l'Artugna 112-2007

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In Sudan con Emergency Bazzani del 1890. Opera 387 1977-2007. Il Gruppo Artugna ne fa 30 Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXVI · Dicembre 2007 · Numero 112 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone. Famiglia e... ancora famiglia

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXVI · Dicembre 2007 · Numero 112 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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In Sudan con Emergency

Bazzani del 1890. Opera 387

1977-2007. Il Gruppo Artugna ne fa 30

Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa LuciaAnno XXXVI · Dicembre 2007 · Numero 112S

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aro Gesù Bambino,sono tanti anni che non ti scrivo piùla letterina, tanti che non ricordonemmeno quello che ti ho chiestonell’ultima a te indirizzata.Un’auto mobilina? Un libro di favole?Forse un trenino elettrico. Mi ricordoche in quegli anni ero moltoappassionato di treni. Era comunquequalcosa per me solo, che aspettavofiducioso perché negli ultimi giorniprima di scriverti mi ero comportatobene e pensavo che ciò bastasseper ottenere quanto desiderato.Quest’an no invece te la scrivo conmolta più convinzione, non perchégli ultimi giorni siano stati all’insegnadella bontà, ma perché è la bontà diquanto ti chiedo che mi dà questasicurezza e perché sarebbe un regaloper molti. Distratti da tutto quello che ci giraintorno, preoccupati da un incalzaredi eventi degli uomini e della naturache lasciano stretti spiragliall’ottimismo, infastiditi dalle tasse edai valzer di palazzo, assordati dauna televisione che fa spettacolo deldo lo re, e che ci vuole colpevolisti oinnocentisti, invece che stimolarci apesare veramente il senso deglieventi, a fatica comprendiamole cause di questo male e pensiamodi non meritare regali o di non poterguadagnare cambiamenti. Cosìprotestiamo, ci lamentiamo, gioiamodi disfatte politiche, senza in realtàcapire che possiamo chiedere edanche ottenere.Se per una volta questa letterinala scrivessimo in tanti e la firmassimocon mano decisa avrem mo successoe sotto l’albero di quest’anno, e ditutti quelli a venire potremmo trovarel’impegno ed il coraggio che ti chiedodi regalare a Budoia.

Caro Gesù Bambino,vorrei che non ci fosse più unavecchia di metà quaresima cosìagguerrita e belluina come quelladella scorsa primavera. Si èarrabbiata contro tutti e tutto, ha

avuto parole dure e mai rispettose.Ha scritto un paio di lettere e se l’èpresa a destra e a sinistra,con le amministrazioni passate, conquella di oggi, con le associazioni edil volontariato; ma anche conpersone che non rivestono alcunacarica pubblica e che si impegnanonel loro quotidiano professionale.Non è stata però capace di spiegarecon chiarezza quello che non andavabene, non ha chiesto un diversomodo di fare e un progetto piùconvincente. Ha preferito affibbiarenomignoli ed epiteti acerbi, credendodi far ridere i più; ha punzecchiatogratuitamente, scagliandosi anchecontro gli affetti dei bersagli chevoleva centrare.Lamentare l’ingiustizia, denunciarei soprusi, dare l’allarme sui pericoli èdoveroso e fa parte dell’onestàumana. Ma non è attraverso l’offesae l’attacco che possiamo pensare dicrescere. Caro Gesù Bambino, mipiacerebbe che nei nostri paesi cisi confrontasse di più, che ci fosseil coraggio di dire a parole chiare eschiette le cose che non funzionanoe perché debbano funzionarediversamente, con una concretaaspirazione al dialogo e non allasterile satira. La vecchia non si è

nemmeno firmata. Forse non èanziana, e quindi ricca di saggezza;forse è solo una vecchia vecchia,ormai stanca. Tra l’altro si èdimenticata di Santa Lucia. Sarannotutti buoni e bravi più a valle?

Caro Gesù Bambino,vorrei anche che i nostri paesi nonfossero contaminati dai progetti delnuovo cementificio Gri golin. Chissàse da lassù hai letto tutti i giornali, ledelibere regionali, i pareri dei comuni.Sono pagine e pagine di vaglio suquadro ambientale, mitigazioni,analisi dei costi e benefici. Di certoqualche preghiera preoccupata saràarrivata al tuo ufficio reclami. Anch’iomi sono preoccupato. Mi è bastatoleggere qualche pagina del VIA(Valutazione di Impatto Ambien ta le)per farmi rizzare i capelli earrabbiarmi nel cuore. Non sonocertamente contrario allo sviluppo,alle iniziative che mirano ad unaproduzione industriale capace digarantire maggiore benessere, alprogresso. Ma a tutto c’è un limite.Vogliono le nostre strade per passarecon mezzi pesanti in arrivo daCaneva, carichi di detriti e polveri fini

C

Gesù Bambino...Caro

[segue a pagina 10]

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la lettera delPlevàn

sta si tramuta in umile adorazione a quelBambino. Apria mogli il cuore e la menteperchè abiti con noi e ci trasformi.Il Natale è la festa più popolare, cele-brata in tutto il mondo. Per il mondochiediamo la pace.Raccomandiamo gli inizi del nuovo an-no alla materna intercessione dellaVergine Maria, Madre di Cristo e madrenostra. A lei affidiamo la nostra vita, conlei percorriamo la strada della giustizia,dell’amore fraterno, della bontà, dellacarità, dell’umiltà. Questa è la stradache ci porta a Betlemme. «Famiglia umana, comunità di pace».Questo è il testo del messaggio che ilSanto Padre Benedetto XVI ha scrittoper la Giornata Mon diale della Pace,giunta al 41° anno. Il Papa mette al cen-tro della pacificazione internazionale,proprio la famiglia. Fondata sul modellodi Nazaret, ove si insegnano la preghie-ra, il rispetto, la tolleranza, l’amicizia, lasolidarietà. Le basi per la pace vengonoinculcate nella nostre famiglie. Abbiamouna grande responsabilità, tutti, educa-tori, genitori, sacerdoti, persone vicinee lontane, credenti e non: educare allapace.Il Natale ci conduce al polo di attrazioneche è Cristo. I Santi Magi, guidati dalla stella, hannoadorato quel Bambino e hanno ricono-sciuto in Lui la luce che splende in ogniluogo, che fuga le tenebre, che ci donapace e salvezza. Esso diventa anche unevento che provoca reazioni diverse edopposte: non ci sono solo i Magi a cer-care il Bam bino per adorarlo, ma c’èanche Erode che vuole ucciderlo. Lavenuta di Gesù non lascia indifferenti echiede di prendere posizione, di schie-rarsi: il suo apparire sconvolge le mentidei potenti e conforta i poveri. Oggi an-che noi siamo chiamati a metterci dallaparte del Bambino inerme per combat-tere il male con la sola forza dell’amore.Buon Natale ai lettori del nostro bel pe-riodico. Alle care comunità cristiane: sia un gior-no pieno di luce e di gioia interiore. Viauguro di poterlo trascorrere in sere-nità, accanto alle Vostre famiglie,Auguro agli anziani e ammalati di nonsentirsi soli, abbandonati, tristi, ma divivere con Gesù questa festa grande ebella. Auguro ai bambini e ai giovani tut-to il bene per il loro avvenire, e che nonsi dimentichino di essere cristiani. Alletre comunità l’augurio di serenità e dibenessere per un nuovo anno ricco disoddisfazioni e di ogni bene. Con affetto, Buon Natale e Felice 2008.

DON ADEL

«Un Bambino è nato per noi,ci è stato dato un figlio.Sulle sue spalle, è il potere eil suo nome sa rà: Consiglieremirabile Dio po tente, Padre persempre,Prin cipe della pace»

(Isaia 9, 1-6)

Fratelli e sorelledi Dar dago, Budoia, Santa Lucia,è Natale!

Festa dell’intimità e della Luce: l’intimitàdella vita di Dio, che si fa in Cristo vitadell’uomo; la Luce di una nuova speran-za, la gioia della salvezza.

È Natale!Nel cuore della notte la comunità cristia-na si riunisce per commemorare l’even-to più straordinario della storia: la nasci-ta del Salvatore. Vi partecipano il cielo ela terra con stupore e gratitudine.Stupore per il grande dono fattoci daDio, attraverso il Grembo verginale diMaria. In quel Bambino disteso nellamangiatoia, adoriamo il Dio fatto carne,fatto uomo, venuto per salvarci. Ec co ilgrande dono del Natale la nostra rispo-

Accanto a don Adel (a sinistra nella foto),don Tomislav (Croazia) e don Domas(Lituania), studenti al 1° anno pressolo «Studium Generale Marcianum» diVenezia.Li ringraziamo per la loro preziosa esensibile attività pastorale a supportodi don Adel nelle celebrazioni festive eprefestive delle nostre comunità, e ciauguriamo di ospitare presto le lorotestimonianze tra le pagine de l’Artugna.

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IMPORTANTE

Per ragioni legate alla normativasulla privacy, non è più possibile averedagli uffici comunali i dati relativial movimento demografico del comune(nati, morti, matrimoni).Pertanto, i nominativi che appaiono suquesta rubrica sono solo quelli che ci sonostati comunicati dagli interessati o da loroparenti, oppure di cui siamo venuti aconoscenza pubblicamente.Naturalmente l’elenco sarà incompleto.Ci scusiamo con i lettori.

Chi desidera usufruire di questa rubricaè invitato a comunicare i dati almeno ventigiorni prima dell’uscita del periodico.

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N A S C I T E

Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di...

Thomas Foscarini di Manrico e Giordana Piovesan – BudoiaLea Di Fusco di Salvatore e Beata Buczk – BudoiaTherese Geneveve Jew di Edward e Jennifer Rose Chown – BudoiaGregory Peto di Markellon e Renata Ortolan – BudoiaSimone Ferrari di Fulvio e Laura Battistella – BudoiaNicholas Antony Ricci di Fabrizio e Ella Karis – BudoiaAlessia Giacomini di Alessandro e Monica Giacobbe – BudoiaMartina Toffoli di Luca e Monica Bjlinko – BudoiaEnrico Chies di Elio e Sandra Decoste – BudoiaMatteo Lazzari di Roberto e Daniela Romani – MilanoRiccardo Colomberotto di Luca e Eleonora Mion – SacileMarco Brotto di Manuel e Lucia Vuerich – BudoiaDaniele Del Maschio di Giampaolo e Serena Marta – BudoiaLorena Grassi di Ivan e Yurima Sanchez – DardagoTommaso Comin di Andrea e Lorena Zambon Momoleti – DardagoSimone Valdevit di Dino e Sabrina Zambon – Rorai Grande

M AT R I M O N I

Hanno unito il loro amore. Felicitazioni a...

Gionata Asti e Elisabetta Zumbo – MestreStefano Santarossa e Claudia Pez – DardagoMichela Fort e David Colussi – Santa LuciaIvan Carlon e Natasha Dalla Bona – Budoia

25° di matrimonio

Vanni Carlon e Fulvia Mellina – BudoiaMario Zambon e Lia Lorusso – Trezzano Rosa (MI)Fadi Tohmè e Jacqueline Nasr – Dardago

60° di matrimonio

Guerrino Bocus e Maria Janna – Dardago

L A U R E E , D I P LO M I

Complimenti!

Lauree

Nadia Maravigna – Scienze Politiche e Sociali – MonzaDavide Del Maschio – Scienze e Tecnologie Viticole ed Enologiche – BudoiaSara Zambon – Ingegneria Informatica – DardagoSilvia Carlon – Psicologia Sociale del Lavoro e della Comunicazione – BudoiaStefano Zambon – Economia e Commercio – Trezzano Rosa (MI)Gabriele Zambon – Ingegneria Gestionale – Budoia

D E F U N T IRiposano nella pace di Cristo.Condoglianze ai famigliari di…

Olga Gislon di anni 93 – PortogruaroGiuseppe Porpora di anni 68 – DardagoElena Bocus di anni 41 – LignanoGiuseppe Cardazzo di anni 82 – BudoiaHilda Zambon di anni 86 – DardagoGiosuè Del Maschio di anni 80 – BudoiaIrma Rigo di anni 82 – DardagoGabriella Burelli di anni 75 – DardagoOndina Moratto di anni 74 – PordenoneAristide Puppin di anni 80 – FranciaIsidoro Del Maschio di anni 84 – DardagoSusanna Marianelli di anni 51 – BudoiaFortunato Zambon di anni 82 – FirenzeRoberto Cannavò di anni 49 – BudoiaGuerrino Santin di anni 98 – FranciaVirginia Busetti di anni 91 – DardagoVittoria Santin di anni 80 – DardagoAntonio Sinesi di anni 65 – DardagoGina Biscontin di anni 87 – BudoiaLeonora De Chiara di anni 70 – Castello d’AvianoMaria Diamante Varani di anni 78 – LondraRosemarie Krebs Zanchet di anni 89 – DardagoAgnese Ferrari di anni 68 – CampaltoGianni Rossetto di anni 55 – Venezia

Errata corrige

A pagina 4 del numero 111(nascite) leggasi: «FilippoMorson» (anziché Doimo)di Guido e Federica Zanolin.

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Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia (Pn)

sommario

2 Caro Gesù Bambino…di Fabrizio Fucile

3 La lettera del Plevàndi don Adel Nasr

4 La ruota della vita

6 Famiglia e… ancora famigliadi Alessandro Fontana

8 Storie di famiglie. I Fort dei Maschie i Fort de Còcol di Santa Luciadi Pietro Fort

10 Caro Gesù Bambino... (continuazione)di Fabrizio Fucile

29 Trovati sul Col Cornier i restidi due militaridi Massimo Zardo

30 1977-2007. Il Gruppo Artugna ne fa 30di Marta Zambon

32 Collis Chorus diplomato con merito!di Roberto Cauz

Autorizzazione del Tribunale di Pordenonen. 89 del 13 aprile 1973Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96.Filiale di Pordenone.

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzionedi qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza ilconsenso scritto della redazione, degli autori e deiproprietari del materiale iconografico.

Direzione, Redazione, Amministrazionetel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594

Internetwww.naonis.com/artugnawww.artugna.it

[email protected]

Direttore responsabileRoberto Zambon · tel. 0434.654616

Per la redazioneVittorina Carlon

Impaginazione Vittorio Janna

Spedizione Francesca Fort

Ed inoltre hanno collaborato Adelaide Bastianello, Anna Fort,Espedito Zambon, Marta Zambon

StampaArti Grafiche Risma · Roveredo in Piano/Pn

In copertina.Dal Sauc il lieto annuncio del manifestarsi della Lu -ce che, intensa, si propaga con rapidità verso ilpia no, là, dove la gente tralasciando gli affanni delvi vere quotidiano, si prepara ad accogliere il Sal va -tore del Mondo.

[Foto di Massimo Zardo]

112

anno

XXXV

I · dicembre 2007

11 In Sudan con Emergencydi Roberto Crestan

14 Anche la morte è vita!a cura di Vittorio Janna Tavàn

18 Bazzani del 1890. Opera 387di Mario Povoledo e collaborazionedi Fulvia Mellina Lorenzo MarzonaFrancesco Zanin

21 Da Dardàc… ai poli. Verso il Polo Nord(terza ed ultima parte)di Roberto Zambon

24 L’unione fa la forzaa cura di Vittorina CarlonSimonetta Gherbezza

26 Soranomi dardaghesidi Tino Ite

27 Mi no torne pì a ciasa...di Adelaide Bastianello

28 Alfredo Zambon, un artista al serviziodegli Alpinidi Luciano Bocus

33 Dal pattinaggio su rotelle al pattinaggiosu ghiaccio

34 Dardagostodi Adelaide BastianelloSara DabrilliFrancesca Romana Zambon

36 ’N te la vetrina

37 L’angolo della poesia

38 Lasciano un grande vuoto...

39 Cronaca

42 Inno alla vita

44 I ne à scrit

46 Bilancio

47 Programma religioso natalizio

e inoltre...

Albero genealogico dei Vettor Cariola di Adelaide Bastianello[diciannovesimo inserto]

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Era già da qualche giorno chesentivo una sorta di disagio, dinausea che mi attraversava per nonriuscire ad esprimere ordinatamentele sensazioni ed i pensieri che mi siagitavano dentro. La nausea mi prende ogni volta checerte notizie ci vengono trasmessedai giornali e dalla televisione conossessiva ripetitività e tutte inrelazione al lato negativo deicomportamenti dei giovani. Anchecerte informazioni ottenute da mianipote, liceale a Padova, siaggiungono a quelle ed aprono unquadro complessivamente inquietantee innaturale sulla attuale situazionegiovanile.Non che queste notizie siano nuoveo che io non le avessi già ascoltate esofferte prima, ma ora hannoraggiunto il mio più alto livellod’intollerabilità e di confusione.Poi, come un’illuminazione, è arrivatol’articolo, l’editoriale di RobertoZambon su l’Artugna di questaSanta Pasqua.Chissà come, le mie idee si sonoschiarite e dolorosamente ordinate.Ogni settimana, di domenica, arrivasempre la stessa notizia: due o tre opiù ragazzi sono morti bruciati in

auto, schiantati tra di loro o contropali, alberi e muri, per non parlare diquelli rimasti vivi ma straziati persempre.Ogni giorno almeno uno se non piùgiovani muoiono per essersi drogatifino a scoppiarne. Più volte al mese o sono i figli aduccidere per soldi i genitori o sonogenitori esasperati ad uccidere i figli.Dalla scuola arrivano notizie didegrado, di violenza, d’ignoranza edi fallimento. Decine di migliaia di giovani muoionoogni anno per l’AIDS.Con buona pace della presuntaparità e consapevolezza dei sessi, leragazze sono troppo spes so vittimedi stupro da parte di coetanei acui loro stesse si offrono nel nome diuna libertà che ormai è sololiberticidio.I perché di tutto questo sono tanti emolti sociologi, pedagoghi, psicologiscrivono e scrivono e scrivono consolenni insuccessi. Non li ascoltanessuno. Ma perché dovrebbero essereascoltati? Non certamente da questigiovani che hanno attorno a loroil più meraviglioso paese dei balocchiche abbiano mai immaginato: dove

di Alessandro Fontana

Famiglia e... ancorafamiglia

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tutto è permesso, dove non esistonoregole e limiti, dove troppe famigliesono diventate lo stupido supportodel disimpegno e della irresponsabilitàse non proprio della stessa violenza.Ma guardiamoci attorno. Ci mancaormai una generazione di uomini chese n’è andata, perduta nella droga,nell’AIDS, nel menefreghismo e nellafaciloneria del le istituzioni.E non stiamo parlando solo dell’Italia.Il problema è generalizzato, machissà perché ciò non mi confortaanzi m’intristisce di più.Ma perché i giovani non dovrebberocopulare? Non c’è forse la libertàd’abortire che poi mette tutto a posto?Ma perché i giovani non dovrebberosposarsi senza pensarci due volte?Non c’è forse il divorzio che li rimettein corsa?Ma perché non dovrebbero da refuoco alla scuola o allagarla? Nonc’è poi il giudice che non sa o nonvuole fare giustizia e che consideratutto delle ragazzate?Ma perché dovrebbero sentirsi guidatio confortati dalla religione? Non c’è

anche chi gli toglie il Crocefisso dallepareti?Ma perché non dovrebbero usareil telefonino a scuola? Co mepotrebbero fare a ricevere il compitofatto da qualcun altro all’altro capodell’etere? Magari dagli stessigenitori che così si fanno le vacanzein santa pace senza bocciature odebiti da saldare?Ma perché non dovrebberocom prarsi la droga e «sballare»? Nonsono le famiglie stesse a dargli i soldied ad essersi arrese al malcostumedilagante?Di quanta immensa imbecillità èimpastato quel genitore che protestao addirittura malmena il professoreed il preside che hanno bocciato orimproverato suo figlio?Non dico che chi si è impegnatonelle cosiddette battaglie sociali peril divorzio, per l’aborto, per la libertàdi religione, per il non nucleare, perl’apertura indiscriminata dellefrontiere etc. fosse in mala fede; no!Diverse situazioni intollerabili sonoandate a posto grazie ad esse...

