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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXIX · Aprile 2010 · Numero119 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone. ciao... Balèr

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXIX · Aprile 2010 · Numero 119

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa LuciaAnno XXXIX · Aprile 2010 · Numero 119S

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utti i paesi che possono vantareuna lunga vita, hanno alcuni punti diriferimento riconosciuti da tutta la po-polazione. Per Dardago, il balèr èuno di quelli. La presenza di questogrande platano, imponente e solita-rio, nella piazza del paese, ha ac-compagnato la vita e la storia di al-meno dieci generazioni e per talemotivo i dardaghesi sono intimamen-te legati al gigante della piazza. Il nostro periodico ha raccolto, inquasi quarant’anni, molti ricordi eaneddoti dei lettori sul balèr; testimo-nianze che si tramandano di genera-zione in generazione. In tal modo anche i più giovani pos-sono sapere che negli anni passati,all’ombra del nostro albero si svolge-va il mercato degli animali (principal-mente ovini e suini, ma talvolta anchebovini); sot ’l balèr si fermavano lecorriere, e le sue maestose chiomeoffrivano generosamente ombra achiei che i le spetàva e a chiei che i ri-vava.Quando, durante il loro peregrinareda un paese all’altro, arrivavano aDardago ’l gùa, ’l stagnìn o qualchealtro artigiano, il balèr era sicuramen-te uno dei luoghi in cui sistemavano i

loro attrezzi per rimettere a nuovoforbici, coltelli, ombrelli e quant’altroera possibile riparare. Durante la sa-gra della Madonna di Agosto, nellevicinanze, girava la giostra (quellacon i seggiolini attaccati alle catene)e ai piedi dell’albero venivano siste-mate le angurie. (Nonostante l’occhiovigile del commerciante, non era raroche qualche scaltro canai riuscisse afarne rotolar via alcune per far «sa-gra» con gli amici in qualche angolonascosto).Del balèr abbiamo pubblicato moltefotografie. In quelle storiche, in bian-co e nero, possiamo ammirarlo, intutto il suo splendore, dominare lapiazza e le case che la circondavano.Le foto recenti, però, testimoniano laprogressiva decadenza fisica delgrande albero. La copertina di que-sto numero lo dimostra. Eventi natu-rali, come l’età, e accidentali, comeinterventi più o meno corretti dell’uo-mo (di cui alcuni scellerati, come ilfuoco acceso nella cavità del tron-co), hanno fatto sì che negli ultimi 30anni la patologia del balèr si aggra-vasse progressivamente. Nel 1979venne effettuata una radicale potatu-ra e successivamente fu eseguita

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una capitozzatura, cioè il taglio dellaparte più alta dell’albero. Recentiesami effettuati da esperti hannochiarito che il balèr si presenta nellasua fase terminale e considerato chetutta la parte centrale del tronco nonporta alcun apparato radicale, dalpunto di vista dell’equilibrio statico, lapianta è in una condizione di notevo-le pericolosità.Con tale prognosi e considerato chela piazza è coinvolta dai lavori di ri-strutturazione è stato deciso di ta-gliare il secolare albero.È stata una decisione ormai inevitabi-le ma che rattrista coloro che eranolegati al balèr.

Vero è che le piante fanno storia congli uomini. Nascono, crescono, in-vecchiano e, come gli uomini, muoio-no. Allora lasciano un vuoto comequando muore un cristiano. Cosìscrivevamo in questa pagina, giusto30 anni fa.

24 marzo 2010Il suo posto ora è preso da un nuovoalbero, un balerùt, che con il tempocrescerà e vorrà diventare lui il nuovore della piazza.

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Fratelli e sorelle,con la Domenica delle Palme, siamoentrati nel cuore della vita della Chie -sa; in quel giorno dopo l’ingressotrionfale in Gerusalemme, la folla subi-sce una devastante tra sformazione:dall’«Osanna al Figlio di Davide» al«Crocifiggilo». Dio non ha risparmiatoil suo Figlio Unigenito ma lo ha donatoa noi, ha patito per noi, è morto in cro-ce ed è risorto, aprendo una fase nuo-va nella vita spirituale e terrena di tuttoil mondo. Il Crocifisso è il segno di unDio che ama l’uomo fino a dare la suavita per lui, dandoci la più autorevoletestimonianza della dignità della vitaumana. Gesù, umiliato fino alla mortee alla morte di croce, ci insegna chenessuno può perdere la sua dignità,davanti all’ingiustizia, all’inganno, allasuperbia, alla violenza, all’odio. No -nostante i flagelli, le percosse, le umi-liazioni, le ferite, le sofferenze è Gesùche ne esce vincitore. L’ap parente vit-toria dei suoi persecutori è effimera,perché raggiunta versando del san-gue innocente. E come Mosè, nel de-serto, alzò un serpente di bronzo perla guarigione del popolo ubriacato dalpotere, dalla stanchezza del lungoviaggio verso la terra promessa, cosìDio ha permesso che il suo Figlio ve-nisse innalzato da terra, per attiraretutti al suo amore. Ringraziamo ilSignore di questo stupendo atto diamore verso il mondo: dalla Croce ègiunta a noi la salvezza. E proprio aTorino dal 10 aprile al 23 maggio,verrà esposta alla venerazione laSacra Sindone, il lenzuolo funebreche, secondo la tradizione, venne av-volto il corpo di Gesù prima della se-poltura. Davanti ad essa anche ilSanto Padre si inginocchierà. E la fedenel Risorto ci fa esclamare: «Non po-tevi, o Gesù, amarmi di più, per que-sto Ti adoriamo e Ti benediciamo»!

In questo Anno Sacerdotale, noipreti ripeteremo, Giovedì San to, le no-stre promesse davanti al Vescovo.Anch’io, sacerdote da 18 anni, par -roco di Budoia e di Dar dago da 10 an-ni e da 5 di Santa Lucia, le pronuncerò

la lettera del

«Ecco il legno della Croce, al quale fuappeso il Cristo, Salvatore del Mondo».

VENITE ADORIAMO

Plevàncon la bocca e con il cuore anche pervoi, mie comunità: passerò in rasse-gna nella mia mente e nel mio cuore lavita vissuta con voi, le gioie e le penecondivise, l’impegno di testimoniarel’amore di Dio per noi, pur con i miei li-miti e i miei difetti, dovuti dalla condi-zione uma na cui siamo soggetti. AVoi, chiedo una preghiera speciale perme, perché non venga mai meno lamia fede per essere, sino a che pia-cerà al Sommo ed Eterno Sacerdote,un collaboratore coraggioso del suoVangelo, forte di quel «Co man da -mento nuovo» che il Signore ci ha la-sciato come testamento nell’ultimacena: «Amatevi gli uni, gli altri, come iovi ho amati».

Tutta la Liturgia del Tempo Qua -resimale, annunciava nella speranza lavenuta del giorno di Cristo Signore, incui la creazione sarebbe finalmente ri-fiorita, come da un piccolo seme che,morto nella terra, germina una splen-dida fioritura, destinata ad un raccoltoabbondante. Con la Pasqua di Ri sur -rezione, questa speranza si compie: èil giorno di Cristo Si gnore, trionfante evittorioso, sulle potenze dello spiritodel male e della morte. Insieme agliApostoli, testimoniamo senza paural’evento cardine della nostra fede, ab-bandoniamo il lievito vecchio fatto dimalizia e di perversità e cerchiamo lecose di lassù per vivere in santità lanostra esistenza quotidiana, fatta dialti e bassi, ma ben inseriti in quellamoltitudine di testimoni che dopo l’a-marezza e la strada della Croce, pro-clamano con convinzione che Cristo,risorto da morte, non muore più ed èvivo e presente nella sua Chiesa, innoi, membra del suo corpo mistico enon cessa di manifestarsi a quanticredono nel suo nome e lo cercanocon cuore sincero. Ci aiuti Maria, laMadre di Cristo che ai piedi dellaCroce ha accolto le ultime parole delFi glio prima di affidarcela come Madre.

Allora, mentre ci porgiamo gli au-guri, scambiamoci reciprocamenteque sta certezza: «Cristo è veramenteRisorto. Alleluia».

È questo l’augurio che desidero ri-volgere a tutti, facendomi interprete deisentimenti di don Angelo, fra’ Egidio,don Antonio e don Sta nislao che insie-me ai collaboratori parrocchiali, al no-stro pe rio dico l’Artu gna, sono unachia ra testimonianza per le nostreComunità, a vivere insieme da fratelli,figli dello stesso Padre ed assaporare idoni ricevuti dalla bontà di Dio.

di don Adel Nasr

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IMPORTANTE

Per ragioni legate alla normativasulla privacy, non è più possibile averedagli uffici comunali i dati relativial movimento demografico del comune(nati, morti, matrimoni).Pertanto, i nominativi che appaiono suquesta rubrica sono solo quelli che ci sonostati comunicati dagli interessati o da loroparenti, oppure di cui siamo venuti aconoscenza pubblicamente.Naturalmente l’elenco sarà incompleto.Ci scusiamo con i lettori.

Chi desidera usufruire di questa rubricaè invitato a comunicare i dati almeno ventigiorni prima dell’uscita del periodico.

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uota

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ita] N A S C I T E

Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di...

Sebastiano Cauz di Maurizio e Marianna Busetti – BudoiaAlessandro Montanaro di Martino e Barbara Gelisi – Pordenone

M AT R I M O N I

Hanno unito il loro amore. Felicitazioni a...

Mirco Zambon e Laura Fornezzo – DardagoSerenella Pellegrini e Dennis Belford – Johannesburg (Sud Africa)Valentina Viel e Giorgio Arata – Santa Lucia

50° di matrimonio

Luigi Signora e Luisa Zambon – Budoia

60° di matrimonio

Romualdo Zambon e Bastianello Bruna – Dardago

L A U R E E , D I P LO M I

Complimenti!

Lauree

Loris Zambon – Laurea in Lingue e Civiltà Orientali – Dardago

D E F U N T I

Riposano nella pace di Cristo.Condoglianze ai famigliari di…

Barbara Salvador di anni 37 – Forcate di FontanafreddaSerafino Carlon di anni 81 – BudoiaTeresina Zambon di anni 79 – MilanoItalia Ariet di anni 89 – BudoiaSanta Lachin di anni 84 – DardagoUmberto Fort di anni 79 – Santa LuciaAnna Piazzolla di anni 51 – Novate (Milano)Rosina Zambon di anni 97 – Santa LuciaMarcellina Lachin di anni 82 – Santa LuciaMaria Bastianello di anni 97 – DardagoLuigi Nino Seno di anni 75 – Malcontenta (Venezia)Maria Zambon Carraro di anni 88 – Lido (Venezia)Armida Rina Merzariol di anni 87 – Santa LuciaLuisa Zambon di anni 57 – TorinoLorenzo Bocus di anni 58 – BudoiaModesta Zambon di anni 63 – San Giovanni di PolcenigoAnna Zambon di anni 77 – MilanoAngelo Modolo di anni 83 – PolcenigoNicola Fort di anni 78 – Santa LuciaAngela Comin di anni 63 – Santa Lucia

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Periodico della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia

sommario

2 Ciao... Balèrdi Roberto Zambon

3 La lettera del Plevàndi don Adel Nasr

4 La ruota della vita

6 Al porthìt de Sant’Antone?...di Vittorio Janna Tavàn

9 Conoscere per agiredi Roberto Zambon

12 Don Adel con noi da 10 annia cura della Redazione

Autorizzazione del Tribunale di Pordenonen. 89 del 13 aprile 1973Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96.Filiale di Pordenone.

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzionedi qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza ilconsenso scritto della redazione, degli autori e deiproprietari del materiale iconografico.

Direzione, Redazione, Amministrazionetel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594

Internetwww.artugna.blogspot.com

[email protected]

Direttore responsabileRoberto Zambon · tel. 0434.654616

Per la redazioneVittorina Carlon

Impaginazione Vittorio Janna

Contributi fotograficiArchivio de l’Artugna, Vittorina Carlon,Vittorio Janna, Rosa Oliva, Massimo Zardo

Spedizione Francesca Fort

Ed inoltre hanno collaborato Francesca Janna, Espedito Zambon,Marta Zambon

StampaArti Grafiche Risma · Roveredo in Piano/Pn

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anno

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IX · a

prile 2010

13 La sagra di Santa Lucia.Oggi, ieri, domanidi Fabrizio Fucile

16 Giovane tenace sale sul podiodi Vittorina Carlon

18 Né thus né musdi Anna Pinàl

20 Aurelio e Mario Signoradi Walter Arzaretti

21 Con gioia in oratorioa cura di Fulvia Mellina e Mario Povoledo

25 Guerrino e Gino, lavoro e famigliadi Sergio, Luciana e Vilma Zambon

27 Benvenuto Zambon,breve storia di un friulano a Dresdadi Daniele Codarin

32 Miele, territorio in barattolodi Serena Chiesa

34 Tornòn a parlà de ciavàidi Massimo Zardo

35 Lasciano un grande vuoto...

36 Cronaca

40 Inno alla vita

41 I ne à scrit

42 Bilancio

43 Programma religioso

44 La TAC del Balèr

29 Recensionea cura della Redazione

Angolo della poesia

30 Riflessionidi Adelaide Bastianello

In copertina. ’Na nica de sol da drio el balèr[foto di Flavio Zambon]

La carezza del sole di una timida mattinata di fineinverno saluta per l’ultima volta la maestosità delbalèr. Senza più fronde lascia la sua ombra alleore 9.12 del 2 marzo 2010.Un crepitìo poi un tonfo sordo, forse un gemito. Ilgi gante abbandona la sua piazza, la sua storia, lasua gente. Gli occhi ed il cuore l’hanno vistocadere sotto i colpi di una motosega, di una paladi ruspa e lo strappo finale di una corda legata adun camion. Il suo grande tronco sezionato ha inseguito loscon ta to destino di un albero malato: tri tu ra zionee ri du zione in cippatura.Ma il cuore di ogni dardaghese continua ancoraa ve derlo ritto al suo posto, eroico nel resistere altempo della sua vita di oltre 300 anni e a quelladei suoi paesani che sotto di lui si sono giocatigioie e dolori, sconfitte e riscatti, partenze eritorni, decisioni e regole, lotte e momenti diconvivialità.Il balèr era la confortante presenza nell’incertamutevolezza delle epoche, memoria collettiva ecoeren za di una comunità.Mentre veniva sezionato, molti dei presenti ne hanchiesto un «pezzo» da portare a casa come arivendicare la loro parte di gratitudine versoquell’albero, qualcun altro ne ha promesso la rina -sci ta in scultura, qualcun altro ancora in forma dicroce, simbolo di speranza, continuità e rinascita,che già il balèr incarnò, laicamente, in vita.Ciao, vecchio balèr!Sòte de ti, no’ ciantarón pì.

Vittorio Janna Tavàn

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Un recente studio effettuato dal -l’Università Cattolica di Milano edall’Università Milano-Bicocca haevidenziato che nel nostro Paese 1milione e 50 mila famiglie vive sottola soglia della povertà alimentare,cioè spende poco più di 220 euro almese per cibo e bevande.

Se tradotta in termini individuali,la cifra si fa ancora più allarmante: 3milioni di persone in Italia sono ‘col-pite’ da povertà alimentare, dellequali 700 mila prive di assistenza.

Disoccupazione, problemi di sa-lute o disabilità, morte o separazio-ne da un coniuge ed istruzione sco-lastica poco elevata sono i fattoridiretti che mag giormente incidono edeterminano il rilievo di queste stati-stiche ma che, racchiusi in un’unicadefinizione, fanno emergere, condrammatico realismo, che oggi l’ori-gine e la causa principale della po-vertà sono da individuare nel tristefenomeno della solitudine.

La ricchezza della povertà

Oggi siamo «poveri» perché siamosempre più soli.

