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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXI Dicembre 2002 Numero 97 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXI Dicembre 2002 Numero 97 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa LuciaAnno XXXI Dicembre 2002 Numero 97

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In copertina. Dardago, località Mulin de Bronte, tramonto invernalevisto dall’Artugna.

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Natale è la festa della famiglia, nucleo essenzia-le della società. Nelle famiglie nascono, cresco-no, vengono educati i figli che saranno il futurodella società. Essere genitori e educatori dei pro-pri figli è difficile ed affascinante allo stesso tempo.

Nel libro del cardinal Carlo Maria Martini Set te dialoghi con Ambrogio, Vescovo di Milanotroviamo questo breve brano sull’educazione deifigli. Sono parole di quasi 1700 anni fa, valide an-cor oggi perché la saggezza non ha età.

Le proponiamo come strenna ed augurio.L’educazione dei figli è impresa per adulti di-

sposti a una dedizione che dimentica se stessa: nesono capaci marito e moglie che si amano abba-stanza da non mendicare altrove l’affetto neces-sario. Il bene dei figli sarà quello che sceglie-ranno: non sognate per loro i vostri desideri.Basterà che sappiano amare il bene e guardarsidal male e che abbiano in orrore la menzogna.

Non pretendete dunque di disegnare il loro fu-turo: siate fieri piuttosto che vadano incontro aldomani con slancio, anche quando sembrerà chesi dimentichino di voi. Non incoraggiate ingenuefantasie di grandezza, ma se Dio li chiama a qual-cosa di bello e di grande non siate voi la zavor-ra che impedisce loro di volare.

Non arrogatevi il diritto di prendere decisio-ni al loro posto, ma aiutateli a capire che deci-dere bisogna e non si spaventino se ciò che ama-no richiede fatica e fa qualche volta soffrire: èpiù insopportabile una vita vissuta per niente.

Più dei vostri consigli li aiuterà la stima chehanno di voi e che voi avete di loro; più di milleraccomandazioni soffocanti, saranno aiutati dai ge-sti che videro in casa: gli affetti semplici, certi edespressi con pudore, la stima vicendevole, il sensodella misura, il dominio della passione, il gusto perle cose belle e l’arte, la forza anche di sorridere.

E tutti i discorsi sulla carità non mi insegne-ranno di più del gesto di mia madre che fa postoin casa per un vagabondo affamato, e non trovogesto migliore per dire la fierezza di essere uo-mo di quando mio padre si fece avanti a prende-re le difese di un uomo ingiustamente accusato.

I vostri figli abitino la vostra casa con quel sa-no trovarsi bene che ti mette a tuo agio e ti incorag -gia anche ad uscire di casa, perché ti mette den-tro la fiducia in Dio e il gusto di vivere bene.[S. Ambro gio, Vescovo di Milano, IV secolo dopo Cristo]

ROBERTO ZAMBON

SSoommmmaarriioo

in questo numero...

Direzione, Redazione,AmministrazioneTel. 0434/654033C.C.P. 11716594

Internet:http://www.naonis.com/artugna

E-Mail: [email protected]

Direttore responsabileRoberto ZambonTel. 0434/654616

Per la redazioneVittorina Carlon

ImpaginazioneVittorio Janna

Ed inoltre hanno collaborato Melita Bastianello, EnnioCarlon, Espedito Zambon,Adelaide Bastianello,Bruna Fabbro.Autorizzazione del Tribunale di PN n. 89 del 13-4-73Spedizione in abbonamentopostale. Art. 2, comma 20,lettera C, legge n. 662/96.Filiale di Pordenone.Stampa Arti Grafiche RismaRoveredo in Piano/PnTutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione di qualsiasi parte del periodico,foto incluse, senza il consenso scritto della redazione, degli autori e dei proprietari del materiale iconografico.

Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago,Budoia e Santa Lucia (PN)

Natale, festa della famiglia

2 Natale, festa della famigliadi Roberto Zambon

3 La lettera del Plevandi don Adel Nasr

4 Umberto Sanson, amico e maestrodi MGB. Altàn, di Mario Cosmo, di Pier Carlo Begotti, di Dani Pagnucco, di Elvia Moro Appi

7 Dono e Mistero - Festa per don Adeldi Walter Arzaretti, di mons. Giuseppe Romanin

9 Budoia-Pompei per mons. Aurelio Signoradi Mario Povoledo, di mons. Domenico Sorrentino

11 Scloss, iserte e fiaschi de vindi Anna Pinal

12 Scelta non marginaledi Antonio Zambon, di Alberto Del Maschio

13 Visita al Quirinale tra sogno e realtàdi Raffaella Del Maschio

14 El dì de le nothedi Adelaide Bastianello

16 Grandi valori da difenderedi Cellia Ontelus Boro

18 Chei de Morealdi Vittorina Carlon

20 Danza di voci per il 25°di Giorgia, Chiara, Laura, Sara, Luisa e Fabrizio

22 ’N te la vetrina

23 Intorvìa la tólaa cura di Adelaide e Melita Bastianello

24 Cronaca

32 Lasciano un grande vuoto...

34 Inno alla vita...

35 I ne à scrit

37 Dalla missione di San Carlos in Boliviadi Pietro Janna

38 Bilancio, Auguri e Programma

39 Avvenimenti

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«Salve, o piena di grazia, Madre di Dio e Vergine,poiché da te spuntò il sole di giustizia,

Cristo Dio nostro,ad illuminare coloro che sono nelle tenebre»

da PREGHIERE BIZANTINE ALLA MADRE DI DIO

Questo Natale abbiamo bisogno di rifugiarci sot-to il manto di Maria Madre di Dio. Sono succes-se e stanno capitando tante cose nella nostra so-cietà e di conseguenza nella nostra vita. Abbiamobisogno di riscoprire la nostra identità e le nostreradici.

Ci sono cambiamenti veloci sembra che l’uo-mo voglia fare da solo, ma il tempo dà un inse-gnamento preciso. L’uomo, se vuole praticare lagiustizia, deve non dimenticare la luce di Dio chesolo Gesù può dare. Il mondo musulmano ci de-finisce come infedeli e pagani impuri e immora-li. Non so se hanno completamente ragione, maso che non hanno completamente torto. Certo lo-ro non sono meglio, perché nel nome di una reli-gione fanno tante azioni altrettanto immorali e in-giuste.

Però voglio pensare a noi. La mia preoccupa-zione e la mia sofferenza aumentano pensando aduna società bimillenaria di cristianesimo che aconclusione ha scelto la cultura della morte e nondella vita, della ingiustizia e non della giustizia,della guerra e non della pace, della vendetta e nondel perdono, del male e non del bene. E purtrop-po le scelte sono molto mascherate e sono bentruccate e legalizzate da un codice di diritto chenon riesco a chiamarlo civile, perché molto inci-vile e contro natura.

Povero Gesù, un’espressione molto amata asanta Gemma Galgani, giovane di Lucca. QuelPovero Gesù venuto nella nostra carne, nella no-stra natura umana per dare splendore, ma adessofacciamo di tutto per vivere nel buio della notte.

Spero, in questo Natale, che tutti noi tornia-mo alla Lu ce, a convertire i nostri costumi e abi-tudini per una vita più autentica e santa.

Colgo l’occasione per ringraziare le comunitàdi Budoia e Dardago, le sue varie associazioni, iconsigli pastorali ed Affari economici e i cori perl’affetto manifestatomi per il mio decimo anni-versario di sacerdozio.

A tutti e specialmente ai malati, agli anzianie a quelli che stanno nella solitudine, auguro unsanto Natale e felice Anno Nuovo.

Il vostro sacerdote DON ADEL NASR

La lettera del Plevan

Riscopriamo una vecchia tradizioneIl madoSu iniziativa della Redazione de l’Artugna questo Natale vede il ritorno di unavecchia tradizione, cessata ai tempi dell’ultima guerra: il mado.Forse non tutti sanno cos’era il mado; anzi abbiamo ragione di ritenere che ormaisolo pochi anziani si ricordino di tale tradizione. Per spiegarvelo prendiamo spun-to da quanto scritto dal compianto Umberto Sanson, nel numero 36 de l’Artugnadi 21 anni fa.

Piccola cronistoria«È probabile che la tradizione del mado abbia effettivamente avuto origine aDardago e sia passata più tardi a Budoia e Santa Lucia dove è meno ricordata.Il mado era un ramo di sempreverde o una piccola pianta di ginepro, più raramentedi pino o alloro; era alto da uno a due metri e veniva sistemato in un cesto zavor-rato sul fondo da pietre ricoperte di muschio.Il mado era preperato dalle singole famiglie e veniva portato in chiesa la vigiliadell’Epifania per la cerimonia della benedithiòn dei pons. In questo rito si portava anche acqua, sale, cipolle e aglio. Per la chiesa è la«Benedictio aquae in vigilia vel festo Epiphaniae homini» e ancor oggi in tale oc-casione, il sacerdote passa a benedire i fedeli e ciò che hanno portato con loro. Leragazze avevano il compito di allestire il mado appendendo ai suoi rami: mele,arance, carrube, arachidi, noci, castagne secche ed immagini sacre. Dalla punta,dove veniva legata una vistosa ciocca, venivano fatti scendere fili di lana colora-ta e nastri di vario colore che molto spesso erano gli stessi di cui le spose si era-no ornate.Per dare più colore spesso vi si appendevano frangiati fazzoletti dalle vivaci tin-te che le donne usavano mettere sulle spalle. Portati in chiesa i madi venivano col-locati lungo la corsia centrale della chiesa ed il sacerdote passava per benedirli(ultimamente a Dardago i madi non erano più di una dozzina). Terminata la ceri-monia si portava tutto a casa. Alcuni madivenivano utilizzati nelle contrade peril «Pan e Vin», si usava mangiareuna mela al rientro a casa mentrele altre venivano tenute per SanBiagio».

I madi di quest’annoA differenza del passato, i nuo-vi madi, preparati da alcuni in-caricati, rappresentano le vie diDardago e vengono portati inchiesa, posizionati lungo la na-vata centrale, non alla vigiliadell’Epifania, ma la notte di Na -tale e lasciati per tutte le feste na-talizie. Questo sarà un ulterioremodo per adornare la chiesa, masoprattutto sarà una strada nuo-va da percorrere per sentirsi co-munità, stretti e presenti vicinoal presepio. Se l’esperimento diquest’anno sarà soddisfacente,potrà essere esteso anche nelleparrocchie di Budoia e di SantaLucia il prossimo Natale.

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L’amico Umberto SansonTra il mistero della vita e della morte v’è sempreun senso di incredulità; più ti è vicino e meno cicredi.

Vedevo Umberto, il «maestro» discreto, di-stinto, pieno di interessi, affascinato dal mondo«suo», piccolo, armonioso della «sua» Budoja, delsuo Polcenigo, delle «sue» puntate ad Aviano. Iltutto al centro delle «sue», montagne spalancatenel cielo appoggiato al verde dei picchi contro lenuvole.

Il «suo» Mezzomonte: paesino silente dalle at-trattive arcane, verso il quale andarci sul quel trattù-ro, sin a poco tempo fa, era un'avventura. Il regnodei Mezzarobba. Paesino silente annegato tra i pra-ti ed i sassi a raccontare una storia di stenti, trava-glio esistenziale impossibile nascondente una in-troversa, elementare poesia, fatta di dialoghiinespressi tra lui, il «maestro» Umberto ed il suomondo.

Egli sapeva tutto e di tutti. Insegnante impa-reggiabile e falsamente severo esternava il suo amo-re composto, fatto più che di parole, di sguardi elo-quenti, lapidari. Era l'espressione di una signorilitàsquisita, dal gestire parco, dall'eloquio stringato.

Il suo mondo, il suo piccolo mondo: la fami-glia, Budoja, il Friuli. E il mondo suo nel miraco-lo di una cultura polivalente, profonda, dispiegata.

Di questo mondo egli sapeva tutto, stimolato,com’era da un interesse filiale verso i suoi sassi, isuoi sentieri, la conoscenza di funghi, fiori: tuttoil popolo animato ed inanimato dei suoi monti.

L’assoluta, paziente ricerca delle sudate carte:

la storia, la toponomastica, le tradizioni celate dal-la ritrosia di una stirpe certamente non esibizioni-sta, quasi gelosa dei propri sentimenti. Una poeti-cità introversa che si rivelava come un miracololancinante e doloroso.

La serie delle sue pubblicazioni; veramente ma-gistrali dati gli arcaismi inesplorati. Un piccolouniverso folgoramentemente rivelato, dagli oriz-zonti insperati.

Il lento progredire dei suoi anni operosi, cir-condato dalla sua affettuosissima famiglia che ama-va ed era riamato. La signora, i suoi figlioli, il lo-ro impagabile «pater familias». – Per Budoja, e

Umberto Sanson, amico e maestro

I maestri Armando Del Maschio, Vincenzo Besa e Umberto Sanson, tre significative figure di cittadini, di educatori e di amministratori, trascorsero buona parte della loro vita lavorativa gomito a gomito nelle scuoledei nostri tre paesi.Con le scomparse dei maestri Cencio e Berto, avvenute nel giro di un paio di mesi l’una dall’altra – anticipata alcuni anni fa da quella del coscritto Armando – si chiude una ricca pagina di storia locale.Li ricordiamo con affetto per aver istruito generazioni di budoiesi fino agli anni ‘70, condividendo insieme anchei primi anni dell’innovativa esperienza della scuola a tempo pieno.Cencio, fu l’ultimo maestro ad insegnare con competenza i canti patriottici che tanto amava, da dedicare aiCaduti in guerra, davanti alle lapidi, in occasione dei momenti «forti» della patria, il 4 novembre e il 24 maggio.Armando si era ben inserito nella scuola a tempo pieno, incaricandosi di insegnare una lingua straniera, iniziativa che qualcuno dall’alto delle cariche ministeriali – oggi – tenta di far credere innovativa.Di Berto, invece, ricordiamo la passione per tutto ciò che era «locale», dalla parlata alle tradizioni, dalla storia alle «sue» montagne, senza mai scordare i suoi anni giovanili in laguna e le sue imprese belliche in zona di confine.Di seguito commemoriamo la figura del maestro Berto e nel prossimo numero quella del maestro Cencio.

LA REDAZIONE

Sopra. Il maestro Sanson con il sindaco Antonio Zambon, in occasione della presentazione del libro «La toponomastica del Comune di Budoia».

Sotto. Anno scolastico 1977-78.Sanson con la collega Gilda Moro e i ragazzi di classe quinta.

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non solo, ma lungo tutta le «sue» Prealpi Carniche,conosceva ed era conosciuto assieme ai «SacriPadri» di Udin. –

Mancherà, e non solo a me il «maestro» Umberto.Son sempre i migliori che se ne vanno. Una ca-sa, la piazza di Budoja, son un poco più vuote.Mancherà al Friuli che perde un impareggiabile in-terprete della gente del Friuli occidentale.

MGB. ALTÀN

* * *

Berto è stato vicino per una vita alla mia fami-glia. Collega della mia mamma Luciana, ha con-diviso con lei molte esperienze scolastiche nellequali ha espresso il suo alto senso del dovere; lastima e l’amicizia sono continuate anche nel cre-puscolo della vita e con commozione ricordo an-cora l’omaggio floreale per i 90 anni della miamamma.

L’amore per i nostri paesi e la loro storia hacementato il mio sodalizio con Berto e MarioAltàn.

Il primo episodio significativo che mi vienein mente è la collaborazione per le celebrazionidel millenario di Polcenigo nel 1973.

Sono seguite numerosissime occasioni nellequali ho potuto godere della sua signorile amici-zia e della sua profonda, e non ostentata, scienza.

Or non è molto gli ho portato, a casa, l’ulti-mo nostro libro su Polcenigo. Ci siamo lasciaticommossi: entrambi sapevamo che era l’ultimavolta. A rivederci amico Berto!

