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sp agi ne Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri Spagine della domenica n°34 - 22 giugno 2014 - anno 2 n.0

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La copertina di Spagine è dedicata a Eugenio Barba e all'Odin Teatret. Si chiude oggi a Holstebro il Festuge che celebra i cinquant’anni del gruppo con la messa in scena dello spettacolo Chiaro Enigma É lì Davide Barletti che con Jacopo Quadri è impegnato nella realizzazione di un film dedicato a questa straordinaria avventura teatrale...

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spagine

Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

Spagine della domenica n°34 - 22 giugno 2014 - anno 2 n.0

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spagine

I l Puglia Pride inizia lunedì 23 giugno, aFoggia, e si conclude sabato 28 giugno,a Lecce. Il 26 giugno, a Bari, ci sarà unconvegno sulla omogenitorialità, all’Uni-versità. Il 27 giugno, a Taranto, si terrà ilconvegno “Cosa c’è di diverso”. Molto at-

teso il primo Gay Pride, a Lecce, che ospiterà ilcorteo per i diritti omosessuali. Il capoluogo sa-lentino, candidato a diventare Capitale dellaCultura per il 2019, mostra il suo volto morbido,aperto, moderno. Un po’di giorni fa, il 31 maggioscorso, nei pressi di Palazzo Celestini, uominie donne del gruppo confessionale “Sentinelle inpiedi”, che manifestavano a difesa della famigliatradizionale e contro il ddl Scalfarotto che vuolepunire i reati omofobici, sono stati duramentecontestati dagli attivisti gay. Certo, chi sosta in piedi, in silenzio, con un libroin mano, per divulgare idee e concezioni d’uncerto tipo, anche per biasimare una costituendanormativa contro l’omofobia, non dovrebbe al-larmare, spaventare più di tanto. Però, fuorid’ogni polemica, le proteste integrali e ipercat-toliche delle “Sentinelle in piedi”, in un tempo disensibili e palesi discriminazioni, appaiono de-cisamente anacronistiche e fuori luogo. Moltopiù contemporanei, in linea con gli accadimenti,sono i Gay Pride, in quanto la comunità Lgtbavanza l’intento di battersi con vigore per la pro-tezione di tutti i cittadini. E per la tutela di sacro-santi diritti, ancora non riconosciuti. La stradamalagevole, accidentata, che conduce all’egua-glianza, è irta di ostacoli, densa di fraintendi-menti. Addirittura, secondo certuni, lesbiche egay sarebbero “accecati dall’ideologia”. Macosa c’è di più umano che chiedere e deside-rare amore alla luce del sole? Nell’Italia dellecontrapposizioni cruente e degli scontri bipolari,abbiamo più che mai bisogno d’una legge con-tro l’omofobia e contro la transfobia e d’una li-berale normativa sulle coppie di fatto. Cionondimeno, la battaglia contro le prevarica-zioni si conduce con calma, con la pazienza deisaggi: non bastano le valide misure e le strettesecuritarie per assicurare maggiore giustizia ela diffusione di floridi semi di comprensione.Non è sufficiente una legge a spazzare via ledense brume della emarginazione, della esclu-

sione. Chi alza con grettezza barriere fra gli in-dividui deve essere sconfitto con le armi dellanon violenza e della cultura. Non c’è niente di più oltraggioso, di più obbro-brioso, di più odioso, della ghettizzazione degliesseri umani in base alla loro diversa apparte-nenza di genere o orientamento sessuale. Si dàscacco all’omofobia con l’impavidità dei gesti,con la corretta comunicazione, con l’amore perla reciprocità. La sensibilità istituzionale e dellevarie agenzie sociali possono creare un nuovovivido terreno di coltura: da qui devono comin-ciare a pullulare i germogli del riscatto. Lascuola e la famiglia hanno il dovere morale disanare un vulnus e di pacificare gli individui. Noicittadini, al cospetto di malcelati soprusi, pos-siamo fare una semplice analisi antropologica.Chi differenzia gli esseri umani e li oltraggia, lofa perché è un soggetto lacerato da vuoti inte-riori. Ogni civiltà dovrebbe fondarsi sulla ricchezza esulla variabilità delle interazioni, sulla comples-sità. Tutti dovremmo, comunque, rispettare le li-bere espressioni delle individualità. Lasessualità esprime parte della identità perso-nale, che deve essere integralmente vista inogni estrinsecazione del sé. Ancora oggi, c’è chiignobilmente insulta cittadini omosessuali etrans, chi vigliaccamente li aggredisce. La Chiesa cattolica, fedele alla sua dottrina e aisuoi valori “non negoziabili”, è contraria netta-mente alle unioni gay. Papa Francesco, appena insediato, ha dettosorprendentemente: “Chi sono io per giudicareun gay?”. Purtuttavia, Benedetto XVI non per-deva occasione per rammentare: “L’amore ge-neroso e indissolubile”, fra un uomo e unadonna, è fondamento del vivere”. Ma unaChiesa che “si oppone a qualsiasi forma di ne-gazione della vita umana”, può continuare achiudere gli occhi di fronte a una realtà compo-sita, in movimento, che vuole essere solo deco-dificata in modo chiaro, non dogmatico? Perchécontinuare a disconoscere l’esistente, che nonè qualcosa di astratto, ma rimanda all’amore,alla sofferenza, ai giorni vissuti, di uomini edonne, sovente ghettizzati? Se la Chiesa catto-lica è vittima d’una evidente chiusura, il mondo

politico non può che riconoscere il valore e il si-gnificato inerente del “fare famiglia”, non puòche garantire a tutti un appropriato sistema giu-ridico di diritti e doveri. Da più parti, si sostienela necessità di pervenire ad una cittadinanza piùcoesa: è vitale che ognuno di noi consideri l’al-tro eguale e diverso; è prioritario riscoprire labellezza dell’appartenenza, del senso civico, delrispetto per il bene pubblico, per l’alterità, chedefiniscono compiutamente “un’etica di gruppo”.Tutti i cittadini devono sentirsi comunità, devonosentirsi protagonisti, e non soggetti marginaliz-zati, in uno Stato laico e liberale. È una irrinun-ciabile aspettativa, che si può dispiegare soloaderendo serenamente a visioni di ampio re-spiro. I pronunciamenti etici dovrebbero essereflessibili, in grado di assicurare sempre libertà epari opportunità. La Natura sa anche essere ac-cogliente, una grande madre che sa unire tutti.Cosa c’è di più entusiasmante che stringersi incalorosi abbracci, senza il rischio greve di incor-rere nella volgarità della discriminazione, nellasuperficialità di chi è incline a proferire parzialigiudizi? Cosa c’è di più antropologicamente di-namico che concedere ad ognuno il tempo, lospazio e il passo d’un mutuo rapporto? C’è chiancora, fra i cattolici, asserisce che “l’omoses-sualità va contro la natura di quello che Dio haoriginariamente voluto”. La morale cristiana èmolto rigida, rigorosissima, a volte innalza stec-cati di incomunicabilità. Perché, invece, nonaprirsi al flusso del vivente? “L’omosessualità ècontro natura”, è un’asserzione abnorme, fal-lace, che può soddisfare i dettami dell’etica tra-dizionale, ma scontenta e mortifica tanti uomini,tante donne. In quest’era di conflittualità, s’av-verte la necessità di marcare un dominio dei di-ritti civili. Il Puglia Pride è una eccellenteevenienza per ricordare che le famiglie sono alplurale, che i cittadini sono tutti eguali e che l’or-ganizzazione affettiva spetta a loro. Il concettodi famiglia deve essere allargato, e non negato.Invece, da Forza Italia al Nuovo centrodestra,fino all’Udc, sono numerosissimi i politici che in-nalzano sperticati inni di lode “all’unica famigliapossibile”, cioè “quella naturale fondata sul ma-trimonio fra un uomo e una donna e orientataalla procreazione”.

