Spagine della domenica 69

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s p a g i n e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0 Francesco Sisinni , Senza titolo, 2015,olio su tessuto,50x40cm - Per CreArt a Palazzo Vernazza

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La copertina dei questo numero è dedicata alle “Ipotesi”, di CreArt. Un’ampia riflessione sulla “Questione ulivi” con Alessandro Santoro, Alessandro Vincenti, Luigi Mangia e Raffaele Casarano. Giuliana Coppola sabota i silenzi intorno agli “abbandoni” dei beni culturali. L’opinione è quella di Gigi Montonato. La lettera di Massimo Grecuccio è per Francesco Romanelli. Un report dal Forum Tematico “La Salute in tutte le Politiche”. Gianni Ferraris ha a Gallipoli “Medea”. Alessandra Margiotta recensisce il Cd di “Mattune” e poi l'agenda...

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spa gin e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un om

aggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

della domenica n°69 - 22 m

arzo 2015 - anno 3 n.0

Francesco Sisinni, Senza titolo, 2015,olio su tessuto,50x40cm - Per CreArt a Palazzo Vernazza

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spagine

Storia dell’alberoche non voleva essere tagliato

di Alessandro Santoro

C’era una volta un mae-stoso albero. Ben piantatoin un fertile terreno delSud Italia. In una terra abi-tata dai Messapi, visitatadai Greci e devastata dai

romani. Quelli che arrivarono dopo: Bizan-tini, Normanni,Francesi, Spagnoli, tede-schi, americani…portarono tanto mapresero il doppio.Gente Italica di prime maniere che amavaspremerne le bacche per gli usi più dispa-rati.Ovidio lo chiamò oleastro e raccontò la fa-vola di un pastore punito dalle ninfe cheper la sua sfrontatezza fu fasciato di cor-teccia e trasformato in albero.Viveva in questa contrada da cui era pos-sibile vedere delle grotte che si perdevanonell’ombra di un grande bosco, tra l’on-deggiar di canne lievi. Qui dove abitavaPan semi-capro e poi, prima di lui, le ninfe.Dal succo delle bacche di quel pastore tra-mutato in albero- l’oleastro-si può avereun’idea di quale fosse il suo carattere. Lasua lingua le ha rese amare. L’asprezzadel linguaggio è passata nelle bacche.C’era una volta, si diceva, e c’è ancoraquell’ enorme albero di Ulivo. Quandofosse stato piantato e da chi nessuno losapeva. Era molto vecchio e vecchio erasempre sembrato alla protagonista di que-sta storia: Caterina.Vecchio era sembrato anche al padre diCaterina e così al padre di suo padre.Caterina aveva sentito narrare storie diamori nati sotto quell’albero. Aveva uditodi dita ricurve, di urla al cielo e di canti di-scordi che si accordavano nel rito dellaraccolta delle olive. Aveva letto su qualchevecchio libro di una donna trucidata per-ché aveva stracciato il cappuccio con cui,china al suolo, raccoglieva le olive.Si era spezzata la schiena per svuotare ilcappuccio decine e decine di volte algiorno fino a che il sole non era tramon-tato. La rabbia contro i padroni la versavatutta nelle strofe di tante canzoni. Una diceva:“Patrunu miu mo fazzu carottiQuannu passi cu nci te stocchi”Padrone mio ora faccio tanti buchi /Quando passi ci cadi dentro e ti spezzi legambe.

Poi, un giorno, osò unirsi allo sciopero pro-clamato al grido di “Morte al cappuccio,viva il paniere!”.Le fu sottratta la giovinezza proprio sottoquell’albero. Il suo sangue aveva arros-sato le foglie e dato un sapore ancor piùaspro ai suoi frutti.Caterina amava molto quell’albero.Lo abbracciava spesso. Le rughe dellacorteccia sembrava fossero capaci di at-traversare la sua pelle. Gli anni vissutidall’albero attraversavano i pensieri di Ca-terina e si visualizzavano nitidi davanti agliocchi.Tutti pensavano a Caterina come ad unagiovane un po’ “particolare”. Sempre conla testa fra le nuvole. A cosa starà pen-sando Caterina? In molti ridacchiavano dilei: la giovane che abbraccia gli alberi!Questo faceva Caterina quasi dimestiere:abbracciava gli alberi.Li abbracciava. Ci stava un po’ con gliocchi socchiusi. Poi filava a scrivere unastoria.Scriveva racconti di alberi, d’incontri sottogli alberi, di avvenimenti accaduti tra lefronde degli alberi, favole con gli alberi in-torno agli alberi.Caterina amava tutti gli alberi.Ma quelmaestoso ulivo era decisamente il suopreferito.Le ispirava decine, centinaia di storie.Gli anni passavano e Caterina si accorseche le storie che raccontava erano storierealmente accadute.E così Caterina cominciò a comporre lastoria del maestoso albero di ulivo che re-gnava in mezzo a centinaia, migliaia dialtri alberi. Un enorme bosco si estendevaa perdita d’occhio in tutte le direzioni.La terra era l’unica macchia rossastra inmezzo a tanto verde.

Come scrisse un poeta della sua genera-zione, Carmelo Bene:“Ulivi in preghieratra tanto pensosodolorare di verde”.

