Spagine della domenica 79

20
spagine Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3 n.0

description

La copertina è dedicata ad Antonio Verri per “l’Omaggio ai padri” di Fernando Bevilacqua in una sua mostra a San Cesario. All’interno la questione migranti per Gigi Montonato e quella etica per Marcello Buttazzo. La lettera di Vivere Lecce a difesa del Museo S. Castromediano e quella di Massimo Grecuccio per Giovanni Sammali. Rosella Simone racconta le carceri in “La casa del nulla”. L’esercizio di scrittura di Francesco Pasca e su l’aneddoto. Un pensiero di Massimo Pasca sull’arte e sull’artista e l’agenda con Casa 19. La musica di Zoè. La Rina Durante che torna a Teramo, il premio Maurizio Rampino. In chiusura i racconti salentini di Rocco Boccadamo.

Transcript of Spagine della domenica 79

Page 1: Spagine della domenica 79

spaginePeriodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3 n.0

Page 2: Spagine della domenica 79

spagine della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3 l’opinione

Immigrazione,siamo al disastro

di Gigi Montonato

Certi cambi di vento si av-vertono anche a non es-sere di pelle delicata.Qualche tempo fa – nonmoltissimo – chi parlava dipericolo immigrazione era

solo la destra nelle sue varie articolazioni,dalla Lega a Forza Italia, a Fratelli d’Italia,a Casa Pound e giù di lì.Oggi ne parlano tutti, a gara a chi più lon-tano lancia l’urlo d’allarme. Non sono sologovernatori e sindaci di destra ma anchegovernatori e sindaci Dem, convertiti ai ri-chiami del popolo in progress d’incazza-mento. Un esempio per tutti: FeliceCasson, già magistrato d’assalto, alle presecol ballottaggio nella sua Venezia, ha dettobasta, non c’è più posto. Le scene milanesi e romane, con le piazze,i piazzali, le stazioni, i giardini pubblici tra-sformati in corti dei miracoli, in scenari bi-blici, quasi set di un film in cui da unmomento all’altro si debba ordinare “ciak,si gira”, sono la rappresentazione reale ediretta di un Paese, l’Italia, incapace di farsirispettare in Europa e incapace di decidereda sé in un modo qualsiasi, ma fermo e de-ciso, per evitare lo scorno imperante. In-glesi, francesi, spagnoli, greci non nevogliono sapere; presidiano le loro frontiere;se occorre sparano; addirittura si danno dafare per raccogliere migranti in mare e con-segnarceli come se fossero roba nostra. In-credibile! E noi? Noi non sappiamo chefare. Duole – ma lo dico per dire! – sentire tantisoloni del giornalismo italiano, intellettuali,opinionisti, tuttologi, compiacersi quasi acontemplare il vicolo cieco in cui ci siamocacciati. Sparare agli immigrati, assoluta-mente no; fermarli sulle coste libiche, nem-meno a parlarne; bombardare i barconi,figurarsi! E, mentre si insiste nel chiedere aRenzi di minacciare l’Europa per farsi ca-rico del problema, un altro milione e mezzodi migranti è pronto a riversarsi sulle nostrecoste, a bivaccare nelle nostre città, acreare nella gente un sentimento di panico,di impotenza, di mortificazione e di pietà.Non si capisce più quest’ultima, se per queipoveri disgraziati o per noi stessi. E spe-riamo solo che si tratti di percezioni emo-

tive, perché già si parla di malattie infettive(casi di scabbia e di malaria accertati). E i politici? Si scambiano battute e decli-nano le loro responsabilità come i ragazzinidi una volta declinavano il “rosa-rosae-rosae”. Certo, che i Dem – leggesi demo-cratici sempre più democristiani e sempremeno comunisti – hanno una bella facciatosta o da fessi nello scaricare ad altri re-sponsabilità che sono di chi sta governandoil Paese. Se pure è vero che la questionemigranti è vecchia e che in passato se nesono occupati anche i governi di centrode-stra, è altrettanto vero che la situazioneodierna non è paragonabile a quella diquattro-cinque anni fa; e dunque, se puresono stati fatti errori in passato – ma aquanto risulta i Dem hanno sempre conte-stato al Centrodestra di essere insensibileverso i migranti – oggi ci troviamo in una si-tuazione molto simile alla famosa “mentrea Roma si discute, Sagunto è espugnata”. A questo punto i Democratici dovrebberodifendere la loro politica nei confronti del-l’immigrazione, che è stata sempre permis-sivissima, e se al momento non riescono afare fronte a causa di un’Europa contrariae a un’ondata di migranti insostenibile, do-vrebbero affrontare con piglio diversol’emergenza o dire al Parlamento e alPaese: signori, non siamo in grado di deci-dere da soli, formiamo un governo di unitànazionale e occupiamocene insieme. Per-ché Renzi, il decisionista per eccellenza,non prende di petto la questione? Dice: nonsta succedendo niente e chi strepita in re-altà abbaia alla luna.La verità è che viviamo in un paese in cuisi è condizionati dal papa, il quale fa il suomestiere quando ricorda che non acco-gliere chi chiede asilo equivale a commet-tere un delitto. Pur mettendo da partel’inopportunità di certe sortite papali, i politiciitaliani e in questo momento chi governadovrebbero comportarsi da responsabili delPaese, senza preoccupazione di perderel’elettorato cattolico o la simpatia del cardi-nale Bagnasco. Ma i politici non sono i soli chierichetti dellasituazione. Ci sono gli intellettuali, gli opi-nionisti, gli uomini di cultura, i quali fingonodi non sapere che i flussi migratori ci sono

sempre stati nella storia e che vanno affron-tati secondo statuti politici e non catechismidi fede. Viviamo in un mondo di ipocriti e di farisei.Qualche anno fa, in occasione dei cento-cinquant’anni dell’Unità d’Italia, si glorifica-rono giustamente tutti gli autori italiani chein qualche modo l’avevano auspicata neisecoli. Di tutti, meno del Petrarca. E sapeteperché? Perché nella sua bellissima can-zone “All’Italia” (Italia mia, benché ‘l parlarsia indarno…), esempio insuperato di poe-sia civile, ricorda la difesa che i romani fe-cero respingendo l’invasione dei Cimbri edei Teutoni, popolazioni germaniche, che inItalia venivano per migliori condizioni di vita,esattamente come dicono oggi i nuovi mi-granti. Cosa voglio dire? Che nei confronti dell’in-vasione dei giorni nostri – ché di invasionesi tratta – chi dovrebbe raccontare la veritànon la racconta e chi dovrebbe affrontarlanon l’affronta.Stiamo assistendo da qualche anno in quaa cose incredibili. Sempre per ragioni ideo-logiche, mai considerate nei termini di re-altà, ci troviamo – e nessuno lo dice conchiarezza – di fronte al disastro libico percolpa di un certo Sarkozy, l’ex presidentefrancese, che, con l’aiuto anche degli ita-liani, ha creato una situazione insostenibilenell’Africa del Nord e nel Mediterraneo va-nificando anni e anni di buona politica ita-liana. Oggi i francesi presidiano la lorofrontiera con l’Italia per impedire ai migrantidi entrare nel loro paese. Oltre a Sarkozy,responsabili sono quegli italiani che ad ognilivello, pur di mettere in difficoltà Berlusconiche era contrario all’abbattimento del re-gime di Gheddafi, si misero al seguito del-l’operazione politico-militare più infame edisastrosa di questo inizio di millennio. Spesso si ripete come un mantra esorciz-zante “che fare?”. Semplice, smetterla conle ideologie buoniste, samaritane, e guar-dare in faccia la realtà delle cose; esatta-mente come fanno altri paesi. Non solo laRussia, evidentemente – l’orso che non ra-giona e sbrana – ma anche tanti altri paesieuropei, che nei confronti degli emigrantihanno detto “basta!” e non si sono limitatialle parole.

Page 3: Spagine della domenica 79

La condizione per ele-varsi a rango di poli-tico, oggi, è lamediocrità! Mediocrieletti da mediocri.Sennò alla medio-

crità chi ci pensa? Per risultare intelli-genti in politica basta imbattersi in unavversario più stupido di loro. Oggisiamo subissati da infinite, mortificantidichiarazioni di missionari dell'impe-gno civile e sociale, se pur vissute avolte da qualcuno come disillusione.Finché l'esercitazione politica è diven-tata un allenamento di massa. Que-st'impegno giovanilistico di unosformato pensiero libero, sono sinto-matiche emulazioni di qualcosa che isedicenti avventurieri politici riten-

gono 'valore sociale' (orrida voce). La"Società dei valori", magari bollati, ar-tefatti, rubati! Le fonti democratichene sono più che responsabili, dal mo-mento che hanno sempre propostouna politica comunicativa, edificante,a volte satura di demagogia smidol-lata, spacciandola impunementecome arte oratoria. Ecco! Ora son giunti i ballottaggi (dal-l'etimo: 'ballotta', diminutivo di 'balla'= palla). Un tempo si votava con lepalline, uso oggi non del tutto scom-parso. E proprio di questo si tratta:scegliere - nel secondo scrutinio nelleelezioni di due candidati - colui che haproferito le minor 'balle' o palle! Au-guri. E questa volta andate anche sepiove.

pensamenti

Ballottaggi, nell’Italia della mediocritàdi Antonio Zoretti

Page 4: Spagine della domenica 79

spagine della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3contemporanea

Il governo del “riformista” Renzie il Parlamento hanno fatto ca-dere un pesante velo d’obliosulle questioni eticamentesensibili. Già i precedenti ese-cutivi di Letta e del professor

Monti avevano congelato l’agenda dei“nuovi diritti”. Evidentemente, per calcoli opportunistici,c’è chi rimanda ad oltranza tematiche diri-menti. L’ultimo acceso dibattito politico sultestamento biologico s’è avuto ai tempi delpassato governo Berlusconi, senza peral-tro che esso sortisse alcun esito positivo. Dopo la dipartita di Eluana Englaro, ricor-diamo con sconcerto le prese di posizionedi Roccella, di Quagliariello, di Gasparri, diSacconi, che avevano, tra l’altro, la pretesadi portare in Parlamento un’ asfitticaagenda etica, nella speranza di raggiun-gere addirittura “una maggioranza piùampia per una laicità adulta”. Come se lalaicità necessitasse di aggettivazioni parti-colari. Come se non bastasse da solo iltermine laicità a definire una praxis pre-cisa.Purtroppo, ancora oggi, nelle stanze delpotere, da frange del Pd e di Forza Italia,da Fratelli d’Italia alla Lega, per arrivare aidevoti centristi, si è molto sensibili ai cosid-detti “valori non negoziabili”. Certo, è fon-damentale avere a cuore la centralità dellapersona e la tutela della vita; epperò, oc-corre avere una visione ad ampio spettrodella realtà effettiva delle cose. Sicura-mente, in uno Stato laico e liberale, pos-sono risultare stucchevoli le dichiarazionidell’ex ministro Sacconi, che vorrebbe per-venire ad “un’antropologia positiva”. Quanto zelo, quanta premura. Sarebbesufficiente che il Nuovo centro destra el’”ex rottamamtore” in camicia bianca sa-pessero tutelare semplicemente la laicitàe l’avvento d’una antropologia rispettosa

