Spagine la mostra sul castello carlo v di fabio grasso

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L’arte di costruire la città di Fabio A. Grasso Lecce, mercoledì 22 gennaio 2013 - anno 2 s p a g i n e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A.Verri Se una madonna diventa Maria d’Enghien Spunti e riflessioni sul catalogo della mostra “Il castello Carlo V Tracce, memorie, protagonisti”

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In questi giorni, e fino al 23 Febbraio prossimo, presso il castello di Lecce è allestita la mostra dal titolo “Il castello Carlo V: tracce, memorie, protagonisti” (ingresso gratuito, lunedì – venerdì ore 9.30 – 12.30; sabato e domenica ore 17.00 -20.00). Nel catalogo (Congedo Editore, 13 euro, pp. 132 con foto b/n e colori) alcune delle sezioni che lo compongono sembrano rispondere più direttamente delle altre alle domande del visitatore - lettore tipo (chi ha costruito la fortezza? quando?) e su esse pertanto ci soffermeremo.

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L’arte di costruire la città

di Fabio A. Grasso

Lecce, mercoledì 22 gennaio 2013 - anno2

spa gine Periodico

culturaledell’AssociazioneFondo Verri

Un omaggioalla scritturainfinitadi F.S. Dòdaroe A.Verri

Se una madonnadiventa Maria d’Enghien

Spunti e riflessioni sul catalogo della mostra

“Il castello Carlo VTracce, memorie, protagonisti”

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Spagine n°0 - L’arte di costruire la città

In questi giorni, e fino al 23Febbraio prossimo, presso ilcastello di Lecce è allestitala mostra dal titolo “Il ca-stello Carlo V. Tracce, me-morie, protagonisti” (in-

gresso gratuito, lunedì – venerdì ore9.30 – 12.30; sabato e domenica ore17.00 -20.00). Nel catalogo edito daCongedo Editore (13 euro, pp. 132con foto b/n e colori) a cura di Fran-cesco Canestrini e Giovanna Cacudi,alcune delle sezioni che lo compon-gono sembrano rispondere più diret-tamente delle altre alle domande delvisitatore - lettore tipo (chi ha co-struito la fortezza? quando?) e su es-se pertanto ci soffermeremo. Interes-santi e chiari in ogni caso i saggi(giusto per citarne alcuni) di B. Vete-re, R. Poso,V. Cazzato, P. Arthur edel suo gruppo di ricerca. Una notadi merito tutta particolare andrebbefatta alla Biblioteca Provinciale “N.Bernardini” (dir. A. Laporta), all'Ar-chivio Storico Comunale (responsa-bile C. Caruso, dir. Ninì Elia) cosìcome all'Archivio di Stato di Lecce(dir. A. Bianco), vere risorse del ter-ritorio.

Nota a margine il sito che ospital’allestimento non pare immediata-mente accessibile ai disabili.

***Nel saggio di Mario Cazzato (pp.

49 – 54) il passaggio più interessanteè legato a una planimetria del castel-lo leccese che proviene dalla Biblio-teca del Palazzo Reale di Madrid(già segnalata in Fernández Duro1889, p. 14).

La prima questione affrontata dal-lo studioso è la datazione dalla plani-metria, la seconda, espressa conestrema cautela, è l'ipotesi su chi ab-bia realizzato tale disegno ovveroGian Giacomo dell'Achaya. Chiaria-mo intanto che la quota del disegno èplausibilmente quella all'altezza cir-ca delle cannoniere del piano terrenoe ricordiamo inoltre, perché megliosi comprenda quanto seguirà, un no-to inventario del 1571 dove si fa rife-rimento all'esistenza di una “cappel-la nova” identificabile con quellache si incontra nel secondo atrio en-trando nella fortezza.

