Spagine della domenica 0 30 del 25 maggio 2014

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s p a g i n e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri Spagine della domenica n°30 - 25 maggio 2014 - anno 2 n.0

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Piccole variazioni di impaginazione e di formato per Spagine della domenica nella sua trentesima uscita... Buona lettura e buon voto!

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Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

Spagine della domenica n°30 - 25 maggio 2014 - anno 2 n.0

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spagine

C hi legge questo numero di“Spagine”, il periodico online ideato e diretto daMauro Marino, cui in asso-luta libertà di pensiero ungruppo di pubblicisti e scrit-tori, di diversa formazionepolitica e culturale, collabo-rano, probabilmente si stapreparando a recarsi alle

urne per esprimere il suo voto alle elezioni più tor-mentate e a rischio che ci siano mai state daquando si vota per eleggere il Parlamento Europeo.Voglio prima di tutto pensare che nessuno della fa-miglia di “Spagine” abbia scelto di non andare a vo-tare, di astenersi o che stia a sfogliare lamargherita: voto o non voto. Chi pensa e desiderastabilire un dialogo con la gente, sia pure asimme-trico, come un analista politico o un opinionista, nonpuò permettersi la stravaganza e la contraddizionedi tradire il suo pubblico.

Non si può escludere, tuttavia – è nella realtà dellecose per come si vedono e si sentono – che unaconsistente parte dell’elettorato non andrà a votare.Una parte di astensione è fisiologica. Al di sopra del30 % incomincia ad essere patologica, perché vor-rebbe dire che a votare sarà andato meno del 70% degli aventi diritto, al di sotto del 65 % sarebbegravemente patologica. A questi nostri concittadini delusi e impigriti, arrab-biati e stanchi, va rivolto un appello, va fatto un pic-colo ragionamento; senza presunzione alcuna.

Prima di tutto va loro riconosciuta la legittimità del-l’astensione. In fondo astenersi è un po’ come vo-tare non votando, volendo significare il rifiuto totale,netto di una situazione che si ritiene insostenibile.Dunque, nessuna lezione di etica. Ma un invito a ri-flettere: ogni situazione può volgere al meglio o alpeggio; e al peggio – si sa – non c’è mai un limite.Chi pensa di averlo raggiunto e si comporta se-condo la logica perversa del tanto peggio tanto me-glio si sbaglia.

La politica ha fatto errori imperdonabili, strumenti eforme di organizzazione politica non ci sono più, lefazioni si sono personalizzate, i protagonisti nonsono più credibili e soprattutto non offrono garan-zie. Mai visti in Italia leader così forti sul piano per-sonale, così deboli sul piano politico come i tre chehanno tenuto la scena in questa campagna eletto-rale. Nessuno di essi è in grado di poter esercitaresul proprio seguito un potere decisionale sicuro eduraturo. Sembrano dar ragione al sociologo vene-zuelano Moisés Naím, il quale sostiene nel suolibro «La fine del potere» che il potere «una voltache lo si è conquistato è più difficile esercitarlo e[che] negli ultimi trent’anni le barriere del potere sisono indebolite molto rapidamente, [che] ora sonopiù facili da minare, travolgere e aggirare». Come dire: se è facile e rapido conquistare il po-tere, altrettanto facile e rapido è perderlo; difficileesercitarlo. Berlusconi, Grillo e Renzi, per rapiditàdi raggiungimento del potere, sembrano dare ra-gione a questa tesi; l’uno, l’altro e l’altro possonoperdere le posizioni così rapidamente conquistate.

Europa: amore -

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Già Berlusconi ha iniziato il declino, potrebbero se-guirlo gli altri due. Grillo, tra il comico e il serio, ha parlato di “luparabianca” per spiegare la “scomparsa” di EnricoLetta, che sembrava l’astro nascente della politicaitaliana meno di tre mesi fa; e ha preconizzato aRenzi la stessa fine. Ma lui stesso non si salva daquesta “coppola storta” che è ormai il potere. Po-trebbe essere questo l’ultimo canto del Grillo.Ma non andare a votare, quale che ne sia la moti-vazione, è rinunciare al minimo di contributo che sipuò dare per uscire da una situazione che potrebbediventare drammatica.

Gli scenari prospettati dalla disintegrazione dell’Eu-ropa, con l’uscita dall’Euro o addirittura con la ri-vendicazione delle rispettive sovranità nazionali,ottocentescamente intese, per quanto suggestivee forse anche per certi aspetti legittime, non pro-mettono nulla di buono. Interrompere un processopolitico in corso non significa ipso facto il ritorno alpunto di partenza. Sarebbe come illudersi di resti-tuire in vita una persona morta spostando all’indie-tro il calendario. Significa entrare nella zona deldisordine generalizzato, nel regno dell’imprevisto. Bisogna allora votare, pur con riserve di scetticismoe di critica; anzi a maggior ragione euroscettici edeurocritici devono andare a votare per farsi sentirenella sede opportuna, per cercare di migliorare oaggiustare certi percorsi che hanno fatto perdere fi-ducia nella politica italiana e nelle istituzioni euro-pee, più appiattite su equilibri economici edegemonie ideologiche che sulle questioni politiche

e pragmatiche rispettose delle individualità nazio-nali.E’ vero che noi italiani l’Europa l’abbiamo assuntacome una bibita fresca, cui abbiamo dato nomi dipropaganda, eurocomunismo alla Berlinguer, euro-destra alla Almirante, euroallegria alla Prodi,quando si poteva invece riflettere di più e incideremeglio, ma pensare di poter fare marcia indietrooggi è assurdo, è un rinnegare tante battaglie fatte. Certo, non è questa l’Europa che i giovani di destrae di sinistra ipotizzavano, forse non è neppurequella pensata dai padri dell’Europa, dai De Ga-speri, dagli Adenauer, dagli Schuman; ma bisognaconsiderare che nessun desiderio in politica si rea-lizza completamente, tanto meno si realizzaquando non ha i contorni ben precisi e si presentacome una bella infatuazione. Per anni si è gridatoall’Europa, come ad un sogno; forse perché si pen-sava che non si sarebbe mai avverato e ci si potevavestire di bello senza pagare un prezzo. Con l’Eu-ropa realizzata c’è stato il risveglio, cui è seguita ladelusione e l’amarezza di un tradimento.Ma votare oggi è importante. Gli italiani hannoun’ampia possibilità di scelta, tra opzioni che hannotutte alla base l’imprescindibilità dall’Europa. Si votiper una di esse. Non votare significa voler ricaderenel sonno con la speranza di poter sognare un’altraEuropa. L’opzione “non Europa”, oggi, non esiste. Buon voto a tutti!

odio, ma votiamo!

“Gli scenari prospettati dalla disintegrazione dell’Europa, con l’uscita dall’Euro o addirittura con la rivendicazione delle rispettive sovranità nazionali,ottocentescamente intese, per quanto suggestive e forse anche per certi aspetti legittime, non promettono nulla di buono. Interrompere un processo politico in corso non significa ipso facto il ritorno al punto di partenza. Sarebbe come illudersi di restituire in vita una persona morta spostando all’indietro il calendario”

- di Gigi Montonato

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Luigi Manconi, presidente dellaCommissione diritti umani del Se-nato, di recente, intervenendo su“L’Unità”, ha esortato il governoad avviare un’indagine conosci-tiva sull’eutanasia.

