l'Artugna 94 2001

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXX Dicembre 2001 Numero 94 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXX Dicembre 2001 Numero 94

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa LuciaAnno XXX Dicembre 2001 Numero 94

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In copertina. Don Nillo durante la visita alla bottega organaria «A. Zeni». È il 24 agosto 2000. Il suo sogno si sta avverando.

2 Dove sono i giovani de ’l Cunath?di Roberto Zambon

3 La lettera del Plevandi don Adel Nasr

4 L’ultimo sogno di don Nillodi padre Luigino Da Ros

Una sera di marzo...di Alessandro Bozzer

Benedizione e concerti d’inaugurazionedi Stefania Gioia Wiley

9 I Pup(p)in(i)di Osvaldo Puppin

11 Un varsor con suo ferrodi Alessandro Fadelli

14 René, un bel mattino...di Anna Pinal

17 Il mezzo miglio in Cansigliodi Guido Spada

22 Lungo la Livenza in biciclettadi Mario Cosmo

23 Festa granda pa’ Padre Ritoa cura della Redazione

24 Carità senza confinidi suor Albertina

25 La vôs del mededi Fabrizio Fucile

26 ’N te la vetrina

28 Pierre, un campion de rallyedi Espedito Zambon

29 Intorvìa la tólaa cura di Adelaide e Melita Bastianello

30 L’angolo della poesia

31 Lasciano un grande vuoto

32 Cronaca

40 I ne à scrit

42 Palsa, Bilancio e Programma

43 Avvenimenti

SSoommmmaarriioo

in questo numero...Sfogliando questo numero non troverete ’l Cunath,l’inserto che per otto anni ha accompagnato leuscite de l’Artugna. Era gestito autonomamentedai giovani che realizzavano gli articoli, effet-tuavano le correzioni, impaginavano le bozze;esisteva, insomma, una piccola redazione gio-vanile. In questo numero ’l Cunath non c’è, per-ché - come succede spesso anche al torrente dacui prende il nome - è rimasto con poca «acqua»,quasi in secca.

I giovani – si sa – crescono, lavorano, stu-diano: alcuni sono lontani da casa, per i loro im-pegni, per diversi giorni della settimana. Per que-sti motivi, la redazione giovanile è rimasta quasivuota. Dei giovani che otto anni fa iniziaronoquesta «avventura», alcuni sono ora pronti perentrare nella redazione de l’Artugna, ma moltinon collaborano più. Se da un lato possiamo es-sere lieti per quelli che hanno tratto profitto daquesti anni di «gavetta» e possono portare nuo-va linfa ne l’Artugna, dall’altro constatiamo conamarezza che dopo di loro non vediamo nessunaltro. Sarebbe un vero peccato che non ci fosse-ro più giovani per ’l Cunath. Non è una difficoltàavvertita solo da noi. Anche i responsabili di al-tre associazioni lamentano una carenza di impe-gno tra i giovani. E non solo nei nostri paesi.

Come mai? Forse l’errore è nostro,perché non sappiamo pro-porci, non sappiamo comerendere interessanti ai gio-vani queste iniziative. Forsei ragazzi le vedono

Dove sono i giovani de ’l Cunath?

Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago,Budoia e Santa Lucia (PN)Direzione, Redazione, AmministrazioneTel. 0434/654033 - C.C.P. 11716594Internet: http://www.naonis.com/artugnaE-Mail: [email protected] responsabileRoberto Zambon - Tel. 0434/654616Per la redazione Vittorina CarlonImpaginazione Vittorio JannaEd inoltre hanno collaborato Ennio Carlon, Mario Cosmo, Espedito Zambon, Giovanni Bufalo

Autorizzazione del Tribunale di PN n. 89 del 13-4-73Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20,lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.Stampa Arti Grafiche Risma - Roveredo in Piano/Pn

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«O Eterno splendore del Padre, tu sei luce e sei vita, o Cristo, vieni anoi per guarirci dal male e aprirci le porte del cielo».

Gesù è la luce che splende nell’umanità immersa nella notte del do-lore e della sofferenza. Gli angeli, nella notte santa, hanno cantato «Glorianel cielo e Pace sulla terra». E noi cantiamo gloria e pace, contemplia-mo il bambino che è nato da una Vergine senza peccato. Chiediamo in-sieme adorando il nostro Dio con noi «l’Emanuele» di donarci la sere-nità del cuore, la concordia e il dono dell’unità.

Cari fratelli e sorelle ci accostiamo a celebrare questo gran misterocon fede semplice, come quella di un piccolo che aspetta da suo padreprotezione, aiuto e comprensione.

Proprio per questo il Figlio di Dio è tra noi per dirci che lui conoscela nostra condizione. La sua umanità ci salva da tutto ciò che è male.Andiamo incontro a Lui e confidiamo nella sua misericordia affinché po-tremo vivere meglio la nostra vita.

Molta gente pensava che nel 2000 dovesse finire il mondo! Passatoil 2000, non è successo niente.

È arrivato il 2001 e fino a settembre le cose erano tranquille. L’11settembre ha generato nel mondo – soprattutto quello occidentale – sgo-mento, rabbia, tristezza, paura, dolore, morte… Però, mi sento di dirvi,che – nel nostro ambiente – non abbiamo capito fino in fondo quello cheè successo l’11 settembre. Svegliatevi dal vostro sonno, cristiani di oc-cidente! Cominciate a ragionare da saggi, perché tutto quello che avetecostruito nei secoli non venga distrutto. Permettetemi anche di dire: Voiche vivete in Europa e avete unificato la moneta, cercate di unificare lospirito e la tradizione.

Sento dire negli Stati Uniti: «God bless America»; non sento mai di-re pubblicamente: «Dio benedica l’Italia». Mi sembra che ci sia più fe-de altrove che qui dove la fede è presente da 2000 anni.

Bisogna chiedere perdono a Dio e pregare per quelli che hanno sof-ferto e sono stati uccisi l’11 settembre. Vorrei esprimere il mio dolore atutte le vittime e dire ai cristiani di tornare alla fede vera e alla luce cheillumina gli uomini. Vorrei non sentire nei nostri ambienti la disgrega-zione. Non ci è più permesso vivere in una indifferenza religiosa e cultu-rale. Bisogna ritornare alle nostre radici.

Saluto i malati e i sofferenti e le persone che si trovano in qualsiasidifficoltà ed invoco la benedizione di

Dio su tutti. Auguro a tutti un glo-rioso Natale e un 2002 felice, nonposso non ricordare tutte le perso-ne che vivono nel resto dell’Italiae del mondo.

DON ADEL NASR

La lettera del Plevan

estranee ai loro interessi ed è nostro compito cercare varie strade per avvicinarli e renderli partecipi.

Ma, cari giovani che ci leggete, permetteteciuna critica costruttiva. Voi siete pieni di vita edi entusiasmo ma, spesso, siete incostanti, spe-cialmente con le iniziative che richiedono impe-gno. La vita non è fatta solo di canzonette e ditelevisione. Ci sono anche altri interessi ben piùprofondi che richiedono costanza e talvolta sa-crificio. D’altronde dovete anche preparavi adaffrontare e superare le difficoltà che prima o poila vita riserva.

Tra i compiti dei noi genitori rientra anchequesto tipo di «educazione».

Ma non vogliamo perdere la speranza.Rinnoviamo l’invito ai giovani delle medie e del-le superiori: ’l Cunath ha bisogno anche del vo-stro aiuto. È un «lavoro» che talvolta sarà impe-gnativo ma che, possiamo assicurarvelo, è anchemolto interessante e ricco di soddisfazioni.

E, mentre auguriamo ai nostri lettori che ilBambino di Betlemme porti nei nostri cuori, nel-

le nostre case e nel mondo intero pa-ce e serenità, ci auguriamo anche chela prossima Pasqua possa vedere an-cora ’l Cunath assieme a l’Artugna.

Sarebbe un piccolo se-gno di speranza.

ROBERTO ZAMBON

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Infiniti sono gli insegnamenti, gli esempi e i ri-cordi che ci lascia don Nillo. Dal 1959, quandoarrivò a Santa Lucia con la bicicletta per la festadella Santa Patrona del Paese, io facevo la se-conda media ad Oné di Fonte, e via via fino alcompimento dei miei studi e al sacerdozio e poialla missione.

Don Nillo è stato per me più che un padre spirituale e una guida; direi un fratello maggioreche mi ha seguito con attenzione, quasi gelosonel custodire in me i semi della vocazione e in-dicarmi il modo per rispondere a quanto il Signoremi chiedeva di volta in volta. In questo momen-to non mi sento tanto in forma per farlo per iscrit-to, ma ho rivissuto nella preghiera davanti alSignore tutto questo lungo itinerario di 40 anniin cui egli è stato per me un punto di riferimentosicuro, uomo di Dio, servitore sobrio ma effica-ce, sensibilissimo e pronto a darsi da fare in tut-to i modi per un problema che gli veniva sotto-posto. Da lui mi sono sempre sentito come a casamia e mi è stato vicino soprattutto dopo la mor-te dell’uno e dell’altro dei miei genitori. Insiemea lui devo ricordare suo padre che tanto somi-gliava al mio; e alla carissima zia Maria, alle pre-ghiere della quale, come a quelle di mia madre edi tante anime buone e generose di Santa Luciadevo certamente la grazia della mia vocazione sa-cerdotale e missionaria e la perseveranza fino adoggi.

Ero ancora ancora un liceale quando lui miiniziava ai problemi della vita pastorale sia dellaParrocchia che della Foranìa o della Diocesi. Erosempre fiero della fiducia che mi faceva e di co-

me mi chiedesse la collaborazione per delle ini-ziative sia in chiesa che nelle varie attività... Lasua stima mi ha fatto crescere e maturare. Moltevolte, essendo io stesso formatore di preti, di re-ligiosi e missionari, ricordavo ai miei allievi gliinsegnamenti e gli esempi da lui ricevuti e sem-pre ho cercato di ripetere con loro l’atteggiamentocostruttivo che lo caratterizzava e che mi ha for-mato. Durante i miei studi prima e poi fin dallaprima missione, egli è stato per me la mano con-creta della Provvidenza. Contemporaneamenteaveva intessuto relazioni con altri missionari dio-cesani, religiosi di tutti i Continenti e da 15 annia questa parte, il suo cuore aveva trovato una pa-ternità nuova e direi più palpabile dedicandosi di-rettamente ai bambini dell’Est europeo...

Non sono che degli accenni di un’infinità diricordi indelebili. Penso che alla Messa di con-gedo abbiate letto il Vangelo di Matteo 25, 31-40: «Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete ineredità il Regno che vi è stato preparato fin dal-la fondazione dei mondo. Perché ho avuto famee mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e miavete dato da bere; ero uno straniero e mi aveteaccolto; nudo e mi avete vestito; malato e mi ave-

L’ultimo sogno di don Nillo

Ad un anno dalla scomparsa di don Nillo,

guida spirituale ed amico della Comunità

di Santa Lucia, l’Artugna lo ricorda

con affetto e riconoscenza attraverso

la devozione fraterna di Padre Luigino

e i pensieri di Stefania Gioia e dell’organista

Alessandro Bozzer, i quali ci presentano

il grande sogno di don Nillo: la realizzazione

dell’importante organo della «Bottega Zeni»,

a perenne ricordo dell’Anno Giubilare.

La maestosa opera trovacollocazione nella parrocchiale.

Accanto: don Nillo Carniel per 40 anni parroco di Santa Lucia.

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te visitato; in prigione e mi avete assistito. Perchéogni qualvolta l’avete fatto a uno di questi pic-coli che sono miei fratelli, lo avete fatto a Me!»Il capitolo conclude «e i giusti entreranno nellavita eterna!»

Grazie don Nillo, di tutto quel che hai fatto eche hai incoraggiato e fare alimentando nella po-polazione del Paese e d’altrove, questa solidarietàcristiana che costituisce il solo tesoro che nonsvanisce e il passaporto per il Paradiso. Una diqueste forme di carità squisitamente sacerdotale,era quella di provvedere le intenzioni di santeMesse da celebrare in Missione contemporanea-mente a quelle che lui celebrava in Parrocchia. Elui stesso con voi, è sempre stato il primo dona-tore di queste intenzioni di sante Messe di cui mifaccio scrupolo di assolvere il compito puntual-mente. Nell’Eucarestia sperimentiamo la piùprofonda comunione dei santi: tra noi, ancora pel-legrini in questa «valle di lacrime» e con quelliche già si riposano nel Signore delle loro fatiche!

Certamente il vuoto che don Nillo lascia è incolmabile sotto tantissimi punti di vista! La fe-de ci dice di essere riconoscenti al Signore d’averavuto un fratello e un Pastore come don Nillo!

Prego perché dal cielo vegli su tutta la Comunità di Santa Lucia, rimasta orfana del suoPastore, su tantissimi amici e collaboratori, e an-che su di me, perché il Signore mi conceda di con-tinuare, per il tempo che mi resta e dove Lui mivuole, il cammino che don Nillo mi ha mostratocoi suoi consigli e il suo esempio.

PADRE LUIGINO DA ROS

Una sera di marzo del 1998, ricevetti una telefo-nata dall’amico Fabrizio Fucile «don Nillo vor-rebbe parlarti perché è intenzionato a fare l’or-gano». Fu il primo passo di quella che fu definital’avventura del «progetto organo» di Santa Lucia.Conobbi Fabrizio nel 1993, quando chiese la miacollaborazione con il Collis Chorus che allora di-rigeva. In quelle occasioni ebbi modo di cono-scere don Nillo – ricordo ancora che mi venne in-contro con discrezione durante l’intervallo di unaprova per un concerto di Natale nella «sua» chie-sa di Santa Lucia, mi salutò come era nel suo sti-le essenziale. Già allora si discuteva con Fabriziosull’importanza di dotare il tempio appena re-staurato di un organo per l’accompagnamento del-le sacre funzioni. Il progetto e la realizzazionedella cantoria fu, come mi spiegò in seguito donNillo, una necessità, data la capienza modesta del-la chiesa, al fine di recuperare dello spazio utilealla Schola Cantorum per l’animazione musica-le nelle occasioni di maggior affluenza di fedeli.Probabilmente già era in lui il desiderio di darcorso ad un’opera così importante, ma l’enormeimpegno economico e finanziario per la parroc-chia suggerì di aspettare che i tempi fossero ma-turi. Determinante fu in questo periodo l’inco-raggiamento a proseguire oltre che da Fabrizio,da Elena Lacchin, Daniela Fort, Bruno Fort, i gio-vani dei vari organismi consiliari, ai quali nonmancava di chiedere il parere sulle decisioni im-portanti per la parrocchia.

La costruzione di un organo non è un proces-so scontato come potrebbe sembrare: le proble-matiche da affrontare sono molteplici e richiedo-no soluzioni diverse a seconda di dove lo strumentoviene collocato, dell’ambiente cultuale e cultu-rale che lo circonda, delle esigenze della com-mittenza, e della sensibilità e competenza di chidovrà fare funzionare tale macchina.

Fatte le opportune considerazioni, a seguitodi diversi incontri e sopralluoghi con don Nillo,il primo problema da affrontare riguardava la ti-pologia costruttiva per il nuovo strumento di

Una sera di marzo...

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Santa Lucia. Ogni organo è uno strumento musi-cale unico ed irripetibile. Come tale, se costrui-to artigianalmente e nel pieno rispetto dell’arteorganaria, ha delle caratteristiche che lo rendonounico sia per l’appartenenza alle diverse scuoleeuropee, che per far rivivere in maniera appro-priata una parte mirata del vasto repertorio orga-nistico. Dato l’importante investimento che la parrocchia si accingeva a compiere, la consulen-za di un organista si rendeva necessaria, sia dalpunto di vista progettuale che durante la fase dicostruzione ed intonazione (nel diploma di Organoe Composizione organistica è prevista pure unaprova di progettazione ed è richiesto un minimodi competenza organaria onde risolvere eventua-li piccoli problemi come ad esempio l’accorda-tura dei registri ad ancia). Don Nillo aveva le idee molto chiare: non fu necessario consigliarela collocazione in cantorìa, luogo acusticamenteideale per l’ascolto e la partecipazione dei fede-li ma anche per l’organista che può cosi seguireed accompagnare i vari momenti delle celebra-zioni con la necessaria concentrazione; inoltre«l’antico» sistema trasmissivo meccanico avreb-be permesso il controllo del tocco ed una esecu-zione più viva ed interessante. È mia opinione chela musica sacra e l’accompagnamento dei riti nonabbiano bisogno di «teatralità»: l’organo è unostrumento che per trasmettere, emozionare ed elevare gli animi a Dio richiede l’alienazionedell’Io di chi lo suona. Ma questo significa, percontro, un adeguato incremento della personalitàinterpretativa dell’esecutore per dar esclusiva-mente vita musicale a ciò che spesso è condizio-

nato (e spesso disturbato) dall’aspetto esteriorevisivo.

Considerati gli strumenti già presenti nelleparrocchie vicine e nella Diocesi, la scelta di unostrumento di impostazione classica francese fu lasoluzione ideale concordata con don Nillo, (so-leva ripetere che i suoi natali francesi lo avreb-bero esposto al giudizio severo dei suoi parroc-chiani), che permetteva di conciliare diverseesigenze: la grande tavolozza timbrica degli stru-menti del periodo di Re Sole in rapporto al nu-mero dei registri, la grande versatilità d’uso, l’uni-co strumento in Diocesi di questa scuola, il primocon positivo tergale e, non ultimo, il costo ade-guato alla disponibilità della parrocchia.

Ottenuta la giusta carica di entusiasmo da donNillo mi misi all’opera, presentando il progettoelaborato con l’appoggio del Maestro Carnelòs.Su nostra indicazione la parrocchia contattò quat-tro ditte organarie che, dopo opportune visite del-la chiesa e animate discussioni in canonica, avan-zarono le loro proposte. Risultò vincitore la ditta«Andrea Zeni» di Tèsero (Tn), giovane (39 anni)e promettente organaro con una più che venten-nale esperienza di costruttore e restauratore di or-gani in Italia e all’estero. Di tutto ciò, dopo l’ap-provazione all’unanimità, vennero costantementeaggiornati i Consigli Affari Economici e Pastoralei quali si dimostrarono entusiasti del progetto.Durante i due anni di attesa la collaborazione condon Nillo non venne mai meno. Infatti non mancòdi informarmi su come procedevano le praticheburocratiche necessarie a preparare l’arrivo dell’or-gano. Approfondì le sue conoscenze su argomentidi organaria e musicali in genere.

