Spagine della domenica 55 0

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spa gine Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0 Ad illustrare questa copertina un’immagine tratta dal catalogo che accompagnava la mostra fotografica itinerante “La cultura contadina”. L’iniziativa fu promossa nel 1986 dalla Scuola Media II° nucleo del Distretto Scolastico n°42 di Maglie (presidente il professor Giuseppe Chiri) e dalla Regione Puglia - Assessorato alla Pubblica Istruzione. In una nota del catalogo i curatori si ringraziano il signor Giuseppe Bernardi che mise a disposizione, per le fotografie, il materiale del Museo della Civiltà Contadina di Tuglie. Coordinatore del progetto fu Pino Refolo, le foto furono realizzate da Yellow Serigrafia di Maglie, la stampa fu a cura della Litografia Graphosette s.r.l. di Taviano.

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Ecco Spagine della domenica. La copertina è dedicata alla riedizione de La cultura dei Tao a cura del Fondo Verri per Spagine... Un audio-libro che può essere un ottimo dono natalizzio per chi lo fa e per chi lo riceve e anche per sostenere l'attività del Fondo La presentazione domani lunedì 8 dicembre, a Lecce in Via Santa Maria del Paradiso...

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spaginePeriodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0

Ad illustrare questa copertina un’immagine tratta dal catalogo che accompagnava la mostra fotografica itinerante “La cultura contadina”. L’iniziativa fu promossa nel 1986dalla Scuola Media II° nucleo del Distretto Scolastico n°42 di Maglie (presidente il professor Giuseppe Chiri) e dalla Regione Puglia - Assessorato alla Pubblica Istruzione.

In una nota del catalogo i curatori si ringraziano il signor Giuseppe Bernardi che mise a disposizione, per le fotografie, il materiale del Museo della Civiltà Contadina di Tuglie. Coordinatore del progetto fu Pino Refolo, le foto furono realizzate da Yellow Serigrafia di Maglie, la stampa fu a cura della Litografia Graphosette s.r.l. di Taviano.

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Il sacco di Romadi Gigi Montonato

S embra quasi in Italia checome ogni salmo finisce ingloria così ogni crimine fi-nisca in mafia. Chiedoscusa per l’irriverente pa-ragone; ma che cosa c’è di

riverente oggi in Italia? Gratta gratta edalla pelle, liscia o squamosa che sia,viene fuori sempre un pus nauseabondoe cancrenoso. Negli anni Sessanta del secolo scorso –vivere a lungo ha un senso se riesci adonorare il tempo che ti ha onorato! – i so-cialisti finalmente giunsero al potere. Ilbuon Nenni si sorprese non avendo tro-vato i bottoni nella stanza detta appuntodei bottoni, dove da sempre si dicevache stessero. Ma era dell’altro secolo lui!Quando arrivò Craxi, circa vent’anni,dopo li trovo. Ah, se li trovò! E mentre ipuri della politica italiana – i socialisti,dico – i difensori dei poveri e i sostenitoridell’uguaglianza per antonomasia, sta-vano per celebrare il secolo di storia,ecco che giunse Tangentopoli a scoprirliladri matricolati, a sputtanarli come maiera accaduto prima per altri. Non diversamente i comunisti – altri puridi Sangrillà! – i quali hanno contenuto idanni solo perché hanno goduto del-l’omertà dell’intellighenzia e della compli-cità della magistratura, l’una e l’altrapiene zeppe dei loro, riducendo a vergo-gnosa copertura l’egemonia gramsciana. Poi è stata la volta dei neofascisti, deimissini, i quali, un po’ essendo esclusi eun po’ autoescludendosi per circa mezzosecolo dal potere, si erano conservatiduri e puri. Giunti anch’essi al potere, sisono rivelati oltre che ladri, amici di cri-minali e forse criminali anch’essi. Allora, viene proprio dal profondo di dire:evviva i democristiani! Evviva! Evviva!Almeno quelli mangiavano e facevanomangiare; e se potevano, ti aiutavano amangiar bene anche per il resto dellavita; aiutavano te con tutti i tuoi. Quanto è accaduto a Roma in questi tri-stissimi giorni prenatalizi fa veramenteperdere la pazienza. Ladri di ogni tipolo-

gia, di ogni risma, di ogni calibro. Ladri,ladri, ladri! Spudoratamente ladri e oltre-tutto imbroglioni e fessi. Ha detto Ale-manno, ex sindaco di Roma, ex missino,ex An, oggi ex tutto: mi hanno tradito.Giustificazione autolesionista e autoas-solutoria. Chi l’avrebbe tradito? E lui èstato tanto fesso da farsi tradire? Checos’è per lui il tradimento? Un uomo po-litico, che abbia un minimo di perspica-cia, sa perfettamente con chi ha a chefare; a chi affida compiti delicati di pub-blica amministrazione. Lasciamo stare lacategoria del tradimento, che spetta aben altre persone, di ben altra stoffa e le-vatura. Intorno a questo ennesimo scandalopubblico è scattata la copertura mafiosa.Si è parlato di mafia e di cupola; usci-ranno anche i pizzini. La stampa, cheoggi ha il ruolo che per gli antichi greciaveva la fama, ha creato intorno alla ca-pitale l’alone misterioso e – diciamolopure – per certi aspetti “nobilitante” dellamafia. Ma di mafioso a Roma non c’ènulla. E’ puro malaffare, uno schifosis-simo malaffare, diffuso, articolato. Haprovveduto lo stesso Massimo Carmi-nati, ex terrorista dei Nar, a fornire le ca-tegorie giuste, mutuandole dal suoimmaginario buono, dal mondo di Tol-kien. Ha parlato di una terra di mezzo,dove ognuno può fare che vuole, dovetutto è a disposizione del più scaltro, delpiù determinato, del più spregiudicato…ladro s’intende. Su questo tratto di terrasi sono incontrati negli anni esponenti ditutti i partiti. Immaginiamo la cosiddetta “terra dimezzo” che era tra le trincee alla primaguerra mondiale, detta, quella, “terra dinessuno”; immaginiamo che ad un certopunto austriaci e italiani si fossero intral-lazzati per fottere l’Austria e l’Italia. Que-sto è avvenuto a Roma in tutti questianni di amministrazioni di destra e di si-nistra, di centrodestra e di centrosinistra.Tutti insieme, appassionatamente ladri. Di fronte a simili fenomeni il cittadino nonsa più che a santo votarsi. Papa France-

sco, che interviene quotidianamente suifatti più salienti della giornata, ha detto,a proposito di quel Salvatore Buzzi chefaceva i soldi con gli immigrati: «I poverinon possono diventare occasione di gua-dagno!». Qui non è più questione di partiti, di ideo-logie e neppure di uomini. Sì, sì, neppuredi uomini, perché è provato che se unuomo ha lo stomaco, il cuore ed ognialtro organo, non può che comportarsiallo stesso modo di tutti gli altri. E spe-rare in qualche eroe è tempo perso. Lademocrazia non ha mai prodotto eroi. Glieroi nascono per eterogenesi, vengonoda fuori, da altre situazioni, costituisconouna netta discontinuità. Democristiani,socialisti, comunisti, fascisti sono tuttifigli della democrazia; hanno tutti lastessa tabe. Si può iniziare un percorso nuovo solo sesi ha il coraggio di cambiare atteggia-mento nei confronti dei reati e di chi licommette, instaurando un sistema di in-transigente rigore. Basta con le pene chedevono rieducare, occorrono pene checastighino, che mettano chi compie reatinelle condizioni oggettive di non poterpiù nuocere. In teoria non sarebbe ne-cessario neppure rinunciare alle garan-zie. Basterebbe cambiare filosofia di vitapubblica. Purtroppo in pratica non è così.Occorre qualcosa che venga da fuori,che non è e non può essere contagiata. Occorre ridefinire le garanzie, ordinarleper gerarchia d’importanza. Chi ha avutola fortuna di conoscere situazioni di vitaall’estero – paesi dell’Europa centroset-tentrionale – ha avuto modo di consta-tare come in quei paesi si consideranormale democrazia ciò che in Italia si ri-tiene fascismo, oppressione, repressioneed ogni forma di intervento della legge.Basterebbe recuperare il senso della le-galità e forse – il forse è d’obbligo – perl’Italia potrebbe iniziare un periodonuovo, diverso, bonificante. Ma l’interro-gativo è lo stesso che si poneva Dante aisuoi dì: «le leggi son, ma chi pon manoad esse?».