Ma non si possono buttare via deiriferimenti sicuri, anche se cattivitalvolta, senza contemporaneamentecrearne degli altri altrettanto sicuri emigliori dei pre ce denti.Non si può e non si deve o almenonon si dovrebbe!Abbiamo assistito alla distruzionedell’autorità della scuola, dellamagistratura, delle forze dell’ordine,del padre e della madre, dellareligione, del senso di appartenenzaad una comunità, etc. etc.Ed in cambio cosa abbiamo ricevuto?Corruzione, droga, alcool, discoteche,terrorismo, AIDS, violenza dappertutto,ignoranza e insegnanti politicizzati.Non dico che manchino ottimi edanche numerosi esempi giovanili didedizione alla famiglia, alla scuola,alla cultura, alla religione, alla pietàper i propri simili. E meno male checi sono! Ma quando trattiamo argomenti direspiro sociale, bisogna riferirsi allepercentuali di chi pratica il bene el’onestà e di chi invece pratica il malee la stupidità. Un sociologo e criminologo famosodiceva, con dati di fatto certi everificati, che una percentuale dimale è necessaria alla comunità maprecisava anche che questapercentuale non deve esseresuperiore al tre, quattro per cento.Sui «media» invece si sente e silegge che nelle grandi città la drogagira nelle scuole a livelli del trenta epiù per cento! E che i morti sullestrade del sabato sera sono amigliaia ogni anno!Ovviamente non ho ricette o rimediper questa nausea ma sono sicurodi poter andare alla radice di tutto:alla famiglia che riconquista il ruoloche sempre ha avuto, fin dall’iniziodei secoli. È l’unica àncora di salvezzaper mantenere viva la speranza.I genitori devono intelligentementereprimere i figli che portano giudizinegativi dalla scuola, che puzzano divino e di fumo, e che si comportanoda bulli o da prevaricatori esoprattutto devono trovare il tempoper stare insieme e parlare, parlare,capire e far capire.Famiglia e ancora famiglia perricucire l’immenso strappo nella vitadei giovani e quindi anche nellanostra vita non più tanto giovane mache non dimentica. Mai.

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STORIE DI FAMIGLIE

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I Fort dei Maschi

Voglio raccontare la storia dei Fort deCòcol.

Nella seconda metà del 1800,quel la che fu la prima casa dei Fort fuabitata da Giovanni Fort e dalla moglieAnna con il loro figlio Osvaldo, Svalt, ilquale aveva una piccola disfunzionementale, e con le altre cinque figlie:Maria, mia nonna, che sposa Giu sep -pe Fort dei Maschi; Fiorina, che sposaAndrea Fort Palanca; Santa, sposata aMurano (Ve); Angela, sposa GiuseppeStefinlongo di Budoia, e Mar ghe ritache sposa Francesco Bravin di SanGio vanni. Il vecchio Gio vanni aveva la-vorato come scrivano presso un no-taio, a Castello d’Avia no.

Mio nonno, Giuseppe Fort, dellafamiglia dei Fort dei Maschi, si sposòcon Maria, una delle cinque figlie diGiovanni, nel 1872. Dopo qualche an-no di matrimonio e già con la famiglianumerosa, Giuseppe decise di chie-dere ospitalità al suocero Giovanni deCòcol, in cambio dell’assistenza loro edel figlio Svalt. La proposta fu accetta-ta e così una nuova famiglia Fort ritor-nava nella prima casa costruita dalprimo dei De Fort.

Giuseppe e Maria ebbero dodici fi-gli, dei quali tre morirono alla nascita edue prima del terzo anno di età. Laprimogenita fu Anna, Nuta, nata nel1875, seguita da Pietro, Giulia, Angelochia mato Cencio, Antonio Toni, miopadre, Umberto e Mario, ultimo nato,nel 1893.

Il nonno Giuseppe aveva trovato la-voro come facchino al «Grand Ho tel»,

a Venezia, seguito dai figli Angelo eMario ancora in tenera età. Era un im-piego stagionale ma di duro lavoro. Ilresto della famiglia, rimasta in paese,lavorava la terra, in parte ereditata e inparte acquistata.

Lo zio Angelo, Cencio, fu il primo asposarsi, nel 1907, con Lui gia Favretdi San Giovanni ed ebbe quattro figli:Maria (1908), Giuseppe (1910), An to -nia (1912) e Carolina (1914).

Nel 1912, Umberto entrò in semi-nario a Venezia; Pietro, invece, trovòimpiego in un negozio di alimentarisempre a Venezia. Allo scoppio dellaprima guerra mondiale, tutti e cinquedovettero arruolarsi nell’esercito. Miopadre, Antonio, fu mandato in secon-da linea per la sua miopia; Umberto,essendo studente, fu messo nellaCroce Rossa; Mario, il più giovane,combatté in prima linea sul Carso emorì quando il suo reggimento fu de-cimato dai gas asfissianti; Pietro ri-tornò a casa affetto dalla malaria eAngelo con due dita dei piedi conge-late e parzialmente amputate. Antoniorientrò dopo la disfatta di Caporetto epassò l’anno dell’invasione in casacon i genitori, le sorelle, la cognata e ifigli di Angelo.

Nel dopoguerra, a due anni di di-stanza, morì Pietro a causa della ma-laria. Nello stesso anno Um berto fuordinato sacerdote e poco tempo do-po inviato come cap pellano a Cava -zuc cherina (ora Jesolo); in seguito funominato curato a San Zaccaria. Nel1946, divenne vicario della chiesa di

di Pietro Fort

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e i Fort de Còcoldi Santa Lucia

Dalla Scozia Pietroricordale sue origini

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San Bartolomeo e abitò nella canoni-ca, che si trovava al terzo piano, so-pra a quello che ora è l’«Alber go Rial -to», da dove, attraverso una veranda,ci si affacciava sul Ca nal Grande. Nel1950 don Um berto morì, colpito daun’embolia.

Antonio, mio padre, si coniugò al-l’età di 39 anni, nel 1924, con Mad -dalena Arcicasa da Nave di Sacile.

Quanto segue mi fu raccontato damio padre Antonio Fort (1885),sempre vissuto in paese, e dallo zioAngelo-Vincenzo (1882), stabilitosi aVenezia dopo la 1° guerra mondiale,dove con lui avevo stabilitoun’amichevole relazione, tanto che avolte passavo delle ore ad ascoltarele vecchie storie del paese natio.La storia dei Fort incomincia versola fine del 1500 e l’inizio del1600,quando arrivarono in paese dueuomini, i quali offrirono il loro aiutoalla gente della piccola frazione e inbreve tempo acquisirono la fiducia el’apprezzamento della popolazioneper le loro capacità lavorative edorganizzative: aiutavano nei lavoriagricoli ed, essendosufficientemente letterati, davanoconsigli ed aiuti ad alcuni analfabetiin materia di spese…Anche dopo essere stati accettatidalla comunità, non divulgaronoi loro nomi e le loro origini.Sic come parlavano con un accentostraniero, alle ripetute richieste dellagente rispondevano cheprovenivano dal Fort di Lie ge,l’attuale Belgio. Furono conosciuticome quelli del Fort.Qualcuno sospettò che si trattassedi disertori, ma col passare deltempo tutto fu dimenticato.Dopo essersi uniti con due donnelocali e aver formato famiglia,decisero di costruirsi una casa,aiutandosi a vicenda. Co strui ronodue case praticamente ugua li, cheesistono tuttora. La prima fu la casadei Fort de Còcol in via Lacchin 39,l’altra è la casa dei Fort de Ustin, invia Besa Fort. Due case ruralicostruite su un modello che sipossono ancora intravedere nelleregioni di provenienza dei suddetti.Così si arriva al nome dei De Fort,che si diffonde in paese, nel giro diun secolo e mezzo. Una grande famiglia fu quella deiDe Fort dei Maschi, sorta sulconfine con San Giovanni, di fron tealla fontana della Salera. Questadivenne una famiglia numerosa;diverse case furono costruite nellostesso cortile.Altre tre famiglie popolarono ilpaese: ad est i De Fort Palanca ei De Fort Provedon, mentre più alcentro i De Fort Mio. Questefamiglie acquisirono grandiappezzamenti di terreno, in pianurae sulle colline.

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1. Giuseppe Fort dei Maschi e Maria Fortde Còcol.2. Antonio Fort.3. Don Umberto Fort.4. I cugini Pietro e Giuseppe Fort a Londra,nel 1960. Giuseppe è figlio di AngeloVincenzo, nato a Santa Lucia nel 1910.5. Da sinistra. Mario, Giuseppina e Pietro(Piero) Fort, nel 1986.6. La signora Mary Campbell in Fort coni primogeniti Anna (a sinistra) e Antonio,nell’aprile 1962.7. I cinque figli di Pietro e Mary Fort, natiin Scozia. Al centro, in piedi, il secondogenitoFranco, a sinistra Anna Maddalenacon la neonata Carla, e a destra Antonio conil piccolo Renato, nel 1971.

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[continua a pagina 10]

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verso la loro destinazione finale.Potrebbero essere più di cento algiorno. E chissà se dopo il fallimentodel primo progetto di viaggio versoTorviscosa, vorranno ancora usarela nostra vecchia stazione, non piùbuona per far partire ed arrivaregente, bensì molto utile per scaricaremateriale inerte, capace di entraredentro ai polmoni e non certo persanarli. Adesso stanno pensando aduna nuova area per costruireil cementificio, ma la nostra stazionepare rimanere sempre il puntomigliore di partenza. Sai cosa significano tutti quei camionsulle nostre strade? Rumore,emissioni inquinanti, vibrazioni.Io abito in città e so che cosa vuoldire; non mi posso lamentare. Ne hoin abbondanza. Qui in paese ci sonoi miei cari, i miei amici, le personecon cui sono cresciuto. Caro GesùBambi no, vedi se puoi fare qualcosa;soprattutto non farci dormire, tienicisvegli per capire bene come vanno lecose e fa in modo che i nostriamministratori, quelli di oggi e quellidi domani, con una mano sulla lorocoscienza di uomini e l’altra sul cuoredi budoiesi cerchino sempre la viamigliore per i buoni frutti, per farinvecchiare bene i nostri padri ecrescere sani i nostri bambini,liberando l’orizzonte dalle logicheutilitaristiche e di potere. Che sianocoraggiosi a far sapere, a informare,più che a nascondere, anche se laverità può essere faticosa. Sulla veritàsi ragiona, sul taciuto non sicostruisce niente.

Caro Gesù Bambino, insegnaci anche ad essere più affabilitra noi. Non più cappellanie e pieve,ma tre paesi nel loro antico e comunecammino di fede con la fermasperanza di crescere in fraternità.Nell’attività del volontariato, di quantiuna volta o sempre donano il lorolavoro per la realizzazione dellenecessità del paese.Il rispetto ed il culto della nostracultura, tradizione e religionecostituiscono una pietra d’angolo sucui poggiarsi di fronte al cambiare deltempo; con progetti comuni, di largo

respiro, che ci permetteranno dicrescere ancora. La carità, ci faràricchi di fronte al mondo che cambia,con una fiduciosa disponibilità allatolleranza, all’accettazione deldiverso, con tutta la forza dell’amoreper le nostre radici che sappiaoltrepassare la soglia di casa peraprirsi al mondo. E non quellolontano. So prattutto quello piùprossimo, che deve essere senzacampanili che sono di questa terra ecomunque – per quanto alti – nontoccano mai da soli il cielo.

Caro Gesù Bambino,ti starai chiedendo perché non chiedoniente per Roma, dove adesso vivo.Nella capitale c’è tanto di quello cheho chiesto di tener lontano da Budoia:inquinamento, rumori, logicheutilitaristiche e la gente che corresenza accorgersi di chi incontra o glicammina al fianco. Che vuoi, io sono nato qui ed è quidove posso e sento di alzare la miavoce e da dove penso si debbacominciare a cambiare. Dal la propriafamiglia, dal quotidiano, dove i piccolisforzi sono significativi e se unitipossono dare grandi risultati. In paesicome i nostri ci si può incontrare, sipuò ancora parlare, si può far forzase non sulle ideologie – legittimamentediverse – su quel terreno comuneche è la nostra storia di lavoratorionesti, tenaci, abituati alla fatica ed alsacrificio. Qui è facile capire quantoci fa bene e quanto ci può far male.Basta volerlo. Vorrei veramentevedere, a cominciare da casa mia,un po’ meno preoccupazione seil terreno dietro casa diventafabbricabile, se per Natale mettonopiù luci a Dardago o a Santa Lucia,se la messa grande è alle 9 o alle 11,se per le feste canta il Collis Choruso il Gabriel Fauré. Vorrei vedere piùimpegno in quelli che ancora vecchinon sono; più coraggio di rischiare,più umiltà nell’ascolto e più voglia diraggiungere un bene che non siasolo nostro, o per pochi altri, ma chepossa esserlo – mi spiace sembri loslogan di una campagna elettorale –soprattutto per Budoia.

FABRIZIO FUCILE

[da pagina 2]Dopo i primi due figli, una bambina eun maschio morti al momento del par-to, nel 1928 nacque mia sorella Giu -seppina, nel 1929 mio fratello Marioed io sei anni dopo, nel 1935. Nel1936, mia madre morì per un tumoreal seno; mio padre, invece, morì adottantacinque anni, nel 1970.

Le due sorelle di mio padre, Annae Giulia, erano a Venezia, la prima siprendeva cura del fratello prete e laseconda prestava servizio presso unacasa signorile. Dopo la morte di miamadre, la zia Anna ritornò al paese perprendersi cura di noi bambini, mentreGiulia assistette don Um berto.

Subito dopo la prima guerra mon-diale, lo zio Angelo si stabilì con tuttala famiglia a Venezia e con il figlio Giu -seppe continuò a lavorare nel ramo al-berghiero. Poi Giuseppe emigrò aLondra nel 1935 e, nel 1940, fu inter-nato dal governo britannico ed inviatoin Canadà fino alla conclusione delconflitto. Al ritorno sposò Bene det taBellini, nata a Londra da genitori italia-ni, e la coppia ebbe due figli maschi,Renato e Luigi, ivi residenti.

Solo una delle tre figlie, Anto nia, sisposò ed ebbe una figlia, BiancaMaria. Il marito si chiamava EmilioToffoletto.

Mio fratello Mario si sposò nel 1960con Caterina Moretto ed eb be Anna.

La sorella Giuseppina, coniugata,nel 1949, con Ferruccio Pup pin di Bu -doia, ebbe quattro figli: Narciso,Rosalba, Maria grazia (mor ta giovanein un incidente stra dale) e Giuliana.

Io, Pietro, ho sempre lavorato nelramo alberghiero sin dall’età di quattor-dici anni. Dopo aver lavorato alle dipen-denze dei due più famosi hotel di Ve -nezia, andai in Svizzera e a Parigi; nel1958, emigrai in Scozia dove tuttora ri-siedo. Nel 1960, mi sposai con MaryCampbell, scozzese di genitori irlande-si (cattolici). Ab bia mo avuto cin que figli:i gemelli Anna e An to nio, nati nel 1962,Franco, nel 1963, Carla e Rena to, altridue gemelli, nel 1971. Tut ti e cinqueso no professionisti; An na, Antonio eCar la sono laureati, Fran co ha un diplo-ma e dirige un’azienda di trasporti,mentre Renato è diplomato in elet tro -nica. Tutti hanno acquistato la loro casaed abitano in un raggio di tre chilometrida noi. Sia mo nonni di quattro nipoti(tre maschi e una femmina), ma questaè un’altra storia.

Gesù Bambino...Caro

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19 aprile 2007. Cammino nervosa-mente attraverso i corridoi dell’ospe-dale, scambio sorrisi tirati con i ra-gazzi dello staff medico. Percorro inlungo e in largo tutta l’area di quelloche ancora per poco sarà un cantie-re. Il mio cantiere, che è oramai di-ventato il loro ospedale. Sto atten-dendo come tutti una notizia. Chearriva da Raul, l’architetto che ha di-segnato l’ospedale.

Mi viene incontro e vedo due rivolidi lacrime uscire da dietro gli occhialida sole. Ci abbracciamo e crolliamoin un pianto liberatore. Il primo inter-vento a cuore aper to su una ragazzadi diciassette anni si è concluso consuccesso.

Devo chiamare Lucia, glielo devodire. Le devo dire che ce l’ab biamofatta.

Tutto è cominciato nell’aprile del2004. Era da qualche mese che cipensavo e finalmente presi la deci-sione di mettere a disposizione diun’organizzazione umanitaria quantoavevo imparato nella gestione dican tieri edili. Conoscevo quasi nien-te di quel mondo ed Emergency fu laprima a cui pensai. Ne parlai con Lu -cia e, dopo aver avuto il suo appog-gio, contattai l’organizzazione. Su -perata la selezione arrivò la famosalettera: è appena cominciata la co-struzione del Centro di Cardio chirur -gia di Khartoum, è richiesta la tua par-tenza per il Sudan il 5 giugno 2005.

E così dopo un anno di attesa ec-comi finalmente all’inizio di un’espe-rienza che ancora non sapevo dovemi avrebbe portato. Khartoum è il ri-tratto dell’urbanizzazione selvaggia.L’eccezione sono alcuni edifici colo-niali quali la residenza del presidenteed un albergo, le ampie strade che licircondano ombreggiate da secolarineem.

Nella prima periferia della cittàsalta agli occhi il contrasto tra uncentro commerciale e le baracche dicartone che lo circondano, abitateda generazioni di profughi del SudSudan e del Darfur.

Noi tutti dello staff internazionaleviviamo in una casa alla periferia del-la città. Al mio arrivo siamo in cinque.La casa è es senziale ed ospitale.

Si mangia, si lavora e si vive in ca-sa tutti assieme. La convivenza in unpaese molto diverso dal nostro e conritmi di lavoro molto serrati non lasciaspazio ad inutili formalità nei rapportipersonali – quando c’è un problemase ne di scute apertamente ed imme-diatamente e si trova una soluzioneper il bene di tutti.

Una situazione a cui non ero abi-tuato ma alla quale mi adatto facil-mente grazie ad un gruppo che miaccoglie subito a braccia aperte.

Al mio arrivo il cantiere, prece-dentemente approntato da altre per-sone dello staff che non ci sono più,è poco più che un grande buco con i

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TESTIMANIANZE DI LUCIA IANNA THECOE ROBERTO CRESTAN,GIOVANI SPOSI CHE LAVORANOPER L'ORGANIZZAZIONEUMANITARIA EMERGENCY IN SUDAN.

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primi plinti di fondazione dell’ospe-dale e parte delle strutture di quelloche saranno gli edifici secondari.

C’è una montagna di lavoro da fa-re e le risorse sono molto limitate. È laprima volta che Emer gency costrui-sce un centro di quest’entità – la car-diochirurgia richiede locali con un si-stema di condizionamento che limantenga tra i 20 ed i 24 °C, alta

Sopra. Ingresso del nuovo ospedale e sala operatoria.

In alto. L'aiuto di Lucia in clinica pediatrica.

tecno logia, massima sterilità. Noi citroviamo ai margini del deserto delSahara, le temperature raggiungono i55 °C, e le frequenti tempeste di sab-bia oscurano il cielo per ore e riem-piono i letti delle nostre camere di unacoltre di sabbia, nonostante porte efinestre sprangate.

Il cantiere è nel paese di So ba, 12km a sud di Khartoum. Il lotto su cui

sorgerà il centro è uno splendido ter-reno sulle rive del Nilo Blu. Su di essosorgono dei mango secolari che oltreall’ombra ci regalano i loro saporitis-simi frutti. La posizione degli edifici èstata scelta in funzione di questi ma-gnifici alberi.

Il Centro Salam (che in arabo vuoldire Pace) è l’unica struttura specia-lizzata e gratuita presente in Sudan enei nove paesi confinanti (Eritrea,Etiopia, Kenya, Uganda, RepubblicaDemo cra tica del Congo, RepubblicaCen tro Africana, Ciad, Libia, Egitto) –un’area grande più di tre volte l’Eu -ropa e abitata da oltre 300 milioni dipersone – dove le cardiopatie conge-nite e quelle acquisite in età pediatri-ca dovute a malattie infettive e a mal-nutrizione sono la seconda causa dimor talità infantile.

A pieno regime, il Centro Sa lam dicardiochirurgia potrà effettuare unamedia di 1.500 interventi l’anno.

La struttura del centro è costitui-ta da:

Blocco chirurgico, composto da3 sale operatorie, terapia intensiva da15 posti letto, sterilizzazione, sala diemodinamica.

Diagnostica e amministrazio-ne: accettazione, pronto soccorso,ambulatori, radiologia, ecografia, la-boratorio, farmacia, amministrazionee uffici.

Corsie per una capacità totale di48 posti letto, di cui 16 di terapiasub-intensiva, sala infermieri, fisiote-rapia, sala ricreazione per staff e pa-zienti, magazzini.

Servizi: lavanderia, stireria, cuci-na, biblioteca e sala didattica, salagiochi per i bambini, magazzini, men-sa staff.

Foresteria per i parenti dei ri co -verati che provengono da fuo ri Khar -toum. Potrà ospitare fino a 50 persone.

Area tecnica per manutenzione,

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officine meccaniche, generatori, chil-lers, caldaie.

L’utilizzo di sistemi tradizionaliper il condizionamento dell’ospeda-le avreb be comportato un con sumoingente di energia elettrica o fossile(i volumi di ricambio d’aria richiesti,tuttavia, sono imponenti: ogni ora ènecessario raffrescare 28.000 metricubi d’aria).

