l'Artugna 120 - Agosto 2010

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXIX · Agosto 2010 · Numero120 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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Periodico della comunità di Dardago - Budoia - Santa Lucia

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa LuciaAnno XXXIX · Agosto 2010 · Numero 120S

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on la tradizionale cerimonia deltaglio del nastro da parte delle au-torità, la piazza di Dardago è stata«riconsegnata» ai dardaghesi do-po i lavori di riqualificazione. Ora lapiazza ha un nuovo volto e anchegrazie agli interventi dei privati chehanno recuperato le facciate asasso a vista e della parrocchia,per il restauro del campanile, è –più che mai – il centro del paese.Come tutte le piazze che si rispet-tino, mira a diventare il punto d’in-contro della popolazione; luogo didialogo e di confronto tra personeche hanno gusto di stare insieme.

Era bello, in queste calde seredi luglio, vedere bambini scoraz-zare in monopattino dal monu-mento al balér, mentre i nonni o igenitori, seduti nelle panche inpietra chiacchieravano con qual-che passante. La piazza è anchequesto, soprattutto questo.

Torniamo alla piazza, torniamoalla parola. Così auspicava Fa bri -zio Fucile, chiudendo il suo artico-lo relativo alla piazza di SantaLucia che è stato pubblicato inqueste pagine, nel numero 118dello scorso dicembre.

E anche l’Assessore regionaleElio De Anna, nel suo discorso du-rante la cerimonia di inaugurazio-ne, si augurava che l’opera, cosìben riuscita, diventi occasioned’incontro e di concordia.

Dardago che ha la fortuna diavere al proprio centro una verapiazza e non una «crosera» o unoslargo, sappia utilizzarla nel modopiù appropriato.

Per i lavori della piazza (lo ab-biamo scritto anche nel blogwww.artugna.blospot.com) i no-stri archivi sono stati d’aiuto in unpaio di occasioni. Infatti, per repe-rire le informazioni sui 22 cognomi

e i 110 soprannomi delle famiglie«storiche» dardaghesi, da incideresulle piastre in pietra piacentina,è stata utilizzata la pianta topo-grafica del paese disegnata daGio.Battista Bastianello CodifFuser, datata 16/03/1902, pubbli-cata sul numero 18, agosto 1976de l’Artugna. E per «ricostruire» iltesto della lapide posta alla basedel monumento a cura dell’As so -ciazione Combattenti e Reduci delComune di Budoia il 4 novembre1954, ormai illeggibile, si è fatto ri-corso a un articolo de La Voce delPastore del 1954, riportato sul n.100, dicembre 2003 del nostrope riodico.

Fa piacere che il ricco archiviode l’Artugna, creato in quasi 40anni di lavoro, abbia l’onore di es-sere utilizzato come fonte da cuiattingere informazioni e notiziestoriche relative ai nostri paesi.

Torniamo alla piazza,torniamo alla parola

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la lettera delPlevàn

di don Adel Nasr

Fratelli e sorelle,Maria Assunta in cielo anima e corpoè profezia del futuro dei credenti,rigenerati nella grazia che invocano la«Regina dell’universo», con formataper volere divino al Figlio, vincitoredel peccato e della morte. La Madredi Dio e Madre nostra, ricolma digrazia, ha raggiunto la pienezza dellagloria divenendo «segno di sicurasperanza e consolazione» per ilpopolo di Dio ancora pellegrino e

scorge in Lei l’immagine escatologicadella Chie sa. Il SI di Maria al piano diDio si è rinnovato con docilità interioree carità operosa, cooperandoall’opera redentrice di Gesù.Nell’As sun ta contempliamola partecipazione piena della creaturaalla vita del Creatore che dà senso esperanza al nostro cammino.Con il canto del Magnificat, Marialoda il Signore per quanto compiuto inLei e ci chiede di imitarla nella nostracondotta terrena. Dal giugno 2009 al2010 è stato celebrato l’AnnoSacerdotale: un anno impegnativo dipreghiera, di condivisione, disperanza, un anno che ci ha fattoriflettere e chiedere a Dio il dono dellavocazione per nuovi e santi preti; unanno voluto da Papa Benedetto, chelo ha concluso il giorno dellasolennità del Sacratissimo Cuore diGesù, sulle orme di San GiovanniMaria Vian ney (il Santo Curato d’Ars),modello di tutti i Sacerdoti. Ci è puredi esempio l’eroica fine terrena delFrancescano Polacco PadreMas si miliano Kolbe, che prigionieronel campo di concentramento diAu schwitz, si offri al posto di un padredi famiglia alla condanna a morte perfame. «Sono un sacerdote cattolico»,rispose, fiero, al comandante di quelcampo di sterminio che gli chiedevaperché volesse morire al posto di unaltro. In quel momento, gli sarannotornate a men te le parole di Cristo:«Chi vor rà salvare la propria vita laperderà, ma chi perderà la vita acausa mia e del Vangelo, la salverà».Ma, in quell’inizio di agosto del 1941,era Ge sù stesso che rispondeva alposto del religioso, proclamato Santoe Martire. Colui che con l’OrdineSacro, era stato configurato a Cri sto,seppe renderlo presente inquell’inferno, concepito dalla diabolicacattiveria umana, con il dono pienodella propria vita. L’Anno Sacerdotaleci ha ricordato che il «prete è il Cuoredell’amore di Ge sù». Con PadreMassimiliano è lunga la schieradi sacerdoti che hanno saputo farsentire i battiti del Cuore di Cristonella realtà più diversa del loroministero, sino a dare la vita per glialtri. Però è proprio tale grandezzache ci fa percepire, in modoterrificante, cosa accade quando ilcuore di un prete non è più in sintonia

con quello di Cristo. Il Santo Curatod’Ars, diceva ancora: «Noi paghiamomolto cara la dignità sovrumana dellanostra vocazione. Il ridicolo è semprecosì vi cino al sublime».I cristiani laici hanno talora unacutissimo senso della grandezza odella bassezza di una vita sacerdotale.La Chiesa ha vissuto e vive momentidolorosi, soprattutto quando satana,spirito del male, si infiltra nelle nostrerealtà e fiacca il nostro spirito.Benedetto XVI ha indetto questoAnno anche per una sorta di perdonocollettivo, di penitenza, dipurificazione. Una Chiesa umiliata, èchiamata ad essere umile, attenta anon cadere nel tranello del facile, delconsumismo, dell’io, dellasfrenatezza, del denaro, delle parolevuote. Tante volte sentiamo dire:«poveri preti, povera Chiesa»!Nella qualifica di «povero», si mettedentro tutta l’umana fragilità,il peccato; ma nel dire «prete», siriconosce la grandezza del Mistero edel Dono, che supera la povertàumana di noi che siamo stati chiamatida Cristo sommo ed eterno Sa cerdotee Maestro: «Non voi avete scelto mema io ho scelto voi e vi ho costituitiperché andiate e portiate frutto eil vostro frutto rimanga».Scelti, dunque, per avere un cuoremite ed umile come il Cuore di Cristoed essere testimoni di una vita nuova.Ecco quindi l’invito a pregare sempreper noi sacerdoti, perché cercandosempre di essere dei ministri secondoil cuore di Dio, lo sappiamoindividuare nei piccoli, nei poveri,negli ammalati, negli oppressie in tutti coloro che si affidano e sifidano di noi.Solo con la preghiera e conla vicinanza al nostro popolo, non cisentiremo soli, scoraggiati, lontanidalla realtà che la vita, a volte dura,produce nel nostro tessuto sociale. La Vergine Maria, obbediente efedele, sia la luce vera che illuminail nostro ministero, in unione contutti voi. Ci affidiamo a Lei eimpariamo come Lei a: «custodire eserbare le cose di Dio, meditandolenel nostro cuore».Buon ferragosto a tutti e un salutocordiale a quanti rientrano nellenostre Comunità per il meritato riposoestivo.

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IMPORTANTE

Per ragioni legate alla normativasulla privacy, non è più possibile averedagli uffici comunali i dati relativial movimento demografico del comune(nati, morti, matrimoni).Pertanto, i nominativi che appaiono suquesta rubrica sono solo quelli che ci sonostati comunicati dagli interessati o da loroparenti, oppure di cui siamo venuti aconoscenza pubblicamente.Naturalmente l’elenco sarà incompleto.Ci scusiamo con i lettori.

Chi desidera usufruire di questa rubricaè invitato a comunicare i dati almeno ventigiorni prima dell’uscita del periodico.

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uota

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ita] N A S C I T E

Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di...

Sofia Pegorer Sfes di Gianni e Karim De Chiara – BudoiaAlessandro Crestan di Roberto e Lucia Ianna – Vigonovo/DardagoMarco Zambon di Matteo e Nadia Dainese – VeneziaLucia Asti di Gionata e Elisabetta Zumbo – Oriago (Ve)Giorgia Piccini di Federico e Elisa Vettor – MilanoMonica Biasutti di Daniele e Elena Zambon – DardagoAmy De Ros di Fabrizio e Cindy Cattaruzza – Aviano

M AT R I M O N I

Hanno unito il loro amore. Felicitazioni a...

Francesco Agostini e Maddalena Bevilacqua – Santa Lucia

50° di matrimonioPietro e Mary Fort – ScoziaGianni Ariet e Rosalia Marangon – BudoiaSeverino Bastianello e Rita Parmesan – Venezia

60° di matrimonioAlpidio Bocus e Ferdinanda Rigo – Dardago

L A U R E E , D I P LO M I

Complimenti!

Licenza Media SuperioreFrancesca Romana Zambon – Liceo Scienze Sociali – DardagoSilvia Signora – Liceo Classico – Budoia

LaureeEdoardo Calderan – Laurea Magistrale in Storia e Documentazione Storica – MilanoChiara Ianna – Medicina e Chirurgia – Dardago

D E F U N T I

Riposano nella pace di Cristo.Condoglianze ai famigliari di…

Iva Visinoni di anni 86 – VeneziaAntonio Varone di anni 86 – DardagoRoberto Zanus Fortes di anni 47 – Castello d’AvianoNiceta Franceschini di anni 80 – Santa LuciaNatalino De Marchi di anni 58 – Santa LuciaNatalino Egidio Zambon di anni 84 – DardagoMarcella Perin di anni 75 – DardagoGiovanni Battista Fort di anni 93 – Santa LuciaMargherita Zambon di anni 64 – San DanieleSavina Basso di anni 66 – Castello d’AvianoFernanda Zambon di anni 85 – VeneziaSauro Vettor di anni 86 – DardagoFiorenzo Zambon di anni 91 – DardagoGiancarlo Boschin di anni 78 – Riva del GardaBruno Carlon di anni 89 – BudoiaSilvano Signora di anni 74 – Stati UnitiMaria Rigo di anni 75 – FranciaTeresa Fort di anni 81 – SacileLicia Rosa di anni 89 – BudoiaCaterina Ortolan di anni 90 – DardagoMaria Janna di anni 98 – BudoiaNorina Zambon di anni 89 – Santa LuciaSonia Grassi di anni 63 – Castello d’AvianoMarco Basso di anni 85 – SavonaAntonia Carlon di anni 77 – MilanoAugusta Zambon di anni 96 – Dardago

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Periodico della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia

sommario

2 Torniamo alla piazza, torniamo alla paroladi Roberto Zambon

3 La lettera del Plevàndi don Adel Nasr

4 La ruota della vita

6 Dopo l’abbandonodi Michele Zanetti

10 Artugna, piccola oasi ecologica in pericolodi Massimo Zardo

12 Collis Chorus, salto di qualitàdi Roberto Cauz

Autorizzazione del Tribunale di Pordenonen. 89 del 13 aprile 1973Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96.Filiale di Pordenone.

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzionedi qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza ilconsenso scritto della redazione, degli autori e deiproprietari del materiale iconografico.

Direzione, Redazione, Amministrazionetel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594

Internetwww.artugna.blogspot.com

[email protected]

Direttore responsabileRoberto Zambon · tel. 0434.654616

Per la redazioneVittorina Carlon

Impaginazione Vittorio Janna

Contributi fotograficiArchivio de l’Artugna, Serena Chiesa,Vittorio Janna, Rita Marson, Flavio Zambon,Massimo Zardo

Spedizione Francesca Fort

Ed inoltre hanno collaborato Francesca Janna, Espedito Zambon,Marta Zambon, Anna Burigana

StampaArti Grafiche Risma · Roveredo in Piano/Pn

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anno

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IX · a

gosto 2010

14 Nel tempo degli ultràdi Francesco Guazzoni

16 Disgustodi Alessandro Fontana

18 Un budoiese... nel palloneGianfranco Petrisdi Sante Ugo Janna

20 Le mie radicidi Alice Zardo

22 Gegia e Angelica due nonne straordinariedi Alessandro Carniel

24 Sòneto anciamò l’armonica?di Domenico Diana

26 RicordiLe sbrissade in tel rujal de la via San Tomèdi Pia Zambon Sclofa

27 Angolo della poesia

28 La vita delle apidi Serena Chiesa

30 ’n te la vetrina

31 La nostra storia colta dal suo obiettivo

32 Lasciano un grande vuoto...

34 Cronaca

38 Inno alla vita

41 I ne à scritBilancio

43 Programma religioso

In copertina. Vista parziale della piazza all’albadopo il recente restauro. In primo piano le incisionidei cognomi e dei soprannomi delle famigliestoriche dar da ghesi.

[foto di Vittorio Janna]

***Alla piazza è stata conferita la personalità deisuoi abitanti. Sulla sua pavimentazione lungo uncorridoio di 40 metri si identificano i vari nucleifamigliari.È una sorta di monumento orizzontale vivente,non una commemorazione a qualcosa didecaduto; un inno alla Gens Dardacensis, unacostante evocazione della nostra personalitàproprio nel centro della piazza – che con questaristrutturazione – si è riappropriata della sua di -men sione pedonale, per un incontro e scambiorelazionale anche con i nuovi abitanti.Un percorso ideale che si dispiega da ovestverso est: dall’area dove sorgeva il vecchio Balèr(recentemente abbattuto e sostituito da uno piùgiovane e vigoroso) fin verso il sagrato dellachiesa.È l’unione ideale di due poli identificativi, una‘strada’ che collega le origini sociali e civili delpaese (le radici dell’albero come linfa simbolicadell’esistenza) con quelle religiose e spirituali (ilrapporto con la trascendenza e la direzione sal -vifica dell’uomo) passando attraverso la vita e ino mi della sua gente.

Vittorio Janna e Flavio Zambon

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dopol’abbandono

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a percezione delletrasformazioni spontaneed’ambiente intervenute suiversanti prealpini del Friulioccidentale nell’ultimo mezzosecolo non risulta particolarmentediffusa tra i cittadini che visitanoquesti luoghi. Soprattutto trai giovani, con la evidenteeccezione di coloro che di questistessi temi si occupano perragioni di studio e di ricerca,la sensazione è quella di visitareun ambiente selvaticoperpetuatosi uguale a sé stessoda secoli. La realtà storica edunque l’origine della situazioneattuale sono invecenotevolmente diverse; nel sensoche i versanti che dal piede delrilievo s’innalzano fino allasommità dei crinali, ovvero finoad oltre mille metri sul livellodel mare, apparivano fortementeantropizzati almeno fino allametà del Novecento.Questo significa che il bosco ole boscaglie che spessocontendono superfici alle ultimearee prative, non esistevano o, seesistevano, presentavano

L’amministrazione comunale intendevalorizzare l’area che comprende

le località Cjastelat e Longiarethe,a monte di Dardago. Come illustrato

dettagliatamente dal prof. MorenoBaccichet nel numero 115, dicembre 2008,

del nostro periodico, sul Cjastelat sonostati ritrovati resti di una fortezza

altomedioevale di terra e legno, mentrein Longiarethe sono ancora visibili

i resti di un villaggio costituito da«aziende agricole» organizzate per masi af-

fiancati, risalenti al XV secolo. In una visita guidata, organizzata

per conoscere meglio queste zone,era presente il noto naturalista Michele

Zanetti, presidente dell’AssociazioneNaturalistica Sandonatese,

che – per i lettori de l’Artugna – ha stilatoquesto interessantissimo resoconto.

di Michele Zanetti

Dati d’osservazionenaturalistica e considerazioniin margine ad una escursione

sui versanti prealpinitra Budoia e Mezzomonte

struttura, composizione e densitàprofondamente diverse.Era il prato falciabile, sostituito allequote intermedie e superiori dalpra to-pascolo e dal pascolo, acostituire la dominante assolutadi un paesaggio e di un ambienteil cui processo di definizionepaesaggistica data ad epocheprotostoriche o storico-antiche.Questo stesso dato, puramenteindicativo, è del resto facilmenteverificabile osservandole vecchie foto di questi luoghidisperse nelle osterie di paese.Verso la fine dell’Ottocento o neiprimi decenni del Novecento,il patrimonio forestale erapraticamente azzerato daun’economia che si basava sullapratica agricola della colturacerealicola, sull’allevamentodomestico e sulla produzione dicarbone dolce.Nostro compito, in questacircostanza, non era dunquequello di analizzareesclusivamente il complessofenomeno storico dellacolonizzazione e dellatrasformazione antropica

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dell’ambiente, bensì di affiancarea tale dato una sempliceindagine cognitiva riguardantequanto accadutosuccessivamente. Rivolta, in altreparole, ai fenomeni che si sonoverificati negli ultimi cinquedecenni e con quali esiti.