di Marcello Buttazzo

“Chi differenziagli esseri umani e li oltraggia,lo fa perché è un soggettolacerato da vuoti interiori. Ogni civiltà dovrebbe fondarsi sulla ricchezza e sulla variabilitàdelle interazioni,sulla complessità”

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Insieme più forti

Contemporanea

Sabato 28 giugno si terrà a Lecce il “Puglia Pride”La città di Lecce è stata scelta perchè sede del nascente comitato Arcigay “Salento La Terra di Oz” e perchè città candidata a Capitale della Cultura 2019Nella settimana che precederà la parata verranno organizzati

incontri nei maggiori capoluoghi della regione, in un susseguirsi di eventi dedicati alle tematiche proprie della comunità arcobaleno

volte a sensibilizzare i cittadini verso le tematiche del Pride

Da lunedì 23 a sabato 28 giugno in tutta la Puglia si terràla “Week Pride”, la settimana del Puglia Pride organizzatodall’omonimo coordinamento e con il patrocinio della Re-gione Puglia, un’iniziativa che percorrerà tutta la regionecon una cascata di eventi per sensibilizzare l’opinionepubblica sulle tematiche dei diritti LGBT (Lesbiche, Gay,

Bisessuali e Transgender). Non solo un’occasione di riflessione maanche una festa e un invito alla condivisione, alla fratellanza, all’amore,alla vita sotto lo slogan “Insieme siamo più forti”.Si parte lunedì 23 giugno da Foggia con il Pride Street (alle 18.00, suCorso Vittorio Emanuele), un flash-mob, seguito da un dibattito in piazzasulle buone pratiche per una corretta informazione. Mercoledì 25 tappa a Barletta (alle 17.30 - nella Sala Consiliare a Pa-lazzo di Città) per “Queer ed Ora - Declinazioni d’amore”, convegno acui parteciperanno psicologi e psicoterapeuti del territorio; alle 20.00 siterrà invece la presentazione del libro "Resto umano" a cura dell'asso-ciazione "Made in Blu" (presso l'associazione Arci "Carlo Cafiero"), a se-guire Pride Party con esibizioni musicali live.Giovedì 26 sarà la volta di Bari (alle 16.30 - Aula Magna dell'Ateneo)con il convegno "Famiglie omogenitoriali: quali diritti e quali tutele per iminori", intervengono Rosy Paparella, "Garante regionale dei diritti del-l'infanzia e dell'adolescenza", Alessandro Taurino, professore di psicolo-gia clinica all'Università degli Studi di Bari, Patrizia Famà, giudice deltribunale per i minorenni, Mauro Laskavj, giudice onorario del tribunaledei minorenni, introdurrà Rosa Perrucci di Arcilesbica Mediterranea Bari.In serata il party "Giovedì Friendly" (dalle 20.30 presso l’Eremo Club). Venerdì 27 il Pride fa tappa a Taranto con “Cosa c’è di Diverso?” un car-tellone ricco di appuntamenti: alle 10.30 (Palazzo della Cultura, BibliotecaAcclavio) sarà inaugurato lo sportello del Centro di Ascolto LGBTIQ.Nell’arco dell’intera giornata, Piazza Maria Immacolata sarà “abitata”dagli attivisti di Arcigay e di Amnesty International, dai volontari di HermesAcademy Onlus e da Strambopoli – La Città degli Artisti, che offriranno ilworkshop gratuito di scrittura creativa e drammatizzazione sull’identitàdi genere. Alle 17.00 la Libreria Mondadori ospiterà il workshop “Le rela-zioni”, alle 21.00 invece appuntamento al Satyrion Jazz Club (Marina diLeporano), dove sarà allestito il Villaggio delle Diverse Arti, con una col-lettiva di arti visive e stand di numerose associazioni culturali e di volon-tariato. Dalle 21.00 in poi si susseguiranno gli interventi di BarbaraGambillara, consigliera di Parità della Provincia di Taranto, Anna RitaLemma, consigliera regionale, e di altre autorità, psicologi, sociologi, av-vocati, giornalisti; Miki Formisano, presidente di Tgenus, illustrerà le at-tività dell’associazione di volontariato, nata un mese fa, che si occupa ditematiche legate all'identità di genere; saranno inoltre messi in scena

due brevi recital teatral/musicali, frutto del percorso di scrittura e dram-matizzazione che l’Hermes Academy Onlus offre alle donne vittime diviolenza, agli omosessuali e alle loro famiglie e ai diversamente abili; sa-ranno proiettati due corti realizzati dai videomaker Federico Paolini, Mar-tina Manca e Giacomo Volpe, coordinatori di Hermes Academy Onlus –Roma. Alle 23.30 l’attore trasformista Audrey, già drag queen della Com-pagnia XQ28 di Roma, si esibirà in uno spettacolo di musica e teatrotratto dal suo ultimo lavoro discografico “Nuda”. A seguire, il Pride Partya cura dell’organizzazione LGBTIQ tarantina Castgay. Le iniziative go-dono del Patrocinio dell’Ufficio della Consigliera di Parità della Provinciadi Taranto e del Patrocinio Morale del Comune di Taranto.Sabato 28 l’onda lunga del Puglia Pride arriverà a Lecce per chiuderequest’intensa settimana con un festoso corteo. È la prima volta che ilPride approda nel capoluogo salentino, la scelta del coordinamento è ri-caduta sulla città in quanto sede del nascente comitato Arcigay “SalentoLa Terra di Oz” e in quanto città candidata a Capitale Europea della Cul-tura 2019. La parata, che ha ricevuto il patrocinio del Comune di Lecce,prenderà il via alle 16.30 da Porta Napoli, percorrendo Via F. Calassoper proseguire in via M. De Pietro, via Giuseppe Garibaldi, via ImperatoreAdriano e via Nazario Sauro per arrivare in Piazza Mazzini. Alle 23.00 lagiornata si chiuderà in festa alla stazione ferroviaria di Zollino (pressoLocomotiva Breda) con il Color Party.

***Puglia Pride è un coordinamento composto da oltre 50 associazioni re-gionali e provinciali da tutta la Puglia a cui si affiancano associazioni egruppi locali, che ampliano esponenzialmente la rosa dei partecipanti uf-ficiali.Variegato è il novero delle rivendicazioni dichiarate nel documento poli-tico, a livello nazionale: matrimonio egualitario, adozioni per coppie dellostesso sesso, unioni civili, riconoscimento delle famiglie omogenitoriali edel genitore non biologico, procreazione medicalmente assistita, leggecontro omofobia e transfobia, legge sul cambio di genere sessuale, leggiin materia di tutela della persona transessuale e intersessuale oltre chesul lavoro, l’introduzione di un codice di autoregolamentazione per le ma-terie LGBTQI. A livello regionale si chiede: una campagna di sensibiliz-zazione e informazione sulle malattie sessualmente trasmissibili, diaderire alla rete Re.A.Dy., aiuto ai migranti LGBT tramite formazione eprogetti, coinvolgimento dell’università e della scuola nei processi di for-mazione ed educazione inerenti alle tematiche LGBT, centri specializzatinel percorso di transizione, piani sociali di zona, istituzione dei registridelle unioni civili e una riformulazione della modulistica cambiando la di-citura madre/padre a “genitore”.