Durante le carestie, le guerre, gli alberiservivano come legna da ardere lenta-mente per produrre carboni, li crauni, altrivennero tagliati per fare posto ad enormipiantagioni di tabacco. Poi giunse il cotone

e così venne il momento dei cereali, dellegrandi distese di padroni sempre più avidie i contadini del posto facevano sempre lastessa cosa, da sempre: si spezzavano laschiena.Si piegavano durante i raccolti, si piega-vano alle nerbate, si piegavano osse-quiosi al passaggio del sensale, sipiegavano per il dolore di non riuscire piùad alzarsi.Ad uno ad uno gli alberi sparirono.Ma il maestoso albero d’ulivo era semprelì al suo posto. E cresceva innervandosiintorno ad una corteccia divenuta semprepiù dura, resistente.Talmente dura che nessuno era più ingrado di potarne i ramoscelli o avvicinarsiper raccoglierne le olive.Chi ci aveva provato aveva ben presto de-sistito.Scale scaraventate al cielo, seghe frantu-mate al primo tentativo di taglio. Schizzi diliquame oleoso e scherzi di ogni tipo.Un giorno, ad esempio, un giovane vian-dante che aveva trovato riparo sotto ilmaestoso albero e che tentò di incidere al-cune iniziali sulla sua corteccia fu vistosprofondare, letteralmente ingoiato dall’al-bero. Ritrovarono solo il coltellino del po-veretto spezzato a terra.Un giorno giunse la notizia che era finito iltempo degli alberi.Era giunto il tempo del riscatto.Degli uo-mini che prendevano il controllo del terri-torio. E furono costruite case e vie e cittàe alberghi e parchi di divertimenti e gli al-beri furono strappati alla terra e messidentro grandi vasi e spediti al nord, alfreddo a far bella mostra nelle ville dei ric-chi divenuti sempre più ricchi.Era venuto il tempo della modernità edelle macchine che sfrecciavano da ognilato.Un giorno un macchina si schiantò dirittain mezzo al nostro maestoso albero. Moltevite furono spezzate e le fronde divenneroancora più rosse.Nessuno raccoglieva più le olive perchétutti compravano l’olio già bello e fatto.Olio di olive africane, mischiate a sansaspagnola, raffinato in grandi industriedell’est Europa e rivenduto con il marchioDop sui mercati di tutto il mondo.

contemporanea

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della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0

Non solo la Xillella attanaglia i sogni e le notti dei salentini ma ancheil famigerato progetto di SS 275 e i suoi veleni. E se queste "impo-sizioni" causassero l'effetto opposto? Se risvegliassero i reconditiistinti ribelli dentro ognuno di noi? Cosa succede nel territorioquando la minaccia di un progetto scellerato provoca azioni enuove visioni per la rigenerazione dell'economia locale?

Si tenterà di dare una risposta a queste domande sabato 28 marzo, a partire dalle10.00, presso la sala del Rettorato dell'Università del Salento (Lecce, piazzettaTancredi), in un incontro organizzato dal Comitato 275 con la partecipazione delsuo portavoce, il dottor Vito Lisi, in collaborazione con LINK - Coordinamento uni-versitario Lecce e il CSV Salento. Il dibattito sarà avviato da Paolo Cacciari, autore di diversi libri su una visione eco-nomica alternativa al consumismo occidentale, fra cui l'ultimo "Vie di fuga". A ri-condurre il focus sul territorio, due gruppi di voci diverse: da una parte, JuriBattaglini e Mauro Lazzari del L.U.A (Laboratorio Urbano Aperto) illustreranno ilprogetto del Parco dei Paduli, attualmente in lizza per il prestigioso "Premio delPaesaggio del Consiglio d'Europa", mentre "L'affaire SS 275" verrà sviscerato neidettagli dall'avvocato Luigi Paccione, con riferimento alle recenti novità sull'affi-damento/annullamento della gara fra ditte divoratrici. Moderatrice dell'incontro sarà la giornalista Tiziana Colluto. Il convegno sarà dedicato al Bene comune.

www.sos275.it

Una mattina degli uomini arrivarono con leruspe. Bisognava fare spazio ad unanuova strada a quattro corsie. Una stradaper raggiungere il mare velocemente, unastrada per i turisti, per le loro macchine,per i loro soldi.Quell’albero doveva sparire una volta pertutte.Caterina si oppose con tutte le sue forze.A Caterina non era rimasto granché percui combattere.Le sue storie non le comprava più nes-suno perche tutti guardavano lo schermotelevisivo, o quello del computer o, ancorapiù follemente si perdevano negli scher-mini dei cellulari, e la sua immaginazionesi stava consumando insieme agli alberisradicati.La sua pelle si era innervata proprio comequella corteccia. I suoi capelli cresciuti adismisura e le sue unghie come rami sicontorcevano. Caterina stava diventandoun albero e ad ogni tronco abbattuto eracome se qualcosa morisse dentro di lei.Quello di cui nessuno si rendeva conto èche tutti gli abitanti di quella terra eranocome Caterina. Figli degli alberi. Avevanotradito i loro padri. E i padri dei loro padri.Non si rendevano conto che ogni qualvoltaacconsentivano all’abbattimento di un al-bero stavano segando la loro stessa vita.In molti iniziarono ad ammalarsi.Morivanoe cadevano come olive svuotate dallamosca olearia.Proprio questo accadeva alle persone. Nelbel mezzo della loro vita cadevano e mar-civano per terra.I medici trovarono mille nomi per quellache tutti consideravano una malattia.Quando vennero a distruggere l’ultimo al-bero rimasto Caterina si fece un tutt’unocon il maestoso albero.La ruspa cozzò più volte contro di lorosenza riuscire a intaccarli minimamente.L’asfalto disteso in gran quantità fu diveltodalle radici.Allora costruirono una grande rotatoria edi Caterina si persero le tracce.Scomparve in una notte tra il Natale eSanto Stefano. Qualcuno dice che stesselavorando ad una nuova storia.Una storia che narrava della riconquistadella terra. Di giovani uomini e donne chesmettevano di costruire strade e riprende-vano a piantare alberi. Nessuno ha mailetto quella storia perché Caterina non riu-scì mai a scriverla.Ancora oggi il maestoso albero è lì inmezzo alla rotatoria a ricordarci queltempo in cui il mondo era foderato dipiante e di alberi. Il maestoso albero chenon voleva essere tagliato è sempre lì e,ogni volta che passo lo saluto: Ciao Cate-rina!

