La Voce del Popolo 2012 16

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° Ǥ ǫ ǡ ǡ Ǥ Sono di una generazione che non ha vissuto la bomba di piazza Loggia. In questo molto simile a quelle generazioni che sono venute dopo di noi e che non hanno la memoria viva dei fatti. Siamo quelli che hanno letto sui giornali o nelle ricostruzioni televisive degli anni di piombo e che forse nel susseguirsi dei processi poco hanno compreso la dinamica dei fatti. Siamo le generazioni di quelli che piazza Fontana a Milano, il delitto Calabresi o il rapimento Aldo Moro l’hanno visto al cinema o nelle serie televisive, siamo tra quelli che forse non sono riusciti, se non in maniera epidermica, a cogliere il clima di quegli anni. Non abbiamo conosciuto lo ǯ /$ 92&( '(/ 3232/2 scontro nello Stato, il dramma di una Chiesa che, dopo gli anni del Concilio, cercava la strada di un dialogo sofferto e drammatico con il mondo e che nella figura luminosa e angosciata di Paolo VI e delle sue parole ai funerali di Moro riassume lo spirito di un’epoca non vissuta. La strage di piazza Loggia fu l’apice di uno scontro che scaraventò anche Brescia sulla scena di un’Italia confusa in cerca di ideali che ne segnassero il futuro, in un conflitto tra generazioni e in radicalizzazione delle posizioni politiche che aveva spinto alcune frange a pensare che il cambiamento dovesse venire con la rivolta armata, con l’annientamento anche fisico dell’avversario e la destabilizzazione del quadro democratico. A 38 anni da quei giorni la ferita non è ancora sanata. La giustizia degli uomini non è ancora stata capace di trovare i responsabili di quelle morti e di lenire l’attesa di chi è rimasto e di chi li ha pianti. Soprattutto la città resta ancora ferita. Nel luogo della strage quella pietra frantumata dal terrore, si staglia come pietra d’inciampo nella storia della nostra comunità civile. Per questo ogni volta che Brescia vive un passaggio decisivo della sua vita comune quel luogo si erge come simbolo necessario di memoria e rinascita. Anche la Chiesa bresciana lo comprese fin dal primo istante in quel maggio del 1974. Chi ha vissuto accanto al vescovo Luigi Morstabilini quei giorni ricorda il dolore, la dignità, la cristiana compostezza e la fervente preghiera di un pastore conscio della delicatezza e della decisività di un momento che avrebbe segnato l’anima dei bresciani per sempre. Lo colse anche Giovanni Paolo II quando si mise in ginocchio davanti a quel luogo di martirio e Benedetto XVI quando non mancò di sottolinearlo con una sosta silenziosa e fuori dal protocollo, ma così carica di significato e di fede nel novembre 2009. Anche per questi gesti piazza Loggia è divenuta per i bresciani un luogo di pellegrinaggio, il pellegrinaggio verso la propria essenza. E anche per questo la sentenza ancora una volta lascia i bresciani nello sconcerto. Senza verità non c’è libertà. La libertà di ripartire, la libertà di sentirsi riconciliati con il passato, la libertà di aver compreso e di non commettere gli stessi errori, la libertà di essere noi stessi anche davanti a questa ferita. Pure noi che quella vicenda non l’abbiamo vissuta, noi che il fragore della bomba e le urla di morte le abbiamo udite solo dalle registrazioni, noi che non abbiamo pregato, allora, per quei morti, noi di ogni generazione nata dopo quei giorni, non possiamo smettere di chiedere verità, giustizia e riconciliazione, ma insieme anche che la freschezza di quella memoria si possa conservare e continui a plasmare il comune impegno per il bene di tutti. ǯ° ǤǤ ǡ Ǥ Ǥ Ǥ Per sua natura l’uomo - e, per par condicio, la donna! - è un essere in ricerca. Anzi, talora la ricerca rischia di essere col- tivata per se stessa, senza raggiungere un obiettivo, ma sem- plicemente accumulando esperienze, emozioni, sentimenti, foto - magari da mettere su Facebook. Tanto che verrebbe la tentazione di chiedere ad alcuni giovani-adulti perenne- mente in ricerca di avvisarci quando avranno deciso cosa fare finalmente “da grandi”. C’è però una ricerca che sempre va perseguita, senza paura di perdere tempo, ed è quella della sapienza, del vero “volto” della realtà, del “senso” che dà ragione a tutto ciò che esiste. Si tratta di un impegno che coinvolge le forze dell’uomo, ma che richiede anche un dono dall’Alto. Padre Gemel- li e Armida Barelli ebbero la felice intuizione di dedicare la nascente Università Cattolica italiana al Sacro Cuore, che nelle Litanie con cui lo si invoca è presentato, tra l’altro, come il “luogo” “in cui sono tutti i tesori di sapienza e di scienza”. Splendida ricerca quella che, con studio, lavoro e preghiera, giunge a Lui e da Lui può attingere simili tesori! Opal. Armi leggere trasparenza nelle esportazioni Cevo. Ai piedi della croce tanto cara ai bresciani Insieme contro illegalità e concorrenza sleale Calcio. “Pietas” in campo, domenica senza partite ǤǤǤ Ǧ Ǧ ǤǤ Ȁ ȋǤ Ǥ ȀȀ λ Ȍ Ǥǡ ǡ ȋȌ Ǧ ǤǤ Brevivet. La fede e la ricerca “muovono” ancora Notte nel sacro. Fede e cultura che si toccano ° °

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Secondo il Fondo monetario internazionale la longevità è un lusso che i sistemi di welfare non potranno sostenere a lungo.

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Sono di una generazione che non ha vissuto la bomba di piazza Loggia. In questo molto simile a quelle generazioni che sono venute dopo di noi e che non hanno la memoria viva dei fatti. Siamo quelli che hanno letto sui giornali o nelle ricostruzioni televisive degli anni di piombo e che forse nel susseguirsi dei processi poco hanno compreso la dinamica dei fatti. Siamo le generazioni di quelli che piazza Fontana a Milano, il delitto Calabresi o il rapimento Aldo Moro l’hanno visto al cinema o nelle serie televisive, siamo tra quelli che forse non sono riusciti, se non in maniera epidermica, a cogliere il clima di quegli anni. Non abbiamo conosciuto lo

scontro nello Stato, il dramma di una Chiesa che, dopo gli anni del Concilio, cercava la strada di un dialogo sofferto e drammatico con il mondo e che nella figura luminosa e angosciata di Paolo VI e delle sue parole ai funerali di Moro riassume lo spirito di un’epoca non vissuta. La strage di piazza Loggia fu l’apice di uno scontro che scaraventò anche Brescia sulla scena di un’Italia confusa in cerca di ideali che ne segnassero il futuro, in un conflitto tra generazioni e in radicalizzazione delle posizioni politiche che aveva spinto alcune frange a pensare che il cambiamento dovesse venire con la rivolta armata, con l’annientamento anche fisico dell’avversario e la destabilizzazione del quadro democratico. A 38 anni da quei giorni la ferita non è ancora sanata. La giustizia degli uomini non è ancora stata capace di trovare i responsabili di quelle morti e di lenire l’attesa di chi

è rimasto e di chi li ha pianti. Soprattutto la città resta ancora ferita. Nel luogo della strage quella pietra frantumata dal terrore, si staglia come pietra d’inciampo nella storia della nostra comunità civile. Per questo ogni volta che Brescia vive un passaggio decisivo della sua vita comune quel luogo si erge come simbolo necessario di memoria e rinascita. Anche la Chiesa bresciana lo comprese fin dal primo istante in quel maggio del 1974. Chi ha vissuto accanto al vescovo Luigi Morstabilini quei giorni ricorda il dolore, la dignità, la cristiana compostezza e la fervente preghiera di un pastore conscio della delicatezza e della decisività di un momento che avrebbe segnato l’anima dei bresciani per sempre. Lo colse anche Giovanni Paolo II quando si mise in ginocchio davanti a quel luogo di martirio e Benedetto XVI quando non mancò di sottolinearlo con una sosta silenziosa e fuori dal protocollo, ma così carica di significato e di

fede nel novembre 2009. Anche per questi gesti piazza Loggia è divenuta per i bresciani un luogo di pellegrinaggio, il pellegrinaggio verso la propria essenza. E anche per questo la sentenza ancora una volta lascia i bresciani nello sconcerto. Senza verità non c’è libertà. La libertà di ripartire, la libertà di sentirsi riconciliati con il passato, la libertà di aver compreso e di non commettere gli stessi errori, la libertà di essere noi stessi anche davanti a questa ferita. Pure noi che quella vicenda non l’abbiamo vissuta, noi che il fragore della bomba e le urla di morte le abbiamo udite solo dalle registrazioni, noi che non abbiamo pregato, allora, per quei morti, noi di ogni generazione nata dopo quei giorni, non possiamo smettere di chiedere verità, giustizia e riconciliazione, ma insieme anche che la freschezza di quella memoria si possa conservare e continui a plasmare il comune impegno per il bene di tutti.

Per sua natura l’uomo - e, per par condicio, la donna! - è un essere in ricerca. Anzi, talora la ricerca rischia di essere col-tivata per se stessa, senza raggiungere un obiettivo, ma sem-plicemente accumulando esperienze, emozioni, sentimenti, foto - magari da mettere su Facebook. Tanto che verrebbe la tentazione di chiedere ad alcuni giovani-adulti perenne-mente in ricerca di avvisarci quando avranno deciso cosa

fare finalmente “da grandi”. C’è però una ricerca che sempre va perseguita, senza paura di perdere tempo, ed è quella della

sapienza, del vero “volto” della realtà, del “senso” che dà ragione a tutto ciò che esiste. Si tratta di un impegno che coinvolge le forze

dell’uomo, ma che richiede anche un dono dall’Alto. Padre Gemel-li e Armida Barelli ebbero la felice intuizione di dedicare la nascente

Università Cattolica italiana al Sacro Cuore, che nelle Litanie con cui lo si invoca è presentato, tra l’altro, come il “luogo” “in cui sono tutti i tesori di sapienza e di scienza”. Splendida ricerca quella che, con studio, lavoro e preghiera, giunge a Lui e da Lui può attingere simili tesori!

Opal. Armi leggere trasparenzanelle esportazioni

Cevo. Ai piedidella croce tanto cara ai bresciani

Insieme contro illegalità e concorrenza sleale

Calcio.“Pietas” in campo,domenicasenza partite

Brevivet. La fede e la ricerca “muovono” ancora

Notte nel sacro.Fede e culturache si toccano

l vecchietto dove lo metto era il refrain di una vecchia canzone di Domenico Modugno che già qualche decennio fa ipotizzava un futuro difficile per i nonni.

Probabilmente non ipotizzava che nell’arco di pochi anni la sua fan-tasia di compositore sarebbe stata superata dalla realtà. La scorsa set-timana, infatti, il Fondo monetario internazionale ha lanciato quello che i mezzo di comunicazione han-no riassunto come allarme longevi-tà. L’allungamento della vita media rischierebbe di far saltare tutte le previsioni per le spese della pre-videnza e l’assistenza sociale. Nei Paesi più ricchi, sempre secondo il Fmi, l’aumento del costo dell’invec-chiamento potrebbe arrivare fino al 50% del prodotto interno lordo ai valori del 2010, se da qui al 2050 i loro abitanti allungheranno di soli tre anni la loro vita media. Un’even-tualità tutt’altro che remota, desti-nata ad aprire una voragine tanto nei conti pubblici, quanto in quelli dei fondi pensione privati. Dunque, è la ricetta del Fondo monetario in-ternazionale, per prevenire questa catastrofe è necessario intervenire subito, puntando inevitabilmente ad un progressivo innalzamento dell’età in cui si smette di lavorare. Insom-ma, pare di capire di assistere al già visto, con gli anziani costretti, dopo aver conosciuto il danno, a subire anche la beffa.Per anni, infatti, la medicina è anda-ta decantando le meraviglie dei suoi risultati che avevano consentito un progressivo aumento dell’età media delle persone. Scoperte, quelle de-

cantate e per altro supportate dai fat-ti, che avrebbero aperto agli anziani di domani, prospettive impensabili sino a qualche anno prima. Per uo-mini e donne pronti a tuffarsi nell’età della pensione e del meritato riposo, sono stati lusingati con il miraggio di una stagione di divertimenti, di viag-gi e di ore serene. Certo c’è stato an-che chi ha presentato orizzonti meno affascinanti, ma in qualche modo più realistici. Con la loro pensione tan-ti nonni avrebbero potuto dare una mano anche ai figli, occupandosi dei nipoti e concedendo loro importanti

economie di scala. Poi è arrivata la crisi e in Italia ci si è accorti che la stagione delle cicale era finita e che il paradiso promesso poteva al mas-simo trasformarsi in un purgatorio. Progressivamente è andata aumen-tando la soglia per l’uscita dal mer-cato del lavoro verso la meritata pensione sino a raggiungere i limiti imposti dalla recente riforma Mon-ti. Un limite significativo nemmeno scontato da raggiungere... E nei gior-ni scorsi è arrivata la doccia fredda del fondo monetario internazionale che ha concentrato i suoi strali so-prattutto sulla crisi di sistemi pen-sionistici obsoleti, pensati per una stagione ormai passata. Nel 1950 l’aspettativa media della vita nel mondo era di 48 anni, mentre nel 2010 è salita a 70. Meglio ancora va in Europa e nei Paesi più sviluppati, dove è passata dai 40 anni del 1750 agli 80 di oggi. Un’ottima notizia per l’umanità e le persone che vivono più a lungo, ma è una seria minaccia per le istituzioni pubbliche e private che devono sostenere i costi dell’invec-chiamento. Se l’età media si alzerà di tre anni da qui al 2050, le spese cresceranno del 50%. Questo signi-ficherà un incremento dei costi che nelle economie avanzate arriverà al 50% del pil, e in quelle emergenti al 25%. Il problema riguarderà tanto la previdenza pubblica, quanto quel-la privata, perché all’innalzamento dell’età media corrisponderà una diminuzione degli anni di contribu-ti, rispetto agli anni in cui si riceve-ranno le prestazioni.L’Fmi con la freddezza dei numeri ha proposto un approccio pragma-

La ricerca è stata condotta sulla popolazione bresciana, ma potrebbe avere una valenza generale. I risultati, smentiscono in parte le previsioni di importanti osservatori internazionali secondo i quali un aumento dell’età media di altri tre anni da oggi al 2050 (fonte Fmi) porterà a un collasso dei sistemi di welfare dei Paesi più avanzati. Difficile, alla luce dello screening compiuto sulla popolazione bresciana, immaginare quali siano gli scenari a cui questi centri di ricerca

internazionale hanno guardato. La popolazione bresciana con più di 65 anni per il 60% gode di buone se non ottime condizioni di salute. del tutto priva di patologie croniche o di malattie invalidanti. Solo il 25/30%, percentuale fatta dalle persone con qualche anno in più sulle spalle, soffre di malattie croniche che non minano però la loro autonomia. Solo il 10% è classificata come fragile, con gravi malattie croniche, limitata nella propria autonomia e frequentemente ospedalizzata.

Adolfo Rossini, dal giugno 2010 segre-tario dei pensionati Cisl di Brescia, non ha mezzi termini nel bollare le recenti esternazioni del Fmi come l’ennesima lettura distorta di un mondo che si va-luta solo e soltanto in termini economi-ci. “Ancora una volta – è il suo pensiero – sembra prevalere solo una valutazio-ne contabile dell’anzianità”. Chi esce dal mercato del lavoro e ha la fortuna (meglio forse parlare di sventura vista la situazione) di vivere ancora qualche

anno finisce per diventare un peso per sistemi di welfare che già scricchiola-no. “Dimenticano, questi signori – con-tinua Adolfo Rossini – che a dispetto dell’età sempre più avanzata i pensio-nati producono ancora tanta ricchez-za solo in parte ripagata da quanto lo stato sociale eroga per garantire loro alcuni servizi”. Un esempio per tutti: il valore non retribuito del lavoro che tanti nonni svolgono nelle famiglie dei figli, prendendosi cura dei nipoti e di

quelle incombenze di cui non può farsi carico, se non a costo di grossi sacrifi-ci, chi lavora. “Secondo ricerche atten-dibili – sostiene Rossini - si tratta di un valore molto vicino se non addirittura superiore a ciò che ogni hanno stan-zia a favore delle famiglie”. È proprio alla luce di queste considerazioni che il segretario dei pensionati della Cisl di Brescia contesta le previsioni del Fondo monetario internazionale, in cui sembrano risuonare pericolosi eco

di malthusiana memoria secondo cui l’aumento della popolazione crea fame e povertà. “In una stagione difficile – è la conclusione di Adolfo Rossini – è necessario che la politica e i grandi os-servatori economici internazionali che ne condizionano le scelte, la smettano di guardare alla terza età come a fonte di povertà. In realtà gli anziani non han-no mai smesso di essere una ricchezza anche se necessitano di qualche cura in più rispetto ai giovani”.

tico al problema, basato su tre pun-ti. I governi dovranno riconoscere la gravità del problema e prepararsi ad affrontarlo. Sembra ovvio, ma po-chi lo stanno facendo e l’Italia è fra questi. Si dovrà procedere a una ri-forma essenziale che dovrebbe con-sentire l’innalzamento dell’età pen-sionabile in parallelo all’aspettativa di vita. Elementare: più a lungo si vive, più a lungo si deve lavorare. E se tutto questo non verrà realizzato, diventerà necessario ridurre le pre-stazioni, perché la coperta è quella e le risorse diminuiranno. Insomma una prospettiva non proprio bella che fa a pugni come quella più uma-na a cui molti sono stati abituati e che ha sempre visto nei nonni e ne-gli anziani in generale una risorsa, i depositari di un patrimonio culturale e valoriale importante. Scenario che crea qualche problema di coscienza a chi crede ancora nell’attualità del comandamento che impone di ri-spettare il padre e la madre. Le pro-spettive? Fortunatamente le indica-no anche in queste pagine quelle per-sone che a vario titolo si occupano di anziani e terza età. Una valutazio-ne esclusivamente economica non consente di cogliere la complessità di un fenomeno che non può essere ridotto solo alla parola costi. Gli anziani, anche nelle nostre co-munità, sono ancora una risorsa e fortunatamente non sono ancora condannati ad andare a morire, co-me avveniva per gli eschimesi, in completa solitudine. Per i nostri an-ziani, a differenza di quelli cantati da Domenico Modugno, c’è ancora un posto preciso ed è quello centrale.

Non crede che le analisi del Fondo monetario internazionale siano state diffuse per creare allarmismo. Piutto-sto le indicazioni fatte pervenire, per quanto limitate al tema delle pensio-ni, devono essere lette come l’invito alla riflessione per progettare un fu-turo sostenibile. È questo il parere di Marcella Bonafini, presidente di Casa Industria, una delle storiche Rsa della città di Brescia. Conosce bene, dun-que, il fenomeno della longevità e dei

suoi eventuali costi. “Non possibile né corretto pensare a interventi statuali tout court per quel che riguarda l’as-sistenza agli anziani”. È un modo di procedere che Marcella Bonafini non condivide e che, almeno a Brescia, si presenta per certi versi superato dai fatti. “Già oggi nella nostra città e, in misura proporzionale anche in Casa Industria, – afferma la presidente del-la Fondazione – assistiamo a nuove forme di collaborazione che rendono

obsoleto un sistema di gestione inte-ramente affidato allo Stato”. “Dovre-mo puntare su una rete di servizi do-miciliari – sono ancora considerazioni che Marcella Bonafini trae dalla sua quotidiana esperienza in Casa Indu-stria – fatta di realtà intermedie ca-ratterizzate da una maggiore elasticità di gestione, più leggere dal punto di vista strutturale e, conseguentemen-te meno costose”. Case famiglia, co-munità alloggio, minialloggi protetti,

creazione di nuove figure professio-nali come l’infermiere di territorio. Questi gli scenari per un futuro so-stenibile tenuti insieme da un collante che Marcella Bonafini definisce come una sorta di nuovo umanesimo so-ciale capace di trasformare vocaboli come solidarietà e sussidiarietà, che oggi suonano retorici, in stili di vita condivisi per la creazione di comuni-tà in cui tutti si sentano partecipi dei destini degli altri.

Gi adulti insegnano ai loro bambini il “rispetto” per i vecchi, depositari della saggezza, dell’esperienza di una lunga vita. Da sempre i piccoli amano i loro nonni. Da sempre i nonni badano ai nipotini con soddisfazione reciproca. Ora, dice il Fmi, l’anzianità non è più sostenibile, perché sì, van bene i vecchi, ma ormai hanno preso la cattiva abitudine di vivere troppo. Che diremo allora ai nostri bambini? Che il nonno non riusciamo a mantenerlo, che non abbiamo

bisogno di lui? Che non lo possiamo tenere in casa e nemmeno mandarlo al ricovero? No! Continueremo a dire che gli anziani sono preziosi in famiglia, che siamo contentissimi che ci siano e che vogliamo loro un bene immenso. Che hanno pagato per 40 anni i contributi per la pensione e ora ne godono i frutti, e che, se la pensione, è misera troveranno sempre di che vivere dignitosamente nelle nostre famiglie. Che sono persone importanti, per la loro disponibilità, per il loro

amore, che sono una risorsa anche economica per la famiglia e la società. E lo diremo e manifesteremo concretamente, anche quando sono malati ed hanno bisogno del nostro aiuto, non dimentichi del fatto che il nonno e la nonna sono mio padre e mia madre, i quali hanno dato la vita per me, giorno per giorno, nel tran tran quotidiano, per tutti i loro anni.Questo continueremo ad insegnare perché tali sono le nostre convinzioni e le vogliamo comunicare ai figli per crescere generazioni ancora

ricche di valori. E se ci chiederanno come faremo, risponderemo che ce la faremo… con poco, riducendo le spese, evitando gli sprechi, accontentandoci di quel che abbiamo, chiedendo aiuto se necessario; ma riusciremo, anche con uno sguardo a chi ha bisogno tra i vicini. Continueremo dicendo ai più grandicelli che chi si occupa di macroeconomia deve fare il suo dovere… perché la nostra bella famiglia non mancherà di sforzarsi al massimo per farlo.

econdo l’Istat nel 2011 Bre-scia ha esportato nel Pae-si del Medio Oriente armi e munizioni per un valore complessivo che supera gli

11 milioni di euro. Il dato non è sfuggi-to all’Opal, l’Osservatorio permanente sulle armi leggere (onlus promossa da diverse realtà dell’associazionismo lo-cale e nazionale per diffondere la cul-tura della pace e offrire alla comunità civile informazioni di carattere scien-tifico sulla produzione e il commercio delle armi leggere), che in queste setti-mane sta lavorando alla nuova edizio-ne (la quinta) del suo annuario. Non poteva sfuggire all’Opal il fatto che un tale volume di esportazioni si sia veri-ficato proprio nei mesi in cui si svilup-pava la “primavera araba”. Una coinci-denza che, a dispetto dei dati Istat che parlano di armi leggere per uso civile e sportivo, lascia l’Osservatorio con dubbio in sospeso: c’è qualche relazio-ne tra il volume di affari realizzato e la stessa “primavera”? “L’Istat – afferma al proposito Giorgio Beretta, uno dei curatori dell’annuario Opal – non dice nulla sugli enti, sui gruppi e sui singoli destinatari delle armi e soprattutto sul-le ragioni che hanno portato all’auto-rizzazione in aree tanto critiche”. Det-tagliato è l’elenco delle esportazioni di armi leggere verso il Nord Africa dal Bresciano. Non manca alcuno dei Paesi in cui è soffiato lo scorso anno il vento della rivolta. In Algeria sono

si che, se pure non hanno conosciuto la “primavera”, qualche altro piccolo problema lo manifestano. In Marocco, che oltre alle manifestazioni contro il potere monarchico di Mohammed VI, permane l’occupazione del Sahara oc-cidentale e la limitazione della libertà delle popolazioni locali, nel 2011 sono andate armi bresciane per un totale di 3 milioni 608mila euro). Armi per qua-si 1 milioni di euro sono andate anche in Libano, da cui secondo alcuni os-servatori internazionali passerebbero armi in direzione della Siria. Quasi 4,7 milioni arrivano anche dagli Emirati arabi uniti, uno dei Paesi meno demo-

andate armi leggere e munizioni per 2 milioni 865mila euro; a poco più di 332mila euro ammonta il conto delle esportazioni in Egitto, solo “spiccioli” (1880 euro) ha prodotto l’export verso la Tunisia. Altre sono le voci significati-ve del capitolo esportazioni verso Pae-

L’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di difesa e sicu-rezza (Opal) di Brescia è un’associa-zione onlus promossa da diverse re-altà dell’associazionismo bresciano e nazionale (Collegio missioni africane Comboniani, Saveriani, associazione Brescia Solidale, commissione dioce-sana “Giustizia e pace”, Ufficio missio-nario diocesano, Ambasciata della de-mocrazia locale di Zavidovici, Cgil, Ca-mera del lavoro di Brescia, Pax Christi,

Brescia Solidale, Svie di singoli privati per diffondere la cultura della pace ed offrire alla società civile informazioni di carattere scientifico circa la produ-zione e il commercio delle “armi leg-gere” ed approfondimenti sull’attività legislativa di settore. L’Osservatorio è un luogo scientifico indipendente di ricerca, monitoraggio, analisi e di in-formazione al pubblico, nazionale ed estero, sulla produzione e commercio delle “armi leggere e di piccolo cali-

bro”, specificatamente in Lombardia, ma con attenzione anche al territorio nazionale ed europeo. Oltre alla ricer-ca, l’Osservatorio si propone di con-tribuire efficacemente al concreto perseguimento, da parte dei soggetti interessati, di percorsi di riconversio-ne industriale possibile delle fabbriche d’armi, anche attraverso proficui con-tatti e sviluppo di relazioni fra persone, enti ed associazioni, a livello europeo e internazionale.

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cratici del mondo secondo una classi-fica elaborata dal settimanale inglese “The Economist”. “Uscendo dai con-fini mediorientale – continua Giorgio Beretta – colpisce anche il milione di euro di armi esportate in Bielorussia poco prima che scattasse l’embargo dell’Unione europea, verso il regime di Lukashenko”. L’Opal, proprio in conco-mitanza con una nuova edizione di Exa chiedere trasparenza per evitare il ripe-tersi di “spiacevoli” episodi del passato con armi leggere e sportive bresciane rinvenute negli arsenali personali di fi-gure, come Gheddafi, che di sportivo e di leggero avevano ben poco.

Benedetto XVI da tempo cerca di richiamare l’attenzione sulla situazione in cui versa una vasta area del Sahel colpita da una grave crisi alimentare. Il card. Maradiaga, presidente di Caritas internationalis, ha di recente esortato all’azione immediata, perché “la situazione è grave. L’allarme alimentare tocca ormai circa 16 milioni di persone, che rischiano di diventare il doppio se non verranno prese urgentemente misure efficaci. Otto i Paesi

coinvolti: Mali, Niger, Burkina Faso, Senegal, Ciad, Mauritania, Camerun, Nigeria del Nord. Il tutto è aggravato dalla crisi politica in Mali dove una popolazione già piegata sta subendo le conseguenze del colpo di stato del 22 marzo. Caritas italiana ha messo a disposizione oltre 100mila euro a sostegno delle attività della rete Caritas nel Sahel. Anche la Caritas bresciana si è attivata, ponendosi, quale punto di raccolta locale per i contributi di singoli,

parrocchie, enti vari. Consueti i canali attivati: c/c postale n° 10510253 intestato a Caritas Bresciana, c/c bancario intestato a Diocesi di Brescia - Ufficio Caritas presso UBI Banco di Brescia - agenzia 5, iban: It 12 K 03500 11205 000000007051; c/c bancario intestato a Fondazione Opera Caritas San Martino - ramo Onlus presso Banca Prossima, IBAN: IT 29 G 03359 01600 100000002695, il tutto ovviamente con la causale “Sahel 2012”.

avid Molinari Tosatti, agro-nomo bresciano, partirà in maggio per il Mozambico e vi rimarrà per due anni. Obiettivo del suo viaggio

sarà formare 1350 agricoltori attraver-so seminari didattici, insegnando loro tecniche per lo sviluppo sostenibile dell’attività agricola e zootecnica nel paese. L’iniziativa nasce da Scaip, Ser-vizio collaborazione assistenza inter-nazionale piamartino, e porta avanti un progetto pilota finanziato nel 2008 dal Comune di Brescia a Mocodoene, dove da sei anni sono presenti i padri piamartini. Il progetto piamartino è stato finanziato dal ministero degli Affari esteri, che ha messo a dispo-sizione 700mila euro sul valore com-plessivo di un milione, coinvolgerà in maniera attiva e passiva un totale di 17mila persone. 75 ettari di terre-no saranno messi a disposizione per creare un’azienda agricola per la pro-duzione di latte e derivati; inoltre, ver-ranno avviati allevamenti dimostrativi di bovini e suini, e un vivaio di piante da frutto e da riforestazione. In segui-to sarà avviata un’attività commercia-le con l’obiettivo di superare l’idea di un’agricoltura di sostentamento ed incentivare la vendita del surplus all’interno di una vera e propria fiera agricola. Inoltre, a sostegno di tali at-tività lo Scaip avvierà un fondo di cre-dito rotativo (ovvero senza interessi)

di 45mila euro a disposizione di 600 contadini. David Molinari Tosatti, 31 anni, di origini italo-somale, è stato scelto tra un’ampia rosa di candidati, perché spinto da forte motivazione e non nuovo a questo tipo di iniziati-ve: durante il percorso universitario ha svolto infatti uno stage di quattro

Verrà ufficialmente presentato a Bre-scia il prossimo 26 aprile il volume “Africa, sognando oltre l’emergenza.Gino Filippini quarant’anni a fianco degli ultimi”, edito dalle Paoline. Nel-le pagine del libro, curato da Gian Michele Porteri, viene ripercorsa la vicenda terrena di Gino Filippini, vo-lontario dello Svi di Brescia. In Africa dal 1967 ha dedicato 40 anni della sua vita al continente nero, in particolare

in Burundi, Ruanda, Tanzania, Congo e Uguanda. ha trascorso gli ultimi 15 anni della sua vita a Korogocho, il quar-tiere discarica di Nairobi (Kenya), do-ve ha collaborato fianco a fianco con padre Alex Zanotelli. Anni trascorsi in quella che probabilmente, con i suoi 150mila abitanti, è la più popolosa tra le baraccopoli del mondo. Costruita su una discarica Korogocho è uno dei posti peggiori del mondo, collettore di

una umanità in fuga dalla miseria delle campagne del Kenya. Una umanità, come si legge nel libro, a cui Filippini, grande figura di missio-nario laico ha dedicato l’ultima parte della sua vita trascorsa in Africa, in compagnia e al servizio degli ultimi. Fu in questo contesto che riuscì a ide-are e a dare vita al suo Education for life, un grande progetto di promozio-ne umana.

