Menthalia Magazine - Maggio 2012

12
magazine numero 2 - Anno I/maggio 2012 Reg. Trib. di Napoli N. 27 del 6/4/2012 in questo numero © Menthalia La marca che ho in mente Vis à Vis con Ilaria Legato Web e medicina Navigare in tempesta Guerra e pace in Irlanda sui muri di Belfast Ascoltare, un duro lavoro Curiosità

description

Periodico d'informazione sulla comunicazione e dintorni. In questo numero: La marca che ho in menteVis à Vis con Ilaria LegatoWeb e medicinaNavigare in tempestaGuerra e pace in Irlanda sui muri di BelfastAscoltare, un duro lavoroCuriosità

Transcript of Menthalia Magazine - Maggio 2012

Page 1: Menthalia Magazine - Maggio 2012

magazine numero 2 - Anno I/maggio 2012Reg. Trib. di Napoli N. 27 del 6/4/2012

in questo numero

© M

enth

alia

La marca che ho in mente

Vis à Vis con Ilaria Legato

Web e medicina

Navigare in tempesta

Guerra e pace in Irlanda sui muri di Belfast

Ascoltare, un duro lavoro

Curiosità

Page 2: Menthalia Magazine - Maggio 2012

pagina 2numero 2 - maggio 2012

Scopri il nostro mondo su

Collabora con NOI

inviaci il tuo articolo

[email protected]

Vuoi diventare

un purple people?

Collegati attraverso il tuo

smartphone all’area dedicata

Editoriale

®

Registrazione al Tribunale di Napoli

N. 27 del 6/4/2012

Direttore Responsabile: Fabrizio Ponsiglione

Direttore Editoriale: Stefania Buonavolontà

Art Director: Marco Iazzetta

Grafi ca & Impaginazione: Menthalia Design

Hanno collaborato in questo numero:

Stefania Buonavolontà, Martina Dragotti,

Stefania Stefanelli, Riccardo Michelucci,

Loredana Romano, Piercarlo Salari

Menthalia srl direzione/amministrazione

80125 Napoli – 49, Piazzale V. Tecchio

Ph. +39 081 621911 • Fax +39 081 622445

Sede legale: 80121 Napoli – 30, Piazza dei Martiri

Sedi di rappresentanza:

20097 S. Donato M.se (MI) – 22, Via A. Moro

50132 Firenze – 17/A, Via degli Artisti

Tutti i marchi riportati appartengono ai legittimi proprietari

®

Il viaggio

La celebre guida Lonley Planet, compagna di strada di molti

viaggiatori, compie 40 anni. Per festeggiarli, la famosa casa

editrice, ripropone il diario del primo viaggio-avventura del

suo fondatore Tony Wheeler e di sua moglie, dal quale prese

vita l’ambizioso progetto che aveva in mente.

Quel primo viaggio fatto negli anni ’60, l’Hippy Trail, parti-

va da Londra fi no a raggiungere l’Australia, barattando pas-

saggi, utilizzando mezzi di fortuna, proprio come racconta

lo stesso Wheeler: “Il nostro piano era semplice, io e mia

moglie Maureen avremmo comprato una vecchia macchi-

na a Londra, l’avremmo portata il più lontano possibile in

direzione est, avremmo continuato con qualsiasi mezzo di

trasporto sarebbe saltato fuori, saremmo arrivati in Australia

dopo sei mesi circa, dopo di che avremmo lavorato qualche

mese per risparmiare abbastanza denaro per poter ritornare

in Europa in aereo”.

“Una grande passione divenuta un lavoro di successo”.

Perchè il viaggio, quello vero, non è solo uno spostamento da

un luogo all’altro, ma un’esperienza che arricchisce mente ed

anima, talvolta a danno del portafogli, per scoprire la realtà

da un punto di vista diff erente, per osservare vite, storie e

racconti che continuano ad accadere, ogni secondo,

ogni stante, lenti o veloci, ma che scrivono la

storia dell’umanità. Un modo per ridimen-

sionare la nostra visione del mondo, per

mettere in discussione un equilibrio,

per aprirsi al dialogo. Perché viag-

giare è come sfogliare le pagine di

un libro, saltando da un capitolo

all’altro, segnando con una piega

le pagine ancora da leggere, viaggi

ancora da fare, personaggi ancora

da scoprire, con il vantaggio di

esserne sempre l’autore, e po-

ter così cadenzare il ritmo e

modulare lo stile, attraverso

punti e virgole raccolti qui e là

per le strade del mondo.

