Spagine della domenica 57 0

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spa gine Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri della domenica n°57- 21 dicembre 2014 - anno 2 n.0

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Il Papa, mediatore di Dio di Montonato, il natale di un cercatore di muschio di Boccadamo, interrogazione sulla sinistra di Buttazzo, l’abecedario di Costantini e Marzioni è alla parola “fiume”. Lecce vista da Montonato, Grasso, Zoretti, Coppola e Mangia. Gli Augh(uri) di Vincenti. Il gospel a Trepuzzi, Fineterra ad Acaja e a San Francesco della Scarpa; il Lecce Film Fest e Le Mani e l’Ascolto e in copertina le cose del doppio a Galatina.

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spaginePeriodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

della domenica n°57- 21 dicembre 2014 - anno 2 n.0

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spagine

di Gigi Montonato

La notizia che Stati Uniti e Cubasi sarebbero riappacificati dopopiù di mezzo secolo di minacce,di provocazioni, di embarghi edi rischi di guerra, grazie allamediazione di Papa Francesco,

è una di quelle che contribuiscono alla deifi-cazione del personaggio, già avviato su que-sto percorso fin dal primo giorno del suopapato. Dall’umile “buona sera” in incipit allesuccessive quotidiane scorribande controtutti i ricchi, i potenti e i prepotenti della terra,Papa Bergoglio ha riproposto modelli evan-gelici di società ognora validi ma in qualcheparte del globo di più e in altri di meno, a se-conda dell’orologio della storia, che batte di-verso in luoghi diversi. In verità, quando dice certe cose, qui in Italiasembra più un leader di un partito di sinistrao un segretario generale aggiunto di qualchesindacato che un papa. Poi se ne compiace:dicono che io sia comunista, ma io sono solocristiano, facendo capziosamente passarel’equazione comunismo-cristianesimo. Ma i soldi, nel bene e nel male, non sonotutto nella vita. Ci sono molti altri problemi. Icittadini e i credenti, quelli evidentemente chenon si disperdono nella massa, vorrebberosentire indicazioni di vita, di comportamenti,validi non solo per gli odiati/invidiati ricchi egli straodiati/strainvidiati potenti, ma ancheper gli umili, per i poveri. Lo spirito non si mi-sura a danari o a carati. E se uno si comportacontro i principi della tradizione cristiana, chesia ricco o povero non cambia nulla. Non c’èun solo comandamento di Dio che faccia di-stinzione, che prometta attenuanti genericheper i poveri o che minacci aggravanti per i ric-chi. Chi non sta in questi ben delineati confininon si cura delle anime, come un papa do-vrebbe, ma fa politica. Politica di parte, di cuisi avvantaggia sempre qualcuno, che il SantoPadre lo voglia o meno. Ma l’uzzolo quotidiano di questo Papa pare

che sia di stupire, un po’ come diceva il Ma-rino, poeta del ‘600. E’ del Papa il fin la me-raviglia, chi non sa far stupir vada alla striglia.Dove è andato a finire Papa Ratzinger, chedi stupire non ne voleva proprio sapere. Peril Papa tedesco due più due fa quattro: némerito né demerito suo; perciò è finito …emerito. Si dice che fu grazie alle parole di Papa Fran-cesco contro l’intervento armato in Siria daparte degli Stati Uniti che Obama, già deter-minato ad attaccare, fece marcia indietro.Ora è giunto il botto che gli prenota il titolo dipersonaggio dell’anno con tanto di copertinadi “Time” e più in là forse il Nobel della Pace.Si è messo in mezzo ed è riuscito a far crol-lare il muro tra Stati Uniti e Cuba, l’ultimo ri-masto della guerra fredda. Siamo tutti contenti. Se non che non c’eraalcun bisogno di far crollare quest’ultimomuro. Era già sotto le macerie del comuni-smo. Cuba non rappresenta più da annialcun pericolo e ha tutto l’interesse di cam-biar vita e amicizie. Non siamo ai tempi deltrio Kennedy-Kruscev-Papa Giovanni e dellasuggestione del Che e della rivoluzione con-tinua: hasta la victoria siempre! Allora sì cheil mondo corse un bel rischio. Scongiurato, sidice ancora, dal fascino che il pontefice ro-mano del tempo esercitava su Kruscev. Oggil’interesse a riavvicinarsi agli Stati Uniti è tuttodi Cuba. Gli esuli cubani negli Stati Uniti, per-seguitati da Castro, specialmente i più an-ziani, urlano proteste: Obama si è calato ipantaloni! C’è da chiedersi perché. Per far piacere aPapa Francesco? E’ probabile. Ma è ancorpiù probabile che due paesi, che non sonopiù né in guerra né in pace, come Stati Unitie Cuba, decidano di chiarirsi ma né l’uno nél’altro vuol compiere il primo passo. Ecco al-lora che si fa avanti il mediatore che, dalle po-sizioni del più debole, Raul di Cuba, si muoveverso il più forte, Obama l’americano, che sa

di non essere poi tanto forte sul piano perso-nale e che avrebbe bisogno pure lui di recu-perare un po’ di credito perduto. Obama èstato uno dei presidenti degli Stati Uniti piùincolori, colore suo a parte, degli ultimi cin-quant’anni. Il suo fallimento in politica esteraè assai più appariscente dei suoi successi inpolitica interna, dove pure ha conseguito suc-cessi importanti come la riforma sanitaria e ilsuperamento della crisi economica. Non v’è dubbio che il riavvicinamento tra idue paesi americani conviene ad entrambi,conviene soprattutto ai cubani, voglio dire aicittadini cubani. Dopo una dittatura di oltrecinquant’anni essi finalmente possono assa-porare la libertà, la democrazia e soprattuttoil benessere, la crescita, la realizzazionedelle proprie personali e nazionali aspetta-tive. Essi, però, devono stare attenti a nonsmarrire il senso dell’ordine e della disciplina,dei buoni principi individuali e sociali, smarri-mento tipico e pressoché inevitabile delle de-mocrazie occidentali.Conviene agli americani e ad Obama. Agliamericani conviene perché hanno un paeseamico nelle immediate vicinanze, cui desti-nare investimenti e affari commerciali. AObama per segnare un punto in favore di unperiodo di presidenza decisamente grigia.Quanto a Papa Francesco, ormai è chiaro atutti che la sua scelta è di stare tra i grandi,tra quelli che decidono le sorti del mondo; difare a tempo pieno il diplomatico per conto diDio o di quelli che secondo lui sulla terra sonogli amici di Dio. Per questo ha bisogno diavere una piattaforma umana osannante, co-stituita da gente che mentre lo applaude perle cose che dice opera come meglio le ag-grada, tanto ha il lasciapassare assicurato. La prossima meta, che Papa Francescopensa di perseguire, è il riconoscimento in-ternazionale della Palestina. Ma qui se ladovrà vedere con gli ebrei. Non so se mispiego!

Il mediatore di Dio

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della domenica n°57- 21 dicembre 2014 - anno 2 n.0Diario politico

In talune circostanze o inseguendodeterminati, particolari temi, si ha lasensazione che la mano esiti nell’im-pugnare la penna e, più in dettaglio,che il coacervo dei polpastrelli man-chi della forza necessaria per tenerne

ferma l’asta.E, però, prodigiosamente e fortunatamente,viene puntualmente a scattare la spintadell’inchiostro espressivo, coagulatosi, perconto suo, nella mente e non solo lì, sinoallo scioglimento sotto forma di parole, con-cetti, righe e pagine.Fuori di preambolo, ci siamo. In seno al-l’agenda 2014 ormai prossima all’indice e incorrelazione al foglietto del 25 per antono-masia, affiora una sequenza di domande: “Come si presenterà quest’anno, il Natale?Quale sarà l’espressione del volto del Bam-binello?”. Purtroppo, non si tratta d’interro-gativi accentuati che traggono origine damera stravaganza o da incertezza senzafondamento.Succede, infatti, che l’atmosfera e le scenealeggianti nei dintorni, lungi dalle immaginid’antica tradizione che porgevano, allementi e ai ricordi, rudimentali presepi, nudegrotte e poveri pastori, appaiano costellateda nugoli, quando non veri e propri schie-ramenti, di pupazzi e pupi, che poco oniente hanno d’innocenza, semplicità e di-sinteresse, recitando, più che altro, nelruolo di paladini alla rovescia.Non palline colorate, non arance ai rami deiverdi abeti, nessuna stella cometa a illumi-nare e guidare. All’orizzonte di detti astanti,invece, l’aspirazione a posizioni privilegiatenelle liste, il miraggio di scranni, il sogno dipotere e viepiù potere.In un bailamme eccezionalmente variegato,dove s’improvvisa, si avanza e s’indietreg-

gia, si avverte ansia spasmodica per le tor-nate elettorali di vario genere a venire. Alche, come non augurarsi e sperare che ilBambinello ce la mandi buona?

