l'Artugna 92-2001

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXX Aprile 2001 Numero 92 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXX Aprile 2001 Numero 92

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa LuciaAnno XXX Aprile 2001 Numero 92

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In copertina. Il Gruppo Famiglia di Dardago «tutto al maschile».Dopo 20 anni di vita ha cessato ufficialmente di esistere. Sempre vivo,invece, è lo spirito giovanile che ha contribuito ad alimentare la lorovita fino ad oggi.In piedi, da sinistra. Alfredo Zambon Pala (ex presidente), SilvestroZambon Tarabin, Agostino Vettor Cariola, Camillo Zambon Pinal,Guerrino Zambon Luthol. Seduti, da sinistra. Guerrino Bocus Frith eGiovanni Calderan Milanes. Nel gruppo manca Enrico Zambon Pinal.(foto Vittorio Janna)

2 Non giudichiamo!di Roberto Zambon

3 La lettera del Plevandi don Adel Nasr

Riflessionidi Giovanna

Grazie, Signore!

4 Grazie, don Nillo!di Fabrizio Fucile

La grandezza di don Nillodi Stefania Gioia Wiley

7 Cefalonia: ricordo di un’odisseadi Lucio Carlon

10 I Pup(p)in(i)di Osvaldo Puppin

13 Mimma di Polcenigo, ultima nobile castellanadi MGB. Altàn

15 Trentatré anni tra noidi Giacomo Del Maschio

16 ’N tel masonil de...a cura di Cornelio Zambon

21 El mus co’ quatro thocuidi Anna Pinal

22 I cavaliersdi Clelia Zambon

23 Lascito testamentario Angelo Antenore Carlondi Mario Povoledo

24 Gruppo Famigliadi Aide Bastianello

26 ’N te la vetrina

28 Segni religiosi nelle vie e nelle casea cura della Redazione

30 Intorvìa la tólaa cura di Adelaide e Melita Bastianello

31 Cronaca

36 I ne à scrit

38 Palsa, Auguri e Bilancio

39 Avvenimenti

Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago,Budoia e Santa Lucia (PN)Direzione, Redazione, AmministrazioneTel. 0434/654033 - C.C.P. 11716594Internet: http://www.naonis.com/artugnaE-Mail: [email protected] responsabileRoberto Zambon - Tel. 0434/654616Per la redazione Vittorina CarlonImpaginazione Vittorio JannaEd inoltre ha collaborato Espedito Zambon, Ennio Carlon, Melita Bastianello

Autorizzazione del Tribunale di PN n. 89 del 13-4-73Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20,lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.Stampa Arti Grafiche Risma - Roveredo in Piano/Pn

SSoommmmaarriioo

in questo numero...

ed inoltre… nel supplemento ’l Cunàth

Lo scorso mese di febbraio, la televisione, la ra-dio e la stampa ne hanno talmente parlato che idue sciagurati ragazzi di Novi Ligure ci sono di-ventati tanto familiari, quasi li avessimo sempreconosciuti.

I loro nomi evocavano automaticamente unodei più grandi delitti che l’uomo possa commet-tere.

Su questo gravissimo fatto sono calati come av-voltoi giornalisti, psicologi, psichiatri, commenta-tori, esperti, «quelli-che-sanno-sempre-tutto».

Chi per professione, chi perché invitato, chiperché non vede l’ora di dire la sua davanti ad unmicrofono o ad una telecamera; migliaia di per-sone ci hanno fornito la loro versione o la spie-gazione su come un episodio tanto grave possaaccadere anche nelle famiglie «normali» e «perbene».

Noi non vogliamo aggiungerci a questa lun-ghissima lista: non ne abbiamo né i titoli né lacompetenza.

Già troppi sono stati i commenti e i giudizi.Alcuni, per la verità, sconcertanti.

Talvolta sembrava di essere tornati ai dibatti-ti dei cineforum – tanto in voga alla fine degli an-ni sessanta – in cui risultava che la colpa era sem-pre e dovunque della società, come se non esistesseuna responsabilità individuale.

Noi non siamo in grado e non vogliamo daregiudizi, ma sconvolti e preoccupati da quanto ac-caduto, vorremmo chiedere al Signore che aiuti igenitori e gli educatori a guidare i nostri ragazzialla maturazione umana e cristiana attraverso lemolte difficoltà che purtroppo intralciano il lorocammino.

Sappiamo bene quanto un giovane possa es-sere influenzato nel bene e nel male dalle perso-ne che incontra e dalle esperienze quotidiane.

Molti sono gli ostacoli per una sana crescita:da quei film in cui tutto si può ottenere con la vio-lenza o con il denaro; a quegli «amici» che tuttocercano fuorché la sincera amicizia; fino al ri-chiamo della droga – falsa soluzione dei proble-mi – presente, purtroppo, anche nei nostri picco-li paesi.

Che il Signore Risorto aiuti i genitori a com-prendere le reali necessità dei figli e aiuti i nostrigiovani a scegliere – tra le tante strade sbagliate– quella che conduce verso una vera crescita uma-na e cristiana per diventare i futuri protagonistidella comunità.

ROBERTO ZAMBON

Non giudichiamo!

1 Ritrovarsi per cantare

2 Un carnevale... tanti carnevaliFrancesca e Martina

4 L’autunno e l’inverno al Progetto GiovaniI ragazzi del Progetto Giovani

5 Il congresso dei Pueri Cantores a LoretoMarina Carlon

7 A tu per tu con Gianni MorandiPaolo Puiatti

8 La posta de ’l Cunàth

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mistero del Risorto. La vita significa respiro cre-scita, bellezza, bontà, accoglienza... La morte in-dica scuro, buio, viltà, paura, mancanza di dia-logo, cattiveria, rifiuto, chiusura...

Siamo sempre davanti alla vita e alla morte.Mi viene in mente la parabola del figlio perdutoe il figlio fedele: «il figlio prodigo». Apparente -mente il figlio fedele indica la vita e il figlio per-duto indica la morte, invece viceversa. La veravita non sta in un comportamento esteriore quel-lo che l’uomo mostra all’esterno e soprattutto da-vanti a una platea di gente o davanti a tanti ap-plausi, la vera vita sta quando uno sceglieat teggiamenti vitali come la carità, il perdono,l’accoglienza, la generosità, il coraggio, il copri-re con il manto dell’amore chi ha sbagliato.

Insieme a don Aldo Gasparotto, che dal mesedi aprile reggerà la parrocchia di Santa Lucia, eal buon don Silvio, che sempre di più ci vuole be-ne, vi benediciamo e auguriamo a tutti voi inquesta Pasqua Gloriosa di sce-gliere la vita nuova in GesùCristo.

IL VOSTRO PIEVANO

DON ADEL NASR

3La lettera del Plevan

Riflessioni«Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» La mia sofferenza non è venuta per caso e non è statavana.Il Signore l’ha permessa dando risvolti positivi almio modo di conoscere e vivere la realtà, la vita, lafede, ora, in modo diverso.Dio permette anche il male, ma sempre per trarne unbene e per affiorare la Verità.La fede è una perla preziosa; non si può né acquista-re, né copiare, né imitare; nasce nel nostro intimo: èpersonale e individuale.L’Amore guarisce. E l’Amore è fatto di gesti e diparole buone.Se Dio è Amore, il suo Amore vive negli atti buoni.Sono questi che attestano la sua esistenza e la suapresenza in chi dona e in chi riceve.Manda sempre e solo benedizioni a chi incontri, a chiti è vicino, a chi non ti ama.Se la persona a cui invii la tua benedizione è in gradodi recepirla, rimane a lei come be ne ficio.Se, però, la persona non è in sintonia con te, la bene-dizione ritorna a te, come un boomerang, ti crea unoscudo di difesa per cui non rimani intaccata dalla sua«negatività».

GIOVANNA

Grazie, Signore!Signore, con immensa gioia nel cuore ti rin-grazio.Io credo fermamente che sei presente inmezzo a noi e guidi ognuno di noi.È meraviglioso, Signore, scoprirticosì vicino ascoltando la tua pa-rola.Grazie per la luce che mi doni me-ditando queste tue parole, riesco-no sempre a farmi provare ver-gogna per non aver saputo essereuna buona cristiana.Grazie Gesù per rischiarare le te-nebre che ci sono in me, accumulateda troppi anni di indifferenza, accom-pagnate dalla solita frase «Forse esiste forse no». ComeTommaso che ha dovuto toccare per credere.Grazie per aver allontanato da me questa tentazione.Grazie per avermi fatto capire che non si può vivere sen-za accendere il lume del nostro cuore.Quanti anni Signore ho camminato nel buio senza riu-scire a vedere chiaro intorno a me: Gesù permettimi cheio possa dare luce anche a chi si trova a percorrere la miastessa strada, aiutami a tenere questo lume sempre acce-so per indicare a chiunque incontro dove tu abiti.

Cari fratelli e sorelle,il Signore è Morto e Risorto per salvarci dalla mor -te e donarci la Vita Eterna.

La morte è frutto di Satana il quale pensa che,con la morte del corpo, gli uomini si disperino epensino nel loro cuore che nulla esiste dopo, enien te è eterno. Così viene cancellata ogni me-moria dell’eternità nell’uomo. Quando il segnodell’immobilità nel cuore umano viene sostitui-to con il segno della mortalità, si producono an-goscia e disperazione.

Gesù Signore, «Dio con noi» ha ridonato a noiquello che per invidia abbiamo perso; con la suamorte ha fatto morire la morte.

Io credo che la morte non è soltanto un mo-mento, ma avviene nell’arco della vita. In Cristola morte trova un ostacolo che è la risurrezione.

La risurrezione inizia nella vita dell’uomo,quando entra nel cuore e nella mente la vita nuo-va di Gesù.

Questi discorsi sembrano teorici ma sonoprofondamente pratici.

Cerchiamo di fare sintesi: la vita, la morte.Analizziamo queste due parole per introdurci nel

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Caro don Nillo,non l'ho mai fatto, né mai mi è venuto in men-

te di rivolgermi a te dandoti del tu, ma in questaoccasione permettimelo. Quando mi hanno chie-sto di dare voce al mio paese, un paese che ti sa-lutava, non ho fatto fatica a raccogliere l'invito.Erano già tante le cose che avrei voluto dirti, tut-te quelle che non ti avevo mai detto. Non per man-canza di tempo, non per pigrizia, non per negli-genza. Ma perché da buoni, o forse cattivi friulani,a volte preferiamo tacere i sentimenti del cuore perlasciare spazio alla praticità, alla solidità dei fatti,alla collaborazione attiva.

La difficoltà è stata quella di trovare parole co-muni, quelle taciute, che sapessero dare voce aquanto si agitava dentro tutti: dispiacere, smarri-mento, incertezza. Ci ho provato comunque, nel-la speranza che quella energia racchiusa e com-patta potesse in qualche modo aiutarti e farticompagnia nel tuo viaggio verso la casa celeste.

Prima di tutto GRAZIE.Per i quarant'anni della tua vita trascorsi a Santa

Lucia e per essere stato uno dei nostri. Quando tiho visto per la prima volta in bicicletta, con la tuatonaca nera, ho pensato che fosse stata scritta perte quella strofetta del «plevan in bicicleta». Poi hoscoperto che era stata parafrasata per un altro. Anchela tua comunque è stata per molto tempo il segnodi una quotidiana presenza, appoggiata fuori lachiesa o fuori le case che andavi a visitare. Presenzafisica, intendo, perché ben in altro modo hai lavo-rato dal 1959 ad oggi. Per tutti i bambini che haiportato al fonte battesimale e che poi hai prepara-

to alla confessione, alla comunione, alla cresima.È a loro che hai rivolto un saluto particolare neltuo «testamento». Hai sempre richiesto il rispettodella puntualità, della diligenza, della precisione,unito però ad una gioiosa simpatia verso i chieri-chetti che affollavano la stretta sacrestia o alle bam-bine che si fermavano in chiesa sedute nei primibanchi. Per tutti quelli che hai unito in matrimo-nio, per don Luigi e don Daniele che hai sostenu-to nella loro scelta sacerdotale. Da don Luigi inpoi lo spirito missionario è bruciato in te. Quantagioia quando ti scrivevano dalle missioni del -l'America Latina, o dell'Asia. Quanto zelo nel sen-sibilizzare, raccogliere e donare.

Grazie per il tuo impegno pastorale, per averfatto filtrare e crescere lo spirito del ConcilioVaticano II e averci fatto capire di essere neces-

Grazie, don Nillo!

DAL TESTAMENTO SPIRITUALE DI DON NILLO

Ai miei carissimi Parrocchiani,

...se vi leggeranno queste righe vuol dire che è giunta la mia ora di pre-sentarmi al Padre nostro che è nei cieli.Vi chiedo scusa se ho mancato nei vostri confronti e non ho adempiuto tut-to il mio dovere. Nonostante le mie debolezze umane, vi ho voluto bene.Pregate per me perché ne ho bisogno.Ricordate quello che vi ho sempre detto: il nostro fine è raggiungere Dioper la vita eterna.Vi saluto tutti affettuosamente in modo particolare i bambini e le bam-bine di tutte le classi di catechismo e i chierichetti.Dio vi benedica

DON NILLO

26.12.1999

Il giorno di Santo Stefano è morto donNillo Carniel, parroco di Santa Lucia.Questa scomparsa lascia un grande vuotonella nostra comunità che per oltre40 anni ha potuto apprezzare la suainstancabile opera pastorale e sociale.Originario di Vigonovo, don Nillo nacquea Romainville (Francia) il 28 settembre1926.È stato ordinato sacerdote il 1° luglio 1951(avrebbe festeggiato tra pochi mesi i 50anni di messa). Dopo alcuni anni passati

come vicario parrocchiale a Rivarottae a Bannia, dal 16 febbraio 1960 è statoparroco a Santa Lucia fino alla morte.

A soli 25 anni don Nillo celebra lasua prima messa nella chiesadell’Assunta, a Vigonovo, suopaese d’origine.

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sari alla costruzione del regno di Dio, di averci re-sponsabilizzato ad essere presenti non come com-parse, ma come protagonisti nella vita della co-munità cristiana.

Grazie per la tua attenzione ai bisogni dellacomunità, la tua presenza costante nei cantieri dilavoro per il restauro delle chiese e del campani-le; grazie per il nuovo organo che negli anni can-terà la tua fatica, il tuo impegno, il tuo amore peril nostro paese. Quando eri più in forze, non ti seimai preoccupato di sporcarti le mani o il vestitoscuro che portavi. Hai sempre dato il tuo contri-buto in fatica. Gli alberi della piazza ti hanno vi-sto, arrampicatore senza paura, attaccare ai lororami i fili di luci colorate per le feste di Natale ela scala a pioli ha sentito spesso il tuo peso se nonc'era nessuno che salisse sui cornicioni della chie-sa a fissare i paramenti rossi che un tempo veni-vano attaccati per le feste.

Non voglio dimenticare nemmeno tutti queivecchi che aspettavano speranzosi, seduti sullapanchina della canonica, il tuo aiuto per ottene-re in tempi brevi la pensione. Venivano anche daipaesi vicini e attendevano un tuo consiglio com-petente e amico.

Grazie per tutte le processioni, per tutti i ro-sari, per le messe, per le raccolte carta, per i pac-chi di medicine e di vestiario che abbiamo con-fezionato, per le gite, per le feste, per tutte lepersone che ci hai fatto conoscere: dai cori po-lacchi ai bambini bielorussi. Don Nillo! Per tut-te le volte che hai percorso la strada del campo-santo per accompagnare i tuoi parrocchianiall'ultima dimora. Pensa quanti chilometri, pivialesulle spalle, avrai percorso.

L'hai amato questo paese, d'amore paterno ed'amore filiale.

Se uno mette questi momenti, questa teoria divolti e cuori, l'uno accanto all'altro, il loro susse-guirsi, giorno dopo giorno, crea la nostra storia.Sicuramente anche grazie a te oggi siamo uomi-ni migliori.

Dopo il grazie, ti chiediamo SCUSA.Se non abbiamo saputo essere ascoltatori at-

tenti delle tue parole, se non abbiamo capito letue preoccupazioni, se non siamo stati al tuo fian-co quando ne avevi bisogno, se involontariamenteo con consapevolezza non ti abbiamo rispettato,se abbiamo deluso le tue aspettative. Se non cisiamo ricordati che prima di essere prete eri uo-mo. Scusa soprattutto se ti sei sentito solo.

E infine ARRIVEDERCI.Mi piace pensare che ti affidiamo alle mani del

Signore, ma anche a quelle di tua zia Maria e del-la maestra Anna. A loro che per tanti anni, ti han-no aiutato nel tuo lavoro di sacerdote. In chiesa,una a destra, dietro i chierichetti, l'altra a sinistrainsieme alle ragazze del coro. Ugualmente impe-gnate nella catechesi, nella pastorale. Insieme a lo-ro la Bice: negli ultimi anni seduta su una sedia insacrestia, stanca e affannata dall'asma. In tutte lostesso sguardo di rispetto e di affetto quasi mater-no. Ti hanno preceduto nella vita eterna e nella lu-ce divina che tutto illumina e rischiara tendi lorola mano, quella stessa che negli ultimi giorni cer-cava conforto e coraggio da quelli che ti stavanovicino. Che il Signore la stringa e ti accolga. Neicampi del cielo continua a pregare per noi e pertutti quelli a cui hai voluto bene.

FABRIZIO FUCILE

La grandezza di don Nillo si è manifestata nellafedeltà e nell’obbedienza al compito che gli erastato affidato: il servizio alla comunità di SantaLucia.

