISPETTO DI TUTTA LA SUA COMUNITÀ,

GUIDO BOCUS VIENE ACCOMPAGNATO

AL PICCOLO E ORDINATO CIMITERO DOVE POTRÀ

RIPOSARE NELLA SUA TERRA.

sato. Quattro Fanti d’Ar restoschie rati ai lati del piccolo feretroavvolto nel Tri colore vegliavano lespoglie del Caduto.

Durante la Santa Messa, DonAdel ricordava l’aspetto dolorosodel distacco del giovane Guidocostretto a lasciare la moglie e il fi-glio ancora in fasce per risponde-re al dovere. Ricordava le tantetensioni ancora esistenti nel mon-do, causa di simili sofferenze.Prendeva poi la parola il Sindacodi Budoia, Antonio Zam bon che,con grande sensibilità, tracciava ilpercorso della vita militare diGuido Bocus, classe 1911, il qua-le, arruolato nel 74° Rgt. Fanteria,aveva svolto il Ser vizio Militare nel1932 a Pola. Il 74° formava col73° Rgt. la Bri gata Lombardia,nella quale tanti friulani hanno ser-vito nel dopoguerra nella zona diArzene.

Guido Bocus, partecipò qualevaloroso combattente nella cam-pagna d’Etiopia nel 1935-36.Rien trato in Patria, si sposò nelgennaio del 1941. Qualche giornodopo dovette partire per il fronte enon potè essere presente quandonacque il figlio Angelo nel settem-bre dello stesso anno. Guido eb-be, per pochi giorni, la gioia di co-noscere il figlio nel febbraio del1943. Dopo il fronte francese, iltrasferimento nei Balcani, dovecombatté fino in Monte negro e quilo colse l’8 settembre. Fatto prigio-niero venne deportato in Ger ma nia

e internato dividendo la sor te di al-tri 600.000 italiani. Poi l’epilogocon la tragica fine. Nel dopoguer-ra, la vedova si trasferiva a Milanoper poter lavorare e crescere di-gnitosamente il figlio: una vicendasimile a tante nel nostro Friuli.Infine, il figlio ottiene il rientro delpadre attraverso il Com missariatoGene rale Ono ran ze Ca duti inGuerra. Il Sindaco Zam bon con-cludeva auspicando un futuro dipace e comprensione tra i popoli.

Successivamente, prendeva laparola il Col. dott. Mario Ponte,Reduce di Russia, che ricordava ilsenso del dovere dei militari italia-ni che combatterono nei vari frontiin condizioni difficilissime, coerentiil proprio giuramento di fedeltà. Lapreghiera del Caduto, letta dallaPresidente Julia Marchi, Orfana diGuerra, concludeva la cerimoniamentre gli squilli del «Silenzio» pe-netravano nei cuori dei presenti.Ma certamente quegli squilli di-ventavano come un saluto di ben-tornato a casa a Guido Bocusche, al termine di tante sofferen-ze, poteva ricevere l’onore di es-sere nuovamente nella sua terra,circondato dall’amore della pro-pria famiglia e dal rispetto dellapropria comunità, riconoscenteverso un figlio della loro terra cheaveva pagato il prezzo alla storiaanche per loro. Si formava quindiil corteo e la piccola bara, prece-duta dalla Presidente Julia Marchiche reggeva un cuscino con le

de corazioni, veniva portata aspal la da 4 Fanti d’Arresto fino alCi mitero di Dardago, dove venivatumulata in attesa di potersi ricon-giungere per sempre con la fedelesposa che l’aveva atteso per tuttala vita. Una storia che può appari-re d’altri tempi ed invece è realtàd’oggi, che ci ha fatto rivivere laterribile esperienza della guerrada cui è tuttavia germogliato unesempio di come l’amore può co-munque riuscire a mantenere vivoin una famiglia il ricordo del pro-prio caro, senza dimenticarlo, finoa poterlo infine spiritualmenteriab bracciare. Questi sentimenticosì veri e così solidi costituisco-no un esempio dal quale i giovanipossono trarre una preziosa testi-monianza per le loro scelte future.

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I racconti delle genti di montagnasono popolati da figure un po’particolari, fanciulle dal l’aspet tospesso ferino, dal volto aggraziato macon piedi di capra, capaci diammaliare come di punire: sono leAgane, spesso considerate semplicicreature dell’immaginario popolare (se non dei veri e propri «personaggida favola») ma in verità divinitàdall’origine remotissima. Le Agane sipossono infatti considerarele equivalenti celtiche delle Ninfegreche e romane, che erano divinitàche abitavano boschi e sorgenti,tanto che anche a Polcenigo vi è unacollina che porta il loro nome.Esse appaiono menzionate in diverseiscrizioni di epoca romana, tra cuiparticolarmente importante è quellarelativa ad una sorta di ex-vototrovata a Galliano, in provincia diComo, presso Cantù, che cita «Niger Tertullius Severus Matronis etAdganais V(otum) S(olvit) L(ibens)M(erito)» (traducibile letteralmente in«meritatamente, Tertullio Severo dettoil Moro ha esaudito volentieri il votopromesso alle Matrone e alle Agane»),in cui un certo Tertullio Severoringrazia per «grazia ricevuta» leMatrone e le Agane, che dunque sono

STORIA E LEGGENDA DI UN’ANTICA DIVINITÀ

Le Agane

In tel Bus de le Anguane e dhó a Fontana’na volta l’era una busa de aga fonda e den-tro l’era le anguane.

Le era fémene che no le feva del mal; leviveva in te l’aga, come le sirene, ma le ave-va i piés de ciara e i ciavei longi.

Le aveva ancia fioi e un dì un de ’sti fioiel s’à perdùt in tel bosc de Fontana.Ciamina, ciamina ’l era rivat vithin de ’naciasa de Buduoia.

ridurre la credenza in queste divinità amera superstizione. Gli effetti diquesta azione sono visibili ancor oggi,visto che le Agane, ancor quandoil ricordo non è del tutto scomparso,sono considerate al più spauracchioper bambini, e vengono accanitamenteridicolizzate persino da ampi settoridella «cultura ufficiale». Per il resto, in varie altre partid’Europa si nota la presenza di figuredel tutto simili. Ad esempio nel PaeseBasco è diffusa la credenza nelleLamiak (Lamiñak) sono descrittecome donne bellissime ma checamminano su piedi di capra. Questecreature vivrebbero secondo latradizione, analogamente alla Agane,in luoghi impervi, nei pressi di fonti edi dirupi, eviterebbero il contatto congli umani ma all’occorrenza nonmancherebbero di sedurre i viandantiper poi farli annegare o precipitare daidirupi. Questo carattere duplice(bellezza/pericolo) non riconducibilealla morale corrente, che è tipico delleLamiak come delle Agane, èsenz’altro segno del carattere arcaicoe pre-cristiano della credenza inqueste creature.

MARCO MORETTI, SILVIA MALNIS

E MAURO FRACAS

fatte oggetto di preghiera alla streguadi vere e proprie divinità. Si notiinoltre che qui le Agane vengonoaccomunate alle Matrone, notedivinità femminili la cui venerazione è molto sentita in tutti i territori celtici, e che vanno connesse con un cultopre-indoeuropeo della Dea Madre.In altre iscrizioni, è menzionato ancheJupiter Agganaicus (Adceneicus),termine di origine celtica che significa«relativo alle Agane», associando intal modo la più importante divinità delpantheon classico, ossia Giove(Jupiter) alle Agane stesse. Per quelche riguarda la radice del nome, nonsi sono trovate convincenti etimologie,anche se probabilmente il significatoprimo è quello di «acqua», comeprincipale espressione della potenzageneratrice e rinnovatrice dellaNatura. La loro venerazione si mantenne viva durante l’Imperoromano e perdurò ben oltre il tramontodel mondo classico, tanto che la Chiesa tentò in ogni modo diavversarne il culto, ad esempiopunendo coloro che venivano scopertia portar cibi ed altre offerte pressocerte fonti sacre, o, in maniera piùraffinata, associandone l’immagine aquella di demoni e streghe, così da

][Le Anguane

Sò mare, desperada, l’é rivada fin a leprime ciase e i lo clamava: «Turi Buri! TuriBuri!».

’Sto canai ’l à sentùt che i lo clamava e ’là dit: «Oh! Senti! Mama mia clama me!».

Al é s’ciampat via e al é coret da sò mare.

AGOSTINO CARLON

N.C.* In località «Bus de le Anguane» vivevano un tem po nell’ac-qua delle donne con lunghi capelli e piedi di capra che avevanocon sé anche dei figli.

Tratto da: Racconti Popolari Friulani di Elvia e Renato Appi, Umberto Sanson, Magda e Vittorina Carlon, Società Filologica Friulana (1971) 1999.

«L’immaginario folklorico budoiese è popolato da esseri mitici che meritano attenzione ed ulteriori ricercheper tentare di delineare l’origine delle nostre genti, legata soprattutto al periodo preromano,

poiché è risaputo che la gran parte delle tradizioni del vecchio continente affonda le proprie radici nella preistoria…»

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iciamocelo, sono un grande ap-passionato della neve!

Lo scambio culturale propostoda «Montagna Leader» nell’ambitodel progetto «Improve» era assolu-tamente un’occasione da non spre-care… e così, con altri 8 ragazzi so-no partito dall’aeroporto «MarcoPolo» di Venezia per Haapavesi, cit-tadina nel nord della Finlandia, a cir-ca 100 km dal circolo polare artico.

La prima sorpresa, in Fin landia,fu la temperatura! E sì, tutti noi era-vamo partiti con l’idea di trovaretemperature abbastanza rigide, del-la serie circa 20 °C sotto zero, maa Helsinki la temperatura era solodi 3 °C sotto lo 0.