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Non v’è dubbio alcuno che la crisidelle ideologie, la fine dei partitie la perdita dei profili culturali didestra e di sinistra, nella confu-sione politica che ne è seguitahanno disorientato tutti, politici e

analisti, anche quelli più attrezzati, i quali nonhanno più punti di riferimento e si regolanocome quegli artigiani che sprovvisti di metro va-lutano all’incirca. A volte, però, qualcuno pre-tende di essere preciso.Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera”di domenica, 15 giugno, è riuscito a ripetere duevolte, in un breve editoriale, “Ma decidere nonè una colpa”, che Matteo Renzi è «indiscutibil-mente uomo di sinistra», «indubbiamente uomodi sinistra»; e lo ha dimostrato – dice Pane-bianco – con la redistribuzione dalla classemedia ai ceti meno abbienti (gli ottanta euro) econ l’immigrazione.Ma proprio su questi due temi c’è da discuterecirca l’orientamento di Renzi. A mio avviso nonè né di destra né di sinistra, è un qualunquista,anzi un neoqualunquista, dice e fa quello cheall’istante gli torna comodo e utile. O Franza oSpagna finché si guadagna, correggendo unvecchio detto popolare.Conferma questa mia opinione l’economistaitalo-americana Mariana Mazzucato, docenteall’Università inglese di Sussex, autrice del re-centissimo saggio “Lo Stato innovatore”, laquale, in un confronto col collega italiano Fran-cesco Giavazzi, a “Otto e Mezzo” di Lilly Gru-ber, alla domanda se Renzi è un liberista o unsocialdemocratico ha risposto che è un po’dell’uno e un po’ dell’altro (16 giugno 2014).Dispiace che un analista politico come Pane-bianco non abbia capito – o si sta convertendo?– che Matteo Renzi è solo un pragmatico fur-bacchione. Con gli ottanta euro, che non sonoandati proprio ai morti di fame, a quelli cioè chepercepiscono poco più di 500 euro di pensioneal mese, ma a chi ha un reddito mensile sotto i1.500 euro, Renzi ha compiuto il miracolo diavere il 40,8 % dei votanti, che lo stesso Pane-bianco su “Sette”, il settimanale del “Corrieredella Sera” del 13 giugno, suggeriva di leggerlocon maggiore correttezza politica (“L’Italia im-pari a dare i numeri. Giusti”). Renzi si è compor-tato come l’ultimo discepolo di Achille Lauro, pursenza averlo mai avuto per maestro. Quantoall’immigrazione, Renzi è sulla scia di Prodi,Monti e Letta: vuole farsi “bello” agli occhi del-l’Europa. Per carità, tutto legittimo, ma dedurreche da questi provvedimenti si vede che è unuomo «indiscutibilmente di sinistra» ne passa. Lo stesso Renzi, qualche tempo fa, nella prefa-zione al riedito libretto di Norberto Bobbio sul-l’essere di destra o di sinistra, ha scritto cheoggi non ha alcun senso porsi simili differenzia-zioni, l’unica essendo oggi tra essere veloci olenti. Gli analisti sono costretti a prendere atto cheoggi la realtà politica è avvolta da una cortina difumo che impedisce qualsiasi distinzione e ob-bliga di navigare a vista. Al buio, che le vacchesiano tante o sia una, non fa differenza alcuna,come non fa differenza il colore. Renzi oggi è di fatto il dominus della politica ita-liana proprio perché è stata azzerata la rosa deiventi. La vera meraviglia – starei per dire scan-dalo – è proprio questa: pur senza “occhi” vedebenissimo al buio. Inutile ripetere tutte le ragioni

Visto e considerato che a fronteggiarlo non si busca niente, tanto vale farselo amico...di questo strano fenomeno: ne basta una: èespressione di un’operazione che con la demo-crazia tradizionale non ha niente a che fare.Nessuno ha un motivo, che sia uno, per avver-sarlo. Lo stesso Berlusconi ha fatto la campa-gna elettorale in suo favore, ostentando unapaura esagerata che potesse vincere Grillo; elo stesso Grillo oggi bussa alla porta di Renzi,insieme alla Lega. Renzi, da quel “bombardino”che è (a Firenze chiamano così chi le sparagrosse), mena vanto e dice: alcune settimanefa tutti mi trattavano come se avessi la peste,oggi tutti mi cercano e tutti mi vogliono.Ma è lecito chiedersi: lo cercano e lo voglionoconvinti della sua bontà o è solo un cambia-mento di tattica? Come dire: visto e consideratoche a fronteggiarlo non si busca niente, tantovale farselo amico. O è vera la terza: hanno tro-vato il “fesso” da mettere alle stanghe.I conti, evidentemente, se li sono fatti tutti male.Renzi vuole fare le riforme, ma come le vuolelui. Tanto di guadagnato se sono condivise daglialtri. In caso contrario, li mette alla porta tra in-sulti e sberleffi.

Sarà pure vero quello che gli ha detto CorradinoMineo, che si comporta come un autistico – echissà che una qualche percentuale di autismonon ci sia davvero in lui – ma ciò non significache non sia in grado di infliggere a tutti mortifi-cazioni su mortificazioni. Finora gli è riuscitobene. Mozart, secondo una certa tradizione, ri-presa dal celebre film di Milos Forman, sem-brava un mezzo idiota; ma quello che produssenella sua breve esistenza è quanto di più ge-niale potesse creare un musicista. I politici ita-liani sono come Salieri: odiano il loroMozart-Renzi, ma non possono non stargli die-tro. Sperano di poter avere una parte nella scrit-tura della riforma elettorale, che potrebbeessere per il sistema e per alcuni dei suoi pro-tagonisti una vera e propria messa da requiem. In simile incerta situazione risulta davvero diffi-cile per osservatori e analisti orientarsi nelle va-lutazioni e vedere in che direzione possanoandare le nuove forme di organizzazione dellacompetizione politica, legate evidentemente allamamma di tutte le riforme. Appunto, quella elet-torale.

Diario politico

tutti lo voglionodi Gigi Montonato

Una tavola di Stefano Disegni nel suo blog su ilfattoquotidiano.it

Tutti lo cercanoMatteo Renzi

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di Stato

spagine della domenica n°34 - 22 giugno 2014 - anno 2 n.0Ludopatie

Delle operazioni di marketing dello Statoche promuove il gioco d’azardo,

beneficiano le mafie che espandono il loro dominio

in una zona grigia dove legale e illegale

si mischiano pericolosamente

Éstato pubblicato il rapporto dellaconsulta Nazionale Antiusura2014 relativo al gioco d’azzardoin Italia dal titolo “Il gioco d’az-zardo e le sue conseguenzesulla società italiana – Le pre-

senza della criminalità del mercato del-l’alea”.Puntuali arrivano le conferme di quanto da annichi si occupa di mafie e gioco d’azzardo, legalee non, ha intuito e documentato: la malavita haun giro d’affari sul gioco d’azzardo pari al 20% ,derivante dall’usura, dal gioco d’azzardo ille-gale, gestione di sale giochi eccetera. Lo Stato, con la sua pubblicità, diventa nei fattiil grimaldello delle mafie proprio come promo-tore dell’azzardo. Si innesca un meccanismoperverso nel quale lo Stato consuma più diquanto incassa e, come recita la Direzione Na-zionale Antimafia: “forma un sistema di conni-venze con funzionari pubblici e uomini delleforze dell’ordine”. In sostanza delle operazionidi marketing dello Stato, che promuove il gioco,beneficiano le mafie che espandono il loro do-minio in una zona grigia dove legale e illegalesi mischiano pericolosamente. All’espansione del gioco legale (spinto e poten-ziato dallo Stato) corrisponde speculare espan-sione di quello illegale che non entra inconcorrenza, ma si potenziano reciprocamente.Le mafie propongono il nero, lo Stato rilanciamandando in onda nuovi giochi rendendoli piùcapillarmente diffusi e più rapidi. Questo giro in-fame genera nuove povertà, nuova usura, in so-stanza, il legale aumenta la popolazione cheentra in contatto con l’offerta criminale.