***Alleggerendosi d’abito, l’osservatore distrada tiene a far notare che, in fondo e vo-lendolo, contrariamente a ogni apparenza eimpressione, può essere sempre tempobuono per la venuta del Bambinello e per ilcontatto o l’incontro con Lui.Io, l’ho trovato, seduto giusto accanto a me,qualche giorno addietro, intervenendo a unconsesso multietnico per l’ascolto di cantinatalizi e di sprazzi di letture varie intonatealla ricorrenza: protagonisti, di lingua in-glese, albanesi, egiziani, arabi e musul-mani. Un substrato di credo comune pur sotto l’in-segna di religioni differenti, fra strofe dinenie in idioma arbereshe, versi del Co-rano, recite di brevi poesie da parte di bam-bini e giovanissimi, accenni di sermonedalla voce di un pastore protestante, colcappello conclusivo di canti caratteristicieseguiti da una coppia di artisti di stradaprovenienti dalla Grecìa Salentina.E mi si è presentato un’altra volta, in una re-centissima buia sera, punteggiata a malapena dalla caduta di nevischio, in un capo-luogo della Padania: in macchina, non riu-scivo a procedere, ho arrestato il mezzosulla destra e mi sono diretto a chiederelumi all’automobilista che mi seguiva imme-diatamente. Ha stentato ad abbassarsi il fi-nestrino, dopodiché si è delineato alla vistail volto di una giovane donna dalla pelle ne-rissima, la quale, ad ogni modo, con ecce-zionale gentilezza e dolcezza, mi haopportunamente indirizzato.Così raggiunta la meta, ne ho nuovamente

scorto le sembianze dalla finestra di una ca-mera al sesto piano, affacciata a pienoschermo sulla bellissima parte alta di quellalocalità: davvero, un gigantesco presepe,eccezionale, unico.Ne ho, ancora, percepito la presenza e lavicinanza, presenziando alla celebrazionedelle nozze di una coppia di giovani fami-liari, nel cui ambito, fra le invocazioni o in-tenzioni dei fedeli, ho ascoltato la seguente:“Che gli sposi P. e G., insieme con il loropiccolo (che attendono) eccetera”.

***Nel saloncino della mia abitazione, fa bellamostra un minuscolo presepe in cartapesta,gesso, legno e terracotta, realizzato e do-nato da un amico artigiano – artista.Pur diverso nella foggia e preziosità, sim-boleggia per me la continuità dell’analogomanufatto alla buona che, intorno al 1950,a Marittima, era costruito in casa, con car-tone d’imballaggio e qualche cassetta dilegno, per opera di mia madre. Neppureuna lampadina elettrica ad illuminarlo, maappena qualche sparuto lumicino di cero ocandela, tuttavia vantava una ricchezza odotazione speciale, conferita proprio da noiragazzi: tappetini di muschio e frammenti dilichene, cercati e raccolti con pazienza nelleincontaminate campagne di quell’epoca.

***Mancano ormai pochi giorni al Natale e, intale frattempo, il mio personale proposito,se non di estraniarmi completamente, è dinon farmi prendere dai riti dei primi menzio-nati pupi e pupazzi della cosiddetta “casta”,predisponendomi, da credente, ad acco-gliere con leggerezza di spirito la Creaturache nascerà nella fredda grotta.

Buon Natale

Note di un disincantato cercatore di muschiodi Rocco Boccadamo

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Avere una cultura di sinistra si-gnifica, per l’innanzi, aderiread una realtà paradigmatica,che dà enorme rilevanza aprecipui principi e valori. Inquesti mesi, abbiamo som-

mariamente seguito le gesta (per nulla eroi-che) del Pd di Renzi. Il partito dell’ex“rottamatore”(almeno l’ala dominante) nonpuò senz’altro collocarsi in un alveo di sini-stra. Con sbigottimento abbiamo assistito agli at-tacchi reiterati del giovanilistico leader in ca-micia bianca al sindacato. Il premier, semprepronto a declamare, a sfilare, ad apparire neitalk show di prima e seconda serata e in ognitrasmissione televisiva, avvezzo a organiz-zare Leopolde e cene eleganti con grandi fi-nanzieri e manager, suscita sconcerto. Il Pdnon è mai stato un partito di sinistra. Ed oggiancor meno: è un agglomerato ibrido in cuiprevalgono lotte intestine, arrivismi e ram-pantismo. Ma in quest’era di attriti e colossalisperequazioni, s’avverte il bisogno di com-pattarsi a sinistra del Pd, per tentare di co-struire una casa comune operativa, alacrepiù che mai. È necessario strutturare e get-tare le fondamenta d’un grande partito dellasinistra liberale, incentrato su un prosperoterreno di coltura. La gente reclama ad altavoce giustizia e libertà consapevole. I dirittisociali e quelli civili, in una scala di priorità,definiscono i mattoni di base, sostanziali, cheservono a connotare un bel volto identitario.L’Italia delle destre illiberali e conservative haormai segnato il passo, ha il fiato corto: lacontemporaneità impone sensate apertured’ampio respiro. È attesa, peraltro, una alter-nativa al centrismo postdemocristiano diRenzi e sodali; c’è bisogno d’un vasto movi-mento politico e culturale, non un semplicecontenitore, ma un laboratorio e fucina diidee, in grado di catalizzare la più rigoglioseforze vitali, desiderose di rivoltare questoPaese come un calzino. Gianni Vattimo, dasempre, giustamente sostiene che la societàè molto più evoluta della classe politica chela rappresenta. La sinistra dovrebbe ascol-tare a fondo i bisogni intimi, primari dei citta-dini italiani. L’economia capitalistica è in statodi metastasi conclamata: solo un mercatoetico può salvarci dallo sprofondo, dal-l’abisso, dalla catastrofe. Le potenti idee socialiste possono venire in

soccorso del liberismo, per mutuare magariuna terza via più umana, più civile, più a mi-sura di essere vivente. Avremmo bisognod’una sinistra che sappia valorizzare e finan-ziare doverosamente la ricerca scientifica,che sappia investire pragmaticamente sullascuola. In specie nel Mezzogiorno, i ragazzivivono in aule degradate, al limite della vivi-bilità. In questa povera Italia della provvisorietà,dell’approssimazione per difetto, sarebberobenvenute opere di comunitarismo sociale.Forse, non servirebbe alcuna riforma partico-lare della scuola e della università: baste-rebbe che i nostri zelanti governantiassicurassero lo svolgimento regolare dellelezioni in edifici adeguati e non scalcinati, ga-rantendo sempre l’autonomia del libero pen-siero, cercando magari di valorizzare i precarimaltrattati e disconosciuti. Una ventata d’ariafresca a sinistra del Pd deve incoraggiare lacittadinanza partecipata d’uno schieramentodi uomini e di donne in sinergia, in una pro-gressiva coesione d’intenti. La cittadinanza partecipata dei lavoratori conuna esistenza meno avvilita, di giovani con

Contemporanea

Sinistradi Marcello Buttazzo

Robert Mapplethorpe, Lisa Lyon - 1982

un futuro da desiderare e da aspettare, di an-ziani con una sicurezza pensionistica. Vor-remmo davvero un Paese di più equagiustizia sociale, delle istanze economiche daconiugare alle risorse umane, delle libertàelementari da rispettare rigorosamente. Evorremmo una sinistra basata su una lungi-mirante cultura ecologista. Certo, le questioniambientali non possono essere confinate inun ristretto perimetro ideologico: il discorsointorno alla “casa naturale” è di pertinenza ditutti gli uomini di buona volontà. Cionono-stante, i movimenti ecologisti non possono di-sconoscere il loro Dna laico e libertario. Nongiova erigere rigorose isole settarie, imbri-gliate in strette maglie di autodefinizione; pa-rimenti, però, si deve edificare un progettoche sia forte d’una sua identità. La nuovasfida, in certo modo, non può non tenereconto dell’avanzante sviluppo economico:solo in un’ottica disciplinata di saggia econo-mia delle risorse, si può pensare di incremen-tare il progresso, creare posti di lavoro,decongestionare l’ambiente insultato peren-nemente dalla nostra decrepita mano antro-pica.

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L’abecedariodi Gianluca Costantini e Maira MarzioniFissavo fuliggine, un fiume. Filavano i fremiti come foglie. Infine feto come goccia giacevo.