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della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0Diario politico

Brenno, capo dei Galli, e Marco Furio Camillo, dopo il sacco di Roma

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spagine

Dal settembre 2013 la leggecontro l’omofobia e contro latransfobia è stata approvataalla Camera, ma giace comecorpo morto nelle secche delSenato. L’alacre governo

Renzi e il litigioso Parlamento non ritengonoche sia ancora necessario affrontare unaquestione di vitale importanza. Si tratta, ov-viamente, d’una tematica delicata, chespacca gli schieramenti e interroga le co-scienze. Il testo, uscito in prima battuta, è tut-tavia abbastanza valido. In passato, ladiscussione più intensa si è concretizzata at-torno ad un perno centrale: i parlamentari sichiedevano se anche all’omofobia e alla tran-sfobia dovesse essere esteso l’articolo 3della legge Mancino, la quale prevede unaaggravante della pena per i reati del codicepenale commessi sulla base di “discrimina-zione, odio e violenza per motivi razziali, et-nici o religiosi”. La legge passata alla Camera, ai tempi delgoverno Letta, era strutturata in modo appro-priato: essa certificava le aggravanti per ilcomportamento individuale, ma non per “leorganizzazioni che svolgono attività di naturapolitica, sindacale, culturale, sanitaria, diistruzione ovvero di religione o di culto”.Un equilibrato escamotage, perché è fonda-mentale punire certi obbrobriosi reati ma, alcontempo, deve essere garantita la libertàd’espressione. In questi mesi, però, l’esecu-tivo operoso del pimpante Renzi ha conge-lato qualsiasi problematica di carattere etico. Anni fa, il governo Berlusconi s’era compor-tato ancora peggio, perché aveva bocciata laproposta di legge dell’on. Anna Paola Conciacontro l’omofobia e contro la transfobia. Lamalagevole strada dei diritti è lastricata dibuone intenzioni, ma all’atto pratico la classepolitica si perde in un deserto di incertezze edi improduttive speculazioni.Da tempo ormai, in Italia, si succedono aritmo incalzante le violenze contro i cittadiniomosessuali e transessuali, pesantementeoffesi, ordinariamente vilipesi, minacciati, ag-grediti fisicamente, proditoriamente pestati asangue. L’emergenza è decisamente odiosae intollerabile, perché cittadini d’un Paese li-bero vengono oltraggiati nel profondo. Laparte pulsante del Paese reale prova disgu-sto nell’osservare certe sciagurate discrimi-nazioni; parimenti, una parte significativadegli italiani potrà nutrire una sincera disaffe-zione nei confronti di certa classe politica, in-capace di salvaguardare le minoranze,inabile a riconoscere sacrosanti diritti. Solo qualche “illuminato” esponente delle isti-tuzioni può ingenuamente affermare: “Nes-suno può dire che in Italia ci sianodiscriminazioni contro gli omosessuali”. Per-ché quindi redigere una legge bipartisan con-tro alcune squallide violazioni e reiterateefferatezze, quando tutto procede bene? Èevidente, invece, che uno Stato laico e libe-rale debba prevedere per la comunità Lgbtun sistema esteso di garanzie. Nondimeno,non si può risolvere l’emergenza solo ser-

rando le maglie, solo allargando il cerchiodegli interventi di ordine pubblico, solo raffor-zando le politiche di carattere securitario. Ep-però una legge contro l’omofobia e contro latransfobia serve da subito, dal momento chelo Stato deve assicurare a tutti ampi gradi dilibertà e di sicurezza. Certo, non basta ina-sprire le pene contro i vigliacchi, contro i me-schini da branco: occorre far veicolare conforza, con convinzione, una nuova culturadell’accoglienza, del rispetto reciproco. Unacultura plurale incentrata sul valore inerentedella diversità. Siamo davvero tutti eguali e,al contempo, diversi; siamo esseri unici e ir-ripetibili, ci comprendiamo nel dialogo, nel-l’incontro, nella stretta di mano, nella correttacomunicazione.Tutti dovremmo avere la possibilità di uscireallo scoperto; tutti dovremmo essere capitidall’altro, perché portatori di valori e indi-scussi principi, d’un sano senso morale.Siamo cittadini (eterosessuali, omosessuali,transessuali) appartenenti ad una multiformeumanità, che esige pubblici riconoscimenti.Matteo Renzi e compagnia dovrebbero ca-pire che al sacro principio di cittadinanza non

di Marcello Buttazzo

si aderisce con i solenni proclami e con le sfi-late televisive, dal momento che esso non èun’astrazione filosofica, ma una necessitàinalienabile e insopprimibile. Conforta parzialmente che in Forza Italia,partito notoriamente legato tenacemente aicosiddetti valori “non negoziabili”, la nuovaresponsabile dei diritti civili sia Mara Carfa-gna. Anni fa, la deputata azzurra ricoprì la ca-rica di ministro delle Pari opportunità e avviòuna mirata e razionale campagna a difesadelle diversità.L’omofobia è una delle più vergognose iat-ture. Mara Carfagna utilizzò lo slogan:“L’omofobia è una malattia dalla quale si puòguarire”. L’identità d’un soggetto non può es-sere confinata solo all’appartenenza di ge-nere, che esprime una parte di noi. L’uomo èuna globalità di fattori, e non può essere maighettizzato. Le istituzioni devono dare segnalidi vita. Aspettiamo, pertanto, che soprattuttoRenzi, avvezzo a organizzare Leopolde e in-tento a declamare continuamente, incoraggi,tra le altre cose, una campagna informativanelle televisioni e nelle scuole.

Ad illustrare un’immagine e il logodel Salento LGBT Film Fest

in corso alle ManifattureKnos fino a lunedì 8 dicembre

LGBT

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spagine della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0contemporanea

I n questi giorni, la Terza Commis-sione dell’Assemblea generaledell’Onu ha approvato una nuovamoratoria della pena di morte. Larisoluzione viene messa ai votiogni due anni: la ratifica dell’Aula

è attesa entro dicembre. Finora 114Paesi sono favorevoli all’abolizione dellabarbara pena. Anche la Russia ha ade-rito e ha deciso di fermare la mano delboia. Chiaramente il documento non havalore vincolante, ma ha un’enorme va-lenza simbolica e morale. La via persua-siva, democratica, che invogliaall’abolizionismo, è senz’altro quella daseguire con insistenza per cercare dicoinvolgere lentamente ogni Paese sul-l’inutilità e sull’efferatezza d’una praticabelluina e medievale. La strada diplomatica è quella da batterecon più vigore e consapevolezza, pertentare di addivenire, un giorno, votodopo voto, all’eliminazione della penacapitale dappertutto.

Si tratta d’una risoluta battaglia pacificae non violenta, d’amore e di civiltà. Labrutale pena è il massimo stravolgi-mento della Carta dei diritti umani, la piùmeschina, irragionevole e sanguinolentaviolazione dell’umano. Da statistiche divaria provenienza, s’è visto che essanon ha alcuna funzione o “efficacia” par-ticolare: non è “educativa”, non è unostrumento di “redenzione”, non serve afar diminuire i crimini. La povera legge del taglione è un ferro-vecchio del passato, necessario solo aplacare talvolta la seta e l’ansietà di ven-detta. Ma non è con una pratica sporcadi sangue che si regolano i rapporti fragli individui.Questa civiltà contemporanea contrad-dittoria, come sostiene anche PapaFrancesco, ha bisogno più che mai diglobalizzare i diritti umani, e non solo leinvasive istanze dell’economia padronae dei mercati finanziari. In questi anni, lacomunità civile italiana, le associazioni

umanitarie, Nessuno tocchi Caino,Amnesty International, la Comunità diSant’Egidio si sono battute con pas-sione e tenacia per il ripristino della le-galità e del senso d’umanità.Abbiamo davvero imboccato un cam-mino virtuoso: dal dicembre 2007,quando passò alle Nazioni Unite laprima moratoria, fino ad oggi, sono cre-sciuti sensibilmente gli Stati membri chehanno sospeso le esecuzioni. I politiciitaliani e internazionali dovranno perse-verare nell’azione di convincimento conla speranza di mandare in pensione ilboia per sempre. I Paesi dittatoriali e de-mocratici dovranno comprendere tuttal’immoralità della pena capitale, che è lanegazione del vero senso di giustizia edè solo un misero strumento di annienta-mento e abbrutimento.

