La Voce del Popolo 2012 45

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Giorni cruciali quelli che la Chiesa bresciana vivrà al Sinodo. Convocati dal vescovo Luciano Monari i 385 sinodali saranno chiamati a delineare il volto della nostra Chiesa di domani. Il tema delle unità pastorali è sul tavolo da tempo. Dall’aprile 2011 siamo stati una “Comunità in cammino”: documenti, schede, consultazioni, fino all’instrumentum laboris. Ora l’Assemblea sinodale, il momento più solenne, il tempo opportuno per invocare lo Spirito Santo e parlare di noi. Ma che Chiesa incrocia il 29° Sinodo ǯ /$ 92&( '(/ 3232/2 diocesano? Cinque anni di episcopato di Monari a Brescia hanno rimesso all’ordine del giorno temi come la centralità della Parola di Dio, l’eucaristia, la comunità e la missione (a cui sarà dedicata la lettera pastorale del prossimo anno), ma ha anche impresso uno stile di presenza legata alla figura del Vescovo che, per ciò che dice e per come lo dice, esercita un’indubbia autorevolezza che va oltre i confini della comunità cristiana e s’incarna in tutti gli ambienti di vita con evangelica trasparenza. La vita delle parrocchie, altresì, procede non senza sfide e fatiche legate alla secolarizzazione del vissuto delle persone e un rapporto tra centro e periferia della diocesi che resta dialettico in molte sfaccettature. Niente di nuovo, forse, ma non per questo sempre sostenibile. L’impressione è che ciò che accadrà nel Sinodo trovi un clero che viaggia ormai in modo altalenante tra entusiasmi e prudenze (se non stanchezze), che da un lato è desideroso di cogliere la sfida di allargare i confini, ma che è anche lecitamente in dubbio sul lasciare ciò che è certo per qualcosa che è ancora troppo incerto e indefinito. L’esperienza recente di qualche scelta pastorale ancora da digerire, come la nuova iniziazione cristiana, non può non giustificare una qualche perplessità. Un clero, poi, che si sente spinto tra un’idea di prete che qualcuno vorrebbe più testimoniale a vantaggio di altri compiti, ruoli e ministeri nella Chiesa e un’idea di pastore dedito e impastato tra la sua gente, a volte monaco, ǤǤ ǡ Ǥ Ǥ È successo senza preavviso. Una ragazza che conosco mi ha detto che vorrebbe farsi suora. “Lei è la prima perso- na a cui ne parlo. È un pensiero che mi fa soffrire. Non so cosa fare. Non sono mai stata una ragazza molto di chiesa e nemmeno la mia famiglia mi ha spinto. Questo mondo vissuto così mi sembra vuoto. Ho un ragazzo a cui voglio bene”. Quasi piangeva. Mi sono accorto quanto sia difficile affrontare un problema di queste dimensioni e quanto non valga l’allenamento professionale di parlare agli altri. Più che rispondere, sono riuscito a dire alla mia giovane amica: “Il problema è serio, ma il migliore modo per affrontarlo è la quie- te. Via l’ansia e l’affanno. Sacro è lo sposarsi come lo è diventare suora. Non è detto che una scelta sia migliore o peggiore dell’altra. Sono scelte molto grandi, che ci competono a livello di disponibilità e, dopo, di impegno. Ma Qualcuno ci è così vicino da darci la possibilità di arrivare alla scelta più giusta”. Le ho regalato il mio rosario, l’unica cosa a cui potevo attaccarmi. Sono certo che le servirà più di qualsiasi discorso. ǤǤǤ Ǧ Ǧ ǤǤ Ȁ ȋǤ Ǥ ȀȀ λ Ȍ Ǥǡ ǡ ȋȌ Bersani-Renzi: scontro che va oltre il ballottaggio Sant’Afra. La comunità investe nella formazione Nel centenario del ritorno dei Pavoniani Ccdc. Pietra d’inciampo: il senso nel nome Libera la domenica: no all’apertura selvaggia ma non necessariamente isolato, e che forse fa più parte dell’immaginario collettivo del prete bresciano. Che ci sia un corto circuito? Non credo. Consumare la vita per Dio, passando per la propria gente mi sembra resti estremamente bello. Ciò che saranno le unità pastorali, poi, dipenderà dalla maturità di un laicato sempre più dibattuto tra una sudditanza inconsapevole, un’adultità autoreferenziale, che sa tanto di una edizione laica del clericalismo e la bellezza di laici che, anzitutto, da cristiani si sanno giocare nella fatica della corresponsabilità della missione della Chiesa. Questa nostra Chiesa che per stile e vita è ancora ricca di iniziative e di credibilità nel territorio e che del suo “stare dentro la storia” ha un patrimonio prezioso che esigerà costante cura, accompagnamento e rispetto. L’emergere, anche in questo tempo sinodale, di fughe alla Vaticano IV o al Concilio di Trento non credo possano dare grandi risultati e, nonostante qualche visibilità mediatica, produrre qualche vantaggio alla diffusione del Vangelo. Il Sinodo che vivremo, seppur specifico sulle unità pastorali, ci ricorda che il Vaticano II basta e avanza per essere fedeli alla volontà di Dio anche a Brescia. In questi giorni mi piace pensare alla cappella del Centro pastorale Paolo VI, che fu Seminario diocesano, come al cenacolo della nostra diocesi. Ancora una volta lì il Signore ci insegnerà a lavarci i piedi reciprocamente per il bene della Chiesa bresciana e ad maiorem Dei gloriam. λ Ǥ ǯ Ǥ ǯ Dz dz Ǥ Ǥ ǯ λ ǡ Ǥ

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Sabato 1 dicembre inizia il 29° Sinodo diocesano sulle unità pastorali.

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Giorni cruciali quelli che la Chiesa bresciana vivrà al Sinodo. Convocati dal vescovo Luciano Monari i 385 sinodali saranno chiamati a delineare il volto della nostra Chiesa di domani. Il tema delle unità pastorali è sul tavolo da tempo. Dall’aprile 2011 siamo stati una “Comunità in cammino”: documenti, schede, consultazioni, fino all’instrumentum laboris. Ora l’Assemblea sinodale, il momento più solenne, il tempo opportuno per invocare lo Spirito Santo e parlare di noi. Ma che Chiesa incrocia il 29° Sinodo

diocesano? Cinque anni di episcopato di Monari a Brescia hanno rimesso all’ordine del giorno temi come la centralità della Parola di Dio, l’eucaristia, la comunità e la missione (a cui sarà dedicata la lettera pastorale del prossimo anno), ma ha anche impresso uno stile di presenza legata alla figura del Vescovo che, per ciò che dice e per come lo dice, esercita un’indubbia autorevolezza che va oltre i confini della comunità cristiana e s’incarna in tutti gli ambienti di vita con evangelica trasparenza. La vita delle parrocchie, altresì, procede non senza sfide e fatiche legate alla secolarizzazione del vissuto delle persone e un rapporto tra centro e periferia della diocesi che resta dialettico in molte sfaccettature. Niente di nuovo, forse, ma non per questo sempre

sostenibile. L’impressione è che ciò che accadrà nel Sinodo trovi un clero che viaggia ormai in modo altalenante tra entusiasmi e prudenze (se non stanchezze), che da un lato è desideroso di cogliere la sfida di allargare i confini, ma che è anche lecitamente in dubbio sul lasciare ciò che è certo per qualcosa che è ancora troppo incerto e indefinito. L’esperienza recente di qualche scelta pastorale ancora da digerire, come la nuova iniziazione cristiana, non può non giustificare una qualche perplessità. Un clero, poi, che si sente spinto tra un’idea di prete che qualcuno vorrebbe più testimoniale a vantaggio di altri compiti, ruoli e ministeri nella Chiesa e un’idea di pastore dedito e impastato tra la sua gente, a volte monaco,

È successo senza preavviso. Una ragazza che conosco mi ha detto che vorrebbe farsi suora. “Lei è la prima perso-na a cui ne parlo. È un pensiero che mi fa soffrire. Non so cosa fare. Non sono mai stata una ragazza molto di chiesa e nemmeno la mia famiglia mi ha spinto. Questo mondo vissuto così mi sembra vuoto. Ho un ragazzo a cui voglio bene”. Quasi piangeva. Mi sono accorto quanto sia difficile

affrontare un problema di queste dimensioni e quanto non valga l’allenamento professionale di parlare agli altri. Più che

rispondere, sono riuscito a dire alla mia giovane amica: “Il problema è serio, ma il migliore modo per affrontarlo è la quie-

te. Via l’ansia e l’affanno. Sacro è lo sposarsi come lo è diventare suora. Non è detto che una scelta sia migliore o peggiore dell’altra.

Sono scelte molto grandi, che ci competono a livello di disponibilità e, dopo, di impegno. Ma Qualcuno ci è così vicino da darci la possibilità di

arrivare alla scelta più giusta”. Le ho regalato il mio rosario, l’unica cosa a cui potevo attaccarmi. Sono certo che le servirà più di qualsiasi discorso.

Bersani-Renzi:scontro che va oltreil ballottaggio

Sant’Afra.La comunità investenella formazione

Nel centenariodel ritornodei Pavoniani

Ccdc.Pietra d’inciampo:il senso nel nome

Libera la domenica: no all’aperturaselvaggia

ma non necessariamente isolato, e che forse fa più parte dell’immaginario collettivo del prete bresciano. Che ci sia un corto circuito? Non credo. Consumare la vita per Dio, passando per la propria gente mi sembra resti estremamente bello. Ciò che saranno le unità pastorali, poi, dipenderà dalla maturità di un laicato sempre più dibattuto tra una sudditanza inconsapevole, un’adultità autoreferenziale, che sa tanto di una edizione laica del clericalismo e la bellezza di laici che, anzitutto, da cristiani si sanno giocare nella fatica della corresponsabilità della missione della Chiesa. Questa nostra Chiesa che per stile e vita è ancora ricca di iniziative e di credibilità nel territorio e che del suo “stare dentro la storia” ha un patrimonio

prezioso che esigerà costante cura, accompagnamento e rispetto. L’emergere, anche in questo tempo sinodale, di fughe alla Vaticano IV o al Concilio di Trento non credo possano dare grandi risultati e, nonostante qualche visibilità mediatica, produrre qualche vantaggio alla diffusione del Vangelo. Il Sinodo che vivremo, seppur specifico sulle unità pastorali, ci ricorda che il Vaticano II basta e avanza per essere fedeli alla volontà di Dio anche a Brescia. In questi giorni mi piace pensare alla cappella del Centro pastorale Paolo VI, che fu Seminario diocesano, come al cenacolo della nostra diocesi. Ancora una volta lì il Signore ci insegnerà a lavarci i piedi reciprocamente per il bene della Chiesa bresciana e ad maiorem Dei gloriam.

ancano ormai poche ore all’avvio ufficiale del Sinodo diocesano sulle unità pastora-li che il vescovo Lu-

ciano Monari annunciò alla diocesi in occasione della messa crismale del 2011. Un cammino durato quasi un anno e mezzo nel corso della quale la Chie-sa bresciana, in tutte le sue compo-nenti, ha avuto modo di riflettere e di interrogarsi sulla nuova prospet-tiva delle unità pastorali, che, come ha ricordato il Vescovo in una con-ferenza stampa tenuta nei giorni scorsi, non è quella “della soppres-sione o dell’accorpamento di parroc-chie”, come qualcuno ancora teme. È piuttosto, quello che le due sessio-ni dell’assemblea sinodale (in pro-gramma l’1 e 2, l’8 e 9 dicembre) si apprestano a tracciare, un orizzonte in cui le parrocchie, superati i loro rigidi confini, iniziano a progettare insieme per dare risposte pastora-li a una realtà che oggi è più com-plessa del passato. “Ormai – sono ancora sottolineature del Vescovo – la parrocchia non esaurisce più la sua azione pastorale nella celebra-zione della Messa, nei sacramenti e nel catechismo. La complessità del-la società attuale e del vissuto dei suoi componenti richiede invece una azione e una progettualità pa-storale più complessa, che nessuna parrocchia, singolarmente, riesce a garantire”. Il senso dell’unità pasto-rale che il Sinodo andrà a ribadire è che la parrocchia continua a essere segno della presenza del Signore, della Chiesa in un dato territorio, ma non può più pensarsi come auto-noma, autarchica o autosufficiente. “Deve – sono ancora specificazioni di mons. Monari – pensarsi, invece, in una comunione che sia il più pro-fonda possibile con le altre parroc-chie. Si vive insieme gli uni con gli altri e gli uni per gli altri”. La Chiesa bresciana, dunque, si appresta a va-rare una profonda revisione che, se non ha grandi implicazioni burocra-tiche e giuridiche (con le parrocchie che continueranno a sussistere, così come i parroci), ha importanti valen-ze future che giustificano il ricorso al Sinodo, esperienza che Brescia ha

Unità pastorali:avanti senza paura

decisioni importanti che una dioce-si deve assumere in forma sinodale, anche se questa, come ha insegna-to il cammino di preparazione, può costare fatica. Il discernimento, la consultazione fra tutte le componen-ti della Chiesa bresciana, non è stato infatti esente da fatiche, difficoltà e spigolosità. Lo conferma anche il Ve-scovo che nei frequenti incontri con le parrocchie e nel confronto con gli organismi di comunione ha avuto modo di toccare con mano questa fatica. “A poche ore dall’avvio del Sinodo – afferma al riguardo mons. Monari – mi sembra di poter dire che il livello di attenzione e di condivi-sione di quelli che sono gli obiettivi di questo Sinodo sia sostanzialmen-te buono, anche se non mi nascondo che il processo è stato impegnativo”.Perché? “Perché, soprattutto fra i preti – è la risposta del Vescovo , c’è stata la tentazione di considerare il tema delle unità pastorali essenzial-mente da un punto di vista giuridico, del rapporto tra parrocchia e unità pastorale. Molti sono caduti nell’er-rore di considerare che l’istituzione delle seconde avrebbe portato alla soppressione o all’accorpamento delle prime”. Per questo motivo il vescovo Mona-ri nei numerosi incontri che in que-sti mesi ha avuto con le parrocchie e con tanti sacerdoti ha cercato di indicare la giusta prospettiva da cui impostare una corretta riflessione. Non sempre – afferma ancora – è stato facile far passare questo mes-saggio e credo che esistano ancora sacerdoti che continuano ad approc-ciare il problema da una visuale che è errata. Per questo voglio ribadire che il Sinodo non chiederà a nessun parroco di rinunciare al suo status, ne procederà alla creazione di super-parroci delle unità pastorali”.È probabile che anche fra i delega-ti che prenderanno parte al Sinodo ve ne siano alcuni di quelli che non è riuscito a convincere. Cosa vuole dire loro, o cosa dirà loro durante le assemblee sinodali? “In prima battuta – è la sua risposta – cercherò i modi per capire, cono-scere le ragioni di questa diversità di vedute. Seguendo le indicazioni dell’Instrumentum laboris (il do-

vissuto per l’ultima volta nel dicem-bre del 1979. “I sinodi, assemblee che raccolgono più persone di ori-gine geografica e formazione cultu-rale diversa per trovare qualcosa di comune – ricorda il vescovo Mona-ri – sono prassi antica della Chiesa, che si è sempre pensata come comu-nione di comunità. L’espressione di questa comunione era il trovarsi in-sieme per pregare, riflettere e assu-mere decisioni che riguardano tutti”.Un’esperienza che il Vescovo vorreb-be trasformare da straordinaria in ordinaria. “Vorrei – è il suo pensie-ro – che anche la Chiesa bresciana vivesse intensamente la dimensione della sinodalità, del trovarsi insie-me, del confrontarsi, dell’ascoltar-si a vicenda. Vorrei che l’assemblea sinodale diventasse un organismo normale, a cui fare appello quando ci sono decisioni particolarmente importanti da prendere. Un organi-smo che si affiancasse agli altri di comunione già presenti nella Chie-sa. Mi piacerebbe che, nella stessa logica di questi, l’assemblea sinodale fosse percepita come il più solenne degli organismi di comunione”. La riorganizzazione della diocesi in uni-tà pastorali è proprio una di quelle

cumento steso per la discussione sinodale e che è il frutto del lavoro di discernimento e di consultazio-ne tenuto in diocesi) cercherò di ri-badire che le unità pastorali sono la relativizzazione dei confini par-rocchiali necessaria a creare quelle strutture di servizio pastorale che abbiano una dimensione interpar-rocchiale. Che cosa ci sia in questo che può spaventare faccio fatica a comprenderlo. Se dietro a queste riserve c’è la paura che ogni cam-biamento comporta sarà mia cura lavorare perché questi timori resi-duali vengano superati”.C’è una domanda, forse banale, che molti si pongono. Come sarà la geo-grafia della diocesi dopo il Sinodo? “C’è un progetto globale – risponde il Vescovo – che è scaturito dall’in-contro di una apposita commissio-ne con le zone della diocesi, con i parroci. Si tratta, però, di un proget-

to di massima, flessibile e non an-cora definitivo. Vorremmo iniziare con gradualità con alcune unità pa-storali per una sorta di esperienza pilota per valutare tutti gli aspetti possibili e correggere il tiro in caso di evidenti disfunzioni”. L’elabora-zione di un progetto definitivo ac-compagnerà con gradualità i pros-simi anni della Chiesa bresciana, un modo anche questo per convincere gli ultimi scettici e chi ancora non crede nelle unità pastorali.

Il vescovo Luciano Monari ha definito il Sinodo come antica prassi attraverso cui la Chiesa, comunione di comunità, da sempre arriva ad assumere le decisioni più importanti. Nonostante l’aggettivo “antica”, la Chiesa bresciana celebra il suo Sinodo aprendosi anche alle tecnologie più moderne. Il sito www.lavocedelpopolo.it ha aperto una sezione dedicata al 29° Sinodo diocesano. Sul portale del settimanale sarà possibile seguire la diretta video delle Messe del Sinodo e gli interventi assembleari suddivisi nelle quattro sessioni; verrà, inoltre, aggiornata in maniera costante con le relazioni e le sintesi dei membri dell’Assemblea. Accanto al sito, in prima linea c’è anche Radio Voce che con lo speciale “La Buona Novella” racconterà tutte le fasi del Sinodo sulle frequenze 88.3/88.5. Sabato 1 dicembre “Speciale Sinodo” a partire dalle 8.45; alle 9 in diretta dalla Cattedrale la S. Messa, alle 11 l’apertura dei lavori. Domenica alle 9.15 lo “Speciale Primo Piano”: il Vescovo illustra il senso dell’evento dedicato alle unità pastorali, mentre il provicario generale mons. Cesare Polvara ne delinea temi e modalità. Una pagina Facebook “www.facebook.com/sinodobrescia” che in poche ore ha raggiunto 153 “mi piace”. E un profilo Twitter. Il Sinodo varca, quindi, la soglia dei social network per raccontare l’Assemblea. Vuole essere anche un modo per aprire una interazione tra i 385 padri sinodali e le persone che da casa potranno seguire il Sinodo sulla rete anche grazie alla diretta streaming del sito www.lavocedelpopolo.it. Ci sarà spazio per i vostri commenti o per le considerazioni sul tema delle unità pastorali che tocca da vicino le comunità. Non si tratta solo di una mera divisione organizzativa, ma è piuttosto un modo per ripensare e rivedere l’essere Chiesa nel terzo millennio. I social network con la loro immediatezza ci aiuteranno a leggere questi passaggi e a valorizzarne i contenuti.

utto come previsto (o quasi). Le urne delle pri-marie del centro-sinistra hanno rimandato la scelta definitiva del candidato

premier al ballottaggio del 2 dicem-bre. Bersani (come ampiamente pre-visto) e Renzi (come previsto, anche se con un consenso che supera anche le più ottimistiche previsioni dei suoi sostenitori) sono i protagonisti della caccia all’ultimo voto. Esclusi dal bal-lottaggio Nichi Vendola, che con il 15 e rotti per cento dei consensi ottenu-ti può essere l’ago della bilancia del ballottaggio, Puppato e Tabacci. In queste ultime ore i due candidati so-no alle prese con la caccia all’ultimo voto, non senza spigolosità e punzec-chiatura di troppo. La posta in gioco è di quelle importanti perché queste primarie, al di là di quello che sarà il risultato definitivo, segnano un pun-to di non ritorno. Obbligano, in prima battuta, l’attuale establishment demo-cratico a prendere in considerazione le istanze di cambiamento invocate da quella larga parte di centro-sinistra che ha votato Renzi. Istanze che non potranno essere ignorate nemmeno in caso di sconfitta del sindaco di Firen-ze, perché quella riassunta nel verbo “rottamare” (che certo non è molto elegante), è la richiesta di un passo indietro a una classe politica che, pur non avendo potuto sperimentare, se non per brevi periodi, responsabili-

del prossimo anno, non potrà non tenere conto di queste indicazioni e di alcune istanze renziane. Se ci sarà un governo del centro-sinistra que-sto dovrà essere più attento, come ribadito da tutti i candidati alle pri-marie, alla costruizione degli Stati Uniti d’Europa. Dovrà anche essere più europeo dal punto di vista ana-grafico e affidare precise responsa-bilità ai giovani. Il testa a testa tra Bersani e Renzi rischia poi di avere importanti ripercussioni sul fronte del centro-destra. La larga parteci-pazione al voto del 25 novembre sta facendo breccia anche nel Popolo

tà di governo, ha forse passato più tempo a parlarsi addosso che non a trovare una ricetta efficace per i mali del Paese. Bersani, da politico intelli-gente e attento, in caso di vittoria il 2 dicembre e più ancora alle politiche

Umberto Ambrosoli (nella foto), 41 anni, avvocato penalista milanese e figlio di Giorgio Ambrosoli, commis-sario liquidatore della Banca Priva-ta di Michele Sindona, ucciso a Mi-lano da un killer la notte tra l’11 e il 12 luglio 1979, è uno dei candidati, insieme ad Alessandra Kustermann e Andrea Di Stefano, alle primarie che il centro-sinistra lombardo ha indetto per la scelta del candidato alla presidenza della Regione nelle

elezioni che si terranno a marzo 2013. Ambrosoli nei giorni scorsi ha scel-to Brescia, città a cui è legato grazie all’Associazione dei famigliari delle vittime di Piazza Loggia, per una del-le sue prime uscite pubbliche. Am-brosoli ha presentato le ragioni del suo Patto Civico per la Lombardia di cui fanno parte i partiti del centro-sinistra (presenti al gran completo a Brescia) e diverse realtà della società civile lombarda. Le primarie per le re-

gionali si terranno il 15 dicembre. Più complesso il quadro del centro-destra dove la candidatura dell’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, lanciata dall’ex presidente Formigoni, fatica a coagulare le diverse forze, tanto che potrebbe presentarsi con una propria lista civica. Anche per il centro-destra dunque si prefigurano primarie, in at-tesa che la Lega che per il momento punta su Maroni, sciolga definitiva-mente le sue riserve.

della libertà dove, nonostante i ten-tennamenti di Berlusconi in merito a una sua nuova candidatura, sta crescendo il numero di chi, al di là dei desiderata dell’ex premier, crede che le primarie siano un passaggio necessario per la costruzione di un Paese nuovo, capace di ascoltare la gente e non più in balia dei ca-pricci di poche persone, per quanto importanti queste possano essere. Che vinca Bersani o che s’imponga Renzi, dunque, le primarie devono essere ormai considerate un patri-monio democratico importante per il Paese.

È stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il regolamento dell’Imu del Ministero dell’economia. Le scuole paritarie, come cita il regolamento, non pagheranno l’Imu solo se l’attività è svolta a titolo gratuito o se il corrispettivo simbolico è tale da coprire solo una frazione del costo del servizio, tenuto conto dell’assenza di relazione con lo stesso. La disposizione sta creando una forte preoccupazione nelle scuole paritarie che ritengono impraticabile la prospettiva

indicata dal regolamento. La nuova normativa infatti, oltre a stabilire che l’attività per essere dichiarata non commerciale deve essere svolta a titolo gratuito – ovvero come recita il regolamento “dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo di servizio” – mette altre condizioni che sono importanti, ma che di per sé erano state già definite dalla Legge 62, sulla parità scolastica. Queste condizioni sono

quelle di accogliere tutti gli alunni, senza discriminazione, compresi i portatori di handicap, di applicare una contrattazione collettiva al personale docente e non docente, di avere un’adeguatezza delle strutture standard previste. Condizioni che, secondo il presidente nazionale della Fidae don Francesco Macrì, rendono impossibile la richiesta di questo regolamento, per poter essere esenti dall’Imu. Impossibile per la scuola paritaria sopravvivere senza finanziamenti.