MARIO COSMO

Cun Gjò, mestri Berto!Nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, cisono persone che diventano riferimenti impor-tanti, a volte fondamentali, una certezza, una si-curezza per gli altri. E non per superbia, abuso ovolontà di sopraffazione: al contrario, è perchésanno mettere a frutto con umiltà e consapevo-lezza le possibilità e le capacità ricevute, i talen-ti di cui parlano i Vangeli. Così è stato ed è ancheper la grande famiglia della Società FilologicaFriulana: di generazione in generazione, alcunisuoi figli diventano padri e madri e segnano la viache viene percorsa poi da coloro che li seguono eche, come è capitato a un gruppo di noi un annoe mezzo fa, ne assumono la guida. Alcuni di que-sti nostri padri e madri hanno varcato la soglia del-la Casa del Padre: da Renato Appi ad Andreina

Nicoloso Ciceri a Manlio Michelutti, per giunge-re – è cronaca dolorosa degli ultimi mesi – a RiedoPuppo, a Tito Miotti, a mons. Aldo Moretti, a NelsoTracanelli. E, ora, al maestro Umberto Sanson. Cisono tanti titoli con cui potremmo ricordarlo: con-sigliere, cavaliere, ufficiale... Ma nel momento incui lasciamo questa terra e tutti i suoi onori, con-tano solo la fede e le opere: e, dunque, la parola«maestro» è quella che rende meglio di tutte la fe-de e le opere di Umberto Sanson. Perché fu mae-stro di scuola, ma fu maestro in famiglia, nellaFilologica, nella comunità, nella redazione e nel-la famiglia de l’Artugna, nelle associazioni di cuipiù volte fu l’anima o l’intelligenza.

Maestro non è solo colui che comunica no-zioni: è colui che trasmette insegnamenti, consi-gli, esperienze, i fondamenti della cultura, i va-lori. Maestro è colui che valorizza la cultura e lafa amare agli allievi come ai famigliari e agli ami-ci, ai lettori, a coloro che ricercano le testimo-nianze, le forme del vivere, le vicende del passa-to, le tradizioni. Maestro è colui che – acquisitila conoscenza e il sapere – non li tiene per sé, mali condivide con gli altri.

E il maestro Umberto Sanson conosceva be-nissimo la sua patria, la sua regione, la sua co-munità, il suo territorio, il suo ambiente: che nonè solo ciò che la natura ha forgiato nei millenni,ma è soprattutto ciò che è derivato dal rapportoormai lunghissimo degli esseri umani con la na-tura. Rispetto, valorizzazione, sviluppo: chi amala natura, chi ama il Creato, non può che amaregli esseri umani, le loro fatiche, le loro speranze,le loro realizzazioni.

Il nostro caro Umberto ha indagato a fondoquesti aspetti, lasciando a noi un’eredità immen-sa: che è fatta soprattutto del rispetto per tutte lerealizzazioni, siano esse i monumenti e le opered’arte, la letteratura dei grandi autori, la bellez-za delle lettere classiche ovvero le malghe e i fie-nili, l’odore dell’erba tagliata sui pendii dellamontagna, le voci dei dialetti o il fascino dei no-mi dei luoghi.

Numerosi scritti trasmettono il frutto delle sue ricerche e del suo sapere: altro ancora, mol-to altro ancora, è invece stato trasmesso dalla suaparola, dalla sua vicinanza, da ciò che pensava eche diceva ai famigliari, agli amici, ai conoscen-ti. È sempre stato un grande piacere conversarecon lui, ascoltare la sua voce, le sue parole, i suoiideali. Si poteva essere o no d’accordo con lui:contavano però sempre il livello della conversa-

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zione e della discussione, il rispetto. Sono valo-ri immensi, quelli che ci ha lasciato, e che noivorremmo fossero accolti come guida dei nostripassi e dei nostri pensieri.

Per questo, la grande famiglia della Filologica,la famiglia de l’Artugna e le altre comunità di cuiil maestro Sanson ha condiviso il percorso, nonpossono che abbracciare caldamente la famigliasua, quella dei legami di sangue, degli amori edegli affetti.

Cun Gjò e mandi, mestri Berto!PIER CARLO BEGOTTI

Mandi, Mestri!«Mandi, Mestri» erano le parole con cui rivolge-vo sempre il saluto cordiale e di rispetto a UmbertoSanson. Molti anni dopo averlo conosciuto ed es-sere riuscito ad entrare in vera confidenza e, so-lo alcune volte, aggiungevo «Berto».

Attaccato all’insegnamento nelle scuole ele-mentari aveva dedicato il suo sapere e la pazien-za, affinché le cose che conosceva venissero tra-smesse ai ragazzi senza alcuna riserva e nel pienodell’entusiasmo.

Cultore della sua Budoia e del Friuli parteci-pava come un allievo attento alle lezioni dei gran-di studiosi che hanno valorizzato, con le loro mol-teplici discipline, la nostra regione nell’ultimaparte del secolo scorso.

Dagli insegnamenti traeva spunti per ap-profondire gli studi sulla sua terra che, pur qua-si ai confini occidentali della Regione, sentiva to-talmente e generosamente friulana.

Curava con meticolosità ed intelligenza gli in-teressi che maggiormente lo affascinavano, traquesti i funghi e la vita delle api.

Spesso dopo qualche giro in Pedemontana,trovandomi con lui, venivo omaggiato di un va-so di miele ben etichettato e di sicura provenien-za floreale. Orgoglioso del suo hobby mi decan-tava sapori e qualità del prodotto: ne serbo ancoraun piccolo vaso integro. Ha ormai qualche annoma nel colore tipico e limpido rivedo l’in-confondibile sagoma del Maestro, uomo ricurvo,carico di saggezza, coperto da cappotto ed al col-lo la lunga sciarpa.

Ricordo pure la sua passione per i funghi. Unanno, nei primi giorni dei mese di maggio, sonoarrivato a Budoia per una escursione alla ricercadi una specie particolare. Ero e sono completa-mente privo delle più elementari cognizioni del

settore; non so neanche dove cresce una specieed in quale periodo.

Mi sono «assorbito» una lezione teorica com-pleta e un’uscita nel bosco. Ricordo che andava-mo in cerca del «Tricholoma Georgii» o «fungodi San Giorgio», fungo primaverile dalla decan-tata bontà. Non l’abbiamo trovato; la colpa nonera nostra ma di tanti mascalzoni e distruttori del-la natura che arrivavano da chissà dove racco-gliendo quello che trovavano senza il minimo ri-spetto. Quel tipo di fungo a tutt’oggi non l’ho maivisto né mangiato. Ho però imparato com’è fat-to, quale sia il suo colore e quale può essere il suosapore. Berto è riuscito a trasmettermi questeinformazioni che serbo con tanta serenità.

Per il resto «caro Mestri Berto» mascalzoni edistruttori ce ne sono molti. Quelli sì li vedo!

E rovinano il felice e pacato mondo che tu haisempre sognato e auspicato.

DANI PAGNUCCO

A rivederci, maestro!Da quando lo conoscemmo – tanti anni fa, durante un’inchiesta per un riscontrosu taluni termini riguardanti la flora, lavoro per l’ASLEF su incarico del profes-sor Pellegrini – per quanto ricordo, né io né Renato ci siamo rivolti a lui con untitolo diverso.

Maestro, non per la qualifica di insegnante, ma perché la sua personalità, ilsuo modo di essere imponevano un certo stile, un certo comportamento, soprat-tutto nei rapporti con le persone con le quali, insieme a lui, si entrava in contat-to. Ricordo ancora la deferenza con la quale gli si rivolgevano i nostri informa-tori della pedemontana quando raccoglievamo il materiale per i «Racconti popolarifriulani».

Gran parte di essi ci ha lasciato cosi come ci han lasciato Renato ed ora ilmaestro Sanson. Certamente si saranno tutti ritrovati e qualcuno andrà raccon-tando le vecchie storie. A rivederci!

ELVIA MORO APPI

Spettacolo di Natale a scuola nel 1974.Il maestro Berto (primo a sinistra)con i colleghi Carmela Turchetto,Armando Del Maschio, Carlo Zoldane i bambini della scuola a tempo pienodi Budoia.(Archivio fotografico della scuola)

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«Dono e Mistero»: questo è il sacerdozio perGiovanni Paolo II, ma soprattutto la prima defini-zione è apparsa chiara durante la festa per i diecianni di messa del parroco don Adel Nasr. Al con-certo d’onore nella Pieve di Dardago da parte del-la corale locale (diretta da Fabrizio Zambon, conall’organo Alessandro Bozzer e alla tromba AugustoRighi) e alla successiva concelebrazione di rin-graziamento nella parrocchiale di Budoia, una fol-ta assemblea di fedeli ha fatto corona a un preteamato per la suo gioviale disponibilità nel mini-stero, resa più viva e condivisa grazie al sale dell’ami-cizia e a una spiritualità attinta alle origini orien-tali (i suoi natali sono libanesi). Questo particolareaccresce la dimensione del dono nella presenza didon Adel non solo in queste sue comunità, ma pres-so vari gruppi e iniziative in diocesi e oltre.

Ecco il succo del discorso gratulatorio pro-nunciato da monsignor Giuseppe Romanin, arci-prete del duomo-concattedrale San Marco inPordenone, che viene pubblicato di seguito. Diversii sacerdoti presenti, amici del festeggiato, che haricevuto il regalo di una bella casula e, dal SantoPadre, della benedizione apostolica, cui si è uni-to il vescovo Poletto.

Tra le autorità oltre al sindaco Antonio Zamboncon la giunta municipale e al comandante deiCarabinieri di Polcenigo, da sottolineare la pre-senza del primo cittadino di Frisanco, AngeloBernardon, in rappresentanza dei paesi che donAdel ha servito fino a tre anni fa e che pure con-servano di lui immutato e grato ricordo, come ipordenonesi della Parrocchia di San Marco.

WALTER ARZARETTI

Dono e MisteroFesta per don Adel

Accanto e sotto. Don Adel durante il concerto a lui dedicato dal Coro Parrocchiale di Dardago.(Foto di Vittorio Janna)

Al centro. Don Adel attorniato da un gruppo di sacerdoti amici, dopo la celebrazione della Messa nella chiesa di Budoia.(Foto di Fortunato Rui)

Rinnovo il mio ringraziamento

ai Cari parrocchiani di Dardago

e di Budoia, che hanno cantato

per il decimo anniversario del mio

sacerdozio. Auguro a tutti il detto

«chi canta, prega due volte».

DON ADEL

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Siamo qui raccolti per…• ringraziare il Signore che opera ancora meravigliecon noi. Lo facciamo col grande grazie dell’Eucaristia; • cantare insieme la gioia della nostra comunionefraterna resa profonda dalla presenza del Signore checi parla e ci dona il suo Corpo e Sangue; • ricaricare la nostra speranza e costruire, giorno do-po giorno, la civiltà dell’amore, tanto auspicata dalnostro santo Papa Giovanni Paolo II e dai nostriPastori, i Vescovi.

Sono tre gli eventi che motivano questa celebrazione.• L’anniversario della Consacrazione di questa Chiesaavvenuta il 24 ottobre l875 e da sempre ricordatanell’ultima domenica di settembre. La chiesa è il luo-go santo, casa di Dio e degli uomini. Qui da quasi180 anni i cristiani di Budoia, come quelli di Dardagonella loro pieve ancor più antica si incontrano conLui, il Signore, nell’intimità del colloquio persona-le oppure per affidare a Lui pene e gioie,vivere in-sieme i momenti di festa o di lutto, che caratterizza-no la nostra esistenza. La chiesa e il campanile dannoidentità e qualificano le nostre comunità. Che cosasarebbero i nostri paesi senza le chiese con i loro cam-panili? Degli agglomerati di case insignificanti, co-munque monotoni. I nostri antenati lo hanno capitoe ci misero fede e cuore nel costruirle e abbellirle,come continuate a fare lodevolmente anche voi.(Complimenti per il restauro così armonioso e lumi-noso di questa vostra chiesa!)• Il 38° compleanno del Parroco don Adel. Il ricor-darlo oggi colora questo nostro incontro come festadella vita. Un messaggio significativo per il nostrotempo caratterizzato dal fenomeno della denatalità,che intristisce la vita dei nostri paesi. Vorremmo rin-graziare mamma Renè che è qui con i suoi cinque fi-gli, per aver dato alla luce Adel e allevato così ro-busto e pieno di vitalità, ce lo ha donato dal lontanoLibano! Ma grazie soprattutto a te, don Adel, per la testimo-nianza di vita sempre esuberante ed entusiasta. Ci at-testi in modo eccezionale che la vita è bella!• I tuoi dieci anni di sacerdozio che sono «dono emistero» come ti ha scritto il nostro Vescovo Ovidio.Dono per te e per i tuoi cari. Ricordo la tua commo-zione di gioia e di gratitudine durante l’ordinazioneavvenuta nella Concat tedrale di S. Marco Pordenonee che poi manifestavi frequentemente durante il mi-

nistero che abbiamo condiviso per quattro anni nellaparrocchia di San Marco e in quella di Frisanco. Il tuosacerdozio è dono anche per la nostra diocesi in que-sto tempo di scarsità di vocazioni e specialmente lo èper queste comunità di Dardago e di Budoia (dove seitanto amato perché tu le ami) oltre che per le innu-merevoli persone che ti cercano e avvicini.

Sei un dono mi pare di poter dire per tre motivi.• Sai comunicare a noi occidentali o latini la ricchez-za della tua mente fragrante di cultura, di teologia e dispiritualità orientali, caratterizzate dalla presenza piùevidente e dall’azione palpitante dello Spirito Santoche opera in te, nella Chiesa e nella storia degli uomi-ni. Ci hai portato fermenti spirituali che conoscevamopoco. Talvolta ci sconcerti, magari un po’. Ma ti rin-graziamo. In particolare ti dicono grazie le tante per-sone del «Rinnovamento nello Spirito» qui presenti.• Sei dono perché hai un cuore grande, aperto, gene-roso, che vorrebbe sollevare tutte le sofferenze di que-sto mondo. Ti interessa il povero che ha bisogno deltuo aiuto spicciolo, l’immigrato che chiede l’appog-gio per una pratica burocratica (e lì sfondi sempre nonledendo i diritti di terzi ma caricando di sentimenti lecarte fredde della burocrazia); ti sono grate anche lemonache clarisse di Moggio che hanno avuto neces-sità della tua competenza non solo spirituale ma an-che della tua apparente «incoscienza economica». Iltuo nome, Adel, significa «colui che fa giustizia»! Matu sei capace solo di misericordia.• Sei dono perché hai mani grandi, anche fisicamen-te, che benedicono con fede e ampiezza di gesti tuttoe tutti e sempre (Benediresti anche il diavolo, se ciògli giovasse). Ma il tuo sacerdozio è anche «mistero»scrive il Vescovo; cioè una realtà più grande di noi chenel mi nistero sacerdotale ci rivela l’amore nascostonel cuore di Dio. E questa celebrazione la viviamo in-sieme, appunto nel grande mistero d’amore di CristoCrocifisso che si farà presente mediante l’invocazio-ne dello Spirito che tu farai scendere sul Pane e il Vinonella consacrazione.

A Lui, nostro Redentore, la nostra lode, in Lui la no-stra festa. Da Lui la nostra speranza. E affidiamocitutti alla misericordia di Dio. Rivolgiamo a te, Adel,l’antico augurio ecclesiastico: ad multos annos, admulta gaudia, ad majora, semper! Amen.

DON GIUSEPPE ROMANIN

L’omelia di mons. Giuseppe Romanin per il decimo anniversario di sacerdozio di don Adel

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La comunità di Budoia ha onorato solennementeun suo figlio illustre, la cui vicenda è stata para-digmatica di quella di tanta gente comune di que-sta Pedemontana, che numerosa emigrò in annipassati proprio nella Venezia in cui monsignorAurelio studiò, si fece prete e mise a frutto i pri-mi fervori sacerdotali.

Il ricordo dell’arcivescovo Signora, unito aquello del benemerito professor Mario, è statocondiviso con Pompei, da dove è giunta una de-legazione di sacerdoti capeggiata dall’attuale pre-lato monsignor Domenico Sorrentino che all’ome-lia della Messa, – animata dai cori parrocchiali diDardago e Budoia, alla presenza delle autorità co-munali – ha tratteggiato con vivaci pennellate lafigura e l’eredità spirituale del suo predecessoree ha pure reso omaggio alla sua tomba nel cam-posanto accendendo un lume.

Non è mancata la solennità anche fuori di chie-sa: il sindaco Antonio Zambon ha ricevuto il pre-lato di Pompei nella casa municipale e gli ha fat-to dono della riproduzione di un affresco sacroscoperto recentemente nella chiesetta di SantaLucia al Colle. La parrocchia, dal canto suo, hadonato una mitra a monsignor Sorrentino, che harisposto invitando i budoiesi e anche la gente diDardago (salutata la sera dell’arrivo, nella Pievedi Santa Maria Maggiore, ove l’Arcivescovo hapotuto ammirare antiche opere e suonare lo stu-

pendo organo del Callido) nel suo santuario, fa-moso centro di irradiazione della pratica del Rosario,raccomandata specialmente in quest’«Anno delRosario» indetto dal Papa.