In un paese in cui tutti si conten-dono le risorse petrolifere, Emer -gency ha cercato un’alternativa ener -getica pulita: il sole.

Oggi un impianto a pannelli solariche si estendono per 900 metri qua-drati (la superficie di dieci discreti ap-partamenti d’abitazione) produce3.600 chilowattora – l’equivalente del-la combustione di 335 chili di gasolio– senza emettere un grammo di ani-dride carbonica nell’atmosfera.

L’acqua circolante nei collettorisolari trasferisce il calore ai due chil-ler ad assorbimento conteneti unamiscela di acqua e bro muro di litioche attraverso delle trasformazioni fi-siche raffresca un altro circuito d’ac-qua fino a 7 °C. Quest’ultimo distri-buirà acqua fredda alle unità ditrattamento aria che raffredderannol’aria prelevata dall’esterno, e pre -cedentemente filtrata, e la distribui-ranno all’interno dei locali.

Le sponde del fiume si differenzia-no dall’area circostante perché soloqui si riesce a vedere il verde della ve-getazione. Du rante la stagione seccail fiume si ritira lasciando spazio aduna piccola spiaggia popolata da uc-celli dai colori sgargianti. All’om bradegli arbusti che lambiscono laspiaggia io e Lucia ci concederemodei pic-nic durante il venerdì, tantoper avere una scusa per stare vicinoal lavoro nell’unico giorno di «riposo»settimanale.

A Khartoum non ci concediamo

molto spazio al divertimento. Le gior-nate cominciano presto. Chi si occu-pa di logistica ed amministrazione siferma nella casa adattata ad ufficioaccanto a quella in cui viviamo. Chilavora in cantiere parte alla mattina etorna alla sera. Non esistono orari.Esiste solo il venerdì di riposo – ilSudan è un paese mussulmano – espesso neppure quello.

Alla sera ceniamo tutti assieme, cisi racconta quello che è successodurante la giornata, si telefona a casae poi la voglia di andare a dormireprende il sopravvento.

Dopo sei mesi vissuti lontano l’unodall’altra, io e mia moglie ci troviamo adover affrontare la decisione che datempo sapevamo di dover prendere eche continuavamo a rimandare. Alla fi-ne Lucia mi chiama e mi dice: «vengoanch’io!»

Sono contentissimo. Final mentepossiamo vivere veramente assiemequest’avventura.

Torno in Italia e trascorriamo unmese assieme per i preparativi, poi siparte.

Lucia inizia a lavorare come volon-taria nella clinica pediatrica che ab-biamo da poco aperto in un campoprofughi alla periferia di Khartoum,sorto in seguito alla guerra tra nord esud del paese. La clinica fornisce gra-tuitamente i servizi di pronto soccor-so e sanità di base ai bambini delcampo, assistendo circa 1.400 bam-bini ogni mese.

Dopo tre mesi Emergency le chie-de di ricoprire il ruolo di amministra-trice in Sudan. La decisione è prestopresa e così anche lei entra a far par-te a tempo pieno del progetto Emer -gency Sudan.

Ad agosto 2006 Lucia comincia lagravidanza e porta avanti il suo lavo-ro fino al settimo mese di gravidanza– limite massimo consentito dalle

compagnie aeree per poter intra-prendere un viaggio durante unagravidanza –. Lucia completerà dun-que la sua missione nel febbraio2007, dopo un anno vissuto inSudan.

Ed ora sono qui nel giorno del pri-mo intervento, a pochi giorni dal miorientro in Italia e dalla fine della miaesperienza in Sudan e mi chie do cosapossa pensare questa gente. Molti diloro vivono in baracche di fango o car-tone; no acqua corrente, no elettricità.Per visitare un parente in un ospe dalesudanese devi pagare l’ingresso. Sestai male devi pagare. Il nostro capo-cantiere mi dice nel suo stentato ingle-se e con una rassegnata e disarmantetranquillità che «if you no money, youdie!» (se non hai soldi, muori). Ed orac’è questo ospedale bianco e rosso,pulito, accogliente, aria condizionata,finiture ed arredi prima qualità, cibo ot-timo ed abbondante, medici e infer-mieri professionali, gentili e sorridenti.Tutto senza pagare nulla.

Andiamo a bere un caffè in unadelle baracchette sorte durante la co-struzione tutto attorno al nostro terre-no. Si avvicina il capocantiere con unuomo che ha in mano una forbice dagiardiniere. L’uomo è vestito con abitipoveri e ci parla con gli occhi pieni dilacrime ed Elias traduce. Dice che glihanno promesso che sua figlia do-vrebbe essere ricoverata sabato e luici vorrebbe regalare tre palme da dat-tero. Rimaniamo tutti a bocca aperta.Pietro è l’unico che gli spie ga conmolta tranquillità che se sua figlia ènella lista sarà sicuramente ricoveratasabato e che perciò può rimaneretran quillo. Lo ringraziamo tutti caloro-samente per il regalo che ci vuole fa-re e l’uomo se ne va ripetendoci i rin-graziamenti e portandosi la mano alcuore. Ci guardiamo tutti in silenzio,ognu no con i suoi pensieri.

Interno di una casa sudanese.Lucia e Roberto, ospiti graditi.

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Intervista-conversazionecon Si mo na Ianna Tavàn

medico di Cure Palliative eTerapia del Do lore

Il mistero della vita e la serenità perduta nei confronti della morte

a cura di Vittorio Janna Tavàn

Da anni, insieme ad altri amici,lavoro e mi dedico con la speranzadi poter salvare almeno una minutaparte di quel piccolo tesoroculturale che per tanti anni è statopatrimonio delle nostre genti e deinostri paesi.Usi, costumi, parlata… lentamentestanno scom parendo per dissolversinel nulla. Il fenomeno incalzante,della globalizzazione sta macinandoogni cosa ma soprattutto ciò chepiù mi preoccupa è la conseguenteperdita di quei valori e di queiprincipi che sino a ieri hannoguidato le nostre famiglie, le nostrecomunità.Inconsciamente subiamoil condizionamento di nuove «cose»e di un relativismo strisciantee sempre più diffuso che cerca diradicarsi nelle nostre coscienze. Spesso mi interrogo (e ne sonotormentato) su un argomento chevorrei trattare su l’Artugna e sulquale vorrei confrontarmi con altrilettori.Un tema che la società moderna ha rimosso e sta rifuggendo comeun tabù, nascondendolo dietrol’illusione dell’«eterna giovinezza»,di modelli di vita e di comportamentoche considerano la «morte» come un effetto collaterale dellaquotidianità, o come qualcosadi mostruosamente riprovevole chela sola parola genera un motto direpulsione.Eppure la morte è un’esperienzanaturale, la più profonda dellanostra vita, quella che dovrebbe darsenso, compiutezza e pienezza allanostra esistenza.Nella civiltà contadina da cui hoattinto giovinezza ed insegnamento,la ciclicità della vita eraun’esperienza quotidiana; nascita,

morte e rigenerazione scandivanoil ritmo della vita agreste, diquella degli animali, della natura,degli uomini.Vorrei quindi parlare di questoargomento, affrontarlo, ma sentotutto il peso della mia «non cultura»per poter avvicinare il mistero dellasofferenza e, soprattutto, quellodella morte.Ho cercato di accostarmi(cau tamente) all’argomento, primascambiando i soliti punti di vista,poi attraverso la lettura di un librodal titolo La morte amica scrittoda Marie de Hennezel, psicologa epsicoterapeuta francese che da annilavora presso un’Unità di CurePalliative a Parigi e che fonda tuttoil suo «vivere» accanto al malatoterminale sull’aptonomia,una disciplina basata sull’approccio tattile ed affettivo.Alla fine ho deciso di rivolgermidirettamente chiedendo l’aiutoad un’amica: Simona Ianna Tavàn, un medico che definisco«particolare» perché anche lei, daanni, come Marie de Hennezel vivee si misura con questo mistero.Conosco Simona e la sua famigliaforse da sempre perché con lorocondivido i geni di un’an ti caappartenenza familiare: i Tavàns diDardago.Lei lavora, da 12 anni, presso l’Unitàdi Cure Palliative e Terapia delDolore dell’Ospedale di Vi mer cate,vicino a Milano.Ha scelto di confrontarsi ognigiorno con il «mistero dell’esistenza»,di dialogare, di lottare, forse anchedi litigare con la morte, sicuramentedi prenderne coscienza e ditrasmettere ai suoi pazienti e ai loroparenti la dignità e la serenaaccettazione di quel momento.

Anche la morteè vita!

«Il termine palliativo deriva dallatino pallium – mi racconta –un morbido mantello per proteggereteneramente ed accompagnare concalore e con amore una personaverso l’esperienza più difficile dellasua vita».«L’équipe in cui lavoro è compostada medici, infermieri, psicologi,volontari e un assistente spirituale –continua – perché il nostro compitoè quello di assistere in modoglobale, cioè non solo dal punto divista fisico, ma anche sociale,psicologico, spirituale, i pazientiaffetti da patologia oncologica ocronico degenerativa in faseterminale».«Curare quando non si può guarire»è il suo motto che ogni giorno le dàla forza e la consapevolezza diessere un medico diverso,un medico che accetta la morte diun paziente non come un fallimentoprofessionale o personale ma comeun compimento più profondo delsuo lavoro che la porta a prendersicura non solo del benessere delcorpo ma anche di quello,decisamente più importante, dellapersona… dell’uomo.

Riunendo le sue risposte di unanostra conversazione ne è uscitoun articolo-intervista.

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«Simona, cosa ti ha spinto adaffrontare e confrontarti conquesto lavoro?»

Come tu ben sai, nel 1989 a mio pa-dre fu diagnosticato un tumore pol-monare oltre ogni limite di operabilità.Dopo soli 6 mesi mio padre morì, eanche se avevo da poco perso i non-ni Tavàns, questa fu per me la primae vera esperienza di morte.

Durante i 6 mesi di malattia, miopadre ebbe bisogno di assistenzamedica e fu in quell’occasione chevenni a contatto con la realtà dellecure palliative. Allora frequentavo ilsecondo anno di Me dicina e avevoancora le idee confuse sul mio futuroprofessionale, ma con il passare de-gli anni è cresciuta in me l’attenzioneal paziente oncologico. Così, subitodopo la laurea e l’abilitazione, mi èstato proposto di collaborare conl’équipe di Cure Palliative e Terapiadel Dolore dell’Ospedale di Vimer ca -te... e da allora sono ancora lì.

È sicuramente la mia strada...questo è un lavoro stimolante e grati-ficante, che mi permette di apprezza-re tutti i giorni quello che ho, di guar-dare alla vita con occhi diversi.

«In un lavoro come il tuo quan -to conta il lavoro d’équi pe?»

L’équipe è fondamentale: il nostro èun lavoro di squadra; io da sola nonpotrei fare le «cure palliative»! Ognioperatore infatti mette a disposizionele sue conoscenze per assistere ilmalato, cercando di rispondere aisuoi bisogni. «Curare quando non sipuò più guarire», prendersi cura delpaziente nella sua totalità e della suafamiglia, e questo è possibile solograzie all’operato di una équipe mul-tidisciplinare.

«Cosa rappresenta per te, co-me persona e come medico, lamorte?»

La morte è un evento naturale, fisiolo-gico, non è la fine della vita ma un mo-mento della vita stessa. Sicu ramenteè uno dei momenti più difficili da af-frontare nella vita... ma è vita!

Ed è proprio questa consapevo-lezza che mi spinge a vivere con pie-nezza, valorizzando al massimo ogniattimo.

Sai Vittorio, la morte fa paura atutti, sempre, ci mette in crisi, è l’igno-to... è il mistero della vita. La morte diuna persona cara può far vacillare lanostra fede, può farci cadere nel ba-ratro della depressione, può far indu-rire il nostro cuore. In questi anni hoimparato prima di tutto ad accettarela mia «terminalità», la mia possibilitàdi morire, ho compreso quan to siafondamentale non sentirsi soli neimomenti di disperazione, perché tut-to è più superabile se c’è qualcunodisposto a tenerci per mano... Ho unfiglio diciottenne ed è soprattutto a luiche sto cercando di trasmettere que-sti valori: la vita è preziosa, ogni gior-no va vissuto intensamente, senzafarci sopraffare da inutili ansie, e lasofferenza, il dolore e la morte fannoparte della vita.

«Come vivi il momento dellamorte di un paziente?»

Come hai già accennato all’inizio diquesta intervista, non vivo la morte di

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un paziente come sconfitta persona-le, professionalmente parlando.

Sicuramente guardare negli occhiuna persona che muore è estrema-mente difficile, ma starle accanto negliultimi momenti di vita è senza ombradi dubbio un privilegio. Forse solo vi-vendo a contatto con la morte si rie-sce a comprendere, apprezzare e ri-spettare la vita… ed è per questo cheritengo il mio lavoro così speciale.

Negli ultimi decenni si è purtroppoassistito ad una disumanizzazionemedico-sanitaria... la morte è vissutacome inaccettabile per una medicinatecnologicamente onnipotente… ecosì si è sempre più diffusa la richie-sta di eutanasia, di quella «buonamorte» che per alcuni è l’unico modoper lasciare «dignitosamente» la vita.Spesso questo desiderio gridato divoler morire non è la semplice vo-lontà di procurarsi o farsi procurare lamorte, ma il diritto di morire con di-gnità, senza sofferenze, senza esseresottoposti ad accanimenti terapeuti-ci... ed è forse per questo che i pa-zienti seguiti dalle équipe di cure pal-liative non richiedono l’eutanasia.

«Quanto conta la fede nella vi-ta e nella preparazione al suoultimo atto?»

Sicuramente la fede serve molto:credere ci permette di accettare conpiù serenità la malattia, la terminalitàe la morte. In altre parole compren-dere i misteri della vita per poter ac-cettare la morte. E non mi riferiscosolo alla fede cattolica, parlo di fedenel sen so più ampio del termine.Pensa che anche coloro che si defi-niscono atei spesso, nella fase di ter-minalità, richiedono colloqui con l’as-sistente spirituale. Nella mia équipe èpresente un sacerdote, ma abbiamonominativi anche di altri ministri diculto, per garantire a tutti coloro chelo desiderano il supporto ed il con -forto spirituale.

«Quanto è importante il ‘con-tatto’ fisico e psicologico conun paziente?»

Moltissimo: sedersi sul letto del ma-lato, tenergli la mano, piangere conlui o ascoltare i suoi silenzi, sono ge-sti fondamentali per creare un rap-porto di fiducia e comprensione reci-proca. Si entra nelle case dei

pazienti, si conoscono le loro abitudi-ni, si condividono ricordi, si guardanoinsieme album di fotografie, si ride, cisi chiama per nome. Il contatto fisicoci permette di entrare in relazionecon il paziente e questo implica unmettersi in gioco, uno scambio sia alivello di conoscenza che a livelloemotivo.

«Quali sono i pensieri e i discor-si dei tuoi pazienti che ti fannomaggiormente meditare?»

L’attenzione all’ascolto dei pazienti èuno dei punti cardine delle cure pal-liative perché già attraverso l’ascoltoinizia il processo di aiuto. Se da unaparte il paziente vede conservata lasua dignità diventando protagonistae attore nelle cure che gli vengonoproposte, dall’altra il medico imparaa porre l’attenzione sulla totalità dellapersona e non solo sulla malattia.

Non occorrono frasi o discorsiparticolari per riflettere... la sofferenzastessa e l’avvicinarsi della fine dellavita sono di per sè motivo di medita-zione. I miei pazienti stanno tutti salu-tando la vita: c’è chi lo fa con rabbia,chi con rassegnazione, chi è dispera-to, chi invece è riuscito ad accettarela malattia e la prognosi infausta.Secondo Elisabeth Kubler Ross (psi-chiatra ed autrice del libro Sulla mor-te e sul morire, n.d.r) ogni malato chevive l’ultima fase della vita attraversaquesti diversi stati d’animo in modofaticoso… e in ogni momento ha bi-sogno di essere accompagnato eascoltato. Sicuramente lo stare acontatto con la realtà dei miei pazien-ti, entrare nelle loro case, gioire conloro, ascoltare i loro silenzi e condivi-dere le loro preoccupazioni non èsempre semplice... ma è una parteimportante del mio essere medico.Un anonimo ha scritto che «occorreimparare dall’albero che sopportatutto il calore del sole per regalareagli altri la freschezza dell’ombra», edio mi auguro di riuscire a regalare unpo’ di quella «freschezza» tutti i gior-ni...

«Cosa ti dà soddisfazione egratificazione nel tuo lavoro?

Sicuramente il fatto di aver cercato digarantire una buona qualità di vita almio paziente, di aver rispettato la di-gnità della per sona fino all’ultimo

Simona nasce a Milanoil 5 febbraio 1968.Meneghina di nascita eformazione, dardaghesedi discendenza e passione.Dopo gli studi classici silaurea in Medicina e Chirurgia(1994) presso l’Universitàdegli Studi di Milano.Ancora studentessa (1989)co nosce la realtà delle curepalliative causa l’ammalarsi ela morte del padre.In questo periodo entra incontatto con il dottor CesareCa rozzo che in seguito, una volta laureata, la chiama(1995) a far parte della suaéquipe e così inizia a collaborare con l’Unità diTe rapia del Dolore e CurePal liative presso l’Ospedale diVi mercate (Mi).Relatrice in alcuni corsidi aggiornamento rivolti aimedici e agli infermieri, dal 1999 a tutt’oggi pres sol’Università di Milano-Bi coccapartecipa come docente al seminario sulle CurePalliative rivolto agli studentidel terzo anno del corso di laurea in ScienzeInfermieristiche.Da 12 anni svolge l’attivitàintraospedaliera edextraospedaliera pressol’ospedale lombardo,dedicandosi all’assistenza deima lati oncologici in faseterminale.

Simona Ianna

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istante di vita e anche dopo la mor-te... in altre parole l’essere stata utilead una persona… all’uomo. Puòsem brare poca cosa, ma ti assicuroche questo è molto gratificante. Nonincontrerò mai, per le strade di que-sto mondo, uno dei pazienti che hoassistito in questi dodici anni, ma in-crocio ancora i loro familiari e la lorogratitudine e il loro affetto mi fannocapire che sono sulla strada giusta.

«Qual è il confine per te tra‘tecnica’ e ‘sentimento’?»

I miei maestri mi hanno insegnato chele cure palliative mettono a disposizio-ne del paziente molta umanità e pocatecnologia. Questo non significa cheun palliativista non sia «tecnicamente»preparato, ma che tecnica e senti-mento devono convivere in un buonmedico. Solo grazie al «sen timento»ho l’opportunità di conoscere vera-mente e di confrontarmi con i miei pa-zienti e con le loro famiglie. Ed è que-sto arricchimento emotivo che mipermette di crescere sia dal punto divista umano che da quello professio-nale, e di proteggere nella fase termi-nale della vita, la dignità umana dal-l’eccessivo tecnicismo.

Parte dell’équipe di cure palliative e terapia del dolore, diretta dal dr. Giorgio Gallioli e composta da 5 medici, 5 infermieri, 2 psicologhe, un fisioterapista,un assistente spirituale e una coordinatrice dei volontari.

A proposito di sentimenti... vorreiringraziarti per aver voluto affrontarecon me una tematica così difficile co-me quella della morte, attraverso lemie esperienze e l’analisi del mio la-voro. Mi sono fatta lusingare dall’ideache insieme avremmo realizzato unarticolo per i lettori de l’Artu gna, e orache ci siamo riusciti la soddisfazioneè immensa. E questo soprattuttoperché l’Artu gna fa parte delle mieletture da sempre, è un modo persentirsi più vicini agli affetti… alla fa-miglia, anche a quelli che non ci sonopiù ma che continuano a vivere in noi.

«Simona, anche se vivi e la-vori lontano da Dardago,qua li passioni e ricordi ti le-gano ancora alle crode deino stri mon ti?»

I ricordi sono molti, moltissimi direi:ci sono quelli più sfumati dell’infan-zia e quelli più chiari dell’adolescen-za. Pensa, il ricordo del mio primobacio è legato ad una «estate darda-ghese»! Già… Dardago fa parte dime, della mia vita: le vacanze estivele ho sempre trascorse lì... ore e oreseduti a parlare sul muretto dellachiesa… e le prove per il «Dar da go -

sto»... e le ore di ricamo dalle suo re(ero negatissima!). Poi si ritornava aNatale e a Pasqua, e si ritrovavano gliamici di sempre: chi abitava a Milano,chi a Ve nezia, chi a Torino, ma pertutti il punto di ritrovo era Dar dago.Sono ricordi bellissimi che nessunopotrà mai cancellare... E poi c’è... eci sarà sempre un mo tivo per venire aDardago e sentirsi a casa: i miei non-ni Antonio e Rosa e il mio papà Italohanno deciso di tornare proprio lì altermine della loro vita, circondati persempre dai loro monti... dalla loro ter-ra... insomma di tornare per semprea casa!