Marco Iazzetta

General Manager

MENTHALIA

itinerario

escursioneesplorare

navigazionetour inne

Page 3: Menthalia Magazine - Maggio 2012

pagina 3numero 2 - maggio 2012

®

di Martina Dragotti, Copywriting & Communication

La marca che ho in menteL’interessante mondo del Brand Image visto dall'occhio dei consumer

Signore e signori ecco a voi il Brand.

Sì, la marca. Sì, intendo proprio quel-

la scritta più o meno grande che ci

condiziona durante gli acquisti e per la

quale saremmo disposti a follie fi nanziarie,

pur di averla stampata su di una scarpa o

una borsa. Sì, esattamente, proprio quella

scritta o etichetta che individua uno status

o un modo di essere e di sentirsi, quella

che oltre prodotti e servizi ha etichettato

un’epoca; quella che Andy Warhol, senza,

avrebbe dipinto i fi ori, quella che condizio-

na anche coloro che la snobbano. Quella

che non lascia superstiti e che non ammet-

te eccezioni, quella che detta le regole, in-

somma, proprio lei, la marca.

“Ma cosa signifi ca esattamente marca?!”

Nel lontano 1960, l’American Marketing

Association (AMA) defi niva il brand come

“un nome, un termine, un segno, un sim-

bolo, un disegno o una loro combinazione

che identifi ca un prodotto o servizio di un

venditore e che lo diff erenzia da quello del

concorrente”. La defi nizione è ancora ac-

cettata ed insegnata, anche se con qualche

variante che mira solo ad ampliarne l’ac-

cezione.

È, dunque, il bisogno di diff erenziarsi la

principale prerogativa che connota il si-

gnifi cato della parola marca. Questo, però,

è un signifi cato portatore di un punto di

vista perlopiù unilaterale, quello dei pro-

duttori, che vogliono a tutti i costi marcare

la linea di confi ne che li separa dai concor-

renti.

“Ma cosa signifi ca marca per i consumatori?!”

Procediamo ancora con riferimenti acca-

demici. L’assunto fondamentale è che la

marca nasce nella mente del consumatore.

Tutto può costituire o divenire brand se

come tale viene percepito, se diviene og-

getto di un insieme di percezioni, come

nella defi nizione fornita poco prima.

Quindi possiamo aff ermare che il brand ha

una vita propria: oltre a trasmettere quello

che le aziende intendono comunicare, esso

si amplia e vive delle per-

cezioni dei consumer, delle

loro esperienze e dei loro

ricordi, delle loro abitudini

di consumo, fi no a costruire

quell’immagine percepita

che caratterizza ogni singola

esperienza di marca.

A tal proposito, con uno studio

molto interessante l’illustratore

“MyHotJuly” ha reinterpreta-

to alcuni dei loghi più famosi,

svestendoli della loro immagine

tradizionale e mettendo in evi-

denza, invece, ciò che viene per-

cepito dai consumer. È diverten-

te, ed anche sorprendentemente

verosimile, scoprire come il logo

Facebook venga visto come una

scritta bianca che recita “droga on

line” sull’ormai famoso sfondo bleu,

o come Google sia istantaneamente

associato alla parola “Cerca”, e che

dire del simbolo Lacoste che nel-

la mente dei consumatori identifi ca

l’intera categoria merceologica delle

polo.

Questo avviene quando un brand è ra-

dicato così a fondo nelle abitudini e nei

consumi collettivi, da entrare a pieno

titolo nell’immaginario comune, esten-

dendo il signifi cato di marca fi no a mo-

difi carne la percezione nella realtà. Ed è

così che per moltissimi consumer il web

è divenuto sinonimo di Facebook, una

bevanda dissetante corrisponde ad un bic-

chiere di CocaCola ed una corsa in libertà

equivale ad un total look fi rmato Nike.

E non pensate di scampare a questa logica

schiacciante, se non rientrate in qualcuna

di queste categorie. Badate bene che se non

fate parte della massa di Facebook, magari

è perché il vostro mood si confà maggior-

mente a quello snobistico di Twitter, o sta-

chanovistico di Linkedin. E se non siete

web addicted?! Niente paura, magari qual-

cosa di voi sarà scritto, che lo vogliate o no,

nella marca delle vostre scarpe o emanerà

dall’odore del vostro profumo.

bertà

.

gica

e o emanerà

nd è ra-

ini e nei

a pieno

ne, esten-

no a mo-

altà. Ed è

mer il web r

book, una

Page 4: Menthalia Magazine - Maggio 2012

pagina 4numero 2 - maggio 2012

®

In questo numero vi proponiamo uno sguardo

ravvicinato al mondo delle Public Relations.