***L’escursione, svoltasi tra Bu doiae Longiarezze e da questastessa località a Mez zo monte, èstata da questo punto di vistaassai interessante. L’ambienteo meglio «gli ambienti» forestalicontattati durante il percorsopresentano infatti fisionomiefloristiche diverse e lascianointuire come il processospontaneo di ricostruzione delbosco possa esserecondizionato indirettamente dallepregresse attività antropiche. È noto, ad esempio, che i suoliforestali dopo la rimozione dellacopertura boschiva e il relativovenir meno dell’azionepedogenetica del bosco stesso,tendono ad assottigliarsi.E che tale processo differiscein ragione della forma di

sfruttamento, essendo piùrapido se viene praticatal’agricoltura relativa a specieannuali (coltura di cereali, patate,ecc.) e meno rapida se vienepraticato lo sfruttamento dellacotica erbosa mediante sfalcio opascolo. In ogni caso, in capoad alcuni decenni,l’assottigliamento del suolo fertileimpedisce di fattoil reinsediamento del boscod’alto fusto. In altre parolela formazione della nuovacopertura vegetale successivaall’abbandono devenecessariamente svilupparsiattraverso la creazionedi «successioni ecologiche»molteplici e prolungate. Questestesse sono precedute da unaselezione delle specie erbaceeche formano il prato, conl’insediamento di specie di tipotermo xerofilo, ovvero tali datollerare condizioni di temperaturaelevata e di aridità prolungata. Si è avuto un indizio significativodi questo fenomeno spontaneodurante la visita alle radureprative prossime agli scavi del

Cjastelat. Nei prati esposti versola pianura e ormai assediati dalbosco è stata osservatala presenza di Citiso purpureo(Cha maecytisus purpureus) e diCalcatreppola ametistina(Eryn gium ametystinum), diBiscutella montanina (Biscutellalaevigata) e di Vedovelle dei prati(Glo bularia punctata), aconferma della presenza diun suolo sottile e arido e di unoscheletro roccioso affiorante.Il bosco, alla sommità del colle eintorno all’area degli scaviappare invece caratterizzatodalla presenza dominante dellaRoverella (Quercus pubescens),accompagnata da una notevolepresenza dell’Orniello (Fraxinusornus) nello strato intermedio enelle schiarite e dal Pungitopo

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(Ruscus aculeatus) nelsottobosco. L’esposizione e lanatura del suolo, in questo caso,hanno favorito la ricostruzionespontanea di un boscotermo-xerofilo intorno ad unaprobabile preesistenza di vecchiindividui policormici di Roverellaconservati e sfruttati perla produzione di legna da ardere.Affrontando successivamentela salita attraverso il versanteboscoso che s’inerpica versoLongiarezze, la composizione ela tipologia del bosco cambianosostanzialmente, anche sealcune componenti permangono.Una maggiore presenza d’acquanel suolo, probabileconseguenza di stratiimpermeabili poco profondi e diperiodici, limitati episodi diruscellamento superficiale,hanno determinato la formazionedi un bosco misto di Rovere(Quercus petraea) e Castagno(Castanea sativa), con presenzadi Carpino nero (Ostryacarpinifolia) e di Ornielloaccompagnati da un foltosottobosco di Ligustrello(Li gustrum vulgare), diSan gui nella (Cornus sanguinea),di Fran gola (Frangula alnus), diCa prifoglio (Loniceracaprifolium), di Edera (Hederahelix), di Bianco spino maggiore(Crataegus oxya can tha) e diRovo turchino (Ru bus ul mi folius).

La situazione della coperturavegetale comunque rivelafrequenti episodi di discontinuità,ulteriori conferme questi stessi diun pregresso e intensosfruttamento antropico. Lembidi prato arido, sparsi di arbusti diSorbo montano (Sorbus aria),Pero corvino (Amelanchierovalis), Rosa di macchia (Rosacanina) e Orniello, sono popolatimarginalmente da Citiso peloso(Chamaecytisus hirsutus),Lino delle fate piumoso (Stipapennata), Vedovelle celesti(Globularia cordifolia) e Poligalachiomata (Polygala comosa).L’antico insediamentodi Lon gia rezze, invece, appare

letteralmente occultato nelbosco. Un bosco dominato dallapresenza di vecchi alberipolicormici di Carpino nero(Ostrya carpinifolia) haletteralmente ricoperto i terrazzidi prato e avvolto in gallerieforestali ombreggiate e talvoltaun po’ tetre, le mulattierefiancheggiate da muschiosimuretti a secco di confine.Si tratta di un bosco severo emonotono, con strato intermediotalvolta assente e presenzalocalizzata, ma talvolta intensa diFalsa ortica maggiore (Lamiumorvala) e di Epimedio alpino(Epimedium alpinum) nelsottobosco erbaceo. Ma anche

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1. Vecchio albero di Roverella (Quercus pubescens) nei pressi del Cjastelat.

2. Ceppaia annosa di Carpino nero (Ostrya carpinifolia).

3. Bosco di Betulla (Betula alba).4. Prato arido con Lino delle fate piumoso

(Stipa pennata).5. Fiore di Peonia selvatica (Paeonia

officinalis).

con evidenti discontinuità in cuiprevale la singolare presenza diarbusti di Nocciolo (Corylusavellana) annosi e disposti inmodo quasi geometrico, arivelare, forse, vecchi impianticoltivati. Nei pressi dei ruderi liticidi capanne e stalle si nota quindila presenza di alberi legatiall’uomo; con annose piante diCiliegio (Prunus avium) e persinocon la presenza di un Moro(Morus nigra), mentre èsporadica, all’intorno, la presenzadella betulla (Betula alba).La sensazione percepita inquesto suggestivo luogodell’abbandono, con i residuimuri in sasso rivestiti di giardinidi piccole felci (Aspleniumtrichomanes), è quella dellacaducità delle opere e delleculture umane, coniugata conla forza del Sistema Naturale econ la sua capacità diricolonizzare, metabolizzare ecancellare gli ambienti dismessidall’uomo.Da Longiarezze l’escursioneprosegue attraverso altri habitatforestali, superando suggestiveformazioni pure di Betulla sparsedi delicate fioriture di Peoniaselvatica (Paeonia officinalis) e,ancora, boschi e boscaglietermofili in cui è il Bagolaro(Celtis australis) a caratterizzarela compagine floristica e in cui siosserva la rara presenza

dell’Orchide maschia (Orchismascula).Complessivamente un’esperienzadi notevole ricchezza culturale, incui aspetti propri dell’economiadell’uomo e dei fe nomeni che nehanno segnato i mutamenti negliultimi secoli, si coniugano conil dato meramente naturalistico.Ma anche e so prat tuttole relazioni che il visitatore attentopuò cogliere tra uomo e Natura,con una sorta di perenne, eternoconfronto-scontro, fattodi avanzate e di conquiste, dirimozioni e di modificheprofonde, alternate a ritirate e asconfitte rovinose. Il tutto vissutocome esperienza di formazione

e di arricchimento della capacitàdi lettura e interpretazione dellesituazioni d’am biente. Le stesseche l’uomo riesce, sempre,a rendere più complesse e piùinteressanti o forse,semplicemente più «misteriose»e indecifrabili. Il tutto vissuto nellapenombra umida di un boscosilente ma ricco di presenze edunque con la sensazione diessere sorvegliati dagli sguardidi fantasmi elusivi, di essere«testati» e riconosciuti da naricisensibili. Le frequenti impronte del Cervo(Cervus elaphus) e del Cinghiale(Sus scropha) hanno infattirivelato che i nuovi dominatori diquesti versanti sono proprioi loro abitanti ancestrali, cacciatie distrutti dal contadinodi montagna come concorrentipericolosi; ma tornati quasiper magia dopo un’assenzadegli umani durata lo spaziobrevissimo di appena mezzosecolo.

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L’ultima volta che ho attraversatol’Artugna, dalle parti di via Rivetta,l’ho fatto con un po’ dipreoccupazione, lo sguardofaticava a volgersi verso Castello,temevo l’apparire del deserto deitartari, di un paesaggiosahariano.Invece mi si è presentatoil consueto spettacolo: sassibianchi dove passa la montana,sassi grigi dove l’acqua nonarriva, fiori e piante di unaprimavera tardiva: l’Artugna eraancora là uguale a se stessa nelmutare del corso dell’acqua edelle stagioni. Non ho osato peròdirigermi a sud e mi sonoallontanato nei campi,chiedendomi quanto tempomanchi all’avanzaredell’escavazione fin quassù.Artugna addio?Forse. Se pensiamo a quello cheessa rappresenta per la nostramemoria è certamente unosfregio morale, la dimostrazioneche il denaro e le ragioni dellapolitica spesso (sempre) contanopiù dei sentimenti, ma questa èretorica, e i ricordi, in fin dei conti,

nessuno ce li può togliere.Quello che in parte ci è stato toltoe che è in pericolo è inveceun habitat unico nel suo genere,dal punto di vista paesaggisticoe floro-faunistico. L’ambientedell’Artugna, frutto di una lentaevoluzione, presenta infattiun microclima e una vegetazionepeculiari: a valle di San Tomè sisviluppa un ambienteparticolarmente secco, povero diessenze che ha consentitola crescita di arbusti di piccolataglia, di muschi, di licheni,di piante capaci di crescere inambienti estremi, sfruttandoal massimo la poca umidità elo scarso humus presenti.La fauna è caratterizzata dapiccoli roditori, rettili e insetti: sein Val de Croda, nelle zone piùumide, sono abbastanza comunile salamandre, lucertole (iserte)e ramarri (bissinborc) la fanno dapadroni tra i sassi e ai confini coni prati carbonath1 e lentis2 (biacco,di colore nero, e saettone, grigio:innocui colubri che possonoarrivare anche a più di un metrodi lunghezza) sono incontri

frequenti (tempo fa ho addiritturaassistito alla lotta tra un carbonate un bissinborc). Gli insetti sono gli stessi chesi incontrano nei prati circostanti,anche se meno numerosi, maspostando i sassi capita discoprire nidi di formiche nere digrandezza superiore alla media evari piccoli coleotteri, mentreinvece tipiche sono le cavallettegrigie, perfettamente mimetizzatetra i sassi, che a metà di un saltoaprono le ali azzurre cambiandodirezione al volo, disorientandoeventuali predatori. Mentre la Val de Croda e il corsosuperiore dell’Artugna sono giàstati ampiamente descritti(ad esempio nel libro «Il vallone diSan Tomè»), resta da raccontareil tratto che dall’inizio del rujal,poco sotto la sorgente deiAga roi, scende verso Castello.Lì il torrente allarga il suo corsoe la sua riva sinistra si ampliain pietraie grigie, punteggiate diciclamini, che si confondono congli sfasciumi della vecchia cava.Non è difficile in questa zonavedere una vipera scaldarsi

piccola oasi ecologica

di Massimo Zardo

Artugna

in pericolo

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al sole, mimetizzata tra i sassi oin agguato in attesa di una preda.Lungo il sentiero che affiancail corso si alternano ginepri dimedia e bassa taglia,particolarmente abbondantiall’altezza di Thengle, arbusti dipero corvino, acacie di piccolataglia e rare roverelle. Carpino eorniello sono meno presenti, perdiventare poi predominantiquando la riva si alza in direzionedel mulino di Bronte.Qui l’Artugna si infossa per poiallargarsi davanti alla rostaassumendo il tipico aspetto diampia distesa di sassi, tagliata inalto dal tubo rugginoso delvecchio rujal. Se la scarsitàd’acqua e la precarietà del corsorendono difficili le condizioni divita, questa rimane comunquericca di forme e di colori: fioriviola, bassi, su cuscinetti verdi dipiccole foglie ravvivano il grigiodei sassi, muschi verde chiaro simescolano a foglie e ricci secchi,a ciclamini, a fiori rosa simili apiccoli garofani, a gialle ginestre etalvolta a gigli arancioni. Lo slargodella rosta sotto al mulino èinvece rallegrato dal giallo dinumerose piante di topinambur.Subito a valle l’Artu gna si stringe,incrocia il ruj Ligont, ed èoccupata da arbusti di ventheèrsdi varia grandezza.Dovrei dire era, perché unrecente intervento di «pulizia «operato dal Magistrato alle acqueha disboscato completamentequesto tratto. Poco male, lepiante ricresceranno. Scendendoverso Dar dago, all’altezza delCiathentai, alle essenze selvatichesi mescolano quelle da giardino,frutto della contaminazione legataallo scarico dei rifiuti degli orti edei cortili: gialli fiori di zucca,arancioni gigli di serra, iris viola,ortensie, mentre diventanoabbondanti i ciclamini. Più in giùl’Artugna scorre tra due spondealte, incassata, vicina ai boschida un lato ed alle case dall’altro,e un po’ più ricca di umidità:

NOTE

1. Carbonat: Biacco – Hierophis Viri -diflavus.2. Lentis: Saettone – Elaphe Longissima

erbe, fiori, arbusti e alberi sonopiù rigogliosi, si diradano poipiano piano quando il torrente siallarga di nuovo, lasciando ampiefasce di sassi grigi ai lati delcorso della montana, aprendosiverso i prati a sinistra eaccostandosi ai Magreith adestra, quando si arriva all’altezzadi via Rivetta. In questa zona nonsono rari alberi di pesco e dinoce inselvatichiti. Il tratto che vada qui al ponte dellaPedemontana è il più ampio earido, era ricco di ciottoli e zonesabbiose, dove piccoli rigagnoliscorrevano con la pienadisegnando onde sulla sabbiacome in riva al mare, formandopiccoli stagni sabbiosi colonizzati,d’estate, dai girini. Oggiscendendo a valle si entra neldeserto, l’escavazione dellaghiaia ha spianato un ambienteunico, causando la perdita,ancora parziale, per fortuna,di un’oasi ecologica forse nonabbastanza conosciuta oconsiderata tale, di un’Artugnache non è solo crode e savalon.Adesso l’acqua della montana siperde in questo deserto, forseriuscirà a dare inizio ad un nuovohabitat altrettanto riccoe vario ma, probabilmente,come in una famosa canzone,noi non ci saremo.

Dall’alto al basso. L’Artugna e la sua montana.Un esemplare di giglio rosso o di San Giovanni.Tra i sassi: muschi, steli d’erbe e aree sabbiose.

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È sabato; non un sabato qualsia-si, ma il 15 maggio del 2010. Ilpullman ci aspetta, alle 8.00, co-me tante altre volte, in piazza aSanta Lucia. Ci salutiamo con ilsolito saluto del mattino che rie-voca il «dolce dormire» e partia-mo. Siamo quasi tutti, ma dob-biamo raccogliere qualche altrocomponente a Sacile, a Cor di -gnano ed anche a Vicenza! Perfortuna nessuna defezione del-l’ultimo momento. Ognuno di noiha lasciato a casa il «compagno»o la «compagna» (che magariquesta volta non ha voluto aggre-garsi pensando ad una trasfertatroppo «impegnativa»), i figli (otroppo piccoli per portarli in girooppure troppo grandi e già impe-

gnati), i genitori (non si sa se piùloro preoccupati per noi o più noiper loro) e le altre cose importantie «non» della vita.