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Allora, cari amici leccesi, ditelo chiaro e tondo, magarisu dei pannelli da installare ai vari ingressi della vo-stra città, come usa fare altrove “Città dell’arte”, “Cittàdenuclearizzata”, “Città della Cultura”, “Città del Va-nini”. Voi scrivete pure, semplicemente, “Malvenuti aLecce”. Dite, senza tante storie, che non volete che

altri vengano a limitarvi gli spazi già limitati che avete. No, dire “nonbenvenuti” è poco; occorre dire “malvenuti”. Chi viene a Lecce, infatti,non se ne va senza un bel ravanello, un bel costoso e fastidioso ra-vanello. E non indico il colorito luogo di destinazione, di piaceri o didispiaceri, a seconda dei punti di vista, per non passare per omofoboo razzista. Avete disseminato il territorio urbano di fotored, autentiche trappoleper automobilisti, più che imprudenti verso i semafori o i limiti di ve-locità, incauti nell’avventurarsi sulle vostre vie. Queste, infatti, nonsolo sono strette ma intasate di auto da una parte e dall’altra che ilpassar di mezzo è un’avventura per specchi e specchietti retrovisori. Quei pochi parcheggi che avete ve li pagate a dracme d’oro e la-sciate sempre i poveri automobilisti con l’ansia di non fare in tempoad aggiornare il grattino per evitare la multa, che, per pagarla, nonbasta una giornata di lavoro, se e quando si lavora! Avete chiuso il parcheggio dell’ex Carlo Pranzo, senza preoccuparvidi trovare alternative. In questi ultimi due anni avete eliminato centi-naia, forse migliaia, di parcheggi. Come se un’automobile possa es-sere inzainata (parcheggiata nello zaino). Volete che gli automobilisti rispettino la corsia dei mezzi pubblici. Masu quale cazzo di corsia si devono mettere se le corsie in tutto sonodue e una è quasi sempre disturbata da auto malparcheggiate? E,poi, volete spiegare perché – autoambulanze e forze di polizia a parte– chi prende il bus pubblico deve avere la corsia preferenziale? Pre-ferenziale, perché? Per il rispetto orario delle fermate? E i cittadiniche si muovono con auto propria non hanno scadenze di orario, nondevono arrivare in qualche ufficio entro una certa ora? Ma l’aspetto che più sorprende – si fa per dire – è che il problema ipubblici amministratori e responsabili tutti ai più vari livelli, non se lopongono proprio. Stanno chiusi nei loro uffici, nei loro studi e diquanto accade fuori non si preoccupano minimamente. Forse il guaio

di oggi è che gli amministratori comunali non sono più come unavolta, frequentatori assidui degli spazi urbani e dunque conoscitoridei problemi dei cittadini, ma soggetti nascosti come monaci nei loromonasteri. Se l’amministratore pubblico non sente il problema chesente il cittadino vuol dire che non può svolgere quel ruolo in modoconveniente e puntuale. Deve accorgersi della spazzatura per strada,delle buche sulle vie, dei lampioni fulminati, dei manifesti indecenti eaffissi fuori degli spazi consentiti, delle scritte oscene sui muri, dei ri-schi che corre il passante, delle esigenze dei pubblici esercenti, degliautomobilisti, delle bandiere lacere esposte ai pubblici edifici. Il pub-blico amministratore deve pensare alla città come pensa alla suacasa. Per questo deve passare non dico più tempo fuori di casa, maquanto meno lo stesso che passa in casa, pranzi, cene e sonno com-presi. Se non è disposto a questo, non dovrebbe neppure permettersidi candidarsi alle elezioni.Oggigiorno – si sa – i problemi del traffico sono tanti e diffusi dap-pertutto, a Lecce come a Milano, a Bologna come a Genova. Ma çava sans dire che a Torino non è esattamente come a Napoli, con ri-spetto parlando. Neppure Lecce è Napoli, ma resta una città pocoaccogliente. Lasciare che un visitatore o uno che capiti in città peraltri motivi senza un comodo posto per parcheggiare l’auto o unastrada per muoversi senza pericoli di incidenti con terzi o con limiti edivieti pubblici, è come lasciare un ospite che viene a trovarti a casain piedi o farlo sedere su una vecchia panca sgangherata col rischiodi cadere o fargli salire e scendere scale coi gradini rotti o consu-mati.I nostri politici nazionali ripetono come un mantra che le nostre coste,il nostro territorio è già Europa; ma non sanno o fanno finta di nonsapere che c’è più differenza tra il Mezzogiorno d’Italia e la Scandi-navia che tra il Mezzogiorno d’Italia è l’Africa subsahariana. Bisognerebbe incominciare a tentar di recuperare qualche spazio diciviltà e di costume. Senza un diploma di qualifica, conseguito standoalmeno per un anno a Vienna o a Oslo, per esempio, non si dovrebbepermettere a nessuno di candidarsi a pubblico amministratore.

di Gigi Montonato

Malvenuti a Lecce

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della domenica n°57- 21 dicembre 2014 - anno 2 n.0accade in città

Almeno due sono i problemi più appariscenti della cittàcontemporanea che fanno storcere il naso a chiun-que, uno è quello dei parcheggi delle auto private,l'altro quello della spazzatura. A ben vedere si trattasempre di un parcheggio anche in quest'ultimo caso,puzzolente quanto il primo, brutto a vedersi e a sen-

tirsi ancora quanto il primo. Per semplificare questo concetto bastain sostanza soffermarsi sui luoghi di deposito per eccellenza dellaspazzatura: i mitici, famigerati cassonetti, veri capolavori dell'assurdoa volte, capoluoghi del nauseabondo, concentrazioni di non sensoestetico fino al parossismo. A questo proposito Lecce sembra battereun primato assoluto: quello della discutibilissima scelta dei luoghidove collocare cassonetti e contenitori per la spazzatura che oltre adessere brutti sono anche storicamente invasivi, deturpanti il patrimo-nio per eccellenza del capoluogo salentino ovvero le strade del suocentro storico. Facciamo un passo indietro e giusto per essere aiutatia capire meglio la città e i suoi spazi in cui si muovono i nostri occhie quelli, soprattutto dei turisti. Poco conta che gli angoli dei palazzicinquecenteschi (ma ciò vale anche per epoche successive) sonoarchitettonicamente caratterizzati da colonne e semicolonne dove

molto spesso le famiglie proprietarie dei palazzi stessi mettevano iloro stemmi. Angoli e colonne erano luoghi per eccellenza prima dellefamiglie e poi della città. Poco conta che un raffinato studioso dellastoria dell'arte italiana (e non solo) come Cesare Brandi elogiava l’in-ternità degli spazi pubblici leccesi. Poco conta tutto questo oggi, per-ché per una ragione che ben non conosciamo gli angoli dei palazzistorici sono diventati punti di accumulazione del peggio della città diLecce: cassonetti, bidoni, spazzatura allo stato brado. Come mai ibidoni si concentrano sugli angoli e perché proprio a ridosso dellecolonne storiche della città? Non sono osservazioni tipiche da stu-dioso o amante della città storica queste. La questione è diversa emolto più semplice perché si pone nei termini del vivere civile, delnaturale rispetto per lo spazio pubblico. Una cosa sembra altrettantochiara: la colpa, se una sola ve ne è, non è solo di natura politica maanche, a giudicare dalla spazzatura diffusa, dei singoli cittadini.La candidatura di lecce a capitale europea per il 2019 è servita adavvero poco evidentemente.

di Fabio A. Grasso

La città dell’incuria

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L’Afrikan Shopspagine della domenica n°57- 21 dicembre 2014 - anno 2 n.0

luoghi

di Antonio Zoretti

rare l’aria del Sud del mondo, vestito diniente, semplicemente. Sembra quasibandire elaborazioni sofistiche, false oipocrite; concentrandosi invece sul la-voro puro e paziente di mani sapienti.Un’ Africa laboriosa appare, che ambi-sce a conservare e mantenere un arti-gianato altro, fuori dagli standardcomuni e opprimenti del mercato glo-bale imperante. Manifesta, dunque, sa-pori d’altri tempi e d’altri mondi,risaltando la tradizione che s’affacciaal presente.Fermatevi a guardare la vetrina diMaria. Il suo presepe è fatto con fogliedi banano essiccate. E’ piccolo ma tra-volgente: un dolce dono per chi per-corre la via. Delicato e leggero appare.Appare… Posto in alto, sempre in vetrina, ve n’èun altro, tutto africano, bello an-ch’esso, completamente diverso, nelleforme, nei colori, che comunque man-tiene sempre la magica atmosfera na-talizia. Ben venga il ‘diverso’ dunque.Entrate nel negozio di Maria, è cosìbello.Il Natale, si sa, rappresenta un mo-mento importante nella nostra tradi-zione; come nelle nostre abitudinirientra l’acquisto dei regali. Ma forseson tutti orientati verso i soliti consumie prodotti; dovrebbero invece veicolaredi più i loro occhi, allargare le loromenti, osservare i diversi mondi. Rice-vere le altri genti, coi loro usi, costumie civiltà; e non aizzarle l’une contro lealtre, come se fossimo sempre inguerra. Tempo e luogo ci darà ragione:nati non siamo per odiarci, ma per per-seguire unione e benevolenza. Mode-stia e umiltà alla fine trionferanno.Il negozio di Maria s’inserisce in que-sto contesto. I doni possono esserepure diversi, ma restano comunque of-ferte rispettose d’un mondo d’altri chein cuor nostro unisce e ci appartiene.