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spagine della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0contemporanea

di Alessandro Vincenti

Il vuotodi potere

I l 1° febbraio 1975, Pasolini pub-blicava sul Corsera un articolo daltitolo “Il vuoto di potere”. Il poetafriulano, traendo spunto da un ar-ticolo di Franco Fortini, faceva ri-ferimento ai cambiamenti della

società e della politica italiana in rela-zione al fascismo (fascismo “aggettivo”o “sostantivo”), indicando nei primi annisessanta il periodo in cui avvenne la«scomparsa delle lucciole».“A causa dell’inquinamento dell’aria e,soprattutto, in campagna, a causa del-l’inquinamento dell’acqua (gli azzurrifiumi e le rogge trasparenti) sono comin-ciate a scomparire le lucciole. Il feno-meno è stato fulmineo e folgorante.Dopo pochi anni le lucciole non c’eranopiù”, scriveva Pasolini.La scomparsa delle lucciole dovuta al-l’inquinamento di un’industrializzazioneforzata del Paese, nella fase ascen-dente del boom economico italiano,coincideva con la perdita di quei valoriappartenenti a culture peculiari e con-crete che costituivano l’Italia agricola epaleoindustriale. Dopo la scomparsadelle lucciole i vecchi valori di colpo noncontarono più.A sostituirli furono “valori” di un nuovotipo di civiltà, totalmente “altra”. Di que-sto radicale cambiamento i potenti de-mocristiani - la DC era il partitoegemone in quella fase storica della Re-pubblica italiana- non si accorsero. “Inpochi mesi- scriveva Pasolini- essi sonodiventati delle maschere funebri. Soncerto che, a sollevare quelle maschere,non si troverebbe nemmeno un mucchiod’ossa o di cenere: ci sarebbe il nulla, il

vuoto. La spiegazione è semplice: oggiin realtà in Italia c’è un drammaticovuoto di potere. Ma questo è il punto:non un vuoto di potere legislativo o ese-cutivo, non un vuoto di potere dirigen-ziale, né, infine, un vuoto di poterepolitico in un qualsiasi senso tradizio-nale. Ma un vuoto di potere in sé.” Ilvuoto di potere era rappresentato, perPasolini, dall’incapacità di compren-sione da parte della dirigenza della DCdei reali processi storico-sociali che inquegli anni stavano trasformando irre-versibilmente l’Italia, “Il potere reale pro-cede senza di loro: ed essi non hannopiù nelle mani che quegli inutili apparatiche, di essi, rendono reale nient’altroche il luttuoso doppiopetto. Ad ognimodo, quanto a me (se ciò ha qualcheinteresse per il lettore) sia chiaro: io, an-corché multinazionale, darei l’interaMontedison per una lucciola».

A distanza di quarant’anni esatti dall’ar-ticolo di Pasolini, la scomparsa dellelucciole è ormai un fatto acclarato in di-verse zone del nostro Paese e il vuotodel potere politico, destrutturato in milleinteressi particolaristici spesso in con-flitto tra loro, si è a tal punto cronicizzatoche non sembra più esserci una solu-zione definitiva al male, ma solo terapielocalizzate di contenimento che mirano,al massimo, a cauterizzare quei focolaidi corruzione e di deviazione particolar-mente purulenti, come le vicende suMafia Capitale e, da ultimo, lo scandaloGrandi Opere stanno a insegnare. Ma questo vuoto ha anche la forma diun’Unione Europea nelle mani di buro-

crati sempre più attenti al mondo dellafinanza piuttosto che all’economia reale,incapace di proteggere il suo territorioda minacce esterne, come la Xylella fa-stidiosa, che rischiano di azzerare intericomparti economici, come sta avve-nendo nel Salento con l’olivicolo. . L’UE-come fa notare in un suo intervento ilsenatore Dario Stefano- in questa vi-cenda ha dimostrato tutta la sua incapa-cità nel proteggere il territorio europeodall'introduzione di un batterio tra i piùpericolosi della lista EFSA, pur essendoa conoscenza da diversi anni del peri-colo Xylella nel Salento, come dimostrala mappa in suo possesso sulle areemaggiormente esposte a questa infe-zione, in cui il nostro territorio era se-gnalato come ad alto rischio. A epidemia conclamata, l’UE invece diintervenire come fece per altre emer-genze, come ad esempio per l’Aviaria,ha preferito nascondere le proprie re-sponsabilità dietro misure devastantiper il territorio, che prevedono l’eradica-zione delle piante infette e il trattamentocon pericolosi prodotti chimici delle areea ridosso dei focolai. Una soluzione che non risponde al pro-blema su come salvare gli ulivi, e di con-seguenza l’economia del nostroterritorio, ma solo a quello su come eli-minare la Xylella tout court. Un drammatico vuoto quello della UEche rischia di sacrificare il simbolo delnostro territorio: l’ulivo, al cinismo dellemaschere funebri dei burocrati di Bru-xelles. Speriamo bene.

Un ulivo in un disegno di M.F. Caliri

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spagine della domenica n°63 - 8 febbraio 2015 - anno 3 n.0allarme ulivi

L’eradicazione e poi la distruzione col fuoco di mi-lioni di ulivi anche secolari non è un rischio, ma lacertezza di ridurre in cenere la Storia Sociale delSalento. L’infezione dei Giganti della Terra è co-minciata nel 2010. Per tanti anni nessuno ha vo-luto vedere il pericolo e la xylella fastidiosa ha

avuto piena libertà per i suoi effetti disastrosi selle piante.L’Europa è stata assente, la politica sorda e cieca, il vecchioPresidente della Commissione Europea dell’Agricoltura PaoloDe Castro distratto. Ora la scienza dell’incoscienza, di facile in-telligenza, trova e propone come soluzione quello che feceronel lontano Medioevo, contro le pesti giunte in Europa permezzo delle navi nelle belle città: la soluzione del fuoco propriocome i Duchi di quel tempo. Fu un errore ed una inutile violenzadistruttiva di persone e cose.Ridurre in cenere gli ulivi secolari vuol dire voler distruggereuna lunga e forte tradizione culturale nel Mediterraneo dei Po-poli quindi dei Salentini. Non per anni, ma da sempre, l’ulivo hadeclinato la storia del Cristianesimo ed ha rappresentato laPace: l’ulivo è la riconciliazione dell’uomo, l’idea nella mentedel Dio giusto contro quella di Dio sbagliato. L’ulivo è la via dellaPace, dove l’intelletto poetico trova l’ispirazione per fissare nelleparole l’appartenenza alla Terra.Il poeta Girolamo Comi nella sua poesia esalta l’essere dei voltie luoghi della terra che nell’ulivo si raccontano:

“Ecco il mio Tronco: stelo, frutti e carneed echi sordi di succhi e di cieli.Antichità di giovani risveglinel peso universale del mio sangue.