Dopo un perfetto atterraggiosulla pista ghiacciata del piccoloaeroporto di Oulu, abbiamo incon-trato la nostra prima accompagna-trice finlandese: Elina con la qualeabbiamo scoperto di avere una co-noscenza in comune: il nostroSindaco Antonio Zambon. Quantoè piccolo il mondo! Dopo circa due

ore di viaggio tra la foresta e pae-saggi che sembravano mozzafiato,alle 23 circa siamo arrivati alla no-stra destinazione: la scuola supe-riore di Haapavesi. Qui siamo statiaccolti da un’altra allegra compa-gnia di ragazzi: erano i nostri com-pagni di viaggio finlandesi.

Il giorno successivo siamo statisvegliati da alcuni fiocchi di neveche placidamente scendevano as-sieme ad un vento gelido, ma latemperatura non voleva abbassar-si. Il programma del giorno preve-deva di andare a cucinare prodottitipici in mezzo alla foresta: questoperché il progetto «Improve» preve-de uno sviluppo tra le aziende cheoperano nel settore alimentare e afar scoprire ai giovani dei due Paesigli aspetti culinari, ma non solo, piùimportanti. Mentre un pulmino ciportava verso il luogo scelto per cu-cinare, il buio stava lasciando spa -zio ad un po’ di luce che ci ha per-messo per la prima volta diam mirare le bellezze paesaggisti-

che. La nostra destinazione eranodelle capanne di legno costruiteproprio in mezzo alla fo resta dovegli unici suoni che si sentivano era-no le nostre vivaci voci e il canto delvento tra gli alberi. Tra una battagliaa palle di neve e qualche improvvi-sato incontro amichevole di wre-stling tra ragazzi e ragazze di en-trambi i Paesi, in due orette il pastoera pronto: l’attesa per metterequalcosa di caldo sotto i denti eragiustificata. Tutti i piatti, cucinati danoi ragazzi con la supervisione pa-ziente di qualche adulto, eranosquisiti! Dopo aver gustato il so-stanzioso pranzo, abbiamo avutosubito la possibilità di smaltirlo: il ri-torno alla scuola non era in pulmi-no, bensì su delle slitte. E così, i bal-di ragazzi italiani si sono caricati leragazze finlandesi sulle slitte e viatutti a spingere il più forte possibile,ma poco dopo la metà del tragittola spavalderia dei valorosi italiani halasciato il posto alla fatica e all’ine-sperienza, tanto che con la scusa diprovare l’emozione di farsi portaresu una slitta le parti ragazzi – ragaz-ze si sono invertite più volte.

Una volta arrivati, un vicino alle-vamento di cavalli ci ha dato la pos-sibilità di cavalcare e di essere trai-nati su degli slittini: il divertimento èstato assicurato e per chi, comeme, saliva per la prima volta su uncavallo, è stata l’occasione di pro-vare un’emozione nuova e partico-lare. Malgrado fossero più o menole 5 del pomeriggio quando siamoritornati nella scuola, Markus ci haavvisato di prepararci alla cena…Eh sì! Lì è abitudine mangiare moltopre sto alla sera e poi fare uno spun-tino prima di andare a letto. Così,con l’idea di non mangiare tanto, cisiamo trovati nella mensa dellascuola dove le cuoche (studentes-se, visto che si può definire quellascuola come un nostro istituto al-berghiero) ci avevano preparatouna cena regale… da leccarsi i baf-fi! Altra sorpresa alla fine della cena:i nostri amici finlandesi ci hannoportato in una sauna! Questa, co-

Un tuffo sulla nevefinlandese

di Andrea Rui

D

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struita vicino ad un lago, aveva, ol-tre agli spogliatoi e alla sauna vera epropria, un salotto dove poterchiacchierare e stare in compagnia.Così, dopo la sauna, i ragazzi han-no trovato il coraggio di provare la«specialità» del luogo: una toccatae fuga dentro il lago ghiacciato! Unabella buca circolare scavata nellostrato del ghiac cio che ricopriva ge-losamente le acque dolci del lagocon una scala che portava verso ilfondo e che permetteva un’immer-sione completa…

Esperienza emozionante! Noncontenti, su consiglio dei finlandesi,invece di rituffarci nel lago, alla se-conda uscita dalla calda sauna, cisiamo rotolati nella neve fresca: dabrividi! Devo dire che se entrare nel-l’acqua del lago possa sembrarepiù difficile a livello psicologico, daun punto di vista di sensazioni inve-ce è meglio: questo perché l’acquanon si attacca al corpo e graffia lapelle come fa la neve! Dopo un’ora

il nostro viaggio, seguito da sofficifiocchi di neve, di circa 250 km, ab-biamo fatto tappa a Saarijärvi, doveospiti di un panificio abbiamo avutola pos sibilità di cucinare altre spe-cialità locali e anche di cucinare noistessi delle crostate e delle buonetorte, simili a quelle delle nostrenonne. E bisogna dirlo, il tutto èstato veramente gradito. Una voltaarrivati al nostro «campeggio» e co-nosciuto la nostra seconda guidafinlandese, Lee na, ci siamo resiconto di essere veramente in para-diso! Infatti, definire quel luogo«campeggio» è riduttivo: a fiancodelle strutture di uso comune, co-me la reception, il ristorante e altreche abbiamo scoperto successiva-mente, rigorosamente in legno, gliospiti erano alloggiati in comodecasupole tipiche, anch’esse in le-gno, il tutto nello splendore della fo-resta innevata! E dopo la cena ser-vita all’ora dell’english tea, abbiamoavuto giusto il tempo di sistemare i

Il quarto giorno ci ha permessodi scoprire altre strutture del «cam-peggio» che ci ospitava. Do po lacolazione due gentili ragazzedell’«EVS» (European Vo luntaryService) ci hanno accudito durantetutta la mattinata mentre dipingeva-mo delle magliette, che ognuno dinoi ora gelosamente custodisce nelproprio armadio come uno dei ricor-di di questo viaggio! La vena artisti-ca era molta, tanto che l’ora di pran-zo era arrivata in un batter d’occhio.E il programma del pomeriggiosembrava dovesse far volare ancorapiù velocemente il tempo… e così èstato! Dopo aver accettato l’idea didover rinunciare a una seduta di pe-sca su ghiaccio, sempre per colpadel sottile strato che non garantivale necessarie sicurezze, gli animatoridel «campeggio» ci hanno dato de-gli slittini e delle ciaspore e tutti insie-me siamo partiti per una scampa-gnata in mezzo al bosco, inseguitida una giornalista che ci riprendevanelle nostre peripezie e si facevaquattro risate con le nostre battute!Dopo circa mezz’oretta di cammi-no, sfiorati dai rami pendenti dal pe-so della neve dei pini, abbiamo sco-perto a cosa servivano gli slittini. Laguida ci aveva condotto a una pistafatta apposta per slittini: un’ora diperipezie indicibili è passata comefosse un minuto. Al ritorno, in unadelle sale conferenze noi ragazzi ita-liani abbiamo illustrato i nostri paesidove abitiamo con le loro caratteri-stiche e bellezze.

Il quinto giorno era dedicato adun’escursione a Jyväskulä. Qui sia-mo stati liberi di girare il piccolocentro (basti pensare che Helsinki,la capitale è la città più popolosadella Finlandia, con le sue periferieraggiunge solo 600 mila abitanti),durante la mattina. Il pranzo era pre-visto in un ristorante e, nonostantel’opinione comune fosse di volermangiare specialità finlandesi, i no-stri ac com pagnatori ci hanno con-dotto in un locale rinomato in cittàma dove c’erano specialità di tutto ilmondo tranne che finlandesi! E cosìio mi sono mangiato un buon piatto

bagagli nelle stanze prima di rituf-farci in una serata sport, sauna,spuntino e divertimento. Infatti, afianco della reception c’era una pa-lestra con i fiocchi, dove una partitaa basket, Finlandia – Italia, senzaesclusione di colpi ha avuto luogo.E mentre la serata scorreva velocetra le solite salsicce e i giochi che iragazzi finlandesi ci insegnavano, lavoglia di restare in Finlandia erasempre più forte.

di quelle che possono sembrarepazzie, abbiamo lasciato spazio al-le ragazze. Una volta ricomposto ilgruppo per intero, il risultato è statotanto divertimento e una rigenera-zione del corpo dopo la sauna.

Il nostro terzo giorno di viaggioprevedeva il trasferimento del grup-po in un «campeggio» situato nellaregione dei laghi, a circa un’ora distrada da Jyväskulä, il centro piùimportante nelle vicinanze. Durante

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arabo e Leena una pizza italianissi-ma, solo che molto più grande dellenostre e, a detta di chi l’ha assag-giata, non proprio gustosa comequelle che i nostri pizzaioli sanno fa-re! Il pomeriggio è passato velocetra la visita allo spaccio di una dittadi dolciumi, e ad un centro com-merciale, dove ci siamo potuti ren-dere conto di come la Fin landia e laScandinavia in generale siano mol-to care… Il ritorno alla nostra basetra i boschi è stato seguito da unospettacolo che penso mi ricorderòper sempre: le nuvole avevano la-sciato il posto all’azzurro del cielolimpido, intervallato da quelle chenoi definiremo nuvole a «pecorelle»,e all’ora del tramonto la natura hamostrato di essere un’artista senzapari. Il rosso vivo del sole si scaglia-va sulle innocenti nuvolette emozio-nandole a tal punto che sembrava-no tanti batuffoli di cotone rossi earancioni, il tutto sullo sfondo dei la-ghi ghiacciati e dei boschi bianchi.

illuminati da candele e dal fuoco delcamino. E come abitudine, i ragazzici hanno portato in una sauna inuna capanna vicina. Questa erauna sauna vecchio tipo, con cal-daia a legna e, bisogna dirlo, se igiorni precedenti non abbiamosentito bruciare la pelle, qui è suc-cesso quasi per tutto il tempo, so-prattutto quando un ragazzo finlan-dese ha avuto la brillante idea difarci provare quella che diceva una«swedish sauna» (ci raccontavache la differenza è che gli svedesistanno meno dentro ma con tem-perature più alte, mentre i finlandesistanno più tempo dentro ma contemperature più basse), tanto che irotolamenti nella neve si sono mol-tiplicati quella sera e si riusciva astare fermi all’aria aperta con circa6-7 °C sotto zero nudi per più didieci minuti senza sentire minima-mente freddo! Dopo la sauna e lesolite salsicce, ci siamo ritrovati dinuovo tutti assieme in questa ca-

L’ultimo giorno siamo partiti su-bito dopo colazione per l’aeroportodi Jyväskulä, anche se la voglia ditornare in patria era nulla! AdHelsinki il nostro amico Markus ciha portato per le vie del centro. Dalquindicesimo piano di un palazzoabbiamo potuto ammirare la città, ilsuo porto ed un altro fantastico tra-monto: le scaglie dorate dei raggidel sole si riflettevano luccicanti sulmare placido che bagna la città.