Lo facciamo attraverso un’interessante in-

tervista alla Dott.ssa Ilaria Legato, PR Ma-

nager, comunicatrice, interprete e amba-

sciatrice delle ultime tendenze nel mondo

dell’ospitalità e del networking sociale.

Le Relazioni Pubbliche nel settore HO-

RECA, il mondo del Food & Beverage in

tutte le sue declinazioni... raccontaci un

po’ di questo tuo splendido mestiere.

Il compito di chi si occupa, come me,

di Relazioni Pubbliche per il mondo

Horeca (Hôtellerie, Restaurant, Ca-

tering o Café) è quello di “vestire” il

brand che si rappresenta, accompa-

gnando molto spesso il cliente “per

mano” facendogli comprendere i pun-

ti di forza e di debolezza della sua im-

magine e reputazione, con l’obiettivo

di migliorare la visione di “se stesso”

e di conseguenza la percezione che gli

opinion leader ed il pubblico di inte-

resse hanno di lui. Cuochi, albergatori

e Food Designer disegnano e svilup-

pano sapori, accoglienza ed emozio-

ni; io seleziono, correggo e amplifi co

le loro arti per farli conoscere al loro

pubblico di riferimento in modo che

raggiungano notorietà e consenso sul

lungo periodo.

Oggi essere esperti di comunicazione equi-

vale a dire di essere dei tuttologi. La comu-

nicazione ha ampliato moltissimo la sua

accezione, nonché i mezzi attraverso i quali

essa si manifesta. La necessità di avere degli

esperti in materia va di pari passo a quella

di avere una formazione specializzata e spe-

cialistica. Tu cosa ne pensi?

Intraprendere una carriera di esperto in

Relazioni Pubbliche signifi ca inoltrar-

si in un ambito che richiede oltre che

doti relazionali, competenze strategiche

e che può off rire davvero delle sfi de in-

teressanti, eppure in Italia sopravvivono

ancora pregiudizi, a tal punto che molti

identifi cano chi “fa PR” in maniera im-

propria come colui che “organizza feste

e aperitivi… fa cose e vede gente!”. Le

relazioni pubbliche sono un lavoro e

richiedono sempre più competenze ma-

nageriali. A Roma mi occupo della Di-

rezione della Scuola IED Management

Lab (www.ied.it) che cerca di costruire

diverse delle competenze che andranno

a formare il futuro comunicatore di do-

mani, dove l’aspetto progettuale e mana-

geriale sono basilari.

di Stefania Buonavolontà, Marketing & Communication

Vis à Vis con Ilaria Legato

Organiz

Events

FooHospitality

Public Relati

Ilaria Legato

PR Manager

Page 5: Menthalia Magazine - Maggio 2012

pagina 5numero 2 - maggio 2012

®

Parliamo proprio di Public Relations.

Oggi è più che mai necessario per le azien-

de investire in esperti del networking

sociale per gestire la propria reputazione,

veicolare le informazioni giuste ed am-

pliare la propria rete di contatti. Quan-

to puntano le aziende su questo aspetto,

considerato il panorama economico at-

tuale?

Un piano di RP non può sostituire

una campagna pubblicitaria ma è co-

munque in grado di produrre ottimi

risultati, dando un contributo essen-

ziale alla costruzione della reputazio-

ne dell’azienda e all’organizzazione

del brand: dunque rappresenta per

l’azienda uno strumento strategico

con grandi potenzialità e con un inve-

stimento più contenuto di quello pub-

blicitario. Molte aziende oggi si sono

accorte che appoggiarsi ad un esper-

to di RP può rappresentare nel lungo

periodo un vantaggio competitivo in

termini di incremento di consenso e

notorietà sia sull’azienda che sui rela-

tivi prodotti e servizi.

Come è cambiata questa professione con

l’evoluzione tecnologica? Conta ancora

molto il “face to face”?

Le RP on line, oggi rappresentano un’at-

tività fondamentale: attraverso gli stru-

menti web dell’azienda si possono mo-

nitorare e coinvolgere opinion leader e

pubblico d’interesse, con la possibilità

di creare connessioni potenzialmente

vastissime e di interagire con clienti,

consumatori e target ad hoc.

La regola è sempre quella del dialogo e

dell’ascolto.

Utilizzare la presenza del nostro cliente

on line per fare una mera pubblicità non

porta lontano, molto meglio sfruttare

internet per raccogliere informazioni

sui clienti attuali o potenziali, per creare

connessioni che si possono tradurre in

conoscenze reali.