Marcello Buttazzo

No alla pena di morte

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spagine della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0natale 2014

A lberi addobbati a festa, luminarie e presepitutti pronti a indossare il silenzio svilente diuna pace che appare finta e non sentita. Epiù che pace insaziata nel mondo è la paceassente nel cuore di ciò che abbiamo per-duto, empatia e comprensione, perdita che ci

rende brutti, pronti a contestare la violenza e a non riuscirea sradicarne il germe se è dentro la nostra anima.Restano i vecchi, con i loro sguardi liquidi smarriti nel ricordodi quando Natale per loro era calore attorno al focolare, conun piatto unico in cui condividere un sorriso di gioia e il cibodella festa. Quei nonni non in più in vita per molti di noi.Restano le memorie dei loro racconti, quando Natale era l'at-tesa di un anno, scarpe rotte da cambiare, un cappotto dasostituire con quello liso e troppo stretto, nel migliore dei casiun bambola o un trenino. Reduci da una guerra aspra e vilecome tutte le guerre sono, a mangiar pane e ceci tutto l'annone avevano fatto impegno quotidiano per arrivare al pranzonatalizio, metafora di impegno e riscatto, con il sorriso el'anima piena. Era crisi ieri come oggi. Ma nel frattempo noiabbiamo incontrato il gatto e la volpe, ci hanno mostrato laterra promessa e noi ci abbiamo creduto, convinti che il grilloavesse torto e che no, noi non saremmo incappati nelle manidi un orco.Oggi santi e angeli sono appuntati alle vetrine dei negozi,stanchi e dimenticati in un angolo a chiedere umilmente asilonel frastuono di un vento che non sa farsi canto, che non sapiù dare nome al silenzio ne rendere la notte alba eterna.Oggi che le filastrocche apprese dai bambini per allietare lefeste non riescono più a riscaldare la grotta del bimbo eternoperché su l'uscio di ogni porta c'è solo il tremito dell'assenzae non più lacrime buone. Assenza di cose e danari, incer-tezza senza speranza hanno eretto il proprio regno e nes-suno sa più sentirsi parte di un coro. Abbiamo il cuore spento

e Caino è insediato in ognuno di noi, incapaci come siamodivenuti di ricordare ciò che noi dobbiamo all'Altro e non ciòin cui l'Altro ha mancato. Se fossimo disposti per un sologiorno a dimenticare i nostri diritti e a rammentare i nostri do-veri, se per un giorno soltanto fossimo in grado di costruireun'arca in cui mettere in salvo qualche seme d'amore checertamente in fondo a uno scrigno ognuno di noi serba in-vece di rivendicare ciò che la vita a parer nostro ci nega, Na-tale sarebbe vita e non Panettone. Se fossimo capaci per un solo giorno di deporre il rancoreper asciugare le lacrime di un anziano e parlare nella linguadello straniero che “ci ruba il lavoro”, nella bellezza dell'es-sere tutti diversi, meraviglioso universo invece di avvelenarela terra che ci nutre pur di eliminare l'Altro come se l'Altronon fossimo noi. Se per un giorno abbattessimo i recinti del-l'incomprensione, Natale non sarebbe solitudine per chi èsolo e malcontento per noi stessi. Perchè al di là della corsaa una inconsulta attesa di regali poca è la gioia che si leggenegli occhi di chi per le vie s'affaccenda alla ricerca del ba-locco perfetto.Un sorriso, una mano che si tende, il proprio silenzio che safarsi ascolto, il riconoscimento dei propri limiti e delle propriefragilità, la comprensione che oppressi e ai margini oggi cisiam tutti e che ignoranza, indifferenza, discriminazione e in-tolleranza ci riguardano in prima persona.Volgere lo sguardo all'Altro è uno scambio di doni, un rice-vere inaspettato nel dare, senza attendere il baratto. Un darsialla vita senza lamento per rinvenire l'opportunità di scoprirsiun po' meno tristi, meno meschini e probabilmente menoisole cancellate dall'atlante dell'esistenza addobberebbe diluce e significato ogni albero di Natale, ogni presepe e forse,chissà Angeli e Santi riuscirebbero a varcare la soglia dei no-stri cuori.

Chi scendedalle stelle?

di Rosanna Gesualdo

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della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0

L’abecedariodi Gianluca Costantini e Maira Marzioni

Di date e di dita erano densi…

Lì domavo

dizioni dolorantie dediche dolci di dama

Dissero un dì di me che

dovevo diredaccapo

allora declamai decisoe diventarono delicatii miei deliri danzanti

Tutti estasiati!Esplodevano da estimati errori

estrose emozionielargivo endecasillabi

come ebbri elzeviriEbeti

si ergevano gli elegantientusiasti

gli eretici erranti.

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spagine della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0ambiente

Come saprete Xilella (Xilella fastidiosa,subspecie pauca ceppo co.di.ro, unico emai rinvenuto prima) è un batterio che stainfettando molti alberi del Salento; in-sieme all'uso scellerato della chimica, stacontribuendo a decimare gli uliveti. E' un

batterio che vive e si moltiplica nella linfa dell'albero (nonsolo l' olivo ma anche oleandro, querce, agrumi, albicoc-chi, prunus, ecc) e per poter infettare un albero limitrofoo anche lontano centinaia di metri, alberi indeboliti dallasterilità della terra su cui "sopravvivono virtual-mente", si serve di un piccolo insetto la sputacchina(Philenus Spumarius), una cicaletta che è endemica nelnostro territorio. Per combattere questo insetto alcuni studiosi vorrebberoimporci una lotta che se dovesse essere applicata sa-rebbe più dannosa che utile. E' previsto infatti l'uso di di-serbanti e di anticrittogamici anche in deroga al lorodivieto di utilizzo in Italia perchè siamo in emergenza; unatto che andrebbe a rafforzare l'effeto di ciò che vera-mente causa il disseccamento rapido dell'olivo e cioè iltotale disequilibrio fra alberi e natura circostante, in unaparola la perdità della biodiversità. Nell'elenco dei pro-dotti consigliati sono menzionati anche i derivati nicoti-nici (imidacloprid) che sono causa della drasticariduzione del numero di api in tutto il mondo.Questo non è l'unico metodo di lotta.Così come espresso nelle linee guida allegate si po-trebbe fare altro.Oggi più che mai, il caso Xilella potrebbediventare realmente un'opportunità per fermarsi e percercare di ripristinare ciò che si è perso in questi anni chi-mici. Sarebbe l'occasione per liberare le terre dai velenie dai prodotti chimici. Andrebbero incentivate le araturee le fresature, l'uso di letame per concimare la terra chea differenza delle polveri di solfato ammonio migliora la

struttura argillosa dei terreni rendendoli più "grassi" emeno esposti alla polverizzazione.Per gli alberi colpiti siè dimostrato utile con una ripresa vegetative una potaturadei rami dove sono evidenti i sintomi e un trattamentocon poltiglia bordolese (solfato di rame e calce) per ab-battere le consociazioni di funghi patogeni (pheoacremone pheomoniella soprattutto e un filo di freni da bici perstanare ed uccidere la larva del rodilegno (zeuzera py-rina).Per la lotta al vettore sputacchina è necessaria un'azionerivoluzionaria che potrebbe realizzarsi perchè siamo inemergenza: riduzione del numero di insetti vettore conl'aumento dei nemici naturali ed in particolare gli uccelliinsettivori. La caccia andrebbe vietata almeno sui ter-ritori a rischio infezione per un numero di stagioni davalutare.E' una possibilità? Potremo farcela se solo riuscissimo a portare sui tavoliistituzionali le nostre proposte che certamente sono piùefficaci e meno impattanti di quelle proposte ad iniziaredall'abbattimento degli alberi malati o sani.Finchè le misure previste non saranno obbligatorieognuno di noi può contribuire a diffondere queste infor-mazioni.Ecco nell’immagine che illustra la pagina il peggior ne-mico della sputacchina che ama condire con le olive: ilTordo bottaccio - Turdusphilomelos. Le zone di nidifica-zione della specie sono rappresentate dall'Europa cen-tro-settentrinale fino all'arco alpino. Nei mesi autunnalimigra verso le zone di svernamento che sono rappresen-tate dal bacino del Mediterraneo, Africa settentrionale eAsia sud-occidentale. In Italia è presente sia come dipasso (doppio) che come raro nidificante.

Vito Lisi

Vietare la cacciaper salvare gli ulivi

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Uomo calvo

spagine della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0ambiente

di Nicola De DonnoLa poesia l’arancia, i chicchi di caffè,la grappa

La mia terra ha il colore d’una aran-cia e il profumo di chicchi di caffè ela forza d’un sorso di grappa, la dol-cezza d’una zolletta di zucchero, lameraviglia d’un verso di poesia, ilcoraggio di chi resta, non di chi se