Fedeltà ed obbedienza ad un compito affida-togli, non a un qualcosa che lui aveva scelto. Nellavocazione sacerdotale, la sua libertà aveva dettoquel «sì» alla chiamata che il Signore aveva fat-to alla sua vita. Come Simon Pietro, che nell'im-peto della sua affezione per una Presenza che sipalesava nella fisicità di Gesù, aveva detto: «Sì,Signore. Lo sai che ti amo.», anche in don Nilloquel «sì» era diventato la stoffa del suo animo. Equel «sì» iniziale, ripetuto quotidianamente, nel-la concretezza di una realtà non sempre facile,e a volte anche ostile, testimonia oggi a noi tut-ta l’affezione a Cristo presente, di un uomo cheha vissuto l’appartenenza al Mistero che fa tut-te le cose, come coscienza costitutiva della suapersona.

Don Nillo ha servito quarant’anni una picco-la parrocchia non per un «guadagno» personale,ma per servire Cristo nella contingenza delle cir-costanze della vita di tutti i giorni. Per lui i suoiparrocchiani, i bambini in particolare, e tutti i po-veri del mondo erano il volto di Gesù.

***

La grandezzadi don Nillo

A sinistra. Don Nillo nel suogiorno solenne di ordinazionesacerdotale. 1° luglio 1951.A destra. Accolto con entusiasmodalla piccola comunità di SantaLucia. È il 16 febbraio 1960.

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La prima volta che lo incontrai, otto anni fa,nel settembre del 1993, appena arrivata a SantaLucia, rimasi subito colpita da un’umanità sicu-ramente diversa. Venne lui a casa mia, ad incon-trarmi. Arrivò con la sua vecchia bicicletta, chenoi tutti conosciamo. Sapeva che lo avevo cerca-to perché volevo mandare le mie bambine a cate-chismo. Lui non sapeva chi fossi, ma si interessòsubito a me e alla mia famiglia. E nel tempo, quel-la prima impressione che io ebbi di lui – un uomosenza tanti «fronzoli» ma che sapeva guardare drit-to all’essenziale – si è continuamente conferma-ta ed è cresciuta in un rapporto fecondo di amici-zia e paternità.

Il santo non è l’uomo perfetto e coerente, fortee generoso, filantropo ed energico. Il santo è coluiper il quale il Signore è tutto. È colui, che più diogni altro, sente il bisogno della misericordia delPadre. «Il santo è un vero uomo, perché aderisce aDio e quindi all’ideale per cui è stato costruito ilsuo cuore, e di cui è costituito il suo destino.» Questaè stata la forza di don Nillo che ha vissuto la suavita e la sua morte testimoniando quale era la con-sistenza e la radice del suo essere: «sia che vivia-te, sia che moriate, siete di Cristo».

Don Nillo è stato instancabile e potrebbe es-sere lungo l’elenco di tutto quello che ha realiz-zato. Ma la sua opera più straordinaria si è com-piuta nella circostanza che agli occhi del mondopuò apparire come la definitiva sconfitta.

A settembre dello scorso anno, un sabato mat-tina, mi disse che il suo stato di salute stava peg-giorando e dopo neanche una settimana arrivò laconferma del male. Paradossalmente era lui chenegli ultimi momenti della sua vita ha sostenutome. La domenica in cui si ricoverò mi chiese diandare in Canonica dopo Messa.

Ed io mi misi a piangere e gli dissi che il miocuore si stava ribellando di fronte a quello che sta-va accadendo e lui replicò: «Ti devi mettere nel-le mani del Signore. Ti devi affidare.» Certo luipoteva dirmi quelle cose, perché per lui era già ac-caduto. La malattia, la sofferenza e la morte cherappresentano in maniera più prepotente il limiteultimo della condizione umana, sono stati l’occa-sione per rendere più` chiara ed efficace la sua te-stimonianza dell’appartenenza a Cristo.

Don Nillo ha abbracciato con vero amore tut-to quello che il Signore gli chiedeva e il suo lettodi ospedale, quel letto in cui egli si preparava adincontrare il Padre Celeste, era diventato comel’al tare su cui quotidianamente per cinquant’anni

aveva celebrato l’Eucarestia. Ma adesso si com-piva il suo sacrificio personale: «sacrum» «face-re», non lo sforzo stoico di chi affronta eroica-mente una situazione difficile, ma il «fare» «sacro»,cioè la realtà, anche quella della morte, che diven -ta sacra, cioè segno di Altro.

La malattia e la sofferenza nella carne eranol’ultima circostanza che il Signore gli aveva chie-sto di abbracciare, perché anche una condizionecosi paradossale e negativa fosse rivelatrice di unatestimonianza di fede, che al vertice della ragio-ne riconosce una Presenza che cambia il signifi-cato delle cose.

A noi cristiani non è né tolto né risparmiato ildolore e la sofferenza: ne è rivelato il senso. Percui nulla è più vano e, nella circostanza che il mon-do considera una sventura, emerge un segno checostringe a pensare al Mistero di Cristo presente.

Lo «sguardo» di don Nillo, quello a cui lui guar-dava ed il suo modo di guardare, ci ha reso evi-dente qual è il significato e la consistenza di tuttociò a cui ognuno di noi è chiamato a vivere comecoscienza del proprio essere: «Cristo redentoredell’uomo, centro del cosmo e della storia».

STEFANIA GIOIA WILEY

Attorniato da un gruppo dichierichetti, verso i quali nutrivauna «gioiosa simpatia».

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La strage di Cefalonia è una dolorosa e glo-riosa pagina di quel tragico capitolo della sto-ria ita liana rappresentato dai fatti del Settembre1943. Migliaia di morti e di prigionieri cau-sati dall’assurda e colpevole confusione e di-sinformazione che accompagnarono l’armi-stizio dell’8 settembre. Le forze armate nonerano state né preparate né preavvertite e i co-mandi militari sia in Italia sia nei territori oc-cupati appresero la notizia dell’armistizio so-lamente dall’annuncio radiofonico del gen.Badoglio. Accadde così anche per gli 11.500uomini di truppa e i 525 ufficiali della Divisionedi Fanteria da Montagna «Acqui», che presi-diavano l’isola greca di Cefalonia nel marIonio. Tra questi, anche dieci soldati prove-nienti dai nostri paesi, tutti poco più che ven-tenni: Lucio Carlon, Vincenzo BastianelloThisa, Ilario Zambon, Costante Zambon, LinoPusiol, Giovanni Zambon Trantheot, SanteZambon Canta, Ettore Burigana Ciampaner(Budoia), Silvio Zambon Colus, Ferruccio DelMaschio.

La mancanza di ordini da parte del ComandoSupremo e il rincorrersi di ordini contraddit-tori del Comando d’Armata crearono uno sta-to di estrema e pericolosa incertezza nell’iso-la presidiata anche da un contingente degliormai ex-alleati tedeschi che intimavano la re-sa e la consegna delle armi.Dopo alcuni gior-ni di attesa, il comando della Divisione, ap-

poggiato dallavolontà dei re-parti, decise di re-sistere ai tede-schi. Dal 15 al 22settembre l’isolafu teatro di unadelle battaglie piùc ruen t e de l l aSeconda Guerra Mondiale. Dopo alcuni epi-sodi favorevoli alle truppe italiane, i tedeschiappoggiati dall’aviazione e costantementerinforzati da continui arrivi di truppe travol-sero la resistenza della Divisione Acqui. Durantel’avanzata, i tedeschi non fecero prigionierima, non appena catturati in combattimento,ufficiali e soldati vennero sottoposti ad ese-cuzioni in massa. Al termine della battaglia,i tedeschi passarono per le armi circa 250 uf-ficiali tra cui il Gen. Gandin, comandante del-la Divisione.

Degli 11.500 soldati, più di 6.000 moriro-no in quei terribili giorni. La tragedia, però,non era ancora finita: più di metà dei super-stiti trovarono la morte tra le acque dello Ionioin seguito all’af fondamento delle navi in cuierano stati imbarcati. Solamente poco più di2.000 uomini della gloriosa Divisione Acquiebbero la fortuna di tornare, dopo varie peri-pezie, in Italia. Tra questi il nostro Lucio Carlonche ci racconta la propria odissea.

Cefalonia: ricordodi un’odissea

Quanto mi appresto a scrivere lo indirizzo alla me-moria dei commilitoni caduti in tale contesto.

***Dicembre 1942Ho compiuto vent’anni e vengo arruolato a Me -rano al 317° Reggimento Fanteria «Acqui». Dopotre mesi di istituzione mi inviano a Cefalonia inqualità di soldato semplice.

Vengo chiamato a svolgere l’incarico di at-tendente del Comandante il Reggimento col. Ricci.

Settembre 1943Alla resa delle Forze armate italiane, il Co man -dante, che per me aveva un atteggiamento quasipaterno, mi informava che le Compagnie ai suoiordini volevano attaccare i tedeschi; secon do ilsuo punto di vista era uno sbaglio.

Dovevo attenderlo tutte le sere al suo rientroin albergo, dopo il suo servizio; una sera lo atte -si invano, attendendolo sino al mattino.

Fui informato che una Compagnia del suo reg-gimento lo aveva trattenuto, per forzargli la ma-no e dare l’ordine di attacco. Al mattino seguen-te rientrò nell’alloggio e mi informò che sarebbeini zia to l’attacco contro i tedeschi. Tutto il Comandosi trasferì a Kardakata ed il col. Ricci seguiva icombattimenti dall’alto di una montagna ove ave-va trasferito lassù il suo posto di comando. Loraggiunsi in quota ma, a seguito di vari bombar-damenti, la notte del 14-15 settembre il Grupposi ritirò perché non poteva contrastare l’av versario.

Dopo aver corso invano per cercare un ripa-ro, caddi prigioniero con un gruppo di commili-toni; fummo depredati di tutto e a pedate ci inco-

Monumento ai Caduti diCefalonia eretto a Verona

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lonnarono verso la località Valsamata; sotto de-gli ulivi, in attesa del rancio, un gruppo sparutodi connazionali tentò, ma inutilmente, di disar-mare i tedeschi. Furono all’istante fucilati. Ci ven-ne raccomandato di non cercare di commetterealtri atti simili, pena la morte.

Con la scena terribile appena descritta, con-tinuò la nostra odissea; fummo caricati di attrez-zi pesanti e iniziammo il tragitto, durante la not-te, alla conquista dell’Isola di Cefalonia. Giuntiad una postazione italiana, i tedeschi ci intima-rono di ridurli alla resa, ma un soldato italianogettò una bomba a mano verso i tedeschi.

Nonostante lo scoppio della bomba, i tedeschiebbero ancora una volta la meglio, fucilando l’in-tera postazione italiana.

Arrivati ad Argostoli, capitale dell’isola, fum-mo internati nel campo di concentramento dellacaserma «Benito Mussolini» in riva al mare.Descrivere i patimenti subiti in detto luogo po-trebbe essere superfluo: niente viveri, niente ac-qua, sporcizia; in questo campo forzato, ritrovaitutti i miei compaesani, ridotti a larve umane; co-me eravamo partiti in dieci, ci ritrovammo in no-ve; uno, poiché parlava il francese, fu trattenutoall’esterno del campo, quale interprete.

Dopo pochi giorni, arrivò l’ordine di imbar-co alla volta di Patrasso.

Fummo imbarcati (circa 1200) su una nave te-desca la quale, dopo alcune miglia, incappò inuna mina e la prua saltò in aria. In pochi secon-di, visto che la nave affondava, tutti decisero perla salvezza.

Tra i numerosi affogati anche Pusiol Bruno daSanta Lucia.

Anch’io mi buttai a mare, pur non sapendo nuo -tare e, fortunatamente, raggiunsi un salvagente,cercando di aggrapparmi ad un battello di salva-taggio.

Mi accorsi di essere completamente nudo.Ma in quel battello, era troppa la gente che

cercava di salire ed allora decisi di raggiungerela riva. Fui rifatto prigioniero ed insieme ai su-perstiti, circa la metà (600 persone), fummo ri-condotti al medesimo campo di concentramento.

Senza cibo per altri tre giorni, venimmo rim-barcati sopra un’altra nave e raggiungemmoPatrasso (30 settembre).

A Patrasso, rinchiusi in un altro campo di pri-gionia, venimmo rifocillati e ci fu chiesto di col-laborare come operai in un deposito di benzina,che serviva per il rifornimento logistico dei mez-

zi. La vita cambiò, il trattamento migliorò e percirca due mesi continuammo il nostro servizio.

Fummo trasferiti a Corinto e dopo alcuni gior-ni ci veniva comunicato che la nostra destinazio -ne era così definita: o in Russia o in Germaniaoppure in Italia, sempre, però loro prigionieri.

Insieme ai miei compagni, decidemmo di ac-cettare quanto ci veniva proposto. Fummo carica-ti in un treno senza destinazione; infatti non ci erastato comunicato il luogo ove eravamo desti nati.

Passammo la Bulgaria, Ungheria e ci tro-vammo verso Skopje (Jugoslavia). Scesi dal tre-no, fummo disinfestati, puliti, e con gli stessi abi-ti, ricaricati nuovamente in treno con destinazioneGermania.

Giunti a Grafenwoer, scesi dal treno, in filaindiana fummo portati per un colloquio dal qua-le ci veniva chiesto di affiliarci alla Repubblicadi Salò. Considerato che non avevamo altra scel-ta, piuttosto che subire altri tormenti, decidemmodi accettare la proposta di adesione alla Repub -blica di Salò. Come bersagliere, fui incari cato dimantenere efficienti le armi, poi accettai di fareil giardiniere ed infine il postino.

Dopo 14 lunghi e tormentati mesi, ci fu ordi-

Lucio Carlon in divisa militare, nelperiodo della strage di Cefalonia.

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nato di rientrare in Patria sempre ovviamente«scor tati» dai tedeschi; destinazione Vercelli aduna località chiamata «Cappuccini».

Erano gli ultimi giorni di Salò e con alcunicommilitoni, tra i quali un sergente, approfittan-do di un momento di confusione al Comando te-desco, riuscimmo a fare un foglio di via, ovvia-mente falsificato, ci preparammo a fuggire per farritorno a casa.

Saliti su autocarri di munizioni tedesche, du-rante il tragitto, mentre l’autocolonna era fermaper una sosta, scesi dal camion e una bomba amano mi scoppiò a pochi metri; benché ferito edinseguito, fuggivo insieme al sergente e riuscim-mo a trovare ricovero in un rifugio di civili.Rifocillati e medicato dalla ferita, al mattino unrepubblichino della Muti mi raccolse e mi portòcon una ambulanza fra i feriti civili raccolti perstrada e ci avviammo verso Milano.

Mentre, disteso nell’ambulanza, verso la de-stinazione prefissata, nell’intento di guardare ilpanorama, fissai lo sguardo sui tetti delle case evidi parecchi partigiani pronti a colpire la colon -na e la stessa ambulanza ove ero coricato.

Il primo istinto di difesa fu il prendere il materas -sino e ripararmi dai vetri che cadevano colpitidalle pallottole, mentre il caos provocato da que-sta imboscata era grande.

Il tutto durò circa un quarto d’ora; subi to do-po si pensò ai numerosi feriti di entrambe le par-ti; mi accorsi di essere già giunto a Milano di fron-te l’Istituto Farmaceutico «De Angelis».

Furono aperte le porte di questo Istituto ed in-sieme ad altri sfortunati compagni di sventura riu-scii a scappare e rifugiarmi all’interno, mentre,fuori, riprendeva il combattimento.

Cessata l’ostilità, giunsero del camion e del-le vetture con issata la bandiera del Vaticano(bianco-gialla); raccolsero tutti i feriti, me com-preso, e ci portarono all’Ospedale di Baggio.

Durante la degenza, arrivò la notizia che ilDuce, Mussolini, era stato ucciso a Dongo ed im-piccato a P.le Loreto in Milano.

Questa notizia ci riempì di gioia e di speran-za, perché avevamo intuito che tutto sarebbe fi-nito presto. Dopo alcuni giorni il C.L.N. mi rila-sciò un certificato di licenza e, a piedi, iniziai ilviaggio verso casa.

Con mezzi di fortuna dell’epoca, autovetture,carretti trainati da muli, cavalli ecc, giunsi a Ca -stel franco Ve neto, e mentre camminavo in centro,si fermò una colonna di bersaglieri; mi feci co-

raggio e chiesi la loro destinazione. Guarda ca-so, senza però riconoscerci, l’autista del camionera del mio stesso paese; durante il tragitto fa-cemmo conoscenza e con grande fortuna mi tra-sportò fino a Budoia, il mio paese.

Era il 18 maggio 1945 e l’odissea era finita;dopo 41 mesi di peripezie, rivedevo i miei cari!

***

Questo breve riassunto di un pezzo della miavita, vissuta in un particolare momento, mi portaa considerare il dramma della guerra che è spa-ventoso, per tutto ciò che questa comporta, per-dita di vite umane, distruzioni, odio ecc. senza rag-giungere alcun risultato positivo.

LUCIO CARLON

Cinque compaesani a Cefalonia.Da sinistra, dopo l’autista,Lucio Carlon, Ilario Zambon,Sante Zambon, Giovanni Zambone Lino Pusiol.

Cefalonia, gennaio 1943. Il 317°Reggimento Fanteria «Acqui».

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La ricerca delle proprie radici è un po’ il ritrova-re la nostra identità,… un’esigenza che si fa sem-pre più viva oggigiorno, in presenza di un muta-mento antropologico epocale, che sta trasformandoil nostro linguaggio e la nostra cultura; un muta-mento che, ponendo la nostra memoria nei calco-latori e nelle banche-dati, corre il rischio di de-porvi anche il nostro futuro… ed il nostro cervello.

Non riprendo qui la descrizione dei sentimen-ti che mi hanno coinvolto in questa ricerca (v.l’Artugna n.50-1987: inserto); voglio invece, at-traverso l’evolversi di un cognome e seguendo letracce lasciate negli ultimi 6-7 secoli (i documentison più numerosi di quanto si possa immagina-re…), tentare di far conoscere la storia di quattrogruppi di famiglie che fin dal 1400 erano solida-mente radicate nel territorio friulano.