Eppure un tempo, nelle realtàcontadine dei nostri paesi, come aDardago, quando la miseria si di-stribuiva democraticamente a tuttala popolazione, quando l’accessoal cibo era garantito solo a chi po-teva ricavare dalla terra o dalle«bestie di casa» quel poco chepro ducevano, tale condizione diprivazione rappresentava la pie-nezza di un altro valore: quello eti-co-sociale.

I fattori sopra esposti che oggideterminano la solitudine e la po-vertà alimentare, diventavano allo-ra «ricchezza», perché sviluppava-no un senso di civiltà, di solidarietàe cooperazione (Lat teria Sociale,Assicurazione bestiame, Coope ra -tiva di consumo «La fratellanza»,Vigili del Fuoco, Teatro «Concordiae Progresso»).

I legami familiari e di amicizia, lospirito di appartenenza ad una co-munità locale, il senso dell’acco-glienza, i princìpi religiosi erano ele-menti di unione, di forza, per unpercorso comune e condiviso dicrescita.

Sua maestà il maiale

Quando eravamo poveri, per nes-suno c’era cibo in abbondanza;eppure quel poco che c’era, eraper tutti. Così anche per il porthìtde Sant’Antòne, il maiale che bi-ghellonava libero di cortile in cortilenei nostri paesi, questuando, allasua grugnante maniera, qualcheavanzo di cibo, qualcosa che po-tesse dare un po’ di conforto al suostomaco.

Gli anziani di Dardago, ricordan-do quel rito, dicevano «No i n’èranéncia pa’ le nostre bestie, ma,cuàn che ‘l porthìt de le àneme ‘l tecapitava rento pa’ le porte, te to-ciàva dhài calcossa…».

Non lo si poteva allontanaresenza rifocillarlo, almeno in parte,perché il suo sostentamento erastato stabilito da un patto socialenon scritto, ma condiviso da tutti (oquasi), per poter poi mettere le suecarni, una volta cresciuto e macel-lato, a disposizione del parroco odelle persone più povere del paese.

Così almeno voleva l’antica tradi-zione diffusa in diversi territori dell’a-

Al porthìtde Sant’Antone?

… la solitudine tra la gente è ben più grave di quella chesperimenta l’eremita, o chi vive in un casolare di campagna,in qualche luogo sperduto.Perché la solitudine tra la gente vuol dire che una personaè diventata trasparente, non si vede.Esiste, ma è come se non ci fosse…

VITTORINO ANDREOLI, PSICHIATRA

di Vittorio Janna Tavàn

Un’utile proposta di riutilizzo degli avanzi alimentari?

Te tociàva dhài calcossa!

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rea veneto-friulana e legata al cultomedievale di Sant’An to nio Abate,protettore degli animali da cortile,tanto che molti dei nostri contadiniesponevano la sua immagine nellastalla.

La storia racconta di una con-cessione papale che autorizzòl’Ordine degli Antoniani ad allevaresuini nei centri abitati lasciandoli li-beri di circolare per essere alimen-tati dall’intera popolazione. Eranomuniti di un campanello identifica-tivo (alla stregua di quello che ilSanto egiziano portava sul suo ba-stone da eremita) oppure portava-no una croce disegnata sul dorso.

Solitamente il maialino era ac-quistato in primavera dalla comu-nità o dalla Confraternita delleAnime della Parrocchia, benedettodal parroco e liberato fino al 17gennaio, giorno dedicato alla festadel Santo, e quindi macellato pub-blicamente.

Il grasso era tenuto da parteper curare l’ergotismo, il cosiddet-to «fuoco di Sant’Antonio» (herpeszoster) mentre la carne, in ogni sualavorazione, era concessa ai piùbisognosi della popolazione o, co-me già detto, al prete stesso cheavrebbe onorato il dono con SanteMesse e preghiere a suffragio delleanime del Purgatorio.

La tradizione dardaghese

Da noi l’antico rito era vissutocon qualche piccola variante.

Più diffuso con la denominazionedi porthìt de le àneme (perché adesse, alle persone più bisognose,era destinato), il maia lino era acqui-stato una domenica di inizio prima-vera dai fabbriceri della chiesa che sidavano appuntamento con i vendi-tori di bestiame dopo la MessaGranda sotto el balèr della piazza.

Il maiale era benedetto dal pie-vano dopo il Vespro pomeridianoe, come ricordano in paese,«ciapàt la benedithiòn, i lo molàvae lui ‘l déva dhret fin via da Rosìt…no ‘l ciapàva mai la stradha deBudhòia…».

Anche per lui, come per qual-siasi altro animale, era interdetto ilsagrato della chiesa. Infatti, perevitare dissacranti ‘intrusioni’, duegrosse grate a larghe maglie (le

L’utilizzo di espressioni verbali le-gate a Sant’Antonio Abate (250-356 d.C.) è ancora ampiamentediffuso, proprio per la ‘versatilità’delle virtù del Santo e la varietàdelle vicende che hanno caratte-rizzato la sua vita.A partire proprio dal motto pro-verbiale «te sò come ’l porthìt deSant’An tone» che identifica lapro pensione di chi, poco avvezzoa rimanere a casa, girovaga per ilpaese.Al Santo è associato anche l’erpe-te (herpes zoster), il cosiddetto«Fuo co di Sant’Antonio», una do-lorosa malattia cutaneo-nervosache si manifesta come un «ser-pente di fuo co» all’interno o suuna parte del corpo.Nella sua etimologia greca hèrpeszostér significa «cintura di ser-pente», raffigurazione del demo-nio con il quale, nella tradizionecristiana, Sant’Anto nio ingaggiòaspre battaglie. Il Santo seppeinfatti domare le tentazioni dia-boliche e le passioni a cui fu sot-toposto. Stando alla leggenda, ildemonio gli apparve in forma di

LE «ESPRESSIONI» DI UN SANTO

formosa donzella ed il Santo, ac-ceso un fuoco sotto la graticola esalitovi sopra, la invitò a giacere alsuo fianco. Il diavolo si manifestòe fuggì.Un fuocherello, un maiale (altrarappresentazione figurativa delMaligno), il bastone con il campa-nello e il libro delle preghiere,compaiono sempre nell’iconogra-fia del Santo.Di antica tradizione anche il con-cetto di «Catena di Sant’Antonio»,ancor oggi purtroppo in voga.Il legame con l’eremita egiziano èattribuibile ad una leggenda nellaquale si narra che Sant’Antonio ungiorno scrisse una lettera al ducadi Egitto, Ballacchio, ammonendo-lo che se avesse continuato nellapersecuzione dei Cristiani, Dio loavreb be punito uccidendolo.Al termine della missiva lo esortòa spedire il medesimo testo a tuttii notabili della zona che si com-portavano come lui.Ballacchio snobbò la richiesta edistrusse la lettera: qualche giornodopo, il suo mansuetissimo caval-lo lo disarcionò facendolo perire.

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freàdhe) erano state poste all’ac-cesso del suolo benedetto.

A gennaio dell’anno successivo,dopo la Messa domenicale, elporthìt de le àneme era messo al-l’asta con il battitore posto sullasommità della scaletta dell’entratadel campanile.

L’importo della vendita delmaiale era devoluto in beneficenzaalla Chiesa, per il supporto spiritua-le (in forma di Messe) delle animedefunte, ‘dimenticate’ dalla comu-nità, e per quello materiale del pie-vano e delle persone che vivevanoin condizione di miseria.

Per quanto da noi non vi fosseun vero e proprio culto legato aSant’Antonio Abate (come inveceavviene, ancor oggi, a Mez -zomonte del quale è patrono), laprotetta ‘sacralità’ del maiale, finoal 17 gennaio, è attestata anche daRenato Appi in Vere o no vere allor-ché il personaggio di Pasqual nellaradioscena La roba dei àltres am-monisce con parlata budoiese:«(…) Invethe i dis che no se à decopà el porc el dì de sant’Antone,parché se no, al te s’ciampa via col

cortèl implantàt. I veci i la contavache ere fiol. Me nono, po, el raco-mandava sempre: ‘Guài copà elporc el di de sant’Antone de laMont! Guai! Guai a veàltre!’».

La tradizione del porthìt de leàneme sopravvisse da noi proba-bilmente fino agli anni Quaranta,quando, con il sopraggiungere de-gli eventi bellici, andò gradualmen-te perdendosi per non essere piùadottata neppure successivamentequando iniziammo a disporre diuna nascente «indipendenza eco-nomica».

E proprio in questa corrispon-denza di maggiore possibilità, pa-radossalmente, il porthìt se neandò definitivamente in pensione.

Gli sprechi «non sprecati»

Ritornando ai giorni nostri, questoparadosso è vissuto con ancor piùesasperazione.

Se le indagini riportate denun-ciano il problema della povertà ali -mentare, altre rilevano uno sprecodi dimensioni faraoniche: ogni an-no finiscono nella spazzatura 25milioni di tonnellate di cibo, di cui

18 milioni direttamente dalle case,dai negozi, dai ristoranti, dalle men-se, dagli hotel e dalle aziende ali-mentari.

Solo per evidenziare la questio-ne del pane, nella città di Milano,ogni giorno diventano immondizia180 quintali di prodotti da forno. Maal pane si devono aggiungere glisprechi delle altre merci fresche(latte, uova, formaggi, yogurt), dellafrutta e della verdura, degli affettatie dei prodotti in busta.

L’argomento è già stato trattatosulle pagine de l’Artugna (Ci bo.Tutto lo spreco che finisce nellaspazzatura, maggio 2008), ma vor-remmo nuovamente farne cenno invirtù di alcune «buone notizie» chegiungono dal nostro territorio.

Quelle espresse da molti panifica-tori del Pordenonese, ad esempio,che regalano le eccedenze ad azien-de agricole allevatrici di bestiame an-che se «con le leggi che ci sono oggisulle etichettature – sostiene un loroesponente – è quasi più facile buttarevia i prodotti che reimpiegarli».

Il ritorno del porthìt?

E noi cosa potremmo fare?Forse poco, forse niente, forse

semplicemente educarci meglioagli acquisti, ai consumi, al riutilizzodegli avanzi.

O forse (perché no?), rispolve-rando il «nostro» porthìt de le àne-me, magari un po’ più stanziale inqualche recinto (più per la sua inco-lumità lungo le strade trafficate cheper la nostra tranquillità domestica),ma sostentato e allevato dalla co-munità alla stessa maniera di untempo, con ciò che avanziamo deinostri pasti, con ciò che i nostri ne-gozi alimentari hanno di invendutoo in scadenza, con ciò che i nostriristoranti e i bar gettano nella spaz-zatura.

Perché no? Davvero, perché no?Perché non sentirci nuovamente

più comunità, un po’ più «poveri»ma meno soli?

Si dice che «del maiale non sibutta via niente»… neppure il suoantico, prezioso ‘significato’.

Si ringraziano gli informatoriCamillo Zambon, Espedito Zambon,Flavio Zambon, Carlo Zoldan

Perugia, Nicola e Giovanni Pisano, (1278),particolare di una formella marmorea della Fontana Maggiore.

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Per inquadrare dal punto di vista demografico il territorio in cui operal’Ambito, è utile riassumere i principali dati sulla popolazione residente.

Conoscere per agire

L’Ambito Distrettuale èl’organismo sovracomunaledelegato alla gestione dei servizisociosanitari. Il Comune diBudoia fa parte dell’Ambito 6.1assieme ai Co mu ni di Aviano,Polcenigo, Ca ne va, Sacile,Brugnera e Fonta na fredda.Recentemente l’Ambitoha pubblicato, per il quintoanno consecutivo, il rapportosociodemograficodella popolazione re sidente,al fine di fornire uno strumentoutile per definire le decisionie le attività degli Operatori socialie degli Am ministratori localiper la programmazionedegli interventi e dei servizisul proprio territorio.L’analisi ha preso inconsiderazione gli aspettipreminenti della strutturadella popolazione complessivadell’Ambito e dei singoli Comuniche lo compongono, e i principalisotto gruppi di popolazionepresenti, come gli anziani,i minorenni e gli stranieri.L’obiettivo è quello di evidenziarele ricadute pratiche che lediverse dinamiche demografichehanno per il sistemadell’offerta di Servizi Sociali.Grazie alla cortesia dell’As ses soreOmar Carlon che ci ha fornitola documentazione, siamoin grado di estrapolare una seriedi dati statistici moltointeressanti per il nostroComune.

Per poter megliocomprendere i dati espostinella seconda parte,è interessante conoscerela suddivisione dei residentiper Co mune, di stinguendotra Co munidella pedemontanae della pianura.

Ambito Distrettuale 6.12004 2005 2006 2007 2008

Popolazione residente 58.590 59.177 60.144 60.883 62.210 Variazione annuale della popolazione – + 587 + 967 + 739 +1.327 Popolazione minorile (0 -17 anni compiuti) 9.152 9.428 9.708 9.919 10.257 Variazione annuale della popolazione minorile – + 276 + 280 + 211 + 338 Adulti (18-64 anni compiuti) – 37.789 38.296 38.637 39.436 Variazione annuale della popolazione adulta – – + 507 + 341 + 799 Anziani (65 anni e piu) – 11.960 12.140 12.327 12.517 Variazione annuale della popolazione anziana – – + 180 + 187 + 190 Grandi anziani (75 anni e più) – 5.827 5.846 6.039 6.128 Popolazione straniera 3.865 4.188 4.688 5.397 6.352 Variazione annuale della popolazione straniera – + 323 + 500 + 709 + 955 Principale nazionalità straniera Albania Albania Albania Albania Albania Numero di nazionalita straniere - 87 84 79 99 Incidenza stranieri sul totale della popolazione residente 6,7% 7,1% 7,6% 8,9% 9,7% Popolazione straniera minorile 862 973 1.095 1.258 1.464 Variazione annuale della popolazione straniera minorile – + 111 + 122 +163 +206 Numero nati vivi 549 549 626 592 618 Numero morti 534 570 548 566 588 Saldo naturale (differenza tra nati e morti nel corso dell’anno) + 15 – 21 +78 +26 +30 Numero iscritti (all’anagrafe) 2.522 2.497 2.713 2.623 3.116 Numero cancellati (all’anagrafe) 1.682 1.892 1.915 1.833 1.869 Saldo migratorio (differenza tra iscritti e cancellati) 840 605 798 790 1.249 Saldo demografico totale (saldo migratorio + naturale) 855 584 867 816 1.279 Numero divorziati residenti al 31 dicembre – 983 1.085 1.138 d.n.p. Variazione divorziati rispetto l’anno precedente – – + 102 + 53 –

Popolazione residente nei Comuni dell’Ambito

Totale Incidenza %

Budoia 2.518 4,0Aviano 9.242 14,9Polcenigo 3.259 5,2Caneva 6.544 10,5Pedemontana 21.563 34,7

Sacile 20.181 32,4Brugnera 9.181 14,8Fontanafredda 11.285 18,1Pianura 40.647 65,3

Totale 62.210 100

di Roberto Zambon

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Indici di struttura dellapopolazioneElaborando opportunamente i da tisopra riportati unitamente ad altreinformazioni è possibile ottenereuna serie di indici sulla strutturademografica. Sono calcolati conriferimento alla popolazione resi-dente al 31 dicembre 2008.

Gli indici sono gli stessi utiliz-zati dall’ISTAT per fotografare lastruttura e la dinamica demografi-ca del Paese.

Si può anticipare che in tuttol’Ambito, conformemente al restodel Paese, si assiste ad un pro-gressivo invecchiamento dellapopolazione. L’età media nei set-te Comuni è di 43 anni e mezzo,leggermente superiore sia al datoprovinciale che a quello naziona-le, ma inferiore a quello regionale.

L’età media dei Comuni pede-montani è superiore a quelladell’Ambito (43,6) e a quella na-zionale (43,3).

ziale differenza sulla struttura del-la popolazione tra i quattroComuni della fascia pedemonta-na e i tre della pianura.