ne va. Ritornano i versi mentre vado, capo chino,cielo azzurro, nuvole lontano, sussurro segretod’ Idume, blocco di nostalgia; nel silenzio vado;in testa versi di poesia “Nu bbasta se ve strusce-sentimentu/ de nustargìa, nu bbasta carità./ Lupostuveru de cumbattimentu,/ lupostu de curag-giu e ddeumirtà/ è dde ci resta, nu cci se ne va…Contrucurrente…” (ciao, Nicola De Donno).Ritorno a casa che oggi so come scacciareblocco di nostalgia; prendo un’arancia di quelleche portano il sole anche nel cielo grigio e unlitro di grappa bianca e quarantacinque chicchidi caffè e quarantacinque zollette di zucchero euno dopo l’altro poso chicco di caffè in quaran-tacinque fori nell’arancia, uno per ognuno di loroe per quarantacinque volte ripeto versi, quelliche sento risuonare nell’animo e la caraffa èpronta, con la sua arancia ornata di chicchi dicaffè, grappa, zollette e via in luogo fresco easciutto per quarantacinque giorni e ogni giornoun verso di poesia, dei poeti che sono qui, chehanno deciso di rimanere qui a sorreggere voltadi cielo azzurro, combattenti sempre, chè il postovero di combattimento, il posto di coraggio e diumiltà è di chi resta anche contro l’ultima vogliaacuta d’andar via, che non voglio star qui io, checi sto a fare io qui. Anche a questo serve tempodi preparazione d’una grappa all’arancia; serveper meditare e per pensare, per ripetere versi ededicarti a loro, chè tanto non stai perdendotempo, prepari liquore e stai tranquillo con te.Un sorso di grappa all’arancia e al caffè e unverso, uno di questi versi che m’hanno suggeritola storia mentre continuo a ripetere attimo dopoattimo questo rosario laico che mi son creatotutto per me; oggi continuo a pensare che questaterra mia non sarebbe così terra mia se questicombattenti in prima linea che reggono volta dicielo azzurro con i loro versi e la loro poesia nonme la rivelassero pagina, dopo pagina, sillabadopo sillaba, passo dopo passo ed ora continuoa ripetere litania e sia lode per tutti, lode ai poetidi ieri e lode ancor più grande ai poeti d’oggi, alloro posto di combattimento, lode sempre sia matra queste strade che sussurrano d’Idume e di filidi pensieri leggeri ora che non c’è più bisogno dinostalgia.

di Giuliana Coppola

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spagine

Ogni volta che mi guardo allo specchio, devo doloro-samente riscontrare che i miei capelli mi stanno ab-bandonando. La mia calvizie ha preso unapericolosa deriva e, oltre a far diradare i capelli sulletempie, ha scavato un ampio cerchio nella partecentrale del cranio simile alla chierica dei monaci

francescani, che fortunatamente allo specchio io non riesco a ve-dere, se non fosse che a farmela notare ci pensano i miei famigliari.In particolare, mio figlio più piccolo, quando sono sprofondato suldivano del soggiorno a leggere o a guardare la tv, sembra che proviun morboso piacere nell’evidenziare quanto la mia chierica si allar-ghi sempre di più, circoscrivendola, per darmene contezza, col ditomignolo. Ci sarebbero dei rimedi alla mia incipiente calvizie, midico, ma io appartengo alla scuola di pensiero secondo la quale lanatura ha da fare il suo corso e quindi non penso di ricorrervi.Anche perché, a mio parere, i rimedi sarebbero peggiori dei mali.Ché tutto dipende da quanto sia alta o bassa l’asticella, cioè daquanto sia pregnante il senso del (proprio) ridicolo che ognuno pos-siede. Comunque, i rimedi sarebbero due: il parrucchino oppure iltrapianto. Al di là di gravi problemi di salute che portano alla perditadei capelli e di conseguenza al ricorso al parrucchino, nella stra-grande maggioranza dei casi questo accessorio risponde solo amotivi estetici. Soprattutto in giovane età, uomini e donne preferi-scono ricorrere al camuffamento della propria alopecia. Oggi il par-rucchino è di gran moda e può essere realizzato sia con capelliumani che con capelli sintetici. Passi quando ad indossare il sim-patico accessorio sono dei personaggi famosi. Penso, per citaredegli esempi alla portata di tutti, alla popstar Elton Jhon, a Tina Tur-ner, al nostro amatissimo Lucio Dalla. Mi vengono anche in mentealcuni personaggi della tv, come Maurizio Seymandi (chi lo ri-corda?) conduttore della trasmissione musicale “SuperclassificaShow”, il quale era quasi del tutto calvo e una bella domenica(giorno di trasmissione del programma), indossava con perfettanonchalance, un vistoso parrucchino biondo. Penso, per citare un

caso più recente, al direttore di “ Di più” Sandro Mayer che, da se-micalvo, ora esibisce un tupè di diverso colore ad ogni nuova pun-tata della trasmissione “Ballando con le stelle”, di cui è ospite fisso.Su Youtube, gira un curioso video in cui il dirigente calcistico Lu-ciano Passirani perde il parrucchino in diretta durante una trasmis-sione tv. Ma con il parrucchino, sebbene sia fissato al cranio daspeciali adesivi, si corre sempre questo rischio ( “sono come deglialberi senza radici che al minimo vento di soffio van giù” per dirlacon Celentano, uno che invece la pelata se la tiene e ci fa anchenotevole autoironia). E di questo rischio, oltre al succitato SandroMayer (“una specie faunistica protetta”, lo ha definito in rete la cat-tivissima “Nonciclopedia”), molti ne sanno qualcosa. Tuttavia,quando ad assecondare certe bizzarrie sono gli artisti, i personaggifamosi, tutto viene concesso. Un poco diverso, quando si trattadella gente comune, che vive la vita di tutti i giorni. Un mio cono-scente ebbe un giorno la determinazione di usare un tupè ed io eronon poco imbarazzato, incontrandolo la prima volta dopo la trasfor-mazione, perché non sapevo se far riferimento a quel curioso cam-biamento oppure glissare, passarci sopra. Decisi di far finta diniente, in ciò assecondato dall’amico. Ricordo ancora che qualcheanno fa, un collega di lavoro, con analoghi problemi di alopecia,decise di operare l’estetica conversione, sicché il venerdi lasciòl’ufficio quasi del tutto calvo e il lunedi lo ritrovammo capelluto. Frai personaggi famosi dotati di tupè (dal francese toupet) potrei citarel’ex motociclista Max Biaggi, l’ex famoso Salvatore Schillaci, l’alle-natore della nazionale di calcio Antonio Conte, il campione dell’NBAJames Le Bron. Altri preferiscono ricorrere al trapianto. L’esempiopiù noto è il Cavaliere Silvio Berlusconi. Chi ricorda il testimonial intv dei trapianti di capelli Cesare Ragazzi? Il suo slogan tormentonedegli anni Ottanta era: “un uomo che si è messo in testa un’ideameravigliosa”. In realtà, concepire idee meravigliose fa perderetosto i capelli, a dar retta a Flaubert, ed è anche vero che di ideemeravigliose, negli anni Ottanta di Cesare Ragazzi, se ne concepi-vano tantissime, ma molte poi miseramente caddero “all’apparir del

mettiti in salvo!di Paolo Vincenti

Uomo calvo

“Io vivo sempre insieme ai miei capelli

nel mondo, io vivo sempreinsieme ai miei capelli”

“Capelli” – Niccolò Fabi

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della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0

vero”. Certo, accettare l’irreversibile caduta dei capelli ha in séqualcosa di stoico. E se non proprio di stoicismo, almeno di neo-platonismo, la scuola alla quale apparteneva il vescovo Sinesio diCirene, autore di un “Elogio della calvizie”, formidabile manuale diautostima per i calvi, i semi calvi e gli stempiati. “ A me è toccata lasventura di perdere i capelli, cosa che in un primo momento mi ferìnel profondo del cuore. E in un simile frangente, a quale dio, a qualedemone avrei potuto risparmiare i miei strali? Mi domandavo: dov’èfinita la Provvidenza, se le disgrazie capitano a chi non le merita?E poi, che male ho fatto per non dovere più piacere alle donne?”.Sinesio era un erudito vissuto fra il 300 e il 400 d.C. in un periodoin cui molti studiosi si dilettavano a scrivere degli argomenti più pe-regrini solo per sfoggio di bravura oratoria, per saggiare il potere dipersuasione della parola. Il trattato di Sinesio è uno dei più diver-tenti, un’operetta ricca di arguzia e di paradossi, una sorta di autoconsolazione in materia di calvizie. Prendendo spunto da un autoredel I Secolo d.C., Dione Crisostomo, che aveva scritto un “Elogiodella chioma”, egli scrive una lunga orazione in difesa di chi”ha latesta glabra”. E ci riesce talmente bene che, non solo confuta letesi di Dione a favore dei capelluti, ma addirittura le ribalta a van-taggio dei calvi. “Fra gli animali i più sciocchi sono completamentecoperti di peli, mentre l’uomo, che ha avuto in sorte il lume della ra-gione, è per lo più privo di tale coltre naturale. Tuttavia, perché nonsi vanti di essere del tutto diverso dalle altre creature mortali, hacapelli e peli in poche parti del corpo. E come l’uomo è insieme lacreatura più intelligente e la meno irsuta, così di tutti gli animali lapecora è sicuramente il più stupido: e, guarda caso, è ricopertadappertutto di peli. Insomma, fra capelli e senno non sembra cor-rere buon sangue, visto che non c’è verso di farli stare insieme”.La strategia di difesa di Sinesio non fa per niente riferimento a po-zioni varie e antidoti magici (e il mio pensiero corre al profluvio disistemi anti caduta in cui oggi gareggiano le varie industrie cosme-tiche), ma si basa esclusivamente sulla forza delle argomentazionicon cui riesce a persuadere il lettore. Chiaro che oggi sarebbe dav-