L’invito di monsignor Sorrentino, – che ha pu-re incontrato il vescovo diocesano, manifestan-dogli la sua ammirazione per le nostre due chie-se – è stato accolto con gioia dal parroco don AdelNasr e dalle comunità, legate da duraturi vincoliaffettivi alla Chiesa di Pompei, la cui celebreSupplica alla Vergine del Santo Rosario è stata re-citata dai numerosi fedeli convenuti all’incontro.

Con l’occasione è stata aperta al culto la nuo-va cappella per le celebrazioni feriali e della ri-conciliazione, denominata «Domina Mea», chesi rifà al motto episcopale dell’arcivescovo Aurelio.

È collocata alla sinistra dell’altare, nel vanoun tempo sede dell’antica Confraternita deiSantissimo Sacramento, delle adunanze dell’AzioneCattolica e delle lezioni della dottrina cristiana.È ricordata pure per l’esposizione del grande presepio.

Dopo il completamento del restauro della chiesa – riaperta al culto nell’anno giubilare 2000– anche questo luogo è stato oggetto di ristrut -turazione, in vista del suo utilizzo come cap -pella per le celebrazioni eucaristiche feriali e le confessioni.

A tal fine, nell’anno 2002, sono state ritin-teggiate e rifinite le pareti e si è proceduto allaposa del nuovo pavimento in marmo d’Istria gial-lo e bianco (omaggio di un estimatore).

La cappella è stata arredata recuperando al-cuni elementi e suppellettili liturgiche in dota-zione alla chiesa, sottoposte per l’occasione a re-

Budoia-Pompeiper mons. Aurelio Signora

Sopra. Il giorno della benedizione della nuova cappella della Madredi Dio, Regina del Rosario, i coriparrocchiali, diretti dal maestroFabrizio Zambon, con l’organistaClaudio Sottile, hanno cantato laSanta Messa presieduta daldelegato pontificio di Pompei,l’arcivescovo Sorrentino. Questa èla seconda volta che i coriparrocchiali di Budoia e Dardagosi riuniscono insieme per cantare.(foto Martin)

A sinistra. La nuova cappella«Domina Mea», nella chiesa diBudoia.

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...Quella che oggi facciamo, di Mons. Signora, è me-moria ecclesiale, memoria di comunione, ricca di gra-titudine, per un pastore che ha ben meritato, ed oggivede riuniti intorno alla sua memoria i luoghi e le per-sone delle sue origini, e quanti a Pompei gli furono fi-gli, ne sperimentarono il calore di padre, e gli restanomemori e affezionati.

Io non ho avuto modo di conoscere Mons. Signora. Neho un ricordo fisico vago, e non meno vagamente miriecheggia il suo tono di voce solenne, appena udito inqualche circostanza della mia gioventù. Meglio di mepossono dirne quanti si sono formati al suo magisteroe alla sua testimonianza. Solo alcuni sono qui presen-ti, ma ben rappresentano una gratitudine e un affettoche sono certamente «corali» nella Chiesa di Pompei.Ho provato, in questi giorni, a non leggere solo dellecarte su Mons. Signora, ma a chiedere delle testimo-nianze dal vivo. Mi sono lasciato esprimere delle im-pressioni, dei ricordi. Superfluo dire che ho avuto so-lo testimonianze positive. Mi sono fatto l’idea di unpastore dedito e zelante, dalla statura imponente madal cuore tenero, capace di fermezza e di dolcezza.

Accendere la lampada, e procurarsi l’olio. In questosimbolo il cammino di ogni vita cristiana. In questosimbolo anche la vita di Mons. Signora. Alle radici diqueste qualità c’è indubbiamente il dono delle origini.La sua lampada – la lampada della vita e della fede –fu accesa nel 1902, qui a Budoia, per essere poi tra-sferita a Venezia. Chi ha testimoniato di lui, lo ha vi-sto ben inscritto, anche caratterialmente, tra questi duescenari: il paesaggio carsico e Venezia, la fermezza deimonti, pur attraversati da acque latenti, e la gentilez-za della laguna, tutta ricamo. Lampada accesa, ma an-che lavoro sodo, per raccogliere e mettere in serboquell’olio evangelico della perseveranza, che è fatto dieducazione, di spiritualità, di ascesi, di esperienze an-che sofferte. ...Il 25 aprile 1957 comincia una nuova fase della suavita, la più cara a noi pompeiani. È consacrato vesco-vo a Santa Maria Sopra Minerva dal Card. Adeodato

Piazza, per essere pastore a Pompei. Ci sarà per ven-tuno anni, fino al 1978. È difficile per me sintetizzarela storia delle sue realizzazioni. Ne ho visto un elen-co: una interminabile litania. Non sorprende che, al suolasciare Pompei, un sacerdote pompeiano e due suorepompeiane gli resteranno a fianco, e le due suore finoalla fine, come si fa con un padre. Lo accompagne-ranno fino al 1990, quando il Signore lo ha chiamatoa sé per dargli il premio dei buoni.

Al di là delle cose realizzate, Mons. Signora ha la-sciato a Pompei la testimonianza del suo amore ardenteper la Vergine, la sua opera di evangelizzatore, il suocalore di padre. Uomo del Nord trapiantato al Sud, nonha mai svestito i panni delle sue origini, ma è stato ca-pace di amalgamarli con quelli della sua nuova patriae della sua nuova gente.

Oggi ne facciamo memoria in un momento che è an-che per Pompei momento di grazia. Il centenario del-la sua nascita coincide infatti con una data nella qua-le egli si ritroverebbe, non meno di noi, gioioso, gratoed entusiasta. È la data della Lettera Apostolica Rosa -rium Virginis Mariae, con la quale lo scorso 16 otto-bre il Santo Padre ha voluto rilanciare nel mondo lapreghiera del Rosario, che è l’insegna e la missione diPompei.

È stato concesso a me di guidare quella ideale co-lonna sonora che, al ritmo del Rosario e della contem-plazione della Pentecoste, ha accompagnato la mano,la mente e il cuore del Papa mentre firmava la LetteraApostolica, prostrandosi idealmente nel nostro Santuario,ed avendo a fianco l’icona della Vergine del SantoRosario di Pompei. Dall’alto, doveva far capolinoBartolo Longo. Ma sicuramente accanto a lui, a rimi-rare la Madre accanto al Successore di Pietro, c’eraMons. Aurelio Signora, a dirla ancora «Signora» del-la sua vita, «domina», come scrisse nel suo stemmaispirato forse anche dal suo cognome. Domina, ma so-prattutto Madre. A questa Madre noi con lui ci affi-diamo, ringraziandola per avercelo dato, e serbando dilui imperitura memoria.

MONS. DOMENICO SORRENTINO

stauro: la mensa e l’ambone (già sull’altare mag-giore), il tabernacolo, il crocifisso ligneo (un tem-po esposto nel catino absidale), la lampada delSantissimo (ricavata da un antico fanale proces-sionale), un recente confessionale. Sopra la por-ta d’ingresso il bozzetto dell’affresco del «GiudizioUniversale» di Alberto Marinoni, che si trova sul-

la volta della navata centrale. Da notare l’espo-sizione, nella cappella, dell’immagine della BeataVergine del Santissimo Rosario di Pompei.

Il vano fungerà anche da sacristia delle cele-brazioni feriali, grazie al dono di un apposito mobile da parte di Noemi Alberta Panizzut(Donisio).

MARIO POVOLEDO

L’omelia di Mons. Domenico Sorrentino

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Pare che dicano: «Non ti curar di lor ma guarda epassa», e hanno le loro buone ragioni.

Ci ignorano più che possono, e fanno bene. Citrattano con tranquilla e disinvolta noncuranza, edè giusto cosa c’è di più inutile di chi è morto?

Se ci hanno messo buoni buoni in angoli fuoridagli sguardi, diventati a volte persino rifugi perurgenze igieniche, vuol dire che almeno a qualco-sa dovevano servire. E non avremmo niente da di-re se anche ci togliessero di mezzo. Anzi. Se si li-berassero del tutto di noi, li ringrazieremmo.

Finché si vedranno i nostri nomi elencati sullapietra con il titolo I CADUTI DI BUDOIA, prati-camente i vecchi nonni e bisnonni di metà paese,morti giovani al fronte, stroncati tra sofferenze in-descrivibili, per noi e per alcuni che guardano quel-le lapidi, l’imbarazzo continuerà.

Dateci l’ultimo colpettino: tirate quattro maz-zate a quelle tre lastre e farete una gran bella cosa.

Vedere quei nomi familiari vi deve far frullareun pensierino: ma che «thus» quelli lì... andare amorire. Avete ragione. Quando abbiamo lasciatoBudoia l’ultima volta, siamo partiti pieni di corag-gio e di speranza. Pensavamo di tornare qui tra que-ste mura, tra queste contrade, per essere festeggia-ti come dei vittoriosi. Sono tornati solo i nostri nomi.

I nostri corpi sono finiti tra gli orrendi «masa-rons» delle guerre: non vogliamo né possiamo rac-contare i dettagli, senza turbare la tranquillità di-gestiva che rende tutti così belli grassottelli, pasciutie smemorati.

Quando nelle celebrazioni del 4 novembre diogni anno vedete deporre delle corone di alloro eproclamare che noi siamo eroi e abbiamo reso pos-sibile, pagandola con la vita, tutta la libertà che vicirconda, fatevi quattro risate.

Se insistono nel dire che quella libertà che si èmoltiplicata e valorizzata nel tempo, attraverso uncrescendo di agi, diritti, opportunità, «schei in scar-sela», è stata conquistata anche con il nostro sacri-ficio, fate uno sberleffo.

Quella libertà che sentite bella e gioiosa quan-do con un colpo di acceleratore sgommate con lavostra auto, godetevela spensieratamente, senza ar-rampicarsi sugli specchi nel pensare che benefi-ciate di doni che vengono da lontano.

Noi siamo semplicemente felici che, dai giornidella nostra scomparsa, piano piano si sia realiz-zato un benessere così totale, che da vivi noi nonabbiamo né conosciuto, né immaginato.

Da morti siamo senza pretese, siamo tolleran-ti, lasciamo fare senza disturbo, ma non siamo di-

stratti. Ogni spostamento delle nostre lapidi, nei va-ri anni, ci è parso una lenta emigrazione verso i re-cinti della via Cialata, verso i cumuli inutili e in-gombranti. Dubbio: eravamo noi ad ingombrare lapiazza? Quella piazza tanto amata e che ad ogni ri-maneggiamento esce come rimpicciolita e risuc-chiata in se stessa?

Quando hanno demolito l’edificio di Renè e ilVecchio Mulino, per qualche ora si è visto uno slar-go che faceva brillare gli occhi di commozione...Oh, una vera grande piazza finalmente...!

Eh no, il grande spazio in poche ore è stato tol-to dalla vista, con un recinto alto e fitto: togliendola visuale, si toglievano le illusioni.

Ci siamo detti: ma perché noi di Budoia abbia-mo così poco amore e così poca attenzione perBudoia, da rimodellarci, di tanto in tanto, una piaz-za sempre più «ingrumada»? Dopo tutto è il capo-luogo, rappresenta tre paesi.

Ma noi morti non possiamo dare consigli népossiamo tirare la giacca a nessuno. Guardate co-me siamo ridotti... vi sembra che potremmo esse-re ascoltati? «Thito e basta».

Una piccolissima cosa, però, vorremmo dirla:solo degli estranei, che hanno in antipatia le nostre«crode», hanno potuto progettare la sparizione diun «mulin» secolare.

Anche abbandonato com’era, un’incuria che ra-senta l’odio, non si poteva spendere una parola persalvarlo? Ormai anche lui fa parte dei caduti.

Anche lui, come noi, è morto. Morto per tutti. Dopo tanti progetti edilizi, tanti rifacimenti di

strade e di fossati aperti e richiusi con la bacchet-ta magica, dopo costruzioni di sale comunali spa-ziose e piene di vuoto, scalinate e muretti belli damorire, cassettoni con fiori da festival di san remo,i soldi per il decoro del monumentino ai caduti so-no sicuramente accantonati da qualche parte, a far«musinia guai a un mal». In attesa di un’altra guer-ra e di nuovi caduti, da riunire ai vecchi, per fare«dut un grun e sparagnà». Intanto, sui nostri nomi«i scloss i va su e do», grati per l’umidità e la pe-nombra. «Le iserte le se cor drio» sulle lastre dipietra, come sul loro parco-giochi.

Mancano solo «le pite, i cunici, i pui...»Ma se le nostre lapidi saranno poste su «cava-

leth» da robuste braccia, con una tovaglia sopra, al-la festa dei funghi, a servire da tavola per le scor-pacciate di «polenta e tocio», in quei giorni avremoanche noi un po’ di allegria...

Umili voci udite daANNA PINAL

Scloss, iserte e fiaschi de vin

La nostra collaboratrice Anna Pinal

ha raccolto, nei mesi scorsi,

alcune perplesse considerazioni

di cittadini sulla nuova collocazione

del monumento ai Caduti di Budoia.

Nella pagina seguente, il Sindaco

espone le motivazioni di tale decisione.

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L’ubicazione del monumento di Budoia, non èstata scelta per essere marginale, ma centraleall’interno di un progetto complessivo di riqua-lificazione del centro di Budoia che non vede so-lo la piazza davanti agli uffici comunali.

La sala consigliare, luogo di rappresentanzaufficiale, si trova proprio a ridosso, come pure labiblioteca civica, la sede della Pro Loco, il mer-cato e l’area delle feste.

È certamente difficile spostare i monumenti,lo si è fatto con decisioni prese qualche anno faa seguito delle discussioni, anche pubbliche, sul-la nuova piazza. Ora ora è necessario attendere ilcompletamento dei lavori che fanno seguito alconcorso di idee che l’amministrazione ha indet-to e finanziato per la rivalutazione del piazzaleantistante i magazzini comunali che diventerà areapubblica per le feste, per il cinema, il mercato edil collegamento pedonale con il parcheggio di ViaCialata.

Nel ripetere l’importanza simbolica del monu-mento precedente, si è deciso, per rafforzare la me-moria sui fatti storici, di inserire i nominativi deicaduti della seconda guerra mondiale. La scelta diesporre le lapidi come un leggio è stata quella ditenere in un luogo importante, che ha come sfon-do le colline, un libro sempre aperto, leggibile datutti e percorribile, quindi vivo e non statico.

Certamente il timore che sia sempre più dif-fusa la carenza di educazione civica, può portarea pensare che ci si possa mangiare sopra la po-lenta con i funghi, ma credo che a questo pensie-ro ci si debba ribellare ed avere fiducia nel com-portamento della tanta gente civile che a questonon ci pensa e che sa giudicare con severità le vi-sioni miopi e sacrileghe.

D’altro canto anche a Budoia, pur raramente,avvengono fatti spiacevoli che coinvolgono nonsolo i monumenti centrali, ma anche i cimiteri, ibidoni delle immondizie e che dire dell’ abban-dono dei rifiuti (ahimè più sovente anche se inmiglioramento) lungo i fossi, l’Artugna o fuoridalle piazzole nonostante l’efficienza dei servizia disposizione ?

Questi fatti sono purtroppo sempre avvenutied avverranno ovunque siano collocati i simboli,le strutture o le iniziative in quanto chi li com-mette non comprende, ma la reazione della gen-te è sempre stata sincera e positiva ed è a questache dobbiamo fare riferimento senza timori pervincere tutti assieme l’ignoranza.

ANTONIO ZAMBON · SINDACO

Lo sviluppo urbano prevede alcunicollegamenti diretti e diversificati all'internodegli spazi per le Attrezzature Collettive. Lapiazza principale con un percorso alternativocollegherà via Cialata con via Panizzut. Ilmasaron costituisce la spina dorsale; l'area difronte la Casa del Comune sarà così divisalongitudinalmente da questo elementodell’architettura rurale spontanea, risolvendo in modotradizionale un salto di livello, divenendo struttura di svago e relax non solo per i piùpiccoli. Un dosso articolato e artificiale, in cemento lavato o lisciato per la distribuzionedei vari percorsi; una cornice alla vegetazione spontanea che arricchisce i cumuli diconfine nel territorio comunale. La vegetazione autoctona diverrà importante. Ilmonumento ai caduti è stato nobilitato e costituisce, il nodo principale attorno al qualetutti i percorsi si intrecciano. Il suo divenire elemento principale nella riqualificazione diuno spazio che sarà ancora più vitale per il paese offrirà il giusto affetto ai Padri dellaPatria. Il monumento originario composto da cinque massi e dalla scultura in ferro èsospesa da terra perdendo la sua materialità divenendo simbolo. Il piazzale, che oggi è alservizio dei magazzini comunali, manterrà questa immagine di grande ariosità, lapavimentazione definirà gli spazi specifici ed un muro in legno schermerà la bruttafacciata del deposito. Le linee fluide del progetto si contrappongono all’irregolare rigiditàdel presente.