Indici di dipendenzao di carico demograficoPartendo dall’ipotesi che gli anzia-ni con più di 65 anni e i giovanicon meno di 15 anni non siano to-talmente indipendenti, si calcola-no gli indici di dipendenza giovani-le e senile che insieme ci dannoun’idea complessiva del ca ricosociale (indice di dipendenza tota-le) che le classi di età centrali de-vono sostenere per prendersi cu-ra dei più giovani e dei più vecchi.

Tali indici vengono calcolatirapportando la popolazione deigiovanissimi e/o degli anziani sul-la popolazione considerata attiva(15-65 anni) e rappresenta no,quindi, il rapporto esistente trapopolazione giovane e anzianada un lato, e popolazione attivadall’altro, ogni 100 individui.

L’indice di dipendenza totaledell’Ambito è di 53,5. Tra i setteComuni dell’Ambito, Polcenigo(59,6) e Brugnera (46,6) sonoquelli che mostrano il valore mas-simo e minimo.

A livello nazionale l’ISTAT hami surato tale indice in 52,0 e defi-nisce «problematico» un tale «rap-

porto di dipendenza tra le per sonein età inattiva e coloro che rappre-sentano il bacino della popolazio-ne che si fa carico di sostenerleeconomicamente».

L’Indice di dipendenza seniledell’Ambito è di 32,4. Anche inquesto caso Polcenigo e Bru -gnera mostrano i valori massimi(39,6) e minimi (24,8) della distri-buzione.

L’Indice di dipendenza giova-nile dell’Ambito è di 21,1. Na tu -ralmente, in questo caso, la clas-sifica si inverte: Fontanafredda eBrugnera detengono gli indici piùelevati, mentre Budoia e Polce -nigo quelli più bassi.

Indice di vecchiaiaIl processo di invecchiamentocomplessivo della popolazione èdimostrato anche dall’indice divecchiaia che si ottiene rappor-tando la popolazione anziana aquella dei giovani: le società dovela popolazione anziana prevaledecisamente rispetto a quellagiovane hanno valori molto supe-riori a 100.

L’indice di vecchiaia dell’Am bi -to è 153,8; i Comuni che presen-tano i valori più elevati e più bassisono rispettivamente Polcenigo eBrugnera. L’indice nazionale cal-colato dall’ISTAT è 144,0.

Comune di Budoia2004 2005 2006 2007 2008

Popolazione residente 2.311 2.337 2.414 2.450 2.518 Variazione annuale della popolazione residente – + 26 + 77 + 36 + 68 Popolazione minorile (da 0 a 17 anni compiuti) 344 342 365 383 405 Variazione annuale della popolazione minorile – - 2 + 23 + 18 + 22 Adulti (18-64 anni compiuti) 1.426 1.438 1.494 1.513 1.568 Anziani (piu di 65 anni) 541 557 555 554 545 Variazione annuale della popolazione anziana – + 16 - 2 - 1 - 9 Grandi anziani (piu di 75 anni) – 267 314 315 303 Popolazione straniera 176 177 216 242 255 Variazione annuale della popolazione straniera – + 1 + 39 + 26 + 13 Principale nazionalita straniera – Romania Romania Romania Romania Numero di nazionalita straniere – 28 31 28 29 Incidenza degli stranieri sul totale dei residenti 7,6% 7,6% 8,9% 9,9% 10,1% Popolazione straniera minorile 40 36 56 61 59 Numero complessivo delle famiglie – 1.117 1.115 1.142 1.175 Numero medio di componenti per famiglia – – – 2,1 2,2

Focalizzandol’attenzione sullapopolazionedel nostroComune, questisono i dati fornitidal documento.

Comuni Età media

Aviano 44,1Budoia 44,5Caneva 44,6Polcenigo 45,8

Questo dato, ovviamente, fa sìche quasi tutti gli indici che ana-lizzeremo evidenzino una sostan-

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Indice di ricambiodella popolazione attivaQuesto indice rapporta coloro chestanno per uscire dalla età lavora-tiva a coloro che vi stanno per en-trare. Il valore medio di Ambito è di151,5. I Comuni di Polcenigo e diAviano hanno valori particolar-mente elevati di questo indice.

Indice di strutturadella popolazioneattivaQuesto valore indica il grado diinvecchiamento della popolazio-ne attiva ed è calcolato rappor-tando i residenti della fascia tra i40 e 64 anni su i residenti tra i 15e i 39 anni. Tanto più basso è l’in-dice tanto più giovane è la popo-lazione in età lavorativa. Il valoremedio dell’Ambito è di 117,7. IComuni della Pedemontana han-no valori più elevati. Budoia detie-ne il record negativo.

Indici di Mortalitàe di NatalitàGli Indici di Mortalità e di Natalitàesprimono rispettivamente il rap-porto tra il numero dei decessi edi nati vivi dell’anno e l’ammonta-re medio della popolazione resi-dente (per mille).

Nella tabella seguente vengo-no riportati i valori dei vari deiComuni della Pedemontana.

Accanto al dato dei vari indicidi Budoia è indicata la posizionein una virtuale classifica con gli al-tri Comuni.

Confrontando i dati di Budoiacon quelli dei Comuni vicini, si ri-scontra che il nostro Comune èposizionato meglio come indicedi dipendenza senile ma ha ilpeggiore indice di struttura dellapopolazione attiva. Ciò significache rispetto ai Comuni della pe-demontana abbiamo percentual-mente una minore popolazioneanziana, ma allo stesso tempo,tra la popolazione attiva preval-gono fasce d’età meno giovani.Ciò dimostra un elevato grado diinvecchiamento della popolazio-ne attiva che, in assenza di cam-biamenti nella dinamica anagrafi-ca, comporterà fra qualche anno,un elevato incremento percen-tuale della popolazione anziana.

Altri dati relativiai «gruppi di popolazione»di BudoiaUn’analisi demografica deve an-che preoccuparsi di fotografare lasituazione dei «gruppi» che lacom pongono (ad esempio mino-renni, anziani, stranieri) perchéogni gruppo rappresenta esigen-ze e problemi diversi.

I minorenni di Budoia erano405 al 31.12.2008. La loro suddi-visione per fasce d’età era:da 0 a 2 anni: 73da 3 a 5 anni: 68da 6 a 10 anni: 116da 11 a 14 anni: 81da 15 a 17 anni: 67

Gli anziani, dai 65 anni in su,erano 545 (336 femmine e 209maschi).

I grandi anziani, cioè con più di75 anni, erano 303 (212 femminee 91 maschi). A Budoia vivevano,sempre a fine 2008, 255 stranieri(140 femmine e 115 maschi).Questi stranieri sono appartenentia ben 29 Paesi diversi.

La Romania è, di gran lunga, ilPaese più rappresentato con 83persone (46 femmine e 37 ma-schi). Seguono l’Ucraina con 22(20 femmine e 2 maschi); l’Alba niacon 17 (6 femmine e 11 maschi);la Macedonia con 16 (8 femmine e8 maschi); la Polonia con 15 (6fem mine e 9 maschi). Questo datoè in controtendenza rispetto al -l’Am bito dove la nazione più rap-presentata è l’Albania. Ciò si spie-ga con la forte presenza a Budoiae nella Pedemontana di donne del-l’est che operano come badanti.

Infine, una curiosità: quantesono le famiglie di Budoia?

Sono tante, ben 1175, maquasi il 40% delle famiglie sonocomposte da una sola persona eun altro 27% da due persone.Solo il 18% delle famiglie contano3 componenti e il 12%, 4 compo-nenti. Il resto (solo il 3%) sono fa-miglie con più di 4 componenti.

ConclusioneCome detto, l’Ambito pubblicaque sti dati per facilitare la pro-grammazione degli interventi per iservizi sociali ma la conoscenzadel territorio, della struttura e delladinamicità della popolazione è in-dispensabile per tutti coloro cheoperano con e per la gente. Gliamministratori pubblici (dal Co mu -ne in su), ad esempio, devono ba-sarsi su questi numeri per decide-re se servono asili nido, scuole,case di riposo, loculi cimiteriali.Anche il piano regolatore non puòprescindere dall’analisi dei datianagrafici. Lo stesso può dirsi perle parrocchie, gli oratori, le varieassociazioni: la conoscenza e lacorretta interpretazione di questeinformazioni può essere di aiuto infase di progettazione delle varieiniziative.

Totale Senile Giovanile

Aviano 55,4 34,2 21,2 160,6 167,2 118,3 13,6 11,0Budoia 54,0 (1) 33,3 (1) 20,7 (3) 161,2 (2) 154,0 (2) 132,6 (4) 10,7 10,7Caneva 59,4 37,8 21,6 175,4 143,7 125,7 9,3 9,1Polcenigo 59,6 39,6 20,0 197,5 188,8 125,6 12,9 9,1

Dipendenza Vecchiaia Ricambiopop.attiva

Strutturapop.attiva

Mortalità Natalità

IndiciComuni

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Era il 2000, l’anno del grande Giubileo che ha ac-compagnato l’umanità nel passaggio dal secondo alterzo millennio dell’era cristiana. Il primo marzo donAdel diventava ufficialmente nuovo parroco diBudoia e nuovo pievano di Dardago.

Sono quindi 10 anni che don Adel è con noi. Anniintensi e molti impegnativi che egli ha affrontato conentusiasmo e con fiducia.

Don Adel, in uno dei suoi frequenti impegni vaticani, con Papa Benedetto XVI e il Sovrano dell’Arabia Saudita.

Don Adel nel giorno della presentazione del libro La pieve di Dardago tra XIII e XVI secolo – le pergamene dell’Archivio.

La sua giovinezza e la sua forza di volontà lo aiu-tano nel difficile compito di seguire le tre comunità(da 5 anni don Adel è anche parroco di Santa Lucia)e al contempo molte altre incombenze, tra cui gli im-pegni di studio a Venezia e a Roma, e le molte visitein Vaticano. In questi ultimi anni è riuscito ad ottenereun aiuto, per seguire la liturgia, da alcuni giovani sa-cerdoti stranieri che durante la settimana studiano aVenezia. Attualmente è coadiuvato da mons. AngeloSantarossa.

Un parroco non si occupa solamente della curadelle anime ma anche delle varie necessità degli edi-fici parrocchiali. In questi anni sono stati effettuati im-pegnativi lavori di restauro esterno ed interno dellachiesa parrocchiale e del campanile di Dar dago.

La redazione ringrazia don Adel per l’impegnoprofuso, in questi 10 anni, a beneficio delle comunitàdi Dardago, Budoia e Santa Lucia.

con noi da 10 annidon Adel

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La sagra di Santa Lucia

Il 13 dicembre 2009 ha visto lacomunità di Santa Lucia celebra-re secondo tradizione la festadella Santa patrona che, in per-fetto accordo col calendario, ri-correva nella seconda domenicadi dicembre, giorno ormai da duesecoli consacrato alla «sagra» delpaese. La sera della vigilia trippee spari col carburo, la domenicadue messe cantate nella chiesagremita, la lunga processione perle vie del paese accompagnatadalle cornamuse, la castagnatacol vino nuovo ed il concerto inpiazza, per poi concludere conuna cena alla cui tavola si sonoseduti più di cento paesani e ami-ci. Da anni non si vedeva cosìtanta gente salire sulla riva demessa, da anni non si respirava

così frizzante atmosfera. Il consi-glio pastorale che ha organizzatol’evento, con le consuete e alcu-ne più originali proposte celebra-tive, può considerarsi soddisfattodella partecipazione, sia all’even-to religioso che al momento disociale ritrovo di una comunitàche riscopre dal passato e valo-rizza con la novità i motivi del «fa-re festa».

Per tutto il Seicento ed il Set -tecento, il giorno della sagra nonera il giorno di Santa Lucia, maquello della memoria della dedi-cazione della chiesa, ossia la ce-rimonia con cui un edificio vieneconsacrato al culto. Fino al 1770la dedicazione si celebrava inaprile; dopo il 1770 – quando lachiesa fu riconsacrata in seguito

ai lavori di ingrandimento e ab-bellimento – la festa fu fissata allaseconda domenica di luglio. Maera comunque il 13 dicembre cheattirava tanti fedeli sulla collina.Basti considerare le elemosineraccolte nelle due occasioni: 3soldi il giorno della sagra, 47 soldiil giorno della santa (1699); 7 soldiil giorno della sagra, 77 soldi ilgiorno della santa (1700). Fin dal1656, abbiamo testimonianzache, prima ancora che un cappel-lano stabile avesse la cura delpiccolo villaggio, in quella giornatadi dicembre il parroco di Dar dago,insieme al cappellano e agli zaghi,dalla Pieve si portava sul colle acelebrare la Santa della luce congrande concorso di popolo.

Il secolo XVIII vede i santalu-

di Fabrizio Fucile

oggi, ieri, domani

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oggi, a distanza di quasi trecentoanni, la notte precedente la festa,richiama i paesani col carburo allapreghiera e all’allegria.

Non ci è dato sapere in chemodo, nel corso dell’Ottocento,si sia giunti alla doppia festa di di-cembre, quella del 13 e quelladella seconda domenica del me-se. Il 5 dicembre 1898 i Fab -bricieri della veneranda chiesa diSanta Lucia, preoccupati da unadisposizione del vescovo chestabiliva la celebrazione solo peril giorno 13, feriale o festivo chefosse, scrivono accorati: … Sic -come con grande concorrenza, ifedeli di tutti i paesi limitrofi ac-corrono nella 2a Domenica di Di -cembre d’ogni anno a onorareed invocare la protezione di San -ta Lucia nella stessa sua Chie -sa… i sottoscritti pregano Suaec cellenza a nome dell’intera po-polazione a voler concedere cheil curato possa in tal Do me nicafar le prescritte funzioni nellachiesa della Santa loro patronaanziché in quella di San Giu sep -pe, restando pure stabilitosenz’altro che anche il giorno 13dello stesso mese dedicato aSanta Lucia vi saranno cantatiMes se e Vespero in onore di es-

sa che sarà festeggiata con lamaggior pompa possibile diver-samente che per il passato.

La domenica dunque avevapreso il sopravvento sul 13, gior-no della festa, ma da questo mo-mento i santaluciesi si impegna-no a far due sagre, come risultadai registri di spesa. Dopo l’eleva-zione a curazia, i festeggiamenti sifanno più solenni. Il parroco diDardago che per com piacere idardaghesi e i budoiesi disertaper la prima volta dopo secoli lasagra del 1898 (data dell’autono-mia), l’anno dopo è di nuovo pre-sente. Per la messa cantata dallaSchola viene trasportato al collel’armonium e si prevede annual-mente la spesa per il maestro dimusica che la accompagna; dal1904, inizia la tradizione della lu-minaria e dei foghi, quando si ac-quistano da Carli 100 razzi piùcartone e si paga Lachin Luigi fuValentino, falegname, per presta-re opera per l’illuminazione alCol le. Le spese per il petrolio cheriempiva il guscio dei sclos sonodocumentate fino al 1939 quan-do si decide che l’illuminazioneper le feste del 10 e 13 dicembresia fatta con lumini a cera anzichéa olio. Dal dicembre 1953 saran-

ciesi impegnati nell’abbellimentodella chiesa e sempre più spro-nati a costituirsi comunità cristia-na, se non autonoma, desiderosadi un pastore che avesse curaquotidiana delle anime. E tale uni-taria consapevolezza richiedevauna identità comune sotto la pro-tezione della Santa patrona. Nel1709 viene comprata una statuarappresentante la vergine siracu-sana (probabilmente quella con-tenuta nell’antico altare ligneovenduto nel 1905); nel 1724 vie-ne eretto l’altar maggiore in pie-tra, opera dell’Antonelli; nel 1736ci si procura una reliquia dellaSanta che verrà custodita nel ta-bernacolo acquistato l’anno do-po. Dal 1741 il paese ha il suocappellano stabile e anche que-sto avrà contribuito a render sem-pre più solenne la festa. Non a ca-so dal 1738 (confermata per tuttigli anni a venire) abbiamo la primatestimonianza della spesa in pol-vere per gli sbari nel giorno de laSanta. Un grazie va a chi ancora

Due suonatori di cornamusa accompagnano la processione.