I 161.252 sportelli per il gioco d’azzardo e le7.346 strutture specializzate fanno si che ognicittadini italiano entri in contatto con offerte digioco più volte nell’arco delle 24 ore. Il tuttonella più bieca mancanza di rispetto per il citta-dino di ogni età, sesso, religione che può sot-trarsi al telemarketing con il registro delleopposizioni, ma non ha diritto di sottrarsi algioco legale e soprattutto illegale.

Per i deboli questo mix è inquietante, aumen-tano i pensionati e i minori che giocano quoti-dianamente, aumentano le file di fronte aglischermi delle estrazioni “ogni 5 minuti” tanto de-cantate da falsi messaggi pubblicitari “vuoi vin-cere facile?”.Aumentano i display fuori dalle tabaccheriedove si dice “dall’inizio dell’anno qui si sono vintiX euro” nessun accenno a quanto è stato gio-cato, ovviamente. Secondo quanto riportato dal rapporto, questadensità elevatissima genera un’area grigia in-quietante.

E il contrasto all’illegalità cozza con il controllodella spesa pubblica che ha ridotto a 400 unità,fra polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, gliuomini impegnati nella lotta all’azzardo. Le slotsono invece controllate in tempo reale telemati-camente da SOGEI. Tuttavia correlando la pro-pensione al gioco e le quantità di denaroeffettivamente giocate qualcosa non torna. Mettendo i relazione Lotto e Superenalotto (gio-chi difficilmente clonabili) con le vlt e slot, men-tre per i primi, Lotto e superenalotto, esiste unacerta uniformità fra propensione al gioco e in-

cassi ufficiali, per le seconde i dati sono moltodifferenti. Le quantità di denaro che nel 2012 è passatoper gli apparecchi in forma ufficiale, differisce del 20% dal dato lordo registrato. Inparticolare a fronte di un dato ufficiale di 41,7miliardi di euro registrati nel 2012, si stima unaspesa reale di 50.3 miliardi. Gli 8,6 miliardi man-canti equivalgono all’intero incasso dell’erarioper i giochi. In questo quadro è stato svelato anche il mi-stero di Pavia, una provincia ingiustamente pe-nalizzata per un presunto record di propensioneal gioco delle slot machine. Già dal 2007 Pavia balzò nelle prime pagine perun picco incredibile di gioco d’azzardo, ne par-larono anche blasonati giornali d’oltre oceano.Allora le giocate pro capite ammontavano a1417 euro, contro una media nazionale che siaggirava sui 500. Negli anni successivi si ricon-fermava l’incongruenza con province dalle ca-ratteristiche simili, le giocate erano doppie. Larealtà che si va definendo è che in questa pro-vincia i dati sono reali, corrispondono cioè aquanto effettivamente giocano gli italiani senelle altre province venisse meno il nero. Pro-prio Pavia potrebbe rappresentare la metrica dibase per calcolare il nero che regna incontra-stato ovunque.Il rapporto conclude con una serie di raccoman-dazioni: distanza da luoghi sensibili delle saleper gioco d’azzardo. Stop alla pubblicità. Oraridefiniti. Controlli capillari e frequenti contro ladiffusissima presenza di minori. Proposte chesi fanno da anni ormai, trovando uno Statosordo e cieco.

Bisca

zzzz

di Gianni Ferraris

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Un viaggio senza senso,un’urgenza di vuoto- da foga iconoclasta bizantina -(nella storia e nella geografia dei personaggi),un ciclico ritornoed un vagar per scene ed immagini come il perdersinei tasselli musivi calpestati d’Otranto

C. M. Schirinzi

I resti di Bisanziofilm scritto e diretto da Carlo Michele Schirinzi

sarà proiettato venerdì 27 giugno a Pesaroin concorso per la 50a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema

Cnon ha stimoli dal quotidiano e condi-vide questo malessere con due amici,S, bandista del paese, ed R, ex-ben-zinaio che vive apaticamente tra lemura della sua spoglia dimora. Daquest’ultimo, C preleva scolature di

carburante per realizzare il suo sogno: bruciare il pre-sente che non gli appartiene. C ha continue visioni in-cendiarie, effimere ed impotenti perché soltantoimmaginate dalla sua mente ed affrescate nei suoiocchi.Intanto tre “turisti” approdati sulle rive adriatiche si per-dono nel Capo di Leuca tra luoghi abbandonati dallaStoria, ruderi architettonici e macerie sociali mentreun terrorista culturale, chiuso in una vecchia torre co-stiera, imbastisce parole che forse nessuno leggerà.

E’ la sinossi de I resti di Bisanzio film scritto e direttoda Carlo Michele Schirinzi che sarà proiettato venerdì27 giugno al Teatro Sperimentale di Pesaro unico filmitaliano selezionato al "Concorso Pesaro Nuovo Ci-nema" (sezione competitiva internazionale) per la 50aMostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro.Ad accompagnare il debutto pesarese del film – primolungometraggio di Carlo Michele Schirinzi - una mo-stra a cura di Bruno Di Marino.La presa di coscienza della forza illusoria delle imma-gini religiose e la consequenziale rabbia iconoclastache si scagliò contro di esse nell’antica Bisanzio, sonola premessa a tutto.I monaci scampati dalla furia approdarono in questeterre, scavarono eremi e vi dipinsero icone dando ori-gine ad un’intima dimensione sacra: madonne privatepronte a soddisfare ogni loro esigenza. Iconoclastia èlotta feroce contro l’apparenza, l’inganno, il miraggio,in altre parole, contro ogni falsità.

Il filmUna terra condannata a lievi spostamenti tellurici, aguerre inventate, a fortificazioni inutili, a vani attracchi,a finti abbagli culturali: il film è un intimo ritratto del

Basso Salento dedicato a chi è naufrago nella propriavita. Non c’è storia ma azioni.La Storia è già stata e i personaggi sono rimasti fuori,esclusi a loro insaputa, non sappiamo se a danno oper fortuna (l’ultimo atto storico fu nei primi anni 90quando l’Adriatico vomitò il grande sbarco albanese,lo stesso Adriatico che cinquecento anni prima portò iturchi a compiere l’iconoclastia umana ad Otranto).Il protagonista - eremita senza tempo, contempora-neamente invasore ed invasato - inala l’ossigeno chesolo le immagini incendiarie riescono a donargli: è unpiromane visionario ed impotente…non riuscendo acreare, con occhi e mente distrugge.Il film vuol ritrarre l’assenza d’identità di questo luogo,identità che oggi si cerca dannatamente di costruiresenza tener conto del quotidiano spietato che si sro-tola sotto i nostri occhi lasciandoci in balìa del tempoche fugge, stranieri nella nostra stessa casa: acca-sciati dal pattume odierno, non ci curiamo del marcioche scorre come un fiume impazzito tra le rocce car-siche nascoste sotto la terra degli ulivi secolari.Scontrarsi col dramma non vuol dire ‘raccontarlo’: èuna continua ed estenuante battaglia che non dà tre-gua perché contro ogni forma di storia, contro il volera tutti i costi dare un sol senso, incanalare in un’unicarotta. Il film non vuole essere consolatorio o anticon-solatorio ma documentare un caos d’affetti, un’implo-sione di sentimenti in grado di percuotere ilcontemporaneo con le sue stesse armi: la vita non siracconta ma si attraversa, a volte senza direzione poi-ché il reale non appartiene alla Storia– i ricordi sono immagini –, la Storia è appiccicatadopo, quando l’incendio ha ceduto il posto alla cenere.Se il reale è incendiario, è con il fuoco che bisognacatturarlo, con l’immagine già satura di secolaredramma. ...chiudere gli occhi e non ascoltar parole èun diritto di chiunque, un diritto di critica alla galop-pante globalizzazione, ai catastrofici tentativi di omo-geneità ed alle, ancor più gravi, urgenze di nuoveidentità.