L’intenzione sarebbe quella di pubblicare unlibro, sicuramente «corposo» dato il gran nume-ro di informazioni, iconografie… ma oltre dodi-cimila nomi raccolti a partire dall’anno 1000, so-vente con aneddoti, dettagli sulla professione,testamenti, si svolgono in non meno di 700 pagi-ne, di 160 tavole genealogiche, ci sono foto di fi-ne 1800… La realizzazione editoriale di tutto ciòcomporterebbe costi di stampa tali per cui non èfacile trovare uno sponsor!

I Pup(p)in(i) italiani sono relativamente po-chi e numericamente superati dai discendenti de-gli emigrati.

La scelta è stata pertanto quella di divulgarealmeno lo scheletro, le linee portanti, di questa ri-cerca che dura da ormai più di 15 anni, perché que-sto patrimonio non vada perduto e nella speranzache possa esser ulteriormente arricchito. Per nonappesantire il testo ho volutamente tralasciato inumerosi riferimenti bibliografici che suffraganole tesi e le descrizioni riportate.

***

1. La doppia P centrale ed altre deformazio-ni PU(=O)P(P)IN(I)

Correttamente dovremmo ripristinare il PU-PIN originario che troviamo nelle prime grafieche ci son note (fin dagli anni 1100, 1300, 1500..).In realtà il cognome PUPPIN veniva indifferen-temente trascritto, fino ai primi dell’Ottocento,anche nelle forme PUPIN, PUPINO e, al fem-minile, PUPINA (queste ultime almeno fino a tut-to il 1700); la geminazione della P centrale è unfenomeno più recente, comunissimo nel secoloscorso in gran parte dell’Italia settentrionale, e

non crea alcun problema all’inter-pretazione etimologica e genealogica.

Dobbiamo segnalare tra le varie deformazio-ni temporanee verificatesi, quella occorsa a Schioda PU(P)PIN a PO(P)PIN, che ha coinvolto an-che il noto pittore Valentino sia pure limitatamentead alcuni registri dell’anagrafe ecclesiastica; taledeformazione la ritroviamo anche in Polonia peri PUPIN polo-lituani citati dall’araldica come PO-PIN e compare pure in Brasile già nel «Certdàodo desembarque» il certificato rilasciato al mo-mento dello sbarco dal piroscafo per alcuni PUP-PIN emigrati a fine secolo ed i cui discendenti orarisiedono a Paz San Carlos e a S. Paulo.

L’aggiunta della I finale è invece scaturita, co-me appare a Cavazzo Carnico (UD), dall’estro diun ufficiale dell’anagrafe austriaca che nel 1833-1834 si prese la briga di «italianizzare» il cogno-me Puppin aggiungendovi appunto la I finale. Ilpuntiglio di detto funzionario non è stato del tuttoinutile in quanto ci consente ora di delimitare ungrande gruppo di appartenenza: chi porta il co-gnome PUPPINI ha infatti quasi sicuramente qual-che antenato che al 1833 risiedeva in Cavazzo.

Quasi sicuramente, perché altri PUPPINI so-

I Pup(p)in(i)Quattro nuclei familiariin Friuli dal 1250-1400

Facciamo dunque l’elogio degli uomini illustridei nostri antenati che ci hanno generato…Alcuni di loro hanno lasciato un nome dietro di séche ancora è ricordato con lodeAltri ve ne sono che non han lasciato un ricordosvanirono come se non fossero mai esistiti,e furono come non fossero mai statiloro, e i loro figli dopo di essi.Ma essi erano uomini virtuosila cui rettitudine non è stata dimenticataNella loro discendenza dimorauna preziosa eredità, i loro nipoti.La loro discendenza resiste fermamente,ed i loro figli, per causa loro.La loro progenie resterà per sempree la loro gloria non sarà cancellata.I loro corpi furono sepolti in pace,il loro nome vive per sempre

SIRACIDE XLIV 1.8-14

Resti romani nell’antico ForumJulium Carnicum, l’attuale Zuglio.

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no presenti, con cognome così cristallizzato, an-che a Bologna a partire da almeno il 1750 (a Cal -derara), ma probabilmente fin dal 1550; a tale da-ta abbiamo per ora le sole notizie relative al pittoreveneto Biagio Dalle Lame (opere in S. Pietro inVincoli), amico del Giorgione che portava infattiil cognome PUPPINI (o PIPINI o PUPIN).

La deformazione divenuta definitiva da PUP-PIN in PUP(P)IM, con la desinenza IM tipicadella lingua portoghese, appartiene agli ultimicento anni di storia ed ha coinvolto alcuni PUP-PIN discendenti da Giuseppe, ma per lo più quel-li discendenti da Sante emigrati in Brasile, da S.Giovanni di Polcenigo, e parte degli altri da quel-la dozzina di famiglie partite dal Quartier del Piave(Oderzo e dintorni) tra il 1887 ed il 1889. Analogadeformazione in IM si è colà sovente riscontrataanche per il cognome PUTTIN che sovente di-viene PUTTIM.

***

2. Ipotesi di origine/modifica del cognome suf-fragate da eventi storici che possono aver coin-volto l’appellativo PUP(P)INI.

L’ipotesi più affascinante ci riporta all’anticaRoma, quando Giulio Cesare assegnò alla tribusrustica PUPINIA, [originaria di una poco fertileplaga del Lazio sui colli Albani tra Velletri eTuscolo (citazioni di Columella, Varrone, ValerioMassimo, Orazio, Livio e Cicerone), il territoriodella colonia di Tergeste, l’odierna Trieste, attor-no al 52 a.C., a presidio delle incursioni degli Histrie dei Gallo-Carni, tribus collegata alla più famo-sa gens PUPIA della quale sembrano esservi trac-ce a Forum Julium Carnicum (l’attuale Zuglio).

PUPINUS era comunque anche un cognomenlatino, come dimostrato da iscrizioni su repertiarcheologici.

Cognomen perpetuatosi dal V sec. a.C. fino altermine del primo millennio, infatti il Liber An -niversa riorum della Diocesi di Concordia, al 1100,men ziona tra le persone da ricordarsi nelle s. mes-se di suffragio perpetuo Lanus uxor (=moglie)PU(L)PINUS e PUPINUS qm(=fu) Jacobi.

Un’ipotesi affascinante, ma impossibile da di-mostrare dal punto di vista della continuità ge-nealogica, in quanto la formazione dei cognomi,nella accezione attuale, ha avuto luogo in epochepiù recenti, tra il 1250 ed il 1600. Non a caso pro-prio nel corso di tale periodo alcune famiglie chia-mate PUPIN, di Cimetta (Cessalto-TV), diver-ranno MUNARO…

***

3. PUPIN da PUPON, nome proprio dell’Altotedesco, introdotto al seguito dei patriarchi ghi-bellini.

Tra il 900 ed il 1000 la nobiltà friulana (cava-lieri Franchi e ’ultimi’ Longobardi) venne an-nientata da ripetute invasioni di Ungari; conse-guentemente nel 1019 l’imperatore Enrico II affidòal Patriarca del Friuli, il tedesco PUPON (Poppone)Volfango di Treffen [località della Carinzia si-tuata una decina di Km a nord di Villaco] l’inca-rico di proteggere le vie per la Germania.

PUPON è infatti un nome di origine germa-nica, diffuso tanto tra i nobili quanto tra il po-polo e al 13 gennaio del 1313 troviamo un Joannesfilius qm PUPONI arbitro per conto della villa(=paese) di Cavazzo in una questione con la con-finante ’villa’ di Alesso. Tale citazione, di ambi-to civile (si usa il Pupon alla tedesca), è presso-ché contemporanea a citazioni di ambito religioso:1350… Candida PUPIN ved. Venuti da Tolmezzo,in cui entra il PUPIN alla latina. Le schede Corgnali,conservate in Biblioteca a Udine raccolgono 24citazioni riferite al periodo tra il 1273 ed il 1450e sono equamente ripartite tra PUPON, PUPIN in-clusi anche tre PUPAN [ed abbiamo qui un raffor-zativo che deforma le finali in A, come in Carnia].

Dal 1450-1500 l’uso di PUP(P)IN(I) è pres-soché gene ralizzato in Italia, i PUPIN sono al1560 percentualmente molto numerosi in Cavazzoove non vi è più traccia del cognome PUPON.

Diversa è la situazione francese (Alsazia,Marna, Champagne) ove entrambe le forme si cri-stallizzano come cognome.

Pastorale detto «di Poppone» (finedel XII - prima del XIV secolo),conservato a Gorizia nellaCattedrale metropolitana.

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Un breve cenno meritano anche i relativamentenumerosi PUPINO (cognome pressoché scom-parso dal Friuli da fine 1700) presenti in Puglia;la loro origine è da ascrivere ad una colonia diPUPPI genovesi insediatasi nei sec. XI-XII nel-la penisola salentina come testa di ponte all’epo-ca delle repubbliche marinare.

Una ci tazione part icolare va anche aiPU(O)PINSKI polacchi [la ò accentata di PO-PINSKI in polacco si pronuncia in tonalità gra-ve, quasi come una U e quindi Pòpinski può ve-nir sicuramente tradotto come «DI PUPIN»].Infatti in Polonia, oltre ai PUPIN di documenta-ta origine Lituano-bielorussa, [ma provenientidal Banato serbo ove ai primi del 1700 qualchePUPIN friulano si era installato come colono mi-litare della frontiera (v. l’Artugna n.58-1989:7-9 e n.62-1991:8-10)], son presenti anche i PO-PINSKI.

Ricerche condotte nel luglio del 1990 negliarchivi di Varsavia mi han portato alla scopertadi un certo Marco di POPINO (Markusz alla la-tina, non Malek alla slava…) castellano (ossia co-mandante e fabbro) nella città di Rawa Mazowiecki,ca. 80 km a sw di Varsavia, famiglia che si spo-sta gradualmente più a sud ed oggi presente inEuropa e Nord America.

I riferimenti storici per eventuali collegamentipiù antichi possono esser ricercati fin dagli an-ni 1218 (Bertoldo di Andechs è nominato Patriarcaed è cognato del Duca di Polonia), 1251 (posse-dimenti in Stiria e Carniola del Patriarca Bertoldovengon donati alla Chiesa di Aquileia), 1388 (ènominato Patriarca Giovanni Sobieslav di

Moravia); non va poi dimenticato che gli impe-ratori, ed i governatori di Polonia erano soliti at-traversare il Friuli per i loro spostamenti non so-lo verso l’Italia (Bona Sforza nel 1532), ma ancheverso la Francia.

Contrariamente a quanto viene suggerito davari istituti privati di araldica, non vi è alcun col-legamento con i PUPP, nobili altoatesini, né coni PUPPI toscani presenti in Friuli dal 1258; ovefosse stata possibile una qualsiasi confusione lagrafia nei registri è sempre estremamente accu-rata e precisa (es. Cividale o Roverbasso) tale danon dar adito a collegamenti arbitrari.

Al 1500 troviamo in Friuli PUP(P)IN(I) aBudoia, a Cavazzo Carnico, a Costalunga so-pra Faedis, e a Roverbasso di Codognè (que-st’ulti mo oggi terra trevisana, ma storicamentele gata al Friuli tramite il Comune di Brugnera el’influenza dei conti di Porcia).

È a partire da questi quattro centri che si in-trecceranno le storie di circa 15000 persone checercheremo di seguire per circa 500 anni fino aoggi.

***

Da tutta questa ricerca, che intendiamo pre-sentare negli sviluppi successivi concentrandocisulle persone, scaturisce la certezza che da al-meno otto secoli i PUP(P)IN(I) sono originari diquella terra al confine tra tre mondi diversi, quel-lo latino, quello tedesco e quello slavo, tre mon-di che pur nella loro differenza, sono tutti e trecosì tipicamente europei.

OSVALDO PUPPIN

E tra questi colli budoiesis’insediò uno dei clan dei Puppin.Cartolina d’epoca. Anno 1926.(Collezione privata)

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Con la sua consueta discrezione – discrezione del-la quale aveva fatto una regola di vita – è torna-ta nel mondo dei più la contessa Mimma diPolcenigo.

Con questa distintissima gentildonna scom-pare una rilevante pagina di storia di questo no-stro Friuli di confine, una storia incentrata su que-sto nobilissimo casato durata, all’incirca, più dimille anni.

I di Polcenigo ebbero il terzo voto nel Parla -mento della Patria del Friuli; terzo posto subi-to dopo il Patriarca di Aquileja e la più rilevantecasa nobile friulana: i di Porcia e di Prata (che era -no dello stesso sangue).

Questa collocazione parlamentare dice da so-la di che rilevanza nobiliare, politica, militare eb-bero, per una smisurata scia di secoli, i nobili pol-cenighesi.

Il fortilizio – o meglio, il castello dei di Polce -ni go – si erge ancora sulla vetta del colle dallostesso nome, con le sue torri scomparse, con lacappella gentilizia aperta a cielo e da titolo di,ben antico, San Pietro.

Il profilo delle mura e torri corrusche riposaoramai nelle antiche carte.

Il fortilizio, su progetto del Lucchesi, era di-ventato una splendida dimora veneta. Splendidadimora secondo i canoni elegantissimi dettati, ar-chitettonicamente, dalla Serenissima.

Oggidì, faticosamente, riemergono i linea-menti di quella che fu una delle più belle dimorenobiliari del Friuli occidentale. Dimora fatta dibuon gusto, raffinatezza, equilibrio aureo, raffigu-razione di un mondo che aveva perso il tratto rudee guerriero di un Medioevo scomparso per sempre.

Una villa bella e grande, ma difficile da so-stenere. Ed i Polcenigo scesero al piano e si al-logarono in una, «pur», dignitosissima residen-za. Forse lo splendido isolamento sul colle isolavatroppo.

La residenza al piano consentiva meglio il con-tatto con la gente, la sua gente: quella di Polcenigo(la contessa di Polcenigo, pur nella sua innata di-stinzione, era di una affettuosa semplicità del tut-to disarmante) e quella che veniva – i suoi pari –dal di fuori.

Aveva scelto lei di tornare nella sua Polcenigodove, gelosamente, aveva voluto sempre «tenercasa».

Tutti la conoscevano, tutti avevano un debo-le per lei, gran signora. Aveva riattivato le sue ra-dici polcenighesi, aveva ritrovato le sue persone.

La sua presenza la si avvertiva, come costante,ma con il suo modo di essere, chiara, precisa, gen-tile, ma in punta di piedi, con quella sua classeinconfondibile.

Lei era Polcenigo e Polcenigo era lei.Mai un luogo fu così incarnato in una perso-

na. Era una presenza imprescindibile. Al di fuo-ri dell’ultimo periodo – periodo nel quale la sa-lute non la sovvenne molto – fu sempre interessata,fu sempre figura di risalto nel suo piccolo regnopolce nighese. Distinta, serena, affascinante, col-tissima, circondata da non moltissime, ma ado-ranti, amiche/i. E questo era frutto dei suo carat-tere, del suo tratto stupendo, della sua vivacitàfol gorata dai suoi sguardi attentissimi, intelli-gentissimi.

Non v’erano molte di queste persone a que-sto mondo e ce ne saranno sempre di meno; maresta il rammentare della sua presenza, del suo si-lenziosissimo esempio, da lei a noi, regalato. Laposero nel camposanto del paese, l’ultima dellasua stirpe: francese, friulana, veneziana, polce-nighese. Noi avremmo avuto un altro pensierocirca questa sua ultima collocazione.

L’avremmo inumata sul colle, dentro il suo ca -stello, dove, per mille anni o giù di lì, conti diPolcenigo con il loro punto munito, hanno sor-vegliato i confini di questo nostro Friuli occi-dentale. Lì, noi pensiamo, forse, lei avrebbe ama-to riposare per sempre.

La contessina Mimma di Polcenigo, ultimadella sua millenaria casata, era nata a Lovere inquel di Bergamo, ma esplicò la sua attività diprofondo significato sociale a Castelfranco, da

Mimma di Polcenigo,ultima nobile castellana

La contessina Mimma con ilsindaco dott. Mario Cosmo, nel1979, in visita al castello diPolcenigo, per discutere lapossibile destinazione d’usodella villa come centro scolasticoalberghiero.(Archivio privato Cosmo)

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dove rientrò nella sua Polcenigo nel 1976; e daPolcenigo non si mosse più.

Alla sua inumazione ed al rito religioso chel’aveva preceduta assistette tutto il paese com-presa l’amministrazione comunale, (25 novem-bre 2000), ed i nostri rappresentanti del comunedi Cavasso Nuovo, sopra Fanna di Sopra, aliasCastello di Mizza.

MGB. ALTÀN

La famiglia dei conti di Polcenigo e Franconia oFanna si distingue per una considerevole anti-chità, giacché, qué nobili vengono nominati sinoda tempi di Ottone I; avvocati della chiesa diBelluno riconoscevano da quel vescovo il primodei suddetti castelli e dal patriarcato aquilejesemolte possessioni o molti villaggi nel contado diAviano. Portavano il titolo di Nobili Liberi ed oc-cupavano nel Parlamento il III posto tra i «no-biles» castellani. Questa famiglia non avea feu-do patriarcale, ma avevalo dal vescovo di Feltre,eppericò era feudataria episcopale; né il titolo diconte essa godea per possesso d’un contado, es-sendo i Polcenigo stati creati conti palatini; co-me per Mizza o Micca, castello di Fanna (di so-pra) ebbe il titolo di marchese; e si distinsesingolarmente per svegliati ingegni sì nelle civi-li ché ecclesiastiche dignità. Nell’epoca XVI poivedremo i conti Manini di Udine possedere par-te del feudo dé conti di Polcenigo, e ciò a cagio-ne della servitù di cui i Turchi tenevano due fra-telli conti di Polcenigo, ai quali fu accordata lavendita di una porzione del loro feudo per ri-scattarsi; e questa venne acquistata dai Maninicome diremo, più innanzi».

MGB. ALTÀN

Le origini della famiglia comitale dei nobili diPolcenigo sono sempre circondati dalla nobiliaremitologia e dal mistero.