Risposta alla crisi economica, piano comunitario per il lavoro, contrasto all’evasione fiscale su tutto il territorio Ue: sono fra i temi all’ordine del giorno della sessione plenaria dell’Europarlamento, convocata sino al 20 aprile a Strasburgo. La fitta agenda della quattro giorni presenta anche una discussione sui diritti umani nel mondo (con approvazione di una relazione), un’altra sulla tratta degli esseri umani e un’altra ancora

sull’adesione dell’Unione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’aula voterà quindi il nuovo accordo Ue-Stati Uniti sul trasferimento dei dati personali dei passeggeri aerei europei. Due ulteriori relazioni riguardano quindi la formazione di livello universitario e la tassazione relativa ai carburanti. Il 18 aprile è prevista una seduta solenne con la presenza del re di Giordania Abdullah II. Fra i temi previsti per il suo intervento i rapporti tra

Amman e i Ventisette, il ruolo del Paese nella realtà mediorientale, la stabilità della regione compresa tra il Mediterraneo e l’Iran, le tensioni sempre presenti tra Israele e Palestina, la “primavera araba” e le rivolte in alcuni Paesi come la Siria. Proprio della Siria, ma anche di Mali, Myanmar e altri Stati, si è discusso in emiciclo in apertura di sessione alla presenza dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Catherine Ashton.

mesi in Tanzania; poi, dopo aver con-seguito la laurea in agraria all’Univer-sità cattolica di Piacenza, ha vissuto per tre anni in Salvador occupandosi di implementazione delle colture au-toctone. “Spero di essere utile e all’al-tezza della situazione – dice – e non vedo l’ora di partire per poter contri-buire al miglioramento della vita di questa popolazione”. Con lui ci sarà anche Luciana Resconi, infermiera, che si occuperà invece di un proget-to di educazione sanitaria in ambito materno-infantile promosso dall’ong Medicus Mundi di Brescia. È possibi-le sostenere i progetti di Scaip devol-vendo il 5x1000, indicando il codice fi-scale 98009900170. Info www.scaip.it.

Il numero dei vocaboli che ogni persona conosce tende a diminuire se si prendono in considerazione i vecchi dizionari, perché non tengono conto delle novità che quotidianamente offre il mercato delle parole. Un vocabolo da poco entrato sulla scena è “esodato”. Sappiamo che si definiscono così le persone che non sono più al lavoro, ma non riscuotono ancora la pensione. Praticamente gente in strada, tra “color che son sospesi”. Una condizione che, secondo le logiche dei soloni del Fondo monetario internazionale (Fmi), potrebbe in futuro riguardare una parte rilevante della popolazione.Sì perché l’ultimo allarme lanciato dal Fmi è che i vecchi sono troppi e non possiamo permetterci di mantenerli. Le ricette sono le solite: innalzare l’età pensionabile, aumentare i contributi, ridurre le prestazioni. La prima cosa che mi viene in mente, come contributo personale alla discussione, sarebbe la riduzione del 50 per cento delle pensioni minime perché le persone che le ricevono sono molte e quindi il risparmio sarebbe significativo (invece le pensioni

“Da l’Italia Donatt-Cattin. A... l’Italia di Monti” è il titolo scelto dall’assocazione “Amici di Carlo Donat Cattin” di Brescia per l’incontro in programma per venerdì 20 aprile (inizio 17.30) presso l’auditorium Capretti dell’istituto Artigianelli in via Piamarta a Brescia.L’incontro rinnova la tradizione avviata dall’associazione di ricordare il politico democristiano attraverso l’esame di temi socio-politici di grande attualità. Nel

corso della manifestazione sarà presentato il libro “Gli anni caldi della Prima Repubblica nel carteggio inedito con Moro, Fanfani, Rumor, Forlani, Andreotti, Piccoli, Zaccagnini, Cossiga, De Mita” di Valeria Mosca e Alessandro Parola. A seguire, coordinati da Massimo Tedeschi, Mariastella Gelmini, Elio Fontana, Gianfranco Morgando e Bruno Tabacci si confronteranno sul tema “Crisi, economia, lavoro, liberalizzazioni, banche e spread”.

sanitaria (in parte già in vigore in Gran Bretagna e negli Stati Uniti) in base alle quali terapie molto costose (come trapianti, dialisi, chemioterapie e altro) vengono negate a persone che hanno superato una certa età e quindi sono un peso “morto” per la società?Queste sono le regole del mercato. Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori. E, se ti va bene, al massimo puoi essere un esodato, costretto a vivere in mezzo alla strada, in attesa del momento in cui decidi

di smettere di respirare e quindi azzeri un costo. Il mercato non è un mondo per vecchi (né per i deboli di tutte le categorie). Tanto produci, tanto guadagni. Se no, prima sparisci meglio è.In questi giorni un mio amico che vive all’estero, non è ancora vecchio e produce, ha pagato 600 dollari a un oculista di San Diego (Usa) per una visita. È la selezione della specie dettata dal mercato. Naturalmente il mercato non è in grado di calcolare il valore aggiunto

alte e altissime riguardano poche persone che certamente non sarebbero in grado di reggere una vita da esodati). Oppure si potrebbe rimandare al lavoro tutti i vecchi che sono negli ospizi e che si reggono ancora in piedi da soli. Oppure, perché no?, si può ricorrere alla dolce morte (mai dire eutanasia) per tutti i vecchi che hanno già goduto per troppi anni della pensione (più vivi, più mi costi). Sto esagerando? Non avete mai sentito o letto notizie su regole dell’assistenza

dei vecchi. Dei tanti che fanno volontariato. Dei tanti nonni che permettono ai figli di produrre senza lasciare soli i nipoti. Dei tanti che producono senza costi, cioè gratuitamente. La gratuità è una voce che non entrerà mai nel vocabolario del mercato.Siccome ho il piacere (e la grazia) di essere felicemente vecchio e di continuare a produrre, vorrei dire alle giovani generazioni che se non troveranno il modo di rimettere il mercato (e le sue leggi) al posto che gli spetta, cioè ai margini, potranno forse liberarsi dei vecchi, ma faranno una vita da schiavi (come in parte già avviene). Il Fondo monetario internazionale può fare tutte le proiezioni catastrofiche che vuole. Sarebbe infallibile se la vita fosse solo una questione economico-finanziaria. Per fortuna è altro. A tutte le età. E alla faccia di tutti i grandi (si fa per dire) manager.Che per preoccuparsi della insostenibilità delle pensioni per i vecchi che non si decidono a morire intascano stipendi da nababbi. Anche per questo hanno bisogno che i vecchi non durino troppo.

Per il ciclo “Lezioni di filosofia” promosso dalla Cooperativa cattolico-democratica di Cultura giovedì 19 aprile, con inizio alle 18, nella Sala Bevilacqua, via Pace n.10 a Brescia Giovanni Grandi, docente di antropologia applicata nell’Università degli Studi di Padova, parlerà sul tema “Il problema di Dio nel pensiero di Jacques Maritain”.Giovanni Grandi è docente di Antropologia applicata presso la Facoltà di Scienze della formazione

dell’Università degli studi di Padova e presidente del Centro Studi Jacques Maritain (Portogruaro, Ve) e dell’Istituto Jacques Maritain (Trieste). Tra i suoi volumi: “Rileggere Maritain”, Rubbettino, 2004; “Jacques Maritain. Da laici nel mondo e nella chiesa”, In Dialogo, 2007; “Decidersi. Scegliere e decidere di sé secondo una prospettiva antropologica cristiana”, Meudon, 2009; “Persona, felicità, educazione. I legami che aiutano a crescere”, La Scuola, 2010.

nche oggi volgendo lo sguardo a Colui che è stato trafitto, ogni uo-mo minacciato nella sua esistenza incontra la si-

cura speranza di trovare liberazione e redenzione”. Le parole di Giovan-ni Paolo II riecheggiano sul Dosso dell’Androla lì dove gli uomini alzano la testa al cielo per ammirare il croci-fisso realizzato da Enrico Job proprio per la visita del Pontefice polacco nel settembre del 1998 in occasione della beatificazione del camuno Giuseppe Tovini e per ricordare Paolo VI. La croce che campeggiava allo stadio Rigamonti dal 2005 è posizionata nel-la località di Cevo grazie all’impegno dell’associazione culturale “Croce del Papa”, che dal 1999 si è interes-sata dell’opera. Perché proprio Cevo? Cevo porta ancora i segni di vicende dolorose e in particolare le cicatrici di ferite causate nell’ultima guerra. Paolo VI più volte aveva manifesta-to la sua viva memoria di persone e località della Valle. Giuseppe Tovini, di Cividate Camuno, si è inserito nel-la vita ecclesiale e civile apportando un singolare contributo, ancora va-lido, di testimonianza cristiana e di promozione umana. La grande Cro-ce ben si inserisce nella tradizione camuna, ricca di monumenti e segni della Passione di Cristo. Là sul Dosso dell’Androla mancava ancora qualco-sa per far sì che quel luogo, già meta

metterà la realizzazione di una cripta e l’ultimazione degli spazi annessi alla croce. Il merito è anche di quanti in questi anni, fra tutti mons. Mario Vi-gilio Olmi (vescovo ausiliare emerito e già presidente del Comitato per la visita del Papa a Brescia nel 1998) e il parroco di Cevo don Filippo Stefani, hanno seguito da vicino con costanza l’evolversi della situazione. L’Associa-zione, che ha dovuto gioco-forza di-stricarsi tra le pratiche burocratiche, sta pensando a come farlo diventare “uno dei punti di riferimento della cri-stianità” e a come far crescere nella devozione un luogo che ospiterà an-

di pellegrinaggi, diventasse anche un vero e proprio spazio di preghiera. Oggi l’Associazione, presieduta da Marco Maffessoli, può guardare con fiducia al futuro grazie a un cospicuo finanziamento della Regione che per-

Ci sono monumenti, lapidi, epitaf-fi. In pochi li guardano, in molti faticano a comprenderli. Cosa co-nosciamo veramente della città di Brescia? Forse poco, ecco perché sono state coinvolte le scuole pri-marie e secondarie in una sorta di riscoperta storica della città. Il Mo-vimento cristiano lavoratori, nello specifico il circolo Giovanni Paolo II della Bassa bresciana orientale, organizza per il 2° anno “Che sto-

ria”, la passeggiata storica a Bre-scia tra ruderi e monumenti con escursioni dall’età romana all’età di Roma capitale. Grazie alla col-laborazione dei Comuni di Brescia, di Calvisano e di Isorella e all’Isti-tuto comprensivo di Calvisano, i ragazzi della Bassa accompagnati da guide turistiche autorizzate sco-priranno gli angoli nascosti della Brescia romana (l’antica colonia civica Augusta Brixia, le mura, i

cardi, i decumani e il suo centro pulsante di vita sociale: il Foro con la Basilica, il Capitolium e il tea-tro), medievale (i fasti e il decli-no del Comune con il Broletto e il Duomo Vecchio) e risorgimentale (storie di uomini e di libertà che hanno combattuto e si sono distin-ti tra barricate e fortezze).L’iniziativa è resa possibile anche dal sostegno di alcuni partner eco-nomici.

che le targhe donate dalla popolazio-ne a memoria dei loro cari. “La cro-ce è a Cevo − ha precisato il sindaco Silvio Citroni − ma non è di Cevo, ap-partiene a tutti”. L’impegno dell’Asso-ciazione è stato proprio quello di cre-are “vita” attorno al monumento con la cripta, con le opere di completa-mento, con il restauro della cappella dell’Androla, con la crezione di un sito internet che possa raggiungere anche i tanti camuni e bresciani emigrati nel mondo e con la celebrazione eucari-stica domenicale (una volta al mese), la componente della quale si sentiva maggiormente la mancanza.

Le iscrizioni al concorso 2012 del premio Nocivelli sono state aperte. Sono possibili tramite il sito www.premionocivelli.it. Le opere iscritte al concorso saranno selezionate dal comitato della giuria e le finaliste verranno esposte e presentate ufficialmente domenica 9 settembre presso il Parco comunale Lina e Angelo Nocivelli e/o Palazzo Gambara a Verolanuova (Brescia) dalle 10.30 alle 16.30, quando avrà inizio la cerimonia di premiazione con l’annuncio dei vincitori.

La categoria over 25 prevede un premio finale di 500 euro e una medaglia per il vincitore di ciascuna sezione. Mentre i giovani artisti riceveranno una medaglia per il 1°, 2° e 3° classificato di ciascuna sezione. Inoltre la giuria sceglierà due artisti, uno per categoria, tra i primi classificati di ciascuna sezione, ai quali sarà organizzata una mostra personale con relativo catalogo. Le due opere vincitrici resteranno di proprietà dell’Associazione culturale Techne.

Il premio fa capo all’Associazione culturale Techne, fondata nel 2009 dalla famiglia di Luigi Nocivelli per dare continuità alla sua passione per la cultura, in particolare nella forma di promozione e diffusione dell’arte contemporanea in Italia. Con l’Associazione nasce anche il Premio Nocivelli, un concorso d’arte contemporanea patrocinato dalla Regione Lombardia, dalla Provincia di Brescia e dal Comune di Verolanuova, che ospita le premiazioni del concorso. (f.pio)

essun colpevole. A 38 an-ni dalla bomba di piazza della Loggia, a Brescia, che provocò otto morti e oltre un centinaio di feriti

non c’è ancora una verità giudiziaria. “Abbiamo fatto tutto il possibile, or-mai è una vicenda che va affidata alla storia ancor più che alla giustizia”, il commento del procuratore generale Roberto Di Martino e del suo sostitu-to Francesco Piantoni: i due avevano chiesto la condanna all’ergastolo per gli imputati. All’indomani della sen-tenza il giurista Francesco D’Agostino ha fatto una riflessione sulla vicenda.Qual è la sua reazione rispetto al-la sentenza?Premetto che potrei sembrare astrat-to o addirittura irritante per chi giu-rista non è. Il fatto è che il diritto o agisce con prontezza e rapidità, o al-trimenti è meglio chiudere con la pre-scrizione vicende così complesse, che nessun tribunale è in grado di risolve-re. Arrivare a sentenza 38 anni dopo il fatto è giuridicamente una follia.Non gode di buona fama la pre-scrizione…In realtà l’istituto della prescrizio-ne, che al non giurista appare come

la negazione della giustizia, è il rico-noscimento del limite strutturale del diritto, che non può lavorare su tem-pi troppo lunghi. Capisco le reazioni emotive rispetto alla sentenza, come pure quelle che si hanno quando un processo si chiude con la prescrizio-ne, ma bisogna accettare l’idea che quel poco che il diritto può fare in ordine all’accertamento della verità lo può fare solo se agisce in breve tempo. Quando si chiede invece di lavorare su tempi così lunghi si per-de ogni certezza di giustizia o addirit-tura, come in questo caso, si arriva a un nulla di fatto. In Italia, invece, sia-mo purtroppo abituati a una lentezza cronica della magistratura, sia civile sia penale. C’è chi dice che questo “non ri-sultato” è la dimostrazione che ci sono stati depistaggi. È così?Giuridicamente è irrilevante: in ogni

dialettica processuale vi è il rischio di un depistaggio. Semmai, dobbiamo la-mentarci del fatto che il nostro siste-ma processuale è fragile e andrebbe radicalmente riformato. Abbiamo una pessima procedura, sia civile sia pe-nale, e di questo dobbiamo prendere consapevolezza.Come ha detto il procuratore ge-nerale, ora è solo la storia che può dare un giudizioIl commento è condivisibile, ma non va riferito solo a questo processo. Va-le per la stragrande maggioranza dei processi che durano anni o decenni, anche se non giungono all’attenzione dell’opinione pubblica. Da questa vi-cenda dovremmo trarre un forte in-centivo per ripensare il nostro siste-ma processuale, partendo dal princi-pio che la velocità del sistema non è una questione tecnica, ma è un fatto di tutela dei diritti dei cittadini”.

Un nutrito programma primaverile di “Incontri e concerti” è stato predispo-sto dall’Associazione bande musicali bresciane in collaborazione con l’As-sessorato alla cultura e turismo della nostra provincia. “La finalità è duplice – spiega il presidente Livio Raineri – valorizzare e regolarizzare un settore che nel Bresciano vanta una lunga tra-dizione di cultura musicale con oltre un centinaio di formazioni. Vogliamo che le nostre bande non facciano solo insegnamento di musica, ma anche di comportamento. Per questo tutti de-vono imparare che per lavorare bene, ci deve essere alla base la correttez-za, la lealtà e la legalità”. L’Abmb si è costituita nel 1998 e conta 90 corpi bandistici in rappresentanza di tutta la provincia. A dimostrazione di una passione che sopravvive ai tempi mo-derni. “Un Comune su due della no-stra provincia – afferma Silvia Razzi, assessore alla cultura e al turismo – ha la sua banda, composta da elementi di età diversa che si tramandano con dedizione e sacrificio una grande pas-sione”. Domenica 22 a Villanuova sul Clisi, presso la sede della banda si tiene un dibattito sul tema della ge-stione contabile. La parte musicale di “Incontri e concerti” prevede tre con-certi. Il primo è offerto, domenica 29 alle 16 presso Borgo Santa Giulia di Timoline di Corte Franca, dal Corpo musicale S. Apollonio di Lumezzane. Sabato 5 maggio l’esibizione dell’Or-chestra “Il plettro” di Gardone Val Trompia nella Chiesa di S. Giorgio alle 20.30. Infine domenica 13 alle 16 presso la Cantina Barone Pizzini a

Provaglio d’Iseo il concerto del Cor-po Bandistico S. Giovanni di Polave-no. Gli ultimi due appuntamenti del programma primaverile di “Incontri e concerti” si tengono domenica 27 a Breno, presso la sede della banda e domenica 17 giugno a Coccaglio, presso l’Auditorium S. Giovanni. Tra aprile e maggio si chiudono anche i corsi - base, intermedio e avanzato - dedicati ai direttori. (v.b.)

Nello scorso mese di marzo 80 studenti (e due docenti) dell’Istituto Euroscuola di Brescia si sono sottoposti ad uno screening cardiologico effettuato proprio presso la stessa sede scolastica. Un’équipe medica dell’Ospedale Umberto I di Roma ha provveduto alle attrezzature ed all’esame clinico. L’iniziativa si inserisce nel progetto nazionale di screening cardiologico della popolazione scolastica italiana. Il progetto nasce proprio a Roma per iniziativa

del dipartimento di cardiologia dell’Ospedale Umberto I in collaborazione con la Fondazione italiana cuore e circolazione e si chiama “A scuola di cuore”. L’Istituto Euroscuola ha aderito nel settembre del 2011. Il progetto e si prefigge di monitorare annualmente gli studenti delle classi 4ª e 5ª con uno screening cardiovascolare completo per testare la salute cardiocircolatoria della popolazione degli studenti degli ultimi due anni degli istituti

superiori, il tutto in funzione di una cultura della prevenzione. In Italia ogni anno si verificano circa 130mila casi di infarto e sono circa 40mila purtroppo coloro che non sopravvivono. All’interno dell’Istituto nel 2010 su iniziativa del Dirigente scolastico Roberto Viani è stato attivato un corso di Primo Soccorso rivolto agli insegnanti per ottenere la qualifica degli stessi a soccorritori Blsd (in grado di operare anche con il defibrillatore cardiaco elettrico Dae). Ecco

quindi l’importanza di disporre nei luoghi pubblici, nelle scuole, e nei centri sportivi di postazioni Dae e di personale qualificato all’utilizzo. Proprio per questa sensibilità e impegno l’Istituto Euroscuola è stato premiato il 16 aprile con la consegna di un apparecchiatura portatile di defibrillazione. La donazione è opera della onlus “Live” che da anni collabora con l’Irc Com “Brianza per il Cuore” e si adopera nell’opera di sostegno dei progetti di salute e prevenzione cardiaca.

omenica 22 aprile pres-so l’oratorio don Bosco di Flero la comunità par-rocchiale in collabora-zione con l’associazio-

ne Famiglie numerose vive la “Fe-sta delle famiglie”. Il programma prevede alle 14.30 l’accoglienza e l’apertura della manifestazione. Dal-le 14.45 i bambini possono salire sui giochi gonfiabili, mentre alle 15 un momento di preghiera precede la tavola rotonda moderata da Rober-to Barucco sul tema “La famiglia, il lavoro e la festa” con la partecipa-zione di don Diego Facchetti e la te-stimonianza di due famiglie. Alle 17 è prevista una merenda per tutti pri-ma del lancio dei palloncini e di una doppia partita a calcio (papà contro papà e mamme contro mamme). Il tema del convegno riprende l’argo-mento che sarà sviluppato a Milano, dal 30 maggio al 3 giugno, durante l’Incontro mondiale delle famiglie. “Il lavoro e la festa − come ha scritto Benedetto XVI − sono intimamente collegati con la vita delle famiglie: ne condizionano le scelte, influenza-no le relazioni tra i coniugi e tra ge-nitori e figli, incidono sul rapporto della famiglia con la società e con la Chiesa. La Sacra Scrittura ci dice che famiglia, lavoro e giorno festivo, sono doni e benedizioni di Dio per aiutarci a vivere un’esistenza pie-

namente umana”. La parrocchia di Flero, insieme a tutte le parrocchie della zona pastorale, si sta prepa-rando alla festa del Primo maggio che sarà celebrata proprio a Flero (nella sede della ditta Dac) con la Messa presieduta alle 16 da Mona-ri. La crisi economica che stiamo

La collaborazione tra l’assessorato Cultura e Turismo e il Touring Club Italiano si arricchisce di un opuscolo dedicato alla scoperta della chiesa di San Giorgio ed all’itinerario archeologico di Palazzo Martinengo. Si tratta di due siti che rientrano nell’iniziativa “Aperti per voi”, portata avanti dai volontari soci del Touring Club per il terzo anno consecutivo. “Il percorso di Palazzo Martinengo − sottolinea Filli Rossi, Sovrintendente per i beni archeologici della Lombardia

− rappresenta un patrimonio fondamentale per la città perché permette di tracciarne una storia verticale che parte dall’Età del Ferro e prosegue fino al 700. Inoltre − prosegue − si tratta di uno spazio adatto ad ospitare anche esperimenti culturali di altro tipo, come installazioni o piccoli concerti raffinati”. Concorde l’assessore Silvia Razzi, che ancora una volta torna a ribadire l’importanza per la città “di una zona come quella di via Musei, che spesso viene dimenticata

quando al contrario andrebbe valorizzata e fatta conoscere, così come la chiesa di San Giorgio”, i cui lavori di restauro sono terminati nel 2009 e nella quale, a partire dal 2010 sino ad oggi, i volontari del Touring hanno accompagnato più di 11mila visitatori. Quasi in 6000, invece, si sono addentrati nel percorso di Palazzo Martinengo. 17mila persone, dunque, che hanno potuto apprezzare un patrimonio che altrimenti sarebbe rimasto nascosto. “Mantenere aperti questi

luoghi in maniera continuativa - spiega il coordinatore nazionale dei volontari del Touring - significa farli conoscere ai cittadini, ma anche renderli attraenti per i turisti”. A Brescia sono 50 i volontari impegnati nell’iniziativa. La chiesa è aperta e visitabile gratuitamente il sabato e la domenica dalle 10 alle 18 (altri giorni su prenotazione), mentre è possibile accedere al percorso di Palazzo Martinengo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13. Info: www.provincia.brescia.it. (a.g.)

attarversando impone di riconside-rare il lavoro come valore fondante delle nostre comunità che garanti-sca lo sviluppo integrale di tutte le persone. Il secondo degli incontri di preparazione (allestiti dai circoli Acli di Bagnolo, Flero e Poncarale) è in programma giovedì 19 aprile alle 20.45 all’oratorio di Poncarale: intervengono su “Giovani e lavoro” Daniela Del Ciello e Pierluigi Labo-lani, entrambi consiglieri provinciali Acli. Giovedì 26 aprile, invece, alle 20.45 all’oratorio di Bagnolo Mel-la Luciano Pendoli (vicepresidente Acli provinciali) e Sandro Pasotti (coordinatore nazionale Fim Cisl) parlano di tutela del lavoro.