Ecco il mio Tronco che grezzo detieneattributi d’essenze e di vigoresia che s’addorma o canti di fulgoreper tutti i rami e per tutte le vene.”

Non possiamo ridurre in cenere il diritto di avere rispettato unadelle visioni più belle ed emozionanti del paesaggio del Medi-terraneo nel Salento nella sua posizione geografica di portad’Oriente. Venendo dal mare verso Otranto, quando l’alba sicarica di rosa d’Oriente e gli ulivi di verde argento accompa-gnano la luce bianca e nella bocca si sente il sapore del mare:allora gridi, carico di rabbia, “giù le mani dagli ulivi. E’ la terranoscia. La Terra noscia nu se tocca”.Il diritto di vivere la luce bianca, di gioire dell’alba rosa d’Oriente,del sapore del mare, del piacere dell’olio sul pane quotidianosono e devono essere per tutti noi le ragioni di una lotta di re-sistenza senza se e senza ma contro la cenere. Ancora devonoessere queste le ragioni rivolte agli scienziati ed ai tecnici perscongiurare la soluzione di ridurre in cenere la storia del Sa-lento e trasformare in deserto il “genius loci” della nostra terrasempre generosa.L’edizione 2015 del Jazz Locomotive Festival in collaborazionecon il F.A.I. ha un forte interesse per l’ambiente e per la storiadei luoghi, infatti: Jazz, terra e mare sono il tema che la musicaracconterà per dieci giorni di festa secondo i gusti di due grandimusicisti della musica Jazz come Raffaele Casarano e PaoloFresu. Per noi del Locomotive le giornate 20 e 21 marzo delF.A.I., dedicate alla scoperta dei monumenti dimenticati sonostate dedicate anche ai “monumenti” traditi, trascurati, malcuratie abbandonati: gli ulivi secolari che mai, assolutamente mai,devono essere ridotti in cenere.Sabato, con questo spirito, alla Torre di Belloluogo, RaffaeleCasarano ha suonato il suo sassofono e Luigi Mangia ha lettoi versi della poesia dedicata all’ulivo da Girolami Comi.“Giu le mani dagli ulivi, Giganti della Terra. La terra noscia nuse tocca”.

di Luigi Mangia e Raffaele Casarano

Non riduciamo in cenere

la nostra storia

Il monito del Locomotive Jazz Festival in difesadei “monumenti” traditi, trascurati, malcurati e abbandonati: i nostri ulivi secolari minacciati dagli abbattimenti

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SABOTARE SILENZI, oggi èsabotare silenzio che gravasu libri chiusi in bibliotechechiuse, perché non ci so-vrasti inverno dello spirito,ora che è giunta primavera,

è passato suo giorno ed è passata anchegiornata dedicata alla poesia, in ogni an-golo, poesia.SABOTARE SILENZI è andare davantialla biblioteca, anche se chiusa; implorarea nome loro, la libertà per libri chiusi.SABOTARE SILENZI, oggi è aprire unlibro e leggere a voce alta le sue pagine.….”Costruire un porto, significa fecondarela bellezza d’un golfo. Fondare bibliote-che, è come costruire ancora granai pub-blici, ammassare riserve contro uninverno dello spirito che da molti indizi,mio malgrado, vedo venire. Ho ricostruitomolto: e ricostruire significa collaborarecon il tempo nel suo aspetto di “passato”,coglierne lo spirito o modificarlo, proten-derlo, quasi, verso un più lungo avvenire;significa scoprire sotto le pietre il segretodelle sorgenti”.Margherite Yourcenar dà voce ad Adriano;leggere le memorie, oggi, è guardare conocchi diversi il passato di San Cataldo, delsuo porto, di questa terra nostra. Adrianosi augurava un porto che fecondasse la

bellezza di un golfo, desiderava scopriresotto le pietre il segreto delle sorgenti del-l’Idume, sentire il segreto per non distrug-gere passato.Leggo ad alta voce “Il vero luogo natio èquello dove per la prima volta si è posatouno sguardo consapevole su se stessi: lamia prima patria sono stati i libri.”SABOTARE SILENZI è riconquistare lamia prima patria, il mio posto in una biblio-teca.Le memorie di Adriano mi assalgonomentre osservo su Santa Croce miei similiche si confondono con figure di pietre;mute le pietre, loro urlano e fischiano;l’urlo di Munch, penso; ma quello è muto,muto come lo sbigottimento, come le pie-tre, come la Biblioteca Provinciale aLecce; ora è muto anche il libro che portocon me, che parla solo se qualcuno lo sfo-glia, ne carezza le pagine, ne diventa “ho-spescomesque”, ospite e compagno diviaggio. Rifugiarsi in un libro oggi è incoraggiarloa resistere, è aiutarlo ad aver voce; solochi legge può donare a lui la voce. Eccoperchériprendo a leggere ad alta voce.…”Quando cerco di definire questo beneche mi è stato donato da anni, dico a mestessa che un simile privilegio, benchétanto raro non può tuttavia essere unico;