di tutte le morali. Basterebbe che questamaggioranza contraddittoria sapesseguardare con attenzione agli eventi, cer-casse di penetrare fra le pieghe della cit-tadinanza.Una supposta “antropologia positiva”,staccata dalle necessità del popolo, nonvuol dire nulla: è solo un esercizio di stan-tia e vuota retorica, buono da ostentare perottenere un certo proselitismo. Un politicoassennato dovrebbe sempre saper tute-lare la negoziabilità dei principi, dovrebbedifendere il pluralismo etico. Alcuni son-daggi mostrano come la gente sia favore-vole alla formulazione d’un verotestamento biologico: nulla a che vederecon le sacrificate dichiarazioni anticipate ditrattamento, che anni fa volevano amman-nirci Berlusconi e compagnia.E anche sull’eutanasia, gli italiani vorreb-bero quantomeno aprire un confronto sin-cero e sereno. Di certo, i cittadini non sonotanto dogmatici da asserire, ad esempio,che la ricerca sugli embrioni sovrannume-rari debba essere vietata per normativa.Nessuno si sognerebbe di mettere unfreno invalicabile alle tecnoscienze, rispon-dendo magari ad un’unica e irreversibilemorale. Per “comprensibili” ragioni, i nostribravi politici su certi aspetti vitali sminui-scono la pregnanza dell’etica pubblica, in-catenandola ai dettami severi dell’eticatradizionale, siglando di fatto un solenne,abnorme e inconcludente patto di subordi-nazione alla Chiesa cattolica. Addiritturanel Ncd-Ap governativo ci sono esponentiche ripetono stancamente che i registri deitestamenti biologici sono illegittimi, sono“carta straccia”. Quando è evidente, in-vece, che essi sono una certificazione diun avvenuto atto da parte del cittadino, ilquale comunica d’aver redatto un docu-mento. Gli assertori fedeli ai valori “non ne-goziabili” ritengono si tratti di

di Marcello Buttazzo

“provocazione”, di “forzatura”, di “sceltaideologica”. È vero, forse essi hanno pre-minentemente un valore simbolico, nonhanno significazione giuridica; purtuttavia,possono servire da stimolo a rappresen-tanti delle istituzioni distratti per cominciarea legiferare adeguatamente. Fuori da ognicomplicanza ideologica, e al di là di qual-siasi inasprimento bipolare, ci chiediamo:perché non dovremmo poter essere liberidi poter sottoscrivere un testamento biolo-gico vero, relativo ad ogni desiderio ul-timo? A Piergiorgio Welby, anni fa, con un gestod’amore venne sospesa una terapia sani-taria, gli venne staccato il ventilatore pol-monare che gli spaccava la gola. Ilfunerale religioso negato ad un uomobuono, alla moglie Mina cattolica e gene-rosissima, è ancora oggi una lacerante fe-rita. Cosa c’è di più umano che incontrarenostra Sorella Morte, quando il corso na-turale degli eventi volge al termine? Non è, forse, cristiano trapassare fra le bracciadella propria donna, carezzati dai ricordi,custoditi dagli occhi di chi più ci ha amato?Mina Welby ha più volte ripetuto questafrase: “Tutti vogliamo vivere e guarire, maquando questo è impossibile dobbiamo ri-spettare chi sceglie di non soffrire più”. Tuttisiamo legati tenacemente all’esistenza,purtuttavia le evenienze, gli accadimentipossono essere talvolta drammatici, pos-sono esigere scelte drastiche. La politica dovrebbe mettere da parte al-cune artefatte polemiche: nella quotidia-nità, non c’è affatto un “partito della vita”che fronteggia un “partito della morte”. Do-vrebbero essere, per l’innanzi, finanziatedoverosamente le cure palliative, ci si do-vrebbe adoperare per redigere quantoprima una legge liberale sul testamentobiologico, in sintonia pienamente all’auto-determinazione del soggetto.

La politicadel congelatore

Page 5: Spagine della domenica 79

spagine della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3accade in città

“Chiediamo che per la sua importanza sto-rica e culturale, per la valenza culturale deimateriali in esso conservati, per le impor-tanti potenzialità anche economiche che unadeguato utilizzo potrebbe avere sull’eco-nomia salentina, sia valutata la possibilitàdi inserire il Museo Archeologico Provin-ciale di Lecce fra i Musei statali e di inte-resse nazionale all’interno del PoloMuseale Regionale dello Stato”.

Page 6: Spagine della domenica 79

spagine

Da “Vivere Lecce”un appello

All'On. Ministro dei Beni e della AttivitàCulturali e del Turismo

Dario FranceschiniMinistero dei Beni e delle Attività Culturali

e del Turismo Al Direttore Generale Ar-cheologia

Dott. Gino FamigliettiAi Signori Componenti della VII Commis-

sione Permanente (Istruzione pubblica,beni culturali, ricerca scientifica, spetta-

colo e sport) del SenatoAi Signori Componenti della VII Commis-sione (Cultura, scienza e istruzione) Ca-

mera dei Deputati

Il Museo Archeologico Provin-ciale di Lecce intitolato al suofondatore “Sigismondo Castro-mediano” è uno dei più impor-tanti musei non statali dellaPuglia. E’ il più antico sorto sul

territorio regionale, essendo stato fondatonel 1868, nonchè il più importante dellaProvincia di Lecce. Come tutti i beni di pro-prietà provinciale sta subendo le incer-tezze e le difficoltà connesse alla“cancellazione” delle Province con gravepossibile pregiudizio per la fruizione dellecollezioni archeologiche e storico-artistichecontenute al suo interno. Il Museo, infatti,ha diverse sezioni, tra cui emerge quellaarcheologica, che si basa sull’ingente pa-trimonio di antichità che il Duca Sigi-smondo Castromediano, donò ai suoiconcittadini, costituendo il Museo di cui di-venne il primo Direttore.

La storia delle raccolte del Museo Provin-ciale di Lecce ha inizio nel 1868 quando,su iniziativa di Sigismondo Castrome-diano, la Provincia di Terra d’Otranto no-mina una commissione di studiosi(Commissione di Archeologia e di StoriaPatria di Terra d’Otranto), presieduta dallostesso Sigismondo Castromediano con ilcompito di ricercare e promuovere la co-noscenza della storia antica e del patrimo-nio archeologico e storico-artistico delterritorio e di istituire un museo in cui de-positare donazioni, acquisti ed i risultatidelle stesse indagini archeologiche pro-mosse dal Castromediano e dalla Prefet-tura. Dopo l’Unità d’Italia, con l’abolizione degli

ordini religiosi, molti conventi e monasterisi svuotarono di reperti, opere d’arte, testiantichi e arredi, che alimentavano il mer-cato dell’antiquariato. Proprio ad esso at-tinse il nascente Museo Provinciale, comerisulta dalle Relazioni annuali redatte epresentate tra il 1869 ed il 1875 da Sigi-smondo Castromediano alla Commissionedi Archeologia e di Storia Patria di Terrad’Otranto. Egli, principale animatore del museo, pro-mosse anche scavi archeologici nei princi-pali centri antichi del basso Salento,acquisendo, ad esempio, la gran parte deivasi a figure rosse da Rudiae (patria delpoeta latino Ennio), centro interessatodalle indagini archeologiche di C. DeGiorgi (dal 1872) e del giudice L. G. De Si-mone (1877). Seguiranno poi le acquisi-zioni di importanti complessi funerarisempre da Rudiae, dal centro storico diLecce, dal sito di Rocavecchia e da altri sitiarcheologici.Sigismondo Castromediano, patriota euomo di grande spessore culturale, alungo imprigionato per i suoi ideali di li-bertà, può definirsi il fondatore della ricercastorica e il primo illuminato assertore del-l’importanza del patrimonio storico-archeo-logico della Terra d’Otranto a fini educativied economici, quasi un moderno promoterdi fine ‘800 del patrimonio culturale dellaprovincia salentina. Successivamente le collezioni museali fu-rono incrementate grazie alle attività dipersonalità come Cosimo De Giorgi e nelcorso della prima metà del ‘900 dei suc-cessivi direttori del Museo Provinciale qualiM. Bernardini e G. Delli Ponti con gli scavidi Rudiae, Lupiae, Rocavecchia ecc.

Il Museo Provinciale di Lecce, dopo averavuto sede storica per diversi decenni nelPalazzo del Governo (ex Convento deiPadri Celestini), fu trasferito nel 1967 coningente spesa sostenuta dalla Provincia diLecce nel prestigioso complesso dell’exCollegio dei Gesuiti, ristrutturato su pro-getto dell’Arch. Franco Minissi. L’attuale area espositiva occupa circa6.000 mq. e circa altri 4.000 sono occupatida parte della Biblioteca (anch’essa digrandissimo valore) in via di totale trasfe-rimento nel prestigioso Convitto Nazionale

“Palmieri”, in fase di completa ristruttura-zione e sede originale della Bibliotecastessa, e da uffici vari e sedi di enti o as-sociazioni.I beni archeologici esposti, di enorme va-lore storico, in maggior parte di epocamessapica, quindi testimonianza dellagrande importanza di quel popolo italico,sono circa 6.000 e, probabilmente, altri4.000 sono conservati nei depositi dellostesso museo. La Soprintendenza archeo-logica conserva altre migliaia di casse dimateriali nei depositi all’interno del Castellodi Lecce e nei depositi del Museo Nazio-nale di Taranto, tutti provenienti da scaviarcheologici effettuati nella provincia lec-cese.

Anche l’Università del Salento conservatantissimo materiale archeologico nei pro-pri depositi del Dipartimento di Beni Cultu-rali, frutto di ricerche e scavi effettuati findagli inizi degli anni ’70 dallo stesso Dipar-timento e dalla Scuola di Archeologia(Lecce, Leuca, Ugento, Vaste, Cavallino,Rocavecchia ecc.). Tutti, ci risulta, dall’Uni-versità alla Soprintendenza archeologicadella Puglia, sembrano avere problemi dispazio per la grande mole di materiali ar-cheologici da conservare, di cui la granparte mai presentata alle cittadinanze sa-lentine.