Il viaggio di ritorno fu abbastan-za tormentato da diversi intoppi. Ecosì, con una mattina di ritardo, si èconcluso il mio viaggio in una terrafantastica… terra che conoscevosolo attraverso i libri e i videogiochidi rally e che sicuramente ci tenevoa visitare. Posso inoltre dire che èstato uno dei miei viaggi più belli,anche se ogni parte del mondo ti saregalare emozioni uniche e semprediverse… emozioni che spero diavervi trasmesso in questo mio rac-conto…

Anche se diverso, uno spettacolosimile di colori, che ti regala emo-zioni così forti, l’ho vissuto solo neldeserto, dove al tramonto tutto sicolora di rosa a perdita d’occhio!In credibile! La sera, dopo la solitacena consumata presto, è statoforse uno dei momenti più emozio-nanti, visto che era la sera dei saluti.Il mattino successivo ci aspettava ilviaggio di ritorno… Ci siamo ritrova-ti tutti in una capanna di pescatori,

panna di pescatori a scrivere su deifoglietti i nostri com menti e dedicheai nostri compagni di viaggio e adaprire i re gali che i ragazzi finlandesici avevano comprato! Veramenteun bel gesto! E dopo questa bellaserata, ragazzi e ragazze ci siamoritrovati nella stanza di noi uominiche, da bravi mediterranei, abbia-mo dato una piccola festa di salu-to… molto gradita anche dai finlan-desi!

ANDREA CON GLI AMICI DURANTE

LE SUE AVVENTURE IN FILANDIA

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Mi rivolgo a voi per una cosa chemi sta a cuore, visto la mia età ela salute malferma.

Mi chiamo Rigo Yolanda e sononata in Francia, il 17 Agosto 1922,da Isidoro Rigo Moreàl e daAndreana Busetti Caporàl,entrambi da Dardago. Ho vissutoe lavorato in Francia e Svizzeranegli anni difficili della guerra edel dopoguerra. Ora vivo a Sacileda parecchi anni, vicino alle miequat tro sorelle. Ho un ricordosem pre vivo dei miei nonni,Luigi Busetti Caporàl e Santa DelMa schio presso i quali passavole vacanze nella loro vecchiacasa. Per me sono stati i più beimomenti della mia infanzia egiovinezza.Da mia nonna ho imparato tantecose, il dialetto e il modo divivere di quel tempo.Io osservavo, ascoltavo escrivevo su un quaderno gli usi ecostumi della gente di Dardago.Poi la vita, il lavoro, le difficoltàe la malattia mi hanno assorbitain tanti modi e luoghi diversi.Ma c’era sempre un punto fermonella mia mente che mi ridavacoraggio. Erano sempre vivi i mieiricordi di Dardago, dove sognavodi ritornare stabilmente un giornonon lontano. Ma i sogni e idesideri non sempre si avverano!Ora sono vecchia e ammalata.Non posso camminare se nonsostenuta, ho le spalleimmobilizzate da un maleinvadente. Con la ma no destra

Yolanda e le sue poesie

Dardàc de ’na volta

Così ci ha scritto Yolanda Rigo,sorella di Ida Rigo, che i lettoride l’Artugna hanno già conosciutoleggendo alcuni suoi momentidi vita negli scorsi numeri.

riesco ancora a scrivere confatica perché voglio che i ricordilontani, scritti da me non vadanoperduti o dispersi dopo la miamorte. Sono vedova da moltianni, non ho figli. Ma numerosinipoti e pronipoti, anche stranieri,tutti rivolti verso le tecnologied’avanguardia, nuovi «dei» diquest’epoca così povera di valorie vuota di buon senso. Nessunodi loro si interessa ai ricordi,scritti in dialetto poi, delle vecchiezie come me!Così ho deciso di inviare al’Artugna queste pagine deltempo che fu, prima che vadanodistrutte, alimentando qualchepanevin di paese.

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El Dardac de ’na voltano se lo desmèntia mai,a chei dòvins che i ne scoltai lo conte come sai…

Col ruiàl dòngia le stradeco’ i so murs duti de crodeco’ le panòle poiàdesul piòl de lenc de le ciaseco’ i portons de ciastignèr pi veci de i veci sentadila sera intor al foghèr.

No l’era tanta bondanthia,i dòvins i dheva lontansu pa ’l Belgio o pa’ la Franthapa ’vè da magnà doman.

Duti no i saveva lièdema i saveva lavoràa dì a passòn co’ le fedepoc s’impara e tant se vede.

Chei che i ’veva un toc de ciamp,co’ pi sass che tera bona,i tociava sudà tantpa’ tò su qualche panòla.

Co’ doe vacie ’ntel stalepa ’vè late e formai bon,quatro fede pa ’vè lanada fà gucie e cialthetòn

doe, tre pite pa’ i vòf,drio la ciasa un toc de ortle famèe le se rangiavama i comprava poc de nof.

Brave l’era chele femenecol fatholet scur su pal ciafsempre vestide de negrecol sial de lana incrosatle sapàva, le moldèvae le dheva ancia ’ntel bosc,co’ la rocca e la gorletale filava tanta lana,cialthe e gucie che le feval’era cialde e le durava.

Co’ le forfe e le guselel’era bone a fà de dhutancia a fà le s’ciampinèlecoi ricami sul velùt.Le levava bonoreta

pa’ tò l’aga a la fontanale portava al thampedòn co chei bei seci de ranche i parèa de oro bonsempre lustri dhut l’an.

Quan che le fede le tornavacoi cian e i mus da la montdhuti i canàis i spetavae saludava i barbons.

Se la Neta la passavaco’ la mussa e ’l caretinco’ doi tre schei la ne davaun bon pon e un mandarin.Ma me nona me cridava:«Tin i schei ’ntel tacuìn,la polenta brustoladano’ la costa e la fà bin».

E me agna me clamava:«Vin cà, màgna un bocónla polenta ’l è sartadae ’l formai ’l è de chel bon».

Se duiava su la stradasentha le pure d’uncuoie la mussa se fermavaquan che la vedea i fioi.

Me vin in ment tanti nomiche me nona la savea:l’Armellina del Plevàne la Santa Caporala,chei de Luthol, de Bavàn,chei de Thisa, chei de Pala,Ciampaner e Sartorel,chei de Jana, de Zambon,chei de Cusssol, de Carlon,de Colus e de VetorCaporal e Moreàl.Chei de Frith e de Pinàlde Tesser e Tarabinchei de Sclofa e tanti altres.

Ma tant temp ’l è passàte Dardàc ’l è cambiàtma me torna sempre in mentchel de tanti ains fa.

’N tel Dardac de ’na volta’l era tanta brava dhente chei dòvins che i ne scoltai à da tìgnelo in a ment!

Me nona la filavasentada n ’tel ciantòn,me nono al pareciavai venc par un thestòn.’Ntel foghèr brusavaun bel thoc de talpòn,le bore le ciantavade sot al padelònle ciastegne s’clopavae le savea da bon.

Me nona destudavaal so vecio lampiòn,al foghèr ’l bastavapa’ dise le rathiòn,dopo la me contava la storia del ladrònche de not ’l robavale pite e i pitòn.

Al fus ’l se fermava,col ciàf de picolònme nona la palsàvale man ’ntel palegrèn.

Me nono intorgolavale mantie del thestòne dopo ’l tabacavaco’ un gran fatholetòn.

De fora i ciaminava,passava un caretònme nono ’l me contavache ’l era un diavolòn.

I bupàt i ciantavadrio ’l nostre portònel foc se consumavae mi ciapàve ’l siòn

me nona me sgorlava:«Su… ’l è ora che dòn».

El D

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LA SANTA LUTHOLA ZAMBON

INTANT CHE LA CURA LA RADICIA

CHE ’L À ’NTEL PALEGREN.

AI SO PIES, LE PITE LE MAGNA CHELA

MANCO BÒNA CHE ’L À TRAT VIA.

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L’angolodella poesia

Al nostro Castello

Caro e piccolo bel paesealle falde delle montagne friulane,ricordo di pace,di gioia e di tristezza.Castello:vedo in te i sogni miei perdutivane le promesse al chiaro di luna.Rivedo!Il campanile della tua chiesa,la gente si affolla alla preghiera;la piazza deserta e silenziosale strade son di ghiaia e ben pulite.Gli Amici!Mi guardano con simpatia:sanno un po’ i miei segreticonoscono la storia del mio cuore,Castellosei per me il vero amore…

MARIA D’ANDREA

Al mio paese

Dedico a te questa modesta poesiacon tutto il cuore dell’anima mia.Nella tua terra ci sono nataora, lontana, mi sento onorata.Ricordo i giorni della fanciulezza,anni di gioia e di spensieratezzati penso tanto con immenso ardoreperché m’hai dato il primo amore.Scordar non posso tanto m’è vivoquello che ho perso è là nel Divino.Tu sei un paese di tante chiese belle:alti i campanili son tra le stelle.Il tuo passato rivive nella storiadi uomini dotti, insigniti di gloria,di uva abbondi, di grano d’orodella tavola sei tu il dono.

