Post on 07-Apr-2016
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sulla comunicazione e dintornid’informazione
Periodico
N. 1 - ANNO IV GENNAIO 2015
© M
arco
Iazz
etta
IN QUESTO NUMERO
Un uomo blues
Ebola: l’identikit del virus
Il mito della mela colpisce ancora
Selfi e e pallone: risultati imprevedibili
BLSD: una pratica che può salvare la vita
Le nuove tecno-mamme
Facebook at work
L’ altra faccia della medaglia
Slash, il ritorno di una leggenda
pagina 2
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Editoriale
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Registrazione al Tribunale di Napoli
N. 27 del 6/4/2012
Direttore Responsabile: Fabrizio Ponsiglione
Direttore Editoriale: Stefania Buonavolontà
Art Director: Marco Iazzetta
Grafi ca & Impaginazione: Diego Vecchione
Hanno collaborato in questo numero:
Stefania Buonavolontà, Flaviano Cimmino,
Sergio Lo Caputo, Federica Milano,
Andrea Ponsiglione, Marco Quadretti,
Loredana Romano, Antonella Salottolo.
Menthalia srl direzione/amministrazione
80125 Napoli – 49, Piazzale V. Tecchio
Ph. +39 081 621911 • Fax +39 081 622445
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Tutti i marchi riportati appartengono ai legittimi proprietari.
La pubblicazione delle immagini all’interno dei
“Servizi Speciali” è consentita ai fi ni dell’ esercizio
del diritto di cronaca.
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Marco Iazzetta
General Manager
Menthalia
Buoni propositi per il nuovo anno“Impossible is just an opinion”
Dicembre è il mese dei bilanci: si tirano le somme
sull’anno che si sta chiudendo; gennaio è il perio-
do in cui si pianifi ca e si decidono gli obbiettivi da
raggiungere nel prossimo futuro.
Zuckerberg, ad esempio, ha chiesto consigli al web su quan-
to fare in questo 2015 che è appena cominciato.
Più di 30mila persone hanno risposto al suo post.
Tra i suggerimenti simpatici c’erano: il bottone “non mi
piace” e piantare un albero per ogni nuovo utente del social
network.
Cosa ci siamo ripromessi fare noi di Menthalia?
Iniziare un nuovo anno facendo in modo che i nostri
buoni propositi diventino desideri raggiungibili.
Una bella sfi da non trovate?
La ricetta per farlo?
Seguire il mantra di Kotler: “L’unica costante è il cambia-
mento”, cercare di anticipare i trend e le mode ed aggiun-
gere un bel pizzico di auto-motivazione, di positività e di
concretezza.
Augurando a tutti di ottenere quanto desiderato vi lascia-
mo alla lettura del primo numero dell’anno del Magazine
di Menthalia che: saluta il grande Pino Daniele appena
scomparso; smaschera la micidiale Ebola; svela i segreti del
logo della Apple ed aff ronta tematiche del mondo dell’at-
tualità.
Articoli leggeri, come quello sull’ormai celebre selfi e di
Totti, d’informazione, sui corsi BLSD, sulle nuove tecnolo-
gie, come le app dedicate alle future mamma e la sfi da lan-
ciata da Facebook a LinkedIn, sull’arte di Pawel Kuczynski
e sul ritorno sulla scena del chitarrista SLASH compongo-
no questo numero che, come tutti i numeri del Magazine
Menthalia, ha l’intent o di osservare e raccontare il mondo
della comunicazione con un’apertura a 360°.
Buona lettura e non dimenticate quanto aff erma Paolo Co-
elho: “Impossible is just an opinion”.
numero 1 - gennaio 2015
pagina 3®
Esattamente un anno fa Menthalia
Magazine aveva dedicato il cuore
del numero di gennaio 2014 a Pino
Daniele e agli eventi del “Napule è tutta
n’ata storia” che si sono tenuti al Teatro
Palapartenope di Napoli tra la fi ne di di-
cembre e l’inizio di gennaio.
Il caso ha voluto che proprio al grande
cantautore napoletano fosse dedicato an-
che il numero di apertura del Magazine di
Menthalia del 2015, ma per dargli l’ultimo
aff ettuoso saluto.
I fatti: la sera del 4 gennaio 2015, Pino Da-
niele, già soff erente di problemi cardiaci,
ha avuto un infarto ed ha lasciato un in-
commensurabile vuoto nel cuore dei suoi
fan e di tutti i napoletani.
La sua ultima apparizione pubblica è sta-
ta, appena qualche giorno prima, sul pal-
co dello show di Capodanno di Raiuno
“L’anno che verrà”.
La reazione: la notizia della scomparsa
del re del blues partenopeo ha avuto un
fortissimo impatto su tutto il mondo della
musica e non solo.
I social sono impazziti: post di cantanti,
personaggi famosi, autorità e fan si sono
riversati sulla rete, creando un passaparo-
la impetuoso che ha informato il mondo
della tragica scomparsa e, soprattutto, del
dolore provato da tutti.