E D I T R I C E

LA SCUOLA

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novità!

novità!

ono passati 100 anni da quando nella basilica di Verolanuova il vescovo di Brescia, mons. Giacin-to Gaggia, impose le ma-

ni su Primo Mazzolari, ordinandolo sacerdote. Per ricordare questa im-portante ricorrenza la fondazione Mazzolari, in collaborazione con la parrocchia di Verolanuova ha allesti-to il 14 aprile un convegno dedicato alla figura dell’arciprete di Bozzolo, concentrandosi nello specifico sulla dimensione parrocchiale e su quella educativa. Dopo il saluto del vesco-vo Monari, i lavori sono incominciati con l’introduzione del prof. Giorgio Campanini, membro del comitato scientifico della Fondazione. In se-guito, di fronte ad una platea attenta e numerosa, si sono alternati gli in-terventi di don Bruno Bignami, pre-

profezia. Per questo abbiamo accet-tato con piacere la proposta della fondazione di organizzare qui il con-vegno di quest’anno”. Da parte sua il prof. Giorgio Vecchio aggiunge: “Il

senso della giornata è di prosegui-re la riscoperta scientifica dell’ope-ra e del pensiero di Mazzolari. Ogni anno viene realizzato un convegno, alternativamente a Bozzolo o in gi-

L’enogastronomia al centro del convegno a palazzo Cigola-Martinoni, ospite il console della Danimarca, Henning Holmen Moller, presidente della Camera di commercio italo-danese affiancato dalla proget-leader Chiara dell’Ora. Col console una delegazione di operatori della terra danese, i quali hanno ammirato il museo del Rais dedicato alle origini e allo sviluppo dell’attività agricole del territorio. L’iniziativa realizzata in collaborazione con “Cucina

Semplicemente” coordinata da Corrado Corradini e gli chef Luca Barbieri dello staff di Cast Alimenti di Brescia. A ricevere gli ospiti il presidente di Pianura Bresciana, Riccardo Geminati e il delegato commerciale Roberto Anelli presente il consigliere provinciale Giampaolo Mantelli ed il presidente della Compagnia delle opere di Brescia, Giuseppe Battagliola in rappresentanza della Dimmidisi di Manerbio. Il console Moller ha ricordato come quest’anno

le prime tre tappe del 95° Giro ciclistico d’Italia partiranno dalle città di Herning e di Horsens e la capitale Copenaghen ospiterà dal 10 al 21 aprile la manifestazione Barolo§Friends con una “Vetrina sul Piemonte”. Strette di mano e lusinghiere espressioni di apprezzamento per l’ospitalità hanno concluso l’incontro, uno dei tanti organizzati dal Museo per valorizzare il territorio della civiltà contadina e l’enogastronomia bresciana e nazionale. (f.pio)

ro per l’Italia: quest’anno abbiamo colto l’occasione del centenario per venire qui. Nella nostra opera sco-priamo un Mazzolari uomo del suo tempo, allo stesso tempo però dotato di uno sguardo lungo, intuizioni che ritroviamo nell’agenda odierna della Chiesa come l’ecumensimo, la pace o appunto il tema di oggi, la parrocchia e l’educazione”. Sono passati cento anni, è vero, ma la figura di don Pri-mo continua ancora a parlare con sorprendente freschezza alla Chiesa e all’uomo di oggi.

sidente della Fondazione, sull’espe-rienza di don Primo come parroco e di don Erio Castellucci, della facol-tà teologica dell’Emilia Romagna, sulla sua riflessione a proposito del sacerdozio. Ha concluso la mattina-ta la riflessione di mons. Gualtiero Sigismondi, studioso di Mazzolari e vescovo di Foligno, confrontando la parrocchia al tempo di Mazzolari con quella odierna, cui ha indirizza-to un’appassionata lettera. Dopo la pausa pranzo, invece, si sono tenu-ti gli interventi di Paola Bignardi sul Mazzolari educatore, di Diego Ma-ianti sull’esperienza a Cicognara e di Giorgio Vecchio, presidente del comitato scientifico della Fondazio-ne, sui rapporti di don Primo con le autorità civili. Al convegno infine ha fatto seguito la celebrazione eu-caristica e, in serata, l’esecuzione della cantata sacra “La più bella av-ventura”, entrambe nella basilica di Verolanuova, mentre il pomeriggio successivo la Messa a Bozzolo ha costituito la conclusione di questo appuntamento di studi. Grande la soddisfazione nelle parole del parro-co di Verolanuova mons. Luigi Brac-chi: “Grande è per la nostra parroc-chia la gioia di aver dato la nascita sacerdotale a don Primo, ora dobbia-mo essere impegnati a guardare alla sua testimonianza e al suo tesoro di

na serata per parlare di sport ed educazione con un relatore d’ecce-zione. Nella giornata più triste per il calcio

italiano, colpito dalla morte di Pier-Mario Morosini, il ct della Naziona-le italiana di calcio, Cesare Prandelli era nella sua Orzinuovi per parlare dei valori legati alla pratica sportiva. La giornata di sabato 14 aprile ha vi-sto succedersi due momenti intensi: alle 17 è stato consegnato al tecnico il premio “San Giorgio d’oro” 2011, conferitogli dalla città di Orzinuovi con la motivazione di “essersi egre-giamente distinto in ambito sporti-vo” e di aver “onorato la città”; Pran-delli ha poi partecipato a un conve-gno. Nella sala consiliare, gremita di gente, l’omaggio delle istituzioni e di numerose associazioni di volon-tariato operanti sul territorio, e in-sieme l’abbraccio caloroso di molte persone con fotografie e autografi. È in questa cornice gioiosa che arriva la notizia prima del malore poi della morte, sul campo di Pescara, del gio-vane giocatore del Livorno. Anche in questo caso Prandelli ha mostrato la propria carica umana, dapprima con

parole di speranza, poi, una volta appresa con certezza la tragica noti-zia, di sentito cordoglio. La serata è e proseguita alle 19 presso il centro culturale Aldo Moro con il convegno inserito all’interno del ciclo “dialoghi sull’educazione”, promosso in questi mesi dall’Amministrazione comuna-le in collaborazione con le scuole del territorio. Si è parlato di sport e della sua valenza educativa: a confrontarsi con il ct della Nazionale, tra gli altri, il dirigente del Basket Brescia Ario Costa, campione del basket italiano anni ’80, l’educatrice Paola Ferrari e l’allenatore Livio Tinti, con la mode-razione del dirigente scolastico Carlo Valotti. Il discorso spazia su vari ar-gomenti: Costa, per esempio, ricorda il modello americano nei rapporti tra scuola e attività sportiva e richiama valori come sacrificio, umiltà, atten-zione alla squadra e ai compagni. Da

più parti si invitano i genitori a non caricare i figli di eccessive aspetta-tive e a mantenere sempre un atteg-giamento costruttivo. In precedenza proprio Prandelli aveva ricordato dell’importanza della famiglia nel-la crescita umana e sportiva dei ra-gazzi, cui si affiancano i tradizionali luoghi educativi: “Ricordo – ha affer-mato – i pomeriggi all’oratorio con il mitico don Vanni. Già allora aveva-mo delle regole come il rispetto dei luoghi, dell’attrezzatura e delle per-sone. Chi arrivava tardi non giocava, per esempio. Parte tutto da lì”. Verso la fine del convegno arriva anche il dirigente del Brescia Gigi Maifredi e la serata diventa una vera festa dello sport, una serata tanto più importan-te perché i valori di cui si è parlato hanno trovato un’icona nel sorriso un po’ triste di un giovane atleta an-datosene troppo presto.

La realtà dei servizi sociali montecla-rensi è tra le più vivaci e uno dei “mo-tori” dello sviluppo in questo settore è il Centro diurno integrato (Cdi), gesti-to da Montichiari Multiservizi. Il Cdi si colloca con funzione intermedia tra l’assistenza domiciliare e le strutture residenziali. Si tratta di un’opportuni-tà per quegli anziani che non necessi-tano ancora di un’assistenza ad eleva-ta intensità (come può essere quella fornita dal ricovero a tempo pieno in una struttura protetta), ma che han-no perduto una parte, più o meno consistente, delle capacità che con-sentono lo svolgimento delle attività della vita quotidiana in completa au-tonomia. Nello stesso tempo il Centro diurno integrato garantisce e fornisce aiuto e sostegno alle famiglie in diver-si aspetti della gestione dell’anziano fragile: alla Casa albergo si può tra-scorrere l’intera giornata, dalle 8 alle 19 avvalendosi della possibilità di fa-re colazione, pranzare e cenare nella luminosa sala da pranzo; è possibile scegliere, allo stesso modo, di trascor-rervi solo una parte della giornata, il mattino o il pomeriggio usufruendo delle attività riabilitative, educative e d’intrattenimento che la struttura of-fre. Va poi considerato che il Centro diurno integrato offre tutte le presta-zioni sanitarie e socio-assistenziali identiche a quelle che spettano agli ospiti della Rsa: dalle visite mediche periodiche alla somministrazione del-le terapie farmacologiche dall’igiene completa settimanale a tutto quanto si renda necessario per il mantenimento ed il miglioramento delle condizioni

psico-fisiche degli utenti. Un ulteriore aspetto particolarmente importante è rappresentato, infine, dal beneficio apportato dalla possibilità di trascor-rere la quotidianità a contatto con al-tre persone: al Centro nascono e si coltivano relazioni con altri anziani, si stabiliscono rapporti di protezio-ne e tutela con operatori qualificati, si stringono amicizie con i volontari. Info: 030/961400. (f.m.)

A 10 anni dalla morte e a 100 dalla nascita la comunità di Carpenedolo ricorda Simone Butti, pittore famoso per le sue decorazioni nelle chiese, esponente di spicco dei maestri comacini. A lui è intitolata un’associazione, che si propone di tenere viva fra la popolazione la memoria di un artista completo, testimone di un radicato collegamento dell’arte bresciana con la cultura nazionale e internazionale che va dagli anni Venti del Novecento all’inizio del

secolo attuale. Nato nella città dei carpini nel 1912, Butti riceve la sua prima formazione artistica al seguito del padre, proseguita con la frequentazione delle scuole Deretti e Moretto. Esegue affreschi con Giuseppe Vittorio Trainini, Eliodoro Coccoli, Eligio Agriconi, Tita Mozzoni; quanto agli studi frequenta l’istituto “Beato Angelico” di Milano e il “P. Toschi” di Parma. Lavora anche nel campo della grafica pubblicitaria collaborando con Boccasile e Dudovich. Partecipa,

soprattutto a partire dagli anni Quaranta, a concorsi artistici e alle mostre collettive e personali. Il suo viaggio artistico parte con la rappresentazione naturalistica e figurativa della realtà tutta (spaziando dai paesaggi ai ritratti passando per le nature morte), ma si sviluppa successivamente nella ricerca della resa grafica dell’essenza strutturale della realtà rappresentata. Tale percorso si snoda attraverso un periodo geometrico per giungere a lavori

legati all’astrattismo. Quest’ultima fase regala opere che si presentano ricche nella loro essenzialità, in cui l’immagine è sintesi di forme e contenuti e il cui obiettivo è rendere la molteplicità del reale. Tratto trasversale alla produzione artistica, conclusasi con la morte nel 2002, è la pennellata decisa, frutto di precisi studi compositivi, con un eclettismo continuo. L’associazione che ne porta il nome ha aperto le adesioni e a breve renderà noto il programma in fase di realizzazione. (f.m.)

egli ambienti del pa-tronato Acli, in via San Martino a Manerbio, è stato aperto da un paio di mesi lo sportello del

turismo responsabile. L’iniziativa si deve alla disponibilità della se-zione delle Acli della cittadina del-la Bassa, della quale è presidente Angelo Bertelli, che ha accolto la proposta della neonata associazio-ne Chirone; l’associazione è costi-tuita da un gruppo di giovani che hanno delegato a rappresentarli Fabrizio Bosio, studente in giuri-sprudenza, mentre Emanuele Pe-nocchio, studente in chimica è il suo vice. Ad Anna Facchi spetta, invece, il compito di essere a di-sposizione del pubblico in sede ogni sabato pomeriggio dalle 15 alle 22 nella sua veste di respon-sabile dello sportello.Chirone, personaggio della mito-logia greca era un centauro, metà uomo e metà cavallo. A differen-za degli altri, che come i satiri era-no ignoranti e dediti alla violenza, Chirone si distingueva per la gran-de bontà d’animo, per la saggezza, per la conoscenza delle scienze, in particolare quella medica. Fu per-tanto considerato il capostipite di quell’arte in quanto maestro di colui che la mitologia greca consi-derava il dio della medicina Ascle-

pio. Desiderando la morte riuscì ad ottenerla scambiando la sua immortalità con Promoteo che era diventato mortale per i suoi con-trasti con Zeus. Il padre degli dei, al quale il centauro era particolar-

Riprende questo fine settimana “Brandico e Mairano tra le nuvole”, la 2ª rassegna dedicata al fumetto. Si tratta di una manifestazione, organizzata dalle biblioteche di Brandico e Mairano, in collaborazione con la casa editrice MalEdizioni, che propone cineforum e laboratori per scoprire i segreti di questa letteratura disegnata. “Questa edizione − riferiscono gli organizzatori − è dedicata a Jean Giraud, in arte Moebius, maestro del fumetto francese scomparso

recentemente, conosciuto in tutto il mondo per le sue storie fantastiche e per le collaborazioni con lo scrittore e sceneggiatore Alejandro Jodorowsky”. Venerdì 20 alle 20.45, nella sala civica di Brandico, viene proposto il cineforum con la proiezione di “Redline”, di Takeshi Koike, film d’animazione disegnato a mano, senza l’ausilio di computer grafica. La visione è consigliata a un pubblico adulto. Sabato 21, alle 17.30, sempre nella sala civica di Brandico, aperitivo

con il fumettista Squaz, che parlerà della sua esperienza come autore di fumetti. Squaz ha pubblicato su Linus, il Male, Rolling Stone, Frigidaire e Stripburger. Tra i suoi fumetti, “Dimmi la verità” e “Le 5 fasi”. Domenica 22 alle 17.30 nell’auditorium Rossignol di Mairano, aperitivo con Alberto Corradi. Questo appuntamento sarà dedicato alle creature mostruose che popolano il fumetto. Si parlerà della figura del mostro tradizionale e di come i fumettisti l’abbiano

reinterpretata nel tempo, fino ad arrivare ai lavori di Alberto Corradi. Nel corso della manifestazione, nelle sale della biblioteca e della sala civica sarà possibile leggere e curiosare tra fumetti di ogni genere e nazione. Durante tutto l’evento saranno esposte a Brandico le tavole di Francesca Navoni, giovane fumettista bresciana. Sarà inoltre possibile acquistare alcuni fumetti selezionati grazie alla collaborazione con Starshop Brescia. (mtm)

lontari già impegnati nell’organiz-zazione di iniziative che coinvolgo-no, oltre al territorio di Manerbio, Comuni della pianura quali Leno, Cigole e San Gervasio e diverse as-sociazioni, in primo luogo le Acli che hanno offerto ospitalità alla sede, il teatro Politeama, la com-pagnia Chèi de Manèrbe, gli istitu-ti superiori Pascal di Manerbio e Capirola di Leno.Domenica 22 aprile, alle ore 15, nella sede dell’Avis di Manerbio è programmata l’assemblea gene-rale degli associati per discutere dell’attività fin qui svolta e pro-grammare il futuro che già martedì 24 aprile alle ore 20.45 in palazzo Cigola Martinoni di Cigole il prof. Rolando Anni (membro dell’archi-vio storico della Resistenza bre-sciana) terrà la relazione: “La resi-stenza tra scelta morale, violenza e speranze”; previsto un momento in musica.Altri appuntamenti: giovedì 26 aprile alle ore 20.30, nella sede dell’Avis di Manerbio incontro per riesumare il Carnevale Manerbio; venerdì 27 aprile nel teatro civico Memo Bortolozzi, alle ore 21 in-tervento dell’Islo, istituto di studi locali sul tema: “Manerbio nel pas-sato: la ristrutturazione dello Stato laico tra il XVII e il XVIII secolo in età napoleonica”.

mente caro, lo volle comunque vi-cino a sé nel cielo, dando origine alla costellazione del Centauro. Fin qui la mitologia.Attualmente Chirone è stato scel-to come simbolo dal sodalizio nato nel 2010 con 40 adesioni, nel quale l’obiettivo dichiarato è di “ridesta-re Manerbio dal torpore culturale nel quale la comunità è immer-sa da anni ed essere al contempo momento e spazio di aggregazione per i giovani”.Un compito certamente complesso in linea con lo statuto dell’associa-zione nella quale confluiscono vo-

Sabato 14 aprile, alle ore 20.45, nel teatro comunale di Pontevi-co il musical “Più della sabbia”, allestimento delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth in collaborazione con il gruppo tea-trale “1diNOI” del Villaggio Violi-no costituito nel 1999. Le offerte raccolte serviranno per sostenere una scuola professionale per i gio-vani del Burundi. Il gruppo di attori e cantanti è com-posto da suore e amici del Violino, mentre il corpo di ballo, coordina-to dalla suora operaia Anna Nobi-li, può contare su una decina di giovani ballerine. Lo spettacolo ha ricevuto il premio “Miglior Mu-sical” del Centro oratori e Punto Art riconoscendone la “sapienza registica, l’originalità musicale e la capacità attoriale”. La storia raccontata nel musical è quella di

una famiglia “arrembante” e poco attenta ai poveri e agli oppressi, alcuni gatti randagi portano qual-che chicca di verità, assicurando che il senso della vita è ben “più della sabbia”. Spiegano i promoto-ri: “È incredibile come la vita inizi sempre con la sete di spazi aper-ti, di ossigeno, di libertà. Per poi trascorrere nella ricerca ossessi-va di limitare lo spazio, di creare perimetri, recinti, siano essi case, palazzi, uffici o aziende. Già da bambino l’uomo cerca un luogo che dia sicurezza e ha bisogno di costruirsi, anche se per gioco, ca-sette, tane e fortini. Ma spesso la sicurezza che si cerca non è data da righe tracciate e confini reali, e i nostri bisogni materiali si ricol-legano a qualcosa di più alto, che non è calcolabile”. Racconta suor Enza: “Siamo talmente assillati da

tante voci e suoni di questo mon-do, che non si è più capaci di dare il senso vero e pieno alla vita. Il grande dono che si desidera tra-smettere con questo musical è che c’è ancora una Parola che illumina i nostri passi, una Parola più forte di tanti inutili parole, una Parola che dona gioia e pace”.Fondate da don Arcangelo Tadi-ni (Verolanuova, 12 ottobre 1846 - Botticino, 20 maggio 1912) sa-

cerdote bresciano, canonizzato da papa Benedetto XVI il 26 aprile del 2009, le Suore Operaie della Santa Casa a Nazareth sono consacrate che testimoniano Cristo nei luoghi di lavoro, lavorando, cioè, gomito a gomito con operaie, commesse e lavoratori in generale. Sono cir-ca 200 e vivono, preferibilmente, nei quartieri popolari di Brescia e dintorni, ma hanno anche una mis-sione in Inghilterra.

resso la sede della Comu-nità montana è stato fatto il punto sullo stato dei la-vori di realizzazione delle opere del 2° lotto (primo

stralcio funzionale) del collettamento fognario della media Valle Camonica. Il sistema depurativo delle acque re-flue della Valle Camonica è attualmen-te costituito da 30 micro-depuratori comunali (13.500 abitanti residenti); cinque depuratori e collettori interco-munali (Vezza d’Oglio, Santicolo, San Pietro di Corteno Golgi, Esine, Costa Volpino) (41mila residenti e 50mi-la abitanti fluttuanti e stagionali). A tutt’oggi non sono ancora depurati i Comuni: media Valle (da Breno a Ce-degolo), Val Grigna (Prestine, Bienno, Berzo Inferiore, Esine), Edolo, Soni-co, Malonno, Angolo Terme e Darfo Boario Terme (40mila abitanti). Gli obiettivi e i progetti futuri sono: 1° stralcio funzionale riguardante il col-lettamento fognario da Breno a Capo di Ponte e dal Comune di Esine a quel-

Nessuno ha potuto dimenticare la strage del 22 luglio 2011 ad Oslo. Un’autobomba esplose nel centro di Oslo, causando la morte di otto innocenti. Ma non finì qui l’assurda e drammatica vicenda. Qualche ora dopo, seguì una feroce sparatoria, che uccise 69 ragazzi, all’interno di un campo estivo nell’isolotto di Utoeya, nel quale erano riuniti 560 adolescenti fra i 13 e i 15 anni ma anche ex politici del partito laburista alla guida del governo. L’Italia

e i suoi fabbri, così come altri professionisti, artigiani del ferro europei, facenti parte delle “città europee del ferro”, un anno dopo, vogliono ricordare quei poveri ragazzi e uomini che per la folle mano di un pazzo hanno perso la vita, forgiando al maglio molte rose. Tutti i fiori forgiati sono stati inviati ad Oslo a dicembre 2011, dove i fabbri locali prepareranno una grande opera d’arte.L’originale monumento sarà realizzato possibilmente entro

l’anniversario della strage. Tobbe e Tone sono i due fabbri di Oslo impegnati nel grande progetto che assembleranno le rose provenienti da Austria, Germania, Rep. Ceca, Polonia, Olanda, Finlandia, Francia, Norvegia ed Ucraina per la realizzazione di una grande scultura unica. Il senso della scultura è quello di ricordare le vittime di Oslo per far sbocciare l’amore dai magli e dal fuoco. La scelta proprio di questo fiore, la rosa, rappresenta la speranza e

l’opportunità e dopo la violenza del 22 luglio 2011 è diventata un simbolo di compassione in Norvegia. Anche i nostri forgiatori italiani hanno partecipato all’iniziativa donando due rose: una proveniente dai magli del borgo di Bienno e una da quelli di Stia rappresentando l’Italia. I rappresentanti dei Forgiatori europei in posa mentre tengono fra le mani l’opera, la rosa in ferro forgiata al maglio, per ricordare le vittime di Oslo.

lo di Bienno (17mila residenti). Gran parte dei Comuni coinvolti attualmen-te non ha un depuratore. Il progetto non farà altro che aumentare la per-centuale depurativa in Valle, passan-do dal 57,5% attuale a oltre il 75%. Le

acque reflue verranno fatte confluire nel depuratore consortile di Esine, già attivo dal 2007. Lo stesso depuratore di Esine sarà ampliato per supporta-re fino a 40mila abitanti, il doppio ri-spetto agli attuali 20mila. I lavori del-

le opere sopra descritte sono iniziati il 29 febbraio 2012 e vedranno la fine entro un anno. E veniamo al 2° lotto: in fase successiva, una volta che sa-ranno reperite le risorse necessarie, sarà realizzata la restante porzione di collettore fognario che va dal Co-mune di Capo di Ponte sino a Berzo Demo e da Bienno a Prestine (circa 5.000 abitanti), con un aumento in ter-mini di percentuali depurative del 5%, arrivando così all’80% di depurazione nella vallata dell’Oglio. Altri progetti: la situazione problematica di Edolo, Sonico e Malonno (nessuno dei tre Comuni è collegato a un impianto di depurazione). Infine restano da depu-rare Angolo Terme e una parte del Co-mune di Darfo Boario Terme.

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S’è svolta, presso il Centro servizi per l’agricoltura e la zootecnia, la mostra interprovinciale “Giornate zootecniche di Edolo” che, nel suo contesto, ha presentato anche la “Mostra interprovinciale dei caprini di razza Bionda dell’Adamello”. La manifestazione era stata patrocinata da Comunità montana di Valle Camonica, Comune di Edolo, Provincia di Brescia, Associazione provinciale allevatori Brescia, Sata. Per

quanto concerne la sfera caprina, l’evento comprendeva una rassegna riguardante la razza “Saanen” e la “Camosciata delle Alpi” e il concorso dei formaggi di capra 2012. Alla selezione sono state ammesse le seguenti categorie di formaggio: “Fatulì”, “Formaggella di capra media stagionatura” (stagionatura sino a 20 giorni), “Formaggella di capra stagionata” (stagionatura oltre 20 giorni). Sono stati premiati i primi due classificati di

ogni categoria. La partecipazione è stata gratuita. La razza “Bionda dell’Adamello” si è originata in tutta la Valle Camonica per azione dell’uomo, a partire dalla popolazione “primaria” tipo alpina, raggiungendo una uniformità e consistenza ragguardevole già intorno al primi del ‘900: ha mantello “eumelanico” bruno a tonalità molto chiara, detto “biondo”; le orecchie sono bianche con bordatura bruna. (e.g.)

a battaglia continua. Per i piccoli paesi di monta-gna e per i loro ammini-stratori è una lotta diu-turna quella contro la

graduale diminuzione dei servizi al-la persona in atto ormai da qualche decennio. Così per la gran parte de-gli esercizi pubblici. Gli ultimi ba-luardi sono rimasti le scuole, la po-sta e poco altro. Anche i sacerdoti con il calo delle vocazioni diminu-iscono. Dietro l’angolo c’è pure la paventata eliminazione dei Comuni sotto il migliaio di abitanti. Chi fa i conti sia a Roma sia a Milano sia a Brescia accampa motivi di bilan-cio che chiudono la bocca ad ogni replica. Se non fosse che il rispet-to delle persone dovrebbe indurre a valutare le questioni in maniera diversa dalla semplice contabilità, altrimenti che senso avrebbe l’ap-partenere ad una comunità, ad uno Stato. Questo il senso degli innu-merevoli interventi, fax, interviste e via elencando che sindaci e am-ministratori vanno moltiplicando su questo tema. di queste ultime settimane la decisione della dire-zione di Brescia delle Poste Italiane di aprire a giorni alterni, ma con la costante della chiusura al sabato, gli sportelli di Berzo Demo, Mon-no e Vione. La bassa operatività è la motivazione della contrazio-ne d’orario. Analoga la questione

dell’ufficio dell’Agenzia delle en-trate di Edolo, che serve tutta l’Al-ta Valle dell’Oglio, evitando la più lunga trasferta a Breno. Dalla fine dello scorso gennaio la succursa-le ha dimezzato i giorni di apertu-ra, ora ridotti al martedì e giovedì (8.30-12.30 e 14-16). I responsabili

assicurano che ciò basterà al di-sbrigo di tutte le pratiche. In ogni caso il taglio è stato effettuato con la solita strategia: lasciar trapelare la possibilità di chiusura definitiva dell’ufficio, attendere la reazione di amministratori e professionisti, approdare ad una condivisa mini-apertura intesa dagli uni come ob-biettivo raggiunto e dagli altri come una vittoria “politica”. Sul fronte scuole, dopo l’infelice gestione del-lo scorso anno della riduzione dei plessi in Valsaviore, si segnala al momento la situazione delle scuole materne paritarie, per lo più di ispi-razione cattolica. Data l’esiguità de-gli aiuti statali, senza la sensibilità dei Comuni dovrebbero chiudere. Quando poi il numero degli iscrit-ti è minimo il destino è segnato. A Monno, però, tengono duro: pur contando solo sei alunni, alla Ma-terna hanno accolto anche quattro piccoli fra i due e tre anni. Con due maestre, 10 iscritti e l’appoggio di tutta la popolazione si garantisce un servizio di base per le famiglie più giovani. E i negozi? A Paisco e Corteno hanno intercettato fondi regionali (125mila euro condivisi anche con Capo di Ponte) per aiu-tare nella misura fra il 30 e il 50% a sostenere le spese per migliorie ad attrezzature e look di una deci-na di esercizi pubblici o aree adibi-te a mercato.

Alternativa Ambiente - Casa del Parco dell’Adamello ha pubblicato il programma delle vacanze per bambini e ragazzi nel Parco dell’Adamello. Le “Settimane Natura” per bambini da otto a 11 anni verranno proposte nelle date 17/23 giugno, 24/30 giugno, 1/7 luglio e 2/8 settembre; le “Vacanze Avventura” per ragazzi da 11 a 13 anni nelle date 1/7 luglio, 8/14 luglio e 2/8 settembre 2012. Per info, www.alternativaambiente.com o telefonare al numero 0364.76165.

inunce, strappi e di-missioni hanno carat-terizzato quest’inizio di primavera in tre Co-muni della Media Valle:

Gardone, Sarezzo e Villa Carcina. Partendo da quest’ultimo, dopo la cancellazione della delaga alla Si-curezza per l’assessore Stefano De Carli, è cosa di qualche settimana fa l’esclusione dalla maggioranza di due assessori della Lega Nord: Elisa Fontana (vicesindaco e responsabi-le per le Attività produttive) e Gian-leone Gnali (assessore ad Ambiente ed ecologia). Una rottura in seno al un’amministrazione che alle elezio-ni del 6 giugno 2009 aveva ottenuto dalla cittadinanza il 59,4% delle pre-ferenze, con un progetto comune proprio di Pdl e Lega Nord. Le pri-me incrinature del rapporto si mo-strarono già 12 mesi orsono, quan-do i leghisti si costituirono come gruppo autonomo; ora la decisione forte presa dal sindaco Gianmaria Giraudini in seguito all’opposizione votata dai due assessori all’approva-zione del bilancio di previsione 2012 nella seduta consiliare del 19 mar-zo. Il numero degli assessori scen-

de così a cinque, con le cariche di vicesindaco e delegato all’Associa-zionismo che verranno ricoperte da Moris Cadei (già assessore ai Servizi sociali), mentre il settore di Ecolo-gia e ambiente e di Attività produt-tive e commercio sarà appannaggio dell’architetto Claudio Marianini. Si sono mosse le acque anche nell’am-ministrazione comunale di Sarezzo, con le dimissioni giunte la scorsa settimana da parte di Roberta Gue-rini, assessore a Bilancio, Servizi di comunicazione, Tributi, Sviluppo del terzo settore e Ced (Centro ela-borazione dati). Una defezione alla quale il sindaco Massimo Ottelli ha riparato, nominando nuovo asses-sore il consigliere Fabrizio Zanotti e modificando anche altre deleghe. Proprio in carico al primo cittadino di Sarezzo vanno quelle relative a Bilancio e programmazione finan-

ziaria e i Tributi, mentre il neoasses-sore Zanotti si occuperà di Servizi sociali, Politiche giovanili, Centri ricreativi estivi, Cag, Gemellaggi e Sviluppo del terzo settore (prima in carico a Giuseppe Pedergnaga, da diversi mesi purtroppo in gravi condizioni di salute). All’assesso-re alla Cultura Valentina Pedrali si aggiungono gli incarichi relativi ai Servizi di comunicazione e quelli del Ced. A Gardone Val Trompia è neoassessore Pierangelo Lancelot-ti, nominato responsabile per Pro-tezione civile, Patrimonio e Società partecipate. E con Lancelotti arriva anche un’altra novità, con l’ingresso nel consiglio comunale del 25enne Roberto Bondio, ex segretario dei giovani del Pd e sostituto del dimis-sionario Ladislao Mattiuzzo, che ha dovuto abbandonare l’incarico per motivi lavorativi.

Comunque vada sarà cultura. Questo potrebbe essere lo slogan che il Mini-stero sottende alla classica “Settima-na della cultura” dal 14 al 22 aprile. Anche la Valtrompia aderisce con un florilegio di proposte che coinvolgono Comuni grandi e piccoli, musei, teatri e associazioni. Caino, Gardone, Lu-mezzane, Lodrino, Nave, Ome, Pezza-ze, Sarezzo, Tavernole, Villa Carcina (nella foto Villa Glisenti): questi sono i protagonisti di una sette giorni cul-turale per tutti i gusti che passa per presentazione di libri, visite ai musei, aperture straordinarie di biblioteche, mostre e laboratori. Una proposta per la quale si è fatta coordinatrice la Comunità montana di Valle Trompia, grazie al prezioso lavoro di Sibca (Si-stema dei beni culturali e ambientali), supportato dai buoni risultati ottenuti nell’anno 2011, con 562 partecipanti alle iniziative organizzate in 10 diver-si luoghi di cultura. Nel weekend so-no molte le proposte, con la sala ci-vica del borgo di Caino che venerdì 20 aprile (ore 20.15) ospiterà la pre-sentazione del libro a cura di Roberto Gotti “Le terre della Spaderia. Caino”, mentre salendo al teatro Odeon di Lu-mezzane alle 20.45 si potrà assistere a “Vite da romanzo” recital a due voci sulla figura femminile attraverso i se-coli a cura di Flora Zanetti e Barbara Mino. Sabato 21, invece, la biblioteca di Villa Carcina effettuerà un’apertura straordinaria con la consegna dei kit di lettura ai neonati del paese all’in-terno dell’iniziativa “Nati per leggere” dalle 14.30 alle 18.30, mentre a Nave sarà possibile visitare (ore 15/18) la

Pieve della Mitria, scortati da Andrea Minessi. Domenica 22 apertura del museo “Le miniere” di Pezzaze (ore 10/20), del museo “Il forno” di Taver-nole (ore 15/18), mentre alle ore 16 all’osservatorio di Lumezzane si terrà la lezione “Il sole al telescopio”. Una serie di iniziative a ingresso gratuito (http://cultura.valletrompia.it). Infor-mazioni al Centro unico di prenota-zione (030.8337495).