MARIA D’ANDREA

Durante un mio pellegrinaggio aGerusalemme ho visitato, tral’altro, la basilica del Sacro Cuore.Nella basilica, tutte le paretiperimetrali sono rivestite conpan nellature di piastrelle dimaiolica sulle quali è riprodottoil «Pa dre Nostro» in quasi tuttele lingue del mondo. Tra le qualiil «Furlan». Non nascondol’emozione che ho provato quandoho fatto questa scoperta.Gerusalemme è già tuttaun’emozione. La basilica del SacroCuore, più confidenzialmente dettala «Chiesa del Padre Nostro», èstata ricostruita alla fine del 1800sulle rovine di una chiesa ben piùantica, edificata sul luogo in cuiGesù insegnò agli apostolila preghiera con cui noi, figli,possiamo rivolgerci al Padre chesta nei cieli. Oggi è mèta dimoltissimi pellegrini e ognuno vaalla ricerca del «suo» PadreNostro.

LUIGI ZAMBON PALA

Il Padre Nostro par «furlan»

IL PADRE NOSTRO NELLA VERSIONE FRIULANA, COSÌ COME È ESPOSTO NELLA BASILICA

DEL SACRO CUORE IN GERUSALEMME, E NELLA VERSIONE DARDAGHESE, PUBBLICATA

NELLA COPERTINA DEL N. 74 DE L’ARTUGNA.

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Credo opportuno raccontare questo episodio, perchédimostra quanta fede avevano i nostri vecchi nella lorosemplicità.

Menega Marcandella era, con suo marito, custodee sacrestana della chiesa-santuario della San tis simaa Coltura, alle sorgenti del fiume Livenza. Non so cherelazioni ci fossero tra lei e la nostra famiglia (miopapà era di Coltura) ma quando andavamo al santua-rio (generalmente l’ultima domenica del mese) a piedida Santa Lu cia, andavamo a trovarla.

Era usanza andare dalle famiglie dei paesi vicini araccogliere offerte per Pasqua (uova) e, a fine otto-bre, vino. I prodotti venivano poi venduti e l’incassoserviva come offerta per i lavori di manutenzione.

Naturalmente un bicchiere di vino veniva facil-mente offerto, ma la somma di tanti goti si può capi-re dove finiva. Più di una volta il buon uomo fu porta-to a casa ubriaco.

La Menega de la SantissimaLa buona Menega logicamente non era contenta

di questo e una volta scese in chiesa, davanti all’alta-re e chiese grazie, facendo una promessa: «Pìtostche cussì, me lo reméne par dhuta la vita».

Il Signore l’ascoltò e poco dopo il marito rimaseparalitico. Lei per parecchi anni «se lo remenò» sulletto e in cucina con tanto affetto.

Abbiamo oggi il coraggio di chiedere «grazie» diquesto genere al Signore?

Stiamo già vedendo le conseguenze (specialmen-te nei giovani) di questo «benessere». Non c’è tempoper andare a Messa alla domenica, perché siamostanchi delle nottate in discoteca e con i bicchierini ditroppo non vediamo i paracarri, che non si muovono.

Le cronache locali ogni lunedì mattina parlanospesso di queste «sviste».

PADRE RITO LUIGI COSMO

sua infanzia, della giovinezza, del-l’affetto dei suoi cari, del suo vi-vere semplice ma profondamen-te intriso di valori cristiani. Sirivolgeva ai nostri lettori nominan-do persone e figure che emerge-vano vive dai suoi ricordi. Cosìanche alla fine dei suoi giorni ter-

un amico de l’ArtugnaSi è spenta una voce, una dellepiù affezionate, delle più sinceretra quelle dei nostri collaboratori.Preciso e puntuale si faceva sen-tire con le sue riflessioni sulla so-cietà d’oggi che comparava aquella del suo tempo, tempo disacrifici, di difficoltà, tempo della

Triste è la notizia giuntaci in queste ore:padre Rito Luigi Cosmo ha raggiuntola Casa del Padre.Questa pagina era già predisposta perun suo articolo, che – come sempre –egli inviava con affetto, perchési sentiva parte integrante della nostra comunità.

A lui riserveremomaggior spa zio nel prossimo numero.

reni la voce ha continuato a de-nunciare le conseguenze del be-nessere, del superfluo, della bana-lità. Lo ricorderemo anche per lasua presenza assidua alle impor-tanti manifestazioni de l’Artugna,pronto a trasferire in rima le sueforti emozioni.

LA REDAZIONE

Padre Rito

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UN ACCORATO APPELLOAI LETTORI

Se desiderate far pubblicare fotoa voi care ed interessanti per le nostrecomunità e per i lettori, la redazionede l’Artugna chiede la vostra collaborazione.Accompagnate le foto con una didascaliacorredata di nomi, cognomi e soprannomidelle persone ritratte.Se poi conoscete anche l’anno, il luogoe l’occasione tanto meglio.Così facendo aiuterete a svolgere nellamaniera più corretta il servizio socialeche il giornale desidera perseguire.In mancanza di tali informazionila redazione non riterrà possibilela pubblicazione delle foto.

’N te la vetrina

UN ALLEGRO GRUPPO DI GIOVANI BUDOIESI A MEZZOMONTE. È IL 17 GENNAIO 1954, SA-GRA DE SANT’ANTONE.DIETRO, DA SINISTRA: SEVERINO CARLON BROLO, GIGI BOCUS PASQUA, ANGELOVARNIER COCA, LILIANA PUPPIN PUTELATE, PIERO BURIGANA SPINEL, ALBANO RIZZO.DAVANTI: EMILIO PUPPIN PUTELATE, CORRADO VARNIER COCA, GENNARO ZAMBON,ANDREA CARLON BROLO, MARIANGELA VARNIER COCA, GINO CARLON ROS.

(TESTO E FOTO DI LILIANA PUPPIN)

1959. I COSCRITTI DEL 1909 S’INCONTRANOPER FESTEGGIARE I LORO 50 ANNI.DIETRO, DA SINISTRA: TINA CARLON FRUSTOL,TERESINA CARLON FAVRE, LIBERALE CARLON,GIUSEPPE PILOT, ANTONIO ANDREAZZA, GIOBATTADEL ZOTTO.ALL’ESTREMA SINISTRA, APPENA VISIBILE È CARMELADEL ZOTTO.DAVANTI, DA SINISTRA: GIOSUÈ PANIZZUT CONFAUSTO PUPPIN PUTELATE.

(PROPRIETÀ DI INES ZAMBON PUPPIN)

EMIGRAZIONE IN FRANCIA.NEL 1936, GIUSEPPE ZAMBON AVEVA PORTATOCON SÉ LA FAMIGLIA. CON LUI, NELLA FOTO, I FIGLIINES ED ILARIO.

(PROPRIETÀ DI INES ZAMBON PUPPIN)

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VICENZA, 1912LEONE BURIGANA CIAMPANÈR, CLASSE 1879, FOTOGRAFATOCON LA FAMIGLIA A VICENZA DOVE LAVORAVA.LA MOGLIE IRENE ZAMBON (1881) TIENE IN BRACCIOGIUSEPPE (BEPIN CIAMPANÈR) NATO IL 30 NOVEMBRE 1911.IN PIEDI LE DUE FIGLIE: A SINISTRA IRMA (1904),A DESTRA VINCENZA (1906).

INIZIO ANNI ’30. SCOLARI DARDAGHESI NATI NEGLI ANNI 1921/22/23. IN ALTO, DA SINISTRA: ESPERIA BOCUS, LAURA CARLON SCOPIO, VITTORIA ZAMBON SLOFA, MARIA ?, LUIGI BOCUS,?, LUIGI ZAMBON MOMOLETI, FERRUCCIO ZAMBON TARABIN, SILVIO ZAMBON COLUS, NANDO RIGO MOREAL, ?,CARLO BASSO.AL CENTRO, DA SINISTRA: MARIA ZAMBON, ANNA BASSO, ANNA ZAMBON PETOL, MARIA GEROMIN, GEMMABUSETTI CAPORAL, GAETANO BUSETTI CAPORAL, ANGELO ? , BENITO ZAMBON MARESCIAL, MARIO ZAMBONNONTHOLO, CORNELIO ZAMBON MARIN, ENRICO ZAMBON, GIGETTO ?, BRUNO PIOL.IN BASSO, DA SINISTRA: FLORA ZAMBON CUCOLA, AUGUSTA ?, TEA BOCUS CON UN BAMBINO IN BRACCIO,GIOVANNINA?, LIDIA ?, MAESTRA POLETTO, GEMELLE BASSO, LIDIA BASTIANELLO, BRUNA, ANGELA, ROSINAZAMBON MAO.

(TESTO E FOTO DI CORNELIO ZAMBON MARIN)

NEL RETRO DELLA FOTO È SCRITTO: 1965, 50 ANNI, COMUNE DI BUDOIA A SAN TOMÈ.DA SINISTRA A DESTRA: (?), GUERRINO ZAMBON LUTHOL, ANGELO DEL MASCHIO MOS’CION,(?). SECONDA FILA: MAESTRO UMBERTO SANSON, BRUNO ZAMBON PALA. TERZA FILA:GUERRINO PANIZZUT CUTHO, (?), PIETRO RIGO COLUS, DANILO ZAMBON GLIR, MARIO BUSETTICAPORAL, DON ALBERTO SEMEJA, UMBERTO ANDREAZZA, MARIO BOCUS FRITH.QUARTA FILA (ACCOSCIATI): MAESTRO ARMANDO DEL MASCHIO, MAESTRO VINCENZO BESA, (?).

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associa

zion

i•

associazioni

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eta della più recente trasfertadel gruppo Artugna è stata la cittàdi Monaco, in Germania.

La partenza, essendo fissatacome il solito in tarda notte, ci hapermesso di fare tappa di primamattina al campo di concentra-mento di Dachau.

La visita al lager nazista si è ri-velata assai interessante dal pun-to di vista storico, ma agghiac-ciante emotivamente. Infatti lavisione dei forni crematori, deidormitori, della camera a gas,nonché la spiegazione dei terribiliesperimenti che venivano effet-tuati sugli internati fa riflettere,specialmente ora che qualcunoha ancora il coraggio di sostene-

Artugnae la trasferta a Monaco

re che l’olocausto non sia maiavvenuto.

Successivamente ci siamo re-cati a Monaco: qui abbiamo pran -zato e conosciuto don Fran co,che ci ha guidato nella visita delDuomo di Monaco, dove per alcu-ni anni l’attuale Papa Bene dettoXVI è stato Cardinale.