Pur essendo feudatari-concessionari del vescovodi Belluno (un di Polcenigo fu anche vescovo diFeltre) ebbero non comune prestigio nel Friuli, ar-rivando a «ferri corti» abbastanza spesso con il prin-cipe teocratico di Aquileja, principe teocratico alquale, i nobili di Polcenigo dovevano avere degliobblighi; obblighi oltreché feudali, anche di altranatura.

Sebbene vi siano dei dubbi da parte di studio-si, oltreché a Polcenigo, essi avevano il diritto disovranità feudale anche sul feudo di Fanna di so-pra, o meglio di Cavasso («Cjâvac»),o meglio del-la giurisdizione feudale del castello di Mizza.

La loro potenza in Friuli ebbe sempre un velodi inspiegabilità. Purtuttavia il sintomo di avere di-ritto di sedersi, nel parlamento della Patria del Friuli,occupando, tra i «nobiles castellani» il terzo po-sto (dopo i conti di Porcia e quelli di Prata (primai conti di Prata) da la misura della loro potenza mo-rale, feudale e militare. Eran tenuti ad assicurareall’esercito del patriarca di Aquileja, VIII elmi, eIII baliste, oltre a tutto il personale di servizio ad-detto all’esercizio di questo non minimo numero diguerrieri.

Il di Manzano, stringatamente e sapientemen-te, così dice dei nobilissimi polcenighesi signori;testo che passiamo pur sorvolando di qualche mi-nuscola stesura: «Del castello di Polcenigo abbia-mo già detto; di quello di Fanna poi, posto sotto aimonti, e fu fatto fabbricare da Ludovico di Polcenigo.

MANZANO F., Annali, vol. II,p. 250 e sgg., Udine, 1858.

TOPPO F., L’ingresso del pa-triarca Bertrando , sta in,AA.VV., Monografie friulane, Udine,1847, p.16.

SPRETI V., Enciclopedia stori-co nobiliare italiana, Roma-Milano, 1926-1936, vol. V, p.424. Lo stemma dei Polcenigovien, dai testi, così: «In quar-tato: nel I e IV, contro inquar-tato d’oro e di rosso (Polcenigo)nel II e III, troncato sopra d’ar-gento sotto dello stesso, in-cappato di nero (Fanna). Sultutto d’azzurro al giglio, allafrancese, d’oro».

Nobiles castellani

Mimma di Polcenigo in un importante momento culturaletra amici, la presidentessa della Pro Loco dott.ssa Liliana Serafin,

il sindaco dott. Mario Cosmo e il maestro Sanson. Palazzo Zaia, 1975.

(propr. Mario Tomasi)

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Abbiamo intervistato il dottor Aurelio Licata nella suaabitazione di Via Pordenone per raccontare ai lettori del’Artugna un po’ della sua vita di medico; lui ci accogliecordiale e disponibile come sempre e...

Giunsi in Friuli, dalla Sicilia, per obblighi mi-litari (1957) come ufficiale medico prima a Casarsae poi a Udine. Dieci giorni prima del congedo in-contrai una delle più belle e sagge ragazze friula-ne, Liliana che diventerà poi mia moglie. Questoincontro deciderà il futuro della mia vita. Difatti,dovendo scegliere se andare a Boston (USA) do-ve risiedeva la mia famiglia o rimanere in Friuli,ho scelto per questioni affettive di rimanere inquesta regione.

Qui nascono i miei due figli Maurizio a SanVito al Tagliamento e Massimo a Tolmezzo.

La mia carriera di medico condotto interinoinizia a Socchieve/Ud (dicembre del 1965-mag-gio 1967). Durante questo periodo, concorro perla condotta del Comune di Budoia e vinco, cosìil 1° giugno 1967 iniziai la mia attività di medi-co-condotto e ufficiale sanitario in questo picco-lo e ridente Comune pedemontano.

Friulano acquisito, all’inizio non è stato facilegodere della simpatia dell’amministrazione pub-blica e della popolazione, anche perché il medicoprecedente (dott. Sartor Narciso) dovette a malin-cuore dopo tre anni di condotta lasciare Budoia.

Infatti, la casa del medico restò occupata dal-le masserizie del collega per parecchi mesi, cosic-ché il sottoscritto con tutta la famiglia dovette inun primo tempo alloggiare da Renè e successiva-mente dalla signora Benvenuta di Budoia.

La casa del medico, dove attualmente c’è l’am-bulatorio, mi fu lasciata libera dopo molto tem-po con l’obbligo di pagare l’affitto e di provve-dere a mie spese all’impianto di riscaldamento.

Comunque superai bene queste prime diffi-coltà e con professionalità e buona volontà midedicai alle cure ed ai bisogni dei miei pazienti.

Fare il medico in quei tempi non è stato sem-pre facile, (sono passati 33 anni e penso di esse-re stato, fino ad ora, il medico più longevo) bi-sognava comprendere il loro carattere, le lororichieste, le loro esigenze che spesso non eranodi carattere strettamente medico e diventare, avolte, anche il loro confidente.

Oltre alla professionalità ho fatto, spesso, ri-corso alla pazienza, alla tolleranza, alla elasticitàdi adattamento e soprattutto alla disponibilità,qualità quest’ultima non ricorrente, anche perchéa quei tempi non esistevano le guardie mediche

notturne o festive, per-tanto giorno e notte si erasempre in serv i z io .

Della mia attività dimedico ho molti ricordibelli e, per fortuna, pochi brutti. Ricordodi un paziente, con problemi psichici, che spesso,colto da raptus, brandiva un lungo coltello mi-nacciando di uccidere tutti nel cortile dove abita-va, ero l’unico che poteva av vicinarlo, seguiva poiuna puntura sedativa per tranquillizzarlo per unmese; un altro di Castello che ha voluto essereoperato in bocca per una calcolosi della ghian-dola salivare sottomandibolare perché rifiutava ilricovero in ospedale, intervento non facile, riu-scito bene; un veneziano in soggiorno a Budoiache, aggredito dal suo cane lupo, presentava unavasta e profonda ferita al viso, ci vollero più diquaranta punti di sutura per riparare lo squarcio,lo vidi dopo un anno contento perché quell’ampiaferita non aveva lasciato sfregiato il viso.

Ci sarebbero tanti altri episodi da raccontaremolti dei quali hanno il sapore della barzelletta,come quella signora che aveva preso le suppostecontro i dolori per bocca ed era venuta a lamen-tarsi in quanto le medicine le avevano procuratoil «gomito»; un’altra che rifiutava di prendere lesupposte perché queste gli avrebbero fatto perde-re la «verginità»; mi ricordo anche di un’altra si-gnora venuta in ambulatorio per medicarsi che,caduta dalle scale, si era «sbocciata il polso delpiede sinistro», al che, ridendo replicai, meno ma-le signora che le rimangono ancora tre polsi da«sbocciare». Era sempre la stessa che in prece-denza aveva sofferto parecchio perché le «ammi-nistrazioni» non erano regolari.

A parte questi episodi, che servivano a volteanche a sollevare il morale, tanti anni di serviziolasciano il segno: troppo stress troppa burocrazia,troppe leggi riduttive hanno finito col tempo nelrendere la medicina materia molto complessa edifficile nell’eseguirla correttamente, finendo spes-so in una mancanza di fiducia e di rispetto nei ri-guardi del medico e dei pazienti.

A questo punto andare in pensione è stato l’at-to ultimo di un meritato riposo.

Al dottor Aurelio Licata, che ancora una volta ha volutorendersi disponibile, giunga da parte dell’Am mi nistrazioneCivica di Budoia un sentito ringraziamento per il lavorosvolto ed un augurio di serena prosecuzione nella vita diogni giorno.

GIACOMO DEL MASCHIO

Trentatré anni tra noiIl dottor Licata al servizio dei budoiesi

Sopra: il dr. Aurelio Licata ,33 anni di servizio nel Comune diBudoia dal 1.6.1967 al 7.12.2000.

Sotto: negli anni del suo arrivotra noi.

Anche la redazione ringra-zia il dr. Aurelio Licata perla competente professiona-lità medica svolta a favoredella Comunità e gli auguradi proseguire la sua esisten-za – a lungo e serenamente– insieme con la gentile si-gnora Liliana e attorniatodall’affetto dei cari figli,Maurizio e Massimo.Gli augura, inoltre, di conti-nuare a dar forma alla suacreatività con colori e pen-nelli.

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Il carico è stabilito il Pecore 550, Capre 6.

3. Bachét, confina colla Malga Col delle Palsesopradescitta e colla Malga Ralt nei seguenti pun-ti: alle zoppe, alle stesse zoppe sulla busa, sullaFontana della Val alla lettera V ultima della con-finazione fatta col Comune di Polcenigo il 16 ago-sto 1883, poi al pian della Val, al pian della Fontana,sul versante del Palèr della Val, sullo spigolo chedivide le Buse di Santa Lucia dal Pian della Fontana,pian del Tas al di qua fino alla punta delle Ronciadecon tutte due le buse e le stesse Ronciade, tuttala busa grande del Monteon verso Ovest fino al-le croci vecchie; mezzo il Paler della Grat di-scendendo al Traghenat fino alla busa di Restote.

Il carico è stabilito in Pecore 370, Capre 4.

4. Ralt, confina parte colla Busa del Gasperodel Comune di Polcenigo e parte col Pra del Bisere Bachét Malghe del Comune di Budoja nei pun-ti soprascritti. Colla Malga Val de Lama nei se-guenti punti: sul Palèr della Pera ove termina ilmuro che chiude il Prato di Carlon Giuseppe, sulCrep di Ralt a circa quaranta metri a Ovest dell’at-tuale Casera, poi a mezza costa dello stesso ver-sante, poi alla lama del Crep del Bachet, ove con-fina la Malga Bachèt, poi beni particolari di Budojae Polcenigo.

Il carico è stabilito in Pecore 300, Capre 0.

5. Val de Lama, confina colla Malga Ralt so-pradescitta, piega pel Col del Zouf, Paler dellaGrat, ascende fino al pian dei Vaccheri e conti-nua a metà del Laipaz, da qui ripiega e discendefino al punto della crodata e continua lambendole così dette prese o beni allivellati.

’N tel masonil de...100 anni fa e oltre.Articoli Parziali e Generaliper l’affittanza delle malghe

ARTICOLI PARZIALI

ARTICOLO 1Le Malghe o Masonili del Comune di Budoja

in numero di undici (11) sono limitate ed utiliz-zabili separatamente, non essendo tollerato il pa-scolo promiscuo da Malga a Malga. A tal uopovennero segnate con confini stabili, e per mag-gior conoscenza descritte come segue:

1. Malga Pra del Biser; confina colle MalgheCeresera, Tarsia e Busa del Figariol del Comunedi Polcenigo, col Pian dei Agri, colla Malga delComune di Budoja denominata col delle Plase neiseguenti punti: Pian dei Agri sopra la Lama delCarbon, alla lama e sperlonga del Pian dei Agri,e la lama esistente viene assegnata metà al Pradel Biser e metà al Col delle Palse; continua ilconfine alla lama veccia del Pian dei Agri, allabusa dell’Orso, al Col della Meda, in cima le bu-se di Santa Lucia, sopra la busa del Grass.

Il carico è stabilito in Pecore 500, Capre 0.

2. Col delle Palse confina colla sopradescrit-ta Malga Pra del Biser, col Pian dei Agri e collaMalga Bachet nei seguenti punti: in cima dellalama del pian della Fontana, sul vertice d’un mam-mellone a Sud Ovest della Fontana, sopra la bu-sa della Gardizza, la qual busa è assegnata metàal Col delle Palse e metà al Bachet, circa alla metàdel versante a Sud della Busa della Gardizza, incima allo spigolo che guarda il Zimpò, fuori del-la Busa del Fornat, continuazione della busa delFornat, ove confina anche la Malga Busa del Giaz,Busa delle Volpere che confina anche la MalgaBachét.

«La toponomastica è una disciplina che invoglia a continue ricerche.Il frutto dei due volumi sulla toponomastica del Comune di Budoia

è stato che uno dei lettori del nostro periodico l’Artugna eprecisamente il perito Cornelio Zambon di Dardago ha scoperto

il “Regolamento per la novennale affittanza delle malghe o casonidel Comune di Budoia dall’anno 1893 al 1901 inclusivi”. Spero che altri

continuino le ricerche suggerite dal documento qui riportato.» (Umberto Sanson).

È sì un valido documento per lo studio della toponomastica,ma assume maggior importanza perché contribuisce ad arricchire

la ricerca etnografica sulla vita pastorale del Comune di Budoia,svolta dallo stesso maestro Sanson nel 1979 e apparsa nella rivista

«Sot la nape» della Società Filologica Friulana. È un ulteriore tasselloche si aggiunge alla storia della nostra economia rurale.

Sotto il profilo tipografico il documento uscì nel 1893dai caratteri dell’antica tipografia pordenonese, la Gatti,

fondata da Silvestro Gatti il 15 giugno 1799, con l’intentodi mettersi al servizio della città.

Continuò fino a quando fu acquisita dalla famiglia Cosarini.

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Il sopracitato Paler della Grat è abbracciato peruna metà.

Il carico viene stabilito in Pecore 400 Capre 2.

6. Busa del Giaz, confina con Val de Lama so-pradescitta, Bosco del Cansiglio, la Malga, i Fanghie i Beni enfiteotici, comprendendo le Beccherie,tutto Col Grande, tutte le Seraie e i Laipaz.

Il carico è fissato in Pecore 380, Capre 5.

7. I Fanghi, confina colla Malga Busa delGiaz, bosco Cansiglio, la Malga Valle e i Beni al-livellati, comprende tutta la fossa del Mus, le bu-se dei Coi, tutte Canderen le buse scure fino allacrodata. Non è compreso ma resta fuori l’usurpoJanna Tavan alla Centolina, a disposizione delMunicipio.

Il carico fissato è di Pecore 380, Capre 5.

8. Valle, confina colla Malga i Fanghi fino al-la Riva del Losch, con la R. Selva Cansiglio, dal-la Riva del Losch fino alla busa di Bortolo; dallaBusa di Bortolo a tutto il pendio dei Larg, alla metàdella Ghiacciaia naturale sul Tremol fino in cimaal Cornier, continuando alla busa della Gallina eil filone Condolle, terminando ai beni enfiteotici.

Il carico stabilito è di Pecore 700, Capre 12.

9. Campo, confina con la Malga Valle, ascen-de alla Val dei Sass, e discende fino alla busagranda, comprende la Val dei Tranzeot e discen-de pel filone del Monte Sboada, terminando coibeni allivellati.

Il carico fissato è di Pecore 660, Capre 12.

10. Il Prat, confina coi beni enfiteotici, ascen-de il filone del Monte Sboada e continua confi-nando la Malga Campo, entra alla metà della Busagranda alla parte del Palazzat che guarda l’Oveste partendo dalla croce del Cason delle Vacche diTarabia fa linea col buso dei Danelon, continuaper la traghia fino al Pian dei Friz, comprenden-do una costa, l’altra facendo parte del Pian Grande.

Il carico fissato è di Pecore 400, Capre 2.

11. Pian Grande, confina con la Malga Prate coi beni del Comune di Aviano.

Il carico è fissato di Pecore 460, Capre 2.

ARTICOLO 2Ogni Malga o Masonile sarà coltivata scupo-

losamente dall’affittuale in due modi, col cam-giare ogni due notti la mandra delle pecore, e colportarvi il concime e spargerlo razionalmente sul-la Malga. Chi esporterà il concime dal Masonile,o non lo coltiverà come conviensi, oltre che es-sere passivo d’un ammenda, il Consiglio Comunale,

se lo crede, potrà farlo decadere dall’affittanza.

ARTICOLO 3I Pastori saranno obbligati a rispettare per

quanto è possibile le località suscettibili a Bosco,né s’intenderanno, quantunque segnate entro iconfini, appartenere alla Malga le zone boschivesoggette al regime forestale.

ARTICOLO 4Nessun Pastore in nessuna epoca potrà con-

durre a pernottare il Bestiame da una Malga all’al-tra e men che meno in stalle o in terreni privati.

ARTICOLO 5È severamente proibito condurre sul monte

bestiame affetto da malattie contagiose ed epi-zootiche; se tali malattie si sviluppassero duran-

Mappa del Comune di Budoia.

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te la monticazione, sarà il pastore tenuto a ren-dere immediatamente avvisato il Municipio pergli opportuni provvedimenti.

ARTICOLO 6Le ghiacciaie naturali saranno di esclusiva

proprietà del Comune, potranno essere usate daiMalghesi per l’uso del Bestiame e del Caseificiosoltanto, i quali avranno poi la cura possibilenell’inverno di coltivarle. Dovranno gli affittua-li poi lasciar libera la esportazione del ghiaccioad un ordine del Municipio e a quantunque citta-dino dietro ricetta del Medico comunale, vistatadal Municipio o dalla Congregazione di Carità.

ARTICOLO 7Quelle Malghe che pel caseificio dovranno es-

sere della legna nei Boschi comunali pagherannoun annuo canone, che a seconda dell’importanzaverrà stabilito dall’onorevole Consiglio Comunale.

ARTICOLO 8Essendo proibito il pascolo promiscuo fra Malga

e Malga, sarà libero l’accesso ai pascoli in pri-mavera ai Pastori, quando lo crederanno opportu-no; non potranno però ascendere e discendere coibovini che una sol volta, cogli ovini due volte, te-nendosi il più possibile presso i sentieri montuo-si, e non danneggiando i Beni enfiteotici, acce-dendo per le vie più dirette e naturali. Il Comunedeclina ogni responsabilità sui danni che venisse-ro fatti dai pastori ai beni dei privati per il pas-saggio del bestiame.

ARTICOLO 9Gli affittuali che caricassero le Malghe con

un numero di bestiame eccedente a quello stabi-lito, saranno passibili di un’ammenda di L. 3,00(tre) per ogni capo di bestiame sopranumerato.