Grazie a internet il servizio di ufficio

stampa oggi è maggiormente facilita-

to: ad esempio, i blogger costituisco-

no un pubblico nuovo su cui interve-

nire con le PR e sono di fatto usciti da

quella diffidenza che pativano qualche

anno fa, per diventare figure attuali e

ricercate (io stessa ne ho aperto uno

www.ilarialegato.com) per dialogare

più facilmente con gli opinion leader

del mio ambito.

Attraverso i blog, infatti, ci sono più

opportunità di far circolare una noti-

zia e creare passaparola positivo.

Dealings

zation

d

ions

Page 6: Menthalia Magazine - Maggio 2012

pagina 6numero 2 - maggio 2012

®

Web e medicinaDermatite atopica: il rapporto mamma-bambino-pediatra nell’era di internet

di Piercarlo Salari, Medico chirurgo specialista in Pediatria

Nei primi anni d’età la dermatite atopica (DA) è un prototipo di malattia che fa rifl ettere sull’im-

portanza della comunicazione e del rap-porto con il medico. Un rapporto che negli ultimi anni ha visto infi ltrarsi alla triade mamma-bambino-pediatra il condiziona-mento di internet. La DA, com’è noto, è gravata non soltan-to da implicazioni cutanee (arrossamento, desquamazione, prurito, sovrainfezioni batteriche) ma anche da molteplici riper-cussioni sul benessere psicofi sico del bam-bino e sulla serenità entro le mura dome-stiche, in particolare a carico della madre, come dimostrato da una recente indagine italiana (Monti F, et al. Ital J Pediatr 2011 22; 37: 59.).

“Ma quali sono gli eff etti dei condizionamenti, talvolta subdoli, fuorvianti e privi di autorevolezza,

di internet?”Senza dubbio essi insinuano ul-teriori incertezze nei genitori, già provati per l’impatto della DA, alimentando per esempio diffi denza, timori – paradig-matica a tale riguardo è la cor-ticofobia, cioè la paura di usare

preparati cortisonici – oppu-re sfi ducia nei riguardi

delle terapie di com-provato impiego.

Al 15 marzo, sol-tanto digitando “dermatite atopi-ca”, si ottengono circa 309mila

risultati e 85,5 mila abbinan-do il termi-

ne “terapia” alla chiave di ricerca. In in-

glese i risultati ammontano inve-ce a 3,2 milioni per “atopic dermatitis” e a 1,5 milioni per “atopic eczema”. È evidente che con tale volume di siti, che esprimono altrettante opinioni, è diffi cile per chiunque orientarsi e che la preceden-

za su Google non è sintomo di qualità, ma talvolta solo di investimenti: sono

molti infatti i siti pseudo-scientifi ci che vogliono vendere qualcosa. Un criterio da suggerire può essere senz’altro la certifi ca-zione “HON” (Health On the Net Founda-tion, istituita a Ginevra nel 1995, che ha stabilito un codice comportamentale e al tempo stesso una garanzia dei contenuti per chi naviga in internet). Purtroppo, però, non sempre siti autorevo-li presentano il codice HON: quello della National Eczema Society, americana, per esempio (www.nationaleczema.org), lo ha ottenuto soltanto di recente, mentre quello della società europea (www.eczema.org) e quello dei Centers for Disease Control and Preve ntion (CDC, www.cdc.gov) ne sono addirittura sprovvisti. Altre insidie della rete sono rappresentate da siti che propongono informazioni accattivanti che mascherano proposte subdole di vendita, per esempio di test diagnostici non certifi -cati, oppure da siti che, citando riviste non accreditate nell’Index Medicus, sollevano preoccupazioni, come nel caso dei cortico-steroidi, o propugnano messaggi terrori-stici o fuorvianti, sostenendo per esempio la necessità di far ritirare dei farmaci dal commercio.

“La consultazione di siti autorevoli,

come quello dell’European Medicines

Agency (EMA), potrebbe consentire

a chiunque di eff ettuare le opportune

verifi che, ma è pur vero che

diffi cilmente i genitori, senza

opportuna indicazione, possono

acquisire tali informazioni”.

Ci sono poi siti che promettono il gratui-to patrocinio in caso di denuncia alle in-dustrie produttrici di cosmetici, salvo poi esigere una percentuale ragguardevole su eventuali indennizzi. Alla luce di queste premesse si delinea quanto mai fondamentale e imprescin-dibile il ruolo del pediatra, unica fi gura in grado di identifi care gli strumenti me-todologici e operativi per un corretto in-quadramento, per l’orientamento verso so-luzioni terapeutiche personalizzate, per il follow-up e la prevenzione di complicanze nel lungo termine.