Don Nillo sapeva agire nel momento giusto,e sapeva ascoltare il prossimo, senza pregiudizi.Cercava le opinioni altrui anche se divergenti, perpoterle valutare ed interpretare secondo le pro-prie esigenze e sensibilità. Quando si accingevaad affrontare qualche impegno particolarmenteimportante cercava la competenza di chi era chia-mato a collaborare con lui, valorizzando in talmodo le caratteristiche di ogni singolo individuoper il raggiungimento qualitativo della mèta. Nelprendere la decisione finale non esitava mai e ciòche resta del suo operato è continuamente misu-rabile. Rimasi poi particolarmente colpito dallasua passione per la musica: la sorella Elena custodisce ancora la fornitissima discoteca cheraccoglie esecuzioni dei più grandi interpreti delpassato, delle vere e proprie rarità. Si teneva co-

Visita alla ditta «A. Zeni» da parte di don Nilloaccompagnato da SecondoGislon e dai maestri Carnelòs e Bozzer. Alle spalle, l’organo in costruzione.

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stantemente informato con l’organaro. D’altrocanto cercavo di approfondire le mie conoscen-ze sull’arte organaria francese de l’age d’or al fi-ne di un miglior risultato possibile. Con il MaestroCarnelòs e Andrea Zeni ci tenemmo in contattocon alcuni organisti d’oltralpe e un costruttore,particolarmente competenti sugli organi del pe-riodo in questione, dai quali ricevemmo delle uti-li informazioni e consigli che furono reinterpre-tati e adattati all’organo di Santa Lucia. Laconoscenza di questi studiosi permise di recarmiin Francia per visitare, studiare e provare alcunistrumenti ritenuti particolarmente interessanti.

Il 24 agosto dello scorso anno la visita uffi-ciale alla bottega organaria «A. Zeni» a Tèseroper constatare lo stato di lavorazione dell’orga-no e la struttura esteriore del mobile montato. Daparte di don Nillo si percepiva un’aria di fierez-za per un’opera tanto importante e desiderata, chenulla lasciava presagire al triste epilogo che di lìa quattro mesi sarebbe avvenuto.

L’11 settembre iniziarono i lavori di colloca-zione. Presente una folta schiera di santaluciesiche per l’occasione si adoperarono per scaricaree depositare in chiesa le grosse casse contenentile canne, le varie parti del mobile e delle mecca-niche. Il montaggio del mobile e di tutte le suecomponenti comportò cinque giornate di lavoroper la ditta organaria. Il mobile completato, conla sua imponenza fece una certa impressione e inpaese cominciarono a circolare simpatiche opi-nioni alle quali don Nillo diede poco credito: for-se era troppo grande, non se lo aspettava così enor-me, forse si era fatto prendere troppo la mano...Feci presente che secondo me era ancora picco-lo, forse altri due o tre registri, una terza tastie-ra... Era solo un fatto di abitudine, dal momentoche la controfacciata era stata fino ad allora or-nata dalla sola cantorìa lignea. Certo è che datele misure della chiesa, più di così non si potevafare. Riguardo poi le dimensioni bisognerebbe re-carsi in Francia, Germania, Austria, Olanda, ecc.entrare nelle chiese ed osservare le proporzionidei loro magnifici organi, la loro collocazione, e,possibilmente, assistere ad una celebrazione oascoltarli durante i concerti. Ciò ci consentireb-be di intuire in quale e quanta considerazione sia-no tenuti e mantenuti.

Con la seconda settimana si diede inizio allasistemazione delle canne sui somieri (le casseorizzontali dell’organo che sostengono le cannee ne distribuiscono il vento), al controllo di tutte

le parti meccaniche che assicurano la trasmissio-ne tasto-ventilabro e il movimento dei registri, ealla delicata fase di intonazione e accordatura del-le canne durata un mese e mezzo. Nella costru-zione di un organo questo momento è importan-te perché è qui che viene data voce e pronuncia,il soffio vitale e il carattere allo strumento. Daparte dell’organaro è richiesta una grande atten-zione e pazienza perché il suo lavoro è concen-trato sulle bocche e sulle anime delle canne. Questecomponenti delicatissime dovranno far «parlare»l’organo secondo la sensibilità e bravura dell’in-tonatore.

L’organo fu consegnato completamente il 22novembre 2000. Ma don Nillo era da un mese ri-coverato in ospedale. Potè vedere l’organo mon-tato ma non ne udì il suono.

A lui il ricordo e l’ammirazione per aver por-tato a compimento un opera cosi meritoria e perla fiducia accordata a tutte le persone che hannocollaborato al «Progetto Organo».

ALESSANDRO BOZZER

(organista titolare)

Don Nillo aveva già stabilito la data della bene-dizione dell’organo e dei due concerti inaugura-li dei maestri Carnelòs e Bozzer; la prima in oc-casione della festa di Cristo Re, gli altri, per lafesta della patrona Santa Lucia e il Concerto diNatale. Ma dopo il ricovero in ospedale e il successivointervento a cui fu sottoposto, le sue condizionisi aggravarono. Tutti i preparativi per la cerimo-nia furono sospesi, per sua esplicità volontà, maanche perché in tanti aspettavamo il suo ritornoa casa per poter condividere con lui questi mo-menti così importanti, che egli stesso aveva benpreparato in ogni particolare e dettaglio sia congli organisti concertisti che con i membri del con-siglio pastorale.

Spirò il giorno di Santo Stefano.

Benedizione e concertid’inaugurazione

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Poi a cinque mesi esatti dalla sua morte, il 26maggio, il momento che tutta la comunità avevaatteso: l’inaugurazione ufficiale dello strumento,che don Nillo volle a perenne ricordo dell’AnnoGiubilare, realizzando così il sogno di dotare lachiesa di un organo importante. Egli aveva pre-disposto tutto con determinazione e sensibilità,affinchè il risultato fosse un’opera d’arte unicanel suo genere, orgoglio per la nostra gente e van-to per i posteri. La cerimonia di Benedizione èstata celebrata dal nuovo parroco don Aldo Gaspa -rotto e presieduta dal Vicario Generale, MonsignorSante Boscariol, il quale nel ricordare la figura el’opera di don Nillo ha ringraziato i vari organi-smi parrocchiali e le persone che hanno attiva-mente collaborato al progetto organo.

Il concerto inaugurale del maestro SandroCarnelòs, che ha eseguito musiche di De Grigny,Clérambault, Balbastre, Lefébure-Wély e Plum,ha suscitato una grande emozione e commozio-ne fra i presenti.

Si percepiva l’assenza fisica di chi aveva re-so possibile la realizzazione di uni opera così bel-la e quel primo concerto nel cuore di tanti è sta-to un omaggio a don Nillo.

L’esecuzione del maestro Carnelòs ha in-nondato la nostra piccola chiesa della forza diuna musica che sembrava ricordare l’energia ela tenacia del nostro vecchio parroco: lui nonc’era, ma la potenza espressiva di quella musicaparlava di lui.

Lo scopo principale dell’organo è quellodell’accompagnamento delle funzioni liturgichecosi come ricordato dall’avvocato LorenzoMarzona, presidente dell’Associaziono per laMusica sacra «Vincenzo Colombo» di Pordenonee Ispettore onorario degli organi storici dellaSoprintendenza ai Beni storici e artistici della re-gione Friuli-Venezia Giulia, che presentando ibrani della serata ha citato Sant’Agostino il qua-le affermava che «cantare è pregare due volte».Il valore di quest’opera quindi non è puramenteestetico, ma ha anche un intento pedagogico: aiu-tare i fedeli a partecipare in maniera più consa-pevole al gesto liturgico.

La realizzazione stilistica dello strumento,ispirata all’organaria classica francese, costitui-sce un unicum per la nostra Diocesi e tra gli stru-menti presenti in regione. La consulenza e il pro-getto fonico sono stati curati dai maestri AlessandroBozzer e Sandro Carnelòs, mentre l’intonazio-ne, la costruzione di tutte le singole componen-

ti meccaniche e lignee ed il progetto architetto-nico sono stati affidati al maestro d’organi AndreaZeni.

Fra le autorità locali erano presenti il Sindacodi Budoia, p.i. Antonio Zambon e l’avv. MattiaCallegaro, assessore provinciale alle iniziativeculturali per il Giubileo.

* * *

Nell’iniziale programma che il consiglio pa-storale aveva concordato con don Nillo, il se-condo concerto d’inaugurazione (in occasionedelle festività natalizie) prevedeva solo l’esecu-zione del maestro Bozzer. Ma nel ripensare alladata del concerto non è stato casuale che si coin-volgesse anche Fabrizio Fucile. Fabrizio, che fi-no al 1997 è stato membro del consiglio affari eco-nomici della parrocchia di Santa Lucia, seguivaanche la direzione del coro parrocchiale e del CollisChorus, ed è uno dei ragazzi di don Nillo, che, co-me già ricordato, nel fedele e costante rapportocon il suo parroco, ha fortemente sostenuto e ac-compagnato tutte le delicate fasi preliminari chehanno dato l’avvio alla progettazione e realizza-zione dell’organo giubilare.

Il secondo concerto ha visto un numero an-cora maggiore di partecipanti, segno del crescenteinteresse che lo strumento suscita tra gli appas-sionati della grande musica e, come il primo, èstato suggellato da un momento conviviale.

Un ringraziamento particolare a don Aldo chenel portare a termine la prima fase del «proget-to organo», ha accolto con umiltà l’eredità spi-rituale di don Nillo, così importante per la no-stra comunità, e si è adoperato con entusiasmonel coordinare l’organizzazione per la buona riu-scita dei concerti.

Entrambe le manifestazioni si sono svolte sot-to il patrocinio del Comune di Budoia, dellaProvincia di Pordenone e della Fondazione Cassadi Risparmio di Udine e Pordenone.

STEFANIA GIOIA WILEY

Presso la chiesa parrocchiale è disponibile il volumetto

«L’organo Giubilare “Andrea Zeni” numero unico per l’inaugurazione»,

dove viene presentato dettagliatamente lo strumento.

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LE PERSONEAbbiamo già accennato come la ricerca delle ori-gini sia sempre affascinante, ...vorremmo saper-ne sempre di più: purtroppo si incontrano limitioggettivi: i registri parrocchiali ci hanno riporta-to all’indietro generalmente fin verso al 1600, esovente con qualche lacuna dovuta a incendi, asedi vacanti, a macchie di muffa... talora anche aqualche topo affamato.

Qualche pievano, intelligente e solerte, all’ini-zio della stesura dei registri [per i più antichi gliindici, quando esistono, sono ordinati per nomee non per cognome! ma è per nome non per co-gnome che ci rivolgiamo alle persone... forse og-gi si è persa anche questa dimensione del comu-nicare!], si era preoccupato di registrare, per 2-3generazioni, gli ascendenti noti.

Oltre? Più indietro ritroviamo solo brandelli,spezzoni, qualche contratto, atti notarili, dona-zioni alla parrocchia, testamenti, tutti elementiche ci hanno comunque consentito di tracciare unquadro generale abbastanza attendibile, anche senon sempre perfetto, dei nostri PUP(P)IN(I) a par-tire dal 1450 circa.

Quattro sono i nuclei di insediamenti certi diPUP(P)IN(I) con una certa rilevanza anche nu-merica che al 1500 troviamo in Friuli: Budoia.Cavazzo Carnico, Costalunga sopra Faedis eRoverbasso di Codognè (quest’ultimo anche seoggi in terra trevisana, era storicamente legato alFriuli tramite il Comune di Brugnera e l’influen-za dei conti di Porcia). Schio, Bologna, l’Austria(da Bagnarola) e la Serbia sono poi casi a sé, chequasi sicuramente celano qualche aggancio conuna delle quattro località sopraccitate.

BUDOIAI lettori de l’Artugna non necessitano di presen-tazioni geografiche e storiche su Budoia, per cuipassiamo subito a ricordare che il documento piùantico relativo ai PUPIN budoiesi (che presente-remo dettagliatamente in un prossimo articolo de-dicato ai «veci» di Budoia) è un contratto del 1515.Ci basti per ora ricordare che a tale epoca sonopresenti in Paese almeno 4-5 gruppi di PUPI(P)IN«consorziati» e che tale legame socio-econorni-co [chissà, forse anche di parentela se fosse pos-sibile far risalire una verifica per altre 5 o 6 ge-nerazioni!] perdurerà fino alla seconda metà dei1700 coinvolgendo tutti i casati (contratto delMaso PUPPIN del 23 agosto 1788). Tra il 1724ed il 1728 la famiglia di Marco si trasferisce a

San Giovanni di Polcenigo in calle dei morti (og-gi via Favola) dando poi origine (con Giacomo)ad una diramazione veneziana di gondolieri e adue diramazioni brasiliane (da Giovanni e daSante, cugini di terzo grado, emigrati nel 1883nello Stato di Espirito Santo, 600 km a nord diRio (vedi l’Artugna n. 58, dicembre 1989, pag.7-9). Numerose le figure che si impongono in que-sto ramo, sia in Italia che in Brasile e che in unprossimo futuro riprenderemo singolarmente...medici eroici e luminari internazionali... presi-denti di federazioni industriali, tecnici aerospa-ziali, ministri, figure di primo piano a livello in-ternazionale nella professionalità alberghiera...

A San Giovanni negli anni ’20 si separa an-che un altro ramo, che dapprima si insedia in viaSant’Antonio (la strettoia), poi poco più a mon-te, verso Budoia, ove un tempo sorgeva il vec-chio monastero di San Bartolomeo oggi purtop-po andato distrutto.

Da segnalare una emigrazione relativamenterecente anche in Canada.

Dei Budoiesi il ramo tradizionalmente più an-tico (come lo confermerebbe la frequenza di ci-tazioni del soprannome nei secoi scorsi) è quel-lo dei Freal, ormai localmente quasi estinto econsolidato solo in Francia. I Putelate? che at-torno al 1750 hanno dato vita ai Budelone sonooggi a Milano con figure di spicco tra cui un do-cente universitario, Roma, Trieste, nel Trevisanoed in Belgio. I Budelone non sono più stabilmentepresenti a Budoia, continuano nel Milanese, e so-no genealogicamente in estinzione sia Veneziache in Francia ed in Gran Bretagna. I Los, scatu-riti dai Budelone attorno al 1840 oltre a conti-

I Pup(p)in(i)

Descrizione e diffusione di quattro gruppi di famiglie presenti in Friuli a partire dal 1250-1400

Budoia, casa Freàl ora di proprietà di Giovanni Bufalo, in via Lunga Superiore.(Foto Giovanni Bufalo)

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nuare la presenza a Budoia. sono inseriti anchenegli Usa ed in Germania.

In un prossimo articolo riproporremo una re-visione delle varie connessioni fra questi gruppi,correggendo ed integrando quanto già pubblica-to nell’inserto de l’Artugna n. 50, aprile 1987 esoffermandoci sulle personalità più significative.

CAVAZZO CARNICOGià sede di un presidio romano e di una storicapieve il paese è collocato, poco lontano daTolmezzo, su di una piana che si estende finoall’estremità nord orientale dei lago omonimo.Raso al suolo dal doppio sisma del 1976 è ora rie-dificato exnovo.

La presenza dei PUP(P)IN(I) vi è gia docu-mentata agli inizi del 1300 con figure di spicco(vedi articolo sul cognome in l’Artugna n. 92,aprile 2001, pag. 10-12) e certamente con un nu-mero di famiglie relativamente considerevole seal 1550-1600 possiamo gia contare una quindici-na di casati (soprannomi) citati negli archivi.Segnaliamo: i Mini, i Fari da cui si originerannogli Zuanros e i Lizzardo attuali, i Titin, i Catarinuttache daranno vita ai Culau, i Lizzardo, i Morida(già Norida) fonte degli Squadra e degli Zorz, iSovran (Sauran) da cui gli Stroc, i Pupino origi-ne dei Turtiz (con poi Codul e Zuf), dei Muezzanae del ramo di Romans gli Jezzana con i Mora edi Nola, i Ferin, i Molinar fonte dei Nodar, deiCepar e del ramo di Alesso, gli Zussenia (Luseria,Zarania) antenati dei Moretut, dei Ghiaulin(?) edel ramo delle autovie di Pordenone, gli Asìno...

Le traversie del periodo tra i due sismi di mag-gio e settembre 1976 han fatto sì che i registri ve-nissero temporaneamente «salvati» (ora sono fe-ficemente restaurati) in trascrizioni effettuate daamici di Alesso a matita su fogli di quaderno allume di candela, e debbo proprio a Decio Tomate a sua cognata, che mi hanno poi ceduto tali no-te, la possibilità di aver potuto iniziare a dipana-re quell’intricata matassa di nomi (sono qualchemigliaio, con inevitabili omonimie...); altri ami-ci di Cavazzo (Mauro, Geremia, don AmatoPuppini, Mie Filose... ) mi stanno dando una ma-no per le figure più recenti.

Descrivere le innumerevoli interconnessionie dispersioni dei Puppini di Cavazzo è impresaardua!

Quasi sicuramente è ad essi legata anche ladiscendenza veneziana di quel notaio esercitantead Osoppo nella prima metà del 1700... e che

sarà l’argomento di un’indagine per le prossimeferie...