Cazzato a p. 54 scrive:”...se osser-viamo bene la pianta in questione(quella madrilena, ndr), noteremoche questa cappella non è ancora ri-portata, particolare non sfuggito agliarcheologi, che giustamente ricono-scono tale rilievo “antecedente” allacostruzione della cappella di S. Bar-bara che è quella che si affaccia sulcortile con in alto, sulla finestra, l'ar-ma dei Loffredo. Se questo è vero, lapianta è stata eseguita anteriormenteal luglio del 1571, data del documen-

to citato prima (l'inventario, ndr).Questo vuol dire con ogni probabili-tà che il nostro disegno fu eseguitovivo il dell'Acaya che, come noto,scomparve nel dicembre 1571.

A voler essere ancora più precisi,possiamo richiamare un documentodel settembre 1567 nel quale il vice-castellano B. De Ruecchas richiedeuna perizia ai mastri Paduano Schie-rio, Mariano Barci e Nicola Saettarelativa alla porzione del castello incorrispondenza “dell'appartamentovecchio... dalla banda di tramonta-na... sopra la cavallerizza vecchia...che minacciava ruina” e se non sifosse intervenuti in tempo il dannosarebbe stato ingente atteso che una“muraglia era cascata da la faccia ditramontana dentro lo fosso vecchio.… Sembra perciò che la nostra pian-ta possa ritenersi anteriore al1567,...”.

A p. 53 lo stesso studioso scrivesempre a proposito di questo dise-gno: “...la tentazione di assegnare aldell'Acaya l'anonima cinquecentescapianta del Castello di Lecce … è ve-ramente grande. ...”.

***

Le domande che potrebbero emer-gere a questo punto sono due.

La prima: G. G. dell' Achaya po-

trebbe davvero essere l'autore del di-segno madrileno?

La seconda: è possibile avanzarein modo più puntuale di quanto abbiafatto la stessa biblioteca spagnolauna datazione di tale disegno?

Alla prima domanda sembra sipossa rispondere subito. Chi ha rea-lizzato la planimetria madrilena nonconosce il castello di Lecce; ciò faescludere che l'autore del detto dise-gno possa essere G. G. dell'Achaya.Quanto appena detto, molto sempli-cemente, scaturisce dalla stessa pla-nimetria dove, infatti, nel bastione disan Giacomo sono disegnate due di-stinte e separate cannoniere cheguardano il bastione della santa Tri-nità, ma nella realtà ne esiste solouna; manca addirittura, sempre neldisegno, la cannoniera “doppia inter-namente” che è contigua a quellaprecedente.

Tale non rispondenza della plani-metria alla realtà la si nota anche peraltri bastioni e rispettive cannoniere.Almeno per gli aspetti architettoniciappena segnalati, il disegno madrile-no non può definirsi pertanto un ri-lievo dello stato di fatto.

Sulla base di queste evidenze èdifficile pensare che G. G. del-l'Achaya, qualora fosse stato incari-cato di realizzare tale disegno, inquanto architetto militare, non abbia

di Fabio A. Grasso

Note, tra meriti e demeriti

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Lecce, mercoledì 22 gennaio 2014 - anno II

Attesa sotto le mura del Carlo V°

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Lecce, mercoledì 22 gennaio 2014 - anno II

segnalato correttamente proprio glielementi per la difesa della fortezzatanto più che la natura di tale dise-gno sarebbe proprio quella di mi-gliorare la funzionalità della struttu-ra militare.