“Il dibattito italiano sul fine vita rischia di non usciredal piano delle ideologie e delle emozioni e dal ter-reno delle guerre all’ultimo sangue tra avverse op-zioni morali. Per questa ragione è quanto mainecessario e urgente dotarsi di una documenta-zione per quanto possibile oggettiva e scientificasulla portata di un fenomeno come quello dell’euta-nasia illegale, che resta generalmente sottovalutatoo rimosso o censurato”, ha scritto Manconi. Un’indagine conoscitiva sull’eutanasia, sollecitatada tempo dai Radicali dell’Associazione Luca Co-scioni, si configurerebbe come un atto indispensa-bile ai fini della discussione e dell’approvazioned’una legge adeguata. Il governo Renzi, però, mo-mentaneamente ha deciso di congelare le questionibioetiche, per evidenti motivi di equilibrio e di alchi-mia. L’attuale esecutivo di larghe e composite intese ècostituito, tra l’altro, dall’anima laica e cattolica delPd, e soprattutto dagli integrali e strenui paladini deivalori cosiddetti “non negoziabili” del Nuovo Cen-trodestra (Roccella, Sacconi, Quagliarello, Lupi).

***Anni fa, dopo la dipartita di Eluana Englaro, qual-cuno in Parlamento pensò di regolare contese mo-rali redigendo disegni di legge sul testamentobiologico impraticabili, antiscientifici, anticostituzio-nali. Il Pdl, con l’appoggio sensibile e sostanzialedell’Udc, cercò di far passare il ddl Calabrò sulle Di-chiarazioni anticipate di trattamento. Un testo pasticciato, che rappresentava una graveminaccia per la libertà del soggetto. In questi anni,la politica non è riuscita a dare risposte chiare, nonha saputo semplificare e affrancare il paziente dallestrette dipendenze, concedendogli in un solco discelte rigorose e legittime la facoltà di poter gestirela propria vita. Qui non stiamo parlando di “dolce morte”; epperò,se l’esistenza dovesse diventare un porto d’insen-sibilità o di dolore, è normale chiedere rispetto perl’umano sentire. Di fatto, il testo sul testamento biologico, volutodall’allora governo Berlusconi, non sapeva svinco-larsi da affermazioni confuse e improponibili. E nonpassò. Si partiva dall’enunciazione dell’indisponibi-lità della vita umana, si passava per definire obbli-gatorie l’alimentazione e l’idratazione artificiali,sconfinando pericolosamente in campi di autorita-rismo. Se attualmente i rappresentanti delle istitu-zioni non sentono l’esigenza di intervenire sulleDichiarazioni anticipate di trattamento, alcuneassociazioni e amministrazioni locali, in vari paesie città della penisola, stanno diffondendo registri co-munali sul testamento biologico. Certo, essi hanno solo valore simbolico, non giuri-dico, dal momento che le amministrazioni comunalinon si possono sostituire al Parlamento nazionale.Effettivamente, esistono difficoltà oggettive, cherenderebbero il documento parzialmente inidoneo:le amministrazioni dovrebbero rendere i biotesta-menti disponibili 24 ore su 24 e predefinire un si-stema informativo efficientissimo, accessibile adogni ospedale italiano. Ma se anche i registri comu-nali sul testamento biologico avessero soltanto unafunzione di spinta, di sollecitazione ad una classepolitica litigiosa e incapace di legiferare razional-mente e morbidamente sul “fine vita”, converrebbeinsistere e impiegare risorse. È vero, la morale laica e l’etica tradizionale colli-dono. Ma ci chiediamo: sulle grandi tematiche dellavita e della morte, è possibile imboccare una stradavirtuosa, sospesa tra il comunitarismo e il liberali-smo?

Il governo Renziha congelatoil dibattito

sui temi bioeticiper evidenti

motivi di equilibrio tra l’anima laica e cattolica del Pd e soprattutto con i paladini dei valori“non negoziabili” del Nuovo Centrodestra***

Siamo cittadini responsabili, con biografie definite,correlati da una fitta rete di rapporti umani. Dovremmo oltrepassare la visione sfrenatamente“pro-life” e quella smaccatamente individualistica,abbracciando una superiore etica della cittadi-nanza. Dovremmo, inoltre, aprirci agli altri universie scorgere ogni segno d’apprezzabile avanza-mento.In Germania, ad esempio, già nel 2010, la Corte diCassazione con una rivoluzionaria sentenza sancìche, in un trattamento di “fine vita”, si dovesseascoltare sempre la volontà del paziente: “Staccareun ventilatore o tagliare un tubo dell’alimentazionerientra nella categoria delle forme accettabili per in-terrompere il trattamento, se c’è il consenso del pa-ziente”.È chiaro che, in uno Stato normale, non paternali-

stico, debba essere il soggetto con l’aiuto della fa-miglia e del medico a fissare i confini di questa“zona grigia” e a definire lo spettro d’azione delle

cure. In Gran Bretagna, l’eutanasia è illegale, peròimedici hanno l’obbligo di ascoltare a fondo il malatoterminale. Le linee guida del General Medical Council stabili-scono che i medici hanno il dovere di sentire il pa-rere del paziente, che può avanzare la richiesta dinon essere più nutrito o curato. Il “fine vita” è una terra delicata: bisogna entrare frale sue pieghe con delicatezza, con accortezza, inpunta di piedi. Si dovrebbe sempre rischiarare questa “zona diconfine” con la comprensione e con le amorevolipremure. Nessuna legge ambigua e nessuna leggelimitativa o illiberale possono garantire al soggettola giusta misura, la compassione. Sacralizzare in astratto la vita umana, sovente nonvuol dire prendersi cura di tutte le vite umane. Da noi, ci appiattiamo su una concezione estrema-mente materialistica, poco spirituale, dell’esistenza.Non si può obbligare per normativa (come avreb-bero voluto Berlusconi, Binetti, Buttiglione) il sog-getto a non interrompere l’alimentazione el’idratazione forzate, perché costringerlo a sotto-stare ad una terapia sanitaria significa violare la suadignità, oltraggiare la sua libertà. E perpetrare ad oltranza stati biologici o funzioni fi-siologiche ha davvero poco di divino. Ci interroghiamo: nel nostro Paese, il mondo poli-tico potrà, prima o poi, ammettere una“buona”morte, intesa se non altro come sospen-sione delle cure mediche? La filosofa Roberta De Monticelli ritiene che unamorte sia “buona” soltanto “se non uccide la dignitàe la vocazione personale, l’ethos del morente”. Rispettare sempre l’autodeterminazione di ogni cit-tadino, in un quadro di regole rigorose, è un modopratico di rendere sacra ogni vita.