ALBERTO DEL MASCHIO

Scelta non marginale

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La nostra vita è un susseguirsi interminabile dieventi, di esperienze e di fatti talvolta comuni equotidiani, talvolta unici e memorabili.

Spesso quest’ultimi risultano difficili da can-cellare tanto che a distanza di anni appaiono co-me accaduti da poco e la loro narrazione si pre-senta ancora precisa e dettagliata. Sotto quest’ultimadefinizione colloco la visita al Quirinale e l’in-contro con il Presidente della Repubblica CarloAzeglio Ciampi, accanto dalla moglie Franca econ il Ministro della Pubblica Istruzione LetiziaMoratti: sebbene tutto ciò si sia verificato all’ini-zio di quest’anno, nella mia mente vivo ne è tut-tora il ricordo,

Negli ultimi tempi sempre più frequenti sonoi momenti di contatto tra i vari tasselli che costi-tuiscono il considerevole ed immenso mosaicochiamato scuola. infatti, mentre un tempo tra stu-denti ed organi direttivi centrali (Presidente del-la Repubblica, Ministro della Pubblica Istruzione)era impossibile qualunque forma di comunica-zione, ora, invece, tale muro invalicabile ha la-sciato spazio a tentativi, anche se non tutti riu-sciti in modo ottimale, di relazione diretta tra ilvertice e la base di tale «piramide scolastica».

Tra le varie iniziative, importanti sono quel-le proposte in corrispondenza della diffusionedell’Euro, al fine di sensibilizzare ed informare igiovani riguardo alla nuova moneta: il ComitatoEuro, l’Unione Europea, il Ministero dell’Istru -zione, dell’Università e della Ricerca e il ParlamentoEuropeo hanno distribuito materiale informativoe bandito un concorso a premi riservato agli studenti.

Le prove andavano da un gioco per le ele-mentari a una storia illustrata per le medie infe-riori, sino alla realizzazione di una campagna pub-blicitaria per il biennio delle superiori; un’altrasezione, riservata alle quinte classi degli istituticon indirizzo artistico o grafico, riguardava undisegno a mano libera. Il bozzetto vincitore faparte dell’emissione filatelica speciale sull’Euro.

La premiazione è avvenuta il 18 febbraio 2002,alle ore 10.00 al Quirinale alla presenza delPresidente Carlo Azeglio Ciampi, della moglieFranca e del Ministro Letizia Moratti.

Ad assistere alla cerimonia come ospiti sonostate invitate, oltre ai premiandi, sette scuole ita-liane, tra le quali il Liceo Scientifico «M. Grigoletti»di Pordenone, rappresentato dalle classi V B (cuiio facevo parte) e V G. Anche se per sole pocheore ci è sembrato di indossare le vesti di grandipersonalità: in realtà al di sotto dei nostri abitiseppur eleganti, si celavano semplicemente deglistudenti, che con volti meravigliati e sbalorditi,si guardavano intorno quasi increduli di trovarsiin un simile luogo.

Prima dell’incontro con il Presidente, in unodegli incantevoli saloni, ci è stata offerta una ric-ca colazione, accompagnata da un piacevole sot-tofondo musicale.

In seguito alla premiazione, come è consue-tudine, le note di un maestoso pianoforte a coda,posto al centro della sala, ci hanno accompagna-to nel cantare l’Inno degli Italiani, noto come «In -no di Mameli» dal nome del compositore, GoffredoMameli.

A conclusione, dopo un excursus sui presi-denti della republica eletti a partire dal 1946, ab-biamo potuto visitare alcune sale del Quirinale,ammirandone così le sfarzo e l’eleganza.

Sono stati momenti di grande intensità ed emo-zione, che certamente rimarranno nella memoriadi tutti noi, soprattutto per la singolarità e l’ec-cezionalità dell’evento.

RAFFAELLA DEL MASCHIO

Visita al Quirinaletra sogno e realtà

Nella pagina accanto.La nuova collocacazione del monumento ai caduti di Budoia. (Foto di Pietro Del Maschio)

A destra.La classe V B del Liceo scientifico Grigoletti,durante la visita al Quirinale.

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Le nozze sono sempre un momento importantenella vita di una famiglia.

Importante per il genitore, che accompagna ilfiglio o la figlia ad iniziare una nuova fase dellavita ben conoscendo i rischi e i problemi che do-vrà affrontare, importante per il giovane che la-scia il nido accogliente e protetto e si apprestapieno di speranze e timori a costruirne uno suo.

In vista di questo speciale evento, fino dallapiù tenera età, nelle lunghe sere invernali, le gio-vani, al caldo nelle stalle, usavano prepararsi ilcorredo, mentre le mamme e le nonne rammen-davano, i padri e i nonni lavoravano o recitava-no il rosario oppure intrattenevano i giovanottiche «andavano in fila» in cerca di morose. Il cor-redo variava da famiglia a famiglia, secondo lepossibilità di ognuna: in realtà visto il conside-revole numero di figli che ogni famiglia aveva,pochi potevano permettersi un corredo ricco e ab-bondante. La vera ricchezza del corredo stava nel-la capacità e nella bravura della ragazza nel ren-derlo «unico e prezioso» con ornamenti e merletti.All’inizio del secolo scorso le stoffe erano grez-ze ma resistenti e la biancheria del corredo eraricca di splendidi ricami e pizzi che, ancora og-gi, a distanza di 50/70 anni, molte figlie, nipoti epronipoti gelosamente conservano come cimelio.Il modo di vivere di oggi permette a pochi, in-fatti, il piacere di mantenere queste abitudini, ri-schiando così di perdere questo prezioso baga-glio di conoscenza che fa parte delle nostretradizioni.

Uno dei momenti importanti delle nozze è edera il pranzo. Contrariamente ad oggi, questo ve-niva consumato in casa: i grandi cortili di alloralo permettevano. Veniva chiamato un cuoco chesi occupasse della cucina e la mamma mi raccontache a Dardago Tino Ite, conosciuto per la sua ca-pacità e precisione, è stato spesso chiamato a ri-coprire questo ruolo, con l’aiuto anche di MariaPinal. Racconta Mario Ite – il figlio – che, in pre-visione del gran giorno, si riunivano le due fa-miglie degli sposi ed ognuna contribuiva a forni-re la «materia prima». I galli e le galline nonmancavano a nessun pranzo di nozze! C’era poiun pezzo di carne per fare l’arrosto, che venivaacquistato «da Ponte». Era abitudine anche chegli invitati più stretti portassero come regalo al-la famiglia degli sposi qualche pollo, o coniglioo altri prodotti di casa. Poco si comprava, tuttoproveniva dall’aia, dagli orti o dalle stanthie. Agli ospiti che andavano a portare il loro dono

agli sposi si offriva una tazza di buon brodo cal-do. Si può quindi capire quanto necessari fosse-ro i doni in natura, che ognuno portava per la«gran giornata».

Naturalmente, visto che era una «Grande Festa»,questa durava tutto il giorno; la sera quindi lamaggior parte degli ospiti, essendo quasi tutti pa-renti, si fermava per la cena, che consisteva nelmangiare quello che era rimasto dal pranzo dinozze. Ecco dunque di nuovo il brodo, il bollitoe l’arrosto, verdura e frutta: tutto naturalmentecondito con musica e danze che si protraevano fi-no a tarda sera.

Se gli ospiti alle nozze erano molti, si potevacontare su una considerevole quantità di cibo ecosì molto spesso restavano delle pietanze. Eccoquindi che si faceva «la Rivoltada»: la domeni-ca, il giorno dopo le nozze, i genitori dello spo-so invitavano di nuovo i parenti acquisiti per ter-minare gli avanzi e si faceva ancora festa. Quindipiù ospiti .... più «Rivoltade»!

Essendo una giornata in allegria, la musica erapresente fin dal mattino con le campane che suo-navano a festa: era usanza che lo sposo, insiemeai parenti e preceduto da «i sonadori» (abitual-

El dì de le nothe

Pranzo di nozze degli sposiCardazzo Panizzut, nel cortile di casa Cardazzo.(Proprietà di Giovanni Bufalo).

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mente venivano da Castello), andassero a pren-dere la sua sposa a casa e insieme, accompagna-ti lei dal fratello o compare, lui dalla «morosa»del futuro cognato o da una amica comune, an-dassero in chiesa con i musicanti che aprivano ilcorteo; questi intrattenevano poi gli ospiti per tut-ta la giornata con la loro fisarmonica, il violonee il violino.

Anche allora, come oggi, «era costume» gio-care scherzi agli sposi novelli che si preparava-no a trascorrere in famiglia la loro «prima nottedi nozze»: quasi sempre in casa del marito c’eraa disposizione una camera destinata al nuovo nu-cleo famigliare che si era appena costituito. L’usan-za voleva che lei portasse in dota il corredo e, percontribuire al pagamento della mobilia, comprasseil comò (una volta il banc). Lo sposo pensava in-vece al resto, ovvero il letto, i comodini, l’arma-dio e le sedie.

A proposito di scherzi, mia madre mi ha rac-contato che appena ritiratasi in camera con miopadre, i nuovi cognati, a turno, bussarono alla lo-ro porta ogni quarto d’ora con le scuse più stra-ne ...i cognati erano ben quattordici! La notte fulunga, movimentata e imbarazzante!

A.B.

Molto raramente e solo in

alcune famiglie si poteva trovare

la costa come antipasto.

Era la carne che si otteneva

ripulendo finemente le costine

del maiale e veniva poi

arrotolata e affumicata. Dato

che le coste di maiale venivano

usate abitualmente in cucina

per dare condimento a molti

piatti come la pasta e fasoi,

le coste de porthit co la verdha,

o altro, si può capire che avere

ad un pranzo la costa diventava

un lusso e quindi non si trovava

in tutte le famiglie.

Menù di nozze

Riso in brodo con fegatini di pollo

(raramente risotto)

*

Pollo arrosto e bollito

*Arrosto di vitello

*

Verdura (patate, radicchio,

giardiniera o verdhe in tecia

secondo stagione)

*Frutta (pons, cùcole)

*

Torte varie fatte in casa

*

Vino di casa (o di Fassiner)

*Caffè col calderin

La foto ritrae Italia BastianelloThisa e Luigi Zanus Perelda, nel giorno del loro matrimonioavvenuto il 5 febbraio 1933, nella Pieve di Santa MariaMaggiore di Dardago.Il rito fu celebrato dall’allorapievano don Romano Zambon.

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16

Sono Cellia Ontelus Boro, nata a Greci-Tulcea,in Romania nel 1939, dagli italiani Riccardo Boroe Angelina Fauro. Sono un’insegnante e ho la-vorato per 43 anni nella scuola. Prima di anda-re in pensione ho insegnato ai bambini la linguaitaliana e ho formato un gruppo folklorico con idiscendenti degli italiani; con loro ho parteci-pato a sette festival con le minoranze nazionalidella regione e del paese. Le più belle canzoniimparate sono «La Teresina», «Il canto del ma-rinaio», «La canzone del calandron»,..., in tota-le una ventina di canzoni che ci sono state tra-smesse dai nostri nonni.

Desidero raccontare ai lettori de l’Artugna lastoria dei miei avi, lunga 120 anni in terra ro-mena ed invio le foto più significative della lorovita quotidiana...

* * *

Al richiamo di re Carlo I è arrivata in Romania,nel 1880, una colonia di emigranti italiani; la mag-gior parte arrivava dal Friuli, per lavorare la pie-tra, mestiere, quello dello scalpellino, tramanda-to di padre in figlio.

Arrivati in territorio romeno, hanno portato lacultura, la lingua, la musica, l’arte e tutto quelloche caratterizzava la latinità. Il governo romenodonò loro terreni per costruire le case e per av-viare l’agricoltura, ma anche per trattenerli inRomania.

Furono sistemati vicino alle cave di granito,che si trovano nei Monti Macin-Greci, nella re-gione Dobroger situata nel sud-est della Romania,e sono rimasti lì fino ai nostri giorni. Conosciuticome buoni e bravi lavoratori, sono stati chiamatia realizzare differenti lavori – edifici sociali e cul-turali – in Romania e anche all’estero.

A Greci hanno lasciato un grande monumen-to dedicato agli eroi caduti nelle due guerre mon-diali, tra i quali anche degli italiani (due miei zii,Fauro Ernaldo, fratello della mamma, e BoroAlfredo, fratello del papà, sono morti in Italia,perché avevano i passaporti italiani e questa è stata la loro disgrazia. Loro stessi hanno lavo-rato per l’altare in granito della chiesa). Anche i monumenti funerari in molti camposanti sonoopere dei nostri scalpellini. A Bicaz i nostri emi-granti hanno eretto una grande idrocentrale e altre dieci micro-centrali; a Costanza, hanno rea-lizzato la Casa Bianca, la Casa dello sport e il faro al largo del Mar Nero; inoltre, il ponte diCerna-Voda, Cimpu Lung, una stazione a Moldo -venesc, il Liceo Militare, il ponte sul Danubio aSurgeni-Ruse. Hanno anche lavorato al restaurodel monumento di Adam Clisi, eretto dai roma-ni dopo la colonizzazione della Dacia.

Col granito ricavato dalle cave di Greci e la-vorato dagli italiani è sorto un grande stadio aMuncken, in Germania, e molte altre importantiopere d’arte realizzate con attrezzi primitivi ere-ditati dai nonni.

Esempi di italiani che hanno lavorato sono iDel Puppo, i Sachetti, i Boro, i Faoro, Savoli Vals,Armanoschi, Spadon, Bonavetti, Bertit Candido,Fantini, Masuco, i Fontanini, i Di Grande, i Pastoricie altri dei quali molti non ci sono più ma sono ri-masti i figli che fanno lo stesso mestiere.

I nostri avi costruirono anche la chiesa e ladedicarono a Santa Lucia, scelsero la santa pro-tettrice degli occhi, perché i loro occhi erano molto esposti a pericoli nel lavoro che facevano.

La chiesa ha avuto un ruolo molto importan-te nella vita della comunità. Il parroco era ancheil maestro che insegnava vari mestieri; infatti, vicino alla chiesa c’erano officine di falegname,di incisore, ecc. Questo finché lo stato italiano

Grandi valori da difendere120 anni dall’arrivo in terra romena

Nella pagina accanto, in alto.«Italiani che oggi non ci sono più.Loro hanno lavorato nelle cave di granito per guadagnare emantenere la famiglia.Il loro mestiere di scalpellinoviene praticato anche oggi.È grazie a loro se oggi noi siamoqui a parlarvi della loro vitamolto pesante e piena di nostalgiaper la madre patria, l’Italia».

Al centro.«Scalpellini italiani e romeni.Lavoravano a mano la pietra e il trasporto veniva eseguito con i carri trainati dai buoi. Mio nonno, Angelo Boro,soprannominato Caciulea, era responsabile di una squadradi lavoro».

A sinistra: un gruppo di italiani,dopo la Messa.La prima a sinistra è Cellia con lesorelle; alla destra quattroscalpellini, citati precedentementenell’articolo.

Ci è pervenuta dalla città di Greci,

a sud-est della Romania, la voce di Cellia,

una cordiale signora italo-romena, incon-

trata l’estate scorsa, a Dardago, in casa

della signora Dosolina Zambon Pala,

con la collaborazione dell’amico

prof. Mario Cosmo, a cui va il nostro

cordiale ringraziamento.

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«In questo gruppo sono i nostri nonni, bisnonni e parenti, che vivevano insieme in grandi baracche, giunti da poco a Greci, negli anni 1887/88.»

non costruì una scuola dove gli insegnanti veni-vano dall’Italia; così funzionò fino allo scoppiodella seconda guerra mondiale. La prima inse-gnante italiana si chiamava Irene Barotto, poi RutaMacucci, Don Carlo, Don Zanon e tanti altri chesono ritornati in Italia.

Dopo questo periodo i nostri giovani (la generazione dei miei genitori e anche la nostra)sono stati obbligati a frequentare la scuola ro-mena. Io non ho frequentato neanche un’ora dilingua italiana. In famiglia abbiamo parlato il dialetto friulano e veneto che si parla anche oggi.