Grazie ancora Vittorio...

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La comunità di Budoia ha vissutocon intensa emozione, il mo men totanto atteso, risentendo, dopo oltretrent’an ni, le note dello storico organoBazzani. È il 30 settembre 2007.

La chiesa parrocchiale, gremita difedeli, ha accolto le autorità: il Sin -daco Antonio Zambon con la giun tacomunale, i Consiglieri Re gionali Gi -na Fasan e Daniele Gerolin, il Pre -sidente della Pro vincia Elio De Anna,il Co man dante della Stazione Cara -binieri di Polcenigo Claudio Zambone i Presidenti delle As so cia zioni di vo-

lontariato di Budoia. Con il Vescovohanno concelebrato il suo Segretarioparticolare don Alessandro Traca nelli,il parroco don Adel Nasr, don Mas -simo Carlo, don Maurizio Bu set ti, ilcappellano fe stivo delle nostre comu-nità don Tom maso, sacerdote lituanostudente a Venezia, il cappellano dellaCo munità cattolica della Base Usa;più tardi è giunto il Vicario Foraneodon Lo renzo Barro.

Dopo l’indirizzo di saluto del Par -roco don Adel, che ha ringraziato laRegione Autonoma Friuli Venezia

Mons. Giuseppe Lozernel suo libro «Budoia Cennistorici» così scrive sull’operainaugurata: «1890. La dittaBazzani, successori di Callido,ben noti costruttori, collocal’organo nuovo.La popolazione è esultantee gode nelle domeniche e feste,di sentire voci svariatedel magnifico complessostrumentale».

opera 387Bazzani del 1890

dello storico organo della Parrocchiale di BudoiaInaugurazione del restauro

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Alcuni significativi momenti della cerimoniareligiosa d'inaugurazione del restaurodell'organo con la partecipazione del Vescovomons. Ovidio Poletto, delle corali di Budoia eDardago, del Collis Chorus e delle autoritàcivili.[Foto: Fotottica Gislon-Aviano]

Giulia, la Fondazione CRUP e la po-polazione di Budoia per aver finan-ziato il restauro, effettuato dalla DittaFrancesco Za nin di Gustavo Zanin diCodroipo, il Vescovo Monsignor Po -letto ha impartito la benedizione esubito dopo l’organista m° StefanoMa so di Vittorio Veneto, protagonistadi importanti festival organistici inter-nazionali, ha suonato il Pre ludio diVincent Lubeck.

La Santa Messa, nell’anniversariodella Dedicazione della Chie sa (1850)è stata accompagnata dalle corali diBudoia, della Pieve di Dardago e dalCollis Cho rus di Santa Lucia sotto laguida del m° Fabrizio Zambon. At -tesa l’omelia del Vescovo, carica dicontenuti e di significati: ha subitoprecisato che le nostre chiese nonso no solo un patrimonio culturale oluogo di teatro e di spettacolo maluogo di preghiera, per avvicinarci dipiù a quel Dio che nè la terra, nè i cielie i cieli dei cieli possono contenere,ma che si è fatto a noi vicino e condi-vide il nostro cammino e le nostre fa-tiche. Dopo aver ricordato che le do-dici croci sulle colonne del tempiosono il segno della consacrazione,ha esortato tutti dicendo: «In questachiesa, molti avran no ricevuto i diver-si sacramenti, avran no accompa-gnato al Bat te simo i propri figli,avranno dato l’ultimo saluto terrenoai propri cari, e si radunano la dome-nica per lodare e benedire il Signore.Ecco la Chiesa, ecco il Tempio Santodi Dio e tutto ciò che è racchiuso inesso, va custodito con cura, preser-vato con dedizione e devozione,perchè è segno della pre senza delSi gno re».

Terminata la Santa Messa, lagente si è soffermata a guardare labalaustra in legno dell’organo, so-briamente adornata di fiori, e adascol tare, ammirata, le note dellostru mento restaurato. È stata unagiornata indimenticabile per la nostraComunità, alla quale la Parrocchia hadonato un elegante pieghevole conla foto dell’organo e notizie storiche,quale ricordo di un altro pezzo di sto-ria che torna a rivivere grazie allabuona volontà e alla generosità diEnti e della nostra gente.

MARIO POVOLEDO

CON LA COLLABORAZIONE DI FULVIA MELLINA

L’organo di Budoia, sinorasconosciuto agli appassionatiprobabilmente a causa delle suelimitate dimensioni e anche peril fatto che da molti anni giacevain istato di totale abbandono,tanto che era l’unico organodella Diocesi ad essere ancorasprovvisto di elettroventilatore, sista rivelando invece strumento digrande interesse storico-musicale.Il primo lotto del restauro hapermesso di verificare l’altaqualità costruttiva del materialefonico, pur se realizzato in periodidiversi e la presenza, inaspettatae preziosa, di un intero Flauto,opera del celebre organaroGaetano Callido, registroevidentemente nel possesso deiBazzani, successori del grandemaestro veneziano.Il totale abbandono ha peròconsentito una conservazionetotale dell’opera, che è giuntasino a noi completa in ogni suaparte originale.Il restauratore è dovuto intervenirein profondità dato l’estremodegrado sia delle parti lignee, inspecie dei somieri, sia dellemeccaniche, che del materialefonico. L’intervento sui somieri siè rivelato particolarmenteimpegnativo onde poter offrire

idonee garanzie di durata efunzionalità.A restauro concluso, si è desuntoche l’organo appare ancoraappartenere alla fase classicadell’organaria veneziana econtraddistinto da una vocebrillante, luminosa e vivace, mamai aspra né aggressiva.Si tratta di uno degli ultimiesem plari di strumenti artisticirealizzati in Diocesi secondoi canoni della più pura tradizioneprima del decadimento prodottodall’affermarsi della spersonalizzataorganaria industriale ceciliana.Intonazione finale, accordatura eregolazione delle meccanicheappaiono condotte a regola d’arte.

LORENZO MARZONA

Inaspettata e preziosapresenza di un intero Flauto

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All’apertura del somiere maestro,si è subito riscontrata la marcatapresenza di tarli nonché dellevistose spaccature del legnodovute probabilmente agli effettidel sistema di riscaldamento adaria calda, che per fortuna ora èstato sostituito da un impianto atubi radianti posti entro la pedanalignea sistemata sotto i banchi.È stato quindi necessario aprirecompletamente sia il somieremaestro che quello del pedalepoiché entrambi versavano incattive condizioni.Una volta disassemblati, si èprovveduto a togliere tuttele guar nizioni in pelle perché ormaiirrecuperabili e a trattarlinuovamente contro i tarliutilizzando Permetar in petrolio eper le parti da consolidareParaloid B72.Tutti i piani di battuta sono statirettificati per assicurare una tenutastagna dell’aria; i canali sono statiimpermeabilizzati utilizzando collaa caldo, di origine animale.I ventilabri sono stati ripuliti dalleincrostazioni e tutte le pelli ormairinsecchite sono state sostituiteavendo cura di confezionarele nuove come le originali.Le coperte sono state risanate permezzo d’impacchi d’acqua tiepida,le viti di fissaggio sono statedisossidate e, successivamente,reimpiegate. Anche in questo casotutte le impellature nuove sonostate rifatte prendendo adesempio le originali.Le canne in legno sono stateanch’esse restaurate reincollandole spaccature, impermeabilizzandole pareti interne con colla caravellae sostituendo, in questo caso solodove necessario, le pelli di tenuta

Relazione del restauro

d’aria ai tamponi ed alle portinedelle bocche.Il crivello, trovato in discreto statodi conservazione, è stato ripulitodalle incrostazioni di polvere e gliappoggi consolidati per assicurareun’adeguata stabilità alle canne.Il mantice è stato ripulito, le partilignee che presentavanospaccature reincollate, le pellilogore sostituite sia per quantoriguarda le pieghe del mantice chedelle pompe di caricamento.È stato installato unelettroventilatore speciale perorgani che invia l’aria al manticeattraverso una valvola diregolazione del flusso d’aria.È stato rifatto l’impiantod’accensione del ventilatore ed’illuminazione del leggio dellaconsolle.Tutte le perdite delle condotte delvento sono state riparatesostituendo anche le guarnizioni inpelle d’agnello.Le tavole di riduzione dellemeccaniche sono state trattatecontro i tarli, con uso di Permetarin petrolio, i catenacci sono statidisossidati per mezzo di rimozionemeccanica e quindi ricoperti conun sottile strato facilmente

ISCRIZIONI SUL LISTELLO SOPRA LA TASTIERA

rimovibile di Paraloid B72. Tutti itiranti in ottone, ormaiirrecuperabili, poiché troppoincruditi, sono stati sostituiti conaltri della stessa natura edimensione. Le manette dicomando dei registri sono stateripulite.Riportati i materiali in chiesa, sisono rimontati entro la cassaavendo cura di rispettareil posizionamento originale.Tutti i fissaggi sono stati eseguitiutilizzando le viti originali e, ovene cessario sostituite, con altredella stessa tipologia.È stata infine effettuatal’intonazione con l’avvertenza dirispettare nel modo più assoluto legeometrie dei corpi fonici (bocchesoprattutto) operandoesclusivamente sull’allineamentodei labbri e, ma di poco,sull’apertura delle punte dei piedi.Con l’utilizzo di specificifrequenzimetri è stato effettuatoun controllo statistico dell’altezzadei suoni al fine di trovareil corista ed il temperamento chepiù garantivano il rispetto dei corpifonici originali.

FRANCESCO ZANIN

Premiata Fabbrica Veneta d’Organidi

Pietro e nipoti BazzaniSuccessori

Nacchini e CallidoVENEZIA

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Siamo all’ombra del campanile; ilnord è in direzione dei ripetitori inCiastaldìa. Proprio a 150 metri ad estdelle antenne passa il meridiano cheunisce Dardago al Polo Nord. Ag -grap piamoci, con la fantasia, a que-sto filo e cominciamo il nostro viag-gio. Dopo 220 metri arriviamo inPiazzetta del Cristo, passando soprale ciase de Ite e dopo mezzo chilome-tro attraversiamo l’Artugna. Pas san -do sopra il col Sant’Agnol e Bro gnasaci dirigiamo verso Ciastaldìa.

Arri via mo ai ripetitori dopo 3,83chilometri e, proseguendo verso ilPian ca vallo, incrociamo la pista dafondo «Roncjade» a quota 1323 m.

Il campanile di Dardago dista 7,5chilometri. Il nostro meridiano puntaverso Barcis, attraversiamo il gretodel Cellina (un chilometro a monte dellago) e, proseguendo verso nord,passiamo a circa un chilometro adest di Claut. Finora il nostro viaggio èstato di 24 chilometri. Tagliamo per-pendicolarmente la Val Setti mana e il

nostro meridiano passa vicino almon te Pramaggiore. Pro seguendo ilviaggio, transitiamo tra Forni di Soprae il rifugio Giaf, lasciamo sulla nostrasinistra il Passo della Mauria e rag-giungiamo Santo Stefano di Cadore.In linea d’aria siamo a 56 chilometridalla piazza di Dar dago.

Puntiamo verso San Nicolò diComelico e, dodici chilometri più anord, attraversiamo il confine conl’Au stria. Dopo 10 chilometri, adAbfal tersbach, attraversiamo il fiumeDrava e la strada che porta collegaDob biaco a Lienz. Siamo nel TiroloOrien tale. Proseguendo verso nord laregione diventa sempre più montuo-sa. Tra queste montagne troviamo ilpaese di Matrei on Ostirol e poi anco-ra montagne. Siamo nella zona degliAlti Tauri. Finalmente un po’ di pianu-ra: siamo a Stuhlfelden, nel Sali sbur -ghese. Ancora montagne, stiamo at-traversando il distretto di Kitzbühel –famoso per le sue piste di discesa, eci avviciniamo al confine con la Ba -

[terza ed ultima parte]

Negli ultimi due numeri,siamo partiti dalla piazza

di Dardago e,seguendo il meridiano

che congiunge il Polo Nordal Polo Sud passando

per il nostro campanile,con un lungo viaggio virtuale

di 15.120 chilometrisiamo arrivati al Polo Sud.

Vogliamo provare ad arrivarefino al Polo Nord?

verso il Polo Nord

da Dardàc...

di Roberto Zambon

ai poli

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si trova la splendida città di Sa -lisburgo.

Riprendiamo il cammino verso ilnord. Proprio sul 48° parallelo, trovia-mo la cittadina di Alten markt an derAlz e poco dopo, mentre passiamoalla periferia di Engelsberg, ci trovia-mo alla latitudine di Monaco diBaviera che si trova 60 chilometrisulla nostra sinistra. Ora Dardago è a230 chilometri in linea d’aria. Tredicichilometri più a nord, attraversiamo ilfiume Inn all’altezza di Muhldorf amInn, cittadina di 18 mila abitanti.

Sullo stesso fiume, pochi chilo-metri più ad est si trova il piccolo vil-

laggio di Marktl, ora balzato all’onoredelle cronache per aver dato i natalia Papa Benedetto XVI. Dopo aversuperato il Danubio nei pressi diStraubing, arriviamo al confine conla Repubblica Ceca. Ormai abbiamopercorso quasi 400 chilometri.

Il breve percorso nel territorio Ce -co (circa 80 chilometri) è caratterizza-to da un territorio poco abitato, moltoboscoso, ad una altitudine media di600 metri. Il più grosso centro è lacittà di Pilsen (160 mila abitanti) chelasciamo una sessantina di chilometrisulla nostra destra. Plzeñ (in Ceco) èfamosa per la sua birra Pilsener, e pergli stabilimenti delle automobili Ško-da. Più vicino al nostro meridiano (20chilometri ad est) è il rinomato centrotermale di Karlsbad o Karlovy Vary.

Il nostro viaggio prosegue ancorain Germania e precisamente nellaSassonia che fino al 1990 facevaparte della Germania Est. La zona èmolto boscosa e piena di laghi.Proseguendo verso nord, i boschi sidiradano, l’altipiano degrada lenta-mente. Do po circa 100 chilometri ar-riviamo alla periferia di Lipsia (oLeipzig) storica ed importante città dicirca 500 mila abitanti. Ci troviamo a587 chilometri da Dardago.

Il nostro viaggio verso il polo ciporta ad attraversare un altro Statotedesco (o Land), il Bran de burgo.

Il meridiano che ci fa strada, attra-versa proprio la omonima capitale. 50chilometri sulla nostra destra si trovaBerlino, la capitale federale della Ger -mania.

L’ultimo Land tedesco che attra-versiamo è il Meclemburgo – Pome -rania, quasi completamente pianeg-giante, ricco i laghi, che si affaccia sulmar Baltico.

Toc chiamo il mare 30 chilometri anord est dell’importante porto diRostock. Le coste sono molto diverseda quelle che siamo abituati a vederealle nostre latitudini. Queste spiaggesono formate da una sabbia bianchis-sima, spesso spazzata da un forte efreddo vento.

Ci apprestiamo ad attraversare ilmare, ma si tratta di un volo moltobreve, 53 chilometri, perché arrivia-mo presto sulle coste selvagge dellaDanimarca e più precisamente sullescogliere della piccola isola di Møn.La superiamo in un attimo e siamo di

vie ra (Germania). Quando arriviamoal confine, abbiamo percorso 175chilometri.

Le montagne diventano collineboscose e possiamo intravedereampi pianori. Poi la vista si allarga.

Ci affacciamo su un esteso alti-piano (circa 600 metri s.l.m.) e il no-stro meridiano ci conduce fino alla ri-va orientale del lago Chiemsee,chia mato anche il «mare della Ba -viera» per la sua estensione. In unadelle sue isole si erge il castello diHer ren chiemsee costruito da ReLudwig II. Ad est, sulla nostra destra,a 40 chilometri, in territorio austriaco,

Alcune delle località «solcate» dal nostro meridiano.1. Casa natale di papa Benedetto XVI a Marktl.2. Neve in Comelico.3. Zona dei fiordi norvegesi in estate.4. Porticciolo nell’isola di Møn (Danimarca).5. Castello di Elsinore (Danimarca).

1.

2.

3.

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5.

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Dardago – campanilePolo NordPolo SudLocalità lungo il meridiano del campanilePiazzetta del Cristo – Ciase IteGreto ArtugnaRipetitori in CiastaldìaPista Fondo PiancavalloGreto Cellina a BarcisClautMonte Pramaggiore (1,3 km ad ovest del)Forni di Sopra (2,5 km ad ovest di)Santo Stefano di CadoreConfine con l'AustriaAbfalthersback (Fiume Drava)Matrei on OsttirolStuhlfelden (Salzburg)Confine con la Germania (Baviera)Chieming sul lago ChiemseeAlten Marckt an der AltzEngelsburg (60 km ad est di Monaco)Muhldorf am Inn Confine con la Repubblica CecaConfine con la Germania (Sassonia)LipsiaBrandeburg (50 km ad ovest di Berlino)Mar Baltico (30 km a nord est di Rostock)Isola di Møn (Danimarca)Isola Zelanda (Danimarca)CopenaghenHelsingoer o Elsinore (Castello di Amleto)Coste della SveziaConfine con la NorvegiaZona dei FiordiCircolo Polare ArticoIsole SualbardPolo Nord

46

464646464646464646464646474747484848495051525454555556566365667890

3

3357

111621253340455917385307

1436232024275634402

52517

33230

11

18271512464

4729293

2346154

3300

22575818445242240

13102

100

430

4.884,11 15.120,47

0,220,493,837,44

15,9023,8634,4541,3156,1268,2978,17

104,81137,19175,75204,43216,38229,34242,99395,95483,04587,39706,74934,81988,22

1058,051068,421109,581202,101977,952118,972277,963594,404884,11

LATITUDINE

Tabella delle distanze, in linea d’aria,dal campanile di Dardago

gradi primi secondi km

nuovo sul mar Baltico; dopo una ses-santina si chilometri sopra il mare arri-viamo sulle coste della Ze lan da, lamaggiore isola dello stato danese.Seguendo il meridiano arriviamo pre-sto in pieno centro di Copenaghen, lacapitale danese.

Vi avevo detto che non sarebberomancate le sorprese durante il nostroviaggio!

Il meridiano che congiunge i duepoli, passando per Dardago, toccaanche il centro di due importanti capi-tali europee, Roma e Copenaghen!

A poche centinaia di metri sullanostra destra c’è la famosa statuadella Sirenetta, il simbolo della città.

Il nostro campanile è a 1.068 chi-lometri più a sud!

Sarebbe bello fermarsi a fare i tu-risti, ma il viaggio è ancora lungo.

Ripartiamo verso nord e in brevearriviamo a Helsingoer o Elsinorecittà famosa per il castello diKronborg dov’è ambientata la storiadi Amleto. Poco dopo, ancora il ma-re per arrivare dopo circa 100 chilo-metri sulle coste sud occidentali del-la Svezia, nei pressi della cittadina diFalken berg.

Il meridiano risale le coste svede-si, portandosi progressivamente ver-so l’entroterra. Inizial mente il territo-rio è prevalentemente pianeggiante enon molto abitato, poi arriva una zo-na ricca di laghi e di boschi. Pas -siamo a 30 chilometri ad est di Go -teborb, seconda città della Svezia emaggior porto della Scan dinavia.

È sede di importantissime indu-strie automobilistiche, chimiche edelettroniche. Più a nord troviamo sulnostro cammino il Vänern che è il piùgrande lago della Sve zia e il terzo la-go più grande di tutta Europa. Hauna superficie di 5.650 km2. Tantoper farci un’idea, il Lago di Garda,che è il più vasto d’Italia, ha una su-perficie di 370 km2, cioè 15 volte piùpiccolo.

La Svezia è lunga più di 1500 chi-lometri e per 1200 confina con laNorvegia. Dal lago Vänern, il nostromeridiano sale sempre nel selvaggioterritorio svedese, parallelamente alconfine per circa 500 chilometri.

Ad un certo punto passiamo a cir-ca 100 chilometri più ad est di Oslo,la capitale norvegese. Quando entria-mo in Nor vegia, siamo ormai ad una

latitudine (63° 51’) in cui il clima èmol to rigido.

Ci troviamo 400 chilometri più anord di Oslo, nel Nord Trondelag equi, per larga parte dell’anno, la terraè ricoperta da neve e ghiaccio.

Per circa 150 chilometri attraver-siamo questa zona centrale della Nor -vegia senza trovare centri abitati diuna certa importanza e ci troviamonella zona dei fiordi norvegesi.