che a volte deve pur succedere che nel-l’avventura d’un libro riuscito o nell’esi-stenza d’uno scrittore fortunato, ci siastato qualcuno, un poco in disparte, chenon lascia passare la frase inesatta o de-bole che per stanchezza vorremmo la-sciare; qualcuno capace di rileggere connoi fino a venti volte, se è necessario, unapagina incerta; qualcuno che va a pren-dere per noi sugli scaffali delle bibliotechei grossi volumi nei quali forse troveremoancora un’indicazione utile, che si ostinaa consultarli ancora quando la stanchezzace li aveva già fatti richiudere; qualcunoche ci sostiene, ci approva, alle volte cicontraddice; che partecipa con lo stessofervore alle gioie dell’arte ed a quelle dellavita, ai lavori dell’uno e dell’altro, mai no-iosi e mai facili; e non è la nostra ombrané il nostro riflesso e nemmeno il nostrocomplemento, ma se stesso; e ci lasciauna libertà divina ma, al tempo stesso, cicostringe ad essere pienamente ciò chesiamo. Hospescomesque”.SABOTARE SILENZI è oggi ridare libertàa questo appunto dei taccuini di Marghe-rite Yourcenar, prendendo da uno scaffaledella biblioteca riaperta le sue “MEMORIEDI ADRIANO”.

spagine pensamentidella domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0

La patrianei libri

di Giuliana Coppola

Margherite Yourcenar

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della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0

L’abecedariodi Gianluca Costantini e Maira Mar-

Urgeva per noiuscire

tra le uve e gli uliviululavamo

all’ultraterrenocome uccelli…

Umano visceralmente umano

era il nostro

vestirci di ventovegliare sul vuoto.

Urgeva per noiveleggiare sulla vita

come universi variegativagabondi vicini

sulla Via dei Volati.

spagine

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L a strage del 18 marzoal Museo del Bardo aTunisi è l’ennesima di-mostrazione che siamoin guerra. Lo ha riba-dito il presidente tuni-

sino Essebsi. Una strana guerra,che a noi appare come una tragicamessinscena, in cui da una parte cisono nemici invisibili che si materia-lizzano all’improvviso e colpisconocon spietatezza e dall’altra personecasualmente esposte che per evi-tare di essere colpite cercano dismaterializzarsi come possono. Unaguerra che noi occidentali, votatiormai dopo le febbri ideologiche delNovecento all’edonismo e all’utilita-rismo, non vogliamo o non sap-piamo capire. Ci rifiutiamo diconvincerci che ci sono ancora uo-mini e popoli che non la pensanocome noi, che sono contro le nostrepiccole aspirazioni quotidiane perperseguire disegni politici e spiri-tuali più grandi, più ambiziosi, menoriconducibili al nostro utile più mate-riale ed effimero. E’ proprio questoil grandioso progetto che hanno icombattenti e i sostenitori del cosid-detto Califfato (Isis), fare di tuttaun’area geopolitica un soggettounico in grado di affrontare e an-nientare il grande nemico di Allah edel suo Profeta, che sarebbe l’Occi-dente. Qualcosa che a noi occiden-tali appare come una criminalefollia. Dopo Parigi, Tunisi. Dopo la reda-zione di un giornale satirico coi suoiredattori, il museo coi turisti in vi-

sita. Vittime e ancora vittime. Nonc’è luogo che non sia nel mirino delterrorismo islamico, che non possaessere colpito quando meno ce loaspettiamo. Si dice che l’attacco aivisitatori del Museo è stato un ri-piego dopo il fallito attacco al Parla-mento. Se è vero, è ancora piùgrave. La casualità è nell’opzionedel terrore fattore assai più deva-stante. Quest’ultimo attentato dimo-stra che non ci sono obiettiviprioritari, simbolicamente più impor-tanti di altri, come pure si pensa e sidice. I terroristi si erano preparatiper fare irruzione e strage nel Par-lamento mentre si discuteva propriouna legge contro il terrorismo. Nonessendoci riusciti, si sono rivolticontro i primi che sono loro capitatiinnanzi. Anche la distruzione del pa-trimonio artistico ed archeologico,visto come un deliberato tentativo dicancellare le testimonianze di unaciviltà da loro non riconosciuta o daloro percepita come ostile, è unanostra interpretazione. Il terrorismoislamico, per come si sta manife-stando, dimostra che ovunque colpi-sca coglie sempre un simbolo delnostro modo di essere, che è sem-pre agli antipodi del suo, che si trattidella nostra abitudine a ridereanche delle cose serie e sacre (lasatira di Charlie Hebdo) o del com-piacimento nell’ammirare le granditestimonianze del nostro passato(museo del Bardo). Questo modellodi vita è avvertito dall’Islam radicalecome una minaccia al suo mondo,sempre più frammentato e diffuso in

territorio nemico per gli inarrestabiliflussi migratori. Ma noi – dicono i politici del mondooccidentale – non reagiremo, per-ché reagire significa fare esatta-mente quello che i terroristi voglionoche facciamo. No, non gliela da-remo vinta!Non si sa se una simile risposta siadettata da oggettiva impotenza o dacalcolo. Si può capire tutta la diffi-coltà di una situazione in cui i re-sponsabili di questa guerra nonhanno uno stato, non hanno un ter-ritorio, non hanno una popolazioneben definiti, ma subire senza nep-pure ipotizzare una reazione direttaè francamente inammissibile. Purammettendo che tutto di loro è sfu-mato, sospeso, e sciolto nella loropropaganda, un nostro segnale divitalità sarebbe importante.La risposta che si intende dare,stando a quanto dicono i nostri poli-tici, passa dalla mediazione politica.Si dice che nei territori in cui sonoarrivati i combattenti del Califfatoper conquistarli alla loro causa, Iraqper intenderci e Libia, ci sono isla-mici buoni che glielo vogliono impe-dire. Allora noi dobbiamo aiutarli arespingere gli islamici cattivi. E’tutto quello che possiamo fare. Macome? Limitandoci a fornire armi etecnologie per far combattere glialtri? Se pure la risposta politica e me-diata fosse valida e producesse ef-fetti positivi, che cosa dovremmosubire ancora? Quanti e quali altriattentati? Perfino la chiesa, in rispo-

spagine

Una guerrada combattere

di Gigi Montonato

Non c’è luogo che non sia nel mirino del terrorismo islamico,che non possa essere colpito quando meno ce lo aspettiamo