La morte del cantautore ha generato for-
tissime risposte emotive a Napoli e non
solo, facendo comprendere, a quei pochi
che non erano a conoscenza, che Pino
Daniele era capace di arrivare al cuore
di chiunque lo ascoltasse: Pino toccava le
anime.
100.000 persone si sono riunite spontane-
amente in Piazza del Plebiscito la sera del
6 gennaio per commemorare Pino Danie-
le cantando le sue canzoni: un fl ash mob
partito da Facebook epocale.
Ma chi era Pino e come arrivava al cuore
della gente?
Pino Daniele è e resterà un simbolo di Na-
poli, ma non solo: Pino è il protagonista di
un’autentica rivoluzione musicale.
Il cantautore napoletano ha creato un nuo-
vo modo di fare musica che con una sem-
plicità disarmante e malinconica racconta
la realtà. Con la sua voce inconfondibile,
la sua chitarra e la sua ironia ha fuso la
canzone napoletana, i ritmi mediterranei
con il blues, il jazz, il soul e il funky incar-
nando, nello stesso tempo, il vero cosmo-
polita e il vero napoletano.
La sua ricerca continua di spunti e in-
fl uenze di culture diverse rappresenta,
infatti, un prezioso modello di apertura
mentale e tolleranza.
Pino Daniele è stato uno di quei personag-
gi che con la passione è riuscito a conqui-
stare persone di ogni età. Intere generazio-
ni sono cresciute ascoltando le sue parole,
spesso, manifesto del pensiero di tutti. Si
discute oggi sulla scelta della famosissima
canzone Napul’è come inno del Napo-
li, sul fatto che ci si sia lasciati prendere
dall’onda emotiva che ha generato la tra-
gica notizia. Aldilà di quel che si deciderà
ciò che resterà sedimentato nella memoria
collettiva sono i testi di molte delle can-
zoni di Pino Daniele che rappresentano e
rappresenteranno, per sempre, Napoli ed
il manifesto di emozioni vere e sincere.
Foto di Marco Iazzetta
numero 1 - gennaio 2015
di Marco Iazzetta, Art Director
Un uomo blues
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Eric Clapton e Pino Daniele: fusioni magiche
Pino Daniele era unico ed Eric Clap-
ton lo aveva capito.
Il cantautore napoletano, infatti, fu
l’unico italiano invitato dal grande musi-
cista inglese al Crossroads Guitar Festi-
val nel 2010.
In quell’occasione i due artisti furono
accompagnati da una band internazio-
nale: dal batterista Steve Gadd, dal bassi-
sta Willie Weeks, dai pianisti Christopher
Stainton e Gianluca Podio, dal sassofo-
nista Mel Collins; interpretarono brani
come Boogie Boogie Man e Napul’è, ma
non solo: fu qualcosa di irripetibile.
Solo un altro concerto fece toccare il cie-
lo con un dito tutti i fan che ebbero la
fortuna di vederlo: era il 24 giugno del
2011, data storica, in cui i due musicisti
salirono insieme sul palco nello Stadio
di Cava de’ Tirreni.Uno stadio gremito
(sedicimila persone), entusiasta: un live
indimenticabile con intento benefi co: la
serata, Concert For Open Onlus - In Aid
Of Children, era fi nalizzata, infatti, alla
raccolta di fondi in favore del centro di
Oncologia Pediatrica dell’Ospedale Pau-
silipon di Napoli.
In quelle due occasioni nacque qualcosa
di magico: una fusione di stili, un incon-
tro tra due anime d’artista che in entram-
bi lasciò il segno.
L’improvvisa morte di Pino Daniele
che ha sconvolto tutto il mondo della
musica, addetti ai lavori e semplici ap-
passionati, non poteva che colpire Eric
Clapton, che appresa la notizia, ha scritto
una canzone per Pino. L’omaggio di Eric
Clapton a Pino Daniele passa da Facebo-
ok: il cantante ha postato sul suo profi lo
una foto che lo ritrae insieme al cantau-
tore napoletano con lo stato “For Pino” e
a un brano strumentale (Chitarra e voce
accennata) dal titolo “Pino 5”.