Buon Natale e buone feste.

M aria libera la creati-vità! Un raffinato egrazioso presepe ap-pare dalla vetrina delsuo negozio, sito invia Palmieri di Lecce

al civico 23, Afrikan Shop è incisosull’insegna di legno, all’interno nume-rosi oggetti di pregevole fattura artigia-nale, il cui valore in alto sale favorendol’apprezzamento di tutti, soprattutto inquesto periodo fecondo.

Maria sigilla con amore e pazienzaamanuense le confezioni, una volta ac-quistate dai clienti. Appare bellezza edecoro nel suo ambiente. I prodotti afri-cani vanno dall’oggettistica alla bigiot-teria, passando da dame, scacchiere,palline, che colorano l’ambiente. Batik,pitture su stoffa e ad olio ornano lestanze. Sciarpe, fazzoletti, foulard eborse appese abbelliscono il luogo.Collane, orecchini, bracciali son lagioia delle donne. Sculture grandi,medie, piccole, rappresentano la cul-tura africana con scene di vita quoti-diana, attraverso simboli, maschere,animali, ritratti, mezzibusti e corpi interidi lavoranti. In un angolo cuscini, piat-tini e porta-ricordi addolciscono l’aria.Tutto appare lieto e ordinato. Vasi eportafiori non mancano nella secondastanza, assieme a tanti altri oggettibelli. I prezzi diventano accessibili atutti.E’ un punto d’incontro il negozio diMaria, la quale ti riceve con grazia esimpatia. Ella invita ad entrare, a fre-quentare le sue stanze; occasione,questa, da non perdere. Entrate daMaria, vi ospiterà volente e vi riempiràdi stelle. Man mano che si guarda il suointerno un impeto vitale ci assale e iltempo trascorre piacevolmente. Nonmancano virate d’entusiasmo, emo-zioni del momento. E’ la magia di respi-

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Iconespaginedella dom

enica n°57- 21 dicembre 2014 - anno 2 n.0

arte

di Giuliana Coppola

D i che colore, di che colore erano gliocchi di Maria, la Vergine, delladonna che, se non ci fosse stata lei,non ci sarebbe Natale e non ci sa-rebbe questo suono dolce di ciara-mella che ascolto andando da

piazza Sant’Oronzo a porta Rudiae, a Lecce?É la melodia ad avanzare; volteggia lieve e si fa si-lenzio; tacciono, quasi per un accordo strano, tuttele voci degli strumenti di tutti i musicisti di strada;silenzio, c’è zampogna e zampognaro e forse,chissà, lo troverò il colore degli occhi di Maria, miapparirà d’un tratto ed io dirò è il suo, l’ho trovatoperché ho bisogno di immergermi nel colore dei suoiocchi per dirle che mi dispiace, mi dispiace tanto chelei stia soffrendo ancora, che stia morendo, che stiapiangendo, che stia in carcere e c’è ancora violenzae che non succeda più, come si fa, come si fa adasciugare lacrime di Maria, la Vergine, che se nonci fosse stata lei, non ci sarebbe Natale?Il suono della ciaramella, il passo dello zampognaro,il silenzio… e, d’un tratto, lo sguardo; ha il colore delmare, della terra e del cielo, sguardo stupito su dime che non ho voglia di speranza; rimprovero alle-gro di sguardi che m’abbracciano, mi circondano,fanno intorno a me girotondo. Sguardi in volti giovanidi ieri e di oggi, di sempre, di Maria, di Cisaria, di te,di noi, di voi, di donne forti che nel momento del pe-ricolo sfidano il mondo e reggono nido di colombe,loro, donne pure e leggere nella loro eleganza senza

tempo.Ecco “…ad un tratto chiuse gli occhi e, quando li ria-prì, erano quelli con cui si chiede a Dio dove con-duce il suo disegno; la dolcezza della sera si erafatta sentimento e fra mezzo al tramonto sgusciavain lei il desiderio di essere una cosa più felice e nelpiccolo spazio di questo desiderio era la sua gio-ventù” (buon Natale anche a te, Maria Corti).Nel piccolo spazio d’un desiderio è l’attimo di felicitàche mi godo qui, in via Palmieri, numero 28, aLecce, nel nido dell’ A.R.C.A., galleria che accoglieil bello e il poetico della vita; sono qui e gli sguardidelle icone di Mario Pellegrino, artista e poeta, am-miccano sorridenti verso di me, fanno intorno a megirotondo e il girotondo inizia da code di sirena,enorme, rassicurante, enigmatica come mito e silen-zio.L’arte, solo l’arte, sa parlare dell’arte; è lei a raccon-tare se stessa; è lei a ricordare “Sì, ero viva, chestrano…. Tutto quello che si fa… quando si è vivi.Che tremende speranze, ogni tanto” (ciao, MariaCorti).Maria la Vergine, Cesaria, Barbara, Irene, sguardi didonne di ieri, di oggi, di sempre; vivono nell’arte eintanto sono tra noi, grazie alle icone che rappresen-tano i loro volti, i loro sguardi; basta un suono di cia-ramella, il colore e la forza dell’arte di MarioPellegrino, un rigo di leggenda ed è Maria Corti…che tremende speranze, ogni tanto,a reggere il cam-mino della storia; ed è ancora vigilia di Natale.

Le opere di Mario Pellegrico alla Galleria A.r.c.a. di Lecce

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spagine

F ra pochi giorni, tutto il mondo festeggeràil Natale. E del resto, come sfuggire adun evento così importante e sentito? Sesi pensa che il Natale si è innestato suuna festa pagana come quella del Nata-lis Solis Invicti o che la nascita di Cristoha soppiantato quella del dio persianoMitra, qualche dubbio viene, ma la-sciamo ai dotti e ai razionalisti queste ri-levazioni e per noi sia vivo il Natale con

annessi presepe e albero. Tuttavia, perché il dì di festa siadavvero speciale, bisognerebbe adottare delle precauzionie osservare alcune semplici ma importanti prescrizioni tesea evitare che giorno sì gaudioso tosto si trasformi in giornofunesto. Prendetelo come un personale prontuario di autodi-fesa, un vademecum, una posologia, una ricerca del giornoperfetto, una strategia di evitamento degli effetti collateralidel Natale. E dunque la prima regola da osservare sarebbequella di tenere ben spenta la tv. E se si pensa che, in man-canza di argomenti di discussione, un silenzio tombale cale-rebbe sulla tavola, e non si può fare a menodell’elettrodomestico amico, evitare almeno telegiornali etrasmissioni di cronaca nera. Sapere di guerre che ancorafunestano tante parti del mondo o di omicidi-suicidi o sgoz-zamenti di casa nostra, certo non stuzzica l’appetito (comele pizzette catarì delle quali ringhiava, in un vecchio spot,unfamelico Giorgio Bracardi). Sapere di gente scannata e but-tata in qualche fosso non va molto d’accordo con quel pia-cevole languorino pre abbuffata natalizia. La seconda regoladi questa personale precettistica è quella di evitare la Messadel Papa il quale, più che alzare la voce ( vox in deserto cla-mantis) di fronte alle guerre e ai crimini contro l’umanità, nonpuò fare.Una volta era diverso. Nel Medioevo lo sceriffo del mondonon erano certo gli Stati Uniti, ma era lui, il successore diPietro, il vicario di Dio in terra, il Pontefice Massimo. Quando