I fiordi rappresentano, in un am-biente irripetibile, la più grande attra-zione turistica scandinava. Sono il ri-sultato di milioni di anni di erosione deighiacci che hanno permesso al maredi penetrare le montagne. Alcuni fiordientrano nella terraferma per molte de-cine di chilometri rendendo possibileanche un clima piuttosto mite per que-

ste latitudini. Da quando siamo partitiabbiamo percorso 2120 chilometri,cioè neanche la metà della distanza traDardago e il Polo Nord.

Ma il resto del nostro viaggio nonoffre molto da descrivere.

Una volta lasciata la terraferma ciaspetta un lungo volo sul Mar di Nor -vegia verso il Polo.

Attraversiamo il Circolo Pola reArtico (latitudine 66° 33’) e dopo1500 chilometri dai fiordi, arriviamosulle isole Sualbard.

Attra versiamo 150 chilometri dimontagne ricoperte quasi pe ren ne -mente dai ghiacci e quindi, dopo altri1135 chilometri di mare e ghiaccioarriviamo alla nostra destinazione: la-titudine 90° 0’, il Polo Nord.

Dardago è a 4.884 chilometri.

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Tutto inizia sabato 4 agosto. Un rumo-re assordante, un cigolio di freni: uncamion s’arresta davanti ai miei can-celli. Trepidazione... un brivido correlungo le pareti…

Con i tempi che corrono!Un parlottare vivace e nostrano mi

fa subito cambiar parere. Sono arrivatiPietro Del Maschio Fantin, Oscar

Angelin e Ilir Gjoka (Libero) con il ma-teriale per il mio leefting.

Incuriosita dai rumori «sospetti»,giunge Gigia Carlon, la mia insepara-bile ed infaticabile custode, seguita daMario Puppin Bu de lo ne, che ha fer-mamente so stenuto la proposta di ri-pristinare il vecchio tetto di coppi perdarmi com pletezza. Altri seguono aruota: in un batter d’occhio i con -tradaioli di via Lunga si rovesciano inpiazzetta Carlon. C’è gioia nell’aria perun sogno che si sta avverando!

Mentre Oscar ritocca la cornice,Piero completa il tetto con le tegole eIlir – pur di altro credo – partecipa vo-lontariamente come gli altri ai lavoriedilizi; giunge, poi, Luciano AngelinPelat a controllare l’impianto elettrico.Herbert Bar moser calcola con serietà itempi del suo intervento per la tinteg-giatura interna ed esterna, prima del-l’arrivo delle restauratrici.

Tutti si sentono in dovere di parte-cipare in qualsiasi modo a questo ini-zio di restauro, e tutti all’insegna delvolontariato. Maria Diana Sconsor,sempre attenta ad abbellire con i suoiricami, così pure Adriana BravinCaselut con Marina Gentile Puppinpensano già alle splendide tovaglie

che ab belliranno il mio altare. Sono aringraziare di cuore – anche a nome diGigia e Ornella Carlon, Giorgio Na -scim bene e Vittorina – tutti coloro chesi sono prodigati per la buona riuscitadell’iniziativa, da chi l’ha sostenutacon il suo lavoro manuale a chi hacontribuito con offerte per il restaurodell’immagine della Ma donna e delBambino (lungo è l’elenco nominativodelle persone!).

Per aver ridato il volto alla Ver ginee al Bambino, un grazie alle restaura-trici, Simonetta Gher bez za e MartaBensa, che supportate dalla soprin-tendenza ci hanno fatto ammirare lebellezze nascoste del mio antico af-fresco, seppur d’arte popolare.

Infine ho assistito alla recita delsanto rosario e alla benedizione daparte di don Adel, in una serata di pri-mo ottobre, di un dì in cui il cielo pare-va non promettere bene. Invece!

EL CAPITEL DE CARLON

***Siamo a ringraziare tutti coloro

che si sono prodigati, affinché il se-gno sacro, testimonianza di un ata-vico legame, continui a dimostrare lanostra antica tradizione religiosa.

«Se uno sognada solo, è solo un sogno…se molti sognanoinsieme è l’iniziodi una nuova realtà».

Il restauro dell’edicolasacra era iniziatoin sordina, un’iniziativadi poche personelegate affettivamenteal Capitel, invecela solidarietà,sollecitatainaspettatamentedurante gli avvisidomenicali, hacoinvolto la comunità.

L’unionefa la forza

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Presente nella mappa napoleonicacome parte integrante della casa,l’edicola sacra è moltoprobabilmente coeva al fabbricatostesso del 1679: a rafforzare taleipotesi è proprio la datazionedell’affresco che si colloca a cavallotra il XVII-XVIII secolo.Dalle testimonianze raccolte unatrentina d’anni fa, è emerso cheil segno sacro subì un restauro, neglianni ’50 del secolo scorso.Il tetto fino a quel periodo eraricoperto di coppi e la parte murarialasciava intravedere la trama disasso.L’affresco, opera di pittore igno to, furitoccato negli anni ’30 del 1900dall’artista locale Gio vanni BattistaSoldà Maniach e negli anni ’60 subìulteriori ritocchi da Umberto DelMaschio.L’edicola è sempre stata luogodi sosta durante i riti processionali ein tali occasioni era ed è addobbatacon particolari cure, non solo daiproprietari bensì da tutte le donnedel vicinato. Qui, durante laprocessione del Corpus Do mini, eraimpartita la benedizione eucaristica.

A CURA DI VITTORINA CARLON

Il dipinto murale, visibile dopoil restauro, eseguito con colori atempera ed a calce, è statoprobabilmente realizzato nel XXsecolo. Raffigura la Madonna delRosario in gloria con Bambino inbraccio e misura 144x240 cm.Si presentava in mediocre stato diconservazione presentandola policromia originaria del fondocompletamente ricoperta da duestrati di colore. La Madonna eil Bambino apparivano ridipinti conritocchi cromaticamente alterati chenon permettevano una letturacorretta del manufatto. L’opera è stata ripetutamentedipinta: negli anni ’30, fu ritoccatadall’artista locale Giovanni BattistaSoldà, mentre negli anni ’60 hasubito ulteriori ritocchi da partedi Umberto Del Maschio.La policromia appariva inoltresollevata, decoesa nonché caduta inpiù zone.Dopo avere eseguito vari saggi dipulitura, è stato deciso di asportaregli strati di ridipinture più recentirealizzati con colori acrilici.Ciò ha permesso di portare alla luceun fondo, probabilmente originario,molto rovinato e poco definito,realizzato con l’edicola (XVII sec.?)ad affresco. Sulle figure non è statopossibile arrivare alla policromiaoriginaria, perché molto lacunosa;abbiamo, quindi, ritenuto opportunomantenere gli strati realizzati nel XX

secolo, eliminando soltantoi ritocchi che deturpavano i voltied il panneggio.

Operazioni di restauro

Fissaggio. Il colore sollevato èstato fatto riaderire con caseinato dicalcio al 3%. Sulle zone decoeseabbiamo applicato a pennello delNanocal all’1%.Pulitura. In questa fase d’interventoabbiamo asportato le ridipintureacriliche mediante acetone. Stuccatura. Sulle zone prive dipolicromia si è steso dello stuccocostituito da calce lafarge ed inerti,al fine di uniformarne la superficie.Ritocco. Si è proceduto adun’estesa integrazione pittorica sulleparti mancanti e sulle stuccate concolori ad acquerelli, al fine diriequilibrare l’apparato policromo deldipinto.

SIMONETTA GHERBEZZA

Frammentistorici

Voce alle restauratrici

Herbert durante il lavoro di tinteggiatura.

A fianco. I volontari al lavoro.Da sinistra: Ilir (Libero), Piero, Oscar e Mario.

In alto. Simonetta e Marta impegnatenel restauro.

Dopo il rito religioso, la seratad'inaugurazione del restauro si èconclusa con un incontroconviviale curato da AndreaBiscontin, Ornella, Gianna, Giorgioe dalle donne del vicinato.

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Se sa che a Dardàc e a Budhoia (ma ancia a Santa Luthia)’l è sol che tre/quatro cognomi che i rapresentala gran part de le famee, e par ’sta rasòn i nostre veci i àdovut inventasse dei so ranomi par podè identificà’na famea thentha ris’cià de confondela co’ ’n altra.Al è ancia da tìgne present che uncuoi ai canaisi don tanti noms moderni, ma ’na volta i se clamava duthBepi, Toni, Nani, Jacum, Gigi e Maria, Bepa, Tere si na,Neta, Gigia.Cuan che un foresto el domanda a cualchedun del paesunlà chel stà un therto Zambon o Bo cus, Giuseppe oLuigi, a Dar dàc, o una therta Maria o Giu seppina Carlon oFort, a Bu dhoia e a Santa Luthia, se nol dis de che fameache al è, nessun i li cognos.E cussì a Dardàc al è vignut fora i Thampèla, i Pinai,i Tran theot, i Cunicio, i Pala, i Theco, gli Ite, gli Sclofa…;Quàn che ere pithol, me nona Romana Ite (par dise alvero ’l era de Parmesan, ma ’l è deventada de Ite, dopoessese maridada co’ me nono Tino, che par l’anagrafeel feva Valentino Zambon, ma duth i lo ricorda anciamòcome Tino Ite) la me feva sempre la lista de cheide ’na volta co i soranomi pì curiosi e ancia ridicui.Scomithiando da la banda nord de Dardàc (a la fine dela via San Tomè) e vignendo in dho par là de Tarabinfin in platha, ciateane i Pothale Vendramin, Tita Batistela,

Sbrindol Thelot, Conale Barisel, Pula Marcandola, Bici deTheco, General Caporal, Thiegol de Stort, BrunoBonaparte.Chisti ’l è chei che mi me pense in te ’sta spece defilastroca che me nona la me contava par fame ride, macuàn che ere pithol me pense ancia de therti vecisimpatici e carateristici (la gran part ’l è beldàquaranta/thinquanta ains che i ne à lassat) e che volaravericordà unchì co’ tanta simpatia e afeto.Soi sigùr che chei de la me generathiòn i se li ricordabenòn, ancia parchè cualchedunc al era propioun sogeto. Cencio Svientol, Nible Ba ti stela, Tino Cacamela (Trantheot),Piero Canta, Ilario Fuser, la Regina Cutha, la Marta Bronte,la Cencia Thampela, la Neta Na sona (che la steva intelaciasa ros sa, intela Crosera del Crist), Berto Scroc, Nani eBepi Cucola, la Teteca, Nani Pantha, Paolin Bocus,Paol Basso, Severino Lu thol e i so fradiei, Toni, Gigi eGi no; Bepi Sco pio (i lo clamava Sco pio pal rumor del sotrator su pa’ la Riva del Capelan), Vitorio de la Geia(chel ’l era stat in Frantha e ’l clamava el quartin de vinnegre «supin»), Biòn Ite (me bisnono), la Nuta dela Rossa, Svaldin Marin, Andolùt Marin (detto Marini),Ostìn Bocus, Bramo Thisa, Vidio Muci (che al è statnonthol par pì de thinquanta ains).E tanti altres che adès fathe fadia a mete a foc, ma chei meritarave ancia lor de esse ricordadi parché i era dutibrava dhent e duti insieme i à fat la storia del nostre belpaesut.

Soranomidardaghesi

di Tino Ite

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1915. «…pare, mi no torne pì a ciasa,no torne pì a ciasa…». Que ste furonole ultime disperate parole del giovanediciannovenne Agostino Cariola, clas-se 1896, sussurrate al padre prima dipartire per la guerra, la GrandeGuerra del ’15-’18. E così fu. A casanon fece più ritorno. Un giorno un te-legramma comunicò ai famigliari ilsuo «sacrificio per la Patria».

Da mio nonno Toni, suo fratello,ho sempre sentito raccontare che,soprattutto appena finita la guerra, loha cercato ovunque sapesse ci fosseuna possibilità di trovarlo, ma invano.Forse a causa della non conoscenzao della mancanza di informazioni pre-cise o della sfortuna, nonno Toni nonè mai riuscito a trovare il fratello e a le-nire almeno in parte il dolore dei geni-tori per la perdita del loro ragazzo.Grande rimpianto che si è portato nelcuore per sempre.

2007. Questa estate appena giun -ta a Dardago mia cugina Da niela, nonsenza emozione, mi comunica cheessendo stata informata che nel cimi-tero militare di Asiago era sepolto uncerto Agostino Vettor, si è recata là eha trovato la sepoltura del nostro pro-zio. Io non l’ho mai conosciuto di per-sona, ma tutti noi famigliari abbiamoviva nella mente la sua foto in divisamilitare, gigantesca, appesa nella ca-mera dei nonni a perpetuo ricordo.

Ecco dunque nascere immediatala decisione di andare di persona arendere omaggio allo zio mai cono-sciuto, ma sempre presente nel ricor-do e nel pensiero. Quindi con mio cu-gino Enrico e la moglie, lo zioAgostino (così chiamato in suo ricor-do) e mia mamma ci siamo recatiall’Os sario Militare di Asiago. Giornatacu pa, grigia e tempestosa, come cupie tristi erano i miei pensieri.

Sì, l’abbiamo trovato. Il Sol da toVettor Agostino... era là. Per noi erasolo «lo zio Agostino». Erano no-vant’anni che aspettava una visita, un

ANNO 1915

SOLDATI DI TERRA E DI MARE

L’ORA SOLENNE DELLE RIVENDICAZIONI NAZIONALI È SUONATA. SEGUENDO L’ESEMPIODEL MIO GRANDE AVO ASSUMO OGGI IL COMANDO SUPREMO DELLE FORZE DI MARE E DITERRA CON SICURA FEDE NELLA VITTORIA CHE IL VOSTRO VALORE, LA VOSTRA ABNEGA-ZIONE, LA VOSTRA DISCIPLINA SAPRANNO CONSEGUIRE. IL NEMICO CHE VI ACCINGETE A COM-BATTERE È AGGUERRITO E DEGNO DI VOI, FAVORITO DAL TERRENO E DAI SAPIENTI APPRE-STAMENTI DELL’ARTE. EGLI VI OPPORRÀ TENACE RESISTENZA MA IL VOSTRO INDOMITOSLANCIO SAPRÀ DI CERTO SUPERARLO.

SOLDATI

A VOI LA GLORIA DI PIANTARE IL TRICOLORE D’ITALIA SUI TERRENI SACRI DELLA NATÌATERRA CHE LA NATURA POSE AI CONFINI DELLA PATRIA NOSTRA. A VOI LA GLORIA DI COMPIERE, FINALMENTE, L’OPERA CON TANTO EROISMO INIZIATA DAI NOSTRI PADRI.

VITTORIO EMANUELE

GRAN QUARTIERE GENERALE · 24.05.1915

saluto, una preghiera dei suoi cari…«…un po’ tardi, dirai, ma ti abbiamotrovato, zio. Sappi comunque che se iltuo corpo era lontano, in un posto chenon sapevamo, tu sei sempre stato inmezzo a noi e nelle mie preghiere».Per noi è stato un turbamento e unaforte commozione vedere il tuo nomelà in mezzo a così tanti giovani che co-me te non sono più tornati a casa, chehanno donato la loro vita al Veneto, alFriuli… e tu anche a Dardago. Graziezio, riposa in pace.

ADELAIDE BASTIANELLO

Mi no tornepì a ciasa…

In alto. Il giovane Agostino Vettor prima dipartire per il fronte nella Prima GuerraMondiale (1914).

Sopra. Il cimitero militare di Asiago e la lapidedella sepoltura del soldato Agostino.

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Domenica 30 settembre, sul monte diMuris di Ragogna (Ud), si sono ritro-vati, per il loro VI raduno annuale, i«veci» della «Pio Pio», la Compagniadel Genio Pio nieri e Guastatori dellaJulia. Motivo di tale incontro è stato il55° anniversario dall’inizio dei lavoristradali che dal paese di Muris crea-rono un transito per la ci ma del montesuddetto, toccando lungo il tragitto lachiesetta di San Giovanni in monte.

gre co-albanese, nell’affonda men todel piroscafo «Galilea» nelle pri meore del 29 marzo 1942.

Per gli abitanti della zona, nelle dif-ficoltà del dopoguerra, la costruzionedella strada fu momento ed occasio-ne di particolari possibilità di sviluppo,tra le tante quella di poter metter ma-no alla chiesa di cui sopra, che ora in-fatti è dedicata agli Alpini della Julia. Atal proposito al suo interno sono con-

ta a mano. La stessa è stata quindibenedetta e posta a fianco di quellegià presenti.

Doverosamente ricordati, ringra-ziati ed applauditi il gen. di Cor pod’Armata già comandante della «PioPio», Vittorio Bernard, l’infaticabile or-ganizzatore e promotore della manife-stazione M.llo d’Italia Bruno Sancardi,non si è potuto tralasciare di conse-gnare ad Alfredo una pergamena

Come di consueto nel piacere diritrovarsi è stata colta l’occasione dirinnovare il ricordo dei caduti, attra-verso la Santa Messa celebrata dal-l’ex Cappellano Mi litare don Albino,seguita dalla de posizione di una co-rona di alloro con particolare dedicaalla memoria del Battaglione Gemo -na, scomparso, di ritorno dal fronte

servati gli stemmi dei reparti più signi-ficativi di tale brigata. Tra i tanti peròmancava quello della nostra Com -pagnia. Facendo parte del comitatoorganizzatore mi sono rivolto al com-paesano ed alpino Alfredo, che si èprodigato nella realizzazione di quellache è, a tutti gli effetti, un’opera d’ar-te, eseguita su lamina di rame sbalza-

Momenti della premiazione.

Alfredo Zambon

UN NUOVO STEMMA PER LA COMPAGNIA GENIO PIONIERI E GUASTATORI «JULIA»

un artista al servizio degli Alpinidi Luciano Bocus

commemorativa ed una Medagliad’Ar gento a ringraziamento e stimaper l’esemplare opera, premiazione al-lietata dalle strette di mano delle auto-rità presenti, non ultimo l’attualeSindaco di Rago gna.

Rinnovo a nome di tutti, e partico-larmente mio personale, un sentitograzie all’artista Alfredo!

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I veci della gloriosa «Pio Pio»Compagnia Genio Pionieri e

Guastatori «Julia»

All’artista, Art.re AlpinoAlfredo Zambon

3° Art.ria «Julia» GruppoConegliano

In segno di gratitudinee riconoscenza

per il dono del distintivodella nostra compagnia

che ha realizzatoin lamina di rame sbalzatoa mano con grande arte

e perizia.

Il brillante successo ottenutopremia il suo impegno

e capacità artistica.Congratulazioni!

Accomunati nel riconoscimento,nel nome dell’alpinità

i veci della CompagniaGenio Pionieri e Guastatori

«Julia»qui si sottoscrivono e lasciano

un ricordo.

Muris (Udine), 30 settembre 2007

C’era una strana animazione la matti-na del due novembre davanti al cimi-tero di Dardago: macchine dei carabi-nieri e della forestale, uomini in di visache an davano e venivano, la portadell’obitorio aperta. – Ciao Spe dito,che succede? – I à ciatat doi morth inmont, sul Cor nier, forse partigiani.Tempo prima, infatti, du rante unacampagna esplo rativa svol ta da socidel Gruppo Speleo logico di Sacile percensire le grotte e le doline, le spiro -longie, tanto frequenti lungo tutta ladorsale delle nostre montagne, glispeleologi avevano trovato dei restiumani ap parte nenti a due per sone.

Le ossa e i pochi altri oggetti(scar poni, bottoni e un pettine), ritro-vati sotto uno strato di ghiaccio in unadolina dello Zuc Torondo sulle pendicidel Col Cornier, sono stati portati pro-prio quel giorno al cimitero di Dar da -go per essere analizzati.

Per questo erano presenti anchemedici militari, oltre ai carabinieri, peri primi accertamenti medico legali. Siè cercato di capire a chi appartenes-sero quei poveri resti, se a uomini, adonne, a militari o a civili. Certamentefurono uccisi con un colpo alla testa,come dimostrano i fori di proiettilepresenti sui teschi, incerta invece è laloro appartenenza, anche se si trattasicuramente di vittime della guerra ci-vile che insanguinò il Nord Italia dopol’8 settembre. Ricordiamo che il Friuliera stato annesso al Terzo Reich, cheera occupato da truppe tedesche; inCarnia c’erano addirittura i cosacchi,ed era teatro di rastrellamenti, di rap-presaglie e di scontri con i partigiani.

Secondo notizie apparse sulMessaggero Veneto del 3 e 4 novem-bre, le modalità dell’esecuzione edell’occultamento dei cor pi, a dettadegli esperti, rientravano nei metodidella divisione partigiana Nannettiche operava nella zona del Corniered il cui comando era nel Cansiglio,nell’autunno del ’44, mentre in Pian -

ca val lo operava nello stesso pe riodola Brigata partigiana unificata garibal-dina e osovana Ippolito Nievo.