Premesso ciò il Museo Provinciale diLecce, nell’ottica della riforma del Ministerodei Beni Culturali e nell’ambito della ri-forma delle Province, vista l’importanzadelle collezioni archeologiche e storico-ar-tistiche conservate al suo interno, visto chela gran parte delle prime risultano esseredi proprietà statale, in quanto acquisitesuccessivamente alla prima legge di tuteladelle “Antichità e Belle Arti” dello Stato uni-tario (L. n. 364 del 20 Giugno 1909), chesanciva l’inalienabilità dei beni archeologicie storico-artistici, vista l’attuale indefinita si-tuazione delle Province, si fa appello allecittadinanze salentine, al Segretariato Re-gionale del Ministero per i Beni Culturali edel Turismo per la Puglia, all’Università delSalento, alle Istituzioni tutte e agli Enti lo-cali del basso Salento e alle Associazioniculturali affinchè il Museo Provinciale diLecce entri a pieno titolo nell’ambito del-

per il Museo provinciale di Lecce“Sigismondo Castromediano”

Page 7: Spagine della domenica 79

della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3accade in città

l’istituendo Polo Museale Regionale dellostesso Ministero dei Beni Culturali accantoai diversi Musei statali presenti sul territorioregionale (Manfredonia, Altamura, Bari,Egnatia, Gioia del Colle, Ruvo di Pugliaecc.).In tale ottica il Museo Provinciale di Leccepuò ritornare ad essere un centro di pro-mozione culturale e di educazione allacomprensione della Storia e alla “bellezza”del patrimonio dell’antica Terra d’Otrantosecondo gli intenti già delineati e affermatidal Duca Sigismondo Castromediano.Già le importanti attestazioni dell’Uomopreistorico nel basso Salento, provenientidalle grotte salentine (Grotta Romanelli,Striare, Cipolliane, Grotta del Cavallo eGrotte della baia di Uluzzo, Grotta delleVeneri e Grotte del Capo di Leuca), sparsetra tanti Musei italiani, documentano la vitadell’Uomo di Neanderthal per poi raccon-tare dell’arrivo dell’Uomo moderno (Homosapiens). Anzi il Salento, dopo anni di discussioniscientifiche e di recenti studi eseguiti suimateriali delle grotte preistoriche della Baiadi Uluzzo di Nardò, pubblicati sulla presti-giosa rivista Nature, sembra ora ricono-sciuto come areale in cui sia provata laprima presenza di Homo sapiens in Eu-ropa e proprio nel Salento può aver con-vissuto con l’Uomo di Neanderthal. Proprioper l’importanza internazionale di tali temidi ricerca l’Università La Sapienza diRoma, a quasi 50 anni dagli ultimi scavieseguiti in Grotta Romanelli, primo sito pa-leolitico italiano scoperto nel 1904 e primosito italiano in cui sono state scoperte te-stimonianze di arte paleolitica, sta per ini-ziare nuove campagne di scavo al fine diridefinire le sequenze culturali in grotta ela storia delle frequentazioni a partire dal-l’Uomo di Neanderthal e fino alle genti “ro-manelliane” dell’ultimo glaciale, quando ilSalento presentava un clima freddo di-verso dall’attuale, con animali di tipo freddoquali l’Alca, il pinguino boreale ritrovato inGrotta Romanelli. Ma di tutto ciò il Salento non conosce nullao quasi, come pochissimo conosce degliinsediamenti e delle grotte della preistoriapiù recente (Neolitico ed età dei metalli traVI e II millennio a. C.): da Grotta dei Cervia grotta Carlo Cosma con le loro famosepitture neolitiche del VI-IV millenio a. C.alla Grotta della Trinità o agli insediamentidell’età del bronzo di Porto Cesareo,Otranto, Leuca.Un ricchissimo patrimonio di materiali ar-cheologici preistorici, testimonianze dellavita quotidiana di tante genti che per mil-lenni hanno abitato la provincia leccese,

che è quasi sconosciuto alle cittadinanzesalentine e ai tanti turisti che arrivano nelbasso Salento. Buona parte di questoenorme patrimonio archeologico è sparsoper tante Università e Istituti di ricerca (Ge-nova, Verona, Firenze, Roma, Napoli,Bari) ma potrebbe tornare nella sua sedenaturale salentina anche sotto forma digrandi eventi espositivi.Ma anche le testimonianze di vita dellecittà messapiche, da Alezio ad Ugento, daVaste a Muro Leccese, da Soleto a Lecce,da Cavallino a Rudie con tutte le loro ric-chissime necropoli, come pure le testimo-nianze degli abitati medievali indagatidall’Università del Salento, sono quasi sco-nosciute ai salentini. Basti pensare alla città messapica di Ru-diae, limitrofa a Lecce e patria dimenticatadi Quinto Ennio, che potrebbe divenire unvero parco urbano della città, dove solo inquesti mesi, dopo anni di “battaglie” sonoiniziati gli scavi archeologici estensivi, chestanno riportando in luce l’Anfiteatro di Ru-diae, che, con l’Anfiteatro dell’età augusteadi Lupiae (Lecce), rendono Lecce una cittàunica: con due anfiteatri romani sul proprioterritorio. Ancora, l’area dell’antica città diRudiae, di circa 100 ettari e appena postasotto tutela anche del PPTR (Piano Pae-saggistico Territoriale Regionale) per ini-ziativa della Associazione “Vivere Lecce”(le abitazioni moderne la lambiscono) è inbuona parte tutta da scavare e può dive-nire un luogo di ricerca o laboratorio ar-cheologico e parco archeologico già inparte attrezzato per visite pubbliche e di-dattiche ma anche luogo per spettacoli cul-turali all’aperto, in particolare nellasuggestiva area dell’anfiteatro (Alleghiamoun depliant della IV Giornata di Rudiae).Un patrimonio di cultura di enorme impor-tanza, che farebbe la gioia dei grandimusei americani, che potrebbe trovareposto anche sotto forma di grandi mostretematiche nel Museo Provinciale di Leccee costituire una grande risorsa economicadi ritorno.Tra l’altro la “Convenzione europea per laprotezione del patrimonio archeologico” diLa Valletta del 16 gennaio 1992, final-mente ratificata nell’Aprile 2015 anchedall’Italia, e che per tutto quanto dallastessa rappresentato e raccomandato,prevede che le testimonianze archeologi-che siano restituite e comunque rese frui-bili alle cittadinanze dei territori in cui sonostate ritrovate.

Per tutto quanto sopra esposto chie-diamo che per la sua importanza sto-rica e culturale, per la valenza culturale

dei materiali in esso conservati, per leimportanti potenzialità anche economi-che che un adeguato utilizzo potrebbeavere sull’economia salentina, sia valu-tata la possibilità di inserire il Museo Ar-cheologico Provinciale di Lecce fra iMusei statali e di interesse nazionale al-l’interno del Polo Museale Regionaledello Stato.

Paul Arthur, Direttore Scuola SpecializzazioneBeni Archeologici, Ordinario Archeologia Medie-vale, Università del Salento. Isabella Càneva, Docente di Preistoria del Vi-cino Oriente, Università del SalentoAntonio Cassiano, già Direttore Museo Ar-cheologico Provinciale Sigismondo Castrome-diano, Docente Museologia, Università delSalentoVincenzo Cazzato, Ordinario di Storia dell’Ar-chitettura, Università del Salento. Socio onorariodell’Associazione Italiana di Architettura del Pae-saggio (AIAPP). Membro del Comitato scienti-fico internazionale ICOMOS-IFLA sui paesaggiculturaliRosario Coluccia, Ordinario Linguistica Ita-liana, Università del SalentoOrnella Confessore, Professore Emerito diStoria Moderna, Università del SalentoAntonio Costantini, Studioso di Architettura ePaesaggio RuraleFrancesco D’Andria, Università del Salento,Direttore della Missione Archeologica Italiana aHierapolis TurchiaMarina Falla Castelfranchi, Ordinario di Storiadell’Arte Bizantina, Università del SalentoSergio Fonti, Docente di Astrofisica, Universitàdel SalentoLucio Galante, Ordinario Storia dell’Arte Mo-derna, Università del Salento Fabrizio Ghio, Architetto, ArcheologoMaria Teresa Giannotta, Primo RicercatoreIBAM CNRLiliana Giardino, Docente di Urbanistica delmondo classico, Università del SalentoRiccardo Guglielmino, Docente di PreistoriaEgea, Università del SalentoElettra Ingravallo, Docente di Paletnologia Alessandro La Porta, già Direttore BibliotecaProvinciale Nicola BernardiniMario Lombardo, Direttore Dipartimento Beni cul-turali, Ordinario di Storia Greca e Epigrafia GrecaCorrado Notario, Responsabile Tecnico Scien-tifico Museo Diffuso di CavallinoBruno Pellegrino, Professore Emerito di Storiadel Risorgimento dell'Università del SalentoRegina Poso, Docente di Storia e Tecnica delRestauro, Università del SalentoGrazia Semeraro, Ordinario di ArcheologiaClassica Università del SalentoAldo Siciliano, Ordinario di Numismatica Anticae Medievale, Presidente Istituto Storia Archeolo-gia della Magna Grecia. Benedetto Vetere, Ordinario di Storia Medie-vale, Università del SalentoDonato Viterbo, Ordinario Geografia del Turi-smo e Politica dell’Ambiente, Università del Sa-lento

Lecce, 9 giugno 2015

Page 8: Spagine della domenica 79

spagine della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3accade in città

Museo Provinciale S. CastromedianoScultore salentino della prima metà del XVII secoloSanta Elena, provenienza Santa Croce (pietra leccese)

La “Convenzioneeuropea per la

protezione del pa-trimonio archeolo-

gico” di LaValletta del 16gennaio 1992,

finalmente ratificata

nell’aprile 2015anche dall’Italia, e che per tutto

quanto dalla stessarappresentato eraccomandato, prevede che le testimonianze archeologiche

siano restituite e comunque rese

fruibili alle cittadinanze

dei territori in cui sono state

ritrovate.

Page 9: Spagine della domenica 79

spagine della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3Lettera aperta a Giovanni Sammali SOS SALENTO Paradiso perduto?

Giovanni, ceci n’estpas une recension àton roman, questanon è una recensioneal tuo romanzo (SOSSALENTO Paradiso

perduto?, Lupo editore, 2014). È un in-sieme, piuttosto arruffato, di note a mar-gine del tuo romanzo. Che in realtà è unesorcismo sotto le mentite spoglie di unromanzo. L’esorcismo trasuda un amoresconfinato per il Salento. Tale amore ame viene di associarlo alla lontananza.Con approssimazione forse non deltutto infondata, io credo che il tuo amoreper il Salento sia grande come solo puoesserlo un amore da lontano. Un amorealimentato da un nucleo irriducibile chesi potrebbe chiamare nostalgia.

Non credo sia improprio definire Mal diSalento il sentimento che ti lega a Salvee al Salento. Tu hai due patrie. Una è laSvizzera, il paese di tua madre, dove seinato e dove vivi. L’altra è il Salento, laterra da cui tuo padre partì per andarea lavorare nella Svizzera francese. Latua condizione di essere un nativo sviz-zero, e di vivere sempre intriso di nostal-gia, non è singolare. Nel tuo caso,tuttavia, a me pare di cogliere un ec-cesso. Nel tuo esempio, la singolarità simanifesta come una scissione che,giorno dopo giorno, ricomponi percreare una sorta di patria ideale yin-yang: la Svizzera contiene il Salento, ilSalento include la Svizzera.

Una maniera che attui per rendere so-stenibile il tuo vivere in Svizzera e so-gnare il Salento, è di inseguire e diraggiungere un livello alto d’informa-zione sulla cronaca del Salento. Questomi impressiona: sei informatissimo suquello che di rilevante succede nel Sa-lento. Potresti gareggiare, il tono è

scherzoso ma il convincimento è serio,con i salentini residenti più informati epotresti giocartela alla grande. Nellospecifico: le vicende dell’Ilva di Taranto,della Centrale Termoelettrica di Brindisi,dell’ecomafia che ha reso il Salentoluogo del conferimento finale di rifiuti piùo meno tossici. Tutti fatti che potrebberoavere una qualche relazione con l’au-mento dei tumori tra i salentini. Tutti fattiche hanno un denominatore comune:vìolano l’immagine del “Salento comeun paradiso”. Tutti fatti che rilucononella vicenda che racconti in SOS Sa-lento.