ARTICOLO 10Le Guardie Campestri e Boschive sole o ac-

compagnate, o mandate da un Membro o da unDelegato della Giunta Municipale sono designa-te per la sorveglianza speciale delle Malghe, enessun affittuale, sotto nessun pretesto, in nessunmomento, potrà contrastare alle Guardie l’acces-so al Masonile, e la numerazione del Bestiame, oquella qualunque altra verifica che fosse loro sta-ta ordinata dal Municipio.

ARTICOLO 11Il Bestiame sopranumerario, non denunciato,

trovato nelle visite che verranno fatte dalle GuardieCampestri e Boschive, sole o accompagnate, sarà

sequestrato dalle medesime, che avranno dirittodi scegliere i Capi d’animali da sequestrarsi e nonquelli che venissero designati dai pastori. Il be-stiame sequestrato, il pastore dovrà riscattarlo pa-gando l’ammenda stabilita dall’articolo 9 in unio-ne alle spese di conduzione e stallaggio entro otto(8) giorni, in caso diverso sarà venduto all’incan-to, ed il ricavato, detratte le spese e l’ammenda,sarà restituito al pastore, a danno del quale fu ope-rato il sequestro.

Gli affittuali delle Malghe per le ammende del-le quali fossero possibili, non potranno farsi rifon-dere dai costi detti caburri, e proprietari del Bestiame,che affidarono a essi per la monticazione, comeda questi non potranno pretendere che un com-penso ragguagliato al canone d’affitto coll’ag-giunta delle sole spese di contratto e scossione.

ARTICOLO 12Per capo di bestiame s’intende, nei riguardi del

presente Regolamento, una Pecora, ogni animalebovino adulto, equivalendo ad otto pecore, i vitel-li o vitelle sopra l’anno fino a due anni a quattro pe-core, i vitelli sotto l’anno e le capre a due pecore.

ARTICOLO 13Ogni anno, prima che sia condotto sui monti

l’armento, dovrà essere sparso regolarmente il con-cime nella Malga per coltivarla. I contravventori,oltre che puniti severamente, a volontà del Consigliocomunale, potranno essere dichiarati decadutidall’affittanza.

ARTICOLO 14Quando l’affittuale condurrà i propri animali

alla monticazione sulla Malga, dovrà parimenti Inizio anni ’70. Malga Ciàmp.

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condurre quello dei proprietari del Comune, e do-vrà tenerlo fino a tanto che egli fa pascolare il pro-prio, salvo a consegnarlo anche prima o ricever-lo anche dopo a tali epoche a volontà del proprietario.

ARTICOLO 15L’affittuale d’ogni Malga potrà condurre alla

monticazione invece di vacche e capre un corri-spondente numero di pecore, ed invece di peco-re un corrispondente numero di vacche; non po-trà però alterare in più il numero prefisso dellecapre.

ARTICOLO 16Ogni affittuale potrà riservare una zona di 2

pertiche censuarie (Ettari 0,20) a prato da sfalcio,affine di poter mantenere qualche animale che am-malasse. Il fieno ricavato da una tal zona dovràessere consumato sul luogo, non potrà essere tra-dotto al piano, né alienato sotto verun pretesto.

ARTICOLO 17È severamente proibito, sotto pena d’imme-

diata destituzione, alle Guardie del Comune di ri-cevere regali o doni o mancie di qualunque ge-nere dai pastori e malghesi.

ARTICOLO 18Saranno puniti con ammenda da L. 5 a 15 i

contravventori agli articoli 6 e 8.Da L. 15 a 50 i contravventori alle disposi-

zioni degli articoli 3, 10, 15.Da L. 30 a 50 quelli degli articoli 1, 2 ,4 ,5,

13, 14, 16.Sarà tenuta nota esatta delle contravvenzioni,

per punire i recidivi con ammenda doppia la prima

volta, tripla la seconda, le altre senza pregiudiziodel raddoppiamento dell’ammenda, potrà, se lo cre-derà opportuno il Consiglio Comunale, pronuncia-re la decadenza dal beneficio della affittanza, ilMalghese o pastore recidivo alle contravvenzioni.

ARTICOLO 19Il canone annuo sarà pagato al Comune in due

eguali rate scadibili nei mesi di Luglio e settem-bre di ogni anno, in moneta legale, a manidell’Esattore comunale colle spese di scossione,mediante ruolo. I morosi saranno passibili versol’Esattore delle pene stabilite dalla legge sullaesazione delle imposte, ma verranno esecutati invia civile, non permettendo l’esecuzione fiscale,la nuova legge per le entrate Comunali.

ARTICOLI GENERALI

ARTICOLO 1L’Asta per la novennale locazione delle Malghe

del Comune di Budoia sarà aperta nell’UfficioComunale coll’assistenza della Giunta Municipale.

ARTICOLO 2L’incanto seguirà col metodo della candela

vergine e la delibera di ciascuna Malga sarà fat-ta al miglior offerente dopo esperimentati i fata-li e vistato l’atto d’incanto.

ARTICOLO 3Quindici giorni prima dell’incanto verrà pub-

blicato il relativo avviso; la sorte deciderà al pri-mo esperimento d’asta l’ordine col quale saran-no poste all’incanto le singole Malghe.

Il docile gregge all’abbeveraggio.

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ARTICOLO 4A quanto riguarda l’incanto e la stipulazione

dei contratti, saranno osservate le regole e mo-dalità del Regolamento approvato con R. Decreto4 Maggio 1885, N. 3074, serie 3.

ARTICOLO 5Gli aspiranti dell’Asta che devono essere be-

nevisi alla stazione appaltante dovranno fare un de-posito del 20% sulla base del prezzo d’incanto.All’atto poi della stipulazione dei contratti, i deli-beratari dovranno o depositare nella Cassa Comunaleun anno d’affitto che servirà per pagamento del fit-to dell’ultimo anno, o presentare un fideiussore ga-rante beneviso alla stazione appaltante.

ARTICOLO 6Si procederà a termine dell’art. 299 del codice

penale vigente, contro coloro che tentassero impe-dire la libertà d’asta od allontanassero gli accor-renti con promessa di denaro o con altri mezzi siviolenti che di frode, quando non si trattasse di fat-ti colpiti da più gravi sanzioni del Codice stesso.

ARTICOLO 7Il deliberatario all’asta dovrà presentarsi a ri-

chiesta del Municipio per la stipulazione del relati-vo contratto, nel quale, oltre ciò che sarà trovato op-portuno d’inserire, sarà esposto il carico deliberatodal consiglio Comunale per ogni Malga.

ARTICOLO 8Si dichiara che qualunque sia il numero dei so-

ci nella locazione d’una Malga, il Municipio nonriconoscerà che i soli deliberatari e fideiussore.

ARTICOLO 9È vietato qualunque subappalto o subaffitto

senza l’assenso dell’Autorità Municipale.

ARTICOLO 10Nel caso di morte dell’affittuale o del suo fi-

deiussore, i loro eredi saranno tenuti agli obbli-ghi contratti. Il Municipio però sarà libero di con-tinuare o meno l’affittanza cogli eredi.

ARTICOLO 11Le spese d’Asta, del relativo Contratto, di re-

gistrazione e tutte quelle inerenti all’affittanzadelle Malghe, staranno a carico dei deliberatari.

ARTICOLO 12Per tutte le emergenze che potessero insorge-

re, inerenti le Malghe, l’affittuale non dovrà ri-conoscere che il locale Municipio, e assoggettar-si a tutti quei provvedimenti che questo credesse

opportuno emanare, in quanto non sieno contra-ri al presente Regolamento ed alla Legge.

ARTICOLO 13Se venisse recato pregiudizio alle Malghe, o

cogli usurpi, o in qualunque altra maniera da ter-ze persone, l’affittuale sarà tenuto entro cinquegiorni di rendere avvertito il Municipio, altrimentile conseguenze derivanti per la sua trascuratezzastaranno tutte a suo carico.

ARTICOLO 14Ogni qualunque tassa che in virtù di leggi pub-

blicate o da pubblicarsi fosse imposta, o derivas-se dal presente Contratto, così pure che fosse im-posta la sorveglianza d’un Veterinario per bestiamecondotto alla monticazione, dovrà stare a caricodegli affittuali.

ARTICOLO 15Qualora la persona a cui sarà aggiudicata l’af-

fittanza di qualche Malga non abitasse in Comuneo da questo dovesse trasferirsi in altro Comune,sarà obbligato a nominare un rappresentante pe-gli effetti di legge residente in questo Comune,ed entro otto giorni notificato al Municipio.

ARTICOLO 16Tutti gli articoli del Codice Civile sulle loca-

zioni, che non fossero contrari al presenteRegolamento, saranno al caso invocati dal Mu -nicipio locale, per tutelare le affittanze fatte.

Fatto, letto, confermato e firmato nella sedu-ta della Giunta Municipale 6 Maggio 1892.

A cura di

CORNELIO ZAMBON

IL SINDACO

Fir. Cecchelin Giuseppe

LA GIUNTA MUNICIPALE

IL SEGRETARIO

fir. A. Cardazzo

Approvato dal Consiglio Comunale nel-la seduta

del 10 Giugno 1892.

IL SINDACO

fir. Giuseppe Cecchelin

N. 3357Visto sotto l’osservanza del R. Decretosull’Amministrazione e Contabilità dei

Comuni.Pordenone, 22 Giugno 1892.

IL R. COMMISSARIO

fir. Marcialis

fir. Besa Angelofir. Rigo Vincenzofir. Patrizio Antoniofir. Besa Alessandro

(Assessori effettivi)

(Assessori supplente)

IL MEMBRO ANZIANO

fir. A. PatrizioIL SEGRETARIO

fir. A. Cardazzo

}

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Le mucche andavano nei campi quasi sempre adue a due. Per farsi compagnia, come comari in-daffarate.

Come pure i buoi uscivano in coppia, ben equi-librati come piatti di una bilancia.

E anche i pui e le fede uscivano allegramentein gruppo, a claps, liberi e sguinzagliati come ra-gazzi all’uscita della scuola.

Ma lui, el mus, pora bestia, doveva sempre ca -varsela nelle fatiche e negli spassi dei suoi pa-droni, in opprimente solitudine, e passare alla sto-ria come un essere disgraziato, solitario, in compreso,ignorante.

A ogni cenno di stanchezza, bacchettate. E co-me ricompensa, nel cianal una grampa misera escadente.

C’è da sorprendersi che fosse testardo e scon-troso?

Godeva di un rapporto confidenziale con ilsuo padrone. Ciononostante doveva tollerare bri-glie, stanghe, paraocchi, morso, e una robusta bac-chetta per essere tenuto a disciplina, cose che amucche e buoi erano generosamente risparmiati.

Così imbrigliato, andava a fa ciane: che noiauscire di mattina presto.

A tò la fóia pai cavaliers: quei repellenti ver-miciattoli ricevevano più attenzioni di lui.

Doveva fare chilometri sempre guardando inavanti, mai di lato, con il paraocchi che era comeuna muraglia nera che impediva distrazioni.

Pora mus...E a molin? Massima tortura.Iiieeee... Doveva affrettarsi anche in salita, con

la carretta a pieno carico. E se su la riva del plevandongia la glesia, el tirava la splenda, e strac, elsperava da fà una palsa... giù una bacchettata perconvincerlo a riprendere un buon passo.

I preziosi sacchi che portava a casa mandava -no un profumo fresco di farine appetitose. Anchela semola che sarebbe finita nel pastone delle gal-line, o nel beverone delle mucche, sprigionava unaroma invitante. Di tutto quello, niente era per lui.Quello che gli spettavano erano s’ciatus, torsolisecchi delle pannocchie gettati in un angolo del-la tieda dopo la sgranatura. Cioè rifiuti.

Se ti viene un brutto carattere ci sarà pure unmotivo, vero? Ma non si lasciava né abbattere nésfruttare più di tanto; non lo mungevano e non ele-mosinava le cure speciali riservate agli animali de-licati: un mus mangia anche paglia, a testa alta, co-sì non deve dire grazie a nessuno. Era un mus furlansenza moine, stava sulle sue, come un vero mus.

Quindi non riceveva carezze, come le muccheche figliavano, perché lui non avrebbe mai sco-dellato figli da portare al mattatoio per farne fet-tine da mettere in tavola. Orrore quelle muccheincoscienti: perché non tiravano calci al padrone,come avrebbe fatto lui in casi estremi? Perché silimitavano a burtolà per ore? Se voleva discute-re di questo nei momenti di pausa nella stalla, ilsuono sgraziato della sua voce rovinava la finez-za del ragionamento. Da parte sua la mucca loconsiderava un asino in tutto e gli rispondeva vol-tando le terga. A lui non restava che chiudere l’in-cidente con la classica sbruffata asinina.

Non ragliava mai quando veniva maltrattato.Allora, cosa ragliava a fare, quando ragliava?

Piangeva su di sé o rideva delle nostre stra-nezze?

L’opinione dei poveracci non conta, pensavalui. Perché sforzarsi a farsi capire? Tanto a nes-suno importa niente di me: sono troppo sfavori-to dalla sorte.

Nella stalla gli destinavano sempre l’angolopiù freddo, a ridosso del muro, in vicinanza del-la porta: tutte le sventagliate di aria gelida era-no sue. Non per caso esiste il detto se à inglathatal mus per significare insostenibile temperaturapolare.

Unico vantaggio della scomoda posizione era-no le asperità del muro, che gli servivano comespazzola per strofinare il dorso, cioè volgarmen-te grattarsi. Magra consolazione. Le mucche in-vece erano al centro della stalla, come matrone,e godevano di tutti i privilegi.

Alla sera venivano slegate e fatte abbeverare

El mus co’ quatro thocui

Scomparso dalle scene, qualcheraro esemplare pascola oggi tra inostri colli senza più briglie,stanghe, paraocchi e morso.

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Ogni solitario ignora i suoi simili.Sapeva di passare alla storia come un tipico

ignorante, ma non gliene importava molto. Quandogli erano concessi il tempo e la libertà de stra-voldese nel cortile, si abbandonava a una ginna-stica di capriole liberatorie.

Era ridicolo, senza dignità, ma si toglieva tut-te le rabbie.

Era el mus co’ quatro tocui, roba senza im-portanza.

È scomparso dalle scene e non tornerà più.Nessuno lo rimpiange.

Il suo ruolo è stato usurpato da ferraglia co-stosissima che al posto dei s’ciatus mangia co-stosissima benzina. Per tirare ancora e soltantoquatro rode.

ANNA PINAL

con calma e rispet to, secondo un rito che riflet-teva l’antico amore per gli animali.

Forse lui non era un animale apprezzabile co-me gli altri, perché poteva solo bere da un reci-piente messo lì occasionalmente, che ogni tantosi ricordavano di riempire.

Fedele alle regole del perfetto mus, non si sdraia-va mai a riposare, né di giorno né di notte, comefanno i ruminanti al chiuso o all’aperto, i leoni nel-le oasi della savana, le galline nel pollaio.

Restava sempre in piedi come una sentinella.Ciononostante era considerato campione di laz-zaronate. Per la ragione che rifiutava qualunqueordine a lui estraneo o incomprensibile.

Quando si impuntava, la sua volontà andavain corto circuito.

Nessuno lo smuoveva, a costo di mille sflan-conade. Le zampe erano impiantate e inamovibi-li, come avvitate al suolo.

Accadeva ogni volta che lo costringevano adeviare dai percorsi abituali.

Quando alla fine si decideva a ripartire, eracapace di portare con la carretta tutti nel fosso,se lo pilotavano con disattenzione e inesperien-za.

La domenica della benedizione annuale deglianimali, condotti in piazza in gran parata, era ungiorno di amare riflessioni per lui.

Sembrava la passeggiata delle razze più presti -giose e fortunate: tutti i bovini ben strigliati, in-fiocchettati, con nastrini sulle corna, i rametti dialloro sul ciavestre, apparivano nella loro solen-nità; alcuni cavalli da calesse, trattenuti con sfor-zo in mezzo alla bassa forza lavoratrice, scalpi-tavano con impazienza per distinguersi. Il mus,nella sua semplicità, e questa volta libero da pa-raocchi, osservava i cugini equini malevolmen-te, ma senza dare nell’occhio.

Non era presenzialista come i cavalli, semprealtezzosi nei loro ornamenti luccicanti che lui con-siderava inutili striamenth. Con la sua aria pove-ra e modesta, guardava, scrutava ed era implaca-bile nei giudizi: tutto ciò che era al di sopra di unmus, in apparenza e vistosità, non era granché.Solo scena.

La sua scala di valori si fermava all’altezzadelle sue orecchie, le più lunghe del creato. Sopradi quelle non poteva esserci niente di buono.Naturalmente, tra tutti quegli animali nessunoavrebbe condiviso pensieri da asini all’infuori diun asino. Ve ne erano alcuni lì presenti. Ma conloro non aveva scambiato neppure uno sguardo.

Papà Paolin ritorna a casa tutto conten-to e mostra alla famiglia l’acquisto fatto.

Le figlie più grandi Rosa e Antoniettasanno di che si tratta, ma le due più picco-le guardano sorprese e disgustate questi ani-maletti neri. Sembrano formiche in gran mo-vimento.

Sono i cavaliers. Bachi da seta.Improvvisamente via la grande tavola in cuci-

na dove si può mangiare in 24 persone. Si portano giù dal blaver (gra-naio) le grisiole. Le piccole, Clelia sette anni e Gra ziosa di cinque,guardano tutti questi preparativi e pensano che ci sia uno sbaglio.

Tutto quello spazio per questi vermetti.Nei magreith c’è un campo con tante file di gelsi, sono apposta

per i cavaliers. Questi animaletti mangiano le loro foglie.I primi giorni ne bastano poche ma ben presto mangiano e cre-

scono così in fretta che tutta la famiglia è mobilitata.Dopo giorni che si sono divorati carrettate di foglie di gelso fi-

nalmente si mettono a digiuno!Altro trasloco, via tutte le cose dal blaver per fare posto a dei co-

voni di paglia messi in piedi do ve possono attaccarsi e filare final-mente i bozzoli di seta.