Foto di Marco Iazzetta
di Marco Iazzetta, Art Director
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PINO DANIELE1955 - 2015
ALBUM IN STUDIO1977 – Terra mia
1979 – Pino Daniele
1980 – Nero a metà
1981 – Vai mò
1982 – Bella 'mbriana
1984 – Musicante
1985 – Ferryboat
1987 – Bonne soirée
1988 – Schizzechea with Love
1989 – Mascalzone latino
1991 – Un uomo in blues
1991 – Sotto 'o sole
1993 – Che Dio ti benedica
1995 – Non calpestare i fi ori nel deserto
1997 – Dimmi cosa succede sulla terra
1999 – Come un gelato all'equatore
2001 – Medina
2004 – Passi d'autore
2005 – Iguana cafè - Latin blues e melodie
2007 – Il mio nome è Pino Daniele e vivo qui
2009 – Electric Jam
2010 – Boogie Boogie Man
2012 – La grande madre
ALBUM DAL VIVO1984 – Sció live
1994 – E sona mo'
2002 – Concerto Medina Tour 2001
2003 – In tour (con Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia e Ron)
2006 – Pino Daniele Live @ RTSI
2013 – Tutta n'ata storia - Vai mo' - Live in Napoli
COLONNE SONORE
(1978) – La mazzetta, regia di Sergio Corbucci
(1981) – Ricomincio da tre, regia di Massimo Troisi
(1983) – Mi manda Picone, regia di Nanni Loy
(1985) – Blues metropolitano, regia di Salvatore Piscicelli
(1987) – Le vie del Signore sono fi nite, regia di Massimo Troisi
(1988) – Se lo scopre Gargiulo, regia di Elio Porta
(1991) – Pensavo fosse amore... invece era un calesse, regia di Massimo Troisi
(1999) – Amore a prima vista, regia di Vincenzo Salemme
(2003) – Opopomoz, regia di Enzo D'Alò
(2003) – Fame chimica, regia di Antonio Bocola e Paolo Vari
(2006) – Maradona - La mano de Dios, regia di Marco Risi
(2008) – La seconda volta non si scorda mai, regia di Alessandro Siani
(2009) – Negli occhi, regia di Daniele Anzellotti & Francesco Del Grosso,
co-prodotto da Giovanna Mezzogiorno
(2010) – Passione, regia di John Turturro
Una carriera ricca di successi
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di Sergio Lo Caputo, Infettivologo
Ebola: l’identikit del virus
Il virus Ebola è responsabile di una
malattia severa con un tasso di leta-
lità che può arrivare al 90% dei casi.
Le prime segnalazioni risalgono al 1976
con casi riscontrati in un piccolo villag-
gio presso il fi ume Ebola nella Repubblica
Democratica del Congo ed in una regio-
ne del Sudan. Nel corso degli anni si sono
osservate piccole epidemie in molti Paesi
dell’Africa Centrale caratterizzate da ele-
vata mortalità e coinvolgimento di piccoli
villaggi.
L’attuale epidemia, invece, ha visto il
coinvolgimento di 3 Paesi con
diff usione della malattia
dalle zone rurali verso le
città. Ritardi nella se-
gnalazione dei primi
casi, reticenza ed osta-
coli culturali da parte
di alcune etnie, assen-
za di una rete sanitaria
effi ciente e di un’orga-
nizzazione statale sono tra
i principali fattori che hanno
portato alla prima grande epide-
mia da virus Ebola con oltre 17.000 casi e
6.000 decessi.
Come si trasmette?
L’origine del virus è sconosciuta ma di-
verse evidenze indicano alcune specie di
pipistrelli della frutta come l’animale che
ospita il virus.
L’infezione è stata documentata attraver-
so il trattamento di carni di animali in-
fetti (pipistrelli, scimmie, antilopi, ecc.).
Nell’attuale epidemia dell’Africa Occi-
dentale il maggior numero dei casi è av-
venuto per trasmissione da uomo a uomo.
L’infezione avviene attraverso il contatto
diretto di cute lesa o mucose (congiuntive,
mucosa orale, ecc.) con sangue, fl uidi cor-
porei e secrezioni (urine, saliva e feci) di
soggetti infetti. Il soggetto con infezione
da virus Ebola è infettante da quando in-
sorgono i primi sintomi caratterizzati da
febbre, astenia e dolori muscolari.
Come si combatte?
Non vi è al momento una terapia effi cace
ed un vaccino preventivo. La terapia spes-
so consiste in una adeguata reidratazione.
Sono in corso sperimentazioni iniziali con
diversi farmaci antivirali. La misura più
effi cace per contenere l’epidemia è quella
di isolare il più presto possibile i soggetti
infetti, porre in quarantena i soggetti con-
viventi e sanifi care gli ambienti dove ha
soggiornato il soggetto infetto.
Che rischi ci sono in Italia
Il rischio di diff usione
del virus Ebola nel no-
stro Paese è estrema-
mente basso. Come già
accaduto in altri Paesi
Occidentali, operatori
sanitari infettatisi in
Africa sono stati tra-
sportati nei propri Paesi
di origine per ricevere cure
adeguate. In questo caso parti-
colare attenzione deve essere prestata dal
personale sanitario che assiste i soggetti
infetti al fi ne di evitare il contagio. Inol-
tre la popolazione immigrata che giunge
nel nostro Paese attraverso il nord Africa
non può essere considerata a rischio di
diff usione del virus sia per la provenien-
za geografi ca che per la durata degli spo-
stamenti superiore a quella del periodo di
incubazione della malattia che va da 2 a
21 giorni.
CURIOSITÀPer sdrammatizzare segnaliamo il sito in cui
sono in vendita i peluche
dei virus.