Le cronache degli ultimi giorni sono occupate dalle vicende dell’Ilva di Taranto (nella foto), una dei punti di forza della siderurgia italiana, da tempo nell’occhio del ciclone per l’inquinamento ambientale che ha causato alla città pugliese e per l’azione giudiziaria che ne è seguita. Nei giorni scorsi l’azienda ha comunicato improvvisamente ai 5000 operai dell’area a freddo la sospensione della produzione, dopo il sequestro

da parte della Guardia di finanza dei semilavorati e dei prodotti finiti, giacenti sulle banchine del porto di Taranto, all’interno dell’inchiesta penale che da mesi tiene in bilico le sorti dello stabilimento. A rischio è la tenuta di una città che negli anni si è legata a doppio filo al colosso della siderurgia. “Quanto accaduto – afferma al proposito l’economista Lorenzo Caselli, docente di etica economica

e responsabilità sociale delle imprese dell’Università di Genova – è umiliante per la dignità delle persone. Bisognava attivare già da tempo un procedimento che evitasse di arrivare a questo punto”. Sull’Ilva di Taranto si sta giocando, per l’economista, una doppia partita. “Il punto di partenza sono due legittime esigenze che, qui, si trovano in conflitto tra di loro – afferma –. Da una parte c’è la necessità del lavoro, in gioco ci sono 20mila

persone con le relative famiglie, tra Taranto, Genova, Novi, Racconigi, Patrica e, per certi aspetti, pure Marghera, e dello sviluppo industriale del nostro Paese, che non può fare a meno della siderurgia. D’altra parte il diritto alla tutela dell’ambiente, alla salute e alla sicurezza. Come gestire una simile situazione, eticamente conflittuale? Servono intelligenza e determinazione, mettendo in campo risorse, con controlli affidabili ed efficaci”.

a tregua tra Israele e Ga-za sembra tenere. La me-diazione del presidente egiziano Morsi e l’investi-mento politico altissimo

da parte del segretario generale delle Nazioni Unite, presente per più giorni personalmente alla trattativa, e degli Stati Uniti, col segretario di Stato Hil-lay Rodham Clinton a fare la spola tra Tel Aviv e il Cairo e in costante contat-to telefonico con il presidente Obama sembra avere prodotto i frutti spera-ti. La situazione di relativa calma che da qualche giorno regge nella Striscia di Gaza non ha portato, però, sostan-ziali miglioramenti nella situazione di tensione che complessivamente aleggia sull’intero Medio Oriente. A poche ore dall’avvio della tregua pro-prio nell’Egitto del mediatore Morsi è tornata a divampare la contestazione e la gente è tornata a occupare piaz-za Tahrir, luogo simbollo della rivolta che aveva portato alla caduta del re-gime di Mubarak. La tensione che si respira in tutto l’Egitto è stata causata dalla promulgazione di decreti costi-tuzionali con cui il presidente Morsi ha ampliato i propri poteri. Le conte-stazioni contro la svolta autoritaria del presidente Morsi hanno coinvolto anche il governo e il partito dei Fratel-li Musulmani. Oggetto della contesta-zione la dichiarazione costituzionale emessa nei giorni scorsi che attribu-isce poteri speciali al presidente, in

particolare il passaggio che ha di-chiarato “immediatamente esecutiva e inappellabile” in qualsiasi tribunale ogni decisione assunta dallo stesso Morsi. A chiedere il ritiro dei provve-dimenti non è solo la gente scesa in piazza e che ha dato vita a scontri con le forse dell’ordine che hanno già cau-

sato alcune vittime, ma anche 20 ong e il leader dell’opposizione El Baradei che lo definisce “dittatoriale”. E così mentre sale costantemente di livello la tensione in Egitto, non accenna a diminuire la violenza che sta insangui-nando la Siria. Il Paese è dilaniato da una guerra civile che ormai è giunta alle porte della capitale Damasco. I morti, ormai, non fanno più notizia. Nei giorni scorsi 10 bambini sono stati uccisi in un quartiere a sud della capitale costantemente presa di mira dai bombardamenti. Erano usciti dal-le loro case confidando in una pausa dei bombardamenti. In contesti che si vanno facendo sempre più preca-ri, anche per la difficoltà di un’azione previsa della comunità internaziona-le, la Chiesa sembra essere rimasta l’unica istituzione ad offrire speran-za e aiuto alla popolazione colpita da bombardamenti, fame e sequestri di persona. La Chiesa si sta prodigando per alleviare le sofferenze della gen-te ormai allo stremo delle forze. Da Damasco mons. Mario Zenari, nunzio vaticano in Siria, continua a chiedere aiuto a preghiera per il Paese e soprat-tutto di mantenere alta l’attenzione su una guerra che nessuno sembra seriamente intenzionato a far cessa-re. Secondo il prelato, bisogna evita-re che questa guerra cada nell’oblio. “L’Occidente – è la sua richiesta – ha il dovere di informarsi, di cercare di comprendere questa situazione”.

Riescono, le primarie del centro-sinistra. Il successo è racchiuso in due motivi. Il primo è quello relativo alla partecipazione, che in occasione del voto del 25 novembre è stata considerevole, anche se inferiore a quella del 2005. Alle primarie che consegnarono la premiership a Romano Prodi i votanti furono un milione in più rispetto a quelli che hanno portato al ballottaggio fra Bersani e Renzi. Certo è inferiore di oltre un milione a quella del 2005. Allora tuttavia le regole erano assai più lasche: la mobilitazione è stata comunque molto ampia e capillare, per tutta la lunga campagna, oltre che nel giorno delle votazioni. In secondo luogo riescono perché la competizione è vera e innesca un secondo turno di ballottaggio, che metterà a confronto diretto due punti di vista, due generazioni, due modalità. Il segretario Bersani parte con un vantaggio di quasi 10 punti ma lo sfidante Renzi è molto motivato. Del resto la competizione fa bene a qualsiasi istituzione, purché sia disciplinata e

La competizione fa bene

Si rinnova il 2 dicembre l’appuntamento con la maratona di nuoto che da 20 anni, presso la piscina “Lamarmora” di via Rodi, contribuisce alla raccolta fondi per Telethon, che in collaborazione con il gruppo bancari Bnl sostiene la ricerca contro le malattie genetiche. Quest’anno la maratona vedrà la partecipazione di moltissime realtà natatorie della Lombardia e di sportivi come l’olimpionico di fioretto Andrea Cassarà e del campione olimpico di

nuoto Giorgio Lamberti, oltre che di alcuni giocatori del Brescia Calcio. A corredo della manifestazione, inoltre, si terrà domenica 9 dicembre una gara podistica organizzata dall’Unione italiana per la lotta alla distrofia muscolare e venerdì 14 e sabato 15,la premiazione della maratona insieme ad appuntamenti artistici e musicali. Si tratta del gradito ritorno di una manifestazione che negli anni ha permesso di raccogliere la considerevole cifra di 80mila euro.

tenere la competizione dentro il partito ed evitare scissioni.Non a caso sulle primarie si sono puntati gli strali polemici del leader del M5S Beppe Grillo e l’attenzione di Berlusconi, alle prese con il ricorrente interrogativo sul suo futuro in politica, e più ampiamente del centro-destra in difficile transizione. In effetti sulla strada delle elezioni, che sembrano in calendario prima di Pasqua, una volta risolta la leadership

dell’alleanza di centro-sinistra e dunque determinata la sua configurazione, che dipenderà anche dall’esito del ballottaggio, si potrà cominciare a diradare la fitta nebbia su alcune altre essenziali questioni.La prima, ovviamente, è la legge elettorale, per cui i tempi si contraggono. La seconda è sull’offerta politica complessiva. Il risultato delle elezioni primarie infatti rilancia l’interrogativo che, senza risposta, da

costruttiva. I partiti hanno bisogno di essere ri-legittimati e trasparenti, tutti, in attesa che sia finalmente attuato l’articolo 49 della Costituzione. D’altra parte le elezioni primarie sono state inventate dal Partito democratico (americano, of course) e si sono tenute per la prima volta nella contea di Crawford in Pennsylvania – correva l’anno 1842 – proprio per legittimare le leadership, far partecipare gli elettori alle scelte del partito e

tempo circola: quali spazi e possibilità ci sono in Italia per un bipolarismo virtuoso, che, con approssimazione, ma con espressione evocativa viene definito di tipo europeo? Oppure non siamo piuttosto nella condizione greca, di forze politiche gracili, premute e costrette alla coabitazione da un combattivo e diversificato fronte di protesta?Risalta comunque, anche dalle primarie, un dato confortante. Gli italiani ci tengono alla politica. Per questo sono esigenti: chiedono, ai partiti e ai leader, di fare bene il loro mestiere. Così come il consenso, infatti, la protesta e la sanzione sono forme di partecipazione: altro che antipolitica.Allora, in vista delle elezioni generali, ricordino tutti di presentarsi con un bilancio di cose fatte e di promesse mantenute e non solo di buoni progetti. In particolare sulle questioni più sensibili, che sappiamo tutti quali sono: quelle che toccano il borsellino e i tanti, troppi sprechi.

Domenica 2 dicembre, I di Avvento, promossa dall’Usci di Brescia, avrà luogo la 6ª edizione di “Musica divina in provincia… aspettando Natale”. Sei sono le comunità interessate da questa nuove edizione dell’iniziativa musicale natalizia che ha nella sezione bresciana dell’Unione delle corali il suo motore infaticabile. Si tratta delle comunità di San Felice del Benaco, con la chiesa di Santa Maria del Carmine, di

Verolanuova, con la parrocchiale di San Lorenzo, di Sabbio Chiese, con la parrocchiale di San Michele Arcangelo, di Lonato, con la chiesa di Santa Maria Assunta, di Pisogne, con la chiesa di Santa Maria in Silvis e di Palazzolo sull’Oglio, che ospita il concerto negli spazi dell’auditorium San Fedele. Tutti i concerti, che vedono la partecipazione di importati realtà del panorama musicale bresciano, prenderanno il via alle 16. L’ingresso è gratuito.

hi ha qualche primavera in più sulle spalle si ri-corderà che il teatro di Sant’Afra è sempre sta-to un fiore all’occhiello

per la città. È sempre stato un luo-go di ritrovo per la parrocchia, con i suoi 6000 abitanti, più popolosa del centro storico. La Sala della co-munità è dedicata a mons. Loren-zo Pavanelli, grande apostolo della catechesi e degli oratori; Pavanel-li fu anche assistente ecclesiastico dell’Associazione Leone XIII che poi sfociò nell’esperienza e nell’attivi-tà dell’Azione cattolica. Se l’orato-rio (costruito in due anni dal 1962 al 1964) in questi anni è stato rimesso a nuovo, il teatro necessita ora di un intervento di recupero sostanzioso: a marzo, infatti, partiranno i lavori gra-zie, soprattutto, alla volontà del par-roco don Nino Prevosti e del curato don Giorgio Rosina di scommettere su questo contenitore formativo e al tempo stesso aggregativo. In verità la Sala della comunità è ampiamente utilizzata per la catechesi ma anche per altre attività. Da anni, ormai ad esempio, ospita il “Circolo lirico Dor-doni” che propone ai suoi soci ope-re liriche e incontri culturali. Fra gli ospiti di Sant’Afra, ci sono anche gli studenti del liceo classico Arnaldo, che utilizzano l’oratorio anche come palestra. Le prove e le rappresenta-zioni della compagnia “Teatro a peda-

mento dell’impianto di riscaldamento e dell’impianto elettrico, il rifacimen-to e la messa a norma degli spazi sul palco, il miglioramento acustico della sala e la sostituzione delle poltronci-ne in classe A (ignifughe e lavabili): i posti a sedere saranno 284 a fronte dei 300 di oggi. Ovviamente la ristrut-turazione, che durerà fino a dicembre 2013, è onerosa: il costo dell’opera si aggira sui 550mila euro. Se una parte (200mila euro) è stata possibile gra-zie all’intervento del Comune, il re-stante è a carico della parrocchia che si è presa la responsabilità di recu-perare uno spazio importante anche

li” trovano uno spazio adeguato così come le proiezioni scolastiche per la rassegna “Buongiorno cinema”. I la-vori di ristrutturazione seguiti dagli architetti Roberto Pellegrini e da Ma-ria Paola Montini prevedono il rifaci-

Sarà Gabriella Mucci il commissario prefettizio che avrà il compito di tra-ghettare Manerbio alle elezioni per la scelta del nuovo sindaco, dopo lo scioglimento del Consiglio comunale per le dimissioni di 14 dei suoi mem-bri (sette di maggioranza, Pdl e Fli, e sette di minoranza). Termina così l’esperienza amministrativa di Cesa-re Meletti (nella foto), dal giugno 2009 a guida della cittadina. La delibera, che aveva spaccato la maggioranza e

portato alle dimissioni il primo citta-dino, riguardava la modifica al piano dei servizi richiesta da Salanti e Sege-sta Korian per realizzare una Casa di riposo nell’area ex consorzio: di per sé nulla di complicato, comportando il cambio di destinazione del lotto da “culturale-ricreativa” a “socio-assi-stenziale”, ma a fermare i consiglieri – anche della maggioranza – è stata la necessità di riflettere sull’opportunità che lì venga edificata la Rsa, perché

a Manerbio ci sarebbe anche un altro progetto concorrente che prevede, pure, una nuova struttura socio-assi-stenziale: il disegno di riconversione dell’area ex Marzotto. Il sindaco era convinto di trovare piena coesione sul progetto di Segesta. La votazione non è passata: otto contrari, otto favorevo-li. Che tra i contrari e astenuti ci fosse-ro consiglieri di maggioranza non era piaciuto al primo cittadino che aveva rassegnato così le dimissioni.

per tutta l’unità pastorale del centro storico. Il sostegno del Comune rien-tra, invece, nel bando lanciato – sulla falsariga di quanto era stato fatto in passato con i campi sportivi – per la ristrutturazione delle Sale della co-munità. Fra i requisiti chiesti dalla Loggia e valutati da una Commissio-ne c’era la presentazione di un pro-getto di gestione: 200mila euro sono andati rispettivamente a Sant’Afra e a Fornaci per una ristrutturazione radi-cale, 44mila euro invece – per quanto riguarda la digitalizzazione della Sa-la – sono stati messi a bilancio per il Prealpino e per il Sereno.

La 16ª edizione della Giornata nazionale della Colletta alimentare, svoltasi sabato 24 novembre, in più di 9.000 supermercati, è stata uno spettacolo di gratuità che ha cambiato coloro che vi hanno partecipato. Grazie all’aiuto di più di 130mila volontari sono state raccolte 9.622 tonnellate di prodotti alimentari, confermando, nonostante la crisi, il dato dell’edizione 2011 (9.600 tonnellate). Il cibo raccolto

sarà distribuito alle oltre 8.600 strutture caritative convenzionate con la Rete Banco Alimentare che assistono ogni giorno 1 milione e 700mila poveri. A Brescia, nei 168 supermercati in cui sono stati impegnati circa 1.800 volontari, sono state raccolte 202 tonnellate di alimenti rispetto alle 187 del 2011 (+8%). Gli alimenti raccolti, come pasta, olio, zucchero, riso, omogeneizzati, pelati e altri prodotti, saranno distribuiti ai 120 enti bresciani convenzionati

con la Rete Banco Alimentare (mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà, centri d’accoglienza ecc.) che aiutano 24mila persone indigenti della Provincia. Il presidente della Fondazione Banco Alimentare Andrea Giussani, ringraziando tutti i volontari e i donatori, afferma che, “ancora una volta, l’opportunità di donare tocca le radici della persona e, contro il pessimismo, rilancia una piccola o grande responsabilità individuale”.

a mediazione penale na-sce come strumento pri-vilegiato della “giustizia riparativa” e propone un modello consensuale di

gestione dei conflitti con la parteci-pazione attiva delle parti in causa, guidate da un mediatore debitamen-te formato. L’incontro e il confronto – da qui la mediazione – fra vittima e reo consentono di distribuire l’atten-zione su tutti i soggetti coinvolti nel reato. Brescia, con le vicine provin-cie di Bergamo, Cremona e Mantova, ha condotto una sperimentazione, avviata nel 2008, che ha visto i mino-ri quali soggetti principali di tale me-diazione e nei giorni scorsi si è giunti ad un protocollo d’intesa, che vede firmatari oltre ai rappresentanti del-le quattro Province, il Tribunale per i minorenni di Brescia, la Procura del-la Repubblica presso lo stesso, il Co-mune di Brescia, il Centro giustizia minorile per la Lombardia e la Fon-dazione provinciale per l’assistenza minorile onlus di Brescia, a che l’ini-ziativa assuma una veste definitiva. “Dopo qualche anno e a seguito dei risultati conseguiti, con il pieno con-senso di tutti i partner – ha detto l’as-

sessore provinciale alla Famiglia Ari-stide Peli – abbiamo formalizzato un percorso cui si guarda da ben oltre i confini lombardi, perché le quattro province hanno costruito un modello che supera l’aspetto legale, in quanto sfocia nell’aspetto educativo”. Le ci-fre più significative dell’attività della mediazione penale dicono che, negli ultimi quattro anni, sono pervenuti al Servizio 199 casi, per 265 indaga-ti/imputati e 184 persone/enti offesi. Fra i primi prevalgono i maschi, 215 contro 50 femmine, così come nei secondi, con 106 contro 67. La pre-valenza degli indagati/imputati è di italiani e l’appartenenza territoriale vede Cremona con 27, Bergamo con 69, Brescia con 77 e Mantova con 26. Gli invii provenienti dalla Procu-ra minorile sono stati 150, contro i 48 dal Gup ed 1 dal Gip. “Va rilevato che i fascicoli chiusi con esito posi-

tivo sono stati 42 – ha evidenziato la presidente del Tribunale dei minori di Brescia Maria Carla Gatto – cui ne vanno aggiunti 17 che hanno visto la remissione di querela senza l’incon-tro delle parti. Questo ci conforta, in quanto il risultato supera l’espressio-ne numerica, poiché indica una sen-tita evoluzione della partecipazione sociale sul territorio”. “Se vittime e autori del reato dialogano, signifi-ca che la società tiene”, ha aggiunto l’assessore alla Famiglia del Comu-ne di Brescia Giorgio Maione, men-tre Emma Avezzù, procuratore capo del Tribunale minorenni di Brescia, ha rimarcato come “la mediazione sia il futuro della nostra giustizia, in quanto vi è una serie di reati che si estinguono con il dialogo e questo potrebbe essere una traccia per il mondo degli adulti, con tutti i limiti e le parametrazioni del caso”.

L’ultimo lavoro di don Sandro Gor-ni è sulla vita di padre Bartolomeo Balduzzi, francescano minore. Si tratta di una racconto semplice e al tempo stesso profondo di una vita vissuta (Botticino Mattina 1871-1930) tutta per il Signore e per i fratelli: è una testimonianza d’amore sulle orme di San Fran-cesco. Nel corso dei secoli, co-me scrive nell’introduzione frate Francesco Bravi, la famiglia fran-cescana “ha saputo accogliere e far crescere un’infinita varietà di vocazioni maschili e femminili, laicali e clericali, di consacrazio-ne religiosa o secolare. Lo spirito di San Francesco ha continuato e continua ad affascinare schiere di giovani desiderosi di sperimentare la bellezza di una vita totalmente donata al Signore e ai fratelli. È una catena ininterrotta di testimo-ni dalle caratteristiche più diverse, ma che almeno una cosa hanno in comune: la consapevolezza che la vita ci è stata donata perché impa-riamo a condividerne le bellezze e ad alleviarne le amarezze”. A que-sta numerosa schiera appartiene anche padre Bartolomeo Balduzzi, raccontato grazie alla ricerca stori-ca di don Sandro Gorni, un sacer-dote che in questi anni ha saputo tratteggiare i profili di molte per-sone. “Padre Bartolomeo, umile fi-gura di frate minore, ci viene così riproposto – scrive padre Bravi – come autentico discepolo del Se-rafico di Assisi nella apertura agli altri, nella passione educativa dei

giovani che si aprivano alla voca-zione francescana, nella capacità di accogliere e vivere la malattia che ha segnato i suoi ultimi otto anni di vita”.Padre Bartolomeo nacque in con-trada Sott’acqua di Botticino Mat-tina, consacrò molte delle sue energie al Collegio serafico di Sa-iano di cui fu anche direttore. Morì dopo otto anni di malattia, due dei quali completamente infermo, il 27 agosto del 1930 all’età di 59 anni.

La chiesa di Santa Maria della Carità è un santuario unico per la sua ricchezza storica e artisti-ca, collocato in quella via Musei cara ai bresciani e ai visitatori che scelgono di passare per Bre-scia. I lavori di restauro si avvia-no alla conclusione (per febbra-io dovrebbe essere riconsegnata al culto) visto che gli interventi, ora, stanno interessando la pavi-mentazione. All’inizio questo tipo di intervento non era stato pre-ventivato, ma la bellezza dei mar-

mi colorati ha fatto ritenere op-portuno continuare nell’opera. Nonostante la spesa ingente per il recupero, la Fondazione Cab ha deciso di provvedere anche al recupero dei 300 metri quadri di marmi greci, turchi e italiani, solo per indicare la ricchezza nei ma-teriali di un disegno sapientemen-te composto. All’inaugurazione, per rendere la pavimentazione ancora più visibile, non ci saran-no arredi e banchi. Il tutto è re-so possibile ancora una volta dal-

la Fondazione Cab, dall’associa-zione Amici della chiesa di San-ta Maria della Carità e da quanti hanno a cuore questo patrimonio cittadino. Da segnalare anche il lavoro di restauro che ha interes-sato tre laboratori privati coadiu-vati da tre scuole bresciane (la Laba, l’Accademia Santa Giulia e l’Enaip di Botticino) per testimo-niare una volta di più il legame con il territorio. Una particola-re attenzione è stata prestata alle partizioni più articolate dal punto

di vista artistico come la facciata e il suo complesso scultoreo con il recupero dell’originario tratta-mento a marmorino bianco a imi-tazione della pietra di Botticino e degli apparati pittorici e plastici dell’interno. Anche l’illuminazio-ne parla bresciano con lo studio Flos. L’edificio, che ha un prezio-so apparato decorativo, recupe-rerà tutta la sua valenza religiosa, ma diventerà anche contenitore ideale di una serie di manifesta-zioni culturali.

onfcooperative Brescia, la struttura territoriale del-la Confederazione delle cooperative italiane, ha celebrato i suoi primi 60

anni di vita con un incontro imper-niato sul futuro locale, nazionale ed europeo della cooperazione. Daniele Molgora, presidente della Provincia, ha ricordato come “Brescia sia la provincia che più rappresenti il lavo-ro concreto e questo è per gran parte merito del mondo cooperativistico che vi ha trovato spazio per crescere e che si appresta, con la sua vitalità, ad affrontare le sfide del domani”. “Il 60° è un anniversario cui si arriva con fatica, impegno, lavoro – ha aggiunto il sindaco Adriano Paroli – e Brescia ha mostrato la sua capacità di dare risposta al bisogno, creando punti di riferimento anche educativi”. Mons. Gianfranco Mascher, vicario genera-le, ha ricordato padre Ottorino Mar-colini, “che ha dato una struttura so-ciale, culturale e religiosa alla nostra città”, ha richiamato le parole del Pa-pa, là dove esorta a che “economia e mercato non siano mai disgiunti dalla solidarietà”. Marco Menni, presiden-te di Confcooperative Brescia, Felice Scalvini, co-presidente di Coop Eu e vice presidente Ica e Luigi Marino, presidente Confcooperative e Allean-za cooperative italiane hanno succes-sivamente affrontato la tematica della giornata, ognuno dai rispettivi punti

di osservazione. “La provincia di Bre-scia, con i suoi 577 associati – ha illu-strato Marco Menni – è fra le provin-ce italiane che toccano tutti i settori della cooperazione. Abbiamo conso-lidato, escluse le Bcc, un patrimonio, nelle nostre cooperative, che supera i 400 milioni di euro, non divisibile né

delocalizzabile, che ha consentito di reggere meglio la crisi in corso, assi-stendo 120mila persone e oltre 1.200 lavoratori ogni anno, quali soggetti deboli o in percorsi di inserimento la-vorativo. A fronte della flessione nel mondo del lavoro, dove Brescia ha perso 13mila posti di lavoro dal 2010 al 2011 – ha continuato Menni – nelle nostre cooperative l’occupazione nel 2011 è stata garantita a 16.321 persone e famiglie, con lievi incrementi rispet-to al 2010. Le cooperative potrebbe-ro rivelarsi una carta importante per dare forma e direzione ad un futuro che sia nel contempo sostenibile e desiderabile – ha sottolineato Menni – promuovendo collaborazioni con il mondo del profit, con aggregazio-ni reticolari collegate ai bisogni della collettività. Non vorremmo parlare di case ma di politica dell’abitare, di co-sto dell’assistenza sociale ma di inve-stimento nella coesione sociale, di ric-chezza e danaro ma di una condizio-ne complessiva di serenità”. L’analisi internazionale e nazionale dice che le “cooperative si sviluppano quando c’è carenza di capitale e se l’agenda mon-diale sta cambiando, quella più lenta è quella europea”, ha sostenuto Feli-ce Scalvini. “Abbiamo come barriera – ha detto Luigi Marino – l’osservan-za delle norme europee, che spesso ci impediscono di agire con l’agilità e la capacità che abbiamo dimostrato in ogni settore”.