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della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0l’opinione

sta ai massacri dei cristiani in varieparti del mondo dove dominano gliislamici cattivi, non esclude più la ri-sposta armata pur di mettere fine aduna persecuzione che, lasciata con-tinuare nell’impunibilità, potrebbegenerare profili di complicità. Lostesso Presidente Mattarella hadetto che per combattere il terrori-smo non abbiamo più molto tempo.Ma al di là delle parole ancora nonsi vede l’inizio di un fatto. Siamocolpiti direttamente e ripetutamentee noi ancora pensiamo di dare ri-sposte indirette. Chiamati a difen-derci, lasciamo che siano altri afarlo per noi; li paghiamo per farlo.Ci comportiamo da furbetti. Conti-

nuiamo a non capire che gli arabi,gli islamici, i popoli insomma del-l’Africa settentrionale, mediterra-nea, sia quelli che noi chiamiamoislamici buoni sia i cattivi, non sonopopoli meno civili e intelligenti dinoi. I nostri piccoli calcoli valgono inostri complessi di superiorità. Sevogliamo il rispetto dobbiamo dimo-strare di meritarcelo, intervenendodirettamente, al fianco dei nostriamici e alleati, per sconfiggere i ne-mici comuni. Pensare che altri, siapure col nostro aiuto a distanza,possano liberarci dal pericolo in-combente, è un errore.La sicurezza che potremmo ottenerenell’immediato con la pacificazione

a noi comoda della Libia, della Siriao di altri paesi dell’Africa mediterra-nea sarebbe di breve durata e co-munque ci metterebbe nellacondizione di essere ricattati. Lostesso Gheddafi, che pure avevaraggiunto con noi un equilibrio dirapporti proficui, ogni tanto ci mi-nacciava di farci invadere da mi-granti. E’ necessario allora chel’Italia e l’Europa dimostrino la loroforza e impongano la sicurezza nelMediterraneo; molto meglio che ot-tenerla con un prestito ad usura. Iltempo delle attese, dei calcoli, deitrucchi, delle furbizie è finito.

Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Fondo Verri

esce la domenica a cura di Mauro Marinoè realizzato nella sede

di Via Santa Maria del Paradiso, 8.a , Leccecome supplemento a L’Osservatore in Cammino

iscritto al registro della Stampa del Tribunale di Leccen.4 del 28 gennaio 2014

Spagine è stampato in fotocopia digitale a cura di Luca Laudisa Studio Fotografico San Cesario di Lecce

Programma delle Attività Culturali della Regione Puglia2015 Artigiana - La casa degli autori*SpagineFondo Verri Edizioni

Ulisse e le sirene in un mosaico conservato al Museo del Bardo di Tunisi

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spaginelettera aperta e piena zeppa di bugie, a Francesco Romanelli da Massimo Grecuccio

della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0

(Elogio del gossip)O vero!

Francesco, sei un bugiardo.Non sei ancora un bugiardopatentato, ma aspiri ad es-serlo (e forse sei sulla buonastrada). Mi viene da dire: Seiun bugiardo, come tutti gli ar-

tisti. Se l’artista è colui che è sposato conl’Arte (questa definizione non sta né in cieloné in terra), tu sei ancora scapolo. O, me-glio, sei nella fase del corteggiamento. Sequesta è la tua aspirazione, ti dico che la si-gnora in questione, quando è in tiro, apparebellissima; però, non è monogama, ha unharem ed è pure bisessuale (sappilo). Ilfatto che la signora sia infedele non è unmale. Anzi, aggiunge del pepe alla rela-zione (che rischia sempre di cadere nel trantran). A dirla tutta, però, mi sembra che lasignora, più che di coniugi, ami circondarsidi corteggiatori assidui (non petulanti, però),maschi e femmine. Molti la vogliono, nes-suno la possiede solo per sé.

Francesco, sei un ladro. Forse pensi chenessuno ti abbia visto, ma non è così (eforse non sei sulla buona strada). Un cor-teggiatore che è anche un ladro, rischia diessere irresistibile. Non un ladro di gioielli,o di denaro. No. Piuttosto un ladro di cilie-gie, o di rose. O di cornici. Ho rubato delleciliegie per te, amore mio. L’Arte, questa si-gnora volubile e voluttuosa, apprezza mol-tissimo un dono così (anche se èl’ennesimo), un dono con una punta di co-raggio dentro una bugia.

Il tuo è un corteggiamento preparato (parteda lontano). Ti sei innamorato (della suabellezza, ho già detto) e hai pensato: vorreiche fosse mia. Come posso avvicinarla efarmi notare? Non hai agito d’impulso(però, il cuore era trepido). Hai capito, chepiuttosto che averla subito, era meglio pro-crastinare l’incontro, così che lei avesse iltempo di apprezzare le tue qualità e il con-tatto non fosse fuoco di paglia. Nel frat-tempo allenavi le tue qualità, perché, traquelle di moltissimi corteggiatori, rifulges-sero meglio ai suoi occhi. Per il rituale delcorteggiamento, hai cercato i racconti delle

imprese di quelli che, avendo allestito nelpassato belle feste, erano riusciti ad avvici-narla prima di te. I racconti sono uno dei sentieri che il pas-sato percorre per venire a noi; o, il che è lostesso, che noi cerchiamo per tornare nelpassato.