Come una barca viaggiante che va per porti conosciuti, così si sposta per la Valtrompia e non solo la “Biblioteca delle favole”. Già salpata e approdata sul finire del mese di marzo a Bovezzo e a inizio aprile a Marcheno, da venerdì è giunta in Val Garza, nella biblioteca di Nave fino al prossimo 7 maggio. Si tratta del progetto spin-off della “Torre delle favole”, che ormai da nove edizioni trasforma la Torre Avogadro di Lumezzane in un castello incantato, differente di anno in anno,

sempre nuovo grazie alle forme di un illustratore e di un gruppo di volontari che ne realizzano l’immaginazione con la favola scelta per l’occasione. Quest’anno erano “I musicanti di Brema” a scandire il passo delle rappresentazioni teatrali e sempre i personaggi dei fratelli Grimm rivisti con la lente dell’illustratrice francese Sophie Fatus a fare da traino a un esercito di libri sul tema dei briganti e del viaggio. Una mostra bibliografica itinerante curata da Luigi Paladin,

che dopo Nave (13 aprile/7 maggio) approderà a Villa Carcina (9 maggio/ 23 maggio), Lodrino (25 maggio/ 11 giugno), quindi l’arrivo in Valsabbia a Vobarno (19 settembre/3 ottobre) e il ritorno nel Sistema bibliotecario di Valle Trompia con Collebeato (5 ottobre/22 ottobre) e Ome (24 ottobre/7 novembre). Una mostra itinerante visitabile durante gli orari di apertura delle varie biblioteche: Collebeato, lunedì (15/19), mercoledì (14/20), venerdì (10.30/12.30 e 14/18),

sabato (8.30/12.30); Nave, lunedì (14/21), martedì (9/13), mercoledì, giovedì e venerdì (14/19), sabato (9/12); Ome, martedì (14.30/17.30), giovedì (9/12), venerdì (14.30/17.30), sabato (9/12 e 14.30/17.30); Villa Carcina, lunedì (9/12 e 14.30/18.30), martedì 814.30/18.30), mercoledì (9/12 e 14.30/18.30), giovedì e venerdì (14.30/18.30), sabato (9/12); Vobarno, lunedì, martedì, mercoledì e venerdì (9/12 e 15/19), giovedì (9/12 e 15/22). Per info, www.bibliografieco.altervista.org.

Anche Bovezzo, Nave, Caino e Cellatica sono entrati a far parte del progetto di Polo catastale di Valle Trompia che vede come ente capofila la Comunità montana. Un progetto nato nel 2008 con l’obiettivo di dare un servizio ai Comuni appartenenti, che spazia dalle visure sino alla gestione e condivisione dei dati cartografici catastali. Uno strumento utile ai professionisti che operano nel settore edile urbanistico, così come ai privati cittadini che

volessero approfondire qualche questione tramite la consultazione cartografica. Ad oggi rimane esclusa dalla rete del Polo catastale soltanto la municipalità di Concesio, mentre Collebeato è in procinto di aderirvi. “Di fatto – hanno detto all’unanimità i quattro sindaci di Nave, Caino, Bovezzo e Cellatica –, questo servizio consentirà di snellire le procedure urbanistiche, potendo sfruttare una tecnologia digitale condivisa da un numero alto di Comuni”. Uno strumento

informatico di grandi potenzialità sia per singoli cittadini sia per le amministrazioni locali, i cui servizi sono integrati anche dal Geoportale di Valle Trompia, col quale è possibile consultare, tramite web, non solo una parte significativa del patrimonio cartografico, ma anche numerose altre informazioni legate al territorio. “Con il modello realizzato – ha spiegato l’architetto Fabrizio Veronesi, direttore del Polo catastale – si potrà collegarsi all’Agenzia del territorio per

l’aggiornamento delle mappe catastali del mese trascorso, la georeferenziazione dei numeri civici, gli aggiornamenti stradali, gli accertamenti degli immobili con classificazione A4 e l’individuazione dei cosiddetti immobili ‘fantasma’, ossia non classificati. Per quanto riguarda il Geoportale (la cui definizione è completa all’80%), i cittadini potranno contare su uno strumento gratuito per approfondire e condividere le informazioni su cartografia, catasto e anagrafe”.

l 19 aprile del 1945 sul Sonclino, cima dominante tra Marcheno, Lumezzane, Sarezzo, avvenne la battaglia tra una ottantina di partigiani della 122ª Brigata Ga-

ribaldi e 400 repubblichini e tedeschi che, bloccati dalla strenua resistenza sul crinale, incendiarono la monta-gna. La Brigata riuscì a sganciarsi, ma perse il suo vicecomandante Giusep-pe Gheda: 18 furono i morti partigiani, catturati e trucidati. Sei furono fuci-lati a Marcheno il 20, dietro il campo-santo. Lì una lapide ne ricorda il no-me ed il sacrificio: poco prima, in uno spazio verde, un cippo ricorda tutti con inciso nel marmo “Caduti per la Patria 122ª Brigata d’assalto Garibal-di Antonio Gramsci-19.4.1945”. Venne inaugurato il 25 aprile del 1946, bene-detto dal parroco don Severino Car-doni, figura carismatica: nascondeva in canonica fuggiaschi, il suo Circoli-no venne chiuso dai fascisti, lui stesso portato in caserma, l’Azione cattolica fu per i giovani il crogiuolo della scel-ta partigiana. Ora la sezione locale dell’Anpi ha deciso, in pieno accordo con il Comune, di dare al cippo nuova visibilità e risalto con un recupero, già proposto alla autorizzazione della So-vrintendenza delle belle arti: il monu-mentino sarà completato, realizzando uno sfondo marmoreo, sul quale da lontano spiccherà la parola “Resisten-za”, l’essenziale. La motivazione è for-te e condivisa. Marcheno nella storia

partigiana è “La contrada del ribelle”. Una relazione del Cln censisce nel ‘44 100 giovani “renitenti, partigiani” con 21 deportati e internati su circa 1900 abitanti. I nazifascisti furono costretti a collocare casa per casa 60 militi per avere un minimo di controllo. Sono 26 i caduti sul suo territorio e in campo

di concentramento. C’è una fotografia di quel 25 aprile del 46: vi si ricono-scono i volti dei resistenti protagoni-sti poi di decenni di democrazia, pur con scelte diverse. Tra gli altri: il sin-daco della Liberazione nominato dal Cln Giovanni Rizzinelli, il primo elet-to nel 1947 Giulio Zanoletti, il succes-sore Rizzinelli Davide, Giacomo (Mì) Belleri tra i fondatori della Dc. Ed an-cora Angelo Moreni partigiano, sin-dacalista, quadro importante del Pci tragicamente investito da un auto a Concesio nel ‘54 alla vigilia della sua candidatura al Parlamento. Scriveva nella sua piccola autobiografia: “A Marcheno la gioventù si era schiera-ta con la Brigata Garibaldi, dal presi-dente della Azione cattolica ad altre decine di giovani...”. Ma con le luci rievoca anche le ombre. Lino Belleri, 87 anni, allora giovanissimo, poi im-pegnato sindacalista, unico vivente tra i partigiani combattenti in foto-grafia, ne osserva i volti e impietoso indica, biancovestito, Tito Tobegia (Guitti Luigi di S.Eufemia), che de-finisce “l’àsen, comandante per caso della Brigata”, dopo la cattura per de-lazione e fucilazione a Lumezzane di Giuseppe Verginella il 10 gennaio del ‘45. Figura discussa ed inquietante: ar-restato su ordine del Comando alleato e condannato per la inutile strage di rappresaglia a S.Eufemia del maggio ‘45, amnistiato a inizio ‘46 e poi rifu-giato in Cecoslovacchia fino al 1957.

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er il terzo anno consecu-tivo il Parco del Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera è stato inserito nella lista dei 10 finali-

sti del concorso “Il Parco più bello d’Italia”, patrocinato dai ministeri per i Beni e le attività culturali, del Turismo e dell’ambiente, dall’Aci, dal Fondo per l’Ambiente italiano e dall’Associazione italiana di archi-tettura del paesaggio. Giunto alla sua 10ª edizione, “Il Parco più Bello d’Italia”, tenendo conto degli aspetti storici, artistici e botanici, dello sta-to di conservazione, del programma di manutenzione e gestione, della presenza di adeguati servizi, dell’ac-cessibilità e di informazioni all’uten-za, ha lo scopo di evidenziare, va-lorizzare e premiare l’inestimabile patrimonio di parchi e giardini pre-senti nella nostra penisola e di con-tribuire a stimolare l’interesse e la sensibilità verso il turismo verde di qualità. Il nome del vincitore verrà reso noto entro l’estate. “A definire il parco – dichiara il presidente della Fondazione del Vittoriale, Giordano Bruno Guerri – ha pensato lo stesso d’Annunzio con i versi ‘Il bel Parco...

ove un dì poetava l’usignuolo’ del-la poesia ‘La statua’”. È stato d’An-nunzio a volere quei dieci ettari di bellezza verde che si stagliano sullo sfondo blu del lago e l’azzurro del cielo di Gardone, curandone ogni dettaglio, ogni pietra, ogni pianta. “Non si tratta dell’esterno di un’abi-tazione, ma di una parte preziosa di quel ‘Libro di pietre vive’ che è il Vittoriale degli Italiani nel suo in-sieme”. Per questo negli ultimi anni la Fondazione ha messo particolare amore nella sistemazione del verde fino a ripiantare 20 cipressi scom-parsi dal 1938 a oggi. A coronare il circolo virtuoso del motto coniato dal poeta ‘Io ho quel che ho donato’, che adorna l’ingresso monumenta-le del Vittoriale, sono arrivate negli ultimi anni le opere d’arte che oggi impreziosiscono il parco, aggiun-gendovi nuova bellezza e concor-

rendo a trasformarlo in quello che lo stesso Guerri definisce un ‘Museo a cielo aperto’: dai “Due Angeli” di Ugo Riva al “San Sebastiano” di Et-tore Greco, dal “Cavallo blu” di Mim-mo Paladino fino all’ultimo arrivato, il maestoso “Obelisco Cassodoro” di Arnaldo Pomodoro. Il Parco del Vittoriale è aperto tutto l’anno, set-te giorni su sette, tranne il 24 e 25 dicembre e l’1 gennaio, e da aprile a settembre dalle 8.30 alle 20. Il bi-glietto d’ingresso, che include an-che la visita al museo ‘D’Annunzio segreto’, costa 8 euro. Su richiesta è possibile prenotare visite guidate (tel. 0365/296511). Fino al 22 aprile l’ingresso al Parco sarà offerto gra-tuitamente per tutti i possessori e per tutti coloro che sottoscriveran-no la tessera “Amici del Vittoriale”, disponibile alla cassa del comples-so museale.

Salò ricorda il suo territorio e la sua gente. Attraverso un libro e una mo-stra di vecchie fotografie che raccon-tano di una Salò che non c’è più. E ri-corda il presente fatto di gesti eroici e di solidarietà, attraverso un encomio e un contributo. Nella cerimonia svol-tasi sabato 14 il passato è “fotogra-fato” dalla pregevole pubblicazione “Salò, paesaggi e volti d’altri tempi”, raccolta di immagini inedite di un se-colo di storia ricercate con certosina pazienza da Pierangelo Del Mancino e accompagnate dalle sapienti dida-scalie di Flavio Casali e dalla mostra delle fotografie inserite nel libro, al-lestita nella Sala del Pendolo e visita-bile fino al 6 maggio, che documenta la nascita della vocazione turistica e commerciale, lo sviluppo delle prime grandi aziende, la vita, il costume, la cronaca e il mito del tempo. Il presen-te è l’encomio per i fratelli Riccioni che non hanno esitato, alle prime luci dell’alba del 12 febbraio, a mettere a repentaglio la propria vita per trarre in salvo una giovane madre insieme ai suoi bambini di sei, sette e 11 anni rifugiatisi sul tetto della propria casa colpita da un incendio. I due fratelli, Alberto e Marcello, carabiniere il pri-mo e insegnante il secondo, hanno ri-cevuto una targa dal sindaco Barbara Botti, testimonianza dell’abnegazione dimostrata e, insieme, della ricono-scenza da parte dell’intera comunità salodiana. Alla famiglia salvata il Co-mune ha destinato quanto raccolto nella pubblica sottoscrizione lancia-ta dal primo cittadino per sostenere le spese del rientro. “Il passato e il

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presente di Salò – ha commentato il sindaco Botti – si fondono e sono ben rappresentati da chi, oggi come allora, contribuisce a mantenere viva la no-stra comunità e, pur nelle difficoltà, ci restituiscono un quadro nel quale possiamo ritrovare valori, suggestio-ni e significati che, rivelando la nostra identità di ieri, ci ribadisce la validi-tà, nella continuità, dell’impegno del quale ci facciamo carico oggi”. (v.b.)

La nuova compagine manageriale, che da gennaio 2012 ha preso in gestione i Musei Mazzucchelli, si presenta ufficialmente al pubblico con un omaggio alla moda, alla donna e a Franca Meo, fondatrice del Museo della moda e del costume, nella giornata di venerdì 20 aprile, a partire dalle ore 17 presso i Musei. L’appuntamento, realizzato in collaborazione con il Comune di Mazzano, prevede la visita del nuovo allestimento del Museo della moda e del costume,

che vanta oltre 6000 pezzi – tra abiti, accessori, biancheria intima e da casa, paramenti sacri, strumenti di lavoro, giocattoli, foto storiche, stampe, cartoline e figurini – databili dalla metà del Settecento fino alla nascita dell’alta moda nel Novecento; oltre ad un nucleo di abiti etnici del XIX e XX secolo, acquisiti durante le ricerche e i viaggi di Franca Meo. Il nuovo percorso espositivo si sviluppa in cinque sezioni: la prima dedicata all’alta moda; la seconda, con

preziosi abiti e accessori del XIX secolo, tra cui abiti da sera e da cerimonia, corredati dai più diversi accessori, quali cappelli, ombrellini, ventagli, fazzoletti, borsette; la terza, dedicata alla filatura e all’arte della tessitura, con manufatti e campioni tessili dal Settecento al Novecento; la quarta presenta un excursus della storia della biancheria femminile; la quinta è ambientata nell’antica cucina della villa. Infine, la quinta sezione è dedicata al mondo del bambino. L’appuntamento si

conclude con un concerto, che vedrà Zanardi (soprano), Piceni (mezzo soprano), Saleri (attrice), Cirelli (pianista) interpretare alcuni testi di Franca Meo. “Il mio intento − spiega il neodirettore Lara Alberti − in primo luogo è quello di rinnovare profondamente gli spazi museali. Intendiamo valorizzare le ampissime collezioni che in questi anni si sono costituite rendendo il luogo museo uno spazio sempre aperto (tutti i giorni) al pubblico e alle nuove iniziative.

Nuova “paternità” per le aree verdi di Cologne, destinate a passare sot-to la cura delle locali associazioni. È di pochi giorni fa, infatti, l’emis-sione di Giunta del bando (maggio-ri informazioni sul sito www.comu-ne.cologne.bs.it) per l’affidamento in adozione del servizio di gestione aree verdi appartenenti al patrimo-nio comunale. Con la diligenza del “buon padre di famiglia” e con la ra-gionevole accuratezza e consapevo-lezza della natura del bene affidato, i gruppi che aderiranno alla conven-

zione siglata col Comune, si impe-gneranno così in interventi di manu-tenzione ordinaria, con continuità e diligenza, a fronte di un contributo erogato dall’amministrazione che provvederà a tutte le spese di ben-zina e di manutenzione ordinaria e straordinaria dei mezzi. Tra i servi-zi previsti s’inseriscono: la potatu-ra delle siepi, il taglio dei rami, la ri-mozione di piante secche; ma anche l’integrazione e l’eventuale piantu-mazione di nuovi arbusti ed essen-ze. Inclusi nella convenzione anche

le piccole riparazioni d’arredo urba-no (giochi, panchine, tavoli, gaze-bo, fontanelle, cestini...), la verifica della presenza di punti luce spenti o malfunzionanti e di problemi ineren-ti il servizio di distribuzione idrica, la pulizia dell’area e il controllo del-la presenza di parassiti, fitopatie e dell’abbandono di rifiuti ingombran-ti o “speciali”. Tra l’associazione e il Comune potranno essere inoltre concordate e promosse nelle aree interessate al progetto anche inizia-tive pubbliche a carattere ecologi-

co, come per esempio giornate del verde pulito, piantumazioni di albe-ri per ogni neonato e iniziative dedi-cate alla pulizia straordinaria. A vi-gilare sul buon operato ci penserà l’Assessorato preposto e, qualora si riscontrasse un’anomala gestione, tramite il responsabile del settore ecologia, si inoltrerà contestazione all’assegnatario, mentre l’Ammini-strazione potrà interrompere a pro-prio arbitrio l’incarico di uno o più interventi programmati con un me-se di preavviso. (a.s.)

fficio servizi socia-li, Gruppo volontari del soccorso e Caritas parrocchiale in prima linea: sono i tre atto-

ri del progetto “Dispensa sociale”, presentato pubblicamente nella Casa della Solidarietà, alla presen-za del primo cittadino Franco Cla-retti e del presidente della Fonda-zione Cogeme, Giovanni Frassi. “Il progetto – è stato illustrato – nasce da molteplici esperienze maturate nel riutilizzo di derrate alimenta-ri non più commerciabili a causa dei difetti nel confezionamento o perché prossime alla scadenza e che possono invece, con impegno e buon senso, essere recuperate e reinvestite: ogni giorno enormi quantità di frutta, verdura e di beni alimentari di seconda scelta vengo-no infatti recuperate e distribuite a comunità ed enti senza fini di lucro sparsi sul territorio”. Tra i relatori della serata, erano presenti anche il presidente del Gruppo sportivo “Vita per La vita” Lino Lovo, il re-ferente della “Dispensa sociale” Renato Cadei e Daniela Antonini, responsabile dell’Area Servizi al-la persona, impegnata soprattutto nella presentazione del Protocol-lo operativo, canalizzato verso tre finalità: di solidarietà sociale (so-stenere eventuali nuclei familiari disagiati tramite la distribuzione

mirata di pacchi alimentari), di benessere ambientale (ridurre la quantità di merci destinate allo smaltimento in discarica e termo-distruttore per evitare sprechi e di-minuire l’impatto ambientale degli scarti) e di risparmio economico (attraverso la donazione delle ec-

cedenze, le aziende restituiscono loro un valore economico e, se da un lato contengono i propri costi di stoccaggio e di smaltimento, dall’altro offrono un contributo in alimenti che ormai supera le centi-naia di milioni di euro). Il servizio sarà indirizzato a nuclei familiari o singoli coccagliesi in stato di ne-cessità, ma non è da escludere un possibile ampliamento dell’inizia-tiva. “L’obiettivo a breve termine – hanno specificato i promotori del progetto, Renato Cadei e Gianni Ghidini – è di favorire il recupero di beni alimentari invenduti a favo-re di enti e associazioni presenti a Coccaglio e che fungerà da esperi-mento pilota; nell’ottica di espan-derlo poi a tutta la Franciacorta, in modo da costruire una rete di ser-vizi avente dimensioni importanti, anche per i volumi economici in gioco”. “Affinché questo progetto “sperimentale” sia il più efficace e raggiunga più utenti possibili −ha commentato il sindaco Franco Claretti − è necessario che sia con-diviso e veicolato a livello del Di-stretto socio-sanitario dei sindaci dell’Ovest che presiedo, in modo che nessuna risorsa venga sprecata in termini di impegno dei volontari e di condivisione delle azioni tese a dar risposta ai bisogni dei più de-boli, in questo tempo di crisi che sta colpendo le nostre comunità”.

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L’Elettroimpianti e Audema, due note aziende bresciane impegnate nel campo della tecnologia campanaria e dell’amplificazione sonora hanno recentemente concluso un accordo per la creazione di un’unica e nuova ditta denominata “Elettroimpianti Audema”. Nuove strategie per il miglioramento dei servizi ed il contenimento generale dei costi sono le ragioni che hanno condotto a questa

scelta. Infatti l’unione delle rispettive risorse e conoscenze, ha immediatamente prodotto un’estensione dei servizi offerti che ora si svolgono con il doppio del Personale pur suddiviso nelle relative specializzazioni. I Tecnici nei rispettivi settori (campane ed amplificazione) sono in grado di ottimizzare tempi e spostamenti a beneficio soprattutto del servizio di assistenza post-vendita.Nella nuova configurazione le

due ditte hanno ora un solo Ufficio comune in grado di supportare e coordinare entrambi i settori in modo più funzionale ed economico fornendo al Cliente un solo interlocutore per entrambi gli Impianti. La sede della nuova azienda è stata ubicata a Castrezzato, in via Ferramola, 3. Per contatti: 030/7702802; 030/7040972; cell. 328/6582607 (Claudio); email: [email protected]; [email protected].

ttraverso una fitta ope-rosità legata al restauro l’accademia interagisce con la città e con il ter-ritorio a vantaggio del-

la salvaguardia e della conservazio-ne dell’insigne patrimonio artistico e culturale di Brescia. Prosegue l’opera di restauro di parti del Teatro Grande di Brescia cominciata nel 2007 a cura del dipartimento di Restauro della La-ba. Nel 2011 è stato ripristinato nella sua fisionomia originale e riaperto al pubblico il bar del teatro: i lavori, vo-luti dall’amministrazione comunale, sono stati affidati dalla Fondazione

progetto, in collaborazione con Bre-scia Mobilità, vuole instillare la voglia di metropolitana. Al radicamento sul territorio bresciano e nazionale corri-sponde analoga apertura verso l’ester-no: Laba International con sede in Cina opera nell’ambito dell’industrial design e della visual art comunication.

del Teatro Grande alla Laba si sta in questi giorni stendendo il calendario delle attività che impegneranno le al-lieve dell’accademia presso il Massimo cittadino nella prossima estate. Anche presso Villa Badia a Leno proseguono i lavori, finanziati da Cassa Padana: ter-minato il restauro nelle sale del piano terra, ora il cantiere si è spostato al primo piano. A Bagnolo Mella è in fase di pulitura il monumento al Fante, che verrà inaugurato il 6 maggio con una cerimonia pubblica. Presso la chiesa Santa Maria della Carità in via dei Mu-sei a Brescia un gruppo di studentesse, guidate dai loro tutor (ex-studentesse

della Laba) e dalle professoresse Elisa Pedretti, Monica Ferri e Giovanna Ja-cotti, ha il compito delicato di riportare all’antico splendore l’altare maggiore e la Cappella della Madonna di Loreto. Il progetto è promosso e sostenuto dal-la Fondazione Cab. Inoltre, una con-venzione recentemente firmata con la Provincia di Brescia affida la manu-tenzione della chiesa di San Giorgio in città al dipartimento di Restauro della Laba. Lo stesso dipartimento attende infine il la per cominciare il restauro della statua del Bigio da ricollocare in Piazza della Vittoria, la cui delibera è già pronta da tempo. Nell’ambito del

restauro dell’arte contemporanea, pro-segue anche la collaborazione con la Fondazione Berardelli e con altre im-portanti gallerie cittadine. Ma all’ac-cademia cittadina non si impara solo il restauro: nella sede di Piazza del Fo-ro, dedicata alle arti visive, gli studenti operano nei laboratori di decorazione, di pittura, di scultura, di scenografia. Nella sede centrale di via Don Vender si apprende invece la fotografia, il de-sign, il graphic design e il fashion. Po-trà capitare in questi mesi di incontrare per le strade di Brescia Metroeuropa, un autobus di linea interamente co-perto da immagini che gli studenti di fotografia della Laba hanno scattato in diverse metropolitane europee: il

La chiesa parrocchiale prepositurale di S. Maria Assunta in quel di Gussago è un esempio di architettura neoclassica. Iniziata nel 1743 su progetto dell’architetto veneziano Giorgio Massari (1687-1766) e aperta al culto nel 1760, la parrocchiale si innalza elegante sul sagrato e sulla scalinata; la facciata, è stata disegnata da Rodolfo Vantini (1791-1856) a cui subentrò in un secondo momento Luigi Donegani (1793-1855) che vi apportò modifiche, fu conclusa nel

1835. Le statue di Fede, Speranza, Carità sopra il timpano e l’altorilievo dell’Assunzione furono realizzati da Francesco Stanga su disegno di Giovanni Franceschetti tra 1827 e 1837. Nella lunetta sopra l’ingresso principale si trova un affresco di Giuseppe Teosa (1758-1848) con Gesù che consegna le chiavi a S. Pietro. Grandiosa la scalinata marmorea finita nel 1857 disegnata da Luigi Basiletti (1780-1859), caratterizzata dalle statue di due

leoni di Antonio Tantardini (1829-1879). La chiesa parrocchiale svetta in tutta la sua maestosità sull’ampio territorio che circonda Gussago. Per i gussaghesi, forse di più della Santissima, è il vero monumento cittadino. Una considerazione che al restauratore Lorenzini, gussaghese doc, mette uno stimolo in più nell’affrontare l’intervento di restauro delle due facciate laterali e di quella centrale.

a parrocchiale di Santa Maria Assunta di Gussa-go non passa inosservata, con la sua imponenza do-mina gran parte del pae-

saggio di questa parte di Franciacorta. Per questo non passavano inosservate nemmeno le sue precarie condizioni di salute. Una attenta analisi ha messo in luce, nei mesi scorsi, una situazio-ne di complessiva criticità. Coperture, sottotetti e facciate necessitavano di interventi urgenti. Nelle scorse setti-mane la parrocchiale è stata ingab-biata da imponenti ponteggi e i lavori hanno preso avvio. Diversi sono stati

i professionisti chiamati al capezzale dalla parrocchiale: la situazione pre-caria di tetti, sottotetti e facciate ha richiesto una sorta di task force di diverse professionalità. E così alla ditta incaricata di mettere mano al-

le coperture e ai sottotetti minati da seri problemi, è stato richiesto anche l’intervento del gussaghese Lorenzi-ni per l’intervento sulle facciate del-la chiesa. La facciata principale della parrocchiale, risalente all’Ottocento e quelle laterale, del secolo precedente si presentavano in condizioni critiche. All’occhio esperto del restauratore è balzata evidente la presenza di lesio-ni causate dall’assenza di tiranti nel-le volte delle cappelle centrali laterali e di altre lesioni nella zona absidale causate dalla spinta della copertura. Le superfici intonacate con brani di intonaco presentavano aree forte-

mente erose, decoese e con depositi biologici. Da qui Lorenzini è partito per l’intervento conservativo che propone-va un ulteriore elemento di particola-rità. “Le facciate della parrocchiale di Gussago – afferma il restauratore – so-no per certi versi uniche nel panorama delle chiese bresciane. Conservano ancora gli intonaci originari e questo richiede un’attenzione particolare”. Va salvato e restituito agli aspetti origina-li proprio quell’insieme di intonaci che per secoli sono stati la caratteristica della parrocchiale di Gussago. Loren-zini dovrà occuparsi non solo delle fasi propedeutiche di pulitura delle

facciate, ma dovrà mettere in campo i ncessari interventi per correggere le condizioni che permettono all’ac-qua di penetrare negli strati profondi e di innescare i processi disgregativi. Analogamente il consolidamento in superficie e in profondità avrà lo sco-po di consolidare quelle parti che col tempo potrebbero disgregarsi. Que-sta operazione avverrà cercando di realizzare le aggiunte con caratteri-stiche materiche e formali simili a quelle circostanti. Questo importante lavoro sulle facciate (abside a parte) potrebbe essere concluso entro la fi-ne del 2012.

L’Ordine degli architetti della Provincia di Brescia svolge la propria attività fondamentalmente attraverso tre dipartimenti: istituzionale, professione e formazione. Costituitosi nel 1955, conta 2.340 iscritti ed è presieduto da Paolo Ventura, che attualmente ricopre anche la carica di presidente della Consulta regionale lombarda, affiancato istituzionalmente dal segretario Laura Dalé, dal tesoriere Luigi

Scanzi e dai tre vicepresidenti Gianfranco Camadini, Paola Faroni e Roberto Saleri. Il Consiglio pone in primo piano la necessità di una formazione continua e di qualità (come espressamente indicato dalle recenti normative), in cui investe significative risorse trattandosi di un aspetto centrale nello svolgimento dell’attività professionale, per essere aggiornati sulle innovazioni tecnologiche e

legislative e rispondere al meglio alle nuove richieste del mercato. L’integrazione fra i saperi appare la chiave di volta per affrontare più agevolmente i periodi di crisi: le nuove prospettive hanno nomi quali risparmio energetico, energie rinnovabili, mobilità sostenibile, bioedilizia e bioarchitettura, metodi e prodotti naturali per la prevenzione di problematiche inerenti alla salute umana e alla salvaguardia dell’ambiente.