spagine

Carlo Michele Schirinzi

Stefano De Santis è C, piromane e visionario

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Riuniti e osservati insieme, i video ei lavori fotografici di Schirinzi si raf-forzano a vicenda riaffermandoquell’estetica della visione acciden-tata, sospesa tra il racconto biblicoe la drammatica attualità, tra il Di-

luvio Universale e i viaggi disperati dei migranti checercano, sbarcando sulle nostre coste, un futuromigliore. La cronaca diventa però solo lo spunto iniziale perun discorso più complesso sulla memoria, storicama anche personale, biografica, attraverso la rie-laborazione pitto-grafica di negativi familiari, i cuiprotagonisti - colti nei loro gesti quotidiani, vacan-zieri in alcuni casi - acquistano una dimensioneepica e drammaturgica.

***L’opera più suggestiva, che fornisce il titolo a questamostra, è Ballata naufraga, un polittico di sette ele-menti rimando alle predelle delle antiche pale d’al-tare ma naturalmente anche ai fotogrammi di unfilm e, dunque, alla materia con cui lavora principal-mente Schirinzi: quelle immagini in movimento checostituiscono il cuore del suo immaginario. Ispiratoagli affreschi della basilica di Santa Caterina d’Ales-sandria a Galatina e al mosaico pavimentale dellacattedrale dei Martiri ad Otranto, questo lavoro -

come suggerisce lo stesso Schirinzi - è una sortadi Via Crucis in sette stazioni.

Ad accomunare sia le visioni fisse sia quelle cineti-che di Schirinzi, è l’attitudine all’iconoclastia dell’ar-tista-cineasta leccese; una distruzione e negazionedelle immagini che, paradossalmente, le rende an-cora più penetranti e indelebili. Se Ballata naufragarimanda alla sequenza filmica, viceversa un suovideo esposto in mostra, Notturno stenopeico, sibasa su fotografie che, assemblate, ci restituisconouna visione confusa, lampeggiante. Attraverso unaserie di aperture circolari e grandangolari chesquarciano un profondo velo nero, intravediamo ivolti e i corpi di centinaia di disperati che tentano disbarcare sulle nostre coste, spesso trovandovi lamorte. Il movimento nel video è dato solo grazie asquarci che illuminano frammenti di una visioneapocalittica (il Gericault de Le Radeau de la Me-duse). Il figurativo (e dunque il dramma, raccontatodai media) trasfigura inevitabilmente nell’onirico, ladenuncia politica si fa muta poesia. Il mare assas-sino diviene in un altro suo video qui riproposto,Suite Joniadriatica, assoluto protagonista. La su-perficie liquida con le sue rifrazioni e i suoi riflessi,si trasforma in un’elegia di luce e di suono: siamodavanti a un mare deserto e primordiale da cui sca-

turisce l’origine di tutte le cose. Un mare che rassi-cura e a tratti inquieta, scandito dall’efficace musicaelettronica di Gabriele Panico, che utilizza il rumoredella risacca come elemento ritmico di base. Ritornando alle opere esposte, a completare que-sto paesaggio apocalittico Schirinzi ha aggiuntoun’altra serie di lavori definiti «un’accozzaglia dipezzi: un Frankenstein imbastito da Baltrusaitis colfilo della cronaca mediterranea». Il ciclo dei Grillifonde, ancora una volta, figure “in negativo” conl’iconografia artistica sempre di derivazione medie-vale, proponendoci un bestiario umano fantastico.Tali figure, mostruose e disperate, vanno a popo-lare il presepe schirinziano, con un tocco grottescoancora pregno, tuttavia, di echi drammatici dell’at-tualità: sono anch’essi dei naufraghi, freaks alla de-riva prigionieri di una ballata onirica senza fine.

Nell’estetica di Schirinzi, il fotografico e il videofil-mico mantengono un loro sapore analogico, doveil ritocco manuale, il graffito, la cancellazione, si af-fiancano alle rappresentazioni pittoriche e scultoreedella sua terra, quella Puglia romanica e ancestrale,macabra e sensuale, sacra e profana, dove ven-gono messe in scena le bibliche catastrofi e i piccolinaufragi che costellano la nostra esistenza quoti-diana.

Bruno Di Marino

La ballata del naufrago

A Pesaro anche una mostra delle operedi Schirinzi a cura di Bruno Di Marinonegli spazi di Didot LeggereFareGuardareL’inaugurazione giovedì 26 giugno

Arte&Cinema

Ballata naufraga, opera di Carlo Michele Schirinzi

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spagine della domenica n°34 - 22 giugno 2014 - anno 2 n.0

Da Besa, Il fiore dell’amiciziaromanzo incompiuto di Vittorio BodiniÉuscito per i tipi di Besa il romanzoincompiuto di Vittorio Bodini “Ilfiore dell’amicizia”, riproposto cosìcome Donato Valli lo pubblicò laprima volta sulla rivista dellaBanca Popolare Pugliese nel

1983, all’epoca Banca Popolare Sud Puglia, earricchito della prefazione di Antonio Lucio Gian-none. É un testo problematico, non tanto per la sua in-compiutezza quanto per i contenuti che vi ricor-rono e che lasciano ipotizzare improbabilisviluppi. Opere simili vanno lette così comesono. Se l’autore non ha voluto riprendere il ro-manzo e portarlo a conclusione o addirittura di-struggerlo vuol dire che gli andava bene così;che così aveva un senso. Fatti salvi, ovviamente,tutti quei perfezionamenti tecnici e stilistici checaratterizzano le opere pronte per la stampa eche ne “Il fiore dell’amicizia” mancano.Nella discorsività narrativa che caratterizza iltesto l’autore trascura qua e là dettagli importanti,stilistici e sintattici, come rilevato da Valli. Lostesso titolo non è dell’autore. Ma di chi? Non èspecificato. Ricorre nel testo: «mi parve che inquella sua domanda i nostri rapporti avesserotoccato un segno più umano […], si fosse timi-damente affacciato il fiore dell’amicizia» (capitoloXII, p. 123). Il punto è: qual è il senso di que-st’opera lasciata in tronco?Il romanzo, dopo un approccio decisamente cen-trato sull’io narrante, si sposta sul gruppo diamici, che diventa il vero protagonista, e lì si spe-gne come lampada in esaurimento di olio al XIVcapitolo, all’ingresso di una chiesa dove va a fi-nire misteriosamente uno della comitiva, Rug-gero, seguito e guardato da due suoi amici, unodei quali è l’autore. Improbabile che il lettore si chieda che cosa sa-rebbe mai potuto accadere in un ipotetico pro-sieguo, se non qualche altra ragazzata, comeormai la narrazione fa presagire trascinandosistancamente negli ultimi capitoli. Non pare unpercorso di formazione. Non c’è Bildung. Fuorida quel gruppo di amici il protagonista non sem-bra avere altri interessi; nessuna menzione allasua attività culturale, che pure c’era; i rapporticon la famiglia pressoché ridotti a zero; nessunaprospettiva di vita. Erano anni in cui Bodini col-laborava a “La Voce del Salento”, diretta dalnonno materno Pietro Marti, gli anni del suo fu-turismo. Interessi culturali che Bodini, giovane tragiovani”, teneva scrupolosamente fuori delgruppo. Rimprovera aspramente l’amico Alber-tino che aveva rivelato a Nelly che scriveva poe-sie: «Perché [le] hai detto questo? E’ uno stupidoscherzo di cui potevi fare a meno» (p. 69). C’è l’autocompiacimento di un’intelligenza supe-riore, di un giovane che sa di essere anche piùbello e più fortunato (con le donne) degli altri,ammirato e rispettato dagli altri. Sottotraccia c’èil narcisismo di un dannunzianesimo epocale. Alui certe cose non potevano capitare! Non si con-siderava come gli altri. «Sapevo di non essereperfetto – dice – ma nel fondo di me trovavo lasicurezza che lo sarei diventato» (p. 127). La stessa comitiva di amici in verità non costitui-sce un tutto organico; fra di loro non c’è intesa,nessuna finalità di vita. Più che di amicizia Bodiniritiene che si tratti di «alleanza, non più che que-sto in quel nostro paese dove la vita è una guerra