È andata in archivio la prima esperienza de “I cristiani e la città”, l’iniziativa ideata da un gruppo di cristiani animati da una passione per la Brescia di oggi e di domani: quattro serate-laboratorio di spunti e di idee in vista di una “parola cristiana sulla città” in occasione delle amministrative. La proposta ha suscitato all’interno delle comunità cristiane della città un dialogo su alcuni temi di carattere sociale e politico. “Ho visto – spiega don Amerigo Barbieri (nella foto),

parroco di San Giovanni Evangelista – alcune conferme dei desideri e delle tensioni della partenza. Si è reso evidente un soggetto cittadino inedito, popolare ed ecclesiale, che non rappresentava gruppi o associazioni. Erano laici e sacerdoti che vivono, nella quotidianità, esperienze diverse, ma che hanno sentito il bisogno di confrontarsi. La riflessione, poi, è stata arricchita dalle tante competenze”. Fra le considerazioni, don Amerigo aggiunge anche che

con questo stile “non è importante mandare messaggi ai candidati ma piuttosto agli elettori”. Non sono mancate le difficoltà, anche per una certa “pigrizia ecclesiale”, come la definisce don Barbieri, che ha portato questo soggetto inedito a essere sottoposto a varie interpretazioni. La constatazione finale è quella di leggere, oggi, una distanza “tra la Parola, tra il Vangelo, e la vita della città”. Il progetto “I cristiani e la città” era connotato da alcune peculiarità.

La prima è che non intendeva proporre nessuna visione di città, ma voleva essere un laboratorio di ascolto dei cristiani delle comunità. Interessante, da questo punto di vista, sottolineare la partecipazione di molte persone che hanno avuto modo di riprendere, ognuno con le proprie specificità, contatto con il territorio. Ora sarà redatto un documento di sintesi corroborato da qualche approfondimento. Per i candidati, ma soprattutto per gli elettori.

l cardinale di Sarajevo, Vinko Puljic, ha visitato la Fonda-zione Moreni a Cremona. La Fondazione Moreni è collega-ta all’associazione “Gruppo

29 maggio ‘93 Fabio, Sergio, Gui-do” di Ghedi fondata in memoria di tre giovani vittime innocenti in Bosnia. Il porporato ha ripercorso i difficili anni della guerra dell’ex Jugoslavia, il pericolo del comuni-smo e ora la sfida della convivenza con la fazione più integralista del mondo islamico. Tornando a quel 1993 e commentando il sacrificio dei tre giovani, il cardinale Puljic nel suo intervento si è riferito in particolare alla storia di Fabio Mo-reni la cui famiglia ha fondato il Centro dedicatogli nel segno della solidarietà alle porte della città del Torrazzo. “Fabio è un segno” ha di-chiarato il card. Puljic di fronte al Sindaco di Cremona e alle altre au-torità convenute per incontrarlo. Durante il conflitto “l’uomo ha di-strutto sé stesso”. Di quella imma-ne tragedia oggi restano le rovine e i problemi, per i cattolici quello della convivenza con musulmani, ortodossi ed ebrei. Dal mondo del-la politica, peraltro, non giungono aiuti in tal senso, bensì resistenze. Il card, Puljic è stato ricevuto dal presidente della Fondazione Mo-reni, Giancarlo Rovati, che coor-

dina anche i volontari che colla-borano nel magazzino della Caritas di Ghedi. Rovati ha ricordato gli interventi umanitari nella Bosnia dilaniata dal conflitto, interventi condivisi con Fabio Moreni, non-

nale –. È molto importante vedere ed accettare Cristo con gli occhi del cuore. Questo cambia la vita, rende subito l’uomo un entusiasta, genera gioia, speranza, amore: tut-to questo è vita! Ma non è facile, quando il cuore è pieno. Bisogna liberarlo. Prima di tutto dall’odio. Occorre creare la libertà dal no-stro intimo. Fabio, Sergio, Guido e quanti hanno vissuto come loro ci dimostrano che, grazie a Dio, non siamo soli. Dio benedice chi ha un cuore aperto verso gli altri”. La giornata si è conclusa con un arrivederci: il card. Puljic ha con-diviso il pranzo con i volontari che si dedicano a diverse attività di so-lidarietà, ha ringraziato la Fonda-zione Moreni, rivolgendo l’invito a dar seguito a questa bella amicizia sbocciata. Come? Recandosi in vi-sita nella sua diocesi: “Benvenuti a Sarajevo!”, è stata la più che elo-quente espressione utilizzata dal card. Puljic per proseguire il cam-mino di comunione ormai iniziato. Con convinzione, slancio ed entu-siasmo. L’impegno del Gruppo 29 maggio ‘93 continua, consapevole della bontà dell’iniziativa umani-taria che in questi anni ha portato sollievo e solidarietà a una terra martoriata dalla guerra, una terra che ancora oggi fatica a vivere con serenità la quotidianità.

ché i genitori di Sergio Lana, ucci-so con Fabio nell’eccidio di Gornji Vakuf. Subito dopo il card. Puljic si è recato nella cappella della Cascina Moreni, dove ha pregato sulla tomba di Fabio e l’ha asper-sa con l’acqua benedetta. Poi ha presieduto la Santa Messa, conce-lebrata dal vicario generale della diocesi di Cremona, mons. Mario Marchesi, da don Alberto Mangili e da don Antonio Pezzetti, rispet-tivamente vicepresidente e assi-stente spirituale della Fondazione. “È l’amore che ha l’ultima parola, non l’odio – ha ricordato il cardi-

Come annunciato in questi giorni dal parroco don Giuseppe Verzeletti, per circa 10 giorni a Roccafranca non sarà possibile udire i rintocchi del campanile che annunciano l’orario delle celebrazioni. In questi giorni infatti è stata avviata una vasta opera di restauro del meccanismo di funzionamento delle campane. L’impianto infatti avverte il peso del tempo, ha circa 60 anni, e necessita di un restyling: verranno completamente rifatti i motori

frenanti e i battacchi, soprattutto però verrà interamente rinnovato l’impianto elettronico. “Si tratta del primo impianto in diocesi – racconta don Giuseppe – perciò, viste anche le difficoltà a reperire di volta in volta i pezzi di ricambio e il costo che questi comportano, il rifacimento è la soluzione migliore”. Dell’esistente verranno mantenuti solamente il castello, rifatto 15 anni fa, e ovviamente le otto campane stesse, che compongono un concerto in

do maggiore profondo. I lavori, eseguiti dalla ditta Volpi di Cossirano, procedono celermente e dovrebbero concludersi per l’8 dicembre, in tempo per la solennità dell’Immacolata Concezione. Lavori che, comunque, non peseranno sui conti della parrocchia e della comunità, poiché sono stati possibili grazie alla donazione della defunta maestra Rosa Filippini. “La maestra Rosa – spiega don Giuseppe – desiderava

lasciare qualcosa di duraturo alla parrocchia e, data la sua inclinazione artistica, la scelta è ricaduta sull’ambito musicale”. Il lascito già nei mesi scorsi era servito alla pulitura delle canne e alla manutenzione dell’organo parrocchiale. “Una volta terminati i lavori – conclude il parroco – inaugureremo i restauri con un solenne concerto di campane, in un appuntamento musicale nel quale troverà spazio anche un concerto organistico”. (f.u.)

In occasione del Terra Madre Day, organizzato dalla rete mondiale di Slow food, la Fondazione pianura bresciana a Palazzo Cigola Martino-ni di Cigole festeggia il cibo locale e promuovere produzioni e metodi di consumo sostenibili con un fine set-timana dedicato all’antico cereale: il monococco a marchio Shebar®. So-no due giornate in dicembre con una varietà di grano molto antico che si è estinto alla fine dell’età del bronzo e la cui coltivazione è stata ripresa nel-la Pianura padana. Sabato 8 dicem-bre, alle ore 20, in palazzo Cigola Mar-tinoni di Cigole “Cena a tema a base di monococco della pianura brescia-na: un cereale antico tutto da risco-prire. Per prenotazioni ed informa-zioni: tel. 335.5945331- 333.2524681 - [email protected]. Domenica 9 dicembre, ore 14, visite guidate al palazzo e al museo multi-

mediale Rais – apertura del percorso “alla scoperta del gusto di Slow food – inaugurazione del grande gioco ‘Go gardening’ _Ortaggi alla mano”. Ver-sione Slow food del celebre gioco di carte Uno. Ortaggi, strumenti di la-voro e possibili avversità metteranno alla prova il pollice verde nella rea-lizzazione di un orto sostenibile. Un grande gioco con un grande obiettivo: insegnare ai più piccini e agli adulti che un’alimentazione sana può esse-re piacevole e divertente. Premi in palio. Ore 18.30: aperitivo in galleria accompagnato da proposte sfiziose e intriganti a base di monococco. She-bar® è il marchio del Monococco della pianura bresciana, sinonimo di qualità e garanzia di genuinità. Il no-me ha un’origine ben precisa: She era la dea del grano degli antichi sumeri e Shebar era il nome con il quale essi indicavano il grano. Nato alla fine del

2007, il marchio Shebar® riproduce una formella in argilla cotto che si trova su una delle pareti del Castel-lo di Cigole: è stato utilizzato questo simbolo per dare un’identità territo-riale forte ai prodotti che usciranno con questo marchio. A Cigole, nella bassa bresciana, questo cereale ha iniziato ad essere nuovamente colti-vato. Promotori di questo progetto di valorizzazione culturale e territoriale sono la Fondazione Pianura Brescia-na e la Cooperativa Sociale l’Antica Terra, braccio operativo della Fonda-zione. Altre aziende locali si stanno impegnando nel lancio del marchio Shebar® – monococco della Pianura Bresciana come un prodotto naturale a basso contenuto di glutine. Il Pasti-ficio Tradizioni Padane di Gottolen-go all’interno delle sue produzioni di pasta tipica bresciana ha creato una linea dedicata esclusivamente al mo-

nococco, mentre Babb – Birrificio artigianale bassa bresciana si dedica alla produzione di birra a base di mo-nococco Shebar®. A sposare questo progetto c’è anche l’Osteria Latena-sca (Lainate, Milano) la quale crea dei piatti a base di grano di monococ-co, come la più tradizionale pizza. A concludere il pull di aziende sensibili all’argomento del benessere in tavola c’è un’altra impresa bresciana, la P&L Software leader nella creazione di ge-stionali per la grande distribuzione. In un’epoca in cui l’attenzione si focaliz-za sulla caratteristiche dietetico – nu-trizionali degli alimenti, il monococco Shebar® si propone come un valido alleato, grazie all’ottima composizio-ne della sua farina, al basso livello di glutine ed al basso impatto ambienta-le della sua coltivazione. Tutto questo senza togliere gusto e sapore ai piatti della tavola.

’intreccio si preannun-cia articolato e ricco di situazioni esilaranti, con colpi di scena capaci d’innescare risate e buon

umore tra qualsiasi genere di spet-tatore, grazie all’esuberanza della compagnia facente capo al labora-torio teatrale “Alveare” di Samber, questo fine settimana al debutto col suo nuovo spettacolo “Non sparate sul postino”, firmato da Derek Ben-field e diretto dal regista Lorenzo Cristian Salvoni. Dopo il coinvol-gente gioco-teatrale di “Amici per cena” (giallo enigma reso possibile nel dicembre 2010 con la complici-tà di spettatori-commensali pronti a smascherare il colpevole) e la bril-lantissima commedia in tre atti “Ru-mori fuori scena” di Michael Frayn (2008), preceduta dall’esordio di “Io sono felice”, musical inedito sempre curato da Salvoni, portato in scena nell’ottobre 2006 e incen-trato sugli ultimi giorni di papa Gio-

così luce a uno spettacolo coin-volgente e incalzante, tra intricate vicende ambientate in un castello scozzese, situazioni paradossali e continui fraintendimenti, capaci di catturare per quasi due ore l’atten-zione del pubblico”. Una trama dai toni comici (e mai volgari), messa in risalto anche da un’accesa sce-nografia (disegnata da Roberto Bar-bieri e meticolosamente realizzata dai “papà” del gruppo carnevale Samber), un sofisticato disegno lu-ci del video-designer Lokman Mou-atamid e vivaci costumi studiati ad hoc su ogni personaggio. Un in-condizionato amore verso il teatro e un’acuta sensibilità nel desiderio di voler trasmettere e diffondere la cultura a lui connessa hanno fatto il resto: o meglio, hanno contribuito (e lo fanno tutt’ora) nel proseguire con talento e passione lungo quella strada avviata nel 2006 per opera di alcuni giovani del centro giovanile salesiano, sulla scia lasciata dal Cgs

vanni Paolo II, il Laboratorio Arte e Cultura torna dopo due anni sotto i riflettori per proporre la sua ultima fatica, a seguito di un intenso bien-nio di sperimentazione. “Nella fase di preparazione – ha specificato il regista Salvoni – gli attori hanno la-vorato per mesi secondo il metodo di Viola Spolin e cioè senza l’ausilio del copione, improvvisando scena per scena: basandosi esclusivamen-te sulle coordinate “chi, che cosa e dove”; solo nell’ultimo periodo è stato introdotto il testo di Benfield, arricchito da ciò che è nato nell’im-provvisazione precedente, dando

“La strada verso casa” è un film che in poco meno di un’ora racconta 20 anni di migrazione e la decisione di tornare a casa; un documentario che racconta le storie di due persone, un uomo e una donna, due famiglie, una marocchina e l’altra ghanese, che scelgono di tornare nel Paese di origine ricchi dell’esperienza italiana e convinti di poter fare, anche grazie a questa, qualcosa di buono per sé e per il proprio Paese. Sono due storie vere raccontate dall’associazione Caffè

e Kinkilibà di Carpenedolo grazie al contributo della Regione e grazie alla capacità narrativa di Massimo Corsini e Marco Perico. Hanno condiviso un viaggio di rientro e i suoi silenzi carichi di emozione, hanno documentato i progetti che stanno portando avanti in Ghana e in Marocco. Il documentario è il risultato di più di un anno di lavoro con diverse associazioni di migranti, con il Comune che ha continuato a dialogare con chi voleva capire un po’ di più la realtà dei cittadini di

origine straniera nelle due province, ma soprattutto delle tante ore messe a disposizione dai volontari e dai registi per realizzare il progetto “La panchina dei Mondi possibili”. Il film viene presentato a Carpenedolo giovedì 29 novembre alle 21 presso la sala polivalente di palazzo Laffranchi. Sarà allestita anche la mostra “Portatori di sogni” di Livio Senigalliesi. L’incontro si conclude con alcune riflessioni guidate da Maria Grazia Soldati dell’Università di Verona.

“l’Alveare”, impegnata compagnia clarense già attiva negli anni ‘80. Lo show, patrocinato dal Comune di Chiari e presentato in anteprima assoluta lunedì sera con porte aper-te ai giornalisti, debutterà nel pic-colo teatro San Bernardino con un triplice appuntamento per il grande pubblico: venerdì 30 novembre e sa-bato 1 dicembre alle 21 e domenica 2 dicembre alle 17. L’ingresso è gra-tuito, ma con prenotazione obbliga-toria al 3486927227.

Sabato 1 dicembre, alle ore 21, il Corpo musicale cittadino di Ghedi in collaborazione con l’Assessorato alla cultura del Comune di Ghedi, organizza il concerto di Santa Cecilia presso la Sala consiliare del Comune. Lo spettacolo è interamente dedicato alla grande musica del compositore americano Leroy Anderson, un momento divertente per gustare ottima musica, un travolgente happening musicale-teatrale per mini e band.

Quanto conta e costa impegnar-si per mantenere, assistere e cu-rare nella propria abitazione un famigliare anziano non autosuf-ficiente? Anche se questo genere di disponibilità non è sicuramen-te di facile stima, ma è variabile a seconda delle diverse situazio-ni, dei soggetti e dei nuclei fami-gliari coinvolti, l’Assessorato ai servizi sociali di Coccaglio, rap-presentato da Agostino Pedrali (nella foto), ha pensato di contri-buire nel sostenere e incentivare

lo sforzo assistenziale che va in questa direzione, attraverso l’ero-gazione di un contributo speci-fico. Secondo la recente dispo-sizione del comune, infatti, per tutte quelle famiglie intenziona-te a mantenere la persona anzia-na non autosufficiente all’interno del proprio nucleo, fornendogli tutte le cure e l’assistenza di cui necessita, nonché la sorveglianza e il monitoraggio durante il con-sueto svolgimento delle svariate attività quotidiane della vita, sarà

possibile beneficiare di un bonus contributivo per affrontare e al-leviare spese e sacrifici.Per essere ammessi nella gradua-toria, sarà necessario dimostrare di assistere in modo continuativo le persone anziane non autosuffi-cienti, che dovranno risultare in-valide minimo al 75%.Chiunque rientrasse nei canoni e fosse interessato a questo genere di agevolazione può presentare la propria richiesta per il “Con-tributo per famiglie disponibili a

mantenere l’anziano non autosuf-ficiente nel proprio contesto” in municipio entro le 12.30 di vener-dì 14 dicembre.Il modulo prestampato della do-manda da ritirare e compilare è disponibile nell’Ufficio servizi so-ciali del Comune, che resta a di-sposizione per fornire tutte le in-formazioni utili e specifiche rela-tive ai destinatari del contributo e ai criteri d’intervento previsti dal Piano comunale per gli inter-venti e i servizi sociali. (a.s.)

arlare un’unica lingua e unire le forze per essere più incisivi. A questo mi-ra l’accordo di collabora-zione “Terra della Fran-

ciacorta” che 18 Comuni – Adro, Capriolo, Cazzago San Martino, Cellatica, Coccaglio, Cologne, Cor-te Franca, Erbusco, Gussago, Iseo, Monticelli Brusati, Ome, Paderno Franciacorta, Paratico, Passirano, Provaglio d’Iseo, Rodengo Saiano e Rovato – hanno sottoscritto lo scor-so giugno. Tra le iniziative messe in campo la presentazione alla Provin-cia di un documento congiunto con-tenente osservazioni condivise per la revisione del “Piano territoriale di coordinamento provinciale”, con il quale la Franciacorta si presenta per la prima volta come un unico territorio con istanze comuni. È il completamento di un percorso ini-ziato nel 2007 con la creazione da parte dei Comuni franciacortini di un tavolo comune sulle politiche urbanistiche e il monitoraggio am-bientale nell’ambito del progetto “Franciacorta sostenibile”, tavo-lo che ha portato a uno studio di fattibilità che si è concluso a fine 2011 e che poggia sui pilastri della valorizzazione dei beni culturali e ambientali del territorio per far da leva alla creazione di un’economia sostenibile. “L’obiettivo – spiega An-tonio Vivenzi, sindaco di Paderno e

presidente di Terra – era di ragiona-re a livello di ‘sistema Franciacorta’, partendo dai Comuni per definire in modo più nitido l’identità dell’area e le linee di sviluppo sostenibile, ren-dere più coerenti le azioni, i progetti e le scelte attuative all’interno del territorio, connettere la Francia-

corta e altri territori, anche a livello internazionale e intercettare finan-ziamenti come sistema territoriale”. La sintesi delle istanze del Ptcp è stata presentata dal prof. Maurizio Tira, ordinario di Tecnica e pianifi-cazione urbanistica all’Università degi Studi di Brescia. “Siamo parti-ti dalla identificazione dell’ambito territoriale della Franciacorta come progetto strategico d’area. Un ambi-to che, nella sua ricca componente agricola e paesistica, è in grado nel suo insieme di esprimere elevati va-lori paesaggistico-ambientali che, correlati alla tradizione rurale ed alla produzione agricola e connota-ti da tratti comuni e peculiari, sono meritevoli di essere valorizzati e tu-telati attraverso una disciplina pia-nificatoria organica e differenziata da quella riservata ad altri ambiti provinciali, perseguendo, senza fru-strazioni, le esigenze di sviluppo so-cio-economico della zona”. Si giun-ge in questo modo a programmare il governo del territorio attraverso l’ottica unitaria dell’“area vasta”, in una visione di medio-lungo pe-riodo, che, favorendo la collabora-zione pubblico-privato, si dimostra strategica per le amministrazioni locali. Una esperienza virtuosa che conferma come facendo rete, pur nelle difficoltà di questo momento economico, si possano raggiungere importanti traguardi.

ome un fulmine a ciel se-reno arriva improvvisa la notizia dello scioglimen-to dell’associazione “Le Capèle” onlus, un soda-

lizio che si era occupato e preoc-cupato del restauro e del rilancio della “Via Crucis” del Simoni in quel di Cerveno. Nata quasi cinque anni fa, per iniziativa del compian-to Emilio Chini e dell’economista Marco Vitale e grazie all’impegno di un gruppo di sostenitori, con il fine istituzionale di promuovere, a supporto della parrocchia, il restau-ro, la valorizzazione e la diffusione della conoscenza della “Via Crucis” di Cerveno, l’associazione ha otte-nuto negli anni della sua attività im-portanti risultati. È stato possibile ottenere, a favore della parrocchia di Cerveno il finanziamento totale (650mila euro) dei lavori di restau-ro delle prime quattro stazioni, oggi in pieno svolgimento, sotto la guida della Soprintendenza di Mantova.

Poi è venuto il sostegno alla realiz-zazione dell’importante film di Eli-sabetta Sgarbi dal titolo “L’ultima salita: la Via Crucis di Beniamino Simoni”, presentato con successo al Festival di Locarno e pubblicato da Bompiani con un saggio di Gio-vanni Reale. Quindi l’edizione del volume “Il legno e la passione”, cu-rato da Francesca Bossini, col testo di Gianfranca Rossetti Martinenghi. Da ultimo il progetto “Un passo nel-la storia: la Via Crucis di Cerveno”, destinato ai bambini delle scuo-le primarie della Valcamonica. Ci si chiede in molti il perché questa svolta inaspettata? Abbiamo chie-sto ragione alla solerte ed appassio-nata segretaria Amedea Bossi, che s’è limitata a proporci il comunicato recentemente diffuso. Il documento testualmente recita: “Attualmente, anche dopo l’intervento della Curia di Brescia, la parrocchia di Cerveno ha di fatto assunto in modo diretto ed esclusivo la gestione sia dei la-

La Valle Camonica deve riscoprire la sua attrattività turistica tramite le sue aree protette che rappresentano poco più del 56% dell’intero territorio: e ora vuole mettersi in rete e fare sistema, grazie all’intervento promotore del Parco dell’Adamello. Questo è emerso dall’incontro di studio venerdì 23 novembre nella Sala Liberty delle Terme di Boario, organizzato dal Parco dell’Adamello, con un folto pubblico di studiosi, appassionati, volontari e studenti. La carta redatta

sulle aree protette all’interno del progetto “Rete Natura” comprende per la Valle Camonica il Parco nazionale dello Stelvo, il Parco regionale dell’Adamello, la Riserva naturale regionale delle Valli di S. Antonio, la Riserva naturale delle incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo, i Parchi di interesse sovracomunale del lago Moro e del Barberino, le Foreste della Val Grigna e della Valle di Scalve, la Foresta regionale di Legnòli, la Riserva naturale dei

boschi di Giovetto di Paline. Si tratta di un patrimonio immenso che caratterizza tutto il territorio della Valle Camonica, dalla cima dell’Adamello al lago d’Iseo. Grazie al Parco dell’Adamello, il progetto è entrato a far parte del sistema “Rete natura di Vallecamonica”. E mettendo a sistema questo immenso patrimonio naturale, emerge che si tratta di un vero e proprio “terzo polo” di attrazione turistica, dopo il richiamo delle località turistico-ricettive e dell’agroalimentare

di qualità. Saperlo utilizzare in modo intelligente e proporne la conoscenza, svilupparne le iniziative coordinate e farne un riferimento strutturato significa dare respiro ad un settore turistico che altrove, in Europa e nel mondo, conta milioni di presenze. Le aree protette camune, infatti, devono saper custodire le diversità della vita e consegnare al futuro l’identità delle comunità alpine. Il progetto non è ambizioso: è semplicemente possibile. (Franco Garattini)

vori di restauro, sia delle attività di valorizzazione del santuario. In assenza di una forte condivisione della progettazione delle attività, l’assemblea dei soci ha ritenuto che il ruolo dell’associazione Le Capèle onlus risulti oggi sostanzialmente svuotato e, in considerazione degli importanti risultati raggiunti, ne ha deliberato lo scioglimento. Il patri-monio residuo è stato devoluto al-la Fondazione comunità bresciana, onlus, che lo ha destinato al fondo territoriale per la Valcamonica, in modo che possa ancora in futuro contribuire a favore della Via Cru-cis di Cerveno”. Anche il sindaco di Cerveno, Giancarlo Maculotti emette un comunicato: “Ritenia-mo che un’associazione alla qua-le aderivano appassionati e cultori d’arte di tutta la Lombardia fosse lo strumento più adatto per opera-re nel settore promozionale a tutti i livelli. Il venir meno di questo in-teresse ci preoccupa e ci rattrista.

I finanziamenti promessi dalla par-rocchia, dal Comune ad integrazio-ne del contributo regionale ed eu-ropeo non sono stati necessari. La chiusura dell’associazione credia-mo rappresenti una sconfitta per tutta la Valle Camonica”.