In alto. Il simulacro della Patrona lungo le vie del paese.

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no a loro volta sostituiti da centi-naia di lampadine.

Nel 1945 viene acquistata lastatua della Martire che oggi siporta in processione. Il devotocorteo negli anni precedenti sisvolgeva seguendo uno stendar-do processionale (si ha notizia diun gonfalone della chiesa fin dal1657), ma non sappiamo daquando sia iniziata la tradizionedel pio percorso (nell’Ottocentosi ha notizia solamente delle pro-cessioni rogazionali e di quelladel Corpus Domini). Proprio nel-l’anno in cui si usciva dall’orroredella guerra e delle lotte partigia-ne ed era assai vivo il desiderio disvago, ci fu una discussione ani-mata. Nella seduta del consiglioamministrativo posteriore alla fe-sta i consiglieri si lamentano per-ché non è stata data la solennitàcome di consuetudine alla se-conda domenica di dicembre. IlCurato porta fuori le ragioni chetutti conoscono cioè che quandoin una festa religiosa si organizza-no feste da ballo non si deve darenessuna solennità alla festa reli-giosa. Si propone addirittura diparlarne con il Vescovo!

In quegli anni la piazza era pie-na di barache che offrivano dolci

e la mercanzia più varia. A casaBof i ricordi della sagra sono an-cora popolati da una bottega pie-na di avventori locali e foresti e dalvociare dei commercianti che findalle tre del mattino piantavano ipaletti sulla piazza, litigandosi ilposto migliore dove, con l’alzarsidel sole, avrebbero sistemato ilbanco di vendita. Il ballo, organiz-zato all’aperto nel cortile di Besa,era un appuntamento obbligato. Iltimore del curato nasceva proba-bilmente da un avanzare sempremaggiore dello svago sulla pre-ghiera. E sempre don Ra gogna,l’anno dopo lamentava: Nella setti-mana antecedente la sa gra si suo-nano le campane giorno e notte.Furono portate via le chiavi, sigettò giù la porta (del campanile).Non siamo ancora riusciti a toglie-re questo abuso perché, si dice, lecampane sono non del parrocoma del paese. In questo abuso deisacri bronzi (era tipico della sagra ilgioioso suono delle glathade) intui-va più un richiamo a far baldoriache un invito alla preghiera.

Ancora nel bollettino parroc-chiale del dicembre 1958 egli siraccomandava di onorare la Santacon la preghiera e di tralasciare lesmanie del divertimento.

Mezzo secolo fa, nel dicembredel 1960, parroco don Carniel, fuorganizzato un triduo di preghie-ra, la cantoria eseguì alla Messagrande il suo migliore repertorio;dopo la processione i giovani sidivertirono – e fecero divertire ipresenti – col gioco delle pignate,la corsa dei sacchi, quella deimus e l’immancabile cuccagna.Un giusto compromesso, benchénegli anni a seguire anche in donNillo fosse viva la paura che il sa-cro potesse cedere il passo alprofano.

Tanta storia non può esseresolo letta e ricordata, deve esserecelebrata. Diversamente il timoresarà quello che la tradizione siconsumi e lasci il posto al nulla.Per questo ci auguriamo che ognianno a venire per la sagra ci sia al-

meno un colpo di carburo, alme-no una lampadina accesa nellachiesa al colle, almeno quattrouomini che portino la San ta e lecampane suonino a lungo d’alle-gria. Ci sia chi intoni una canzonein memoria di tanta amata musi-ca, chi si impegni ad or ganizzarela festa, chi ricordi sempre – nel ri-spetto della tradizione o nell’entu-siasmo della novità – che un pae-se in festa ritrova se stesso.

LE NOTIZIE SONO TRATTE DA

Archivio Par rocchiale di Santa LuciaConti dei vec chi camerari

(raccolte dal 1639 al 1804)•

Registro Besa (1867-1914)•

Qua der no dei Verbalidel Consiglio Am mi nistrativo

(1939-1960)•

Questionario della Visita Pastoraledel 1946

•L’Angelo della Par rocchia

(1957-1960)

Artisti di strada impegnati davanti la chiesaparrocchiale.

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Giovane tenacesale sul podio

Matteo Signoracampione italiano Junior 2009/2010di pattinaggio velocità su ghiaccio

Finalmente anche il Friuli hail suo primo atleta che conquistaun titolo italiano nel pattinaggiosu ghiaccio, specialità PistaLunga: è il budoiese MatteoSignora, il giovane figlio di Manlioe di Marina, che ha raggiuntomeritevolmente il successo.Com plimenti, Matteo!Abituato alla perseveranza negliallenamenti e al rispetto degliimpegni presi, Matteo s’èimposto un’autodisciplina, chelo ha portato a conoscere i propriritmi, a divenire maggiormenteconsapevole delle propriecapacità e a saper organizzareil proprio tempo. Tutto questo acosto anche di notevoli sacrifici,se si pensa che per potersiallenare l’atleta deve recarsisettimanalmente a Baselga diPinè (TN), a km 180 da Budoia,perché in regione non esistonoimpianti sportivi adatti alla suadisciplina.La grande forza di volontàdel giovane, l’impegno atrecentosessanta gradi,le difficoltà derivanti dallasituazione ambientale hannoconcorso alla formazione dellasua personalità, permettendoglidi porre le basi per un’apertura avalori più alti, qualila partecipazione sociale ela ricerca di significati che vannoben al di là degli aspetti materiali

e quotidiani della vita. Supportato dal fondamentale equotidiano sostegno della suafamiglia, Matteo ha rafforzatonello sport la consapevolezzadell’importanza delle regole perla formazione della personalità;il gioco, infatti, – dall’infanziaall’adolescenza – è la piùimportante palestra didemocrazia, in quanto è scuola dilealtà, d’uguaglianza, di rispettodegli altri e delle regole generali,che tutti sono tenuti a rispettaree che, per le loro caratteristiche,si possono comparare alle leggidello Stato, che ci pongono tuttisu un piano di parità. Con queste premesse, Matteo èben avviato a divenire un validocittadino, mentre lo attendeintanto una gara che, tra alcunimesi, lo metterà nuovamente allaprova: l’esame di maturitàall’Istituto Tecnico per il Turismodi Co negliano. Forza, Matteo, fatti valere anchein quell’importante gara!

di Vittorina Carlon

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Una grande stagione agonisticaricca di soddisfazioni quellaappena conclusa da Matteo,iniziata a fine Maggio e Giugno2009 con i test tecnici e medicidisposti dal CONI, a Cavalese,in Val di Fassa e a Padova.A Luglio, iniziano i raduni diallenamento con la squadraNazionale Junior, il primo pressoil Centro Federale di Ba selga diPinè (Tn) e i successivi inGermania, per due volte aBerlino e una a Erfurt, su invitodell’ I.S.U., organismo mondialeper gli sport sul ghiaccio.Seguono altri due raduni aTorino sulla prestigiosa pistadelle Olimpiadi del 2006.La stagione delle gare inizia aNovembre a Baselga di Pinè(Tn) con il 1° Grand Prix Inter na -zio nale, con i colori del Club«Po lisportiva Ghiaccio Claut», epoi con la partecipazione allaprima prova di Coppa delMondo a Groningen (Olanda),con la squadra Nazionale.A Dicembre, Matteo partecipaad altre due gare sempre apodio. Ma Gennaio 2010 è il mese piùintenso per lui. Matteo iniziail giorno 3 con un «InternationalEvent» a Collalbo (Bz), il 9 e 10

partecipa a Baselga di Pinè aiCampionati Italiani Sprinterconquistando il 3° posto.Il 15, 16, 17 è a Collalbo per il28° Inter na tional Junior Meeting;dal 18 al 23 interviene a unraduno I.S.U. in preparazione alla2a prova di Coppa del Mondosempre all’Are na Ritten diCollalbo, il 23 e 24. Il mesedi Gennaio si chiude conla 3a prova di Coppa del Mondo,a Baselga di Pinè.Per Matteo, Febbraio è il mesedella consacrazione con il titoloitaliano «All-round», conquistato aCollalbo il 6 e 7, su quattrodistanze – m 500, 1000, 1500,5000 – tutte concluse al primopo sto.Il giovane partecipa ad altre duegare a livello di Club a Ba selgadi Pinè, impiegate comeallenamento in previsione dellaconvocazione con la squadraNazionale ai Campionati MondialiJunior a Mosca.La partenza per la Russiaavviene martedì 9 Marzo 2010:le gare sono fissate dal 12 al 14e Matteo, con altri 8 componentila squadra (4 maschi e 5ragazze), ha l’onore dirappresentare l’Italia a questaprestigiosa manifestazione: ben

120 partecipanti di 18 nazionidei 5 continenti. Nessunaambizione di podio mondiale,ma solo un grande desiderio difare esperienza a livelli così alti;in ogni caso si classifica al 10°posto, con record per i ragazzinella gara a squadre, mentreil 9° posto per le ragazze conil record italiano Junior.Risultati che, come primapartecipazione, sono un buoninizio e fanno ben sperare perla prossima stagione.Il merito di questa stagione vacondiviso anche con il Clubdi appartenenza PolisportivaGhiaccio Claut nella persona delPre sidente Giovanna Di Daniele del coach Maurizio De Monte,e per quanto riguarda laNazionale con il tecnico StefanoDonagrandi (medaglia d’oro alleOlimpiadi 2006).

Sequenze atletiche di Matteo Signoranelle varie gare sostenute negli ultimi mesi.

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e avevi qualche lentezza nelcapire, eri un thus. Se avevi qual-che pigrizia nel lavorare, eri unmus. Due epiteti scomparsi dal-l’orizzonte.

Il thus è diventato enciclopedi-co: si affanna per ore sul compu-ter e chiede a Google tutto il sa-pere che vuole. Il mus, da pigroindolente e tiratardi, è diventatoiperattivo: parla a raffica, non si ri-posa mai, lavora anche di notte,è il classico iperteso definito«schizzato».

Abbiamo fatto un salto troppogrande, abbiamo adottato com-portamenti anomali, che rovinanoun prezioso patrimonio geneticobasato sulla calma.

Discendiamo da contadini,gen te che è stata libera, felice, di-gnitosa, attenta e saggia, che havissuto a schiena dritta cioè sen-za padroni. Con il lavoro delle suemani, il contadino accompagna-

va la natura a essere quello chedoveva essere, osservava, capi-va, amava. Dai primi germogli delgrano, al sole dolce di ottobre,imparava la calma e la lentezzadel crescere. E imparava che bi-sognava lasciarla un po’ stare,nei suoi ritmi, sorvegliandola sen-za imporre, con una padronanzarispettosa, senza frenesie, quasisubordinata.

Il fare vero è quello umile, del-la perfezione difficile, dei materialirobusti, dell’essere grati per la vi-ta ricevuta e con essa per gli in-segnamenti seri e indiscutibili on-de stare con gli altri senzaten sioni. Tutto funziona, ade-guandosi agli altri: la pazienza èstare nel ritmo di chi ti è vicino.

Un tempo, abbiamo visto que-sta regola praticata anche accan-to agli animali da lavoro. Se con-duci un paio di mucche, tienid’oc chio che siano agganciate

Né thusné mus

di Anna Pinàl S

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bene, al dóuf, al tamón, al ciavè-stre, co la ciavétha. Fai gesti lenti,misuri e rispetti la capacità delpasso. La vacca ama assecon-dare il suo padrone, usa la suaforza per trasportare il carro e luistesso, seduto con le gambepenzoloni apparentemente ozio-so, negli spostamenti lungo lastra da. Ma dopo soprattutto nelcampo, per il traino dell’aratroche affonda nelle zolle, le spacca,e rivolta la terra, per le nuove se-mine. Quella fatica insieme, coor-dinata da qualche richiamo coneffetti di voce, è il legame che uni-sce il contadino e i suoi animali,con un sentimento di potere anti-co e primitivo. L’abitudine a tene-re gli occhi sullo sforzo e sulle fati-che di chi ci è accanto, rendebuoni giudici del valore degli altri.

Gli strumenti che usa abitual-mente il contadino sono i prolun-gamenti delle sue mani: el restél,la falth, el martél pa’ bate la falth,la brìtola pa’ fà ciane, pa’ taiàvencs pa’ le theste, el cortelàth ela manèra pa’ taià talpòns, rumàthe spine, pa’ fà tóle e comedhà isioli, el portél de le pite, la cunicèrao anche per un bel fuoco vivo di40 minuti per cuocere la polenta aregola d’arte. La padronanza delfare si apprende da bambini, con iprimi rudimenti, con l’esattezzadell’esecuzione veduta tante vol-te. Con la volontà di fare qualità, dinon essere meno dei bravi. Non siè bravi per caso, ma per volontà,ispirati dai più veci... A fianco delnonno era presente la nonna, conla sua dolcezza: le nostre nonnefacevano miracoli con la pignàta.Tenevano il fuoco a legna regolatosenza manopole e mettevano intavola squisitezze, minestre, for -tàie e tecìns de salàt, di cui si sen-tiva il profumo anche in strada.

Nella vita di casa, gli esempi dicalma e laboriosità erano conti-nui. I vecchi ci educavano cristia-namente senza neppure fare usodi parole. Calma nel pensare, cal-ma nell’ascoltare, calma nel capi-re. Rara la contrapposizione. La

coerenza ha le sue strade silen-ziose. Quello che dovevano direlo facevano. Con successo, sen-za rincorrere riconoscimenti. Se ilcontadino non avesse fatto il suodovere, i campi e le vigne sareb-bero cresciuti soffocati dalle er-bacce. Senza dar frutto. Per noinon ci sarebbe stato posto nel ci-clo della vita. I friulani considera-no le difficoltà come reali difficoltàsolo per gli altri. Per se stessi in-vece i momenti duri sono comecose da by-passare, da andareoltre senza tante moine.

Fare le cose rustiche è più dif-ficile che farle artistiche. Perché lerustiche devono reggere agli urti,e all’usura di impieghi pesanti, dimaltrattamenti e trascuratezze.Devono essere pensate per su-perare i crac. Le artistiche sonofatte per essere ammirate, sfiora-te appena. Non sono strumenti,sono idee, figure; si fanno «per

ventiamo obbedienti a ciò chehanno fatto pensato e realizzatogli altri. Anche noi siamo diventatiun po’ cose nelle mani di fabbri-canti astuti e abbiamo perso lacapacità creativa di provvedereautonomamente.

Nelle raccolte di foto di fami-glia, vediamo i nonni giovani, ve-stiti con eleganza, con cravatta,gilet, giusto taglio di capelli, aspet -to curato, seri, dignitosi come vo-lessero lasciare il miglior ricordo.La forma è sostanza, pareva vo-lessero affermare. Noi siamo cir-condati dai risultati del passato,fissati nelle foto, nelle case, nei ci-meli, nei racconti, nei diplomi in-corniciati, e soprattutto nei rogitiche ci rendono intestatari di benitrasmessi con fiducia e amore.Spesso guardiamo tutto con di-sattenzione, senza immedesimar-ci nel passato che contiene lezionidi valore immenso. Il contadino è

bellezza», per il gusto di guardar-le, come i soprammobili, i ninnoli,l’oggettistica. Le nostre case so-no piene di ninnoli che esprimonol’assenza di durezza nella nostravita. Compriamo tutto fatto e di-

fissato sull’idea che tutto si ottie-ne per merito, cioè che bisognaguadagnarselo. Perché altrimentinon sai neppure quello che hai.Solo se lo hai guadagnato, saiquanto vale perché ti è costato.

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Il mese di aprile si chiude con il ri-cordo caro di monsignor AurelioSignora e quello di maggio con lamemoria riconoscente del profes-sor Mario, fratello dell’arcivescovo.I due anniversari inducono a nontralasciare un «ritorno» a queste il-lustri figure budoiesi: 30 aprile,vent’anni da don Aurelio (1902-1990); 31 maggio, dieci anni daMario (1909-2000). Uno aprì, l’altro

Madonna venne a pren derseli; da lìandarono, a veneranda età, «a ve-derla un dì»: prima Aurelio, dieci an-ni dopo Mario.