Vivendo fra i romeni si sono formate famigliemiste; in questi nuclei di famiglie si sono fatti cam-bi di abitudini, di tradizioni. Si prepara ancora lapastasciutta, con la pasta fatta in casa, gli gnoc-chi con le patate, i crostoli; si lavora la carne dimaiale come cento anni fa: si fanno luganeghe,museti, ossacoli, figadei, salami ecc...

Si confezionano in casa le scarpete e la mag-gioranza delle donne badano ai lavori di casa e alcampo.

Dopo la rivoluzione del 1989, in chiesa si ce-lebra la messa in lingua italiana; abbiamo i libribilingui. Il coro conosce tante canzoni religiosein lingua italiana per tutte le feste dell’anno, leabbiamo conservate come un grande patrimonio,una vera ricchezza.

CELLIA ONTELUS BORO

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Domenico n. 1660 ca.sposa

Bernardina de Fort

Francesco n. 16.10.1691sposa

Giustina Janna

Domenico n. 25.3.1720sposa

Margherita Zambon Pinal

Zuanne n. 3.8.1747sposa

Domenica Janna

Giammaria n. 19.6.1778sposa

Lucia ZambonGiustina

n. 19.2.1776

Valentino n. 10.3.1808sposa

Anna Cecchelin

Angelo n. 5.10.1835sposa

Teresa Rigo

Gregorio n. 3.7.1869 m. 23.11.1916 (a Vysnie Ruzbachy-Slovakia)sposa

Angela Pellegrini n. 14.11.1871 m. 1955 (a Charleroi-Belgio)

Pietro/Fortunato n. 21.7.1901

Vincenzo n. 31.10.1860sposa

Maria Schereder

Giuseppe n. 13.10.1804

Giomaria n. 16.8.1842

Lucia n. 21.8.1833

Ferdinando n. 4.8.1839sposa

Angela Cecchelin

Vincenza n. 4.2.1864

Giuditta n. 2.11.1894

N.N. n. 14.7.1867

Amabile n. 21.8.1865

Candido n. 9.11.1869sposa

Anna Santin

Marcellina/Rosa n. 11.9.1905

Emma n. 18.10.1907

Genoveffa/Angelan. 25.7.1900

Regina n. 4.8.1902

Maria/Beatricen. 14.8.1898

Lino n. 25.11.1895

Santa/Luigia n. 30.5.1899

Amalia n. 26.3.1902

Leone n. 2.9.1894

Vincenzo/Giuseppe n. 22.3.1892

Vittorio/Emanuele n. 13.1.1890

Teresa/Maria n. 2.5.1888

Vincenza n. 22.2.1886

Anna n. 9.8.1884

Osvaldo/Pietro n. 19.10.1896

18Chei de Moreal

Ci scrive Severino Rigo, dal Belgio.

«Mio nonno si chiamava Rigo Gregorio, nato a Dardago il 3 luglio 1869

e morto il 23 novembre 1916 a Vysme Ruzbachy

(appartenente all’Impero Austro-ungarico, adesso Slovakia).

La nonna si chiamava Pellegrini Angela, nata a Dardago il 14 novembre

1871 e morta nel 1955 a Chaleroi in Belgio. Mi fareste un grande piacere

(e anche alla famiglia sparsa in Belgio, Francia, Svizzera, Slovakia

e Ungaria, che farò sapere) cercare le date di nascita dei miei avi e di risalire

nel tempo. Vi ringrazio per l’aiuto e vi saluto».

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Giovanni n. 28.2.1806

Fiorina/Veronica n. 1.12.1897

Adamo n. 16.1.1866

Santa n. 18.1.1873

Vito n. 7.10.1850sposa

Maria Zambon

Giovanni n. 5.8.1844sposa

Lucia Bocus

Pietro n. 31.12.1847sposa

Maria Carlon

Cristina n. 13.5.1874

Matilde n. 18.8.1875

Agata n. 6.7.1877

Serafino n. 9.11.1878

Clemente n. 20.5.1880

Matilde n. 4.8.1884

Serafino/Giuseppe n. 8.4.1886

Sisto n. 16.8.1888

Clemente n. 17.7.1873

Onesta n. 21.9.1875

Giuditta n. 23.12.1876

Eva n. 9.3.1880

Pierina n. 26.1.1882

Valentino n. 15.1.1884

Scolastica n. 30.11.1880

Noè n. 11.9.1882

Romano n. 7.1.1887

Antonia n. 17.5.1884

Rosa n. 6.11.1888

Rosa n. 14.11.1891

Valentino n. 28.11.1893

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Accontentiamo il signor Severino, che leg-gendo l’albero genealogico si sentirà sicuramen-te più vicino alla terra dei suoi padri.

Il cognome RIGO appartiene a quell’interes-sante categoria del sistema cognominale deriva-to da nome proprio. Alla base è il nome persona-le Rigo, ipocoristico aferetico di Arrigo o anchedi altri personali in -rigo come Federigo, Alderigo,Amerigo. Ha subìto un’evoluzione del signifi-cante, nei quattro secoli circa di presenza inDardago. La forma attualmente in uso è la stessa

versione iniziale, citata in documenti secenteschi.Nel diciottesimo secolo il cognome inizia ad as-sumere la variante di Rigo (Zuanne di Rigo 1747),per modificarsi in Dorigo con Giammaria, nel1778, e Valentino, 1808.

Dal 1761 al 1954 – pari a 193 anni – le per-sone abitanti a Dardago con il cognome Rigo so-no 337, equivalenti a 87 nuclei familiari, mentrei Rigo registrati con la variante Dorigo dal 1778al 1808, sono 54, pari a dieci nuclei familiari.

I soprannomi sono per la maggior parte quel-li attualmente presenti nel territorio: Moreal,Barisel/Barisela, Vendramin, Caporal/Buset -Caporal, Peghez, per i Rigo, mentre per i Dorigo,oltre a quelli sopraccitati, appare la versione Quain.

Secondo il De Felice, il cognome Rigo, pre-sente nelle Venezie e diffuso prevalentementenell’Italia settentrionale dal Piemonte e Valled’Aosta alla costa triestina, è una delle variantidi Righi, quest’ultimo diffuso prevalentemente inToscana. Sono circa 2500 le persone con questocognome presenti negli elenchi telefonici dellarete italiana; tra questi, numerosi si individuanonel Veneto e – in particolare – in alta percentua-le nella provincia di Pordenone rispetto alle altretre province friulano-giuliane.

VITTORINA CARLON

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Come tanti altri genitori anch’io cerco di da-re un po’ del mio tempo al gruppo Artugna.

Mi sono avvicinata nel 1980, con il primo deimiei tre figli e successivamente ho continuato congli altri due i quali, compatibilmente con gli im-pegni scolastici e universitari, sono ancora pre-senti nell’associazione.

Devo dire che l’accoglienza è stata affettuosis-sima sia da parte delle insegnanti che di don GiovanniPerin e spesso faceva una visitina alle prove anchedon Mario e i ragazzi sentivano questa attenzioneche li incitava a far sempre meglio: la visita dei nostri sacerdoti è sempre gradita e attesa.

Ricordo che la «piccola» quando è entrata aveva quattro anni e mezzo e i primi tempi, ap-pena aveva ballato l’unica danza che riusciva afare, chiedeva il permesso di andare dai genitorie poi si addormentava; così dopo le esibizioni leiperdeva il rinfresco finale, al quale faceva onoreil fratello più grande… che non dimenticava diriferire che «c’erano anche tanti pasticcini allacioccolata ma non si potevano mettere in tascaaltrimenti si sporcava il costume!». (Inutile direche i pisolini sono finiti molto presto…).

A seguito di una brillante promozione era sta-to espresso in casa il desiderio di una telecame-ra, così anche i nonni che vivevano in un’altra re-gione hanno potuto ascoltare i canti e vedere ledanze della tradizione friulana.

I nostri nonni ora non ci sono più ma la stes-sa gioia, la stessa luce che illumina i loro occhila vediamo sul viso dei nonni delle case di ripo-so quando il gruppo viene chiamato per allietarele feste.

I viaggi sono un’iniezione di linfa nuova; ci-to solo alcuni tra i momenti più significativi:• a Roma in San Pietro con i Pueri Cantores e

poi l’udienza con il Papa in Sala Nervi;• a Venezia, quando i ragazzi hanno cantato

«Signore delle cime» sull’Amerigo Vespucci;• in Polonia, dove non si può dimenticare il

silenzio di Auscwitz;• in Repubblica Ceca, quando siamo stati pre-

miati per la Quadriglia;• a Sorrento, dove la Tarantella ha suscitato un

successo da «ola»…Una piacevolissima sorpresa è constatare lo

spirito di appartenenza che ritorna in più occa-sioni (matrimoni, cene, ecc.), anche quando la vita porta i ragazzi a lasciare il gruppo.

LUISA (una mamma)

Danza di voci per il venticinquesimo

Esprimerei n u n a r t i c o l o i l s i g n i f i c a t o

di un venticinquesimo non è semplicissimo,soprattutto se si tratta del 25° di un gruppo, incui questa r icorrenza assume valenze diverse per ciascun componente. Abbiamo pensato allora di riunire tante voci e difar raccontare ad ognuna qualcosa

s u l Gruppo Artugna che, po-

chi ci avrebberoDopo tanti anni in cui ho ballato con entusiasmo…sono passata dall’altra parte, perché mi è statoproposto di seguire le prove di danza dei ragazzipiù grandi. Ho accettato volentieri, perché sarebbestato un vero peccato dimenticare e perdere le co-reografie di danze che sono state create più divent’anni fa, ma che giudico ancora le più belletra quelle dei gruppi che si dedicano al folclorefriulano. Non nascondo che spesso è faticoso, chesembra di dover ricominciare sempre daccapo,perché la costruzione armoniosa di queste coreo-grafie è anche ciò che le rende più difficili per iragazzi da memorizzare.

Vorrei però che riuscissero a scoprire qual èil piacere del ballo, cioè il seguire quasi istinti-vamente le variazioni della musica, il divertirsi,nonostante lo sforzo per imparare «l’un-due-tre»,soprattutto quando il gruppo è unito e basta un’oc-chiata d’intesa per capirsi con i compagni e peraffrontare tutti insieme l’emozione che comun-que, in grandi e piccini, il palco crea.

GIORGIA CONZATO [maestra di danza]

I giovani generalmente ritengono che i ragazzidell’Artugna compongano una realtà isolata e cheil portare avanti le tradizioni folcloristiche nonrientri nei parametri comuni di divertimento.

I motivi che ci spingono a frequentare il grup-po sono essenzialmente due: oltre al manteni-mento della nostra cultura, sono gli incontri set-timanali che ci offrono l’impulso per continuare;infatti essi diventano occasione di ritrovo fra ami-ci, come accade in un normale sabato sera in com-pagnia. Tale opportunità, comunque, ci si pre-senta anche durante i viaggi quando, nei momentiin cui non dobbiamo esibirci, sappiamo semprecome rendere piacevole il tempo libero.

In questi venticinque anni l’Artugna è statatutto questo per molte persone, attualmente lo èper noi e in futuro per chi lo sarà? Ci auguriamoche a questi valori venga attribuita la giusta im-portanza da un numero sempre crescente di bam-bini e ragazzi, affinché possano provare le nostrestesse emozioni.

CHIARA, LAURA E SARA [danzerine del Nord]

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Negli anni 1975/1977, durante il periodo esti-vo, don Giovanni Perin, per tenere impegnati noiragazzi con qualche attività, si «inventò» ilDardagosto, un mini festival della canzone tipolo «Zecchino d’Oro». Finita la scuola, i bambinidei nostri paesi, assieme quelli che arrivavano daMilano, Roma, Torino, Venezia, ecc. per tra-scorrere le loro vacanze, frequentavano le proveper la preparazione dei canti da eseguire in oc-casione della serata della Festa dell’Assunta.

Parallelamente, alle nostre maestre delle scuo-le elementari venne l’idea di preparare un saggiodi fine anno scolastico con scenette, danze, bar-zellette, giochi, da offrire ai genitori.

Nel settembre 1977 a Pescara venne organiz-zato il XIX Congresso Nazionale dei PueriCantores: i nostri don Giovanni Perin e don MarioDel Bosco, colsero al volo questa occasione perunire i ragazzi delle comunità di Dardago, Budoia,S.Lucia e Roveredo in Piano e decisero di orga-nizzare la nostra partecipazione a Pescara per rap-presentare il Friuli-Venezia Giulia.

L’altra grande idea fu quella di integrare aicanti popolari friulani le danze friulane e non,grazie alle maestre sig.ra Bruna Fabbro e sig.raNadia Ragagnin che, con la loro pazienza, ricer-ca e capacità, diventarono l’anima artistica delledanze del Gruppo.

Il 10 settembre 1977, con grande euforia e spa-smodica attesa, partimmo dalla stazione diPordenone per Pescara, dove ottenemmo da su-bito un grandissimo successo per la simpatia, gioiae bravura. Iniziò così una vita di gruppo tra in-contri per le prove, esibizioni e con l’importanteservizio liturgico di Pueri Cantores nelle nostreparrocchie animando le celebrazioni delle S. Messe.Per noi ragazzi far parte del gruppo diventò par-te integrante della nostra vita: abbiamo vissutoquesta esperienza come fossimo stati fratelli, sem-pre uniti per far fronte agli impegni a cui erava-mo chiamati.

Ci sono state anche giornate di forte spiritua-lità nella partecipazione dei Congressi Eucaristicie ad alcuni ritiri spirituali dove, guidati da esper-ti parroci, ci confrontavamo per esaminare la no-stra fede cristiana e le problematiche relative al-la crescita del gruppo.

Anche allora facevamo preoccupare i nostriinsegnanti perché non ci impegnavamo nelle pro-ve, specialmente nell’imminenza di alcuni ap-puntamenti importanti. Ricordo in particolare chea Roma nel 1983, durante le prove per l’esibi-

zione serale sul Tevere, c’era un continuo sbaglionelle posizioni e figure delle danze e un’inquie-tante svogliatezza generale. Saliti sul palco, ab-biamo dato il meglio di noi stessi facendo, comeal solito, una meravigliosa esibizione che ha ap-passionato tutto il pubblico presente con sommasoddisfazione dei nostri accompagnatori.

Un altro ricordo, che mi ha riguardato da vi-cino e che mi ha fatto crescere musicalmente, èstata la formazione dell’orchestra del gruppo. Neiprimi anni, infatti, tutte le danze erano incise sumusicassette. Nell’autunno del 1981, con la pre-ziosa collaborazione della prof.ssa Tina FlaviaZambon, sono state trascritte le partiture di tuttele danze e, prova dopo prova, è nata l’orchestra:tre fisarmoniche (Fabrizio Zambon, Roberto Ianna,Mauro Burigana); un violino (Giuseppe Martin);un clarinetto (Giuseppe De Mattia); un contrab-basso (Jean Pierre Zanette); tre chitarre (MarinaCadelli, Cristina Barbariol, Orietta Montalbano).

L’augurio che posso fare ai ragazzi, ai diri-genti ed ai genitori del gruppo attuale è di crede-re nelle tradizioni che stanno portando avanti, diricordare che prima di loro ci sono state personeche si sono prodigate per far nascere e crescere ilgruppo, e di rivivere le esperienze che abbiamovissuto nei primi anni della storia dell’«Artugna»,pieni di allegria, soddisfazioni ed amicizia.

Infine, senza far altri nomi, colgo l’occasioneper porgere un abbraccio a tutti i «vecchi» compo-nenti del gruppo: presidenti, «compagni d’avven-tura», accompagnatori, genitori e lavoratori vari;chissà se un giorno potremmo ritrovarci tutti per ri-vivere le emozioni di una «nostra» esibizione.

FABRIZIO ZAMBON (uno dei primi componenti)

Correvano gli anni ’70 e DonGiovanni creò un piccolo coroestivo, che diverrà successivamenteGruppo Artugna.

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’N te la vetrina

I bo’ de Svaldo BassoFoto scattata davanti alla casa di Osvaldo Basso, in via Pedemontana. Con Piero Basso gran partedei famigliari.

(Foto di proprietà di Michele Basso)

In basso: anni ’50.Marcella Bastianello alla stazione ferroviaria di Sacile,accanto alla mitica «litorina»Sacile-Gemona, che trasportava periodicamente i nostri emigranti stagionali, unendo e dividendo i nucleifamiliari.(Foto di proprietà di Marcella Bastianello)

Dardago, 1940. Basilio Santin Tesser e la moglie Rosa Zambon Pinal co i vestiti de la festa.Per la ripresa fotografica,Basilio si è tolto il cappello,posandolo – come era usanza –su un ginocchio, e conatteggiamento interessato legge il giornale, mentre Rosa,estranea alla curiosità delmarito, fissa con compostezzal’obiettivo.(Foto di proprietà di Vittoria Santin)

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Budoia. Correvano gli anni 1919-’20. Giacobbe Del Maschio Andholet con la moglie Teresa Signora, attorniati dai loro sette figli.