Contemporanea

di vitaQuestioni

di Marcello Buttazzo

Michelangelo, Cappella Sisitna, la creazione di Adamo, particolare posterizzato

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Sono lacerato, preoccupato dalpensiero che siamo tutti spintiverso la nevrastenia presi dallafrustrazione di non sentirci qual-cuno, di non riuscire ad acca-parrarci un nostro piccolo

successo. Oggi (per chi legge, venerdì 23 mag-gio ndr) si inaugura la mostra fotografica di PieroMarsili Libelli intitolata “Siamo tutti Attori”. Ho unaneddoto da raccontare su questa serata. Io nonconosco Piero così bene, tutti mi dicono che èun fotografo importante amico dei più importantiregisti del periodo d’oro del cinema italiano. Perconto mio so di lui solo quello che ho potuto leg-gere in una grande fotografia che ha regalato amio fratello e sulla quale ho speso tanto tempoper cercare di valutarla, penetrarla, compren-derla, leggerne tutto l’intreccio di storie che rac-coglie. Solo da poco tempo posso dire diessermi abituato a questa fotografia. Abituatonel senso che ora riesco ad accettarla nella miavita nonostante sia così ingombrante (occupa in-fatti un’intera parete). Allo stesso modo, ho pen-sato, dovrò abituarmi a questo Piero, con la suaingombrante persona continuamente sullabocca di tutti.Decido di partecipare a quest’incontro diciamomondano (anche se per il vero era aperto a tutticon tanto di giganteschi cartelloni per le stradeche ne pubblicizzavano l’evento) così raggiungomio fratello al Cineporto di Lecce. Passeggio trale pareti tappezzate di foto. Mi perdo tra lesteppe di qualche lontano paese, negli occhiesotici di fanciulli lontani, prediligo le fotografieoccasionali, il mondo che corre incontro la mac-china da presa e viene immortalato in un istantedeciso chissà da chi. Ci sono anche dei veri epropri set che il fotografo ha costruito nell’intentodi decodificare i suoi sogni, le sue fantasie, i suoipensieri (o una rappresentazione di essi); ma gliho trovati troppo edulcorati, semplificazioniestreme di uno dei tanti paradossi della nostramente. E poi tante e tante immagini del suo pas-sato. Scatti rubati o regalati da gente importante,divi del rock, del pop, del cinema, del bit. In-somma tanti volti. Sparsi nel tempo e nello spa-zio.Poi ad un certo punto – immancabilmente datala qualità delle mie ossessioni – rivolgo la mentea questo pensiero: e se quest’uomo, già così im-portante, uno straordinario artigiano, un navigatofotografo, avesse organizzato questa mostra perdimostrare con i fatti che tutto quello che ha rac-contato è vero che tutto quello che dice di averfatto è vero? E se costui ha riesumato dallatomba il suo almanacco di volti noti per sorpren-derci, per sorprendere – quanto facile è in fondo– la provincia con la quale si è legato della qualefors’anche s’è infatuato? Da questi pensieri mi distoglie la voce di Libelliche mi si rivolge dicendo qualcosa che ora nonricordo, ma che presumo fosse un commento oun’informazione sulla fotografia che avevo da-

vanti in quel momento. A quel punto gli dico: «Hol’impressione che queste foto abbiano poco incomune una con l’altra». A questa affermazionelui non sembra sorpreso ma sa tuttavia cosa ri-spondere. «Pensa al titolo della mostra mio caro: Siamo tutti attori». E si, è vero mi dico, non ciavevo pensato. «Come vedi qui ci sono foto dipersone importanti a fianco di gente comune. Inquella foto lì puoi vedere Antonioni. E nella fotoaccanto un pastore sulle montagne dell’Albania.Lì un oste ed una anonima principessa quì Fe-derico Fellini e Akira Kurosawa nella hall delGrand Hotel del Lido. Ma sono tutti attori nellavita». «Guarda qui, tra questa selva di voltiignoti: cerca di riconoscere ciascuno, il ruolo cheinterpreta» aggiunge.Quello che dice non lo condivido, non fa partedel mio carattere. Quantomeno, mi sono detto,ci saranno attori consapevoli – per esempio Fel-lini e Kurosawa nella hall del Grand Hotel delLido di Venezia – e attori inconsapevoli – comei fanciulli dietro le sbarre di non so che costru-zione, casa o prigione, di un paesino sperdutodell’Afghanistan. Poi l’attenzione mi cade sulla riproduzione di unafotografia contenuta nella brochure (della fotoc’è anche l’ingrandimento sulla parete). Sonoraffigurati in primo piano sette uomini pelosi ebarbuti tra cui si possono riconoscere Gianni deBlasi e Mino de Santis, due volti più o meno notidel nostro panorama di provincia. Tutti insiemeassomigliano a dei motociclisti o a dei carrozzierinon saprei dire meglio; alcuni hanno le barbebianche altri i capelli folti come la criniera di unleone, sullo sfondo pile di auto accatastate inquella che potrebbe essere un’autodemolizione.La foto è intitolata “Mino de Santis e Gianni deBlasi”. Sbalordisco! Ma non si era detto chesiamo tutti attori? Anche il netturbino, l’impiegatoil pollo il tacchino il pastore il pastore tedescoquelli lì con la mascherina che sotto i caminidell’Ilva protestano inutilmente; sono un attoreio? A chi conviene che io sia un attore?Da ciò potrà sembrare a qualcuno che io ne stiafacendo una questione morale. A me sembraproprio così. Ma anche estetica perdiana! Per-ché così come forma e contenuto sono indisso-lubilmente legati nella visione dello spettatore,allo stesso modo sono legate etica ed esteticanel momento in cui l’artista si dispone a com-piere delle scelte. Di conseguenza arrivo a dueconclusioni: 1 che il rapporto attore spettatorependa ormai definitivamente dalla parte dell’in-trattenimento più inutile, dello sproloquio piùconformista; 2 che tale sproloquio faccia chiara-mente gli interessi di qualcun altro – un terzoente – che esprime la sua caratteristica princi-pale nella totale ignoranza di se stesso.Detto questo consiglio - a chi ne abbia la possi-bilità - di andare a vedere la mostra di Piero Mar-sili Libelli perché, come mi sembra di averaffermato fin qui, queste fotografie hanno moltoda dire a chi abbia voglia di ascoltarle.

Siamo tutti pazziLe fotografie di Piero Marsili Libellial Cineporto di Lecce fino al 20 giugno

La mostra è visitabiledal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13e dalle 15 alle 18

Accade in città

Ad illustrarePiero Marsili Libelli dietro un ciakCarmelo BeneMichelangelo Antonioni e Tonino Guerra

di Andrea Cariglia

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Venerdì 30 maggioLA TRANSGARGANICASpiriti transumanti in viaggio verso il Salentocon la comunità di Carpino, Gargano (Fg)

Massari, cantori, cuochi, suonatori, agricoltori racconteranno, condivi-deranno, suoneranno e cucineranno i sapori della terra da dove a serasi saluta il sole.