Giantmicrobes realizza sim-
patici pupazzi che possono
essere utili ai genitori per
spiegare ai loro fi gli le ma-
lattie e le best practices per
evitare di ammalarsi.
http://www.giantmicrobes.com/it/
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di Antonella Salottolo, Web & Social Developer
1977-1998
Il mito della mela colpisce ancora
1976-77S
in dall’antichità la mela è stata pro-
tagonista di tanti miti e leggende:
tra i più famosi primeggiano la mela
colta da Eva e quella regalata da Paride ad
Afrodite.
Ciò che colpisce è che anche al giorno
d’oggi questo semplice frutto rotondo
continua a far parlare di sé: cambia veste,
come d’altronde cambiano i tempi, e di-
venta un’immagine stilizzata, una tra le
immagini stilizzate più famose al mondo.
Come e perché il logo di Apple è diventa-
to così famoso?
Tante storie girano sul suo conto della or-
mai celebre mela imperfetta della Apple: il
mistero è parte integrante del suo fascino.
Semplice, essenziale, pulita, senza fron-
zoli e, allo stesso tempo, ricca di fascino
e mistero, simbolo della conoscenza e del
peccato, della perfezione dell’imperfezio-
ne, è l’esempio perfetto di quanto può e
deve rappresentare un logo con una “sem-
plice” immagine.
La sfi da degli addetti ai lavori, infatti, si
gioca sempre sul fi lo del rasoio, è la ricerca
tra la semplicità di un’immagine che deve
rievocare in chi la guarda emozioni forti
e la complessità dei concetti che deve rac-
chiudere. Solo l’equilibrio di complessità
e semplicità può far nascere un logo come
quello della Apple che resta impresso nella
mente di chiunque.
Si racconta che Jobs avesse pensato di
rendere omaggio all’etichetta musica-
le “Apple Records” dei Beatles o ad una
piantag ione di mele di una fattoria dove
aveva lavorato in gioventù o, addirittura,
ad Alan Turing, il pioniere dell’informa-
tica che si suicidò mordendo una mela av-
velenata con il cianuro.
Tutte le leggende legate alla creazione di
questo logo così semplice da far credere a
chiunque che debba nascondere qualcosa
di profondo hanno contribuito a conferi-
re un’aurea di fascino alla mela, icona dei
nostri tempi.
Qual è la verità?
Il primo logo dell’azienda, inizialmente,
fu uno schizzo che raffi gurava Isaac New-
ton seduto sotto a un albero di mele rea-
lizzato da Ronald Wayne con la china.
Constatata la diffi coltà di riprodurre l’il-
lustrazione e l’impossibilità di ridurre la
sua grandezza Jobs si rivolse ad un’agen-
zia.
Qual è il segreto nascosto che Rob Janoff ,
creatore del logo, ha voluto trasmettere?
Mordere una mela è un gesto familiare
compiuto da tutti, istintivo e naturale:
l’immagine giusta per rappresentare i va-
lori di un’azienda che punta al design mi-
nimalista, sull’intuitività e sull’essenziali-
tà pura e semplice, naturalmente al passo
con i tempi e con le ultime tecnologie.
Il segreto e la forza della Apple non sono
altro, si fa per dire, la semplicità e la ge-
nuinità.
C’è qualcosa di più diffi cile e stimolante
da imitare ed individuare?
1998
2011
CARTA D’IDENTITÀ DELLA APPLE
Stato: Stati Uniti Stati Uniti
Fondazione: 1º aprile 1976 a Cupertino
Fondata da: Steve Jobs, Steve Wozniak e
Ronald Wayne
Sede principale: 1 Infi nite Loop, Cupertino,
USA
Settore: Elettronica e informatica
Prodotti: Computer, Tablet, Smartphone,
Smartwatch, Lettori multimediali, etc.
Fatturato: 182,79 miliardi $ (2014)
Dipendenti: 80.300 (2013)
Slogan: «Think different»
Sito web: www.apple.com/it/
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Selfi e e pallone: risultati imprevedibili
Scandali, partite truccate, imbrogli,
comportamenti sopra le righe, eccessi
di ogni tipo, nulla fa calare l’interesse
per il pallone o forse esistono delle ecce-
zioni?
Il mondo cambia, le abitudini dei tifosi
mutano, ma il loro interesse per il calcio
no.
Oggi sui social network e nelle communi-
ty si commentano l’andamento e i risultati
delle partite, o meglio, si devono commen-
tare. È nato, infatti, una sorta di nuovo ob-
bligo morale per il tifoso: dire la propria
opinione non solo al bar agli amici, ma alla
rete intera.
Cosa può mai far calare l’attenzione e il si-
pario sulle performance dei campioni sul
prato verde di domenica pomeriggio du-
rante uno dei derby più delicati del cam-
pionato? Il selfi e di un campione che non
ama i social.