Monsignor Aurelio non ha biso-gno di presentazioni, Mario merite-rebbe forse un recupero di memo-ria, se non altro per il suo singolareardimento per la patria alla fine del-la guerra e per le realizzazioni di cuifu capace nella vita professionale.

mitazioni conseguenti. Che cosa lospingeva? Crediamo che lo abbiasostenuto proprio la sua solidissi-ma devozione alla Madonna, prati-cata nel Rosario, imparato ancoraa Budoia da mamma Pierina (figurainsostituibile per questi due fratelli).Del Rosario monsignor Si gno raesaltò il valore, cristocentrico e bi-blico, in molti dei suoi impareggia-bili sermoni, che trasportavano i fe-deli; e la sua voce si era levata in«difesa» anche in una sessione delConcilio Vaticano II.

Budoia ricorda però meglio l’ul-timo monsignor Aurelio: quello cui ilparroco don Alfredo portava in ca-sa (stava seduto in una poltrona,assistito dalle sue suore del SantoRosario di Pompei) i bimbi della pri-ma comunione. E allora si svelavala pur austera bontà di questo ve-scovo, prodigo di benedizioni: ilsuo era lo stesso sorriso dei tantiincontri che lo avevano avuto pro-tagonista a Pompei e dai quali nonerano stati esentati i conterraneiche capitavano laggiù: egli inter-rompeva impegni anche ufficiali purdi risentire il suo dialetto!

Mario era diverso di carattere,ma cordialmente partecipe, in unrispetto pieno di riserbo, al ministe-ro del fratello. Anche lui lavorò alSud, esattamente diresse per unperiodo lo stabilimento siderurgicodell’Italsider di Castel la ma re diStabia, proprio vicino a Pompei.Cercò anche lui di riscattare quellepopolazioni dall’endemica disoc-cupazione. Ec co un punto di con-tatto tra i due fratelli: preoccupatidei loro connazionali, impegnati inun’opera di affrancamento dallapovertà, che a Budoia era pure sta-ta di casa, poi debellata grazie allacultura del lavoro dei friulani.

Due fratelli e, si direbbe oggi, due«eccellenze» (parola da intendersinon solo come titolo vescovile): unvanto per Budoia, che dovrebbepensare, venti e dieci anni dopo, didedicare loro almeno una via.

Aurelio e Mario Signora

chiuse – entrambi, cre diamo, nel-l’abbraccio della Madre – il mese diMaria, che, mutuando dal cogno-me, essi onorarono quale Domina,che in latino vuol dire Signora. Mon -si gnor Aurelio poteva ben chiamarlacosì per averla servita soprattuttonel santuario di Pompei; Mario po-teva invocarla perché di lei portava,al maschile, il bel nome.

Li vediamo, i due, specialmentenella casa di via Conditta, cheMario aveva acquistato per il rientroe il soggiorno del già sofferente fra-tello maggiore. In quella dimora la

Anche l’arcivescovo fu gran la-voratore. Per esempio egli mostròuna certa sensibilità ai secolari pro-blemi delle genti del Sud (agli orfanianzitutto), dalle quali fu amato e al-le quali fece dono, in nome delVangelo dei deboli, dell’intrapren-denza, fortezza nei valori, dedizio-ne al dovere delle genti veneto-friu-lane. È una pagina del suo servizionel Meridione d’Italia che merite-rebbe di essere messa a fuoco. Epensare che tanto si dava da farenonostante il diabete che lo avevaaggredito sin da giovane, con le li-

di Walter Arzaretti

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L’unione fa la forza dice il pro-verbio e così è stato per laFesta dell’Epifania 2010, orga-nizzata co me sempre dall’ora-torio delle tre parrocchie e piùbella del solito grazie alla col-laborazione con Asso cia zio nePro Loco Bu doia, Far macia

con

gioia

in o

ratorio

Festa dell’Epifania

Due Mondi e alcuni commer-cianti di Budoia.Una partecipazione senzaprecedenti di bambini ac-compagnati da genitori enonni a dimostrare come latradizione si perpetui consemplicità nei nostri paesi.

Foto di Fulvia Mellina

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Dopo la funzione religiosa, of-ficiata da mons. Angelo Santa -rossa, tutti a festeggiare inoratorio rallegrati dalle anima-trici Elisa e Ali da che, tra mu-sica e canti, hanno raccontatola storia della Befana, «unavecchietta che indicò ai ReMagi il cammino per la casa diGesù ma non si unì a loro per-ché aveva troppe faccende dafare. Pentita e non riuscendopiù a raggiungerli, decise diportare ad ogni bambino undono nella speranza che unodi loro fosse Ge sù». Da alloracontinua a portare i doni perfarsi perdonare...Una Befana buona, un po’ vec -chia rella ma quest’anno... tan -to elegante, con il suo saccotraboccante di calzette pertutti i bambini che l’hanno cir-condata con il loro entusia-smo.Dopo la distribuzione dei doni,nutella party e proiezione diun film a cura di un gruppo divolontari della parrocchia chedon Adel non ha mancato diringraziare unitamente aglisponsor.

FULVIA MELLINA

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È il prodotto finito di intensimesi di entusiasmo, di lavoro edi preparazione, quello che igiovani e i loro genitori dell’o-ratorio di Budoia hanno pre-sentato alla Comunità, dome-nica 7 febbraio.La giornata di festa, prima dipartecipare alla sfilata del Car -

nevale di Aviano e poi in segui-to ad altre manifestazioni, èiniziata con la Santa Messapres so la Chiesa Parrocchialedi Budoia.Don Adel, in questa occasione,ha ringraziato non solo i piccolie grandi vestiti da «Braccio diFerro», Olivia e altri personag-

Il carro mascherato «Braccio di ferro»Foto di M. Zanolin

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gi del mitico marinaio mangiaspinaci, ma soprattutto i geni-tori delle tre comunità per ilforte impegno che li ha coin-volti e trovati insieme per que-sto momento di gioia e di fol-clore.Al termine la benedizione allo«scafo» della nave dal carro e,mentre la musica riempiva levie di Budoia, dal carro piove-vano lanci di coriandoli e stellefilanti in grande allegria.Apprezzamenti e lusinghiericommenti da parte delle per-sone che hanno fatto ala all’al-legra brigata che, dopo unabreve sfilata, si è ritrovata inpiaz za a condividere un rinfre-sco preparato da bravi volonta-ri e volontarie in collaborazio-ne con l’As so cia zione Pro Lo codi Bu doia, mentre il Comuneha inteso dare il patrocinio del-l’iniziativa.Immancabile la foto ricordodell’evento che rimane un sa-no momento di fraterno svago,caratteristica, questa, che de-

ve offrire l’oratorio, «in pri-mis» luogo di aggregazione e diaiuto anche in tempi difficilicome quelli attuali che devo-no indurre alla riflessione: nonè solo la forza delle braccia delmitico personaggio a risolvereproblemi tanto complessiquan to il pensare e l’agire concorrettezza e rettitudine, dareun messaggio di fiducia e spe-ranza alle giovani generazionicon punti fermi e maestri cre-

dibili. L’oratorio, quindi le no-stre par rocchie, devono dareuna chiara e convinta testimo-nianza, insieme al tessuto so-ciale, dell’importanza dei valo-ri etici e dei sani principi.Un grazie quindi a tutti coloroche hanno partecipato all’ini-ziativa con l’augurio che possacontinuare anche in futuro.

MARIO POVOLEDO

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Guerrino Glir

Guerrino, nato nel 1905, era il pri-mogenito di Antonio Zambon Glire di Regina Vettor Taribol. Già al-l’età di 13 anni andò a lavorare co-me apprendista muratore, assie-me al padre, in varie località delVeneto e del Friuli. Erano lavoribrevi, accompagnati da periodi diinattività che non davano alcunasicurezza. Di conseguenza, deci-sero di emigrare in Sviz zera concontratti stagionali da mar zo a no-vembre. Ciò fino al 1933. Durantei lunghi inverni di quel periodo mi-gratorio, costruirono con gli altrifratelli la nuova casa in via Rivettae vi si trasferirono (nel 1933) dallavecchia casa dei Glir.

Finalmente nel 1934, trovatoun lavoro stabile a Venezia, Guer -rino vi si trasferì stabilmente. Nel1936 aprì un negozio di pavimentie rivestimenti per l’edilizia. L’at ti -vità, proseguita poi proficuamentedal figlio Sergio e dai nipoti Fabio eGuido fino al 2003: quindi per ben67 anni!

Dopo il 2003, Sergio ed i figlihanno ceduto il negozio e aperto,con risultati più che lusinghieri, ungrande ristorante sempre a Ve -nezia.

SERGIO ZAMBON GLIR

Gino Glir

Come gli altri fratelli, anche GinoZambon Glir (nato nel 1909) pertrovare lavoro dovette lasciareDardago, giovanissimo, ed andarenei luoghi più disparati; Sviz zera,Veneto, Friuli, Trentino - AltoAdige.

Nel periodo in cui lavorò aVenezia nel settore edile, alle ore20 – dopo un’intera giornata di la-voro! – frequentò le scuole seralipresso l’Istituto Paolo Sarpi con-seguendo il diploma di Capo -mastro. Ebbe così la possibilità diottenere incarichi di responsabilitàe prestigio presso importanti so-cietà di costruzioni: ricordiamo,per esempio, il primo palazzonedel Corso del Popolo di Me stre,per il quale papà fu in caricato del-la direzione e coordinamento la-vori dalla Soc. Mantelli. L’intra -prendenza, lo spirito di sacrificio el’intelligenza lo aiutarono sempre!E qui merita ricordare un aneddo-to significativo. Circa l’anno 1946 ilComune di Venezia indisse unagara per conficcare dei pali di le-gno nella Laguna offrendo mille lirea colui che fosse resistito più alungo nell’acqua. Nostro padrecertamente non voleva perderel’occasione, ma non sapeva nuo-

La pubblicazione degli alberigenealogici con gli inserti«Le nostre radici» riscuotesempre molto interesse trai lettori. Alcune volte ci vienerichiesto di pubblicare altre notiziesulle varie famiglie che non hannotrovato spazio nell’inserto.Per la famiglia Pinal Glir,Sergio, Luciana e Vilma ci hannoinviato queste testimonianze.

lavoro e famigliaGuerrino e Gino

1909. Francesco, padre di Antonio, Vincenzo,Leone, Armellina, Giuditta, Regina, Concetta.

1925. La recluta Guerrino Zambon.

Dardago inverno 1931/32. In alto. In piedi da sinistra: Carmela, Guerrino, Danilo, Gino, Maria.Seduti: Virginia, moglie di Guerrino, con il neonato Sergio, Regina, Antonio e Armido.

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dell’intero impianto (galleria di varikm, condotta forzata, centralecon abitazione del centralinista) openali per ritardi; cercava però difinire sempre prima per poter divi-dere i premi tra gli operai, in quan-to a loro attribuiva il merito e, perincentivarli, «pretendeva» che lasocietà desse loro l’indennità di ri-schio, di alta montagna, di trasfer-ta, ecc... ben sapendo che cosìpoteva «contare sempre sui suoiuomini!»! Per rispettare i tempiaveva sempre molti operai alle suedipendenze, sia del luogo in cuiveniva costruito l’impianto sia delproprio paese Dardago, cui è sta-to molto legato.

mattino e rimontato la stessa serasul luogo del nuovo cantiere, chemagari distava 200 km dal primo!

Quindi era sempre la stessacasa che piaceva alla mamma,che aveva sempre gli stessi mobi-li, le stesse cose a lei più careecc.. così aveva risolto il primoproblema.

Per quanto riguarda il secon-do, quello degli studi delle figlie, lasoluzione è stata il collegio aFeltre, con rientri in famiglia du-rante le vacanze!

Dopo l’intenso lavoro dal lunedìal sabato, il papà dedicava la do-menica alla famiglia: gite per visita-re i luoghi vicini alla residenza, una

Ma in questo «girovagare tra lemontagne» si erano presentatidue grossi problemi: l’abitazioneper la famiglia e gli studi delle fi-glie. Posto che la mamma hasempre seguito il papà, nono-stante abbia lasciato il cuore nellasua casa di Mestre, il papà nonriusciva mai a trovare una casaconfortevole e vicina al cantiereper rendere alla mamma menopesante il distacco e a lui più age-vole la presenza sul lavoro. Cosìquasi subito fece costruire unbungalow bellissimo, confortevolee che poteva venir smontato al

volta al mese a Dardago per visita-re i genitori o – durante l’anno sco-lastico – per trascorrere un giornocon le figlie a Feltre. All’età di ses-sant’anni il papà andò in pensionee la famiglia fece ritorno a Mestre,ma il papà non riusciva a stare lon-tano dal suo paese e così nel 1975si costruì la casa davanti a quellapaterna, in via Rivetta. Questa insintesi la storia dei nostri genitori:nostro padre è stato un «grande»ma dobbiamo veramente ripetere ildetto: «un uomo è grande se ha vi-cino a sé una grande donna»!

LUCIANA E VILMA ZAMBON GLIR

tare! E allora la domenica prece-dente si recò a Venezia con unatavola; prima attraversò per duevolte il Canal Grande sdraiandovi-si sopra, poi aggrappandosi sullatavola e poi… sapeva nuotare! Ladomenica successiva, quando cifu la gara, vinse e con le mille lirecomperò il terreno ove costruì lasua prima casa a Mestre.

La mamma Olga Lucia, nata aVenezia nel 1914, sin da giovanis-sima ha lavorato presso una sar-toria sino al matrimonio con ilpapà (1936); dopo di che il papàvolle che stesse sempre in casaad accudire alla sua famiglia. Nel1948 una società di Calalzo (BL)chiese in «prestito» per sei mesiun capocantiere all’ing. Mantelli(titolare della società in cui lavora-va nostro padre) per la costruzio-ne della diga al Passo San Pel le -grino; a papà piacque l’idea: erauna sfida, non aveva mai fatto unlavoro di quel genere e soprattut-to nessun altro garantiva il lavoroin sì poco tempo! Accettò e a talecostruzione seguirono altri im-pianti idroelettrici : Falcade, San taCristina di Val Gardena, So ranzendi Feltre, Arson, Auronzo, ecc.

Erano lavori in cui il papà dava ilmassimo di se stesso, in quantoera legato a tempi predeterminati(quasi sempre da 9 a 12 mesi) conpremi per consegna an ticipata

1983. Guerrino e Virginia con Sergio, Bruna e i nipoti Fabio e Guido nella nuova casa, a Budoia.

1916/17. Antonio e Regina con i loro figliGuerrino, Gino, Danilo, Carmela e Armido.

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breve storia di un friulano a Dresdadi Daniele Codarin

Benvenuto Zambon

Questo lavoro nasce da unacollaborazione con lo Stadtmu seumdi Dresda per l’organizzazionedella mostra «Menschenim Ga sthaus», che ha avuto luogonel museo dall’8 maggioal 5 ottobre 2008.La mostra ha trattato il temadelle locande nella città,dalle origini agli annidella Repubblica democratica.

Una bacheca dell’esposizione dedicata alla storia delle locande nella città di Dresda, 2008.

La stazione Neustadt negli anni Trenta; il ristorante dove lavorava Zambon era ospitato nell’ala suddell’edificio, la parte a sinistra nella foto.

L’interno del ristorante, anni Trenta.

Durante il lavoro di archivio sonovenute alla luce importantitestimonianzesulla vita di Ben ve nuto Zambon,friulano chedu rante la seconda guerramondiale lavorava comecameriere nel ristorantedella stazione Neu stadt,di proprietà di Rudolf Hop pe.Caso abbastanza singolaredi friulano nella Germaniaorientale, tanto da suggerire nuovistudi sull’emigrazione friulanain quella parte d’Europa.