Durante il viaggio, come sem-pre, si chiacchiera, si sgranoc-chia, si ride e si sonnecchia; main fondo in fondo, questa volta,tutti siamo molto concentrati egià pensiamo alla domenica sera.Già ci riteniamo soddisfatti peressere stati selezionati, ma alla fi-ne sappiamo che ciò non contapoi così tanto.

Siamo sicuri di esserci impe-gnati per poter fare bella figura,ma sappiamo anche che parteci-piamo per la prima volta ad unconcorso così importante; pen-siamo che vincere sarebbe il

di Roberto Cauz

Collis Chorussalto di qualità

massimo, ma abbiamo paura divolere troppo e non lo diciamomai a voce alta: esterniamo inve-ce la solita frase «beh, cerchiamodi dare il massimo e vada comevada!»

Naturalmente il più preoccu-pato è il nostro direttore RobertoDe Luca: lui in tale ruolo «rischia»più di tutti noi e si mette in giocoin prima persona. È l’allenatoredella «squadra» e se non si giocabene la colpa in primis è sua; sesi vince invece il merito è di tutti!

Quartiano è un concorso co-rale nazionale storico, giuntoquest’anno alla XXVIII edizione edè uno di quegli appuntamenticlas sici riconosciuti nel panoramacorale italiano.

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Sì, è stato un sogno quelladomenica a Quartiano; anzi pensoche sto vivendo un sogno dallontano ottobre 1987 quando, daun'idea di Fabrizio con i suoi amicidi sempre, è nato il «Collis Chorus»di Santa Lucia di Bu doia.Da anni si parlava di Quartianocome di un miraggio, di una metairragiungibile fino a quando settemesi fa, dopo aver vinto il primopremio al Festival Internazionaledi Stresa, è maturata la decisione dipartecipare al concorso nazionale.Già il fatto di esserci è stata per noiuna grande gratificazione, ma seripenso al momento dellaproclamazione ho provato una gioiaimmensa e indimenticabile ed horivisto tutto il mio percorso corale,costellato di tante soddisfazioni, maanche di tante difficoltà; hopensato, vedendo Ro berto cheritirava prima la «fascia oro» e poiil primo premio con la più altavotazione nella sezione gospel-spiritual, che rifarei tuttoil cammino, comprese le faticose«salite» che sono servite perriemergere dalle difficili situazioniche hanno caratterizzato la nostralunga storia. Sono sicuro chei segreti del nostro coro sonosempre stati l'entusiasmo, la grintala condivisione di valori comel'amicizia e l'impegno, nonchéil saper trasmettere emozioni alnostro pubblico. Quante volte aprove si è creata quella magia cheti fa andare «oltre» e ti fa capire cheormai cantare è diventato unbisogno della tua anima perché lamusica ti fa vivere, ma soprattuttocontinuare a vivere. Roberto ha giàtracciato la strada del «Collis».Lunga. Basta seguirlo.

BRUNO

***La grande lezione che questoconcorso ci lascia è che il lavoro eil sacrificio alla fine portano preziosifrutti! Inutile dire che la vittoriaci renda enormemente felici ma, aben guardare, il premio più grandeche Quartiano ci consegna èrappresentato dall’elevatopunteggio conseguito e dalle paroledette dalla giuria durante l’incontroavvenuto al termine delleesecuzioni. Il primato è, alla fin fine, un fattorelativo (avremmo potuto trovareun coro più bravo di noi e finiresecondi!), ma il punteggioassegnatoci e il parere della giuria

sono invece qualcosa di assolutoche nessuno può metter indiscussione!E da questo dobbiamo ripartire,dalla «giusta strada» intrapresa pervivere nuove emozioni e continuarequesto cammino di crescita siacome musicisti che, soprattutto,come persone!Perché, attraverso la musica, sipossano assaporare sempre piùspesso quegli attimi di magia chesolo un’esperienza comunitaria,com’è di fatto la vita corale, puòfar vivere così intensamentee amplificare in maniera sublime.

ROBERTO D.L.

***

La vera forza del gruppo?La serenità, l’armonia, un direttorespeciale e obiettivi condivisi.Con questa semplice ricetta è statopossibile raggiungere questorisultato facendo risuonare lontanoda casa e con orgoglio ancheil nome del nostro piccolo paese.

RENATO

***

A mio avviso l’essere risultatiil miglior coro gospel harappresentato il coronamento diun lungo e sistematico percorso distudio, teso alla ricerca di unsempre migliore perfezionamentovocale ed interpretativo.

ANTONELLA

***

Stupita per il piacere di essercicon la consapevolezza della propriapassione che si è tradotta inun’emozione a dir poco fantastica.

MARINELLA

***

Grande è stata la soddisfazione eforti le emozioni che ci hanno coltoper il primo posto ottenuto nellasezione go spel/spiritual. Dopo il diploma di merito diCorovivo a Trieste, la realizzazionedel nostro secondo Cd «Let’s Go...Spel!», il primo posto al Festival diStresa ecco centrato anche il primoposto al concorso di Quartiano.Questi successi hanno aumentatoin noi la consapevolezza nei nostrimezzi, ed ora con la stessadeterminazione vogliamo «lavorare»per raggiungere nuovi traguardi.

FRANCESCO

La giuria è composta di musi-cisti esperti della coralità (Ro ber -to Beccarla, Flavio Bec chis, Ar -mando Franceschini e Ma riaLui sa Sanchez Carbone) ed èpresieduta dal noto maestro Gio -vanni Acciai, già direttore del coroda camera e del coro sinfonicodella RAI.

Da anni il concorso, dedicatoal compositore lodigiano Fran chi -no Gaffurio, seleziona con rigorequanti richiedono di partecipare epremia i cori che si distinguonoper le loro capacità interpretativee vocali.

In genere non è mai facile con-frontarsi e farsi giudicare, masen tiamo di essere pronti per far-lo e siamo convinti delle nostrepossibilità. Poi la fortuna, si sa,aiuta gli audaci e… sappiamo co-me è andata a finire!

Grazie a tutti, grazie Roberto.

em

ozi

oni...

Il gruppo corale durante l’esibizione aQuartiano e nel momento della premiazione.

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di Francesco Guazzoni

nel tempo degli ultràLa passione per i videogiochi, unosguardo crudo e realista su un ar-gomento scottante, la volontà diinfrangere i tabù. Questi sono ipresupposti, apparentemente nonomogenei, che hanno indotto il«dardaghese» Fabio Bastianello

suo primo docufilm presentato apartire da aprile nelle sale italiane.

«Il mio intento – spiega il tren-tottenne regista – è semplicemen-te quello di riportare fedelmentequanto accade nelle curve deglistadi italiani, raccontando di una

(nato a Milano) a raccontare la cro-naca di una partita di calcio vissutadal punto di vista degli ultrà.

Presupposti che, unitamenteall’originalità di due tecniche filmi-che (una costante visione in «sog-gettiva» proprio come in alcuni vi-deogame, ed un unico «pianose quenza» di 105 minuti), si sonoconcretizzati in Secondo tempo, il

giornata tipo che si trasforma in unevento eccezionale. Per raggiun-gere questo obiettivo ho frequen-tato per diversi mesi gli stadi e misono avvalso della consulenza diveri ultrà».

La macchina da presa è entra-ta dunque per la prima volta nellacontroversa curva calcistica ed ilsuo occhio è diventato quello di

Il regista‘dardaghese’FabioBastianelloe il suo filmsulla violenzanegli stadi...

In alto. Fabio Bastianello ‘dirige’ gli attori ele comparse nella curva ‘granata’.

Sopra. Luca Coassin in una pausadella lavorazione.

A fianco. Andrea Appi e Ramiro Besaimpegnati in una scena del film.

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un poliziotto infiltrato che immor-tala, senza censure visive, la vio-lenza scatenata dai tifosi tra di loroe contro le forze dell’ordine.

Il film ha la durata esatta di unapartita di calcio, compreso l’inter-vallo, ma lo sport è assolutamentemarginale nella narrazione com-parendo solo un paio di volte al-l’interno di un piccolo monitor.L’attenzione è infatti tutta suglispalti, sulle vite che si intrecciano,sulle dinamiche che muovonopersone comuni durante la setti-mana a scatenare la loro aggressi-vità la domenica.

L’intenzione filmica, supportatadalla tecnica di ripresa, è quella diimmedesimarsi in prima personanelle vicende narrate, di vivere co-me reale (spesso con accenti ec-cessivi di crudezza linguistica) l’e-sperienza dei protagonisti masenza prese di posizione e giudiziin merito.

Qualche critico vi ha intravistol’espres sione moderna del Neo -realismo italiano, ma seppur ispi-randosi idealmente a quell’epoca,a De Sica e a Rossellini, il regista

rettisti e oltre 100 veri ultrà…».Tra gli attori comici coinvolti

(scelti dal regista per la loro capa-cità di improvvisazione) ci sono ivolti di altri due personaggi del no-stro territorio, quelli del cordeno-nese Andrea Appi e di RamiroBesa originario di Santa Lucia,meglio conosciuti come i «Papu»,che si sono prestati per una parte-cipazione seria e, per certi versi, ri-schiosa: «La violenza messa inscena nella curva – spiega Besa –era talmente realistica che moltiattori hanno riportato fratture econtusioni. Noi ce la siamo cavatacon qualche livido perché, per for-tuna, eravamo nelle retrovie degliscontri».

Il ruolo di direttore della foto-grafia è stato affidato al budoieseLuca Coassin, già conosciuto peril suo talento professionale in am-bito cinematografico nazionale edinternazionale.

Fabio Bastianello invece, dopouna formazione artistica all’Istitutod’Arte di Cordenons, è stato allie-vo cinematografico della scuolaIpotesi Cinema di Ermanno Olmi a

ha sviluppato un’impronta del tut-to personale supportata dalle tec-nologie attuali.

«Abbiamo girato il 7 luglio 2009all’Olimpico di Torino – continuaBastianello – dopo due mesi diprove in studio e qualche giornonella curva: lo stadio è vero, le di-vise dei poliziotti sono vere. Ci so-no circa 30 attori quasi tutti caba-

Bassano del Grappa e ha lavoratonel settore dei videoclip musicali,nell’animazione tridimensionale ein quello pubblicitario con impor-tanti collaborazioni con la Swatche la Coca Cola.

Un’ultima curiosità che «parlanostrano» è il nome della societàdi produzione milanese, fondatadal regista: la Thisa srl, sopranno-

La formazione ‘tecnica’ scesa in campoper la realizzazione del film.

In alto. Fabio Bastianello con DavideDe Marinis autore della colonna sonora.

me di un ramo dei Bastianello,quasi un tributo di continuità alleproprie radici dardaghesi che po-tranno rivivere così e farsi cono-scere lontano dal paese, anche inun secondo tempo.

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Poco prima della curva a destraad angolo retto ho acceleratoper staccarmelo dalla coda e, percontinuare a osservarlo, non misono accorto di quella spaventosabuca: una voragine pienadell’acqua piovuta di notte,piazzata lì, proprio al limitedell’asfalto. Ci sono caduto dentro,violentemente, con l’anterioredestra che si è rifiutata di resistereed è scoppiata con un rumoreacuto, lancinante. Ho sentito l’auto che sembravaandasse balzelloni e lo sterzo chemi tirava fuori bordo della strada.Ho individuato l’entrata sterrata eben tenuta di un vialetto e mi cisono fermato a valutare i danni.Con la coda dell’occhio ho vistoil mio persecutore che se neandava e con un braccio alzato gliho augurato...Un’orribile maniera di iniziarela giornata! Ora dovevo cambiarela ruota e ho sperimentato a miespese quanto sia pesante unaruota di scorta da cambiare ininverno con le mani subito gelateappena fuori dall’abitacolo. Anche sollevare l’auto con il ‘cric’è stata una faticata perché nonera perfettamente in piano e sec’è una cosa che odio è quella distare accosciato o inginocchiato a

lungo. I muscoli delle mie gambesi ribellano, gemono, soffrono edopo pochi secondi devo ritornarein verticale sennò finisco steso aterra. Che ci posso fare! Sonostato fatto così.La ruota di scorta era là nel buiodel bagagliaio da ben quattro annie pur essendo perfino bella perla sua pulizia e per quell’intattobattistrada ciononostante eramezzo sgonfia. Chi è che siricorda di avere una ruota nelproprio portabagagli?Ma nessuno! È naturale! E la ruotasoffre della nostra disattenzione: almomento in cui serve si vendica e,forse, si sgonfia da sola perfarcela pagare. Poi la vera tortura:togliere il copriruota, svitare eriavvitare i bulloni e rimettere nelbagagliaio la ruota vecchia, ferita,con uno sbrego di quindicicentimetri.Come Dio ha voluto, dopo ventiminuti ero di nuovo in carreggiatama con l’assillo di una semprepossibile foratura soprattutto perquella ruota floscia.Che fare adesso? Semplicedecisione senza alternative:andare di corsa – no! andarcipiano piano – dal gommista chemi ha ipotecato per la vita:gomme estive e gomme invernalida sostituire, ribilanciare,

chi non sono capitate giornateaddirittura ignobili? Non credo chenessuno sia o sia stato esente daquello sfogo di rabbia che gli hafatto dire: «ma perché non me nesono stato a letto oggi per tuttoil giorno? Non mi sarebbe andatacerto peggio di com’è andatacostringendomi a uscire dal lettoalle sette per lavarmi, vestirmi, unpo’ di colazione e via per la strada,a piedi o in macchina a cercarequal cosa o qualcuno!» Ieri ad esempio sono uscito inmacchina: faceva troppo freddoper andare a piedi e la luce grigiae annuvolata non favoriva certoquella sortita. Ma bisogna uscire,mi sono ricordato, con qualsiasitempo! Non lasciarsi prenderedalla pigrizia! Ma chi l’ha detto?Il salutista di turno? Sarebbe statosplendido rimanere al caldo nellamia cuccia e invece mi sonoinfilato nella scatoletta di ferrocon ruote. Guidavo lentamente già da un po’quando in un breve rettilineoun tizio mi si è incollato al paraurtiper spingermi ad accelerarel’andatura: un vero idiotamattutino, pericoloso per sé eper gli altri. Temendo untamponamento non riuscivo aguidare senza guardare nelretrovisore ogni due secondi.

di Alessandro Fontana

Disgusto...