Tre sono comunque i grossi nuclei di PUPINsicuramente scaturiti da Cavazzo. – GioBatta PUPIN, nato il 12 maggio 1710 daGiacomo (n.v.1667, di Cavazzo e residente aVenezia) e da Caterina, sposa Maria Stefanutti diBortolomeo da Alesso il 12 febbraio 1732, si ac-casa presso il suocero, e dà origine ad una nu-merosa discendenza; oggi troviamo PUPIN diDalés oltre che in Friuli, nel Milanese, in Piemonte,Liguria, in Italia Centrale, ed a seguito degli even-ti dell’ultimo conflitto (la Repubbliche libare diCiarnie) anche in Russia.– Su Friuli nel Mondo dell’agosto 1992 a pag. 4compare un trafiletto. L’autore è un PUPIN concui si era iniziata una ricerca che, incrociando idati dell’Isontino con quelli raccolti a Cavazzo,portava alla conclusione che Michele PUPIN, fi-glio di fabbri a Cavazzo, si era istallato a Romansd’Isonzo; personalmente avrei preferito postici-pare l’annuncio di tale «connessione Cavazzo-Romans» dopo aver tentato di chiarire qualchealtro problema irrisolto (era Michele o più vero -similmente il padre Lorenzo ad essersi trasferito

Budoia, casa Freàl, particolare del cortile.

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nella seconda metà del 1700?, c’è poi un duplicematrimonio con l’assegnazione dei figli non an-cora risolta per la linea materna), ma l’entusia-smo dell’aver trovato le proprie radici è stato pre-ponderante in chi con me stava collaborando allaricerca e si sentiva coinvolto in primis ed ha co-sì subito passato alla rivista la segnalazione quan-to fino ad allora scoperto... I PUPIN di Romans,fabbri, costruttori e riparatori di carrozze (bellis-simo il museo assemblato da «nonno Bonaventura»)continuano la professione costruendo rimorchi.Alcuni rami collaterali sono sparsi nell’Isontino.– Pordenone. Molti ricorderanno le «storiche»Autovie PUPIN fondate all’inizio del secolo inpiazza Cavour e da qualche anno non più opera-tive. Ebbene il fondatore Giobatta PUPIN (n.1852) era nipote di un altro Giobatta nato a Cavassonella Cargna come si legge nei registri della par-rocchia di San Marco in occasione del battesimodell’ultima figlia nata il 20 aprile 1829; dalle tra-scrizioni dei battesimi degli altri figli apprendia-mo che era industriante e tessère, ossia operaiotessile come tanti altri carnici scesi, all’epoca,prima a Rorai, poi a Pordenone. Pietro, il padredel fondatore delle autovie viene infatti battez-zato a Rorai; domestico si trasferisce a San Giorgioove il figlio inizierà la propria attività di mecca-nico e poi di imprenditore. Attualmente la fami-glia è diffusa in tutto il Friuli (ricordiamo la fio-reria PUPIN a Montereale Valcellina) e presentauna presenza femminile anche in Argentina. Dasegnalare una crocerossina insignita di medagliadi bronzo al merito.I PUPPINI bolognesi annoverano anche Umberto(n.1884), sindaco della città, rettore della presti-giosa Università, e poi ministro del Regno d’Italia.Essi sono probabilmente ricollegabili al pittoreveneziano Biagio Dalle Lame (nome dal quartie-re di Bologna ove risiedeva a metà dei 1500), ami-co del Giorgione, che portava infatti il cognomePUPPINI (o PIPINI o PUPIN). Non va dimenti-cato che all’epoea abbiamo presenze costanti nel-la città lagunare di PUPPIN sia da Budoia che daCavazzo e che potrebbero esser collegate appun-to con Biagio Puppini.

Ricordiamo anche un ennesimo GioBatta che,medico condotto a Calderara (borgata a nord diBologna), esegue nel 1756 un intervento su di unapersona caduta da una pianta.

Oggi alcuni nipoti di Umberto risiedono aMilano.

OSVALDO PUPPIN

Se al giorno d’oggi dovessimo metterci a fare l’in-ventario completo di ciò che possediamo, proba-bilmente impiegheremmo diversi giorni e forse al-la fine non riusciremmo a elencare tutto: vestiti,calzature, mobili, piccoli e grandi elettrodomesti-ci, stoviglie, posate, attrezzi da giardinaggio, gio-chi, giocattoli, libri, mezzi di trasporto... Ne ver-rebbe fuori una lista interminabile, tale da riempiresicuramente molte pagine. Chi ha esperienza ditraslochi da una casa a un’altra sa che quelle so-no occasioni nelle quali solitamente si scopre, trail divertito e il preoccupato, di essere proprietaridi tantissime cose, alcune indispensabili, altre uti-li, altre ancora superflue, inutili, ingombranti.

Non era certo così anche nel passato: fino atempi non lontani (basta chiedere a chi è nato pri-ma della seconda guerra mondiale) le case dellepersone comuni avevano ben pochi oggetti: qual-che mobile, gli utensili necessari per la vita di ca-sa, gli attrezzi per il lavoro e poco altro. La scar-sa ricchezza (un eufemismo per non dire la miseria!)impediva che le abitazioni si riempissero comeora di cose non sempre utili, anzi, un tempo inmolte case mancavano pure quelle essenziali. Soloil rapido progresso verificatosi nel dopoguerra,pur con tempi e modi diversi da paese a paese eda famiglia a famiglia, ha portato all’abbondan-za materiale di cui oggi godiamo (e talvolta, a diril vero, soffriamo).

Tutto ciò per fare da introduzione un po’ re-torica a un paio di interessanti documenti storiciche vogliamo presentare ai lettori de l’Artugna.Si tratta di due inventari di beni stesi nello stes-so giorno, il 18 luglio 1719 (ovvero 282 anni fa),dal notaio polcenighese Gio Batta Curioni1. Il qualCurioni, per ordine del conte Antonio Andrea diPolcenigo, si era recato a Budoia, accompagnatodall’ufficiale di giustizia, per annotare scrupolo-samente tutto ciò che era posseduto da due bu-doiesi, Giacomo del fu Agnolo (Angelo) Buriganae Osvaldo del fu Iseppo (Giuseppe) pure luiBurigana. I due risultavano entrambi debitori delnobile giurisdicente polcenighese, anche se nonsappiamo di quanto e perché: forse non avevanorestituito al conte dei soldi prestati, oppure nongli avevano pagato affitti dovuti per terre o case.Il conte, inflessibile, aveva dunque spedito loroil notaio e l’ufficiale a casa per inventariarne i be-ni, primo passo verso il sequestro e la confiscadegli stessi. La disgraziata occasione (disgrazia-ta per i Burigana, che devono aver certo trematoe pianto alla visita del notaio e dell’ufficiale) ci

Un varsor con suo ferro...

Due inventari budoiesi degli inizi del ’700

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consente di gettare un’occhiata da vicino a quan-to possedevano i due budoiesi.

Giacomo Burigana aveva nella cusina (cuci-na) sive (ossia) tezza (tettoia, ripostiglio) due cal-dare de rame, una grande e l’altra piccola; duesecchie da portar acqua; una cadena di ferro dafocco; una panera da far pan niova (nuova); unabote da poner il vino; due brente da poner l’uve;una cassa da tenir farina et altra roba; inoltre,disponeva nello stesso ambiente di diversi ferriet imprestamenti per l’uso del arte di marangondi più sorte. Fermiamoci un momento e spie-ghiamo un po’ meglio questo primo elenco, datoche alcuni termini possono non essere chiari o ri-sultare del tutto sconosciuti al lettore del XXI se-colo2 . Innanzitutto, notiamo che la stanza era con-temporaneamente cucina, ripostiglio e cantina,cosa che al giorno d’oggi farebbe senz’altro inor-ridire. ma che all’epoca non doveva sembrare unasoluzione insolita. Accanto alle caldare di rame,cioè ai paioli per cucinare, ai secchi per l’acqua(l’acquedotto non esisteva, e non sarebbe esisti-to che molto tempo dopo) e alla catena di ferroper appendere i paioli, convivevano infatti tran-quillamente anche la botte e le brente che ci sa-remmo aspettati di trovare in una cantina, localeche probabilmente Giacomo non aveva. Comemobili, solo l’immancabile panera (madia) e unamodesta cassa per conservare la farina e altri ci-bi e oggetti. In più, sempre in cucina, gli attrez-zi da falegname (marangon), arte che Giacomodunque esercitava.

Continuiamo con l’ispezione del notaio allacasa. Lasciata la cucina, il Curioni visita il corti-vo (cortile) e la stalla. In questi spazi GiacomoBurigana aveva un carro agricolo con quattro ruo-te con suoi scalari, gratone et belluga; un cave-stro; un varsor fornito con suo ferro; un solza-riol con due ruote et suo ferro. Anche qui qualchespiegazione: il carro era dotato di scalari, ossiadel piano (o letto) di carico; del gratone, cioèdell’asse laterale; e infine della belluga, ovverodi un altro piano leggermente concavo. Il cave-stro era quell’insieme di corregge di cuoio o dicorde usato per legare le corna dei buoi aggioga-ti al timone, mentre il varsor era ovviamente l’ara-tro e il solzariol l’aratro sarchiatore (o vangheg-gia); entrambi erano forniti del loro ferro, cioèdei vomere metallico. La stalla vantava tre man-zi, diciotto pecore da frutto, tre capre pure da frut-to, che al momento, secondo il Burigana, eranoin montagna, e un animal porcino (ossia un maia-

le). C’erano poi gli attrezzi agricoli: tre forche,tre badili, tre falci e quattro zappe. In più, sei tol-le di castegnaro greze, cioè sei tavole di legno dicastagno ancora non lavorate.

Nella camera sopra la lezza, utilizzata a mo’di granaio, si trovavano tre staia di segalla (se-gale) e un carro di frumento in mana (cioè an-cora raccolto in mannelli o manipoli, non battu-to: va ricordato che si era a metà luglio, a pocadistanza dalla mietitura); nella camera abassoc’erano due banchi di pezzo, entrambi pieni dimobilia (qui intesa come vestiti) parte da donnae parte da uomo. I banchi erano una specie di cas-se nelle quali si riponeva un po’ di tutto, usati an-che come panche, cassapanche, bauli; quelli diGiacomo erano in pezzo, ossia in legno di abeterosso. Tutti qui i beni di cui poteva disporreGiacomo Burigana nella sua minuscola casetta.E non si trattava certo di uno dei più poveri delpaese: la discreta presenza di animali nella stal-la e di attrezzi agricoli, unita al fatto che facessepart time il falegname, oltre a essere contadino eallevatore, ci garantiscono che Giacomo non eraproprio un miserabile. Almeno fino ad allora, fi-no a quella sgradita capatina del notaio e dell’uf-

Lungo e paziente lavoro di aratura dei campi col varsor.

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ficiale di giustizia... Molto simile, ma lievemen-te più «ricca», la situazione dell’altro Burigana«visitato» quel giorno, cioè Osvaldo. In cucinaaveva una caldata grande da formaggio, due sec-chi per condur acqua, due cavedoni da focco, unacadena da focco, una panara per fabricar (sìc!)pan, un armereto o credenza. Chiarito che la cal-dara serviva per fare il formaggio in casa, basteràaggiungere soltanto che i cavedoni erano gli ala-ri metallici dei focolare. Rispetto a Giacomo,Osvaldo contava pure su dodici chuchiari di ot-ton, segno di una maggior agiatezza. Nel cortilec’erano un carro fornito con i soliti scalari, bel-luga e gratone, un varsor e un solzariol. Nellacamera al primo piano il notaio trovò due banchidi pezzo o sii altro legno evidentemente non eraun esperto di essenze legnose!) pieni di mobiliafemminile; in un’altra stanza al primo piano c’era-no altri due banchi con molta diversa sorte di mo-bilia da huomo et da dona. Sotto il portico nelcortile si vedevano due tolle (tavole) da mangiarcon suo bancho e una molla da guare (ossia unamolla per aguzzare lame) con suo sostegno, oltrea sette tolle di castegnaro appoggiate alli muri.Nella tezza giacevano due staia di frumento bat-tuto e due carri, sempre di frumento, ancora inmana, più uno staio di segala e due staia di favacon altra minestra (probabilmente altri legumiper preparare le consuete minestre, base dell’ali-mentazione dell’epoca). Nella caneva (cantina)c’erano un brento per paner l’uve e due botti, in-sieme a tre falci da segar l’erba, tre badili, treforche da fieno et da stalla, cinque zappe e unamanara (scure, accetta).

Per quanto riguarda gli animali, Osvaldo Bu -rigana aveva in quel momento in monte (cioèall’alpeggio) tre manzi, un’armenta da frutto, di-ciotto pecore e tre capre pure da frutto, oltre a unanimal porcino. Anch’egli aveva diversi impre-stamenti per uso di marangone (era forse in so-cietà con l’altro Burigana?).

Che dire dei due inventari? Abbiamo già fat-to notare che i due Burigana non erano certamentetra i più poveri del paese. Eppure, possedevanopochissimo, anche se quel poco era sufficiente asvolgere i più comuni lavori agricoli: il carro ser-viva per trasportare erba, cereali, letame; gli ara-tri per arare e sarchiare; gli attrezzi agricoli persfalciare, raccogliere, scavare, zappare, tagliare.Le pecore e le capre da vive davano lana e latte,mentre le mucche forza-lavoro e latte; da mortefornivano carne e pelle. Se appare strana l’assenza

negli inventari dei gioghi, meno strana è invecela mancanza di posate e stoviglie, tolti i cucchiaidi ottone di Osvaldo: se c’erano, com’è quasi cer-to, erano vecchie e forse di legno, e dunque discarso o nessun valore in caso di sequestro e per-ciò non inventariate. Prevedibile la carenza di mo-bili, tavole e sedie comprese, quest’ultime spes-so sostituite da panche mobili o da semplici ceppidi legno. Inconsueta risulta invece la mancanzanei due elenchi del letto, mobile principale dellacasa, quasi sempre costituito da un insieme di ta-vole di legno, appoggiate sopra dei cavalletti pu-re lignei, sulle quali si stendevano pagliericci, ma-terassi e cuscini. I letti nelle due case sicuramentec’erano, ma pensiamo che il conte creditore nonavesse il coraggio (o più probabilmente la possi-bilità giuridica) di pignorarli.

L’immagine complessiva che i due inventari citrasmettono è quella di un mondo nel quale la mi-seria era grande e diffusa, e dove solo la tenacia,l’orgoglio e l’attaccamento alla vita consentivanodi tirare avanti, pur se a fatica. Sempre che non ar-rivasse prima o poi un meticoloso conte AntonioAndrea a presentare implacabilmente i conti...

ALESSANDRO FADELLI

Note1) I due inventari si trovanoall’Archivio di Stato di Porde -none, Fondo notarile antico, bu-sta 590, filza 4561.

2) Per il significato dei vari ter-mini, parte in friulano e parte inveneto (o in italiano con vena-ture venete), ci siamo serviti diG.A. PIRONA - E. CARLETTI -G.B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona.Vo cabolario Friulano, secondaedizione con aggiunte e corre-zioni riordinate da G. FRAU,Udine 1992; E. E R. APPI - U.SANSON, Aggiunte al «NuovoPirona» - Zona di Budoia, Udine1970; G. BOERIO, Dizionario deldialetto veneziano, seconda edi-zione, Venezia 1856 (rist. ana-st. Firenze 1998); C. VISENTIN,Aspetti della cultura materialea Brugnera nei secoli XVI-XVIII,in Brugnera feudo e comune, acura di M. BAC CICHET - P.C.BEGOTTI - E. CONTELLI, Brugnera- Pordenone 1990, pp. 233-286:G.B. PELLE GRINI - C. MARCATO,Termino logia agricola friulana,2 vol l . , Udine 1988-1992.

L’aratura con due paia di buoi e il Ciaridel.(tratto da «Vandi e Regolà» di Diogene Penzi).

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C’è un giorno di San Silvestro, nella vita dellanostra Budoia, che ha fatto storia: 31 dicembre1960.

Mentre la baldoria rumoreggia dappertutto ein giro si respira l’atmosfera pazza del boom eco-nomico, due giovani intraprendenti, con l’aiutodei loro amici, danno un colpo di spugna a tuttoquello che di vecchio e logoro esiste in piazza,per poi accogliere tutti, il primo giorno dell’an-no, in un’atmosfera augurale nuova, elettrizzan-te. È il debutto di René, affiancato dalla sorellae dai suoi.

Alle 8 precise di fine anno, avviene la conse-gna delle chiavi della storica e malandata botte-ga di Marianna Patrizio, gestita da Piero Lachin.Subito dopo scatta l’operazione di rifacimentodel «look», con rinfrescamenti totali, dai soffittiai pavimenti. Un’impresa frenetica che si con-clude con soddisfazione in meno di 24 ore.

Mentre nei bar e ristoranti di tutto il mondole orchestrine, i complessi, i microsolco suona-no i mambo, le rumbe, il rock o il liscio… per fe-steggiare l’anno nuovo che arriva, nella piazza diBudoia, quella notte, c’è un silenzio rotto solodal tramestio di una squadra di giovani, René coni suoi amici, che raschiano porte e pareti, spen-nellano muri, lucidano tavoli, riparano fessure,martellano… per ore e ore…

Ma al mattino, il Capodanno del 1961, manomano che la gente arriva in piazza, è felicemen-te sorpresa di trovare il locale tutto nuovo, è unafreschezza di atmosfera inattesa: i due giovanifratelli, René e Mirella Del Zotto, raggianti e fe-lici di salutare i clienti, emanano l’allegria con-tagiosa dei tempi nuovi arrivati anche a Budoia.

L’impronta del mestiere acquisita da René la-vorando in ristoranti qualificati, in Germania, aVenezia, a Cortina, a Jesolo, è apprezzata da tut-ti e non spiace agli abitudinari dell’antica botte-ga solitamente refrattari ai cambiamenti. Ad apri-re i battenti per loro, clienti della prima ora, è ilpadre, Giovanni Del Zotto, pronto a servire ilcaffè a quelli della corriera, Nible e Piero Sartorel,che si presentano già all’alba delle 5. La cliente-la che giunge bonora, fino alle 8, è tutta sua e go-de di speciali privilegi: consuma spesso a credi-to, regolando il dovuto a forfait di tanto in tanto.Dopo quell’ora, Giovanni lascia il banco e si ri-tira per le sue occupazioni tra le piante dell’ortoe i suoi allevamenti.