un popolo minacciava la pace e la tranquillità di un altro,ancor peggio poi se attentava al Patrimonium Sancti Petri, ilPapa mandava il suo santo esercito a sterminare i manigoldie farne pasto per gli uccelli. Vecchia storia quella della divi-sione dei poteri temporale e spirituale e dei due soli in cielo:a che cosa portano due immensi termosifoni che ardono con-temporaneamente se non all’effetto global warming ,con laconseguenza che ormai festeggiamo il Natale in t shirt e ma-niche di camicia? Dove è finito il bel freddo di una volta,quando a Natale si indossavano cappelli e cappotti e, se siera molto fortunati, al risveglio la mattina si poteva trovareanche la neve? Sembra il Pleistocene, ma si parla di venti,trenta anni fa. Altra cosa da evitare, nel giorno in cui nasceil divin bambino, sono gli sms di auguri sul telefonino, quellistupidissimi e preconfezionati senza il nome del destinatario,trionfo di una banalità che, al confronto, i baci perugina sem-brano “ La fenomenologia dello spirito” di Hegel. L’anno scorso ho mandato a quel paese coloro che me liavevano inviati. Quest’anno, per non cadere in tentazione,terrò accuratamente spento il telefonino. Se c’è ancora qual-cosa da cui sottrarsi, è di andare a Messa la mattina del Na-tale. Chi è un fervente devoto può sempre farlo nelpomeriggio. Non solo, come tutti potrebbero immaginare,per non affogare nel vaniloquio della trita omelia del parroco,perché a quel polpettone indigesto si può resistere opponen-dogli altri più ludici pensieri o pregustando le leccornie chesi mangeranno a pranzo. Ma soprattutto per scansare loscambio di auguri all’uscita della messa e più in generale intutti i luoghi di ritrovo sociale, quando adoranti parenti eamici mi verrebbero incontro per salutarvi e baciarvi. A chevarrebbe ritrarvi e allungare la mano? Quelli, con forza rad-doppiata dall’impeto buonista, vi stringerebbero a sé e via aslinguazzarvi le guance, mentre formulano logore espres-sioni propiziatorie. Ad eludere dunque tali bavose dimostra-zioni di affetto, ed anche che qualcuno, vedendovi scapparea gambe levate, creda siate affetti dalla sindrome di Michael

“Quando verrà Natale, tutto il mondo cambierà”

Antonello Venditti

di Paolo Vincenti

Augh!

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Jackson, ossessionato dai microbi, evitate di uscire di casa,e per una mattina fingetevi agorafobici. Anche perché, a fre-quentare pubblici consessi, si corre un altro rischio, ovvero-sia quello che, di fronte a mendici ed extracomunitariimploranti carità, avendo consumato tutti gli spiccioli fra l’of-fertorio in chiesa e l’acquisto di stelle di natale, bonsai, ole-andri e baobab contro ogni tipo di malattia, si passi perspilorci, non potendo più elargire alcuna elemosina. Qualcuno potrebbe credervi intolleranti e xenofobi e un belgiorno potreste vedervi recapitare a casa qualche simpaticoomaggio, tipo una felpa della Lega Sud con la scritta: “piùterroni meno negroni”. Ma continuando con questa posolo-gia, se c’è una cosa da veramente tenere alla larga quelgiorno sono i parenti serpenti. Degli amici mi hanno riferitodi pranzi di Natale che si sono trasformati in liti furibonde perquestioni di interesse, con il tavolo diventato un ring di pugi-lato. Perché è chiaro, succede soprattutto con i parenti coni quali non ci si frequenta molto, magari emigrati in Svizzerae tornati per le feste , che quella del pranzo di Natale o delcenone della vigilia diventi l’occasione per risolvere, o cer-care di risolvere, vecchi problemi, per saldare conti rimastiin sospeso.Emergono così invidie, celati malumori, sopite gelosie, sot-taciute delusioni, striscianti rammarichi per questioni di ere-dità, che, ad un nonnulla, possono deflagrare in violentialterchi. E magari, un’offesa tira l’altra, saltano fuori i coltellio le pistole e il Natale finisce in una carneficina, con il fac-cione esanime dello zio o del cognato spiaccicato sulla la-sagna al forno. Largamente preferibile dunque festeggiare ilgiorno sacro fra parenti stretti, rimanendo nell’alveo, forsemonotono ma rassicurante, della propria famiglia. E se proprio si potesse chieder tanto alla Provvidenza, maquesto decalogo si tramuta così in un libro dei sogni, allorasarebbe da scansare anche la moglie perché, è risaputo,nessuno più di una coniuge testarda, attaccabrighe e petu-lante, è capace di rovinare le feste e rendere nefasto un

giorno fasto. E lo diceva già Seneca “perché all’uomo sag-gio non convenga prender moglie”, confermando quantoespresso da Epicuro, e lo ribadiva, da scapolo impenitente,Alberto Sordi (“ e che, me metto n’estranea in casa?”). Sepoi tutte queste pre condizioni dovessero realizzarsi e ilgiorno di Natale rivelarsi radioso, e la sera, confortati datanta pace, si volesse uscire a far due passi, consiglio viva-mente di rifuggire sagre paesane e presepi viventi. Basta col maniscalco, col ciabattino col berretto Nike, colferraciucci che per noia gioca col telefonino, con la filatricecon le Hogan ai piedi (alla faccia della ricostruzione storica)e con le pittule che non sono mai gratis come ti dicono al-l’entrata (“ un’offertina, prego”)! Vieppiù,sconsiglio di fre-quentare i cinema. Cioè perché nel migliore dei casi ci siimbatte nel duecentocinquantesimo cine-panettone di queiguru della vecchia destra pecoreccia, ovvero ostricara eshampagnara , che sono i Vanzina, col loro portato di flatu-lenze, rutti, sbroccamenti e volgarità varie. Nel caso mi-gliore, dicevo. Nel peggiore, invece, in qualche cinemad’essai, ci si può imbattere nel film straniero con sottotitoli,di quelli pluripremiati cinesi o coreani, che fanno tanto radi-cal chic e piacciono a certi intellettuali di sinistra che ne ri-feriscono entusiasti ai colleghi d’Università (“ sai, ho visto“Lanterne scese” di Fan kul ‘ho, a Natale, non ho capito uncazzo ma è stato bellissimo!”). Insomma, fra tricche e bal-lacche, il mio manuale di sopravvivenza si avvia al termine.Con impegno e convinzione, parte di questi desiderata pos-sono diventare cosa concreta, e si può riuscire a schivareogni iattura. Nell’ambito poi dei desideri iperbolici, megaga-lattici, si potrebbe chiedere di essere teletrasportati per quelgiorno in un’altra dimensione, in un platonico iperuranio, evi-tando noie e affanni, e saltando a piè pari direttamente algiorno dopo. Il risveglio sarebbe traumatico e duro l’atterrag-gio. Ma quello astrale, sarebbe certo il Natale più bello.

l’osceno del villaggio

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Prosegue con successo al Castello di Carlo V diLecce Retrospettiva, la mostra personale di AngeloCapoccia, a cura del nipote Angelo Capoccia Jr. Lamostra propone un importante gruppo di circa 37opere in cartapesta, in marmo, in terracotta, anchedi grande formato, che ancora nei giorni nostri, testi-

moniano un guizzo di orgoglioso valore e originalità che Angelo Ca-poccia ha saputo dare all’arte della cartapesta.“La sua ‘Bottega’ - scrive don Franco Lupo, concludendo il suo testonel catalogo della mostra - è stata un tempio della cartapesta lec-cese. Capoccia è un artista di una “leccesità” che esce dalle secchedi un freddo campanilismo per attraversare luoghi e continenti. Conl’idea-forza che la cartapesta leccese è - e resta - un capitolo di sto-

ria che non muore. La Lecce di ieri, di oggi e di domani”.Vasta è la produzione di Angelo Capoccia, tanti premi e riconosci-menti in ogni parte del mondo. Le sue opere, oltre che in Italia, sitrovano sparse in Giappone, Brasile, Australia, a Malta, a Tripoli,Francoforte e New York. Per quanto attiene la cartapesta, gli sonostate assegnate 32 medaglie d’oro, 45 medaglie d’argento, 270 di-plomi di partecipazione in varie mostre, 29 premi gli sono stati as-segnati in varie città, a Roma, Firenze, Berlino, Parigi, Tripoli,Padova e Udine. La mostra personale di Angelo Capoccia si chiuderà il 6 gennaio2015.

di Fabio A.Grasso

L’arte di CapocciaUna retrospettiva al Castello Carlo V dedicata al maestro della cartapesta