Sabato 31 maggioFESTA DEI CONTADINI, FESTA DI TUTTIcon la comunità Spazi Popolari,i colori della terra di Sannicola (Le)

Agricoltori della crisi; impollinatori di nuove pratiche economiche, socialie ambientali; seminatori di vecchie pratiche per nuovi modi di abitare co-munità; mani che sarchiano futuro prepareranno una cena che raccontadi ottimismo, di resistenza, di fiducia nella terra e di comunità umane esostenibili.

Domenica 1 giugnoMI CHIAMO OMARcon la comunità palestinese

Il cuoco-attore Omar Suleiman e il cantante Faisal Taher racconteranno,disegneranno, cucineranno e canteranno la storia di una comunità e lestorie delle persone che questa comunità mantengono viva, anche dalontano. Cucineranno una mappa di molte e lontane comunità che fannoun popolo. I sentieri di chi attraversa due mondi e non ha più modo difermarsi.

Lunedì 2 giugnoBORGOINFESTAcon le comunità che fanno Borgagne.

La gioia delle comunità che abitano il Borgoinfesta: storie, sapori e uma-nità di una convivenza tra chi ci è nato e chi ci si è trovato. Perché laconvivialità della tavola renda cibo l’essere comunità.

Le cene sono per 50 persone a serata Uteriori informazioni e prenotazioni al +39.340.2804989

AppuntamentiDal 30 maggio al 2 giugno a BorgagneCibi che fanno comunità

Èchiaro, molti cibi fanno comunità. In maniera comple-mentare: i cibi fanno le comunità e le comunità fanno icibi. Così due si delineano i percorsi. Due le genealogieimmediate da affrontare. Dal cibo alla comunità; dallacomunità al cibo. E la differenza nel cammino, non è in-tuitiva. Abbiamo scelto di passare dalle comunità per ve-

dere i cibi. E di abitare i cibi per conoscere le comunità.Condivideremo con loro del tempo; abiteremo le loro cucine. Li ospite-remo nelle nostre cucine.E insieme disegneremo una mappa, che cucineremo durante le seratedel BIF.Abiteremo insieme i loro sapori. Per condividere una comunità.Una comunità è ritualità; cosmologie; parentele; relazioni; musiche; ma-nualità; visioni del mondo.Quest’anno incontreremo parte della comunità di Borgagne e poi la co-munità di Sannicola con il progetto Spazi Popolari, la comunità palesti-nese e la comunità di Carpino (Fg). Da questi incontri nasceranno quattrocene diverse che apparecchieremo nella cornice di Vico Sant’Antonioper 50 persone.

La volontà racchiusa nell'idea è quella di abitare le comunità attraversolo sguardo dei loro sapori. È la volontà di conoscere le visioni del mondo,gli stili di vita che le scelte alimentari (e quindi agricole, pastorali, econo-miche, culturali) manifestano. È innanzitutto la volontà di condividerequeste visioni di mondo, questi stili di vita. La volontà di renderle abitabili.La volontà di essere umani.

Lanciare fili che colleghino le comunità con gentilezza e con dolcezza.Collegare fili che possano essere percorsi al ritmo delle stagioni. Non èquestione di promozione di prodotti. È in questione l’abitare e condivideretradizioni. Non è un saccheggiare luoghi, storie, visioni della vita: è unabitare rispettoso e generativo perché avvicinare una tradizione non vuoldire passare «dalla banca della vita solo per ritirare e mai depositare»,perché «se non si deposita qualcosa, non si può ritirare nulla, a menoche non si rubi agli altri». Con il sogno e la certezza che poi, dopo l’abi-tare condiviso, ogni tradizione rimane e non può non rimanere se stessa,ma, se viene spinta a compiere un viaggio, può ritornare a casa con moltiinsegnamenti e rileggere la propria storia in modo nuovo, valorizzarequalche cosa che essa ha conosciuto e ha lasciato cadere. Le differenzerimangono in piedi, ma adesso sono più capaci di ospitare.

Per approfondimenti e i menu delle serate:www.borgoinfesta.it/cene

Borgoin festa

L’immagine di Cucina Meridiana è di Valentina Sansò

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L’appuntamento martedì 3 giugno, dalle 21.00,nel chiostro dei Domenicani,Palazzo della cultura di GalatinaCon Raffaele Casarano, Santino Beccarisiper Vittorio Bodini

L a cultura e il pane sono leparole chiave che declinanola “resilienza” dell’identitàsalentina, che resiste an-cora al mal di stomaco dellacultura informatica del

nuovo modello sociale del vivere il tempo li-bero e propone le tradizioni rimaste vivenelle radici delle culture popolari. Il comitato Lecce 2019 in un turno di giugnoinvita a scoprire nella musica di RaffaeleCasarano, nella poesia di Vittorio Bodini,nella bellezza del pane di Santino Becca-risi i valori forti della terra conservati nellamemoria ed utili ancora a raccontare il no-stro tempo creativo.

I crepuscolari prima e i futuristi dopo, nellamusica, nella poesia, nella campagna enella cucina trovarono l’ispirazione per rac-contare i sogni del ‘900 letterario e tecnolo-gico fin dal suo inizio. Lecce 2019 raccontala città come in una antologia dei sogni e inquel passato che non vogliamo perdere pro-getta il futuro che vogliamo vedere realiz-zato. In un turno salentino, nel chiostro del pa-lazzo della cultura, con la lettura al buio di“Gigi Utopia” delle poesie di Vittorio Bodini,accompagnato dalla musica di Raffaele Ca-sarano dedicata al poeta, si propone di vi-vere nell’intimità, nell’armonia del corpo conla mente tutta la bellezza che solo la musicae la poesia riescono a suscitare.

Reinventare Utopia: vuol dire scoprirsi, sen-tire di essere appartenenza, conoscere an-cora profumi e suoni della terra e avere ipoeti come amici di vita. Nelle note, la mu-sica, nel ritmo del verso, le immagini dei luo-ghi e dei volti della terra, sono il sale delracconto del notturno di pane e cultura nellospirito del poeta bodini:

Una pietà insensata arida come semi di girasole gira in folle ai crocicchi,mentre nella tua terra i contadiniinvisibili parlano turchinodai campi di tabacco, e fra un istantela notte avrà sapore di uliva verdastra.

La musica di Raffaele Casarano e la poesiadi Vittorio Bodini ci aiutano a scoprire nel-l’ascolto il sogno di Polis Eutopia che èquello di avere negli occhi aperti le linee del-l’orizzonte di una società senza solitudine.La serata continuerà con la scoperta della

Lecce 2019

Il pane, la poesia, la musica

di Luigi Mangia

Ad illustrare una carta di panedell’architetto Marcello Sèstitohttp://www.domusweb.it/it/notizie/2013/11/21/un_uomo_storico_.html

bellezza del pane. Santino Beccarisi, nelchiostro del palazzo della cultura, farà gu-stare tutta la fragranza ed il gusto del suopane cotto esclusivamente con legna d’ulivoe nel forno in pietra leccese. Il pane dei po-veri”luscuajatu” con le olive salentine, il pa-netto e il pane d’orzo nobilitato con oliod’oliva e accompagnato da Negroamarosarà l’esperienza del viaggio del gusto an-cora forte della tradizione della produzionedel pane casereccio salentino. Il pane l’olioe il vino sono nella storia dei mari del Medi-terraneo e raccontano ancora i gusti delle ci-viltà lungo le sue sponde. La mente scopre, la bocca conosce, la storiaracconta.Salentopia terra di luce bianca di sole umidovive di musica di poesia e di pane: è conquesti occhi che guardiamo le otto utopie diLecce 2019. All’incontro parteciperanno Mauro Marinodel Fondo Verri, Airan Berg direttore artisticoLecce 2019, Cosimo Montagna sindacodella città di Galatina, Raffaele Casaranomusicista, Santino Beccarisi panettiere e chiqui scrive.