Benvenuto Zam bon

Benvenuto Zambon nacque aDardago di Budoia, piccolopaese del Friuli (Italia),il 15 febbraio 1907 da Luigi eMaddalena Paties.As sieme a lui nacque il fratellogemello Fortunato.La sua era una famiglia di piccolicontadini che coltivava terrasassosa e poco fertile.Le condizioni economichecostrinsero Benvenuto, comemolti suoi coetanei, a lasciare

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il paese a 16 anni per trovarelavoro nelle grandi città dell’Italiadel nord.Il primo impiego fu aiutocameriere a Venezia.Cominciò, così, una carrierafaticosa, ma gratificante chepor tò il giovane Benvenuto finoall’incarico di Maitre d’Hotel inprestigiosi alberghi in tuttaEuropa.Entrato in una società di grandialberghi, lavorò in Francia e poiin Germania; a Dresda lavoravaquando la città fu al centro dellaguerra. Fortunatamente luilavorava in quella parte di città,la Neustadt, che non subì gravidanni durante la tempesta difuoco.Grazie all’aiuto della suacompagna Rina Volpi, che vivevain Italia, riuscì a ritornare inpatria.Al suo ritorno, Benvenutoraccontò a parenti ed amici ladistruzione di Dresda ed i mortiche letteralmente ricoprivano lestrade della città.Durante il suo lavoro avevamesso da parte un buoncapitale in valuta tedesca ma,alla fine della guerra, la grossasvalutazione lo lasciò quasi sullastrico.Dopo un periodo trascorso aDardago, si fece prestare deisoldi dai parenti e partì conil nipote Guerrino Zambon versoGenova, dove aprì un bar.A Genova vivevano le due figlieche la sua compagna avevaavuto nel precedentematrimonio.Benvenuto non ebbe figli.Continuò a lavorare per moltianni a Genova.L’ultimo lavoro fu Maitre d’Hotela Genova Sam pier darena.Morì a Genova nel 1983 a 74anni.

Benvenuto Zambon con il nipotino Giorgio ela nipote Gabriella, estate del 1961 nella casapaterna di Dardago.

Sopra. Lettera originale di Benvenuto Zambondel 1947, dove parla del suo datore di lavoroa Dresda, Rudolf Hoppe;dall’archivio della famiglia Hoppe.

Notizie fornite da:Maria Bastianello, cognata, mogliedi Fortunato Zambon, anno 1912.Gabriella Zambon, nipote, figliadi Fortunato Zambon, anno 1938.Luigi Zambon, nipote, figlio di FortunatoZambon, anno 1949.Roberto Zambon, direttore del periodicol’Artugna.

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II mondo ha bisogno del geniofemminile, in tutti gli ambiti, a tutti ilivelli nella risoluzione dei gravi pro-blemi dell’umanità. A dirci questo,con una lucidità e una chiarezzadisarmanti e forse inaspettate, èpiù di ogni altro la Chiesa cattolica,attraverso molti suoi documentiufficiali.Ma come si concretizza, nella real -tà, il genio femminile?Lo dimostra l’esperienza di alcunedonne, dai capi di Stato alle don-ne «della porta accanto», che han -no saputo occuparsi delle que-stioni che più stanno a cuore allepersone: qualità della vita, rapportiumani, salute, famiglia, scuola ededucazione, servizi sociali, tuteladell’ambiente, pace, diritti umani,e molto altro ancora.Molte madri hanno dimostratonon solo che l’essere tali le ha aiu-tate a svolgere meglio il lavoro fuo-ri casa, ma anche che il loro impe-gno a favore della società al difuori della famiglia nulla ha tolto al-

il genio delle donne

l’educazione dei figli (anche in ca-so di fa miglia numerosa), ma anziha fornito loro una marcia in più.L’impegno femminile deve attuarsisenza contrapposizione con gliuomini: al contrario, donne e uo-mini devono collaborare per co-struire un mondo migliore. Moltiuomini credono davvero al geniofemminile, ritengono corretto valo-rizzarlo e collaborano attivamentealla gestione della casa e della fa-miglia, senza perdere nulla dellaloro mascolinità, invitando ad uncambio di rotta quegli altri uominiche ancora considerano la donnasecondo vecchi stereotipi.I personaggi di questo libro, diver-si tra loro ma uniti da obiettivi co-muni, forniscono lo stimolo per unripensamento del nostro stile di vi-ta, dei tempi e degli spazi della no-stra quotidianità, dei meccanismiche regolano l’economia e la poli-tica, affinché a tutti gli abitanti delpianeta sia garantita una vita di-gnitosa e serena.

SEMPRE RICORDO TE, MAMMA

Il papà, i nonni, i bimbitutti mi voglion beneperché piccola ancor io sono,ma grande è il voler mio crescere.

Tutto va, ma lunghi sono i giornie nella notte palpita il mio cuore.Sogno di udire la tua voce:«Oh mamma, perché mi manchi?»

Non più le tue paroleal mattin quando mi vestivi,non più dolci carezze e tuoi respirimentre con amor mi pettinavi.

Ogni giorno all’asilocon bimbi e tante amichefelici ore passo in compagnia.

Ma poi mi nascondo, dove nessun mi trovaper guardare te e qualche bacio lascioalla fotografia che porto nella tasca.

Un brivido corre e tante lacrime mi cadono,eri buona, brava e laboriosa.Ora dal cielo, col tuo sorrisodai speranza e coraggio alla mia vita.

Ma resta il vuoto nella casae sempre regna,perché così sarà e non è sogno.

Quando al finir del giorno si fa serasempre ricordo te, mamma,nella mia preghiera.

ANGELO JANNA TAVÀN

recensi

one

[]

il libro di Chiara Rossi

L’angolodella

poesia

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PREGHIERA PER LA PACE

O Dio, nostro Padre, ascolta la nostra voceperché è la voce di tutte le vittime della guerra.Ascolta la nostra voce perché è la voce di tutti

i bambini che soffrono e soffrirannoquando i popoli ripongono la fiducia nelle armi e

nelle guerre.Ascolta la nostra voce perché parliamo per

le moltitudini di ogni paese e di tutta la storia che nonvogliono la guerra e sono pronte a percorrere

insieme il cammino della pace.Ascolta la nostra voce e donaci l’intelligenza e

la forza per rispondere all’odio con l’amore;alle ingiustizie con la giustizia;

ai bisogni dei poveri con la solidarietà;alla guerra con la pace.

Ascolta la nostra voce e infondi nel cuore di ogniuomo la saggezza della pace, la forza della giustizia

e la gioia dell’amicizia.Ascolta la nostra voce e concedi al mondo

per sempre la tua pace.

GIOVANNI PAOLO II

Questa preghiera, che ho recitatoinsieme con altri coordinatori deiCentri di Ascolto in occasionedi una serie di tre incontri diformazione nella sede Caritas, miha indotto a riflettere, soprattuttosul fatto che, se non ci si affida aDio, non si ha la forza di andareavanti nella grande complessitàdel mondo.Oggi più che mai, attorniati dadisvalori, notizie di violenze, faticadi vivere, poteri forti e nuovepovertà, quando apro il Centro diAscolto e mi dispongo all’attesa,non vedo altro da fare checercare di essere sempre piùun operatore di pace.Nell’esperienza che sto vivendoin quel luogo, non sono pochele volte che mi sento impotente equindi frustrata, anche se so cheogni persona che trova ilcoraggio di suonare alla portaper chiedere aiuto dà il verosenso del perché della scelta difare il volontario.Non mi nascondo però cheproprio l’ondata di problemi chesi riversa su noi operatori, a volteimprovvisi e violenti come unotsunami, mi coglie impreparata.Vorrei poter risolvere tutto esubito, dare qualcosa lì, presto,perché quella persona possa

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uscire dal Centro un poco piùsollevata e un poco più serena. Ma lo faccio per lei o per vedere«sparire» il più in fretta possibilequel problema che mi spaventa?Incontrare faccia a faccial’indigenza e la sofferenza deglialtri fa paura, spesso entrain risonanza con la tuasofferenza; non farsi travolgere èdifficile. Usare la ragione senzasoffocare il cuore: ecco la grandescommessa.Imparare a convivere con lafrustrazione di non poter risolveretutto, fa riflettere sul fatto chel’Onnipotente è uno solo e chela strada è pregare di saperutilizzare al massimo i tuoi talenti,caparbiamente. Infatti, il piùgrosso disagio che provo èquando scopro che non ho fattofino in fondo quanto era in miopotere di fare: questa è la verafrustrazione.L’operatore deve per prima cosaaccogliere con animo disponibile,sincero e soprattutto nongiudicante. Ma poiché non sonoun essere speciale, a volteistintivamente mi viene dagiudicare chi ho davanti oppurenon ho nessuna voglia diascoltare: ne ho già abbastanzadei miei di problemi; eppure so

che è proprio in quel momentoche non devo mollare perché èil contatto con i miei problemie con le mie esperienze che mirende ricettiva nei confronti diquelli degli altri.Per tutto ciò il Centro di Ascol to èuna grande scuola, ti fa stare coni piedi in terra e ti protegge dallasuperficialità morale e materialeche ci circonda; è un’isola disperanza sia per il volontario cheper le persone che vi si rivolgono.Anche se l’aiuto che la personariceve è solo una possibilità disfogo, una borsa di alimenti,una informazione, una pausadalla sua solitudine, è pursempre un passo in direzionedella pace: infatti, sciogliere unadifficoltà, ascol tareuna telefonata, prenderea braccetto un individuo finoa quel momento sconosciuto,dà la consapevolezza di operareper il «disarmo» sociale.Quando ho deciso di esserevolontario era per occupare il miotempo libero, rendermi utilealla mia comunità aiutando chipoteva avere bisogno di me.Se, negli attimi di sconforto e didelusione per un successomancato, penso sia «impossibile»farcela perché sono di più le

persone che hanno bisognoe sempre poche le soluzioni chesei in grado di dare, so ancheche siamo in tanti che stanno«facendo», goccia dopo goccia,l’impossibile e questomi sostiene nei momenti bui. La speranza è che sempre piùpersone diano un poco del lorotempo al volontariato, qualsiasiesso sia: l’aiuto al vicino cheha bisogno, alla parrocchia, allapropria comunità, per arrivare poianche agli ospedali e a qualsiasialtra necessità che si presenti.Questo farà bene non soloalla persona che vai ad aiutare,ma soprattutto a noi stessi:la conquista di una grandericchezza interiore.Per quanto mi riguarda pregoDio perché mi tenga la sua manosulla testa e mi aiuti a fardiventare sempre più pura la miagoccia. I miei compagni, chesono gli altri operatori del Centro,condividono sempre le difficoltàcon me, ma anche la gioia deirisultati positivi, rari purtroppo.Sapere poi che ci sono tanti altriCentri di Ascolto e tantovolontariato in luoghiinsospettabili, dà la verasperanza di vedere, alla fine,una grande svolta positiva.

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Il miele, primo dolcificante utiliz-zato dall’uomo, fin dai tempi anti-chi è stato considerato alimentoprelibato quando non perfino ma-gico o sacro. In epoche recenti èstato però in gran parte sostituitonelle nostre dispense dallo zuc-chero ricavato dalla canna o dallabarbabietola, di più semplice uti-lizzo e di gusto neutro.

Sono tuttavia ancora vive letradizioni popolari che attribui-scono erroneamente al mieleproprietà terapeutiche o che viassociano le attività farmacologi-che delle piante da cui sono statiprodotti. È stata invece verificataun’attività antibatterica del mieledovuta probabilmente all’enzimaglucosio ossidasi che a partiredal glucosio, e in particolari con-dizioni di diluizione, produce ac-qua ossigenata e acido gluconi-co. La maggior parte degli effetticurativi associati dalla tradizionepopolare al miele possono esseretuttavia ricondotti ad uno zucche-ro in esso contenuto, il fruttosio,per il suo effetto emolliente, leg-germente lassativo e detossifi-cante. È comunque inopportunoutilizzare il miele come un farma-co. Esso è un alimento che, purmancando di proteine, grassi evitamine, è particolarmente riccodi zuccheri semplici facilmentedigeribili, apportatori di energiaimmediata. L’attenzione crescen-te per l’am biente sta portando alla

rivalutazione dei prodotti naturali,tra cui il miele che ci viene fornitodall’ape già pronto per il consumoe conservabile senza nessuna ag-giunta né manipolazione da partedell’uomo.

Ma oltre alla genuinità del pro-dotto, ciò che ci induce a consu-marlo sono sicuramente le suecaratteristiche organolettiche.

Ma cos’è il miele?Il miele viene prodotto dalle api

(Apis mellifera) a partire dal nettaredei fiori o dalla melata che si trovasulle piante. Queste soluzioni zuc-cherine vengono bottinate, cioè

Florio Bernardis è un apicoltore che del territorio ha fatto il suo mestiere. Sul barattolo del mieleprodotto dalle sue api c’è un’immagine in cui si riconoscono i paesi, la pianura e le montagnedel territorio del comune, che fa da sfondo alla scritta «Miele di Budoia». Per sfruttareal massimo le potenzialità di un territorio che si estende da quote di 50 ad oltre 1000 metridi altitudine, egli applica la pratica del nomadismo che consiste nello spostamento degli alveariinseguendo le fioriture. Ciò è necessario per ottenere i diversi mieli che è possibile produrrein un territorio dove montagna e pianura si incontrano.

territorio in barattoloMiele

raccolte, e trasportate nell’alvearedove vengono passate da ape adape. Questo scambio tra individuiporta due conseguenze: la dimi-nuzione del con tenuto in acqua ela trasformazione degli zucchericomplessi in semplici ad opera dienzimi prodotti dalle api (invertasie glucosio ossidasi). Il risultato diquesto processo è il miele.

Questo viene immagazzinato elasciato maturare nell’alveare an-dando a costituire, insieme al pol-line, la riserva alimentare che leapi accumulano per il periodo in-vernale.

di Serena Chiesa

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Il miele è composto da diversizuccheri, principalmente da frut-tosio e glucosio, in minor parteda saccarosio, e da altre sostan-ze contenute in piccole quantitàquali acidi organici, enzimi, saliminerali e sostanze aromatiche.

Il miele può presentarsi sia allostato liquido che cristallizzato. Lamaggior parte dei mieli tendono acristallizzare naturalmente a tem-peratura ambiente in quanto so-no soluzioni soprassature, con-tengono cioè più zucchero diquanto ne possa rimanere di-sciolto. La tendenza a cristallizza-re dipende dalla composizione inzuccheri dei nettari di partenza.Pochi sono i mieli che rimangonoliquidi a lungo (acacia, castagnoe melate), mentre per gli altri lacristallizzazione è da considerarsisintomo di genuinità.

Ma quanti mieli ci sono? Teoricamente tanti quante so-

no le piante che producono net-tare. Più un territorio ha una floraricca e più potrà dare origine aduna grande varietà di mieli. Dimiele pertanto non possiamoparlare al singolare.

Innanzitutto è possibile diffe-renziare i mieli di nettare dai mielidi melata. I primi sono prodotti apartire dal nettare dei fiori, i se-condi derivano invece dalla rac-colta delle escrezioni di insettiche si nutrono della linfa dellepiante.

I mieli di nettare possono es-sere differenziati sulla base dell’o-rigine botanica in mieli uniflorali emieli multiflorali o millefiori. I mieliuniflorali derivano principalmenteda una sola specie vegetale epresentano colore, odore e aro-ma caratteristici. In Italia vengonoprodotti più di 20 mieli uniflorali.Al contrario i mieli millefiori, costi-tuiti da nettari di numerose pian-te, possiedono caratteristiche di-verse a seconda delle specievegetali che lo compongono. Inpratica ogni arnia può produrreun miele diverso.