A

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le parole utili per lamentarsi deltrasportatore che aveva scaricatomale le gomme o del povero neroche non aveva avvitato bene unbullone o dell’ufficio IVA che noncapiva un…Insomma: disgustoso. C’è anche un corollario: negliinterminabili minuti trascorsi inquella prigionia uno dei poveriaiutanti neri è entrato per riferirenon so che. Sorpresa! Anche luiparlava come il padrone ma piùconciso e scarso di aggettivi! Equesto grazie all’addestramentoricevuto dal datore di lavoro,prodotto deteriore della civiltàgreco-latina-cristiana-rinascimentale-repubblicana.Domanda; l’officina diun gom mista, si può definire unluogo pubblico?Nei luoghi pubblici si puòbestemmiare? Bestemmia eturpiloquio sono da considerarerisibile colore locale oppure uncattivo vezzo (stavo dicendo:una mala pianta!) da estirpare?Ricordo una di quelle targhetterettangolari, bombate, ceramizzatee scritte in nero corsivo maiuscolo.Erano applicate bene in vista inmoltissimi negozi ed esercizipubblici e dicevano:l’uomo civile non bestemmia enon sputa in terra.Il ricordo risale ad almenoquaranta anni fa; poi sono sparite.Oggi si ritrovano talvolta suibanchetti dei rigattieri, comeoggetti di antiquariato.È giusto: l’uomo oggi è così civileda non avere bisogno di similiammonimenti; o no?Io credo di no e a costo di esserestantio avrei qualchesuggerimento: lo darei proprio conil ripristino delle onorabili targhetteda applicare dove necessario.Ad esempio, incollerei questatarghetta sui marciapiedi, suisagrati delle chiese, sulle scale esui pavimenti delle scuole e deicinema e perfino nelle strade:La persona civile non sputale ‘chewing gum’: le tiene in unpezzetto di carta.Ancora per esempio ne applichereiun’altra nei bar, nei gabinetti delle

scuole e nelle aule, all’ingresso deicinema, in casa, sul cruscottodelle auto e sui volanti dei motorinie pare che ce ne sia un granbisogno addirittura in parlamento:La persona intelligente non sidroga perché non ne ha bisogno.Me ne viene adesso una nuova:La persona furba viaggia, legge,parla, ascolta e aiuta.Ma come si finanzia questapersona furba? Semplicementecapendo la prossima targhetta cheognuno si applica dove vuole:la persona furba usa i soldi chenon spende per la droga, per lachewing gum, per la birra e perle sigarette e con quelli viaggia,compra libri e musica, adottaun orfano, sta in compagnia, tienepulito il mondo e così cambia inmeglio se stesso, chi amae chiun que gli sia vicino.

controllare la convergenza: duevolte all’anno, ogni benedettoanno! E poi ho le mani sporche epuzzolenti di olio e di gomma.Dopo mezz’ora di guida attenta elenta arrivo dal mio salvatore; glispiego l’accaduto nel suo ufficio econ soltanto una bestemmia edue o tre parolacce, mi indicaun salottino/ sgabbiotto conpoltroncine e qualche giornale suun tavolino basso. Prima di sedermi riesco ad andarein una toilette sorprendentementepulita a lavarmi le mani. Torno nelmio gabbiotto da cui vedo e sentoil capo gommista che entra edesce per assistere, telefonare, farefatture, lavorare e guidare i suoiquattro operai: tre neri e unbianco. Sono appena le dieci delmattino ma il nostro capogommista è già inferocito controuna serie innumerevole diindividui, di società fornitrici e diistituzioni. Ogni entrata e uscitadall’ufficio è accompagnata dauna sbattuta di porta edall’accurata bestemmia semprenuova. La mia attesa è stata soltantodi quaranta minuti d’orologio mapenso ancora di esserci rimastodelle ore. Il tempo non passavamai. Ero talmente stupefatto daquella oscena continuità verbaleche mi sono messo a contarle(ecco a cosa si è costretti quandonon si ha da fare e si è prigionierinello sgabbiotto di un gommista!).Ogni frase di circa quin dici paroleincludeva almeno tre bestemmiecomplete di soggetto e aggettivoil che riduce a nove (mediamente)

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Primissimi anni ’60, trasmissione ra-diofonica, Tutto il calcio minuto per mi-nuto, dai vari stadi, ci giungevano leformazioni delle squadre: Co munale diFirenze, Alber tosi; Robotti, Castelletti;Gon fiantini, Orzan, Rim baldo; Hamrin,Micheli, Da Costa, Milan, Petris.

Anche se non tifavi Fiorentina, tiinorgoglivi pensando che un «budoie-se» giocava in serie A e pregustavi ilmomento in cui, al bar, avresti detto: èdel mio paese. Certo perché Gian -franco Petris, per sei anni ala sinistradella Fiorentina, è nato a Budoia il30.08.1936. Il cognome non è tipicodel nostro Comune, bensì carnico, matant’è, il padre, impiegato in quegl’an-ni alle Regie Po ste, aveva trasferito aBudoia anche la famiglia e qui avven-ne il lieto evento. Come scriveva

Gioan nbre rafucarlo (Gianni Brera), ladea Eupalla, divinità benevola che as-siste pazientemente alle goffe scarpo-nerie dei bipedi, aveva posato i suoiocchi sul nostro piccolo comune.

Petris calcisticamente nasce nellaCordi gnanese (Tv) e di questa sua mi-litanza fa fede una figurina dove vieneappunto citata questa squadra; da quipassa al Tre viso nelle stagioni 1954-55 (serie B) e 1955-56 (serie C) gio-cando 40 partite e segnando 11 reti.

Con la stagione calcistica 1956-57gioca per la Triestina, qui esordisce inserie A il 30.09.1956 (ha 20 anni e unmese) nell’incontro Pa dova-Triestinaterminata 1-1, gioca in quella stagione31 partite e realizza 5 goal; purtroppoquell’anno gli alabardati retrocedono inserie B arrivando al 17° posto in classi-fica con 29 punti (quell’anno, per la pri-ma volta nella storia, la Triestina retro-cede in B). L’anno seguente 1957-58fu una stupenda annata calcistica: laTriestina si classifica al primo posto edè nuovamente in serie A. Il nostro con-tribuisce alla vittoria finale con 18 retiin 32 partite disputate; quell’anno, lasquadra ros so-alabardata riuscì an-che a lanciarlo in nazionale dovePetris esordì appunto nel 1958 purmilitando in serie B (è stato il primogiocatore di serie B a giocare inNazionale, allo stato attuale è anchel’ultimo calciatore della Trie sti na adaver giocato nella Nazionale maggiorecollezionando 4 presenze ed 1 goal).Ancora adesso curiosando in Internet,in un forum del Centro di coordina-mento dei tifosi della Triestina, si può

leggere: «...Petris e Milani se gavevapiaza’ al secondo e terzo posto nelaclassifica dei marcadori in quel ma -gico campionato con 18 e 17 goal ri-spettivamente: Biagioli del Marzotto ligaveva pipadi nel’ultima giornada,con19 goal! Co pensemo che oltre aMilani e Petris la squadra gaveva si-gnori zogadori come Mazzero eOlivieri che segnava anche lori beigol... Senza dubio: co noi no saremopiù, sta compagine sarà ancora ricor-dada e rimpianta come una dele piugrandi Triestine de tuti i tempi...Bandini, Belloni, Ca sta no, Peta gna,Varljen, Rimbaldo, Szo ke, Mazzero,Milani, Olivieri, Petris...»

Sempre nell’anno 1958 Petris giocanel Torino (prestito della Trie stina) perpartecipare alla rinata Cop pa Italia, fa ilsuo esordio in granata l’8.6.1958 in To -ri no-Biel lese 1-1; con la maglia delToro disputa 6 gare segnando 8 reti.

In quell’anno viene acquistato dallaFiorentina, con la maglia viola esordi-sce, in una partita di Coppa Italia, il7.9.1958 (Fiorentina-Pa dova 2-1). AFirenze disputa i campionati dal 1958-59 fino al 1963-64 compreso, com-plessivamente colleziona 166 presen-ze andando a segno 43 volte.

Con la Fiorentina, vince nel 1960-61 la Coppa Italia e la Coppa delleCoppe.

Come primati individuali, Petris è:l’autore della prima rete italiana inCoppa delle Coppe, avendo segnatocon la Fiorentina la rete di apertura nel-la vittoriosa trasferta per 3-0 colLucerna il 23.11.1960, sfida di andata

un budoiese... nel palloneGianfranco Petris

Da sinistra: Franco Burigana, Corrado Varnier,Gianfranco Petris e Giorgio Lacchin.[per gentile concessione di Luigi Lacchin Bofwww-lacchin.it/luigi_lacchin.asp «io li ho conosciuti»].

I BUDOIESI TIFAVANO

PER LA FIORENTINA:

TRA I VIOLA

C’ERA GIANFRANCO.

di Sante Ugo Janna

Fiorentina 1959-60 (da sinistra): gli attaccanti Hamrin, Gratton, Lojacono, Montuori e Petris.

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del primo turno della prima edizione;l’unico calciatore ad essersi aggiudica-to la classifica cannonieri di CoppaItalia per due stagioni consecutive(1959-60; 1960-61), con 4 reti.

Gianfranco Petris, dai tifosi viola,veniva curiosamente soprannominato«fascione», forse per essere un’alatornante, cioè quel gio catore destina-to a correre in avanti e indietro, ma an-che dotato di un grande senso dellaposizione, capace di trovarsi sempredove i compagni lo avrebbero cercatoe dove gli avversari non avreb bero vo-luto che fosse.

In un quaderno, ritrovato recente-mente a Bu da pest (8.5.2010), NandorHidegkuti, mitico giocatore del l’Un -ghe ria, ed allenatore in quegl’anni del-la squa dra viola, ha lasciato alcuni giu-dizi sui suoi giocatori, alla voce«Gian franco Petris: esterno sinistro.Ha buon fisico, veloce, duro, calciabene ed ha una buona testa. Può gio-

23.11.1958. Fiorentina-Bologna (derby dell’Appennino). Per iviola siede in panchina il tecnico ungherese Lajos Czeizler,amante del calcio offensivo che schiera la seguente formazione:Sarti; Robotti, Castelletti; Chiappella, Cervato, Orzan; Hamrin,Lojacono, Montuori, Segato, Petris. Nel Bologna quel giornogiocano fra gli altri: Pavinato, Fogli, Pascutti, Fascetti, Maschioe Pivatelli. I viola partono all’attacco: 8 minuti e Montuorirealizza, non passano che sessanta secondi e Francisco RamonLojacono raddoppia. Sembra facile ma non è così. All’un -dicesimo accorcia le distanze Pivatelli che si ripete un minutodopo, dal dischetto di rigore. Al 15’ del p.t. su calcio di rigoreCervato riporta in vantaggio i viola e tre minuti più tardi l’alasinistra Gianfranco Petris segna la rete del 4-2. Sei reti realizzatein dieci minuti. Se non è un record in serie A poco ci manca.Nella ripresa Pivatelli al 9’ accorcia nuovamente le distanze, al15’ Kurt Hamrin realizza la rete del 5-3 ed al 28’ la seconda retedi Lojacono chiude definitivamente la partita. La Fiorentina siaggiudica il derby dell’Appennino per 6-3. Scusate ma questo ècalcio vero, quasi stellare.

8.1.1961. Fiorentina-Inter, arbitro Concetto Lo Bello (ritrattocolorito del giornalista Montanelli «...entrava in campo col passodel proprietario che perlustrava il proprio podere»). Siamo sull’1-0 per la Fiorentina, al 29° del secondo tempo il fattaccio: Petris,nella propria area di rigore da una lieve spinta a Jair, similiepisodi quasi mai sono sanzionati, ma Lo Bello non è di questoavviso e accorda all’Inter il calcio di rigore. Il pubblico tuona«duce, duce» all’indirizzo dell’arbitro e lo svedese Lindskogtrasforma il penalty. Il nervosismo dilaga fra i giocatori, so -prattutto Petris è su di giri, qualche minuto dopo, dà una nuovaspinta ad un giocatore nerazzurro in area e in tono sferzantedomanda a Lo Bello «È rigore anche questo?» la risposta èaltrettanto sferzante: «Come hai fatto ad indovinare? Non solo èrigore, ma tu hai giocato abbastanza e adesso te ne puoiandare». Espulsione diretta. Il Comunale di Firenze è una pol -veriera... Lindskog si avvicina al dischetto e calcia fuori il

Presenze in campo N. RETI

Nazionale 4 1

Serie A 198 49

Serie B 63 23

Serie C 32 8

Coppa delle Coppe 14 2

Coppa EuropaCentrale (Mitropa Cup) 7 –

Coppa Italia 25 20

Partite ufficiali 343; Reti realizzate 103

care incredibilmente bene, ma anchemolto peggio. Non ha la mente per ilgioco».

Nell’anno 1964 Petris viene cedu-to alla Lazio per la quale esordisce il6.9.1964 (Trani-Lazio 0-3). Disputauna sola stagione in maglia bianco-celeste. Il giocatore purtroppo nonrende come ci si aspettava e scendein campo appena 11 volte, mettendoa segno un solo goal con un tiro raso-terra da fuori area al 90’, che regala lavittoria ai laziali il 22.11.1964 contro ilCagliari.

Ultimo incontro con la Lazio il24.4.1965 (Torino-Lazio 2-0) In quelcampionato, nella rosa della Lazio gio-cavano, fra gli altri, Can Bartu, PaoloCa rosi, Eugenio Fascetti, Nello Go ver -nato, Antonio Renna.

Il nostro Gianfranco Petris chiudela carriera nel Trani (serie B) campio-nato 1965-66 giocando 23 partite esegnando 2 reti.

Aneddoti fiorentinipallone. Qui le versioni sull’errore sono discordanti: a) il gio ca -tore nerazzurro commise un semplice errore; b) il gio ca toresbagliò volontariamente su consiglio dell’allenatore HelenioHer re ra per stemperare gli animi bollenti.Piu facile la prima ipotesi, nessun giocatore sbaglia di propositoun rigore che potrebbe dare la vittoria alla propria squadra.Comunque la partita terminò 1-1 e Lo Bello assediato negli spo -gliatoi, nell’unico caso della sua lunga carriera, lascio lo stadiodopo molte ore.

2.4.1961. Ricordo per Roberto Rosato, recentemente scom -parso, quel giorno Rosato aveva 17 anni, sette mesi e sedicigiorni, debuttò in serie A: Fiorentina- Torino. Il Toro schierò: Vieri,Rosato, Buzzacchera, Bearzot, Lancioni, Cella, Danova, Lo ca -telli, Tomeazzi, Ferrini, Crippa. I viola opposero: Albertosi, Orzan,Robotti, Rimbaldo, Gonfiantini, Mazzanti, Hamrin, Da Costa,Antoninho, Benaglia, Petris. Il compito di Rosato era franco -bollare Petris. Partita tirata che si sbloccò al 24’ del secondotempo, grazie ad un goal dell’italo-argentino Locatelli, i granataebbero giusto il tempo di gustarsi lo 0 a 1, che cinque minutidopo Petris fissò il risultato sul definitivo pareggio; comunque«Tuttosport» immortalò la prestazione del numero due granataaddirittura «nell’occhiello» controtitolando «felicissimo esordiodi Rosato».

2.2.1964. Bergamo, piove piano mentre la Fiorentina attaccaforte, scambio Hamrin-De Sisti-Hamrin, controllo impeccabile erasoterra secco, goal: nessun segno di esultanza. Pizzaballa,portiere orobico gli si avvicina e gli porge la mano, Kurt lastringe, poi sembra quasi chiedere scusa. A tutto questo c’è unaragione, addirittura semplicissima: quello è il goal del 7-1 per igigliati, il quinto per Kurt Hamrin. (Atalanta-Fiorentina: 1-7) Mar -catori: 10’, 17’, 25’ Hamrin, 50’ Pirovano, 66’ e 75’ Hamrin, 78’Petris, 88’ Domenghini (A). Quella domenica, a Bergamo,l’attacco viola era schierato con Hamrin, Canella, Petris, Be -naglia e Can Bartu.

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in da piccola sono stata abituataa trascorrere le mie vacanze aDardago, nella casa dei miei nonnipaterni, senza contare che sono sta-ta battezzata proprio nella chiesa delpaese, nonostante io sia nata aVenezia, dove attualmente abito.

Mio papà mi ha da sempre inse-gnato ed abituato ad apprezzare lanatura, le montagne e la vita lontanadalla confusione cittadina e giàquando ero piccola amavo moltissi-mo trascorrere le mie giornate in lun-ghe passeggiate lungo l’Artugna onei boschi: in un mondo come quel-lo odierno, dove si è sempre di fret-ta, in mezzo al traffico, ci si è dimen-ticati di quanto sia importantefermarsi a godere della vista di unbel panorama o quanto sia piacevo-le e anche importante imparare a vi-vere a contatto con la natura.

Nel corso degli anni, passando aDardago tutte le vacanze, estate einverno, e molti fine settimana, si eracreata una bella compagnia di amici,nella quale ero l’unica «forestiera»:con loro ho vissuto momenti moltobelli, avevo intanto smesso di segui-re mamma e papà nelle passeggiateperché, come si sa, crescendo gli in-teressi cambiano e si preferiscestaccarsi un pó dai propri genitori evivere nuove esperienze con i coeta-nei. Il fatto che io crescessi quindi,ha fatto sì che Dardago si legasse a

me anche per altri motivi, ugualmen-te speciali, perché condivisi con glistessi amici ogni anno. Ricordo cheall’inizio, quando quasi nessuno ave-va un mezzo di trasporto diversodalla bicicletta, il nostro punto di ri-trovo era il muretto de la glesia e lenostre giornate passavano tra chiac-chierate, gelati «dal Nino» e bagninell’Artu gna per salvarsi dal caldodell’estate.