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i chiama “Pamoya”, che a Ikelu, in Tanzania, signifi-ca “insieme”. È l’associa-zione che in Alta Valle Ca-monica coordina gli aiuti

per la missione africana dove ope-rano don Tarcisio Moreschi e Fau-sta Pina. L’uno di Malonno e l’altra di Andrista, da anni operano nella zona di Mtwango a 800 km dalla cit-tà di Dar Es Salaam. I circa 120mila abitanti vivono in condizioni di po-vertà, per cui l’opera missionaria e umanitaria risulta di indispensabile supporto. Dispensario, orfanotrofio e da pochi mesi un vero e proprio ospedale contribuiscono ad eleva-re per quanto possibile la qualità della vita. Nel 2013 si aggiungerà anche una nuova chiesa. La onlus “Pamoya - Insieme per crescere”, che è sorta a Malonno nel 2004 per informare, sensibilizzare e organiz-zare gli aiuti, ha raccolto negli ulti-mi quattro anni circa 200mila euro per la realizzazione del nuovo ospe-

va Vittorio Lo Russo, referente del Rotary all’interno di Pamoya. Gra-zie ad un accordo con la onlus mi-lanese “Sicomoro” viene garantita la presenza continua di medici italia-ni, fra i quali non pochi anche dalla Valle, come è il caso recente di Da-nilo Gervasoni, Mauro Mensi, Ales-sandro Ghitti, Walter Cotti Cometti e Eugenio Fiumanò, volati in questa zona del Sud Tanzania, fra Njombe e Makambako, per offrire il loro sup-porto professionale. Circa un mese fa è stato siglato un accordo a Ike-lu secondo il quale Pamoya e Rota-ry camuno-sebino, rappresentati da Bianchi e Lo Russo, garantiranno per i prossimi mesi l’acquisto di me-dicinali ordinari di base, ma anche urgenti specifiche campagne contro l’Aids e la tubercolosi. Una raccolta straordinaria di fondi servirà, inol-tre, a finanziare la sala operatoria, quella per le radiografie oltre ad una lavanderia igienicamente adeguata. Attualmente sono in attività i repar-

dale San Joseph di Ikelu”, spiega il presidente dell’associazione, Emilio Bianchi. Adozioni a distanza (circa 20-25 euro al mese) e donazioni li-berali sono i due principali canali di provenienza del denaro. Significati-vo l’apporto di alcune realtà come la Fondazione civiltà bresciana e soprattutto il Rotary di Valle Camo-nica. “Il nuovo ospedale, attivo dal 20 febbraio scorso, è di proprietà ed è gestito da suore diocesane locali, le Benedettine di S.Maria Gertrude, ma almeno in questa prima fase ha bisogno di un costante supporto fi-nanziario e medico esterno”, osser-

L’Andos (Associazione nazionale donne operate al seno) celebra quest’anno il decennale della sua costituzione: tutto un mese è stato dedicato alla prevenzione: i pazienti che hanno usufruito del pullmino Andos per recarsi a Brescia e sottoporsi alle terapie radioterapiche, sono stati invitati a far pervenire all’associazione un biglietto qualsiasi con un commento sul servizio o con un semplice saluto. Tutta la corrispondenza

sarà poi appesa sull’albero della vita (nella casetta di legno all’entrata dell’ospedale di Esine). La presidente del sodalizio, Fulvia Glisenti, scrive sulla rivista “Ottava Festa della Rinascita”: “Un messaggio di vita da un’esperienza di malattia”; “Di tumore oggi, più di ieri, si guarisce”; “Ritaglia una parte del tuo tempo per il volontariato: ti sentirai più realizzato”. Al Centro congressi di Darfo Boario Terme c’è stato il convegno

dei volontari Andos. Sempre la Glisenti: “Abbiamo programmato parecchie iniziative con lo scopo di coinvolgere il maggior numero di persone a partecipare alla festa, per dar risalto alla nostra associazione e per pubblicizzare l’immensa mole di lavoro che svolgono i volontari, per ottenere risultati concreti, per gli obiettivi e le necessità ritenuti prioritari.” Dopo tanta attesa, tra poco Radioterapia oncologica aprirà anche a Esine. (e.g.)

ti di maternità, pediatria e medicina generale, con annesso laboratorio per le analisi, nonché dei letti per la lungodegenza. Le suore che vi ope-rano sono altamente qualificate e ciò potrebbe facilitare nel volgere di qualche anno l’autonomia ope-rativa della struttura. Questo resta il traguardo da raggiungere: aiutare la gente di laggiù, come dicono i so-stenitori di Pamoya (pamoya-onlus.it), a camminare e a crescere con le proprie gambe.

“L’agricoltura biologica fa bene alla natura, fa bene a te”. Con questo slogan la Cooperativa agricola di Breno, l’Associazione di produttori biologici di Valle Camonica, in collaborazione con l’amministrazione comunale, organizzano giovedì 6 dicembre alle 20 presso la sala consigliare del Comune una riunione operativa per la coltivazione in rete per il prossimo anno.La partecipazione è apertaa tutti.

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Si tratta di un Piano sociale che arri-va in un delicato momento di svilup-po quello che è stato redatto e ap-provato nella sede della Comunità montana di Valle Trompia. Un piano che ha dovuto fare i conti con l’en-tità sempre più esigua dei trasferi-menti dallo Stato e un taglio nell’or-dine del milione e 400mila euro, pur dovendo far fronte alle necessità che urgono da parte di una popola-zione colpita da una crisi che mina le sue esigenze primarie. “Proprio per questo motivo – dice Gabriele

Zanolini, presidente dell’assemblea dei sindaci della Valtrompia – si è cercato di giungere all’approvazio-ne di un piano che riuscisse a sod-disfare i principali servizi sociali ri-volti alla cittadinanza”. Un incontro che ha manifestato l’unione di in-tenti delle associazioni, alla presen-za anche del presidente dell’Asl (e sindaco di Villa Carcina) Gianma-ria Giraudini, dell’assessore ai Ser-vizi sociali in Comunità montana Andrea Porteri e della responsabile del Forum per il terzo settore Maria

Cristina Saiani. All’assemblea erano presenti i rappresentanti di 30 real-tà della Valle tra associazioni, fon-dazioni e cooperative locali: un in-sieme di soggetti giunto alla firma di un importante documento che, nonostante i tagli operati anche nel terzo settore, può guardare al futuro con uno slancio positivo. “Per prima cosa – ribadisce il sindaco Gabriele Zanolini – si è tentato di mantene-re invariato lo standard precedente per la prestazione dei servizi a domi-cilio, tenendo come modello l’ope-

rato di Civitas, che riesce sempre e comunque a ottimizzare le poche risorse disponibili, giungendo ad avere, pur senza ricavi esorbitanti, un bilancio decisamente in attivo”. Segnali forti e decisivi anche guar-dando agli anni a venire, caratteriz-zati da pochi finanziamenti e rivol-ti a progetti da sviluppare nel bre-ve periodo, mirati e da condividere; per un futuro che dovrà giocoforza guardare anche al mondo privato, creando sinergie che possano sup-portare le esigenze. (a.a.)

lfonso Rinaldini, 96 anni, è il più anziano dei par-tigiani di Gardone. Fino a non molto fa lo trova-vi puntuale e in cravatta

alla Messa del sabato pomeriggio. Poi un banale acciacco l’ha convinto a entrare alla Casa di riposo Pietro Be-retta. Qui, nella ricorrenza della Bat-taglia in Croce di Marone del novem-bre 1943, la prima della Resistenza bresciana, la sezione Anpi di Gardone ha voluto consegnare a lui partigiano della prima ora un “attestato di rico-noscenza” con questa motivazione: “La Sezione ti ringrazia per il tuo co-stante contributo alla democrazia e alla libertà”. Ci sta il personaggio tut-to d’un pezzo ma anche a tutto tondo nella pienezza e lineare limpidezza e rispetto degli altri. Si è commosso quando gli amici Alfredo e Ottorino Franceschetti (Fiamme Verdi come lui) hanno accompagnato con chitar-ra e mandolino “O bella ciao”. Primo dei sei figli di Ferdinando, gardonese operaio alla Redaelli, e di Alfonsina Saita è l’unico maschio vivente con la sorella Rosetta. Nasceva in piena guerra, ne pativa privazioni e sacrifi-ci crescendo vicino all’oratorio. Una foto dell’11 settembre 1941, davanti alla chiesetta di S. Rocco, lo ritrae in divisa da marinaio coi suoi coscritti fanti, alpini, il parroco don France-sco Rossi, i due curati don Giulio Pi-ni e don Mario Delalio. Era in breve

licenza, imbarcato su navi da guerra dal 1936: l’1 dicembre il suo caccia-torpediniere Alvise Da Mosto, impe-gnato nel servizio di scorta ai convogli per l’Africa settentrionale, veniva at-taccato e colpito prima da aerei e poi affondato da unità inglesi. Dell’equi-paggio scomparvero in mare 138 uo-

mini: 134 superstiti recuperati da uni-tà italiane. Tra loro Alfonso dopo ore passate aggrappato alla fune di una scialuppa: di quel giorno conserverà le mutande imbrattate di nafta. Por-tato a Tripoli, tornava a casa nel 1943 congedato dopo sette anni. Impiega-to alla Regia fabbrica armi esercito, l’arsenale di Gardone, la sua scelta era immediata: entrava nelle Fiamme Verdi. “Portavamo fuori le armi per i partigiani” ricorda con semplicità. Le adunanze dell’Azione cattolica dal cu-rato don Giulio Pini erano occasione di formazione ma anche di stampa clandestina che incoraggiava la po-polazione a resistere, di azioni per ri-fornire i partigiani in montagna. Do-po la Liberazione la sua attività nella comunità fu impressionante ma non volle mai assumere cariche ammini-strative: promotore nel 1945 del mo-vimento Scout; catechista, presidente e responsabile di zona dell’Azione cat-tolica; segretario della zona della Valle Trompia della Democrazia cristiana; per un trentennio presidente della San Vincenzo; fondatore e storico presi-dente dell’Associazione combattenti e reduci; promotore del Gruppo Mari-nai, dell’associazione Nastro Azzurro della Valtrompia (lui decorato al valor militare) di cui pure è il presidente; fondatore e segretario della sezione Avis. Ora alla Casa di riposo passa se-reno i suoi giorni circondato da tanto affetto e stima.

aboratori didattici, incon-tri con l’artista, mostre, concerti ed eventi caratte-rizzeranno dall’1 dicembre al 6 gennaio i fine settima-

na dei Musei Mazzucchelli a Ciliver-ghe. Nella suggestiva e magica corni-ce della villa palladiana apre “Il Paese dei Balocchi”, evento dedicato ai più piccoli e alle loro famiglie, all’insegna del gioco, del divertimento e della so-lidarietà. L’inaugurazione, sabato 2 dicembre alle 10, coincide con l’aper-tura di un’inedita mostra interattiva (aperta fino al 20 gennaio) che per-metterà ai bambini di confrontarsi tra i giochi del passato e quelli del presen-te. Dall’osservazione dei giochi anti-chi, appartenenti alle collezioni muse-ali, i visitatori potranno sperimentare e approfondire le tipologie di giochi e giocattoli dei loro coetanei vissuti nel secolo scorso, sperimentandone il funzionamento e riflettendo sul di-verso approccio dedicato alle moda-lità di divertimento e di aggregazione. All’interno del percorso espositivo troverà spazio un’area sperimentale dedicata alla figura di Carmen Meo Fiorot, con l’esposizione di opere ed elaborati del Centro di creatività da lei fondato. Ciascun visitatore potrà cimentarsi in una vera operazione artistico-creativa selezionando, dalle opere esposte, il concetto o la parola più rappresentativa da riscrivere ed elaborare sulle pareti a disposizione, intervenendo direttamente sull’alle-stimento di questo spazio e persona-lizzandolo secondo la propria creati-vità. Al termine dell’esposizione i più piccini potranno stimolare la propria

in collaborazione con l’Associazione Musical-Mente un nuovo percorso di solidarietà al sostegno dei diritti per l’infanzia. Nel corso del weekend inaugurale saranno proposti alcuni momenti musicali che anticiperanno la presentazione, domenica 9 alle 18, del cd “Ninna Musical-Mente Nanne” con cui finanziare le iniziative umani-tarie. Il cd contiene una collezione di brani di repertorio eterogeneo pensa-ta per l’ascolto dei bimbi più piccoli e per le persone che li accudiscono. I brani vengono presentati in un per-corso che inizia con il risveglio del bimbo fino all’addormentamento se-rale, toccando vari generi dal reper-torio classico al jazz, dal popolare al blues, dal folk al pop. Per informazio-ni: www.museimazzucchelli.it.

fantasia nell’allegro spazio giochi del-la Città del Sole e allo stand di Librel-ma per la lettura e l’acquisto di libri dedicati all’infanzia volti ad allietare la visita di adulti e bambini. L’evento sarà infine arricchito da letture anima-te di favole legate al tema del gioco e del giocattolo, da laboratori creativi e da intrattenimenti musicali. L’inizia-tiva del “Paese dei Balocchi” porta i Musei Mazzucchelli a intraprendere

Lunedì 26 novembre, presso la Sala della Biblioteca, si è tenuto il primo in-contro con la popolazione, le associa-zioni e le autorità locali per la costitu-zione del progetto “Pro loco bedizzole-se”. Il progetto “Pro loco bedizzolese” è per i bedizzolesi una realtà nuova che crescerà poco alla volta, in un clima di cooperazione tra le storiche asso-ciazioni presenti sul territorio. Nella serata di Lunedì sono stati analizzati i vari statuti già esistenti di altre realtà

circostanti. Tra i principali obbiettivi della “Pro loco bedizzolese” ci sarà la promozione e lo sviluppo delle attività turistiche, in particolare per quel che concerne i prodotti tipici dell’enoga-stronomia e dell’artigianato locale, le tradizioni popolari, senza dimenticare la tutela e la salvaguardia dei patrimoni storico-artistici, architettonici, cultura-li e ambientali del paese. A Bedizzole, sono oltre 20 le Associazioni che ope-rano da tempo: la Pro loco non si so-

vrapporrà ad esse ma lavorerà in siner-gia trasformando ogni manifestazione culturale in una vetrina. In Italia, le Pro loco hanno una storia antica. Nate sul finire dell’Ottocento, sono vere e pro-prie associazioni di volontariato turisti-co che traggono forza dai chi vi opera gratuitamente per il bene comune di un paese. L’Unpli, Unione nazionale delle Pro loco d’Italia, conta ad oggi 6.100 Pro loco iscritte. Unico punto di riferimento nazionale, l’Unpli si occu-

pa della costruzione di una rete di rela-zioni con tutti i principali interlocutori di tipo istituzionale, imprenditoriale e con le più importanti realtà dell’asso-ciazionismo e del volontariato. Valo-rizzazione del territorio, promozione turistica, snellimento delle pratiche bu-rocratiche: sono questi gli obiettivi sui quali si rifletterà nei prossimi incontri del 2013 dove verranno studiate nuo-ve tipologie d’azione per coinvolgere più volontari in questo nuovo progetto.

L’Associazione culturale “Musicarte”, con il patrocinio del Comune di Bedizzole e la Banca di Credito Cooperativo, presentano Sabato 1 dicembre “Danza, musica e… magie del Natale”: una serata benefica che unisce solidarietà e musica per raccogliere nuovi fondi per il “Nucleo Alzheimer” della Fondazione casa di soggiorno per anziani di Bedizzole. Inaugurata a giugno, la residenza sanitaria assistenziale bedizzolese è immersa in un grande polmone

verde: l’intera struttura ha particolarmente a cuore i soggetti non autosufficienti e non curabili a domicilio. Sabato sera, location dell’evento sarà il Teatro Don Gorini di Bedizzole. L’inizio è previsto per le ore 20:30. Tra i primi artisti della serata canora troviamo i “Carminis Cantores”, il famoso coro di voci bianche di Puegnago del Garda diretto da Ennio Bertolotti ed Andrea Soncina. A seguire “Professione danza” di Rosanna Di Terlizzi con Maria

Luisa Buson ed Elena Faustini. In scaletta, un repertorio unico in grado di creare subito un’atmosfera natalizia e di poesia, spaziando dal classico al contemporaneo, per un pubblico di tutte le età. Si va dal canto natalizio per eccellenza “Silent Night” a “Preghiera” di Mia Martini; da “Santa Claus is coming to town” a “I migliori anni della nostra vita” e “Avrai” di Claudio Baglioni. Particolare attenzione verrà data all’interpretazione di “Un Natale felice” e “Un giorno

sarai anche tu uomo”, testi poetici di Sandrino Acquilani, vincitore del premio Carosone 2002. Durante la serata i più piccoli saranno intrattenuti dagli intermezzi spettacolari di Mago Richard. In Italia, l’Alzheimer è tra le prime cause di demenza senile: una malattia lenta e devastante che richiede un’assistenza continuativa che spesso i servizi pubblici non riescono a fornire. L’ingresso alla serata è libero. (Giovanni De Marco)

È stato inaugurato il 16 novembre scorso presso i locali del Day Hospital, al 7° piano dell’Ospedale di Gardone Val Trompia il nuovo day hospital ematologico, parte integrante della unità operativa di ematologia degli Spedali Civili, diretta dal dottor Rossi. Si tratta di una nuova importante attività sanitaria che ha dato avvio alle attività rivolte ai pazienti il 19 novembre. La collocazione presso il presidio di Gardone Valtrompia consente ai cittadini

valtrumplini di beneficiare dei medesimi trattamenti assicurati per le patologie ematologiche presso il day hospital dell’ematologia degli Spedali Civili di Brescia. Le patologie principalmente interessate risultano le leucemie acute e croniche i linfomi, i mielomi, le malattie mieloproliferative e mielodisplastiche, le anemie e le malattie della coagulazione. A regime sono previsti fino a 5/6 trattamenti giornalieri in attività di

day hospital, che si affiancheranno all’attività ambulatoriale già in corso. Il nuovo servizio si concretizza grazie all’ennesima dimostrazione di generosità di Associazioni e Industriali valtrumplini che si sono fatti carico di finanziare il costo di un’unità medica. L’’associazione sportiva dilettantistica Monica Giovanelli, tradizionalmente vicino ai bisogni del presidio, si è fatta carico di circa il 50% dei costi della borsa di studio,

li Spedali Civili di Bre-scia e l’associazione ValtrompiaCuore han-no festeggiato i primi cinque anni di positiva

collaborazione. Si tratta di una collaborazione im-portante, grazie alla quale la strut-tura ospedaliera bresciana ha po-tuto dotarsi di nuove tecnologie utili per la diagnosi e la cura della popolazione. L’associazione ValtrompiaCuore-nasce a Gardone Val Trompia nel 2007. Dall’inizio dell’attività ad oggi la

annuale nella realizzazione della Giornata mondiale cardiologica svolta presso l’ospedale di Gardo-ne nell’ambito dell’evento “Cardio-logie aperte”. L’associazione si sta impegnando per attivare una borsa di studio per un medico da desti-narsi alla cardiologia di Gardone

collaborazione tra i due enti è stata importante anche nel reci-proco aiuto per fare informazione ed educazione su tematiche car-diovascolari e di prevenzione del-le malattie e dei rischi connessi a tali patologie.ValtrompiaCuore ha recentemen-te promosso una nuova iniziativa realizzata in collaborazione con la cardiologia del presidio ospedalie-ro di Gardone Valtrompia, diretta dal dottor Pagnoni.Il progetto è rivolto ai ragazzi di tutte le classi di prima media, di tutti gli istituti scolastici della Val-

trompia durante l’anno scolastico 2012/2013 dal titolo: “A scuola … di cuore”Obiettivi del progetto sono la pre-venzione e la tutela della salute, in particolare dell’apparato car-diovascolare. Si cerca così di valorizzare la qua-lità degli stili di vita e la sana ali-mentazione negli studenti delle classi di 1ª media di tutti gli istituti scolastici della Valtrompia.Le lezioni saranno svolte da car-diologi specialisti in servizio pres-so la Cardiologia dell’Ospedale di Gardone Valtriompia dell’Azienda

ospedaliera Spedali Civili di Bre-scia. Tra gli altri impegni assunti e realizzati dall’associazione nel corso di questi anni di impegno a fianco o a favore degli Spedali Ci-vili, ricordiamo i seguenti progetti che hanno un valore complessiva-mente stimato di centinaia di mi-gliaia di euro: l’acquisto di un eco-cardiografo; di un ventilatore pol-monare; di un ecocardiografo por-tatile di ultima generazione per il reparto di Cardiologia del presidio di Gardone; di un’apparecchiatura per la risonanza magnetica cardia-ca; di un ambulatorio di Radiote-rapia presso il presidio ospedalie-ro di Gardone; la collaborazione

Prestiti obbligazionari per l’acquisto di attrezzature medico-sanitarie. Il Banco di Brescia ha annunciato nei giorni scorsi l’emissione di un prestito obbligazionario i cui proventi saranno in parte devoluti all’azienda ospedaliera Mellino Mellini di Chiari. Il collocamento del bond, per un totale nominale di 7 milioni di euro, ha preso il via il 26 novembre. Lo 0,50% dell’ammontare nominale collocato delle obbligazioni sarà

devoluto alla “Mellino Mellini” che lo destinerà appunto all’acquisto di un macchinario che permetterà di eseguire una metodica di biopsia moderna per la diagnosi del tumore alla mammella, definita come sistema Vabb (Vacuum assisted breast biopsy). Danilo Garibolfi, direttore generale della “Mellino Mellini”, dopo aver ringraziato Ubi Banco di Brescia per il percorso innovativo di fund raising, ha sottolineato come il ricavato

della sottoscrizione del prestitio obbligazionario consentirà all’azienda di migliorare i percorsi sanitari offerti a vantaggio del cittadino.“In questo caso specifico – sono ancora sue considerazioni – , l’acquisto dell’apparecchiatura per la metodologia Vabb permetterebbe all’Azienda di migliorare e completare un percorso già esistente destinato alla prevenzione e alla cura del tumore alla mammella”.

’arrivo di un neonato rap-presenta per la famiglia un momento ricco di gio-ia, ma anche molto deli-cato e porta con sé nuo-

ve emozioni e preoccupazioni che il ruolo di genitore comporta. Per aiutare la famiglia nell’affrontare le situazioni, più o meno complesse, che la nuova vita propone, l’Unità operativa di pediatria dell’ospedale di Manerbio regala a tutte le neo-mamme, al momento della dimissio-ne dall’Ospedale, un volumetto dal titolo “Ci sono anch’io” che vuole essere un aiuto in più per i neoge-

nitori nella gestione del neonato. Il libro, giunto alla terza edizione, è stato pensato per integrare in for-ma scritta e con delle chiare imma-gini le informazioni che vengono già fornite alle mamme durante il rico-

vero. La pubblicazione quindi oltre a spiegare in modo semplice e chia-ro i cambiamenti e le necessità del piccolo durante i primi mesi di vita aiuta fattivamente le neomamme e i neopapà ad esplorare con sereni-tà il mondo sconosciuto della loro creatura con l’obiettivo di raggiun-gere una gioiosa e consapevole ge-nitorialità. Il testo è stato scritto a più mani dal Mario Colombo, direttore dell’unità operativa di Pediatria in collabora-zione con Rossella Bonelli, fisiatra presso la Dominato Leonense Sanità di Leno, Franca Cieri e Angela Cor-

na dei medici pediatri a Manerbio, e dalla coordinatrice del Reparto Orietta Meneghetti e dall’infermiera Germana Selvatico. Per i genitori è disponibile anche un altro manuale “La mamma, il papà (i nonni, gli zii e gli altri) con il loro bambino più o meno ammalato”, scritto sempre da Mario Colombo in collaborazio-ne con la dr.ssa Annamaria Indelica-to, direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliera e la pediatra Tindara Vaccaro, che fornisce informazio-ni di natura medica e consigli pra-tici sicuramente utili per risolvere i dubbi e le incognite che si possono

presentare di fronte ad un bambino che cresce e modelli di comporta-mento semplici di cui fare tesoro e da adottare in autonomia, aiutando le famiglie nel valutare le situazio-ni con calma e decidere se e quando chiamare il pediatra.“Con i due testi, di facile consulta-zione e scritti con un linguaggio al-la portata di tutti, dichiara il diret-tore generale Marco Luigi Votta, gli autori vogliono offrire alle famiglie una sorta di assistenza a distan-za che vada oltre la presa in cari-co e cura della persona all’interno dell’Ospedale.”

In quel tempo,Gesù disse ai suoi discepoli:“Vi saranno segni nel sole,nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del maree dei flutti, mentre gli uomini morirannoper la paura e per l’attesa di ciòche dovrà accadere sulla terra.Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.Allora vedranno il Figlio dell’uomo veniresu una nube con grande potenza e gloria.Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo,perché la vostra liberazione è vicina.State attenti a voi stessi,che i vostri cuori non si appesantiscanoin dissipazioni,ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatteràsopra tutti coloro che abitanosulla faccia di tutta la terra.Vegliate in ogni momento pregando,perché abbiate la forza di sfuggirea tutto ciò che sta per accadere,e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”.