Page 7: Menthalia Magazine - Maggio 2012

pagina 7numero 2 - maggio 2012

®

Bisognerebbe avere più faccia tosta.

Prendersi il lusso di essere imperti-

nenti, dire quello che si pensa esatta-

mente come lo si pensa senza farsi proble-

mi per le reazioni e i sentimenti degli altri,

trasgredire le regole del buon vivere civile e

della corretta comunicazione e fare proprio

come ci pare.

Vi sembra un abominio? In eff etti lo è.

Eppure c’è chi ha trovato un luogo anzi, un

non-luogo, dove potersi sbizzarrire tirando

fuori indisturbato il peggio di sé: la rete. In

rete nessuno ti guarda negli occhi mentre

parli (pardòn, scrivi) quindi non ci saranno

occhi in cui potrai leggere indignazione e di-

sapprovazione per aver sfogato il tuo più bas-

so istinto. Puoi non rispettare nessuno, dare

fastidio, essere invadente, creare scompiglio

nelle comunità urtando la sensibilità altrui.

Perché sì, lo scompiglio lo crei comunque,

anche in una realtà virtuale. Non è aff atto

vero che la rete è una giungla perché men-

tre navighi, esattamente come mentre vivi la

tua giornata, sei inserito in un contesto fatto

di persone, di tempi e situazioni che hanno

le loro regole e che i più rispettano: le regole

della Netiquette. E tu che non le rispetti crei

un problema a tutti gli altri.

Qualcuno si domanderà cosa sia questa Ne-

tiquette ma se è un frequentatore della rete

in realtà lo sa già, anche se forse gli è nuovo

il termine. La Net (rete) – étiquette (buona

educazione) è quell’insieme di regole di com-

portamento da adottare mentre si interagisce

virtualmente con altri individui attraverso

forum, siti, social network. Questioni di

buon senso, non doveri soggetti a sanzio-

ni. Così come nel quotidiano sarebbe, per

esempio, buona norma togliere la suoneria

del telefonino in biblioteca oppure lasciare

il passo ad una signora davanti ad un porto-

ne, così in rete dovremmo evitare di scrivere

un messaggio in un forum in stampatello,

perché ciò equivale ad urlare; sarebbe molto

meglio chiarire nell’oggetto di una email qual

è l’argomento di cui tratta, per evitare che il

destinatario ci metta un quarto d’ora a capire

che non gli interessava aff atto leggerla; biso-

gnerebbe evitare di rendere pubblico ciò che

qualcuno ci ha detto in privato.

Questo, in eff etti, anche nella vita di tutti i

giorni, ma il fatto è che il confi ne tra dentro

e fuori la rete non esiste più: quel che accade

on line infl uenza la nostra vita quotidiana e

quel che facciamo nella nostra vita quotidia-

na può fi nire on line per colpa ad esempio di

una foto taggata senza permesso.

Ebbene, ci sono un bel po’ di utenti che si

divertono a fare i guasconi e queste regole

non le rispettano, minando la tranquillità

della navigazione. Poca roba, direte. Basta

un buon lavoro fatto dall’amministratore e il

guastafeste viene bannato, segnalato, elimi-

nato, salvo ricomparire a far danno con un

nuovo nickname o una nuova falsa identità

per poi essere di nuovo beccato.

Ma cosa accade quando questi elementi

approfi ttano del fi ltro della rete per avvi-

cinare e importunare pubblicamente un

personaggio famoso?

Se un ammiratore o disturbatore che sia non

ha il coraggio di gridare oscenità ad una ve-

lina incontrata per strada per paura di essere

preso a calci dai suoi bodyguards o dal suo

fi danzato calciatore, non avrà remore a farlo

su Twitter mentre è al sicuro nel silenzio di

camera sua. Ed ecco che i profi li di molti vip,

che si erano avvicinati ai social network per

dialogare con i propri fans, vengono giorno

dopo giorno disattivati perché per loro il

rischio ormai è quello di darsi la zappa sui

piedi da soli e fi nire vittime di innumerevoli

stalkers (che oltretutto attraverso la tua pagi-

na pubblica sanno quando esci, sanno quan-

do torni e ti vengono anche a rubare in casa

nel frattempo. Ma questa è un’altra storia).