vero difficile convincere i giovani affetti da alopecia androgeneticaa prendere “con filosofia” questa loro mancanza. Certo dogmatismoestetico imperante nell’attuale società impone, di fronte all’inarre-stabile caduta, ai giovanissimi di radersi completamente, adot-tando un total look che fa pure trend, mentre ai più maturi diricorrere a trattamenti intensivi o, di fronte all’insuccesso di questi,al trapianto. Sinesio nella sua apologia delle teste levigate giungea dire che “la calvizie è prerogativa divina e conforme alla divinità;essa è il fine ultimo della natura, la condizione attraverso la qualesi manifesta la nostra saggezza”. Ma vallo a dire oggi ai vari centritricologici che sgomitano per accalappiare clienti. Maurizio Co-stanzo, celebre testa pelata ( fatalista come me),pronunciò unabattuta memorabile: “L'unica cosa che arresta la caduta dei capelliè il pavimento.” La domanda più ricorrente per i rimedi della alopecia è: farmaci orimedi naturali? Oggi c’è Crescina, una soluzione in fiale che pro-mette miracoli in termini di arresto della caduta. Qualche anno fa,mi sottoposi con poca convinzione ad una visita gratuita (la feci soloper questo) in un centro tricologico leccese. Mi fornirono una dia-gnosi a tinte fosche. Nel giro di pochi mesi, mi dissero, sarei rimastodel tutto calvo se non fossi corso immantinente ai ripari. In verità, imiei capelli si sono diradati ma non ancora del tutto, cioè la lorosituazione, pur critica, permane stazionaria (“la situazione dei mieicapelli non è buona”, canta ancora Celentano). Sia chiaro nonprovo piacere nel diventare una testa d’uovo, però lo accetto conrassegnazione e penso che sia meglio perdere in peli che perderela ragione. Ma ascoltiamo ancora Sinesio: “ se è vero, come è vero,che l’uomo è fra tutte le creature la più divina, fra gli uomini chehanno avuto la fortuna di perdere i capelli, l’individuo completa-mente calvo è in assoluto l’essere più divino sulla terra”. Così,dopo aver letto, se prima recitavo un mesto epicedio per i miei ca-pelli che se ne vanno, ora invece celebro un allegro elogio dellamia pelata.

l’osceno del villaggio

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spagine della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0letture

Quando l’eco è lucedi Francesco Pasca

Ovvero: nel rimbalzo è il riflesso

La poesia di Lara Carrozzo

Oggi vado per Alchimie di eventi(che) “scan-da-glià-no bi-sb[i]-glì(i)/e fruscii, in movimento/…”(fra e dove) “… Il dinamismo pri-mordiale/dello specchio ata-vico/scandisce i battiti/sul

pentagramma emotivo …” Sono sul come poetaLara Carrozzo e leggo di Luce, di Poesie per altri“moventi”. Oggi cerco particolari per altre cause che pos-sano spingermi a compiere un’azione nel riflesso. Non propriamente “i moventi” così come utilizzatida Lara Carrozzo e descritti da Emma Favia, perpoesia nel PLUS, per scrittura di poesia di Bhoo-mans Editore. I miei non saranno “della storia”, e non per agirenel contraddittorio, ma, più semplicemente, permordere meglio nel diverso e rigenerarmi nell’as-secondare con la voglia di lettura, per trovarmi inamore|dolore|meraviglia, per il silenzio dei, neiparticolari. Nella mia precedente recensione, per le liriche dipiù suono, in quel cercare “rumore” per scrivere,terminavo nel suono che s’attende alla luce di untuono. Era il presagio del prima nel dopo. Ero certo che ci sarebbe stato e voluto, anche co-struito, il necessario per assecondare altro ritmopoetico, il primario usato al “bianco” e sedimen-tarlo, costringerlo al plus. Da premessa emerge che, per leggere poesiaoccorre predisposizione. Non è semplice trovarlase è da essere per solo diversificare. Mi “spiego”.Cioè volgo il pensiero nel verbo di quel transitivo,di un detto necessario con: per “Chi?” e comefosse l’imperativo del leggere! Interrogarsi: Per“Cosa?” e giungere al secondo imperativo, scri-vere!Ottenere è l’aprire, il voltare le pagine, per can-tare, e la soluzione è presto trovata. Necessario il tempo, è l’indispensabile del sup-porre, ma si è già dinanzi all’accomodamento,proprio in quella predisposizione. Per dove? Sì, proprio nei primi versi, in dissolteesistenze, lì, dov’è descritta per mia |pre …|,dove ritrovo le mie ossessioni di scrittura in let-tura. Lara me le concede, da subito, nel 9° verso, dove“immergono/l’intimo (mio) mosaico dell’anima, …”.Breve o lunga che sia stata, ch’è la premessa peruna lettura, con calma ho digiunato su tutte lepoesie di Lara Carrozzo. Ho voluto percorrere ildapprima, il colmo del volutamente per morderemeglio e ritornare a riempirlo. Infatti, finito il percorso dei miei settantatré passi,compiuti per le liriche di una voragine emotiva, lamotivazione nell’ossessione per il digiuno l’ho tro-vata.

Non è accaduto per merito mio. Le molliche pernutrirmi erano già state lasciate da un Pollicinotra le eco di luce in un fucsia brillante, adagiateindifferenti per come può cadere una mollica dipane, forse come per essere virgola, come pausaleggera. Chiedermi il perché di quella luce colore era nel-l’ovvio, era del |ri|leggere|. Infatti, per me che “piccio e in me bisticcio” perrendere, non solo il “ma” alla parola o al suo co-lore, erano più semplicemente i colori, lì, persosta “obbligata”, non per riposo.Lara aveva predisposto nel suo incrocio verbaledue plus stop indispensabili. Il primo nei versi: nei particolari(pag..81). Il se-condo in La bambola (pag.87). Ciò accadeva nonper solo guardarsi intorno ma per cadervi, comepuò (accadere|cadere): “Nei particolari dellosfondo mondano/” (ed) “ho denti aguzzi/per mor-dere meglio/il letamaio acerbo/di questo stranomondo/che non denuncio, /in assenza di tribunalireali.”Bene! L’inciampo è stato un ottimo mostrarsi poe-tando nella forza e nella disperazione. Sette sonostati i versi da me mordicchiati nell’aguzzo, tantiquanti possono essere i dolori per spade che tra-figgono nel cristiano e nel laico. Francesco d’Assisi è quel: ”Nell’eterno ritornodell’alba/entrate, nella dimensione dell’attesa/emangiate il vostro ‘dentro’/sino alla frutta.”Alberto Moravia è quell’uguale esordio, il comepuò essere in: “Guardate come si dilegua la ve-rità/povera e innocente/dinanzi all’emisfero cro-nico dell’indifferenza.”Versi pieni, dunque, e indispensabili per additarei particolari di una chiave all’indefinito mondano.Il mio “obbligato”, secondo abisso, è in La bam-bola. La bambola artefice e vittima. Da sempre è l’effimero, la trasposizione per ungioco al femminile. Per la bambola è il gioco delvestirla e denudarla, pettinarla, parlarle, cocco-larla in mille e una ninna nanne, smontarla per ri-costruirla, etc. Lara invece va oltre tale egoistica umanizza-zione, l’aggredisce nel suo stereotipo con: “No …sta fingendo, /si nasconde dietro gli alberi .../unaschiera indefinita di alberi/che sussurrano…” Fa meraviglia la scrittura che tratta delle umanebiasimevoli cose del mondo e le attribuisce al di-sincanto, alle colpe di un esercito schierato, aduna bambola e al contempo pretendere altre vi-sioni: “Uomo senza accento sfiora/il deserto deldesiderio/e inciampa come la bambola …” La poesia può. Tutto questo … è il suo surreale:“il cerchio non si chiude mai/mentre tu sorridiparca /d’avanzi interminabili d’amore.”(pag.92) Può farlo se è: Nel (rim-bàl-zo) ch’è il riflesso (diuna eco) di più Luce.

Lara Carrozzo, la copertina di Più luce, Bhoomans editore

Pare che la bambola siaanalfabeta del mondo…inciampa di continuotra le avvisaglie del desiderionon lunare.Un esercito schieratoad ammirare le noie del tempovede. E... lei... a... contemplarei giorni e le notti delle bellezzesenza fine..Senza fine la pelleSenza fine il ventreSenza fine la gioia ritrovata.Pare che la bambola siaastemia e disincantata…No… sta fingendo,si nasconde dietro gli alberi..una schiera indefinita di alberiche sussurrano che il cielosta cambiando colore:plumbeo germe della graziasi espande riflesso negli occhicerulei… lontani.