Sedute: le figlie minori Benvenuta e Silvia. Alle spalle, da sinistra: Caterina, Silvio, Antonio,Angela e Domenico.

(Foto di proprietà di Elena e Laura Carlon)

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A cura di

Adelaide e Melita Bastianello

Intorvìa la tóla

Minestra di riso con fegatinidi pollo* Ingredienti per 10 persone

Un pezzo di gallina, un pezzo di pollo e un pezzo di manzo (in mancanza, un osso di bue)2 carote2 gambe di sedano2 cipollesale 4 fegatini di pollorisoolio, burro

Preparazione per il brodo

Mettere a bollire l’acqua necessaria con la carne.Aggiungere i sapori: cipolla, carota, sedano e farbollire a fuoco basso per un paio d’ore fino a chela carne sarà cotta. In una pentola a parte versarepoi il brodo, aggiungere il riso, aggiustare di salee far cuocere per 15 minuti.Nel frattempo lavare molto bene i fegatini di pol-lo e tagliarli a pezzi sottili. Farli saltare in una pa-della con l’olio e il burro per un minuto e aggiun-gerli alla minestra di riso a cottura ultimata.

* Normalmente nella minestra di riso si usava aggiungereanche le frattaglie del pollo (durone e cuore) lavate bene,tagliate sottili nel senso della lunghezza, fatte prima roso-lare da sole in padella con olio, bur-ro e cipolla e poi cotte per circaventi minuti con l’aggiuntadi un po’ di brodo, ma, perrendere «più nobile» ilpranzo di nozze, venivanousati solo i fegatini.

Cuore di mamma**

Ingredienti

500 g di farina100 g di farina gialla da polenta100 g di strutto100 g di burro200 g di zucchero80 g di lievito8 uova intere9 scorza di limone, un bicchierino di grappasale q.b.

Preparazione

In una terrina sbattere le uova intere con lo zuc-chero. Unirvi lentamente le due farine preceden-temente amalgamate tra loro. Far sciogliere il burro e lo strutto e unirlo al composto, aggiun-gere una presa di sale, lavorare bene l’impasto ottenuto, unirvi poi il lievito, la buccia del limo-ne e la grappa. Stendere l’impasto in una tortie-ra, metterlo in forno caldo per 50 minuti circa.

[ In alcune famiglie, la torta veniva

arricchita con uvetta o fichi a pezzetti]

** La ricetta per questo dolce è molto antica, risale ai pri-mi del ’900. Angela Basso l’ha trovata tra le ricette dellasuocera Gusta Simon e si presume che in quel periodo fos-se normalmente usata nei pranzi di nozze.

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THENA IN RUI DE COL

L’idea di riorganizzare dopo molti anni una rim-patriata di quanti vivono o sono vissuti in via Ruide Col è venuta da Fabio e Alessandro Theco.Sebbene fossero molto piccoli ricordano l’avve-nimento e ben volentieri hanno lanciato l’idea su-bito accolta da più di 50 persone.

L’organizzazione si è messa in moto e dopoun rinvio per il maltempo finalmente la cena èstata effettuata martedì 13 agosto.

L’allegra compagnia si è sistemata in Rui deCol dove è stata allestita una lunga tavolata. Versoil rui la zona cottura e l’indispensabile cantina. Icuochi dal pomeriggio fino a sera inoltrata si so-no adoperati a cucinare succulenti piatti innaffiatida ottimo vino. Grandi e piccoli hanno così go-duto qualche ora di allegra compagnia e di vec-chi ricordi gustando poi ottimi dolci per l’occa-sione preparati da volenterose pasticcere.

Un grazie a quanti si sono prodigati per la buo-na riuscita della serata dandoci quindi appunta-mento per il prossimo anno.

Se vedòn ’n tel 2003.FRANCESCA DANÙT

I NONI PA’ I PITHUI

Da lunedì 16 settembre le scuole elementari e materna di Budoia hanno riaperto i battenti e gli alunni hanno ripreso le attività scolastiche dopo la pausa estiva.

Ma all’inizio dell’anno scolastico gli alunnidevono fare i conti con il problema della caren-za dei nonni volontari alla vigilanza sullo scuo-labus del Comune.

Attualmente i volontari che esercitano questoimportante servizio sono rimasti all’incirca unadecina, divisi fra il servizio dei mattino e del po-meriggio, decisamente insufficienti per riuscirea coprire i turni settimanali.

Un servizio iniziato diversi anni fa dai nonniin pensione del Centro Sociale Anziani aderenteall’AUSER di Budoia. All’inizio dei servizio vo-lontario i nonni erano una trentina. Ora sono tut-ti ultra settantenni e decimati dalla vecchiaia, in-validità, malattie e ...

Cronaca

COSCRITI DEL TRENTADOI

I coscritti della classe 1932 di tutto il comune,hanno voluto festeggiare le loro settanta prima-vere con la Santa Messa nella Chiesa di Dardagoper ringraziare il Signore del traguardo raggiun-to. È seguito il pranzo a Budoia a «Ca’ del Bosco».

RAFFAELE ZAMBON

Sopra.I settantenni in festa.

A sinistra.La grande tavolata de chei de Rui de Col.

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Per incrementare questo utile servizio, fac-ciamo un vivo appello a genitori, parenti, nuovipensionati che possono rivolgersi al Centro Socialeche gestisce il servizio. Si tratta di turni di cin-que giorni alla settimana, dalle 8.00 alle 9.00 pervolontari di Budoia e Santa Lucia e dalle 15.00alle 16.00 per quelli di Dardago.

Per particolari informazioni rivolgersi alPresidente Zambon Marcello e al Segretario GislonAlessandro.

MARCELLO ZAMBON

ALESSANDRO GISLON

DARDAGOSTO 2002

Anche quest’anno in occasione della festadell’Assunta, si è svolto il «Dardagosto» che, ol-tre al consueto torneo di calcetto in memoria diAbramo Prizzon ed alle serate svoltesi nel corti-le delle ex scuole allietate da danze per giovanie non, è stata allestita a cura del Comune una mo-stra di vecchie fotografie molto interessante dalpunto di vista dei vecchi ricordi che tanto amatie rinnovati i dolci sentimenti dei vecchi tempi.

In occasione si è svolta pure un’altra mostracome consuetudine ogni anno, di sculture di le-gno, pietra e marmo dell’artista Angelo Michelindi Sacile, ormai noto da noi e da un altro amato-re scultore di svariate figure in legno di Tamai diBrugnera. Per finire, c’era pure un’esposizionedi quadri di pittura astratta dell’artista Salamon«Saon» di San Odorico.

ESPEDITO ZAMBON

I À SLARGIAT LA VETRINA

«Le opere e i giorni - Budoia: una storia per im-magini» è il titolo della rassegna fotografica pre-sentata alla comunità nel mese di agostodall’Amministrazione Comunale. Hanno collabo-rato alla raccolta la popolazione e le associazio-ni. Anche l’Artugna ha fatto la sua parte, metten-do a disposizione tutte le immagini e le informazionipubblicate nei suoi trent’anni di vita. Coordinatricedella ricerca è Nancy Michilin che, con la consu-lenza scientifica del Centro regionale di catalo-gazione e di restauro dei Beni Culturali di VillaManin, ha catalogato le immagini.

Sopra. Alcune opere di Angelo Michelin al Dardagosto 2002.

A sinistra. Un momento dell’inaugurazionedella mostra fotografica «Le opere e i giorni».A sinistra il sindaco AntonioZambon, al centro il presidente dellaprovincia De Anna e Antonio Giusa,curatore della mostra.

Sotto. Alcuni collaboratori del CFD dopo il rinfresco preparato in occasione della cerimonia di inaugurazione della mostrafotografica.

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BUDUOIA IN ONDA!

Cindy Cattaruzza, meglio conosciuta tra i giova-ni semplicemente come Cindy, ha portato Budoiain TV. Lo scorso luglio, insieme con altri 15 ragazzi, grazie alla sua bella voce rock, Cindy su-però brillantemente la selezione per parteciparealla trasmissione televisiva «Operazione Trionfo»:un reality-show in programmazione su Italia 1,una delle reti Mediaset. I vincitori di questa se-lezione canora avrebbero avuto la possibilità difrequentare un’Accademia di canto a Roma i cuiinsegnanti sono nomi illustri della musica italia-na: oltre che dai ragazzi, il cast è composto da in-segnanti di canto, improvvisazione teatrale, co-

EL MARESCIAL «CAVALIER»

Il Capo dello Stato ha conferito con decreto indata gennaio 2002 (ma solamente in settembre èstato reso pubblico), il Cavalierato al Merito del-la Repubblica Italiana, al maresciallo FrancoSciarrino, comandante della Stazione Carabinieridi Polcenigo.

Tale prestigioso riconoscimento (fra l’altro at-tribuitogli in servizio attivo), viene a premiare illungo lavoro nella benemerita Arma verso la col-lettività servita con dedizione.

Al comandante Sciarrino l’Artugna si uniscealle attestazioni di stima e felicitazioni, pervenu-tegli da più parti.

MARIO POVOLEDO

DONATORI IN FESTA

È stato festeggiato domenica 8 settembre il 35°Anniversario di fondazione della sezione diDardago donatori di sangue, in comunità con lasezione di Budoia e Santa Lucia. Ritrovo dei par-tecipanti nel cortile delle ex scuole, quindi, for-mazione corteo con gonfalone comunale in testa,seguito dai vari labari delle sezioni, deposizionedi un anno di fiori al monumento ai caduti e fo-to ricordo. A questi momenti importanti ha fattoseguito la celebrazione della Santa Messa, offi-ciata da Don Adel, in memoria dei donatori e so-stenitori defunti allietata dal coro parrocchialeanche con il canto in friulano «Salvà une vite»,che sovente si sente cantare nelle varie Chiese,in occasione delle ricorrenti giornate dei donato-ri. Alla fine della Santa Messa, è seguita la ceri-monia ufficiale con i vari discorsi dei presidentidelle due sezioni Corrado Zambon e UmbertoCoassin, nonché del Sindaco Antonio Zambon edel Vice presidente Ivo Baita, che hanno illustratola situazione attuale e hanno lasciato un caldo edaccorato invito ai giovani di farsi donatori. Il pro-gramma prosegue con la consegna degli attesta-ti di benemerenza ai premiati delle due sezioni eomaggio d’un bel piatto raffigurante le nostremontagne e la Chiesetta di San Tomè alle auto-rità e alle sezioni partecipanti. In un noto localedella zona il pranzo e la conclusione.

ESPEDITO ZAMBON

In alto. Durante una celebrazione pubblica,il neo cavaliere marescialloSciarrino (il primo a sinistra).

Sotto. Labari delle varie sezioni dei donatori di sangue in festa, nel sagrato della chiesa di Dardago, in occasione del 31° di fondazione della sezione di Dardago.

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PRO LOCO PA’ I DOVINS

Quest’anno, in occasione della Festa dei Funghie dell’Ambiente, una collaborazione fruttuosa è stata quella tra Pro Loco e Progetto Giovani,che si è reso disponibile a gestire la Pesca diBeneficenza.

I ragazzi si sono dimostrati ancora più effi-cienti delle aspettative, hanno lavorato sodo, ehanno scoperto che alla fine ci si può rendere uti-li alla comunità anche divertendosi.

La Pro Loco ha voluto ringraziare il Progettodonando qualcosa che potesse servire alle sue at-tività: i ragazzi hanno scelto un calcetto che è sta-to acquistato lo scorso novembre.

Speriamo che questo sia di buon auspicio perun avvicinamento dei giovani alla Pro Loco e ingenerale alle iniziative che vanno a vantaggio del-la collettività.

MARTA ZAMBON

GANTE EUROPEO

Il 6° concorso pianistico europeo Luciano Gante,organizzato dall’Istituto di Musica della Pede -montana in memoria dell’artista triestino scom-parso nel ’93, quest’anno ha assunto carattere europeo: i concorrenti infatti provenivano da va-rie nazioni.

La giuria internazionale ha assegnato il pri-mo premio, consistente in seimila euro, diploma

reografia e fitness. Una bellissima opportunità perun giovane che desidera cimentarsi nel mondodella musica. Cindy ha dunque avuto la possibi-lità di frequentare questa Accademia per nove set-timane, crescendo musicalmente, dimostrando,via via che il tempo passava, grandi doti canoree ricevendo i complimenti e gli applausi da tuttoil corpo insegnante per la sua voce da rocker eper la sua interpretazione, facendosi inoltre ap-prezzare anche come persona. Ora l’augurio chevogliamo fare a Cindy è un futuro pieno di mu-sica e la realizzazione di tutti i suoi sogni. Le chie-diamo però di restare sempre come l’abbiamo ap-prezzata in televisione e di non dimenticare maile sue origini e Dardago.

A.B.

di partecipazione e cinque concerti ad AlbertoNosè (Italia). Al secondo posto si sono classifi-cati ex aequo Davide Cabassi (Italia) e Alì Hirèche(Francia). Al terzo posto si sono classificati exaequo Michelangelo Carbonara (Italia) e FedericoLovato (Italia). Il premio speciale per la migliorconcorrente femminile è stato assegnato a LauraMc Donald (Gran Bretagna).

I vincitori sono giunti alle finali dopo aver su-perato le prove eliminatorie, durante le quali i 18pianisti ammessi si erano cimentati in un pro-gramma della durata di 45 minuti. La manifesta-zione si è conclusa con il concerto finale esegui-to dai vincitori, applaudito da un pubblicoentusiasta, che sabato 27 ottobre gremival’Auditorium Concordia.

MARTA ZAMBON

Momenti della «Festa dei Funghi e dell’ambiente», organizzata dallaPro Loco: alcuni volontari incucina e le bancarelle dei prodottitipici della pedemontana lungo le vie del paese.

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PA’ I MORTI IN GUERA

Nell’ambito della riqualificazione della piazzadel capoluogo, l’Amministrazione Comunale haproceduto alla collocazione del monumento aiCaduti, nei pressi dell’area ove hanno sede l’au-la dei consiglio comunale, la biblioteca civica,l’ingresso delle scuole che diventerà piazza a tut-ti gli effetti.

NO I LO LASSA SPORC

Anche nel comune di Budoia, come in tutti i co-muni d’Italia, il giorno 4 novembre è doverosa-mente ricordato il sacrificio dei caduti di tutte leguerre. Per la cerimonia ufficiale è di turno, que-st’anno, Dardago.

Nella settimana precedente il giorno 4, le si-gnore Vittoria Santin e Marcella Bastianello han-no pulito e adornato con vasi di crisantemi il mo-numento ai caduti. Grazie alla buona volontà eallo spirito che alimenta il volontariato.

SALVÒN EL BOSC DEL CANSIGLIO

Affollati i locali della scuola elementare di Budoiain cui si è svolto l’incontro con Fulco Pratesi, pre-sidente nazionale del WWF Italia, per discuteresulle iniziative che minacciano l’importante edantichissima foresta del Cansiglio: si prevede-rebbero l’urbanizzazione di alcune sue aree, inzona demaniale, e la costruzione di una strada dicollegamento Alpago-Piancavallo.Ci auguriamo che il territorio che sta alle nostrespalle con la sua spiccata individualità non ven-ga deturpato.

NIKOLAJEWKA

26 gennaio 1943. Sessant’anni fa si consumavala tragedia degli Alpini in terra russa a 42 gradisottozero. Partiti in molti, tornati in pochi. Tra ifortunati, il reduce Paolo Busetti, che anche a no-me degli altri due budoiesi viventi, il col. MarioPonte e il sergente medaglia d’argento AngelinAugusto, ha avuto l’idea di commissionare al pit-tore Umberto Coassin un quadro della realtà vis-suta in quella sacca, tragica, quanto sono tragi-che le conseguenze della guerra. Coassin hadisegnato, ovviamente a titolo gratuito, quantoPaolo Busetti gli raccontava, non senza commo-zione. Il dipinto (2x1 metri), è stato donato allaSezione Alpini di Pordenone, durante la cerimo-nia annuale che si tiene al Villaggio del Fanciullo.