La città di Monaco ci ha pre-sentato la sua piazza principalecon la famosa torre campanariache allo scoccare delle ore 12 siesibisce con i suoi personaggidanzanti. Inoltre abbiamo avutol’opportunità di gustare la spe-ciale birra tedesca prodotta nelbirrificio «Hofbräuhaus», famosoper la sua grandezza.

Don Franco, il nostro ospite,appartiene all’ordine degli Scala -briniani e, come il suo fondatore,si dedica all’integrazione con lapopolazione tedesca delle varieetnie presenti nella parrocchia diSant’Andrea, in passato compo-sta solo da emigranti italiani.

Dopo averlo salutato ci siamosistemati in hotel, per poi ripartirealla volta della nostra esibizione.

Nell’oratorio della comunità ab -biamo intrattenuto con danze ecanti bambini e anziani del luogoche stavano festeggiando il carne-vale, portando gioia e allegria. Lospettacolo è stato coinvolgenteper i ragazzi presenti, ma anche gliadulti hanno partecipato con en-tusiasmo alla nostra esibizione.

SOPRA. SULLA SCALINATA ALL’ESTERNO DELLA

CHIESA DI SANT’ANDREA DOPO AVER CANTATO

LA MESSA.

A DESTRA. I CANTI DELL’ARTUGNA RALLEGRANO

LA FESTA DI CARNEVALE PRESSO LA PARROCCHA

DI SANT’ANDREA.

M

Il gruppo

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Il tradizionale concerto paesanodel 26 dicembre scorso harappresentato l’ultima esibizioneda direttore del sottoscritto.Un cambio alla guida artistica delgruppo dopo cinque anniilluminati principalmente dai«colori» del gospel e dalle«preghiere» dello spiritual. Un grazie personale a tutti coloroche hanno condiviso il gruppodurante i miei anni di direzione;un’altalena di soddisfazioni,collaborazioni, progetti,incomprensioni, idee, sorprese,delusioni, conferme, abbandoni e«new entry»; colori chiaro-scuri,che tramite pregi e difetti degliattori in campo, hannotestimoniato una importantevitalità associativa del nostropaese, ed hanno permesso difesteggiare il nostro diciottesimoanno di attività corale.Da «maggiorenni», speriamodi poter continuare a divertirci inarmonia, facendo risuonarela no stra voce sempre al meglio

per suscitare in chi ci ascoltaquegli applausi che costituisconoil premio di tutti i nostri sforzi.Un grazie a chi, molti anni fa, hacreato dal nulla questa realtà, chenel corso degli anni ha costituitoun importante riferimento permolti paesani ed ha anche datovita ad altre realtà musicali inun paese piccolo come il nostro.Un grazie al mio successore cheha accettato la sfida del futuro edal quale assicuro tutto il mioimpegno da presidente a favoredell’associazione, nella quale hosempre creduto e continuo acredere.Un grazie a coloro che ci hannofin qui seguito ed aiutato conla speranza che continuino a farloed a tutti voi lettori de l’Artugnaun invito a provare l’emozione dicantare con noi.

IL PRESIDENTE ROBERTO CAUZ

La cena si è tenuta in un ri-storante friulano, dove abbiamodegustato specialità… calabresi!

La mattina seguente abbiamoallietato la Messa, celebrata dadon Franco, assieme al coro loca-le. Dopo la cerimonia ci siamo esi-biti con alcuni balli del nostro re-pertorio sul sagrato della chiesa.

Lungo la strada del ritorno ab-biamo ammirato stupendi pae-saggi alpini imbiancati dalla nevee, tra l’altro, abbiamo potuto in-travedere il castello di Ludovico IIsul Chiemsee e il Nido del l’Aqui la,dimora tra i monti dove Hitler e isuoi fedelissimi presero tragichedecisioni.

Per pranzo ci siamo fermati aSalisburgo, la splendida città na-tale di Mozart.

Nelle due ore a nostra disposi-zione abbiamo passeggiato nellacittà vecchia, dove abbiamo vistola piazza del Duomo, la Resi den -za, la casa dove nacque Mozart,le vie con i negozietti tipici e il fiu-me Salzach, che come Sali sbur godeve il nome al sale, che in passa-to ha costituito la fortuna dellacittà e dei suoi principi.

È giunto velocemente il mo-mento di ripartire, non prima diaver gustato la mitica Sacher, tor-ta tradizionale del luogo, e com-prato i cioccolatini di Mozart.

SARA VITA, MARINA CARLON,

MICHELA DE MARCO

CAMBIO ALLA GUIDA ARTISTICADEL COLLIS CHORUS

Assicuratala continuità

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Panevin2006Vorrei raccontare a tutti i lettori delperiodico l’Artugna come gran di epiccoli del paese di Dar dagosono riusciti anche quest’anno,scherzando, ma anche lavorando, afare lo splendido panevin.Il gruppo si è ritrovato la mattina del4 gennaio 2006 in via Rivetta pressoun prato dei fratelli Vettor Cariola,luogo scelto per il panevin.Il gruppo si è diviso in due perraccogliere le ramaglie. Io ero conMatteo e Marco Bo cus, Fla vioZambon, Massimo Zardo, AlbertoLorenzini e Bruno Zam bon ed erola «fotografa». Matteo guidavail trattore e gli altri caricavanole ramaglie. Fatto un bel carico,eravamo pronti per avviarci ascaricarlo ma nella strada campestreal di là dell’Artugna c’era un forteavvallamento e, siccomeil carico era abbondante, il carroebbe una scossa e parte del caricosi rovesciò trascinando con séMarco Bocus. Per fortuna non si èfatto niente; subito gli chiesi se mi

poteva fare un replay perché nonero riuscita a fargli una foto.Tutti erano un po’ arrabbiati peril carico perso ma anche divertiti perquello che era accaduto e perla battuta che io avevo fatto.L’altro gruppo aveva raccolto altreramaglie. Ritrovati nel prato di viaRivetta dopo il punto della situazione,fatto da Gigi Basso, soprannominatoda tutti «il capo», ci siamo messi amangiare pane, salame e formaggioe a bere un bel bicchiere di vino,gli adulti, ed aranciata, i giovani.Il giorno dopo ci siamo ritrovati, esiamo partiti per andare a prenderealtre ramaglie. Questa volta, però, acaricare spine e rami è statoun trattore con un’apposita benna.Massimo, da Castello, intanto ave vacominciato a costruire il panevincon il suo mezzo meccanico.Massimo Zardo e i ragazzi eranoandati a tagliare un albero condell’edera, per metterlo sullasommità del panevin. Una voltaportato sul posto, Massimo, col suo

mezzo, lo mise sulla cima delpanevin. Come ogni anno tutti, poi,si sono riuniti davanti al panevin perle foto ricordo. Ci siamo datiappuntamento il pomeriggio peri ritocchi finali quali la pulizia delprato, la sistemazione dei tavoli perle vivande e dei fari per illuminarela serata.Gigi Basso e Marco Lachin sonosaliti sul panevin per sistemarlo,mentre gli altri pulivano i rami ele foglie rimaste intorno.Poi si prepararono i tavoli e le luci,venne scattata la foto finale conil panevin finalmente terminato.Non erano ancora le 20.00 e giàdella gente stava arrivando.Don Adel, verso le 20.15, arrivò perdare la solenne benedizione al falò;decise di aspettare qualche minutoprima di benedirlo perché mol tagente stava arrivando. Data labenedizione, il panevin fece un po’fatica ad accendersi. Alcune donne,aiutate anche da Pietro Janna,hanno intonato le tradizionali litaniedei Santi. La popolazione diDardago ed anche dei paesi vicinianche quest’anno ha partecipatonumerosa, ed ha potuto gustarele prelibatezze che venivano offerte,fra cui un ottimo brulé preparato daBruno Zambon.Un tempo gli anziani, osservandola direzione del fumo del panevincercavano di indovinare comesarebbe andato l’anno agricolo equest’anno dovrebbe essere unanno molto favorevole. Io e tutto ilgruppo ringraziamo le persone chehanno partecipato all’accensione,sia di Dar dago che non. Un po’ mi èdispiaciuto che sia finito tutto,perché siamo stati un gruppo unitoche scherzava ma anche chediscuteva e ragionava per la migliorriuscita del panevin; comunque diuna cosa sono certa: anche l’annoprossimo saremo pronti per farneun altro e ancora più bello.All’anno prossimo!

FRANCESCA ROMANA ZAMBON

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Cunegonda Zambon

Cara zia,ora non vedrai più il tuo giardino diventarverde a primavera. In quel giardino, chetanto hai amato, più non vedrai sbocciare ifiori.La morte ha chiamato, la tua vita è fuggita.Il tempo dei dolori e degli affanni è passato.Un po’ di storia di paese, di parrocchia, difamiglia è scomparsa con te.Il nostro ‘grazie’ è assai poco se penso al-l’intenso tuo lavoro e al fecondo amore chehai saputo donarci.Ora dalla finestra del fogher la tua manonon saluterà più i miei passi e il tuo sorrisonon rallegrerà più il mio cuore.Ciò che io, che noi abbiamo perso non losapremo mai.

RUGGERO ZAMBON

Caro nonno Momi,l’ 8 marzo sei volato in cielo vicinoal «Bon Dio»,noi ti ringraziamo per il grande affetto eamore che ci hai dato,resterai per sempre nei nostri cuori.

I TUOI NIPOTI MARTA, EDOARDO, SIMONE

MILANO – MESTRE

Girolamo Zambon Pétol

Il giorno 19 febbraio Gianni Zambon ci halasciati per raggiungere la Casa del Padre.Avrebbe a breve compiuto 42 anni e da cir-ca 16 sopportava con serenità e coraggiouna lunga malattia.Tutti noi ricordiamo la sua gioia nel tornare aDardago, ogni estate dalla Francia, e il suocalore nel ritrovarvi i «vecchi amici». L’ultimavolta era stato nel 1990 e ancora una voltaGianni aveva saputo comunicarci il suo en-tusiasmo per le iniziative sportive e le mani-festazioni locali programmate in occasionedella Sagra per la Madonna d’Agosto.Da ragazzo semplice e disponibile Gianniaveva fatto parte del Coro dell’Artugna, sot-to la guida di don Perin e ne era orgoglioso.Ciao Gianni, gli amici ti ringraziano con af-fetto e faranno tesoro del tuo coraggiosoesempio.