I Derby, per defi nizione non sono partite
come le altre ed alcuni sono molto caldi,
tra questi naturalmente vi sono quelli della
Capitale e, sempre al bar e in rete, in que-
ste occasioni i tifosi si scatenano: parlano,
commentano e criticano, ma stavolta qual-
cosa è cambiato.
Non si è parlato del risultato, ma dell’ulti-
ma trovata di Totti.
L’autoscatto, per dirla alla vecchia maniera,
è diventato immediatamente l’argomento
più discusso della domenica e non solo.
Il mondo dei social si è praticamente divi-
so in tre: critici, sostenitori e analisti della
comunicazione.
Cosa ha rappresentato di tanto speciale
questo scatto?
La prima domanda che tutti si sono posti è
stata: celebrazione speciale o mera pubbli-
cità pianifi cata?
Per molti si è trattato di un gesto mira-
to a pubblicizzare un nuovo modello di
smartphone appena messo in circolazione.
Non è facile prendere una posizione sul
comportamento tenuto da Totti, ma non
deve essere sottovalutato l’immenso valore
comunicativo di quanto accaduto.
Il selfi e di Totti rappresenta un tassello
fondamentale per comprendere i tifosi e la
società. Totti in passato aveva già regalato
ai tifosi gesti fuori dagli schemi: si è sosti-
tuito ad un cameraman, ha simulato il par-
to di suo fi glio con i compagni di squadra,
ma in altri tempi, non era ancora l’era dei
social e dei selfi e ed il successo non è stato
così dirompente.
Ciò che è rilevante, questa volta, aldilà dei
tecnicismi, delle correttezza o meno del
gesto o della sua spontaneità è la portata
“epocale” e l’impatto che ha avuto sugli
utenti.
Questo successo virale, infatti, non può
che far rifl ettere.
Si tratta di un fenomeno particolare: ad
essere oggetto dell’interesse degli utenti
non sono i goal, ma l’esultanza di uno dei
protagonisti del mondo del calcio che ha
permesso ai tifosi di vivere in diretta con
lui il momento di gioia, regalandogli un
vissuto esperenziale ad altissimo impatto:
un momento indimenticabile.
di Andrea Ponsiglione, Events Management
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di Loredana Romano, Copywriter
BLSD: una pratica che può salvare la vita
Anche nel nostro Paese sembra fi -
nalmente stiano diventando fre-
quenti le iniziative per sensibiliz-
zare la cittadinanza sull’importanza del
primo soccorso, diff ondere la cultura del
“saper soccorrere” e addestrare alla riani-
mazione e all’uso del defribillatore.
Secondo l’ultimo rapporto ISTAT (03-
12-2014), in Italia le principali cause
di morte nel 2012 sono stati gli eventi
cerebro-cardio-vascolari: su un totale di
613.520 decessi ben 184.737 (circa il 30%)
sono dovuti a ischemie ed altre patologie
del cuore o vascolari. Questi eventi, per
loro natura, spesso non sono prevedibili,
pertanto risulta particolarmente diffi cile
fornire un soccorso medico avanzato in
tempi rapidi. I tempi sono, invece, fon-
damentali per aumentare la possibilità
di sopravvivenza e ridurre i danni gravi
permanenti, soprattutto in soggetti che
non hanno mai avuto eventi che costitu-
iscono un fattore di rischio cerebro-car-
dio-vascolare.
Un importante aiuto può venire appunto
da persone adeguatamente formate che,
pur non essendo medici o infermieri, e
per questo denominate “laici”, possono
praticare alcune manovre che riducono
enormemente la possibilità di un epilogo
infausto. Diverse norme hanno introdot-
to da alcuni anni la possibilità di forma-
re i laici al BLSD (Basic Life Support and
Defi brillation), cioè a praticare la Riani-
mazione Cardio-Polmonare (RCP) con
l’uso, quando sia disponibile, del Defi bril-
latore semiAutomatico Esterno (DAE) e
con questa fi nalità sono stati individuati
gli enti e i soggetti autorizzati alla certi-
fi cazione, che attraverso corsi abilitanti,
posso rilasciare il cosiddetto “patentino”.
Tale certifi cazione, che va rinnovata ogni
due anni, tutela sia l’esecutore, che l’in-
fortunato. Queste manovre sono estre-
mamente effi caci: si pensi che, in caso di
arresto cardiaco, la sopravvivenza dimi-
nuisce del 10% ogni minuto che passa,
mentre le persone a cui viene praticato
rapidamente il BLSD hanno un tasso di
sopravvivenza fi no all’85-90% e un’inci-
denza ridottissima di danni gravi e per-
manenti. Visto che questi eventi possono
accadere in ogni momento, l’ideale sareb-
be che tutti fossimo in grado di interve-
nire e che i DAE fossero uniformemente
distribuiti sul territorio o almeno nei luo-
ghi di aggregazione o che, per vari motivi
sono molto frequentati (come aeroporti,
stadi, cinema, aziende, ecc.). Il Decreto
Balduzzi, ad esempio, obbliga le Società
Sportive a dotarsi di questi presidi.