La tua passionalità, il lato salentino dellatua identità, non si rassegna a questaviolazione. La reazione è il romanzo incui, con uno strano impasto di realismoe di fantasia, insceni l’ideazione e l’at-tuazione di atti di eco-terrorismo. Leazioni terroristiche non hanno strascichidi vite umane interrotte. Fanno solodanni materiali: ai due aeroporti di Barie di Brindisi, alla ferrovia che collegaLecce con il resto d’Italia, all’Ilva. La tuaesposizione piana dichiara tutto esplici-tamente, l’intenzione di non fare vittimee la finalità degli attentati, che è quelladi accendere i riflettori del mondo interoanche sul lato oscuro del Salento. Sullato luminoso, il Salento lanciato nel-l’empireo del turismo mondiale, i riflettorici sono già, sparati.

Le Brigate del Salento, cosi chiami ilmanipolo di uomini che fanno gli atten-tati, guidati da Stefano (il tuo alter ego?)organizzano una serie di attentati cheequivalgono a una sessione di esorci-smo. Nello stesso tempo, organizzanoe compiono azioni reali, gli attentati; eazioni simboliche per favorire la cac-ciata dell’anticristo, che ha assunto lesembianze di ciminiere altissime da cui

esce un fumo carico di veleni. Azionisimboliche perché sono una sorta diatto scaramantico. Un auspicio volto afar vedere il drago, ma che non può uc-ciderlo.

In definitiva, il romanzo è una sortacampagna di comunicazione promozio-nale (non è, la comunicazione promo-zionale, il tuo lavoro?). Quello che vuoifavorire credo che sia, oltre ad un’atten-zione centrata sul problema ambientale,l’attivazione di un complesso di azionicurative di tale problema. Il romanzo èsolo l’innesco, però. Mancano la micciae il plastico (per restare ancorati alle vi-cende che tu hai narrato). Fuori di me-tafora, mancano gli attori delle azionitaumaturgiche per ripristinare l’aura pa-radisiaca del Salento. E cioè, gli uominiche raccolgono il testimone degli eco-terroristi e lo tramutano in atti di buonapolitica e di buona scienza, diffuse esparse ampiamente sul territorio. Buonapolitica e buona scienza che, conscambi continui, attivano una civiltà am-bientale. Ossia, un Salento, in cui leeco-mafie e i cattivi imprenditori sonomarginalizzati fino alla scomparsa. Pertornare a essere il Salento paradiso.Quel Salento di un sogno della tua in-fanzia. Uno di quei sogni che sono gli ul-timi a svanire.

Termino con un mantra che percorre iltuo romanzo. Sciamu nnanzi.

Giovanni Sammali, giornalista, attualmente èresponsabile della comunicazione nella suacitta, La Chaux-de-Fonds, capitale mondialedegli orologi (e anche la citta di Le Corbusier).SOS SALENTO paradiso perduto? è il suoprimo romanzo, pubblicato in Svizzera nel2014 dalle Editions G d’Encre. Il titolo originalesuona Salento, destination cancer. Maria LuisaBianco lo ha tradotto dal francese all’italiano.

W le brigate che salvano la terrà

di Massimo Grecuccio

Page 10: Spagine della domenica 79

spagine

“La casa del nulla” ha dueautori: Giuliano Naria che èlo sguardo e il narratore, edio che, da giornalista, mettoin moto il ricordo, chiedo, in-cito, registro e, con lui,

scrivo. É stato scritto quasi trenta anni fae racconta una popolazione carceraria chenon esiste più, quella degli anni settantadove, per una serie di congiunture politi-che e sociali, nelle carceri speciali appenaistituite, si erano incontrati due soggetti”nuovi”: prigionieri politici e banditi, i “braviragazzi di galera”. E non è un libro “perbene”, racconta la realtà di quel carcere eil suo paradosso, senza nasconderequanto c’era, e credo ci sia ancora oggi, dispietato e brutale. L’obiettivo era, ed è, cheil lettore si chieda: a cosa serve il carcere?Cosa serve tenere chiusi in spazi muratiuomini e donne?

Ma il mio compito qui è raccontare comeè nato. Bisogna fare un salto a ritroso di30 anni, agosto 1985, quando ci siamo ri-trovati, dopo 9 anni e 6 mesi di separa-zione coatta, io, Giuliano e i suoi genitorinella casa che era stata di mia nonna aGarlenda, paesino minuscolo dell'entro-terra ligure, praticamente tutte e quattro (sifa per dire!) agli arresti domiciliari.Giuliano usciva dall'Ospedale Le Molinettedi Torino dopo 9 anni e 6 mesi di carcere,pesava 40 chili. Imputato di Br e di aver at-tentato al Procuratore della RepubblicaFrancesco Coco, per anni aveva resistitopoi non ce l’aveva più fatta e aveva tra-scorso gli ultimi 2 anni di detenzione a lot-tare contro il proprio corpo; voleva usciree aveva forzato gli eventi intraprendendoun durissimo sciopero della fame.Io lasciavo Milano lavoro e casa per starecon lui. Per 9 anni e 6 mesi, a parte l'annoe mezzo di detenzione, lo avevo seguitoogni fine settimana per tutti le carceri ita-liane e sostenuto dall'esterno la sua batta-glia per uscire dal carcere. Nel frattempoavevo perso, dopo il primo arresto, il la-voro presso una società di ingegneria;dopo il secondo l'insegnamento ed ero riu-scita a campare scrivendo racconti pornoper Le Ore e di economia per un mensiledi managment che, per mia fortuna, aveva

per direttore un ex dirigente di Servire ilpopolo. Da poco ero approdata a MarieClaire. Ma il mio primo exploit da “giorna-lista” era stato nel 1980, durante la se-conda carcerazione.Ero stata la “corrispondente dall'interno” diSan Vittore per la rivista femminista Grat-tacielo.

Eravamo dunque a Garlenda e il tema era“cosa fare”? In principio i ritmi erano quellidella galera: sveglia, ginnastica, lettura.Pausa pranzo, e di nuovo studio, allorac'era il trip della linguistica, cena e scri-vere. Scrivere cosa? Di carcere natural-mente, dopo tanti anni separati erarimasto l’unico terreno comune tra noi. Vo-levamo raccontare al “fuori” storie di “per-sone” non di criminali e terroristi. Ma,soprattutto, volevamo raccontare quellaparticolare contingenza che negli anni set-tanta aveva messo in contatto mondi di-versi: quello dell’extralegalità e quello deiprigionieri politici, rossi e neri.Non solo era divertente ma era anche unasorta di sberleffo al potere che aveva pen-sato con le carceri speciali di sopprimereogni forma di ribellione e invece avevacontribuito a costruire, proprio per la du-rezza della istituzione, una saldatura, unasolidarietà, un’amicizia.Il carcere degli anni settanta aveva unapopolazione molto particolare che riflet-teva, come sempre fa il carcere, la parti-colare composizione sociale che c’era aldi fuori, nelle periferie delle città e del po-tere e che era, contemporaneamente, uneffetto e una reazione alle trasformazionisociali in atto: dalla globalizzazione, alla in-troduzione delle nuove tecnologie, all’av-vento dispiegato del capitale finanziario e,tutto ciò, in piena guerra fredda. Per cui ilneoliberismo si scontrava allora con le le-gittime aspirazioni dei popoli sostenute, inmolto casi, dall’imperialismo sovietico e ci-nese. Tutto ciò terremotava la politicamondiale provocando rovesciamenti bru-tali e vittorie straordinarie. In Italia erano itempi della strage di piazza Fontana, degliattentati ai treni, di Gladio e del golpe Bor-ghese. Nel mondo era un susseguirsi digolpe militari e resistenza. Dal Cile di Al-lende alla presa di Saigon. Questo per dire

che per chi era giovane e faceva politicanegli anni settanta alla violenza non c'erascelta, o almeno così sembrava. “Il Viet-nam vince perché spara” si gridava neicortei. E grida oggi grida domani poi devipassare ai fatti. E’ questione di coerenza.Tanto la galera ti aspetta comunque.É in questo contesto che molti giovani diallora hanno scelto la lotta armata e qual-che anno dopo si sono trovati in carcerecon altri ragazzi che negli stessi anni, peruna sorta di “entusiamo consumistico”,avevano deciso, partendo da zero lire,armi in pugno, di fare il miliardo. Duemondi diversi solo fino a un certo punto.Perché per chi era giovane negli anni a ca-vallo tra i sessanta e i settanta non c’eranosolo la rivoluzione alla Marx, Lenin, MaoTse Tung. C’era anche un’idea di rivolu-zione irriverente e beffarda, che miscelavala lettura del Capitale e i film di banditi allaJosé Giovanni e alla Jean Pierre Melville.Una rivoluzione che aveva lo sguardo in-tenso e triste del Che e lo sberleffo diJames Coburn - nel film di Sergio Leone –che percorre il Messico in motocicletta perlasciarsi alle spalle passato e patria,aprendosi la pista a colpi di dinamite an-nunciando, perentorio e laconico, “Giù latesta, coglione!”. Per quello che ne so io, in molti compagnidi allora la rivoluzione andava a braccettocon la grande avventura. C’era il rivoluzio-nario e c’era il bandito. Come desiderio diesplorare una libertà senza limiti e rivoltareil mondo come un calzino per vedere dadove sarebbero usciti i vermi. Perché ilmondo di compromessi nel quale ci eratoccato vivere non era sanabile, biso-gnava farne un altro, completamente di-verso e dai confini espansi, anche dall’Lsd,sino alla frantumazione delle classi, dellerazze, dei generi. Rifondare il mondo contutta la forza, l’energia, la prepotenzaanche, di chi allora aveva 20 anni.“La casa del nulla” nasce con questosguardo che ero lo sguardo che avevafatto da collante tra me e Giuliano in queltempo lontanissimo nei vicoli di Genova,noi “operai e studenti uniti nella lotta”.Quando, oscillando tra ortodossia militantee voglia di smarronare, percorrevamo dinotte i vicoli bui del centro storico, super-

É stato presentato a Lecce, sabato 6 giugno, alle Officine Culturali Ergotil libro di Giuliano Naria e Rosella Simone in libreria dopo trent’anni dalla prima edizione

per le edizioni Banditi senza tempo. Nella serata con l’autrice - in queste pagine il suo intervento - i contributi di Piero Fumarola, Agrippino Costa, Mario Fracasso e Paola Leone

della domenica n°71 - 19 aprile 2015 - anno 3 n.0

di Rosella SimoneStorie di “bravi ragazzi”

Page 11: Spagine della domenica 79

della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3libri

fatti di vino e di maria, a cercare astromo-stri.