Letture

Bodini, i luoghi, i tempi, la noia

La copertina del libro edito da Besaper la cura di Lucio A. Giannone

gressive del Paese, sembra non esistere. «In ge-nerale alla gente la politica non importava proprionulla» (p.124). Perfino i tumulti che scoppiavanoqua e là in provincia non erano politica, «si trat-tava piuttosto di fame» (p. 124). Il romanzo finisce proprio per mancanza di pro-spettiva; è asfittico e negli ultimi due capitoli siavvita senza sbocco.Viveva così la gioventù del tempo? E’ una lettura della realtà provinciale interessantese confrontata con quella che accreditava il re-gime come di una società mobilitata e tesa versoesiti grandiosi. Ma per Bodini non «Valeva lapena di mangiarsi l’anima per un governo lontanoche non sapeva neanche che noi esistevamo, eper il quale tutta intera la nostra città non era altroche un nome su una carta geografica» (p. 124). Per il fascismo c’è damnatio nominis assoluta:«partito che occupava allora il potere», «partitoche si era impadronito del potere», «il giornale diquel partito», «partito al governo» e così via. So-prattutto l’espressione «partito che occupava al-lora il potere» fa pensare che la stesura del testoè posteriore al fascismo, dopo il 25 luglio del1943. Giannone propende per il periodo 1942-1944, Valli per fine 1946 inizi 1947. Dettagli, im-portanti per critici e biografi.La riproposizione odierna del romanzo rientranelle iniziative editoriali per i cento anni della na-scita di Bodini 1914-2014.Saranno pubblicati altri testi.

Gigi Montonato

e chi oggi ci è accanto lo è solo per un reciprococalcolo, finché non si presentino nuove circo-stanze» (p. 123). L’esaurimento narrativo del romanzo dipendedall’assenza di ideali, di interessi comuni. Si av-verte un senso di vano e di vuoto, che anticipal’horror vacui, con cui l’autore avrebbe definito ilbarocco. Lecce è un paese di avvocati, un paesein cui non c’è che il gioco per passare il tempo,tra pettegolezzi, malignità e piccole invidie; unpaese dove domina la morale piccolo-borghese.Dove «Vi è una sola libertà di cui gli abitanti di L.sono realmente gelosi, ed è quella che eserci-tano nel chiuso delle pareti domestiche» (p. 107).In pieno regime fascista la politica, se pure intesacome partecipazione alle magnifiche sorti e pro-

Vittorio Bodini con un gruppo di studentesse

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Chi è Mistaman?Mistaman è uno dei componenti e fondatori dell’Un-limited Struggle, ossessionato della tecnica e dellerime e amante della musica, nello specifico dell’hiphop.

Con quali generi musicali sei cresciuto e perchéhai scelto il rap?Quando ero piccolo quello che ‘assorbivo’ era la mu-sica italiana ma, crescendo e ascoltando le primemusiche hip hop, ho capito che c’era qualcosa in piùed ho iniziato ad approfondire questo genere musi-cale e a conoscere gente che già ci stava dentro. Èstata una continua ricerca e scoperta.

A fine aprile è uscito il tuo disco ‘M-Theory’. Na-sconde la teoria di Mistaman?Sono appassionato di fisica teorica e di saggi di fan-tascienza. M-Theory è prima di tutto una teoria di fi-sica che viene definita la teoria del tutto, che sipropone di sapere tutto mettendo assieme tanteteorie rendendole coerenti tra di loro. Io faccio lostesso con la musica, cioè in questo disco convi-vono vari miei modi di fare rap e la coerenza tra que-ste teorie è data da me stesso. La ‘M’ di ‘M-Theory’in fisica non ha un significato particolare ma il fisicoche l’ha creata ha lasciato sospeso il suo significatoquindi mi piaceva l’idea di appropriarmi di questa let-tera ed associarla al mio nome Mistaman.

Nel tuo album si parla spesso del tema delledonne come ‘Con tutte le ragazze’ usando deitoni maschilisti. Non credi di poter spaventareil pubblico femminile?Nel disco convivono mie varie personalità. Il maschi-lismo, nel pezzo che mi hai citato, è fatto di propo-sito, infatti si sentono delle voci fuori campo comese ci fosse un pubblico ad assistere, quindi un’operadi finzione a scopo provocatorio. Da un lato spingoall’estremo il maschilismo che è presente nei testihip hop, dall’altro lato critico il femminismo che siscatena contro i pezzi rap e che a volte è ingiustifi-cato perché spesso il rap utilizza certi argomenti inchiave surreale. Per me è una doppia critica, un po’sottile, al maschilismo e al femminismo.

Nel disco ci sono diverse collaborazioni. Qualeti ha lasciato più soddisfatto?Tutte le collaborazioni sono state ricercate e volute.La mia esigenza era quella di collaborare attiva-mente con chiunque entrasse a far parte del discosenza cercare featuring prestigiosi. A livello di sod-disfazione ognuno, a suo modo, mi ha soddisfatto.

Giovedì 12 giugno è uscito il video di ‘Lasciastare’ feat. Mecna, con delle immagini che ri-guardano il tennis, proprio nello stesso giornoin cui sono iniziati i mondiali di calcio. Vuole es-sere una critica ai mondiali?

Non proprio una critica ai mondiali ma è una coe-renza con il nostro percorso musicale in quanto cisiamo sempre rivolti ad altro quando i nostri colleghisi rivolgevano all’immaginario nazional popolare.

Definisci Mistaman con tre aggettivi.Io mi sono definito in una rima con tre concetti piùche con tre aggettivi: “33% flow, 33% di contenuti e33% di punchline più un 1% di genio che voi nonavrete mai!