Bacheche piene di insulti impossibili da ge-

stire, indirizzi di residenza forniti pubblica-

mente, caselle private intasate da quelle che

non sono vere minacce denunciabili, ma

continue sgradevoli “attenzioni” che tolgono

il gusto ad una cosa bella.

Rischi del mestiere? Certamente. Ma il fa-

stidio resta, o dovrebbe restare, perché se

si mina la libertà di qualcuno, quello è un

problema di tutti. Anche se quel qualcuno è

diverso da noi perché è più famoso ed ha un

conto in banca molto più fl orido del nostro.

Che voi siate vip o meno, siamo tutti sulla

stessa barca e navighiamo rischiando di in-

cappare in indesiderati pirati. Tutto però sta

a ridimensionare il problema e a non dargli

troppa importanza.Perché sì, in rete c’è mol-

ta più faccia tosta, ma i maleducati sono una

razza che abbiamo già imparato a conoscere

fuori da questo schermo.

di Stefania Stefanelli, Autrice e Sceneggiatrice Televisiva

Navigare in tempesta

Page 8: Menthalia Magazine - Maggio 2012

pagina 8numero 2 - maggio 2012

®

Guerra e pace in Irlanda sui muri di BelfastL’iconografi a del confl itto sta lasciando spazio a nuove rappresentazioni

di Riccardo Michelucci, Giornalista

Da decenni le mura dei quartieri di

Belfast sono le pagine di un enor-

me libro di storia a cielo aperto

che raffi gura odio, disprezzo vendetta ma

anche memoria, sacrifi cio e spirito di ap-

partenenza. Esprimere i sentimenti della

propria comunità dipingendo le facciate

delle abitazioni, i muri divisori, le pareti

dei palazzi è una tradizione che contraddi-

stingue le strade e i quartieri più popolari

di Belfast, ma anche quelle di Derry, Ar-

magh e dei centri minori.

Un’usanza che i quartieri unionisti inau-

gurarono per primi all’inizio del XX se-

colo, per cercare di coagulare la propria

identità comunitaria di fronte a quelli

che venivano percepiti come attacchi alla

loro condizione di privilegio da parte dei

cattolico-nazionalisti. Protagonista assolu-

to dell’iconografi a muraria di inizio secolo

– tuttora ricorrente nelle moderne rappre-

sentazioni – è il famoso 12 luglio del 1690,

giorno che vide il re protestante Guglielmo

d’Orange sconfi ggere il cattolico Giacomo

II nella storica battaglia della Boyne, da

sempre considerato uno spartiacque fon-

damentale della storia d’Irlanda.

Molto più recente è invece l’esperienza

dei murales nei quartieri cattolico-nazio-

nalisti, risalente perlopiù all’epoca degli

scioperi della fame in carcere dei primi

anni ‘80, un periodo di grandi mobilita-

zioni a sostegno dei militanti incarcerati

che protestavano per ottenere lo status

di prigionieri politici. Sono talvolta un

modo di “segnare il territorio” – non

senza esplicite dimostrazioni di violen-

za, specie nei quartieri unionisti – ma

sono spesso dedicati anche alla memo-

ria delle vittime del confl itto.

Gli aff reschi murali esprimono con

eloquenza i diff erenti sentimenti delle

due comunità: molto più violenti e mi-

nacciosi i murales dei quartieri unioni-

sti, assai più distesi, commemorativi e

legati a temi storici e tradizionali quelli

della parte nazionalista. I dipinti a sfon-

do politico continuano a essere un tratto

caratteristico del confl itto nordirlandese

anche dopo la sua conclusione, seguita

agli Accordi di pace del 1998. Da allora,

molti di quelli inneggianti alla violenza

sono stati sostituiti con altri, dedicati a

campioni dello sport o a divi dello spet-

tacolo.

Un confortante segno dei tempi che non

ha sacrifi cato la qualità artistica degli

aff reschi murali, ormai diventati anche

un’attrazione turistica.