I carruggi di Genova ci contenevano tutti:beoni e portuali, mendicanti e banditi, ma-oisti e bohemienne, compagne e puttane,militanti e drogati. Eravamo tutti lì ciascunoa tessere le trame della propria vita, fattadi solo presente In fondo eravamo un po’tutti arrivati da qualche periferia, geogra-fica o sociale o caratteriale; gente decisae seria ma, soprattutto, giovani. E vole-vamo tutto.Giuliano ed io eravamo come dire d'epocae avevamo in comune quello stessosguardo sul carcere, almeno sino a quel1985. Forse non ci amavamo più anche seancora non avevamo la lucidità e le paroleper dircelo ma almeno su quello eravamo,come dire , “consanguinei”.Ma “La casa del nulla” era anche un modoper provare a parlarci. Non ci amavamoabbastanza per fare un figlio ma forse po-tevamo fare un libro. Ci abbiamo provatotutte le sere per qualche mese seduti sullamoquette verde della sala della casa diGarlenda. Sarebbe giusto chiedere perché tu Rosellanon hai scritto del femminile e lui del ma-schile così da rendere più evidente i nostridiversi contributi? Allora non ci ho pensato,era avida di conoscere quei quasi diecianni in cui era stato rinchiuso altre il muro.E poi quei ragazzi di cui volevamo narrareio li avevo conosciuti ai colloqui, accolti incasa quando erano riusciti a uscire di ga-lera come Vincenzo quando abitava dame la sua prima moglie, Renato invece loconoscevo dai tempi in cui era studentedell'istituto Tecnico Ferrini di Albengaquando avevo 15 anni. O Agrippino che,quando ce l'ha fatta a scrollarsi di dosso lagalera, veniva a raccontarmi che voleva,a tutti costi, partire per l'India per la festa

della luna. O il Pinella incontrato sul bar-cone che trasferiva parenti e detenuti al-l’Asinara. Ricordo che era stato per leproteste di noi parenti che, durante unatraversata di mare particolarmente agitato,l’avevano tirato fuori dalla stiva, pallidocome farina bianca ma senza un lamento.Insomma avevamo a disposizione dei per-sonaggio straordinari che avrebbero fattogola a qualunque scrittore.Altro che Edmond Dantès e Jean Valjean!E poi non ne potevamo più delle lamenta-zioni carceraria, della compassione carita-tevole nei confronti dei carcerati, delpathos del “famigliare del detenuto”, vole-vamo raccontare qualcosa di più vivo e vi-vace. Non c’erano in Italia modelli letteraria cui rifarsi ma c’era un filone culturalemolto interessante che ha fornito la tracciaper quello che poi, con grande impru-denza forse, abbiamo osato noi.La storia orale ha una grande tradizione inItalia, parte da Ernesto de Martino e conti-nua con Gianni Bosio, Cesare Bermani,Alessandro Portelli, e soprattutto con il Da-nilo Montaldi della Autobiografia della leg-gera. Mischiare l’antropologia con lanarrativa e raccontare non tanto la veritàma qualcosa di più interessante, almenoper noi, un mondo, un modo di vivere, unacultura e un incontro tra i bravi ragazzi digalera e “terroristi”. C’era, naturalmente, anche tutta unalunga bibliografia di letteratura dei neriamericani: I fratelli Soledad e Col sangueagli occhi di George Jackson, Anima inghiaccio di Eldrige Cleaver, ma anche IDannati della terra di Franz Fanon manon meno importante per noi era stata lapassione condivisa e per nulla casuale perAlfred Jarry e la patafisica “La scienzadelle soluzioni immaginarie”.La scienza del paradosso, quella dei visio-nari dei narratori dei carcerati. E, soprat-

tutto, non volevamo dare giudizi. A quelloci aveva già pensato la legge.Quando alla fine Giuliano è stato assoltoanche della condanna a 17 anni per la ri-volta di Trani e sono finiti gli arresti domi-ciliari siamo venuti a Milano, nella miacasa di allora, bilocale in affitto in VialePisa 3. E' lì che il libro è stato material-mente scritto. Ha scritto lui e ho scritto io,cercando, dalla giornalista che sono, di ri-spettare nel testo la sua ironia, il suo gustoper l'eccesso, per lo splash e anche la suacrudeltà. Una scrittura che è stata ancheun combattimento tra noi, all'ultimo san-gue. E quando il libro è finito era finitaanche la nostra storia. Ecco è tutto. Aggiungo solo che oggi la po-polazione carceraria di cui parla “La casadel nulla” non esiste più, forse c’è statanel passato, forse ci sarà nel futuro, non loso, ma oggi la popolazione carceraria èaltra. In questo ciclo di presentazioni ho in-contrato OLGa, acronimo di “É ora di libe-rarsi dalle galere”, pubblicano un opuscolodove è raccontata attraverso lettere e do-cumenti dal carcere una nuova possibilecoalizione tra le diverse componenti dellaattuale popolazione carceraria.Oggi non ci sono più i banditi con le loroparanze di amici fidati ma migranti con co-stumi, codici, lingue diverse da noi e traloro, oggi non ci sono più neanche bandearmate organizzate come le Br o i Nap oPL ma ci sono ancora prigionieri politici.Comuni e politici hanno, per ora, menoanni da scontare ma sono oppressi dallastessa brutalità, sollecitati dagli stessi bi-sogni e obbligati a condividere lo stessoluogo di pena. Da lì qualcosa può di nuovonascere. Forse un incontro tra mondi di-versi e una idea del fare politica adatta altempo presente.

Page 12: Spagine della domenica 79

spagine

Nell’ovvero di un titolo, contrassegnato, sonoe sto per scrivere l’altra storia, quel chespesso utilizzo per transitare ed essere nellamia metafora, starci. Per il vocabolario dellalingua italiana, non vi dirò su quale dei tanti,leggo dell’aneddoto. La lingua italiana mi

dice ch’è “Storiellina breve e curiosa, talvolta salace. S’è veroin toto, il significato, nell’esclusivo deve essere più nel breve eanche il non talvolta salace, (ch’è del lascivo, eccitante, volgare).Vi confesso che me ne dispiace, profondamente, per aver ap-preso quell’apprezzamento tra il talvolta curioso, “ch’è sì cu-rioso”. Proseguo con il dichiarare ch’è nella radice greca con il carat-teristico privativo (an) e “fuori” (ek)e alla loro natura del non “es-sere”, col verbo al greco ekdidónai, pubblicare.Se preferite, tanto per cambiare o aggiungere, può essereanche un (ana), un sopra-pubblico. Gli aneddoti quindi? Sono ilnon pubblicato non pubblico. Sono L’Inedito".Sono l’ancor più dell’ignoto o dell’interdetto ai più ed è la stranasorte toccata per il divenuto, il non reso, oppure per il divenutonon accessibile in un difetto di conoscenza ai molti.M’intriga. Potrei essere io stesso un aneddoto e, con questa af-fermazione inseguo il mio “scherzoso”. (no martini–no party)A pensarci bene e senza tanto sorriderci sopra, l’aneddoto è unesempio di quotidiano ch’è lì sospeso ed è lì ad “essere” nel“sopra” e nel “fuori” e nel “non” di un “in tanto di vero”. AncheStoria?Se così, mi ritorna l’intrigo.“È vero!”, direbbe l’aneddoto, “sono anomalo e preferisco l’es-sere nel mio, nel meglio del mio, essere anomalo con l’altret-tanto privativo seguito da un uguale”. Continuando a dire e detto senza perifrasi: “mi preferisco inquell’esprimere il sovrapposto ed inedito in una singlossia:Aneddoto=Anomalo.”Sempre lungi da ogni perifrasi: “sono quel ch’è solo il mio o deipochi”. Come vedete s’è espresso da sé e non in maniera indiretta, manella maniera più idonea per trarre dal proprio paradigma il temada alterare in un descrivere, ad esempio quando: una mela ch’èverde, ne diventa rossa nel suo intimo, nella polpa.In questo caso? (perifrasi indispensabile) Nello scriver d’aneddoto ho il piacere del precisare, così, dalmomento che, i sospesi sono in attesa (punto)

Scrivo per smentire, parzialmente, ciò ch’è il relegare nel talvoltache non ha quantificazione e lo scambio volentieri come si fanel fatuo, nell’esser o creder che sia “storia”, in non puro sol-lazzo, sebbene, sinora, me ne sia già sollazzato io stesso e conil gusto del mio scrivere.

Scusate, avevo promesso di esprimere l’aneddoto in manieradiretta. Lo farò, non dubitate, ma è doveroso giustapporreil cap-pello sul fondo della sedia prima di sedervisi.Fatto! Dunque l’aneddoto di cui voglio raccontare è il seguente.(Perifrasi). S’era giovani una volta, s’era giovani per studio e perventura, s’era in una facoltà che di aneddoti se ne raccontavanotanti. Orbene. Firenze 1967, facoltà di architettura, esami di Geome-tria descrittiva 1 e 2. Esami tosti, astrusi per certi versi, ch’eranoper scriver di segno con strani modi per una proiettiva. Pococontemplativi, indubbio, ma da studiare nel certo e che rappre-sentassero le filosofie del descrivere il piano nel volume ch’è lospazio. Dirò dell’uguale e del diverso, di quel ch’è di una scrittura e ch’èdel dirigerne il senso oppure del fare un dipinto al qual si dà nelcontenuto forma.Punto, Piano e retta (punto) Se poi la retta fosse stata anchedel dire quel ch’è:“retta limite” s’era proprio nel veramente e neltanto e da far almeno un poco di quel certo, s’era nell’incubo peitutti. Il nome? OMOLOGIA.Per render chiaro l’oggetto definisco Omologia quale risultatoper un doppio di una prospettività. Nel breve: l'immagine di unimmagine. Un Esempio chiave? La mia ombra sul piano, benin-teso anche la vostra.Il concetto era del far variare il centro di una proiezione. Suppo-niamo il variare del Sole e, della relativa proiezione di un og-getto, farne anche il viceversa, quel che potrebbe diventare.Oppure partire dal quel ch’era diventato per giungere a quelch’era nel veramente.Lo so, state anche voi restando nell’immutata visione del ch’èper voi l’esser il reale. Non importa, seguitemise possibile nell’uguale perché ho dafare unpo’ di manfrina, la devo pur fare se so d’essere in unAneddoto = Anomalo.L’operazione, dunque, consiste dapprima nel far da un centrodi proiezione improprio, ad esempio come s’è detto il nostroSole, la corrispondenza biunivoca tra oggetto reale e la sua im-