In questo contesto storico è peròdifficile attribuire con certezza unanazionalità ai due morti o stabilire laloro appartenenza all’una o all’altraformazione armata e quindi risalireagli esecutori. A fornire qualche indi-zio sono i bottoni delle uniformi suiquali è raffigurata un’aquila: potrebbetrattarsi di avieri della RSI catturati adAviano e poi trasferiti in mon tagna e lìuccisi.

Ma ad Avia no, a presidiare l’aero-porto, c’erano anche i tedeschi dellaLuftwaffe e, d’altra parte, l’equipag-giamento dei militi della RSI era spes-so un misto di capi militari di variaprovenienza, come anche quello deipartigiani.

Le prime analisi (stato delle os sa edella dentatura) indicano che conogni probabilità si tratta di individuigiovani, forse uno dei due, il più pic-colo, era una donna, ma nulla, comepiastrine militari, che possa far risali-re alla loro identità è stato trovato.

Davanti a quei poveri resti, sorgeuna domanda: perché? E quante altrevite spezzate e quanti altri nomi nel-l’elenco dei di spersi, quanti altrischeletri sepolti tra le rocce? Os -servando le loro ossa, cercando dicapire chi siano stati, accantonata lacuriosità storico-scientifica, ci perva-de un senso di tristezza.

Non ha importanza per qualeideale siano morti, la ragione che li haportati a vestire l’una o l’altra divisa:la ferocia della guerra ha comunqueinghiottito le loro giovani vite, comequelle di tanti altri giovani di Dardago.

La loro morte forse non farà noti-zia per molto ma rimanga almeno co-me un monito per tutti noi, ci aiuti avivere con più umanità e rispetto.

Chiunque siano, i morti del Cor -nier, finalmente composti in terraconsacrata, riposino in pace.

i resti di due militariTrovati sul Col Cornier

di Massimo Zardo

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Per il gruppo folcloristico Artugna il2007 è stato l’anno del trentennale:in questi 30 anni abbiamo dato testi-monianza delle nostre tradizioni edella cultura popolare tramite le dan-ze e i canti, ma soprattutto abbiamovissuto ed espresso la gioia di cre-scere insieme.

Tra le varie iniziative organizzateper festeggiare questo traguardo,domenica 16 settembre 2007 l’Artu -gna ha ospitato, nell’ambito dellaFesta dei Funghi e dell’Ambiente, l’XI

veredo in Pia no) e animata dai cantidel gruppo Artugna.

Successivamente i vari gruppihanno danzato assieme la «Vin ca»,dando luogo ad una suggestiva co-reografia attorno alla fontana dellapiazza.

Da qui è partita la sfilata dei gruppifolcloristici verso il centro di Budoia,accompagnata dai volti incuriositi e gliapplausi di chi ci incontrava.

Dopo il pranzo, nell’area festeg-giamenti della Pro Loco, c’è stato lo

Rassegna Iti nerante del FolcloreGiovanile Re gionale, a cui hannoparte cipato una decina di gruppi fol-cloristici iscritti all’AFGR.

La giornata è iniziata nella Pieve diSanta Maria Maggiore di Dardagocon la Santa Messa celebrata da donAdel e don Rug gero (parroco di Ro -

scambio di doni e saluti tra LinoCadelli, da 12 anni presidente infati-cabile del gruppo, la presidentedell’AFGR, il sindaco di Budoia Anto -nio Zambon e il pre sidente della ProLoco Ales sandro Baracchini.

Verso le 15.30 è iniziata l’esibizio-ne itinerante dei gruppi lungo le vie di

di Marta Zambon

1977 · 2007

il Gruppo Artugnane fa 30

16 settembre 2007.Sfilata ed esibizione dei gruppi durantela rassegna del Folclore Giovanile Regionalein piazza a Dardago.

associaz

ion

i •

associazioni

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Budoia. I numerosi ospiti della Festadei Funghi e dell’Am biente hannopotuto così rivivere le atmosfere ge-nuine di un tempo, quando per diver-tirsi bastava una fisarmonica e la vo-glia di stare in compagnia.

Per celebrare anche la nostra ap-partenenza ai Pueri Cantores, ve-nerdì 9 novembre 2007 abbiamo or-ganizzato il I Congresso regionale diJuvenes Cantores, che si è tenuto aRoveredo in Piano.

Fin dalle sue origini l’Artugna in-fatti è iscritta alla Federazione Inter -na zionale dei Pueri Canto res, per lasua attività anche corale legata all’a-nimazione delle funzioni religiose.

È significativo che la prima usci taufficiale si sia tenuta proprio a Pe -scara, dove, all’interno del Con vegnoEucaristico, aveva luogo il VI Con -gresso Nazionale dei Pueri Can tores.

Per molti anni l’Artugna è stato l’u-nico coro della provincia di Por -denone ad essere iscritto ai PueriCantores, e ancora oggi è uno deipochi gruppi italiani ad essere anche«gruppo folcloristico».

Oggi molti dei suoi componentinon si possono più definire Pueri, maJuvenes, anche se sono sempre le-gati a quei valori che animano dasempre questa organizzazione.

Nazionale Lau ra Cro sato, non haprecedenti nella storia della Federa -zione, e proprio per que sto è stataaccolta con entusiasmo da una de-cina di cori.

La cerimonia è stata presiedutadal Vescovo Ovidio Poletto, e con-celebrata da don Adel e don Rug -gero, parroci delle nostre comunità,e da don Giovanni, fondatore delgruppo Artugna.

Sabato 1 dicembre, 2007, a co-ronamento delle iniziative volte a ce-lebrare il trentennale, si è tenutapresso il teatro di Dardago la pre-sentazione del libro «Gerla, s’cia-pins… e s’cianpinele».

L’incontro, coordinato dal presi-dente Lino Cadelli, è iniziato con ilsaluto di Antonio Zambon, sindacodi Budoia, e Renzo Liva, sindaco diRoveredo, che hanno espresso il lo-ro riconoscimento per la vitalità delgruppo all’interno delle comunità.

È intervenuto poi il prof. GuidoPorro, che ha sapientemente illu-strato l’opera, strutturata in 4 parti.Nella prima, dedicata alle origini, èdescritto il contesto in cui nasce ilgruppo, l’anno successivo al terre-moto. A Porro piace sottolineare unafrase di don Giovanni, «Ci sono tantiterremoti nel mondo da consolarecon luce di bellezza e amore», ad in-dicare quasi una missione del grup-po, che non si esaurisce nei ricordi,ma è proiettato al futuro.

La seconda parte è costituita dauna serie di articoli che raccontanol’essenza dell’Artugna, a cominciaredai valori che la animano, efficace-mente simboleggiati nello stendar-do, per proseguire con i pezzi cheparlano del le danze, della nostra or-chestra, delle villotte friulane, dell’at-

Come acquistare il libro?

• a Dardago: edicola Nives Da Pas • a Budoia: sede Pro Loco• per posta: fare richiesta per posta

o per e-mail alla redazione de l’Artugna

tività dei Pueri Cantores e del nostrocostume.

La terza sezione è quella fotografi-ca, che ripercorre alcuni dei momentipiù significativi di questi 30 anni dicammino.

Il libro si chiude con una dedica atutte le persone che hanno costruitol’Artugna: componenti, maestri, diri-genti, senza dimenticare le famiglie,che si possono dire anch’esse parteintegrante e fondamentale del gruppo.

Il professor Porro ha sottolineatocome nel libro testi, foto e scelte gra-fiche concorrano a dare un’idea chia-ra e genuina del gruppo Artugna,senza cadere in ripetizioni e in sterileautocelebrazione.

In seguito don Giovanni ha espres -so la sua gioia nel constatare che il fio-rellino germogliato 30 anni fa è ancorarigoglioso e nel vedere tante bambined’allora oggi mamme accompagnatedai figli. Ha poi inaspettatamente invi-tato Bisso ad accendere il registratorecoinvolgendo il pubblico in uno dei pri-mi canti, destando nei più «vecchi» unpo’ di nostalgia.

Questa presentazione è stata l’oc-casione per molti di rincontrarsi dopotanti anni: è emblematico quanto hadetto la maestra Nadia, che prima dipartire era titubante ma, appena arri-vata, si è subito sentita a casa, contata gente felice di riconoscersi e ri-trovarsi.

Abbiamo quindi pensato che, co-me i vari gruppi di Pueri Can tores siritrovano periodicamente nei Con -gres si per scoprire la gioia di cantareinsieme, così fosse simpatico dedi-care un momento d’incontro ancheagli Juvenes Cantores. L’iniziativa,come ha sottolineato la Presidente

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Il 2007 ha rappresentato per il CollisChorus il ventesimo anno di attività:un traguardo prestigioso che deverendere fieri tutti coloro che, a variotitolo, hanno dedicato parte del lorotempo al gruppo corale.

Per le nostre prime venti candelineci siamo «regalati» un anno di intensolavoro, basato sullo studio e sulla ri-cerca della qualità vocale, augurando-ci un futuro ancora lungo e ricco disoddisfazioni.

Nell’ottobre di quest’anno abbia-mo cominciato a mettere a frutto ilnostro impegno partecipando all’un-dicesima edizione di «Corovivo» te-nutasi a Trieste. La manifestazione acarattere regionale ha visto l’esibizio-ne di importanti formazioni corali, chehanno presentato, davanti un folto

pubblico e ad una qualificata com-missione artistica, un proprio proget-to canoro. Il nostro, dal titolo «Dallospiritual al gospel nell’esecuzione acappella» ha cercato di cogliere in di-versi momenti storici lo sviluppo ditale genere musicale, che, da sem-pre, è legato alla tradizione, ma che èaltrettanto attento a cogliere i segnidell’innovazione in modo da suscita-re un continuo interesse.

I brani, tutti a «voci scoperte»hanno voluto enfatizzare, le radici rit-miche e melodiche e le innovazionimusicali di ogni autore, allo scopo difar emergere le melodie, le armoniz-zazioni ed i ritmi più che mai adeguatial significato della preghiera recitata,attraverso la tessitura di una «telamusicale proporzionata sia nella tra-

di Roberto Cauz

Collis Chorusdiplomato con merito!

ma (melodia e parole) che nell’ordito(ritmo e armonizzazione)».

La nostra esibizione è stata pre-miata dalla commissione con il «di-ploma di Merito».

Gli obbiettivi del gruppo per ilprossimo futuro sono «ambiziosi»: laregistrazione di un compact disk col-legato ad un progetto di solidarietàsociale, la par tecipazione ad un con-corso ca noro di carattere nazionale,un’esibizione «oltre confine», ma so-prattutto la continuazione di un soda-lizio all’insegna della passione e deldivertimento.

Nell’augurarvi un sereno Na ta leed un felice anno nuovo, vi invitiamoal nostro tradizionale appuntamentodel 26 dicembre, che per l’occasionesarà ricco di sorprese.

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Matteo Signora, atleta di Budoiaclasse 1991, dopo 9 anni diattività agonistica sui pattini arotelle, nei quali si è laureatosempre campione regionaleassoluto per ogni categoria perla quale ha corso, dalla categoria«giovanissimi» (7/8 anni) a quella«Junior» (15/16 anni), è passatoalle lame sul ghiaccio.Da novembre 2006, ha iniziatocon successo l’avventura dipattinare sul ghiaccio, fino adarrivare alla convocazione conla squadra Nazionale «junior» dipista lunga, la specialitàdell’olimpionico Enrico Fabris.Per un excursus cronologicosulla storia agonistica di Matteo,partiamo dal 1998 quando ancorabambino partecipò alla prima

Sprint di pista lunga e vincendola gara «closing games» a Baselgadi Pinè (TN) il 3 – 4 Marzo 2007;prese parte, inoltre, ai CampionatiItaliani Assoluti di «short-track» aPon tebba, classificandosi 7° posto.Dopo la doppia attività agonisticasu rotelle e ghiaccio nel 2006,scelse di gareggiare solo sughiac cio ed arrivò la primacon vocazione per un allenamentodi selezione con la squadranazionale Junior di ghiaccio.Matteo ha trascorso tutta l’estate2007 allenandosi duramente percontinuare ad essere convocatocon la selezione azzurra.La conferma definitiva dellaconvocazione è arrivata lo scorso2 novembre con la consegnadelle «divise» della Nazionale.L’attività agonistica su pista lungaè iniziata il 17 novembre aCollalbo (BZ) con la gara«Ope ning Season International»,dove Mat teo ha ottenuto il 3°posto nella categoria Junior B,migliorando i propri recordpersonali sul le varie distanze, inevidenza quello sui 1000 mabbassato di ben 6 secondi.Il calendario delle gare continuacon la prima prova del «GrandPrix» a Baselga di Pinè alla fine dinovembre; proseguirà coni campionati Italiani a finedicembre e con alcune gareinternazionali in giro per l’Europa,con la maglia della Nazionale.Un ringraziamento particolare vaai suoi allenatori: Elio Zonca pertutti gli anni di allenamento conle rotelle e a Mirko Lorenzi perl’ultimo anno su ghiaccio.

gara (cat. Giovanissimi) coni colori della Libertas PorciaPat tinaggio Corsa, vincendoil campionato provinciale di corsasu pista piana, seguito da quelloprovinciale su strada.Negli anni successivi fino al 2006ci fu un susseguirsi di vittorie, inambito regionale, e molte altre alivello nazionale. Il migliorerisultato a livello nazionale arrivònel 2005, quando si piazzò al 2°posto nel Grand Prix, una sorta dicampionato a rotelle su 13 gare,in giro per l’Italia.Nel novembre 2006, passò alghiaccio con la PolisportivaGhiac cio Claut, dove partecipò a 6gare tra la specialità «short-track»e «Pista lunga», classificandosi al5° posto nei Campionati Italiani

Il giovane atleta (quarto da sinistra) con l’allenatore e i compagni di squadra ai campionati italiani 2007.

In alto. Matteo ripreso durante la gara di Coppa Italia.

Dal pattinaggio su rotelleal pattinaggio su ghiaccio

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16 agosto 2007. Anche quest’annola sagra a Dardago è ormai un ri-cordo. A dire il vero non ci siamoquasi neanche accorti che c’è sta-ta la Sagra, se non fosse stato perle bandiere che ornavano il sagra-to, il pozzo di San Pa trizio che tan-to ha divertito i bambini, i tradizio-nali giochi pomeridiani per i bimbie l’immancabile banco dolciario diCeschel, non c’era certo aria disagra in paese.

La nostra sempre splendida Pie -ve, superbamente vestita a festa,durante la Santa Messa era moltoaffollata segno che il significato del-la «festa dell’Assunta» è ancorasentito tra i dardaghesi, per lo menotra gli «emigranti», nonostante tutto,c’è ancora la voglia, il desiderio ditornare alle radici in questo partico-lare periodo dell’anno. Almeno que-sto affetto è rimasto immutato neltempo. Ma, fino a quando?

I miei ricordi vanno alle innume-revoli attività che venivano prepa-rate per la settimana di ferragosto:è perfino stata coniata la parolaDardagosto, ricordate? Molti gio-vani partecipavano, con il pievanoin testa, nell’organizzare e prepara-re la grande festa del Dar da gosto:collocare il palco, por tare fiori, alle-stire la piazza per le manifestazioni,un tempo nel preparare perfino ifuochi artificiali, insomma c’era unfervore tra i dardaghesi, una gioianel fare, nel darsi, nell’organizzaree i risultati si vedevano: i ricordi in-fatti ancora oggi sono vivi nella me-moria di tutti noi e parlandone riaf-

fiorano sempre con tanta, tanta no-stalgia.

Ci sorprendiamo se i giovanivanno sempre più lontano, non vo-gliono più venire o rimanere a tra-scorrere le vacanze in paese: giu-sto una toccata e fuga, il saluto diun giorno e via. Hanno ragione,ma a fare cosa devono venire?Che esempio stiamo dan do? Chericordi noi adulti stia mo regalandoloro? Ognuno nella propria casa,chiusi nel proprio cortile o giardinoa pensare solo ai propri impegni oanche piaceri molto spesso.

Fuori invece! Fuori tutti, uomini,donne, ragazzi, residenti ed «emi -granti» per lavorare insieme acreare «la Festa» per oggi e i ricor-di per domani! Siamo noi adul ticon l’esempio, che dobbiamo in-segnare ai nostri giovani a viverenel paese e con il paese, dobbia-mo insegnare loro la partecipazio-ne, la volontà, la passione e l’amo-re per il paese, quel paese che poialla fine siamo sempre tutti noi, re-sidenti e non residenti.

La fratellanza, la solidarietà erauna realtà concreta che un tempoci differenziava dalla fredda città.Ricordiamoci che non solo la so-cietà, ma soprattutto i ge nitori so-no «il modello» per i nostri ragazzied il nostro modo di comportarci ècome un boomerang: quello chemostriamo e diamo ai giovani og-gi, nel bene o nel male ci verrà re-stituito nel tempo: noi abbiamogoduto del lavoro e dell’esempiodei nostri genitori, ma gli adole-

scenti di oggi che ricordi porteran-no nel cuore? Il Dardagosto diquest’anno?

Per fortuna qualche persona dibuona volontà a Dardago c’è an-cora e s’è visto: se non ci fosseroci sarebbe l’erba alta sul sagrato,la siepe sarebbe alta come la chie-sa, non ci sarebbe «il pozzo», né igiochi per i bimbi e la Chiesa sa-rebbe spoglia e sporca e… vuota.

Ve lo immaginate un ferragostocosì? Squallido, vero? Po treb beessere un’eventualità dell’annoprossimo o degli anni a venire,perché nella ruota della vita se nonc’è il cambio della staffetta il ba-stone cade nel vuoto ed il «gioco»finisce!

Vediamo di seguire dunque l’e-sempio dei nostri genitori: moltopoco avevano materialmente, maerano ricchi di generosità e sensi-bilità; se non vogliamo agire pernoi stessi, adoperiamoci almenonel loro ricordo, dimostriamo loroche non hanno operato invano.

Allora? Ci saremo tutti per ilDardagosto 2008?

Per Ferragosto alla comunità diDardago è stato donato l’anticogioco della Dama. Non una damada tavolo ma una gigante dellamisura di circa 5 metri di lato.Grazie all’aiuto dei soliti Bru no,Corrado, Pietro, Stefano, Da niele,

Dardagosto

di Adelaide Bastianello

Fuori tutti per lavorare

dama>>

insieme!

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ENTRATE• incasso manifestazione

pozzo di San Patrizio 1.348,00 euro• offerte dalla popolazione 60,00 euro

Totale entrate 1.408,00 euro

USCITE• spese varie 48,00 euro

Totale uscite 48,00 euro

Differenza 1.360,00 euro

Tre settimane prima del 15 agosto,festa di Maria Assunta in cielo,Marta Zambon, Francesca Fort,Marcella Bastianello ed io ci siamodate appuntamento in canonica, perpreparare il materiale per il pozzo diSan Patrizio.Quest’anno non si è potuta farela pesca di beneficenza, perché, perprima cosa richiedeva più tempo delpozzo ed eravamo già in ritardo,per eventualmente, pre pararla e poiperché in canonica non c’è spazioed anche perché non ci sono piùgli scaffali per mettere sopra i premi.Ci siamo trovate un paio di giornialla settimana per impacchettareil materiale che molte personehanno portato in quei giorni.Ogni pacchetto conteneva unpremio, in molti anche un numero,il numero serviva ad indicareun premio grande che non potevaessere impacchettato.Per la realiz za zio ne del pozzoabbiamo chiesto la collaborazionedi Raf faele Zam bon, che in poco piùdi un’ora l’ha costruito. Abbiamofatto un numero considerevole dipacchetti.Il pozzo è stato aperto domenica12 agosto; per andare dentroal pozzo e per tenere la canna dapesca, ci hanno dato una manoanche due ragazzi (Fabio e Mat teo),che erano a Dardago perle vacanze. Bisogna dire che il primogiorno non c’è stata molta affluenzadi persone, ma man mano che ciavvicinavamo al 15 agosto, la genteaumentava. Abbiamo esaurito tutti i pacchetti trail 15 e il 16 agosto.

Anche quest’anno a Ferragosto sisono svolti i giochi per i bambini,organizzati da Roberto Zam bon conil quale ho avuto il piacere dicollaborare assieme anc he a Marta eElena.L’appuntamento era per le 16 pressoil cortile dell’ex scuola di Dardago.Ai giochi si sono iscritti un buonnumero di bambini in modo che èstato possibile formare alcunesquadre. Ad aprire i giochi la corsacon i sacchi poi, a seguire il giocodel cucchiaio, delle tavolette, la mela

nel secchio, la bottiglia da riempire,l’anguria e, per finire, quello piùatteso delle «pignatte».Tutti i bambini hanno partecipatocon grande entusiasmo e spirito dicompetizione, so stenuti anche da uncaloroso pubblico che ha applauditoe tifato per tutti in di stinta mente.