***Dalla planimetria madrilena emer-

ge che l'attenzione del “redattore” èrivolta in particolare a quelli che ingergo si definiscono spazi serventi,in questo caso, alle rampe e al “corri-doio anulare” che corre fra l'anellomurario esterno e quello interno. Sipotrebbe ragionevolmente ipotizzareche si sia prestata attenzione mag-giore da parte del “redattore” proprioallo “stato reale” di certi luoghi inparticolare dovendo questi essereinteressati da una probabile attivitàedilizia. Nel disegno con la lettera“A” si è indicata la rampa che con-duce ancora oggi al bastione dellasanta Trinità; con le lettere “B” e“C” si sono indicate in rosso (forseperché oggetto di un intervento) lerampe che si vedono salire rispetti-vamente al bastione di san Martino ea quello di santa Croce; con la lettera“E”, si indica un ambiente (i murisono in rosso) accostato al bastionedi san Martino; sempre in rosso, al-cuni muri a ridosso della porta falsa.Con la lettera “F” si contrassegnanodue dei quattro cortili anulari e con“G” l'ingresso alla rampa che portaai locali sotto il “cortile” “F” quellointerno addossato alla cortina checongiunge i due bastioni di san Gia-como e santa Trinità. Chiarito chenon si è in presenza di un rilievo del-

lo stato di fatto propriamente detto(questo, come accennato, è ciò chelascia ipotizzare l'”errata” rappre-sentazione delle cannoniere) è possi-bile ipotizzare quanto segue: 1) il re-dattore del disegno madrileno po-trebbe avere riprodotto questa plani-metria sulla base di un'altra (forsequella di progetto?); il disegno-copiaè stato poi corredato (forse da altramano) di misure (alcune prese plau-sibilmente in modo diretto, altre in-vece, come quelle dello spessore dicerti muri, potrebbero essere statededotte per via grafica); 2) non esistein questo disegno nulla che lasci in-travedere l'esistenza del vecchio fos-sato o che debbano essere compiutilavori su di esso. Se è vero quanto silegge nello stesso disegno e quantoriferito nel noto atto notarile del 26settembre 1567, sembrerebbe ragio-nevole supporre che il vecchio fossa-to, appunto, fosse stato già colmatoall'epoca della redazione del disegnomadrileno. Quest'ultimo, pertanto,descriverebbe, entro certi limiti, unostato dei luoghi successivo al 26 set-tembre 1567 quando il vecchio fos-sato è segnalato come ancora esi-stente. Nel disegno madrileno, inol-tre, non esistono indicazioni funzio-nali delle destinazioni d'uso degliambienti del castello e non abbiamoelementi diretti pertanto che possanosmentire l'ipotesi che la “chiesa no-va” possa essere stata già esistente altempo della redazione della dettaplanimetria. Andrebbe ricordatoinoltre che: la costruzione di talechiesa (così detta di santa Barbara)

potrebbe essere avvenuta non conte-stualmente a quella della sua sagre-stia (un esempio di chiesa nata senzasagrestia è quella dell'ex Ospedaledello Spirito Santo in Lecce); nel no-to inventario del 1571 la “chiesa no-va” è usata anche come deposito dizolfo.

L'unica cosa che potrebbe dirsicon certezza invece è che l'ambientecorrispondente alla chiesa, così co-me rappresentato nella planimetriamadrilena, non ha né la porta lateralené quella principale così come inve-ce oggi esistono (ci si riferisce a po-sizione relativa e larghezza e ovvia-mente in termini qualitativi). D'altrocanto l'inesistenza, nella planimetriaspagnola, di una porta principale inposizione centrale ovvero lungo l'as-se di simmetria longitudinale del va-no della “ipotetica chiesa” non impe-disce di pensare, sulla base di quantooggi disponibile, che questo locale,inizialmente di servizio, avesse ac-quisito già prima del 1571 una desti-nazione religiosa (utile in tal senso èl'esempio della chiesa a ridosso del-l'atrio di accesso nel castello di Co-pertino dove un locale inizialmentedi servizio fu trasformato in una cap-pella la cui porta di accesso dal corti-le non rispetta l'asse longitudinaleprincipale dell'ambiente). Alla lucedi quanto detto, quindi, nel saggiointitolato “Un castello da scoprire”l'attribuzione a G.G dell'Achaya del-la planimetria madrilena nonché ilmodo in cui tale disegno è stato data-to aggiungono a quello che sembre-rebbe essere il sapore compilativo di

questo contributo (gli autori sono:Marzia Angelini, Giovanna Cacudi,Michela Catalano, Pietro Copani,pp. 91 – 110) il sottile retrogusto diuna scientificità discutibile.