di Francesco Pasca

AneddotoOvvero essere inedito e starci

Page 13: Spagine della domenica 79

della domenica n°79 14 giugno 2015 - anno 3

scritture

magine. Non vi pare che per far ciò è necessaria una rappre-sentazione e definire qual è l’approssimare di un segno? Diròl’aneddoto (punto)Un (il) terribile professore amava così condurre a volte l’esamee gli allievi nel conoscerlo con un già essere aneddoto non vo-levano, certamente, sperimentarlo.Se ne narrava e s’era nel perché di un non soddisfatto, nel per-ché di una sì strana richiesta con: “O’ via la mi disegni una retta!”L’ignaro così è che s’apprestava, nell’immanente, a tirare la suabella linea sul nero vulcanico e piano di una lavagna già infuo-cata.Così pare che venisse poi esortatoil malcapitato, col perentorio:“La mi stia a sentire. Siccome s'ha d’essere in esame e da pas-sare mi disegni codesta retta. Oh vvia, non voi tu arrivare dopoi fochi o voi tu cercare un cece in Domo? La sia più lunga code-sta, la sia più retta, più lunga, più lunga, più lunga e me la si di-segni bene."Al poveraccio toccava continuare e poi ancora continuare sinoad uscire persino dai bordi di quel liquido di lavagna ormai mag-matico. Poi, finalmente, fuori da quel nero si fermava.Dicono che s’avea lasciato il segno persino sul muro, lì era iltratto. Poi a quel segno s’aggiunto l’eco di: “Più lunga, più lunga,più lunga”. Così l’aula echeggiava.L’ormai interdetto e conscio d’esser lì giunto al suo limite di rettaera solo il raccattare il suo libretto, già sfregato con altra retta, evia da quella porta alla quale v’era appena giunto con il suosegno.Naturalmente, varcata quella soglia, giungeva: “… e quandol'avrà finita codesta sua retta col su' segno la torni, io qui l'at-tendo."Mai aneddoto, per noi, che s’augurasse a nessuno e in un poiaccadere. Mai si voleva essere nel consapevole di un sì poco“curioso” epilogo in aneddoto. Ci chiedevano solo il vero sensodi quel fare e se era soprattutto vero quello che si raccontava.Sapevamo tutti che causa scatenante poteva essere, forse loera veramente, il SE più grande. Cioè, il SE, l’asse (a) dell’omo-logia e il punto B’ si dovesse portare ad una certa distanza dallostesso asse; viceversa, anche SE, in corrispondenza e ad unaparticolare distanza del punto (B), dall’asse (a), il punto (B’), po-tesse essere quel fuggire ad una distanza infinita. Vi assicuro. Nella nostra mente si introducevano non solo le due“rette limite” volute. Per la sicura non richiesta del tracciare una retta, il dovuto era

con la prima delle rettee l’essere consci di avere la (r’l), retta im-magine appartenente al piano e anche la corrispondente allaretta impropria r (del piano p). Conseguenza, dunque, per noi era che, SE(B) si fosse allonta-nato nella distanza infinita, (B’), avrebbe potuto posizionarsi sutale retta. La seconda retta, la (rl), la retta oggetto avrebbe potuto, invece,esser appartenente al piano (p), avere quindi come immaginela retta impropria (r’?`), il che, anch’essa, si sarebbe allontanaall’infinito.L’aneddoto, quindi, pretende le due rette limite a seconda chela retta all’infinito sia considerata appartenente al primo insiemeo al secondo di quei piani.Messa in quel modo s’era veramente nel difficile di un approccioad un primo esame o meglio alla mai conseguenza di poternefare un secondo, ch’era la fine di un aneddoto retta (punto)Allora, alla luce di tanto, con cosa si può completare l’aneddoto?Mi soffermo e spero si soffermi anche chi legge sulle conse-guenze filosofiche di questa situazione, su quel che riguardal’ampio rapporto del linguaggio con il significato e come si stra-tifichi. S’è voluto dire, con le rappresentazioni visive effettuate o sepreferite con le intenzioni dispiegate dalla scienza o ancor me-glio dalla ragione, per sottolinearne il peso del linguaggio sullogos, farlo retrospettivamente. L’ostacolo è stato la retta e comeogni schermo del linguaggio se ne può anche cancellare l’ope-razione.Sicché, ogni rappresentazione, anche l’aneddoto, avrà la sua,si comporterà sempre all’interno del sistema ordinato di un lin-guaggio e non come una qualsiasi retta che non potrà mai es-sere disegnata.Il SE, il più grande è con la sua logica diconvenzionale esistenza. Ma qual è dunque? Solo nell’ovvio, solo quando si determina lasua traccia sul piano e la proiezione di essa sullo stesso e siaanche altro punto ch’è la sua fuga in traccia, l’andare all’infinito. Esattamente come dovrebbe essere l’aneddoto per diventarestoria. Per farlo, ovviamente, avremmo dovuto assumerlo inclinato (in-cline) a quel piano, a quella nostra storia. Ma in un aneddoto quanto conta una storia s’è come la retta ®ch’è da essere parallela a quel piano e non ne può aver la sua,di traccia? Questo è l’aneddoto che non è il “curioso”.

Page 14: Spagine della domenica 79

spagine della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3in agenda - arte

L’arte approda alle case Ina

Al via lunedì 15 giugno, a Galatina “Casa 19” residenza artisticaper bambini che si concluderà domenica 5 luglio alle 19.00

con una mostra di fine percorso

Casa 19 è un progetto arti-stico che vede come pro-tagonisti i bambini e sisvolgerà a Galatina in viaChieti n. 19, dal 15 giu-gno al 3 luglio (dal lunedì

al venerdì dalle 9:00 alle 12:30) in un con-testo particolarmente significativo: unacasa popolare Ina fine anni “50, situata inun quartiere che ancora conserva caratte-ristiche comunitarie, relazioni di prossimitàricche di scambi e significati di buon vici-nato. In diversi momenti del progetto il vi-cinato verrà coinvolto dai bambini apartecipare alle attività che avranno ancheuna ricaduta relazionale e sociale sull’in-tero quartiere.La residenza, a cura dell’artista e designerAdalgisa Romano, permetterà ai più pic-coli di contaminare liberamente con la pro-pria creatività un’abitazione disabitata;attraverso il gioco trasformeranno sestessi e il contesto che li ospiterà, scopri-ranno che l’apprendimento è un atto emo-tivo e sociale insieme e che l’infanzia è ilmomento di maggiore espressione arti-stica delle tante età e fasi dell’uomo; attra-verso l’arte, che per il bambino è un suomodus vivendi che si esprime attraverso ilgioco, conosceranno l’altro, i contesti, glioggetti, creeranno congetture e mette-ranno insieme realtà distanti, si esprime-ranno, comunicheranno, rafforzeranno laconsapevolezza di sé e liberaranno le pro-prie potenzialità creative creando mondipossibili. E ancora creerano artefatti peraccrescere la propria consapevolezza delreale, la capacità di leggere se stessi e glialtri, di interpretare i contesti e di sapersimuovere all’occorrenza. L‘artista Sara De Carlo, poi, attraverso ilgioco delle immagini, documenterà l’av-ventura di questi piccoli uomini e donne indivenire.

Casa 19

Page 15: Spagine della domenica 79

L'altro giorno ero inpiazza Sant'Oronzo aLecce, avevo il sole infaccia, che a dire il veroun po' mi infastidiva. Eroseduto con alle spalle "Il

Sedile", struttura architettonica di finecinquecento. Mi pare ci fosse una fotoanche nel mio manuale di Storia del-l'Arte, il Briganti-Bertelli. Nelle due paginededicate a Lecce.Di fronte a me un banner verticale che lamiopia e gli occhiali da sole un po' rigatinon mi facevano apprezzare in pieno. Ri-flettevo sui miei ventuno anni di attivitàartistica cosciente, riflettevo che nel miocervello e nei miei pensieri c'è semprequella cosa che per semplificazionel'uomo chiama arte. Io non ho mai saputodescriverla se non come una specie dipresenza dietro al collo. Una presenzacostante, che non mi abbandona mai,neppure durante il sonno.In questo scorrere del tempo ho incon-trato persone, differenti, differenti in tuttoda me e differenti tra loro, estimatori,adulatori (quelli con cui vado meno d'ac-cordo, per natura), stronzi opportunisti(quelli che combatto con tutti i mezzi),furbi (quelli che con pazienza mi lavoroper vedere dove possono arrivare), fan-faroni (quelli che il loro ego immenso mifanno ridere di gusto), e tante tantissimepersone normali, comuni, semplici(quelle di cui mi circondo maggiormente).In mezzo a quest'ultima categoria c'è unparticolare gruppo di persone con cui mirelaziono volentieri, e sono gli artisti, oforse è più corretto dire quelli che io re-puto tali, per un "sentito" e non per unsentito dire. Badate bene che non sonoquelli simili a me, anzi la maggior partedelle volte sono differenti da me.Molti la pensano in maniera particolare,e questo mi affascina, come quando dabambino stimavo il capocannoniere dellasquadra di calcetto, o come quelli che

montavano sul tagadà e si mettevano alcentro. Io sul tagadà non ci salivo, avevotimore, ma ero affascinato da quelli checi salivano e dalla struttura meccanica diquesta sorta di mostro del ritmo.Questa categoria, gli artisti li ho semprefrequentati e credo di essere stato tra ipochi ad averli anche aiutati, ho spesotutti i miei saperi e i miei consigli, ci hosempre litigato, ma soprattutto se avevoqualcosa, e in questo termine quando siparla di arte c'è nascosto un mondo, l'hosempre diviso. Come si divide il pane sead aver fame siamo un tanti e di pane c'èpenuria. Gli artisti tra loro sono semprestati gelosi dei loro "contatti" (cosi si chia-mano nell'ambiente), dei loro mecenati.La maggior parte di loro se entra in con-tatto con qualcuno che ha uno spazio perfarti esporre o suonare non ti darà maiuna dritta per condividerlo.La maggior parte davanti ti dice: "bah...non lo so... mi hanno chiamato", quandoinvece ha leccato il culo per mesi.Alcuni addirittura li ho visti depistare altri.Atteggiamenti da brookers. Mica da arti-sti.Io no. Io ho condiviso tutto quello cheavevo, fino ad organizzare centinaia divolte per altri, per questa sorta di Dio cheio venero e si chiama espressione arti-stica, un Dio (sempre in discussione) consuoi discepoli, motivo per il quale anchedi un grazie mi è sempre interessatopoco.Mi chiedo però, come mai esista unabuona fetta di persone che pensa che iosia presuntuoso e me la tiri, soprattuttotra gli artisti toscani un tempo e pugliesioggi.Me lo chiedo e mi do anche la risposta.La risposta è semplice : "Perchè Io nonvi cago!", "non mi interessate". Siete in-differenti al mio sentire, per me fate cosebrutte, poco comunicative, oppure fatecose interessanti (non belle) ma con il pi-glio dei bottegai, e il mio umore ne ri-

sente. O ancora siete presuntuosi, sietesmaniosi di arrivare e nel vostro percorsotralasciate i particolari. E questo nonpiace, avere un gusto personale nonpiace.Vi conosco artisticamente uno ad uno,perchè prima di parlare bisogna capire.Conosco tutto l'ambiente.Quando andavo alle scuole medie vidiper la prima volta nel parco del miopaese la scritta: "Rispetta l'ambiente" enon mi pare ci fosse scritto: "Questo am-biente ti deve piacere per forza!"Ecco io vi rispetto, ma non mi piacete.Alle scuole medie mi hanno licenziatocon sufficiente ma qualcosa ho imparato.Agli amici che mi sostengono e che so-stengo, che spesso mi dicono "Massi mate ti sottovaluti!" rispondo con affetto chenon sono io a sottovalutarmi ma molti asopravvalutarsi.Ognuno ha la sua concezione della vitae i suoi gusti. Vi assicuro che senza il miosostegno si vive benissimo, e anche senon ve lo meritate vi do anche un sugge-rimento: parafrasando Guccini mi vien dadire: "godetevi l'insuccesso godetevelofinché dura che il vostro pubblico am-maestrato prima o poi vi farà paura".Sono parole difficili ma qualcuno le devepur dire

PSAlla fine in piazza a Lecce sono risuscitoa leggere il banner! C'era scritto: "LecceCapitale Italiana della Cultura", il sole eratramontato e con esso il dubbio se cifosse una "O" o una "U" nell'ultima paroladella frase. Io che sono una via di mezzotra la coltura (diplomato all'Istituto Tec-nico Agrario di Lecce) e la cultura (lau-reato in Beni Culturali a Pisa ) mi sonoavviato felice e carico di speranze versouna birra al "Cin cin" Bar, perchè la cosapiù importante è la...: "Salute!".