Una canzone per la scuola di Sofiada Raffaele Casarano e Nandu Popu

presentata ieri al teatro Paisiello

ALecce il teatro Paesiello, ieri sabato 20 dicembre,ha ospitato la presentazione di “La scuola di Sofia”musica di Raffaele Casarano parole e voce Nandu-Popu redattore del progetto il professore Gigi Man-gia. La scuola di Sofia è quella delle aule nuovedigitali del sapere dove gli studenti hanno più spa-

zio, interagiscono e producono cultura. Le aule sono spaziose, lu-minose e i banchi comodi e disposti in cerchio per facilitare lapartecipazione alla lezione. Zero manuali delle discipline: negli zainipersonali lo smartphone per studiare e-book, musica, video,tweet. La scuola di Sofia è uno spazio digitale con tanti computer sui tavolie postazioni per ipad, sulle pareti verniciate di allegri colori. Nellascuoladi Sofia a cambiare è il rapporto tra il libro e chi lo studia inquel processo dove l’informazione diventa sempre più immateriale.E ancora sale con stampanti 3d, simbolo di quella conoscenza de-finita del saper fare. La scuola di Sofia è accessibile e digitale:nuova anche nella “campanella” che diventa canzone, melodia allafelicità per lo studio. Raffaele Casarano e NanduPopu hanno saputo ascoltare e poi ri-

spondere a Sofia che al posto della campanella vuole una canzone:il primo artista con la musica il secondo con la voce e la poesia chenon rinuncia al racconto della propria terra. La loro è una canzonemolto ricca, il ritmo fluido per la gioia, le note chiare e intense nelsuono molto adatte al tempo felice dei fanciulli quando la vita èsogno accompagnato dagli studi. La campanella di Raffaele Casa-rano e NanduPopu sembra ispirata alla poesia di Federico GarciaLorca: “Canzone primaverile”

Escono allegri i bambini dalla scuola,

lanciando nell’aria tiepidad’aprile, tenere canzoni.

Quanta allegria nel profondosilenzio della stradina!

Un silenzio fatto a pezzida risa d’argento nuovo.

di Gigi Mangia

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S i è aperto ieri, nella Chiesa Madre di Trepuzzi, ieri sa-bato 20 dicembre - con il Wanted Chorus guidato daVincenzo Schettini - il “Trepuzzi Gospel Christmas”rassegna di cori Gospel tra i più rappresentativi delpanorama pugliese, promossa dal Comune di Tre-puzzi con la direzione artistica di Gioacchino Palma,

i prossimi appuntamenti il 27 dicembre Chiesa Santa Famiglia, conil coro A.M. Family di Elisabetta Guido e il 30 dicembre neglispazi dell’Oratorio Santa Famiglia, con il Salento Sax Ensemble,diretto da Alessandro Trianni (un suggestivo esperimento di En-semble di soli saxofoni che proporrà un omaggio ad Adolphe Sax,l’inventore di questo strumento - tra i più rappresentativi della mo-dernità - in occasione del Bicentenario della sua nascita.) e il 5 gen-naio 2015, Chiesa San Michele Arcangelo, con il GospelEnsemble & Black on White Gospel Choir di Tyna Maria Casa-lini.Tutti i concerti si terranno alle 20.00, si consiglia puntualità!

Una tradizione come quella del Gospel di origine afro-americana,da un lato aderisce perfettamente allo spirito del Natale, dall’altro

è uno tra gli stili più significativi tra quelli che hanno determinato losviluppo del jazz e della musica bandistica americana che dal jazzha preso le mosse.A Trepuzzi, il festival Bande a Sud, conosciuto e apprezzato a livellonazionale e punto di riferimento per la conoscenza della culturabandistica nel Salento,ha raccontato in questi anni quella partico-lare formazione musicale – la banda - che proprio nel nostro terri-torio ha conosciuto, in passato, un notevole sviluppo legato alle suespecifiche caratteristiche musicali, culturali e sociali.Trepuzzi Gospel Christmas è un’occasione per ascoltare una tra-dizione di canto sacro di origine diversa dalla nostra, ma stretta-mente legata allo sviluppo del jazz e alle sue successivedeclinazioni stilistiche e strumentali, sempre più presenti nelle spe-rimentazioni bandische di ultima generazione.Tre saranno i cori coinvolti nella rassegna: si tratta di alcune tra lepiù rappresentative esperienze del panorama pugliese dedicate aquesto repertorio. I cori sono guidati da riconosciuti professionistidel jazz, che con amore, passione e spirito filologico hanno dato illoro contributo alla conoscenza delle tecniche interpretative e deirepertori Gospel.

in agenda

ChristmasGospelTrepuzzi

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della domenica n°57- 21 dicembre 2014 - anno 2 n.0spagine in agenda

Yoko Ono, Marina Abramovic, Hidetoshi Nagasawa,Costas Varotsos, Luigi Presicce, Antonio De Luca edieci artisti del Museo dell’Altro e dell’Altrove Metro-poliz di Roma sono i protagonisti della sezione artecontemporanea di Fineterra, rassegna promossadalla Provincia di Lecce, attraverso l’Istituto di Cul-

ture Mediterranee, in collaborazione con Women for Expo e conla direzione artistica della giornalista Monica Maggioni.Fino a martedì 23 dicembre (l’apertura lo scorso mercoledì 17 di-cembre) la rassegna ospita concerti, incontri, spettacoli teatrali sultema Donne che nutrono il mondo. Il femminile nell’arte e nellacultura del Mediterraneo e l'inaugurazione di due mostre ospitatenelle sale del Castello di Acaya e del complesso di San France-sco della Scarpa a Lecce che saranno allestite sino al 30 gen-naio.La mostra “Disastri della guerra e della pace" si è aperta ufficial-mente venerdì 19 dicembre nel Castello di Acaya con un'ineditaperformance di Luigi Presicce "I Re del mondo sotto il cielo diterra", una prima assoluta che si ispira all'opera di Francisco Goya"El Gigante". Sabato 20 dicembre il Castello ha accolto “Custodirel'ombra”, performance per corpo luce ombra e ferro di Antonio DeLuca. La mostra, curata da Pablo Rico e Anna Cirignola, includeopere di Yoko Ono, Marina Abramovic, Hidetoshi Nagasawa, Co-stas Varotsos e sarà ospitata nelle sale dell'antico maniero (oraridi apertura: 10,30/12,30 - 15,30/17,30 lunedi chiuso).

«Il cammino verso la pace è un piccolo sentiero che non apre oriz-zonti. I disastri della guerra sono, invece, evidenti sotto gli occhi ditutti: sofferenza, odio, violenza, penetrano nella pelle di ognuno dinoi, anche se ne siamo lontani», sottolinea la curatrice Anna Ciri-gnola. «Non c'è soluzione per la pace e si giustifica la guerra. Per-ché la pace è uno "stato dell'Essere", una condizione umana chesi raggiunge attraverso una comune volontà, liberandosi da vec-chie convenzioni. Yoko Ono affermava "Ciò che sogni da solo èsolo un sogno, ma ciò che sogni insieme è realtà". È questo cheesprime la sua opera "L'albero dei desideri", dove l'armonia dellapietra leccese e la gentilezza di un albero di ulivo dialogano di unmondo dove la pace si conquista nell'essere pace. Anche "Barca-

Mandorla" 2014 opera del maestro Nagasawa con la sua bellezzae purezza», prosegue la curatrice, «lascia riflettere ciò che al-l'uomo sfugge, la sua parte più profonda, quel sentimento di pacee tranquillità che è in ognuno di noi. Artista senza veli sui Disastridella Guerra e della Pace è Marina Abramovic che nel video"Stromboli" è immobile, bagnata dalle onde del mare come in unaperenne preghiera», conclude Anna Cirignola.

Nel complesso di San Francesco della Scarpa a Lecce da ieri, sa-bato 20 dicembre è allestita la mostra District 913 a cura di Gior-gio De Finis con opere di Giovanni Albanese, Paolo Assenza,Danilo Bucchi, Paolo Buggiani, Pablo Echaurren, Carlo Gianferro,Veronica Montanino, Cristiano Petrucci, Maurizio Savini, MicheleWelke e dello stesso De Finis. Realizzata in collaborazione con ilMuseo dell’Altro e dell’Altrove Metropoliz di Roma, la mostra è unpercorso alla ricerca di quelle esperienze artistiche che hanno trat-tato o vissuto lo sradicamento dell'emigrazione trasformandolo nel-l'oggetto della loro creatività.