I GENITORI

Gianni Zambon

GIANNI, ALLA SINISTRA DI DON GIOVANNI, AGLI INIZI DEGLI ANNI ’70 AD

UN DARDAGOSTO.

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Nadhal in platha

...e la piazza di Dardago è stataadornata per le festività grazie allabuona volontà di Doria, Fran ce -sca, Genny, Lisa e Marcella chehanno cercato di ottenere il massi-mo effetto con quello che il Co -mune ha messo loro a disposi-zione. L’effetto è stato fantastico!Ben cinque pini addobbati confiocchi e luci hanno brillato per tut-ta la durata delle feste nataliziedando luminosità ed una sensa-zione di allegria a tutta la piazza.

SOS pa’ l’Altarolde Tomè

Ha avuto successo l’iniziativa lan-ciata da «Insieme Vocale Ela sti -co», in collaborazione con l’Artu -gna, per la sensibilizzazione afa vore del restauro dell’Altarol deTomè, il 29 dicembre. In tale occasione, la chiesa par-rocchiale di Santa Lucia era gre-mita di gente, richiamata dallesplendide voci e dalle note musi-cali del gruppo diretto da FabrizioFucile.L’antico segno di devozione po-polare, titolato alla Mater Doloris,rinnova l’appello per la sua salva-guardia a chiunque abbia a cuorela storia religiosa e culturale delpaese e, quindi, la propria identità.Rinnoviamo l’augurio che l’impe-gno di tutti trovi l’entusiasmo dellacollaborazione.

CFD, thena ’nte le scóle

Sabato 5 novembre 2005 pressole ex scuole elementari di Dardagoil CFD da organizzato la cena an-nuale tra i suoi collaboratori e nonsolo.Numerose, infatti, sono state lepersone – di altre associazioni delpaese – che hanno «risposto» po-sitivamente all’invito degli organiz-zatori. Una serata per stare insie-me, per confrontarsi per ribadire –ancora una volta – l’importanzadel «contributo» che ognuno dinoi può dare per le varie iniziativein favore del paese. Come, adesempio, in occasione delle festenatalizie gli auguri «luminosi» delCFD e dell’AFDS si univano agliaddobbi del campanile e dellapiazza per rendere ancor più sug-gestiva l’atmosfera natalizia.

CronacaCronacaa cura di Marta Zambon

Cronaca

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’Na pleif co’ quatropresepi

La bella Pieve di Dardago questoNatale oltre alla ormai tradizionaleesposizione dei Madhi, tradizioneripristinata quattro anni fa, si è ab-bellita di ben quattro presepi. Il pri-mo, più grande e rilevante è statoquello posto ai piedi dell’altare del-la Crocefissione preparato da Bru -no Zambon e Gigi Basso con la

GESÙ BAMBINO È IL MENO RIPARATO DALLA NEVE. «È DURA»... FIN DALL’INIZIO! (FOTO DI MARCO GIGANTE)

Vandali a Dardàc

«A Natale bisogna tutti essere unpo’ più buoni!…»: è un detto chepurtroppo non tutti osservano.Non viene certo osservato da queltrio di ragazzi e ragazzini che du-rante le feste di Natale si sono di-vertiti a spaccare la colonnina po-sta a recinzione del monumentonella piazza di Dardago. Quellecolonnine sono state divelte piùvolte in questi ultimi anni. Una vol-ta il massimo divertimento tra igiovani era duià a campanon inpiazza; poi, alle generazioni suc-cessive piaceva passare ore achiacchierare e scherzare con gliamici sulle panchine o sul «muret-to»; ora sembra che il massimo di-vertimento si ottenga rompendo,distruggendo, spaccando la roba(degli altri, naturalmente!). Durantele feste eccitazione massima èstato rompere le colonne del mo-numento, buttare in terra gli alberidi Natale posti davanti alla fonta-na, danneggiare le statue del pre-sepe poste sul sagrato, far scop-piare petardi dentro la fontana osotto gli alberi di Natale o, peggioancora, prendere a pallonate, finoa rovinarla completamente, l’im-magine sacra posta sul muro dellacanonica (questo è stato un «gio-co» dello scorso inverno). È da di-re che quei giovani sanno benissi-mo che stanno com piendo una

collaborazione di una «new entry»,il nipote Michele che ha aiutato lozio nell’allestimento. Il secondopre sepe, posto sull’altare dellaMadonna del Rosario, è stato pre-parato da Annamaria Bu setti: unpresepe molto singolare ambien-tato dentro una cialdiera de la po-lenta. L’altare di S. An tonio eraadornato invece dal terzo presepe,in legno, fatto a mano e ripropostoda Bruno Zambon Rosit. Il quartodava il ben venuto ai paesani sulsagrato della Pieve. Gran fermentoalla vigilia di Natale per l’allestimen-to di questo presepe che ha coin-volto molti volontari: un grazie par-ticolare a Vittorio Janna per l’idea ela realizzazione delle sagome, aCor rado Zambon che aiutato daUgo Pala, Omero Bocus e BrunoZam bon si è dato da fare per pre-parare la capanna e tutto quanto èstato necessario per la buona riu-scita dell’opera. Finita la SantaMessa di mezzanotte, grazie an-che all’aiuto del C.F.D., è statomolto piacevole scambiarci gli au-guri di Buon Natale sul sagrato,davanti al «neo nato» presepe, be-vendo un ottimo vin brulé, donatoda Lu ciano Zambon.Un ringraziamento va rivolto, infine,a tutti coloro che – nonostante ilfreddo pungente – hanno «gradi-to» l’iniziativa, durante la quale so-no stati raccolti 120 euro devolutiper le attività parrocchiali.

azione spregevole, perché sonocosì codardi da scappare appenaarrecato il danno. Peccato per lo-ro che nella piazza molta gentepassa ed è facile che questi bravigiovani siano riconosciuti, ancheperché sono sempre gli stessi.

DAL MONUMENTO IL FANTE SEMBRA AMMONIRCI: «DALLO SCORSO DICEMBRE LA COLONNA È STATA DIVELTA

E, DA ALLORA, NECESSITA DI MANUTENZIONE. PER FAVORE SISTEMATELA. SE POTESSI... LO FAREI IO!».

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Carnavàl coi canais

Tantissime maschere hanno affol-lato l’oratorio di Budoia per fe-steggiare il Carnevale domenica26 febbraio. Il pomeriggio è tra-scorso in allegria tra giochi, musi-ca, crostoli e frittelle. Anche il cielosi è colorato con le decine di pal-loncini liberati dai bambini, comefossero una manciata di coriando-

I Madhi 2005

Dalla sera del 24 dicembre al gior-no 6 gennaio, in chiesa a Dar -dago si è ripetuta la tradizionaleesposizione dei madhi. Lungo lacorsia centrale dieci peth (abeti)ad dobbati con semplici cose(frutta fresca e secca, fiocchi dicotone, immagini sacre e fili di la-na colorata) hanno rappresentatole famiglie di tutte le vie di Dar -dago. Durante la Santa Mes sa dimezzanotte il pievano don Adel liha benedetti.Grazie a tutti coloro che hannocontribuito ad allestire i madhi eche, successivamente, si sonopro digati per la raccolta delle of-ferte presso la popolazione.

Considerate le richieste e la cifra a disposizionesi è così provveduto

Apertura di un fondo cassa

a disposizione per i primi lavori euro 500,00

Per l’acquisto di fiori euro 100,00

Deposito sul c/c bancario euro 721,00

TOTALE euro 1.321,00

A Walter, in ricordo deso pare

Giuseppe Arzaretti è passato dal-la sua alla Casa del Pa dre, purifi-cato dalla malattia, sopportatacon grande dignità e confortatodalle amorevoli cure della moglieIdelmina e dei figli Walter e Denis.Nato nel 1928, conosce prestol’emigrazione, e al rientro dalCanada avvia una stimata ditta dipittore edile e decoratore. La fe-deltà, l’attaccamento alla famiglia,la verità e la giustizia hanno tem-prato la sua figura di uomo one-sto e saggio. Davvero gli si può

Nella speranza di non dimenticarequalcuno, il nostro grazie va dun-que a Espedito, Maria, Anna Ma -ria, Angelo, Lidia, Anna, Bruna,Silvestro, Cencina, Cinzia, Danie -la, Bruno, Bruna, Ugo, Bettina,Rita, Genny, Santino, Francesca,Do ria, Marcella, Vittoria, Franzina. Terminato il periodo natalizio ven -gono raccolte le offerte, le qua li am-montano a 1.321,00 euro com -prensive della riserva di 150,00euro precedentemente accanto-nate per l’eventuale acquisto dinuovi abeti.Nel corso della riunione tenutasi incanonica numerose sono le pro-poste e le richieste di intervento:

– acquisto di un timer per regola-re le luci esterne alla chiesa e alcampanile;

– intervento di restauro al tettodell’absidiola della chiesa diSan To mè;

– fiori per la chiesa;– restauro delle grandi statue del

vecchio presepio.

tessere lo stesso elogio che laSacra Scrittura riserva a SanGiuseppe: «Uomo giusto».Il commiato cristiano gli è statotributato nella chiesa di RoraiGran de, colma di amici ed esti-matori, solidali e vicini al dolore ealla speranza della sua famiglia.Mon signor Um ber to Marcuzzi hapresieduto l’Euca ri stia concele-brata con una quindicina fra sa-cerdoti e cappuccini (notata larappresentanza della Chiesa diGorizia e di Udine). Padre Ve -nanzio Renier ha tenuto una ele-vata omelia, nel commentare leletture proclamate, affidandoGiuseppe alla misericordia delDio della vita. Sicuramente, per la famigliaArza retti, un grande conforto nelmomento supremo del distaccoterreno e la certezza che ora, piùche mai, Giuseppe li amerà e liproteggerà dal cielo, perchénean che la morte ci separerà dacoloro che abbiamo voluto benesulla terra.A loro, le rinnovate cristiane con-doglianze.