Non voglio però trascurare lagrande importanza che hanno qui lecosì dette (da me) «rimpatriate» traparenti (che sono davvero tanti!) chesi tengono in occasione delle feste: aFerragosto l’appuntamento era inpiazza dopo la messa, per un aperi-tivo, e poi grigliata in qualche cortile,a Natale invece era consuetudine ilgiro dei parenti per gli auguri, in altreoccasioni una cena tutti insiemesemplicemente a festeggiare il fattodi essere tutti lì riuniti, almeno unavolta all’anno.

Tutti questi aspetti hanno contri-buito a far crescere in me un bellissi-mo bagaglio di emozioni, ricordi esentimenti, incorniciato dalla bellez-za del posto, delle sue montagne edei loro colori.

Adesso che col passare degli an-ni la mia vita si è fatta più impegnataqui a Venezia, tra lo studio e tante al-tre cose, a volte provo nostalgia perquegli anni in cui ero più piccola,

avevo meno pensieri e ogni anno ri-trovavo lassù la mia compagnia ed èper tutto questo che mi risulta diffici-le trovare le parole giuste per descri-vere il posto speciale che questopaese occupa nel mio cuore. Quelloche vorrei fare con questo breve te-sto è trasmettere anche a voi le mieemozioni, senza voler raccontarequalcosa di preciso, o voler cercareparole difficili, ma semplicemente se-guendo quello che mi viene dal cuo-re. È difficile, e molti, sono sicura,condivideranno la mia idea, nonsentirsi legati a Dardago: chi perchéci è nato, chi perché ci è venuto a vi-vere, chi perché si è sposato nellacaratteristica chiesetta di San Tomè,o chi ci trova sempre un amico o unparente da visitare dopo tanto tem-po. E sono anche sicura che molti,come me, si siano sentiti toccati dalfatto che dalla piazza del paese siastato tolto il vecchio Balèr, perché,nonostante gli anni passino, i luoghie le cose restano fissi nel tempo e,che si tratti di un edificio, di una piaz-za o semplicemente, come in que-sto caso, di un albero, restano fissianche nell’immaginario di tutti noi,che li abbiamo resi testimoni dellanostra vita.

È come se gli oggetti si impre-gnassero di ricordi, come fa unaspugna con l’acqua, restandone itestimoni silenziosi, finché quella

le mie radici

GIÀ DA PICCOLA

AMAVO MOLTISSIMO TRASCORRERE

LE MIE GIORNATE

IN LUNGHE PASSEGGIATE

LUNGO L’ARTUGNA...

‘’

F

di Alice Zardo

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spugna non viene strizzata, e allora iricordi si spandono e ritornano allanostra memoria e al nostro cuore,facendo nascere in noi la nostalgiadei tempi passati.

Una cosa che mi sento di condi-videre con altre persone è che ho eavrò sempre il desiderio, la voglia dicontinuare la tradizione della rimpa-triata tra parenti a Ferragosto, delcunicio in tecia con una bella tavola-ta di amici o delle passeggiate lungol’Artu gna: nonostante moltissimidardaghesi abbiano costruito finorala propria vita in un’altra città, o addi-rittura in un altro stato, la loro capa-cità di trasmettere ai propri figli lapassione per il paese natale e la suacultura, come ha fatto mio padrecon me, ha mantenuto ben teso il filoche ci lega all’Artu gna, a San Tomè,a Dardago.

Ho persino saputo di molte per-sone che, nate in altri paesi, perchéla loro famiglia si era trasferita in cer-ca di una vita migliore, desideranovedere Dardago e si sentono di ap-partenervi solo grazie all’intensa te-stimonianza che i loro genitori hannotrasmesso: quello che io credo infat-ti, e le lettere che arrivano a questogiornale ne sono la testimonianza, èche Dardago abbia, come forse po-chi altri paesi della Pe de montana, lamagia di restare dentro al nostrocuore.

Il pianoro della chiesettadi San Tomè.

A destra. L’acqua del rujalin prossimità del Mulin de Bronte.

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La fotografia accanto, scattata nel1903, fu subito spedita a chil’aveva richiesta, ad AlessandroCar niel, minatore in Germania,che desiderava tenersi vicinoalmeno in immagine moglie, figli emadre. Alessandro era mio nonno edecco lì, in piedi, nonna TeresaPilot, ecco seduta mia bisnonnaAn gelica Panizzutti, di Budoia,ecco zio Giuseppe, zia Angelina e,

Maddalenan. 16.07.1778 · Budoia

Agostinon. 10.04.1782 · Budoiasposa Cattarina Janna

Vincenzon. 25.06.1785 · Budoia

Giacomon. 25.04.1790 · Budoia

Giuseppesposa

Giacoma Del Soldà

Agostino Panizzut

Giuseppen. 28.03.1804 · Budoia

Giacomon. 17.04.1806 · Budoia

sposa Caterina Del Maschio

Angelican. 12.03.1837

sposa Giuseppe Carniel(n. 14.01.1824) il 10.02.1858

Alessandro Angelon. 07.01.1840 · Budoia

Giosuè Angelon. 22.10.1841 · Budoia

sposa Maria Sperti

Maria Pulcherian. 09.08.1843 · Budoia

Margheritan. 1859 · Vigonovo

sposa Fortunato Albania

Alessandron. 26.04.1893 · Vigonovo

sposa Teresa Pilot

Antonian. 1866 · Vigonovo

sposa Giobatta della Janna

Angelinan. 1894 · Vigonovo

Giuseppen. 1896 · Vigonovo

Giovannin. 1906

sposa Giovanna Ceolinnel 1931

Erneston. 1900

Adelen. 1903

Alessandron. 1938

Antonian. 1933

Lindo Alice Giuseppe

Gegia e Angelica

due nonnestraordinarie

di Alessandro Carniel

Sfogliando i registri parrocchialidei matrimoni, ci si imbatte spessosu donne dei nostri paesiche scelgono mariti «foresti»,come nel caso di Angelica PanizzutDonisio e di Teresa Pilot diFrancesco di Budoia, che sposanodue giovani dell’antica famigliaCarniel di Vigonovo.Le ricorda con affetto il nipote.

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col vestitino bianco, zio Ernesto.La nonna Teresa è in avanzatostato di gravidanza di zia Adele,poi diventata suora. Mio padreverrà al mondo qualche annodopo.Alcuni anni ed alcuni figli dopo,nonna Teresa e la suoceraAn ge lica vivranno l’invasioneaustro-ungarica di Caporetto. Nel fienile dormivano alcuni soldatiaustriaci che, in pieno inverno,anziché scenderela scomoda scala a pioli perandare al candoto ad orinare,trovavano più comodo farla sulfieno. La mucca rifiutòpatriotticamente di mangiare quelfieno e deperiva a vista d’occhio.Nonna Teresa, con molto garbo,cercò di far capire ai soldati di nonorinare più sul fieno.Senza risultati. La bisnonna Angelica, più praticae protetta dall’età avanzata, sipresentò ai crucchi con piglioautoritario e, con gestiinequivocabili, disse: – No! Capirepissare? Ca pire no pissare sulfieno?– Oh, ià, mama, capire, capire… –risposero i soldati con sorridenticenni di assenso. La muccal’ebbe dura ancora a lungo. Questo detto «Capire pissare?»entrò nel lessico familiare. Quandolo zio Ernesto e il papà Giovanni,che avevano mansioni di capocantiere, trovarono qualcheoperaio che non eseguivacorrettamente il compito,intercalavano le spiegazionio il rimprovero con degli espressivi«Capire pissare?».Ciò suscitava stupore e curiositàche, regolarmente, non venivanosoddisfatti. Fino ad ora!

***Dopo il disastro lasciato dallaguerra e la scarsità dei mezzi, manon di figli, la nonna raccontavache l’ottimista suocera Angelicaera solita dire: «Ah, benedetonostro Signor, son propio siori:òn legna secia par l’invern,

petrolio pal lampion, blava pa’ lapolenta e la vacia pal lat eformai!..»Altri tempi!Adesso abbiamo ogni ben di Dioin tavola e dobbiamo curarcicolesterolo e trigliceridi. Forseforse si stava meglio quando sistava peggio.

***Quando ero bambino, nonnaTeresa, detta Gegia de Issando,mi faceva le patate arrostecosparse con un po’ di zuccheroche gustavo con un piacere maipiù provato per alcun altro dolce,per quanto squisito.Nonna Gegia, bravissima cuoca,era chiamata per pranzi specialianche dal parroco del paese.Quando nell’aprile del 1903,il Patriarca di Venezia GiuseppeSarto, poi Papa Pio X, venne aVigonovo per benedire il nuovoorgano, fu proprio nonna Gegia apreparare il pranzo.A tal proposito ecco che scriveNilo Pes nel libretto «Vigonovo,la chiesa, l’organo, i protagonisti»:«Dopo la foto ricordo davanti allacanonica, una parte sceltissimadegli invitati si ferma in canonica arompere il digiuno.A questo punto ecco la Gegia deIssando con i suoi risi e bisi,seguiti da pui (tacchino), insalatinade ort, formai vecio, cùcolee freschissimo clinto.E quindi:Par vedhe su la tolaroba finametèi la Gegia a spignatàin cusina:par vedhe un diluvio universalea tola sete preti e un cardinale.

Due belle immagini di nonna Gegia: in etàgiovanile, raffinata ed elegante, con duedei suoi cinque figli, e in età avanzata conla figlia Adele.

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Un giorno al supermercato, in unincontro casuale, dopo molti anni,ritrovai una persona che, dopo isoliti convenevoli, mi chiese: – Sò -ne to anciamò l’armonica?

La domanda mi meravigliò da-to il lungo tempo trascorso da al-lora, ma nello stesso mi sorpreseche c’erano delle persone che an-cora si ricordavano di questa mia«attività musicale».

Per seguire un po’ la «storia»bisogna risalire agli anni quando lamia famiglia abitava in Francia (in

Savoia) ed io, ragazzino, manife-stavo un interesse particolare perla fisarmonica tale che, quandoper radio trasmettevano qualchebrano suonato, correvo a prende-re un grosso libro in cantina e lomuovevo simulando il movimentodello strumento. Fu allora che imiei mi fecero prendere delle le-zioni per l’apprendimento da unmaestro. In un paio d’anni avevoacquisito un certo repertorio dicanzonette e ballabili.

Il rimpatrio nel 1942 conse-

Sòneto anciamòl’armonica?di Domenico Diana

guente alle note vicende del la 2a

guerra mondiale ci portò in unaBudoia investita dalla bufera delduro conflitto e che, in quel perio-do iniziale, coinvolgeva in preva-lenza i giovani.

Nel periodo 1942 e ’43 fino al-l’armistizio, nel paese venivano atrovarsi diversi giovani oltre ai resi-denti in quanto rientrati da fuori, osotto le armi e a volte anche militaripresenti in paese per esercitazioni.

Al di là della gravità del mo-mento c’era comunque in loro ildesiderio di qualche svago, di sta-re in compagnia e magari fare an-che quattro salti con le loro com-paesane (le belle ragazze nonmancavano).

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Mi sono ritrovato così, giovinet-to a dilettare coloro che, almenoper qualche ora, avrebbero scor-dato ansie e preoccupazioni el’angosciosa incognita del propriofuturo.

Queste semplici festicciole ca-salinghe avvenivano per l’iniziativadi qualche gruppo di giovani. Perla «sala da ballo» si fruiva in generedel locale della cucina superandola difficoltà di un pavimento nonproprio liscio. Il «bar» metteva a di-sposizione un «secio sul sigler eun cop de aga» per dissetarsi. Perla musica si provvedeva con unvecchio grammofono e qualchedisco 78 giri che riproduceva can-zoni dell’epoca oppure … c’eral’armonica di Minuti. Poche como-dità, ma sempre tanta allegria.

Da notare che in quei tempi diguerra, forse il ballo non era tollera-to e quindi da ritenersi vietato, al-meno credo, perché un giorno fuiconvocato presso la canonica diDardago e dall’allora parroco rice-vetti un forte richiamo di cessarequesta mia «attività» al costo anchedi denuncia ai carabinieri nel casosi fossero manifestati altri balli.

Immaginare il mio sgomento el’evidente paura. Nonostante tut-to fu organizzata qualche altra fe-sticciola in cui dovetti intervenirequasi forzatamente. Di qui un al-tro episodio che non ricordavo,ma che mi fu testimoniato dallastessa persona incontrata al su-permercato.

In una di queste festine dan-zanti, ci fu l’intervento dei carabi-nieri con l’intento di sequestrare lo

…a Budoia, vivacizza la Festa della Contrada del Ghet.

strumento. Non ricordo questoparticolare, ma mi dicono che allafine lo strumento mi fu ridato (forseper compassione?).

Alla fine del conflitto, ritornò inpaese la voglia di festeggiare, di ri-trovarsi assieme magari facendodi nuovo quattro salti. Ancora unavolta fui chiamato ad intrattenerequalche festina e in particolarequelle organizzate presso la salet-ta di Cosmo. Ricordo il diverti-mento di tutti accompagnato daeuforica allegria.

Trascorso quel periodo e con ilnormalizzarsi della vita in tutti i suoiaspetti, anche il divertimento delballo ritrovò i suoi normali ambien-ti, come piste all’aperto e localidanzanti tutti allietati da valide or-chestrine.

Il mio compito era dunque ter-minato.

A questo punto potrei comple-tare la storia della mia avventuradilettantistica di fisarmonicista.

Trasferitomi a Venezia nel 1947con la mia famiglia, mi iscrissi aduna scuola d’apprendimento dellostrumento assai nota del maestroGrossato dove nel corso di unpaio d’anni riuscii ad acquisire unabuona padronanza della fisarmo-nica, grazie anche all’acquisto diun nuovo strumento. In quel pe-riodo ebbi modo di partecipare avari concerti della scuola fra i qualil’onore di suonare nel corso di unafesta del Redentore sulla famosagalleggiante che, a quei tempi,rappresentava il centro della festa.

Giunse anche il momento di fa-re delle scelte fra le varie opportu-nità, considerando maggiormentequella che desse più sicurezza nelfuturo. Così, come recita un sag-gio proverbio, «Impara l’arte emettila da parte», ripresi gli studi(anche lavorando) fino al diplomae mi inserii nel mondo del lavoro.L’Arte rimase per me un hobby,che comunque, nel corso deglianni, mi diede motivo in tante oc-casioni di essere ancora l’anima-tore di incontri festosi rallegrati dalgioioso suono della fisarmonica.

In alto. 4 maggio 1941, Domenico all’iniziodella sua carriera musicale in Francia.

A sinistra. A Budoia con le sorelle Lidia,Marisa e la cugina Berta, nel 1942.

Con la sua fisarmonica intrattienei chierichetti, il Gruppo maschile dell’AzioneCattolica e il parroco don Luigi Agnolutto,nel cortile della vecchia canonica di Budoia.Era l’anno 1942/43.

Domenico fa parte del Coro «La Cordata» del CAI di Mestre.Qui con alcuni esponenti, durante un incontro conviviale.

Domenico si attiva in qualsiasi occasione. Allieta gli ospitidella Casa di Riposo Santa Maria del Rosario di Mestre...

…si esibisce con un’orchestrina improvvisata per una festanella parrocchia di Santa Maria Goretti di Mestre…

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essata la principale attività la-vorativa si può disporre di un po’più di libertà per godersi qualchemomento di relax. Ed è propriodurante queste pause che, allanostra mente non più assillata daimille quotidiani impegni, affioranospesso ricordi dell’infanzia.

Certamente molti lettori diquesto periodico della comunitàdi Dardago, non si saranno di-menticati dell’esistenza di un pic-colo ruscello, el Rujal.