Altra questione che emerge fra lerighe di questo catalogo è poi quelladella figura del restauratore, temasempre attuale, che in questo caso, siapprende dalla lettura, non avrebberealizzato i rilievi architettonici delcastello leccese (a cura della Fidias.r.l di Napoli) né eseguito gli scaviarcheologici (a cura di P. Arthur, B.Vetere e della sua èquipe che ha con-dotto anche fondamentali ricerched'archivio e rilievi architettonici).Alla base del restauro, del buon re-stauro c'è sempre la doverosa cono-scenza dell'edificio storico che si ac-quisisce in un solo modo: facendo ri-cerca d'archivio e i rilievi architetto-nici. E tutto ciò solo per evitare cla-morosi casi come quello accadutodurante il restauro del castello diAchaya (a cura della stessa soprin-tendenza leccese) dove è stata abbat-tuta la metà di un bastione riferibileallo stesso G.G. dell'Achaya.

***Nel citato saggio di Mario Cazzato

(p. 49) a proposito dei capitelli dellasala grande al primo piano scrive:“...Gli “sculpituri (il “clan” dei Ren-zo), avevano già scolpito “li capitellide le colonne delle stantie nove”,forse i capitelli del salone...”.

Per quanto riguarda questa attribu-zione ai Renzo, nel saggio di AngeloMaria Monaco (p. 59) questi scrive :“...Accogliendo un suggerimento ve-

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rosimile di M. Cazzato, che ipotizzaun cantiere condiviso tra Gian Gia-como e Gabriele ….”. Colui cui si fariferimento è lo scultore GabrieleRiccardo, e questo è chiaro. Non èchiaro a questo punto, però, se perM. Cazzato quei capitelli siano statirealizzati dai Renzo o da G. Riccar-do. Le conclusioni di A. M. Monacoinvece non sono condivisibili perchéi volti scolpiti su questi peducci han-no una plasticità che nulla ha a chefare con quella di G. Riccardo (le cuiopere sono state ampiamente catalo-gate e classificate) e molto invececon quella dei Renzo (in questo haragione Mario Cazzato qualora eglisi attenesse alla prima delle sue ipo-tesi quella cioè espressa a p. 49 chein ogni caso è stata già anni fa avan-zata da altri).

***Un saggio interessante è quello di

Roberto Costanzo (pp. 60 – 62, inti-tolato”Araldica Castellana”)

In questo contributo compaiono,però, diversi refusi come ad esempiola didascalia della foto 5 (lo stemmaZuniga y Avellaneda non si trovanella volta del salone del castello masulla torre magistra come riportatoinvece correttamente nel saggio),oppure quello in cui si ricorda Gar-cia Alvarez de Toledo come succes-sore di don Pedro di Toledo a Vicerédi Napoli, in effetti tale carica fu as-sunta da Luigi Alvarez de Toledo. Aproposito, poi, del grande stemmacentrale che domina la volta della sa-la principale al primo piano R. Co-stanzo scrive: “La crocetta nera al

centro dello scudo ricorda probabil-mente l'appartenenza all'ordine di S.Giorgio....”. Questa “crocetta” non èun simbolo araldico ma solo un cru-ciforme pezzo metallico con ungrande anello destinato ad appender-vi forse un lampadario. Alla descri-zione di quest'ultimo stemma, cosìcome presentata nel saggio di R. Co-stanzo, si potrebbe aggiungere undettaglio forse importante ovvero lagrande croce posta dietro lo scudo(se ne vedono solo le parti terminalidei quattro bracci). Si ricorda inoltrelo stemma molto danneggiato, configure araldiche simili a quelle scol-pite sullo scudo della sala principaledel castello, posto al centro della pa-rete che guarda verso il cortile cen-trale interno, quasi di fronte allachiesa di santa Barbara. Nella partesommitale di tale ultimo blasone,posto in asse con il più grande ves-sillo imperiale di Carlo V che lo so-vrasta, è visibile una scultura simileper disegno e fattura a quella presen-te pure su un altro vessillo che è sullaparete interna del bastione di santaCroce dove le figure araldiche sotto-stanti non sono più però leggibili.Del saggio di R. Costanzo non sicomprende infine il motivo per cuidue stemmi, quello sulla parete in-terna del bastione di san Martino equello sulla volta del secondo atriodi accesso alla fortezza, benchéuguali nelle figure araldiche, vengo-no identificati in modo diverso: ilprimo come Leon-Castiglia (pp. 60;61, fig. 4), l'altro come de Somma.