MARIO POVOLEDO

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Scòe, restiei e...dhuti insieme...

Sabato 18 e domenica 19 marzo,si svolgono le due «Giornate eco-logiche», grazie alla collaborazio-ne tra Pro Loco, Comune e asso-ciazioni locali. L’iniziativa si tienecontemporaneamente anche neicomuni di Aviano, Caneva e Pol -ce nigo, con la coordinazione dellanostra Pro Loco. Anche la Pro -vincia di Pordenone ha aderito alprogetto, concedendo il suo pa-trocinio, in modo da dare un’ade-

GIOVANI VOLONTARI ALL'OPERA PER UN AMBIENTE PIÙ PULITO.

li. Quando la stanchezza ha dato iprimi segnali, tutti si sono acco-modati nella sala cinema per ve-dere il cartone animato proiettatocon l’impianto appena acquistato.

guata e giusta risonanza sovraco-munale.I volontari sono organizzati in di-verse squadre che ripuliscono al-cune tra le zone naturalisticamen-te più rilevanti del territorio esog gette a degrado.L’iniziativa si pone il fine di sensi-bilizzare la popolazione, da unaparte sul rispetto dell’ambienteche ci circonda, dall’altra sullacorretta gestione dei rifiuti. Que -

A tordion pal Carso

Per la serie Conosciamo il FriuliVenezia Giulia, la Pro Loco orga-nizza una gita sul Carso sabato 25marzo. L’itinerario inizia al castellodi Duino, dove è ancora possibilevedere l'antica rocca che risale al-l'anno 1000. Si narra che nel XIIIsecolo ospite del castello fu il poe-ta Dante e all'inizio del 1900 ilpoeta Rilke. Tantissimi personaggiillustri hanno lasciato qui la loro fir-ma: tra questi anche il principeCarlo d’Inghilterra, imparentatocon i proprietari. La comitiva intra-prende poi il «sentiero Rilke», chesi snoda da Duino a Sistiana. Qui

sti, infatti, sono gestiti secondo icriteri della raccolta differenziata,separando carta, lattine, vetro erifiuto secco.Nonostante la gran mole di lavoro,la giornata passa in allegria e alla fi-ne tutti sono premiati da una pa-stasciutta gustata insieme.Un ringraziamento a tutte le asso-ciazioni e ai cittadini che hannocollaborato, dimostrando il loroamore per la natura e i nostri paesi.

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Inno a

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ita

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La piccola Anna, di 5 mesi, figlia di LorenaZambon e Terenzio Pulcini di Praturlone (Pn).I suoi sorrisi sono la gioia di tutta la famigliaed, in particolare, dei nonni Pietro e IreneZambon.

12 marzo 2006, 65° di matrimonio, AngeloZambon Pinal con Stanislava Kresceveç.

Via Crucis co’ i’mericans

I quaranta giorni della Quaresimasono scanditi nelle nostre comu-nità dalla Via Crucis, che si ripetein chiesa ogni venerdì, trannequella all’aperto del Venerdì San -to. La novità di quest’anno è lapartecipazione della comunitàamericana della Base di Aviano,

mare e Carso si incontrano intima-mente: questi due elementi hannodato origine (grazie all’erosionedelle rocce) a impressionanti diru-pi, chiamati «falesie», ricchi di ca-naloni e pinnacoli suggestivi.Sem bra che il poeta Rilke abbiatratto l'ispirazione per le sue ElegieDuinesi proprio dagli incantevolipanorami che si godono da qui. Il pomeriggio si svolge a Trieste,dove, in occasione della GiornataFAI di Primavera sono visibili mo-numenti solitamente inaccessibili alpubblico. I siti scelti vogliono evi-denziare la convivenza pacifica aTrieste di varie religioni, con l’aper-tura della Basilica di San Silvestro,la Chiesa Evangelico – Luterana diconfessione Augu stana e il Tempiodi San Spiri dio ne.

che già in più occasioni abbiamoavuto modo di conoscere. Ac co -gliamo con gioia la loro richiesta,perché ci dà il senso di quanto lapassione e la morte di Gesù sianoun dono per tutta l’umanità. Allostesso tempo rimaniamo stupitinel notare quante famiglie e giova-ni partecipino alla funzione, facen-doci scoprire un volto dell’Americadiverso da quello superficiale econsumista, più noto e più imitatoda noi che spesso sappiamo co-piare dagli altri i difetti meglio che ipregi.

La Pro Locopar television

Martedì 18 aprile 2006 alle ore21.00 e in replica domenica 23aprile alle ore 13.15 la Pro Loco diBudoia partecipa su Telefriuli allatrasmissione DZ Show condottada Dario Zampa. Si tratta di unvarietà friulano in cui saranno pro-tagoniste le Pro Loco di Budoia edi S. Maria La Longa. Vengonopresentati il nostro paese e leprincipali iniziative dell’associazio-ne. I telespettatori possono inter-venire da casa per giocare con lastoria e le tradizioni locali.

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Red

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ne!

Quattro generazioni. La piccola Greta Carlon Brolo di cinque anni insieme con labisnonna Ines Zambon Puppin, la nonna Liliana Puppin Carlon e il papà Diego.

L’11 febbraio 2006, Caterina Bocusin Del Maschio ha raggiunto il tra-guardo dei 90 anni. Ogni giorno ècircondata dall’affetto dei suoi nipoti– Monica, Laura, Davide, Doriano eOlivo – e dei piccoli pronipoti Cristiane Riccardo, che la portano semprenel cuore.A una nonna speciale vogliamo ricor-dare, in questo giorno memorabile, ilnostro grande affetto.

NIPOTI E PRONIPOTI

Luca Tanzilo con il papà Bobby cisaluta dagli Stati Uniti.

Osvaldo Bocus Frith, per tutti Svaldin,prossimo alla tenera età di 94 anni, haavuto la gioia di accogliere in famigliale ultime nate: Ro berta e Letizia, (nateil 28.07.2005).È stata grande la gioia di questo arrivoin tandem, proprio com’è in ogni fami-glia che saluta la nuova vita, ma inquesto caso ancora di più, perchéc’era il SUPERBISNONNO: nono-

LE QUATTRO GENERAZIONI DELLA FAMIGLIA

BOCUS FRITH.

NELLA FOTO DA SINISTRA: NONNO ENRICO, CON

LA PICCOLA LETIZIA, BISNONNO OSVALDO, E PAPÀ

PIERFRANCESCO CON LA PICCOLA ROBERTA.

stante tutte le sue lamentele e paure,ha resistito!E guardate bene la foto delle quattrogenerazioni riunite: troverete negli oc-chi delle piccole e di nonno Enrico,anche bisnonna Ester che ci abbrac-cia tutti. Caro Frith il prossimo tra-guardo è diventare trisnonno, in que-sto caso la responsabilità è di Lucache è ormai ventenne.

Carissimo Svaldin, sei stato e saraisempre per noi, un papà, nonno e bi-snonno eccezionale!Ti vogliamo un immenso bene, e ti rin-graziamo per i tuoi sacrifici e per ilgrande amore che sempre ci hai do-nato.

I FIGLI, NIPOTI, PRONIPOTI E AMICI TUTTI.

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Sori, 6 dicembre 2005

Carissimi amici,sento tanto la nostalgia per il

mio paese e il 3 maggio sono sta-to a Dardago per poche ore dallaMirella, con una pioggia che nonfiniva, e poi siamo stati a Budoiaperché non c’era posto da Mo reàl(‘l era seràt). Ho incontrato solo laBerta de Theco.

Quanti ricordi ho di Dardago!Il 21 novembre è stata la Ma -

donna della Salute e ricordo la fe -sta e la processione con don Ro -mano.

Dardago è sempre stato unpaese pieno di iniziative. Ha fattovenire la luce da Aviano; Budoia eSanta Lucia non volevano e dopodue anni si sono attaccati a noi. ADardago siamo stati i primi a farele campane portate via dai tede-schi. Ricordo che il primo monu-mento ai caduti fu a Santa Luciae a Villotta, poi noi nel novembredel 1921. Ricordo l’assicurazionecon tro la grandine, la Cooperativae il teatro che è stato un gran suc-cesso. D’inverno i volontari lavo-ravano di notte, con la luce.

Milwaukee (USA), 14 febbraio 2006

Spett. Redazione,ho ricevuto con piacere il nuo-

vo numero de l'Artugna oggi.Grazie!

Vedo che un gruppo del vo-stro comune è andato a Mon -calvo per la fiera del tartufo. Chebello! Dardago e il mio Monfer -rato si incontrano.

In dicembre sono stato ad Astiper tre giorni.

Ho vinto il premio di giornali-smo promosso dalla città. Unbellissimo regalo di Natale! Nellostesso mese di dicembre i mieiamici piemontesi, il gruppo Arion -dassa, hanno suonato a Sacilecon il Coro Livenza. I due gruppisi erano incontrati qui a Mil -waukee, durante la Festa Ita lianaa luglio, il coro Livenza aveva invi-tato l’Arion dassa a Sacile per unconcerto.

In ottobre è nato nostro figlioLuca; lo abbiamo portato con noia Dardago in aprile.

Vi invio una foto. Io e mio figliocon la sua cosa preferita: un po-ster della giostra del Pitu di Tonco(Asti). Lui sorride sempre quandolo vede.

Sono felice di leggere le notiziedi Dardago.

BOBBY TANZILO

Caro Bobby,vedi come è piccolo il mondo e

Ricordo il nome di tanti bene-meriti, pieni di entusiasmo e dicreatività: Serafino Ponte, CarloMo reàl, Toni Luthol, Piero Sco -pio… Scusate per la lunga storiama la speranza di tornare a ciasami fa vivere.