Le piccole guardano con grande soddisfazione la trasferta.Papà Paolin ha lasciato qualche gelso intatto, in modo che si ma-

turino le more bianche e nere delle quali le bambine vanno ghiotte.Per loro i cavaliers non sono fonte di reddito, ma vermetti voraci chemangiano la loro frutta.

CLELIA ZAMBON

I cavaliers

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La storiaAngelo Antenore Carlon nasce a Budoia il

13.11.1906 e, come tanti budoiesi, lascia molto gio-vane il paese ed emigra negli Stati Uniti, dove lapassione per il lavoro, l’intuito e la creatività, loportano a lavorare sodo e costruirsi così un suc-cesso economico. Lontano da Budoia non si di-mentica del paese da cui ha avuto le origini, rien-trando spesso per godersi la visione delle mai scordatemontagne e ritrovare amici e parenti. Non nascon-de il suo amore per la Comunità e già dichiara chealla sua morte non si dimenticherà di Budoia.

A Budoia, peraltro, sono sepolti i suoi geni-tori, la moglie Nilde, deceduta nel 1990 ed il cu-gino professor Carlo, sepolto nella stessa tombadi famiglia.

Alcuni anni fa, viene dichiarato non più in gra-do di intendere e volere, quindi interdetto e sottotutela del sig. Graziano Carlon, figlio di Carlo, me-dico a New York, che diventa automaticamente ese-cutore testamentario.

Antenore muore all’età di anni 91, il 12 feb-braio 1997.

L’esecutore testamentario informa il Comunee la Parrocchia, con due lettere distinte della mor-te di Antenore e anticipa che alla data dei funerali,previsti per il 17 maggio ’97, si premurerà di con-segnare quanto lo zio – così lo chiama testualmen-te – ha disposto per i due enti.

Immediatamente dopo le esequie, il signorGra ziano Carlon consegna in cimitero al Parrocodi allora sac. Italico Josè Gerometta ed al SindacoAntonio Zambon, due assegni: per la ParrocchiaL. 130.000.000, per il Comune L. 40.000.000, ri-servandosi di chiudere la partita dopo la contabi-lità finale.

Soltanto nel 1998, viene saldata la partita conaltri due versamenti: alla Parrocchia L. 6.000.000,al Comune L. 4.000.000. Quindi, in riepilogo:Parrocchia L. 136.000.000; Comune L. 44.000.000.

Invia pure delle ricevute da firmare: il Sindacofirma la propria; il Parroco, in mancanza del testa-mento, si rifiuta di firmare e chiede più volte di po-ter conoscere il testo del lascito. Non solo non vie-ne inviato, ma vengono più volte mandate delleri cevute con importi superiori a quanto incassato,sempre respinte da don Italico.

Le vociNel paese, cominciano a circolare voci strane,

circa l’entità del lascito, troppo esiguo, rispetto al-le reali possibilità di Antenore. Voci così insisten-

ti e calunniose cheallarmano non pocoil Consiglio per gliAffari Eco no micidella Par roc chia, ilparroco e lo stessoSin daco i quali, perarrivare alla verità, decido-no di comune accordo di affidarsi ad un Avvocatoesperto e con possibilità di operare negli Stati Uniti.

Viene chiamato a svolgere questo compitol’avvocato Massimo Sterpi di Torino, il quale,con non poche difficoltà, sempre sostenuto da do-cumentazione e da alcune persone residenti a NewYork, riesce a mettersi in contatto con l’esecuto-re testamentario il quale, afferma di non ricor-darsi nulla e che comunque, non ha tempo per oc-cuparsi di queste cose.

Viene contattato lo Studio presso il quale è sta-to redatto il TRUST e, con grande sorpresa, non ri-sulta depositato presso la Probate Court di PalmBeach, ultima residenza di Antenore.

Peraltro, sembra non esista una copia del la-scito e, comunque, non può essere visionato per-ché segreto. Ma l’avvocato non demorde e dopoaltri contatti, più fruttuosi, riesce ad ottenere unacopia parziale del lascito, la corrispondenza in-tercorsa con il Comune e le ricevute delle duesomme incassate dal Sindaco.

Esperite nuove indagini, cominciano a saltarfuori notizie più precise in fase di valutarne l’au-tenticità: come quella che Antenore non paga letasse negli anni ’94, ’95, e ’97, quindi, il suo pa-trimonio è ridotto per le altissime multe dovute

Lascito testamentarioAngelo Antenore Carlon

L’Amministrazione Comunale ela Parrocchia di Budoia, ricono-scenti al budoiese Angelo Ante noreCarlon per il generoso lascito postmortem, desiderano congiuntamenteinformare i lettori de l’Artugna, vo-ce genuina delle nostre Comunità,circa la situazione creatasi dopol’apertura del testamento del de-funto e già resa nota durante l’As -semblea pubblica di febbraio.

Antenore, il primo a sinistra,con amici durante uno dei suoisoggiorni budoiesi.

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22 febbraio 2001: l’Associazione di volonta-riato «Gruppo Famiglia» cessa di esistere.

Dopo 20 anni d'onorato servizio il Gruppo Famigliaha delegato il Presidente, Alfredo Zambon Pala,a riconsegnare nelle mani del Sindaco le chiavidell’aula n.1 della scuola di Dardago.

Il Gruppo nacque spontaneamente a Dardagocirca 20 anni fa con Don Giovanni Perin metten-do a frutto un’idea di Piero Zambon Sartorel, ilquale si prese l’impegno di chiedere, all’alloraSindaco di Budoia, l’utilizzo di un’aula della scuo-la per farne la sede del Gruppo Famiglia.

All’epoca questo gruppo di «giovani pensio-nati sessantenni», pieni d'entusiasmo ed iniziati-va, cominciò a prendersi carico dei bisogni di pri-ma necessità della comunità di Dardago. Adesempio si offrivano nell’imbiancare l’asilo, nelsistemare l’area verde del sagrato o della cano-nica o quant’altro ci fosse bisogno. Il lavoro nonmancava mai anche perché lo facevano bene, sem-pre di buon umore e, non senza importanza…GRATIS. Visto che erano così bravi e disponibi-li, dall’opera manuale si chiese loro di pensare aipiaceri della tavola. Ogniqualvolta erano invita-ti gruppi per qualche manifestazione o per ono-rare i caduti o festeggiare qualche ospite essi era-no sempre pronti a preparare aperitivi, stuzzichini,bibite e tutto quello che potevano procurarsi, spes-so mettendoci anche del proprio.

A questo punto ecco l’idea: perché ritrovarcisolo per lavoro, pensiamo anche a divertirci.Sistemarono per bene la sede a loro riservata e unpasso alla volta da buoni friulani riuscirono, nelcorso degli anni, ad attrezzarla di tutto: piatti, bic-

al fisco americano.

Il falsoDal contatto con lo studio legale che ha curato

il TRUST escono improvvisamente alcune ricevu-te, palesemente false ed artefatte:

PARROCCHIA L. 172.812.500 con firma didon Italico, ricevuta mai firmata, quindi una falsaricevuta;

COMUNE L. 76.050.000 con dichiarazione: Iosottoscritto Alberto Tonzi, sindaco di Budoia e fir-mato Antonio Zambon.

Risulta peraltro, dalla ricevuta firmata dal SindacoAlberto Tonzi, che una parte era da inviare all’Asilodi Dardago che, a detta del signor Graziano Carlon,l’asilo non esisteva più e che la quota era stata ver-sata allo stesso Comune. Pertanto le cose non qua-drano e i conti non tornano.

ConclusioniDalla riunione congiunta tenutasi in febbraio,

alla presenza del Legale avv. Sterpi, si è evinta lanecessità di andare sino in fondo, non solo per ri-spettare appieno le volontà di Antenore, ma ancheper tacitare le malignità e ripristinare la legalità ela verità. A chi ha messo in piedi questa meschi-nità, a norma del codice di procedura penale, sonoipotizzabili i reati seguenti:– art. 485 falsità in scrittura privata (ricevuta donItalico Gerometta);– art. 646 appropriazione indebita;– art. 468 contraffazione di pubblici sigilli (timbrodel Comune);– art. 640 truffa aggravata ai danni di un ente pub-blico.

Da ultime notizie da parte dell’avvocato Sterpi,vi è continuazione delle indagini, per risalire al col-pevole e l’istruttoria di una denuncia, per la qualeil Comune intende rivalersi; la parrocchia valuteràil da farsi.

Contiamo di tenervi costantemente informatianche perché abbiamo fatto nostre le parole con-clusive della riunione pronunciate dall’avvocatoMassimo Sterpi: «Credo, non sia stato reso un buonservizio alla memoria di Antenore Carlon».

Effettivamente si ritiene giusto continuare finoalla fine, perché episodi del genere, poco edifican-ti e meschini, non abbiano a ripetersi.

MARIO POVOLEDO

Su incarico del Sindaco Antonio Zambone del Parroco sac. Adel Nasr

Gruppo FamigliaAll’epoca giovani pensionatisessantenni

Risposta favorevoledell’Amministrazione Comunale,nel 1983, alla richiesta di utilizzodi un’aula della scuola diDardago per la collocazione dellasede del Gruppo Famiglia.

Venezia. Momenti di serenità e diallegria del gruppo.

Nella pagina accanto: a sinistra,con il Gruppo Alpini diCrescenzago, nel 1989.(Foto di Mario Signora)

A destra, volti gioiosi per unaabbondante vendemmia.

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chieri, posate, pentole, cucine, fino ad arrivare apoter cucinare e servire 60 persone comodamen-te sedute. Bisogna riconoscere che non è certouno sforzo da poco, potevano bagnare il naso amolti ristoranti della zona, anche perché i buonicuochi non mancavano! Nelle feste di S.Silvestro,Epifania, carnevale e in ogni altra occasione leprenotazioni per le cene aumentavano sempre dipiù: segno questo che la gente si trovava bene, sidivertiva e trascorreva ore in serenità.

A questo punto l’Associazione Gruppo Famiglianon è più ai primi passi, ma è pronta per spicca-re il volo e varcare i confini del Brait: il Grupposi gemella con gente di Venezia, anch’essi pen-sionati, organizzano gite turistiche e pellegrinaggi:vanno in Austria, nell’ex Iugoslavia, Sardegna,Sicilia, ed infine a Lourdes e San Giovanni Rotondo.Lo spirito che li accomuna è sempre lo stesso: ildivertimento, il farsi compagnia e la solidarietà.

Ora tutto questo non esiste più. Già un annofa il Gruppo lanciò un appello a quelli un pocopiù giovani «Dateci una mano, abbiamo un’etàche da soli non possiamo fare tutto – dicevano –gli acciacchi sono aumentati e non tutti possia-mo rendere fisicamente come 15 anni fa. Se ciaiutate noi non molliamo, siamo sempre pronti adaiutare e partecipare, ma non possiamo più esse-re in prima linea noi». L’appello è caduto nel vuo-to, la mano tesa non ha trovato l’altra per ag-grapparsi. Così si è presa la decisione di chiudere.È stato smantellato tutto e tutta l’attrezzatura èstata donata ad un Centro Monastico di Caorle,che molto riconoscenti hanno accolto l’offerta.

Certo il disappunto è notevole, le giornate in-

Ringraziamento dellaComunità Monasticadi Marango, Caorle

Ringrazio di cuore il Grup -po Famiglia di Darda go peril bel gesto di generosità.Anche con il vostro aiutoaltre persone potranno ini-ziare un’esperienza di vitapiù positiva.Con amicizia

d. GIORGIO

MARANGO,10 FEBBRAIO 2001

vernali sono lunghe da trascorrere e solo l’idea diavere la possibilità di impegnarsi, di avere un po-sto dove incontrarsi, dimenticare i malanni e le tri-stezze, e perché no, divertirsi semplicemente conuna cena e quattro salti in compagnia era utile amantenere lo spirito ed il corpo giovane. Si parlatanto di solitudine dell’anziano, di socializzazio-ne, di volontariato, il Gruppo Famiglia ha fatto lasua parte, ampiamente. Ha lasciato un segno nel-la storia di Dardago e continua ancora a dare, com-patibilmente con le possibilità fisiche che posso-no avere settantenni e oltre in buona salute.

C’è da chiedersi se forse sono riusciti a man-tenersi così in gamba proprio perché occupati agodere (o trovare, scegliete voi) del lato positivodella vita, a stare insieme ed insieme affrontare iproblemi che la vita non manca mai di elargire inquantità. Se uno di loro aveva bisogno di confor-to, aiuto o assistenza sapeva di poter contare suun nutrito gruppo d'amici che non si faceva pre-gare per dare il proprio contributo. L’amiciziacoltivata durante gli incontri conviviali serve an-che a questo. Non isolarsi dunque ognuno nelleproprie case, ma cercare l’unione, l’aggregazio-ne (come dicono i giovani d’oggi).

È veramente un peccato che la generazionesuccessiva si sia lasciata sfuggire questa occa-sione, questa mano tesa che avrebbe dato piace-re a chi dà e a chi riceve. Spero non abbiano apentirsene e a rammaricarsene nel futuro prossi-mo, quando figli e nipoti ormai grandi prende-ranno altre strade e toccherà a loro gestirsi il tem-po libero che oggi magari è poco, ma abbondantesarà in vecchiaia. AIDE BASTIANELLO

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26’N te la vetrina

Chi ha a cuore la microstoria del paese colla-bora con passione e disinteresse. In questo pe-riodo l’Artugna ha ricevuto la disponibilità di ungiovane, Giovanni Bufalo, che «ha aperto» ge-nerosamente il suo archivio, ricco d’interessantidocumenti ottocenteschi di varia tipologia, di fo-to, di cartoline del nostro Comune, mettendole adisposizione della redazione.

In attesa d’inserire la documentazione nel pe-riodico o in altri volumi, vi offriamo un paio difoto del matrimonio di Luigi Cardazzo e LuigiaPanizzut, avvenuto nella seconda metà degli an-ni ’40.

SOPRA: Luigia e Luigi con il loro testimone di nozze, PietroRigo, nella chiesa di BudoiaSOTTO: Gli sposi tra i genitori di Luigi, Vincenzo CardazzoRoco e Luigia Stefinlongo, nel cortile della loro abitazione.

Giovani sposi degli anni ’30: Lucia Angelin Tonela eGiuseppe Ariet.Le figlie Iride e Adelina li ricordano sempre con affetto.

(Foto di proprietà di Iride e Adelina Ariet)

Un folto gruppo dichierichetti – negli anni ’40 –con il parroco don LuigiAgnolutto, sul sagrato dellaparrocchiale di Budoia.Cercatevi e trasmetteteci ivostri nomi.

( Foto di proprietà di GiuseppeLachin)

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El scarper Cesare Bocus de la Rossa di Dardago, natonel 1897.Da ragazzo imparò il mestiere del calzolaioa Santa Lucia da Luigi Gislon Thibate; quindi, si trasferìa Venezia dal noto artigiano di calzature Mancuso.Dopo un’esperienza alberghiera, ritornò in paese perriprendere il mestiere giovanile in via Cardazzo, in unristretto locale della famiglia Lachin.Le figlie lo ricordano con affetto.

(Foto di proprietà di Luciana e Amelia Bocus)

Il servizio militare: dovere del cittadino.Passati sono quei tempi quando il servizio militare venivaconsiderato «sacro dovere» al servizio della Patria(18-24 mesi) e non perdita di tempo come oggi – a tutti icosti – si vuol far apparire.Era motivo di orgoglio indossare la divisa militareed appartenere al Corpo degli Alpini dove, la maggioranzadelle «leve» delle nostre comunità ha militato in paceed in guerra.La vecchia foto (anno 1925/1926) ritrae, alla casermaCantore di Tolmezzo, seduti da sinistra:Fiori Del Maschio Mosc’ion, Giovanni Carlon (fratello diAntenore) Angelo Del Zotto (Angelin Coth), AngeloBurigana (chiamato Nano) Bastianela, tutti appartenentialla classe di ferro del 1904.I quattro alpini in piedi sono amici dei suddetti, chenon conosco.

(Testo e foto di proprietà di Ferdinando Carlon)

La guardia comunale assumeva un ruolo importante nellavita civile di un paese: la difesa del territorio.Fiscale, preciso, rispettoso della legge: era così ToniGiathinto o Toni Guardia ovvero Antonio Del Maschio.Eccolo ad un controllo di normale amministrazionein piazza a Budoia con la sua lucente e rombantemotocicletta assieme a Domenico Besa, l’allora macellaio.Erano gli anni ‘50/’60.

(Foto di proprietà di Ines Zambon Puppin e di Pietro Del Maschio)

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28Segni religiosinelle vie e nelle case

Ci è giunta la segnalazione della presenza di segni religiosinon inseriti nel censimento di una decina di anni fa. Siamo lietidi proseguire la ricerca.

TIPOLOGIA: nicchiaUBICAZIONE: Dardago,Via Rui de Col, 14PROPRIETARIO: Angelo Zambon RositICONOGRAFIA: San Giovanni BattistaEPOCA: sec. XIXAUTORE: Pietro Zambon Rosit (1861-1921)MISURE: 0,50 x 0,60 cm ca.STATO DI CONSERVAZIONE: buono

DESCRIZIONE. La piccola e raffinata nicchia racchiude una statua lapidea di San Giovanni Battistafinemente scolpita, buon esempio di arte minore.

NOTIZIE STORICHE.Testimonianze.La famiglia Rosit ha da secoli sfornato artisti del legno e della pietra. L’indimenticabile Giovannie lo stesso Angelo furono autori di cassapanche e di camere da letto, oltre che di piccole scultu-re di animali e di altri oggetti eseguite con eccezionale maestria.Pietro, invece, amava scolpire la pietra. Portano il suo nome, oltre che il segno religioso, rimastoall’esterno della casa, e la tomba di famiglia, anche le statue del Mosè e di San Pietro, poste nel-la facciata della chiesa parrocchiale. E la tradizione continua con Gianni, Riccardo e Mas similiano.INFORMATORE: Gianni Zambon RositDATA DI SCHEDATURA: 1999

TIPOLOGIA: nicchiaUBICAZIONE: Dardago, Via Rivetta, 8PROPRIETARI: Famiglia Attilio Bastianello Thisa ICONOGRAFIA: Madonna ImmacolataEPOCA: XX secolo, 1962AUTORE: Attilio Bastianello Thisa e Angelina Bocus Frith MISURE: 100 x 200 cm ca.STATO DI CONSERVAZIONE: buono

DESCRIZIONE. Edicola sacra, costruita con sassi del torrente Artugna raffigurante la grotta diLourdes.