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spagine della domenica n°30 - 25 maggio 2014 - anno 2 n.0Appuntazzi

La corrispondenza di Gianluca Costantini da Luzzara

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spagine della domenica n°30 - 25 maggio 2014 - anno 2 n.0L 'Accademia di Moda Calca-gnile - accogliendo il desideriodella professoressa RosalbaFantastico di Kastron di ren-dere omaggio alla memoria delfratello, il sarto Salvatore Fan-

tastico di Kastron, in collaborazione con ap-sninfa.org e l'Associazione Culturale RC,organizza il 29 maggio al Must di Lecce, il 1°con-vegno “Maestri d'Arte nella Moda”, un con-fronto tra due generazioni. Nello stesso progettouna mostra itinerante di elaborati progettuali cu-rata dai giovani designer dell’Accademia diModa Calcagnile.L'iniziativa nasce da una riflessione sul passatosartoriale - profondamente legato ai valori del la-voro, della ricerca e del fare artigiano - per im-maginare un progetto di sviluppo del settoreispirato a quella sincera filosofia.I suggerimenti degli esperti del settore e l' espe-rienza vissuta dei Maestri-protagonisti depositaridi una tradizione e di una cultura profondamentelegata al territorio, assumono particolare impor-tanza nel processo formativo delle nuove gene-razioni.Il nostro mondo - assediato dallo sconforto, dalloscettiscismo, distratto dai processi della globa-lizzazione - è sempre più mosso dal bisogno diriscoprire l’autenticità delle radici e dell’identità.Un' identità capace di confrontarsi con l'innova-zione, con la ricerca qualitativa e il confronto traculture diverse.

Il premioIn questo contesto riflessivo, in risposta alle dif-ficoltà legate all’attuale crisi economica e perpremiare il talento di chi crede nel suo futuro pro-fessionale, nell’ambito del convegno “Maestrid'Arte nella Moda”, è stato istituito un premio -una borsa di studio, spendibile in un corso spe-cialistico in “Couturier design” - che sarà confe-rito ogni anno, per merito e capacità stilistiche,ad uno studente, che abbia dimostrato interessee attitudine a crescere nel settore della ricerca,del design e della tecnica d'alta moda, che abbiagià frequentato un corso di studi biennale in unodei settori formativi dell'Accademia Calcagnile.Lo stilista premiato, avvalendosi di un team crea-tivo messo a disposizione dell'Accademia Cal-cagnile e della collaborazione di aziende deltessile disposte a sostenere il progetto, darà vitaad una collezione di moda di impronta artistico /culturale che sarà presentata ad operatori delsettore (buyers internazionali, fiere,giornalisti,editori di moda) attraverso un progetto di promo-zione (realizzazione di un look- book, video clips,sito web) allo scopo di incrementare l'interesseturistico culturale e di fare del territorio salentinoun parametro di know-how professionale, luogodi riferimento dove poter attingere risorse e idee. Il premio sarà conferito il 29 maggio, durante lacerimonia - che sarà accolta negli spazi delMuseo Storico di Lecce, verranno conferiti i di-plomi agli studenti che hanno ultimato il corso distudi biennale degli anni accademici 2011/2012e 2012/ 2013.La mostra degli elaborati progettuali a tema, cu-rata dai giovani designers, avrà luogo il 31 mag-gio presso il convento delle suore Benedettinein Lecce in occasione della festa della legalità eil 12-14 giugno presso il Must, a sostegno del-l'evento Pe(n)sa differente.

Maestri d’artenella modaUn convegno per rendere omaggioal sarto - accademico Salvatore Fantastico di Kastrongiovedì 29 maggio, dalle 9.30 alle 19.00al MuSt di Lecce

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spagine della domenica n°30 - 25 maggio 2014 - anno 2 n.0S tamani, il pensiero è improvvisa-mente stato preso dal paesellonatio, per la precisione si sono pa-rati nella mente e dinanzi agliocchi i contorni del minuscolo, ca-ratteristico, antico e popolare

rione in cui sono venuto al mondo e ho vissuto imiei primi diciannove anni: l'Ariacorte, una speciedi piccola isola, delimitata e racchiusa da tre oquattro brevi e strette vie, nell’ambito della già mi-nuscola località di Marittima.L’immagine, o immaginazione se si preferisce, erariferita non allo stato d’oggi del quartiere in que-stione, bensì alla conformazione, ai dettagli urba-nistici e, in speciale modo, all’universo e allesingole figure dei residenti, quali lo animavano in-torno alla metà dello scorso secolo.Nell'Ariacorte, un tempo, era concentrata unaquantità cospicua di nuclei famigliari, per di più, inlinea con le abitudini e i costumi di allora, ciascunocomprendente, in genere, sette – otto componenti. Sin dall’età giovanissima, tutti i soggetti erano chia-mati a svolgere un lavoro, un’attività, sicché, in pra-tica, restava poco tempo da dedicare a giochi, asvaghi e/o a conversazioni distensive.Qualche riferimento agli abitanti dell’Ariacorte, checonservo particolarmente vivo.

***La famiglia Mariano, Trifone a capo, la moglie Elisae quattro figli, si distingueva per la bella abitudinedella preparazione annuale, nella ricorrenza del 19marzo festa di S. Giuseppe, di un pentolone di“massa”, tagliolini fatti in casa, piatto tipico di quelgiorno, a beneficio delle famiglie meno abbienti delpaese; allestiva, in altri termini, una tavolata, dettagiustappunto, di San Giuseppe.Di fronte a loro, viveva, invece, una signora an-ziana e vedova, Pippina ‘a Raula (per dire Pep-pina nata da Laura), con una figlia, non a caso dinome Lauretta, poi sposatasi nella vicina Andrano.A pochissimi metri di distanza, le abitazioni, attac-cate, di Vitale Coluccia, soprannominato “quen-dici”, vedovo di Donata, quattro figli e del fratelloCiseppe, detto pizza d'oro, ammogliato con Nico-lina, andranese, soprannominata ‘a sciarpa, cinquefigli, di cui la primogenita Valeria, sarebbe man-cata, purtroppo, giovanissima, qualche tempodopo.Giovanni ‘u Pativitu, che divideva il tetto con laconsorte ‘Ndolurata, era contadino e, a tempoperso, fabbricante di panieri e cesti in giunchi e vi-mini.Suo unico discendente maschio, compare Chiaro,marito di comare Donata, due figli, il quale soleva,saltuariamente, allestire, in un giardino di proprietà,una rudimentale trappola, con cui riusciva a cattu-rare esemplari di volpe, resisi artefici e responsabilidi stragi di galline. ” Legittima difesa”, diceval‘uomo.Marta, moglie di Vitale, tre figli, prima del matrimo-nio, era stata la zita di mio nonno Cosimo. ‘Ndolurata ‘a pisatura, abitava da sola in una ca-setta con cortiletto; il suo nomignolo misterioso eraforse collegato all’azione della pisatura (battitura)del grano e dei cereali in genere, successivamentealla mietitura, mediante un maglio in legno, oppurea un’attività di pisatura ( pesa pubblica) con bilanceo bascule, espletata a beneficio dei compaesani. Giorgio ‘u cacasiu, la moglie Peppi giunta da An-drano e quattro figli, seduto fuori dall’uscio nelleserate estive, durante i giochi di noi ragazzi, aveval’abitudine di chiamarmi, dicendomi “senti, vieniqui, colomba tutta pura”, così, forse, copiando ilpassaggio di un canto religioso, evidentemente im-parato a memoria, che, in una strofa, recitava:

Ti salutiamo o vergine,colomba tutta pura,nessuna creaturaè bella come te.Prega per noi, Maria,

prega per i figli tuoi,madre che tutto puoi abbi di noi pietà.

Peppe ‘u tappa, o Peppe ‘u cardillu, era un anzianodi bassa statura, sposato con Consiglia, tre figli.Buono e scherzoso, ogni tanto preso di mira da noibambini, che gli cantavamo:

Zzumpa cardillu,mmemzu sti fiuri,zzumpa cardillu,lalleru lallà.

Cosimo maccarrune, vedovo di Elvira e risposatocon Nena originaria di Castiglione, tre figlie, al con-trario, si offendeva sentendosi appellare col nomi-gnolo di maccarrune e, quindi, bisognavacontenersi.Tore ‘u torci o ‘u casinu, era ammogliato con ‘Nto-gna (Antonia), nativa di Andrano, tre figli di cui ilpiù piccolo, Vitale, mio compagno di scuola, natoa molta distanza dal fratello e dalla sorella piùgrandi, forse perciò eccessivamente mmammatu,cioè legato alla madre, addirittura pretendendo,sino all'età di cinque - sei anni, di attaccarsi al dilei seno.Zia Amalia, vedova di Luigi ‘u Minicone, fratello asua volta della mia nonna paterna Consiglia ‘u Mi-nicone (quel soprannome, derivava da Domenico,loro genitore, un uomo molto alto), aveva nel cor-tiletto di casa uno stompu, grande parallelepipedodi pietra, scavato all’interno, dentro il quale, conuna grossa mazza di legno, si frantumava il grano,per poi poterlo cuocere in minestre. Per la festa del Corpus Domini, alcune padrone di

casa realizzavano, per devozione, l'altarino del-l’Ariacorte, una specie di grande tenda o capannadi forma cubica, fatta di coperte ricamate e coloratee lenzuola, al cui interno, durante la processioneper le vie del paese, il parroco si fermava ed espo-neva il Santissimo Sacramento.Rosaria ‘u fusu, era rimasta vedova con la respon-sabilità di una folta prole. Ricordo il matrimonio delprimogenito Andrea, in un giorno d’inverno in cui aMarittima capitò una nevicata eccezionale e l’epi-sodio in cui un altro giovane figlio, Vitale, rimasevittima di un incidente sul lavoro, procurandosi untaglio, forse mal curato, che generò un’infezione ditetano: urla, strilla e pianti, in accompagnamentoalla corsa verso l'ospedale più vicino, da cui perfortuna l’interessato ritornò guarito.

***Così, verso il 1950. Adesso, di quella Ariacorte, residuano pochissimetracce in senso demografico, le famiglie e le per-sone si contano sulla punta delle dita, per fortunasono rimaste aperte tutte le case, in parte ristrut-turate, però gli occupanti sono in larghissima mag-gioranza turisti forestieri che le aprono per breviperiodi, durante le vacanze estive o in occasionedi altre fugaci puntate.Ciononostante, per il ragazzo di ieri che vi è natoed è autore delle presenti note, l'anima dell’Aria-corte non è cambiata, mantiene una sua intensitàprofonda e un po’ magica, fra le sue viuzze circolaun venticello particolare, mentre in alto quasi sem-pre campeggia un cielo dal fondo d’intenso az-zurro, esclusivo o appena inframmezzato dabianche nuvole: è questo miscuglio di connotazioniche, stamani, mi si è riaffacciato dinanzi alla mentee agli occhi.

Il popolodell’Ariacorte

di Rocco Boccadamo

Borgo salentino in una illustrazione tratta da La Cultura Contadina

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spagine della domenica n°30 - 25 maggio 2014 - anno 2 n.0

S tiano pure tranquilli i sogna-tori nel proferire le sensa-zioni incorporate nellavisitazione di Alice non losa… Peter sì, mostra che sitiene a Palazzo Vernazza in

Lecce.Una mostra di grandi slanci, anche formali.Una poesia visiva, unita da alchimie che pro-iettano le opere fuori dallo spazio aderente,anche graficamente. Come un appello aduscire dalla gabbia per indagare i “ragazzini”del mondo. Una lode alla fanciullezza, allasua forza e avvenenza, per aspirare a veri ereali cambiamenti. Una autentica introspe-zione. Rivolta a chi vuol mantenere viva lacuriosità e il senso della giovinezza. Essa concettualizza e compendia granditemi: il ripensamento dell’idea di Dio, il rap-porto tra le ragioni umane e quelle misteriosedella realtà, e ancora la realtà come disinte-grazione, mancanza o altro. La raccolta sicompone nel tempo, dalla nascita alla vitaadulta, prendendo inizio anche da spunti in-timi e personali: facendo riferimento ad espe-rienze compiute in una certa fase dellapropria vita. Comincia ad emergere ne In unfazzoletto l’idea di una lettura sapienziale,come anche il gusto per gli enigmi, in unasorta di gara tra gli autori e il pubblico. Inqueste piccole e personali stoffe appese,presenti le lettere iniziali vergate con colori

ArteSino al 31 maggio, Palazzo Vernazza a Lecce ospita la mostra Alice non sa... Peter sìa cura di Katia Olivieri

Lodedi Antonio Zoretti

diversi, troviamo un gusto spiccato per i mes-saggi “cifrati”.Su per le stanze di Alice non lo sa… Peter sìil corpus dei lavori è composto da undici rap-presentazioni: varie nelle forme e nelleespressioni grafiche riflettono la costituzionedi un unico tessuto che si va componendonel tempo e che rispecchia stati emotivi di-versi degli autori.