Proprio nel prossimo 2003, la ricorrenza si ri-vivrà domenica 26 gennaio. Sessant’anni esatti

SPERÒN CHE NOL NE LASSE

Nel mese di luglio/agosto alcuni temporali di no-tevole violenza di sono abbattuti sulla nostra zo-na. I disagi non sono mancati. A Dardago l’albe-ro secolare della piazza, el balèr, ha subito, daparte dei vigili del fuoco, un ulteriore taglio allasua già sfoltita chioma, perché giudicata perico-lante. Speriamo che il male non sia venuto pernuocere e che la forzata potatura serva per rinfor-zarlo. Dai, vecio, tin duro.

fa, per non dimenticare il sacrificio di tanti Italianicaduti nell’adempimento di un preciso dovere eper esprimere, ancora una volta, più che mai, l’or-rore per le guerre e l’anelito di pace che scendedall’alto e che l’uomo deve dilatare in ogni do-ve. Un dono prezioso per un futuro di pace.

MARIO POVOLEDO

Il dipinto di Umberto Coassindonato alla Sezione ANA di Pordenone dai reduci di Budoia.

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Anche da queste poche righe, si deve sottolinea-re che non sono stati gli Alpini di Budoia a farspostare il monumento, ma questi hanno il meri-to di aver spronato l’Amministrazione Comunalea restituirlo alla pietà e alla considerazione dellapopolazione.

La celebrazione, resa più solenne dal ricordodel 130° anniversario di costituzione del corpodegli Alpini, organizzata dai Gruppi ANA dellaZona Pedemontana, ha riunito autorità, alpini incongedo e popolazione in un vincolo di gratitu-dine verso i Caduti.

Dopo la cerimonia dell’alzabandiera e del -l’onore ai Caduti, della benedizione impartita dalParroco don Adel Nasr, e la celebrazione dellaSanta Messa, sono seguiti i discorsi del Sindaco,del rappresentante dell’Amministrazione Pro -vinciale dr. Arnaldo Grandi, e la commemora-zione ufficiale tenuta dal presidente provincialedell’ANA, cav. uff. Giovanni Gasparet. Al ter-mine, gli Alpini con alcuni volontari hanno of-ferto ai numerosi intervenuti un rinfresco. Fra leautorità presenti: il Comandante la Stazione ca-rabinieri, Maresciallo Cav. Franco Sciarrino, larappresentanza della Brigata Alpina Julia capeg-giata dal capitano Antonio Esposito della 132a

Brigata Corazzata Ariete, la rappresentanza delGruppo ANA di Milano-Crescenzago e dei Bersa -glieri in congedo. Presenti pure i reduci di Russiacol. Mario Ponte, Augusto Angelin e Paolo Busetti.

Una considerazione: il monumento, deve es-sere considerato luogo di rispetto e di devoto rac-coglimento. È come se ci recassimo in mesto pel-legrinaggio davanti alle tombe dei nostri morti.Al termine della cerimonia il loro sacrificio è sta-to ricordato dalla bella ode che la concittadinaRosa Palma Talamini ha composto vent’anni fae che è riecheggiata anche in questa occasione.Per non dimenticare!

MARIO POVOLEDO

’N A CANTHON PA’ «LO ZECCHINO D’ORO»

È un giovane insegnante dell’Istituto di musicadella Pedemontana l’autore di una delle canzonidella 45° edizione dello Zecchino d’oro. Si trat-ta di Loris Varnier, che ha scritto la musica del-la composizione che ha vinto il concorso «Invitoallo Zecchino d’Oro»; le parole sono della signora

Patrizia Amoruso. Il brano, cantato dal coro «Piccolidel Contrà» di Camolli-Casut, si intitola «MioFratello» ed è inserito nel CD di quest’anno del-lo Zecchino d’Oro come 15° canzone della ras-segna internazionale dell’Antoniano. Martedì 19Novembre dalle 17 alle 19 il coro Piccoli delContrà e il maestro Varnier sono stati ospiti in di-retta TV su RaiUno allo Zecchino d’Oro per pre-sentare il loro lavoro.

MARTA ZAMBON

E FECE GRAN MONTANA

A fine novembre e nei primi giorni di dicembreanche sulla nostra provincia cade pioggia torren-ziale. L’Artugna si riempie di montana e fa sen-tire in paese la sua cupa voce.Trascina con violenza alberi e crode, finché, giun-ta in picchiata alla rosta, lasciando isolato Ligont,aumenta il suo rumoreggiare lungo l’alveo, cheecheggia nella valle, richiamando l’attenzionedella popolazione dardaghese e... foresta.L’Artugna scuote gli animi e rammenta che lei èsempre li, pronta a destarsi dal suo assopimento,a far gran montana.

SANT’ANDREA, EL PORC SU LA BREA

Anche quest’anno la Pro Loco, in collaborazio-ne con la parrocchia di Budoia ha organizzato lafesta del patrono (30 novembre), che quest’annocadeva di sabato. Alle 17.00 è stata celebrata laSanta Messa, al termine della quale tutti hannopotuto riunirsi in piazza dove era in funzione ilchiosco: oltre alla tradizionale porchetta, c’era-no pastasciutta, pasta e fagioli, musetto, capret-to e formaggi, insomma, per tutti i gusti!

Accanto al chiosco era stato allestito anche unpozzo di San Patrizio, in questo caso si potrebbedire di Sant’Andrea, che ha portato quasi tutti,specialmente i bambini, a tentare la sorte, vistoche ad ogni pescata il premio era sicuro.

Certamente una festa riuscita che ha dato tan-ta soddisfazione agli organizzatori, a coronamentodi un anno particolare, che segna il quarantesimoanniversario della Pro Loco.

MARTA ZAMBON

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AGA CLAMA AGA

L’Artugna è giunta fino al Quartiere Lavanderiedi Segrate (Milano), in occasione della Festa delCrocefisso di settembre con l’allestimento di unamostra sulla storia, il territorio, l’arte, le tradi-zioni, la cucina del Friuli-Venezia Giulia.

Ci ha fatto piacere essere stati vicini ai dar-daghesi e budoiesi del milanese e far ammirareai visitatori anche di altre regioni le bellezze del-la nostra terra.

Ci scrive Maria Carlon, una delle organizza-trici della festa:

«Grande emozione, per me friulana di Budoia,quando Don Alberto, Parroco della Chiesa “BeataVergine Immacolata” di Lavanderie di Segrate,ha proposto di aggiungere, ai tradizionali tregiorni di festeggiamenti parrocchiali di settem-bre per la Chiesa del Croceficco, anche uno standdella regione Friuli-Venezia Giulia.

Con molto entusiasmo ho iniziato contattan-do il Fogolâr Furlan di Milano, parenti e amicivicini e lontani, e in tutti ho trovato tanta dispo-nibilità.

Durante il periodo di ferie in agosto, in giroper il Friuli abbiamo riscoperto luoghi e tradi-zioni della nostra regione e insieme abbiamo ri-cordato tante identità: la famiglia, il lavoro, lamiseria, la semplicità, il reciproco aiuto.

Gli amici di Budoia e Dardago hanno costruitodei bellissimi pannelli, descrivendo la storia, masoprattutto la cultura e le tradizioni, a noi tantocare. Oggetti di antiquariato e tanto materiale il-lustrativo, fornito dai diversi enti di soggiorno,hanno fatto bella mostra nello stand. C’era an-che la bandiera del Friuli, per molti sconosciuta.

Dopo l’adorazione del Crocefisso, nella me-moria del Venerdi santo, e la Benedizione, han-no avuto inizio i festeggiamenti della prima se-rata con l’apertura dello stand gastronomico. Lanostra polenta bianca, cucinata nella cialdieragranda, prestata da un alpin furlan di Dardago(Luciano Bocus Frith), è stata assaporata con iprodotti tipici: vini della zona di Cormons, pro-sciutto di San Daniele, speck di Sauris, salumi,formaggi, miele, olio e farina della PedemontanaSacilese. La polenta, che ha destato meravigliaperché bianca, è piaciuta tantissimo ed è statonecessario cuocerne una seconda per acconten-tare tutti. Domenica la Santa Messa, l’Angelus e

la Benedizione; e poi insieme per un brindisi eun pranzo con tutta la comunità.

La partecipazione e l’esibizione del «CoroFogolar Furlân di Milano» diretto da MarioGazzetta hanno allietato le cerimonie ed io nelmio scialle mi sono sentita tanto friulana.

Con gratitudine desidero ringraziare DonAlberto, i miei familiari e tutti gli amici per aver-mi dato la possibilità di esprimere e vivere sen-timenti un po’ abbandonati.

Sabato 7 dicembre alle ore 21 in Chiesa, an-cora un’occasione d’incontro con un concertostrumentale, la lettura di poesie e preghiere allaMadonna scritte da Padre David Maria Turoldoed un brindisi di tanti auguri dicembrini.

Mandi. MARIA CARLON BOSSER

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PARLÒN PAR FURLAN

È il quarto anno che l’Amministrazione Comu -nale, in collaborazione con la Società Filologi caFriulana, realizza corsi di lingua friulana.Complimenti all’insegnante Erica Cristante e aglistudenti che volonterosi proseguono il camminod’istruzione della marilenghe.

Antonia e Paolo

Catina Rosa Damo Gigia Cencia Angelina Bino

UstinGigetoRosinaOtelo

GinaSantinaMarinoMariaItalo

Maristela

AntonietaFranca

EvaAda

LuisaLuigino

FabioFiorenzoAntoniaAugusta

LilianaGigeto

GianinaMaristela

AlvesEzio

Melita

PaolinGrassiano

Erna

I FRITH I SE CJATA A MILAN

I Frith i se cjata a Milan intorvia la tola per...«quater ciacer».

Per alcuni Frith residenti a Milano, discen-denti di Antonia e Paolo, sabato 30 novembre èstata l’occasione per incontrarsi e conoscersi.

È stato l’incontro di tre generazioni, per lamaggior parte di loro il primo incontro tra cugi-ni che ancora non avevano mai avuto l’opportu-nità di conoscersi e non solo i più giovani.

Si è rivelata una bellissima serata piena di«Ciao, io sono..., il figlio di... e tu chi sei?».

Mentre i ragazzi hanno passato la serata traloro a cercare di capire e riconoscere le varie di-scendenze e parentele, grazie ad un albero ge-nealogico approntato per l’occasione, i «menogiovani» hanno ricordato i tempi della loro in-fanzia. Passando tra i tavoli coglievi parole tipo«mont, sloitha, frithe, cao e salat» oppure «quel-la volta che sono venuta con la mamma... mi ri-cordo di quella signora anziana... di quel corti-le... di quella via che va verso...». Due modi diricordare, diversi per età, ma comuni nell’entu-siasmo. Nostalgia nel primo, rievocazione nel secondo, ma una certezza comune: «Dobbiamorivederci presto, facciamo che diventi un appun-tamento annuale. La prossima volta tutti aDardago?» Perché no?

A.B.

Nella foto. L’incontro dei numerosi discendenti di Antonia IannaBarnardo e Paolo Bocus Frith. Per favorire le nuove generazioniogni partecipante era dotato di un «cartellino di riconoscimento»per identificare il ramo di appartenenza.

Nel ricordo di Antonia e Paolo3 generazioni di Frith

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32Lasciano un grande vuoto...

Riccardo Zambon PRIMO ANNIVERSARIO

La sua giornata terrena si è conclusa all’alba del 31 ottobre 2001, ma anche all’alba della vita, nei suoi vent’anni.

È partito in silenzio, come silenziosa è stata la sua breve vita, adorato dalla sua famiglia, amato dai suoi amici, stimato dai suoi insegnanti ed educatori.

È partito senza conoscere il male, ma gioioso e riconoscente solo del bene ricevuto in tutti gli anni della sua formazione e della sua crescita e, per questo, osiamo credere abbia vissuto abbastanza per cogliere ciò che di bello concede la nostra esistenza.

La nostra vita è nelle mani di un Padre che sa quanto lasciarcie quanto chiamarci a sé.

Caterina Del MaschioPadova, 26 agosto 2002

Sei uscita dalla nostra vita, ma non dal nostro cuore. Nessuno muore sulla terra, finché vive nel cuore di chi resta.

LE FIGLIE ELENA E LAURA CARLON

Ho sognato che camminavo in riva al mare con il Signore e rivedevo sullo schermo del cielo tutti i giorni della mia vita passata. E per ogni giorno trascorso apparivano sulla sabbia delle orme: le mie e quelle del Signore.Ma in alcuni tratti ho visto una sola orma, proprio nei giorni più difficili della mia vita. Allora ho detto: «Signore, io ho scelto di vivere con te e tu mi avevi promesso che saresti sempre stato con me.

Perché non eri accanto a me proprio nei momenti più difficili?». E lui mi ha risposto: «Tu sai che io ti amo e non ti ho abbandonato mai; i giorni nei quali c’è soltanto un’orma sulla sabbia sono proprio quelli in cui ti ho portato in braccio».

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Vittorio Del MaschioMARESCIALLO DELL’AERONAUTICA (QUINTO ANNIVERSARIO 4.9.1997 - 4.9.2002)

Cinque lunghi anni sono trascorsi dal giorno che hai lasciato questa terra, ci conforta tuttora il ricordo di essere stati vicino a te fino al tuo ultimo respiro e tu lo hai capito.

Ti ricordiamo sempre con immutato affetto, preghiere di suffragio e la Santa Messa.

Ciao Vittorio, tua moglie e figli.

Potremo mai credere morto chi è sempre nel nostro cuore? (SANT’AGOSTINO)

Girolamo Zambon

A quattro anni dalla sua scomparsa (23.8.1998-23.8.2002) vi inviamo una fotografiadi nostro padre, Girolamo Zambon, insieme ad un piccolo «scritto» a lui dedicato,che gentilmente vorremmo pubblicati nel prossimo numero del vostro bellissimo periodico.

In tal modo vogliamo ricordare, insieme a nostra madre, l’interminabile affettoche ancora ci lega al nostro papà.

Grati della vostra disponibilità, vi ringraziamo anticipatamente.BETTA, ALESSIO E FABIO ZAMBON

Elia Zanolin

«Girolamo, papànon abbiamo più paroleda pronunciare,ti vediamo sempreaccanto a noiin qualsiasi luogo.Torniamo indietro nel tempopensando a quegli attimipassati allegramente.

Soltanto adesso capiamola nostra non rassegnazione.Sappiamo di aver perdutoun grande uomoe un indimenticabile papà».

Elia, piccolo fiore non sbocciato, angelo volato direttamente in cielo.

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Sopra, a sinistra. Antonietta Bocus e Fortunato Zambon festeggiano il loro 50° anniversario di matrimonio.(23 aprile 1952-2002)

Sopra. Luigia Ariet, attorniata da figlie, generi, nipoti e pronipoti, ha festeggiato il 90° compleanno. Un’infinità di auguri.

Le figlie Clelia, Rosella e Laura

Simone De Poli di Alessandro e Marta Villanti è nato a Mestre il 5 agosto 2002.Benvenuto nella nostra comunità!

A tutti, gli auguri della Redazione

Inno alla vita...

Sopra. Vittoria Santin e Agostino Vettor, festeggiano il loro55° anniversario di matrimonio (16 novembre 2002).

A lato. Anche Maria Janna e Guerrino Bocus, hanno raggiunto il loro 55° anniversario di matrimonio (30 novembre 2002).

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35I ne à scrit

Arese, 10 settembre 2002

Spett. Redazione,

ho visitato la mostra di foto storiche della vostracomunità, quest’estate nel mese di agosto pressola biblioteca di Budoia, ma non ho trovato nes-sun viso conosciuto.

Nell’ultimo numero della rivista, invece, è ri-portata la foto di una classe scolastica del 1922.

Ho provato una forte emozione quando vi hotrovato mio padre (aveva 10 anni)! Non possie-do foto dell’adolescenza e gioventù dei miei genitori.

Poiché anche mia madre era nativa di Budoia,mi sto chiedendo se riporterete altre foto del ge-nere nei prossimi numeri e quanti altri lettori de-sidererebbero la stessa cosa.

È stato piacevole constatare il ripristino deivecchi sentieri intorno a Budoia, Dardago, SanTomè ecc.

Non ho trovato traccia dello storico sentieroBudoia-Mezzomonte; esiste un indirizzo e-maildel gruppo Alpini di Budoia o altro?

Un tempo era la Pro Loco Budoia che si occu-

30 settembre 2002

Gentile Redazione, per motivi di lavoro sono spesso lontano dallamia casa in Belgio; quando la famiglia mi spedi-sce la rivista nei luoghi dove mi trovo per ragioni di lavoro è sempre un grande piacere. Èsempre una gioia quando scorro tutte le pagine,leggendo i vari fatti della vita delle nostre terrelontane.