NOTIZIE STORICHE.Testimonianze.L’opera fu costruita da Attilio Bastianello come segno di ringraziamento e devozione allaMadonna Immacolata per averlo salvato dalle conseguenze di una rovinosa caduta, avvenutasul posto di lavoro il giorno 8 dicembre 1935. Le pietre dell’Artugna, utilizzate per la costru-zione dell’edicola, furono scelte e trasportate nel cortile di casa dai figli.INFORMATRICE: Melita BastianelloDATA DI SCHEDATURA: marzo 2001

TIPOLOGIA: affrescoUBICAZIONE: Budoia, via Panizzut, 22PROPRIETARI: Giannina Signora e Mario PovoledoICONOGRAFIA: Madonna con BambinoEPOCA: XX secolo, 2000AUTORE: ignotoMISURE: 0,60 x 0,70 cm ca.STATO DI CONSERVAZIONE: ottimo

DESCRIZIONE. L’opera moderna è copia di arte rinascimentale. Dolcezza e serenità traspaionodai volti della Madre e del Bambino.

NOTIZIE STORICHE.Testimonianze.Il segno religioso, a ricordo del solenne Giubileo del 2000, fu benedetto da don Adel, nel mag-gio del 2000, dopo la recita del Santo Rosario.INFORMATORE: Mario PovoledoDATA DI SCHEDATURA: novembre 2000

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TIPOLOGIA: nicchiaUBICAZIONE: Budoia, via Colli, 9PROPRIETARIO: Rosetta e Giovanni GislonICONOGRAFIA: Gesù Bambino di PragaEPOCA: XX secolo, 1993AUTORE: proprietarioMISURE: 0,40 x 0,50 cm ca.STATO DI CONSERVAZIONE: ottimo

DESCRIZIONE. Lineare è la nicchia, protetta da vetro, illuminata e sempre adorna di fiori, che con-serva la statuetta di gesso del Bambino di Praga, unicum nel territorio.

NOTIZIE STORICHE.Testimonianze.La committente, signora Rosetta Gagliardi, particolarmente devota al Bambino Gesù di Praga,chiesta e ricevuta la grazia nel santuario ligure di Arenzano, promise di far conoscere ai budoie-si questo culto, piuttosto insolito per la nostra zona, e così fece erigere la nicchia nel muro a fron-te strada della casa dei cognati Elio e Teresina Gislon.Il sacro fu benedetto da don Alfredo, nel 1993. Il culto del Bambino di Praga si diffuse in Italianel XIX secolo, ma in Friuli pare essere retrodatato: nella parrocchia di San Giacomo di Rigolato,il culto è presente già nella seconda metà del ’700. Secondo la tradizione orale gli emigranti diRigolato salvarono da un incendio, in una chiesa di Praga, l’effige del Bambino, e la trasferiro-no in paese, la cui popolazione l’accolse con fervore ed entusiasmo. La statuetta, in parte di le-gno (busto e basamento) in parte di cera (testa, mani e mondo), era vestita secondo la tradizio-ne, e, proprio perché addobbata con abiti, l’immagine venne sostituita da una lignea secondo lerigide disposizioni ecclesiastiche.INFORMATRICE: Rosetta GagliardiDATA DI SCHEDATURA: novembre 2000

a cura della Redazione

Alcune doverose osservazioni

Ai numerosi segni di fede e di rispetto delsacro se ne contrappongono altrid’indifferenza e di abbandono o, peggio,di disprezzo.Ne sono esempi la croce de Cial de Mulin,in questi anni ripetutamente profanata,e la Cros de Spinel, attorniata daicassonetti della spazzatura.Ci si augura maggior impegno civileper la conservazione dei valori religiosie culturali del paese.

La croce sul Plan de Cial deMulin, già precedentementedanneggiata ed in seguitorestaurata, da un paiod’anni – come risulta dallafoto – è ancora bisognosa direstauro.

Arrivando dalla pianura...ecco come appare la Crosde Spinel.

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Si ringrazia la nostra lettrice

Brigida Ianna Simon per

la ricetta delle Spumiglie

Intorvìa la tóla

ButholaiIngredienti1 kg di farina 00350 g di zucchero100 g di burro10 uova (5 intere e 5 tuorli)1 bustina di lievito1 bicchierino di rhum2 fialette di vanigliaun pizzico di sale

PreparazioneSbattete le uova con lo zucchero, unite il burro te-nuto a temperatura ambiente in modo che sia cre-moso, aggiungere il rhum, le fialette di vaniglia, illievito ed un pizzico di sale. Ottenere un impastoabbastanza compatto ma non troppo sodo.Prendere quindi dei pezzetti di pasta così ottenu-ta e formare con le mani degli anelli del diame-tro di circa 7/8 cm. Disporli su una teglia da for-no precedentemente unta con del burro e infornareper 15 minuti a forno caldo a 160/170 °C.

N.B. La ricetta ci è stata fornita dalla sig.ra Anna Zava diVigonovo in occasione della locale «Sagra del Butholà edella Spumiglia».

Spumiglie (meringhe)Ingredienti4 albumi70-80 g di zucchero a velo per ogni albume1 pizzico di sale

PreparazioneMontare molto bene a neve gli albumi con un piz-zico di sale (il tutto deve diventare ben denso).

Nel numero 91 de l’Artugna (dicembre scorso) ci siamo dimenticate di ringraziare il sig. Silvestro Zambon per la suacollaborazione nell’averci gentilmente fornito la ricetta «Trippe di casa nostra».

AIDE E MELITA BASTIANELLO

Aggiungere molto lentamente lo zucchero. Imbur -rare la placca del forno oppure ungere la carta daforno. Con un cucchiaino oppure utilizzando la ta-sca di tela per dolci fare dei piccoli ciuffi ben di-stanziati uno dall’altro. Lasciare cuocere per cir-ca mezz’ora finché sono asciutti.Il forno deve essere appena tiepido (80-100 °C).Staccare dalla placca e lasciare raffreddare.

RINGRAZIAMENTI

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delle attitudini e degli interessi personali.L’organigramma dell’associazione prevede

che il presidente funga da coordinatore.C’è un ufficio di segreteria, costituito da una

segretaria (Maria Antonietta Torchetti), una cas-siera (Patrizia Bettin) e un’addetta stampa (MartaZambon). Maurizio Carlon, Andrea Del Maschio,Luigino Morson, Paolo Puiatti e Sonia Varnierformano il gruppo responsabile della gestione del-le attrezzature, dei lavori e installazioni.

Gian Pietro Fort, Pietro Donadel e MicheleGraniero si occupano della ristorazione.

La promozione turistica e ambientale è affi-data a Alessandro Baracchini e Stefano Zambon,mentre la promozione della cultura sarà compitodi Davide Fregona e Aldino Carlon.

Ruoli più specifici saranno assegnati in occa-sione di singole iniziative, tra cui la Festa deiFunghi e dell’Ambiente.

Naturalmente non si tratta di una rigida divi-sione in comparti, perché è scontato lo spirito dicollaborazione che deve stare alla base di tutte leiniziative.

Cronaca

I COMUNS DE LE ALPI AL VIA

Di turismo rurale con prospettive e concrete pos-sibilità di evoluzione si parla per tre giorni – dall’8al 10 marzo – con inizio a San Floriano di Polcenigoe prosecuzione a Comeglians, in Carnia.

Si tratta di un convegno organizzato dalla Retedi Comuni «Alleanza nelle Alpi», una realtà di col -laborazione tra comuni alpini emergente in que-sti anni, il cui precursore è proprio il nostro sin-daco, Antonio Zambon.

L’obiettivo è di promuovere lo sviluppo so-stenibile a livello comunale, dotando i Comunipartecipanti – italiani, austriaci, tedeschi, svizze-ri, slove ni – di strumenti metodologici quali l’ela -bo razione di politiche e programmi ambientali, lacostituzione di team per la realizzazione di siste-mi di ge stione e di verifica ambientale.

Il convegno vuole rappresentare non solo unmomento di sintesi del lavoro svolto, ma ancheuna riflessione di prospettiva su un possibile mo-dello di sviluppo da proporsi e sostenere nell’am-bito della programmazione comunitaria InterregIII 2001/2006.

Proprio al Comune di Budoia viene affidatol’incarico di coordinamento del progetto; inoltrela Regione Friuli Venezia Giulia lo convoca –unico comune in regione – per la partecipazionead un incontro con la Regione Lombardia per pro-grammare il futuro di Interreg.

I CONSILIERS DE LA PRO LOCO

In febbraio viene eletto il nuovo consiglio dellaPro Loco: il neo presidente è Davide Fregona, ilvice presidente Gian Pietro Fort.

Il comitato di presidenza annovera alcuni vol-ti nuovi, anche se, con lo scambio di cariche travice presidente e presidente, non ci sono parti-colari cambiamenti al vertice.

Questa scelta, appoggiata da tutto il consiglio,vuole anche indicare che il programma e gli in-tenti dell’Associazione, pur puntando ad un con-tinuo miglioramento, rimangono sostanzialmen-te fedeli alla tradizione degli anni scorsi.

A ciascun consigliere è assegnato un settorea cui dedicarsi più specificamente, in funzione

DARDAC, BUDOIA E SANTA LUTHIA

Il 30 Aprile 2000, si è svolto il Congresso NazionaleFIDAS. Le sezioni di Budoia, S. Lucia e Dardagohanno partecipato con alcuni rappresentanti alCongresso nazionale FIDAS che raggruppa le va-rie sezioni sparse in tutta Italia.

Volti femminili tra i labari dellesezioni di Donatori di Sangue.

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A PADOVA PA’ COGNOSSE GIOTTO

Nel programmare le attività del 2001 la Pro Locoritiene fondamentale il rispetto dei soliti obietti-vi, favorendo l’incontro, la sensibilizzazione cul-turale e ambientale, e la promozione turistica delterritorio, con la valorizzazione delle sue tradi-zioni e del patrimonio naturalistico.

Sotto il versante culturale, il primo appunta-mento è per il 1° aprile, in occasione della mo-stra «Giot to e il suo tempo»: alla gita aderisconootre 50 persone.

Il programma prevede l’arrivo a Este verso le9.00 per una breve sosta nella suggestiva e stori-ca cittadina; seguirà la visita al museo dei ColliEuganei di Cin to.

Il pranzo si tiene in un ristorante a Bocon diVo con la degustazione di un menù tipico dellazona. Nel pomeriggio si parte alla volta di Padova,per meglio conoscere le opere e il contesto stori-co culturale del famoso artista.

DHENT NOVA

L’andamento demografico comunale è in cresci-ta. Tante persone, scegliendo i nostri paesi per vi-vere tranquillamente, ristrutturano vecchie abita-zioni di sasso o ne acquistano di nuove.

In questi giorni i prati di via de la Madoneta,a Budoia, stanno cedendo il posto ad una nuovalottizzazione, in cui sorgeranno delle villette.

Anche nell’edificio ad uso albergo di via Bianco,rimasto incompleto negli anni ’70, riprendono ilavori, così pure lo Chalet Belvedere subisce unaradicale ristrutturazione e sarà riaperto ai primitepori primaverili.

BON SEGNO!

Candide chiazze su esili trampoli zampettano findalle prime luci dell’alba tra i campi scuri di ter-ra appena arata: sono due splendidi esemplari diairone che hanno scelto di svernare nella nostracampagna, accanto ai ruderi della ciasa mata deCarlon, attirati dal primo tepore di primavera an-ticipata. Altrettanto fece una coppia di cicogne,un paio di anni fa.

MEIO IN LIGONT CHE SULA PEDEMONTANA

Da un po’ di tempo non è tanto difficile trovarequalche cinghiale nelle nostre zone. Ci si può im-battere in qualche esemplare di questi maiali sel-vatici tra i boschi del Ligont o sulle pendici dellaBrognasa; normalmente scappano e quindi l’in-contro può anche risultare piacevole. Non così perGiampietro Sanson che i cinghiali se li è trovati sul-la Pedemontana proprio mentre transitava con lasua Saab. Nonostante la frenata, non ha potuto evi-tare di investirne uno: l’animale è morto e la mac-china è stata fortemente danneggiata. Tanta paurae tanti milioni da pagare in carrozzeria: è stato pro-prio uno spiacevole incontro.

Cantieri aperti in via Bianco eallo Chalet Belvedere in Val deCroda

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ANCIAMÒ LAVORS IN GLESIA

Continuano a ritmo serrato i lavori di risiste-mazione all’interno della chiesa di Budoia.

Grazie anche alla generosità della nostra gen-te è terminata l’imbiancatura delle sacrestie e de-gli ingressi laterali della chiesa da parte del pit-tore edile Giorgio Varnier; nella sacrestia è tornatoalla sua funzionalità il capiente ed antico arma-dio che custodisce i parametri sacri ed alcuni al-tri suppellettili (cassapanche e porte di collega-mento).

In previsione dell’inizio lavori della Casa del-la Gioventù, la seconda piccola sacrestia è stataadibita a studio del parroco, ove potrà ricevere edintrattenere la gente. Rinnovate pure la toilette,grazie alle abili mani dell’idraulico Angelin Luigiil quale, ha offerto a titolo gratuito le oltre 160ore di lavoro e sistemato gli stendardi dei vari al-tari, con nuovi fissaggi in ferro battuto.

È in fase di lavoro anche la seconda sacrestiache sarà adibita a Cappella feriale e dellaRiconciliazione (confessioni), grazie al lascito te-stamentario del prof. Signora; sarà intitolata allamemoria dei fratelli mons. Aurelio e prof. MarioSignora.

La Parrocchia desidera ringraziare non soloLuigi Angelin, ma anche Lucio Carlon Fassiner,il quale, in questi tre anni di lavoro della chiesaha gratuitamente custodito presso il dismesso opi-ficio i banchi ed altre suppellettili, Rosetta GagliardiGislon e Teresa Santarossa Gislon per la custo-dia dei parametri sacri.

In questi primi giorni di Quaresima sono statecollocate nel suo originario sito le stazioni della ViaCrucis, restaurate dalla dott.ssa Gherbezza di Udine.

M. POVOLEDO

AFDS DEL COMUN

Domenica 22 ottobre 2000 si è svolta a Dardagola tradizionale Festa del Donatore, organizzatadal la sezione AFDS di Dardago insieme alla se-zione di Budoia–S. Lucia.

Durante la messa, accompagnata dal coro diDardago, significativo è stato il dono di un pelli-cano di legno realizzato dall’amico AngeloMichelin.

Numerosa è stata come sempre la partecipa-zione della comunità, meno numerosa, purtrop-po, le presenza dei rappresentanti delle altre se-zioni della Provincia, a causa della concomitanza,di altre feste del Donatore.

W LE MASCARE

Tempo di carnevale, tempo di maschere e di di-vertimento. Sul carro e trattore addobbati, MarcelloCallegari fa salire bambini e ragazzini insieme adon Adel e a suor Albertina. Al seguito, genito-ri, nonni, parenti, simpatizzanti.

Il corteo si snoda lungo le vie di Budoia, SantaLucia e Dardago, tra le pungenti raffiche di boradegli ultimi giorni di febbraio. Complimenti al grup-po di genitori che, periodicamente, si impegna adorganizzare attività ricreative per i ragazzi.

I CANAIS IN BIBLIOTECA

La biblioteca civica «mons. Lozer» entra nel-le classi della scuola materna ed ele-mentare.

L’obiettivo della responsabile– dott.ssa Anna Puiatti – è far sco-prire agli alunni i diritti dell’in-fanzia secondo quanto stabi-l i to da l la ConvenzioneIn ter na zionale, approvatadall’ONU.

Attraverso la lettura animata di testi, i bam-bini pervengono alla realizzazione della carta deiloro bisogni. È importante acquisire, contempo-raneamente, anche la carta dei loro doveri.

Opera lignea di Angelo Michelin,raffigurante il pellicano, simbolodei donatori di sangue.

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Preghieraper nonna Attilia

Ti affidiamo, Signore, la nostra nonna At tilia,certi che tu saprai apprezzare la sua bontà e lasua generosità che la hanno resa cara a tantidurante la sua vita tra di noi.

Ti ringraziamo, nonna, per la tua disponi-bilità, per il tuo altruismo e per tutto l’amoreche ci hai donato e che conserveremo per sem-pre nei nostri cuori.

Proteggi, Signore, l’anima della nostranonna Attilia, certi che la terrai con te nel cie-lo dei buoni.

FRANCESCO, SILVIA, GIANMARCO, RICCARDO,MASSIMILIANO, DAVID, ALEXANDRA.

Parlando del più e del meno con altre si-gnore in attesa di iniziare le prove con EmanueleLachin, si criticava quella sentenza della Cortedi Cassazione che ha confermato la condanna asei mesi di reclusione per quel padre che nel1990 aveva mollato un ceffone al figlio mino-renne che aveva il vizietto di appropriarsi di de-nari non suoi.

Mi è venuto in mente che nel ’46 o ’47, quan-do avevo appunto 6 o 7 anni, mio padre mandòme e mio fratello, che ha due anni meno di me,a comprare qualcosa dal tabaccaio.

Aspettando di essere serviti, ci guardavamoin giro e notammo delle grosse caramelle rosache ci guardavano da un cestino. Caramelle co-sì non ne avevamo mai viste!