Gli artisti sembra che abbiano concepito leopere in momenti di massima trasforma-zione, sia personale che sociale, quando loscontro era grave. Vedi il polacco Mirek An-toniewicz in Bambini, che fatica a collocarsiin società e preferisce restare a sognare.Come pure Maurizio L’Altrella in Here I Am,inquieto nel manifestare le angosce visiona-rie, che nascondono allo sguardo i misteridella vita. O le buche di Paula Sunday in Trespass,dove si invocano le aspirazioni dei bambini,riprese da grandi. O ancora il simbolo fetaledi Paola Zampa in 15.7.51, che unisce tuttele culture del mondo, così che ogni piacerecontiene anche dolore.E l’ambiguo suono di Carillon di GiuseppeStellato, che rimanda a stanze buie occu-pate solo dalla paura di restar soli. Fino aAdriano Pasquali con Cara cognata, che siabbandona a un passato che non torna, chetorna presente solo perché rimemorato nelleimmagini.E a Renè Pascal nei Segni/Sogni, che ride-sta momenti intimi dell’infanzia, solo sopiti emai dimenticati. Laboratorio Saccardi inPrenatal ritorna al religioso, come fenomenodella modernità scientifica, una rivolta allosradicamento provocato dalla globalizza-zione; senza dubbio controcorrente. Gli in-granaggi di Michele Giangrande in Gearsinvitano a mantenere il meccanismo vitale ecreativo in ognuno di noi. I vasi circolari diEmilio D’Elia in Unica sponda evocano ri-torni, dai quali escono ricordi, echi di mondivissuti e mai abbandonati. Infine, in Matildede Feo i fiori le escono dappertutto, come a

dimostrare l’affetto e la poesia per il mondocircostante.Insomma, da questa breve nota introduttivaè chiaro il progetto della rassegna. Questi ar-tisti hanno assunto un compito arduo, ma insostanza riuscito. Ancor più significativo inquest’epoca grave. E possiamo di conse-guenza considerare Alice non lo sa… Petersì un’alta testimonianza, in tutti i suoi con-torni: di radicale profondità e in una luceassai intensa. Poiché gli artisti in rassegnasanno vedere oltre senza rinunciare ad unaidentica lettura, a tolleranti allusioni, senzamai dimenticare la necessità di rivolgersi atutti. Una Mostra zelante con la grazia della fa-vola, con umorismo e gioia. Di ambienta-zione moderna, è un coro di bambini/adultiossessionati dall’infanzia, da un eco che ri-chiama qualcosa, che precede i sogni. No-stalgia di cose che non ebbero mai uncominciamento, un ricordo del prenatale…nostalgia di qualcosa che non fu, non di qual-cosa che fu. Luoghi dove, collettivamente edindividualmente, delirano le ragioni e le irra-gioni della condizione umana. Adolescentiche accompagnano e custodiscono il per-corso; presenze creaturali tanto ingenuequanto vitali. Con questi ingredienti gli artistimettono in moto e a nudo i ribollenti temi deldolore, della colpa, del mistero della vita edella morte. Tutto velato da una sana poesia:un controcanto scandito per recuperare lasostanza tragica e difficile dell’infanzia, dellanascita, del mito originario… nella notte deitempi.Alice non lo sa… Peter sì ci rivela, dunque,il volo spiccato dalla fantasia di ognuno. Nonlasciatevi ingannare dal tono fiabesco del-l’opera; dietro a quelle semplici, strane im-magini è celata la loro profonda visione. Un invito, dunque, a percorrerla e a frequen-tarla, come un mirabile momento atto per ilpensamento e la riflessione.

Buona visione.

L’Associazione “Le Ali di Pandora” diLecce in collaborazione con “Art and

Ars Gallery” di Galatina e “Piscina Co-munale. spaziodarteincopisteria” di Mi-lano propongono la mostra Alice non

sa… Peter sì, progetto a cura di KatiaOlivieri. La mostra gode del Patrocinio

della Regione Puglia: del Presidentedella Giunta Regionale, della Provinciadi Lecce; della Città di Lecce; di LecceCapitale della Cultura 2019; si articola

liberamente fra generi e media in un in-sieme organico che trova la sua più

degna realizzazione negli spazi di Pa-lazzo Vernazza Castromediano a

Lecce, fino a sabato 31 maggio 2014.

L’opera di Renè Pascal

della fanciullezzaLode

della fanciullezza

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MMSarte Art-icoliamo senza barriere percorso di poesia visivarivolto ai bambini di quattro classi della Scuola Primaria Leonardo Da Vinci

di Cavallino e Castromediano a cura di Monica Marzano avviato lo scorso 24 marzosarà in mostra da venerdì 6 giugno negli spazi dell’Isituto in via Togliatti a Cavallino

La solidarietà, parola regina

Il testo è di Marco Torino, il disegno di Serena D’Elia

Il testo è di Tiziano Berlanda, il disegno di Matteo Luparelli

La galleria dei lavori della precedente edizione è su www.mmsarte.com

I l piccolo Matteoha intravistonella parola co-raggio un in-sieme di azioni esensazioni. Co-

raggio è cercare di andare sem-pre avanti, nonostante le logichepaure delle ombre oscure del-

l'ignoto futuro, e soprattutto pun-tare con grande forza d'animo alraggiungimento di importanti tra-guardi.Ma per Marco il coraggio è anchesaper ascoltare un amico senzabarricarsi dietro la presunzione disaper e poter sempre fare da soli,e ancora, il coraggio è riuscire a

guardare con occhi attenti e con-sapevoli un mondo che spessoscorre davanti a noi guardandolocon indifferenza invece di affron-tare con coraggio le ingiustizieche ci circondano... Mattia è stato attratto dalla frase"raggiungere un traguardo".Ciò che sorprende è la colorata

insegna del traguardo, una metache viene raggiunta non da unsolo vincitore, ma insieme ad altriche sorridenti si preparano a ta-gliarlo, uniti, e questo non puòessere che motivo di grande or-goglio e maggiore soddisfazioneper tutti!

P er il piccoloMarco l'arduocompito di "acro-sticare" la parolaregina perché,solidarietà, é

darsi una "mano", dare "aiuto" ,

stare "insieme", momenti di sin-cera "amicizia" segno di grande"bontà", un gesto di grande "co-raggio" e, come osa aggiungereMarco " Tempesta di arcobaleni". È un'immagine molto poetica etanto suggestiva che colora di

bellezza ulteriore la parola soli-darietà. La piccola Serena ha presospunto dalle frasi "stare uniti peraiutare", "isola felice dell'amore","emozioni d'amicizie" e in ultimo"tempesta di arcobaleni", ide-

ando in tal modo un quadretto incui tutti insieme, in un'isola chesi vuol rendere felice e pulita, silavora per il bene comune sottoil colorato auspicio di un arcoba-leno della pace!