L ’architetto che opera nell’ambito del restauro e della conservazione de-ve conoscere precise me-todologie e tecniche per

effettuare i rilievi, saper affrontare procedure di analisi fisico-chimica e statico-strutturale ed utilizzare gli strumenti e i materiali più adeguati per gli interventi. Deve inoltre ana-lizzare approfonditamente l’edificio o il manufatto cui sono rivolti i re-stauri in oggetto e riconoscere i pre-cedenti interventi a cui esso è stato sottoposto.

importante ricordare che il restau-ro di edifici monumentali è materia di esclusiva competenza dei profes-sionisti architetti, i quali possiedono la necessaria capacità di analisi, l’au-tonomia decisionale, la creatività ed il senso estetico per gestire un can-tiere, nel rispetto altresì della norma-tiva di riferimento.L’Ordine degli architetti della Provin-cia di Brescia è sempre fortemente impegnato nel campo della formazio-ne e dell’aggiornamento culturale e

professionale. Tra i numerosi Corsi proposti, è stato accolto con parti-colare entusiasmo, oltre ogni aspet-tativa, il recente Corso per proget-tisti e restauratori dell’architettura storico-monumentale, realizzato dal Dipartimento professione in colla-borazione con la Scuola d’arte mu-

all’Ordine, cinque volte tanto i posti disponibili (60 in tutto). Al punto che l’Ordine degli architetti ha organiz-zato una seconda edizione (sempre con iscrizione gratuita), che ha pre-so il via il 3 aprile al Centro pastora-le Paolo VI e proseguirà fino al 24 aprile 2012. Interviene, tra i docenti titolari delle lezioni, il direttore della Soprintendenza per i beni architet-tonici e paesaggistici, Marco Fasser (per informazioni contattare il nu-mero 030-3751883; fax 030-3751874; e-mail: [email protected]). L’iniziativa intende dare rilevanza a tutti gli aspetti riguardanti i materia-li e le modalità adottate nel restauro monumentale, considerato che, tra i compiti dell’architetto, rientrano il determinare la natura, le caratteristi-che e la rilevanza dei beni architetto-nici e ambientali; effettuare l’analisi di tali beni per verificare la compati-bilità fra gli aspetti storico-estetici e gli interventi previsti; svolgere una ri-cerca scientifica sulle metodologie e le tecnologie di manutenzione, con-solidamento e restauro.

raria Calchera San Giorgio e con il patrocinio della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggisti-ci di Brescia, Cremona e Mantova (con cui l’Ordine degli architetti ha avviato da anni una positiva e solida collaborazione). Oltre 300 sono state le domande di iscrizione pervenute

L’Architetto progetta gli spazi destinati alla vita della gente, opera per lo sviluppo sostenibile della città e interviene

per il restauro dei beni culturali.

ORDINE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI DELLA PROVINCIA DI BRESCIAVia delle Grazie n.6 - 25122 Brescia - Tel. 030 3751883 – Fax 030 3751874 - E-mail: [email protected] - www.bs.archiworld.it

”L’architettura coinvolge contemporaneamente aspetti estetici, storici, sociali, econo-mici e produttivi. La qualità della concezione architettonica, l’inserimento nel pae-saggio dei nuovi interventi, il rispetto e la valorizzazione del paesaggio naturale e delle qualità urbane, l’utilizzazione totale del patrimonio esistente, la rigenerazione della città, rispondono ad un interesse pubblico e appresentano un diritto di tutti i cittadi-ni.” (dalla Direttiva europea sull’architettura e l’ambiente di vita)”

razie al sostegno della Fondazione Asm e del-la Provincia di Brescia, l’istituto Mnemosyne può riproporre il ban-

do per il premio “Giovanni Urbani”, riservato alle tesi di laurea dedica-te alla ricerca per la durabilità dei materiali di storia e d’arte. In coe-renza con gli orientamenti mutuati da Giovanni Urbani, l’Istituto pro-muove per la terza volta il premio per sollecitare le università italia-ne ad assegnare sempre più spesso tesi di laurea dedicate ad argomen-ti che consentano di dare sempre maggior fondamento ai più effica-ci processi della limitazione delle cause di degrado. Senza pertinente conoscenza delle cause di degrado, infatti, non sarà possibile incentiva-re le condizioni della durabilità dei materiali di storia e d’arte. Solo la promozione di tali condi-zioni, infatti, consentirà l’efficace riduzione dei sempre più onerosi “ri-restauri”, sempre più frequenti proprio perché (pur nel positivo re-

cupero delle valenze estetiche) non sono solutivi dei complessi proble-mi della duratura conservazione del-le opere d’arte. La pratica delle più congrue solu-zioni per i problemi della durabilità dell’arte si avrà tanto prima e meglio meglio quanto più numerose e più

ti alla soluzione di questi problemi, facendone partecipi anche i loro studenti, assegnando loro tesi di laurea dedicate proprio alla ricer-ca per la durabilità dei materiali di storia e d’arte. Senza trascurare che, come attestano le sue “Propo-ste disperse”, fu proprio Giovanni Urbani a formulare proposte e a di-rigere esperienze che evidenziaro-no che non sempre il restauro è il processo più congruo a conseguire la più compiuta conservazione del-le opere d’arte. Sono ancora poche le Università che abbiano sviluppa-to le strategie di studio e di ricerca necessarie a validare e riqualificare questi orientamenti. Come dettato dal 3° bando del pre-mio “Giovanni Urbani”, potranno essere ammesse le tesi discusse a partire dall’anno accademico 2006-07 fino all’anno accademico 2010-11. Le tesi di laurea dovranno perveni-re, entro il 30 aprile 2012, all’istitu-to Mnemosyne in via Oberdan 10 a Brescia, Per informazioni dirette: [email protected].

pertinenti saranno le ricerche dedi-cate proprio a quanto è necessario sapere per conoscere e limitare le cause di degrado dei materiali di storia e d’arte. Anche per questo l’Istituto Mnemo-syne ripete l’appello alle Università perché sviluppino ricerche coeren-

Con l’arrivo della Pasqua, per i parrocchiani di Niardo è arrivata la tanto attesa sorpresa: sono ripresi i lavori di restauro della chiesa parrocchiale che dovrebbero concludersi entro sei mesi. Il lavoro ha interessato dapprima gli esterni, poi il campanile e infine il presbiterio. Iniziato da don Fausto Murachelli, e diretto dall’architetto Giacomo Panteghini con autorizzazione della Soprintendenza di Brescia, l’intervento di risanamento strutturale e recupero

artistico, è stato svolto in vari lotti, e finalmente si è arrivati alla fase finale. In questi giorni un grande ponteggio ha cominciato a fasciare l’ampia navata, fino all’altezza di ventitré metri. Incaricato dei lavori, il restauratore bresciano Leonardo Gatti (che aveva già recuperato il grande presbiterio), ha iniziato il risanamento della navata e degli altari laterali, tra i quali spicca quello di S. Obizio, opera imponente, con i suoi 15 metri e mezzo d’altezza. Numerosi

sono i problemi da affrontare anche in quest’ultimo lotto. “Un problema di organizzazione logistica piuttosto complesso – così spiega Gatti il suo intervento – date le imponenti dimensioni della navata, ma soprattutto di quelle dell’altare di S. Obizio, in pessime condizioni di conservazione”. La comunità parrocchiale ha molto apprezzato l’iniziativa di don Angelo, impegnandosi fin d’ora nella raccolta dei fondi necessari alla conclusione dei lavori, prevista per l’estate.

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho”. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”. Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. (...)

“…Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: ‘Porta-te un po’ del pesce che avete preso ora’”. (Gv 21,9-10). Nei Vangeli il Ri-sorto compie pochi gesti, uno solo di questi eclatante (passare attraverso le porte chiuse), gli altri, sono gesti normali, spogli, quotidiani: chiede da mangiare, cammina, spiega le Scritture, spezza il pane. Anche il suo aspetto è ordinario: la Madda-lena lo scambia per il custode del giardino e i due di Emmaus per un pellegrino. Ma quello che colpisce di più è il Risorto del capitolo 21 di Giovanni che, vedendo affannarsi il gruppetto dei sei rimasti in una pe-sca fallimentare, cucina per loro un poco di pesce. “Non presero nulla”

che gli mettono davanti. Se la scusa per non credere, per continuare a in-gannarsi è solo la sua assenza, bene: lui è lì. Lui non inganna, come non ha ingannato con le sue parole. Sono loro che hanno voluto ascoltare solo quel poco che li poteva conquistare. Luca usa l’immagine molto efficace dell’aprire la mente alla conoscenza delle scritture, immagine per dire che solo andando in profondità in quello che avevano sentito, tornando indie-tro fino alle più lontane risonanze del-la Scrittura potevano capire davvero chi era quel Gesù al quale si erano accompagnati durante quei tre anni. L’apparizione del Risorto è soprattut-to apparizione della verità su di lui, della giusta interpretazione della sua parola: è una scuola che strappa via il velo delle speranze di realizzazione troppo facili e umane. Il Gesù nuovo della risurrezione impone ai discepoli di cambiare il modo di vedere tutto, e non solo le sue parole, ma anche la sua missione, il suo messaggio, la sua stessa persona. Non basta più Pietro che balbetta una professione di fede

incerta e un gruppo di uomini che an-nuncia un regno del quale immagina una costituzione tanto forte quanto umana. Il Risorto forza la mente dei discepoli e li costringe a ricordare nel profondo le sue parole, a sgombrarle dai desideri minimi, a farle bruciare dentro come parole necessarie delle quali non si può più fare a meno. La Legge e i Profeti diventano il modo per capire, per entrare nel profondo di quelle parole e se ci stupisce quan-to lontani fossero dal capire, sebbene fossero stati con Gesù per così tanto tempo, possiamo riflettere su quanto, ancora oggi le parole di Gesù possa-no essere lette nella loro forza umana senza allargarsi all’orizzonte di Dio, possano bastare come elemento di critica dell’umano senza aprire al futu-ro di Dio. Quei discepoli si accorgono che le parole che avevano sentito, sul-la bocca del Risorto aprono un cam-mino diverso. Non conta più toccar-lo ma ascoltarlo e finalmente capirlo; farsi portare più lontano di quanto ci si sarebbe aspettati, tornando indietro per entrare nel futuro di Dio.

arole. Il Risorto parla, par-la molto, sforza e costrin-ge la mente dei discepoli a superare non solo il trau-ma della morte di Gesù,

ma anche a staccarsi dai loro proget-ti, tutti umani, di una storia di potere legata a un Messia parziale e politico. Loro parlano di liberazione, di riscatto ma hanno in mente cose tanto diver-se da quelle che intendeva Gesù che i loro occhi non possono vedere quel-lo che accade, che la loro mente non può accettare se non come fantasia altre parole e altri racconti. I due di Emmaus tornano in fretta e raccon-tano, così come le donne, così come altri, ma quelle parole sembrano la follia collettiva di un dolore troppo cocente da poter essere ammesso. Sentono il pericolo di ingannarsi an-che se hanno bisogno di credere. È una violenza alla quale non sono pre-parati ma è l’unica strada che potreb-bero desiderare. Vorrebbero che quel Gesù che li aveva illusi tornasse; lui torna, appare, c’è. Non ha paura di farsi toccare e perfino mangia quello

sottolinea l’autore, e così, dopo la fatica della notte, si ritrovano a ma-ni vuote. Ancora il testo, attraverso un dialogo scarno iniziato da Gesù, mette in evidenza la fame dei poveri “figlioli”: “Non avete nulla da man-giare?” Risposero “No”. Il Risorto permetterà loro di fare una pesca abbondantissima ma non si ferme-rà a questo. Era “normale”: lo aveva fatto, secondo la versione di Luca, all’inizio del suo peregrinare per la Galilea. Potevano bastare le reti pie-ne a dismisura e in pericolo di rom-persi, ma a Gesù sembra non inte-ressare molto. Appena scesi a terra, trovano la cena pronta: “Videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane”. Il Risorto che non ave-vano riconosciuto immediatamen-

te, ha cucinato per loro, ha fatto da servo e da moglie, da domestico e da amico. Ha visto i suoi figlioli stanchi e affamati, come quella folla che lo aveva seguito tempo prima, e den-tro di Lui lo stesso sentimento: “Eb-be compassione perché erano come pecore senza pastore”. Anche i sei rimasti avevano smarrito il punto di riferimento, il Pastore e il Maestro e Gesù puntuale cucina, prepara, sfa-ma. Mi ha sempre commosso questa quotidianità dei gesti di Gesù Risor-to perché a volte anche la nostra fa-tica non ha portato frutti e ci ha vi-sti fallimentari e Lui discretamente, senza troppo rumore e frastuono ti fa trovare quello che cercavi, la sua presenza, quanto basta per ridarti la gioia di vivere e di camminare.

l cardinale Kurt Koch, presi-dente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani,sulle pagine dell’Os-servatore Romano scrive: “Il

Papa non vuole assolutamente tor-nare indietro, come gli viene oggi da più parti rimproverato pubblicamen-te, vuoi per ignoranza vuoi per appar-tenenza a quei teologi, che tengono spesso discorsi populistici e sosten-gono il contrario a livello pubblico, confondendo l’onestà scientifica con l’agitazione in politica ecclesiale. Pa-pa Benedetto non vuole tornare in-dietro, ma andare in profondità come il granello di senape che cresce solo dalla profondità della terra”. A Papa Benedetto non importano singole ri-forme, ricorda ancora il Porporato, “importa che il fondamento e il cuore della fede cristiana tornino a splen-dere”. Il Concilio era stato da poco annunciato da papa Giovanni XXIII quando l’allora giovane professore di teologia a Bonn tiene all’Accademia cattolica di Bensberg una conferen-za nella quale delinea, dal punto di vi-sta teologico, le funzioni del Concilio nella vita della Chiesa, opponendosi a chi lo vorrebbe una costruzione stret-tamente papale, da una parte, oppure semplice riunione di vescovi, quasi una sorta di consiglio per suggerire modifiche organizzative e politiche. Il Concilio, affermava in quella occa-sione, è per sua natura “un’assemblea di consultazione e di decisione, eser-cita un compito di direzione, ha fun-zione di ordine e di configurazione. Essi non rappresentano il popolo, ma Cristo, dal quale ricevono missione e

In occasione della presentazione del libro “Uno sguardo cattolico. Cento editoriali dell’Osservatore Romano” (Milano, Vita e Pensiero, 2011), il card. Angelo Scola (nella foto) ha ricordato il “singolare legame che unì Giovanni Battista Montini prima e Paolo VI poi a “L’Osservatore Romano”. Né poteva essere diversamente, in forza della fine sensibilità culturale e dello sguardo veramente cattolico che, fin dagli inizi del suo percorso sacerdotale, contraddistinsero il

giovane monsignore bresciano”. Usando poi le parole dell’allora card. Ratzinger, Scola ha affermato: “Potremmo dire che l’Osservatore, e ovviamente i suoi editoriali in modo emblematico, siano espressione di cosa significhi che la fede genera cultura. Infatti, diceva l’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede in una celebre lectio alle conferenze episcopali asiatiche: ‘non esiste la nuda fede o la pura religione. In termini concreti, quando la fede dice all’uomo chi

egli è e come deve incominciare ad essere uomo, la fede crea cultura. La fede è essa stessa cultura’”. Il Porporato ha ritenuto opportuno aggiungere “una importante considerazione sul nesso fede e cultura/e. A partire dal momento in cui la fede diventa cultura, essa si espone inevitabilmente ad un altro singolare processo caratterizzato, in un certo senso, da un movimento opposto al primo”. Insomma, “se il movimento fede-cultura è centrifugo, esso suscita a partire da

come le culture di fatto interpretano la fede che si dispiega in tutta la sua dimensione pubblica, un movimento centripeto”. Per il card. Scola, “le culture, perché di culture si deve parlare in una società plurale come la nostra, ‘interpretano’ la fede mostrandone in tal modo la rilevanza storica. Lo fanno in vari modi, non sempre rispettandone la vera natura, assai spesso riducendola se non addirittura strumentalizzandola come avviene nei fondamentalismi”.

Tre giornate di approfondimento, quattro appuntamenti, una mostra, 24 studiosi di rilevanza nazionale e internazionale per raccontare le terre della Bibbia. Questo il cuore di “Linfa dell’Ulivo”, progetto orga-nizzato dall’Ufficio diocesano pel-legrinaggi e promosso dal Festival biblico di Vicenza (www.festival-biblico.it). Dal 24 al 26 maggio tale rassegna sulla storia, l’archeologia, la geografia e l’esegesi sarà ospita-

ta per la prima volta nella cornice del Festival a Vicenza. Dal 18 al 24 maggio – questa l’altra novità dell’8ª edizione del Festival, il cui tema è “‘Perché avete paura?’ (Mc 4,40). La Speranza dalle Scritture” – ad ospi-tare la manifestazione sarà la città di Verona. “Attraverso l’archeologia e la storia – spiega mons. Roberto Tom-masi, presidente del Festival – ‘Linfa dell’Ulivo’ s’inserisce nel tema che la manifestazione propone per questa

edizione, ovvero l’analisi delle paure dell’uomo e la risposta della certez-za cristiana, che non è un’ideologia”. “Aiutare le persone a capire meglio il contesto storico e geografico in cui nasce la Bibbia perché la Parola di Dio diventi concreta, scostandosi così da interpretazioni moralistiche”. Questo, aggiunge don Raimondo Si-nibaldi, direttore dell’Ufficio diocesa-no pellegrinaggi di Vicenza, l’obietti-vo dell’iniziativa.

il termine consustanziale, cioè della stessa sostanza del Padre e generato e non creato. Come sappiamo il car-dinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia, porterà a Roma al Concilio il giovane professore Ratzinger, che avrà un ruolo non secondario; anzi, il 15 ottobre del 1962 un gruppo di teologi si riunisce al Collegio germa-nico, con l’intento di dare vita a un documento complessivo da propor-re in sostituzione di tutti i documenti dottrinali elaborati nella fese prepa-ratoria del Concilio dalle commissio-ni centrali. Joseph Ratzinger si pre-senta alla riunione con uno schema scritto in latino e che sarà integrato da un altro elaborato da un teologo suo connazionale Karl Rahner. Nel “Diario del Concilio” il teologo dome-nicano francese Yves Congar, creato cardinale da papa Wojtyla nel 1994, scrive che nelle prime settimane dei lavori conciliari lo schema Rahner-Ratzinger “è stato tirato in 3.000 co-pie e ampiamente distribuito” tra i padri. Il progetto viene reso pubbli-co il 25 ottobre in un incontro che si tiene all’Angelicum e al quale parte-cipano vescovi nord europei e anche due cardinali italiani: l’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, che sarà eletto papa l’anno succes-sivo, e l’arcivescovo di Genova Giu-seppe Siri. In quell’incontro è proprio il giovane teologo Joseph Ratzinger a illustrare a vescovi e cardinali le linee guida dello schema dottrinale alternativo. Schema che contribuirà ad accantonare gran parte delle ste-sure elaborate nella fase preparatoria dei lavori del Vaticano II.

consacrazione”. Nella sua riflessione, Ratzinger si sofferma anche sulla in-fallibilità, che, afferma, “è innanzitut-to propria della Chiesa intera: esiste qualcosa come una infallibilità della fede nella Chiesa universale, in forza della quale questa Chiesa universale non si può mai lasciar condurre in errore come Chiesa nella sua totali-tà. Questa è la parte che hanno i laici nella infallibilità. Che a questa parte possa spettare a volte un significato estremamente attivo, lo si vide nella crisi ariana, in cui sembrò per certi momenti che l’intera gerarchia fosse caduta preda delle tendenze di me-diazione arianizzanti e solo l’atteg-giamento sicuro dei fedeli assicurò la vittoria della fede nicena”. La disputa

alla quale si riferisce il giovane teo-logo Ratzinger è legata alla dottrina di Ario, poi scomunicato, che si dif-ferenzia dall’affermazione contenu-ta nel Credo niceno dove a proposi-to della natura di Cristo si ribadiva

l titolo efficace è “Il mio cate-chismo, la mia messa e i miei poveri”, tradotto nel linguaggio del Sinodo diocesano è “Annun-cio, liturgia e carità nelle unità

pastorali” ovvero la quarta delle nove schede di consultazione. A servizio di questi compiti si sono formati nelle parrocchie il gruppo dei catechisti, il gruppo liturgico e la Caritas. Al tem-po stesso, nella pastorale della Chie-sa non può mancare l’attenzione alle situazioni della vita umana, sulle quali ha richiamato l’attenzione il Conve-gno di Verona (vita affettiva, lavoro e festa, fragilità, tradizione, cittadinan-za). A Odolo nella Sala della comunità Splendor si sono confrontati lunedì 16 aprile, davanti a un pubblico numero-so (poco più di 150 persone) e attento, don Renato Musatti, Angelo Onger e don Renato Tononi. Angelo Onger ha descritto la società, rileggendo tra le pieghe le difficoltà che si presentano. Per parlare di famiglia va sottolineato e compreso chi veramente sono i de-stinatari dei nostri interventi e delle nostre riflessioni. Nello specifico ha fatto riferimento alla sua esperienza di catechista e di giornalista, raccon-tando come nella vita di tutti i giorni siamo in presenza di un “sistema in-vasivo” che propina messaggi non cri-stiani che cancellano tutto ciò che è cristiano. Non a caso Benedetto XVI ha scelto di dedicare un anno alla fe-de, perché viviamo “una profonda

ci. Don Musatti ha ricordato che i tre “gruppi” distinti (catechistico, liturgi-co, caritativo) hanno il compito non di realizzare ma di stimolare tutta la comunità a vivere questi aspetti fon-damentali della vita cristiana: “Tutto dovrebbe convergere attorno all’eu-caristia”, il centro dell’esperienza cri-stiana. Don Musatti ha ribadito anche l’importanza dell’esperienza laicale (“abbiamo bisogno di laici prepara-ti”) puntando molto sull’aspetto del-la formazione e della missionarietà, del saper andare oltre i confini della parrocchia. Don Tononi ha posto, in-vece, l’accento sulla prospettiva del-

crisi della fede stessa”: anche solo i dati numerici sulla frequenza regola-re alla Messa (26,5%) sono in costante calo (sette punti percentuali in meno rispetto agli anni Novanta). Il quadro più pastorale è toccato ai due parro-

È intitolato “Il soffio della vita risorta” il percorso che prevede cinque soste di preghiera presso alcuni Santuari mariani, guidate dal vescovo Lucia-no e animate dai giovani della zona, in cinque venerdì del tempo pasqua-le alle 20.30. In aprile il programma è il seguente: 20 aprile - Santuario del-la Madonna di S. Stefano a Rovato, “Piene di spavento e di stupore” (Mc 16,1-11); 27 aprile - Santuario della B. Vergine della Misericordia a Bovegno,

“Sono con voi tutti i giorni” (Mt 28,11-20). Nel mese di maggio l’itinerario con Maria verso la Pentecoste pro-seguirà nei venerdì 4, 11 e 18 presso i santuari di Botticino Sera, Piancogno e Bagnolo Mella.Sono aperte presso l’Ufficio vocazioni le iscrizioni alle giornate di spirituali-tà per giovani che si terranno presso l’eremo di Bienno nei giorni 28 apri-le - 1 maggio 2012. Il tema è “La Vita Buona del Vangelo”, le meditazioni

saranno offerte dal vescovo Luciano e l’animazione sarà curata dall’équipe diocesana. Nella settimana concor-data con ogni zona pastorale, la pro-posta dell’anno “Signore, da chi an-dremo?” (Gv 6,68), è vissuta a livello zonale, con la possibilità di incontri e testimonianze vocazionali dagli ambi-ti di lavoro e festa, fragilità, tradizio-ne, cittadinanza, vita affettiva: dal 22 al 29 aprile le zone sono quelle della Bassa Occidentale e Bassa Orientale.

la progettazione comune tra parroc-chie (compito dell’unità pastorale), mentre la realizzazione va lasciata alle singole realtà. Importante il sa-per scoprire le potenzialità dei cam-mini diversificati che possono aiutare il nostro essere Chiesa sul territorio.

Egr. direttore, ho l’impressione che il dibattito sulle unità pastorali sia stato compreso dai laici, ma un po’ meno dai sacerdoti. A parte le ovvie situazioni delicate dovute alle ragioni campanilistiche, le comunità cristiane sono abbastanza mature per capire che non si può andare avanti con una pastorale di base, ma è indispensabile rafforzare le risorse e le energie per essere più capillari e significativi sul

territorio. Non bastano le parole sagge del Vescovo a ribadire che le unità pastorali sono un passaggio inevitabile in un mondo che cambia in continuazione, non certo in meglio per i valori cristiani. Di fronte a questa sfida serve la collaborazione di tutti, non certo di quei sacerdoti che, come hanno fatto con l’iniziazione cristiana, fanno finta di non capire e ritardano ogni discorso. Nella mia parrocchia ad esempio non è stato fatto nulla, se non

ad uso esclusivo del consiglio pastorale che ha dato risposte sommarie scontate in merito alle schede. Quella parte di comunità che non ha un impegno diretto nelle attività parrocchiali non è stata minimamente contattata e coinvolta. Non mi sembra questo il discernimento auspicato dal Vescovo. I sacerdoti in chiesa danno mille avvisi, ma non parlano del Sinodo e men che meno delle schede. Forse hanno paura del cambiamento. (g.b)

enza creare sciocche e pericolose illusioni, ma la ricerca scientifica oggi ci dice che lo stato vege-tativo non deve più esse-

re considerato come la morte della persona, aprendo la speranza a con-crete possibilità di ripristinare la comunicazione”. Questo è in sintesi il messaggio del convegno tenutosi al Centro S. Clemente di Rodengo Saiano, organizzato da “Scienza & Vita” e dalla Pastorale della salute della diocesi. Relatori il dr. Giovan-battista Guizzetti, responsabile del Centro Don Orione di Bergamo, e il dr. Salpietro, ingegnere biomedi-co, entrambe esperti nella cura e nello studio delle persone in sta-to vegetativo. Grazie a tecnologie molto avanzate, abbiamo acquisito la certezza che lo stato vegetativo non è sinonimo di perdita completa della coscienza: in queste persone, certamente segnate da una gravissi-ma forma di disabilità, che le rende

tecnologici “aumentativi”, che co-stituiscono “un tentativo concreto di cura della relazione, non una te-rapia finalizzata alla guarigione”, è stato chiaramente e ripetutamente affermato. Nel centro “Don Orione” di Bergamo si sta mettendo a pun-to un “caschetto” da applicare alla testa della persona disabile, dota-to di numerosi elettrodi, in grado di “leggere” le onde elettriche del cervello, sia in “entrata” quando viene posta loro una domanda, sia in “uscita”, quando viene abbozza-ta una risposta. uno strumento già largamente utilizzato dai piloti di caccia dell’aeronautica america-na, per tenere sotto controllo tutte le reazioni del pilota durante il vo-lo, dando possibilità al computer di bordo di modificare eventuali errori. Con specifiche modifiche, si è rivelato un presidio utilissimo ed a basso costo (circa 90 euro) per il “monitoraggio” dell’attività cere-brale. Collegato con un apposito

totalmente dipendenti dalle cure di altri, è presente una forma di consa-pevolezza, che potremmo definire “coscienza interna, non comunica-bile”. Ciò significa che si tratta di persone in cui è conservata una cer-ta capacità di contatto con il mondo esterno, ma che non sono in grado di comunicare con chi li circonda. Sono, quindi, stati presentati alcuni strumenti in grado di evidenziare le pur minime capacità di risposta e di relazione delle persone in stato ve-getativo, potenziando la possibilità di comunicare con le persone che hanno accanto. Si tratta di ausili

computer, si sta rendendo possibile amplificare la comunicazione con la persona disabile, riuscendo addi-rittura, in qualche caso, a fargli ap-prendere delle modalità di risposta del tipo “apri/chiudi” gli occhi o la bocca. Ribadendo che sono vietate pericolose illusioni, si tratta certa-mente di un enorme passo in avan-ti nello studio, nella comprensione e – speriamo – nella riabilitazione di questa forma di grave disabilità. Le conseguenze che questa ricerca sta producendo sono certamente di ordine clinico-medico, ma non solo. Basti pensare alle ricadute antropologiche, bioetiche e socia-li. Certamente non ce ne era biso-gno, ma ora abbiamo una prova in più (e proprio di ordine scientifi-co, oggettiva e non opinabile) per affermare che la persona è viva ed attiva, che è pura bugia parlare di “cervello morto”, che non si tratta per nulla di esseri umani trasforma-ti in “vegetali”. Parafrasando una

Giovedì 19 aprileOre 18.30 - Brescia -Incontro di presentazione Agesc presso il Centro pastorale Paolo VI. Venerdì 20 aprileOre 6.50 - Brescia - Santa Messa presso il Seminario minore.Ore 20.30 - Rovato -Incontro di preghiera per i giovani della macrozona presso il santuario Madonna di Santo Stefano.Sabato 21 aprile

Ore 9.30 - Caravaggio -Convegno regionale catechistico.Ore 15.30 - Brescia - Sante Cresime in Cattedrale.Domenica 22 aprileOre 10.30 - Brescia - S. Messaper le Figlie di San Camillo.Ore 15.30 - Brescia -Incontro con i ragazz i del la mistagogia presso il Palabrescia.Mercoledì 25 aprileOre 11.15 - Botticino Sera -Santa Messa.

celebre frase di Dostojevski, pos-siamo ribadire che è “la relazione che salva l’uomo”. Relazione fatta di cura, sacrificio, costanza, accu-dimento, dedizione e – diciamolo senza vergogna – grande amore per la vita. Compito che impegna tutti e ciascuno.