Nella Duomo di Brescia si trova il Monumento a Paolo VI, opera del 1984 di Raffaele Scorzelli, che raffi-gura il Pontefice inginocchiato dopo l’apertura della Porta Santa nel Giu-bileo nella notte del Natale del 1974. Il Pontefice è curvo, quasi a portare il peso e l’ansia di tutti mentre si so-stiene alla Croce unico elemento ver-ticale di tutta la scultura. Questo papa ci è caro per la sua umiltà. Il “Pastore umile”, così lo ha definito il nostro Ve-scovo il 10 ottobre scorso alla Pieve di Concesio. A Milano nel 1958, il card. Montini aprì la Missione cittadina per “richiamare alla vita religiosa sincera e autentica un’intera città” e si rivol-se ai lontani con queste parole che toccano il cuore per la loro umiltà: “Vi chiedo perdono, figli lontani. Per-

destino annulla l’attesa perché toglie all’uomo la libertà di scegliere, il dirit-to di attendere. Ma il destino alleggeri-sce il cuore perché lo libera dall’ansia di vivere per qualcosa e per qualcuno. Il destino toglie la libertà ma anche la responsabilità, confonde le acque del bene e del male, annulla il bisogno di cercare. E di attendere. E anche l’at-tesa diventa parte del tempo, si ritua-lizza, ha una durata determinata: di Avvento in Avvento, di anno in anno, di Vangelo in Vangelo. Un tempo che non attende più e che si accontenta di guardarsi, di sapere quello che è, che non si interessa di quello che sa-rà. Non è più attendere: è ricordare, ripresentare. E ritornare sul già det-to e sul già fatto come se non ci fosse più niente da attendere. Dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita: nar-cotici per non attendere più, per la-sciarsi travolgere dalle cose da fare e addormentarsi alla svelta per non sen-tire la nostalgia di quell’attesa. Perché quella continua ad esserci nel cuore e non la si può annullare: soltanto la si lascia sopita fingendo magari di in-

teressarsene, affogandola di certezze come di alcoolici invece che animarla di speranza. È annullarla anche così: credendo di conoscere quest’attesa e di dare ad essa un nome e un bisogno. Sapere già tutto e non attendere più. Così la paura di chi ha smesso di pen-sarci non sarà diversa dall’angoscia di chi ha creduto di sapere già tutto: per-ché tutto sarà così diverso, sarà così inaspettato. Perché quell’attesa svele-rà quello che ci manca e ci strapperà il cuore non averlo atteso abbastan-za e aver perso tempo nel credere di sapere, nel mettere parole invece di senso, ci farà sentire la nostalgia di non averlo amato abbastanza. Amato, dico. Non conosciuto. Perché quello che manca è quello che si ama; non manca quello che si può avere ma quello che non si può amare. Questo dovrebbe costringere ad attendere, a pregare incessantemente, così come incessantemente si ama. Sarà una sor-presa la differenza tra quello che sap-piamo e quello che sarà. Anche qui, anche nell’attesa, l’unica regola che porta all’eterno è l’amore.

Amore come regolaegola. Ci dev’essere un motivo, un’occasione per non addormentarsi. Facilmente la tensione cala, l’ideale si affievoli-

sce, i propositi si appannano. È uma-no. Come è umano porre un limite all’attesa. Non si può aspettare all’in-finito. Non possiamo concepire che non ci sia un momento che indichi il limite, la fine dell’attesa. Allo stesso tempo siamo tentati di non pensare più all’attesa, di lasciarci andare alla normalità, cioè arrenderci all’eviden-za che non è ancora il momento, e che c’è tempo per prepararsi. L’attesa può diventare una routine: paradossale perché dovrebbe essere il suo con-trario. Invece lo sfumare dell’attesa, il suo allontanarsi, la sua stessa incer-tezza di luogo e di tempo, lasciano en-trare la normalità delle cose di tutti i giorni che, pian piano, fanno diventa-re l’attesa un fatto normale, una sca-denza normale. La svuotano del suo futuro per farla diventare qualcosa di diverso, legato al fatalismo del desti-no: se deve succedere, succederà. Il

ché questo fratello è lontano? Perché non è stato amato! Per i nostri difetti ha imparato ad odiare la religione… Ebbene fratelli lontani, perdonateci! Se non vi abbiamo compreso, se vi abbiamo troppo facilmente respinti, se non ci siamo curati di voi, se non siamo stati bravi maestri di spirito e medici delle anime, se non siamo stati capaci di parlarvi di Dio come si do-veva, se vi abbiamo trattato con l’iro-nia, con il dileggio, con la polemica, oggi vi chiediamo perdono. Ma ascol-tateci”. Ancora una volta il tono si fa umile richiesta e umile atteggiamen-to nel Messaggio all’Onu del 4 ottobre (giorno di San Francesco) del 1965: “Questo incontro segna un momen-to semplice e grande. Semplice, per-ché voi avete davanti un uomo come

voi. Il Rappresentante d’una religione, la quale opera la salvezza mediante l’umiltà del suo Fondatore Divino. Egli non ha alcuna potenza tempora-le, né alcuna ambizione di competere con voi; non abbiamo infatti alcuna cosa da chiedere, nessuna questione da sollevare; se mai un desiderio da esprimere e un permesso da chiede-re, quello di potervi servire in ciò che a Noi è dato di fare, con disinteresse, con umiltà e amore”. Tanta semplice umiltà, ci interroga nell’Anno della fe-de su quanta aggressività covi nell’ani-mo umano: nelle strade, nelle code agli sportelli, nei dibattiti televisivi. Eppure il Natale, dovrebbe indicar-ci la via giusta, la via “umile” di Gesù che il Servo di Dio Paolo VI non si è stancato di mostrarci con la sua vita.

empo dell’attesa e della speranza, l’Avvento indi-ca, da una parte, l’anni-versario della prima ve-nuta del Signore; dall’al-

tra, designa la seconda venuta alla fine dei tempi. Abbiamo chiesto una riflessione a don Franco Magnani, direttore dell’Ufficio liturgico nazio-nale della Cei.Cosa dice il tempo d’Avvento agli uomini e alle donne di oggi? L’Avvento cristiano non è un qualcosa orientato genericamente all’umanità: è l’Avvento del 2012, che si rivolge agli uomini e alle donne del 2012. Nel no-stro tempo di crisi e di tensione, nella venuta del Signore ci è restituita una speranza, e ci viene annunciato che anche questo anno è tempo di grazia.L’Avvento è il tempo dell’atte-sa e della speranza. Ma che cosa aspettiamo ancora?Noi crediamo che con la morte e ri-surrezione di Cristo si è già aperta una nuova era; gli “ultimi tempi” sono già arrivati, e ci riguardano. È significati-vo che la liturgia dell’Avvento si apra con un riferimento alla venuta del Si-gnore glorioso alla fine dei tempi. Ciò che attendiamo è di partecipare pie-namente alla forza della risurrezione di Cristo; ciò che speriamo è di poter essere costanti fino in fondo, senza perdere la fede. Il pericolo di molti credenti è di perdere la fiducia nella forza del Regno di Dio. L’Avvento atte-sta il primato dell’agire di Dio, un pri-mato che deve connotare ogni forma di nuova evangelizzazione. Come attendere?Mi pare sia importante l’atteggiamen-to della pazienza, anche se risulta inattuale, ma forse, proprio per que-sto, ne sentiamo estremo bisogno. Da un lato, viviamo in un mondo che chiede risultati immediati. Dall’altro, ci rendiamo conto che l’impazienza

non dà vera soddisfazione, non dà ve-ra gioia. La tensione verso il risultato, che peraltro viene immediatamente bruciato, non permette di gustare il sapore pieno dell’esistenza, in tutti i suoi momenti. Direi che il giusto at-teggiamento è quello di una pazienza gioiosa, una pazienza che permette di vivere, momento per momento, tesi alla meta, ma riconoscenti per ogni passo.Perché questo tempo è conside-rato “forte”?Il tempo “forte” dell’Avvento è un tempo che restituisce forza, che ridà pienezza alla vita. Il brano guida del sussidio online per l’Avvento-Natale

curato dalla Cei, assume la beatitu-dine che Elisabetta rivolge a Maria: “Beata colei che ha creduto”. Bene-detto XVI la ricorda a conclusione della lettera Porta fidei, con cui in-dice l’Anno della fede. La forza che deriva dall’Avvento, e che viene ri-presa e coltivata nel tempo di Natale, ha molto a che fare con questa gioia, che Maria ed Elisabetta cominciano a sperimentare mesi prima del parto. Anche noi siamo chiamati a custodi-re il Regno che abita nelle nostre vi-te, con la stessa gioiosa speranza di una madre che custodisce il figlio nel suo grembo; solo così avremo la gra-zia di sperimentare che la gioia della nascita si riverbera anche sul tempo dell’attesa, e dà la forza di sopportare ogni sacrificio.Come custodire la dimensione del tempo d’Avvento con le pre-occupazioni per la crisi economi-ca e le distrazioni per le lusinghe pubblicitarie?La preoccupazione per la crisi econo-mica è ingigantita dalla perdita delle dimensioni più autentiche del tempo custodite dalla liturgia. Il mondo oc-cidentale si è come abituato a vivere in un eterno presente, senza una vera storia, senza fare i conti con cambia-menti e trasformazioni che non fosse-ro quelli, esaltanti e rassicuranti, del progresso tecnologico. Ma il tempo che passa non è accompagnato solo dai nuovi giocattoli della tecnologia: è anche invecchiamento, personale e sociale; è anche possibilità di degrado delle relazioni, se lasciate incustodi-te; è anche possibilità di corruzione della politica, se viene a mancare il senso di responsabilità nei gover-nanti e negli elettori. Ora, la storia sta mostrando un conto salato, ma forse proprio questa crisi è l’occasione per ritrovare una crescita più umana, per convertirsi da strade sbagliate, per

Cari bambini e care bambine, quest’anno Santa Lucia ha biso-gno del vostro aiuto: vuole, infatti, costruire un pozzo per i bambini dell’Africa, ma da sola non può far-cela. Qualche mese fa Santa Lucia è andata col suo asinello e alcuni missionari bresciani in un villaggio africano, Amotikà, nello Stato del Benin. Il viaggio è stato molto lun-go e difficile perché questo villag-gio è isolato e lontano dalle città.

Marius, un volontario che perio-dicamente riesce ad inoltrarsi in questi angoli sperduti di Africa, ha permesso a Santa Lucia di instau-rare un rapporto di fiducia e colla-borazione con chi abita queste ter-re. Lì molti bambini presentano i segni di una nutrizione inadeguata e il ventre gonfio denuncia la man-canza di cure mediche e di acqua potabile. Il sogno di Santa Lucia è quello di costruire un pozzo di ac-

qua potabile a questo villaggio di circa 1.500 persone. Esistono tan-ti villaggi come Amotikà in Africa. Amotikà non ha energia elettrica, non esiste acqua potabile e le co-municazioni, oggi relativamente semplici, diventano impossibili in caso di pioggia; una malattia ba-nale può trasformarsi rapidamen-te in tragedia. Con 20mila euro è possibile realizzare la perforazio-ne e la costruzione di un pozzo per

ritrovare la dimensione della soli-darietà. Questo è il miglior antidoto alle seduzioni pubblicitarie: chi vive la sua storia, con profondità e verità, ha meno tempo e meno desiderio di evadere nelle illusioni.Come viverlo anche nella pro-spettiva e nel contesto dell’Anno della fede?In parte si è detto: vivere l’Avvento è in un certo senso equivalente a vivere l’Anno della fede. Chi non riscopre la sua fede, non è capace di attendere, non può avere speranza. Forse però conviene ritornare a sottolineare la dimensione della gioia. Esiste una gioia profonda, che accompagna tut-te le età della vita, che abbraccia tut-te le esperienze, compreso il dolore, la sofferenza, la morte. È la gioia che coinvolge anche l’attesa: ma solo chi crede può sperimentarla”.La forma più alta di comunicazio-ne dell’Avvento e del Natale è il silenzio. Ci può essere la necessi-tà di un’educazione al silenzio co-me via per raggiungere il mistero del Natale?Mi pare evidente che il problema dell’uomo nel mondo occidentale è un problema di sensibilità. Non solo siamo, per così dire, accecati da un eccesso di luci: assordati da un ec-cesso di musiche di sottofondo, co-munichiamo a distanza, ma non c’in-contriamo più, rischiando di essere storditi dall’eccedenza d’informazio-ni che si ricevono. Condivido la ne-cessità di un’educazione al silenzio, ma quel silenzio che permette di far risorgere l’ascolto, l’attenzione, la pa-zienza di percepire il Signore che vie-ne, il mondo, la vita, se stessi. Anche nelle nostre celebrazioni liturgiche, talora esposte a un eccessivo verba-lismo e attivismo, dobbiamo recupe-rare il valore del silenzio in tutte le sue dimensioni.

L’Avvento è il periodo che nella liturgia cristiana precede il Natale e segna l’inizio di un nuovo anno liturgico dell’anno ecclesiastico occidentale. La parola avvento deriva dal latino adventus e significa venuta ed è preparatorio al Natale. Dura quattro settimane ed è contraddistinto da un atteggiamento di attesa del Natale imminente da parte dei fedeli e dal raccoglimento e dalla preghiera per l’accoglienza del Messia che sta per nascere. L’Avvento si compone di due

periodi; inizialmente si guarda all’Avvento futuro del Cristo nella gloria alla fine dei tempi, occasione di penitenza; dal 17 dicembre la liturgia pone invece l’attenzione sull’Avvento di Cristo nella pienezza dei tempi, con la sua Incarnazione. In questo periodo il colore dei paramenti sacri del sacerdote è il viola, tranne la domenica della terza settimana in cui facoltativamente possono essere indossati paramenti rosa. Il carattere penitenziale dell’Avvento è dunque stemperato

dalla speranza della venuta gloriosa di Cristo. Nella liturgia delle Sante Messe del periodo di Avvento (come in Quaresima) non viene recitato l’inno del Gloria. Il Tempo di Natale è il periodo dell’anno liturgico della Chiesa cattolica che inizia dal giorno di Natale (25 dicembre) fino alla domenica del Battesimo del Signore, che ricorre la prima domenica dopo l’Epifania. Ha dunque una durata di due o tre settimane. Al suo interno si celebrano varie feste e solennità:

la festa della Sacra Famiglia, che ricorre la prima domenica dopo il Natale; la solennità di Maria Santissima Madre di Dio, l’1 gennaio; la solennità dell’Epifania, il 6 gennaio; il Battesimo del Signore, che chiude il ciclo natalizio. Le letture della Messa propongono i racconti dell’infanzia di Cristo dai Vangeli; la prima lettura propone la lettura continua della Prima lettera di Giovanni. Il colore liturgico di questo tempo è il bianco o l’oro.

Due le proposte elaborate dalla Caritas diocesana e dall’Ufficio per gli oratori e i giovani. Sono due proposte che permettono di evidenziare il valore dei segni e la forza evangelizzatrice dei gesti. La proposta dell’Ufficio per gli oratori e i giovani si rivolge in particolare ai bambini e ai ragazzi con l’offerta di un itinerario di preparazione al Natale, fatto di attenzioni. “Il cannocchiale dei Magi” (il sussidio di Avvento per i bambini) e “Dalle stelle alla stalla”

(il sussidio di Avvento per i ragazzi e gli adolescenti) accompagneranno i ragazzi. I magi, che hanno saputo scrutare i segni del cielo, aiutano a leggere i segni che accompagnano la nostra vita; il sussidio per ragazzi e adolescenti vuole offrire un aiuto quotidiano per orientare la conversione spirituale in vista del Natale. Il piccolo itinerario spirituale invita a scoprire la direzione di questo cambiamento, osservando e cercando di capire i segni sul cammino. Segni e gesti

che si possono rileggere anche nell’esperienza dell’Avvento di carità 2012: la Caritas propone, a partire dalle mani, il percorso “Essere pane” per gli altri nella comunità. Si apre con la tradizionale proposta della Giornata del pane (domenica 2 dicembre), finalizzata a supportare una delle dita di Mano fraterna, cioè il sostegno all’occupazione. Ogni comunità è, quindi, chiamata, a farsi progetto per promuovere occasioni di occupazione per chi è senza lavoro.

la riserva di acqua potabile. Ogni bambino e bambina è invitato a realizzare una busta per Santa Lu-cia con all’interno un disegno o un pensiero per i bambini di Amotikà, accompagnato da un’offerta. Que-sta rinuncia aiuterà la vita e la sa-lute dei bambini del villaggio. Sul sito www.oratori.brescia.it si può scaricare la lettera completa di Santa Lucia. Le letterine e i dise-gni più belli saranno pubblicati sul

sito e sul Gabbiano. I bambini di Amotikà avevano chiesto a Santa Lucia non una cosa per loro, ma una cosa utile a tutto il villaggio. Ma per fare un pozzo ci vogliono gli operai per trivellare il terreno, i muratori per costruire la strut-tura, i geologi per trovare il punto migliore e parecchi soldi, almeno 20mila euro, ma Santa Lucia non li può avere, perché ha solo i gio-cattoli! “Bambini e bambine, mi

aiutate voi? Scrivete – continua Santa Lucia – una lettera o fate un disegno da mandare ai bambini del villaggio di Amotikà con un pensie-ro, un saluto e un aiuto in denaro. Per voi è una piccola rinuncia, per i bambini di Amotikà è una gran-de cosa. Il mio asinello porterà nel vostro oratorio e nella vostra par-rocchia la cassetta ‘Asino Express’ per raccogliere le vostre letterine, i vostri disegni e i vostri contribu-

ti, con quello che raccoglieremo potremo aiutare il Centro missio-nario di Brescia a costruire il poz-zo e dare ai bambini di Amotikà e a tutto il villaggio la possibilità di bere acqua fresca e pulita”. Uno sguardo ai numeri dell’iniziativa, al momento dell’uscita di “Voce” sono state coinvolte 78 parrocchie; nel 2011, quando il progetto preve-deva la costruzione di un oratorio a Castanhal in Brasile, erano sta-

te coinvolte 70 parrocchie ed era-no stati raccolti 10mila euro. Nel 2010 il progetto aveva sostenuto l’oratorio di Macapà, mentre nel 2009 aveva interessato la ricostru-zione post terremoto in Albania e un ospedale in Burkina Faso. Nel 2008, infine, “Un dono in dono” aveva aiutato la scuola per sor-domuti di Kaunas in Lituania do-ve operava come fidei donum don Renato Abeni.

l dono della famiglia e le sfi-de che quotidianamente es-sa deve affrontare sono stati i temi principali di “Percorsi comuni per la famiglia”, un

importante incontro che ha visto riunirsi quasi duemila persone, di fede cristiana e di fede musulmana, per riflettere su alcuni aspetti della società odierna, nel pieno rispetto reciproco. Il singolare incontro si è tenuto domenica 25 presso il Pa-laBrescia, in un clima sereno, pro-positivo e, al contempo, festoso. Uomini e donne di origini diverse e provenienti da 50 città del Nord Ita-

ne diversa, cristiani e musulmani sono però accomunati da un’idea di famiglia come istituzione principe della società e dalla fede in un Dio che assiste le sue creature: coloro che hanno preso parte all’incontro promosso dal Movimento dei foco-lari e da numerose istituzioni del mondo islamico hanno dimostrato che, al dì là delle lotte religiose e delle incomprensioni, dialogare in pace è davvero possibile e tutti gli uomini, con le loro peculiarità, pos-sono sentirsi e scoprirsi fratelli. La giornata bresciana si è aperta con il saluto delle istituzioni; “l’incontro di oggi e il progetto di cui esso fa parte è davvero molto importante” ha detto il sindaco Adriano Paroli. “Tutti noi abbiamo infatti il compito di costruire la città e per assolvere a questo compito è necessario guar-darsi dentro senza dimenticare di guardare a Colui che ci ha creati e ai valori che ci vengono trasmessi”. Dopo il sindaco ha preso la parola

lia hanno così condiviso le proprie idee, i dubbi e le preoccupazioni sulle sfide aperte che i nuclei fami-gliari devono affrontare ora più che mai; nonostante siano divisi da un bagaglio culturale e da una religio-

Amyn Hasmy, imam della comuni-tà musulmana di Brescia; accorto il suo intervento, più volte interrot-to da scroscianti applausi. “Incon-tri come quello di oggi ci danno la reale possibilità di capirci recipro-camente e di meglio comprendere noi stessi; siamo consapevoli di trovarci qui per un confronto co-struttivo e di essere parte di un’uni-ca famiglia”, ha affermato l’Imam. “Anche nel Corano troviamo riba-dito questo concetto, nel versetto che recita “Uomini, temete il vostro Signore che vi ha creati da un solo essere, da un’unica anima, e da es-so ha creato la sposa sua, e da loro ha tratto molti uomini e donne”. La famiglia è insita nella natura umana e le religioni sono poi arrivate per insegnare all’uomo il modo corret-to di formarla: una famiglia unita e forte, infatti, dona alla società figli forti, capaci di trasmettere valori sani e di affrontare le sfide quoti-diane”, ha poi concluso Hasmy. Filo

Giovedì 29 novembreOre 9.30 - Mompiano - S. Messa presso Rsa Monsignor Pinzoni.

Venerdì 30 novembreOre 6.50 - Brescia - Santa Messa presso il Seminario minore.

Sabato 1 e domenica 2 dicembre partecipa al Sinodo diocesano.

Martedì 4 dicembreOre 10.30 - Brescia - Santa Messa

in occasione della festa patronale dei Vigili del fuoco presso la sede.

Mercoledì 5 dicembreOre 20.30 - Barbariga -Incontro con i catechisti della parrocchia.

conduttore dell’incontro è stata la tavola rotonda, che ha visto cristia-ni e musulmani riflettere sulla fami-glia promotrice del bene comune, risorsa, e luogo privilegiato dove si intrecciano rapporti sociali, do-mande e risposte. Canti e preghiere hanno poi riempito la giornata, pri-ma tappa di un lungo cammino che porterà a un incontro nazionale, a Castel Gandolfo, nel maggio 2013, nella certezza che la famiglia an-cora oggi sia davvero uno scrigno d’amore, al dì là di ogni ostacolo.

La Cancelleria della Curia diocesana, a seguito dell’Ordinanza dell’Ordinario diocesano, comunica i provvedimenti della settimana:Il sac. don Angelo Mario Gozzini, già parroco delle parrocchie Sant’Andrea di Rovato e San Giuseppe di Rovato, è stato nominato parroco delle parrocchie di Tavernole sul Mella e di Lavone.Il sac. mons. Claudio Paganini, assistente spirituale Brescia Calcio, già consulente ecclesiastico

nazionale Csi, è stato nominato: parroco della parrocchia Buon Pastore in città; delegato vescovile per la pastorale degli sportivi.Il sac. don Franco Bertanza, presbitero collaboratore delle parrocchie Sant’Anna e Sant’Antonio di Padova in città, è stato nominato cappellano anche dell’Istituto clinico Città di Brescia e responsabile della cappellania ospedaliera Sant’Anna/Cittàdi Brescia.

er la Congregazione dei Pavoniani il 2012 è stato un anno significativo. Sta per avviarsi alla conclu-sione, nel ricordo dei 100

anni dal ritorno della Congregazione a Brescia. Documenta questo anniver-sario il libro scritto dal prof. Gianfran-co Grasselli “Sulle orme di Lodovico Pavoni – Nel centenario del ritorno dei Pavoniani a Brescia”, che sarà pre-sentato la sera del 1° dicembre, alle 20.30 nella sala polivalente dell’Opera Pavoniana di Via Pavoni 9. Farà da in-termezzo alla serata il gruppo musica-le Song Ensemble. La Congregazione sottolineerà questo anniversario con una Messa di rendimento di grazie, presieduta da mons. Bruno Foresti, domenica 2 dicembre, nella chiesa di S. Maria Immacolata, alle 11.30. La Messa di domenica 9 dicembre alle 11 su Rai Uno verrà trasmessa dalla chiesa dell’Immacolata. E l’8 dicem-bre, giorno della patrona della Con-gregazione e della parrocchia, alle 16 si terrà il concerto dell’Immacolata in onore del beato Lodovico Pavoni. Il primo anniversario era stato il de-cennio dalla beatificazione del padre fondatore, Lodovico Pavoni, avvenu-ta a Roma il 14 aprile del 2002. Altro anniversario è stato il bicentenario della fondazione dell’oratorio, pro-mosso da Lodovico Pavoni nel 1812. È stata la prima realizzazione educati-va del Pavoni, seguita dalla fondazio-

educativa pavoniana”, accompagnato dallo slogan “Concepiamo sui giova-ni le più belle speranze”. Due i segni concreti. Il primo è stato costituito dall’apertura in ottobre di una scuo-la per ragazzi sordi a Saaba di Ouaga-dougou, la capitale del Burkina Faso in Africa. Il “Centro Effatà Lodovico Pavoni” rappresenta la continuità di un aspetto caratteristico del carisma pavoniano, quello dell’educazione dei ragazzi sordi, già esteso dalla Congre-gazione in Brasile (a Brasilia e a Patos de Minas). Il secondo sarà la fondazio-ne di una parrocchia nelle Filippine, nella diocesi di Antipolo, nell’estesa

ne dell’Istituto professionale di San Barnaba (nel 1821) e da quella della Congregazione (l’8 dicembre 1847). Il bicentenario dell’oratorio ha costitu-ito lo spunto per proclamare in Con-gregazione un “Anno della missione

Come dare un’impronta indelebi-le all’Anno della fede? Recandosi in Terra Santa sulle orme di Gesù e Maria! È questa la proposta che l’Apostolato della preghiera di Bre-scia propone agli aderenti, ai sim-patizzanti e a chi volesse parteci-pare. Dopo le riuscite esperienze in Francia e a Betania e Oropa, per l’anno prossimo viene offerta una scelta decisamente impegnativa, ma senz’altro arricchente ed en-

tusiasmante. Un percorso di gran-de “spessore” spirituale, se vissuto nello spirito dell’Apostolato della preghiera. Dal 13 al 20 giugno 2013 potremo recarci in luoghi altamen-te simbolici e sempre presenti nei racconti evangelici: Nazaret, Ca-farnao, Betlemme, Gerico, Gerusa-lemme... Non mancheranno visite a luoghi non sempre visitati: il kib-butz con la barca, probabilmente risalente al tempo di Gesù; il mo-

nastero con le reliquie della misti-ca “Piccola araba”; il Memoriale dell’Olocausto; l’Emmaus di Abu Gosh... Senza dimenticare le cele-brazioni nei luoghi (un breve “ri-tiro” sul Tabor; l’Ora Santa al Get-semani...) e gli incontri con alcuni esponenti delle comunità cristiane locali, in spirito di fraternità e so-stegno. L’organizzazione tecnica è assicurata dall’esperienza della Brevivet, che propone condizioni

eccezionali; l’assistenza spirituale dall’Adp. Come tutte le iniziative, il pellegrinaggio è aperto a tutti. Chi intende collaborare ed unirsi a noi, sarà bene accetto. Per informazio-ni e adesioni rivolgersi al più presto presso l’Ufficio vocazioni della cu-ria diocesana, l’assistente Adp don Diego o la presidente Adp Anna Maria Guarneri.Per informazioni, si può consultare il sito www.diocesi.brescia.it.

periferia di Manila, l’8 dicembre. Sarà la prima parrocchia nel mondo dedi-cata al beato Lodovico Pavoni e avrà una popolazione di 100mila abitanti. Qui si darà vita anche ad alcuni la-boratori professionali per avviare al lavoro gli adolescenti. Ai religiosi già presenti nelle Filippine si aggiungerà anche padre Raffaele Peroni, vicario parrocchiale in S. Maria Immacolata a Brescia. Molte altre iniziative sono state realizzate nelle nazioni dove la Congregazione ha esteso il suo cari-sma (oltre all’Italia, la Spagna, il Bra-sile, il Messico, la Colombia, l’Eritrea, il Burkina Faso e le Filippine).