Appena sei mesi dopo, siamo nel luglio 1961,demolizione totale della struttura e riedificazio-

ne ampliata ex-novo, con l’appoggio e l’inco-raggiamento dello zio Basilio. Tutto è pronto erifinito già per fine 1961, così un altro capitolodi storia si apre, con la piazza che cambia aspet-to, Budoia, oltre al bar nuovo, inaugurato a Natale,ha nel centro del paese l’albergo e il ristorante.Lo si inaugura con il Cenone di San Silvestro, eil prezzo di allora è di L. 4.000 per persona. Arrivala clientela di prestigio, che con il tempo si mol-tiplica: gli Zanussi di Pordenone, i professionistidi Sacile e dintorni, i capi di aziende note, gli ope-ratori della Fiera di Pordenone, i personaggi del-la politica e dello sport… Toros di Udine, FioretSottosegretario alla Difesa con Andreotti…

Il Ristorante Da René a Budoia appare prestonella prestigiosa «Guida Michelin», che notoria-mente ospita ambienti qualificati e raccomanda-

René, un bel mattino...

In alto: la gioventù budoiese degli anni ’50. Sullo sfondo la botega di Piero Bof.(Foto proprietà di Angelo Varnier)

Sopra: l’Albergo appena costruito.Da una cartolina degli anni ’60.

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ti. La segnalazione dà spicco al paese, per tuttigli anni ’80.

Quando prende consistenza la progettazioneper la nuova località sciistica denominata Veneziadelle Nevi, ad opera di investitori belgi, si mettein moto un fermento di attività che coinvolgonole autorità comunali e provinciali.

Il Ristorante Da René è il punto di incontroper accordi e disaccordi consumati allegramentetra pranzi e cene. In uno di quei momenti vienepreparato un menù celebrativo comprendente an-tipasti di pesce a forma di barchette veneziane eun dolce modellato come una gondola messa sul-la punta della nostra montagna, costruita in per-fetta riproduzione.

Furoreggiano le idee e anche la partecipazio-ne a concorsi gastronomici miete successi. La pre-

Sopra: alcune delle numerose benemerenze della lunga carriera di René.

In alto a destra e sotto: l’interno del bar e René al lavoro.

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sentazione di un piatto preparato con coniglio di-sossato, ripieno, avvolto in una fasciatura di po-lenta, già affettato e arricchito di sugo, guadagnauna lettera di encomio a firma del Conte Cavallinidella Commissione.

Un nome di spicco, come il prof. Rizzetto delReparto Cardiologia di Pordenone, rilascia il suoapprezzamento per la cucina vergato su un tova-gliolo. La continua presenza di clientela d’éliteporta René a farsi degli amici in tutte le classi so-ciali e professionali, anche le più esclusive, magli amici che gli sono più cari rimangono semprequelli del luogo, che aveva da ragazzo.

Gli anni trascorrono all’insegna del successoe la vita del ristorante è punteggiata di occasionispeciali, come il pranzo per il matrimonio di unappartenente a Ca’ Foscari di Venezia.

Al tavolo dei clienti sono i più collaudati ca-merieri ritornati dalle loro tournée, da GildoCunicio a Giorgio Fort, a Luigi Zambon, a MarioIte ad altri.

A rendere possibile tutta l’attività sono anchedue figure importanti, la madre Maria Janna e lamoglie Rosapia Bravin. Sorvegliano, decidono,progettano, guidano l’organizzazione in tutti i momenti con gli occhi esperti che arrivano dap-pertutto. Due colonne sulle quali la vita di Renéè saldamente appoggiata.

Grazie alla loro costante presenza e al loro in-sostituibile aiuto, René può occuparsi anche d’al-tro e divertirsi a seguire come un buon papà i ra-gazzi di Budoia che fanno sport. In 40 anni diattività, ne spende con loro 22, come presidentedella squadra di calcio.

Ora che ancora una volta mezza piazza è sta-ta spazzata via dalle ruspe e siamo prossimi allaterza inaugurazione di un ambiente nuovo pertempi nuovi, restiamo in speranzosa attesa. Nelfrattempo, quando arriviamo in piazza, seguiamol’innalzamento dei muri giorno per giorno.Sappiamo che René ci ha promesso un bar favo-loso, scintillante, di ben 200 m2 di superficie.

Un bel mattino...ANNA PINAL

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Accanto: tovagliolo con dedica del Prof. Rizzetto.

Sotto: l’ultima inquadratura della cucina.

A lato: inesorabile la ruspa demolisce il fabbricato dell’albergo.Restiamo in speranzosa attesa.

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Il diritto di «mezzo miglio»

...et anco ben dar conto particolare nel quale siritrovano, et anco riverentemente accennarLe ilbisogno loro, affinché possa provvederLe in quelmodo che detterà la sua molta prudenza.Circondano li boschi d’Alpago 36 miglia circa,a quali come per muraglie serve il mezo miglio,questo hora è quasi in tutto distrutto e tagliatocosì verso Caneva, come verso Serravalle et al-trove, valendosi di quello li comuni et regole vi-cine come se fose bene comunale et proprio ta-gliando in quello a suo beneplacito, onde se prestonon viene provveduto vedremo il bosco banditotutto disarmato, essendo privo del riparo di essomezo miglio in gran parte tagliato e rovinato.Del danno che apportano quelli di Caneva pre-tendono il possesso del mezzo miglio... ... ma perovviar a queste fraudi, et difficoltà altro non re-trovo, se non uno stradone che separi il mezo mi-glio del bandito...

Così scriveva il Podestà e Capitano di BellunoFrancesco Duodo nella sua relazione presentataal senato il 17 novembre 1621.

Ufficialmente però il titolo di mezzo miglioappare per la prima volta nell’articolo 4 del pro-tocollo di «conterminazione» eseguita dal RettoreFederico Coraro nel giugno 1622, operazione peraltro censurata dai suoi contemporanei e successori.

Ma per poter comprendere l’origine del pro-blema e la vera funzione che questa fascia di ri-spetto aveva per la salvaguardia del patri monioboschivo, bisogna fare alcune considerazioni.

Il mezzo miglioin Cansiglio

«Ho veduto gli boschi che ha la Serenità vostrain Alpago-Cansiglio, cavalcando tre giornateper quelli et si come deono esserle carissimi aguisa de pretioso tesoro, poiché essendo co-piosissimi di faggi, avendone la debita cura,suppliranno per sempre abbondantissimi al bi-sogno che possa avere de remi per galee o fu-ste la più grossa et potente armata che essa in qualsivoglia tempo si risolvesse di mandarfuori».

Con queste parole Alvise Mocenigo, pode-stà di Belluno, esprime il fascino del bosco delCansiglio al Collegio riunito, nella primavera

del 1608. Coglie immediatamente la questionedi fondo: dei boschi bisognava aver cura, sol-tanto così Venezia avrà per sempre ed abbon-dantemente i faggi dal cui legno ricavare i lun-ghi remi delle galee.

La foresta, oggi, non fornisce più materiaper i remi delle galee, ma ha mantenuto tutta lasua importanza per l’equilibrio ecologico delVeneto e del Friuli-Venezia Giulia.

Nei secoli fu luogo soggetto a rigide dispo-sizioni, in particolare sull’uso del «mezzo mi-glio», come evidenziato dal dott. Guido Spada,del Corpo Forestale, nel suo articolo.

Sotto: documento (Archiviodi Stato di Venezia) in cui siafferma che fino a centoanni l’abete rosso mantieneun legno tecnologicamentevalido.

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Quando, per buona sorte della SerenissimaRepubblica, la foresta del Cansiglio, o Boscod’Alpago come solevasi chiamarla all’epoca, venne bandita, il Consiglio di Dieci provvide ademettere tutta una serie di atti amministrativi atutela e difesa dell’immenso patrimonio boschi -vo, limitando al massimo le attività antropicheall’interno della foresta, se non quelle strettamentenecessarie e connesse all’utilizzo dell’ingente ri-sorsa boschiva ad uso della Casa dell’Arsenale.

Tra i problemi più pressanti e impopolari viera quello di limitare o vietare il pascolo all’in-terno della foresta e razionalizzare il diritto di pa-scolo in quelli interni ed esterni al Cansiglio.Questi provvedimenti di tutela sollevarono tuttauna serie di ricorsi, lagnanze, suppliche e con-flitti di interesse difficilmente sanabili.

Di fatto le popolazioni dei Comuni vicini, sen-tendosi danneggiate dalle ferree limitazioni im-poste dal Governo Veneziano, cercarono anchecon la frode di dimostrare i loro diritti, tutti aven-ti come scopo ultimo la possibilità di pascolareliberamente nella fascia contigua alla foresta.

Il Senato, per venire incontro alle popolazio-ni e ribadire nello stesso tempo l’assoluto divie-to di pascolo all’interno della foresta, fece trac-ciare a confine con il bosco una zona di rispettodella larghezza di un miglio veneto, dal confin infuori.

In detta fascia di territorio veniva concesso aiprivati o regolieri di poter pascolare con le pro-prie armenta ma con divieto assoluto di tagliarequalsiasi pianta presente. Questa concessione, pe-raltro temporanea, era suggerita più da spirito cri-stiano nei riguardi delle misere popolazioni lo-cali che da vera convinzione.

Veniva ribadito infatti, con Parte 29 dicembre1570 del Consiglio di Dieci, che tale concessionenon costituiva, ne poteva costituire, una servitùpassiva di pascolo, in quanto tale fascia boscataera e doveva rimanere di proprietà statale, era quin-di esente da qualsivoglia diritto di prescrizione.

Alla luce di quanto sopra con Parte del Consi -glio di Dieci del 17 novembre 1622, ratificata conDucale 25 novembre, all’articolo 4 vi si legge chenel mezzo miglio che era stato lasciato fuori dalbandito era si possibile pascolare, ma non tagliaresenza licenza, e tale licenza doveva essere con-cessa, con il riguardo dovuto, solo dal Rettore diBelluno.

In conclusione si può affermare, senza temadi smentita, che il mezzo miglio era niente meno

che uno spazio di terreno demaniale, su cui poteresercitare il solo diritto di pascolo, non una ser-vitù ma una concessione, una deroga alla normaimposta dal bando, non una sdemanializzazionea favore dei singoli o dei Comuni, come in se-guito fu fatto credere da chi aveva tutto l’inte-resse a frodare il Governo Veneto.

La Repubblica di Venezia, mediante il ban-do, ossia con la proclamazione della riserva esclu-siva del territorio soggetto a bando imponeva difatto un servitù a tutte le terre confinanti per pas-si cinquecento ossia mezzo miglio; fascia dunquedi massimo rispetto a tutela della foresta.

In questa fascia di nessuno, nessuno potevacondurvi animali non di sua propria età, costrui-re casere o ricoveri di varia natura, tagliare al-cunché, ne tanto meno erigere delle carbonaie.

I Comuni sapendo di mentire a se stessi, ac-creditavano la tesi secondo cui nella fascia peri-ferica della foresta fossero di fatto incluse nellelocalità prive di utile copertura arborea per gli usispecifici della Casa dell’Arsenale e perciò utiliz-zabili a loro piacere. Con sotterfugi di varia na-tura, frodi e quant’altro attuarono una politica didissennato disboscamento, trasformandoli in zo-ne a pascolo.

Risulta inspiegabile che il Consiglio di Dieci,così geloso delle sue prerogative e fiero del suoruolo di controllore delle leggi, tanto severo nel-la tutela dei bene pubblico e delle foreste in par-ticolare, potesse tollerare nel seno del suo pre-zioso bosco del Cansiglio l’esercizio di una servitùsiffatta, da lui stesso scritta sotto severe pene dibando, galera ecc.

Lungo la strada che da Canevaconduce al Bosco di San Marco del Cansiglio.

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Il mezzo miglio dopo la caduta della Serenissima

L’utilizzo abusivo del mezzo miglio durante il primo periododell’I. R. Governo austriaco.L’imperial Regia Presidenza dell’Arsenale Marittimo di Veneziache all’atto di sottomissione delle province venete all’ImperatoreFrancesco I, di gloriosa memoria, assunse l’Amministrazione ge-nerale dei boschi di tarraferma nell’anno 1798, non tardò a pren-dere dei provvedimenti per tamponare i danni inflitti alla forestadel Cansiglio, a seguito dei torbidi socio politici del primo perio-do di dominazione francese, che gravi danni aveva inferto alla com-pagine boschiva delle foreste venete in generale e del Cansiglio inParticolare....

Disposizioni impartite dal Governo Italico relative al mezzo miglio.Con Proclama del 18 maggio 1809, portante il Decreto di Napoleo-ne I che attribuiva l’Amministrazione generale dei boschi alla dire-zione Generale del Demanio, sotto gli ordini del Ministro delleFinanze, per la nostra foresta del Cansiglio iniziò un periodo noncerto felice.Ad amministrare la foresta furono inviate persone prive di profes-sionalità specifica, mancanti delle più elementari norme tecniche ea nulla valsero le leggi chiare e ben articolate promulgate dal go-verno del Regno d’Italia.L’esistenza di una servitù di pascolo su terreni di sicura proprietàdemaniale, sotto il particolare nome di mezzo miglio, risultò esse-re una sorpresa per gli amministratori dell’epoca, per cui il diret-tore generale del Demanio, Boschi e diritti Uniti, incaricò, con pro-prio decreto 14 giugno 1809, n. 16440, i «conservatori» dei boschiaffinché si procurassero tutti i ragguagli possibili intorno alle con-cessioni di tali diritti, raccogliendo documenti utili al fine delleindagini....

Disposizioni relative al mezzo miglio durante l’I. R. Governo del Lombardo Veneto.Il principio professato ed osservato dall’I. R. Amministrazione fo-restale sotto il governo austriaco nel regno del Lombardo Veneto,a partire dal 1817, fu quello di conservare e difendere quasi consenso religioso il patrimonio boschivo trasmesso dal precedenteGoverno Italico, impedendo che avvenisse la seppur minima alie-nazione dei beni demaniali ricevuti in possesso. Conseguentementenon ebbero luogo alterazioni nelle aree concesse ai Comuni trannenel pascolo delle Rotte che ebbe vicende alterne....

Anche da un punto di vista del diritto laRepubblica aveva pieno titolo di poter bandire leterre esterne dei nostro mezzo miglio poiché pri-ma della conquista veneziana, esse erano infeu-date ed i Comuni stessi erano legati dai ceppi delvassallaggio verso i rispettivi Signori, ragion percui tutte le terre rivendicate dai Comuni comeproprietà comunali, derivavano da concessioniimperiali fatte dopo il dodicesimo secolo, ed erano per loro natura allodiali, cioè usurpate da-gli stessi Comuni in momenti di torbidi socio-politici.

Nel 1660 Marino Zorzi assunse la carica diPodestà e Capitano di Belluno e lo stesso, benchénon fossero trascorsi che quattro anni dall’ultimaconfinazione generale della foresta, pensò bene difar cosa gradita al Governo proponendo di effet-tuare una nuova general conterminazione.

Purtroppo tanto zelo non fu ben ripagato poi-ché tale riconfinazione portò ad un capovolgi-mento dei concetto di mezzo miglio trasforman-do di fatto in diritto di pascolo a favore dellepopolazioni locali quella fascia oramai disbosca-ta con la frode, trasportando verso l’interno del-la foresta la nuova fascia di rispetto.

Questa scellerata visione causò un danno ri-levante allo stato, contravvenendo ai principi ditutela vigenti all’epoca, operando di fatto una sde-manializzazione di circa 1000 ettari.

Qualche autore riconoscendo la buona fededello Zorzi, che mai si sarebbe sognato di con-travvenire alle severe regole imposte a tutela del-la foresta, ritiene che lo stesso sia caduto nel gros-solano errore per il suo buon cuore e per una certadose di ingenuità o di credulità, prendendo peroro colato le studiate querele e lamentazioni deirappresentanti comunali presenti.

Altri, come Giovanni Maria Magoni, (1830)giudicano invece positiva quella mossa e la con-siderano dettata da profonda saggezza, non da de-bolezza o dabbenaggine.

Sottrarre interamente i pascoli agli abitantiavrebbe vanificato, a parere del Magoni, ogni mi-sura protettiva dei bosco perché il sostentamen-to degli animali era essenziale alla sopravviven-za stessa e sarebbe stato perseguito comunque.

La concessione del mezzo miglio sarebbe sta-ta assai lungimirante, si sacrificava una piccolaparte per salvare il resto della foresta.

Queste osservazioni, se giuste da un punto divita umano, non possono essere accettate da unpunto di vista di mero diritto, in quanto lo Zorzi

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A seguito delle norme dettate dalla legge 1 no-vembre 1875 veniva accordata facoltà all’alloraMinistero Agricoltura di affrancare i boschi de-maniali da qualsiasi «diritto d’uso sia mediantecessione agli utenti a titolo enfiteutico o in pro-prietà assoluta, di una parte del bosco di un va-lore eguale a quello che si giudichi competere aldiritto d’uso sia mediante un corrispondente com-penso in denaro (art. 3)».

A seguito di ciò venne portato allo studio del-la Commissione Provinciale il progetto di af-francazione dei diritti di pascolo del Cansiglio,sia interni che esterni e nel giugno 1877 la com-missione stessa fece le seguenti proposte:1. per le località Pian Cansiglio, Code, Valmenera,Costa di Valmenera, Cornesega, Montagnola Grittiun compenso di lire 242.045,67;2. per i Mezzi Migli dei Comuni di Farra, Polcenigo,Tambre e Fregona di rendere definitiva l’affran-cazione provvisoria stabilita in precedenza fra gliutenti e l’Amministrazione Forestale;3. per la località Prese non si doveva fare alcunainnovazione trattandosi di un pascolo esterno chenon grava propriamente il bosco di nessuna ser-vitù, sebbene sia un appezzamento limitro al bo-sco stesso.Sullo stesso argomento l’Amministrazione fore-stale esprimeva quanto segue:1. per i pascoli di Pian Cansiglio, Code di PianCansiglio, Valmenera, Costa di Valmenera, LeRotte ecc, non adatti ad essere rimboschiti, ci siastenesse per il momento a procedere ad un loroaffrancamento;2. per la località Montagnola Gritti, avendo gliutenti rifiutato di accettare il compenso pecunia-rio di Lit. 411, si ricorresse in sede di Tribunale;3. per i Mezzi Migli dei Comuni di Farra, Tambre,Polcenigo e Fregona si rendesse definitiva l’ap-provazione provvisoria facendo pagare ai Comunile piante estirpate nell’area da cedere loro;4. per la località Prese si ricorresse in tribunale,avendo gli utenti rifiutato qualsiasi affrancazio-ne, sostenendo che il diritto è d’uso e non di ca-rattere demaniale.In conformità quindi alla deliberazione del pre-detto Consiglio Forestale venne abbandonata ogniidea per l’affrancazione dei pascoli interni, men-

I pascoli dall’unità d’Italia ad oggi

non aveva nessun titolo per concedere quanto concesse, non avendo egli ricevuto dal GovernoVeneto nessuna delega in merito, e mai avrebbepotuta ottenerla dal Consiglio di Dieci, il cui in-tendimento non era certo quello voluto o menodallo Zorzi. Di fatto egli abusò del suo potere,seppur per scopi umanitari.