(Orari d’apertura: 10/13 – 16/20, ingresso gratuito) IlMuseo dell’Altro e dell’Altrove è il terzo museo di arte contem-poranea di Roma. Nato nel 2012, al termine del cantiere etnogra-fico, cinematografico e d’arte Space Metropoliz, il MAAM è unprogetto di Giorgio de Finis, in collaborazione con i Blocchi PrecariMetropolitani e gli abitanti di Metropoliz. Contro-dipositivo e operasituazionista e relazionale, il MAAM si pone in concorrenza con legrandi istituzioni museali italiane e della capitale (il MAXXI e ilMACRO), facendo della sua perifericità, della sua totale assenzadi fondi, della sua non asetticità (il MAAM è un museo abitato,“reale”) il suo punto di forza. Avviando un nuovo virtuoso rapportotra arte e città e tra arte e vita, il Metropoliz si sta dotando, grazieal MAAM, di una pelle preziosa e di una collezione, che l’aiute-ranno a proteggersi dalla minaccia sempre incombente dellosgombero coatto. Il MAAM si prefigge di trasformare l’intera fab-brica occupata in un super-oggetto e in un soggetto d’arte collet-tiva. Gli artisti sono invitati a dare il loro contributo gratuitamente,interagendo con lo spazio, con gli abitanti, e tra di loro.

www.fineterra.it

Al Castello di Acayae a San Francesco della Scarpa

Fineterra

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Da venerdì 26 a lunedì 29 dicembre la 9° edizione delLecce Film Fest animerà il Teatro Paisiello e leOfficine Culturali Ergot di Lecce con quattro gior-nate di cinema, musica e incontri, dalle 10 del mat-tino sino a mezzanotte. In programma un concorsotra i migliori film europei indipendenti, incontri, di-

battiti e, per gli appassionati di musica, un focus sul rock italianoindipendente.L’iniziativa è organizzata dal Cineclub Fiori di Fuoco e dall’UnioneItaliana Circoli del Cinema con il patrocinio e il contributo del Mibact– Direzione Generale Cinema.Un concorso tra film europei animerà il Teatro Paisiello e le OfficineCulturali Ergot di Lecce da venerdì 26 a lunedì 29 dicembre. Allasua 9° edizione, e dopo otto anni ininterrotti di cinema italiano, ilFestival del Cinema Invisibile apre le porte all’Europa e prende ilnome di Lecce Film Fest per porre l’accento sulla sua nuova vesteinternazionale e per ribadire, al contempo, il forte legame con lasua città d’origine. Filmmakers provenienti da diciotto nazioni di-verse, ciascuno con un proprio stile e una storia da raccontare, siconfronteranno, senza banalità e censure, in oltre dieci ore di pro-grammazione quotidiana.Le cinquanta opere, di diverso genere, tema e durata offriranno,nel loro insieme, un quadro quanto mai reale dei sentimenti, degliumori e delle istanze dell’intero continente. Ad arricchire il pro-gramma diversi incontri, dibattiti e proiezioni speciali.

Venerdi 26 il professore Cosimo Loré, noto criminologo e docentedell’Università di Siena e del Salento, terrà una singolare confe-renza sul rapporto tra crimine e media.Da sabato 27 avrà inizio per gli appassionati di musica un focussul rock emiliano indipendente con l’omaggio a Roberto Freak An-toni, il leader degli Skiantos recentemente scomparso, e la proie-zione del documentario Freakbeat di Luca Pastore. Il giornosuccessivo si ripercorrerà la storia dei C.C.C.P./C.S.I. di GiovanniLindo Ferretti e Massimo Zamboni, svelando curiosità e retroscenadi un gruppo ancora punto di riferimento per le nuove generazioni,con la proiezione di Fedele alla linea di Germano Maccioni. A fareda guida in questo percorso sonoro sarà Max Collini, testimone di-retto del movimento musicalealternativo emiliano, da lui vissuto dapprima come fan delle bandstoriche e oggi da protagonista con gli Offlaga Disco Pax, dei qualiè voce e autore dei testi.Altro ospite del Festival è il regista Francesco G. Raganato, recentevincitore del premio del pubblico al Festival di Roma con il docu-mentario Looking for Kadija, che, nel pomeriggio di lunedì 29,terrà una lezione sul documentario e la fotografia d’autore.Tra i film fuori concorso, per la prima volta a Lecce, Class Enemydi Rok Bicek sul mondo della scuola, e Not Anymore: a Story ofa Revolution, documento sul conflitto civile siriano realizzato dalregista, scrittore e soldato statunitense Matthew VanDyke.

Tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.leccefilmfest.it

LecceFilmFestGiovanni Lindo Ferretti in una fotografia di Angelo Trani

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Al Fondo Verri dal 27 dicembre 2014 al 6 gennaio 2015, l’inizio delle serate alle 19.30una rassegna di parole e di suoni, “intorno” al pianoforte giunta alla XIV edizione

Le Mani e l’Ascolto ritorna, una con-suetudine - dell'Associazione Cul-turale Fondo Verri Presidio delLibro di Lecce per le festività delNatale e del Capodanno. Chiudereed aprire l’anno con una rassegna

di parole e di suoni, “intorno” al pianoforte giuntaalla quattordicesima edizione, una maratona diascolti che avrà luogo e pubblico nello spazio divia Santa Maria del Paradiso a Lecce, dal 27 di-cembre al 6 gennaio, l'inizio delle serate è pre-visto per le 19.30.A far da cornice Il segno che suona mostradelle opere grafiche del musicista Donatello Pi-sanello.

27 dicembrecon Stefania DiedoloMax Vigneri e Giuseppe Josh ChiriattiIn apertura di serata Stefania Diedolo che pre-senta “Bocca di Lupa”, pubblicato da EdizioniBrancato nella collana Inkwell. Una saga fami-liare lunga e dolorosa dove i misteri ed i segretidi tutta una vita verranno svelati grazie alla forzadell'amore ed alla consapevolezza che la realtà,guardata fissamente, è insopportabile. La mu-sica della serata sarà quella del cantautore MaxVigneri accompagnato da Giuseppe Josh Chi-riatti.

28 dicembrecon Elio CorianoStella Grande e Vito AluisiProtagoniste della serata le vite, l’umiltà e l’or-goglio di un Salento ormai remoto ma non di-menticato.Elio Coriano presenta accompagnato dalla vocedi Stella Grande e dal pianoforte di Vito Aluisi,“A nuda voce”. Canto per le tabacchine”, rac-colta di versi che inaugura la collana di poesiadi musicaos:ed..

29 dicembrecon Maria Antonietta Ingrosso Raffaele Vasquez e Mauro TreL’autrice ospite della serata è Maria AntoniettaIngrosso con “Quale poesia” raccolta di versiedita da Sensibili alle foglie. “Livida è la nottenell’inferno del mondo” recita il sottotitolo del-l’opera che accoglie una poesia nata dall’indi-

gnazione che immediatamente spinge all’agire,alla lotta. La musica della serata è quella dellecanzoni di Raffaele Vasquez reduce dal con-corso “Mia Martini” dove si è aggiudicato il rico-noscimento per l’originalità e l’eclettico pianismodi Mauro Tre.30 dicembre, dalle 19.30: Luigi Saccomannocon Ilaria Pellegrino, Roberto EspositoAd aprire la serata Ilaria Pellegrino che presentaLuigi Saccomanno autore di “Scrittori bruttarazza” per Lupo editore. Un romanzo che af-fronta con una lingua originale il tema della scrit-tura dando anche uno sguardo irriverente allatriste realtà del mondo editoriale in cui comespesso accade molti scrittori sviliscono la loroopera e scendono a compromessi con il marke-ting per rincorrere il successo. A seguire il pia-nista Roberto Esposito presenta “The Decades”disco prodotto dall’etichetta Workin’ Label cu-rata da Irene Scardia.

2 gennaiocon Raffaele Costantini e Francesco PascaPoetèmodìIl libro della serata è "Otto minuti" di RaffaeleCostantini da Lupo editore che sarà presentatoda Francesco Pasca. Un piccolo borgo, al con-fine tra il reale e l’immaginario. Le storie delquotidiano si nutrono di congetture sulla ‘Fine’che, presentita come l’arrivo degli alieni o la se-conda venuta di Cristo, non tardera ̀a divenireper tutti una certezza. Per la musica in scena“Le Poetèmodì” un mix di dolcezza e violenza,di linee melodiche fluttuanti e distorte, poesia emusica. I componenti sono Salvatore De Stra-dis, Vincenzo Diviggiano, Salvatore Carrasca,Antonio Cristiano Nigro e Marilina De Stradis.

3 gennaioClara Romita e Emanuele ColucciaLa diciannovenne cantautrice leccese Clara Ro-mita con il suo Ep di esordio, pubblicato dall’eti-chetta pugliese Workin’ Label e distribuito daIrd, apre la serata. Cinque canzoni originaliscritte da Clara di getto nel 2013. A seguireEmanuele Coluccia presenta “Volo” cd in pianosolo edito da Workin’ Label. I brani che compon-gono l’opera sono frutto di una sessione com-positiva estemporanea avvenuta nel 2006.