Sempre sguardo da lontanoche non afferra,ha la bambola.Mastica i nembitra nervi tesi come corderannicchiatein un angolo ad attendereuna forma ancora non definita.Grovigli di pensieritra gli accenti di una linguanuova, da ritrovare,mentre imbalsamatele labbra cercano la linfadi un nuovo podere per vivere.Uomo senza accento sfiorail deserto del desiderioe inciampa come la bambolatra le avvisaglie del tuo ioignavo e deriso dal tempoperché gli accenni della carnesono i movimenti che conosci,mentre la bambola osserva,manichino del mondo,l’essere, che tenta le fughe,tra i ritmi dell’universo.

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spagine della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0libri

M etamorfosi è una rac-colta di poesie, haiku,ossimori, paradossi edaforismi della scrittriceromana Agnese Mo-naco. Il libro - “dedi-

cato A mio Padre, il mio unico eroe ed atutti coloro che, nonostante tutto, hannoancora la forza di sorridere”, raccoglie icontributi critici di Norman Zoia, MicheleLa Porta, Alessandro D'Agostini, SilenoLavorini, Stefano Piccirillo e Marlene DePigalle.“Metamorfosi - scrive in una nota l’au-trice - nasce dal mio rifacimento ad Ovi-dio. Nelle Metamorfosi vengono cantatein quindici libri più di duecentocinquantamiti rielaborati. Ogni episodio ha comeorigine una delle cinque forze motrici delMondo Antico, ossia l’Amore, l’invidia,l’ira, la paura e la sete di conoscenza.Nella mia versione invece attraverso os-simori, aforismi, haiku, poesie e brevipensieri racconterò l’origine dell’ego e lesue evoluzioni. Narrerò le mutazioni suun doppio livello, il primo derivante dal-l’età anagrafica, mentre il secondo otte-nuto da influssi che circondano ilquotidiano di ogni essere. A contorno di

questi due, arriva in soccorso la molte-plicità dei generi letterari usati che sot-tolinea ulteriormente l’evoluzione e lametamorfosi stessa. Di fondo le forzemotrici del mondo antico non verrannointaccate, ma saranno enucleate anchein questa versione a base di tutti i testiinclusi.”Obbiettivi: Analizzare ed evolvere l'artenelle sue più ampie sfumature. Utilizzarela parola come strumento di ugua-glianza. Ritrovare la purezza dei senti-menti, ormai celata dalla frenetica corsanel quotidiano. Narrare l’origine dell’egoe le sue evoluzioni, sul piano delle mu-tazioni, in un doppio livello, il primo deri-vante dall’età anagrafica, mentre ilsecondo ottenuto da influssi che circon-dano il quotidiano di ogni essere. Osan-nare i veri valori della vita per lariscoperta degli stessi.

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Éstato presentato sabato 6 di-cembre, nella sala conferenzedel Palazzo Baronale di Mon-teroni “Mena”, romanzo diLucia Accoto per le edizioni Ilraggio verde.

Dopo l’intervento del sindaco Lino Guido lagiornalista Paola Bisconti ha dialogato con lascrittrice . “Avevo un debito verso le storie cheleggevo negli sguardi che incrociavo. Non po-tevo calpestare il guscio dentro cui vive il sof-fio della vita …”. La giornalista Lucia Accoto, che ha fatto co-noscere i libri di moltissimi scrittori nelle di-verse stagioni televisive del format che l’havista autrice e conduttrice del programma Tv“Libriamoci”, ha dato vita così al suo nuovolibro “Mena”decidendo di imparare nuova-mente a parlare e decide di farlo soprattuttoattraverso le labbra della gente tracciando “lestorie del Sud come se fossero scorci imbastitisulla tela di un racconto fatto di strade, di pro-fumi, di speranze, di sospiri e di folate divento”. Nel libro di Lucia Accoto, che fa parte dellaCollana ConTestiDiVersi, sono le atmosfere avibrare. L’autrice scrive: “… Sono rimasta im-pigliata tra le parole silenziose. Le ho lette acaso su volti sconosciuti per incrociare e rico-noscere le mie, per scartabellare e spillare i ti-toli sprofondati nell’oblio di un raccontomutilato. Mi sono alzata dall’ombra del ba-rocco spingendomi verso la strada senzanome racchiusa nel resoconto di una terrasvelata, ricamata, infatuata dei profumi negliingressi delle case. Ho avuto l’illusoria devo-zione di una sposa, fedele all’infuso delle

fiabe. Ho dato una spolverata ai ricordi pernon lasciarli cadere come marmo, per annu-sarli come fiori rampicanti, per non restare indisparte, per sentire ancora il vento quandotutto tace. Mi sono issata sul tronco delle pa-role per scorgere le tracce d’inchiostro sul car-retto che ruota lettere e colpe, vita e ombre …”. Il Sud con i suoi muretti a secco, con i fichid’india che “Sembrano avere addosso il ca-stigo delle loro colpe come donne marchiatea fuoco, perdute, che si vendono ai bordi dellestrade isolate” rappresentano la vivacità diuna terra che va conosciuta attraverso lasemplicità, le piccole cose, gli aneddoti e so-prattutto attraverso quelle parole riposteanche sul palmo della mano per essere letteda chi ha voglia di scorgere e comprendere ilproprio tempo. Accattivante la copertina dellibro “Mena” di Lucia Accoto, il dipinto “Apolloe Dafne” dell’artista Enzo de Giorgi che vestela scrittura, dallo stile narrativo raffinato, concolori avvolgenti, caldi come il sole del Sud.

Lucia Accoto (1973), giornalista e autrice diprogrammi Tv. Dopo moltissimi anni nelle re-dazioni giornalistiche di varie emittenti televi-sive di Puglia è passata alla carta stampatacome direttore responsabile dei periodici “Pu-glia da Vivere” e “Up! Il Magazine” per occu-parsi infine della comunicazione sui socialnetwork.È editorialista per il portale Culturia-channel, è ancora autrice e conduttrice di variformat, scrive anche per altri siti online. Ha giàpubblicato il suo primo libro Misteri e delitti nelSalento (Pensa, 2006).

Menadi Lucia Accotoda Il raggio verde

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spagine

chi è

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della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0racconti salentini

P iccoli sussulti insoliti arrivanoa sgorgare, al centro unadonna, ancora nella stagionebella della vita coi suoi qua-ranta, amorevolmente con-tenta e in certo qual modo,

se non specialmente, appagata - in armoniacon i cieli, le costellazioni, i sentimenti e leusanze all’epoca dominanti – per via d’unasquadra di sei figli partoriti in casa.Carattere buono, mite, generoso, disponi-bile, giammai una parola di troppo o ac-cenni d’insofferenza, che mamma, chedolcezza di mamma!Porte di casa sbarrate ai malanni, solo qual-che dolore di schiena e, a tratti, fastidioseirritazioni alle mani a causa dei tanti bucati,piccoli e grandi, fra sapone, lisciva e cenereper naturalissimi detergenti e sbiancanti,con l’ausilio di capienti tinozze fumanti d’ac-qua bollente e, poi, di braccia e di gomitiprotesi su lignei “lavaturi”, nella pila lapideaappoggiata al muro del cortile.Una mattina, all’improvviso, durante una

breve pausa di solitaria tranquillità dome-stica, ella si trovò inopinatamente ad avver-tire che qualcosa l’aveva aggredita, comese un subdolo mostro senza volto le fossepenetrato dentro.In quei tempi lontani, quando l’esistenza eravestita di semplicità, i drammi, soprattuttose imprevisti, assumevano le sembianze diautentiche calamità, lasciando attoniti glianimi di quanti rimanevano coinvolti o sfio-rati.E però, nella donna, prevalse, o per lomeno si palesò in prima linea, la serenità,l’accettazione del fatto nuovo, dell’inco-gnito.Fu l’occasione per l’ingresso, prima volta,nel presidio ospedaliero della zona, ai fini,diciamo così, d’un sopralluogo, d’una primaricognizione sul corpo. In tale luogo di cura, prestava da poco ser-vizio un giovane infermiere, conosciuto divista giacché originario di Castro, il quale,accanto alle capacità professionali, sem-brava sprigionare una spiccata, evidente-

mente innata, disponibilità.Trascorse poche ore, il ritorno a casa, l’at-tesa.Di lì a poco, dovette purtroppo seguire unaltro lungo tragitto d’incertezza e insieme disperanza, avente per oggetto l’espleta-mento di attività di cura più cospicue, fina-lizzate a porre rimedio al “brutto incontro”col mostro.L’epilogo della vicenda occorsa alla giovanedonna nell’estate della propria vita è stato,purtroppo, triste: difatti, sono quarantottoanni che ella se n’è andata, sebbene, a direil vero, per qualcuno è ancora sempre vi-cina e presente.Così che, il di lei viso affettuoso s’affacciadiscreto e sorridente anche in ogni circo-stanza d’incontro, per strada, lungo la lito-ranea, di fronte al mare azzurro, con ilgiovane infermiere di tanto tempo fa, ilquale ormai veleggia intorno agli ottanta e,tuttavia, appare sempre fresco, disponibilee generoso d’animo: spontanea, la reazioned’indirizzargli un rosario di “grazie”.

chi èdi Rocco Boccadamo

v i v osempre

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spagine della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0in agenda - teatro

Come vogliamo vivere?!