La Cancelleria della Curia diocesana, a seguito dell’ordinanza dell’ordinario diocesano, comunica i provvedimenti della settimana:

il sac. don Angelo Ghitti, già Fidei Donum in Burundi, è stato nominato vicario parrocchiale della parrocchia di Quinzano d’Oglio.

Sono aperte presso l’Ufficio vocazioni le iscrizioni alle giornate di spiritualità per giovani che si terranno presso l’Eremo di Bienno nei giorni dal 28 aprile all’1 maggio 2012. Il tema è “La Vita buona del Vangelo”, le meditazioni saranno offerte dal vescovo Luciano e l’animazione sarà curata dall’équipe diocesana. Per informazioni, 030 3722245. Domenica 29 aprile ricorre anche la 49ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.

a presentazione del nuovo catalogo e l’avvio, con la Pasqua, della stagione dei pelligrinaggi, ha dato l’op-portunità a Brevivet, uno

dei laeder nazionali nel campo dei pellegrinaggi, del turismo religioso e culturale, di tracciare un primo, sep-pure parziale bilancio delle iniziative avviate in questo 2012. Un anno che potrebbe essere segnato, nonostante i morsi di una crisi che ancora c’è e si fa sentire, dal segno positivo. Il merito, come è stato più volte rimarcato, è di una programmazione che non propone il “viaggio fine a se stesso”, ma che cer-ca, attraverso percorsi nei luoghi della fede o dove le grandi religioni hanno trovato le loro radici, di soddisfare la voglia di ricerca di un numero sempre più alto di persone. Non è un caso che continuino a trovare estimatori le mete classiche, quelle che negli anni hanno fatto la storia di Brevivet: Lourdes e gli altri grandi santuari d’Europa, la Terra Santa in tutte le sue molteplici declina-zioni, le proposte lungo gli itinerari pa-olini, la terra di S.Agostino e l’Europa in cui ha affondato le proprie radici il cristianesimo. “Proposte − hanno ri-cordato a più riprese Riccardo Bertoli, direttore generale e Giovanni Sesana,

presidente di Brevivet − che continua-no ad attrarre l’attenzione del viaggia-tore per quella ricerca di valori celati al loro interno. Percorsi che evocano situazioni e memorie differenti”. Brevi-vet, nonostante le minori disponibilità economiche di tanti, ha soddisfatto an-che lo scorso anno le esigenze di quasi 60mila persone, pellegrini o viaggiatori dello spirito. Traguardi che sono stati raggiunti nonostante i cambiamenti radicali che hanno interessato tanti dei Paesi toccati dalle proposte della realtà di via Monti.“La primavera ara-ba − ha sottolineato al proposito Ric-cardo Bertoli − che per altro sembra ancora lontana da una sua definitiva conclusione, qualche problema l’ha creato anche alla nostra organizzazio-ne”. Nei mesi scorsi Brevivet è stata, per esempio, costretta a sospendere la catena sulla Siria. I primi mesi di questo 2012 promettono comunque incoraggianti segnali, importantissi-mi anche per una realtà che, come ha ricordato il nuovo amministratore de-legato Giovanni Lodrini, è uno dei lea-der riconosciuti in Italia per chi cerca occasioni di viaggio e di cammino che mettano al primo posto la religiosità e la fede. Una leadership che negli anni Brevivet si è costruita abbinando cura

meticolosa della parte organizzativa, ricerca e preparazione di accompagna-tori, guide e assistenti spirituali per fa-re del viaggio e del pellegrinaggio una esperienza completa. Stili e modalità operative che segnano un altro capito-lo importante della storia di Brevivet: quello dei pellegrinaggi e delle propo-ste diocesane. Si tratta di un campo che negli anni è andato assumento di-mensioni sempre maggiori perché ri-tenuto dai Vescovi che si sono succe-duti alla guida della Chiesa bresicana, fecondo terreno di evangelizzazione. Per questo 2012, come illustrato da don Claudio Zanardini, responsabile diocesano per la pastorale del turismo e dei pellegrinaggi, cinque sono state le proposte diocesane. Alcune, come il pellegrinaggio sacerdotale guidato da mons. Monari all’abbazia di Lérins a Saint Honorat e quello a Santiado de Compostela e Fatima e quello quare-simale a Fontanellato, si sono già te-nuti. Altri sono ancora in programma. Dal 22 al 28 giugno mons. Monari gui-derà i pellegrini bresciani in Bulgaria alla scoperta della Chiesa ortodossa.. Dal 4 al 7 settembre sarà il vicario ge-nerale mons. Mascher a presiedere il pellegrinaggio nella Polonia del beato Giovanni Paolo II.

Ha suscitato grande clamore la notizia sul presunto caso della comunione negata a un bambino con disabilità. La circostanza ci offre l’opportunità di fare un punto sulla situazione dell’accoglienza e partecipazione delle persone con disabilità alla catechesi e ai sacramenti, in modo particolare per l’iniziazione alla vita cristiana. Il nostro documento diocesano per un rinnovato cammino de “L’iniziazione cristiana dei fanciulli

e dei ragazzi” (Brescia 2003), ci offre al n. 56 queste indicazioni: “Particolare delicatezza e sensibilità esige la situazione dei fanciulli e dei ragazzi con difficoltà di apprendimento, di comportamento e di comunicazione. Sull’esempio di Cristo, le comunità cristiane, superando pregiudizi e resistenze, siano aperte all’accoglienza di tutti i piccoli, i poveri e i sofferenti, ricordando che il lieto annuncio del regno di Dio è promesso

in primo luogo a loro. Si dovrà anche tener presente che, anche nel caso dei disabili, ‘il Battesimo è per sua natura ordinato al completamento crismale e alla pienezza sacramentale che si raggiunge con la partecipazione all’Eucaristia’. Per lo svolgimento dell’itinerario di iniziazione cristiana delle persone disabili ci si attenga a queste indicazioni: è necessario anzitutto cercare il coinvolgimento della famiglia; è indispensabile

avvalersi di catechisti che abbiano acquisito sensibilità alla specifica situazione dei fanciulli e ragazzi disabili; l’itinerario di iniziazione cristiana dovrà essere adattato alle possibilità della persona; per quanto è possibile, il fanciullo non compia l’itinerario da solo, ma in gruppo, così da evitare qualsiasi emarginazione o discriminazione; se opportuno, anche per favorire la ricezione, la celebrazione dei tre Sacramenti potrà essere

distanziata nel tempo”. Ciò viene ribadito anche al n. 58 del Direttorio dei Sacramenti (2007). Questo è l’indirizzo del nuovo Servizio di pastorale per le persone con disabilità della diocesi, che resta disponibile per ogni dialogo e confronto con le parrocchie e con le famiglie interessate e che ha esposto le linee di questo confronto in Azione pastorale e disabilità (Brescia 2009) che si trova sul sito della diocesi. (Roberto Lombardi)

arico di anni e di meri-ti mons. Paolo Zanetti è stato il primo sacerdote bresciano chiamato dal Padre nel corso del 2012.

Originario di Cellatica e dotato di un carattere amabile, fu ordinato sacerdote il 2 giugno 1940, all’inizio della guerra mondiale, dal vescovo Giacinto Tredici, fu mandato a Ber-lingo, ove rimase un paio d’anni. Successivamente, fino 1958, svol-se l’incarico di vicario cooperatore nell’importante parrocchia cittadina di S. Alessandro dove divenne un ri-ferimento per la gioventù nei difficili anni della ripresa postbellica. Duran-te i bombardamenti che colpirono il centro città si distinse per la sua carità. La sua fama di ottimo prete lo fece designare parroco di Caste-nedolo quando aveva solo 41 anni. Resse la popolosa parrocchia per 14 anni di intensa attività pastorale, durante i quali crebbe la sua dimen-sione sacerdotale, alimentata anche da un nutrito e qualificato tessuto di relazioni e da iniziative pastorali di rilevo: ampliò l’oratorio costruen-do il Cinema Teatro, cooperò per lo sviluppo dell’edilizia popolare e maturò anche una buona sensibili-tà missionaria. Il vescovo gli chiese una nuova obbedienza e lo mandò a Salò, una delle più prestigiose par-rocchie bresciane, in sostituzione di

mons. Gianni Capra. Don Paolo sarà arciprete di Salò fino al compimento del canonico 75° anno e si trasferirà, subito dopo, presso la chiesa di San Bernardino in veste di collaborato-re. Le premure della sorella Teresi-

Si intitola “San Giuseppe Falegname”, il dipinto autografo di Georges de La Tour, realizzato con tecnica a olio su tela intorno al 1641-42, l’opera scelta a immagine-guida dell’annuale appuntamento degli uomini e delle donne della carità. Come lo scorso anno, oltre al tema della giornata, un segno ulteriore permetterà di avvalorare la “scelta pastorale delle relazioni”: il convegno si svolgerà presso gli ambienti di

una comunità. Dopo la parrocchia Maria Immacolata di Nave, il prossimo 28 aprile sarà la volta dell’unità pastorale di Botticino S. Arcangelo Tadini. Un’opzione volta a rimarcare il valore della vicinanza della Caritas diocesana alle Caritas parrocchiali, tanto più in quest’anno pastorale in cui sono chiamate a contribuire all’armonizzazione del tessuto pastorale, rinnovando il loro essere “presenze di comunione” nella capillarità. A un anno di

distanza da “Chiesa, profumo di relazioni” − che, per introdurre i diversi aspetti dell’essere “con|segnati” (come uomini e donne della carità, come Caritas parrocchiali, come comunità) ha preso avvio dalla contemplazione della nota “Icona della Trinità” di Rublev − la proposta del 28 aprile, guarda a San Giuseppe Falegname per offrire la prospettiva dell’animatore Caritas quale “artigiano di carità” all’interno di un’esperienza di

Chiesa, tanto più nel cantiere aperto delle unità pastorali. Il programma prevede, dopo l’accoglienza e la preghiera alle 9.30, al mattino l’intervento del Vescovo sul tema ”L’animatore caritas nelle unità pastorali”. Nel pomeriggio tocca a padre Giacomo Costa affrontare l’argomento “fatti, fatiche, frontiere” e al diacono Giorgio Cotelli (nella foto) soffermarsi sulla figura dell’artigiano di carità.

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rativi. Coloro che a Salò hanno avu-to la fortuna e la gioia di incontrarlo possono a pieno titolo definirlo “uo-mo della Parola, che poteva sempre essere preso in parola”. Insegnare Gesù era la forza propulsiva della sua esistenza. E lo faceva con chia-rezza e semplicità, senza esitazioni e senza apparati retorici. Lo faceva con gioia, frutto certamente del suo carattere gioviale e aperto, ma an-che della conquista interiore di una quotidiana fedeltà alle virtù sacer-dotali e alla carità pastorale. In un articolo del bollettino parrocchiale confidò ai salodiani di “aver sempre agito in obbedienza alla Chiesa ...e sempre agito nel campo della Gra-zia. Fu il mio servizio per i fratelli. Pensate quanto è vero: predicazione, sacramenti, contatti umani... prima a Castenedolo, poi da voi”. E nella complessa realtà salodiana ha dato ogni giorno il meglio di sé, nella gio-ia e nella sofferenza, fedele alla tra-dizione ma anche aperto alle novità e ai segni del tempo. I suoi funerali si sono svolti nel “suo” Duomo, con larghissima partecipazione di fedeli e sacerdoti provenienti da ogni par-te della diocesi. Mons. Francesco Beschi, che ricevette il battesimo da don Paolo, ha celebrato la mes-sa esequiale. La salma è stata tumu-lata nella cappella dei sacerdoti del cimitero di Salò.

na, al suo fianco sin dall’ordinazio-ne sacerdotale, gli hanno garantito un clima e un ambiente familiare: chi andava da lui si sentiva accolto nella casa di un padre e di un ami-co. Il lungo percorso ministeriale di don Paolo e la sua quarantenna-le permanenza salodiana sono stati segnati da un progressivo cammino che dalla titubanza e dagli interroga-tivi iniziali lo ha portato ad una per-fetta intesa; quella del pastore che ama profondamente la sua gente, la sua città lacustre con le sue chiese e il suo bel Duomo per il quale ha voluto non pochi interventi miglio-

a campagna di microbe-neficenza Supercent, pro-mossa – sotto l’egida della Caritas diocesa-na – dalla Fondazione

Opera Caritas San Martino e dalla Congrega della Carità Apostolica, ha varcato i confini provinciali per prendere ufficialmente il via anche nella diocesi di Bergamo. Il 22 marzo scorso, infatti, si è te-nuta infatti la conferenza stampa per la presentazione e il lancio di Supercent a opera della Caritas bergamasca in collaborazione con l’associazione Diaconia Onlus. Medesime le finalità del progetto nato a Brescia: “SuperCent è l’eroe di tutti, i fondi raccolti dalla cam-pagna infatti andranno a sostene-re microprogetti ideati da Caritas per sostenere e aiutare le famiglie della diocesi di Bergamo che si trovano in difficoltà economiche, a causa delle ripercussioni della crisi finanziaria, nel far fronte alle spese per affitto, utenze domesti-che, cibo e salute”. Medesime, e non poteva essere diversamente, anche le modalità operative: una raccolta di cente-simi attraverso i conto correnti bancari. Come per la diocesi di Brescia, al progetto hanno già ade-rito numerose banche presenti sul territorio bergamasco: Banca Po-polare di Bergamo, Credito Berga-masco, Intesa San Paolo, Banche di Credito Cooperativo e Banco di Brescia. Grazie all’impegno di questi istituti, tutte le operazioni di bonifico saranno assolutamen-

oltre ad essere piccolo quanto un centesimo; semplice quanto un di-segno carta e matita; positivo, per-ché crede che insieme si può co-minciare (e ricominciare) da uno, dalle piccole cose, è anche “conta-gioso”, dato che invita le comunità a prendere consapevolmente parte ad un ampio progetto di attenzione alle situazioni di difficoltà, legate in particolare alle ripercussioni della crisi economico finanziaria.L’iniziativa – che nelle prossime settimane vedrà a Brescia un’im-portante novità – varca dunque i confini della nostra diocesi, segno che, anche e soprattutto in tempi difficili, le buone idee riescono a trovare terreno fertile.

te gratuite. Sarà pure possibile sostenere il progetto con un boni-fico gratuito presso uno qualsiasi degli sportelli aderenti, anche per chi non è correntista della banca.Con il lancio della campagna di microbeneficenza nella diocesi di Bergamo, Supercent si qualifica supereroe sempre più sui generis:

Uno degli effetti della crisi è la rinuncia alle cure odontoiatriche da parte di chi non ha i mezzi per sostenere il costo delle prestazioni. Per corrispondere a questo bisogno, alcuni anni fa è nata la sinergia tra la Congrega della Carità Apostolica ed Essepi-Med, rete di odontoiatria solidale, con ambulatori in Lombardia e in Veneto. Essepi-Med offre prestazioni e servizi odontoiatrici a tariffe

agevolate, con prezzi bloccati dal 2006 ed inferiori di circa il 30% rispetto a quelli di mercato. La Congrega, oltre a mettere a disposizione la sede dell’ambulatorio in rua Confettora 23 a Brescia, sostiene i propri utenti nel pagamento della parcella. Dall’apertura dell’ambulatorio ad oggi 116 persone hanno potuto beneficiare, grazie a questa partnership, di cure dentistiche gratuite.

Il 29 marzo scorso, presso la chiesa di S. Salvatore del Museo di Santa Giulia, si è tenuta la seconda edizione del Premio Paolo Tosio.Quest’anno il riconoscimento è stato assegnato alla memoria di Ernesto Fasani, vice presidente della Congrega della Carità Apostolica nel 2001 e poi presidente del Sodalizio dal 2004 al 2009.Il Premio Paolo Tosio, istituito dalla Circoscrizione Centro del

Comune di Brescia insieme a Congrega della Carità Apostolica, Fondazione Asm, Camera di Commercio di Brescia, Ateneo di Brescia, Conservatorio “Luca Marenzio” e Fondazione Brescia Musei, rappresenta uno speciale riconoscimento conferito a quei cittadini o a quelle realtà che si siano distinti nei rispettivi campi di attività e che abbiano valorizzato, in tal modo, la comunità della Circoscrizione Centro.

a scuola oggi forse più di ieri svolge un compi-to sinergico con la fami-glia nell’educazione dei nostri figli. Educazione

che non può e non deve fermarsi al trasferimento di nozioni, poiché è convinzione nostra che prima di essere medici, avvocati, ingegneri, operai, commercianti, casalinghe, bisogna essere uomini e donne con valori universali dettati dall’etica e dalla morale. Se si domandasse ad ogni genitore qual è la prima cosa che chiederebbe alla scuola ed in particolare alla scuola cattolica, la risposta sarebbe: “Che mio figlio stia bene”. Dietro questa risposta apparente-mente scontata sono celate richie-ste tutt’altro che superficiali: che il bambino si senta accolto ed accet-tato per ciò che è; che si senta parte della comunità scolastica; che ven-ga valorizzato per “i suoi talenti” e prenda coscienza dei suoi limiti; che viva con serenità il proprio percorso formativo.... Oggi per legge ciascuna scuola, sia pubblica che privata, deve espli-citare la propria offerta formativa in quel documento chiamato “Pof – piano dell’offerta formativa”, che rappresenta la propria carta d’iden-tità. È qui che spesso leggiamo come “finalità”, l’accoglienza, l’inclusione, l’integrazione, il rispetto dell’altro, sintetizzate nella frase “attenzione alla persona”. Non sempre queste parole vengono però tradotte nella realtà e restano così parole vuote.Questo purtroppo non riguarda solo

a chiedere informazioni alla Preside e, qualche giorno più tardi i nostri fi-gli hanno iniziato a frequentare que-sta scuola. Quali le ragioni di questa scelta, che ogni giorno rinnoviamo?Il fatto che cogliamo che i nostri bambini “stanno bene”, sono sere-ni, perché si sentono accolti e ri-spettati.Oltre alla professionalità, vi è una cosa fondamentale che contraddi-stingue l’istituto Don Orione, che non è affatto scontata: l’amore.L’amore è la molla che anima tutte le persone che lavorano con semplici-tà, passione ed umiltà in questa pic-cola, “grande” scuola, o meglio an-cora in questa autentica famiglia, di cui siamo lieti di far parte.

la scuola, ma è diventato un denomi-natore comune nella nostra società, in cui l’apparire conta più dell’esse-re. E così, per caso (anche se in re-altà nulla succede per caso) abbia-mo sentito parlare di una piccola scuola di Botticino Sera: la scuola Don Orione. Un po’ prevenuti, a dir la verità, abbiamo deciso di andare

La data della canonizzazione di padre Piamarta, fissata da Benedetto XVI per il prossimo 21 ottobre, è ancora lontana, ma già si sta pensando a come celebrare nel migliore dei modi questo importantissimo evento. C’è fermento anche nel mondo scolastico nato dall’intuizione di padre Piamarta e di tanti suoi confratelli. L’istituto di Remedello, che tanto è cresciuto negli anni, nacque infatti nel1895 dall’incontro tra il Piamarta e padre Bonsignori.Rientra in questa prospettiva

l’iniziativa pensata e lanciata dalla dinamica associazione degli ex alunni. Mettendo insieme l’imminente canonizzazione e l’Expo 2015, l’associazione ex alunni ha indetto un premio per la miglior tesi di ricerca sul tema “Sostenibilità economica e ambientale: le nuove sfide dell’agricoltura. Pac, mercati, innovazione”. Il premio è rivolto agli studenti e alle studentesse frequentanti, nell’anno scolastico in corso, le classi quarta e quinta degli istituti “Bonsignori” (liceo

scientifico e Istituto Agrario) di Remedello, “Pastori” di Brescia e il terzo anno del Centro di formazione professionale Bonsignori. Il termine per la consegna dell’elaborati è fissato per le 13 di sabato 19 maggio presso la segreteria. Il premio per il vincitore e per il secondo classificato consiste in un cellulare I phone S4; ai terzi classificati saranno invece consegnati cinque tablet. La premiazione avverrà il 27 maggio, in occasione della festa degli ex alunni.

ochi, disincantati e alla ricerca del giusto. Così sono stati tratteggiati i giovani italiani da Nan-do Pagnoncelli, respon-

sabile nazionale dell’Istituto di ri-cerca Ipsos, che ha presentato a Casa Foresti una serie di dati sui giovani, offrendo vivaci spunti di riflessione in occasione dell’ap-puntamento di chiusura dei Gio-vedì della formazione, organizzati dal Centro oratori bresciani.Innanzitutto i giovani sono pochi: la cosiddetta piramide demografi-ca (cioè l’immagine che rappresen-ta il numero di persone per ogni anno di nascita) invece di avere una base larga che si va progressi-vamente riducendo all’aumentare dell’età, presenta il proprio punto di maggiore ampiezza nella fascia tra i 50 e i 60 anni, con ovvi proble-mi di tipo previdenziale. Un dato solo in parte mitigato dalla presen-za degli stranieri, che si riflette an-

che sulla rappresentatività politica dei giovani: utilizzando la fortuna-ta espressione di Gian Carlo Blan-giardo, viviamo “un inverno demo-grafico che rischia di diventare un inverno democratico”.Accanto al dato puramente quan-titativo, altri fattori rendono po-co incisiva la presenza sociale dei 20-30enni italiani: ad esempio l’al-tissima percentuale di giovani che vivono con i genitori 68%, contro il 24% dei giovani tedeschi, di cui la metà dipende ancora economi-camente dalla famiglia.Si apre il capitolo lavoro, con i dati

preoccupanti che conosciamo, in particolare per quanto riguarda la disoccupazione: se la media italia-na vede il 9,3% di disoccupati sulla forza lavoro, per i giovani questo numero sale al 31,3%. Anche la per-cezione del mondo del lavoro tra i giovani presenta aspetti di ambi-guità e disincanto: la trafila di con-tratti precari, le raccomandazioni, l’enorme numero di giovani inattivi disegnano un quadro cupo rispet-to alle aspettative dei giovani. Dopo la crisi dell’ultimo triennio sono in effetti completamente cambiate le caratteristiche della professione dei sogni dei 20enni italiani: se fino a qualche anno fa carriera e stipendio erano le carat-teristiche più ricercate, oggi i gio-vani dicono di cercare un lavoro in linea con le proprie attitudini, sicuro e che presenti un buon cli-ma tra colleghi. Un lavoro giusto, quindi, molto più che un lavoro prestigioso.

Per quanto riguarda il tempo libe-ro, oltre alla crescita esponenzia-le dell’importanza dei new media e dei mezzi di comunicazione per-sonale, notiamo che rimangono si-gnificativi i luoghi classici dell’ag-gregazione giovanile. Attraverso internet i giovani cercano una so-cialità diffusa e costruiscono le proprie opinioni, meno rilevante invece è la quota di quanti utilizza-no il web per una vera formazione personale.La rappresentazione dei giovani of-ferta da questi dati ha permesso a Pagnoncelli di offrire anche alcu-ni spunti di rilettura: giovani con un baricentro di relazioni concre-to piuttosto limitato (famiglia e ri-stretto gruppo di amici) e con una esplorazione sull’esterno molto ampia spesso affidata alla virtua-lità, con un presente iperdilatato, a volte contraddittorio, che hanno una visione del mondo e stili di vita che non presentano grandi fratture

rispetto alla generazione che li ha preceduti. Giovani ancorati alla fa-miglia, con difficoltà nello svilup-pare la propria autonomia, in parte a causa di un mondo sociale e del lavoro “ostile”, in parte per le co-modità dello stare con i genitori.In questo senso emerge la neces-sità di spostare parte del welfare sulle giovani generazioni, offrendo occasioni di autonomia e di pro-gettualità allargate. Chiedendo al-la politica di governare i cambia-menti in atto, Nando Pagnoncelli ha concluso indicando alcune pi-ste di riflessione: provare a rileg-gere i temi del lavoro recuperan-do la categoria dell’impegno in un contesto di responsabilità sociale, superando le diffidenze generazio-nali reciproche (e alcune disparità di trattamento che anche la nuova riforma affronta con timidezza), ma soprattutto offrendo ragioni, speranze e sostenendo le scelte di autonomia dei giovani.

’unità pastorale del Cen-tro storico propone per sabato 21 aprile la “not-te nel Sacro”, giunta alla sua 3ª edizione. L’even-

to è realizzato in collaborazione con il Comune di Brescia e con la la diocesi e il sostegno di alcuni sponsor privati. È l’atto conclusivo di un primo triennio che ha posto l’attenzione sulle nove chiese par-rocchiali nel 2009, su sette chiese sussidiarie nel 2011 e su nove dei molti chiosti della città per questa edizione. Si presenta un percorso culturale e spirituale teso a riavvi-cinare le persone e le comunità ai propri luoghi sacri, ricomponen-do e riproponendo quei valori che, nel corso dei secoli, hanno costi-tuito il tessuto civile e religioso della nostra civiltà. La “Notte nel sacro” inizia alle 18.30 con la Mes-sa in Cattedrale. Dalle 20 apertura dei nove chiostri aperti fino alle 24

per le visite. Alle 20.30 e alle 22.30 nelle chiese e negli spazi adiacenti i chiosti appuntamenti con musica, poesia e teatro. Alle 00.30 evento-conclusivo con “Apocalisse” di Lu-cilla Giagnoni nella chiesa di San Giuseppe.Abbiamo incontrato mons. Alfre-do Scaratti, prevosto della Cat-tedrale e coordinatore dell’unità pastorale.Qual è l’obiettivo della “Notte del sacro” proposta come Cen-tro storico?Come unità pastorale del centro

storico si è voluto mettere appun-to questa iniziativa attraverso una commissione e un ambito del terri-torio per offrire a tutti i cittadini la possibilità, non solo di visitare le opere sacre, ma di entrare in con-tatto con la dimensione più sacra. Per fare questo abbiamo proposto diverse costruzioni: prima le chie-se parrocchiali, poi le chiese sussi-diarie e quest’anno i chiostri. Per entrare in contato con la dimen-sione religiosa e sacra, che fa par-te della vita di tutti, proponiamo proposte musicali o sceniche, che in qualche modo sono di caratte-re sacro, offrono la possibilità di entrare in dialogo non solo con i muri, ma con quello che rappre-sentano e quindi educare al sacro.Quanto è importante lavora-re insieme, in vista di un Sino-do che affronterà l’argomento dell’unità pastorale?Ha importanza nel senso che tutta

l’unità pastorale, cioè le nove par-rocchie, è coinvolta per un obietti-vo condiviso che è quello di essere disponibili anche se non diretta-mente nella propria parrocchia a vivere un momento di riflessione e scelta comunitaria proprio da rea-lizzare un’esperienza unitaria, che poi sfocia in questa iniziativa. Il Si-nodo ci aiuterà a ridefinire lo stile che le varie unità pastorali dovran-no assumere per camminare insie-me, progettare e programmare in-sieme lo stile della vita pastorale.Nelle visite ai chiostri pro-poste, il filo conduttore sarà l’esposizione di un’opera di don Renato Laffranchi, pittore mo-derno. Non contrasta l’imma-gine moderna con l’immagine storica dei luoghi?Tutt’altro. Ogni epoca ha saputo rappresentare in costruzioni, ar-chitetture e stili diversi l’unico filo conduttore che è quello della fede,

La Notte nel sacro: una notte di cammino e di veglia alla scoperta di luoghi – i chiostri – che nella città hanno ospitato e continuano ad accogliere i cercatori dell’infinito e dell’assoluto, uomini e donne affascinati dal Dio rivelatosi nel volto di Cristo. Chiostri come metafore del Paradiso, aperti ai quattro punti cardinali eppure “chiusi”, protetti, raccolti, separati dalla confusione del mondo. Chiostri come ponti tra la terra e il Cielo, unico vero tetto a coprire l’affanno e l’entusiasmo

dei cercatori di Dio. Luoghi di cui la città, ancora oggi, ha estremo e vitale bisogno. La Notte di sabato 21 aprile – che inizia con la celebrazione eucaristica in Cattedrale – prevede l’apertura contemporanea di nove chiostri dalle 20 alle 24: chiostri di San Faustino maggiore (Università degli Studi di Brescia - via S. Faustino 74/b); chiostri di Santa croce (Suore Ancelle della Carità - via Moretto 16/a); chiostro di San Pietro in Oliveto (padri carmeliitani scalzi - via del castello 10); Chiostri

di S. Eufemia (Caserma Goito - ex distretto militare - via Callegari 1, corso magenta 66); chiostro di S. Francesco d’Assisi (frati minori conventuali - piazzetta S. Francesco d’Assisi 3/a); chiostro dei Santi Cosma e Damiano (rsa “La residenza” - via dei Mille 41); chiostro di San Giovanni Evangelista (parrocchia di S. Giovanni evangelista - contrada San Giovanni 12); Chiostri di S. Giuseppe (museo diocesano di Brescia - via Gasparo da Salò 13, vicolo S. Giuseppe 5).