Il denaro raccolto col pozzo diSan Patrizio sarà utilizzato, peril restauro della Chiesa di San Tomè.Speriamo che il prossimo anno cisia più gente, e per gente,mi riferisco a ragazzi, che collaborinocon noi, per mantenere vive questetradizioni ed anche il nostro paese.

FRANCESCA ROMANA ZAMBON

Il ricavato sarà destinato ai lavorida effettuarsi nella chiesetta diSan Tomè.

Si ringraziano: pizzeria Artu gna,edicola Nives Dapas e tutti coloroche hanno collaborato perla realizzazione del pozzo diSan Patrizio.

un grande tappeto bianco e nero èstato collocato nello spazio vicino alteatro, diciamo nel «semi-anfiteatro».La posizione e lo spazio sono ideali,perché si offre agli spettatoriun’ottima veduta per seguirele mosse che effettuano i giocatori epartecipare anche al giocosostenendo i propri beniamini.Poiché quest’anno la damiera èstata allestita solo il giorno prima diFerragosto non si è potutoorganizzare un vero torneo, ma èstata comunque l’occasione perragazzi e adulti di cimentarsi ega reggiare.Gli adulti hanno «rispolverato»vecchi ricordi che, anche seapparentemente sopiti, non siscordani mai.L’appuntamento per il torneo è peril prossimo agosto.

VITTORIO JANNA

giochi>>

pozzo di San Patrizio>>

Anche la giornata è stata favorevolein quanto c’era un bel sole ma nonfaceva troppo caldo. È importantenon perdere le tradizioni e mi auguroche sia possibile ripetere questaesperienza anche nei prossimi anni.

SARA DABRILLI

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DARDAGO, AGOSTO 1964, NEL CORTILE DEI CONIUGI PIETRO BASTIANELLO EMADDALENA POL.DA SINISTRA IN PIEDI: PIETRO ZAMBON MARIN, ATTILIO BASTIANELLO THISA, LIDIOBASTIANELLO THISA. DA SINISTRA SEDUTI: MADDALENA POLO SCRIVAN (NENA THISA),SANTINA DAL COL, VITO CECCHINI, ANGELO ZAMBON (ANDOLÙT MARIN), ANTONIETTACECCHINI, BORTOLIN GIOVANNI, GIUSEPPINA LANCELOTTI IN BASTIANELLO THISA,MARCO BASTIANELLO THISA, ROBERTO DI BERNARDO, PIETRO BORTOLIN.

(FOTO E PROPRIETÀ DI GIUSEPPINA BASTIANELLO – ROMA)

UN ACCORATO APPELLOAI LETTORI

Se desiderate far pubblicare fotoa voi care ed interessanti per le nostrecomunità e per i lettori, la redazionede l’Artugna chiede la vostra collaborazione.Accompagnate le foto con una didascaliacorredata di nomi, cognomi e soprannomidelle persone ritratte.Se poi conoscete anche l’anno, il luogoe l’occasione tanto meglio.Così facendo aiuterete a svolgere nellamaniera più corretta il servizio socialeche il giornale desidera perseguire.In mancanza di tali informazionila redazione non riterrà possibilela pubblicazione delle foto.

DARDAGO, 1957. DA SINISTRA PIETRO ZAMBONPINAL (PIERO DE LA COOPERATIVA); IL PADREDI PIETRO ADAMO ZAMBON (DAMO NONTHOLO ) EIL PIEVANO DON NICOLÒ DEL TOSO.

(FOTO DI PROPRIETÀ DI RUGGERO ZAMBON)

ERRATA CORRIGENEL NUMERO 111 A PAGINA 32 (RUBRICA ’N TE LA VETRINA), FOTO 1, LEGGASI: «IL GRUPPO FAMILIAREDEI CARLON PERTIA, RITRATTO DAVANTI ALLA STALLA DI FAMIGLIA, NEGLI ANNI 1948-49.DA SINISTRA, IRENE TONON, GIUSEPPE CARLON (BEPO PERTIA), IRMA CARLON (CON IL CAPPELLD’ALPINO) CON IL PICCOLO GIUSEPPE CARLON (BEPINO CECH).

(FOTO DI PROPRIETÀ DI SILVANA ANGELIN GIROLET)

ANNO SCOLASTICO 1928/29, CLASSI 2a E 3a, NATI NEGLI ANNI 1919-1922.PRIMA FILA DALL’ALTO: ANDREA BOCUS DOLFIN,BRUNO ZAMBON MARIN, CAMILLO BASTIANELLO THISA,CRISPINO BUSETTI CAPORAL, GIOVANNI CALDERAN MILANES, LUIGI ZAMBON LUTHOL, DOMENICO ZAMBONBISO, ?, MARIO ZAMBON ITE, FIRMINO PONTE, ?, ?, AUGUSTO ZAMBON BISO.SECONDA FILA: ?, GIORGIO PONTE, ?, LE SEI RAGAZZE IN CAMICIA BIANCA SONO SCONOSCIUTE, ?, ENRICOZAMBON ROSIT, FRANCESCO BASO, MAESTRA IRMA BURIGANA.TERZA FILA: ?, ELSA LACHIN STORT, MARIA RIGO DE LA CANDIDA, ELEONORA IANNA SIMON, LETIZIAZAMBON TARABIN, IDA ZAMBON PINAL, ?, MARIA ZAMBON VIALMIN, BERTINA IANNA THECO, TERESA RIGOBERSALIER, REGINA ZAMBON TRANTHEOT, MARIA ZAMBON TARABIN.ULTIMA FILA: MARIA PONTE, ?, ERNESTA CALDERAN MILANES, ELSA BOCUS DOLFIN MUGNEC, ?.

(TESTO E FOTO FORNITI DA FLAVIO ZAMBON MODOLA)

DARDAGO, ANNO 1950. ANTONIOJANNA TAVÀN IN «POSA» PERUNA FOTO RICORDO. SI NOTI ALLE SUESPALLE LA CUPOLA DEL CAMPANILENELLA SUA FORMA ORIGINALE PRIMADEI LAVORI ESEGUITI NEGLI ANNI ’50.

(FOTO DI PROPRIETÀ DI GIANCARLO ANGELIN)

MILANO, ANNO 1953. I NOSTRI DARDAGHESI NELLAMETROPOLI LOMBARDA.DA SINISTRA: SERGIO BOCUS CIUTI, MARINA JANNA TAVÀN,ROSINA E MARIO ANGELIN ANDELIN, FERRUCCIO ZAMBONTARABIN E EZELINDA MAGLIARETTA NEL CORTILE DELLA«MITICA» VIA MORGAGNI AL NUMERO 30.

(FOTO DI PROPRIETÀ DI GIANCARLO ANGELIN)

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L’angolo

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CRO DI AVIANOMaggio 2007

Uscire, uscirne,uscire sani, risanatimagari mutilatima uscirne. Via!Strapparsi da dossoil dolore e l’angoscia,i perché senza risposta,le nottate con gli occhi spalancati.

Perché a me?Dio mio perché a me?Che ho fatto perché da vivoio sia mortoper un anno?Curato e disperatoper un annomorto tra morti vivi,per un anno.Andare e tornare,curarsi e tornare,andare e tornare,indagare sguardi di medici,andare e guardare, guardarsi.E parlare con altri.Che è successo?Ah! Si! Anche a me...Non ho più capelli.Sono stanco.Dio! Come sono stanco.

Ma continuo a parlare.Che posso fare per te? per me?Solo continuare a parlare,e tentare di capireme e gli altri, le altre.Forse gli voglio bene,e mi vogliono bene.Le mani si intreccianonel saluto di ogni giorno,ogni giorno più caldeper una preghiera,per un anno.

Ma mi sento diversoanche loro diversi,i miei occhi diversi.Rinasce un capello, sto in piedi.Un capello più vivo di meincredulo.Ora prego, ho sempre pregatonella debolezza e nella forza.Prego e ringrazioper la tenacia,per la parola,per i medici bianchi,per il loro amore,per la fede in teDio che mi sei vicino..

ANONIMO

AI NOSTRI DEFUNTI

Io credo sempre sarai e lo seiil giorno più triste dell’anno,il primo novembre nei cimiteril’umile preghiera per tutti i defunti,ognun ai pie’ delle loro tombe.

O Signore nell’alto del Cielo,perché molti ad ogni età mancano a noi?

Le loro fotografie affisse sulle memorie dei marminel sorriso sembran esser viventi,come scintilla va il pensier lontanoma più rapido ancor ritorna.

Dispersi, destin, sfortuna e criminali guerremai saper dove riposar le loro spoglie.

A giorno irradia ancor tepor di solema a notte gelar fa la brina bianca,grigia nebbia salir sui colli,argenta l’alberi sui rami.

O Campo Santo ornato di fiori e luccicanti lumiin ´ste vecchie mura cadenti lacrime sui visi,rabbrivida i nostri cuor e le menti.Mito, silenzio, tacità si confermaquel triste passato che mai si cancella.

Nati siamo, giorno, mese, annoma l’ora del tramonto non saperla mai,se notte oscura non fa veder la lunaed ogni giorno ne succede una.

O Signore dall’alto del Cielo,dacci coraggio, voglia, vita da vivere.A volte in tribunal ragion non valee l’innocente, seppur lo sanno, fa prigionee l’usuraio in sua febbril malavita vive.

Denaro, poderi e sconfinima, o terra di tutto il mondo,buona sempre sarai e lo sei.

Accetti tutti buoni, bravi e cattivi,ricordi a tutti chi insegnò del bene,di memoria gran dono infinito sei…Passa in cielo una colomba bianca,porti pace e bene a tutti noi?

Ogni mattina dà luce al giorno per il suo ritorno,un manto d’oro che ha per ciel lo sfondo,goder l’aurora del nuovo giornose vi è in cuor dispiacer e malinconia.

Cercare chi di sincer fa compagnia,mite o pigro passerà l’inverno,tornan su a tutti gli alberi il fioreche a ognun mirar fa il suo colore.

A sera udir da quel lontan del boscoil gorgheggiar nel suo bel canto l’usignolo,che a tutti i cuor fa aprir la primavera.

ANGELO JANNA TAVÀN

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Lasciano un grande vuoto...l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari

Irma RigoLa Irma Barisela a l’è duda a ciatà el soMario Ite

Da quàn che l’an passat a ottobre la ’vevaperdut el so Mario, no la ’veva mai podutrassegnasse; d’altronde i ’veva passat 57ains insieme là de Ite.A l’era sempre stadha ’na persona serenae contenta de la so vita, passada sempredongia del so òn, sempre tacada a lui co-me un codèr, ma da quàn che lui al è man-ciàt... «adès che no l’è pì vostre pare, mino ài pì nient da fà», la ne aveva dita un dì,come a dise che la so missiòn a l’erabeldà finida.No podòn no ringrassià de cuor dhuteche le persone amighe (in particolar la Bru -na Thampela, l’infermiera de l’ASL, la zia

Ma ria co’ Ugo, le so nevode francesi deSimon, la Maria romena, l’An gelina Sclofa,Don Adel, la Catina de la Rossa, la CeliSimona, e tante altre che non se pol scriveunchì par question de spassio) che le èstade tant vesine a liena durante la so cur-ta malatia, passada a ciasa soa, serena-mente, dongia i so nevodi, i so fioi e nore,e in mieth a duta la so dhent.La nona Irma la ne à saludat dhuti quanti el13 de agosto, chel sarave stat el dì delcom pleano del nono Mario; forse lor doi,de scon diòn, i se ’veva dat apuntamentopar passà el compleano insieme, ma neal-tre no lo savaròn mai.

Grathie de dut nona Irma.

Elena Bocus«Il Signore ti ha chiamato a sé all’improvvi-so e hai lasciato in chi ti era vicino un gran-de vuoto.Noi che ti abbiamo conosciuto porteremosempre nel nostro cuore il tuo sorriso pie-no di tenerezza, la tua voce gioiosa e lagrande generosità del tuo cuore».

***... Aprendo i portoni di casa, su a Dar -dago, eri solita cercare subito il nonno. Glivenivi a far visita spesso e lo chiamavi cosìaffettuosamente: «Ei nonno… Svaldin,co me stiamo?…»Lui ti aspettava felice di averti vicino.

Armando CellotIn un momento gioioso, di incontro con gliamici calciatori come te, sportivi ed amantidella compagnia, insieme ai ragazzi del -l’ora torio, ambiente che hai sempre fre-quentato sin da ragazzo nella tua Par -rocchia, hai lasciato questa vita.È stato un duro quanto improvviso colpoper la tua amata famiglia e per tutti coloroche ti hanno conosciuto, increduli di per-dere, in poco tempo, un caro amico.Rimane il ricordo del tuo carattere solare,della sportività, della dedizione alla tua fa-miglia, del tuo impegno verso i giovani chehai seguito con passione nell’ insegnare il

vero calcio e con i quali hai condiviso tantimomenti di allegria...A tua moglie Licia, ai tuoi figli Fabio eChiara continuiamo ad essere vicini con lapromessa, facile da mantenere, di non di-menticare il tuo esempio.

Ciao Armando

Trascorrevi così il tempo ascoltando ilnonno.Poi venivi a darci un caldo saluto semprepresente nel tuo grande affetto verso dinoi.

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CronacaCronaca

Quaranta ainsFesta del DonatoreSezione di Dardago

Domenica 24 giugno 2007 si è svoltala festa del Donatore, particolarmenteimportante per la Se zione di Dar dagoperché quest’anno festeggia i quaran-ta anni di attività. La storia dellaSezione di Dardago è iniziata nel 1967grazie al fondatore e primo pre sidenteGiacomo Zanchet, al qua le sono suc-

El Grupo Artugna’n te le Marche

In luglio il gruppo Artugna trascorreun fine settimana di «vacanza» nelleMarche.Di prima mattina arriviamo ad AscoliPiceno, dove visitiamo il Duomo e levie del centro, animate dal mercatocittadino.Nel pomeriggio relax in piscina espiaggia. La sera Messa e spettacoloa Grottammare.La domenica è possibile visitareFermo, cittadina medievale arroccatasulle colline, da cui godiamo unosplendido panorama sul mare che ciripaga della canicola estiva.

ceduti nel corso di questi quarantaanni i presidenti Armando Zambon,Giampietro Zam bon, Carlo Zambon eCor rado Zam bon attuale presidente.Grazie al loro impegno si è allargatosempre più il numero di donatori e diconseguenza il numero di donazioni disangue ed emoderivati.La giornata, accompagnata da unosplendido sole, ha visto la partecipa-zione di numerose sezioni provinciali,ma anche di alcune sezioni fuori pro-vincia di Venezia, Monfalcone, Orsa -go e Cordignano. La giornata è riu-scita molto bene grazie all’aiuto eall’impegno di tutti coloro che hannopartecipato all’organizzazione di que-sta ricorrenza, in primis della Sezioneconsorella di Bu doia – Santa Lucia edel suo presidente Piero Zambon; delCo mitato Festeg gia menti Dar da go;del coro parrocchiale di Dardago di-retto da Fabrizio Zam bon, che ha ac-compagnato magistralmente la SantaMessa; di don Adel per la celebrazio-ne della messa so lenne; dello sculto-re Mi chelin che ha realizzato un cippoin marmo raffigurante il pellicano sim-bolo dell’A.F.D.S., per commemorareil quarantennale della Sezione; delSin daco del Comu ne di Budoia Anto -nio Zambon che, nonostante i nume-rosi impegni, ha voluto essere pre-sente personalmente alla festa; delvice presidente della Sede ProvincialeBaita, di tutti i donatori, sostenitori esimpatizzanti.

ESPEDITO ZAMBONAccanto ai gagliardetti dei donatori di sangue, a sinistra, il cippo di marmo dello scultore Michelin,commemorativo del 40° anniversario di fondazione della sezione AFDS di Dardago.

Fón ciàlt co’ le legne

Il Comune di Budoia ha deciso diconvertire il vecchio impianto ter-mico sostituendo le cinque caldaiea metano, che attualmente riscal-dano e forniscono acqua calda almunicipio, alle scuole elementari,alla men sa e palestra, al poliambu-latorio e alla «ciasa del Comun»,con un impianto centralizzato a le-gno cippato. La nuova caldaia èsta ta dimensionata in previsionedel futuro allacciamento di altri edi-fici ad uso pubblico. Per illustrare

questo importante pro getto, checomporta una riduzione di costi edi emissioni di sostanze inquinantioltre ad una auspicata riattivazionedella gestione boschiva e della ma-nutenzione di territori comunali at-tualmente abbandonati, l’Ammi ni -strazione ha pub blicato il fascicoloCalore dal legno che alleghiamo aquesto numero de l’Artu gna.

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A Venethia e a Klagenfurtco’ la Pro Loco

Proseguono le iniziative della ProLoco anche dopo la Festa dei Funghi.Non mancano infatti le gite, organiz-zate e capitanate dall’esuberante Fer -nando Del Maschio.Sabato 17 novembre 2007 i parteci-panti partono con il treno alla volta diVenezia per visitare la mostra «Ve ne -zia e l’Islam» a Palazzo Ducale. Dopoil pranzo a base di pesce presso latrattoria Sem pione del «nostro» GigiPetenela, la comitiva si divide in grup-petti che scelgono mete di loro gradi-mento.Un successo maggiore di qualsiasiprevisione riscuote la gita ai mercatininatalizi d’Oltralpe, organizzata per do-menica 16 dicembre. Le adesioni so-no così numerose da richiedere ben

Ave Maria…

Per la festa di Ognissanti e la com -memorazione dei defunti il cimitero diDardago si è arricchito di una statuadella Madonna.

Il governatore della Regione Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, affiancato da alcuni componenti delGruppo Folcloristico Artugna.

È il dono di una gentile signora ro -mena, molto credente e devota, cheha lavorato per diverso tempo a Dar -dago e ha voluto in questo modo la-sciare un suo ricordo nel nostro pae-se. Ha fatto pervenire questa statuadalla sua terra d’origine, la Ro ma nia,ed esattamente da Iasi, una cittadinasituata nella zona moldova della Ro -mania.Il viaggio è stato particolarmente lun-go e difficoltoso e nonostante la pro-tezione che si erano preoccupati difarle, la statua è arrivata un po’ rovina-ta. Grazie alle amorevoli cure di puliziae restauro da parte di Assunta Gam -barini ora la Madonnina è come nuovae, grazie all’interessamento e al lavorodi Antonio Zambon Mao, ha trovato

due cor riere! La comitiva sosta dappri-ma a Villach, con possibilità di visita al-la città e ai mercatini, per poi spostarsia Klagenfurt, dove, dopo il pranzo tipi-co, il pomeriggio è nuovamente dedi-cato all’immancabile passeggiata tra lesuggestive bancarelle e le bellezze del-la città austriaca.

Illy a Budhuoia

Venerdì 9 settembre, in occasione del40° anniversario della Festa dei Fun -ghi e dell’Ambiente, Bu doia ha accol-to il presidente della regione FriuliVenezia Giulia Ric cardo Illy. Il governa-tore è stato accolto dalla Giun ta, dalPar roco e dai rappresentanti delleAsso ciazioni, che hanno descritto larealtà comunale, con i suoi punti diforza e le inevitabili criticità. Hanno poiaccompagnato il pre sidente in una vi-sita delle mostre allestite nell’ambitodella Festa, in particolare la MostraMi cologica, la Mostra Filate lica e laMostra Fotografica «Cartoline da Bu -doia», verso le quali Illy ha manifestatonotevole apprezzamento e interesse. Una nota fresca e gioiosa è stata il sa-luto della scolaresca nel cortile dellaScuola Primaria. Al presidente sono stati illustrati an-che i lavori eseguiti nella chiesa diBudoia, in particolare il restauro del-l’organo, avvenuto con l’indispensa-bile contributo della Re gio ne.Il presidente ha salutato Budoia por-tando con sè l’impressione di una co-munità piccola ma vivace, le cui inizia-tive meritano senz’altro l’attenzione eil sostegno delle istituzioni.

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Mensa bio a scóla

Sabato 10 novembre, si svolge la«Giornata della mensa», dedicata allaconoscenza del progetto «Mensabiologica a scuola» che già da alcunianni si attua nel Comune. L’iniziativa, che è inserita nella sezioneregionale dell’Associazione Italianaper l’Agricoltura Bio lo gica, nel 2005ha ricevuto riconoscimenti in Sviz -zera, ha partecipato a servizi televisivisu «Re port» di Rai 3 e quelli giornali-stici su «La Repubblica». La mattinata trascorre con la visita adalcune aziende agricole biologiche diCordenons, San Qui ri no e Malnisio,le stesse che for niscono la mensa. Ilpomeriggio, presso il campo sporti-vo, è inaugurata la palestrina da ar-rampicata, donata al Comune diBudoia da Aiab Friuli Venezia Giu lia.La giornata si conclude, quindi, conun’attività per bambini «Prepariamola merenda».