Massimo Pasca

spagine della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3da facebook

Pensierosull’arte

e sugli artistiad illustrare un’opera di Massimo Pasca

Page 16: Spagine della domenica 79

spagine della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3in agenda - fuori porta

“Un ritorno a casa speciale”,questo il titolo della seratache avrà luogo a Teramo ilprossimo giovedì 18 giugno.A tornare idealmente nellacittà abbruzzese è Rina Du-

rante. La nostra cara Rina c’era già statanel 1963, quando per il “Premio Teramo”, leera stata assegnata la menzione specialeper il racconto “Il Tramontana” che nel 1965sarebbe diventato il primo lungometraggiodi Adriano Barbano. La Durante racconta lastoria di Flavio. Il ragazzo ha sedici anni, faparte di una famiglia povera e per la sua vi-vacità porta il soprannome de il Tramon-tana. I genitori emigrano in Svizzera, manon possono portarlo con sé ed affidano ilragazzo ai monaci. Padre Biagio invogliaFlavio alla vita conventuale. Ma la lonta-nanza dalla famiglia provoca una crisi. Il ra-gazzo di nascosto abbandona il convento e

ritorna in paese alla sua casa, ma la trovavuota e chiusa, quindi ritorna sui suoi passi.Il film è il primo in assoluto girato in provin-cia di Lecce. ll “Premio Teramo per un rac-conto inedito” è stato fondato da GiammarioSgattoni nel 1959, si rivolgeva sia agli autoriaffermati che ai giovani e agli esordienti .Il "Teramo" già dalla seconda edizione,quella del 1960, si affermò come Premioletterario di rilievo nazionale, con una giuriadi cui fecero parte Diego Valeri come presi-dente, Carlo Betocchi, Carlo Bo, GiacomoDebenedetti, Enzio Di Poppa Vòlture, Raf-faele Passino con lo stesso Sgattoni investe di segretario. Nella serata gli inter-venti dell’assessora alla cultura FrancescaLucantoni, della direttrice del polo musealePaola Di Felice, di Rita Alberga e di Cate-rina Gerardi. A seguire la proiezione de“L’isola di Rina” di Caterina Gerardi e de “IlTramontana” di Adriano Barbano.

La Rina, torna a Teramo

Da Anima Mundi in uscita un concept album dell’Officina Zoè

Sirene, pescatori, naviganti,esploratori e sognatori rievo-cano il Mediterraneo in unconcept album sul mare.Canti d'atmosfera e pizzicheda trance in gran parte inediti

per l'ottavo disco dell'Officina Zoè.Mamma sirena è l'ottavo disco dell'OfficinaZoè, uno tra gli ensemble di musica popo-lare più amati estorici del Salento. Sirene,pescatori, naviganti, esploratori e sognatoririevocano il Mediterraneo concanti d'atmosfera e pizziche da trance in unconcept album sul mare per riscoprire unelemento centrale della cultura e della vitasalentina, luogo di incontri, inclusività escambi tra civiltà differenti. Il lavoro è fruttodi una lunga e accurata ricerca sui testi tra-

dizionali e di un raffinato collage di fram-menti attinti da fonti diverse dalla voce delgruppo Cinzia Marzo. Lo stile è quello in-confondibile degli Zoè, fedele alla tradizionema calato nel presente, attento alle sottili in-fluenze che nel corso del tempo hanno ar-ricchito la cultura del Salento senza peròmai perdere la rotta e il forte legame con lapropria terra.In copertina il pesce a formo di uroboro dal“Missale gelonese” dell'VIII sec, mentre il li-bretto contiene oltre ai testi dei canti anchealcuni dialoghi di sirene tratte dal romanzodi Maria Corti Il canto dellesirene (Bompiani, 1989) e pregevoli illustra-zioni medievali di sirene.L'Officina Zoè nasce nel '93 ed è subito unadelle forze motrici del movimento di rinascita

del Salento che ne ha portato alla ribalta in-ternazionale la musica di tradizione. Il primoalbum Terra, autoprodotto nel 1997 e rieditonel 2005 dall'etichetta Anima Mundi, è di-ventato un modello seguito da moltissimigruppi più giovani. Il successo è dovutoanche alla stretta collaborazione con il regi-sta salentino Edoardo Winspeare, nei cuifilm i musicisti compaiono come attori e au-tori delle colonne sonore: Pizzicata (1996),Sangue vivo (2000) e Il miracolo (2003).L'ensemble ha pubblicato 8 album e ha par-tecipato a importanti festival come Womex(Italia), I suoni delle Dolomiti (Italia), Voix desFemmes (Belgio), Stimmen (Germania),Festival dei Popoli (Italia), e tenuto diversitour in USA, Giappone, Corea del Sud, Tur-chia ...

Dedicatoal mare

in agenda - musica

Page 17: Spagine della domenica 79

spagine della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3in agenda - giornalismo

Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Fondo Verri

esce la domenica a cura di Mauro Marinoè realizzato nella sede

di Via Santa Maria del Paradiso, 8.a , Leccecome supplemento a L’Osservatore in Cammino

iscritto al registro della Stampa del Tribunale di Leccen.4 del 28 gennaio 2014

Spagine è stampato in fotocopia digitale a cura di Luca Laudisa Studio Fotografico San Cesario di Lecce

Programma delle Attività Culturali della Regione Puglia2015 Artigiana - La casa degli autori*SpagineFondo Verri Edizioni

Scritturaresistente

Sarà consegnato a Sandro Ruotolo - che da mag-gio vive sotto scorta dopo aver ricevuto minaccea causa delle sue inchieste sul traffico di rifiuti tos-sici in Campania - il "Premio Giornalistico Mau-rizio Rampino alla carriera". La manifestazione,da nove anni, ricorda la figura del giornalista sa-

lentino prematuramente scomparso il 14 giugno 2006, la sua in-dipendenza di giudizio, il suo coraggioso saper andarecontrocorrente e anticipare i tempi, il suo osservare quello cheaccadeva e saperlo riportare con puntualità e obiettività e "pro-segue" il suo lavoro.Nel corso della cerimonia, che si terrà martedì 7 luglio (dalle19.30) nella piazzetta antistante la chiesa dell'Assunta a Tre-puzzi, saranno anche assegnati i premi per i migliori articoli, ser-vizi e reportage editi e inediti sul tema “Immigrazione traintegrazione, speranza, solidarietà e intolleranza”. Dal 2011 è stato istituito anche il “Premio Giornalistico MaurizioRampino alla carriera” che nel corso di questi anni è andato adAntonio Padellaro (2011), Luca Telese (2012), Riccardo Iacona(2013) e Corrado Formigli (2014).

Sandro Ruotolo ha iniziato l'attività giornalistica nel 1974 con IlManifesto. Nel 1979 entra in Rai e alla fine degli anni ottanta ini-zia la collaborazione con Michele Santoro che, passando da Raia Mediaset sino a La7, prosegue ancora. Samarcanda, Il rossoe il nero, Tempo reale, Moby Dick, Moby's, Circus, Il raggioverde, Sciuscià, Annozero, Servizio Pubblico sono tutte contras-segnate dalle inchieste e dai collegamenti del giornalista cam-pano. Nel corso della sua lunga carriera è stato insignito dinumerosi premi, da ultimo quello di "Articolo21- Fnsi" perchè"Giornalista da sempre impegnato a combattere mafie, camorree malaffare. A questo impegno professionale, etico, civile e poli-tico, ha dedicato tutta la sua vita, senza fare sconti a nessuno,usando lo stesso metro verso ogni governo ed ogni potere". “OVogl’ squartat’ viv”: è la recente minaccia del capo dei CasalesiMichele Zagaria, direttamente dal carcere e per la quale il pre-fetto di Roma, Franco Gabrielli, ha deciso la protezione per ilgiornalista televisivo. Nel mirino dei clan camorristici un repor-tage sul traffico di rifiuti tossici in Campania realizzato per Servi-zio Pubblico e, in particolare, un’intervista al pentito CarmineSchiavone.Il Premio giornalistico Maurizio Rampino è organizzato e pro-mosso dal Comune di Trepuzzi e dall'Associazione "Amici diMaurizio" in collaborazione con La Gazzetta del Mezzogiorno econ il patrocinio e il sostegno dell’Ordine Nazionale dei Giorna-listi, dell’Ordine dei Giornalisti di Puglia, di Coldiretti Lecce, delGAL Valle Della Cupa, dell’Unione dei Comuni del Nord Salentoe dell'Arif.

A Sandro Ruotoloil “Premio Giornalistico MaurizioRampino alla carriera”M’appuntamento a Trepuzzimartedì 7 luglio

Page 18: Spagine della domenica 79

spagine

Nella bellissima citta-dina di Specchia dal22 al 25 luglio 2015torna la Festa di Ci-nema del Reale chealla sua XII edizione

sarà ispirata da tre parole chiave: Corpi /Inganni / Movimenti. Quattro giornatededicate al cinema più spericolato, cu-rioso, inventivo che si possa vedere edascoltareLa Festa di Cinema del reale è un eventoculturale e creativo ideato dalla societàcooperativa Big Sur in collaborazione conle associazioni culturali OfficinaVisioni eCinema del reale, realizzato dalla Fonda-zione Apulia Film Commission, cofinan-ziato dall'Unione Europea con il sostegnodel Comune di Specchia e il patrociniodella Provincia di Lecce (Assessorato allaCultura) per promuovere e sviluppare lenarrazioni del reale e il cinema documen-tario realizzato in Italia, nei paesi del Me-diterraneo e nel mondo.

Ospiti d’onore provenienti dalla Greciacon un focus dedicato alle produzionidegli ultimi anni e una sezione italianadelle autrici e degli autori più spericolati einnovativi del panorama del cinema delreale italiano.Aperitivi musicali e proiezioni fino a nottefonda, installazioni, performance, cola-zioni con gli autori invitati, incontri di poe-tiche/pratiche, crisi, amori e folliecinematografiche…L’edizione 2015 darà spazio all’idea dicreare un villaggio sociale di Cinema delreale, con seminari e laboratori che sa-ranno attivati prima dei quattro giornidella Festa e saranno rivolti alla speri-mentazione, al cinema accessibile e allacoesione sociale.

L’evento si avvale della direzione artisticadel filmaker Paolo Pisanelli e si svolgerànel suggestivo castello Risolo di Spec-chia e nella piazza antistante, coinvol-gendo gli abitanti del paese, turisti,studenti, autori e appassionati di cinema,mirando a una grande partecipazione dipubblico.