La trilogia della spiritualità di Lucil-la Giagnoni (nella foto), tutta intera, sarà l’evento che coinvolge la chiesa di San Giuseppe (vedi mappa eventi numero 9). Si comincia con “Vergine Madre” alle 20 (“Big Bang” alle 22.20; “Apocalisse” 00.30), che ha vinto il premio in televisione come miglior spettacolo nel 2007; era un viaggio nella “Divina commedia”. “L’opera di Dante si chiude invitandoci a guar-dare le stelle – racconta, raggiunta in

esclusiva per “Voce” Lucilla Giagno-ni – e allora mi sono chiesta perché e ne è nato “Big bang”, un percorso sulle rappresentazioni del mondo: la scienza, la teologia e la poesia. Qui ho fatto dialogare le nuove scoperte scientifiche – aggiunge proprio co-me un fiume in piena (ndr.) – con le antiche conoscenze teologiche della Genesi e poi Shakespeare. Dall’inizio del mondo, ho pensato che dovevo parlare della fine”. Così è nato il terzo

spettacolo “Apocalisse”, che ha vinto il bando nazionale “Teatri del sacro”. “Una persona che racconta un per-corso sull’Apocalisse. Questo spetta-colo – continua Giagnoni – è l’ultimo di una trilogia di spettacoli che solo alla fine ho chiamato trilogia della spi-ritualità”. Il termine apocalisse è dive-nuto sinonimo di catastrofe e fine di qualcosa in maniera disastrosa “ma l’apocalisse non è questo – precisa l’attrice – vuol dire rivelazione, cioè

ciò che ti succede quando cambi il tuo sguardo sul mondo; quindi nulla potrà più essere come prima, perché vedi cose che non hai visto prima e agisci in modo diverso. Per Apoca-lisse intendo la rivelazione ultima del mistero per l’umanità. Non è un rac-conto ma lo fa agire attraverso una dimensione rituale. Per spiegarlo ci vuole un’ora di spettacolo”. Accanto all’ultimo libro del Nuovo Testamento Lucilla Giagnoni, non essendo un teo-

Durante la notte ogni chiostro ospiterà un’opera pittorica di don Renato Laffranchi, artista e sacerdote della diocesi di Brescia, che in un fecondo ed eclettico percorso artistico ha affrontato i grandi temi della vita umana e dell’esperienza cristiana.Le nove opere, in un interessante dialogo tra la sobria architettura dei chiostri e la forza evocativa della pittura contemporanea, seppur collocate in spazi diversi e distanti tra loro, si rifaranno ad un unico

tema: il rapporto e il confronto tra le città edificate dagli uomini – spesso lacerate dalla violenza, talvolta invece luminose di pace, comunque sempre provvisorie – e la Città promessa da Dio, definitiva e perfetta, quella che i profeti e Giovanni nell’Apocalisse videro scendere dai cieli, bella come una sposa. Una di queste raffigurazioni, la “Città della pace” è il dipinto di don Laffranchi scelto come immagine simbolo del cammino

diocesano verso il Sinodo. Si tratta di un’immagine in cui la città è racchiusa in un cerchio di luce con cui l’autore interpreta quel passaggio dell’Apocalisse in cui si dice che la città non ha bisogno né della luce del sole né di quella della luna perché la sua luce è l’Agnello. Attraverso la gradazione di colori ha rappresentato la discesa della città dal cielo, città di Dio. Tutto è espresso con colori decisi che nella parte più vicina alla città si perdono nella consistenza della luce.

quindi anche questi quadri, opere di un autore del nostro tempo, non fanno altro che continuare con stili diversi l’unica esperienza di fede e di vita che è Cristo. Anche noi del nostro tempo, che faremo visita ai chiostri antichi non penso che stoneremo, perché siamo del No-vecento o del Duemila.Chiusura con gli spettacoli di Lucilla Giagnoni e in modo par-ticolare con “Apocalisse”.Lucilla Giagnoni farà una trilogia: parte da Dante e arriva all’Apo-calisse, quasi a dire che i chiostri esprimono un’esperienza alta del mistero che fa entrare in un’espe-rienza nuova, che è quella dell’in-contro con Dio. Le ultime parole dell’Apocalisse sono: Ecco faccio una cosa nuova. Cieli nuovi e ter-ra nuova. Come a dire che siamo chiamati a sperimentare di entrare in cieli nuovi e terra nuova.Raccontare il cristianesimo,

la fede, Gesù e l’essere cri-stiani attrraverso la cultura è una chiave importante? Come mai c’è uno sposalizio, un’at-tenzione particolare a unire le due realtà?Hai detto una parola bella: sposa-lizio. È un riprendere un connubio tra fede e ragione. Il papa Benedet-to XVI ha più volte ripreso ‘fides et ratio’ cioè la fede non esonera la ragione e la ragione non esclu-de la fede. Anche i padri dicevano: ‘credo ut intelligam, intelligo ut credam’ cioè credo per ragiona-re meglio, ragiono per credere di più. Voglio pensare che la ragione dia risalto anche a ciò che la fede può essere come segno espressi-vo, vedi un chiostro, una chiesa o altre esperienze musicali o altro. Trovo tutto questo come due pol-moni che insieme dicono il pieno respiro della vita, della creatività della fede.

logo, mette un testo guida che aiuta lei e lo spettatore ad entrare nell’Apoca-lisse. Il testo guida scelto è la tragedia “Edipo re” di Sofocle. L’Apocalisse è scritta in greco e l’“Edipo re” è il testo fondativo della civiltà greca sull’iden-tità dell’uomo. È la storia dell’uomo che ha raggiunto il massimo del suc-cesso, ma non sa di aver commesso i delitti peggiori. A Tebe poi arriva la peste, l’apocalisse. “Edipo siamo tut-ti noi responsabili del nostro modo di

stare – dice Giagnoni – al mondo. È un testo sulla responsabilità e sull’aprire gli occhi. Io sono un teatrante e il te-atro deriva dal verbo greco ‘io vedo’. ‘Apocalisse’ è la rivelazione dell’uma-nità. In mezzo ci sono io”. Ma alla fi-ne gli spettatori escono con gli occhi aperti? “Hanno gli occhi pieni di lacri-me. C’è la catarsi, cioè la pulizia dalle scorie. Ti pulisci dentro e poi puoi ve-dere tutto con occhi nuovi. Il pianto è già un buon inizio” chiude Lucilla.

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a 7ª edizione di “Castene-dolo incontra”, ciclo di serate dedicate a cultura e approfondimenti orga-nizzate dalla Fondazione

Aldo Moro, si è chiusa con la presen-tazione del primo romanzo di Aldo Cazzullo, giornalista e scrittore del “Corriere della sera” dal titolo “La mia anima è ovunque tu sia”. Un gial-lo storico che si intreccia su diversi periodi temporali a partire dal 1945, retto da quella che è stata definita una bellissima storia d’amore. Una storia breve, ma capace di appassionare dal suo incipit. Nelle prime pagine il ca-davere di un uomo assassinato rin-venuto ai giorni nostri nei boschi in-torno ad Alba riporta il lettore indie-tro nel tempo, al dopoguerra. Il libro racconta la storia di quell’uomo, un capo partigiano che, trovato il tesoro della Quarta Armata, composto dal denaro e dalle ricchezze sequestra-te e accumulate in guerra, decide di nasconderlo, tenerlo in parte per sé

zio La Russa e Maurizio Belpietro, lo hanno trovato reale perché anche questi erano i partigiani, non solo i personaggi del mito, ma uomini che hanno commesso, come tutti, gran-di errori. Più moderato l’onorevole Bindi che “non si spaventa” per una storia che non basta certo a oscurare le gesta dei partigiani che lottarono per la libertà contro chi lottava per l’oppressione, ma preferisce elogia-re le capacità narrative di Cazzullo. Si sono scaldati gli animi politici in un appassionato dibattito, tanto da dimenticare la presenza dell’autore che è intervenuto ricordando che il suo romanzo non è un tentativo di revisionismo storico, ma la raccolta di una storia al confine tra il vero e l’immaginato come molte se ne rac-contano nei piccoli paesi italiani del dopoguerra. Cazzullo ha chiarito con molta serenità la sua posizione sulla Resistenza: la Resistenza non è un valore che appartiene ad una fazione, ma alla nazione intera, ma i partigia-

e in parte dividerlo con la curia. Una storia semplice e al contempo com-plessa che ha stimolato gli ospiti alla discussione perché incarna le eterne e irrisolvibili contraddizioni italiane. Un partigiano “corrotto” protagoni-sta del libro non poteva che suscitare un vespaio tra chi come l’onorevole Ferrero di rifondazione comunista, sostiene che questi racconti, seppur di fantasia, in un Paese senza memo-ria come l’Italia possano causare solo confusione, in modo particolare tra i giovani che devono ancora formare il proprio pensiero storico politico, e chi, invece, come l’ex ministro Igna-

Il coreografo William Forsythe ama il Teatro Grande e il suo palco che definisce “bellissimo e proporzionato rispetto al pubblico in sala”, adatto dunque ad ospitare lo spettacolo “Mixed Program”, che la Compagnia porterà in scena venerdì 20 e sabato 21 aprile alle ore 21 (biglietti da 28 a 17 euro, info 0302979333 [email protected]). 17 i danzatori in scena, “pochissima la musica, perché si tratta di uno spettacolo pensato a cappella”, spiega. Quattro

le coreografie in programma, le prime due eseguite per la prima volta in Italia, “Study #1” e “The The”, cui seguiranno “Duo” e “N.N.N.N”. “Si tratta di gruppi di eventi – precisa – che descrivono una parabola dei corpi che in un pezzo si mostrano attorcigliati, in quello seguente si liberano per diventare infine singoli e sintonizzati in contrappunto con gli altri”. Ogni suo spettacolo nasce da un’unione di idee e tecniche apprese nel tempo di una carriera lunga

45 anni, “ma ogni progetto nasce senza idee preconcette – sottolinea – al contrario, mi spaventa sempre iniziare un nuovo lavoro”. La composizione di nuove coreografie che daranno vita alle messe in scena “è un processo dialogico: parto sempre da un’ipotesi che sottopongo ai miei artisti, ai quali chiedo pareri e suggerimenti”. Noto per aver saputo trasgredire tutte le regole nel mondo della danza, rivela un piccolo aneddoto: “Un giorno il coreografo Glen Tetley si avvicinò

a me e, con tono quasi cospiratorio, mi disse che nella danza non esistono regole. Fu un momento rivelatorio. Tuttavia le regole ci sono, ma più che altro bisognerebbe parlare di leggi intrinseche alla danza”. Come anticipazione dello spettacolo, il Coro delle monache del Museo di Santa Giulia ha ospitato due videoinstallazioni sulla filosofia artistica del coreografo; Forsythe non ha esitato “Santa Giulia era in cima alla mia lista di luoghi da visitare in città”. (a.g.)

Nel Piccolo Miglio del Castello di Bre-scia c’è una mostra dedicata a Edo-ardo Bellodi, artista bresciano attivo nella seconda metà del secolo scorso scomparso nel 2000. Maestro prima del disegno, Bellodi si dedica poi alla pittura a olio, tecnica che apprende da autodidatta dagli anni ’60, e che porta avanti con successo per un venten-nio, nel quale ottiene riconoscimenti e premi a livello nazionale. “Le inno-centi diavolerie di Edoardo Bellodi” ripercorrono la carriera artistica di un pittore colto e sensibile, il cui lavoro si propone la messa in scena di situa-zioni ironiche e grottesche; i sogget-ti delle sue opere si muovono dentro una ragnatela invisibile nella quale la società pare essere intrappolata; so-no l’emblema di un’umanità ingenua, incapace di guardare in faccia alla

realtà e alle sue difficoltà, che si per-de in azioni futili. Le tele del Bellodi presentano la figura di un artista tal-volta beffardo e irriverente, ma nello stesso tempo umorista, la cui pittura va alla ricerca di una verità attraverso l’indagine psicologica dei personaggi, per un’atmosfera carica di pathos e malinconia che il pittore avverte nei confronti della vicenda umana. Ele-gante e preciso nella forma, Bellodi si distingue inoltre per la capacità di creare ambienti surreali e fantastici, nei quali la dimensione spazio-tempo-rale è annullata dalla presenza di per-sonaggi del mondo contemporaneo inseriti in strutture quattro-cinque-centesche. La mostra resterà aperta fino al 2 maggio, da martedì a venerdì dalle 9.30 alle 13, sabato e domenica dalle 14.30 alle 18. (l.b.)

ni erano uomini e non bisogna avere paura delle pagine nere che non pos-sono cancellare ciò che ci ha reso la libertà. Conclude con uno sguardo positivo sul futuro dicendo che esi-ste oggi in Italia un tesoro che nes-sun ladro può rubare e che è in ogni cittadino con le sue energie e le sue risorse che destano ammirazione e stima nel resto del mondo, è l’italia-nità. Non bisogna dimenticarlo e in-vestire su noi stessi per uscire dalla crisi e ripartire.

Durerà fino all’11 maggio la rassegna “L’Africa cammina con i piedi delle donne...”. Corpo dell’iniziativa è la mostra fotografica (visitabile fino all’11 maggio dal martedì alla domenica, 17.30-19.30).di Carla Cinelli. Le immagini raccontano la vita quotidiana di bambine, ragazze e donne, appartenenti a etnie diverse nei villaggi del Burkina Faso, nell’Africa occidentale a sud del Sahara. Si ripercorre il ruolo importante, nella vita e nell’economia dei villaggi,

affidato alle donne. In programma: venerdì 27 aprile alle 21 “Un viaggio di turismo responsabile in Burkina Faso” con immagini e filmati accompagnati da musiche burkinabè. Venerdì 11 maggio alle 19.30 cena di solidarietà il cui ricavato sarà destinato al progetto di alfabetizzazione a favore dei gruppi femminili di Tanlili. Informazioni e prenotazione entro il 9 maggio: Circolo Colori e Sapori 3661548895. Tutto si svolge presso la Casa del popolo “E. Natali”.

priti libro”, giunto alla 6ª edizione, è la rassegna ricca di iniziative che il Comune di Lumezzane con la biblioteca civica

“Felice Saleri”, il patrocinio di Pro-vincia di Brescia, Comunità Monta-na di Valle Trompia e Sibca offrono ai lumezzanesi e non solo; quasi due mesi di iniziative di diverso tipo le-gate al mondo del libro. La manife-stazione ingloba anche le iniziative per la settimana della cultura, che si chiuderà il 22 aprile, il 23 aprile sarà la Giornata mondiale del libro. Il 20 aprile alle 20.45 al teatro Odeon Flora Zanetti e Barbara Mino si esibiranno in “Vita da romanzo”, recital sulla fi-gura femminile nei secoli. Da sabato 21 al 28 aprile in biblioteca “Lib(e)ro scambo”: regala un libro e scegline un’altro tra quelli donati. Domenica 22 aprile esposizione di sculture in le-gno - Gianluigi Zambelli e la bottega di Pertica Bassa - alla Torre Avogadro (dalle 14 alle 18, fino al 6 maggio). Per la sezione “Aperitivo con l’autore” al centro commerciale Nöal alle 18: gio-vedì 19 aprile Eric Cò presenta il libro “Che cosa voterò da grande?”, editri-ce Italian university press e Valentina Bossini presenta “Il nettare del diavo-lo”, editrice Albatros; intervistati da

Egidio Bonomi, scrittore e giornalista. Giovedì 3 maggio Fernando Scarlata presenta “Tentacoli: la criminalità ma-fiosa a Brescia” editrice Liberedizio-ni; intervistato dal giornalista Fabio Zizzo. Venerdì 4 maggio Arnaldo mi-lanese presenta il libro “54 stòrie del lac d’Isé Alcamònega Brèssa e de rüa Confettura” editrice La Quadra; inter-vistato da Piera Maculotti, giornalista e scrittrice con le letture di Daniele Squassina. Giovedì 10 maggio Giu-seppe Marchetti presenta “Il popolo della croce: vita di Matteo Ricci in tre episodi” e Huan Xiu Feng e Gianfran-co Cretti presentano il libro “La Cina nella cartografia da Tolomeo al XVII secolo - I mappamondi di Matteo Ric-ci e Giulio Aleni”; intervistati da Mau-ro Toninelli, giornalista e autore del li-bro “Perché ci vuole cuore”. Giovedì 17 maggio Carla Boroni e Carla Mai presentano il libro “Favole del Nove-cento. Per una educazione alla lega-lità - Interventi didattici nella scuola dell’infanzia primaria”. Introduzione di Lucio Facchinetti, edizioni Vanni-ni; voci recitanti Mauro Barcellandi e Cesira Giovanardi. Per le altre inizia-tive: venerdì 27 aprile alle 10 Scuola media Serafino Gnutti “Seguendo i musicanti di Brema...” gara di let-tura e non solo. Alle 17 al Centro

commerciale Nöal premiazione dei vincitori del campionato di lettura e di Amico libro. Sabato 28 aprile alle 10 nella biblioteca civica “Felice Sa-leri” Rosita Ghidini Bosco presenta il libro “Mamma che buono!”, editri-ce Vallardi; intervistata dal giorna-lista Marco Benasseni. Mercoledì 2 maggio alle 20.45 all’Odeon Alfre-do Pasotti presenta il libro “Lumez-zane, la città-officina. La vicenda imprenditoriale”, Compagnia della stampa; intervistato da Angelo Se-neci. Venerdì 11 maggio alle 20.45 all’Odeon omaggio a Walter Bonat-ti, in collaborazione con Cai Lumez-zane; presenta il giornalista Fausto Canterini; con la testimonianza Tino Bini. Venerdì 18 maggio è la volta di Giuseppe Lupo con “L’ultima sposa di Palmira”. Tutti gli appuntamenti sono gratuiti. Altri eventi e info su comune.lumezzane.bs.it

Dal lunedì al venerdì dalle 10.40 con Marco Vignoletti il ritorno del pedagogista Luigi Domenighini, gli interventi della psicologa Anna Grasso Rossetti, i consigli di Gabriele della libreria Paoline, i trucchi in cucina dello chef Riccardo Cominardi oltre ai collegamenti con gli organizzatori delle più belle feste della provincia. Inoltre il mercatino, la rubrica di cinema, le offerte di lavoro, e gli appuntamenti della sera. In Voce mattina solo la musica più bella.

Ogni martedì dopo il Gr delle 13 don Adriano Bianchi conduce uno speciale di approfondimento in preparazione al Sinodo diocesano. All’interno della diretta viene data la possibilità agli ascoltatori di intervenire in diretta allo 0303774592. In ogni puntata viene proposto un approfondimento sulle nove schede di consultazione e vengono riassunti in sintesi gli incontri dell’iniziativa “Voci nell’Agorà” che si sta svolgendo sul territorio.

Il mercato televisivo: semplice nelle sue regole e spietato nel raggiungere i suoi obiettivi. Acclamato dal pub-blico, che ignaro si accuccia ai suoi piedi in attesa di un nuovo osso. In-visibile nei suoi movimenti, perché ben nascosto dietro alla luce dei ri-flettori, sul lato oscuro della luna. Ecco l’ultima ghianda che è riuscito a trasformare in perla. “I Soliti Idio-ti” nascono nel 2009, protetti dalla seconda serata di Mtv Italia, cana-le (un tempo musicale) di Telecom Italia. Si tratta di un duo comico (Francesco Mandelli e Fabrizio Big-gio) che ispirandosi a un programma della tv inglese, “Little Britain”, iro-

nizza pesantemente su Italia e italia-ni, sparando a 360 gradi anche su te-matiche delicate come l’eutanasia, la tossicodipendenza, per non parlare di omosessualità, politica, religione. In pochi mesi il programma raggiun-ge il filone d’oro più ambito: i giovani, ovvero il pubblico più amato dalla tv, il pubblico che spende i soldi.Per due anni il target è stato educa-to, fidelizzato, consolidato. Creare la domanda per poi vendere l’offer-ta, è questa l’unica regola che vale in tv. Nel 2011, una volta dimostrato di possedere un considerevole pubbli-co, “I Soliti Idioti” hanno potuto ac-cedere all’impero di Rai e Mediaset.

La prima apparizione, lo scorso ot-tobre, durante una puntata del (ma guarda un po’) “Grande Fratello”, per promuovere “I soliti Idioti – Il Film”, esperimento cinematografico che incasserà ben 10 milioni di euro, di cui 4,5 solo nel primi tre giorni di proiezione. Da qui il successo nazio-nale. I due hanno partecipato persi-no all’ultimo Festival di Sanremo con un siparietto pesantemente omofobo avallato da un Morandi in cerca di novità per il suo antico spettacolo. Comicità cinica e pesante, volgarità difficili da trovare altrove in tv.Mancava però la ciliegina sulla tor-ta. La scorsa settimana il duo è stato

ospite di “Amici di Maria De Filippi”, trasmissione seguita perlopiù da un pubblico dai 10 ai 20 anni. Hanno messo in scena due bambini delle elementari dediti alla criminalità e all’uso di droghe, per capirci ecco qualche stralcio della performance: “Noi andiamo al parco a prendere le siringhe usate, che nelle rapine funzionano meglio della pistola”; “Il nostro miglior amico è la droga”. L’Adoc, Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori, ha denunciato il fatto all’Agcom soste-nendo che “Lo ‘spettacolo’ è anda-to in onda alle 22.45, solo un quarto d’ora dopo la fine della fascia pro-

tetta ma, dato che questo tipo di programma è visto da telespettatori minorenni fino alla fine, quindi ben oltre la mezzanotte, non crediamo si possa considerare valido il termine orario della fascia protetta. Inoltre il programma non è contrassegnato né da un bollino giallo né rosso, per cui i minori possono vederlo anche con tranquillità”. Fascia protetta o no, an-cora una volta il pubblico giovanile, il più prezioso per la tv, è quello meno tutelato. Un paradosso? Niente af-fatto, secondo le regole del mercato dev’essere esattamente così: crea un pubblico debole e frivolo oggi, e avrai consumatori deboli e frivoli domani.

In Primo Piano alle 9.30 don Mario Benedini (direttore dell’Ufficio pastorale sociale e del lavoro) interviene in vista della Festa del 1° maggio. Nel secondo servizio il diacono Giorgio Cotelli presenta il prossimo Convegno delle Caritas parrocchiali, in programma a Botticino il 28 aprile. In Ecclesia (alle 11) la sociologa e docente Carla Bisleri illustra il lavoro della Commissione diocesana Ufficio oratori. In “Musica per lo

spirito” (alle 11.30) don Alberto Donini presenta il repertorio sacro del Tempo pasquale.Il programma, prodotto da VoceMedia e curato da Betty Cattaneo va in onda anche in differita, la domenica su Radio Voce Camuna alle 8; Ecz alle 15; Radio Claronda alle 16; Radio Basilica Verolanuova alle 10.30; Radio Ponte Manerbio alle 12.30; Radio Raphaël alle 9. Le rubriche sono disponibili in podcast sul sito www.radiovoce.it

La prossima puntata della rubrica settimanale “La Buona Notizia” apre con il servizio “Un convegno su don Primo Mazzolari”, proposto a 100 anni dalla sua ordinazione dalla Fondazione Mazzolari. A seguire: “Comunicare con le emozioni”, il convegno proposto da Scienza & Vita a Rodengo sugli stati vegetativi; la solenne concelebrazione presieduta dal vescovo Monari per “Il 10° anniversario della beatificazione di Lodovico Pavoni”; l’inaugurazione a Rogno di “Uno

spazio dedicato ai bambini mai nati”. La rubrica “4 parole...” è con Luigi Morgano, per la Giornata dell’Università cattolica. “La Buona Notizia” va in onda: la domenica alle 13.05 su Teletutto e alle 18.30 su Tt2 Teletutto; su Super TV la domenica e il martedì alle 20; su Più Valli TV la domenica alle 8; su Teleboario la domenica alle 8.15 e alle 10; e su www.vocemedia.tv che manderà in onda anche l’appuntamento della scuola di preghiera per i giovani “Dato per voi”.

La Messa del sabato alle 18.30 è trasmessa dalla parrocchia di San Giacomo di via Oldofredo Denari su TT 2 Teletutto (87) e Super Tv (92-115).

L’impegno poco fruttuoso di Ro-bert Pattinson (il bel vampiro del-la serie “Twilight”) che dall’inizio alla fine si sforza di “fare la fac-cia feroce”, tutto sommato finisce con l’adattarsi a Bel Ami, il perso-naggio creato nel 1885 da Guy de Maupassant, più volte proposto dal cinema e ora tornato nell’adatta-mento di due registi teatrali, De-clan Donnellan e Nick Ormerod. Georges Duroy, il protagonista che Pattinson interpreta, è infat-

orna. Si sapeva. Già se ne era parlato ma ora ci so-no anche i primi nomi, pe-santi. “Donne in canto”, a favore della delegazione

bresciana della fondazione Ant, torna il 25 maggio (attorno alle 21, scaletta ancora da definire) in piazza Loggia e sul palco sono ora certe L’Aura, Lu-isa Corna, Loredana Errore, Mariella Nava, Paola Turci, Andrea Mirò, Na-thalie, Micaela e, annunciata quasi in diretta come fosse un coup de théâtre degli organizzatori, Ornella Vanoni. “La sfida era ripetersi – ha ricordato Paolo Gatti, direttore artistico di Mu-sic Association, che si occupa della manifestazione canora – con un even-to tanto grande. Le artiste coinvolte si esibiscono gratuitamente perché la musica deve servire ad accendere i riflettori su quello che è il messaggio dell’Ant”. Il concerto, per consentire la partecipazione di più persone e per farlo sentire ancor più dei bresciani “è nel cuore della città. Siamo vicini – ri-corda Simona Bordonali, presidente del Consiglio comunale di Brescia – all’Ant e a quello che fa”. Il Comune ha offerto il patrocinio all’iniziativa. Chi non si è tirata in dietro è Radio Italia che trasmetterà l’evento in diret-ta. Per quanto riguarda le artiste sono

ancora in lavorazione e in attesa altre presenze. “Vorrei menzionare Micae-la – dice ancora Paolo Gatti – giovane artista che è la nuova scoperta della casa “Ultrasuoni”, quella dei Modà e il singolo ‘Splendida stupida’ è firma-ta proprio da Kekko dei Modà. Sono contento per la presenza di Ornella Vanoni. Ha voluto esserci. È la sto-ria della musica italiana; visti anche i suoi 78 anni non è usuale averla a

in questo caso è quello dell’Ant. Dal 2002 sono circa 2200 le famiglie che nel Bresciano hanno usufruito dei ser-vizi della fondazione. “Abbiamo otto medici, cinque infermieri e una psico-loga assunti a tempo pieno – spiega Andrea Longo, segretario provinciale – che rispondono alle esigenze dei pa-zienti e delle famiglie che seguiamo. È chiaro che da questo punto di vista siamo un’azienda e dobbiamo trovare i fondi per pagare i nostri medici. Nel 2011 il bilancio era in passivo, ma la sede centrale ci ha aiutato e ha ripia-nato il debito. Questa iniziativa, come altre, sono finalizzate a permetterci di pagare il personale e assumerne altro”. Novità del 2012 è l’accredita-mento, con l’ospedale di Desenzano. È il primo accordo siglato da Regione Lombardia con l’Ant. “I nostri medici, con questo accordo – ha continuato Longo – assicurano assistenza sul ter-ritorio che va da Gavardo a Salò. Per ora è uno start up con 10 pazienti, fac-ciamo conto di arrivare a 60 in questa zona nel 2012”. Ad oggi, sul territorio bresciano dove Ant opera anche con molti volontari sono 180 le famiglie assistite al giorno. “Vogliamo mante-nere alta la qualità – conferma Longo – quindi con l’aumentare della richie-sta, dobbiamo assumere”.

manifestazioni del genere”. I biglietti per il concerto sono già in vendita sui circuiti Ticketone e Greenticket e nei negozi convenzionati. Sono disponibi-li anche nella sede dell’Ant di Brescia in bviale della stazione 51. I prezzi so-no di tre fasce: 30 euro (seduti primo settore); 20 euro (seduti secondo set-tore); 10 euro (in piedi); a questi si de-vono aggiungere i diritti di prevendita. Ma la musica lancia un messaggio e

La parrocchia di S. Benedetto abate e la Circoscrizione Ovest presentano per domenica 22 aprile alle 16 “Launeddas e chitarre in Chiesa” a Brescia in via Divisione Acqui 22. Partecipano il maestro Luigi Lai, suonatore di launnedas. Nel 1977 ha collaborato con Angelo Branduardi suonando il tipico strumento sardo nell’album “La pulce d’acqua”. Assieme a lui “Accordance guitar ensemble” diretta da Alessandro Bono.