Per chi scendeva dalla partealta della via San Tomè, lo vedevascorrere allegro alla sua destra.Da chi e quando sia stato co-struito non mi è dato di saperema certo che, per quei tempi, po-teva essere considerato un inge-gnoso mini acquedotto. Il suo let-to, fatto di pietre concave, largocirca trenta centimetri ed altret-tanto profondo, era coperto dauno strato di verde e morbidomuschio che con la sua caratteri-stica limosità diventava uno sci-volo ideale per i canais che i sedivertiva a sbrissà sentha pajànuja. Nelle prime ore dei caldi edafosi pomeriggi agostani, ungrup petto tra cui mi fa piacere ri-cordare la Celestina e l’Ergelia,nonché la Mirella, mia sorella –come per un tacito accordo – siritrovava nella via. Incuranti del ri-posino pomeridiano, disobbe-dendo alle nostre mamme, rego-larmente in pènut eravamo pron teper la sbrissada. Un piede avantie uno dietro, braccia e mani a mòdi remi, facendo leva sui bordi, siavanzava veloci soprattutto nei

di Pia Zambon Sclofa

Ricordile sbrissade ’n tel rujal

Tratto del rujal che scorre lungola riva sinistra del torrente.È opera degli scalpellini locali.

Dardago. La piazza con l’ampiavasca di raccolta dell’acquaproveniente da Val de Croda (1955 circa).

de la via San Tomè

C

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tratti di maggior pendenza.Sembrava che la sciolina fossestata spalmata sulla pianta deinostri piedi. Sulla strada, biancae polverosa, picchiavano impla-cabili i roventi raggi del solleoneche, riflessi dai candidi sassi concui erano fatti i muri delle case,andavano ad aumentare il caloredell’aria. Ma le nostre estremitàerano al fresco, bagnate dallelimpide acque del rujal mentre, acompletare questo bagno, rega-landoci così un completo e pia-cevole refrigerio ci pensava qual-cun altro. Costui, disturbato nellasua siesta dal nostro allegro vo-ciar, seppur contenuto, per «ven-dicarsi» ci rovesciava addossodal balcone (così era impropria-mente chiamata la finestra) catinicolmi d’acqua. È così, bagnatedalla testa ai piedi, ma contente,godevamo di quei momenti, im-merse in un silenzio quasi assor-dante, rotto solo dalle nostre vo-ci, dal frinire delle cicale, dal lievefruscio delle acque e dai rintocchidell’orologio che, dalla sommitàdell’alto campanile, batteva le oresegnando l’inesorabile passar deltempo. Ed ora, considerata lagrande utilità che el rujal ebbe pertutti i paesani, penso sia dovero-so esprimere un po’ di gratitudinedescrivendo, sia pur in modosommario e con gli sforzi con-giunti mnemonici miei e di miasorella, il suo lungo percorso. Sipensa che traesse origine da unapozza d’acqua seminascosta trale bianche crode sotto el Crep deSan Tomè.

Scendendo attraverso le loca-lità di Ciampore e Masiere arriva-va fino al vecio mulin de la MartaBronte. Da lì, chiuso in un grossotubo metallico, attraversava il tor-rente Artugna e raggiungeva lasponda opposta sbucando poi inlocalità Cia then tail. Qui una gran-de vasca raccoglieva le sue ac-que nei pressi di una piccola nic-chia dentro la quale vigilava unamadonnina dal manto azzurro.

Proseguiva poi la sua corsa al-largandosi in vas’ce e vas’ciutefinchè giunto nell’attuale Piaz -zetta del Cristo si riposava un po’in un’ampia vasca adibita anchea pubblico lavatoio. Nei pressi viera anche una pompa d’acquapotabile con un abbeveratoio.Per mezzo di un attrezzo chiama-to thampedon, pesanti seci pleinde aga venivano trasportati nellesingole case, non ancora dotatedi rubinetti con acqua corrente. Eancia par implenì el laip del staledove si abbeverava il bestiame.Per fortuna quel notevole sforzofisico non ha curvato la spinadorsale dei poveri «sherpa» di al-lora.

Continuando il suo viaggio elrujal arrivava fino alla PiazzaGrande detta anche la Piazza delbaler dove s’allargava in unagrande vasca sotto gli occhi vigilidei Caduti ricordati dai paesanicon un piccolo monumento.

Nei miei ricordi il percorso con-tinuava in direzione di Bu doia, maqui concludo la descrizione per-ché el rujal era giunto ormai a lam-bire i confini dell’altro paese.

NUVOLE D’AGOSTO

Il Nulla mi sfioranelle ore della tristezzase non quel lampo di soleche respinge, insistente,le nuvole d’agosto.

Grigio.Aria arancio.Chiaro.

Nozze lontane di monticrespati di pini.Anime freccia.Alte.A colpire un tempodi logorati rintocchi.

Lasciarsi avvicinare nella sera,nei sospiri della mia voce,nella gioia chiusad’incantoin un pensiero gentile.

Nuova ora.Nuovo tempo.

Se tutto potesse ritrovarsi,con l’armonia dei passi,nel muoversi verso la cimadelle anime freccia.Alte.Fino al tramonto.Quel tocco di luce chiusain un quadro di nuvole d’agosto.

Aria arancio.Ancora vita.

E insieme,il suono delle notedi una musica fuggente.

LAURA MORO

L’angolodella

poesia

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Vi sarà capitato in estate di incon-trare un’ape solitaria posata su diun fiore, sporca di polline e indaf-farata nella raccolta del nettare. Inrealtà le api passano la maggiorparte del tempo nell’alveare, in fa-miglia!

Le api infatti sono insetti socialie vivono in colonie costituite damigliaia di individui, da 10.000 a100.000, tutti appartenenti adun’unica famiglia.

La società delle api è formatada tre tipi di individui. Una solafemmina feconda o regina, moltemigliaia di femmine sterili o ope-raie, poche centinaia di maschi ofuchi (presenti solo dalla primave-ra all’autunno).

La vita nell’alveare si svolge sufavi di cera costruiti all’interno di

di Serena Chiesa

La vita delle api

cavità naturali (tronchi, ecc.) o incontenitori forniti dall’uomo (ar-nie). I favi sono costituiti da unadoppia serie ordinata di celle esa-gonali impilate orizzontalmente,con il fondo in comune e di di-mensioni diverse. Le più piccolesono quelle in cui si sviluppano leapi operaie e in cui vengono stoc -cati miele e polline, leggermentepiù grandi quelle che ospitano ifuchi, ancora più grandi e allun-gate quelle da cui nascono le re-gine. La regina depone un uovosu fondo di ogni cella. Dall’uovonasce la larva che cresce e, sem-pre all’interno della cella, si tra-sforma in pupa e successivamen-te in un insetto adulto in 16-24giorni. Il sesso viene determinatogeneticamente: da un uovo fe-

condato nascerà una femmina,operaia o regina, da un uovo nonfecondato nascerà un maschio.

Ma un uovo «femmina» non haancora il destino determinato:sarà operaia o regina?

Da un punto di vista geneticotra queste due caste di femminenon c’è nessuna differenza. Lenotevoli differenze morfologiche edi ruolo nella società sono dovuteunicamente alla diversa dieta concui vengono alimentate le larve.

Da una larva neonata femminainfatti si svilupperà un’operaia severrà nutrita per i primi tre giornicon la pappa reale e successiva-mente con un impasto di miele epolline. Se una giovane larva èdestinata a diventare regina verràalimentata per tutta la durata delsuo sviluppo con pappa reale.

Ma come fanno le operaie adecidere il destino di un uovo? Gliindividui di questa società orga-nizzata comunicano tra di loroprincipalmente per mezzo di se-gnali odorosi con cui si scambia-no informazioni sulla presenzadella regina e sulla sua salute eproduttività. Se le operaie avver-tono che la regina è in salute edepone molte uova produrrannoaltre operaie, se invece avvertonoche la regina è vecchia o in diffi-coltà viene prodotta una nuovaregina per sostituire quella vec-chia. Può accadere anche che lafamiglia diventi così numerosa daindurre le operaie a produrre unanuova regina, non per sostituirequella presente, ma per creareuna nuova famiglia. In questo ca-so la regina vecchia scia merà, la-scerà cioè l’arnia con una foltaschiera di api per costituire unanuovo nucleo famigliare in un altroluogo.

Regina (indicata dalla freccia), fuchi(cerchiati) e operaie.

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La lunga carriera di una nuovaregina (2-4 anni) comincia qual-che giorno dopo la nascita quan-do viene spinta dalle operaie a la-sciare l’arnia per effettuare il volonuziale, volo in cui si accoppieràcon più fuchi provenienti da altrearnie per poi fare ritorno.

Il ruolo sociale principale dellaregina è quello di deporre alcunecentinaia di uova al giorno, conuno stop invernale alle nostre lati-tudini, e di dare quindi continuitàalla famiglia. La presenza della re-gina promuove un’aggregazionepiù motivata e convinta della co-munità, induce le api a bottinarepolline, essenziale per la nutrizio-ne della covata, e stimola le botti-natrici ad uscire prima al mattinoe a renderle più motivate al lavoro.Molto più varia è la vita di un’apeoperaia. Nel corso della sua brevevita ogni operaia infatti assumetutte le mansioni necessarie albuon andamento famigliare: puli-zia delle celle, alimentazione dellelarve, costruzione e riparazionedei favi di cera, ricevimento di net-tare e polline e difesa della comu-nità. Dalla terza settimana fino altermine della sua vita, diventabottinatrice e si dedica alla raccol-ta di cibo nei campi. Durante lastagione attiva le operaie vivono30-40 giorni, mentre quelle natein autunno possono vivere anchesei mesi.

I fuchi compaiono nell’alveare

a fine inverno fino all’autunno, pe-riodo in cui possono essere chia-mati all’accoppiamento. Essi par-tecipano inoltre al passaggio dinettare tra gli individui, (processonecessario per la trasformazionedel nettare in miele) e si occupa-no di mantenere calda la covatanel periodo primaverile attraversoil movimento dei muscoli delle ali,oltre che rinfrescare la tempera-tura in estate con la ventilazione.

In questa società matriarcaleognuno ha un ruolo e dei compitiprecisi da assolvere a cui nessu-no si sottrae. La convivenza di uncosì numeroso insieme di indivi-dui consente di ottenere risultatiche i singoli individui non riusci-rebbero a raggiungere, comel’ac cumulo di provviste sufficientia superare periodi sfavorevoli (unlungo inverno senza fiori) e accu-dire una prole numerosa, per ga-rantire la continuità della famiglia.

CELLE A FORMA DI ESAGONO

Perché le api costruiscono celleesagonali?L’esagono è la forma checonsente di sfruttare al megliolo spazio nell’alveare!Ac costando tanti esagoniè possibile occupare lo spaziosenza la sciarne di inutilizzato.L’esa go no inoltre permette diottenere un’area-cella granderispetto al perimetro da costruire(con un risparmio di lavoro e dicera!) e di non avere spigoli vivi,non utilizzabili e difficilmentepulibili.

LA DANZA DELLE BOTTINATRICI

Le api bottinatrici sono in grado dicomunicare nel buio dell’alvearealle sorelle la localizzazionedi una fonte di nettare o di polline.Attraverso evoluzioni sui favi,attentamente seguite dallecompagne, sono in grado diindicare la direzione da prenderee la distanza da percorrere perraggiungere l’obbiettivo.L’ape che effettua la danzaconsegna inoltre alle compagnecampioni del nettare prelevato,così che non abbiano dubbi!

Favo con api. In alto celle contenenti miele (chiuse con tappo di cera chiara). Subito sotto al centrocelle aperte contenenti polline. In basso covata (larve e celle chiuse con larve mature).

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’n te la vetrina

UN ACCORATO APPELLOAI LETTORI

Se desiderate far pubblicare fotoa voi care ed interessanti per le nostrecomunità e per i lettori, la redazionede l’Artugna chiede la vostra collaborazione.Accompagnate le foto con una didascaliacorredata di nomi, cognomi e soprannomidelle persone ritratte.Se poi conoscete anche l’anno, il luogoe l’occasione tanto meglio.Così facendo aiuterete a svolgere nellamaniera più corretta il servizio socialeche il giornale desidera perseguire.In mancanza di tali informazionila redazione non riterrà possibilela pubblicazione delle foto.

GIUGNO 1960 (CINQUANT’ANNI ORSONO!!!) IN QUESTA FOTO, SCATTATA NEL CORTILE DELLE SCUOLEDI DARDAGO, SONO RITRATTI, ALLA FINE DELL’ANNO SCOLASTICO, LE ALUNNE E GLI ALUNNIDI 4ª E 5ª ELEMENTARE, ASSIEME AL LORO MAESTRO UMBERTO SANSON.DA NOTARE CHE ALCUNI DI LORO PORTANO, PUR ESSENDO GIÀ GLI ANNI DEL FAMOSO BOOM ECONOMICO,LE S’CIANPINELE !

ESSI ERANO, PARTENDO DA IN ALTO A SINISTRA: FIORALBA VETTOR CARIOLA, MARISA PIAN (SEMINASCOSTA),TERESA ZAMBON BISO, ELIDE RIGO MOREAL, MAESTRO UMBERTO SANSON, PAOLO ZAMBON PALA,SEMINASCOSTO LUIGI ZAMBON MARIN, FRANCO ZAMBON MOMOLETI;

SECONDA FILA: ANGELA ZAMBON PINAL, CECILIA BUSETTI CAPORAL, DANIELA BOCÙS DELLA ROSSA,LILIANA BOCÙS FRITH, LOREDANA BOCÙS FRITH, BEATRICE IANNA CIANPANÈR,MARCO (RENZO) ZAMBON TARABIN-TUNIO, GIANNI ZAMBON ROSÌT, ENRICO ZAMBON SCLOFA;

ACCOSCIATI: ROBERTO ZAMBON MOMOLETI, GIUSEPPE ZAMBON TARABIN, ALFREDO LACHIN STORT,MAURIZIO GRASSI, VALENTINO ZAMBON ITE, PAOLO ZAMBON MARIN E FLAVIO ZAMBON TARABIN-MODOLA.

FOTO SCATTATA, NEL CORTILE DELLACANONICA DI DARDAGO, PROBABILMENTENEL 1956, IN PERIODO INVERNALE.

I RAGAZZI IN ESSA RITRATTI SONODA SINISTRA VERSO DESTRA:GIACOMO DEL MASCHIO CUSSOL,QUINTO ZAMBON PINAL,FRANCO ZAMBON MOMOLETI,

DIETRO A QUESTI, BRUNO ZAMBONMOMOLETI; QUINDI VI SONO DUE RAGAZZINON RICONOSCIBILI; GIANCARLO BOCÙSFRITH (SEDUTO), DIETRO SERGIO IANNABERNARDO, STANISLAO (STANI) BOCÙSDOLFIN-CUNICIO, DIETRO ED IN FIANCOLORO DUE RAGAZZI NON RICONOSCIBILI,POI, ANTONIO VETTOR MUCI,LUIGI ZAMBON SCROC, ROBERTOZAMBON MOMOLETI, PIETRO RIGOMOREAL E MARIO ZAMBON MOMOLETI.

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Il nostro fotografo Angelo Modolo ciha lasciati il 13 marzo di quest’anno.La nostra Co munità, riconoscente peril lungo servizio prestato nel negozio divia Cardazzo, aperto nel 1962, desi-dera, attraverso le pagine de l’Artu -gna, ricordarlo con riconoscenza e sti-ma. Persona schiva, di animo gentile,di carattere mite, ha per oltre trent’an-ni fotografato gli avvenimenti lieti e tri-sti di Budoia, Dardago e Santa Lucia:battesimi, cresime, matrimoni, le fotosui banchi di scuola, i nostri paesi,sempre rimasti nel suo cuore e neisuoi ricordi. Angelo nasce a Polcenigoil 25 settembre 1926 e risiede sino allafine a Gorgazzo.Questi meravigliosi scorci dei nostripaesi costituiscono pure materiale perla pittura. Angelo si diletta anche inquesta tecnica e molte sono le opereche egli ha dipinto e lasciato o regala-to a quanti volevano avere una ripro-duzione. Negli anni ‘50 alla scuola del-l’amico fotografo Sergio De Paoli,Angelo acquisisce le tecniche di svi-luppo fotografico e con lui lavora insie-me a Polcenigo, mentre nel periodoestivo si trasferisce a Jesolo, dove co-nosce la moglie Lucia, che sposerà

*Ciao Papà,

amavi tanto la vita in ogni suo risvolto,soprattutto la natura e la bellezzadi tutto ciò che ci circonda, che ci haiinsegnato ad apprezzare e amare.Il tuo ricordo resterà per sempre vivonei nostri animi.