In questo periodo dell’anno molti pratica-
no lo sci, e alcuni impianti sono già “car-
dioprotetti”. Queste iniziative sono sicu-
ramente estremamente valide in quanto
in condizioni di maggiore stress fi sico,
temperature ambientali basse e consumo
di cibi o bevande non adeguati allo sforzo
a cui è sottoposto il corpo, soggetti pre-
disposti possono andare incontro ad un
evento cerebro-cardio-vascolare. Consi-
derando le eff ettive diffi coltà logistiche
della montagna, che ritardano l’inter-
vento del soccorso avanzato, la presenza
di operatori in grado di praticare il BLSD
(maestri di sci, addetti agli impianti di
risalita, gestori di posti di ristoro, ecc.) e
di DAE direttamente in loco, permette di
intervenire immediatamente, nell’attesa
dei medici.
OBIETTIVI DEI CORSI BLSD:1) Sfruttare effi cacemente i tempi di attesa del soccorso
avanzato per ridurre i rischi di aggravamento dello stato
clinico;
2) Prevenire il rischio di decesso legato ad eventi sanitari
acuti gravi e improvvisi;
3) Favorire il miglioramento delle condizioni cliniche delle
vittime di eventi sanitari critici;
4) Far acquisire ai partecipanti la capacità di:
a. Valutare l'assenza dello stato di coscienza;
b. Ottenere la pervietà delle vie aeree con il sollevamento
del mento;
c. Esplorare il cavo orale e asportare corpi estranei visibili;
d. Eseguire la posizione laterale di sicurezza;
e. Valutare la presenza di attività respiratoria;
f. Eseguire le tecniche di respirazione bocca-bocca e
bocca-maschera;
g. Riconoscere i segni della presenza di circolo;
h. Ricercare il punto per eseguire il massaggio cardiaco
esterno;
i. Acquisire abilità e capacità necessarie per l'utilizzo
precoce del defi brillatore semiautomatico (DAE);
j. Eseguire la manovra di Heimlich e i colpi dorsali nel
soggetto cosciente con ostruzione delle vie aeree da
corpo estraneo.
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di Flavia Cimmino, Account Offi ce
Le nuove tecno-mamme
La tecnologia, si sa, ci sta circond an-
do sempre più.
Ogni passo che facciamo attraver-
sa qualcosa che diventa sempre più tec-
nologico, basti pensare alle telecamere a
riconoscimento visivo attive, ad esempio,
ai confi ni tra il Messico e gli Stati Uniti
d’America.
Le potenzialità, quindi, della tecnologia
spesso sono impensabili e non ne abbiamo
la piena percezione.
Gli stessi smartphone interagiscono sem-
pre di più con la quotidianità e la realtà di-
venta ogni secondo che passa più virtuale,
spostandosi verso una realtà “aumentata”,
“potenziata” che permette e crea nuovi bi-
sogni e stili di vita.
Un team di scienziati, utilizzando proprio
gli smartphone di nuova generazione, ha
studiato come utilizzare questi device per
controllare i parametri vitali delle loro pa-
zienti in dolce attesa.
Quest’idea è stata “partorita”, è il caso
di dire, alla Temple University di Phila-
delphia in Pennsylvania da un gruppo di
informatici, ginecologi e ostetrici.
Questo nuovo sistema, utilizzando una
serie di sensori già in commercio, permet-
tono di comunicare in tempo reale con lo
smartphone.
La domanda che ci si può porre riguarda il
cosa fanno questi sensori e quali parame-
tri vitali monitorano.
Possono tener traccia, ad esempio, del bat-
tito del feto o misurare le contrazioni della
pancia della madre.
Un’altra domanda è in che modo lo fanno.
I sensori rilevano i dati e li inviano via
bluetooth ad uno smartphone Android
che è capace di rielaborare queste misu-
razioni che verranno, poi, inviate al da-
tabase dell’ospedale di riferimento della
paziente.
Il team leader del progetto Dimitrios Ma-
strogiannis aff erma che a breve sarà pos-
sibile anche utilizzare questa nuova appli-
cazione degli apparecchi smartphone per
la misurazione di altri parametri come il
livello di saturazione dell’ossigeno mater-
no o la presenza di glucosio nel sangue.
pagina 15numero 1 - gennaio 2015
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di Marco Quadretti, Web Development
Facebook at work
L’uso dei social network è ormai
parte integrante della nostra vita
quotidiana in particolare con l’av-
vento degli smartphone. Usarli sul luo-
go di lavoro può costituire una perdita
di tempo soprattutto quando ci si perde
tra centinaia di notizie video e immagi-
ni che compaiono sulla propria bacheca.
È per questo che in molti uffi ci è vietato
attraverso fi ltri al fi rewall. Allo stesso
tempo evitare di usarli può rappresentare
un limite considerando il loro potenziale
produttivo.