Cose della M

M-Theory il nuovo album di Mistaman

di Alessandra Margiotta

Musica

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spagine della domenica n°34 - 22 giugno 2014 - anno 2 n.0

Con il contributo del senatore, DarioStefano, uomo vicino e sensibile ai temie ai valori della comunità cristiana, con ipatrocini della Regione Puglia, Provinciadi Lecce e Città di Galatina, l’Associa-zione Boy’s sport arte e cultura rea-lizza il progetto di donare un’opera d’arte“La via crucis in terracotta” dell’artistaVincenzo Congedo alla Chiesa deiCappuccini di Galatina. La via crucis èstata pensata anche per festeggiare isessant’anni di sacerdozio di Don Fe-dele Lazzari, il quale è stato sempre unprete molto amato e stimato dai cittadinigalatinesi.

V incenzo Congedo pensa da anni allarealizzazione di una via crucis in annidi ricerca si è sentito motivato dallapassione di Cristo ne ha approfonditocon lo studio il significato nella storiaed ha sentito il bisogno di rappresen-

tare il sacrificio della vita come dono di salvezza diCristo attraverso una sua opera. I segni del lavorosono quelli che indicano il carattere e i valori dell’ar-tista, di un uomo che appartiene alla comunità cri-stiana e più ancora all’essere cristiano nel viaggiodella salvezza così si racconta Vincenzo Congedo.Appartenere ed essere sono le novità più sorpren-denti: la Resurrezione. La via crucis è un’opera diquattordici pannelli in terra cotta in bassorilievo edun solo pannello in altorilievo inteso come chiavedella narrazione della Passione di Cristo. Nell’incon-tro con l’argilla, Vincenzo Congedo fa vedere la suapreferenza per la terra e dimostra che non è un ar-tigiano dell’argilla ma uno scultore esperto e sicurodel linguaggio estetico della rappresentazione diffi-cile dei valori metafisici in chiave moderna e clas-sica. L’argilla anzi esalta e facilita le capacitàespressive di Congedo. È proprio la terra, la sua fa-cilità di lavorazione, quella che consente all’espertoscultore di affrontare il grande e difficile tema comequello della salvezza concepito con l’esperienza diCristo che si è fatto verbo quindi lievito della storia.L’argilla permette a Congedo di far superare il limiteinconscio della ricerca della perfezione delle formein armonia con la luce come realizzazione di bel-lezza. Il rigore dell’essenzialità delle linee, la preci-sione delle geometrie della materia e lo studio dellaluce sono la grammatica espressiva della sculturadelle opere del cristiano artista come è VincenzoCongedo. Nella via crucis lo studio e la ricerca èstato quello di curare le espressioni più significativedelle figure: le mani e i volti dei figuranti sonol’espressione della tensione ideale del sentimentocristiano di Vincenzo Congedo. L’altorilievo del quin-dicesimo pannello dove il corpo di Cristo si esaltanella eleganza e nella tensione del corpo vuole es-sere il valore biblico della terra che Congedo sentemolto e gli premette di narrare la Resurrezionecome evento di novità come luce che orienta il viag-gio di fede verso il porto della speranza: la Salvezzaquindi sono nella tua storia io ti seguirò. Questo dif-ficile discorso è possibile farlo con l’argilla che di-venta per l’artista il linguaggio e la materia preferito.L’altro aspetto rilevante dell’opera è il tempo dellarealizzazione. Avviene infatti nel primo secolo e al-l’inizio del nuovo millennio. Per l’artista Congedo èil tempo del suo messaggio nell’arte, l’impegno e ildesiderio di cucire il passato al presente per raffor-zare nella continuità della storia l’insegnamento cheviene ripetuto sempre dalla via crucis in occasionedella Pasqua. Questa breve riflessione non è scritta nello spiritodel mestiere del critico d’arte, ma nel metodo del-

l’ascolto. Nelle numerose discussioni, libere e sin-cere, l’artista Congedo ha avuto modo di approfon-dire le sue convinzioni le sue conoscenze distudioso credente sul ruolo di Cristo nella storia, ilrapporto con la fede e l’insegnamento francescanoed infine la cultura cristiana nel mondo globalizzato.La Chiesa del terzo millennio è aperta e sensibilealla pluralità delle identità culturali. Il suo messaggionelle culture globalizzate è sempre più senza bar-riere politiche, è universale diretto al mondo intero.

La narrazione della via crucis di Vincenzo Congedoè costruita secondo questo spirito: vuole rappresen-tare la società nel viaggio vero la Salvezza. La Salvezza cristiana è fatica, lotta contro il dubbio.Vincenzo Congedo sembra sentire il senso della fa-tica e la rappresenta con la forza della poesia delpoeta Francesco Petrarca come fece nel 1300 nelleprofonde pagine della sua opera “il monte ventoso”.

Sono nella tua storia,di Luigi Mangia

Arte e comunità

Una delle stazioni della Via Crucis Vincenzo Congedo

io ti seguirò

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spagine della domenica n°34 - 22 giugno 2014 - anno 2 n.0

Ingredienti:Aceto bianco, due bicchieri. Vino bianco, un bicchiere. Aglio, cipolla, alloro, bacche diginepro, salvia, grani di pepenero.

Per il carpione:Appassire le cipolle tagliategrossolanamente in olio extravergine d’oliva e ovviamente,trattandosi di cucina piemon-tese, una ragionevole noce diburro. Quando la cipolla è ap-passita aggiungere l’aglioschiacciato, l’alloro, il ginepro, ilpepe, vino e aceto. Far cuo-cere per trenta minuti possibil-mente senza far bollire.

Mentre cuoce affettare le zuc-chine longitudinalmente, infari-narle, friggerle in olio esgocciolarle. Lasciare intiepi-dire, metterle in una terrina e ri-coprirle con il carpione. Lasciarraffreddare mangiarle il giornodopo anche conservate in fir-gorifero, saranno stupende. Lezucchine possono essereanche grigliate semplicementeoppure fritte senza essere infa-rinate. Vedete un pò voi.

Questa è la ri-cetta già "am-morbidita", untempo l’acetoera rosso,come il vino.

Però io ho ricordi, le cucino conMaria che sta lì accanto e midice “attento con l’aceto, poinon ti piace”. Già, non utilizzo quasi mai

aceto, a casa non si faceva,neppure il vino si usava. Conun padre astemio, nonostantefosse piemontese doc, il vinoera bandito da tavola, Compa-riva solo in occasioni speciali,quando c’erano ospiti. Maria in fondo mi vuole bene.Per questo le ho cucinate conlei accanto, virtualmente ac-canto. Lei sapeva cucinare ditutto, la porta della cucina davasul negozio, casa e bottega, ilpaese è piccolo, tutti cono-scono tutto di tutti. Se lei stavacon le mani in pasta (nel sensoletterale) apriva con il gomito laporta a molle e invitava lacliente in cucina “aspetta che fi-nisco di impastare”. Potevanoessere gnocchi di patate opasta fatta in casa, la signoracomprendeva e ripassava, oentrava in cucina e si mette-vano a parlare del più e delmeno, dei mariti e dei figli. Senessuno ascoltava dicevanosogghignando dell’amantedella fruttivendola. Molte frutti-vendole del paese hannol'amante, forse. Ma questo nonè dato sapere, solo immagi-nare. Un negozio da portareavanti, due figli che arrivavanoda scuola, un marito che non sisapeva cucinare un uovo sodo,e lei con naturalezza riusciva ainfornare coniglio disossato,pasta al forno. A inondare lacasa di profumi di minestroniche quando arrivavano i figli di-cevano “di nuovo minestrone?”Quasi un incubo!E si beveva acqua, neppuregassata, naturale. A volte in