ast

nza

io-

gli

mi

a-

ati

us

n

n

-

a

-

n

e

© fo

to d

i Ric

card

o M

iche

lucc

i

Page 9: Menthalia Magazine - Maggio 2012

pagina 9numero 2 - maggio 2012

®

Page 10: Menthalia Magazine - Maggio 2012

pagina 10numero 2 - maggio 2012

®

di Loredana Romano, Regional Sales Manager, IBI Lorenzini

RRRRiccceevveeerree

l principale assioma della comunica-

zione, enunciato da Paul Watzlawick

sul fi nire degli anni ’60, decreta l’im-

possibilità di non comunicare. Un concet-

to universalmente riconosciuto, enfatiz-

zato e talvolta dato per scontato, sul quale

si sono innestate le più moderne tecniche

comunicazionali. È altrettanto vero, seb-

bene scarsamente praticato, che alla base

di una comunicazione effi cace ci sia l’a-

scolto, sul quale pure si aff astellano defi -

nizioni e “consigli per l’uso”. L’ascolto è un

vero e proprio processo continuo di sele-

zione, raccolta e catalogazione delle infor-

mazioni. Essere centrati sull’interlocutore

e sulle sue esigenze è assolutamente fon-

damentale per una comunicazione effi cace

e l’ascolto implica un’accurata percezione

di quanto si sta comunicando. Insomma, è

il vero e proprio momento ricettivo della

comunicazione.

Già nel I secolo d.C., Epitteto aveva conia-

to un buon modello per la comunicazio-

ne effi cace, secondo cui la natura ha dato

all’uomo una lingua ma due orecchie, così

che si possa ascoltare il doppio di quanto

si parli. Molti, moltissimi secoli più avanti,

verso la fi ne degli anni Ottanta dello scor-

so millennio, Kevin Murphy, volle preci-

sare che “ascoltare è un processo in conti-

nuo movimento, che ha inizio quando

una persona sente ed osserva cosa viene

detto, continua quando questa persona

immagazzina e correla le informazioni,

e inizia di nuovo con la sua reazione.

Ascoltare non corrisponde alla semplice

abilità di decodifi care le informazioni: è

uno scambio a due nel quale entrambe

le parti coinvolte devono essere sem-

pre ricettive ai pensieri, alle idee e alle

emozioni degli altri.

“Ergo, ascoltare è veramente un lavoro diffi cile”

Ma ascoltare non basta, occorre

qualcosa di diverso, e qui il gioco

si fa davvero duro: bisogna saper

ascoltare attivamente. L’ascol-

to attivo si basa sull’empatia e

sull’accettazione. Esso si fonda

sulla creazione di un rapporto po-

sitivo, caratterizzato da “un clima

in cui una persona possa sentirsi

empaticamente compresa’’ e, comunque,

non giudicata.

Ascoltare attivamente, e dimostrare che

lo si sta facendo seriamente, rende più

tangibile la propria partecipazione nella

comunicazione e permette di captare l’es-

senza delle informazioni, anche quelle non

evidenti, ed i segnali deboli, come quelli

emessi attraverso il linguaggio del corpo.

L’ascolto attivo, insomma, potrebbe essere

considerato il modo più sicuro per verifi -

care l’eff ettiva ed effi cace trasmissione del

messaggio nel contesto della conversazione.

In un bel testo di Marianella Sclavi, dove

l’ascolto è paragonato ad una vera arte, ho

letto che un “buon ascoltatore è un esplora-

tore di mondi possibili.”

Per diventare “attivo”, l’ascolto deve essere

quindi aperto e disponibile non solo ver-

so l’altro e quello che dice, ma anche verso

se stessi, per ascoltare le proprie reazioni,

per essere consapevoli dei limiti del pro-

prio punto di vista e per accettare di non

sapere o di non capire. Ascoltare in modo

attivo signifi ca assumere il punto di vi-

sta dell’altro, sia pure temporaneamente

e provvisoriamente. Ascoltare in modo

attivo signifi ca, quindi, sintonizzarsi pro-

fondamente con lo stato emotivo dell’altro

e lasciarsi coinvolgere e interrogare da ciò

che dall’altro ci proviene, quindi, un ascol-

to reale è un ascolto empatico. Ascoltare

in modo attivo signifi ca accettare di farsi

“cambiare” dal dialogo instaurato e far ta-

cere se stessi per dare la precedenza all’al-

tro. Ascoltare attivamente signifi ca, in fi n

dei conti, mettersi “nei panni dell’altro”, ri-

conoscere e accettare il suo punto di vista,

accogliendo e comprendendo le emozioni,

i dubbi, le preoccupazioni che manifesta,

così che la comunicazione possa procede-

re senza barriere e secondo un quadro di

riferimento nel quale poter poi collocare le

informazioni ricevute.

È raramente qualità personale, bensì una

vera e propria abilità relazionale di cui si

può benefi ciare in ogni ambito della co-

municazione, dal lavoro alla vita socia-

le, nei rapporti con i propri capi come in

quelli con i propri fi gli. È un insieme di

tecniche che si possono apprendere ed al-

lenare. E per farlo, potrebbero anche essere

molto utili le pagine di un Magazine dedi-

cato alla comunicazione!