A riguardo dell’annuncio dell’edizione del li-bro di Renato Appi, sono interessato a riceverlo,al mio indirizzo in Belgio.

RingraziandoVi ancora per tutte queste bellecose, Vi auguro buon proseguimento

Cordiali saluti ELIO FR. PUPPIN

Caro Sig. Elio,le abbiamo spedito in Belgio il volume «Vere ono Vere». Siamo sicuri che le piacerà anche per-ché oltre che leggere, potrà ascoltare le radio-scene nella nostra parlata, registrate sui 3 CD.

Siamo molto felici che lei apprezzi il nostrolavoro. Lo facciamo, in particolar modo, per inostri concittadini che sono lontani.

Grazie di tutto, anche della generosa offertache ci è arrivata.

Le 2 mai 2002

Je suis un vos lecteurs de France grâce à la pré-sence de mes grands-parents à Dardago, MonsieurDa Ros Antonio.

Ayant vu dans votre magazine que vous êtresintéressé par les nouvelles concernant des mem-bres du village, je vours écris afin de vous infor-mer de la naissance du petit Da Ros Yoann, né le31 mars 2002 à Cenon (33) fils de Da Ros Thierryet de Mademoiselle Chasson Laurence.

Je serai très ravi que vous puissiez inscrittecette naissance dans votre chronique naissance.

Veuillez recevoir mes salutations distinguées.

THIERRY DA ROS

Egr. Sig. Thierry,la ringraziamo delle sue parole e con piacere in-seriamo l’annuncio della nascita di suo figlioYoann nella nostra rubrica.Un saluto a tutta la sua famiglia.

pava del ripristino sentieri, ma ora non vedo piùloro cartelli recenti.

Mi piacerebbe ricevere l’Artugna. Grazie perla vostra opera.

Cordialmente,FORTUNATO CARLON

Egr. Sig. Fortunato,siamo felici che la pubblicazione della foto del-la classe frequentata da suo padre sia stata dalei molto gradita. Certo! È nostra intenzione con-tinuare la pubblicazione di foto storiche, comedel resto già facciamo da parecchi anni.

Per quanto riguarda i sentieri, molti sono ab-bastanza ben tenuti. Anche quello che dalla«Panerata» porta a Mezzomonte. Lo provi quan-do ha occasione. Non ci risulta che il GruppoAlpini abbia un indirizzo e-mail. Quello della ProLoco è: [email protected]

Le spediremo l’Artugna. Cordialmente.

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Mestre, 19 novembre 2002

Spett. Redazione,

Vi comunico il conseguimento della laurea(108/110) per Infermiere di Pietro Zambon, Mestre. Non avevo comunicato precedentemen-te del conseguimento della licenza media supe-riore di Giovanni Zambon, maturità scientifica(100/100).

Mi prendo in anticipo annunciando il 25° dimatrimonio, Gino Zambon e Lucia Pistellato, del11 Marzo 2003. Invierò una foto della famiglia.Continuate così, cordiali saluti anche dal nonnoMario Zambon Pinal. Buone feste natalizie.

GINO

Caro Gino,abbiamo inserito nella apposita rubrica i dati deirisultati scolastici dei suoi figli. Attendiamo lafoto della festa per i vostri 25 anni di matrimo-nio. Ricambiamo gli auguri a tutta la famiglia eanche a nonno Mario.

Jony-aux-Arches-France

Spett. Redazione,

un contributo per il nostro giornale, l’Artugna.Congratulazioni a tutti coloro che collabora-

no alla realizzazione di questo bel periodico, cheleggo sempre con piacere e curiosità.

Aggiungo questa vecchia foto scattata davan-ti la casa del nonno Osvaldo Basso, adesso viaPedemontana, io non ci sono e nemmeno il non-no, però c’è suo fratello Piero e parte delle nostrefamiglie, zii e cugini. Cordiali saluti a tutti.

MICHELE BASSO

Grazie, caro Michele, per i complimenti e per lasignificativa fotografia della sua famiglia. La può ammirare nella rubrica «’N te la vetrina».

Mestre, 5 novembre 2002

Spett. Redazione de l’Artugna,

aspetto con ansia, come sempre, il prossimo nu-mero de l’Artugna perché ho fatto inserire il no-me del mio nipotino Simone De Poli, figlio diAlessandro e Marta Villanti nato il 5 agosto 2002,a Mestre.

Conservo la raccolta con affetto e cura perchéogni tanto sfogliando le migliaia di pagine, i mieiricordi non sbiadiscano ma restano vivi attraver-so le fotografie, gli avvenimenti, i racconti e lestorie delle origini; quindi anche Simone farà par-te dei lettori de l’Artugna perché, come si leggesul n. 1 di trenta anni fa, vi è scritto che non de-ve essere un «giornale» per pochi.

Ringrazio tutti i collaboratori che dedicano illoro tempo per tenere accesa una piccola luce pertutti i paesani sparsi nel mondo.

Saluto e auguro Buon Natale e Buon AnnoNuovo a tutti.

SILVANA ZAMBON

Greci (Romania) novembre 2002

Gentile Redazione,

mando questo materiale e spero vada bene. Chiedoscusa per il ritardo dovuto a seri motivi. Vi pre-go, se è possibile, trasmettere ringraziamenti perla loro gentilezza e generosità alle famiglie Zambon– Ugo, Mauro, Paolo, Dosoli na – a don Adel e atutti coloro che ho conosciuto a Dardago, e al prof.Mario Cosmo.

Auguro a tutti tanta salute e felicità. Ogni bene per l’anno nuovo e Buon Natale!

Affettuosamente saluti con viva simpatia!

CELLIA ONTELUS BORO

Gentile Signora Cellia, siamo lieti di avere ricevuto i suoi scritti e lesplendide fotografie che vedrà pubblicate in que-sto stesso numero.Ricambiamo cordiali auguri di Buon Natale e se-reno 2003.

Siamo lieti di sentirci presenti nella sua famiglia;con le sue gentili parole ci invita a proseguire ilcammino: non possiamo deludere né lei né Simone,nostro futuro lettore.

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DAI CONTI CORRENTI

Per l’Artugna, il filo che ci tiene uniti al nostropaese d’origine. Saluti.

FAM. ANTONIO BASTIANELLO – MILANO

*Ho visto la foto dei miei nonni Busetti sul n. 96. Che piacere! Grazie.

LAURA TRADATI – MILANO

*Quando arriva l’Artugna porta aria della miaterra. Cordiali saluti.

GIORGIO PUSIOL – LUGANO

*Sempre con interesse e gioia leggo il vostroperiodico. Auguri di buona continuazione.

LINA PUSIOL – SANTA LUCIA

*Vi ringrazio per la Vostra preziosa opera.

PIETRO COVRE – TRIESTE

*Grazie per l’Artugna sempre gradita.

GABRIELLA E SILVIA KLINGER – USA

*Vi ricordiamo la nostra cara defunta LuisaMaestri. Tanti complimenti a tutta la Redazione.Buon lavoro.

VINCENZO E PINA BURIGANA

*Grazie per l’Artugna e cordiali saluti a tutti.

VERA ZAMBON DE ROBERTIS

ERRATA CORRIGE

Nel numero precedente, nella rubrica «Av -venimenti» tra le nascite è stato erroneamenteinserito il nominativo Matilde Zambon, an-ziché Matilde Vettor di Paolo e MoniqueZambon – Venezia (7.1.2002).

Dalla missione di San Carlos in Bolivia

In occasione della festa dell’Assunta 2001 con il mercatino di prodotti dell’artigia-nato boliviano e con libere offerte abbiamo raccolto 1.400.000 lire che sono state in-viate alla missione salesiana di San Carlos in Bolivia a sostegno delle opere di caritàche la missione salesiana svolge in quella zona. Parte del denaro è stato devoluto alcentro del bambino denutrito, parte per la costruzione di un pozzo. Come documen-tato dalla foto n.1, l’acqua veniva tirata su a mano, con il nostro aiuto è stato fatto unpozzo più profondo e dotato di una pompa: nella foto n. 2, vediamo la nonna con isuoi nipoti che contentissimi ci ringraziano. Il pozzo serve una piccola comunità chevive all’interno della foresta. Ora padre Dario, direttore della missione, ci chiede an-cora un aiuto per la costruzione di un altro pozzo.

Io ritorno nella missione di San Carlos l’8 gennaio 2003: chi volesse dare un con-tributo per l’esecuzione di un nuovo pozzo e per il centro del bambino denutrito lopuò dare a me Pietro Janna, (via Rui de Col, 18 – 33070 Dardago, tel. 338.6707619).

Approfitto per ringraziare a nome del gruppo «amici» della Bolivia, tutti colo roche con le adozioni a distanza e in qualsiasi modo aiutano i missionari nella loroopera.

PIETRO JANNA

A sinistra.Prima della costruzione del pozzo.

In basso.Il pozzo dotato di pompa meccanica.

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BilancioSituazione economicadel periodico l’Artugna

Periodico n. 96 entrateuscite

Costo per la realizzazione+sito Web 3632,00

Spedizioni e varie 331,67

Entrate dal 14/07/2002al 4/12/2002 3517,49

Totale 3517,493 9 6 3 , 6 7

Bilancio e Auguri Programma

Prepariamoci al Grande Giorno della nostra salvezza, accogliendo ilSalvatore, nato dalla Vergine Maria; raccomando la confessione e la san-ta Comunione per vivere intensamente la venuta di Cristo sulla terra.A lui, principio e fine di tutte le cose, la gioia, l’onore e la potenza neisecoli.

Il Parroco DON ADEL NASR

Programma religioso natalizio

MARTEDI 24 DICEMBRE 2002 BUDOIA DARDAGO

• Santa Messa a San Tomè ore 20.30• Santa Messa della Natività ore 23.45ore 24.00

MERCOLEDI 25 DICEMBRE 2002 · SANTO NATALE

• Santa Messa solenne ore 10.00ore 11.00• Santa Messa vespertina ore 18.00 –

GIOVEDI 26 DICEMBRE 2002

• Santa Messa ore 10.00ore 11.00

DOMENICA 29 DICEMBRE 2002

• Santa Messa ore 10.00ore 11.00• Santa Messa vespertina ore 18.00

MARTEDI 31 DICEMBRE 2002

• Santa Messa e canto del TE DEUMdi ringraziamento ore 17.00ore 18.00

MERCOLEDI 1° GENNAIO 2003

• Santa Messa solenne e canto del VENI CREATOR SPIRITUS ore 11.00ore 18.00

DOMENICA 5 GENNAIO 2003

• Santa Messa ore 10.00ore 11.00• Santa Messa vespertina

e benedizione acqua, sale e frutta ore 18.00ore 17.00• Accensione dei Panevin ore 20.30ore 20.30

LUNEDI 6 GENNAIO 2003

• Santa Messa solenne ore 10.00ore 11.00• Benedizione dei bambini ore 15.30ore 14.30• Santa Messa vespertina ore 18.00 –

CONFESSIONI

Sabato 21 dicembre, durante il catechismo, per i bambini Lunedi 23 dicembre ore 16.00/17.00 ore14.30/15.30

Martedi 24 dicembre ore 16.30/18.30 ore18.30/20.00

A tutti i lettori e amicide l’Artugna

un augurio di lieto e «vero»Santo Natale

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MatrimoniHanno unito il loro amore: felicitazioni a…

Manuela Vignola con Daniele Zambon – VeneziaMonica Zambon con Giordano Angeli – TrentoAntonella Zambon con Luca Zambon – DardagoSilvia Zoni con Emiliano Lorenzini – MilanoChiara De Robertis con Marco Sogne – Vimodrone/MiSusanna Coassin con Stefano Franceschi – BudoiaTetyana Konko con Vittorio Sarri – Santa Lucia

Nozze d’argentoNicoletta Zambon con Giancarlo Bastianello – Dardago

Nozze d’oroAntonietta Bocus con Fortunato Zambon – Dardago

55 anni di matrimonioVittoria Santin con Agostino Vettor – DardagoMaria Janna con Guerrino Bocus – Dardago

DefuntiRiposano nella pace di Cristo:condoglianze ai famigliari di…

Agostino Zambon di anni 85 – MilanoLuisa Maestri di anni 60 – New York/U.S.A./BudoiaGianni Lanzi di anni 74 – Cologno Monzese/MiElia Zanolin – DardagoCaterina Del Maschio di anni 90 – Padova/BudoiaEdoardo Del Maschio di anni 88 – BudoiaEmilia Teresa Mariggia di anni 88 – Santa LuciaIda Ianna di anni 84 – AnconaElena Cancian di anni 84 – Santa LuciaUgo Fort di anni 74 – Bassano del Grappa /Santa LuciaSilvio Fort di anni 69 – Bassano del GrappaVincenzo Besa di anni 86 – Santa LuciaRegina Maria De Chiara di anni 86 – DardagoNorma Burigana di anni 92 – BudoiaUmberto Sanson di anni 86 – BudoiaLicia Calessini di anni 82 – MilanoGiuditta Mellina di anni 96 – DardagoVanda Zorzetto di anni 70 – DardagoPaola Busetto di anni 64 – Villotta di AvianoEgidio Peretto di anni 76 – BiellaAlbino Bortolini di anni 79 – DardagoGuerrino Zambon di anni 87 – DardagoLuigia Rosa Tessara di anni 85 – DardagoFranco Bocus di anni 59 – MarsureAntonia Fort di anni 89 – Santa LuciaEster Zambon di anni 90 – DardagoMaria Carlon di anni 68 – Milano /BudoiaAngelo Zambon di anni 78 – BudoiaGiovanna Zambon di anni 90 – SacileEnrica Meroni di anni 81 – BudoiaAgostino Angelin di anni 85 – Budoia

I nominativi pubblicati sonopervenuti in Redazione entro il 12 dicembre 2002. Chi desidera usufruire di questarubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni primadell’uscita del periodico.

Avvenimenti

IMPORTANTEGiungono talvolta lamenteleper omissioni di nominativinella rubrica Avvenimenti.Ricordiamo che la nostrafonte di informazioni sonoi registri dell’Anagrafecomunale. Pertanto, chi èinteressato a pubblicarenominativi relativi adavvenimenti fuori Comuneo relativi a particolariricorrenze (nascite, nozzed’argento, d’oro, risultatiscolastici, ecc.) è pregato dicomunicarli alla Redazione.

NasciteBenvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di:

Matteo Zambon di Marco ed Erika Magliaro – TriesteLida Angeli di Giordano e Monica Zambon – TrentoSimone De Poli di Alessandro e Marta Villanti – Mestre/VeChiara Michelazzi di Danilo e Tiziana Bocus – MilanoElia Zanolin di Michele e Stefania Zucchet – DardagoAlessio Filippozzi di Mario e Patrizia Galli – Codogno/MiYoann Da Ros di Thierry e di Laurence Chasson –Grandrien/FranciaChristopher Baller di Craig Douglas e Gloria Bonassi – S. LuciaElisa Ceschin di Fabrizio e Patrizia Decaro – BudoiaDania Elena Bulboaca di Ionel e Daniela Bulboaca – S. LuciaMarco Della Putta di Antonio e Michela Barraco – DardagoAndrea Puppin di Luigi e Eliana Gobbato – DardagoAndrea Basaldella di Ivan e Susanna Fabbro – BudoiaGiada Malisan di Gianluca e Franca Sartor – Santa LuciaCristiano Masutti di Eric e Natalia Gafton – DardagoEmilia Sandrin di Alberto e Eugenia Presot – Budoia

Lauree e diplomiComplimenti...

LaureeFederica Quaia – Laurea in Giurisprudenza – San Gio -van ni di Polcenigo Marco Bonneau Saler – Laurea in Disegno Industriale –Santa LuciaPietro Zambon – Infermiere – Mestre/VeTiziana Bastianello – Laurea in Economia e Commercio– DardagoValentina Janna – Laurea in Architettura – Dardago

Licenza Media SuperioreGiovanni Zambon – Maturità Scientifica – Mestre

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L’albero di cachi

* * *

Il cachi (o kaki) è un albero di origine giapponese, sconosciuto in vari Paesi,

specialmente in quelli continentali e nordici.

I fiori, caratteristici per la corolla verdastra a quattro lobi, si formano sui germogli dell’anno; la fioritura è relativamente tardiva (maggio)

e sfugge spesso alle gelate; ma la specie, di per sé, è alquanto sensibile al freddo.

L'obiettivo di Antonietta Torchietti ha colto un cachi «in veste invernale»

a Budoia.