La comunicazione in un uffi cio è essen-
ziale, molte aziende utilizzano caselle di
posta elettronica oppure piattaforme a
pagamento dedicate allo scopo. L’utilizzo
di un social network può semplifi care no-
tevolmente il processo di comunicazione
tra i dipendenti e, quindi, aumentare la
produttività di un’azienda.
Un team guidato da Lars Rasmussen sta
lavorando proprio su una nuova piatta-
forma che possa rispondere prontamente
a questo tipo di esigenze.
Si chiamerà Facebook at Work ed è, al
momento, disponibile su App Store e
Play Store per i soli partner che stanno
partecipando alla fase di test. Sarà com-
pletamente separato da Facebook e si po-
trà accedere attraverso un indirizzo web
dedicato e un App separata. Le aziende
dovranno iscriversi alla piattaforma e
i dipendenti successivamente avranno
la possibilità di creare il proprio profi lo
aziendale. Si potranno utilizzare una serie
di tools per interagire con i propri colle-
ghi ed il suo funzionamento sarà identico
alla piattaforma che già co nosciamo, con
un’unica diff erenza: al posto del classico
blu, l’interfaccia sarà di colore bianco in
modo da distinguere immediatamente se
i dipendenti sono su Facebook per scopi
lavorativi o personali.
Alcune voci dicono che potrebbe essere a
pagamento come tutte le suite enterpri-
se, un’ipotesi nata dal fatto che potrebbe
essere libero da pubblicità. In alternativa
potrebbe essere gratuito, ma con la pre-
senza di pubblicità. Facebook at work è
uno strumento che funziona e lo stesso
Rasmussen ha dichiarato che si tratta del-
la piattaforma utilizzata per comunicare
all’interno di Facebook stessa.
WORK
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di Stefania Buonavolontà, Marketing & Communications
L’ altra faccia della medagliaL’ ARTE DI PAWEL KUCZYNSKI
Obiettivo della comunicazione è
rendere noto, far sapere, rendere
partecipi altri di un sentimento,
di una passione, mettere in comune, con-
dividere con l’altro.
Incredibile è il suo valore.
La comunicazione è, infatti, un’espressio-
ne sociale che mette un valore al servizio
di qualcuno per far diventare quel mes-
saggio patrimonio comune per la costru-
zione di una discussione, di un sapere, di
una cultura.
Fatte queste premesse non è possibile non
parlare dell’arte di Pawel Kuczynski.
Pawel Kuczynski ci mostra l’altra faccia
della nostra società, ci fa conoscere, ci co-
munica tutte le contraddizioni del nostro
stile di vita e della nostra quotidianità, fa
comunicazione scuotendo l’opinione pub-
blica nel profondo.
Il suo modo di comunicare lascia il segno.
Nato nel 1976 in Polonia, laureato presso
l’Accademia di Belle Arti di Poznan, fi no-
ra ha vinto più di 102 premi in vari con-
corsi nazionali e internazionali per le sue
illustrazioni satiriche che evocano pensie-
ri e domande sulle questioni della vita di
tutti giorni.
Le sue opere girano il mondo e sono state
esposte in numerose mostre.
Guardando le sue illustrazioni si prova un
senso di disagio, talvolta persino di colpe-
volezza.
Pawel Kuczynski riesce a sintetizzare le
contraddizioni della nostra società e far
rifl ettere su temi delicati come la religio-
ne, la politica, la povertà, la guerra, fi no
ad arrivare alla comunicazione e ai social.
A prima vista, le sue illustrazioni, possono
sembrare divertenti, familiari, ma dopo
un’attenta analisi rivelano agli occhi dello
spettatore i grandi problemi della nostra
società.
Con uno stile semplice e disarmante mo-
stra l’altra faccia della medaglia del nostro
mondo.
Ogni sua creazione, infatti, nasconde un
signifi cato ben preciso, mirato a “denun-
ciare” aspetti sociali o politici dell’era
contemporanea.
Pawel Kuczynski sovverte, in ogni sua
opera i canoni tradizionali, mette in di-
scussione le abitudini quotidiane di tutti
e di ognuno e il comune modo di pensare,
creando così immagini tanto provocatorie
e surreali quanto paradossalmente reali.
Il suo obiettivo è far rifl ettere, rendere
noto, far sapere, rendere partecipi gli al-
tri, condividere cosa nascondono le azio-
ni che quotidianamente compiamo senza
comprendere fi no in fondo il loro valore.
L’artista polacco rifl ette sulla vita mo-
strando i limiti di tutta la specie umana,
riuscendo a colpire, però, una parte di
ognuno di noi.
Vedere le sue illustrazioni e rifl ettere sui
messaggi che vuole trasmettere signifi ca
comprendere tutti i meccanismi che rego-
lano la società contemporanea.
Pawel Kuczynski ci permette di mettere
in luce certi aspetti del mondo che ci cir-
conda di cui abbiamo “sentore”, ma che
aff rontiamo solo quando ci viene messo,
di fatto, davanti agli occhi.