Nel primo venerdì del mese, 7 dicembre, si tiene l’adorazione eucaristica presso la Cappella del Santissimo all’interno della chiesa delle Sante Capitanio e Gerosa (via Botticelli, 5 – zona Questura, S. Polo) a partire dalla celebrazione eucaristica delle ore 20.30, fino alle ore 8.30 di sabato con la celebrazione eucaristica che chiude la notte di adorazione. La parrocchia cittadina dedica da da tempo lo spazio all’adorazione eucaristica.

Il mese di dicembre, con la guida di Maria Immacolata, ci fa contemplare il mistero dell’Avvento e del Natale del Signore. All’AdP sono state affidate le seguenti intenzioni:Generale - Perché in tutto il mondo i migranti siano accolti, specialmente dalle comunità cristiane, con generosità ed autentica carità.Missionaria - Perché Cristo si riveli a tutta l’umanità con la luce che emana da Betlemme e che si riflette

sul volto della sua Chiesa.Dei Vescovi - I cristiani rispecchino la loro identità di discepoli del Signore in ogni ambito della vita.Del Vescovo Luciano per l’anno 2012/13 - Perché il cammino di fede personale e comunitario sia sostenuto dalla preghiera e dall’impegno per l’unità.Al Centro diocesano, presso l’Ufficio vocazioni, sono disponibili i blocchetti con i foglietti mensili e i manifesti dell’Apostolato della preghiera.

Il libro “L’infanzia di Gesù” di Benedetto XVI viene presentato giovedì 6 dicembre alle 18 presso la Libreria Paoline in via Gabriele Rosa, 57 a Brescia. Dopo i primi due volumi dell’opera di Joseph Ratzinger “Gesù di Nazaret”,dedicati alla vita pubblica del Cristo, è uscito il testo sull’infanzia di Gesù. “Finalmente posso consegnare nelle mani del lettore il piccolo libro da lungo tempo promesso sui racconti dell’infanzia di Gesù”. Interviene mons. Giacomo Canobbio.

La seconda domenica del mese, 9 dicembre, dalle 14 alle 19, si svolge il terzo appuntamento del percorso vocazionale “Nella fede, strade di luce”, proposto al gruppo vocazionale diocesano “Sichar”, nato per le giovani e i giovani dai 18 anni che sono aperti al discernimento di tutte le vocazioni. L’incontro si svolgerà presso le suore Ancelle della Carità in via Moretto 33, a Brescia. Tema della giornata: “Per i pastori” (Lc 2,1-20).

el momento dolce e tre-mendo di vedere il tuo volto, o Signore, siimi buono e misericordioso perché io possa cantare

il mio eterno Amen”. Questo passag-gio del testamento spirituale è indi-cativo della buona stoffa sacerdotale di don Cesare Peli, prete bresciano scomparso vicino agli 85 anni, dopo una vita intensa e laboriosa: ha svolto il suo ministero anche da quiescen-te fino a quando si è manifestato il terribile male del secolo che lo ha condotto alla morte in soli tre mesi. L’Amen è il sì della fede, è l’abbando-no fiducioso alla volontà di Dio. Don Cesare Peli è stato uno di quei preti che hanno sempre risposto volentie-ri il loro sì. Uno di quei preti sereni e buoni che hanno privilegiato le vir-tù passive: mite, generoso, umile e modesto, riservato e schivo, ma non affatto chiuso. Anzi è stato capace di grande amicizia fraterna con i sa-cerdoti e i laici. La cordialità e l’ac-coglienza, la disponibilità all’incon-tro a ogni ora del giorno sono state le caratteristiche della sua presenza di curato a Gratacasolo e Lograto. Le stesse virtù che ha potenziato come parroco per 10 anni a Scarpizzolo e poi a Villa d’Erbusco, la comunità do-ve è rimasto più anni, 25, instauran-do con la gente un legame profondo di padre e pastore. A Villa hanno ap-

Le proposte dell’Eremo dei Santi Pietro e Paolo a Bienno per il mese di dicembre. Nel tempo di Avvento, dal lunedì al sabato, al Monastero alle ore 6.30: celebrazione della Messa e delle Lodi con il canto del “Rorate coeli desuper” (conclusione entro le 7.20).Sabato 1 dicembre: ore 20.30 – al Monastero – Ufficio delle lettureDomenica 2: ore 16.30, Messa.Sabato 8: Incontro per gli amici dell’Eremo: ore 15, Concerto

dell’Immacolata (Cielinterra: soprano, flauto, pianoforte); ore 16.30 Messa; ore 20.30 – al Monastero – Ufficio delle letture.Mercoledì 12: ore 9, ritiro per le donne; ore 20, Incontro di spiritualità per gli adulti.Giovedì 13: ore 9.15, ritiro per sacerdoti ore 20, gruppo “Galilea”.Venerdì 14: cerimonia di consegna delle Borse di studio per studenti camuni meritevoli, offerte dalla Società finanziaria

di Valle Camonica. Sabato 15: ore 9, ritiro per religiose e consacrate; ore 10 Messa di San Siro, con la presenza dei Seminaristi; ore 11: presentazione del volume “Storia del cristianesimo in Valle Camonica”, edito dalla Fondazione Camunitas; ore 16.30, Messa per i “figli in cielo”; ore 20.30 – al Monastero – Ufficio delle letture.Domenica 16: ore 16.30 Messa con l’inizio Novena di Natale.

Mercoledì 19: ore 10.15 Uac (incontro sacerdotale).Sabato 22: ore 20.30 – al Monastero – Ufficio delle letture.Lunedì 24: ore 23 Ufficio delle letture al Monastero e Messa nella notte di Natale.Martedì 25: ore 8 Santa Messa al Monastero; ore 16.30 Messa all’Eremo.Mercoledì 26: ore 8 Messa al Monastero.Lunedì 31: ore 21 veglia di fine anno all’Eremo.

di grande umiltà e bontà: ha accetta-to di vivere fianco a fianco col suo predecessore, don Noè Ghidoni, sa-cerdote dalla personalità spiccata e poliedrica. Questa scelta è stata una silenziosa ma efficace predica per tutta la comunità. Inoltre don Peli è stato un prete che ha sempre amato la sua chiesa: la chiesa tempio che ben teneva e nella quale trascorreva volentieri parte del suo tempo. Ma l’amore al tempio per lui era solo in-dicativo dell’amore smisurato che ha sempre nutrito per la Chiesa cattoli-ca, nella sua dimensione universale e nel suo volto semplice e quotidiano che vedeva nella comunità parroc-chiale. Nel 2004, superati i limiti di età, si ritirò a Castegnato, suo paese natale mai dimenticato. Nella vivace parrocchia giunse come presbitero collaboratore e quanto faceva era assai prezioso: dalle celebrazioni alle confessioni, dalla visita ad ammalati e anziani al ministero dell’ascolto. E poi la sua bella testimonianza di pre-ghiera convinta, lieta, prolungata in diverse ore del giorno. Come è detto del servo buono e fedele del Vange-lo, così si può dire di don Cesare Pe-li: il Signore lo ha colto pronto, col grembiule del servizio e con l’ultima offerta della sua sofferenza nella ma-lattia. Di questi servi il Vangelo dice: beati loro! Il Signore li farà mettere a tavola e passerà a servirli.

prezzato il suo amore alla preghiera, l’assiduità al confessionale, la gioio-sità contenuta nelle sue relazioni con tutte le età e i ceti sociali. I suoi par-rocchiani lo hanno considerato un vero “uomo del Signore” più preoc-cupato che i fedeli andassero incon-tro alla grazia che salva che non alla sua persona. Preparava molto bene le omelie seguite sempre con atten-zione. Ancora i suoi parrocchiani di Villa hanno apprezzato in lui un gesto

a grandezza dell’arte la si comprende dalla sto-ria insita in ogni opera. Nel 1990 Gunter Demnig era a Colonia, in Germa-

nia, per una performance pubblica sulla memoria dei deportati rom e Sinti della città nei lager. Fu conte-stato da una passante, un’anziana signora, che sosteneva che in quel quartiere non ne erano mai vissu-ti e lei, data l’età, se ne ricordava bene. Ne nacque una discussione accesa perché l’artista aveva i do-cumenti che testimoniavano il con-trario. Demnig capì allora quanto fosse fondamentale riportare la memoria delle persone scomparse dai luoghi della morte, come Au-schwitz, ai luoghi ove trascorsero la loro vita. Nacque l’idea delle pie-tre d’inciampo. Piccole e semplici pietre con un nome e una data in-cise nell’ottone, posate in tutta Eu-ropa sui marciapiedi, di fronte al-le case, nelle piazze, per ricordare

una ad una le vittime del nazismo.Non un caso, secondo la cultura ebraica, infatti, una persona muo-re quando viene dimenticato il suo nome. Molti sono i nomi che la nostra società e la nostra storia hanno perduto per sempre, con-dannando così i deportati ad un secondo, interminabile sterminio. Quello della memoria. Ma molti so-no quelli che oggi anche Brescia tristemente ricorda.È raccontando questa storia nella sala intitolata a padre Giulio Bevi-lacqua dei Padri della Pace, dove negli “anni bui” i religiosi contribu-

ivano attivamente e con sacrificio a mantenere viva la fiamma della pace, che Gunter Demnig, artista berlinese ideatore e posatore dal 1993 delle “stolpersteine”, spiega ai molti, giovani e meno giovani, convenuti perché ha creato le pie-tre d’inciampo. Sono un modo per riportare anche a Brescia e nei pa-esi limitrofi la memoria. La memoria di chi, invece, lo rac-conta il professor Gustavo Corni, tra i più noti e prestigiosi storici del nazismo, specialista di sto-ria della Germania nel XX secolo, docente di storia contemporanea all’Università di Trento e autore di diversi volumi. Corni mette in guardia dal considerare il Terzo Reich come un episodio di dram-matica unicità facendone così un’eccezione alla storia. Se conte-stualizzato geograficamente, oltre che storicamente, il nazismo parla di “terre di sangue” e diffusa vio-lenza, che nella prima metà del No-

vecento si estendono dalle sponde del fiume Oder, in Germania, fino all’Ucraina. Un punto di analisi che riconsidera l’attuale pericolosità ad un evento che tanto sostegno ha avuto dalla popolazione civile. Anche i bresciani, per quanto do-loroso sia oggi ammetterlo, hanno partecipato attivamente al percor-so buio della storia del Novecento. Il professor Rolando Anni, docen-te di letteratura e cristianesimo all’Università Cattolica e collabo-ratore dell’Archivio storico del-la Resistenza bresciana e dell’età contemporanea, porta alcuni in-quietanti dati numerici. Dal set-tembre del 1943 all’aprile del 1945 dalla nostra provincia furono de-portate verso i lager 411 persone, molti rimasero senza nome. Più della metà non tornarono a ca-sa. Deportati non per particolari “colpe”, ma per diffondere terro-re e obbedienza tra la popolazione tanto cara al Führer per la preziosa

produzione bellica. Tra questi i 10 a cui Gunter Demnig ha dedicato, con la collaborazione di moltissi-me associazioni di reduci e cultu-rali, le pietre del ricordo.A chiudere la serata Eraldo Affi-nati, scrittore romano, che ripor-tando la sua esperienza di viaggio sulle orme della madre deportata e poi fuggita ai nazisti, dà un valo-re diverso alla responsabilità della parola, che non è più quindi frutto di un dono letterario, ma deve es-sere legata all’esperienza per non diventare sterile. Un’esperienza di dolore che Gunter Demnig ha ri-portato nelle vie bresciane e che sarà d’ora in poi percorribile da ognuno grazie alle pietre d’inciam-po e alla volontà di alcuni uomini di non perdere la memoria. Con la posa delle 10 pietre bresciane sa-le a 38mila il numero delle perso-ne innocenti che, in tutta Europa, l’artista ha riportato a casa dai la-ger, dal buio e dall’oblio.

Venerdì 30 novembre alle 20.45 Sara Poli e Laura Mantovi portano in scena al teatro Odeon di Lumezzane la “Maddalena” con cui hanno vinto per il secondo anno consecutivo (l’anno scorso con “Annabella”) il festival nazionale Le Voci dell’Anima, conquistando il primo premio assoluto, della critica e del pubblico. Vuol essere un’esperienza che supera la fruizione passiva per muoversi verso la consapevolezza e la condivisione emotiva. Un

tema “forte” come quello della prostituzione è affrontato con tensione poetica anche nei suoi aspetti più crudi, e offerto allo spettatore senza indulgere mai alla volgarità e al patetismo. Finestre si spalancano sulle vite delle “maddalene” di ieri e di oggi. Ingresso 10 euro. Lo spettacolo è adatto solo a un pubblico adulto. Gli spettatori entrano in sala tutti insieme. Non si può entrare a spettacolo iniziato. Info e prenotazioni 348.6548666.

ome si fa a trasforma-re un romanzo e una storia come Heidi, che supera le generazioni, con questo peso cultu-

rale e popolare in un musical (al PalaBrescia domenica 2 dicembre alle16.30)?Questa è la cosa più bella. Mi hai fatto una domanda bellissima perché que-sta è la parte più bella del mio lavo-ro. “Heidi” è conosciuta in Italia per il cartone animato. Per l’immaginario collettivo italiano è un cartoon, non così in Germania o Svizzera. Per cui io dovevo fare uno spettacolo in sti-le cartoon o in stile commedia. Però Heidi è una commedia quasi dram-matica: Clara sulla sedia a rotelle, lei che viene abbandonata dalla mamma, la zia la porta a Francoforte. È una commedia di valori umani con i valori della famiglia, dell’amicizia, della so-lidarieta... Quello che ho fatto è stato renderlo musicale per vivacizzarlo. Le musiche che ha composto Giovanni Maria Lori sono secondo me le più belle che ha composto in questi an-ni, perché sono le cose che rimango-no più in mente a chi va a vedere lo spettacolo. Non è un musical, ma una commedia musicale: ci sono canzoni che vengono cantate dai personaggi, ci sono delle musiche che accompa-gnano, c’è la firma della mia regia che metto in ogni spettacolo musicale che faccio, cioè una tastiera dal vivo che funge sia da strumento unplugged sia da rumorista per ottenere quell’effet-to cinematografico, cartoon se vuoi, che segnala il passo, il gesto. Tutto lo spettacolo è montato sui gesti.

Nonostante questo la caratteristica è che resta comunque una commedia che piace tanto ai bambini quanto ai genitori. Poi Heidi, Peter, la zia Dete e la Rottermeier sono accompagnati dalla tastiera dando l’effetto cartoon, mentre gli altri personaggi sono più veri: il nonno, interpretato da Rino Sil-veri mio maestro, o il papà di Clara o Clara, vero personaggio drammatico. Anche le coreografie, curate da Olga Nuralyiena, non sono pezzi ballati, ma movimenti di scena, sebbene ci siano attori ballerini veramente bravi: Titta Graziano che fa la Rottermeier è sta-ta protagonista di “Aggiungi un posto a tavola”, Laura Caligani che ha fatto l’anno scorso suor Claretta in “Sister act”, Francesca Epifani che fa Heidi che per me è un talento naturale in-

In Heidi non esiste magia...No. Non è come Peter Pan che vola o altro. Potrebbe essere una storia vera: una bambina che si sposta dal-la montagna alla città, conosce una bambina e fa il miracolo di farla cam-minare attraverso l’amore e l’amicizia. Questo è il succo di “Heidi”. Per farla diventare un po’ magico ho inserito il maggiordomo Sebastian, un ange-lo, che esce totalmente dalla storia.

“I social media: provare per crede-re” è il titolo della due giorni di con-fronto, studio e formazione per i di-rettori degli Uffici comunicazione della Lombardia e le persone, pro-fessionisti e non, impegnate nella comunicazione diocesana.Il 23 e il 24 novembre a Caravaggio al centro di tutti i pensieri dei due giorni sono stati i social network o “social media” come l’ha definito Andrea Salva ti, attuale direttore ge-

nerale di Aleteia, network digitale mondiale cattolico, già indu stry le-ader di Google Italia. Partendo dai dati: in Italia ci sono 26,8 milioni di utenti; la fascia d’età predominante è quella tra i 16 e i 31 anni. Face-book è il so cial media più cliccato, ma Google+ è quello con il “tasso di crescita più alto” e conferma que-sta presenza a dulta anche Nicolet-ta Vittadini, docente all’Università cattolica di Milano e si danno vita

a “una se rie di relazioni virtuali e nello stesso tempo realissime che ci seguono ovunque”. Fa brizio Ca-ligiuri, social media manager al 7° Incontro mon diale delle famiglie con il Papa, ha poi illustrato nella seconda giornata alcuni dei social media più usati, spiegandone le potenzialità, i segreti e le sfaccet-tature: Facebook, Twitter, Google+ e Instagram.La conclusione della due giorni ha

visto poi il racconto di due espe-rienze pastorali: Silvio Ottanelli e don Paolo Padrini. Ottanelli ha raccontato la nascita e lo sviluppo di cercoiltuovolto.it; don Padrini, inventore di Me diacath e di iBre-viary e collaboratore del Pontifi-cio consiglio per le comunicazio-ni sociali, ha ricordato che “dietro a ogni profilo c’è una persona e le relazioni, anche in questi ambienti, vanno coltivate”.

credibile e anche Cristiano Caldironi, che faceva parte delle tutine di Zelig, nel ruolo di Sebastian. C’è un cast ve-ramente stranissimo.Nonostante la crisi e le difficoltà la gente corre a vedere i musical. Come mai?Questo è incredibile. Il teatro è in cri-si, come tutta l’economia. Durante i periodi difficili, in guerra, il teatro ri-sorgeva. Poi ci sono teatri con prezzi popolari e altri no. Ogni anno nasco-no compagnie produttive nuove. Io, come regista, sono richiestissimo. Quest’anno sto facendo “Vorrei la pel-le nera” con Luca Jurman, “La fanta-stica storia di Houdini” con Antonio Casanova a cui sto lavorando ades-so prodotto dal Sistina, sto seguen-do “Heidi”, faccio il mio “Caveman”, “Peter Pan” ormai al sesto anno e “Io odio i talent show” con Mario Luzzato Fegis. C’è un sacco di gente che pro-duce. Tre compagnie su cinque oggi falliscono, malgrado ciò ce ne sono altre che continuano a uscire.“We will rock you” ha vinto tutto, ma costa talmente tanto che a un certo punto la Barley Arts ha chiuso. So-no intelligenti prodotti come Heidi, perchè non sono enormi, non è una soluzione sovvenzionata; più piccola ma efficacissima.A quale musical sei più legato?Peter Pan è il mio fiore all’occhiello perché mi ha fatto vincere tutto. Ha vinto sei Biglietti d’oro, il Riccio d’Ar-gento, il Premio Gassman. Però de-vo dirti che sono innamorato adesso di “Heidi”, perché se fatto bene, con il supporto produttivo giusto è una chicca ed è ancora poco conosciuto. Perché venire a vedere “Heidi”?Perché il periodo è giusto. Si avvicina Natale e tutti iniziamo a sentirci più

buoni e Heidi è una commedia piena di buoni sentimenti. Non ha la magia di altre fiabe, ma contiene molte ve-rità. Quando uno vede “Heidi” e Clara si alza e abbraccia il nonno di Heidi, quando il papà la abbraccia o quando Heidi si rivede in casa sua e abbrac-cia il nonno, si rende conto che non è magia ma è un momento di commedia teatrale che potrebbe essere scritta da De Benedetti o da Eduardo De Fi-lippo. È una commedia molto italia-na dei buoni sentimenti. La gente si commuove. Così i bambini esultano.Come si fa a fare la regia di alcu-ni attori mostri sacri del musical?In realtà non ci sono mostri sacri. O meglio, ci sono ma non si fanno diri-gere. I mostri sacri ci sono quando so-no messi nel ruolo giusto al momento giusto. In questo caso funzionano be-nissimo. Enrico Brignano in “Rugan-tino” era un disastro, la Hunzicker in “Cabaret” era un disastro. Non perché non siano bravi. Non si può dire che Brignano non sia bravo. Era nel po-sto sbagliato, probabilmente nel mo-mento sbagliato. Ci sono comunque quelli bravi. Ed è più facile dirigerli. Ad esempio: Manuel Frattini è bravo e non faccio certo fatica a dirigerlo.

A 30 anni dal grandioso successo di “Forza venite gente”, tre dei suoi autori storici, Piero Castellacci, Giampaolo Belardinelli e Achille Oliva, ritornano sul tema francescano con un omaggio a quella che papa Wojtyla definì la “leggenda divina di Chiara e Francesco”, con nuoviepisodi e nuovi contenuti, in un emozionante e trascinante musical. “Chiara e Francesco il musical - L’amore quello vero” sbarca al PalaBrescia il 15 dicembre alle

20.45, in cui Massimiliano Varrese, famoso cantante, ballerino e attore televisivo interpreta la vita di S. Francesco. Accanto a lui la soprano Marina Murari interpreta Chiara. 20 brani di grande impatto musicale ed emotivo, particolarmente curati nella realizzazione strumentale e vocale, in cui le parole libertà e povertà ricorrono spesso, sono la colonna portante di “L’amore quello vero”. Biglietti da 25 e 18 euro. Per informazioni: faustinisrl.com o allo 0307376675.

opo 10 anni è torna-to al Teatro Grande il celebrato allestimento dell’“Italiana in Algeri” di Rossini a cura di Pier

Luigi Pizzi. Si conservava una buo-na impressione dello spettacolo del 2002, ma a distanza di tanto tempo non era facile ricordare con pre-cisione i vari dettagli. Così, la set-timana scorsa, quando al termine dell’Ouverture si è aperto il sipario, siamo stati subito piacevolmente sorpresi dalla bellezza non comune delle scene, con i loro delicati equi-libri geometrici e coloristici, con la loro suggestiva evocazione di un mondo orientale e favoloso. Una vera boccata d’ossigeno dopo il pu-gno nello stomaco sferrato la volta precedente dalla messa in scena dei “Capuleti” di Bellini che rasentava in certi momenti lo stile “splatter”. A fronte d’innovazioni controverse, la maggior parte degli abbonati del-la stagione d’opera sembra ancora preferire l’usato sicuro. Per fortuna vale la legge universale del teatro: ogni volta che uno spettacolo va in scena – a maggior ragione se varia-no gli interpreti e alcuni parametri – assume una luce sempre diversa. Nella fattispecie, il regista Paolo Pa-nizza, che ha ripreso e reinterpreta-to le indicazioni di Pizzi, ha confe-rito alla pièce un ritmo perfetto, as-secondando tutte le straordinarie qualità teatrali della musica di Ros-sini. Molto positiva la prova dei can-tanti, in particolare l’Isabella eroica del mezzosoprano Carmen Topciu, il Taddeo non solo macchiettistico

Conto alla rovescia per il Festival internazionale di musica antica la cui 10 edizione volge al termine, proponendo due appuntamenti di raro valore. Venerdì 30 novembre sarà in scena, presso la Chiesa di San Giorgio, il duo viola da gamba-cembalo, formato da Cristiano Contandin e Michele Barchi. In programma un ulteriore omaggio al Maestro di Eisenach, a cui il Festival di quest’anno è dedicato, e al figlio Carl Philipp Emanuel.