* * * La Festa di Cinema del reale è un eventodedicato agli autori e alle opere cinema-tografiche e video che offrono descrizionie interpretazioni personali e singolaridelle realtà passate e presenti nel mondoe rivelano generi documentari differenti:film sperimentali, film-saggio, diari perso-nali, film di famiglia, grandi reportage, in-chieste storiche, narrazioni classiche,racconti frammentari… Opere di autori ri-conosciuti o meno noti, con diversi oriz-zonti geografici, politici e culturali, sonoespressione di un cinema che in generedispone di limitate risorse economichema è dotato di grandi capacità inventivee comunicative.La Festa di Cinema del reale è una ma-nifestazione culturale unica in Italia per-ché ha una formula originale, non è unacompetizione cinematografica, né tantomeno una semplice rassegna, ma una“festa” intesa come scambio culturalecreativo. È un’occasione di incontro e di scambiotra il pubblico, gli autori, i produttori e glioperatori culturali che rappresenta ormaiun evento stimato e molto conosciuto inItalia da tutte le realtà di produzione e leassociazioni operanti nel settore, maanche dalla “gente comune”.Oggi in Italia le occasioni per la produ-zione e la distribuzione di film documen-tari sono molto difficili, la televisionepubblica quasi ignora questo cinema che

crea opere spericolate, curiose, inventivee capaci di raccontare in modo originaleed efficace la vita reale e le trasforma-zioni della società. Grazie anche al corag-gio di alcuni produttori italiani, negli ultimianni un gruppo di filmaker documentaristidi talento è riuscito ad emergere, ma bi-sogna insistere e creare un “circuito doc”,ovvero un'adeguata rete di distribuzionee di festival che si curi della promozionee diffusione del cinema documentario.

La Festa di Cinema del reale si proponedi: promuovere e diffondere il cinema do-cumentario; mostrare i film documentari,dar loro visibilità e affermare la necessitàdi produrli per una distribuzione nei ci-nema e su tutti i mezzi di diffusione pos-sibili, proponendo una selezione dellamigliore produzione italiana del presentee del passato; mettere in relazione i filmdocumentari italiani con alcuni dei miglioridocumentari internazionali distribuiti nellesale cinematografiche. L'Archivio di Cinema del reale è luogo discambio, recupero e diffusione di film edocumenti audiovisivi finalizzato princi-palmente a favorire l'attività di filmaker,studiosi e appassionati. Si propone di di-venire un luogo di fruizione pubblica divari generi di cinema documentario. Al-l'Archivio aderiscono e contribuisconocon i loro film tutti gli autori e gli ospiti an-nualmente invitati alla Festa di Cinemadel reale. L'Archivio svolge la sua attivitànel campo degli audiovisivi (cinema,video, multimedialità) per favorire la co-struzione di una memoria collettiva sullerealtà del mondo, dedicando particolareattenzione alle opere che raccontanoaspetti sociali, ambientali, politici e cultu-rali dell'Italia e dei paesi del Mediterra-neo.

Corpi, inganni, movimentiLa dodicesima edizione della Festa di Cinema del Reale a Specchia dal 22 al 25 luglio

della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3in agenda - prossimamente

Page 19: Spagine della domenica 79

spagine della domenica n°79 14 giugno 2015 - anno 3

racconti salentini

Manca poco affin-ché prendano ilvia i frenetici eassordanti con-certi delle cicale.Intanto, i primi

fichi fioroni, da queste parti chiamati cu-lummi di S. Giovanni, si vanno facendotondi, molli e gustosi e pure le albicoccheprendono a tingersi delle nuance rivelatricidella maturazione. D'intorno, un'atmosferaluminosa e, nello stesso tempo, ancoraovattata, in attesa della vivacità tipica dellapiena estate, clima caldo ma gradevole, aportata di mano, sullo sfondo, la distesaazzurra che sembra rivolgere ammaliantiinviti per nuotate, tuffi e immersioni. Il por-ticciolo d'approdo e stazionamento delleminuscole e colorate vele di chi scrive ap-pare già pullulante, anzi gremito, di legni -barchette, gommoni, motoscafi e qualcheyacht - che i marinai addetti, sorvolandosulla distinzione per censo, lusso e stazza,sono soliti appellare semplicemente stozzi. In tanta cornice, mi è concesso il piaceredi conoscere Meris, una stupenda cascatadi riccioli, sorriso pronto e largo emananteda due occhioni neri e brillanti. Buona for-tuna, piccola, di vero cuore!E, con la creatura, incontro i suoi genitoriMichela e Fabrizio, convenuti a Castro, incompagnia di un drappello di familiari econgiunti, nella bellissima villetta per le va-canze di loro proprietà, sul mare, circon-data da vasti terrazzamenti piantumati,dotata di discesa privata e accesso direttoalla scogliera demaniale, in un tratto dicosta terminante in aggraziati picchi e ca-lette, su cui spandono carezze, quando

non s'infrangono con forza e sonoramente,le sequenze di onde, incontaminate, cri-stalline e trasparenti, che sono la caratteri-stica per eccellenza, la prerogativa basilaredella Perla del Salento.La residenza in questione - angolo, rifugioda paradiso - non è anonima, di serie,vanta, al contrario, una sua storia radicata:non è, dunque, per niente casuale l'appel-lativo di "Villa Meris", a ricordo di colei che,a suo tempo, l'ha voluta e realizzata e, ora,a suggello ideale del perpetuarsi, dellacontinuità di un nome. Viepiù indietro, nella"storia", si stagliano, in mano alle genera-zioni pregresse, fazzoletti di marine infram-mezzati da fichi e fichidindia, alberelli di viteo cippuni, carrubi e coltivati a patate e altriortaggi. Così, sino alla titolarità di alcuneparticelle in capo a Nonno Michele e allestagioni in cui, qui, il turismo era un feno-meno pressoché sconosciuto e/o margi-nale e non la realtà, importante e vitale,degli ultimi decenni, che ha dato luogo allatrasformazione delle medesime marine inpreziose aree adatte a valorizzazioni edili-zie.Nonno Michele, dicevo, una figura pari-menti non anonima, contraddistinta, bensì,da un percorso di vita dinamico e intenso:da giovanissimo paesano a arruolato vo-lontario nella Regia Marina Militare, ap-prezzabile progressione di carriera sino algrado di Maresciallo di 1^classe. Innume-revoli imbarchi, a lungo di base, e residentecon la famiglia, in Istria (all'epoca territorioitaliano), una serie di crociere per il mondo,compresa quella, lunghissima, in Cina, nelperiodo che annoverava, in rappresen-tanza dell'Italia, la presenza in quel Paese

del conte Galeazzo Ciano e della moglieEdda Mussolini.Nonno Michele, accostatosi al congedopressoché in concomitanza della riannes-sione di Fiume alla Jugoslavia e, di conse-guenza, soggetto ai correlati momentisopraggiunti per tutti gli italiani che si tro-vavano lì. Infine, il ritorno al paese natio,l'acquisto di un carretto e di un cavallo,onde poter raggiungere agevolmente -Nonno Michele, di nuovo contadino - i pic-coli poderi di terreno posseduti, fra cui il"Bosco", comprendente un trullo con an-nessa cisterna di preziosa acqua piovana,posto proprio alla sommità, a stregua di co-rona, della magica insenatura Acquaviva,le "Scarpe" e la "Marina di Diso", dove, poi,è stata edificata la villetta accennata all'ini-zio.Nonno Michele, dopo la parentesi del car-retto trainato da quadrupede, alla guida diun'autovettura Fiat "Giardinetta". NonnoMichele, il quale non parlava in dialetto sa-lentino, ma, in genere, si esprimeva in cor-retto italiano, e ciò per effetto del suoconsistente girovagare, da sud a nord, oltreche all'estero, quando possibile insiemecon la moglie Candida e la figlia Meris.Com'è facile notare, c'è una lettera dell'al-fabeto che ricorre pressoché in ogni capo-verso delle presenti note: “M”, iniziale delnome proprio di una giovane mamma e delsuo nonno materno, “M”, iniziale del nomeproprio di una bambina e della sua, dinonna materna, “M”, infine, iniziale delladenominazione che individua un'amenis-sima villetta di Castro, stella del Basso Sa-lento.

Meris e nonno Micheledi Rocco Boccadamo

Page 20: Spagine della domenica 79

spaginein agenda - fotografia

Omaggio ai padriA San Cesario di Lecce, fino al 22 giugno il Festival della Fotografia in Puglia

della domenica n°79 - 14 giugno 2015 - anno 3

http://fotoartepuglia.it/Dal 17al 23 giugno, dalle 19.30-20.30, la CHIESA DISAN GIOVANNI EVANGELISTA, in via Caponic, a SanCesario di Lecce, ospita l’ “Omaggio ai padri” di Fer-nando Bevilacqua. L’inaugurazione, mercoledì 17 giu-gno, alle 19.30,con la libera chiacchierata del fotografo Fernando Bevi-lacqua con Salvatore Masciullo, Salvatore Colazzo, An-tonio Errico e pubblico partecipante. e incontro conl’autore.

FotoArte è il “festival diffuso”della fotografia che si tiene ognianno, da dodici anni, in alcunicomuni della Puglia, con moltiappuntamenti e progetti, tra mo-stre, seminari e workshop, diluiti

nei mesi dell’assolata estate del Sud.In una terra storicamente assetata di acqua e alcontempo di vita, di cultura, di conoscenza, Fo-toArte si fa promotore della creazione di un net-work e di momenti di socialità, di esperienzepositive di crescita e di interazione.Un evento ormai radicato e atteso nel Sud dellaPuglia e che ha visto numerosi ospiti illustri dellafotografia: Gianni Berengo Gardin, Letizia Batta-glia, Uliano Lucas, Lorenzo Pesce, Bruno Tad-dei, Ferdinando Scianna, Franco Fontana; le loroopere e le loro esperienze hanno impreziosito ilnostro territorio, le nostre passioni e la nostragente, sempre molto ricettiva e calorosa.Migliaia di donne e uomini hanno interagito conFotoArte in questi 12 anni: visitatori curiosi, foto-grafi professionisti di fama nazionale e interna-zionale, fotoamatori e appassionati hanno avutola possibilità di incontrarsi, discutere, imparare.Tutto questo è stato possibile con il lavoro di al-cune associazioni pugliesi impegnate nell’orga-nizzazione e coordinate dal circolo fotografico ilCastello di Taranto, fondatore della manifesta-zione, in interconnessione con le istituzioni: laRegione Puglia, che dà il patrocinio, il Comunee la Provincia di Taranto, il Comune e la Provin-cia di Lecce, il Comune e la Provincia di Brindisi,e ancora i Comuni di Statte, Salice Salentino eSan Cesario e PugliaPromozione

Avolte non ci si può esprimere con le parole. E quelloche si prova, che sia felicità, tristezza, rabbia o soffe-renza, rimane lì a logorare l'io interiore… Il disegnonella sua forma più semplice di espressione, dà lapossibilità di esprimersi e di raccontarsi. Questo è ac-caduto negli incontri nei laboratori attivati dall’Asso-

ciazione Barriere al Vento. E con il disegno, la scrittura, la danza, lamusica, l’andare in barca a vela, le piccole costruzioni di artigianato.Tutto il fare possibile e tutti insieme a mettere su cartoncino con il pen-narello nero case, alberi, cieli stellati… e anche le fastidiose macchine… C'è anche chi s’è lasciato andare con il pennarello, libero di tracciaretratti che si son trasformati in disegni astratti che esprimevano piena-mente lo stato d'animo i chi li realizzava e dei ragazzi… È stata un'esperienza molto intensa.. Non c'è bisogno di essere unbravo disegnatore per fare arte o un danzatore per sentire che danzi...

Viviana Indraccolo

in agenda - community dance

Fotografie di Fernando Bevilacqua