Facendo un riferimento tra la linea di confinetracciata dai Dolfin nel 1653 e quella dello Zorzisi nota chiaramente che quest’ultimo ha, di fatto,sottratto al bosco bandito tutta la superficie compresa tra Pian dell’Erba, Campo di Mezzo ePizzoc.

Non pago dei danni inferti al bosco, lo Zorzivolle, per troppo zelo, confinare anche il mezzomiglio di Farra, Tambre e Polcenigo, permetten-do alle Regole di Farra e Tambre di penetrareall’interno del bosco.

Conclusioni

Stando a quanto fin qui esposto è facile com-prendere l’origine ed il significato del mezzo mi-glio, eppure dalla Caduta della Serenissima in poi, nessuna Amministrazione dell’epoca ha sa-puto o voluto definirlo correttamente e sia ilGoverno di Vienna che quello italiano si lascia-rono influenzare dai Comuni ai quali non parvevero approfittare di tale situazione per millanta-re la magnificenza della Serenissima Repubblicache, a sentir loro, si era manifestata con la con-cessione del mezzo miglio a salute delle poverigenti.

GUIDO SPADA

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tre vennero riprese con i Comuni le pratiche, giàda lungo tempo avviate, per la definitiva affran-cazione dei diritti di pascolo nei cosidetti MezziMigli.…

Mezzo Miglio a PolcenigoIl comune di Polcenigo vantava un diritto di pa-scolo su una superficie pari a ettari 120.05.60, ca-rico stabilito 50 vacche.Con il suddetto comune l’Amministrazione fore-stale intavolò le prime trattative per l’affranca-mento di tale diritto a fine degli anni ’60 ma nonfurono peraltro condotte a termine.La convenzione provvisoria stipulate tra il Comunedi Polcenigo e l’Amministrazione porta la data27 ottobre 1883. Con tale preventivo accordo sicedeva al Comune di Polcenigo in proprietà as-soluta ettari 74.84.54. Non si conoscono le altrecondizioni in quanto non fu rinvenuto nessun at-to in proposito.Si sa solo che il contratto definitivo non poté ve-nir stipulato stante una lite intercorsa fra i Comunidi Polcenigo e Budoia, quest’ultimo accampavaun preteso diritto di proprietà sul mezzo miglio,lite che si protrasse per anni e anni, sino al 1898.

Il definitivo affrancamento del mezzo miglio av-venne con atto 4 agosto 1898, approvato con Regiodecreto 11 settembre 1898, registrato Corte deiConti il 21.10.1898 Reg. 788.In virtù di tale atto i Comuni di Budoia e Polcenigorinunciavano al diritto di pascolo per 50 vacchesu una superficie di mezzo miglio pari a ettari163.33.40 (162.11.60 dati discordanti). Di con-tro l’Amministazione forestale cedeva ai suddet-ti Comuni in assoluta libera proprietà ettari 88.77.30di terreno affrancato.Per il Comune di Polcenigo tale diritto figurava:Erario Civile e Comuni di Budoia e Polcenigo perMapp.li 2889, dal numero 3374 al 4378, 4389,8282. Superficie pertiche metriche 1200,56,Rendita censuaria lire austriache 346,38, pari alire italiane 299,27.

Complessiva superficie mezzi migli affrancati.Dall’analisi testè fatta se ne deduce che i dirittidi pascolo di mezzo miglio goduti dai Comunigravavano su una superficie pari a ettari 962.87.00che venne affrancata con cessione ai Comuni diettari 550.67.04 rendendo liberi da qualsiavogliaservitù ettari 412.19.96.

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LOCALITÀ COSA VEDERE KM PROGRESSIVI

Sorgenti del Livenza Ambiente naturalistico 0

Polcenigo Borgo storico, Interesse ambientale 4

Dardago, Budoia Ambiente naturalistico,Santa Lucia Borghi storici, Antica Pieve,

Chiesetta San Tomè (Dardago),e Santa Lucia al Colle in omonima località 14

Sacile Centro storico 24

Brugnera Area del mobile 33

Gaiarine Area del mobile 36

Portobuffolè Borgo antico 44

Mansuè Mutera Castelir, Ambiente naturale 46

Motta di Livenza Chiesetta di San Giovanni 57Basilica, Centro storico, Riviera Scarpa 59

San Stino di Livenza Ville Venete 69

Torre di Mosto Ambiente agricolo 77

Caorle Stazione balneare, Centro storico 97Foce del Livenza 99

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Dal luglio 1994 è stata ufficializzata la propostadell’Associazione Civiltà Altolivenza di un iti-nerario lungo la Livenza. Grazie anche al Comunedi Budoia è stato possibile nel maggio dei 1999stampare una guida curata da Carlo Favot di cuiqui di seguito, si richiama parte della presenta-zione che risulta illuminante della filosofia di vi-ta che l’iniziativa persegue.

Gli stress generati dalla frenetica vita moder-na in generale, ed i problemi di inquinamento etraffico in particolare hanno portato ad una mag-giore sensibilizzazione nei confronti delle pro-blematiche ambientali. Anche l’organizzazionedel tempo libero è stata influenzata dal maturaredi questa sensibilità provocando un progressivospostamento di interessi verso mète localizzate inscenari ambientali naturali. Si va affermando sem-pre più la ricerca di una vita sana e di ritmi a mi-sura d’uomo ed in un siffatto contesto la sceltadella bicicletta come mezzo per vivere il propriotempo libero si colloca in modo privilegiato.Riscoperto in antitesi all’imperante dominio del-le automobili sulle strade, il turismo in biciclettasi sta imponendo anche come stile di vita perchéconsente un coinvolgimento globale con l’am-biente che si attraversa permettendo di fissare nella memoria immagini, emozioni e ricordi chevanno a far parte dei patrimonio culturale di ognu-no di noi. Seguendo il corso della Livenza ci siviene a trovare al di fuori da aree fortemente ur-banizzate riuscendo a percorrere stradine secon-darie che attraversano luoghi insospettati ricchidi fascino ambientale dove è facile imbattersi an-cora in un mondo genuino e sincero. Il filo con-duttore è il fiume Livenza inteso non solo come li-nea direzionale, ma in una globalità che necomprende i momenti interpretativi più ampi e si-gnificativi, va da sé che la scelta delle strade ve-da privilegiata la logica della natura, anzichéquella della circolazione viaria e da ultimo ci sipropone di superare lo sterile concetto di moto aluogo per valorizzare quel romantico modo di ve-dere e di sentire che solo la bicicletta consente eche l’ambiente fluviale liventino ha il suggestivopotere di stimolare.

Questa proposta di itinerario è stata fatta pro-pria dalla Provincia di Pordenone che ha predi-sposto, grazie al solerte e partecipato lavorodell’Ufficio Tecnico un progetto di massima d’in-tesa con le Province di Treviso e Venezia ed i 20Comuni dell’area del Livenza. La parte di itine-rario ricadente in Friuli è già stato parzialmente

finanziato dalla Regione per circa 1500 milioniper la tratta Budoia-Sacile; la progettazione ese-cutiva è in corso.

Già da solo questo itinerario sarebbe signifi-cativo ma vieppiù lo diventa come tassello di unarete internazionale come si sta verificando, in ciòattualizzando una proposta della FIAB (itinerarion. 4). Infatti ci sono intese tra Carinzia e Friuli-Venezia Giulia per un riutilizzo della sede ferro-viaria dismessa da Villaco a Gemona mentre leProvince di Udine e Pordenone sono coinvolte perla medesima e l’una per la prosecuzione da Gemonaa Grado/Lignano e l’altra, d’intesa con le Comu -nità Montane del pordenonese, per un itinerariosulla direttrice della ferrovia Gemona-Sacile.

MARIO COSMO

(Vicepresidente Associazione Civiltà Altolivenza)

Lungo la Livenza in bicicletta

Schema grafico esviluppo chilometrico

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Thinquant’ani i è passadi da chel dì che, prete fat, ne la glesia al me paese Messa Granda mi àe ciantàt.

E Luigin Da Ros, pì moro da la so Africa tornàt, a ricordo de l’evento al paés el m’ha clamàt.

Cussì che da la Toscana fin a ciasa son vegnùt con autista un ex-allievo, che ha pensàt, ma proprio, a dhut.

E respire aria furlana, che fa tanto ben al cuor, ricordando cose e fati dei biéi tempi che era alor.

Me ricorde nonna Nuta, che in t’el stale ogni matina la curava vàcia e mussa, petenando e dando el fen.

Me ricorde de DON NILLO, che vegniva da Sathì1, e ogni an portava i fiòi de la russa Cernobìl.

A far festa a dhuti doi l’è el bel organo rivàt, che implenìs la bella glesia e che uncuòi vien auguràt.

In trent’anni de plevàn quanto ben ca n’à1o fat, quanta dhent co le adothioni da pardhùt no àlo idhàt!

A leàne nei ricordi vien le ferie e ferragosto, che richiama chièi de fora a tornare ca sul posto.

e a salir su pa la riva a la glesia vecia e bella, dal bel verdhe un fià scondudha, ma che resta sempre chela,

e che andando via pa ’l mondo, ognun porta dentro al cuor, co persone, cose e fatti dei bei tempi che era allor,

quando s’era pi contenti co che poòc che la ne dava una terra suta e magra, che i paesani lavorava.

Sarà ben: persone e cose de chèi tempi ricordare, quando col filò a la sera se diséva ància el rosare

e ogni magio e ogni ottobre ne la glésia se tornava e el rosare col fioretto dhuti quanti se ciantava!

PADRE RITO LUIGI COSMO

Santa Lucia di Budoia, 12 agosto 2001

Festa granda pa’ padre Rito

Grande festa a Santa Lucia per uno dei suoi figlipiù illustri: padre Rito Cosmo che ricorda congioia e gratitudine i 50 anni di sacerdozio.

Grande e meritata festa, perché padre Rito,sebbene chiamato a svolgere la sua missione inzone lontane dal Friuli è sempre molto vicino conil cuore, a questa terra, alla sua gente, ai suoi va-lori. Appena si presenta l’occasione egli non sela lascia sfuggire ed è spesso tra noi: per le feriein agosto, per le ricorrenze importanti, per qual-che ritrovo con i coscritti. E per ogni occasioneha sempre pronta una poesia!

Il suo legame con i nostri paesi lo dimostracostantemente anche con la assidua collabora-zione con l’Artugna. Sempre pronto ad apprez-zare il lavoro svolto ma anche ad incoraggiare ea stimolare la Redazione.

Molti gli amici, i parenti ed i conoscenti chepartecipano alle Sante messe concelebrate – nel-la parrocchiale e nella chiesetta al colle – e ai momenti conviviali. Alcuni arrivano apposita-mente da lontano. Padre Rito, con la consueta vi-vacità, ma con la voce talvolta affievolita dallacommozione, ricorda le tappe del suo cammino,dall’infanzia trascorsa nei cortili e nei campi diSanta Lucia, fino ai nostri giorni.

In entrambe le occasioni i presenti possonoapprezzare, declamata da padre Rito la poesia ap-positamente composta e che volentieri pubbli-chiamo. La Redazione si congratula con il pro-prio collaboratore per l’importante traguardoraggiunto e gli augura, con l’aiuto del Signore,molti altri anni di feconda attività sacerdotale.

Padre Rito celebra con Padre Luigino, don Daniele e don Aldo il suogiubileo sacerdotale.

Thinquant’ani i è passadi

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I Figli della Consolazione, chiamati anche iConsolatori del Sacro Cuore di Gesù e del CuoreImmacolato di Maria formano una famiglia reli-giosa alla quale io appartengo. Fondata nellaRepubblica Democratica del Congo nel 1997, ècomposta dai fratelli laici sposati e non, e da unacomunità religiosa.

È una famiglia molto piccola che tende peròa diventare sempre più grande con l’aiuto di Coluiche chiama alla Sua se quela. Noi vogliamo por-tare al mondo e soprattutto alla Chiesa cuori chesoffrono insieme a Gesù e a sua Madre, MariaSantissima, i cuori che vogliono stare strettamentevicino a Gesù per fargli sentire che anche noi uo-mini miserabili e peccatori soffriamo profonda-mente per il fatto che Egli sta soffrendo a causadei nostri peccati. Noi provochiamo le sue soffe-renze con guerre, bestemmie, bugie, cattiverie,maldicenze...

Quindi noi peccatori lo vogliamo consolare,e nello stesso tempo vogliamo anche riparare leferite recate al suo dolcissimo cuore e al cuoreimmacolato della sua inseparabile madre, che sof-fre sempre assieme al suo figlio. Le ferite le ri-pariamo tramite preghiera e opere di carità. Lapreghiera, cioè, è il punto centrale della nostra vi-ta. Nella preghiera noi amiamo Dio, Lo conso-liamo e ripariamo le offese. Il nostro carisma ciporta anche verso i deboli per alleviare le lorosofferenze. I primi sono i bambini che sono il punto di partenza della nostra strada di carità senza limiti. Noi accogliamo i bambini senza di-stinzione di tribù, di razza, religione e nazione.La cosa che ci interessa è salvare la Persona chesi nasconde nella figura di quella piccola creatu-ra indifesa. A questo scopo lavoriamo in colla-borazione con le famiglie, poiché per il momen-to i nostri bambini orfani sono ospitati nellefamiglie. Noi infatti li sosteniamo lì. La maggiorparte di loro è formata da bambini orfani di guer-re, oppure si tratta di bambini i cui genitori sonomorti a causa della malaria e dell’AlDS.

Abbiamo costruito per ora due dormitori, conannessa cucina, sala da pranzo e due piccole stan-ze. Questo lavoro lo abbiamo fatto grazie alla ge-nerosità di tutti. Mancano ancora le porte, le fi-nestre, il tetto e qualche rifinitura. La parte dellacongregazione che sta in Africa ha ringraziatoParrocchia di Sant’Agostino di Pordenone, per il suo grande contributo che ha permesso la co-struzione di un ambulatorio e l’acquisto di unafotocopiatrice che permette un guadagno mensi-

le di circa 80.000 lire. Hanno ringraziato anche iragazzi delle Parrocchie di Budoia, Dardago e di Santa Lucia che hanno fatto la cresima, trami-te un fax mandato al parroco di Dardago-Budoia don Adel Nasr, per il contributo di L. 125.000.Ringraziamo continuamente tanta gente di buo-na volontà per il sostegno offerto, perché se lacomunità continua ad operare lì, è grazie a voi.

Così ringraziamo anche il gruppo del RosarioPerpetuo di Budoia per il suo fedelissimo con -tributo mensile. «Tout fait nombre» diceva LaFontaine.

A nome della mia congregazione ringrazio tut-ti quelli che fin d’ora hanno aiutato i bambinidell’Africa. A dire la verità la nostra Congre ga -zione è nata con il vostro aiuto. Il nostro è un la-voro molto difficile in quanto vi è la grande re-sponsabilità di provvedere alla vita di più di 250bambini. Noi, però, non ci scoraggiamo, siamo determinati e fermi, il nostro traguardo è vederei bambini cresciuti e bene.

In Italia vogliamo continuare ad operare coni bambini, ma in ottica diversa. Ci vogliamo oc-cupare di quei bambini, i cui genitori non posso-no pagare le rette di un asilo nido privato o chenon trovano posto nell’asilo nido comunale. Il no-stro scopo è quello di dare l’opportunità ai geni-tori di lavorare occupandoci dei loro figli. Il miolavoro in parrocchia a Budoia è quello di esseresempre a disposizione di quelli che hanno biso-gno di me, chi vuole sa sempre dove trovarmi perqualche motivo io possa esser utile: con le pre-ghiere, con il lavoro e con la compagnia.

SUOR ALBERTINA

Carità senza confini

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Una scuola di vita che ti arricchiràmaggiormente di quanto abbiano fattole dispense che hai dovuto leggere nel corso de-gli anni.

Ma sulla strada di questo privilegio dovrai fa-re i conti col dolore, spesso di chi conosci mol-to bene; un cammino durante il quale non sem-pre potrai trovare con facilità il necessario distaccoper lavorare e ponderare con la giusta serenità.

Il mio ovviamente è un augurio speciale, dacompare, nonché mutuato a distanza, ma che inquesto momento vuole farsi interprete del soste-gno e dell’incoraggiamento di quanti ti hannoamica e di quanti ti hanno medico. Lontano dalpoterti dare consigli professionali ti ricordo co-se che sappiamo entrambi e che credo in buonaparte siano state una palestra per quello che og-gi devi affrontare.

Quando sarai stanca, scoraggiata o avrai po-ca voglia di ridere ricorda la fatica spesa sui li-bri e nello studio, le corse in reparto e quelle per

non perdere il treno tra Padova e Mestre, la co-stanza durante tutti gli anni in cui ti sei prepara-ta a quanto oggi sei chiamata a svolgere. Ricordala gratuità che abbiamo imparato in tanti anni dicoro, di presepi e raccolte carta in parrocchia.Ricorda le risate – e ne abbiamo fatte tante – del-le giomate e serate trascorse con gli amici.