Francesco, tu mi hai invitato a una tappadel tuo cammino (gli invitati erano circa 60;e io, noi ci conoscevamo appena, tra queiprescelti). E sono venuto a vedere il tuogesto. Ho messo le cuffie (non per ascol-tare ma per insonorizzare), e ho rispettato(avrei anche potuto non farlo) la tua conse-gna: “Non oltrepassare quella soglia”. Hoguardato dentro la stanza (non credo perpiù di un minuto) e sono tornato. Un lieveimbarazzo (io, tra voi freschi ventenni). Duerighi con firma sul quaderno delle presenze.Una o due foto per l’archivio. Il congedo.Non credo che tu abbia chiesto a tutti i con-venuti di fornire testimonianza (non molti ichiamati, pochissimi i testimoni?). E non c’ètribunale che possa avanzare tale richiesta.Io mi autoconvoco. Da persona curiosa deifatti artistici. Né un artista, né un critico. Undilettante allo sbaraglio. E per fornire unadisamina dilettantesca, sì, ma non del tuttoindegna (spero), ho cercato dei sentieri cheportano nel passato più, o meno, recente.Provo a indicarteli, con cenni più, o meno,allungati. E te li racconto con parole mie.La stanza ora è chiusa (?), ma il gesto nonè concluso.

TUTTO HA UN SENSO?In questo sentiero incontro un uomo che èpiù di un uomo. Che scavalca le importan-tissime necessità vitali, e che prova a inter-rogare quello che vede. È unatteggiamento che può sfociare in una do-manda, oppure restare muto. Restringo ilcampo in cui può nascere la domanda (ilcampo dell’arte?) e semplifico (non poco).Se si dispone, per esempio, uno sposta-mento (una metafora?), magari con l’ausiliodi una bugia, di un furto, e poi si chiama untestimone, lì ci può essere un senso, o unnon senso. Chiamo artista il costruttore

della metafora e testimone colui (unuomo/una donna) che ha visto, che ha sen-tito e che, soprattutto, è disposto a parlaredi quello che ha sentito e visto. A fornire,cioè, una testimonianza, un resoconto, unracconto. Qualcosa è accaduto. Che per-mane? Che c’è dietro quella porta? Se il buco dellaserratura non lascia intavedere granchè,scardino la porta (un gesto da ladro) e spa-lanco un panorama. La stanza chiusa è un contenitore di cosa? Col tuo gesto hai aperto una stanza chiusa.

DI QUANTO SENSO ABBIAMO BISO-GNO? (TUTTI GLI UOMINI SONO BU-GIARDI?) In questo sentiero mi imbatto nelle meta-fore. Restringo anche qui la domanda. Tuttigli artisti sono bugiardi? La sparo grossa(sarebbe meglio valutare con esempi). Ipoeti lo sono perché nell’espressione, si ab-buffano di metafore (qualcuna la sputano).Cioè (semplifico), di bugie. Il modo con cuii poeti usano le parole ci ricorda che sono(quasi) tutte metafore. Se dicessi: “Ho sete,mi porti per favore un bicchiere d’acqua?”Tu, che sei gentile, me lo porteresti subito.I poeti, invece, per dire ho sete, non siesprimerebbero in maniera così prosastica(tu penseresti: “Che cattivo poeta!”). E maie poi mai ti chiederebbero un bicchiered’acqua (anche se è quello che vogliono).E se anche lo facessero, tu daresti a quelgesto verbale un’attenzione che assottiglia,fino a farla svanire, la richiesta. Tutti portanoai poeti (alle loro parole, credute metafore)un’abbondanza di senso e nessuna gocciad’acqua (e così i poeti muoiono assetati).I poeti non sono i soli a usare metafore.Col tuo gesto, togliendo la porta dai cardinie mettendo la regola: “Non oltrepassarequella porta”, hai indicato una cornice (in re-altà è il telaio a muro della porta!).

TUTTO HA UN SENSO? TUTTO PUÒESSERE USATO? In questo sentiero vedo un orinatoio (non cifaccio la pipì). Cioè, un gesto, il gesto diMarcel Duchamp. Il quale aveva collocato

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sul piedistallo (in un posto che non eraquello naturale per l’oggetto) un orinatoio(non fatto con le sue mani). “Signore e si-gnori, questa è arte! La nuova arte!”.Duchamp (un bugiardo, un ladro, un geniodel millantato credito), indicava un modo (itempi, alla catena di montaggio, erano ma-turi) di suggerire la possibiltà di un senso.Semplicemente spostando un oggetto (conle parole si faceva da tempo). Forse cercavi “quel non so quasi che” e haitrovato quella stanza isolata sul terrazzo.Era chiusa. La stanza ha due finestre (nonoscurate), dalle quali hai visto il contenuto.Dentro, lì stipate e abbandonate, c’eranouna serie di oggetti dello stesso livello se-matico dell’orinatoio. Hai aperto la stanza.Non potendo mettere la stanza su un pie-distallo, le hai dato una cornice (un piedi-stallo sotto mentite spoglie).

TUTTO PUÒ ESSERE ACCUMULATO(OVVERO CONSERVATO)?In questo sentiero si arriva a una casa spe-ciale, una Casamercio, ossia il Merzbau diKurt Schwitters. Il Merzbau è una casariempita, oltre che degli effetti personali, diquadri (non bidimensionali) fatti con cose dirisulta, con oggetti di riciclo, con collage,con parole (poesie), con fogli (scarti di tipo-grafia). Anche di materia organica. Unmuseo? Una specie di discarica? Unmuseo-discarica? Un archivio? No. Piutto-sto un nido, una capanna, una stalla. Unluogo dove si e vissuti.Quando hai tolto il sigillo alla stanza hai tro-vato: due lavatrici, alcuni secchi, uno o piùbidoncini, una pila (un lavandino) attaccataal muro, un’angolo cucina a muro, unagrande armatura meccanica, una rete me-tallica (da letto); e altre cose. La stanza èscoperchiata. E cosi, la pila quando pioveè una specie d’acquario (lo si capisceanche da lontano;) e in varie parti si è ac-cumulata quel tanto di polvere (di terra) dafar spuntare alcuni fiorellini. In quello spazioprofanato hai collocato (appesi alle travi,poggiati per terra o nella pila) alcuni cilindridi cartone fatti a mano (lo si vede dal lieverestringimento delle legature; i cilindri sono

fogli di cartone arrotolati e legati).