4 gennaio, Pierpaolo Lala in “Non sono un cantautore” IV edizioneDopo il grande insuccesso delle prime tre edi-zioni torna anche quest'anno "Non sono un can-tautore" inutile concerto che vedrà sul palco delFondo Verri di Lecce un cantante e chitarristafallito esibirsi con alcuni musicisti bravi (non tuttiovviamente). Pierpaolo Lala, giornalista con lasordina, sarà affiancato da alcuni ospiti presti-giosi come Marcello Zappatore, Giuseppe Pez-zulla, Luigi Bruno, Mauro Tre, AlessandraCaiulo. A grande richiesta tornerà sul palco Da-niele De Luca con il suo spazio dedicato allapoesia della musica italiana. Tra gli ospiti ancheAndrea Baccassino.

5 gennaioAntonello Giurgola, Ebani del SalentoIl libro che apre la serata è Negroamaro di An-tonello Giurgola per le Edizioni Città Futura.L’amicizia, l’adolescenza, il senso di colpa, lafuga nell’oblio dell’alcol. La storia di due ragazzicomplici di un omicidio, sentito come giusta ven-detta nei confronti di un depravato e rivolta con-tro la società che non solo accetta, ma premia icorrotti… La musica è quella degli “Ebani delSalento, un quartetto di clarinetti Rocco Causocomposto da Rocco Causo, Prabul GiacomoPascali, Luigi Caputo, Davide Notaro.

6 gennaioRocco Boccadamo, Gabriele LeopizziGiorgia Santoro in DéJà VU In apertura di serata letture da “L’asilo di donnaEmma. Lettere ai giornali e appunti di viaggi” diRocco Boccadamo. A seguire poesie di Ga-briele Leopizzi tratte da “Fari e Meridiani” editoda Morea. La musica quella di Giorgia Santoroin DéJà VU è un viaggio in una dimensione incui sogno e realtà, ricordo e immaginazione siincontrano sino a con-fondersi. Gli strumenti neripercorrono il linguaggio psico-emotivo: du-rante l’improvvisazione, filo conduttore di tutto ilprogetto, riaffiorano antichi canti dal fascino ip-notico che si con-fondono con suoni contempo-ranei. E’ come se la Musica raccontasse l’incontro in-consapevole di epoche lontane accomunate dallinguaggio dei suoni.

Dal Fondo Verri l’edizione con Spagine de La cultura dei Tao

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copertinaspagine della domenica n°57- 21 dicembre 2014 - anno 2 n.0

arte

S i è inaugurata venerdì19 dicembre pressoART and ARS Gallerydi Galatina, DOUBLE(Part II ). Compositi edeterogenei sono i modi

di intendere la duplicità.Da Pontormo a Magritte, da Delvauxa Paolini, da Arcimboldi a Escher,fino a Warhol (per restare nelle arti fi-gurative): molti sono gli artisti sedottidal fascino del molteplice, dall’ambi-valenza visiva o concettuale. Ba-luardo o chimera, protezione oinganno, specularità o contrapposi-zione, simmetria o complementa-rietà, il concetto del doppio racchiudein sé tematiche antipodali, trovandonella sua innata ambiguità l’origine diogni sua fortuna iconografica. In unallestimento condiviso, otto artistiprovano a raccontarlo, offrendone in-terpretazioni eteroclite, spesso ine-dite. L’incipit della mostra è stato segnatoda Massimiliano Manieri che, nellaserata d’inaugurazione, ha presen-tato la “Panic room”, perspicace at-tualizzazione della nota performancedi Josef Beuys “I like America andAmerica likes me” del 1974. Il perfor-mer salentino inscena un’aspra cri-tica agli odierni sistemi informativi,volti ad innescare il panico, il più dellevolte immotivatamente. L’artista sioffre al pubblico chiuso in un am-biente asettico, in compagnia di ungatto; polemizza con la societàodierna costantemente in preda apsicosi generate ad hoc. Nella perfor-mance di Manieri il doppio risiedenella ricerca di molteplici opposizioniconcettuali, dagli atavici confrontibene-male e uomo-natura, alla con-trapposizione contemporanea trasoggetto e informazione, raziocinioindividuale e persuasione mediatica.Alla pura visività afferisce, invece,l’originale interpretazione di JolandaSpagno, che da tempo ha eletto ildoppio a tema cardine della sua ri-cerca. Legata ad una figurazioneesplicita, l’artista mantiene la sua ri-cerca in un equilibrio perfetto tra bel-

lezza formale e approccio cripticodella realtà. Dal silenzio del supportoemerge l’immagine, sempre ambi-gua, più ritrovata che creata. Caduta ogni elucubrazione mentale ildoppio si materializza nell’improvvi-sato duo Paolo Loschi - FabrizioFontana. Due artisti differenti per for-mazione e provenienza ma comple-mentari nelle ricerche, entrambianimati da un fare sardonico e demi-stificatorio. Risultati di un incondizio-nato rapporto dialogico, le operesacrificano l’autorialità individuale infavore di una creazione condivisa epartecipata. Nelle iconografie e neiprocedimenti espressivi appare evi-dente la finalità ludica. Giocando araccontare eventi emotivi e visivi at-traverso un uso libero del colore edella composizione, il duo riallaccia ifili con la vocazione narrativa del-l’arte, sospendendola però in una di-mensione ironicamente rivisitatadella realtà.Il dualismo corpo- mente è, invece,alla base dei lavori di Nofeiss, pseu-donimo artistico di per sé significa-tivo, volto all’annullamentodell’identità ma non della soggettività.Nel suo lavoro l’operare artisticocoincide con il segno, che si fa com-ponente predominante di un linguag-gio istintivo e gestuale. L’artista silibera da ogni implicazione per dedi-carsi all’espressione pura, alle ricer-che sugli accostamenti e sullevariazioni cromatiche. Nel suo lavoroil gesto vigoroso è impresso su unsupporto vergine, facendosi testi-mone di una sensibilità incorrotta e diun autentico slancio vitale. Il doppio si fa multiplo nelle fotografiedi Massimo Pastore. Impegnatonello scandaglio individuale, l’artistasi concentra sull’uomo e sulle suemolteplici espressioni e movenze. Lafigura umana, vestita o denudata, ri-prodotta eppur isolata nel rapportotra postura fisica e alterazione psico-logica, è esplorata in ogni sua attitu-dine sociale, dalla solitudine alricercato dialogo. Ne emerge un’in-dagine a largo spettro sul proprio io,

inteso però in senso collettivo, funzio-nale al dialogo tra luoghi distanti edeterogenei. Al mezzo fotografico si rivolge ancheSara De Carlo che, affiancando sfo-cature e parti definite, trasferisce ilconcetto del doppio sul piano dellapercezione pura. L’artista tenta di cat-turare la continua mutevolezza dellarealtà, bloccando istanti di vita in im-previste combinazioni di luce e co-lore. Non le interessano le ricercheestetiche o le trovate pubblicitarie:per sua stessa ammissione, ciò chela colpisce è sempre degno di essereritratto. Nessun indugio chiaroscuraleturba la limpidezza delle sue imma-gini, che appaiono imbevute di luce,esaltate nelle componenti cromatichee studiate dal punto di vista compo-sitivo. Riflettendo sui concetti di alterità esacrificio, Antonio Strafella proponeuna propria visione del doppio, tro-vato nel confronto tra sacro e pro-fano, santità e fantascienza, anticheiconografie e prototipi contempora-nei. Ciascuna opera è corredata di unQR code, chiave d’accesso a una di-mensione sinestetica, in cui all’imma-gine fotografica si affiancano unvideo del supereroe e un riferimentoaudio all’icona religiosa. Santi e su-pereroi sono assimilati e confusi, finoad apparire facce della stessa meda-glia: i primi esseri reali assunti allafinzione collettiva, i secondi finzionedivenuta realtà.

***Attingendo ad un cross-over di espe-rienze, la mostra offre una visionesincretica del doppio, indagato benoltre il luogo comune e l’identità sta-tutaria. Una rassegna polimorficanelle tecniche e nei risultati, capacedi sondare, fuor da stereotipi e faciliinterpretazioni, un tema affascinantee complesso, certamente non nuovoin sede espositiva ma quasi semprericondotto alla mera duplicazione difigure e oggetti. Quello che si pro-pone a Galatina è dunque un modonuovo, di fatto unico, di pensare aldoppio.

Nel nomedel doppio