Ti servirà a rinnovare le forze e la volontànell’affrontare il lavoro. In bocca al lupo, Daniela!

FABRIZIO FUCILE

In bocca al lupo, Daniela!

Sempre difficile spendere due parole su qualcu-no. Soprattutto quando non si tratta di un epitaf-fio o di un encomio a fine carriera. Proviamocicomunque con buona pace degli altri amici, deinemici – caso mai ce ne fossero – ed ovviamen-te dell’interessata.Scuola elementare di Santa Lucia. Dodici alun-ni tra I, II e III in quell’anno scolastico 1969/70che è anche l’ultimo ad ospitare gli scolari pri-ma che tutti i bambini del comune passino a frequentare la sede di Budoia. In cattedra c’èArmando, maestro del suo paese, che ad una deidodici, oltre a tabelline, storia e geografia, inse-gna qualcosa che agli altri sfugge e nemmeno leiin quel momento è consapevole di imparare. Leinsegna ad essere «del suo paese». Che, in altreparole, significa svolgere la tua professione trala gente che ti ha visto e che hai visto crescere.Maestro, prete, medico del tuo paese. Una for-tuna che non tocca a tutti, ma anche un grandeimpegno, una grande fatica nel distinguere la tua dimensione familiare e da quella comunita-ria ben più ampia.

Una fortuna perché puoi camminare nella sto-ria della tua gente. Tra quanti oggi e nel futurodovrai curare troverai i compagni di scuola e iloro figli. Le nonne degli amici e le amiche dimamma. Incontrerai le loro gioie e le loro ansie.Scoprirai il gusto di parlare con chi pensavi nonfosse così simpatico, le paure di chi si dimostra-va così sicuro di sé, il coraggio nell’affrontare lavita di qualcuno che sembrava molto timido.

La rubrica «La vôs del mede» esce in questo nu-mero in modo insolito, non con i consueti consi-gli e suggerimenti del nostro competente colla-boratore dr. Adore, bensì con il benvenuto alladott.ssa Daniela Fort, concittadina conosciuta estimata anche dalla comunità di San Giovanni,luogo in cui presta servizio come medico di base,da alcuni anni. Il saluto è portato da Fabrizio,amico sincero de l’Artugna e di Daniela.Accogliamola con un «in bocca al lupo!» e affi-diamo la preziosa salute delle comunità a lei e aldr. Adore, altrettanto apprezzato medico di basedel territorio da diversi anni. Complimenti anco-ra a Daniela e auguri di sereno operato tra noi.

LA REDAZIONE

La vôs del medeLa vôs del mede

è la rubrica curata da

medici del nostro Comune che desiderano dare, ai nostri lettori, informazioni

e consigli utili sulla salute.

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’N te la vetrina

Anni 1935-1936. Un gruppo di budoiesi, ritratti davanti al caffè Lacchin Bof, ex cooperativa, edificio che lasciòspazio, nel ’60, all’albergo Da Renè. Sulla facciata è ben visibile la vecchia segnaletica stradaleche include in un unico segnale sia il nome della località,ovviamente in provincia di Udine con la rispettiva altitudine(139 m), sia l’indicazione della direzione per Aviano (6 km)e per Maniago (23 km).In piedi, da sinistra: Andrea Sanson (Andreuta Pasqual),Giuseppe Panizzut (Bepi Furbo), Emilio Carlon (Milio Burigana), Fausto Lacchin (Bof), Ines Nadin Lacchin(Bof), Eugenio Carlon (Genio Burigana), Pietro Lacchin(Bof), Andrea Panizzut (Scussat).Accucciati, da sinistra: Alcide Sanson (Pasqual) i fratelliMarco e Riccardo Panizzut (Donisio), Ruggero Carlon(Fassiner), Nadia Lacchin (Bof). Non sono stati riconosciuti i due a lato della fotografia conil cappello in testa.

(Foto di proprietà di Noemi Alberta Panizzut Boschin)

30 aprile 1938. Alunni di Budoia e di Santa Lucia con la loro maestra Maria Scalari.Prima fila in basso, da sinistra: Silvana Steffinlongo,Caterina Carlon, Maria Zambon, Ermenegilda Fort, MariaPanizzut, Onelia Mezzarobba, Rolanda Burigana, RitaVarnier, Bruna Puppin, Teresina Puppin, Angelina Besa,Liliana Del Maschio, Maria Zambon.Seconda fila, in ordine sparso: Costantino Zennaro,Antonio Soldà, Giovanni Besa, Patrizio Rosa, GiuseppeLachin, Serafino Lacchin, Umberto Del Maschio.Terza fila: Domenico Fregona, Giosuè Renato Del Maschio,Giuseppe Carlon, Nello Sanson, Renzo Panizzut, Ferruccio Zambon.

(Foto e ricerca di Elda Del Maschio)

Anni ’20. Famiglia budoiese.Marina Sanson (Gigia Pasquala) e il maritoAlfredo Del Maschio (Fredo Besut) con la lorofiglia Argia, morta all’età di 12 anni.

(Foto di proprietà di Elda Del Maschio)

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Budoia, 11 settembre 1928.Giuseppe Del Maschio Fantin con la moglie Elena:un’immagine cara al nipote Pietro.

(Foto di proprietà di Pietro Del Maschio)

23 novembre 1946.Matrimonio di Rosina VettorCariola con CamilloBastianello Thisa. La sposa è accompagnata dal fratello Agostino; alle spalle si nota lo sposo.Sullo sfondo, la ciasa deMoreal porta i segnidell’incendio ad opera delle truppe tedesche.

(Foto di proprietà di Adelaide Bastianello Thisa)

Anni ’20. Famiglia dardaghese a Venezia.Romano Zambon del Biso con la moglie Silvia ZambonColus e le figlie Maria e Adelia, quest’ultima decedutatragicamente a Venezia all’età di 19 anni per lo scoppiodi un residuato bellico.

(Foto di proprietà di Rosalia Bocus Ciuti)

Ermido Zambon del Biso al lavoro in un locale della notastazione sciistica di Gastaad (Svizzera), nel 1957, conalcuni amici dardaghesi, Luigia Janna Tavan con il maritoSauro Vettor Muci e Marino Zambon Cep.

(Foto di proprietà di Marino Zambon. Ricerca di Giovanni Bufalo)

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La nostra, si sa, è stata per lunghi anni terra diemigrazione. Intere famiglie lasciarono questipaesi alla ricerca di un lavoro. Tra queste, anchela famiglia Ianna Simon.

Da informazioni raccolte dai fratelli Valentinoe Vincenza, figli di Osvaldo Ianna Simon, ap-prendiamo che, prima della guerra 1915-18, i fra-telli Giuseppe e Osvaldo Simon partirono alla vol-ta degli Stati Uniti in cerca di una miglior situazione.Prima arrivarono a Boston e poi si diressero inCalifornia. Anche la moglie di Osvaldo, Luigia,doveva partire, con i figli Costante e Vincenza,ma l’avvento della guerra mandò a monte i loropiani.

I due fratelli rientrarono dopo 7 anni e, nel1922, ripartirono per la Francia accompagnatidall’altro fratello Umberto e da Costante, figliodi Osvaldo.

Giuseppe, il fratello maggiore, portò con sé lamoglie Teresa ed i figli Pietro, Mario ed Anna:prima ad Annecy e poi ad Annemasse nell’AltaSavoia.

Quest’ultima è una ridente cittadina in fondoalla bella e verde vallata che scende dalle pendi-ci del maestoso Monte Bianco fino ai confini del-la Svizzera, a Ginevra e al suo lago. La vallata ècaratterizzata dagli chalet in legno con i balconifioriti.

In questa città hanno dimorato numerose fa-miglie provenienti da Dardago e da Budoia. Ricordoche nel periodo in cui anch’io lavoravo adAnnemasse, vi risiedevano oltre ai Simon, iCiampaner, i Theco, i Bocus, gli Zambon Pala,Curadela, Pinal Riveta, Tarabin, Biso, Vialmin,Marin, Petol, i Santin Tesser, i Bocus Frith, Ciuti,i Puppin Freal, i Carlon.

Ci vivevano anche famiglie di Castello, Villotta,Aviano e Marsure.

Riprendendo la storia dei Simon, Osvaldo eUmberto rientrarono in Italia, mentre Giusepperimase con la famiglia. Rimase in Francia ancheCostante.

Pietro, figlio di Giuseppe, sposò Rosa RigoBarisel ed ebbero due figlie: Rita e Liliana. Lilianasposò il Signor Colard, appassionato pilota di rally ed ora manager nello stesso ambito sporti-vo. Nel 1972 nacque Pierre.

Dopo la maturità, Pierre si specializza in Designed apre uno studio a Ginevra dove abita. Nellostesso tempo pratica lo sport automobilistico, siasui circuiti di ghiaccio che nel rally su terra.

Inizia le gare nel 1988 coi go kart. Nel 1994

passa al rally con una Peugeot 106, poi con una306 Maxi E. 2 al Campionato di Francia e al SanRemo. Nel 1997 partecipa a sei manche del Campio -nato del Mondo (Portogallo, Spagna, Corsica,Grecia, Finlandia, San Remo) con una SubaruWRX Gr.A e al Trofeo Andros e alle 24 Ore sughiaccio di Chamonix con una Peugeot 306 MaxiS16 Turbo.

Nella gare su ghiaccio, dal ’91 al ’99, è vin-citore nella categoria «meno di 2 litri».

Nel 1999, Pierre arriva terzo a Chamonix edè vice campione di Francia dei Rally su terra conuna Subaru WRX Gr.A.

Al Campionato del Mondo su ghiaccio(Chamonix, Canada, Germania, Finlandia) si clas-sifica al 3° posto con una Peugeot 206 WRC.

Nel 2000, Pierre è campione di Francia deiRally su terra al volante di una SEAT CordobaXRC. Ulteriori informazioni sulla attività di Pierresi possono trovare sul sito internet: www.pierre-colard.com

ESPEDITO ZAMBON

in collaborazione con Liliana Ianna in Colard

Pierre, un campiòn de rallye

Da la faméa de Simòn al è vignùt fora un campiòn

Pierre nei momenti del trionfoin Provenza.

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A cura di

Adelaide e Melita Bastianello

Intorvìa la tóla

Risoto co’ la thùciaIngredienti per 4 persone280 g di riso350 g di zuccauna noce di burro70 g di formaggio grattugiatobrodo di carne (il doppio del riso)

PreparazioneMettere la zucca a cuocere in poca acqua salata percirca 20 minuti dopo averla tagliata a pezzi picco-li e averne eliminato la buccia ed i semi. A cottu-ra ultimata scolarla e farla raffreddare. In un tega-me far rosolare un po’ di cipolla nel burro. Appenala cipolla imbiondisce aggiungere il riso e farlo to-stare qualche minuto. Unire quindi la zucca pre-cedentemente schiacciata con la forchetta o pas-sata al setaccio e amalgamare il tutto. Versare ilbrodo un poco alla volta fino a terminare la cottu-ra, dopo circa 15 minuti. A cottura ultimata, uni-re il restante burro e mescolare. Terminare con unamanciata di formaggio grattugiato.

Alcuni mettono insieme zucca, ri-so e brodo nel tegame a freddo,mescolando e amalgamando beneil tutto. Il procedimento successi-vo ed il tempo di cottura è ugua-le per entrambe le versioni.

La zucca è tra le verdure più saporitee più ricche d’acqua. Ne contiene in-fatti il 94%. Il suo maggior pregiodal punto di vista nutritivo sta nel-la ricchezza di vitamina A, beneficaper gli occhi e la pelle. Contiene an-che sali minerali in quantità: calcio,

potassio, fosforo e magnesio. Dal colore gial-lo emerge la presenza di Betacarotene so-stanza che contrasta i radicali liberi e rallen-ta l’invecchiamento. È da consigliare per isuoi effetti ricostituenti, sedativi e lassativi è

infatti ottima per combattere le malattie dei re-ni, dell’intestino, del cuore e del sonno.

La thùcia

Risi e late co’ la thùciaIngredienti per 4 persone180 g di riso 300 g di zucca1 litro di latte50 g di formaggio grattugiato

PreparazioneEliminare la buccia della zucca, tagliarla a pezzettie metterla a cuocere per 15 minuti in pochissimaacqua (la zucca deve appena essere coperta). A cot-tura ultimata, passare la zucca a setaccio o schiac-ciarla con una forchetta riducendola ad una purea,aggiungere il latte e portare il tutto ad ebollizione.Unire il riso e cuocere per 10 minuti. Servire cospargendovi sopra una manciata di formaggiograttugiato.

Una volta...

La zucca è talmente dolce e gustosa che è buona anche da sola.

La mamma mi racconta che da piccoli erano soliti mangiarla

in modo molto semplice: … «tagliare la zucca a fette e metterla

in forno, semplicemente così senza nessuna aggiunta. Cuocerla

a forno caldo per 20 minuti circa e quando sarà morbida,

servirla».

Qualcuno mi ha raccontato che per esaltare il suo

sapore intenso si può aggiungere un filo d’olio di oliva e una

manciata di sale.

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Il giorno di Dardago

Ho sognato di tenel nido del cuoreun infinito giorno d’amore

vedendo il sole delle Alpirosso d’aurora e d’emozionedipinto all’alba sul tuo volto

sorgere dai confini del cielodalle colline di DARDAGOluoghi cari alla tua infanzia.

Corre il treno al tramontocon i miei pensieri velocesulle ali della speranza.

A.M.

Ti farò regina

Bionda valkiria e deacome nordica stellanelle brume di San Tomé tu sei.

Bella ed altera fiera d’orgoglioe vestita di luce.

Una bianca collana,tu la perla, ti farà regina,cinto il collo dei miei pensieri.

A.M.

Poesie trovate e fatteci pervenire

dalla signora Clelia Zambon.

Crode

Crode dei miei paesi, che l’intemperie e il gelo staccaron dalle rocce, che s’àlzan verso il cielo,

e da Val Granda lente scendeste piano piano sul letto de l’Artugna al sottostante piano!

Quasi celeste dono còlservi i nostri avi e con saggio lavoro v’érsero a mura, e travi

su voi posaron, tolti da’ boschivi pendii e fur sicuri nidi per dei lor cari i volti.

Nel cuor d’ogni dimora, con crode i focolari sorgon, tepor e affetto òffrono ai propri cari.

E un dì, lì attorno accolti, dopo la parca cena, snodavan al ciel rosari, quasi pia cantilena.

A gruppi avrie case cìngonsi a girotondo: dentro portoni arcati chiùdesi piccol mondo.

A vari snodi e incontri s’àprono in campicelli e le forti pareti schiùdonsi in capitelli.

E quasi pio rosario su strade allineate, attorno alle loro chiese sembrano accoccolate.

S’érgon le chiese in mezzo, e dentro gli ampi tettisembran accôrre insiemedei focolar gli affetti.

L’angolo della poesia

Ma le crode più belle, con maestria sottile, vengono scelte e poste su l’erto campanile, che, qual pastor, le pécore con scampanio raduna e al cimiter, infine, séguele ad una ad una.

Crode de la Val Granda, un dì giacenti inerti, qual vita a voi donàron forti artigiani esperti!

Amor, costanza e fede cambiàr le rocce dure in vita ancor parlante a le genti future!

PADRE RITO LUIGI COSMO

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31Lasciano un grande vuoto...

Ciao, Riccardo

In un tragico incidente avvenuto sulla stradadenominata della Comina, che da Roveredo portaa Cordenons, perde la vita il ventenne RiccardoZambon mentre si reca a scuola. Il padre di Riccardoè il nostro compaesano ing. Valerio Pala. Affrantaper il triste fatto la Comunità di Dardago porge al-la famiglia le più sentite condoglianze. I funeralisi svolgono nella Chiesa di Roveredo, paese doverisiede la famiglia, con la partecipazione commossadi numerosi amici dardaghesi.

Riccardo era molto inserito nella vita dellaComunità. Partecipava all’attività dei gruppi dell’ora-torio, del campeggio ed era iscritto alla sezione lo-cale dei Donatori di Sangue.

Grande sensibilità e dignità...

Lunedi 3 dicembre, dopo lunghe e atroci soffe-renze sopportate con grande dignità, la zia Santinacessava di vivere.

Poco prima di spirare, ha chiesto alla sorelladi recitare con lei una Ave Maria: quale miglio-re testimonianza della grande devozione che ave-va per la Madonna e di come cristianamente siavissuta.

Un profondo legame la univa a mia madre, unlegame fatto di amore, ma anche di dolore per letragedie che la loro famiglia aveva vissuto: i fra-telli Agostino e Costante dispersi in Russia, lamalattia e la morte del fratello Luigi, le soffe-renze dei loro genitori erano sempre presenti neiloro ricordi e nella zia in particolare avevano la-sciato un segno profondo.

La ricordo nelle cerimonie in memoria dei ca-duti o degli alpini: una lacrima rigava sempre ilsuo volto.

Non ha avuto la gioia della maternità, ma ha saputo essere moglie fedele e premurosa: ha riversato tutto il suo amore e la sua grande sen-sibilità a quanti le stavano vicino, alla casa, al la-voro, alle piccole cose di ogni giorno.

Schiva e riservata, non ha mai cercato la prima fila, non ha ostentato ma ha sempre dato lapropria disponibilità alla parrocchia, al GruppoFamiglia e a quanti cercavano il suo aiuto: ha

dato senza nulla chiedere. Ai funerali la chiesagremita, il suono dell’organo che tanto amava, ilcoro di cui faceva parte e di cui era una delle vo-ci più belle, i celebranti hanno voluto essere te-stimonianza viva di quanto preziosa e cara fossela zia Santina per la nostra comunità.

P. J.

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32Cronaca

DARDAGOSTO 2001

Anche quest’anno in occasione della tradiziona-le festa dell’Assunta, il Comitato Festeggiamenti,oltre alle serate del torneo di calcetto e di balloper giovani (e non) organizza, come ogni anno,una mostra nelle sale della Scuola Materna, (gentilmente concesse dall’AmministrazioneComunale di Budoia) sia sulla pittura astratta delpittore Saon di Sacile che paesaggistica del pit-tore Bortoluzzi di Polcenigo raffiguranti la no-stra pedemontana.