Il costo del biglietto al concerto è di 10 euro. Domenica 2 dicembre, al Teatro Grande è invece in programma una grande festa barocca. Ne sarà protagonista l’Orchestra barocca dell’Unione europea, che già lo scorso anno proprio al Massimo cittadino fu accolta da un trionfale successo. Quest’anno, secondo un programma di collaborazione che lega le Settimane barocche alla Fondazione Teatro Grande di

Brescia, nell’ambito del Circuito lombardo di musica antica, l’Eubo proporrà due scintillanti pagine tratte dal repertorio operistico d’epoca barocca: “The Fairy Queen” di Purcell, ispirato al shakespeariano “Sogno di una notte di mezza estate”, e “Pygmalion” di Rameau, che affonda le proprie origini nel celebre mito raccontato da Ovidio nelle “Metamorfosi”.Ingressi: 15 euro platea e palchi; 10 euro galleria.

Debutta a livello nazionale il 4 di-cembre, (sarà in replica dal 5 al 16 dicembre e dal 21 al 13 dicembre), al teatro Sociale “Mythos” seconda pro-duzione del Ctb Teatro stabile di Bre-scia per la stagione di prosa 2012/13. Lo spettacolo nasce da un progetto che vede in scena 17 giovani attori bresciani sotto la guida registica di Elena Bucci e Marco Sgrosso, che ne hanno curato anche la drammaturgia partendo da testi di Eschilo, Sofocle

ed Euripide. Nello specifico i brani che compongono l’intera dramma-turgia sono stati tratti da: “Ifigenia in Aulide”, “Troiane”, “Elettra”, “Ore-ste”, “Elena”, di Euripide; “Agamen-none”, “Coefore”, “Eumenidi”, di Eschilo; “Elettra” di Sofocle. In questi tempi di crisi che sembrano soffrire di una guerra non dichiarata, il teatro reagisce, si fa specchio del mondo, riflesso del futuro e sfera magica del passato. “Ci aiuta a ritro-

vare il senso di appartenenza – scri-vono Elena Bucci e Marco Sgrosso nella presentazione dello spettacolo – ad un grande disegno della storia e a risentire il sapore dei riti collettivi che abbiamo perduto, dalle danze al-le veglie funebri, dalla celebrazione dei passaggi delle stagioni al canto in coro e a tutta quella ragnatela di gesti e vicinanze che ha aiutato i no-stri avi a passare attraverso i misteri della morte e della vita”.

Accostamento di tragedie diverse per storie e vicende, così come per profondità, sentimenti e valori e con-tinuano i registi: “riflettere sul grande valore civile e umano dei temi affron-tati dalle tragedie, su uno spessore del sentimento privo di pallori e di mezze tinte, su un concetto di etica mai assodata e da costruire insieme”. Info: ctbteatrostabile.it. Biglietti da 18 a 26 euro con possibi-lità di formule diverse.

di Bruno Taddia, il Mustafà dappri-ma dispotico e poi ridicolo di Abra-mo Rosalen. Applausi anche per il direttore d’orchestra Francesco Pa-squaletti che ha saputo trasmettere efficacemente l’energia rossiniana. L’ “Italiana” è notoriamente una par-titura difficilissima, basti pensare a quella vera e propria “follìa musica-le” che è il concertato alla fine del primo atto.

La stagione del Grande riprenderà sabato 8 dicembre alle 20.30 (re-plica domenica 9, alle 15.30) con il balletto in due atti “Raymonda” su musiche del compositore russo Aleksander Glazunov, degno suc-cessore di Cajkovkskij. Di scena il Balletto dell’Opera di Kiev che si avvarrà delle coreografie di Viktor Yaremenko, in parte ispirate a quelle originali di fine Ottocento di Marius Petipa. Titolo forse ancora poco no-to al pubblico italiano, nonostante un recente allestimento alla Scala, “Raymonda” è un autentico capola-voro del repertorio classico. Il sog-getto è ambientato al tempo delle crociate e le musiche s’ispirano a diverse tradizioni del folclore eu-ropeo, dalla Provenza all’Ungheria.

I Nomadi tornano in terra bresciana. Sabato 1 dicembre alle 21.15 l’associazione “Augusto per la vita” ripropone una tappa per il concerto “Terzo tempo” dei Nomadi. Brescia è da sempre una terra che apprezza la musica di uno dei gruppi più significativi del panorama italiano. La tappa al PalaBrescia segue la pubblicazione dell’album omonimo con 10 brani inediti. Prezzi: 31 euro (a cui aggiungerne 4 di prevendita) per settore numerato, 22 (più 3) per il settore libero.

Un’esposizione dedicata alla ricerca artistica di Gianni Bertini, protagonista di oltre mezzo secolo d’arte, sondando la natura fisica della tela con le ricerche astratte sulla linea e dopo aver aderito al Mac (Movimento Arte Concreta) negli anni ‘50. Opere che reinterpretano il futurismo meccanico di Balla, Depero e Prampolini con immagini che inneggiano al dinamismo, allo scatto dei motori con ingranaggi meccanici

e con titoli delle opere che accennano alla mitologia (nella foto “Zeus e Leto”) per cantare l’epica della modernità tecnologica. Una panoramica della ricerca artistica, unica e indipendente, che riesce a rielaborare con stile personale e inconfondibile. “Gianni Bertini. Macchine del tempo”, Galleria Colossi Arte Contemporanea, Corsia del Gambero 12/13 – Brescia. Fino al 20 gennaio, da martedì a sabato (10-12 e 15-19).

Un’esposizione per ammirare capolavori espressionisti e pop che animarono la scena americana degli anni ‘60, a sottolineare lo spirito di entusiasmo e libertà. In mostra opere di Jim Dine, Sam Francis, Robert Indiana, Franz Kline, Robert Rauschenberg, Mark Tobey, Andy Warhol e Larry Rivers. “American Dream”, Galleria Agnellini Arte Moderna, via Soldini 6 – Brescia. Fino al 13 marzo, da martedì a sabato (10-12.30 e 15.30-19.30).

resso la galleria Abarte un’esposizione dedicata alla pittura della realtà a Brescia del secolo scorso, per ripercorrere il viva-

ce contesto spartiacque tra l’antica raffinata concezione estetica e ide-alizzante del periodo neoclassico e la nuova maniera di concepire l’ar-te in Italia, che vede nei macchiaioli un punto di riferimento; una pittura nella quale soggetto e colore si fon-dono in “unicum”, sulla scia dell’im-pressionismo francese, che qualche decennio prima aveva gettato i pro-dromi di un nuovo istinto moderno, colto solamente attraverso la realtà sensibile. Volti di donne, vasi di fio-ri, cesti di frutta: una realtà indagata nella quotidianità, come era accadu-to due secoli prima con Giacomo Ce-ruti, il cui linguaggio pittorico aveva saputo conferire piena dignità ai po-veri e ai miserabili, riscuotendo am-pio successo tra il pubblico amante del genere bambocciante. Un reali-smo lontano questa volta dalla de-nuncia sociale delle condizioni di vita delle classi subalterne, ma un naturalismo che si propone di rap-presentare attentamente il vero sot-

to diversi aspetti, dalle condizioni dei contadini, alla natura morta o ai ritratti, stabilendo con esso un sen-so d’intimità, indipendentemente dal soggetto rappresentato. Un linguaggio figurativo che trova conferme ad esempio nei lavori di Ermete Lancini, una delle persona-lità artistiche più significative nella Brescia del dopoguerra, la cui sensi-bilità emerge non solo dall’eleganza cromatica dei suoi dipinti, ma anche dai diari nei quali lasciava diverse

annotazioni. Esponente del verismo italiano, Dino Decca concepisce la pittura come strumento di profon-dità interiore, attraverso pennellate dal tono pastoso e pacato, che con-feriscono armonia ai dipinti. “I pit-tori della realtà. Maestri bresciani del Novecento” sarà visibile fino al 22 dicembre il giovedì dalle 15.30 al-le 19.30; venerdì e sabato dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15,30 alle 19.30. Su appuntamento al di fuori dei giorni e dagli orari indicati.

Una sorta di ricreata Wunderkammer caratterizzata da ambienti in stile anni ‘60, in cui vengono esposte 22 opere di artisti di fama internazionale per i quali, tra gli anni ‘50 e ‘60, il bianco è stato un punto di riferimento. Una visione post-informale improntata alla persuasione del potenziale trasformativo contenuto nella materia; il bianco come vettore di luci e ombre che determinano le opere di artisti quali Agostino

Bonalumi, Enrico Castellani, Dadamaino, Lucio Fontana (sua l’opera nella foto), Hermann Goepfert, Walter Leblanc, Piero Manzoni (presente un inedito Achrome), Christian Megert, Henk Peeters, Turi Simeti, Ferdinad Spindel, Gunther Uecker, Gerhard Von Graevenitz. “Bianco assoluto/white”, Kanalidarte, via Alberto Mario 55 – Brescia. Fino al 21 dicembre, da martedì a sabato (15.30-19.30).

A pochi mesi dalla scomparsa, un’antologica dedicata a Federico Garolla, protagonista della storia della fotografia italiana, il quale ci lascia un archivio prezioso che spaziando dalla moda al reportage sociale restituisce lo scorcio di un’Italia che non c’è più. Più di 100 scatti in bianco e nero testimoniano la carriera consistente in un percorso da esperto freelance del reportage sociale che dal 1948 narra il fascino

del quotidiano e ne estrapola i simboli, le pieghe caratterizzanti e i momenti significativi. Osserva Cesare Colombo: “Garolla ha attraversato con la sua fotocamera la mutazione nella cultura e negli stili di vita del nostro Paese”. Mostra in collaborazione con la galleria Massimo Minini. “Federico Garolla”, Wavephotogallery, via Trieste 32/a – Brescia. Fino al 7 gennaio, da martedi a venerdì (10-12; 15-19.30); sabato (15-19.30).

a Cooperativa cattolico-democratica di cultura, i Padri della Pace l’editrice Morcelliana hanno orga-nizzato un incontro dedi-

cato al libro “L’ospitalità intellettua-le” (Morcelliana, 464 pagine) di Ales-sandro Spina. L’autore, nato in Libia nel 1927, risiede da anni nella nostra provincia in Franciacorta. Il libro si compone di testi differenti scritti tra il 1982 ed il 2009: oltre a profonde ri-flessioni sul rapporto tra Oriente ed Occidente, ritroviamo anche ritratti di autori in un insieme di suggestioni che conducono il lettore in un mondo lon-tano, forse sconosciuto, sicuramente affascinante. L’unica connessione tra gli scritti è l’autore stesso, la fonte, in una parabola esistenziale di cultura e di interessi. Oltre all’autore era pre-sente Enzo Bianchi, priore di Bose, a cui Spina ha dedicato una medita-zione sull’ospitalità. “Con Spina – ha esordito Enzo Bianchi – ho sentito una convergenza e una sensibilità comune sul tema dell’ospitalità; nel libro c’è una frase importante: tutto è di tutti e cioè che tutto è offerto a tutti”. Secondo il Priore, Spina è un letterato che sa offrire tutte le sue

cose ed offrirle a tutti; il libro mostra la sua qualità di ospite sia in senso attivo, sia in senso passivo tra le due sponde del Mar Mediterraneo. L’auto-re ha reso evidente un qualcosa che, per molti, è ancora difficile da accetta-re: l’ospitalità tra due mondi, culture, storie tanto diversi ma che sono desti-nati ad incontrarsi. Oggi l’accoglien-za tra ebrei, cristiani e musulmani è qualcosa di molto difficile e, per certi aspetti, molto lontano. Il libro ci offre un salto nella memoria ricordandoci

le vittime del colonialismo italiano e presentando alcuni importanti perso-naggi: Cristina Campo, Thomas Mann, Lawrence d’Arabia, Vanni Scheiwiller, Sinesio da Cirene e Al-Ghazali. Questi scrittori ed intellettuali sono ospiti, ma è l’autore stesso ad essere ospi-te, in senso attivo e passivo, duran-te la sua esperienza umana e profes-sionale: accogliere l’ospite vuol dire accogliere il suo pensiero, starlo ad ascoltare, cercare di capire, ma anche sentirsi accolto in un paese straniero.

La Messa del sabato alle 18.30, viene trasmessa in diretta dalla Chiesa di San Giacomo apostolo di Ospitaletto su TT 2 Teletutto (87) e Super Tv (92-115).

Dal lunedì al venerdì a partire dalle 7, Radio Voce vi informa sui principali fatti da Brescia, dall’Italia e dal mondo. Nell’arco di oltre due ore in diretta, potete seguire rassegne stampa locali e nazionali ed approfondimenti sulle notizie principali.Per cominciare la giornata col piede giusto, ascoltando la musica migliore, e costantemente informati, l’appuntamento è con Brescia in diretta. Seguite il nostro consiglio e buon ascolto.

È il secondo anno di vita per lo show notturno di Rai Tre condotto da Fa-bio Volo. Dal martedì al giovedì, dal-le 23.15 a mezzanotte, l’attore-scrit-tore intrattiene il pubblico televisi-vo delle ore “quasi-piccole” con il suo late-night show che, sulla falsa riga dei blasonati format americani (per citarne uno, il “David Letterman Show”), commenta ironicamente l’at-tualità planando con sarcasmo su politica, cultura e società. “Volo in diretta” propone un momento di tele-visione per i non-più-giovani, ovvero chi ha superato i 30 ma non ha anco-ra raggiunto i 40, una fascia d’età che spesso la tv snobba, troppo impegna-

ta con adolescenti da crescere, adul-ti da distrarre e anziani da cullare.L’idea sembra interessante, la prati-ca invece spesso lascia a desiderare: alcune battute sono divertenti e ben scritte, gli ospiti spesso sono interes-santi sorprese, ma il clima generale che si respira guardando la trasmis-sione è artefatto, forzato, poco cre-dibile. E lo stesso Fabio Volo è più impegnato a presentare se stesso che il programma. Oltre a queste pecche stilistiche, il conduttore bresciano ha collezionato anche parecchi sci-voloni per quanto riguarda la scelta dei contenuti, come l’intervista-svio-linata a Matteo Renzi il mese scorso

o, se vogliamo scadere nel trash più inutile, la messinscena di un’intervi-sta alla Madonna, per scherzare su Paolo Brosio, di cui abbiamo già par-lato mesi fa. Il pubblico di Rai Tre si aspetta molto di più da un late-night show. La conseguenza di tutto que-sto? I dati di ascolto, già bassi nella scorsa stagione, sono ulteriormen-te calati.Ma a dimostrare l’incapacità di autori e conduttore di arginare la situazione c’è l’ultima caduta di stile in ordine cronologico, che risale allo scorso 21 novembre: Volo ha ospitato in studio il team di “Tv Talk”, trasmissione set-timanale che si occupa di televisione,

che durante la puntata non ha rispar-miato le critiche al programma e al conduttore. Fin qui niente di nuovo, si trattava di una comparsata proget-tata per ottenere più favore dal pub-blico: lo spirito di autocritica piace ai telespettatori, è molto democratico, quindi perché non farsi bacchettare da chi lo fa di lavoro…La vera notizia però è ciò che non è andato in onda. Alcune puntate di “Volo in diretta” vengono registra-te (altro che “il bello della diretta”), così da poter apportare tagli qua e là per evitare situazioni imbarazzanti: nella puntata incriminata, un inter-vento dell’analista di “Tv Talk” Silvia

Motta, è stato tagliato per la messa in onda. Si trattava del momento in cui delineava, dati Auditel alla ma-no, l’età media del pubblico di Volo: 56 anni, probabilmente un numero troppo scomodo per chi si rivolge ai 30-35enni. La Motta, vistasi censura-ta, ha pensato bene di rendere tutto pubblico.Il danno d’immagine della notizia sui dati d’ascolto non sarebbe stato nulla in confronto alla figuraccia di aver tentato di nascondere la realtà.Comunque niente paura. Si tratta, ancora una volta, della solita vecchia televisione: “Volo in diretta” è in so-stanza un’altra replica del passato.

Sabato 1 dicembre Speciale Sinodo a partire dalle 8.45: alle 9 in diretta dalla Cattedrale la S. Messa, alle 11 la presentazione dell’Instrumentum laboris. Domenica alle 9.15 Speciale Primo Piano: il Vescovo illustra il senso dell’evento dedicato alle unità pastorali, mentre il provicario generale mons. Cesare Polvara ne delinea temi e modalità. In dicembre Ecclesia (ore 11) è in collaborazione con l’Ufficio famiglia. Don Alberto

Donini in Musica per lo spirito (11.30) ci guida all’ascolto del repertorio sacro per il tempo d’Avvento e di Natale. Il commento al Vangelo è del vescovo Luciano (alle 9.05).Il programma domenicale prodotto da VoceMedia e curato da Betty Cattaneo, va in onda (in differita e in diversi orari) anche su Radio Voce Camuna, Ecz, Radio Claronda, Radio Basilica Verolanuova, Radio Ponte di Manerbio e Radio Raphaël.

La prossima puntata della rubrica settimanale “La Buona Notizia” apre con il servizio “Il Sinodo sulle unità pastorali” che prende avvio sabato e impegnerà la diocesi per due fine settimana. A seguire: il bilancio dell’iniziativa “I cristiani e la città”, organizzata con la collaborazione dell’Ufficio diocesano per l’impegno sociale; “Mission Santa Lucia”, con l’invito ai bambini ad aiutare un villaggio africano; “Cristiani e mussulmani per la famiglia”, l’incontro

organizzato dal Movimento dei focolari. La rubrica “4 parole...” è con il diacono Giorgio Cotelli per la Giornata del pane. “La Buona Notizia” va in onda: la domenica alle 13.05 su Teletutto e alle 18.30 su Tt2 Teletutto; su Super TV la domenica e il martedì alle 20; su Più Valli TV la domenica alle 8; su Teleboario la domenica alle 8.15 e alle 10; e su www.vocemedia.tv che manderà in onda anche il documentario su “Il diritto alla vita – Politiche per la vita”.

Simpatici, disponibili e allegri, Fa-bio De Luigi e Diego Abatantuo-no sono passati pochi giorni fa da Brescia, durante le proiezioni della Settimana del Cinema, per accom-pagnare – insieme al regista Ales-sandro Genovesi – l’esordio sugli schermi de “Il peggior Natale della mia vita”. Festeggiati dal pubblico (De Luigi applaudito più di tutti), hanno replicato con professiona-lità la garbata buffoneria del film, che impacchetta un Natale allegro

Un appuntamento con la grande musica classica sarà quello di venerdì 30 novembre alle 21 conl’Ensemble Berlin – I Solisti dei Berliner Philarmoniker. Fare musica da camera ad alto livello e in un’atmosfera rilassata: questo è l’intento col quale un gruppo di colleghi dei Berliner Philharmoniker si riunì per la prima volta nel 1999 al Festival “Landsberger Sommermusiken” al termine del quale iniziò la felice serie di tour

di questa nuova formazione. I loro programmi sono privi di restrizioni programmatiche: presentano composizioni di musica da camera del periodo classico, romantico e moderno, ma anche diversi adattamenti musicali. L’Ensemble Berlin si esibirà al Teatro Grande nella formazione a sette musicisti. Il programma si dividerà in due parti e proporrà al pubblico alcune delle pagine più belle di Mozart, Hummel, Debussy, Waterson, Rossini.

crivi il tuo nome su qual-cosa che vale, mostra a te stesso che non sei un ve-getale, e per provare che si può cambiare sposta il

confine di ciò che è normale. Bella giornata è questa qua l’aria fresca ti esalta già il momento migliore per cominciare un’altra vita un altro stile”. Queste parole costituiscono parte del testo della canzone “Scri-vi il tuo nome”, inserita nel disco “E già” (1982), il 15° album di Lu-cio Battisti, l’unico ad essere stato scritto insieme a Velezia, acronimo di Grazia Letizia Veronese, moglie e compagna di Battisti. Recente-mente la cantautrice milanese Pa-trizia Cirulli ha pubblicato il disco “Qualcosa che vale”, che è una ri-lettura attraverso schemi musicali molto diversi di “E già”, oltre che un sentito omaggio al Lucio Batti-sti meno noto e apprezzato nel 30° anniversario della pubblicazione del disco originale. L’album è già stato presentato a Milano il 3 no-vembre (alla Palazzina Liberty) e a Roma il 27 novembre, nel presti-gioso spazio dell’Auditorium Parco della Musica. Un progetto affasci-nante, ispirato per primo dal “col-lega” Franco Zanetti, giornalista di rango e direttore di Rockol, nato

dal desiderio di rileggere con sti-le diverso “E già”. Patrizia Cirulli ha rivisitato in chiave semi-acusti-ca le 12 canzoni che compongono l’album, sicuramente il più contro-verso e discusso della discografia battistiana, unico intermezzo tra la collaborazione con Mogol (il Bat-tisti classico) e quella con il poeta Pasquale Panella (il Battisti speri-mentale). Intorno a lei si sono riu-

ha portato con la sua creatività e il suo background (chitarra elet-trica, acustica, 12 corde, classica, fingerpicking, blues, rock, count-ry). 12 canzoni con il solo ausilio di una voce e una chitarra (due in un paio di brani) lasciando intatti i testi, le melodie, l’ordine delle can-zoni ed utilizzando per ogni pezzo chitarristi diversi. Questi gli artisti che hanno partecipato al progetto: Fausto Mesolella, Mario Venuti, Pa-cifico, Fabrizio Consoli, Paolo Bon-fanti, Carlo Marrale/Simone Chivi-lò, Giorgio Mastrocola, Giuseppe Scarpato, Carlo De Bei, Andrea Zuppini/Massimo Germini, Walter Lupi e Luigi Schiavone. “Qualco-sa che vale” non è perciò il classi-co tributo a Battisti, ma piuttosto il tentativo, decisamente riuscito, di entrare nelle atmosfere che ge-nerarono quei testi, colorandoli di suoni avvolgenti e cangianti e di una particolare intensità emotiva. Le due “prime” live hanno confer-mato la qualità di questo delizioso progetto, che ci regala brani uguali ma visti da una prospettiva opposta rispetto agli originali; canzoni che dal vivo assumono una nuova luce grazie alla presenza di straordinari musicisti che affiancano alternati-vamente Patrizia Cirulli sul palco.

niti 14 grandi artisti-chitarristi ita-liani a cui è stato affidato un brano ciascuno, per un disco che spiazza pubblico e addetti ai lavori e dal ri-sultato finale straordinario, diame-tralmente opposto all’originale che fu così carico di tastiere, sintetizza-tori e campionatori grazie alla pro-duzione di Greg Walsh. Via quindi l’elettronica, scegliendo invece co-me unico strumento la chitarra e i vari generi/stili che ogni musicista

ª

senza pescare tra grossolanità e battute volgari. Purtroppo, però, anche senza troppe risate: c’è an-cora strada da fare per eguagliare nel ritmo e nei dialoghi i dichiarati modelli anglosassoni.Il film invece già replica se stes-so, cioè quella “Peggior settimana della mia vita” con cui l’anno scor-so Genovesi ha esordito alla regia. Protagonista è ancora l’imbranato Paolo (De Luigi), sposato con Mar-gherita (Cristiana Capotondi) in at-

tesa di un figlio e avviato a trascor-rere il Natale in un lussuoso castel-lo valdostano. A ospitare la coppia è Alberto Caccia (Abatantuono), il capo del suocero di Paolo, Giorgio (Antonio Catania), il quale spera che il regalo di Natale sia la pro-mozione alla guida dell’azienda. Paolo mette naturalmente a rischio questo evento. Le scene iniziali alli-neano cose, persone e animali che il suo arrivo è destinato a scon-quassare: dal tacchino farcito allo

stesso padrone di casa, coinvolto in un episodio giocato su un umo-rismo macabro più imbarazzante che divertente, illuminato però da una strepitosa apparizione di Ale e Franz. In un crescendo di disa-stri giunge il giorno della festa, e tra una pioggia di canzoni natalizie il lieto fine si compie, anche se in modo non convenzionale.Nel cast di ottimi attori – non tut-ti al massimo: il suocero Catania e la moglie Anna Bonaiuto sembra-

no poco convinti – che comprende anche Laura Chiatti e Dino Abbre-scia, sono De Luigi e Abatantuono a reggere il gioco. Il primo combi-na guai mantenendo l’espressio-ne lunare di un Mr Bean italiano, il secondo è a suo agio nei panni del padrone di casa dalla serenità incrollabile. Il montaggio scolasti-co e le situazioni non sempre ben calibrate sono poco d’aiuto; la di-gestione post-natalizia comunque è garantita.

addove non sono arriva-te in passato raccolte di firme e ordini del giorno parlamentari, si tenta di ar-rivare con una proposta di

legge di iniziativa popolare. È questo l’obiettivo della campagna “Libera la domenica” lanciata nei giorni scorsi da Confesercenti con la “benedizione” della Cei. La legge di iniziativa popo-lare punta a rimettere in discussione quella parte del decreto “Salva Italia” con cui il governo Monti, nel gennaio di quest’anno, ha liberalizzato defini-tivamente, senza eccezioni e su tutto il territorio nazionale, il regime degli orati degli esercizi commerciali. Una disposizione che ha fatto dell’Italia l’unico Paese europeo (e forse al mon-do) in cui gli esercizi commerciali po-trebbero restare aperti sette giorni su sette, 24 ore su 24. Una liberalizzazio-ne selvaggia, sin da subito osteggiata non solo dalle organizzazioni sinda-cali, ma anche da tante associazioni del commercio preoccupate che que-sta disposizione fosse un “regalo” del governo alla grossa distribuzione. Un merito, però, questa parte del decre-to “Salva l’Italia” l’ha avuto ed è stato quello di rimettere al centro del dibat-tito il tema del riposo domenicale, che da “bandiera” della Chiesa e di movi-menti di carattere ecclesiale è dive-nuto finalmente anche problema sin-dacale e sociale. La recente proposta di una legge di iniziativa popolare che

rimettta in capo alle singole Regioni la competenza di disciplinare gli orari di apertura degli esercizi commercia-li, segue di anni una battaglia che la Chiesa italiana ha spesso dovuto com-battere in solitaria. Ben prima che il governo Monti intervenisse “a gamba tesa” sulla liberalizzazione degli orari, la Chiesa aveva fatto sentire in modo chiaro la sua voce contro il lavoro domenicale. L’aveva fatto nel 2004,

per iniziativa di alcune aggregazioni laicali che, capitanate da Mcl, aveva-no lanciato l’iniziativa “La domenica è festa”, corredandola di 430mila fir-me poi consegnate al Presidente della Camera. Nel 2007, a margine dell’ap-provazione della normativa regiona-le che introduceva l’apertura festiva e domenicale degli esercizi commercia-li in Lombardia, gli Uffici per la pasto-rale del lavoro delle diocesi lombarde

Crollano le vendite nei negozi tradizionali (-3,3%) e volano quelle nei discount alimentari con un +3%, mentre tornano gli acquisti diretti dal contadino dove nell’ultimo anno hanno fatto la spesa 21 milioni di italiani per garantirsi prodotti sani del territorio con il miglior rapporto qualità/prezzo, in controtendenza, quindi, rispetto all’andamento generale del commercio al dettaglio”. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti, in occasione della divulgazione dei

dati Istat sul commercio al dettaglio a settembre. “Sostanzialmente quasi un italiano adulto su due frequenta i cosiddetti farmers market, ma ben sette milioni sono quelli – sottolinea Coldiretti – che lo fanno regolarmente, mentre gli altri 14 milioni vi fanno i propri acquisti ogni tanto”. A fare la spesa direttamente dal produttore nei mercati degli agricoltori sono per il 68% donne con una presenza maschile molto più elevata rispetto alla media.