OSCAR, ELENA, LUCIA

*Polcenigo, 16 aprile 2010

Ciao zio Angelo,

anche se non potremmo più venire afarti visita e scambiare quattrochiacchiere insieme, il tuo ricordoresterà sempre vivo e presente nellavita di tutte le persone che ti hannoconosciuto e voluto bene. Il ricordo di un uomo mite, disponibile,che amavi la semplicità e apprezzavi eascoltavi la musica, la lettura e, inparticolare, l’arte e la pittura che haisaputo esprimere attraverso i tuoidipinti. Hai sempre coltivato consensibilità ed ironia le tue passioni,senza dover dimostrare nulla emantenendo sempre un certo distaccodalla frenesia di oggi. Hai saputo cogliere il vantaggio divivere la vita con onesta semplicità emodestia, infondendo agli altri serenitàe tranquillità. Caro zio, chissà che i colori di questaprimavera oramai alle porte tiaccompagnino in questa nuova vita enoi tutti ti ringraziamo commossi perquello che sei stato e per quello che cihai insegnato.

TUA NIPOTE CARLA

ANGELO MODOLO CI HA LASCIATO

nel 1963, e la loro unione verrà allieta-ta dai figli Oscar nel 1964, Elena nel1967 e Lucia nel 1969. Il frutto di que-sto amore si riverserà nella nascita di7 nipoti, che Angelo, insieme alla mo-glie, educa con grande passione. Appassionato anche di pittura, comespecificato sopra, gli fa vincere aCaneva il primo premio nel 1974, pre-sentando alla giuria una paesaggiodelle nostre zone. Colpito da malattia, ogni tanto ritorna-va a Budoia, ove rivedeva volentieri gliamici e i volti conosciuti di una vitaspesa interamente a servizio della co-munità, ricevendo spesso a casa l’a-mico Cornelio Zambon Marin, anch’e-gli appassionato di fotografia. Quandogli portarono la notizia della scompar-sa di don Alfredo Pasut si commossesino alle lacrime. Angelo resterà uno delle persone chehanno visto il nostro paese crescere esvilupparsi e lo hanno amato, perchéegli è stato parte integrante e viva. Ai congiunti tutti la comunità rivolge lepiù sentite condoglianze e insieme lagratitudine per il lavoro profuso contanta professionalità.

MARIO POVOLEDO

la nostra storiacolta dal suo obiettivo

Angelo Modolo ritratto nel suo negozio di via Cardazzo.

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Lasciano un grande vuoto...l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari

Maria Ianna Pola

«Ogni cosa mortal, tempo inter rom -pe», scriveva il Petrarca. Per MariaIanna, morta a 98 anni, l’interruzionedi questo tempo sembrava essersifermata. Se n’è andata in punta dipiedi, dopo una vita di famiglia, di la-voro e di sacrificio che le ha fatto co-noscere l’emigrazione in Francia epoi il rientro in Italia con un servizioininterrotto prima al Cral, col maritoGiovanni (Gioachino) poi al ristorantepassato al figlio Renè, ben noto intutta la regione e anche fuori.Durante la Santa Messa di commiatoè toccato ad un suo nipote sacerdo-te, Monsignor Ettore Signorile, delclero di Torino, Vicario Giudiziale delTribunale Ecclesiastico Regionale delPiemonte, a ricordare la cara zia, cheha sempre avuto non solo per i suoi

figli Mirella e Renè, ma anche per i ni-poti, per i pronipoti, una particolarepropensione ad essere la protagoni-sta per eccellenza e tenere una con-dotta da imitare, senza dimenticare leradici, povere ma nobili che fannogrande anche la più umile persona.Anche don Adel ha avuto parole di ri-cordo e di speranza. Di lei rimane ilsuo lavoro, il suo sorriso, il suo labo-rioso esempio, il suo stile, sempre te-nendo presente le parole della sacrascrittura che dicono «vecchiaia vene-randa non è la longevità, né si calcoladal numero degli anni».Attraverso il nostro periodico i fami-liari desiderano rinnovare il grazie atutti coloro che sono stati vicini inquesto doloroso momento.

MARIO POVOLEDO

Anna Zambon CuradhelaC’era il vento quando se ne è andatala nonna Giustina, c’era il ventoquando se ne sono andate la ziaAme lia e mia mamma e c’era il ventoanche il giorno del tuo funerale.Un vento gelido, sferzante, nono-stante mancavano pochi giorni allaprimavera.

Non so se sia un caso, ma ogni voltaè come se arrivi per portare via qual-cosa che ci appartiene Negli ultimi tempi, da quando haicambiato casa, non ci siamo fre-quentati molto, non per mancanza diaffetto o di desiderio di vedersi, sem-plicemente perché la vita è così, ciavvicina e ci allontana senza unaspiegazione.Rimangono così ricordi lontani, comequando venivo nel tuo laboratorio, lebobine di lana, la radio, fedele com-pagna delle tue interminabili giornatedi lavoro, e l’immancabile sigarettasempre accesa che si consumavanel posacenere.Rimangono anche i ricordi di tanteserate passate insieme, il Natale connoi bambini che finivamo sempre conil litigare, la silenziosa presenza della

nonna Giustina che tu e i tuoi fratelliprendevate amorevolmente in giro.E i pomeriggi d’estate a Milano lescampagnate all’Idroscalo tu e lo zioin Vespa, io in bicicletta.Le risate, le mangiate di rane e pe-sciolini fritti.Ora non rimane che il silenzio, un si-lenzio carico di tristezza e malinconiaed una immagine sbiadita di un tempoche purtroppo non tornerà mai più.Con l’affetto più grande, ciao zia Anna.

ENRICO

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Ebio GuadagniniIl 4 giugno 2010 in Verona improvvi-samente è venuto a mancare EbioGuadagnini, lasciando ammutolitanel dolore la sua famiglia. Io, che per 45 anni ho condiviso la vi-ta con lui, sapendo quanto amavaDardago e la sua gente, le passeg-giate nei boschi, le feste, il dì dell'As -sunta che mai ha mancato di tra-scorrere nella casa dei suoceriAngelin e Stana, desidero esprimerequesto ricordo alla Comunità del'Artugna, ringraziando tutti i parenti e

gli amici a cui voleva bene e che han-no ricambiato il suo affetto.Questa fotografia è stata scattata loscorso anno davanti alla Chiesa inoccasione della Festa dei Coscrittidel 1934, tra i quali si sentiva perfet-tamente in armonia.Un ringraziamento alla Redazione edun cordiale saluto a tutta la Co -munità.

ANNA MARIA ZAMBON GUADAGNINI PINAL

Barbara Salvador«Agli occhi degli stolti le anime deigiusti parve che morissero… ma essisono nella pace. La loro speranza èpiena di immortalità… perché Dio liha provati e li ha trovati degni di sé».(da Libro della Sapienza, 3)La Parola di Dio può ridare speranza,quando i suoi disegni sono per noi adir poco misteriosi. L’Amore, però,vede ciò che agli occhi umani spessoè invisibile: questo dovrebbe esseremotivo di consolazione per famigliari,amici (tanti) e persone che hannoavuto la fortuna e il piacere di incon-trare e amare Barbara. Il suo tenero

sorriso accogliente e il suo limpidosguardo radioso sono i doni più im-mediati e preziosi che ha lasciato nel-la mente e nel cuore di chi l’ha cono-sciuta. Da Lassù, sicuramente,con tinuerà ad amare con la stessaintensità che ha profuso nel suo bre-ve tratto di vita fra noi e a proteggeretutte le persone care.Poiché sapiente non è chi vive a lun-go ma chi vive bene, ringraziamo Diodi averci concesso Barbara con tuttala sua gioia di vivere.

MARIA ROSA

Roberto Zanus Fortes

Roberto ci ha lasciati martedì 27aprile a 47 anni.Una vana corsa in controsterzo con-tro la malattia, per rimettersi in car-reggiata con la vita.Roberto amava il rally, la sua auto dacorsa 131 Abarth giallo/azzurra, ilclub «Ruote del passato» di cui erastato dapprima consigliere e poicommissario sportivo.

Ed amava soprattutto la sua famigliadi Castel d’Aviano, la moglie Ni co let -ta, i due figli Valentina e Da vide, il fra-tello e la mamma Maria che ora pian-gono la sua assenza.E poi i parenti e gli amici che lo ricor-dano commossi come una personamite ed onesta, sempre disponibile ecordiale con tutti, esempio di lealtànello sport e nella vita.

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La platha ’l è finida

Con la benedizione del parrocodon Adel e il rituale taglio del na-stro da parte del sindaco RobertoDe Mar chi, dell’assessore regio-nale Elio De Anna e del vicesinda-co Pietro Janna, è stata inaugura-ta, domenica 11 luglio, la nuo vapiazza di Dar dago.Oltre ai rappresentanti della Giun -ta e del Consiglio comunale, era-no presenti i consiglieri regionaliGianfranco Moretton e Paolo Pu -

pu lin, l’ex sindaco Antonio Zam -bon e il maresciallo Claudio Zam -bon della stazione dei carabinieridi Polcenigo. Numeroso il pubbli-co. Gli interventi del sindaco DeMar chi e dell’Assessore De Anna,dopo aver ribadito l’importanzadell’opera e sottolineato comesiano stati rispettati il quadro eco-nomico preventivato e i tempi diconsegna, hanno auspicato chela piazza, con il termine dei lavori

Sopra. Il taglio del nastro da parte delleautorità, l’esibizione del gruppo Artugnae alcune immagini della piazza con il pubblicointervenuto per l’inaugurazione.

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e delle polemiche collegate, pos-sa diventare il luogo d’incontroper eccellenza di tutta la popola-zione.Il gruppo Artugna ha preso «pos-sesso» della piazza per un brevespettacolo di danze folkloristicheapprezzate dal pubblico presenteconcludendo, non a caso, con«Sot ’l balèr», il canto in parlatadardaghese, scritto da CornelioZambon Marin e musicato dalla

moglie Giustina Favia, in cui sonoricordati due simboli di Dardago: ilsecolare platano (ora sostituito dauno più giovane e vigoroso) e i so-prannomi delle varie famiglie. L’idea e il progetto esecutivo perl’incisione dei cognomi e sopran-nomi delle famiglie patriarcali so-no stati curati da Vittorio Jan naTavàn (coadiuvato nella ricercastorica da Flavio Zambon Tarabìn-Mòdola). Le opere urbanistiche so-

no state progettate dallo studiodel l’archi tetto Massimo Re di -gon da ed eseguite dal l’Im pre saBertolo di Fiume Veneto.La cerimonia è terminata sotto igazebi della Pro Loco con il rinfre-sco organizzato dal CFD, Co -mitato Festeggiamenti Dardago.

Sopra. Il lungo corridoio predisposto per ospitarele lastre con i cognomi e soprannomi e l’artigiano Mario Ceoautore delle incisioni.A sinistra. Intervento di pulizia del monumento ai Caduti.

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Ancia a Buduoiael «Pedibus»

Meno Scuolabus e più Pedibus.In molti comuni sta prendendopiede, si può proprio dire, unnuo vo modo di andare a scuola:non in macchina o in scuolabusma più semplicemente ed ecolo-gicamente a... piedi. Con la pri-mavera, anche a Budoia è partitala fase sperimentale del progetto«Pedibus». Una decina di volon-tari accompagnano i bambini dadiversi punti del Comune, perraggiungere le scuole seguendotre percorsi. Con il passare deigiorni, sempre più bambini si so-no uniti alla comitiva appiedataed entusiasta di questo nuovo(ma in realtà vecchio) modo di in-cominciare la giornata. Conclusala fase sperimentale, a settem-bre, con gli opportuni aggiusta-menti suggeriti da questa primaesperienza, il progetto sarà ripro-posto in forma definitiva.

Colaborathiontra Comun e Pro Loco

L’Amministrazione Comunale el’Associazione Pro Loco Budoiahanno firmato la Convenzioneper la realizzazione di attività dipromozione del volontariato e divalorizzazione turistica, ambien-tale, culturale e paesaggistica,delle produzioni tipiche artigianalied eno-gastronomiche, seguen-do lo spirito di un protocollo d’in-tesa fra l’A.N.C.I. del Friuli Ve ne ziaGiulia e l’Associazione Re gionalefra le Pro Loco al fine di favorireforme di collaborazione. Sod disfa -zio ne a nome dell’Am mi ni stra zio -ne Comunale è stata espressa dal

La dhornadhaecologica

La Pro Loco unitamente all’Am -mi nistrazione Comunale, ai Vo -lon tari della Protezione Civile, allaSezione AUSER, alla Riserva diCaccia di Budoia, ha organizzatola Giornata Ecologica. Sabato 20marzo i volontari di Dardago e ilgiorno seguente un centinaio dipartecipanti, fra i quali diversi gio-vani, hanno lavorato per la rac-colta di immondizie abbandona-te. Al termine, una pastasciuttaofferta ai partecipanti presso lasede Auser è stata l’occasioneper uno scambio di idee perpros simi incontri. Altra manifesta-zione ecologica il 23 di maggiocon la Festa di primavera. Coin -volte le scuole dell’Infanzia ePrimaria, la partecipazione è sta-ta numerosa. Gli uomini del Cor -po Forestale e delle GuardieVenatorie hanno accompagnato ipartecipanti ad una passeggiata-escursione lungo il torrente Artu -gna sino a Ligont, con una interes-sante lezione circa la co noscenzadelle erbe, piante officinali, la tutelae la salvaguardia del bosco,la re-golamentazione della caccia, iltaglio razionale degli alberi. Nelpomeriggio, nonostante la piog-gia, i bambini sono stati protago-nisti di giochi da parte di animatri-ci, dopo l’esibizione dei piccolidel Gruppo Folcloristico Artugnae il tradizionale momento convi-viale, preparato e servito dai vo-

lontari della Pro Loco. Due ap-puntamenti che vogliono lanciareun segnale ad avere a cuore ilnostro benessere, incominciandodal rispetto dell’ambiente in cuiviviamo.

Sindaco Roberto De Marchi sot-tolineando come lo spirito di colla-borazione e il lavoro in sinergiacontribuisca a tenere alto il presti-gio della Comunità. II presidentedella Pro Loco, Alessandro Ba -racchini, con sidera l’accordo co-me un riconoscimento e un pre-mio per il lavoro genuino e divo lontariato atto a far conoscerele realtà del nostro territorio.

Una stretta di mano tra il sindaco e il presidente della Pro Loco.

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Anciamò Muran’n te la glesia

La chiesa di Dardago da moltianni si pregia dello splendidolampadario di Murano di fronteall’altare maggiore. Ora, grazie aAntonio Zambon Mao, anche lasacrestia e la cappella ferialehanno il loro lampadario prove-niente dall’isola della LagunaVeneta conosciuta in tutto il mon-do per la lavorazione del vetro.Antonio ha donato alla parroc-chia anche i due piccoli lampada-ri posti all’entrata della chiesa. Laparrocchia lo ringrazia per la suagenerosità.

El «Lumacuore»in Ciastaldia

Non sarà certo sfuggito al nostrosguardo rivolto verso Piancavallo,un’enorme e particolare sagomadi cuore che campeggia sullependici in località Castaldia.Non si tratta di un’insolita dichia-razione di qualche innamoratoma di una vera e propria opera diland-art di un’artista friulana:Lau ra Trevisan.Si chiama «Lumacuore» (il dise-gno in sintesi è un po’ cuore e unpo’ lumaca) ed ha come obiettivola diffusione di un messaggio dicultura dei diritti umani, dell’amo-re per la natura e per uno svilup-po ecosostenibile del territorio.«Il bene avanza a passo di luma-ca» sosteneva Gandhi e l’artistaha voluto visualizzarne il concettocon quest’opera estesa per40.000 metri quadri, visibile dallapianura pordenonese e dal satel-lite, e costituita di sassi bianchi (eprima ancora dalle lenzuola delCentro di Riferimento On co lo gicodi Aviano) portati da tutti coloroche hanno voluto aderire al mes-saggio.La prima pietra è stata posata l’8novembre 2009 in occasione del-la Marcia Mondiale per la Pace, lanon violenza e il disarmo, comesegno simbolico della finalità delprogetto e come avvio alla valoriz-zazione paesaggistica della bel -lezza territoriale avianese.