Di melate ne esistono due tipi:

I prodotti dell’alveare

la melata di abete, derivata dallamelata raccolta sulle conifere, ela melata di Metcalfa, ottenutadalle escrezioni dell’insetto Met -calfa pruinosa che si alimentasulle latifoglie.

Le differenze tra un miele el’altro sono pertanto conseguen-za dell’origine botanica e non del-l’intervento delle api o dell’uomo.

Fino a pochi decenni fa si pro-duceva principalmente il mielemillefiori, ottenuto prelevandodall’arnia tutto il miele raccolto inun’intera stagione produttiva.

Oggi vengono molto apprez-zati i mieli uniflorali, ottenuti grazie

all’abilità degli apicoltori che rac-colgono separatamente il prodot-to delle diverse fioriture, prelevan-do dall’alveare il miele di unaspecie vegetale prima che co-minci a fiorirne un’altra. La pro-duzione di questi mieli è possibileperché le api rimangono fedeli al-la medesima tipologia di piantada cui per la prima volta hannoprelevato il nettare o la melata,continuando a raccoglierne finoad esaurimento. In realtà non èsempre possibile separare il rac-colto delle diverse fioriture, so-prattutto quando queste avven-gono contemporaneamente.

PRODOTTO PRODUZIONE FUNZIONE NELL’ALVEARE

Miele Nettare e melata raccolte Costituisce le scortedalle piante e trasformate dalle api energetiche per l’inverno

Polline Prodotto dagli organi maschili Nutrimento proteicodelle piante utilizzato per le larve

Pappa Reale Secrezione di alcune ghiandole Utilizzata come nutrimentodelle api nutrici dalle larve nei primi giorni

della loro vita e dalla Regina

Propoli Resine e gomme raccolte Ha funzione antibattericae lavorate dalle api e di mastice

Cera Prodotto da una ghiandola Utilizzata per la costruzionedelle api dei favi

I mieli prodotti a partire dai nettari o dalle melate delle diverse specie vegetali possono esseremolto diversi anche dal punto di vista dell’aspetto.

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Tornòn a parlà de ciavài

Attorno agli anni ’60 Nicolò (Ni -coletto) Zambon Luthol, che abi -tava in via Castello era proprietariodi un magnifico stallone dal mantobianchissimo, chiamato «Ce sare»,che utilizzava nei vari lavori agricoli:traino del carro, aratura etc. Negli anni ’70, in via Tarabin, erapro pietario di due cavalli da cales-se Attilio Zambon Tarabin-Canta.Tornato da Milano a vivere a Dar -dago, per alcuni anni si era dilettatonell’accudire quei due slanciati ani-mali, poi, non si sa il perché, li ven-dette e ritornò a Mi lano, dove, di lìa qualche anno, morì.Proprietario di cavalli fu, sempre inquel periodo, Giancarlo Pau let ti: neaveva due o tre (uno era nero). Liusava per cavalcare nei campi e liteneva in via Par me san, dove oraha un deposito di materiali.Negli anni ’70-’80, in via Ma sar la -da, allevava un paio di cavalliBeatrice Zanchet, figlia del famosomaestro Giacomo: nel giardino dicasa aveva una specie di maneg-gio, con ostacoli ed altre barriere,

in cui allenava i cavalli. A propositodi muli, visto che ne l’Artugna diagosto è stata citata, con foto, lamula di Andolùt Marin, Flavio ricor-da che in via Castello, nella casadei Frith, ci fosse stato un mulo, ilcui possessore probabilmente eraPaolo Bocus Frith, nonno diGraziano. Alla fine Flavio ci regala una chicca:a suo tempo anche il nostro com-paesano, nonché pievano per ben46 anni della nostra antica pieve,don Romano, aveva un cavallo, colquale si spostava nei paesi vicini alnostro, ma intraprendeva ancheviaggi abbastanza lunghi, sia perandare a cerimonie religiose sia peraffari.La conferma di ciò sta in un diarioche lui scriveva giornalmente, conscrupolo ed a volte abbastanzaparticolareggiato. Il giorno 8 luglio1912, egli annota: «Oggi a Maronho venduto il cavallo». Non specifi-ca né la somma ricevuta in cambio,né, eventualmente, di aver ne acqui-stato un altro.

Le api sono in grado di botti-nare nettari e melate in un raggiodi 5 km intorno all’alveare. Il mieleraccolto da una famiglia di apirappresenta quindi il territorio cir-costante. La sua composizione ècaratteristica per ogni zona ri-specchiandone la composizionedella flora e quindi delle fioriture.È così particolare che tramite l’a-nalisi dei pollini in esso contenutiè possibile risalire all’area geo-grafica di provenienza.

Parlare di miele porta inevita-bilmente a parlare anche di api.Questi insetti sono degli indicatoribiologici, cioè organismi viventiche riflettono la salute dell’am-biente in cui vivono. Esiste unostretto rapporto tra api e mondovegetale: le api traggono dalle

piante tutte le sostanze nutritiveper il loro sostentamento, mentrele piante beneficiano dell’impolli-nazione necessaria alla produzio-ne di semi e frutti. Ciò garantiscela sopravvivenza di molte specievegetali spontanee nonché laproduttività di svariate colture.Senza l’attività delle api e di altri

insetti impollinatori probabilmentei prati e i boschi avrebbero un al-tro aspetto rispetto a quello at-tuale. Sarebbero popolati solo dapiante ad impollinazione anemofi-la, cioè che diffondono i pollini colvento. Il risultato? Nessun fiorecolorato nei prati, nessun vialeprofumato.

Chiacchierando del mio articolosui cavalli, Flavio Zambonmi faceva notare comele notizie da me fornitesulla loro presenza a Dardagofossero incomplete.Invitato ad integrarlecon i suoi ricordi, mi ha scritto:Chel che me pense sui ciavai(e i so paròns) de Dardac.Ve ne riferisco in breve.

di Massimo Zardo

Fiorina Bernardis, ritratta nella foto insieme a Serena Chiesa, espone le sue varietà di mielenel cortile della sua abitazione.

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Lasciano un grande vuoto...l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari

Italia ArietCara sorella e zia Italia,pensavamo di poter festeggiare il tuonovantesimo compleanno; purtroppoè andata diversamente. Sappiamoche ci tenevi tanto! Hai lasciato ungrande vuoto, perché tutti i venerdìvenivamo a trovarti e a portarti tuttoquello che desideravi, ma ogni voltaci stupivi, perché nel tuo piccolomondo dov’eri… avevi sempre tantecose da raccontarci, ed eri semprevivace e gioiosa. Tra le cose guardavie cercavi sempre le caramelle. Ungiorno, incuriosita, ti ho chiesto per-ché le desiderassi così tanto. Scuo -tendo la testa, come facevi tu, mi

confidasti: – Sai, io non le mangio.Bisogna dare per ricevere, così incambio di una o due caramelle ricevoun sorriso. Questo mi ha fatto riflet-tere e ho provato tristezza. Pensosovente che, ora, non diamo più im-portanza agli affetti, non certo percolpa nostra, ma perché siamo sem-pre preoc cupati e non pensiamo allepersone che ci stanno vicino e chehanno veramente bisogno di un sor-riso e di tanto amore, specialmente lepersone sole. Ti avremo sempre neinostri cuori e speriamo che tu conti-nui a pregare per tutti da lassù.

TUA SORELLA ROSINA E I TUOI NIPOTI

Manlio PrizzonÈ già passato quasi un anno e anco-ra non sembra vero.Certo, il rimpianto di non averti più tranoi non è misurabile, però sappiamoche tu non ci vorresti vedere cupi etristi, ma allegri e spensierati comesei sempre stato tu. È proprio conquesto spirito che la tua famiglia e ituoi amici ti ricordano e ti portano neinostri cuori.

Quando alziamo lo sguardo sulle ci-me innevate non possiamo non pen-sare a te, appassionato sciatore, e tiimmaginiamo sereno tra le vette delParadiso.Ora che hai ritrovato il nostro amatoAbramo, veglia con lui su di noi.

I TUOI CARI

Renzo BocusVogliamo ricordarti com’eri, pensareche ancora vivi e come allora sorri-di... ed ora vegliaci da lassù...

FRANCA E YURI

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CronacaCronacaPanevin 2010: anciase plof!

Anche quest’anno le condizioniatmosferiche non sono state be-nigne con il panevin: pioggia eneve hanno rallentato i lavori ditaglio di boschi e giardini, ridu-cendo la quantità di materiale adisposizione e bagnando abbon-dantemente quello raccolto in viaRivetta, facendo temere rinvii co-me due anni fa. Comunque lunedì 4 gennaio ci siritrova numerosi e iniziano i lavori:il cielo è coperto e minaccia piog-gia, ma abbiamo fiducia. In breveil materiale raccolto è accatastato(un grazie a Massimiliano per lasua disponibilità e perizia ), cu-randone in modo particolare ladisposizione per favorire l’accen-sione del falò. Memori delle diffi-coltà dell’anno scorso, causateappunto dalle abbondanti preci-pitazione nevose e dalle piogge,per tranquillità copriamo tuttocon un telone (mai vedut un pa-nevin cuert!). Il martedì preparativi per la sera-ta: allestimento del chiosco, pre-

parazione del fornello per il brulè(lavoro per il grande Brunetto!),ultimi ritocchi al panevin (’na voltai doperava sorgial e bordici) conpaglia, rami di pino e fascine sec-che: la cosa sembra finita, quan-do, slancio di fantasia dei giovani,parte l’idea della «vecchia».Mettendo insieme epifania e qua-resima, ricordandosi del panevindi due anni fa bruciato appuntocon la vecchia a metà febbraio,causa maltempo, i vari Andrea,Alessio, Alessandro, Fran cesco,Federico, Matteo e Michele pre-parano il fantoccio: una vecchiamunita di borsa, cialthe longe efatholet ’n tel ciaf, che ricorda lenostre bisnonne. Un piacere ve-derli lavorare entusiasti, protago-nisti; significa che hanno colto lospirito del conservare le tradizionie la memoria, noi veci possiamoessere contenti: avon semenatpulido. Alla sera, come da programma,tutto è pronto: si attende donAdel per la benedizione ritualeprima dell’accensione. Intantocomincia ad arrivare gente, tra iprimi molti americani, che ormaida qualche anno partecipano allanostra festa, curiosi di capirne ilsenso, forse con la voglia di sen-tirsi un po’ a casa. Manca stavol-ta, causa freddo e maltempo, ilcoro delle litanie.Al momentio fatidico comincia apiovere, ma stavolta il panevin siaccende prontamente e bruciasenza indugi: è andata bene,possiamo rilassarci. Nonostantela pioggia, a tratti insistente, nu-merose sono le persone, i gruppidi amici e le famiglie con bambini,forse più degli anni scorsi, che ri-mangono a lungo a scaldarsi e abere l’eccellente vin brulè distri-buito al chiosco assieme ai dolcifatti in casa e alla tradizionalepintha. L’organizzazione è ormaiben rodata e tutto fila liscio; arrivagente anche da Budoia dove ilpanevin fatica a bruciare, mentredue gruppi di ragazzi allietano lafesta con un estemporaneo spet-

La vecia controlla la situazione dall’altodel panevin.

El panevin al taca a brusà ancia se ’l plof.

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tacolo pirotecnico. Ma chi attiral’attenzione è la vecchia che, las-sù in alto, non accenna a brucia-re, si piega, fuma ma resiste alungo, prima di cedere al fuoco. Eccoci allora al rito dei pronosticiper il nuovo anno: del fumo, cheall’inizio si alza dritto in cielo perpoi formare una nuvola densapoco possiamo dire, se va a ma-rina è colpa dell’aria dell’Artugna;è stata più intrigante la figura del-la vecchia, la sua resistenza, ilsuo non cedere al fuoco: permolti una allegoria dello spiritodella nostra gente, della sua co-stanza, della sua forza, e un invitoa non cedere, a tener duro anchenei momenti difficili. Con questi di-scorsi e, speriamo, con una spe-ranza in più nel cuore, piano pianola gente si avvia verso casa. Amezzanotte il panevin brucia an-cora, ma la pioggia aumenta e co-sì anche gli ultimi co raggiosi ab-bandonano il campo, sperando inun tempo migliore per l’annoprossimo.

noteSorgial: canna secca del mais.Bordicio: ginepro.Pintha: dolce tipico a base di uvetta e fari-na da polenta.

MASSIMO ZARDO

Coscritti della classe 1936 di Budoia. Approfittando degli ultimi giorni dell’anno 2009 han volutofesteggiare una serata in lieta compagnia per augurarsi un buon fine d’anno ed un miglioreanno nuovo, soprattutto in salute. Un ricordo è stato rivolto a quei coscritti che purtropponon ci sono più ma che sono sempre presenti nel nostro cuore. A tale scopo è stata depostauna offerta alla «Via di Natale».

Ancia ’sto àn i madhiin glesia

Anche quest’anno i madhi impre-ziosiscono, con la fantasia dei loroaddobbi, la navata centrale dellachiesa ed ancora una volta deno-tano la volontà delle «contrade» dionorare, non solo con l’impegnonel realizzarli ma anche con la ge-nerosità delle donazioni, il signifi-cato solidale del Natale.Infatti la loro esposizione serve an-che per la raccolta di fondi chequest’anno ammontano a 1.058euro (di cui 113 spesi per l’acqui-sto degli abeti) da destinare all’ac-quisto di arredi per la nuova salaparrocchiale della Scuola Ma terna.

Thanksgiving dayRingrathion el Signor

Già da qualche anno la Par roc -chia Cattolica presso la BaseU.S. Air Force di Aviano festeggiain oratorio il Giorno del Rin gra zia -mento insieme con la Parrocchiadi Budoia offrendo cibi tradiziona-li: il tacchino ripieno con un con-dimento a base di castagne, purèdi patate con salsa o purè di cimedi rape, patate dolci, torte di me-le, zucca o noci.È un momento di simpatica con-vivialità che unisce i residenti agliospiti accomunati da un unicopensiero: ringraziare per quelloche si ha dalla terra in ricordo deitempi difficili. Il giorno del ringraziamento èun’an tica festa religiosa norda-mericana per ringraziare dellabuona riuscita del raccolto, in ori-gine di derivazione cristiana ma

ora ormai secolare e si rifà all’arri-vo sulle coste americane deiPadri pellegrini, a bordo dellaMayflower nel 1620, dopo un du-ro viaggio attraverso l'Atlantico incui perirono molti dei 102 pionieriimbarcati. Con l'inverno ormai al-le porte, i sopravvissuti si trovaro-no di fronte ad un territorio selva-tico e inospitale, fino ad alloraabitato solo da nativi americani. Ilprimo anno fu molto duro: i pel -legrini vivevano in ripari di fortuna,il cibo scarseggiava e quasi lametà di loro non sopravvisse al ri-gido inverno ma con l'arrivo dellaprimavera del 1621 la situazionemigliorò. Per l'inverno i coloni riu-scirono a mettere sotto sale delpesce e ad affumicare della car-ne. Dopo il duro lavoro degli inizi,il governatore William Bradfordindisse un giorno di ringrazia-mento a Dio per l'abbondanza ri-cevuta e per celebrare il succes-so del primo raccolto. Alla festa i

Le nostre montagne, come i nostri tre paesi, sono state ripetutamente avvolte in un mondoovattato in questo rigido e lungo inverno.

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La platha quasi finidha…

Dallo scorso mese di novembrenon hanno avuto tregua i lavoriper la riqualificazione della piazzadi Dardago. Tutta l’area è statamessa sottosopra per l’asporta-zione del vecchio asfalto, per laposa degli impianti tecnologici,per la costruzione dei marciapie-di, per il getto del calcestruzzo.Ora si sta eseguendo la pavimen-tazione e si comincia ad avereun’idea di come sarà la nostra«platha».

…e l’Artugna?