La signora Rosanna Santin Minguzzi di SanGiovanni di Polcenigo prepara un grazioso an-golino di statuine in ceramica di pregevole fattu-ra modellate e dipinte da lei stessa. Diversi sonoi soggetti, come il presepe, il calzolaio, il bar-biere, l’ubriaco dal naso paonazzo, i vecchiettiattorno al caminetto acceso, i giocatori di carte ecosì via.

Il signor Angelo Michelin di Sacile – ormainoto a Dardago per la sua costante presenza d’ami-cizia nella nostra comunità (sia per i diversi la-vori eseguiti nell’arco degli anni, sua per alcuneopere scultoree donate) – quest’anno, su invito,espone un capo di Cristo, una colonna con fregie fiori, delle targhe con leoni, una possente aqui-la ed alcune teste di fanciulle in meditazione inmarmo, in pietra e in legno. Pregevole una statualignea raffigurante Afrodite.

A completamento della mostra alcuni attrez-zi d’altri tempi ed utensileria da cucina nonchéuna stampa dell’albero genealogico dei Savoiadel settecento.

A tutti un sentito grazie ed un arrivederci al-la prossima.

GRATHIE!

Un sentito grazie ed un plauso a Raffaele ZambonMomoleti per la sua costante solerzia e buona vo-lontà.

Recentemente ha riparato l’altare del Cimiteroe la porta del campanile, ha provveduto alla tin-teggiatura oltre che di questi lavori anche del por-tale e delle porte laterali della Chiesa.

La parrocchia ringrazia anche i numerosi colla-boratori che si impegnano per la riuscita delle va-rie relizzazioni.

In questo numero si vuol ricordare i tanti col-laboratori della pesca di beneficenza.

DOE GRANDE FESTE

Il parroco emerito don Alfredo Pasut ha tagliato,nello scorso giugno, il traguardo del sessantesi-mo anniversario di vita sacerdotale, ricordato du-rante la solenne Messa cresimale in Duomo-Concattedrale di Pordenone. Una rovinosa caduta,con rottura dei femore lo hai poi costretto ad una

Opere esposte durante il Dardagosto.

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degenza presso l’ospedale di Maniago e succes-sivamente è stato trasferito presso la Casa delClero di San Vito al Tagliamento, ove, don Adel,accompagnato da alcuni parrocchiani gli ha fat-to visita. Don Alfredo ha molto gradito questa vi-sita e nonostante i suoi 88 anni, il fisico semprepiù asciutto, ha riconosciuto tutti, augurando alsuo successore di fermarsi a Budola per tanti an-ni, «come me» ha detto con una punta di com-mozione. Gli rinnoviamo, di cuore, l’augurio diogni bene.

* * *

Padre Venanzio Renier, anni 92, cappuccino, com-battivo Vice Postulatore della causa di beatifica-zione del friulano padre Marco d’Aviano, è stato invitato a Budoia, nella Festa di Cristo Re,per ricordare il traguardo dei settant’anni di Messa.

Arguto e brillante, l’indomito frate, nativo diChioggia, viene volentieri a Budoia, ove lo legala lunga amicizia con Monsignor Signora, ma an-che con la Comunità, cui presta servizio di cap-pellano festivo quando impedimenti pastorali tengono lontano don Adel. Padre Venanzio haringra ziato dell’invito e dell’icona che il Parrocogli ha donato come augurio di pace, di bene, insalute e di ringraziamento per il lungo servizio aDio nella Chiesa.

MARIO POVOLEDO

I È THINQUANTA

Cinquant’anni sono una tappa importante e i co-scritti del 1951 del comune di Budoia non per-dono l’occasione per ritrovarsi.

Il 17 novembre, un buon numero di neo cin-quantenni, accompagnati dai rispettivi consorti,si danno appuntamento prima in chiesa, a Darda go, per la Santa Messa di ringraziamento equindi in un noto ristorante della zona per passa-re alcune ore in spensierata allegria.

La serata, allietata da una bravo musicista, of-fre anche l’opportunità di rivedere coscritti cheabitano in altri paesi o città. In occasione dellariuscita festa, una offerta viene devoluta in favo-re di un’associazione benefica.

Sopra: cerimonia per i 70 anni di Messa di padre Venanzio Renier.(Foto di Antonietta Torchetti)

I neo cinquantenni in festa el’artistco piatto ricordo.

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Amici, permettetemi di dire due parole poiché cre-do di avere il diritto-dovere di farlo. Diritto, per-ché su quelle lapidi avrebbe potuto esserci ancheil mio nome; Dovere per l’obbligo morale di ri-cordare quanti non sono tornati.

Quindici giorni fa sono stato sul Don, nei luo-ghi nei quali era dislocata l’ARMIR e dove sonostato ferito e fortunosamente raccolto quasi esan-gue da alcune donne russe che mi hanno salvato.

Lo scopo del mio avventurosissimo viaggioera principalmente quello di cercare se ancoravivevano le mie salvatrici: purtroppo erano decedute.

Ho rivissuto la tragedia dei nostri soldati edho ripercorso con la memoria quelli che ho vistomorti sparsi qua e là nella steppa gelata: quelli

4 NOVEMBRE

In occasione dell’anniversario della Vittoria, giornata dell’Unità d’Italia e delle Forze Armate,si è svolta a Santa Lucia di Budoia la cerimoniaufficiale commemorativa.

Alle ore 9.30 presso il Monumento si sono ra-dunati il Sindaco di Budoia con gonfalone, le rap-presentanze delle Associazioni d’arma, Alpini,Combattenti e Reduci, Associazioni di Vo lonta -riato, Donatori di Sangue con rispettivi stendar-di, l’Appuntato dei Carabinieri Schiavon, in rap-presentanza del Comando Carabinieri di Polcenigo,il Parroco don Aldo Gasparotto e la popolazione.

Totalmente assenti gli alunni delle scuole,mancanza, questa, grave, considerata l’impor-tanza dell’avvenimento, che cade in un momen-to grave dopo l’attacco terroristico dell’11 set-tembre e la crisi internazionale che ne è seguita;le giovani generazioni devono ricordare per non dimenticare.

Dopo l’alzabandiera e la deposizione della co-rona d’alloro, il Col. dr. Mario Ponte ha tenutoun discorso, che riportiamo sotto, seguito dall’al-locuzione ufficiale del Sindaco.

Durante la Santa Messa si è pregato per il ri-poso eterno dei Caduti e per la pace nel mondo.

La giornata si è conclusa presso il centro AU-SER di Santa Lucia, ove gli anziani hanno pre-disposto un signorile rinfresco offerto dal -l’Amministrazione Comunale.

MARIO POVOLEDO

che si trascinavano barcollando, esausti, protesiin avanti verso quella che ritenevano la direzio-ne della salvezza ed alla fine cadevano con la fac-cia sulla neve gelata e le braccia allargate comedei crocifissi abbattuti.

Se io non ho fatto quella fine lo devo alle mieferite, che mi hanno bloccato a duecento metri dal-le isbe, dalle quali sono uscite le mie salvatrici.

Oggi è il giorno della memoria e mi rivolgoparticolarmente alle giovani generazioni, perchénon dimentichino i nostri morti, che si sono sa-crificati anche per dare loro un avvenire di pacee prosperità, pace del cui valore nessuno può co-noscerne la portata, come noi che abbiamo vis-suto la tragedia della guerra.

MARIO PONTE

In alto: gita a Roma dei coscritti del 1940 dal 27 al 30 settembre 2001.(Foto di Antonietta Torchetti)

Sopra: i coscritti del 1931 si ritrovano il 30 agosto 2001 per festeggiare il loro settantesimo compleanno.(Foto di Luigi Zambon)

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PRO LOCO

Balletti a Villa ManinL’Associazione Regionale fra le Pro Loco delFriuli-Venezia Giulia organizza mercoledì 22 ago-sto un importante momento di aggregazione peri Soci e i loro famigliari a Villa Manin di Passariano.

Anche la Pro Loco di Budoia ha aderito all’ini-ziativa con più di 50 partecipanti.

Nella splendida cornice dei cortili internidell’incantevole dimora dogale, assistiamo ad unostraordinario evento di folklore cosmopolita.

Con danze, canti, musica e suggestioni pro-venienti dalla Cina e dal Cile, si esibiscono com-pagnie riconosciute a livello mondiale: il Gruppodi canto e danza della Provincia dello Shaanxiporta dalla Cina lo splendore dell’illustre dina-stia Tang (618-907) presentando uno spettacolostupefacente e meraviglioso, in cui realtà e fan-tasia, storia e leggenda, teatro, musica e danza sifondono intimamente per far riscoprire la graziae la freschezza dell’anima cinese ed i fasti dellegrandi civiltà, che di volta in volta hanno regna-to su quel lontano Oriente.

Accanto ad esso, il Balletto Folklorico «Bafo -chi», con più di 400 costumi ed una quarantina distrumenti musicali (a corde, a fiato, a percussio-ne) presenta il Cile in tutta la sua ricchezza e va-rietà, facendoci sognare ad occhi aperti le meravi-glie del deserto di Atacama, del Polo Antartico,del l’Arcipelago Chiloè fino all’Isola di Pasqua.

Funghi strani protagonistiLa Mostra Micologica già da 34 anni è la colon-na portante della Festa dei Funghi e dell’Ambiente.

Proprio per questa longevità essa non solo èdiventata un punto di riferimento per i sempre piùnumerosi appassionati di micologia, ma costitui-sce anche un’interessante attrattiva per tutti co-loro che sono animati da semplice curiosità.

Infatti si ha la certezza di non rimanere delu-si: sono più di 400 le specie, corredate di cartel-lino identificativo e notizie sulla commestibilità,che vengono esposte nei due fine settimana, tut-te appositamente raccolte pochi giorni prima.

Soggetto della sezione speciale quest’anno sono i funghi strani, cioè quegli esemplari carat-terizzati da sembianze e colori tali da evocare glioggetti più disparati. La cosa più sorprendente èche questi funghi, a forma di lanterna, di stella, di

gabbia (solo per fare alcuni esempi), non sono ra-re specie esotiche, ma, all’attento osservatore, sipossono presentare anche nei nostri boschi.

Sant’Andrea el porc su la breaA Budoia da alcuni anni riscontra un successo an-che superiore alle iniziali aspettative la tradizio-nale festa «Sant’Andrea, el porc su la brea», or-ganizzata in occasione del Patrono del paese.Questa riscoperta delle tradizioni interessa anchepersone esterne al paese, e sono sempre più nu-merosi coloro che si riuniscono in piazza ad as-saggiare la gustosa porchetta. L’iniziativa derivada un’antica usanza dei nostri vecchi, che in que-sta stagione uccidevano il maiale, per farne in-saccati da stagionare durante l’inverno. Propriodalla saggezza popolare, dettata dall’esperienzaconsolidata nel tempo, deriva il proverbio in dia-letto locale «Sant’Andrea, el porc su la brea», chesta a significare che con l’arrivo della ricorrenzadel patrono, è giunto il tempo di uccidere il maia-le (el porc); il tavolaccio dove avveniva la ma-cellazione era appunta la «brea».

Concerto dell’8 dicembreUn altro appuntamento che ormai è diventato unatradizione a Budoia è il concerto dell’8 dicem-bre, Festa dell’Immacolata. Anche quest’anno lamanifestazione è organizzata dalla Pro Loco, incollaborazione con l’Istituto di Musica dellaPedemontana, Comune e Parrocchia.

Sono protagonisti della serata i due cori dell’Associazione Musicale Corale Contra’ Camolli,che comprende il coro Giovani Del Contra’ di-

È ormai tradizione festeggiare con la Pro Loco la sagra di Sant’Andrea.(Foto di Antonietta Torchetti)

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retto da Roberto Brisotto e il coro Contra’ Camolli(voci virili) diretto da Loris Varnier. Aprono laserata gli uomini, facendo ascoltare al pubblicocanti popolari che hanno accompagnato le vicendedel nostro paese nel secolo scorso. I giovani in-vece si impegnano in due brani rinascimentali ein alcuni spirituals. Le due formazioni si unisco-no poi per un augurio di Buon Natale in musica.Al termine il presidente dell’Istituto di Musicadella Pedemontana consegna una targa a LorisVarnier, allievo della scuola. Il sindaco AntonioZambon loda la collaborazione tra giovani e adul-ti all’interno dell’associazione di Camolli, e an-ticipa che il 2002 sarà l’anno dei giovani e dellamontagna: a questo proposito il comune di Budoiadedicherà ai giovani il Col Cornier.

Prossimi appuntamenti...Per la Pro Loco, l’anno che si conclude, ricco digite, spettacoli, mostre e feste, non può essere fe-steggiato in una maniera più appropriata che conla Festa in Fameja: anche quest’anno il 31 di-cembre c’è il cenone con i soci della Pro Loco,aspettando il Capodanno 2002, tra piatti tipici,musica e l’immancabile tombola.

C’è già un appuntamento con la Pro Loco nel2002: il 25 gennaio 2002 si andrà a Milano per lamostra a Palazzo Reale su Picasso e, per chi lo de-sidera, per ammirare le donne di Toulose Lautrec;per l’occasione si visiteranno anche la Pinacotecadi Brera, il Duomo e il Castello Sforzesco. Gli in-teressati possono telefonare ai n. 0434.653244 o 654171.

BUDOIA SENTHA POSTA?

L’anno 2001 si chiude con Budoia senza ufficiopostale. La vecchia sede della posta, infatti, vie-ne demolita assieme a tutto il complesso del barristorante da René e l’Amministrazione delle Poste, sebbene abbia da tempo ricevuto lo sfrat-to, non è stata in grado di trovare una sede alter-nativa. Conclusione: l’ufficio postale di Budoiaviene trasferito a Santa Lucia. «Quale sarà il fu-turo delle poste nei nostri paesi»? Il sindacoAntonio Zambon, da noi interpellato, si dichiaraamareggiato e contrariato per l’atteggiamento del-le Poste che dimostrano di non avere un proget-to definito in merito alla situazione di Budoia.L’Ammi nistrazione comunale si è mossa più vol-

UNA MIÈL DA RECORD

Il miele delle nostre colline è veramente ecce-zionale. Così è giudicato dagli esperti che l’han-no premiato in vari concorsi.

Il merito di tutto ciò va alle api e al sapientelavoro di Florio e Fiorina Bernardis che da annidedicano tanta cura e amore all’apicoltura.

Anche «la nostra mièl» può entrare tra i pro-dotti tipici della Pedemontana. E come tale si me-

ANCJA STO AN: GRATHIE

Il 25 novembre gli agricoltori del comune di Bu doia si ritrovano per la Festa del Ringra ziamento:ogni anno la comunità ringrazia Dio per i «fruttidella terra e del lavoro dell’uomo». Questa è an-che l’occasione per festeggiare i nostri contadi-ni, paladini di uno dei lavori più antichi e nobili-tato da numerosi passi del Vangelo. È incoraggiantevedere tra i nostri coltivatori diretti anche dellefacce giovani: congratulazioni e... grazie a Dio!

te per cercare di risolvere il problema, ma sem-pre senza risultato. Non si sa, infatti, quando edove riaprirà l’ufficio postale di Budoia e, per in-ciso, non si sa quale sarà il destino degli uffici diDardago e di Santa Lucia, attualmente aperti agiorni alterni.

Una rappresentanza dei ColtivatoriDiretti del Comune il giorno della Festa del Ringraziamento.

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rita un posto d’onore anche alla Festa dei Funghie dell’Ambiente durante la quale centinaia di vi-sitatori possono capire i segreti di questa mera-viglia della natura e hanno modo di gustare le ot-time varietà di miele prodotte.

PA’ TELEFONÀ MEIO

Sono in corso, sulle pendici della collina, nellevicinanze del cimitero di Budoia, i lavori per lacostruzione dei ripetitori GSM per rendere mi-gliore il segnale del servizio radiomobile Tim edOmnitel. L’utilizzo dei telefonini, piccola rivo-luzione dei questi ultimi anni, nella nostra zonanon era molto agevole e si sentiva la necessità dimigliorarne il servizio. Dopo i controlli effettua-ti dall’ ARPA (Agenzia Regionale per la Protezionedell’Ambiente), il consiglio comunale, all’una-nimità, si è espresso a favore di questo progetto.

SCOATHE: SE CAMBIA

Preceduta da una azione di informazione abba-stanza efficace, da settembre ha inizio la raccoltadifferenziata dei rifiuti. In pratica la varie fami-glie, invece di gettare i sacchetti delle immondi-zie nei cassonetti, devono suddividere i rifiuti «sec-co» e «umido» utilizzando gli appositi contenitoridistribuiti dall’Amministrazione comunale. Duevolte alla settimana, la domenica sera e il giovedìsera, si devono sistemare i sacchetti del secco edell’umido sulla strada per permettere la raccoltaporta a porta. Va ricordato che chi provvede a smal-tire in proprio i rifiuti umidi con la concimaia ocon gli appositi contenitori da compostaggio puòrichiedere una riduzione delle tasse sui rifiuti.

Per completare la raccolta differenziata esisto-no numerose piazzole ecologiche con le campaneper la carta, il vetro e la plastica, mentre nell’ap-posita area dietro i magazzini comunali si posso-no far convogliare i rifiuti ingombranti, le rama-glie e l’erba prodotta dallo sfalcio dei giardini.

Nonostante le difficoltà iniziali, l’operazione«raccolta differenziata» sembra dare i primi frut-ti. Bisogna naturalmente insistere sulla informa-zione tenendo presente anche la necessità di farconoscere le modalità di raccolta anche ai nuoviinquilini delle case affittate.

Sot ’l Crep: incontro con la poetessa

Era stato fissato per settembre, mese dei funghi per antonomasiaa Budoia, dei cieli tersi e degli ultimi tepori ancora estivi, l’in-contro con Lei, la vestale della cultura friulana, Novella AuroraCantarutti. L’appuntamento avvenne, ma la giornata non fu comeprogrammata nei nostri pensieri.