***

I saggi analizzati sembrano man-care di una bibliografia aggiornata, icriteri di valutazione stilistica in essiadottati appaiono in alcuni casi supe-rati, le interpretazioni iconografichelontane dalla realtà costruttiva etroppo salottiere come pure andreb-be segnalato che le fonti citate perfissare la data di inizio dei lavori an-drebbero prese con estrema cautela.La data del 1537, per esempio, indi-cata come quella di inizio dei lavoridel nuovo castello, riportata nelleCronache leccesi, non è certa per lanatura stessa della fonte. E così puresono incerte e da verificare volta pervolta le informazioni contenute inun'altra fonte spesso in genere usataovvero l'“Apologia Paradossica del-la città di Lecce” di Iacopo AntonioFerrari da cui è tratta la notizia cheG. G. dell'Achaya sia il progettistadel castello leccese. Nei saggi diquesto catalogo, in ogni caso, non sicitano fonti d'archivio che attestinoinequivocabilmente questa paternitàartistica pur avendola accettata. Perquanto riguarda, infine, il così dettoprivilegio, riportato sempre da I. A.Ferrari, del 1 aprile 1539 esso nondice che la fortezza deve essere co-struita ma che è stata costruita a que-sta data quindi l'inizio dve esserestato per forza precedente.

Si segnala in ultimo, un lacerto diaffresco che è esposto nella mostracon la seguente didascalia : “Fram-mento raffigurante la presunta effi-gie di Maria d'Enghien provenientedal convento francescano di S. Mariadi Casule a Copertino”.

Questo affresco non rappresenta lanota regina ma una Madonna che intesta ha una corona e un'aureola e frale braccia un Cristo bambino di cui sivede solo una parte del capo e in par-ticolare l'aureola con la caratteristicacroce rossa.

Non è chiaro dalla didascalia co-me la Madonna si sia trasformata inMaria d'Enghien.

***Le mancanze rilevate in questo ca-

talogo non possono essere imputateai soli autori dei singoli contributi.Le sviste di ogni genere possono ca-pitare a tutti. Le responsabilità finaliper refusi, errori, la non scientificità,il palese contraddirsi di alcune affer-mazioni, ricadono evidentemente suicuratori. Un’opera del genere certorichiede più accortezza e maggiorerigore. In merito, un’esempio impec-cabile del lavoro a cura del Ministe-ro Beni Culturali (cui afferiscono laSoprintendenza di Lecce e i curatoridella mostra e del catalogo analizzatiin quest’articolo) è l’inaugurazione ela restituzione al pubblico, lo scorso21 dicembre, di un'ala del MuseoNazionale Archeologico di Taranto(MARTA), argomento sul quale tor-neremo.

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Città di LecceCittà candidataCapitale europea della cultura

Lecce / Castello Carlo V11 gennaio - 23 febbraio 2014

apertura da lunedì a venerdì ore 9.30 - 12.30sabato e domenica ore 17.00 - 20.00

UNIVERSITA’DEL SALENTO

Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia

Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggisticiper le province di Lecce, Brindisi e Taranto

Info

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IL CASTELLO CARLO Vtracce, memorie, protagonisti

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Castello Carlo V°, interno e la locandina della mostra

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