Allungai la mano e ne presi due: una ancheper il mio fratellino. Quando tornammo a casa,andammo ad imboscarci in un cortile vicino ecominciammo a mangiare la nostra caramella;ma mangia, mangia, questa caramella non fini-va mai (e fu così che scoprimmo il chewinggum). Dopo un po’ nostra madre cominciò achiamarci: Cicci... Ciccio... Mentre io tacevo,mio fratello gridò: siamo qui che mangiamo lacicca americana.

Cominciarono gli interrogatori e mio fratelloconfessò subito: la Cicci l’ha rubata dal tabaccaio!

Mio padre mi chiese con che mano l’avevorubata e, quando gli mostrai la destra, me la pic-chiò più volte. Ancora oggi non posso che rin-graziarlo per la lezione impartitami.

MARIA ANTONIETTA TORCHETTI

Pillole di saggezza

’N TE LA CASERADE VAL DE LAMA

La malga el masonil de Val de Lama furono – persecoli – luoghi di duro lavoro dei nostri antenati.

Oggi, da luglio ad ottobre, a 1108 metri di al-titudine, funziona il fogher de la casera per unospuntino agrituristico biologico e per pernotta-mento in camerata tra la quiete dei monti.

Si raggiunge a piedi e in mountain bike su unpanorama mozzafiato.

All’arrivo ci sono sdraio per l’abbronzatura,giochi da tavolo, libri a volontà e animali dome-stici e non.

È un tuffo nella natura e nelle tradizioni.

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Inno alla vita...

Gruppo di quattro generazioni:Silvia Zambon con Beatrice,Costantina Zanus Perelda,Italia Bastianello Thisa,Eliana Zambon con Manuela

Matea Bastianello con i suoigenitori, Petra e Attilio, e condon Adel, il giorno del suobattesimo.

Ornella Zambon e GiovanniCalderan, il giorno del loro50° anniversario di matrimonio

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el furlan dei me paes no l’àe dismintiàt, ància secadhò dhuti (ància i cians e i giàt) i parla pa’talian.Son un fià massa lontan, ma veve tanta guoia devegnì a fà i thinquanta ains de Messa insieme conDon Nillo. Invethe lui li fa in Paradiso e mi cadhò.E Padre Luigino Da Ros i so vintithinque al cialtde l’Africa.

I nostri paesani i è semenadi un fià dapardhut.Te ricordeto el vescovo Domenico Comin che l’erain America? El mal de lavorà l’avon in tel sanc.Dhute le piere de le nostre ciase vecie le vigneva dala Val Granda, portade co sguoitha e carete.

Ma son boni de pensà ancia a chéi altres. Iconta che dopo el teremoto del 1976 da nealtre,le vegnùt ancia in Campania e i nostri i é dhudhia dà una man. Co i à tiràt fora un da sote la so cia-sa, l’avéa bisoin de trasfusion. Un furlan al à ofer-to el soo, ma el malàt el disèa: «No, no lo vuòe»«Parché?» l’à domandàt el dotor.

«Lui ‘l à el lavoro in tel sac e dopo me tòcialavorà ància mi». Elo soltanto barzeleta?

Basta liedhe i giornai de’ sti mesi che i dhische al Sud al è la disocupathiòn e al Nord màn-cia i operai. Proprio vero chel che diséva Cavour:«Al è fata l’Italia. Adhes bisogna fà i Italians!».(ma pense: no i Furlans!)

P. RITO L. COSMO

Porcari (Lucca) 22 gennaio 2001

Cara la me Artugna,I pan e vin no sae se i li fa ancia adès.

La sera prima de la Befana, co le ciane de sar-turc se fea dei pan e vins e se li impithava parchèi Re Magi i vedés la strada par dhì a Betleme.Ogni contrada la fea el sio e dopo thena se se cia-tava insieme, se dea fuoc e se ciantava: «Pan evin! Che Dio ne mande del pan e del vin!»

Ancia un momento de alegria l’avea la so de-vothiòn.

P. RITO L. COSMO

Caro Padre Rito,grazie delle belle parole e della sua costante col-laborazione. Congratulazione per i suoi 50 annidi messa. Che bello sarebbe stato festeggiarli in-sieme a don Nillo! Ma «l’uomo propone e il Signoredispone».

I panevin bruciano ancora la sera del 5 gen-naio, ma l’atmosfera non è più quella che lei ri-corda. Si vuol salvaguardare la tradizione, ma sidimentica la devozione.

Florida, 22 febbraio 2001

Carissimi, proprio oggi ho ricevuto la vostra bel-la rivista. È fatta molto bene e mi devo congra-tulare con voi tutti. È un bel lavoro sono cose checi mantengono attaccati alle radici.

Pregate per noi tutti, frati che lavoriamo qui.A luglio, probabilmente, avremo con noi quattrosuore che lavoreranno nella scuola cattolica e nel-la parrocchia.

Ciao a tutti.P. ANTONIO FORTUNATO

Caro Padre Antonio, siamo contenti che abbiaapprezzato l’Artugna. Si fa quel che si può! Abbiamoappreso dal vostro notiziario delle molte iniziati-ve della parrocchia della Tran sfi gu ra zione. Pensoche anche noi dobbiamo imparare molte cose.Complimenti e… avanti sempre col Si gnore.

I ne à scrit

Porcari (Lucca) 22 gennaio 2001

Cara l’Artugna,te so propio brava a core drio ai to furlans, che iva in giro pa ’l mondo, ància se un fià manco de‘na vólta, parchè i é un fià de manco e parchè i staun fià miéi dei nostre veci intor al fogher.

I era tant puoreti, che me nona cuerdheva lebronthe co la thenisa pa sparagnà i fuminanti a im-pithà el fuoc. I postins i te porta ancia in Toscana,vithin a Lucca, un là che stae adhés.

Co te védhe, te liédhe dhut de un flat, perché

Granada, 10 marzo 2001

Carissimi lettori e collaboratori, un caloroso sa-luto unito ai miei più sinceri auguri di BuonaPasqua. Un saluto al Signor Parroco.

DON ITALICO GEROMETTA

Carissimo Don Italico, siamo lieti di avere suenotizie e di apprendere che l’Artugna alberga neisuoi pensieri. La ringraziamo e ricambiamo au-guri cordiali di Buona Pasqua.

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Jamaica - Montego Bay, 24 febbraio 2001

Spett. Redazione, ho ricevuto in data odierna l'ultimo periodico

de l'Artugna e ve ne sono molto riconoscente perla Vs. pronta spedizione, anche se in effetti ci so-no voluti due mesi prima che raggiungesse que-sta spettacolare isola Caraibica piena di verde edattorniata da un mare cristallino che io ammirodalla veranda dove abito, in collina. Qui fa caldotutto l'anno e quindi non ho bisogno di accende-re di sicuro stufe, o tantomeno di fasciarmi conpellicce, sciarpe ecc.

Non ho certo bisogno di spiegarVi cosa fac-cio in questa isola, anche perché sarete di certoinformati da mia mamma o da mio fratello Marioche ringrazio loro di cuore per avermi abbonatoa l'Artu gna.

Il periodico l’Artugna è pieno di culture vec-chie e nuove tutte da scoprire così mi è bastatoaprire la busta ed in una sola e pacifica ora sonoriuscita a divorarla. Aspettando il prossimo nu-mero, Vi invio i miei più cari saluti ed una feli-ce Pasqua anche se chiaramente molto anticipa-ta a tutta la Redazione.

ManteneteVi sempre così attivi. Ciao a tutti dal caldo della Jamaica......!

DIANA POVOLEDO

Cologno Monzese, 17 marzo 2001

Tanti cari saluti a tutti voi della redazione del'Artugna, colgo l'occasione di questo nuovo mez-zo per segnalarvi la nascita della mia seconda fi-glia, di nome Marzia.

Vi faccio tanti auguri di buon lavoro e antici-patamente, di buona Pasqua.

MONICA VETTOR E MAURO PENNA

Mogliano Veneto, 10 marzo 2001

Diego Patron e Ivana Basso annunciano con gioiala laurea in Lettere e Filosofia della loro figliaLara all’Università Ca’ Foscari di Venezia.

DAI CONTI CORRENTI

Per l’Artugna 2001 con gli auguri più sinceriMARIA ANGELIN – TRIESTE

I più fervidi e sinceri auguri a tutta la comunitàe alla redazione de l’Artugna.

SILVANA ZAMBON – ROMA

Tanti Auguri per 2001. Avanti! Via, nel nome delSignore.

ALFEO MARIN CEP – MESTRE

Buon lavoro per il 2001!ANNA JANNA – MILANO

Un bravo a tutta la redazione de l’Artugna. Auguri.LUCIANO BESA – BOLOGNA

Auguri di buon lavoro e cordiali saluti.MARIO AGOSTI – REGGIO EMILIA

Saluti e auguri.AURELIO ZAMBON – MILANO

Auguri di buon lavoro a tutta la Redazione.DONATELLA ANGELIN – MILANO

Saluti e auguri a tutti.GIOVANNINA ZAMBON – BROZOLO (TO)

Buon anno a l’Artugna il torrente della mia infan zia.PIETRO COVRE – TRIESTE

Cordiali saluti.ANGELO E GIUSEPPE ZAMBON – VERONA

Buon lavoro e complimenti per la rivista: è pro -prio bella.

NADIA MARAVIGNA – MONZA

Buon 2001 a tutti.BRUNO GAGLIARDI – VENEZIA LIDO

Con un cordiale augurio per il vostro am mire -vole lavoro!

GIOVANNI ZAMBON – VENEZIA

Grazie per l’Artugna!PALMIRO DE MAIO – BUDOIA

Il mio contributo per l’Artugna. Buon prose gui -men to!

MARIA LILLIANA PATRON DEL MASCHIO – TREVISO

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BilancioSituazione economica del periodico l’Artugna

Periodico n. 91 entrateuscite

Costo per la realizzazione+sito Web 7.300.000Spedizioni e varie 901.000Entrate dal 12/12/2000 al 13/3/2001 6.764.000

Totali 6.764.0008.201.000

Differenza 1.437.000

Palsa

Gli occhi dell’anima

Due uomini, entrambi gravemente ammalati, occu-pavano la stessa stanza d’ospedale. Uno dei due do-veva sedersi sul letto un’ora al giorno durante il po-meriggio per respirare meglio. Il suo letto si trovavadi fianco all’unica finestra della stanza.

L’altro uomo era costretto a passare supino le suegiornate. I due compagni di sventura si parlavano perore. Parlavano delle loro mogli, delle loro famiglie,descrivevano le loro case, il loro lavoro, la loro espe-rienza al servizio militare ed i luoghi dov’erano sta-ti in vacanza. Ed ogni pomeriggio, allorché l’uomonel letto vicino alla finestra si poteva sedere, passa-va il tempo a descrivere al suo compagno di stanzatutto quello che vedeva fuori. L’uomo nell’altro let-to cominciò a vivere nient’altro che per questi pe-riodi di un’ora, durante i quali il suo mondo si apri-va. Dalla camera, la vista dava su di un parco con unbel lago. Le anatre ed i cigni giocavano nell’acqua,mentre i bambini facevano navigare i loro modelli dibattelli in scala. Gli innamorati camminavano a brac-cetto in mezzo a fiori dai colori dell’arco baleno.

Degli alberi secolari decoravano il paesaggio e sipoteva intravedere in lontananza la città profilarsi.Mentre l’uomo alla finestra descriveva questi detta-gli, l’altro chiudeva gli occhi e si immaginava le sce-ne pittoresche.

Durante un pomeriggio, l’uomo alla finestra de-scrisse una parata che passava lì davanti.

Sebbene l’altro uomo non avesse potuto udirel’orchestra, riuscì a vederla con gli occhi della pro-pria immaginazione, talmente il suo compagno la de-scrisse nei minimi dettagli. I giorni e le settimanepassarono. Una mattina, l’infermiera trovò il corpoesanime dell’uomo vicino alla finestra, palesementemorto nel sonno. Rattristata, chiamò gli addetti allacamera mortuaria perché venissero a ritirare il cor-po. Non appena sentì che il momento fosse più ap-propriato, l’altro uomo chiese se poteva essere spo-stato in prossimità della finestra. L’infermiera, felicedi potergli accordare questo favore, si assicurò delsuo comfort e lo lasciò solo. Lentamente, sofferen-te, l’uomo si sollevò un poco, appoggiandosi su unsostegno, per gettare un primo colpo d’occhio all’ester-no. Finalmente, avrebbe avuto la gioia di vedere luistesso quanto il suo amico gli aveva descritto.

Si allungò per girarsi lentamente verso la finestravicina al letto... e tutto ciò che vide fu un muro!

L’uomo domandò all’infermiera perché il suocompagno di stanza gli avesse dipinto tutta un’altrarealtà. L’infermiera rispose che quell’uomo era cie-co e che non poteva nemmeno vedere il muro. «Forseha solamente voluto incoraggiarvi», commentò.

ROBERTA

Alla ricerca della luce

Auguri di Buona Pasqua!

«Alla ricerca della luce». Questo è il titolo del bozzetto che il darda-ghese Ruggero Zambon – da anni residente in Svizzera – ci ha invia-to per porgere a tutti i lettori de l’Artugna gli auguri per la SantaPasqua d’inizio millennio.L’autore esprime il profondo desiderio dell’uomo di elevarsi dalle te-nebre alla ricerca della Vera Luce divina.

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NasciteBenvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di:

Ettore Ansilio di Angelo e Manuela Zambon–Mestre/VeneziaNicolò Zambon di Paolo e Anna Maria Re – MilanoMatea Bastianello di Attilio e Petra Pavic – MilanoSara Puiatti di Armando e Erica Gandin – Sacile/PordenoneRocco Carlon Targa di Oscar e Tiziana Carlon – PadovaGreta Carlon di Diego e Isabella Bariani – VeneziaMarzia Penna di Mauro e Monica Vettor – ColognoMonzese/MiAshley Cari di Mauro e Anita Hudorovic – S.LuciaIvan Kahol di Nabil Khalil e Francesca Callegari – BudoiaMaraja Bottecchia di Ivan e Annarita Calderan – DardagoAlessandro Quaia di Vanni e Cora Carlon – BudoiaDavid Andreazza di Massimo e Salima De Re – BudoiaMaria Dorigo di Lucio e Cristina Sempere Montes – DardagoLisa Bosser di Dario e Silvana Pagnucco – DardagoAlessandra Greco di Filippo e Letizia Gallo – BudoiaRoberto Palmieri di Massimiliano e di Sabrina Bonanno –S. LuciaMarco Turri di Sandro e Lorella Varnier – Verona

DefuntiRiposano nella pace di Cristo:condoglianze ai famigliari di…

Renato Zambon di anni 42 – MilanoEzio Bastianello di anni 53 – MilanoFausta Janna di anni 80 – DardagoGina Grigoletto di anni 81 – AvianoLuigia De Lorenzo di anni 79 – BudoiaLiberale Carlon di anni 91 – Budoiadon Nillo Carniel di anni 74 – S. LuciaAttilia Busetti di anni 78 – DardagoFelice Bernardis di anni 77 – BudoiaEmilio Basso di anni 92 – DardagoOrsolina Menegoz Ursol di anni 92 – DardagoBruno Zambon di anni 70 – DardagoMaria Zambon di anni 79 – CastelfrancoMario Cecchin di anni 77 – TarquiniaBruna Redolfi De Zan di anni 71 – AvianoEdoardo Zambon di anni 66 – InghilterraTeresa Zanus Michiei di anni 82 – Castel d’AvianoCesare Mario Burigana di anni 67 – Samoggia/SondrioSanta Del Maschio di anni 88 – DardagoTullio Besa di anni 51 – Sarcedo/VicenzaIolanda De Zan di anni 87 – AvianoLuigi Carazzina di anni 70 – BudoiaAntonio Zambon di anni 81 – DardagoLuigia De Lorenzo di anni 79 – BudoiaPaolo Biscontin di anni 75 – BudoiaPietro Ianna di anni 73 – Dardago

MatrimoniHanno unito il loro amore: felicitazioni a…

Ottaviano Conzato con Antonella Maccioccu – DardagoMckinley Lamont Taylor con Lucia Marinai – S.LuciaStefano Cozzi e Sandra Dotta – Dardago

*Nozze d’oroGiovanni Calderan e Ornella Zambon – Dardago

I nominativi pubblicati sonopervenuti in Redazione entro il 22 marzo 2001. Chi desidera usufruire di questarubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni primadell’uscita del periodico.

Avvenimenti

Lauree Complimenti...

Francesco Busetti – Chimica Industriale – Scorzè/VeneziaLaura Patron – Lettere e Filosofia – Mogliano VenetoAndrea Zorzetto – Economia e Commercio/Sacile

IMPORTANTEGiungono talvolta lamenteleper omissioni di nominativinella rubrica Avvenimenti.Ricordiamo che la nostrafonte di informazioni sonoi registri dell’Anagrafecomunale. Pertanto, chi èinteressato a pubblicarenominativi relativi adavvenimenti fuori Comuneo relativi a particolariricorrenze (nascite, nozzed’argento, d’oro, risultatiscolastici, ecc.) è pregato dicomunicarli alla Redazione.

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Farfalla · Melitaea PhoebeFoto di Sergio Vaccher - Pordenone

Canon Eos 1V obb. 180m f 3,5 Velvia

È ormai noto che le farfalle sono indis -solubilmente legate al mondo della natura eche ne rivelano i diversi mutamenti. Losviluppo della farfalla è tra i più complessi chein natura si conosca, infatti il primo stadio èrappresentato dalle uova che possono essere diforme diverse, alla schiusa si formano le larvechiamate anche bruchi che per nutrirsiscelgono pian te ben precise. L’ultima fase èchiamata muta durante la quale il bruco restaapparentemente immobile, però in realtà al suointerno avvengono profondi processi di tra -sfor mazione che porteranno alla nascita del lafarfalla adulta, che si ciba posandosi sui fiori.

�Associazione Fotografi Naturalisti Italiani

Sezione FriuliVia della Liberazione, 6 · 33070 Budoia /Pn

Tel. 0434/654322