Lunedì 22 e martedì 23 alle 21 presso l’AmmiratoCuture House la Compagnia Ammirata mette inscena “Come vogliamo vivere?!”, “una letturapoetica e sincera delle nostre vite e dei nostrisogni”. Siamo in una sala d’attesa di un ipoteticogiudizio universale. Ci sarà concesso di vivere la

nostra vita se saremo convincenti nella nostra “audizione” sucome vogliamo vivere, se saremo all’altezza potremo fare lospettacolo più importante della nostra vita: esistere. Una po-polazione di nuove creature (o semplicemente di esseri umani)che portano alla gente e al pubblico dei teatri e della strada laloro visione del mondo, senza pretendere di dare insegnamentio di essere i nuovi profeti, ma con la forza di una visione sin-cera di un proprio futuro possibile, nutriti dalle parole, da quelledei classici, e indossando vestiti che diventano nuove livree diun mondo possibile. Una compagnia di nuovi santi, o animalidi una mitologia contemporanea, compagnia di girovaghi con-vinti del potere dell'arte che può arricchire e trasformare ilmondo e le comunità.Facendosi e facendo la domanda che è anche un'affermazione“Come vogliamo vivere?!”, la Compagnia Ammirata porteràcosì in scena “la favola, il sacrificio, l’indifferenza, la scelta, ilsilenzio, la consapevolezza, la differenza, l’abbandono, iltempo, l’arte, la volontà”. “Come vogliamo vivere?!” è di e con Maria Chiara Provenzano,Francesca Danese, Nicoletta Achille, Italia Aiuola, Ilaria Castrì,Fabio Margiotta, Alice Zompì, Sabina De Giorgi, Rosanna DeLuca, Gianluca Preite. L’allestimento drammaturgico e la regiasono di Ippolito Chiarello, i costumi di Vize Ruffo, l’organizza-zione di Marcella Buttazzo, la distribuzione di Francesca D’Ip-polito.

La Compagnia Ammirata nasce all’interno dell’Ammirato Cul-ture House grazie all’impegno di Ippolito Chiarello e della suacompagnia, Nasca Teatri di Terra, per trasformare il percorsodi ricerca individuale approdato alla pratica del barbonaggioteatrale da anni sperimentata dall’attore-regista, in un’espe-rienza condivisa e allargata ad altri attori alla ricerca di un rap-porto sentimentale con il pubblico. La Compagnia Ammirata sinutre della condivisione di un percorso collettivo, di un viaggiointimo e personale in un quartiere e nella città, addentrandosinelle storie degli abitanti, costruendo racconti e relazioni, por-tando avanti delle inchieste minime a partire dai desideri degliabitanti. La compagnia e’ un piccolo avamposto di osserva-zione, ricerca e interpretazione della realtà attraverso il filtroespressivo del teatro. E il teatro attraverso questi interpreti ri-torna ad essere piazza, agorà, luogo pubblico di discussione.L’attore diventa lo strumento di una riflessione, esistenziale, ci-vica, politica che altrove non avviene. E in questo processo hala responsabilità di rendere consapevole anche il pubblico, chenon è il termine passivo della relazione, ma è sua parte attivae fondante. Lo spettatore viene coinvolto, attivato nella rifles-sione, e deve anch’egli assumersi una responsabilità.La Compagnia Ammirata nasce anche con la sfida di poter con-tare per il suo sostentamento non solo sul possibile ingaggio acachet di un teatro o grazie a un contributo istituzionale, maanche e soprattuto grazie al contributo diretto del pubblico chela compagnia andrà a incontrare non solo in teatro ma ancheper strada, nelle case e nelle situazioni non teatrali.

Compa

gnia Ammirata

All’Ammirato Culture House il 22 e il 23 dicembre

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spagine della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0in agenda

Al castello di Gallipolii presepi della tradizione grottagliese

Le sale del Castello di Gallipoli,ospiteranno fino a domenica11 gennaio la mostra “Presepid’autore” con quindici opereprovenienti del Museo dellaCeramica di Grottaglie. Si

tratta di opere premiate nell’ambito della“Mostra del Presepe”, rassegna trentennalededicata all’arte del presepe in ceramica.Curata da Daniela De Vincentis, responsa-bile del Museo della Ceramica di Grottaglie,la mostra è realizzata in collaborazione conl’assessorato alla Cultura del Comune diGrottaglie guidato da Maria Pia Ettorre.

La tradizione figulina grottagliese, piena-mente attestata già in età medievale, si ca-ratterizza per la varietà morfologica,iconografica, decorativa e tecnica con laquale sono stati realizzati nel tempo oggettifinalizzati a usi funzionali, cultuali o pretta-mente ornamentali. Parallelamente a que-sta produzione, già nel corsodell’Ottocento, l’artigianato locale realizzapresepi in terracotta dipinta composti da fi-gurine e paesaggi piccolissimi; pastorelli diogni forma e grandezza con il BambinGesù sempre paffutello e sorridente nellebraccia di Maria accanto a Giuseppe; i ReMagi e poi i cavalli, le pecorelle, le casette,gli angeli e i pastori fra i quali l'immancabile“sbantusu”, personaggio colto in pieno stu-pore alla vista della stella. Si conoscono inomi di alcuni maestri attivi tra la fine delXIX secolo e gli inizi del XX fra cui Petraroli,Manigrasso, Micera, Esposito e i Peluso, il-lustri specialisti del presepe per diverse ge-nerazioni. Nel tempo, l'antica tradizionefigulina della città ha elaborato nuove formeartistiche che non hanno comunque dimen-ticato il modello presepiale tradizionale. Ipresepi selezionati per la mostra di Gallipolioffrono una sintesi stilistica, concettuale emistica della concezione del presepe in ce-ramica, nella sua accezione più ampia, ma-turata nella seconda metà del XX secolo.Tra le molteplici forme interpretative dell'an-tica tradizione presepistica, si possono ap-prezzare presepi monoblocco o a figuremobili, complessi o di dimensioni ridotte,decorati su piatti o su pannelli, ma ancheelementi scultorei dal modellato plasticoimponente e vigoroso, ricchi di personaggidescritti analiticamente in cui forme e coloriattestano la continua ricerca e la sperimen-tazione delle nuove tecniche ceramiche.

Oltre alla mostra, all’interno del Castellosarà allestita “Praesepium”, installazionerealizzata dalla Bottega Vestita, storica bot-

tega di ceramisti sempre di Grottaglie. Ben96 opere di terraccotta realizzate manual-mente alla “ruota”, e modellati e decorati atimbro e a rotella come nell'antica tradi-zione della ceramica di Grottaglie. Le figuredel presepe reinterpretano la tradizionedelle "pupe", mentre gli alberi ricordano i fa-mosi "pumi", elemento decorativo molto inuso sui balconi de1I'antico borgo di Grotta-glie e dei centri storici del Salento, oggettodella tradizione “tornato” molto in augenegli ultimi anni.

Il Castello si erge all'ingresso del borgo an-tico di Gallipoli, città da sempre fortificatae, per la sua posizione strategica, contesa.È circondato quasi completamente dalmare. Ha pianta quadrata con torrioni an-golari, di cui uno poligonale. Nei periodisuccessivi furono effettuati numerosi inter-venti di ristrutturazione e fortificazione. I la-vori più importanti vennero progettati dagliAragonesi. Quando il Duca Alfonso di Ca-labria venne nel Salento tra il 1491 e il1492, condusse con sé il celebre architettomilitare senese Francesco di Giorgio Mar-tini e volle che questi rinnovasse le fortezzesalentine secondo i progressi dell'arte dellaguerra, che tendeva ad abbandonare laconformazione quadrilatera ereditata dal si-stema romano per passare al pentagono. Ilsenese, non potendo demolire e ricostruireex novo, ideò il “Rivellino” mediante il qualerese di forma pentagonale l’intero maniero.Prima dell'Unità d'Italia, quando nel 1857 ilcastello venne radiato dal Novero delle for-tezze del Regno Borbonico, perse la suafunzione difensiva, ma mantenne e anzi in-tensificò la sua funzione civile e soprattuttocommerciale. Durante il 1800 divenne de-posito di sali e tabacchi, oltre che sededella Dogana nel 1882 e, successiva-mente, sede della 17^ Legione della Guar-dia di Finanza.Nel 2014, in soli sei mesi, è stato reso frui-bile un percorso di visita che mira a rico-struire la storia della città e dell’anticomaniero, senza alterarne il carattere esenza avere la pretesa di essere un re-stauro integrale del monumento che richie-derebbe ben altre risorse per ritornare agliantichi splendori.