RRRicceev

Page 11: Menthalia Magazine - Maggio 2012

pagina 11numero 2 - maggio 2012

®

Curiosità

Il mio amico Whisky

In questo numero, vi sottoponiamo l’in-

teressante strategia di marketing del

Whisky scozzese Laphroaig. All’acqui-

sto di una bottiglia, gli amanti del rinomato

scotch trovano un talloncino con un codice

identifi cativo unico. Eff ettuando la registra-

zione sul sito internet www.laphroaig.com

ed inserendo il codice si diventa automati-

camente Friend di Laphroaig, ricevendo di

diritto un piccolo pezzo di terra, il “Plot”

dove viene prodotto il Whisky. Ogni amico

di Laphroaig ha una porzione di questa

terra e può raccogliere l’affi tto di questa

piccola proprietà: un assaggio del bic-

chierino più pregiato. La zolla può essere

visitata, monitorata attraverso il satellite

e, cosa ancora più allettante, si entra a far

parte di una comunità di appassionati ed

intenditori realmente affi atata; sul sito i

fondatori raccontano di come nel corso de-

gli anni abbiano assistito ad alcuni eventi

straordinari sul “sacro manto erboso”: un

matrimonio tra due seguaci, la dispersione

delle ceneri di un membro e, addirittura,

l’adesione di un membro reale. È il Princi-

pe Carlo d’Inghilterra ad avere l’unico Real

Plot, segnalato con tanto di stemma araldi-

co! Il marketing delle relazioni. Ci piace!

Th ink Purple

Il viola, non solo colore

In redazione abbiamo pensato di sotto-

porre alla vostra attenzione qualche cu-

riosità sul colore viola. Non solo colore

sociale della nostra azienda, ma vero e pro-

prio way of life...

Il viola è, infatti, il colore della creatività e

dell’eccentricità: risultato della mescolanza

tra rosso, attivo e dinamico, e blu, calman-

te. Un ponte tra caldo e freddo, un’unione

dicotomica e fatale.

Colore di buon senso e di profondità spiri-

tuale, da sempre è defi nito come un colore

mistico.

Gli aggettivi associati al colore viola sono:

indipendente, intuitivo, intellettuale, spi-

rituale, creativo, misterioso, saggio. Co-

lore della raffi natezza, della passione, della

ricchezza, del romanticismo e della sensi-

bilità.

In cromoterapia: depurativo del sangue,

rallenta l’attività cardiaca e favorisce la mi-

crocircolazione cerebrale.

Insomma indossate qualcosa di viola quan-

do volete incoraggiare la vostra fantasia!

Plot, segnalato con tanto di stemma araldi-

co! Il marketing delle relazioni. Ci piace!

Page 12: Menthalia Magazine - Maggio 2012

Un Progetto per 100 viteCome ci puoi aiutare:

Adozione di un bambino o di un progetto?

Adottare un bambino è un gesto nobilissimo, ma aiuta un solobambino. Adottare un progetto vuol dire creare le condizioni per dare unfuturo migliore a centinaia di bambini. Ed una vecchia massima dice: “se daiun pesce ad un povero lo sfami per un giorno, se gli insegni a pescare lo haisfamato per tutta la vita”.

E lo scopo di questo progetto Villaggio è dare una professione a centinaia di bambini affinchèpossano prendersi responsabilmente carico del proprio futuro

L’Associazione cerca di aggregare tante famiglie disposte ad adottare il progetto Le Vil-lage des Enfants, con donazioni tramite bonifico bancario (le donazioni sono deducibili)

destinando il 5 per mille alla nostra Associazione direttamente e tramite quanti più amici possi-bile.

Come si fa a devolvere il 5x1000

a Queen of Peace Onlus?

Se presenti il 730, il Modello Unico, o ricevi il CUD daltuo datore di lavoro puoi scegliere la destinazionedel tuo 5x1000 nel riquadro riservato al "Sostegnodelle organizzazioni non lucrative di utilità sociale,delle associazioni di promozione sociale...".Indica il codice fiscale di Queen of Peace Onlus:97572990154 e apponi la tua firma.

AFFINCHÈ GLI OCCHIDEI BAMBINI CONTINUINOA SORRIDERE

Le coordinate bancarie dell’Associazione Queen of Peace Onlus sono:IBAN: IT55X 03069 09545 100000 000565

BIC (O SWIFT) BCITITMM

Queen of Peace Onlus:sede legale: Corso Venezia 36, 20124 Milano

sede operativa: Via Cascina Camuzzago n.16, 20882 Bellusco.

www.queep.it