Dopo le polemiche sorte a causadella delibera regionale che, no-nostante il parere contrario delleAmministrazioni Comunali di Bu -doia e di Aviano, aveva autorizza-to l’escavazione di circa 60.000mc. di ghiaia dal torrente Artu gna,nei primi giorni di Gennaio sonoentrati in funzione le ruspe e i ca-mion. L’intervento è stato sud -

Chiara e il Genio delledonne

7 marzo 2010, vigilia della Festadelle donne. Nel teatro di Dar -dago, una giovane donna madre

S’incontròn anciamòin oratorio

L’oratorio e la parrocchia di Bu -doia hanno in calendario due ma-nifestazioni. Il 4 giugno, nella Chiesa Par roc -chiale di Budoia, alle ore 20,45 siterrà il Concerto dell’UPCC, Uni -versity of The Philippines Con certChorus – Manila, coro ufficiale del -l’Uni versità delle Filippine.Costituitosi nel 1962, si è trasfor-mato da semplice coro universita-rio ad una forza musicale di famainternazionale.Dal 14 giugno al 2 luglio: «Fi nal -mentestate 2010» in oratorio dallunedì al venerdì dalle ore 14.00alle ore 18.00.

di tre figli, con i nonni materni natia Dardago e a Santa Lucia, pre-senta il suo libro sul genio femmi-nile. Chiara Rossi, questo è il no-me dell’autrice, ha spiegato ilcon tenuto del suo lavoro rispon-dendo alle domande del nostrodirettore Roberto Zam bon.In con clusione, Santino Jan naTavan ha letto alcuni passi del li-bro che parla dell’esperienza dialcune donne che, superandomolte difficoltà, sono riuscite amettere a frutto il «genio femmini-le» in molteplici campi. Peccatoche, forse a causa della freddaserata, il teatro non sia stato af -follato come in altre occasioni.

Durante il Consiglio Comunale del 26 marzo, il sindaco Roberto De Marchi ha consegnatouna targa al geometra Antonino Zambon, che da ottobre è entrato in pensione.L’Amministrazione Comunale lo ringrazia per i 38 anni di servizio svolto a favore della comunitàpresso l’Ufficio Tecnico del Comune di Budoia.

coloni invitarono anche gli indige-ni. Nel menù di quel primo Rin -gra ziamento americano ci furonodelle pietanze che divennero tra-dizione per le feste – in particola-re il tacchino e la zucca – insiemead altre carni bianche, torte di ce-reali, frutta secca e noccioline.

FULVIA MELLINA

Don Adel con i confratelli durante il momento conviviale.

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El Balerùt

Poco prima di andare in stampaci è giunta la notizia che il nostrocaro vecchio balèr ha trovato undegno erede nel centro dellapiazza. Al nuovo albero, denomi-nato immediatamente «balerùt»,per la giovinezza, l’esiguità e la ti-pologia di pianta, diamo il benve-nuto ed auguriamo una lunga edimportante vita.Per se stesso e per la comunità.

Il tratto dell’Artugna verso il ponte di Castello di Aviano come appare dopo i lavori di sghiaiamento.

Sopra. Fervono i lavori per la ristrutturazione della piazza di Dardago.

A lato. Il Balerùt ha preso possesso della piazza di Dardago.

diviso in due lotti: il primo lotto dalponte sulla Pedemontana versovalle e il secondo dal ponte versoDardago. Ora i lavori sul primolotto possono considerarsi con-clusi. Il nostro auspicio, e quellodi chi ama l’Artugna, è che si troviun modo per evitare di proseguirei lavori sulla parte a monte delponte, che è il tratto più interes-sante dal punto di vista naturali-stico e sentimentale.

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Inno alla vita

Il 6 febbraio, Luisa e Luigi Signora hanno festeggiato i 50 annidi vita matrimoniale, attorniati dall’amore dei loro figli, Fabio eLuca, delle nuore e delle loro amatissime nipoti, Silvia, Federicae Giorgia. Con parenti e amici hanno ringraziato Dio per i doniricevuti e hanno pregato per il loro futuro.

Auguri dalla Redazione!

Il giorno 29.12.2009 è nato a Pordenone Alessandro Mon ta -naro, un bambino vivace che ha riempito la vita di papàMartino, mamma Barbara (nipote di Franco e Anita Zambon«Biso»), dei nonni, bisnonne e zii!

Cari mamma e papà,questo è un giorno che segna la storia della nostra famiglia evoi avete scritto il capitolo più importante. Il vostro percorso èstato duro e difficile, a volte avventuroso; nulla vi è stato regala-to e tutto avete conquistato con grande forza di volontà e con ilvostro amore che in mezzo a qualche «battaglia» ha semprevinto! Oggi siamo qui: figli, genero, nuore, nipoti e nipotini. Tuttiinsieme per festeggiare e manifestarvi il nostro affetto con l’au-gurio e la speranza di trascorrere insiemi tanti altri momenti digioia. Orietta, Enrico, Maurizio.

Lo scorso 5 ottobre si è aggiunto un angioletto alla nostra fami-glia: è nata Elisa Pulcini, nipote di Pietro Zambon di Praturlone,che ha reso felici mamma Lorena, papà Terenzio, nonni, zii, masoprattutto la sorellina Anna.

3 ottobre 2009: Valentina e Giorgio si sono sposati alla Cjasadal Botêr a Comeglians (Udine).

Serenella Pellegrini e Dennis Belford il giorno del loro matrimonio,nel settembre 2009.

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Udine, 20 gennaio 2010

Spett. Redazione,sono pervenuti alla Biblioteca diquesto Museo Diocesano i volu-mi La Pieve di Dardago tra il XIII eil XVI secolo e Paesi di pietra. Nel ringraziare per il graditoomag gio delle due importantipubblicazioni che testimonianodell’intensa attività culturale pro-mossa da l’Artugna, con l’augu-rio di un sereno e proficuo 2010,si inviano i più cordiali saluti.

IL DIRETTOREPROF. GIUSEPPE BERGAMINI

La ringraziamo per la stima dasempre dimostrata al nostro pe-riodico e auguriamo cordialmenteBuona Pasqua.

Venezia, 14 gennaio 2010

Grazie infinite per l’invio del perio-dico l’Artugna, graditissimo, checi permette di vivere la vita dellacomunità pur non abitandovi.Dardago resta sempre nei nostricuori.Abbiamo le nostre radici e i vostricari che non ci sono più.A tutti voi della Redazione un gra-zie per il lavoro che fate con veroentusiasmo. Cordialmente.

EDDA ZAMBON BELLINI

È giusto ricordare le nostre radici.l’Artugna continua ad affermarloda quasi 40 anni. Grazie a voi perl’affetto che dimostrate.

Mestre, 4 gennaio 2010

Tanti auguri per un felice annonuovo alla Redazione de l’Artu -gna.

AGNESE E DOMENICO DIANA

Vi ringraziamo per gli auguri sem-pre molto graditi e vi auguriamodi cuore Buona Pasqua.

Caro team de l’Artugna,vi scrivo perché mi piacerebbepubblicare l’annuncio del nostromatrimonio, anche se avvenutoda quasi 6 mesi. I tempi di arrivo della vostra rivistasono un po’ lunghi, ma comun-que benvenuti ogni volta.La mia famiglia è di Dardago, an-che se siamo (o almeno io ero)residente a Milano.Vi invio la foto che vorremmopubblicaste e l’annuncio:Serenella Pellegrini, Milano (figliadi Mario e Caterina Busetti) eDennis Belford (Edinburgh,Scotland) sono felici di annuncia-re il loro avvenuto matrimonio insettembre 2009 a Johan nes burg,Sud Africa, dove risiedono.Vi ringrazio anticipatamente.

SERENELLA PELLEGRINI-BELFORD

Eccoti accontentata cara Sere -nel la. La foto la trovi pubblicatanella rubrica «Inno alla vita».Congratulazioni a te e a Dennis.

Praturlone, 6 marzo 2010

Cari amici della Redazione, comeconsuetudine, anche quest’annosiamo a rinnovare il nostro grazieper le emozioni che sapete susci-tare in noi con le pagine dell’ama-to periodico.Questa volta abbiamo anche il

piacere di annunciare la nascitadi Elisa. Cogliamo l’occasionedella Santa Pasqua per inviarvi ilnostro contributo e per farvi i vo-stri più cari auguri.

PIETRO ZAMBON, SORELLE E FAMIGLIA

Grazie a voi per le gentili parole eper il generoso contributo. Nellarubrica «Inno alla vita» abbiamopubblicato la bella foto di Elisa edi Anna. Buona Pasqua a tutti voi.

Page 42: l'Artugna 119_ 2010

Questo è l’indirizzo del nostroblog che permette di averesempre sotto mano gli ultimi

numeri delle nostre pubblicazioni.Già parecchi lettori hanno avuto

occasione di visitarlo. Nel blog viene inserito, per ogni

numero del periodico,un piccolo sommario degli articoli

ed è possibile visualizzarnetutte le pagine. I lettori possonoscrivere i loro commenti, le loro

idee, riflessioni oppuresuggerimenti e proposte.

Ma non basta; infatti sul blogsi possono visualizzare

gli alberi genealogici e le altrepubblicazioni.

42

[...dai conti correnti]

In memoria di mio fratello Renzo.

MARIO GIUSSANI – VERUNO (NO)

In memoria di un «grande uomo» quale fuil mio indimenticabile compagno di vitaPasqualino Zambon.

PASQUITA MAIORANO – SARONNO (VA)

Da molti lustri aspettavo questa sorpresa.Grazie!

GASTONE BURIGANA POSTÌN – VENEZIA LIDO

Grazie e buon anno a tutti.

ANTONELLA ZAMBON – MILANO

Il mio sostegno per il periodico.

JOLANDA RIGO – SACILE

In memoria di Girolamo Zambon.

FAM. ZAMBON – TORINO

Buon lavoro per il 2010.

ANNA JANNA – MILANO

Vi ringrazio per il vostro impegno e porgoi migliori auguri per il 2010 a tutta la reda-zione.

DONATELLA ANGELIN – MILANO

Per il 2010, con ringraziamenti, with tank.

AUGUSTO BASSO – SAVONA

Congratulazioni e auguri di buon lavoro.

MARIO ZAMBON – MESTRE

Auguro alla redazione de l’Artugna, un fe-lice anno nuovo.

ANNA FORT – SANTA LUCIA

In ricordo di Zambon Marcellino.

VERENA BIONDI ZAMBON – TORINO

Auguri di buona continuazione a tutti.

DORINA ZAMBON – GALLIERA VENETA (PD)

Situazione economica del periodico l’Artugna

Periodico n. 118 entrate uscite

Costo per la realizzazione + sito web 4.600,00

Spedizioni e varie 179,00

Entrate dal 9.12.2009 al 7.03.2010 4.550,00

Totale 4.550,00 4.779,00

bilancio

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Dal sitowww.artugna.blogspot.comsi può accedere direttamenteanche a tre altri blog chefungono da archivio storico.

Accedendo aUltimi numeri pubblicatisi potranno sfogliare le paginedei numeri degli ultimi anni.

Accedendo aAlberi genealogicisi potranno sfogliarei vari alberi genealogici pubblicati.

Accedendo aAltre pubblicazionisi potranno sfogliare le paginedei libri pubblicati.

Per facilitare i contatti via emailcon il nostro periodico abbiamoattivato questo nuovo indirizzo:

[email protected]

vi invitiamo a visitarlo e a lasciarei vostri commenti.

Page 43: l'Artugna 119_ 2010

DOMENICA DELLE PALME Dardago Budoia Santa LuciaIngresso di Gesù in Gerusalemme

• Benedizione dell’Ulivo, sagrato piazza sagratoSanta Messa di Passione 11.15 9.30 9.30

• Santa Messa Vespertina e aperturadell’Adorazione Eucaristica delle 40 ore – 18.00 –

LUNEDI, MARTEDI, MERCOLEDI SANTO• Apertura della solenne Adorazione 9.30/11.30 9.00/12.00 15.00/17.00

Eucaristica delle 40 ore 15.00/18.00• Santa Messa 9.30 18.00 17.00

GIOVEDI SANTOUltima Cena

• Santa Messa Vespertina, lavanda dei piedi 18.30 20.00 17.00Riposizione del SS. Sacramentoall’Altare del SepolcroRaccolta salvadanai «Un pane per amor di Dio»e presentazione comunicandi

VENERDI SANTODigiuno e astinenza

• Azione Liturgica, Santa Comunione 17.00 15.30 15.00• Via Crucis – – 20.00• Solenne Via Crucis, con partenza dalla Chiesa

di Dardago e conclusione nella Chiesa di Budoia[in caso di maltempo, la Via Crucis si svolgerànella Chiesa di Dardago] 20.00

SABATO SANTOVigilia di Pasqua

• Benedizione del fuoco ed accensione del Cero Pasquale sul sagrato, Veglia Pasquale e Santa Messa di Risurrezione 20.30 22.30 20.30

DOMENICA DI PASQUA• Santa Messa Solenne 11.15 10.00 10.00• Santa Messa Vespertina – 18.00 –

LUNEDI DI PASQUA• Santa Messa 11.15 10.00 10.00

SETTIMANA SANTA

programma religioso

CONFESSIONILunedi, martedi, mercoledi Santo 10.00/10.30 17.30/18.00 16.30/17.00Venerdi Santo 16.30/17.00 15.00/15.30 –Sabato Santo 18.15/19.30 16.00/18.00 17.00/19.00

IL TUO FIANCO

Il tuo Fianco scheggiato di lanciae quel fiume di sangueche attraversiamo da millennia guadoci sospingano tenere ombreall’Approdo supremosenza amare memorieall’abbraccio sereno del Padre.

Giuseppe Centore

Da Poesie, Laurenziana, Napoli 1977

�Buona Pasqua!

Pomponio Amalteo. La Resurrezione (particolare). Parigi, Louvre.

Page 44: l'Artugna 119_ 2010

Grafico della TAC eseguita sul tronco del Balèr a 190 cm di altezza nel mese di gennaio 2009

Sintesi della relazione di sopralluogoeffettuato dalla ditta«Il Giardino» di De Pra O. & C.

Il soggetto analizzato si presenta nella sua fase ter-minale di sviluppo con il risveglio delle gemme dor-mienti. La zolla radicale è fortemente compromessa da fe-rite e da cavità di carie presenti nel colletto. Tutta laparte centrale del tronco non porta più apparato ra-dicale, data la presenza di una grande cavità. Dalpunto di vista statico, la pianta è in una condizionedi notevole pericolosità.Lungo tutta la sua circonferenza, la zona del collet-to presenta ferite di varie dimensioni, con conse-guente formazione di marciumi di carie e di cavitàcollegate con il foro maggiore, sul lato ovest deltronco. Solo il 30% della circonferenza del colletto èfisiologicamente funzionante.Il tronco risulta essere composto di un tubo legno-so, le cui pareti variano di spessore, in funzione al-l’attacco più o meno intenso della carie e degli ef-fetti di fuochi accesi all’interno della cavità, in tempi

passati. Il residuo di tronco mostra una diffusa pre-senza di piccole branche e di rametti epicormici.Il castello e la chioma sono praticamente assenti,essendo l’attuale vegetazione la risultante di ricacciinseriti in maniera poco stabile nei tessuti legnosidel tronco.

ConclusioniLa pianta è nella sua fase terminale di decadenza,che potrebbe trascinarsi, salvo imprevedibilischianti, solo per alcuni anni. Ogni operazione tesaa rivitalizzarla potrà risultare inefficace.L’insieme della struttura è molto instabile dal puntodi vista statico per la presenza sia della cavità cen-trale nel tronco sia di quelle nel colletto. In tale con-dizione risulta possibile che l’evoluzione della situa-zione possa determinare lo schianto statico delsoggetto, anche in assenza di forze applicate co-me quelle del vento. Prospettiva di vita è fortemen-te compromessa.

ConsiglioAbbattimento e sostituzione.

Platanus occidentalisplatano

[parlata locale plàtin]

Nella figura le zone rosso-arancione-giallo mostrano lo stato del legno più o meno degradato.Le aree in rosso la presenza di cavità.