Francesca Bastianello, Nadia Batoukounou, Mairin Benedini, Maraja Bottecchia, MarcoCesaro, Vanessa Del Zotto, Angelo El Saliby, Diego Fort, Riccardo Janna, TommasinaLa Manna, Filippo Mariani, Maria Lavinia Mogda, Vanessa Pellegrini, Alessia Pellegrini,Francesco Petretti, Fabio Piazzon, Sara Pujatti, Cristiano Pramore, Alessandro Quaia,Irene Rinciari, Axel Ruggero, Elisa Volpatti.

Mederique Batoukounou, Rudi Manlio De Zorzi, Martino Gilli, Carlo Iob, Elena Lachin,Joanna Modolo, Riccardo Poletto, Maria Pia Rossitto, Pasquale Romano, Serena Rui,Denis Scarpat, Mattia Zambon, Marco Zaro.

Hanno ricevuto la prima Santa Comunione

Hanno ricevuto il sacramento della Confermazione

I colombi i é massa

Mentre stiamo andando in stampasiamo stati contattati dalla signoraPaquita Maiorano, vedova di Pa -squa lino Zambon Canta che ci se-gnala il problema del prolificarsidei colombi nel nostro paese. Hainviato una lettera alla ASSL di Sa -cile e, per conoscenza, al nostro

Sindaco, ricordando che da qual-che anno la colonia di questi ani-mali tende a moltiplicarsi in modoesponenziale. I colombi riescono anidificare dappertutto e, in modoparticolare, negli anfratti degli edi-fici che restano deserti per la mag-gior parte dell’anno, essendo se-conde case. Nella lettera vieneevi denziato che, ogni volta cherientra al paese, trova i poggioli, lefinestre e i tetti ricoperti da unostrato di guano. Ciò può creareproblemi anche per la salute.Visti i tempi ristretti, abbiamo con-tattato telefonicamente il Sindaco,il quale, condividendo la preoccu-pazione per tale situazione, ricor-da che già nel mese di maggio haemesso una ordinanza con laqua le disponeva una serie di mi-sure per arginare l’insediamentodei volatili.

Il nuovo lampadario della Cappella.

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Inno a

lla v

ita

La nonna paterna, Mirella Zambon Sclofa,presenta la tanto desiderata nipotina Ni -coletta Pozzali, che con la sua nascita, aTrieste il 6 settembre 2009, ha regalato gioiainfinita non solo al papà Sergio ed alla mam-ma Elena ma anche a tutti gli altri famigliari.Benvenuta Nicoletta!

Ecco Sebastiano Cauz! È nato il 27 settembre 2009. Lo an-nunciano con gioia mamma Marianna Busetti e papàMaurizio.

Ciao, sono Bianca Elisa Bocus figlia di GianAndrea e Raffaella, nipotina di Luciano BocusFrith e Franca Ianna Theco, il 13 Agosto faròun anno.Mando un grosso abbraccio e bacio alla miadolce bisnonna Vincenza.

E io sono Lucia Asti. I miei genitori sono Gio nataed Eli sabetta e abito ad Oriago (Ve ne zia). Sononata il 4 maggio 2010.

Elisa Vettor e Federico Piccini annunciano congioia la na scita della figlia Giorgia (Milano, 21maggio 2010).

Ciao a tutti. Sono Nicola e vi presento il mio fratellinoAlessandro, nato il 21 aprile 2010.I nostri genitori sono Lucia Ianna e Roberto Crestan.

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Dall’Oltrepò Pavese ci arriva il sorriso di Filippo e VeronicaFort Pitùs. Sono i giovanissimi figli (2 e 4 anni) di Victorianoed Antonella. Con la complicità del nonno Mario ci hannoscritto per farsi conoscere a tutti gli amici di Santa Lucia.Sono orgogliosi di far sventolare anche in provincia diPavia la bandiera dei Fort!

Ci sono anch’io. Mi chiamo Monica Biasutti, ho appena po-chi giorni, perché sono nata il 13 luglio 2010. Mio papàDaniele e mia mamma Elena Zambon vogliono presentarmiai lettori de l’Artugna.

Il 29 maggio 2010, Francesco Agostini e MaddalenaBevilacqua hanno scelto di unirsi in matrimonio nella chiesaal colle di Santa Lucia, luogo legato particolarmente agli af-fetti dello sposo, poiché Francesco, figlio di Laura Carli e diRoberto Agostini di Trieste, ha trascorso i momenti più bellidella sua infanzia e adolescenza nel paese natale della ma-dre. Ora ha contagiato anche Maddalena e la coppia cercaspesso rifugio nella tranquillità pedemontana.

Nonna Tery (Teresuta Ciampanera) si esibisce con la suasquadra del cuore. Ben sette sono i pronipoti Puiatti, figli diArmando e di Erica e di Stefano e Elisa, che la circondanod’affetto e di premure: tra le sue braccia, Nicola, nato il 26ottobre 2009, appoggiata alla sua spalla, Eva (7 anni), die-tro, Marco (12 anni) e Gabriele (9 anni), al suo fianco, Fran -cesca (14 anni), e ai suoi piedi, a sinistra, Sara (9 anni) e, adestra, Lisa (10 anni).

Foto di famiglia di Camillo Zambon Pinal Bavàn (96 anni) eLidia Zambon Glir (89 anni) che stanno vivendo insieme da67 anni. La foto risale al Natale 2009. Non era ancora nataMonica, la terza pronipote.

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Il 20 maggio Alpidio e Fernanda hanno festeggiato il 60° an-no di matrimonio. Entrati in chiesa, la brava organista ElenaZambon ha suonato la marcia nuziale. La Messa è stata ce-lebrata da mons. Angelo Santarossa. La giornata è statamagnifica con i figli, parenti e conoscenti. Ringraziamol’Artu gna per la pubblicazione della foto. I famigliari.

Il 20 febbraio 2010, in Scozia, Pietro e Mary Fort hanno fe-steggiato i loro 50 anni di vita coniugale, nozze d’oro gioio-samente vissute con la loro numerosa famiglia, i figli Anto -nio, Franco, Renato, Anna Madalena e Carla uniti ai nipoti.Per lo straordinario evento non è mancato il viaggio di noz-ze in Sardegna.

Il 20 aprile a Venezia hanno festeggiato il 50° anniversariodi matrimonio Rita Parmesan e Severino Bastianello cir-condati dall’affetto dei figli, dalle nuore, dai parenti e amici.

Un appuntamento all’insegna della semplicità ma carico disignificato. Ogni anno, nel mese di maggio, le coscritte del1944 con alcune amiche si incontrano a Dardago. Prima inchiesa per la recita del santo rosario di ringraziamento epoi, a conclusione, una pizza in allegria da «Nino» in piaz-za. Quest’anno al gruppo si è unita anche Nadia Zambonproveniente dal Canada.

Auguri dalla Redazione!

Gianni Ariet e Rosalia Marangon, attorniati dall'affetto deiloro cari e dalla simpatia degli amici, hanno ricordato il loro50° anniversario di matrimonio.

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Situazione economica del periodico l’Artugna

Periodico n. 119 entrate uscite

Costo per la realizzazione 3.915,00

Spedizioni e varie 492,58

Entrate dall’8.03.2010 al 17.07.2010 3.391,00

Totale 3.391,00 4.407,58

bilancio

Le recenti misure per risanare ilbilancio nazionale fanno sentiregli effetti. Infatti i tagli dello scor-so anno a Regioni e Provincehanno indotto tali enti a ridurre lespese.

Per quanto ci riguarda da vici-no, ciò ha comportato che giàda quest’anno non ci verrannoriconosciuti i contributi ai sensidelle Leggi Regionali 8.9.1981,n. 68 tit. III e 22.3.1996, n. 15.

Tali contributi negli ultimi anniammontavano complessivamen-te a 2.500 euro/annui e ci aiuta-vano a far quadrare il bilancio. Ilcontributo comunale di 500 euroci è stato confermato.

Un’altra misura entrata in vigo-re a gennaio 2010 riguarda i rin-cari delle spedizioni postali in ab-bonamento dei periodici. Il costodella pura spedizione, che primaera mediamente intorno ai 95 eu-ro, con la nuova norma è passatoa 220 euro, con un incrementodel 131%. Ciò significa un mag-gior costo annuo di 375 euro.

Non ci resta che contare sullasensibilità dei lettori per poter farfronte a queste minori entrate emaggiori spese.

Appelloai lettori... [...dai conti correnti]

Per l’Artugna, con tanti auguri.

LUIGI E BRUNA BASTIANELLO

VENEZIA

Per onorare la memoria di IreneDe Ca rolis in Zambon.

CAMILLO ZAMBON

TRIESTE

In memoria di Natalino Zambon(Gidio) il più sincero e fidato amicodi Pasqualino Zambon Canta.

PASQUITA MAIORANO VED. ZAMBON

SARONNO (VA)

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Cattiveria.L’anziana signora: «Mi dica, in con-fidenza, io mostro gli anni che ho?»«Oh, no signora, ne nasconde pa-recchi!!»

Agli italiani piace molto la puntua-lità degli svizzeri.

Lo snob di domani: «Sono statoconcepito in vitro di Murano».

Agonizzò anche da morto, il cre-matorio era in panne.

Puntualissimo come era semprestato sbalordì quando il medicogli disse che era arrivato «troppotardi».

Solo perché incompresi certi per-sonaggi si ritengono dei geni.

Più che il suo ultimo capello nerol’amareggiava il primo capellobian co del figlio.

Self made man.«Quando sono arrivato in questacittà, non avevo che la mia intelli-genza». «Hai proprio incominciatodal niente!»

Punture di spillo[AFORISMI – MALDICENZE – PROVERBI – FREDDURE]

a cura di Sante Ugo Janna e Ruggero Zambon

Se Laura fosse stata la moglie delPetrarca, pensate che lui avrebbescritto sonetti tutta la vita?[Byron] 1

Il mito del tempo libero è il padreadottivo della stupidità.[Flaiano] 2

Quando ho perso il mio fucile,l’eser cito mi ha fatto pagare 85dollari. Ecco perché nella Marina ilcapitano affonda con tutta la nave!

Profumeria.Entra un anziano bellimbusto chesi rivolge alla commessa: «Si gno -rina, che cosa avete per i capellibianchi?»«Un profondo rispetto, signore!»

Gli avvocati, questi girarrosti delleleggi che, a forza di girarle e rigirar-le, finiscono per cavarne un arro-sto per loro.[Heine] 3

Un cinico è uno che, sentendopro fumo di fiori, si guarda attornoin cerca di una bara.[Mencken] 4

1. George Gordon Byron (Londra 1788-Mis -solungi 1824). Poeta inglese, tra i maggioriesponenti del romanticismo inglese, è anche ce-lebre come figura di esule e patriota, partecipòalle lotte per l’indipendenza dell’Italia e dellaGrecia dove morì.

2. Ennio Flaiano (Pescara 1910-Roma 1972).Narratore e commediografo satirico. Sceneg -giatore di films di Federico Fellini ed altri noti registi.

3. Heinrich Heine (1797-1856). Poeta, dramma-turgo e saggista tedesco. Viaggiò a lungo inItalia e Inghilterra, nel 1831 emigrò a Parigi dovemorì. Fu grande lirico romantico, nel cui stile fan-tasia e sentimento sono temperati dall’ironia.

4. Henry Louis Mencken (1880-1956). Giornalistae scrittore statunitense, d’idee antiborghesi.Importanti le sue indagini sulla lingua americana.

5. Martin Luther King (1929-1968). Pastore bat-tista statunitense, promosse il movimento per ladifesa non violenta dei diritti della popolazionenera, premio Nobel per la pace (1964) fu assas-sinato a Memphis.

6. Pier Paolo Pasolini (Bologna 1922-Roma1975). Poeta, scrittore e regista dall’inquietasperimentazione esistenziale. Visse alcuni anni aCasarsa della Delizia (Pn) nel cui cimitero è se-polto accanto alla madre.

7. Paul Claudel (1868-1955). Poeta e dramma-turgo francese. Partito da esperienze simboliste,fu poi tra i maggiori interpreti del rinnovamentocattolico.

8. Mohandas Karamchand Gandhi (1869-1948)detto «mahatna» ossia grande anima, uomo po-litico indiano, fautore della dottrina giainica della

La Chiesa non è la padrona o laserva dello Stato, ma la coscienzadello Stato.[King] 5

La Chiesa è lo spietato cuore delloStato.[Pasolini] 6

Preghiera.È quel qualcosa che dice di sì aDio dentro di noi. [Claudel] 7

Preghiera.La quotidiana ammissione dellanostra debolezza. [Ghandi] 8

È molto più facile essere un eroe,che un galantuomo. Eroi si può es-sere una volta tanto, galantuominisi deve essere sempre.[Pirandello] 9

non violenza. Guidò campagne di disubbidienzacivile di massa alle leggi britanniche (1919-1932), per cui fu più volte incarcerato.

9. Luigi Pirandello (Agrigento 1867-Roma 1936).Scrittore e drammaturgo, premio Nobel (1934).Esordì con romanzi nel filone del verismo, ap-profondendo via via il dramma dell’individuo iso-lato in una realtà che gli è estranea. Questa te-matica trova la sua realizzazione più originale nelteatro pirandelliano.

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DARDAGOPieve di Santa Maria Maggiore

Comune di Budoia Periodico l’ArtugnaComitato Festeggiamenti DardagoPro Loco Budoia

sabato 7Inaugurazione della Personale di Umberto Coassin«itinerari di uno spirito libero»

giovedì 12Apertura chiosco enogastronomico

Concerto d’organo del Maestro Mauricio Pergelier

venerdì 13Apertura chiosco enogastronomico

sabato 14Apertura chiosco enogastronomico

18.30

19.30

DARDAGOSTO 2010

in Teatro

presso il cortiledelle scuole elementari

presso il cortiledelle scuole elementari

presso il cortiledelle scuole elementari

19.30

21.00

17.00

17.00

21.30

20.45 in Chiesa

Partenza della 4a marcia sul Percorso circolare del torrente Artugna

Concerto rock·blues anni ’70-’80 della band Highway 4

domenica 15Santa Messa in onore dell’Assunta

Apertura chiosco enogastronomico

Giochi popolari

Musica dal vivo con Silvya

presso il cortiledelle scuole elementari

11.00

16.30

16.30

21.00

Serata danzante con l’orchestra«Alto Gradimento»

Durante tutta la manifestazionePesca di beneficenza presso i locali della canonicaMostra di pittura presso il Teatro

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Calliteara pudibundafamiglia delle Lymantriidae

Farfalla

Sullo sfondo grigio chiaro dei sassi del ghiaione che, poco distan-te dalla chiesetta, scende verso l’Artugna dal Crep de San Tomè,tra le foglie secche dimenticate dal vento spicca una macchia co-lorata: è un grosso bruco peloso, giallo a strisce nere, lungo tre-quattro centimetri: un incontro adatto a una foresta tropicale.Subito fotografie e ricerca in internet: è la forma larvale di una fale-na che vive nei nostri boschi da aprile a giugno, la Calliteara pudi-bunda, famiglia delle Lymantriidae, e può avere colorazione

gialla, verde o rosso-bruna.Si nutre di foglie di rovere, pruno, carpino e trova quindi un am-biente ideale nel bosco ceduo. La farfalla adulta, casualmente giàincontrata, e ritratta, in altra occasione lungo l’Artugna, all’iniziodel rujal, è lunga da 4 a 6 centimetri, di colore grigio (più scuro nelmaschio) con lunghe antenne e zampe coperte di una fine peluria:esempio perfetto di mimetismo, in particolare per l’ambiente della

Val de Croda, che le consente di sfuggire ai predatori.Al contrario il bruco, così colorato e peloso, munito di un finto pun-giglione rosso, inganna e sconcerta eventuali predatori, utilizzando

l’eccesso di visibilità come stratagemma difensivo.

Testo e foto di Massimo Zardo