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spagine della domenica n°30 - 25 maggio 2014 - anno 2 n.0

Sabato 7 giugno, alle 19.00,a Leverano, nella Sala As-sembleare della Banca diCredito Cooperativo e dome-nica 8 giugno, alle 11.00, alFondo Verri di Lecce in viaSanta Maria del Paradiso 8,sarà presentato “FimmineFimmine – il teatro dellavita” libro a cura di MairaMarzioni, Caterina Pontran-dolfo e Assunta Zecca perSpagine Fondo Verri Edizioni.I l libro rac-

conta il pro-getto diteatro e co-munità “Fim-m i n e

Fimmine - Canti Memorie eStorie delle donne dell’Arneo”che le autrici hanno realiz-zato, dal mese di marzo asettembre 2013, con ungruppo di anziane e di artistetra i Comuni di Leverano, Co-pertino, Nardò, San Pancra-zio, Veglie, Salice Salentino.Si è trattato di un progettocomplesso pensato per resti-tuire valore alla memoriadelle donne nel raccontodella storia di un territorio. Ri-cerca antropologica, labora-torio, comunità, teatro,paesaggio. Madri, contadine,tabacchine, tessitrici, filatrici

del secolo scorso. Le loro te-stimonianze e i loro canti.Donne che hanno ascoltatoaltre donne e ne hanno fis-sato la memoria restituendolaalla comunità attraverso ilteatro, il canto, la scrittura, lafotografia.

***Nel cerchio dei volti abita ilteatro, il filo dell'attenzione, illegame per cucire le rela-zioni, per fare le storie "cosacomune" da portare in donoall'altro, alla sua coscienza,alla sua consapevolezza...Sempre la speranza a far datrama al divenire di noi alMondo.Sono trascorsi quarant'annidal baratto odiniano di Carpi-gnano, tanti altri dalle istanzed'inchiesta del teatro politiconovecentesco: il collettivo discrittura teatrale di Erwin Pi-scator nato con l'intenzione dirisvegliare la coscienza poli-tica dello spettatore; BertoltBrecht che impastava il cantoal recitare per dire la disillu-sione verso un Mondo chepercepiva perso e senza spe-ranza; poi la protesta delcorpo di Julian Beck e JudithMalina e quanto ancora dal-l'origine della scena? Sempre la comunità è stata ilnervo del fare teatro. Quello

lo sguardo dove trovare ispi-razione e parole e quale in-canto si genera quando è lastessa comunità ad osare ela parola si fa racconto, eser-cizio dichiarativo, sfida poe-tica.Dare valore, è esercizio, degliilluminati e il teatro è luogo di"illuminazione", nella piegatrovi sempre la possibilità discrutare nel profondo, nell'ab-bandono ed è lì, sulla scena,che sorge la verità, l'incantodella persona, il suo segreto,il dono della memoria...Di questo saporito pane èfatta l'esperienza che in que-sto libro si narra. Un panetutto di donne... e leggendo levedi, quelle mani, prese allafarina mentre generosamenteri-aprono gli occhi sul loropassato e lo vedi il Salento,quello remoto della nostalgiatutta volto alla campagna, coiritmi che andavano "te sule asule", le giornate lunghe dellavoro e la meraviglia dellafesta, dei canti, degli amori...Quanta sapienza, quantofrontale sentire, quantoosare. Venite, leggete entrateanche voi nel cerchio deivolti. Fate con noi questo tea-tro...

Mauro Marino

in Agenda

Il teatro della vita

La locandina dell’incontro di Leverano con la copertina di Fimmine Fimmine

“Fimmine Fimmine” a Leverano e a Lecce il primo libro di Spagine Edizioni Fondo Verri

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spagine della domenica n°30 - 25 maggio 2014 - anno 2 n.0

Carte d’imbarco! 5 immaginiper 5 scrittori, questo il nomedel primo progetto editoriale del-l'Associazione Positivo Di-retto, ovvero il team di giovanicreativi pugliesi ideatore di Bi-

tume Photofest, festival urbano dedicato alla fo-tografia contemporanea da tempo nella pentoladell'Associazione e che vedrà la sua prima edi-zione nella città di Lecce, il prossimo settembre Il Festival contagerà il tessuto urbano con unaproposta di fruizione culturale piuttosto insolita,ospitando inoltre a Lecce professionisti della fo-tografia noti a livello internazionale e preziosi egratuiti momenti di formazione.

www.bitumephotofest.org

L'invito

Mercoledì 28 maggio, dalle 19.30, FotoFucinaassociazione fotografica, molto attiva sul territo-rio pugliese, accoglierà gli amici di Positivo Di-retto nell'ambito degli incontri dedicati allacultura fotografica a Salice Salentino.Durante la serata Positivo Diretto presenterà unpercorso tematico legato alla Fotografia Con-temporanea. Attraverso una breve digressionestorica si prenderanno in analisi esperienze arti-stiche e progetti di autori italiani e stranieri chesi sono approcciati alla disciplina fotografica inmaniera personale, producendo case historiesesclusive.

Durante la serata si condivideranno i preparativiper Bitume Photofest e si presenterà ufficial-mente il progetto Carte d'imbarco; il titolo ri-manda vagamente ad antiche tipologie di oggettifotografici, come le "cartes de visite", e natural-mente all’idea di accesso ad altri mondi, tempo-rali ed immaginifici. È un piccolo ed emozionanteprogetto editoriale dedicato all’immagine fotogra-fica e alla scrittura, complici alcune fotografie re-cuperate da botteghe e mercati antiquari deiprimi del 1900.

Così si descrive il progetto: "Per questioni radi-cate nella storia di ciascuno di noi, c'è grande in-teresse non solo per l'immagine fotografica, ma

anche per il legame - non sempre facile o scon-tato - che essa ha da sempre avuto con la scrit-tura; la passione per l'autoproduzione editorialee il visual design completano il cerchio.Da qui la prima tappa del progetto, la prima pub-blicazione di questa collana editoriale: invitare iprimi cinque scrittori a farsi trascinare all'internodell’oggetto fotografico a loro affidato. Fotografie di sconosciuti, fotografie "di nessuno",espropriate e ritornate ad essere magma visualefuori dalla raccolta, fuori da quel cassetto, daquell’album, fotografie di chi non c'è più o di chile ha perdute, fotografie che viaggiano di manoin mano, rafforzandosi della loro natura di portali,di fessura verso l'immaginazione, verso il viag-gio. Carte d’imbarco".

Si raccoglie attorno a "Carte" la partecipazionedi autori provenienti dalla poesia e dalla narra-tiva, ma anche autori di fotografia, artisti visualiche praticano il “viaggio della scrittura” e chehanno accettato di buon grado questa avven-tura, la cui unica indicazione è stata di viaggiareattraverso l’immagine, cercare (o perdere ulte-riormente) il punto d’approdo, la destinazioneprescelta. I primi 5 autori coinvolti: Maira Marzioni, AnnaUntitla, Giorgio Barrera , Ilaria Seclì ,Biagio Lieti

***

Pictures of strangers, pictures of ‘nobodies’, em-bodied in a visual magma which goes beyondthe personal memorabilia. Pictures of gone ormissing people, pictures passing from hand tohand, becoming portals towards imaginaryworlds. Boarding cards.This project gathers different authors from poetryto literature, from photography to visual arts,practicing a writing journey through a singleimage which conveys direction to find (or loseagain) the chosen destination.

Per info: [email protected]

Le immagini trovatee la scrittura

di Maira MarzioniAnna Untitla Giorgio BarreraIlaria SeclìBiagio Lietiin un progetto

dell’AssociazionePositivo Direttoa Salice Salentinoin via Cairoli, 87mercoledì 28 maggio

alle 19.30con FotoFucina

copertinaFotografia