La sua arte ci fa e ci deve far rifl ettere, per
comprendere a pieno il mondo e le regole
della comunicazione e della stessa società,
ma ciò che ci deve colpire ancor di più è
che questo talentuoso artista, anche lui, fa
parte del gioco.
Pawel Kuczynski, infatti, ha dedicato una
serie di illustrazioni allo spietato mondo
dei social, ma, anche lui, ha una fan page
su Facebook che riscuote un grande suc-
cesso.
Del resto ogni moneta ha due facce!
Per conoscere le opere di Pawel
Kuczynski visita il sito dell’artista
www.pawelkuczynski.com
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di Federica Milano, Marketing & Communications
Slash, il ritorno di una leggenda
Due anni di attesa e fi nalmente
il chitarrista più sfrenato della
scena hard rock degli anni ’80
è tornato, insieme a Myles Kennedy and
the Conspirators, con il tour europeo più
atteso di tutta la stagione e ben due date
italiane, subito dopo l’uscita del nuo-
vo album, World on fi re, già
anticipato dall’omonimo
singolo.
Partito il 10 novembre
da Dublino, per toc-
care le principali città
europee, tra cui Torino
e Firenze, lo strepitoso
tour invernale che si è
concluso il 4 dicembre a
Glasgow, UK.
Slash e Myles Kennedy, insie-
me con Brent Fitz alla batteria, Todd
Kerns al basso e Frank Sidoris alla chi-
tarra ritmica, hanno messo in piedi uno
spettacolo fuori dal comune e fuori dal
tempo, un vero concentrato di energia
rock e creatività che fonde personalità e
carisma con virtuosismi ed emozioni.
Al Pala Alpitour di Torino, il 16 novem-
bre scorso, energia e partecipazione vera-
mente contagiose: un inizio improvviso,
con il palco che si illumina dopo il buio
pieno di pathos lasciato dai Monster
Truck, la band di apertura. Ed è subito
rock.
Una setlist di 20 pezzi stratosferici, prima
in scaletta è “You’re a lie” , uno dei singo-
li tratti dal precedente album, seguita
dalla gloriosa “Nightrain” dei
Guns n’ Roses. Si alternano
senza un attimo di pausa
e in perfetto equilibrio
canzoni dei due album
con Kennedy, e pezzi dei
tempi con i Guns, men-
tre i fans si scatenano sui
riff del chitarrista con la
tuba più famosa del rock
e scoprono in Kennedy una
delle più potenti ed estese voci
che il rock degli ultimi anni possa van-
tare.
Entusiasmante la trovata di lasciare “Dr
Alibi” e “You’re crazy” alla voce di Todd
Kerns, che oltre ad essere un eccellente
bassista si dimostra un fenomenale voca-
list e non sbaglia una nota neanche quan-
do imita gli acuti estremi di Axl Rose. Si
prosegue poi con “Rocket queen” in cui
Slash si lancia con la sua solita natura-
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lezza in un assolo pieno di virtuosismi
impossibili durato più di un quarto d’ora,
un assolo quasi infi nito che lascia a boc-
ca aperta tutti i presenti, compreso Myles
Kennedy che, nonostante stia collaboran-
do da più di tre anni con Slash, ancora
rimane estasiato dalle sue prodezze
musicali.
La serata va avanti a colpi di
rock, in una combinazio-
ne magica tra il nuovo e
quello che si potrebbe
defi nire vecchio, ma
che vecchio non diven-
terà mai: ben 7 le cover
dei Guns e, apoteosi fi -
nale, i due brani-simbolo
della vecchia band: Sweet
Child O’ Mine, posta alla fi ne
della prima parte dello show, e in ulti-
mo Paradise City. E’ sorprendente vedere
come tra il pubblico in delirio si uniscano
due generazioni, una che non vede l’ora di
riascoltare le canzoni su cui si scatenava
da giovane e l’altra che ha già imparato a
memoria gli ultimi album ed è pronta a
scoprire i grandi classici degli anni ’80.
Un concerto indimenticabile, che per un
giorno ha fatto respirare ad una Torino
ormai sempre più dedita all’electromusic,
un po’ di sano rock ‘n roll, replicato la sera
successiva a Firenze con la stessa euforia e
lo stesso ritmo frenetico.
Il tour ha portato l’artista poi in giro per
tutta Europa, fi no alla chiusura del 6 di-
cembre al Laugardallsholl di Reykja-
vik, Islanda per un totale di
venticinque paesi. La presen-
tazione del suo ultimo la-
voro ha conosciuto, però,
solo una breve sosta tan-
to che già dal prossimo
9 febbraio sarà la volta
di Giappone, Malesia,
Nuova Zelanda e Austra-
lia per poi passare al Sud
America, ancora fi no a metà
maggio con altre date america-
ne e via di nuovo verso l’Europa del
nord fi no a giugno inoltrato, per un totale
di ottantasette show.
Finita la kermesse, potrà fi nalmente con-
cedersi di festeggiare i suoi cinquanta
anni…
Foto di @laurie
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