ti un guscio vuoto, un uomo dalle scarse capacità ma dalla sfrena-ta ambizione, capace di mettere a frutto l’unica cosa che possiede: la sua bellezza.Tornato a Parigi dopo la guerra d’Algeria, povero in canna, Geor-ges incontra un ex commilitone, Charles Forestier, che lavora in un giornale antigovernativo. Grazie a lui viene introdotto nella buona so-cietà e conosce le donne destinate a cambiargli la vita: la moglie di Fo-

restier, Madeleine (Uma Thurman), che sposerà dopo la morte dell’uo-mo; Clotilde de Marelle (Christina Ricci), destinata ad essere la sua amante; e la più anziana Madame Rousset (Kristin Scott Thomas), che Georges seduce e poi abban-dona cinicamente. Bel Ami – così tutti lo chiamano – all’inizio subi-sce qualche rovescio, ma finisce col comprendere le regole di quel mondo: competizione e ipocrisie, il potere della comunicazione uti-

lizzato con spregiudicatezza, le bu-gie per raggiungere il successo in politica, il sesso come strumento per far carriera.Il film, spiega Donnellan, “parla della manipolazione dei media; un governo che invade illegalmente un Paese arabo per le sue risorse naturali e che mente al popolo; il modo in cui i media sono compli-ci o meno; il sesso; la celebrità; e anche di come qualcuno può arri-vare in vetta con pochissimo talen-

to”. Tutto ciò ricorda qualcosa? È evidente l’intento di sottolineare quanto il romanzo sia attuale. Le lunghe scene in interni (e le molte nei letti), concentrate sui primi pia-ni di Georges e delle sue donne, co-struiscono una gabbia dove – con modi spesso garbati – si scatena la violenza delle relazioni. Ma la re-gia è puramente illustrativa, priva della forza necessaria; e il bel Ro-bert fatica ad esprimere l’energia animale che dovrebbe muoverlo.

umeri impressionanti ac-compagnano i fenomeni legati all’illegalità, alla concorrenza sleale e alla contraffazione. Su questi

temi, nella sede di Apindustria Brescia, si è svolta una tavola rotonda modera-ta dal presidente Maurizio Casasco. Si è trattato di un confronto che ha visto la partecipazione dal prefetto Livia Narcisa Brassesco Pace, del sindaco Adriano Paroli, del presidente della Provincia Daniele Molgora, del presi-dente della Cciaa Francesco Bettoni e del segretario generale vicario An-tonio D’Azzeo, del presidente dell’Aib Giancarlo Dallera con Paola Migliorati dell’area contrattualistica internazio-nale, del rettore dell’Università sta-tale Sergio Pecorelli, dei comandanti provinciali della Guardia di Finanza Bonifacio Bertetti e dei Nas Giuseppe Scaletta e di Andrea Morelli respon-sabile area verifiche e controlli delle Dogane di Brescia. “Siamo qui – apre Casasco – per rispondere ad una esi-genza sentita da tutte le imprese. L’esi-genza di creare sistema per intrapren-dere insieme un percorso, una sorta di vicinanza culturale che interpreti i bisogni delle imprese, del lavoro, dei lavoratori e della città”. Per Paroli l’in-contro è l’occasione per guardare con positività al futuro. “Occorre lavorare insieme per creare una giusta cultura dell’imprenditorialità. Chi non rispet-ta le regole procura un danno a tutta

ce 130mila posti di lavoro in meno e 5,3 miliardi di mancato gettito fiscale. La spinta positiva può venire soltanto lavorando insieme, per qualcosa che vale per il territorio”. Il coinvolgimen-to di tutti gli attori è auspicato anche da Molgora. “Occorre impegnarsi molto a tutti i livelli, ognuno deve fare la propria parte. La Provincia si sta muovendo con la creazione del marchio ‘made in Provincia di Brescia’ per tutelare il territorio e le imprese”. Secondo Pecorelli an-che l’Università può e deve funge-re da catalizzatore per lo sviluppo. “L’Università è parte integrante del

la comunità, creando zavorre per chi vuole andare nella direzione giusta”. Il sommerso produce numeri impres-sionanti. Li riassume Dallera. “Secon-do recenti studi in Italia il business del sommerso supera i 7 miliardi, produ-

“Una vetrina importante su un com-parto che rappresenta oggi una re-altà molto dinamica, capace di da-re un nuovo ruolo e nuovi sbocchi all’attività zootecnica in montagna.” Queste le parole con cui il presiden-te dellaAssociazione Allevatori di Brescia, Germano Pè (nella foto), ha definito la mostra dedicata al setto-re caprino tenuta nei giorni scorsi a Edolo nell’ambito delle Giornate zo-otecniche 2012. La manifestazione è

stata organizzata dall’Apa in collabo-razione con la Comunità montana di Valle Camonica, il Comune di Edolo e l’assessorato all’Agricoltura della Provincia. “Fino a non molti anni fa – è il commento di Pè – l’allevamen-to caprino era caratterizzato da un modello d’allevamento estensivo, spesso confinato nelle aree montane più difficili con gli animali lasciati al pascolo per la maggior parte dell’an-no, la produzione vendibile era data

esclusivamente dalla carne e dai ca-pretti destinati al consumo pasqua-le. Negli ultimi anni un gruppo di ap-passionati allevatori di capre di razza Bionda dell’Adamello ha messo in at-to il recupero di questa razza molto diffusa in passato e poi quasi scom-parsa, recuperandone lo standard di razza e valorizzandone la produzione lattea con il fatulì, legato indissolu-bilmente alla capra di razza Bionda dell’Adamello”.

territorio. Formare, ricercare, esse-re utili sono le nostre funzioni”. An-che da Bettoni un accorato appello a fare sistema. “I nostri prodotti sono i migliori, ecco perché all’estero ce li copiano. Dobbiamo creare i distret-ti industriali, i marchi di origine per affrontare i mercati esteri. Per far-lo ci sono anche risorse importanti, messe in campo dalla Regione Lom-bardia”. Soddisfatto il Prefetto che della sinergia fra istituzioni, forze dell’ordine, associazioni di catego-ria e organizzazioni sindacali ha fat-to un personale cavallo di battaglia, promuovendolo a sistema.

In occasione dell’insediamento di Giorgio Squinzi, successore di Emma Marcegaglia alla guida di Confindustria, numerosi imprenditori ed imprenditrici attivi in settori diversi, di differenti dimensioni e provenienti da vari territori come Brescia, Bergamo, Vicenza, Roma ed altri, hanno deciso di redigere a titolo esclusivamente personale e aziendale una lettera aperta per sollecitare, al di là delle logiche tradizionali di rappresentanza

e potere, una scelta che dia inizio ad una vera e forte presenza femminile, giovanile e di rappresentanti della piccola e media azienda nella squadra di lavoro che egli costituirà. Nella lettera aperta gli imprenditori condividono la strada indicata dal nuovo presidente per una Confindustria maggiormente rappresentativa di tutte le realtà che a essa fanno riferimento. La via indicata da Squinzi è quella di un maggiore coinvolgimento nella

vita associativa. “Gli associati – è un passaggio della lettera aperta – si stanno allontanando sempre di più dalle attività delle Associazioni affiliate perché non le sentono abbastanza vicine: questo fenomeno si vive quotidianamente nelle realtà delle nostre territoriali”.Ad oggi gli imprenditori che hanno firmato la lettera aperta sono quasi 80. Particolarmente rappresentata è la realtà bresciana che guida la classifica con 49 adesioni.

“Basta un po’ di buon senso per prevedere che la perdita di valore dei risparmi privati investiti in titoli di stato, obbligazioni o in Borsa, si riverberi in modo ineluttabile sui consumi”. il giudizio di Giuliano Noci, prorettore con delega ai rapporti con la Cina, ordinario di Marketing al Politecnico di Milano, tra i relatori dell’incontro promosso alla sezione Ucid Bassa Bresciana coordinato dal presidente del sodalizio Giuseppe Pozzi su: “Crisi in Europa e dintorni: ne

stiamo uscendo?” Si possono fare le analisi più disparate, ma la sostanza è che se non intervengono reali cambiamenti coloro che speravano che tra il 2012 e il 2013 la situazione si sarebbe alleggerita sono destinati a rimanere delusi. Noci argomenta le sue considerazioni con una serie di motivi: dalla penuria di finanziamenti da parte delle banche che ricevono denaro ma non lo distribuiscono, alla Cassa integrazione in costante

aumento, alla crisi sociale da impoverimento, alle scarse occasioni, per non dire nulle, di occupazione per i giovani, al rigore di bilancio che segue la via tedesca. Un elenco di cause nelle quali rientra l’amore al lavoro. Sono temi analizzati da altri relatori che auspicano aggregazione fra imprese (Volfango Cozzi, direttore Cobo di Leno), raccolta di fondi economici destinati al territorio (Carlo Ruggeri, presidente Agro

Bresciano), sapiente tutela del patrimonio storico (Massimo Tedeschi, capo redattore dell’edizione di Brescia del Corsera), idee per il futuro per superare le incomprensioni sociali (Mario Abis, professore di ricerca psico-sociale Iulm e direttore Makno). Il convegno è stato aperto col saluto dell’on. Mariastella Gelmini (invito a pensare positivo) e del sen. Guido Galperti (sempre attuale la dottrina sociale della Chiesa). (f.pio)

ra gli italiani a temere maggiormente la nuova Imu si sono sicuramen-te gli agricoltori. Se le misure adottate dal go-

verno Monti non saranno modificate per il mondo dell’agricoltura potreb-be aprirsi una stagione di rinnovate difficoltà. Lo sottolinea anche Ettore Prandi-ni, presidente di Coldiretti Brescia in questa intervista. Il governo Monti ha previsto l’applicazione della nuova im-posta Imu anche sui fabbricati agricoli. Secondo le vostre pro-iezioni quali possono essere le conseguenze sull’agricoltura bresciana?Rispetto al regime precedente, nel quale l’imposta sui fabbricati veniva pagata all’interno di quella sui ter-reni agricoli, l’aumento è impressio-nante. Già con l’acconto da versare a giugno, più o meno il 30% del tota-le, si configura un aumento del 300-

400%, che chiaramente rappresenta una mazzata per il settore. Da que-sto punto di vista la Bassa è la zona più colpita, nella quale si concentra la maggior parte dei fabbricati.Quali sono i rilievi che la vostra associazione muove alla decisio-

ne del governo in questo campo? Non riteniamo assolutamente equo né giustificato un provvedimento del genere. Com’è possibile tassare anche quei fabbricati che non pro-ducono reddito? Stiamo parlando per esempio di fienili, trincee o va-sche per i liquami. Questo è sempli-cemente un mettere le mani nelle tasche degli agricoltori.I Comuni dovranno definire con-cretamente le aliquote da appli-care per la tassazione dei fab-bricati. Tra di essi alcuni hanno optato per l’aliquota più bassa...È certamente un segnale di attenzio-ne verso il nostro settore, la consa-pevolezza dell’importanza che esso ha sul nostro territorio.

uove tasse, lungaggini bu-rocratiche e costi che “lie-vitano” continuamente: sono questi alcuni degli aspetti che danno oggi una

connotazione negativa all’attività degli artigiani, già alle prese con difficoltà e problemi derivanti dalla crisi economi-ca mondiale. E le decisioni adottate dal mondo politico in questi ultimi mesi, nonostante le molteplici sol-lecitazioni arrivate sia dal mondo imprenditoriale che da quello sin-dacale, sembrano dettate più dalla smania di far cassa che dal desiderio di venire incontro ai bisogni dei cit-tadini, poco importa se lavoratori di-pendenti o imprenditori, pensionati o disoccupati. “Esempio di quest’ot-tica distorta – sottolinea il presiden-te di Confartigianato Eugenio Mas-setti – è l’ormai famosa Imposta municipale unica, che già si sa di dover pagare, e molto di più rispet-to alla vecchia Ici: poco o nulla si è infatti detto riguardo la sua ricaduta sugli immobili delle imprese, quin-di di riflesso anche del suo impatto sul tessuto produttivo bresciano. Si tratta di una grave pecca, perché le aziende artigiane rappresentano il motore della nostra economia e, in momenti di grave crisi come quelli attuali, vessarle con ulteriori tassa-zioni potrebbe risultare per molte di loro un colpo mortale”. Secondo uno studio realizzato da Confartigianato a Brescia il maggior gettito dovuto sugli immobili delle imprese con aliquota al 7,6 per mille passerebbe da 109 a 155 milioni di euro, mentre con l’ipotesi di aumento del 3 per mille (una scel-

tempo complessità e lungaggini. Non bisogna poi dimenticare che, di fronte alla tanto sbandierata semplificazione, in Italia per ogni norma che snellisce l’iter burocratico ne vengono emana-te ben sei che complicano sempre più la vita agli imprenditori. “Il compito di Confartigianato – conclude Massetti – è quello di aiutare gli imprenditori e le aziende con iniziative e progetti, solle-citando nello stesso tempo il mondo politico perché trovi rimedi e soluzio-ni alla crisi attuale. Ma è necessario assumere un atteggiamento nuovo, guardare al futuro, all’innovazione, al momento in cui l’economia tornerà a correre e che dovrà trovare gli impren-ditori bresciani pronti a misurarsi con tutti i mercati del mondo”.

ta lasciata alla discrezionalità dei Co-muni), quindi Imu al 10,6, si andrebbe a 216,5 milioni e con la riduzione del 3 per mille si scenderebbe a 94 milio-ni. Altra piaga che affligge gli artigiani è quella della burocrazia fiscale, che costringe a sacrificare non solo dena-ro ma intere giornate di lavoro per gli adempimenti sopportando nel con-

Un territorio a misura degli artigiani e delle piccole imprese: è questo che Confartigianato di Brescia intende chiedere, con una lettera aperta, ai candidati sindaci della Provincia in vista delle prossime elezioni amministrative. “Ci rivolgiamo ai candidati sindaci – spiega il presidente Eugenio Massetti – a nome delle nostre imprese, quelle che trainano l’occupazione, nonostante la difficile congiuntura in cui si trovano, e nello stesso

tempo sopportano un peso fiscale eccessivo, costi più alti ed inefficienze”. L’impostazione di una politica del territorio con interventi su misura per le realtà imprenditoriali e il sostegno alle imprese locali sono tra le richieste più pressanti contenute nel documento di Confartigianato. “Siamo in una fase economica – prosegue Massetti – che presenta caratteri inediti di drammaticità e genera nelle imprese una grandissima incertezza. Quindi

tutti i soggetti, a partire da quelli istituzionali, devono adottare misure responsabili a livello economico e finanziario con il fine di mantenere attivo e vitale un tessuto produttivo fortemente radicato sul territorio”. Massetti chiede ai candidati attenzione alle imprese nell’applicazione di tributi quali l’Imu o la tariffa rifiuti, coinvolgendo nel contempo le aziende in quelle decisioni che hanno importanti ricadute sul territorio.

tw w w. c o n f a r t it i g i a n a t o . b s . i t

on può finire così, non è giusto. Eppure acca-de e comincia a diventa-re troppo frequente. Nel calcio ma non solo. La

morte di un ragazzo di 25 anni su un campo di calcio è qualcosa che an-nienta, che lascia sbigottiti. Piermario Morosini se n’è andato in un sabato maledetto a Pescara accasciandosi in un attimo, con compagni ed avversari che si mettevano le mani nei capelli, con l’ambulanza che non riusciva ad entrare in campo per l’ostruzione di un auto dei vigili, con uno stadio che è ammutolito di colpo: pensava di as-sistere a una festa, si è inabissato nel-la tragedia. Per una volta il calcio ha fatto la cosa giusta: si è subito ferma-to, per rispetto, per riflettere. Natural-mente c’è già qualcuno che eccepisce, che non è d’accordo, ma per fortuna quella che un tempo veniva chiamata la “pietas” ha prevalso sull’insensibi-lità dilagante, sugli interessi di parte. Tutti fermi dunque, anche se qualcu-no può eccepire che allora ci si deve fermare sempre, ad ogni morte sul lavoro, ad ogni lutto imprevisto. Qui però è diverso, per due motivi soprat-tutto: raramente milioni di persone, tra cui tantissimi bambini e ragazzi, hanno potuto assistere ad immagini così drammatiche, praticamente in di-retta: se ancora possiamo dirci uomi-ni, non possiamo poi resettare tutto un attimo dopo e ricominciare a ve-

dere una partita come se niente fosse. In più, ripetiamo, il valore simbolico del calcio è o almeno dovrebbe an-cora essere, quello di una festa. Che in questo momento di gioia irrompa la morte non è previsto: lo abbiamo letto sulle facce dei giovani compagni che fino a un minuto prima giocava-no al fianco di Piermario: a nessuno di loro, ancora giovane e spensierato,

ha mai minimamente sfiorato il pen-siero che giocando una partita la vita ci possa abbandonare. Invece è suc-cesso. Ora anche sui soccorsi ci sa-ranno le immancabili polemiche, go-verno e Ministro della Sanità si sono già interrogati per capire se si è fatto abbastanza per salvare quel giovane, se si fa abbastanza in Italia sul fronte della prevenzione. Qualcuno si è pre-

Altro fine settimana ad alta intensità per lo sport bresciano. Si comincia sabato pomeriggio per il ritorno dei quarti di finale dei play off scudetto del massimo campionato di pallanuoto. An Brescia è reduce dal 5-4 casalingo nel match d’andata contro la Florentia. In caso di vittoria sarà approdo alla semifinale, altrimenti si dovrà ricorrere alla bella di mercoledì 25 aprile nella piscina di via Rodi.

Ancora in corsa per i play off, invece, il Basket Brescia sesto in classifica e che ha subito due punti di penalizzazione in classifica. Reduci da tre vittorie consecutive, i biancoazzurri saranno di scena domenica 22 aprile nella difficile trasferta di Piacenza valida per la terzultima giornata della stagione regolare di Lega 2 (palla a due alle 18,15 con diretta integrale su Radio Voce Fm 88.3-88.5).

Molti dei presenti al PalaGeorge nemmeno erano nati in quell’apri-le di 20 anni fa quando la Gabeca Montichiari, nel piccolo palazzet-to tedesco di Moers, sconfisse la temibile Mediolanum Milano sa-lendo sul tetto d’Europa e conqui-stando la sua seconda Coppa delle Coppe consecutiva eppure l’emo-zione vissuta domenica scorsa è stata intensa per tutti. Proprio per ricordare quell’avve-

nimento l’amministrazione comu-nale ha voluto richiamare tutti i protagonisti della vittoria europea consegnando loro una medaglia a testimonianza. C’è chi è giunto direttamente dall’estero, come il centrale olandese Ian Posthuma o l’altro centrale Maurizio Nucci (ormai americano di residenza), chi più da vicino come il palleggia-tore Pupo Dall’Olio o lo schiaccia-tore (ed autore del punto decisivo

della Coppa Coppe 1992) Antonio Babini; e poi Simone Giazzoli, Mas-similiano Vitali, Matteo Bussolari, Giulio Di Toro, Esteban De Palma, Stefano Barbieri senza dimentica-re il presidente Luciano Baratti, dirigenti, medici, fisioterapisti ed accompagnatori dell’epoca. Assen-ti solo Michele De Giorgi e Ronald Zoodsma così come l’allenatore Stelio De Rocco ed il suo vice Gi-gi Zizioli.

cipitare a dire che è solo fatalità, che è un evento che colpisce solo lo 0,4 per mille dei giocatori in attività, che rispetto ad altri Paesi il nostro è anzi molto più avanti a livello di medici-na sportiva e di visite legate all’abi-litazione. Può darsi. Ma bisogna pur interrogarsi se stiamo superando un limite, se c’è qualcosa che si può, si deve fare di più. Ecco perché lo stop del calcio è un segno di civiltà che l’Italia dà agli sportivi e al mondo in-tero che ha assistito agli ultimi istan-ti di vita dello sfortunato ragazzo. E sfortunato Morosini lo era davvero: bergamasco verace, aveva già dovuto rialzarsi tante volte nella vita, aveva perso mamma, papà e un fratello di-sabile in pochi anni, ma sempre ave-va reagito anche grazie a quel mondo del calcio, il suo mondo. Riflettere è doveroso: su questo ragazzo e su tanti come lui, da Renato Curi in avanti, fi-no all’ultimo caso di Vigor Bovolenta, bandiera del nostro volley, che hanno chiuso gli occhi per sempre su un ret-tangolo di gioco, tra la disperazione e l’impotenza di chi si è visto trasfor-mare la festa in funerale.

l Csi deve guardare sempre più in alto, seguendo i maestri dell’impossibile. È un messag-gio forte quello che è arrivato dalla Casa dello sport di Ber-

gamo, dove sabato scorso il comita-to orobico ha ospitato il convegno dal titolo: “Sport in oratorio: mission im-possible?”. A fare gli onori di casa il presidente del Csi Bergamo Giuseppe Valori, che ha spiegato il senso di un incontro con esponenti di tutti i co-mitati lombardi: “La società odierna ha bisogno di modelli educativi forti e coinvolgenti. Noi crediamo che in oratorio si possa fare la differenza e sentiamo il dovere di lavorare insie-me con coraggio, senza avere paura di sognare per crescere sotto tutti i punti di vista”. Sulla stessa lunghez-za d’onda il responsabile regionale della formazione Davide Iacchetti: “Abbiamo sempre inteso il Csi come sport educativo, ma non possiamo da-re per scontato questo aspetto senza affrontare gli ostacoli che esistono. C’è ancora tanto da fare. Dobbiamo lavorare in rete, mettere la famiglia al centro e fare dello sport un contesto di missione”. Ospite d’onore il vesco-vo di Bergamo Francesco Beschi, il quale ha sottolineato l’impegno del-la Chiesa italiana per il decennio in corso: “Fare dell’educazione la stra-da della speranza per il futuro”. A tal proposito lo sport gioca un ruolo fon-damentale, “chi opera in questo set-tore – ha ricordato il Vescovo – deve

Il ruggito della Leonessa è più forte. La coppa del Csi Brescia si è arricchita di una nuova categoria nel calcio a 7: l’over 35. La competizione avrà inizio l’ultimo fine settimana di aprile, con le sfide della prima giornata della fase a gironi. Cercheranno di sollevare la coppa arancioblù otto squadre con giocatori dai 35 anni in su, potranno schierare tre under. Le formazioni saranno suddivise in due gironi e si affronteranno in gare di andata e ritorno. Le capoliste di ciascun

raggruppamento accederanno alla finalissima del secondo weekend di giugno a Virle. La coppa Leonessa over 35 è il primo passo del Csi Brescia verso l’affermazione della categoria nel panorama locale. La stagione 2012/2013 garantirà la possibilità di disputare un campionato di categoria. Coppa Leonessa over 35 Girone A: Tris Calcio Padergnone; Sale Gussago; Virtus Padile; Il Mosaico. Girone B: Over 40; Mds Sirmionese; United Ghedi; Calcinato.

interrogarsi sulla capacità propositi-va di ogni progetto. Il bilancio va fat-to sui contenuti e i valori promossi, non sugli esiti. L’educazione non è un campionato. Dobbiamo ampliare i nostri orizzonti prestando maggiore attenzione ai più deboli, alla disabilità e all’immigrazione, senza dimentica-re la valenza pastorale di ogni gesto. Lo sport ciessino non deve essere ri-

servato ai credenti, ma deve vedere i credenti in prima linea per lo sport”. Dal mondo degli oratori è arrivata la voce di don Michele Falabretti, presi-dente degli oratori dell’OdL: “Lo sport avvicina la comunità, la lega attorno all’oratorio, la fa crescere. Invito le società a studiare premesse e obiet-tivi prima di pensare all’organizzazio-ne. Bisogna costruire ogni casa sulla roccia”. Spunti per missioni ardue, quasi impossibili, “come quelle di un acrobata che cammina sulla fune – af-ferma mons. Claudio Paganini – , un atleta iscritto alla facoltà dell’impossi-bile, dove Gesù è professore di ruolo. Strizziamo l’occhio a noi stessi e agli altri dall’alto della fune”.

UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI

Associato Associato

Grazie, vescovo Luciano

Egr. direttore,vorrei approfittare delle pagine di “Vo-ce” per condividere con altri sacerdoti bresciani questi sentimenti di gratitu-dine nei confronti del nostro Vescovo. Carissimo vescovo Luciano, anche a nome del presbiterio di Lovere, Le esprimo tutta la mia gratitudine per la Lettera inviata a noi sacerdoti: vi si respira un afflato da vero Padre. L’attrezzatura biblico-teologica che le è propria dà sempre, anche alle sue omelie e ad altri numerosi interventi, un vigore spirituale particolare, unito ad una capacità rara di attualizzazione sapiente e pertinente. I suoi scritti poi sono scorrevoli e uniscono profondità e chiarezza. Le siamo grati anche per la concretezza con la quale delinea una “regola di vita”, preziosissima per ognuno, ma indispensabile per il mi-nistero di noi preti, tanto affascinante quanto delicato e difficile. Ho trovato conferma anche ad una mia convin-zione: nonostante la complessità e lo sconvolgimento epocale, non è possi-bile essere pessimisti sul nostro tem-po; il sano realismo della nostra fede dona energie nuove ogni giorno per annunciare con “parresìa” il mistero di grazia di cui siamo, senza alcun me-rito e nonostante la nostra pochezza, testimoni. Deo gratias… ac nostro di-lectissimo episcopo Luciano…! Saluti cari e auguri di ogni bene!

don Giacomo Bulgari

Auguri al Papa

Egr. direttore,il 16 aprile scorso il Papa ha compiu-to 85 anni. nato come si dice, in un luogo ameno, sulle rive dell’Inn prima che il fiume alpino si getti nel Danubio

all’altezza di Passau. Il confine é quello tra l’Austria e la Germania. Pedalando lungo la meravigliosa ciclabile si arriva a Vienna passando per Mauthausen, Linz, Melk, percorrendo tra colline e vigneti circa 360 km. Nel Duomo di Passau puoi ammirare ed ascoltare il grande organo, i concerti sono orga-nizzati con estrema sobrietà e gusto della bellezza sacra. Poco lontano si trova Salisburgo la patria di Mozart, il genio. Riesce difficile pensare che in una località cosi bella sia nato Hitler; precisamente a Braunau am Inn a cir-ca 20 km da Markt am inn, dov’è nato il Papa, 38 anni prima del Papa. C’è un’altra coincidenza, il Papa compie gli anni il 16 e Hitler il 20 aprile ... insieme li accomuna anche la permanenza in modi e tempi molto diversi nella catto-licissima Monaco che tra le città tede-sca è quella che più è vicina al fascino discreto di Salisburgo e di Vienna. Tra parentesi ricordo che alcuni mesi fa, proprio Monaco, nella chiesa de The-atini, ha salutato per l’ultima volta Ot-to von Augsburg, l’ultimo discendente degli Asburgo, a 150 metri da dove è nata la mitica Sissi. Ma perchè acco-stare sempre figure così antitetiche l’una all’altra, il Papa e Hitler. Molto semplicemente perché questo umile e tenace servo dei servi di Dio, accolto con sinistra esultanza dai conservatori e con riserve inconcepibili da parte di sedicenti progressisti, si presenta co-me l’espressione più matura ed elevata del riscatto di un intero popolo; egli si è proposto agli occhi del mondo con una impressionante limpidezza d’ani-mo, con una intelligenza delle cose del-la cultura, della vita e del mondo che nobilita il genere umano in una delle sue abituali e ricorrenti crisi epocali; infine con una assoluta onestà di fron-te al bene e al male della Chiesa e del

mondo che ne segneranno profonda-mente il futuro. Non furono certo da meno i suoi predecessori, e io, per mo-tivi anche di età, ricordo la folgorante figura di Paolo VI e l’eroica vicenda personale di papa Woytila. Dunque io amo il Papa e ammiro papa Ratzinger: amo il Papa perché lo ritrovo nel van-gelo di Gesu Cristo come guida della Chiesa, ammiro papa Ratzinger per il suo sguardo da bambino e per la sua profonda sapienza razionale e teologa-le, e infine per la totale adesione al suo mandato. Mi piace ascoltarlo, capirlo, mi piace il suo modo di intepretare le situazioni, di affrontare le contese, di assumersi le responsabilità. Qualche volta ho desiderato anche che lo sa-pesse,... una Chiesa senza il Papa, da quando in qua..?

don Mario Neva

Solo sconcerto

Egr. direttore,non trovo parole per definire lo spet-tacolo che la politica sta fornendo. Agli scandali (che ormai sono trasver-sali a tutte le forze) si assomma l’at-teggiamento di partiti che, incuranti, della grave crisi che sta spingendo verso il baratro non solo il Paese ma anche tantissime famiglie, discutono di revisione dei meccanismi che rego-lano il finanziamento dei partiti senza per altro mettere mano alla sola gran-de riforma possibile: quella di una co-spicua riduzione di questi fondi. Una riforma che, forse, rimetterebbe i par-titi in sintonia con le ristrettezze di milioni di italiani ed eviterebbe tante tentazioni... strano come la politica nazionale, pronta a dividersi su tutto, trovi sul terreno delle risorse ad essa destinate una grande sintonia...

Matteo Tini