Un premio ai dhovinsa Roma

Nella sede dell’ANCE (Associa zioneNazionale Costruttori Edili) a Roma, siè svolta la cerimonia di premiazionedella seconda edizione dei PremiNazionali di Archi tettura, che sonol’occasione di presentazione dell’at-tuale stato dell’architettura in Italia edi promozione delle opere di valorerealizzate.Uno dei tre premi per un’opera realiz-zata in Italia da un giovane progetti-sta, negli ultimi cinque anni, è statoassegnato ad Alberto Del Maschio eStefano Pujatti per l’opera di amplia-mento del Cimi tero di Borgaretto aBeinasco di Torino.Hanno ricevuto il premio dallo stessoMinistro per i Beni e le At tività Cultu -rali, Francesco Rutelli, che, siglandocon la sua presenza la valenza istitu-zionale dell’evento, ha evidenziatol’importanza dell’iniziativa per i rico-noscimenti che testimoniano della fi-ducia riposta nelle nuove generazionie dell’effettiva qualità rilevata nelle ar-chitetture proposte, esempi di prepa-razione e capacità nel gestire l’interoprocesso produttivo, dall’idea zionealla realiz zazione del pro getto.

Quando i cori amatoriali, composti daamanti della musica, volontari dell’ar-te canora, mettono insieme il proprioimpegno e le proprie passioni, il risul-tato non può che essere esaltante.Se poi, la partitura è divertente, gio-

El Grupo Corale Gialuthin MUSAE

cosa, coinvolgente ed emozionantecome i Carmina Bura na di Carl Orff,allora, lo spettacolo è assicurato.Ecco che è nata la proposta d’inserir-lo nel Progetto MUSAE 2007 dellaProvincia di Por denone.Il cast era formato da oltre duecentocoristi provenienti dal Grup po Corale«Gialuth» di Ro veredo in Piano (pro-motore dell’evento), e da altri settecori. A questi cantori si sono aggiuntiil soprano Diana Mian, il tenore De visFugolo ed il baritono Lo renzo Bat -tagion. Ai pianoforti Alberto Crivellarie Gianni Della Libera mentre alle per-cussioni si sono esi biti Elisa Biasotto,Lo rena Donè, Andrea Berto, LucaCar ra ra e Alberto Girotto. Gli appuntamenti, seguiti da oltre6.000 spettatori, sono stati a Porcia,Lo nigo, Salgareda, Mon tereale, Por -denone e Rovere do in Piano. Grazieall’intervento di una importante azien -da di produzione, di questo ultimoconcerto sono stati realizzati un DVDVideo ed un CD Audio che, in occa-sione delle prossime festività natali-zie, potranno essere prenotati ed ac-quistati in unico cofanetto regalo, adun prezzo veramente accessibile. Oltre a questa proposta molto inte-

ressante ed impegnativa, il GruppoCorale «Gialuth», presieduto da An -gelo Tassan, si sta prodigando per larealizzazione di ben tre concerti della«Missa Audi Filia» di GianmartinoMaria Du ri ghello. Un’opera commis-sionata dal Comune di Roveredo inPiano nel 1999 ed eseguita in primaassoluta, in onore del passaggio dimillennio, il 26 dicembre del ‘99. La«Missa» da concerto, originariamen-te composta per coro e banda, èstata trascritta dal compositore stes-so in diverse versioni: per cori ed or-chestra e per coro ed organo. Inquesto periodo viene eseguita lascrittura per coro ed organo (organi-sta il m° Daniele Toffolo): a San Qui -rino il 15 dicembre, a Budoia il 16 di-cembre ed il 12 gennaio 2008, aTorino.

Per prenotazioni ed acquisto dei co-fanetti DVD+CD dei Car mina Bu ra -na, contattare:Angelo Tassan · 0434.654538Lorenzo Benedet · [email protected] prezzo di acquisto è fissato in15,00 euro.Stefano e Alberto (a destra) al momento della premiazione da parte del Ministro Rutelli.

una collocazione appropriata e deco-rosa nel nostro cimitero. Siamo certiche un fiore non le mancherà mai etutti si adopereranno per mantenere inordine e pulito il suo altare.

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Inno a

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Roma, 12 marzo 2007.Angelin e Stana Zambon Pinal di Dardago sono lieti diannunciare alla comunità de l’Artugna la nascita della lo-ro pronipote Eleonora che ha voluto venire alla luce nel-l’anniversario del loro matrimonio.Eccola fotografata, il giorno del battesimo, con la bis -non na Stana, la nonna Anna e la mamma Fe derica:quattro generazioni tra la felicità di tutti i parenti.

5 agosto 2007.Nel giorno del Battesimo di Bianca, è stata scattata que-sta bella foto delle sorelline Andrea e Bianca Frare con lamamma Cristina, la nonna Milena e la bisnonna Elsa.

Nicole Fort, nata a Pordenone, il 15 febbraio2007, figlia di Claudia e Fabio, che da quandoè arrivata ha riempito il cuore di gioia dei nonniPaolo, Luciana e Gloria e degli zii Roberta eBruno.

Mi chiamo Filippo, il 28 dicembre compio 6mesi. I miei genitori sono Guido Morson e Fe -de rica Zanolin. Ciao! A tutti Buone Feste.

Il nonno Tiziano è orgoglioso di presentarvi ilsuo nipote Filippo Basso, nato nel mese digennaio, il giorno 14 dell’anno 2007.

Erika annuncia con gioia la nascita della sorellina Nicol.La nonna Rosetta Gagliardi Gislon ne è orgogliosa.

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Auguri dalla Redazione!Mamma Argelia Lachin vedova Soldà, classe 1907, haraggiunto la bella età di 100 anni. Ha festeggiato il tra-guardo assieme ai suoi tre figli, Mirella, Iride e Re nato, cir-condata dai nipoti, pronipoti e amici. È stata una festagioiosa ed emozionante.Ringraziamo il Signore di averci dato questa gioia!

I FIGLI

I coniugi Fulvia e Vanni Carlon, attorniati dai figli Elena eFrancesco, al termine del rito religioso in occasione del25° anniversario di nozze.

Ivan Carlon e Natascia Dalla Bona, il giorno del loro ma-trimonio; in braccio a papà Ivan la piccola Nicole vestitaa festa per il suo battesimo.

Sabato 21 aprile 2007, nella chiesa parroc-chiale di Santa Lucia di Bu doia, circondatidall’affetto di tanti amici e parenti, MichelaFort e Da vid Colussi, Ca pitano degli Alpini, sisono uniti in matrimonio. Auguri!

4 generazioni Bocus Frith.Il bisnonno Osvaldo, a Lignano, per una bella foto di fa-miglia. Con Svaldin, da destra, il figlio Enrico con la pic-cola nipotina Letizia di 2 anni, il nipote Pierfrancesco conin brac cio il piccolo Emanuele (nato il 27 luglio 2007) e lamoglie di Pierfrancesco, Stefania, con in braccio la pic-cola Roberta (2 anni).

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Roveredo, 25 agosto 2007

Spett.le Redazione,ricevo sempre con piacere la vo-

stra bella rivista che leggo pagina do-po pagina, tutta, sempre, con parti-colare attenzione ogni volta.

È ben curata, la pagina è spaziosae si lascia leggere agevolmente e conpiacere, è molto varia anche negli ar-gomenti di volta in volta proposti, dallacronaca agli avvenimenti della Co mu -nità. Belle le immagini, interessantissi-mo e pre zioso lo sforzo di documen-tare (e regalare!) la storia delle famiglie,«le nostre radici», giunta ormai al 18°inserto! E il tutto iniziando con il pen-siero religioso, meditato e profondodel plevàn don Adel.

Insomma bravi, bravi tutti e com-plimenti per l’impegnativo sfor zo an-che «spesso difficoltoso… lavoro fat-to gratuitamente… ormai da 36an ni... in silenzio, con costanza e sa-crificio».

Leggendo l’editoriale «Non ci stia-mo» del n. 111, si percepisce anchel’ama rezza per alcune critiche fattesolo per criticare. Tocca, di tanto intanto, un po’ a tutti (lo dico per espe-rienza) purtroppo lasciano tanto

amaro in bocca: ma si sa che chi nonopera, che spes so non sa operareed è al di là del tavolo… sa sempretutto! Esemplare un detto, a tal pro-posito, che non scrivo ma è intuibile.Complimenti ancora e buon lavoro.Cordialmente.

SERGIO GENTILINI

Monza, 10 ottobre 2007

Cara Redazione, devo confessare che attendo

sem pre con impazienza l'arrivo del’Artugna perché è un periodico viva-ce, interessante, colmo di notizie enotiziole che mi incuriosiscono e cheaccrescono le mie conoscenze dellaterra nativa dei miei nonni materni ol-tre ad essere stata protagonista dellemie vacanze estive per tutta l'infanziae l'adolescenza. Ho letto con moltaattenzione l'editoriale «Non ci stia-mo» pubblicato nell'ultimo numero edesidero comunicarvi tutta la mia so -li darietà per il contenuto del l'ar ti coloche condivido in pieno perché, comevoi dite, ogni critica, con siglio e sug-

gerimento sono importanti e costrut-tivi se non sono faziosi.

Purtroppo su questa terra esisto-no tante persone che si esprimonosolo per «partito preso» e perchéama no contraddire con l'uni co sco-po di far parlare di sé.

Sono d'accordo con quanto af-fermate nell'ultimo paragrafo richia-mando il rispetto per il lavoro delprossimo.

Auspico che ciò che è stato scrit-to sia spunto di riflessione per tutti ilettori e di riconoscimento per losforzo e l'impegno di tutti coloro chelavorano per la realizzazione delgiornale.

Continuate così, in modo schiettoe libero!

Cordialmente

NADIA MARAVIGNA

Abbiamo pubblicato queste due let-tere per ringraziare pubblicamentetutti quei lettori che in questi mesi cihanno fatto pervenire il loro apprezza-mento per il lavoro svolto e l’invito aproseguire ancora il cammino da tan-to tempo intrapreso.Continueremo di sicuro, ma visto

che gli anni passano per tutti, è ne-cessario pensare a un ringiovanimen-to della redazione per poter guardarecon ottimismo al futuro di questo no-stro periodico.

Grazie a tutti, all’amica Nadia e aSergio Gentilini, poeta e cultore distoria locale, il cui generoso giudizioci rende par ticolarmente felici.

Pordenone, novembre 2007

Spett.le Redazione,sono felice di comunicarvi che il

volume sulla storia dello sci pordeno-nese, Quei magnifici campi di neve –Le origini e la storia dello sci porde-nonese 1924-1941, già oggetto di

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una mia lettera alla vostra rivista, èstato presentato sabato 17 novem-bre, nei locali della Società Operaia diMutuo Soccorso ed Istru zione. L'edi -tore è la SOMSI con il contributo del-la Fon dazione CRUP, del Comune diPor denone e della Provincia.

Come vi avevo già accennato nel-la lettera da voi peraltro pubblicata,gran parte della mia storia si svolgetra Dardago, la Val di Cro da e la Valledella Stua con un'interessante, a mioparere, ricerca sulla famiglia ZambonColus, già fornitrice del Rifugio Poli -creti al Piano del Cavallo, sulla fami-glia Zambon Momoleti e sui Vettor.

Contestualmente, è stata apertauna mostra sullo sci d’epoca con at-trezzatura e materiale cartaceo di ec-cezionale valore storico.

Devo ringraziare chi ha creduto nelmio lavoro, in primis la Società Ope -raia, ma anche il dottor Tullio Trevisan(scrittore, alpinista, storico) che, letto iltesto, ha messo una buona parola.

In quanto alla vostra rivista, comele scrissi allora, mi sono sempre sor-preso come una piccola comunitàriesca a portare avanti un lavoro cosìinteressante e valido e questo va avostro merito. Da voi c'è ancora unargomento inesplorato: il volo pindari-co della cosiddetta «Venezia delleNevi», già oggetto di un mio articolosul Notiziario Piancavallo e DolomitiFriulani (ed. La Voce). La storia di quelprogetto, miseramente naufragato, è

Milano, 29 novembre 2007

Spett.le Redazione de l’Artu gna,mi permetto di utilizzare la rivista

dei dardaghesi per valutare tutti insie-me l’opportunità di avere un luogo diincontro per i bambini durante il pe-riodo estivo.

Ogni estate mi accorgo che duran-te il mese di agosto la possibilità di in-contro per i bambini di Darda go e ibambini che vi trascorrono le vacanzeè limitata dall’assenza di un punto di ri-trovo dove poter fare amicizia e giocareinsieme.

Ricordo infatti con piacere chequando ero bambina trascorrevo granparte dei pomeriggi in compagnia deipiccoli amici di Dar dago e degli altribimbi in villeggiatura. I luoghi di ritrovoerano la Scuola Materna, che gentil-mente Suor Natalina, Suor Aidana eSuor Ernesta ci mettevano a disposi-zione, e la Canonica dove ci divertiva-mo con il ping-pong e il calciobalilla; siorganizzavano inol tre le prove canoredel Dar da gosto e alcuni anni si anda-

ancora tutta da scrivere e può riser-vare sorprese, poiché ho fatto unaveloce ricerca nei quotidiani di metàanni ’60 ed il materiale è interessante.Cordialmente.

MARIO TOMADINIFRUITORE ASSIDUO DELL'ANELLO

CIRCOLARE DELL’ARTUGNA

Egr. sig. Tomadini,complimenti per il suo nuovo libro

che senz’altro interesserà i molti ap-passionati dello sci: quelli di una certaetà, che talvolta pensano con un po’di nostalgia ai campi di neve della loroinfanzia e giovinezza, e quelli più gio-vani che affollano nei week end lestazioni invernali, ora lontane parentida quelle pregevolmente descritte nelvolume appena presentato.

Per quanto riguarda il «la Ve ne ziadelle Nevi», ci siamo interessati inpas sato di quel progetto, della suaideazione e dei primi lavori allora ini-ziati. Certamente l’argomento è in -teres sante e non è escluso che po-tremmo di nuovo ospitarlo nelleno stre pagine in presenza di altromateriale inedito.

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[...dai conti correnti]

Complimenti per la grafica e a tuttala redazione. È sempre un piacerericevere e leggere i vostri articoli.

NADIA MARAVIGNA – MONZA

Grazie per l’Artugna sempre gra-ditissima.

IRMA BIANCHI – MILANO

Grazie a tutti per il Vostro impe-gno...

GIORGIO PUSIOL – LIGNANO

Per l’Artugna in memoria dei mieidefunti.

MARIO GIUSSANI – VERUNO

Per l’Artugna che ricevo semprecon molto piacere.

NADIA RAGAGNIN – CANEVA

Per l’Artugna che leggo semprevolentieri.

FIORELLA BOSCO ZANOLIN – BUDOIA

Situazione economica del periodico l’Artugna

Periodico n. 111 entrate uscite

Costo per la realizzazione + sito web 4.650,00

Spedizioni e varie 152,00

Entrate dal 16.07.2007 al 01.12.2007 4.733,33

Totale 4.733,33 4.802,00

bilancio

va addirittura in campeggio con DonGiovanni.

Le attività erano dunque tante masoprattutto c’erano le amiche e gliamici da incontrare!

Mi rendo conto che i tempi sonocambiati e che non è possibile ripro-porre alcune delle iniziative descrittema, forse, qualcosa si può fare; pren-do spunto dalla brillante iniziativa dellasignora Adelaide che lo scorso ago stoha organizzato un pic-nic ai «caminet-ti» per alcuni bambini presenti a Dar -dago: è stata una giornata divertenteche ha permesso a bambini che non siconoscevano di socializzare fra loro eha permesso alle mamme e alle non nepresenti di riflettere sull’importanza diavere un punto di incontro in paesedove potersi trovare con facilità.

Sarebbe ad esempio possibile ipo-tizzare di avere a disposizione il cortiledelle vecchie scuole di Dar dago nelleore pomeridiane dei mesi estivi?

Non sapendo a chi indirizzare ilquesito mi sono rivolta alla vostraRedazione affinché possiate fare da«cassa di risonanza» ma soprattuttoperché lo possiate trasmettere a chidi competenza.

Vi ringrazio per l’attenzione e la di-sponibilità che sempre dimostrate ecolgo l’occasione per augurare a tuttiBuon Natale!

Cordiali saluti.MIRIAM ZAMBON

Cara Miriam,come affermi anche tu, i tempi so -

no cambiati, ma sono cambiate an -che la mentalità e la voglia di fare del-la gente.

Ora le suore non ci sono più, iparroci devono seguire più parroc-chie… ma si fa fatica anche a trovarepersone che si impegnino a offrire unpo’ del loro tempo libero per la co-munità.

Accennavi ai campeggi di donGiovanni, iniziativa che ricordiamo an-cora dopo tanti anni. Quei campeggierano possibili anche perché tantepersone entusiaste impegnavanogiorni e giorni delle loro ferie per pre-parare e coordinare tutte le attività.

Se oggi contiamo le persone cherispondono con entusiasmo quandoc’è da rimboccarsi le maniche, ci ac-corgiamo che sono po che e ormaidi... una certa età.

Si ha la sensazione che siamo di-ventati più pigri e che aspettiamo tut-to dall’alto o dall’altro. In tutti i settori.

Per quanto riguarda il cortile dellascuola, gireremo la domanda all’Am -ministrazione comunale.

Contraccambiamo gli auguri diBuon Natale e di un sereno 2008.

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LUNEDI 24 DICEMBRE 2007 Dardago Budoia Santa LuciaVIGILIA DEL SANTO NATALE

• Santa Messa in nocte 24.00 22.00 22.00• Benedizione dei «Madhi» 24.00 – –

MARTEDI 25 DICEMBRE 2007SANTO NATALE

• Santa Messa solenne 11.00 10.00 10.00• Santa Messa vespertina – 18.00 –

DOMENICA 30 DICEMBRE 2007SACRA FAMIGLIA

• Santa Messa 11.00 10.00 10.00• Santa Messa vespertina – 18.00 –

LUNEDI 31 DICEMBRE 2007• Santa Messa e canto del TE DEUM 18.00 17.00 17.00

MARTEDI 1 GENNAIO 2008SANTA MADRE DI DIOGIORNATA MONDIALE DELLA PACE

• Santa Messa solenne – 11.00 11.00• Santa Messa vespertina 18.00 – –

SABATO 5 GENNAIO 2008VIGILIA DELL’EPIFANIA

• Santa Messa vespertina 18.00 17.00 17.00e benedizione acqua, sale e frutta

DOMENICA 6 GENNAIO 2008EPIFANIA DEL SIGNORE

• Santa Messa solenne 11.00 10.00 10.00• Benedizione dei bambini – 15.00 –

e arrivo della Befana• Santa Messa vespertina – 18.00 –

prog

ram

ma

relig

ioso

nat

aliz

io

Foto di Massimo Zardo

Natale

Natale. Guardo il presepe scolpito,

dove sono i pastori appena giunti

alla povera stalla di Betlemme.

Anche i Re Magi nelle lunghe vesti

salutano il potente Re del mondo.

Pace nella finzione e nel silenzio

delle figure di legno: ecco i vecchi

del villaggio e la stella che risplende,

e l’asinello di colore azzurro.

Pace nel cuore di Cristo in eterno;

ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.

Anche con Cristo e sono venti secoli

il fratello si scaglia sul fratello.

Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino

che morirà poi in croce fra due ladri?

SALVATORE QUASIMODO

Bon Nadhalde cuora duth quains...

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CucurbitaZucca – Thucia

Infinite per forma e stranezza sono le specie di zucche (fami-glia delle Cucurbitaceæ), provenienti dalle varie parti del

mondo.La zucca di forma tondeggiante evoca la testa umana, tantoche anche da noi erano in uso espressioni del tipo A l se à fat

una brombola in tela thucia o A l’à batut la thucia,…Dall’antica usanza delle famiglie contadine più povere di con-servare il sale nella zucca svuotata, si sono sviluppate ancheda noi le locuzioni Avé poc sal in tela thucia oppure Thuciathentha sal o No te à un fià de sal in thucia ovvero A l’à la thu-cia guoita o Te so guoita come ‘na thucia, con evidente signifi-cato di persona con poco senno. Al contrario, Avé sal in thucia

per indicare l’individuo saggio, giudizioso.Poiché la zucca non ha un alto valore nutritivo ed è spesso

insipida, è assurta a simbolo di nullità.A tal proposito l’espressione Te so un thuciòn per indicare uno

scolaro poco intelligente.Ma non dimentichiamo anche la locuzione Te so una mare dethucia, in riferimento all’incapacità di una madre di svolgere il

proprio ruolo con consapevolezza e saggezza.

a cura di Vittorina Carlon