Orari: dicembre e gennaio 10 - 13 / 15 - 17Chiuso il lunedì tranne festivi

Ingresso: intero 5 euro, ridotto 3 euro (6-14 anni, oltre65 anni, scolaresche, diversamente abili e relativi ac-

compagnatori, gruppi superiori a 20 unità).Visita guidata di gruppo su prenotazione

in italiano, inglese o francese

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Un album che con-tiene famosi brani dimusica popolare in-farciti di Ska e Rock,con ritmi forsennatie carichi di energia

che inducono il pubblico, soprattuttonei live, a ballare euforicamente opersino a "pogare", come nella mi-gliore tradizione Punk. Un’installa-zione incentrata sui doppi sensi el'ironia. Domenica 7 dicembre alle19 all’ Art & Ars Gallery in via R. Or-sini a Galatina viene presentato ildisco "Machina Gialla" di IO TE EPUCCIA e l'omonima installazionedi Fabrizo Fontana.A prima vista azzardato il binomioFabrizio Fontana e Marco Perrone(in arte Puccia), così come azzar-data può sembrare l'unione tra artecontemporanea e musica popolarema è proprio la contaminazione travarie discipline che ART and ARSGallery propone spesso nella suaprogrammazione.Ripercorrendo le tracce del più notocantante folk del Salento, Bruno Pe-

trachi (Lecce 1942 - 1997), la bandsalentina propone in questo discosei brani popolari ed un inedito cheha già suscitato molte polemichecon un video amatoriale, tanto daessere rimosso da Youtube.Una musica senza fronzoli, ge-nuina, schietta, (mannaggia lamarea, la marea de lu mare, comute giri giri sempre arrethu l'hai piare.Aria Caddrhipulina) romantica. maquasi sempre a doppio senso, (LuPascalinu tou te la sta face e tie tela sienti 'ntra lu liettu. Lu Pascalinutou, versi di Vincenzo Pizzi, musicadi Paolo Grimaldi), ironica con unmalcelato maschilismo, e soprat-tutto coinvolgente. Canzoni che ri-cordano le vecchie e fumose "putìe"(osterie) presenti in ogni paese sa-lentino, dove ogni stornello era ac-compagnato da un mezzo quinto divino e le canzoni venivano storpiatefino al punto di diventare altro.Ognuno era libero di trasformarle aproprio piacimento, creando cosìnuovi ritornelli e nuovi doppi sensi,tramandati fino ai nostri giorni, intrisi

di goliardiche oscenità direttamenteproporzionali al tasso alcolemico delmomento.Fabrizio Fontana oltre a realizzare ilprogetto grafico del disco, ha ancherealizzato per l'occasione 9 opere divarie dimensioni che compongono ilnome del gruppo. Fontana inoltre èun cultore ed un appassionato dimusica Rock ("la copertina è unachiara citazione di Never Mind TheBollock dei Sex Pistols, un'opera-zione analoga a quella fatta daiClash in London Calling, dove il gra-fico, nell'occasione, citava la fa-mosa copertina di un disco di Elvis)e alcune suo opere sono utilizzatein importanti videoclip di artisti comeABAN e Caparezza.

IO TE e PUCCIA sono Marco Perrone/Puccia (Après la Classe) /

voce, fisarmonica, Manu Pagliara (Bunda move) / chitarra,

Mike Minerva (Bunda Move) / basso Gabriele Blandini (Bunda Move) / tromba,

Gianmarco Serra (Après la Classe) / batteria Edo Zimba / tamburello

spagine della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0la musica di spagine

Domenica 7 dicembre alle 19la presentazione

all’ Art & Ars Gallery di Galatina

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Continuano le iniziative di LILA Lecce in programma-zione per la Giornata Mondiale contro l'Aids cele-brata lo scorso 1° dicembre. Ancora una volta ivolontari e gli attivisti scenderanno in piazza a testi-moniare l’impegno e l'urgenza per continuare a lot-tare contro l’AIDS anche, o forse soprattutto, in giorni

diversi dalla Giornata Mondiale, perché come denuncia VivianaBello - presidente della sezione locale della Lega Italiana per laLotta contro l'Aids- “il primo dicembre non può essere l'unico giornodi attenzione sul tema ma, semplicemente, dovrebbe essere ungiorno in più. Un giorno in cui -aggiunge- prendiamo il megafono inmano e urliamo anche per chi la voce non ce l'ha.”Così, alla vigilia dell'Immacolata, nella centralissima p.zza S.Oronzo alle ore 18.00, le attrici Rosanna De Luca e Sabina DeGiorgi attraverso brevi incursioni teatrali desteranno l'atten-zione dei passanti raccontando loro storie di resistenza quoti-diana a un virus dimenticato, tratte da storie vere di personesieropositive. Collateralmente un Flash Mob/Installazione di unFiocco Umano.“Un modo - continua Viviana Bello - per far entrare nella quotidianitàciò che sembra essere dimenticato. Un modo, quindi, per continuarea informare, sensibilizzare e far riflettere, ma anche per stimolare ipassanti a prendere una posizione, seppur simbolica, contro l'Aidse sostenere quel drappo lungo sette metri e incrociarlo per formareil “Red Ribbon”, simbolo della solidarietà alle persone sieropositivee ai malati di Aids.” Tra le iniziative anche una giornata di promozione del test hivc/o Day Hospital Malattie Infettive “V. Fazzi”, Lecce prevista l'11dicembre dalle ore 7.30 alle ore 13.00. Un giorno e in un'ora pre-cisa, quasi come fosse un flash mob in cui dalla lotta si passa a unascelta, chiara e responsabile, e poi all'azione, quella di fare il testHIV!

spagine della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0l’iniziativa

Oggi, domenica 7 dicembre alle 18.00in P.zza S. Oronzo a Lecce

il flash mob fiocco umano & incursioni teatrali a cura di Rosanna De Luca & Sabina De Giorgi

Storie di resistenza quotidiana a un virus dimenticato

Una giornata di promozione del test hiv c/o Day Hospital Malattie Infettive “V. Fazzi”, Lecce è prevista per l'11 dicembre dalle ore 7.30 alle ore 13.00

Viviana Bello della Lila, 1 dicembre 2014

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copertinaspagine della domenica n°55 - 7 dicembre 2014 - anno 2 n.0

poesia

La Cultura dei Taoun audiolibro da Spagine

per presentareil “pensiero” del poeta, scrittore e operatore culturale salentino

Antonio Leonardo VerriCon l’introduzione di Eugenio Imbriani

Per le voci di Angela De GaetanoSimone Giorgino, Simone Franco Piero

Rapanà, Alessia Tondoe i suoni di Valerio Daniele

La cura editoriale di Mauro Marino e la grafica di Valentina Sansò

“La Cultura dei Tao” - il testo che Spagine– Edizioni Fondo Verri ripropone comeaudio-libro - è stato pubblicato la primavolta nel maggio del 1986, ad introdu-zione del catalogo della mostra fotogra-fica itinerante “La cultura contadina”.

L’iniziativa fu promossa dalla Scuola Media II°nucleo del Distretto Scolastico n°42 di Maglie(presidente il professor Giuseppe Chiri) e dallaRegione Puglia - Assessorato alla PubblicaIstruzione. In una nota del catalogo i curatori siringraziano il signor Giuseppe Bernardi chemise a disposizione, per le fotografie, il mate-riale del Museo della Civiltà Contadina di Tu-glie. Coordinatore del progetto fu Pino Refolo,le foto furono realizzate da Yellow Serigrafia diMaglie, la stampa fu a cura della LitografiaGraphosette s.r.l. di Taviano.La cultura dei Tao è un testo fondante per chivuole conoscere la materia visionaria diquest’uomo nato in questo Sud d’Oriente, aCaprarica di Lecce il 22 febbraio 1949. Il 9maggio del 1993, un incidente stradale lo tolsealla vita e alla sua famiglia e ai suoi tanti sodali,divenuti orfani di quel “Naviglio” che tutto po-teva contenere. Lo tolse alla Madre - la Mar –celebrata nella Cultura dei Tao - nell’inces-sante dialogo che fa la terra culla del “cer-care”…La riedizione del prezioso testo introdotto daEugenio Imbriani, unitamente ad un cd-audioregistrato e sonorizzato da Valerio Daniele perle voci degli attori Angela De Gaetano, SimoneGiorgino, Simone Franco e Piero Rapanà edella cantante Alessia Tondo, nasce con l’in-tento di tenere viva l’attenzione su AntonioLeonardo Verri, sulla sua straordinaria e tra-gica vicenda umana e sulle sue parole soprat-tutto.Antonio L. Verri cercava il filo di una letteraturapossibile “fatta di fole e di angiolesse, di orchibenevoli, di tao…” la sostanza della culturacontadina di un Salento sempre sospeso trarealtà e magia.