Otto studenti del Lycèe Agricole di Brie Comte Robert, Parigi Sud, ac-compagnati da due docenti (nella fo-to), sono stati ospiti nelle scorse set-timane di alcune famiglie di Bagnolo Mella, grazie ad uno scambio cultu-rale che vede i due centri gemellati tramite il locale istituto “Canossa”. I giovani transalpini, che stanno fre-quentando un biennio di alta specia-lizzazione, hanno voluto conoscere da vicino la realtà agricola bresciana, de-

dicandovi un apposito modulo di for-mazione, con particolare riferimento alla produzione vitivinicola. L’asses-sore provinciale all’Agricoltura Gian-franco Tomasoni li ha ricevuti al Cen-tro vitivinicolo provinciale e ha rispo-sto alle molte domande postegli dagli ospiti. Tomasoni ha rimarcato come “in Italia e soprattutto nel nostro ter-ritorio, si sta assistendo ad un’inver-sione di tendenza, che vede i giovani tornare all’agricoltura, uno dei pochi

settori meno toccati dai problemi eco-nomici”. L’interessamento dei giovani francesi ha spaziato in tutti i campi del settore, mostrando interesse e com-petenza, informandosi sugli aspetti legislativi ed autorizzativi della desti-nazione dei terreni, piuttosto che sulle singole specificità tecniche, dalle aree viticole a quelle destinate all’alleva-mento di animali per la produzione di carne, latte e formaggi, dalla produ-zione e tutela del Grana padano a co-

me opera una cantina sperimentale, “come quella del Centro vitivinicolo – ha specificato Mauro Tognoli, vice presidente dell’istituzione – dove si è potuto vedere come, con particolari tecniche, si può migliorare la qualità dei prodotti vinicoli della nostra pro-vincia”. Faustino Rossetti, già pro-fessore del Canossa, ha anticipato lo scambio “che il prossimo anno vedrà i nostri ragazzi restituire la visita, por-tando con sé le proprie competenze”.

avevano messo mano a un documen-to congiunto in cui venivano messe in luce molte criticità della normati-va approvata. Oggi si arriva a questa proposta di legge a cui la Cei ha dato il suo sostegno. “Nei prossimi giorni – ha affermato Piergiorgio Piccioli, presidente di Confesercenti – partirà la raccolta di firme per una proposta di legge necessaria per salvaguardare la sopravvivenza di tanti piccoli eser-cizi e , di conseguenza, di tanti posti di lavoro”. Senza una normativa che rimedi ai danni provocati da questa parte del decreto “Salva Italia”, nei prossimi anni, secondo le stime di Confesercenti potrebbero chiudere in Italia qualcosa come 80mila negozi.“Iniziativa lodevole – l’ha definitva Noè Ghidoni, presidente regionale di Mcl – ma che necessita anche di in-teventi di carattere culturale, magari proposti dall’associazionismo di natu-ra ecclesiale”. Il tema della domenica lavorativa, è il suo pensiero, non deve essere, per la comunità cattolica, so-lo un problema di natura sindacale.

’avvio di collaborazioni fruttuose e durature e la prospettiva di grandi op-portunità di sviluppo per le imprese bresciane: sono

questi i risultati più importanti raccolti dalla missione imprenditoriale in terra russa, promossa dalla Camera di com-mercio di Brescia, che ha visto la par-tecipazione al gran completo dei verti-ci direttivi di Confartigianato imprese unione di Brescia. “Alle nostre azien-de – sottolinea il presidente di Con-fartigianato Brescia Eugenio Massetti – viene offerta una grande occasione, ma non bisogna perdere altro tem-po prezioso. Gli imprenditori devono puntare decisamente sull’internaziona-lizzazione e sulle vendite nei Paesi in crescita, perché è ormai chiaro che la sfida dei mercati si vince ampliando i propri orizzonti e slegandosi dagli or-mai ristretti ambiti nazionali, regiona-li o provinciali”. Le giornate passate a Mosca hanno permesso ai responsabili di Confartigianato di entrare in contat-to con la realtà delle piccole e medie imprese russe e di confrontarsi sia con Opora, l’organizzazione artigiana loca-le che comprende quasi 400mila pic-coli e medi imprenditori, che con Gim Unimpresa, la futura Confindustria russa, per pianificare una strategia basata sulla collaborazione e sull’in-contro di domanda ed offerta. “Il 10% delle imprese iscritte a Confartigiana-to – puntualizza il segretario generale di Confartigianato Brescia Carlo Pic-cinato – si è già internazionalizzata ed un altro 5-6% si sta incamminando su questa strada: noi vorremmo almeno raddoppiare queste cifre, possibilmen-

nuare a crescere, devono perciò dare il via ad una generale riorganizzazione per fare “sistema” e presentarsi unite sui mercati esteri. “Creare un rappor-to di collaborazione stabile – conclu-de Massetti – tra la Russia, Paese che possiede materie prime importanti, e l’Italia, dove esistono grandi realtà manifatturiere, potrebbe essere il pun-to di svolta per uscire dalla crisi: le ri-chieste russe riguardano soprattutto i settori del tessile, dell’arredamento, della meccanica di precisione e della chimica plastica, tutte eccellenze della nostra provincia in attesa delle giuste indicazioni per dare il via all’esporta-zione e, con essa, a quella crescita fon-damentale per assicurare agli italiani benessere e lavoro”.

te in tempi brevi, sfruttando appieno le potenzialità dello Sportello internazio-nalizzazione ideato da Confartigianato. Utilizzando al meglio questo strumen-to saremo così in grado di aiutare con-cretamente i nostri associati a relazio-narsi in maniera efficace con i mercati esteri e le amministrazioni locali”. Le aziende artigiane, se vogliono conti-

Una domenica di impegno e solidarietà: è quella che si apprestano a vivere gli associati all’Unione panificatori artigiani di Confartigianato imprese unione di Brescia, che il 2 dicembre lavoreranno per fornire alle parrocchie la quantità di pane necessaria alla realizzazione di un’iniziativa sostenuta dalla Caritas diocesana. La prima domenica d’Avvento sarà quindi la Giornata del pane, che verrà distribuito durante le funzioni religiose per

raccogliere offerte che saranno poi versate alla Caritas diocesana di Brescia a supporto dell’iniziativa “Il pane dà lavoro” di Mano fraterna dedicata al sostegno all’occupazione. “In un momento di profonda crisi economica come quello attuale – sottolineano il presidente di Confartigianato Brescia Eugenio Massetti e il presidente della categoria panificatori Roberto Perotti – abbiamo tutti il dovere di dare, nei limiti delle nostre possibilità, una

mano a chi si trova in difficoltà. Per questo abbiamo deciso con convinzione di aderire anche stavolta alla meritoria iniziativa promossa dalla diocesi”.Quest’anno, infatti, l’Avvento di carità rendere protagoniste le comunità nella promozione di occasioni di occupazione per chi è senza lavoro: utilizzando lo strumento dei voucher si sosterrà infatti la Caritas nell’apertura di piccoli cantieri di lavoro a favore delle persone in difficoltà.

tw w w. c o n f a r t it i g i a n a t o . b s . i t

Dimostrare che anche le realtà im-prenditoriali di minori dimensioni si sviluppano e hanno le potenzialità per competere in maniera vincente sul mercato: attorno a queste temati-che si concentrerà il convegno “Pic-cole imprese crescono”, organizzato da Confartigianato imprese unione di Brescia per giovedì 6 dicembre presso l’azienda meccanica “Bellini & Meda” di Pozzolengo. Ad aprire l’incontro, alle 18, sarà Eugenio Mas-

setti, presidente di Confartigianato Brescia, che passerà poi la parola ai relatori della serata, Francesco Bettoni (nella foto), presidente del-la Camera di commercio di Brescia, il consigliere regionale Mauro Paro-lini, Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato Lombardia, il sinda-co di Pozzolengo Davide Vezzoli ed i titolari dell’azienda Paolo Bellini ed Alfredo Meda, moderati dal se-gretario generale di Confartigianato

Brescia Carlo Piccinato. “Si è scelta questa ditta in particolare come sede del convegno – spiega il presidente Massetti – perché raccoglie in sé tut-te le migliori caratteristiche dell’im-prenditoria bresciana: l’azienda, che quest’anno festeggia i 30 anni di atti-vità, è stata fondata da Gianantonio Bellini, padre dell’attuale titolare che ne ha raccolto l’eredità; inoltre Paolo Bellini ed il socio Alfredo Meda han-no investito molto in nuove tecnolo-

gie, realizzando anche un ulteriore capannone per le proprie esigenze produttive. Infine hanno allargato da tempo e con lungimiranza i pro-pri orizzonti, presentandosi in modo convincente sui mercati esteri. Tutti fattori che saranno il tema portante del dibattito, insieme alla forza ed al-la determinazione dei nostri impren-ditori ad andare avanti anche in que-sto periodo di crisi con una concreta speranza per il futuro”.

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l “suo” Verona gli ha giocato un brutto scherzo eliminan-do nella sfida di Coppa Italia il Palermo, per il quale lavo-ra come collaboratore tecnico

del mister Gasperini. Ora i gialloblù si apprestano, sabato alle 15, ad af-frontare al Rigamonti il Brescia, nel quale ha militato per metà della car-riera. Stiamo parlando di Tullio Grit-ti, attaccante di Brescia e Verona a cavallo tra anni 80 e 90, 71 gol con la maglia delle Rondinelle, che legge la sfida con gli occhi del doppio ex. Brescia e Verona: due piazze molto diverse. I tifosi ti hanno perdonato il passaggio dall’una all’altra? Credo di essere stato uno dei pochi giocatori ad aver militato in due squadre che “non si amano” ad aver ricevuto buona accoglienza al mio ritorno da avversario. Fu l’anno del-la serie B, quand’eravamo allenati da Fascetti: la curva del Brescia mi dedicò uno striscione che diceva “70 e passa gol non si scordano mai” e mi hanno applaudito. Per me è stata una giornata strepitosa, a prescinde-re dalla bravura nel gioco, perché i tifosi premiano la persona.C’è qualche derby, disputato con il Verona o col Brescia che ti ha dato emozioni o, in negativo, di-spiaceri?Forse quando giocavo io a Brescia il derby più sentito era con l’Atalan-

ta: proprio in uno di questi si vinse la partita 1 a 0 con mio gol su assist di Beccalossi.Come vedi questa serie B? Il Sas-suolo primo è un bluff oppure è il Verona quello più accreditato alla serie A?Io ho visto giocare il Sassuolo e vedo che propone un buon calcio, a differenza dell’anno scorso. Ha

buoni valori in alcuni giocatori e cerca di arrivare ai risultati tramite il gioco. È una realtà importante. Il Verona è strutturata per lottare per i primi due posti: l’anno scorso ha fatto bene ed ora ha aggiunto alcuni giocatori di caratura superiore. So-no molto fiducioso anche per quello che riguarda il Brescia perché nel corso del mercato ha allestito una

Prende il via un progetto a soste-gno dello sport negli oratori pro-mosso da Tim, Serie A e Centro sportivo italiano, che cerca di vei-colare nel contempo l’educazione a comportamenti corretti sul cam-po e fuori. L’accordo prevede infat-ti che i proventi delle multe inflitte dal giudice sportivo a calciatori e società dellaSerie A contribuiran-no a sostenere e finanziare l’atti-vità sportiva negli oratori.

In questo contesto da gennaio 2013 prende il via la prima edizione del-la “Junior Tim Cup – Il calcio negli oratori”, manifestazione che vedrà coinvolti migliaia di ragazzi in tut-ta Italia. Il torneo di calcio a 7, ri-servato a giovani under 14, vedrà protagonisti, a partire da gennaio 2013, gli oratori delle 16 città le cui squadre militano nella Serie A 2012-2013. Nel corso della stagione ai ragazzi

sarà anche offerto un palcosceni-co d’eccezione: alcune partite di questa competizione, infatti, si di-sputeranno negli stadi in cui gio-cano le squadre del massimo cam-pionato, nel prepartita dei match di Serie A. Le fasi finali del torneo si svolge-ranno poi allo Stadio Olimpico di Roma in occasione della finale del-la Coppa Italia 2013. Il torneo inol-tre verrà pubblicizzato anche sui

principali social network, dove sa-ranno raccontante le esperienze, le storie e la passione per il calcio dei giovani protagonisti della manife-stazione sportiva e dei loro amici. La Junior Tim Cup 2013 rappre-senta un’altra tappa del percorso all’insegna del progetto “Il calcio è di chi lo ama” che proseguirà con progetti volti a premiare i compor-tamenti che mettono in campo i valori positivi del calcio.

La matricola Ferentino, anche se ferma a soli due punti in classifica, si è confermata domenica scorsa avversario ostico da affrontare, facendo soffrire moltissimo la Leonessa tra le mura amiche. In una serata segnata anche da un’iniziativa di solidarietà con i ragazzi disabili della polisportiva “No frontiere”, è andata in scena infatti una partita tiratissima. All’intervallo lungo la formazione allenata da coach Gramenzi conduceva

di sei lunghezze e il quarto periodo terminava in parità a quota 64, per risolversi solo al supplementare. Sugli scudi i due americani Jenkins e Giddens, oltre a Barlos e soprattutto Brkic, autore di 20 punti. La prossima sfida prevede una lunga trasferta a Capo d’Orlando: l’obiettivo è di mantenersi in alto in classifica, battendo la squadra allenata da un indimenticato campione come GianMarco Pozzecco. (f.u.)

squadra che può lottare per tornare in serie A. All’inizio era forse “poca roba”, però poi sono arrivati innesti importanti.Per chi tiferai tra le due?Ho fatto metà della mia carriera a Brescia. Per la Leonessa provo sem-pre qualcosa in più. E tecnicamente invece chi vedi meglio?Il rientro di Budel è importante, conosco bene il ragazzo dai tem-pi di Trieste, certo che le assenze di Corvia, Lasik, Stovini, Saba pe-sano. Anche il Verona ha qualche assenza, ma la squadra titolare può avere un leggero vantaggio. Quan-do però si gioca la partita, specie un derby, qualsiasi risultato può es-sere possibile.Queste le considerazione di Gritti in vista della partita, molto sentita dai tifosi, tanto che verrà eseguita, qua-li che siano le condizioni meteo, la coreografia per la nuova curva nord.

uarant’anni. Il Judo Cal-cinato festeggerà un tra-guardo storico sabato 1 dicembre aprendo la gior-nata alle 15 con un corso

di aggiornamento dal titolo “Il judo, gioco e propedeuticità”. Relatore di spicco il maestro Franco Capelletti, uno dei massimi esponenti del judo a livello internazionale. La società cal-cinatese conferma dunque tra i suoi obiettivi principali la promozione del judo nel settore giovanile, formando istruttori capaci e motivati. Una filo-sofia in perfetta coesione con le li-nee programmatiche del Csi Brescia. L’appuntamento è al Palazzetto dello Sport di Calcinato, nella palestra del-le arti marziali. Alla conclusione del corso verrà presentato un libretto ce-lebrativo, con una raccolta fotografi-ca. Poi largo alla festa al ristorante “Il posto gusto” di Ponte S. Marco, un’oc-casione per ricordare storie di vita ed esperienze judoistiche sfogliando le fotografie sotto la guida del maestro Doriano Tomasi, uno dei soci fonda-tori. Nel 1972 divenne istruttore e vi-cepresidente della società. La sua “fe-de” nel judo, la passione e la tenacia nel praticare ciò che annunciò il fon-datore di questa arte marziale Jigoro Kano “Perfezionare se stessi, per es-sere utili nel mondo che ci circonda”, hanno permesso a molti suoi allievi di seguirlo fino ad oggi, ricoprendo vari ruoli nell’organigramma calcinatese. Fondamentale l’apporto del presiden-

Il calcio è senza dubbio il maggior contenitore della passione sportiva provinciale, anche all’interno del Csi Brescia. La variante a 5 giocatori è quella più accattivante e accessibile per arricchire la proposta indirizzata a giovani e open. Il comitato è al lavoro per organizzare tornei estivi all’aperto su erba sintetica e perfino su sabbia, sbarcando nel mondo del beach soccer. In attesa di novità a riguardo si punta, ancora una volta, sulla linea verde, stringendo

un’alleanza importante con la Figc per il futsal, frutto di una comunione di intenti progettuali. Il prossimo 20 gennaio, quindi, otto formazioni di 2000 e 2001 del Csi Brescia e altrettante della Figc prenderanno parte al Torneo dell’Amicizia di calcio a 5. La fase eliminatoria si svolgerà nella palestra di via Nullo e nel palazzetto dello sport di Nuvolera, mentre le finali sono in programma per il 27 maggio a Bovezzo. È solo l’inizio. Ci sarà da divertirsi.

te Danilo Verzeletti, che ha saputo migliorare l’offerta sportiva sul ter-ritorio. Nel giorno delle celebrazio-ni, tuttavia, meritano una menzione speciale anche l’istruttore tecnico re-sponsabile maestro Marco Corvetti, e poi Renzo Scattolin, arbitro federale, giudice di gara e arbitro Csi, ma anche i collaboratori Luigi Mor, Marco Missi-denti e Alessandra Bresciani, prezio-

si nell’organizzazione degli eventi del settore giovanile guidato dal maestro Ugo Piovanelli, che ha ampliato il ba-cino dei judoka alle sezioni di Nuvo-lento e Mazzano ottenendo risultati di rilievo e diffondendo il judo-gioco, capace di rendere il tatami accessi-bile a tutti. Tutto ciò che è stato fatto in questi quarant’anni ha avuto come finalità primaria la crescita umana dei judoka che, sostenuti da maestri e genitori, hanno vissuto tutti i bene-fici di uno degli sport più completi e formativi. La speranza per il futuro è che molti altri giovani seguano la “via della cedevolezza” per crescere insieme ad una società che intende spegnere tante altre candeline.

UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI

Associato Associato

Storia di un miracoloa Lourdes

Egr. direttore,desidero condividere con i lettori de “La Voce del Popolo” la mia espe-rienza, vissuta a Lourdes, a ottobre, in occasione dell’ ultimo pellegri-naggio con l’Unitalsi di Brescia. Una sera mi trovavo in mensa all’albergo Salus; ad un certo punto di fronte a me si siede un’altra dama e mi chiede un po’ d’acqua della brocca. Alzo gli occhi e con mia sorpresa la ricono-sco..... Sì, è proprio vero: è Danila Ca-stelli, la persona di cui ultimamente la Chiesa ha riconosciuto la miraco-losa guarigione, avvenuta a Lourdes nel 1989. Ci accordiamo di incontrar-ci il giorno successivo di fronte alla grotta di Massabielle ed, in quell’oc-casione, ella mi fa dono della sua te-stimonianza. Danila Castelli era stata colpita, a 35 anni, da una rara e com-plessa forma tumorale. Per otto anni subisce una serie di gravi interventi chirurgici e l’asportazione di un cer-to numero di organi; di tutto questo esiste una rigorosa documentazione medica. Constatata l’impotenza dei medici, con il marito decide il viag-gio a Lourdes. Alle piscine, il 4 mag-gio 1989, succede lo straordinario avvenimento. Danila subito avverte un senso di benessere interiore, e il desiderio di perdonare tutto e tutti: la guarigione del cuore che chiede-va da tanto tempo. Nell’uscire dalle piscine, anche il marito le va incon-tro, dicendole: “Ho sentito una forza superiore che mi stappava di dosso la pelle (come il serpente che fa la muta) – così proprio ha spiegato lui – e mi rinnovava nello spirito. È fi-nito tutto, desidero perdonare. Non cercheremo più la giustizia degli uo-

mini che ci ripaghi delle cattiverie subite”. Danila dice di aver provato, in quel momento, una gioia immen-sa, una vera “letizia”. Il cuore nuovo suo e del marito erano davvero un miracolo. Maria aveva riempito i loro poveri vasi, prima pieni di acqua mar-cia, putrida di dolore, di rabbia pur giusta, con vino zampillante di gioia e amore. Pian piano si accorge che anche la malattia fisica non c’è più. Una guarigione inspiegata, secondo le attuali conoscenze scientifiche. Mi dice anche che la guarigione fisica è stata preceduta ed accompagnata da un cammino di fede costante, da un desiderio di amare Gesù e fare, co-me Lui, la volontà del Padre. Danila, durante la malattia, aveva imparato a vivere la Croce, non come tormento, ma come strada di purificazione che dà vita. Alla fine aggiunge: “Quando ci si abbandona fiduciosi nelle braccia del Signore, anche l’impossibile può diventare possibile”. Questa è l’espe-rienza di Danila Castelli e questo è il mistero che Lourdes racchiude in quella grotta e in quell’acqua, porta-trici di speranze, certezze e conforto.

Margherita Bettineschi

Perché ringraziare

Egr. direttore,premesso che ringraziare Dio creato-re è un atto dovuto per ogni essere umano, in particolare per i cristiani; vorrei esporre alcune considerazio-ni per evidenziare la necessità di un aggiornamento di stile nel celebrare una Giornata che si ripete da oltre mezzo secolo, compreso la Preghie-ra dell’agricoltore. Va ricordato che fino agli inizi degli anni ‘60 le no-stre comunità trovavano sostegno, principalmente, attraverso il lavo-

ro agricolo. Avevamo molti salaria-ti, i mezzadri, i coltivatori diretti, e quindi i proprietari terrieri. Il lavoro svolto occupava tutta la giornata ed era molto faticoso, soprattutto nella stagione autunnale prima di arrivare alla semina del frumento. Con il tra-scorrere degli anni c’è stata molta innovazione tecnologica, ed il con-seguente ridursi del lavoro faticoso di un tempo, ma abbiamo pure assi-stito alla continua diminuzione del-le persone occupate nell’agricoltura e con “vocazione” agricola. Inoltre, tantissime cascine, che un tempo ve-devano crescere e giocare numerosi bambini, sono letteralmente abban-donate ed in degrado. In buona so-stanza, se andiamo a leggere i dati ri-guardanti i vari tipi di aziende ed alle persone occupate nei vari settori di lavoro troviamo che l’agricoltura è – nel Bresciano – sotto il 10%; Chiari, che era un grosso centro agricolo, sfiora il 5%, e neppure attrae i giova-ni locali. Di fronte a questo scenario, che comunque andrà, almeno par-zialmente, modificato in positivo, è necessaria una riflessione ed un ag-giornamento, evitando di continuare a presentare ai ragazzi una festa ed una preghiera che non può coinvol-gerli. Credo sia il caso di unire tutte le forze del lavoro, della produzione e delle professioni per un Ringrazia-mento corale, ed una implorazione al Dio della vita affinché con lo sfor-zo comune di tutti si arrivi in fretta a ridefinire il modello organizzati-vo, produttivo e sociale che possa assicurare la piena partecipazione all’attività lavorativa, attraverso la quale conseguire quanto necessario ad una vita dignitosa per ciascun essere umano.

Giuseppe Delfrate