estate la birra Peroni, rara-mente però. Questa era con-cessa. Poi Maria m’insegnò, unpo’ controvoglia perché ai ma-schi non si addice la cucina, afare la maionese. Poi le zuc-chine in carpione che mi facevasolo quando “siamo via e stai acasa solo, si conservano” enon c’era papà che non amaval’aceto. Così oggi le ho fatte usando lasua ricetta, quella annacquata.Metà aceto, metà acqua, ilresto come sopra. Le bacche diginepro no, non le avevo. E nelcarpione ci potevi mettere uovain camicia, squisite, fesa di tac-chino impanata o carne rossa,sempre impanata e fritta.Tempo prima, quando il Tanaroera pescoso e non inquinato, ilpesce d’acqua dolce era con-servato in carpione, dalle no-stre parti esistono ricettari dipesce d’acqua dolce: carpe,tinche, cavedani. Tutto Deli-zioso. Maria forse apprezza, chissà.Ricordarla mentre prepara pe-sche al forno ripieno… A volte viene nostalgia di par-lare con lei, a volte la si puòsentire accanto che dà consigli.O che urla di chiuderlo il frigori-fero, perché consuma. Oquando le chiedevo “cos’haivotato?” e lei rispondeva “comepapà”. Sono arrivato a tren-t’anni per sentirmi dire “ho sem-pre detto così a papà, ma hosempre votato come mi pa-reva” e rideva.In fondo anche questa è ribel-lione.

in Cucina

Nell’incanto della madre

zzzz

Le zucchine in carpione

di Gianni Ferraris

Poesia Un inedito di Lara Carrozzo. Della poetessa da Lupo Editore la raccolta “Più suono”

L’alveare

e…fiori e flutti e Dio che ti parlain armonica danzatra un tuo difetto perfettoed un altroti serba ti serba negli interstizila morsa sinuosa che bruciache brulica nel labirinto intestinoe gioca con il tuo straccio di salivache è fatica fatica di vita

lacerando innamorandol’interno del segno radiceche accalora accalorala doglia inconsultadel brandello che succhia la vitache sciama sciamanel verde del vento impetuosocon forza! Non spiegandoticom’è che si nasce a questo mondo

Lara Carrozzo (Opera n°3)

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spagine della domenica n°34 - 22 giugno 2014 - anno 2 n.0

Dal 9 settembre al 6 ottobreEugenio Barba sarà in Puglia

per I MARI DELLA VITA: DAL MEDITERRANEO AL MARE DEL NORD

Un progetto internazionale per i 50 anni dell'Odin Teatret

copertina Teatro

“C’era una volta, a Holstebro, un sindaco po-stino”, così potrebbe cominciare la narra-zione di una “nascita”, quella dell’OdinTeatret in un luogo remoto della Danimarca,nella regione dello Jutland centrale dove,quello che poi diverrà il Nordisk Teaterlabo-

ratorium, trovò casa in una vecchia fattoria.Lui, Kik K Nelsen, pensò che per dare linfa nuovaalla sua comunità era indispensabile lavorare sullacultura. Sua amica era un’infermiera, Inger LandSted, amava il teatro e aveva visto uno dei primispettacoli di quella strana compagnia norvegeseguidata da un italiano.E allora, con la statua di Giacometti, acquistata perornare autorevolmente la piazza del Municipio, ilsindaco-postino inaugurò la sua visione politica,stringendo un patto con il saldatore-marinaio-regi-sta italiano. Eugenio Barba, poteva far pausa, ri-flettere e dare un altro via, con tavole sicure sotto ipiedi questa volta, alla sua avventura: aveva final-mente un luogo dove rifugiarsi, fermare per un po’il viaggio, per dare forma, vita e futuro al “suo” teatroe ai “suoi” attori. Sono trascorsi Cinquant’anni dallafondazione dell’Odin Teatret e quella radice è an-cora viva, florida, con tanta voglia di far festa.La festa, già, La festa! Cos’è una parata, cos’è ilLibro delle Danze, cosa sono gli spettacoli dell’Odinse non sempre una festa? La catarsi rituale, la di-sarticolazione drammaturgica, il dare fiato ai morti,al ricordo, alla memoria dei Grandi Padri non èfesta?Il confronto, il baratto, l’accoglienza e il dono nonsono sempre festa?Andare ad incontrare i protagonisti di quella che ègiusto ritenere una delle storie più straordinarie delTeatro del Novecento muove la macchina da presadi Davide Barletti che con Jacopo Quadri è in Da-nimarca per le prime riprese di un film dedicato adEugenio barba e al popolo segreto dell’Odin. Con-fondersi con la folla del Festuge, “stare” con e negliocchi de regista, guardare ciò che egli guarda, sce-glie, salda è la cifra attraverso cui Barletti e Quadrivogliono costruire la particolarità del loro film.L’occasione è data dal tornare quest’anno a Hol-stebro del Festuge.Ecco la festa scelta! Quella grande della comunità,un rituale intimo della tradizione danese, su cui siinnesta quello della celebrazione del Cinquantena-rio dell’Odin Teatret. Quest’anno, il titolo dato dall’Odin al Festuge è

“Facce del futuro. Fantasmi e Finzioni”.Lo spettacolo d’apertura, il 14 giugno, ha avuto ilcarattere dell’auspicio: è stato affidato ai bambini...“le facce del futuro”, sono state guidate da Pieran-gelo Pompa - da otto anni assistente di EugenioBarba.In questa edizione particolare cura Eugenio Barbaha dedicato allo spettacolo di chiusura che avràluogo oggi*.Significativo il titolo “Chiaro Enigma”, un atto a cuiil regista lavora da tempo in gran segreto, chiusoin sala con i suoi attori, al riparo, nulla è dato sa-pere! Così accade! C’è sempre qualcosa di sco-nosciuto nel carattere di Barba, allenato dal Tempoa tenere sempre tutto in divenire, covato dai pen-sieri, accudito in una visione che via via prendeforma, condensa la sua efficacia, trova respiro edenergia.Quanta caparbietà in quest’uomo. Quanta volontà!Essere se stesso, inseguire il futuro tenendo saldoil legame con il passato e nutrire, continuamentenutrire il bisogno di essere comunità.Una caparbietà da indagare come anche la sceltainteramente politica di lavorare per il “bene co-mune”, con un coro che via via s’è fatto sempre piùampio ed articolato.Questo il valore dell’Odin e il valore della relazionecon Holstebro, succede spesso che, l’Odin, siachiamato nei rituali anche privati della vita di comu-nità. La politica odiniana, caratteristica peculiare delTerzo Teatro è sempre stata quella: mischiarsi,stare con gli altri, compiere il baratto per nutrirsi, re-ciprocamente scambiare il dono della creatività edella vita. Stare con il Mondo… Dalla parte delMondo intersecando linee di ricerca, modi diespressione teatrale, sensibilità, antropologie di-verse per andare all’uno, alla radice, alla matricedell’essere movimento.Già, il Mondo, il popolo segreto dell’Odin, l’altro pro-tagonista che la macchina da presa cercherà nelsuo trovar tracce ad Holstebro…

Mauro Marino

Le fotografie da Holstebro sono di Davide Barletti e di Cristina Rajola

Chiaro Enigma sarà trasmesso oggi alle 16.00 in diretta streaming da Holstebro sul sito dell’Odin

http://www.odinteatret.dk

Oggi a Holstebro l’Odin Teatret di Eugenio Barbafesteggia i cinquant’anni con la messa in scena dello spettacolo Chiaro Enigma

É lì Davide Barletti che con Jacopo Quadriè impegnato nella realizzazione di un film dedicato

a questa straordinaria avventura teatrale