Nuvoloni galoppanti d’un grigio cupo nascondevano quelle bel-lezze che compongono a tasselli i nostri paesi, che ci compiacia-mo di avere e che ci eravamo prefissi di far apprezzare alla squi-sitezza d’animo di cui solo la poetessa è dotata.

Nonostante l’aspetto metereologico, fu un incontro in amiciziacon l’Artugna, don Adel e il sindaco per apprezzare ancora unavolta una persona che, oltre a comporre versi, ricerca con consa-pevolezza e scientificità il suo mondo friulano. Un arrivederci...tutto sereno.

Udine, 26 settembre 2001

Gentilissimi,voglio dire un grazie profondo a tutti per dire che mi avete guidatoa vivere una giornata di cui serbo una memoria rasserenante, le-gata, oltre che alle persone, ai luoghi.

Poi la serietà e l’impegno che si leggono nei lavori de l’Artugnasono per me una scoperta bella e un caso raro tra le pubblicazionilocali che troppo spesso illustrano malamente gli argomenti checontengono.

Unisco i saluti cordiali alle congratulazioni a voi responsabilide l’Artugna, al sindaco, agli amici.

I fiori, che la vostra gentilezza mi ha donato, sono ancora vivi emi conducono a salutare con tutti voi, il cielo sopra San Tomè.

Con affetto molto grato.NOVELLA CANTARUTTI

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Inno alla vita...

Al centro: Angela Carlon e Valentino Janna Simon,circondati dalle figlie, generi, parenti ed amici in occasionedel loro 50° anniversario di matrimonio.

60° anniversario di matrimonioper Angelo Zambon Pinale Stanislava Krescevec.

Giulia Minca con il suo inseparabile fratellino Andrea il giorno della sua Prima Comunione, a Treviso.

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Maria Janna Pol ha ricordato, attorniata dai suoi figli René e Mirella, con le rispettive famiglie, i nipoti ed alcuni amici, il traguardo del novantesi-mo anno, partecipando alla santa Messa, celebratada don Adel (non aveva ancora visto i restauri dellaParrocchiale, entrata si è commossa) e continuandopresso la casa in via Cialata, ove risiedono, i meri-tati festeggiamenti. Dopo una intensa vita di lavoro e di sacrificio, sempre sulla breccia, a servizio della gente prima al Cral, poi al banco del Bar in piazza, accanto al marito Giovanni Del Zotto, poi con il figlio e la nuora, Maria può ora godersi in tranquillità gli anni che ancora la Provvidenzavorrà concederle. Auguri vivissimi.

MARIO POVOLEDO

Dedicato a te mamma Angela.Hai trascorso le tue novanta primaveree non ti sei mai arresanonostante le difficoltà della vitasiamo tutti riunitiper ringraziarti di aver formato questa grande famiglia.Festeggiando i tuoi novant’anni,ti auguriamo di proseguire il tuo lungo camminosempre in salute e amore per la tua famiglia.

Nella foto, da sinistra: figlia Vanda, mamma Angela Regina, Emilia e Maria Assunta.

I 91 anni di Maria Zamboni, la prima a sinistra, con Ines Zambon, Caterina Bocus, Franca Piazza e Gigetta Della Fiorentina.

Auguri a tutti dalla Redazione

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40I ne à scrit

Milano, 5 settembre 2001

Gentile Redazione de l’Artugna, puntualmente ricevo il periodico e ve ne sono gra-to. In questi ultimi anni la Redazione ha fatto pas-si da gigante nel rendere più fruibile e gradevo-le la lettura del «nostro giornale» attraverso Internet.

Ora vi chiedo perché non creare un archiviodei numeri molto vecchi – peraltro non più di-sponibili come arretrati, magari dal numero 1 –visualizzabili attraverso lo stesso Acrobat Reader?

Offro la mia collaborazione se l’idea può in-teressarvi.

Distinti saluti VALTER ZAMBON

Caro Valter, siamo felici che la pubblicazionedelle pagine del nostro periodico su Internet(www.naonis.com/artugna) trovi sempre maggiorgradimento. Infatti molti lettori ci fanno saperedi apprezzare tale iniziativa che permette di leg-gere l’Artugna tramite il computer in qualsiasimomento e da ogni parte del mondo.

La tua idea di archiviare tutti i numeri sul si-to, per averli sempre a disposizione è stimolan-te. Ne abbiamo parlato e ci sono alcuni proble-mi tecnici da superare. Se penseremo di metterlain pratica, approfitteremo senz’altro della tuapreziosa collaborazione. Grazie!

Milano, 6 settembre 2001

Cari de l’Artugna, potreste pubblicare sul periodico che VictorianoFort Pitus di Milano (ma con il nonno nativo diSanta Lucia) ha conseguito la Laurea in Giu -risprudenza alla Statale di Milano?

Grazie. Questa Laurea mi ha dato molta gioiasoprattutto se penso al bisnonno Giovanni Battistache faceva il contadino, povero e senza istruzio-ne. Un abbraccio.

MARIO FORT

Egregio Sig. Mario, come vede il desiderio è sta-to esaudito. Come Lei, di sicuro, da Lassù è con-tento anche il bisnonno Giovanni Battista.

Taggì, 11 settembre 2001

Carissimi,con tanto piacere abbiamo l’Artugna, da noi tan-to desiderata. Bravi, bravi!

Noi, sentitamente e con gioia, Vi ringrazia-mo. L’abbiamo guardata, letta, riletta; anche inComunità. Ci sentiamo commosse.

Noi vi assicuriamo che vi saremo vicine conla preghiera. Nelle nostre necessità ricorriamo al-la nostra bella Madonna della Salute. Lei di cer-to ci aiuterà.

Noi stiamo abituandoci nella nuova fraternitàma il pensiero è spesso a Dardago.

Ora vi salutiamo tutti caramente.Con tanto affetto

SUOR FELICE E SUOR NATALINA

Carissime Madri, il tempo passa veloce ma senz’altro non cancel-la il ricordo del tanto bene che avete fatto aDardago. Sapeste quante volte Vi ricordiamoquando si parla tra di noi!

Vi ringraziamo anche del bene che continuatea fare: il mondo ha tanto bisogno di preghiere.Basta guardarci attorno per rendercene conto!

Attendiamo ancora qualche Vostra notizia!

La Sua lettera ci fa ricordare e ringraziaretanti nonni, tanti genitori, che hanno affrontatoenormi sacrifici per preparare una strada mi-gliore ai propri figli. Poveri e senza istruzione,ma con tanto amore e tanta buona volontà.

Sori, 23 ottobre 2001

Carissimi amici de Dardac,l’emozione è stata grande nel vedere la foto del1921 nel cortile della canonica. Verso l’entratac’ero anch’io.

Mi ricordo di Toni Cariola e di Carletto Rivetache si distinguono nella foto dove c’è Piero dela coperativa e Carlo Moreal. È stato proprio unmomento grande. Noi eravamo, col coro, sullavasca che era stata coperta con le tavole e canta-

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Tokyo, 5 dicembre 2001

Auguriamo a tutta la comunità di trascorrere unsereno Natale ed un Felice Anno Nuovo.

ANTONELLA ED OTTAVIANO

Carissimi Antonella ed Ottaviano, grazie! Auguri sinceri anche da parte nostra. Arrivedercia presto!

vamo col maestro Cussol. Fino Ponte fece il di-scorso… Grazie di cuore.

Seguo le novità e sento che anche le Suore sono andate. Ma ’l plevan al sta a Dardac, elovero?

Avevo il progetto di sempre, tornare a Dardago,ma non posso allontanarmi da mia moglie am-malata. Così vi scrivo per salutare tutti quelli cheoperano per il bene di Dardago, dal Direttore del’Artugna a tutti i suoi collaboratori e anche i ca-nais de ’na volta che spero ritornino con tutto illoro entusiasmo. Gli anni corrono e necessita ilricambio.

Ho visto la piazza con il monumento libero emi sembra perfetta.

A tutti l’augurio più sentito e il grato senti-mento per il gran bene che distribuite ai darda-ghesi lontani.

VOSTRO BEPIN CIAMPANER

Egregio Sig. Giuseppe,grazie per le Sue graditissime lettere che perio-dicamente riceviamo con molto piacere. Alcunenon le abbiamo pubblicate perché troppo pienedi complimenti per la Redazione. Facciamo quel-lo che si può anche se si potrebbe fare di più seci fosse maggior collaborazione.

La Sua corrispondenza è la testimonianzadell’amore sincero e commovente che molti no-stri lettori, costretti a vivere lontani, nutrono peril proprio paese.

È una lezione per noi e per i nostri figli.Dice bene, caro Giuseppe, gli anni corrono e

necessita il ricambio. Ci auguriamo di riuscirea insegnare ai nostri giovani l’amore per il pro-prio paese e l’entusiasmo di impegnarsi per lasua crescita.

Tanta serenità a Lei e a Sua moglie.

A tutti cordiali saluti ed auguri di buon lavoro.OSVALDO SOLDÀ – MESTRE

*Per l’Artugna. Cordiali saluti a tutti.

MARIA LILIANA PATRON DEL MASCHIO – TREVISO

*Cordiali saluti, auguri alla redazione per la bella l’Artugna.

YVONNE VETTOR TERRANEO – LENTATE (MI)

*Ricordando tutti i parenti defunti.

MARIO GIUSSANI – VERUNO

*In memoria di Giuseppe Bastianello.

MARIA VIDALE BASTIANELLO – VENEZIA

*Nel leggere l’Artugna a Milano è come se fossi tra voi. Un brivido digioia mi pervade il cuore. Grazie per questa emozione!

MARIO FORT PITUS – MILANO

*Con i più fervidi auguri di buon proseguimento.

LINA PUSIOL – SANTA LUCIA

*Bell’articolo del Sig. Carlon con il ricordo dell’affondamento della navein cui perse la vita mio fratello Bruno.Grazie e cari saluti.

GIORGIO PUSIOL – LUGANO (SVIZZERA)

*Buon lavoro e cordiali saluti.

CATERINA BOCUS PIZZINI – MELEGNANO

Antonella ed Ottaviano cisalutano dal lontano Giappone.

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El vin de Messa

’Na volta le Messe i le disea a la matina prest, parché dopo la dhent andea a lavorà in tei ciamps.

In un paese de ’sto mondo, el prete fea cussìe el se era metùt d’acordo col chiericheto (che elfea ancia la Cuminion), de lassai un fià de vin inte l’ampolina, par completà la marenda.

Una matina no vinlo a dise Messa un prete fo-resto che no ’l savéa de ’sto acordo?

Co ’l è ora de butà el vin par resentà el calicedopo la Cuminiòn del prete, el chiericheto el bu-ta piàn par vanthai un puoc, come al solito. Mael prete el fa segno che el bute anciamò e i l’a do-vut tràilo dhut.

El chiericheto el tira fora el pan de marendada la scarsela, el fa par dàilo al prete e el ghe dis:«E adhés el pan sec el se lo magna lu, sior ple-van!». Avévelo dhuti i torts?

* * *

Porc e porthél

Un fiol a scuola l’avea fat un sèst thentha creantha.El maestro i lo rimprovera: «Non fare il maialein classe!»

El fiol a ciasa el se lagna co so pare: «Papà,el maestro me à dit porthél!». El pare sent el do-ver de fai osservathion al maestro e i dìs: «Mefiol, porc sì, porc sì, ma porthél no».

* * *

Fradhiei scarperi

Doi fradhiéi i fea e scarperi, fin che un, dopo, else ciata un post come stradìn comunal.

Una volta che se à rot i scarpons, el va dal fra-del e ei dìs: «Ti che te tache i tac, tàcheme ti i metac». L’altro ghi responth: «Mi che te tache i tac?Tàchete ti i to tac!».

a cura di PADRE RITO LUIGI COSMO

BilancioSituazione economica del periodico l’Artugna

Periodico n. 93 entrateuscite

Costo per la realizzazione+sito Web 7.220.000 Spedizioni e varie 520.000Entrate dal 21/07/2001 al 25/11/2001 6.311.000

Totali 6.311.0007.740.000

Differenza 1.429.000

Bilancio e ProgrammaPalsa

Programma religioso natalizio

LUNEDI 24 DICEMBRE 2001 BUDOIA DARDAGO

• Santa Messa a San Tomé –ore 20.30• Santa Messa della Natività ore 24.00ore 24.00

MARTEDI 25 DICEMBRE 2001 · SANTO NATALE

• Santa Messa solenne ore 10.00ore 11.00• Santa Messa ore 18.00 –

MERCOLEDI 26 DICEMBRE 2001

• Santa Messa ore 10.00ore 11.00• Concerto del Collis Chorus ore 17.00

LUNEDI 31 DICEMBRE 2001

• Santa Messa e canto del TE DEUM ore 18.00ore 17.00

MARTEDI 1° GENNAIO 2002

• Santa Messa solenne ore 11.00 –• Santa Messa e canto

del VENI CREATOR SPIRITUS ore 17.00ore 18.00

SABATO 5 GENNAIO 2002

• Santa Messa e benedizione acqua, sale e frutta ore 17.00ore 18.00

• Accensione dei Panevin ore 20.30ore 20.30

DOMENICA 6 GENNAIO 2002

• Santa Messa ore 10.00ore 11.00• Benedizione dei bambini ore 17.00 –• Santa Messa ore 18.00 –

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NasciteBenvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di:

Gabriele Pujatti di Stefano e Elisabetta Crovato – BudoiaAlex Sguassero di Devis e Laura Pellegrini – MuzzanaReza Cancian di Alessandro e Azzurra Lanranconi – BudoiaAngelica Maria Zuliani di Giuliano e Yrma Maria Molinaro– Santa LuciaFrancesca Lachin di Mario e Elisabetta Favro – Santa LuciaAlessandro Zaccaria di Ciro e Orietta Pastorutti – Santa LuciaSonia Alfieri di Orlando e Lucia Gucciardo – BudoiaLaura Baracchini di Alessandro e Antonella Del Puppo – BudoiaFabio di Paolo Delgrosso e Valeria Angelin – Bresso/MiCecilia Lanzini di Luca e Silvia Zambon – Milano

DefuntiRiposano nella pace di Cristo:condoglianze ai famigliari di…

Lucia Gerarduzzi di anni 77 – MilanoRosina Fort di anni 79 – Santa LuciaAngelina Santin di anni 93 – MestreAntonia Carlon di anni 87 – MilanoNicolina Marin di anni 59 – BudoiaGabriele Modolo di anni 55 – RangeMaria Andrean di anni 80 – Santa LuciaLuigi Michilin di anni 90 – Castello d’AvianoIlde Carlon di anni 88 – BudoiaTiziana Basso di anni 78 – VeneziaAttilia Bocus di anni 98 – DardagoRosetta Rosolen di anni 68 – TriesteBattistina Fort di anni 87 – MarsureRiccardo Zambon di anni 20 – Roveredo in PianoGiuseppina Basso di anni 74 – DardagoArmando Del Maschio di anni 81 – BudoiaBeppino Chicco di anni 55 – TorinoMaurizio Bonneau Soldà di anni 57 – Santa LuciaElio Del Ponte di anni 89 – AvianoGiovanni Bastianello di anni 89 – VeneziaPaolo Zambon di anni 62 – LondraSantina Carlon di anni 76 – DardagoLuigia Fantin Del Puppo di anni 67 – Budoia

MatrimoniHanno unito il loro amore: felicitazioni a…

Marco Marcoz con Laura Azzola – BudoiaMirco Zambon con Elisa Cozzarin – DardagoAlessandro Battisti con Paola Pavan – DardagoStefano Steffan con Debora Carlon – BudoiaNicola Chiandotto con Monia Piasentier – BudoiaGianfranco Gervasi con Nadia Fontana – BudoiaFrancesco Biscontin con Moira Zanon – BudoiaMarco Zambon con Erica Paiero – TriesteFabio Bastianello con Roberta Favaro – Milano

Nozze d’argentoDaniele Bedogni e Jole Zambon Pinal – MilanoQuinto Zambon e Ivana Toffoli – Dardago

Nozze d’oroValentino Janna e Angela Carlon – Roveredo in Piano

Nozze di diamanteAngelo Zambon Pinal e Stanislava Krescevec

I nominativi pubblicati sonopervenuti in Redazione entro il 12 dicembre 2001. Chi desidera usufruire di questarubrica è invitato a comunicare i dati almeno venti giorni primadell’uscita del periodico.

Avvenimenti

Lauree e diplomiComplimenti...

LaureeFrancesca Zambon – Scienze Politiche – TriesteSimone Immordino – Economia – TorinoPaola Burigana – Storia dell’Arte – Sorbona – ParigiMarco Burigana – Ingegneria Meccanica – MilanoVictoriano Fort Pitus – Giurisprudenza – MilanoBettina Ronchetta – Lettere Antiche – DardagoEnrica Rigo – Magistratura – TorinoFlavia Zambon – Chimica industriale – BudoiaSimone Consonni – Lingue Straniere – Milano

IMPORTANTEGiungono talvolta lamenteleper omissioni di nominativinella rubrica Avvenimenti.Ricordiamo che la nostrafonte di informazioni sonoi registri dell’Anagrafecomunale. Pertanto, chi èinteressato a pubblicarenominativi relativi adavvenimenti fuori Comuneo relativi a particolariricorrenze (nascite, nozzed’argento, d’oro, risultatiscolastici, ecc.) è pregato dicomunicarli alla Redazione.

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Notevolissima è la tradizione dei panevin, fuo-chi dell’Epifania, che già sul far della sera del5 gennaio di ogni anno punteggiano di viveluci i nostri paesi, nonostante la tradizione ab-bia subìto processi di modernizzazione, poi-ché le famiglie non hanno più diretto rappor-to con la terra per cui il rito ha perso gran partedel suo profondo significato. Si trattava, in-fatti, di un rito magico-agrario che doveva pro-piziare la crescita dei raccolti e creare le condizioni favorevoli per i lavoratori delle

campagne e per gli animali.

Suggestiva è l’immagine del panevin del Braitdella precedente edizione, fissata dall’obiet-tivo del nostro bravo fotografo Cornelio

Zambon Marin.