Allego una foto della mia fami-glia nel 1912 a Vicenza dove lavo-rava mio padre e stavamo solonei mesi invernali perché, negli al-tri mesi, venivamo a Dardago conmia madre che rientrava per aiu-tare mia nonna paterna e mia zia.

Complimenti per l’Artugna eper le notizie. Quando arriva mi sistringe il cuore.

Scusatemi, mi onora la vostraindulgenza verso i ripetitivi miei ri-cordi.

Con tanta stima e considera-zione.

BEPIN CIAMPANÈR

Carissimo Bepin,non deve scusarsi di niente. I

suoi ricordi sono importanti perLei e lo sono anche per noi e per inostri lettori. Su l’Artugna c’èsempre spazio per Lei, per le sue

limpide memorie di dardaghesenovantaquattrenne.

Nello spazio dedicato alle fotostoriche può trovare la foto che ciha inviato.

Grazie di tutto, caro Bepin, an-che dell’assegno allegato.

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enti]

Con gli auguri più fervidi per tutta la comunità del’Artugna.

SILVANA ZAMBON – ROMA

Tanti auguri di buon anno 2006 e sempre avanti conl’Artugna.

REMIGIO IANNA – VENEZIA

In memoria di Rigo Ferdinando.ADELE RIGO – TORINO

La mia offerta per le spese del periodico.YOLANDA RIGO – SACILE

Saluti e auguri di buon lavoro a tutta la redazione.DONATELLA ANGELIN – MILANO

Buon lavoro per il 2006.ANNA JANNA – MILANO

Invio la mia offerta in memoria della sorella Gonda.MARIO ZAMBON – MESTRE

Tanti auguri a tutta la redazione.DORINA DELLA VECCHIA ZAMBON

GALLIERA VENETA

In memoria dei miei cari defunti.CAMILLO ZAMBON – TRIESTE

In memoria di Giuseppe Ba stia nello.MARIA VIDALE BASTIANELLO – VENEZIA

Carissima Redazione, l’Artugna mi era cara, da oggi loè doppiamente. Grazie infinite.

AURORA CERRONI AURELI – ROMA

Grazie per l’Artugna che ricevo regolarmente.VINCENZO BURIGANA (NINO POE) – USA

Pro l’Artugna – In memoria di Alfredo Bu setti.

THE BOSTON CONSULTING GROUP – MILANO

Tanti saluti a tutti.ALESSIO ZAMBON E ESTER GRAZIOSI

GENAZZANO (ROMA)

In memoria di Ruggero Bonetti.NIRVANA E MAURIZIO MANFREDI – MILANO

Carissimi amici de l’Artugna, rinnoviamo il nostro gra-zie per il vostro contributo nel realizzare una rivista anoi così cara.

FAMIGLIA PIETRO ZAMBON – PRATURLONE (PN)

Jouy aux Arches, 4 gennaio 2006

Spett. Redazione,sono residente in Francia dal

1947. Aspetto il vostro periodicoche leggo e rileggo sempre congran piacere e che mi riporta conla memoria ai giorni felici dellamia infanzia.

Come rispondete alla signoraLeo nida di Toronto, anche perme c’è ancora un filo sempre te-so che mi lega a Dardago, allemie radici. Ogni tanto ritorno conpiacere a rivedere i parenti, il pae-se e le mie montagne.

Con queste righe troverete uncontributo per la rivista e i mieipiù sinceri auguri.

Cordialmente.

MICHELE BASSO

Caro Michele,la Sua lettera ci fa molto riflettere.Da quasi sessant’anni ha lasciatoDardago per trovare lavoro inFran cia: una vita intera lontanadal suo paese natale. Nuovi luo-ghi, nuove occupazioni, nuoviamici; ma non può dimenticareDarda go.Siamo felici che l’Artugna la aiutiad essere ancora più vicino allesue radici.Grazie di tutto!

come anche l’Artugna riesce arenderlo ancor più piccolo!Veramente sono sempre più nu-merosi i rapporti tra i vari popoli!Speriamo che servano per allon-tanare le incomprensioni e leguerre!Complimenti a te e alla moglie peril bel bambino. Pubblichiamo lafoto nella rubrica «Inno alla vita».Continua a seguirci. A presto.

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Situazione economica del periodico l’Artugna

Periodico n. 106 entrate uscite

Costo per la realizzazione + sito web 4.286,00

Spedizioni e varie 280,00

Entrate dal 1.12.2005 al 25.03.2006 4.125,00

Totale 4.125,00 4.566,00

bilancio

[ SE CERCHI ]

Non vi sono figli illegittimi, ma so-lo genitori illegittimi.[Anthony Burgess ]1

Sii forte e coraggioso! Non temeree non avvilirti, perché è con te, inogni tuo passo, Dio, tuo Si gno re.[Giosuè 1,6,7 ] 2

Partecipiamo alle sventure degliamici non con lamentazioni da fu-nerale, ma dandoci da fare.[Epicuro ]3

Se i partiti non rappresentano piùgli elettori, cambiamoli questi be-nedetti elettori.[Guzzanti ]4

Punture di spillo[AFORISMI – MALDICENZE – PROVERBI – FREDDURE]

Novità editoriale

Lo scorso mese di dicembre è uscitoSi quæris, il volume che raccoglie gli

indici dei primi cento numeride l’Artugna.Il volume è a disposizione presso i consuetipunti di distribuzione o può essererichiesto alla redazione, con un contributo di 5 euro.

a cura di Sante Ugo Janna

1. Anthony Burgess (1917-1993). Scrittore e gior-nalista inglese. «Un’arancia a orologeria» (1962), dacui S. Kubrick ha tratto il film «L’Aran cia Mec -canica».2. Giosuè (secolo XIII a.C.). Condottiero ebreo, suc-cessore di Mosè e protagonista del libro biblicoomonimo. Guidò le 12 tribù di Istraele attraverso ilGior dano a occupare la terra promessa.

3. Epicuro (Samo 341 – Atene 271-270 a.C.) Filosofogreco, fondatore dell’epicureismo. Epicuro concepi-sce la divinità come perfezione senza turbamento, maestranea alle vicende umane; per questo il saggio nonsi preoccupa del destino, né della morte. La felicitàconsiste nel piacere, inteso come assenza di sofferen-ze corporee (aponìa) e di turbamenti dell’animo (ata-rassìa) e non disgiunto dall’onestà e dalla giustizia.

4. Guzzanti Sabina (Roma 1963). Attrice ed autricecomica di teatro, cinema e TV. Apprezzate le suecaricaturali imitazioni di Moana Pozzi, MassimoD’Alema e Silvio Berlusconi.

Guzzanti Corrado. (Roma 1965). Fratello di Sabina,comico e imitatore TV di vena satirica e surreale.

Agricoltore trentottenne desideraconoscere nubile trentenne, pro-prietaria trattore, scopo matrimo-nio. Pregasi inviare foto trattore.[giornale francese di provincia ]

Se offendi un partigiano reggia-no… ti trovi una grana!

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DOMENICA DELLE PALME Budoia Dardago• Benedizione dell’Ulivo sul sagrato,

processione e Santa Messa di Passione 9.30 11.00• Vespero e apertura

dell’Adorazione Eucaristica delle 40 ore – 15.00• Santa Messa Vespertina e apertura

dell’Adorazione Eucaristica delle 40 ore 18.00 –

LUNEDI, MARTEDI, MERCOLEDI SANTO• Santa Messa e apertura della solenne

Adorazione Eucaristica delle 40 ore 9.00 9.30• Chiusura dell’Adorazione Eucaristica 18.00 12.00

GIOVEDI SANTO• Santa Messa Vespertina «In Cœna Domini»,

riposizione del SS. Sacramentoall’Altare del Sepolcro, spogliazionedegli altari e adorazione.Raccolta salvadanai «un pane per amor di Dio» 20.00 18.30

VENERDI SANTO• Suono dei 33 rintocchi

«nell’ora della morte di Cristo» 15.00 –• Azione Liturgica della morte di Gesù,

Adorazione della Crocee Santa Comunione 15.30 16.30

• Solenne Via Crucis, con partenzadalla Chiesa di Dardago e conclusione nella Chiesa di Budoia (in caso di maltempo,la Via Crucis si svolgerà nella Chiesa di Dardago) – 20.00

SABATO SANTO• Benedizione del fuoco ed accensione

del Cero Pasquale sul sagrato, Veglia Pasquale, benedizione dell’acqua con rinnovazione delle promesse battesimali e Santa Messa di Risurrezione 22.00 20.30

DOMENICA DI PASQUA• Santa Messa Solenne 10.00 11.00• Santa Messa Vespertina 18.00 –

LUNEDI DI PASQUA• Santa Messa 10.00 11.00

CONFESSIONI

Lunedi, martedi, mercoledi Santo 17.00/18.00 10.00/10.30Venerdi Santo 14.45/15.20 17.30/18.30Sabato Santo 16.30/18.00 14.30/16.00

Bambini e ragazzi (con l’orario del Catechismo)

DELLA SETTIMANA SANTA

programma

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«Cerco per tutta la storia il Tuo Corpo,cerco la Tua profondità…Dalla vita passare nella morte –è questa l’esperienza, l’evidenza.Attraverso la morte passare nella vita –è questo il mistero».

(Karol Wojtyla)

Bòna

Page 48: l'Artugna 107-2006

O crux benedictaque sola fuisti

digna portare regem celorumet Dominum alleluia,

Seculorum.

A Parigi lungo la Senna si vendono stampe, vecchi libri, og-getti antichi. Quel giorno, dall’antiquario c’era un messalemanoscritto. Le sue pagine strappate, separate e stimate

solo per le decorazioni… anch’io ne comprai una.Ora spesso mi interrogo. Chi mai avrà tracciato quei segni?Quali mani avranno sfogliato quella pagina fino a consu-marne un angolo? Quali le vite che avranno letto e cantato

quella «parola»?Domande senza risposta. Ma sempre grande è il mio ri-spetto; maggiore e ancor più profondo il mistero racchiuso

in quelle righe.

Da un messale in pergamena, pagina di cm 34x49scritto con inchiostro nero e rosso.