QUANTO TEMPO? (L’APPARECCHIA-TORE DI ESCHE)Cammino e vedo una stanza. Prima, nonlontano dall’ingresso, ci sei tu che mi chiamicon la mano. Mi avvicino e mi chiedi: “Vuoispiarci dentro?”. “Perché no, dico”. “E, al-lora”, replichi, “rimanga sulla soglia e nonentri”.Tu mi consegni un paio di cuffie e ti volti,dando le spalle all’ingresso. Io mi avvicinoalla soglia, mi fermo e guardo dentro conavidità (la stanza è scoperchiata e c’è unabella luce). Non un minuto di più, ti dico“Grazie” e continuo.“Mi ha teso una trappola”, penso, conti-nuando a camminare. E quella regola, poi.“Non oltrepassate quella soglia”. Fumonegli occhi. Ne sono uscito, ma mi sentoancora dentro la trappola. Come è riuscitoa non farmi vedere l’esca? Come, e dove,l’ha nascosta? Per scrollarmi di dosso lasensazione di essere imprigionato penso auno squalo, a un letto sfatto con le traccedi performance sessuali, a un meteorite cheha colpito un papa, a un mucchio di colo-rate caramelle in un angolo, alla merda inscatola, a un taglio su di una tela. Questovortice di immagini mi fa baluginare un’idea.Eccola, sto per acciuffarla. Non c’è più, èsvanita (la sensazione ancora c’è).

STABILIRE RELAZIONI (L’ARTE ÈESPERIENZA CONDIVISA?)Faccio una sosta. Mi fermo e mi siedo.Penso a un rettangolo, posato per terra, dicaramelle di diversi colori. Svariati metriquadri. Quanti chili di caramelle. Io, conaltre persone, ci giriamo intorno. Sono pro-prio caramelle. Una donna si china a pren-derne una, la scarta, la mangia (loro sonosempre davanti a noi, rassegnati). A uno auno la imitiamo. Tutti rivolgiamo, ognuno lasua, le caramelle in bocca. Sembriamo tantibambini che hanno rubato la marmellata.Nessuno ci rimprovera. Nessuno prendeun’altra caramella. Mi viene in mente lafrase del rito (nel sogno, il rito è un ritolaico): “Prendete e mangiatene tutti.”

Tutta la vita è stabilire relazioni (tra le idee,tra le cose, tra le persone)? E poi parlarne? Parlare di relazioni. Fare del gossip, nien-t’altro.

Caro Francesco, grazie di avermi invitato.Massimo Grecuccio

Francesco Romanelli è uno studente del-l’Accademia di Belle Arti di Lecce. Tempofa avevo visto dei suoi lavori nel foyer delTeatro Koreja, nell’ambito della rassegnaSENSO PLURIMO (curata da MarinildeGiannandrea) e mi erano piaciuti (erano in-terventi minimi su pagine spaginate e ingial-lite di vecchi libri). Con ProgettoIMMERSIONE / continua stanza, ha pro-fanato uno spazio, estraneo, chissà daquanto, a presenze umane. In quellastanza, priva di tetto (rimangono le travi), sista consumando il lento deterioramentodegli oggetti di materiali duri (metalli, per lopiù, ma anche plastica e forse legno) cheper la metà la coprono. In quell’ambiente,Francesco Romanelli ha portato cilindri dicartone e li ha posizionati in vario modo al-l’interno. Questo inserimento di un mate-riale molle (deteriorabile in tempi brevi) efatto a mano in un readymade, rende vanauna catalogazione degli oggetti presenti se-condo il tipo (secchi, lavatrici …). E indicacome più sensata (credo) una classifica-zione secondo la durezza (duro/molle) e ladurata (di lungo/breve corso). Ha utilizzatosolo gli oggetti presenti, o ne ha portatoqualcuno nuovo? Ha cambiato la disposi-zione degli oggetti presenti, o li ha lasciati lidov’erano? Rimanendo sulla soglia, su diun ripiano (appoggiato alla parete di sini-stra) si distingue un bidone con la scritta (in-quietante con ironia) MARINA MILITARE.Mi sembra che Francesco Romanelli provia fare un gioco (ingaggiare una lotta) conla variabile tempo. Tra i suoi riferimenti (traaltri) mi pare di poter indicare Emilio Isgròe Giulio Paolini.Redigerà un’accurata disamina (video, foto,testi) dell’evento Progetto IMMERSIONE/continua stanza.

I luoghi di Immersione 7 continua stanza

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spagine accade in cittàdella domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0

Si è tenuto a cura del Forum Tematico “La Salute in tutte le Politiche”il primo workshop sulla “Promozione della fruibilità del centro della città di Lecce”

Organizzato dal Forum Tematico “La Salute intutte le Politiche”, si è svolto a Lecce, loscorso sabato 7 marzo 2015, al Fondo Verri,il 1° workshop sulla chiusura del centro dellacittà di Lecce al traffico veicolare privato.Dopo due relazioni riguardanti i benefici in ter-

mini di salute e di limitazione dell’inquinamento atmosferico,sono state illustrate le possibili opzioni. Ciascuna di esse èstata poi discussa in gruppi di lavoro, seguendo il metodoSWOT (Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Risks) ed in-fine , in riunione plenaria, si sono definiti gli orientamenti cheseguono.Innanzitutto si è deciso di evitare il termine “chiusura”, che hauna accezione sostanzialmente negativa, mentre è più correttoutilizzare definizioni che ne suggeriscano le finalità, che sonoquelle di favorire la vivibilità del centro cittadino, rendendolofruibile a tutte le componenti sociali della città, non esclusi glianziani, evitando che i residenti subiscano penalizzazioni, fa-vorendo lo sviluppo del commercio al dettaglio e una sua mi-gliore distribuzione e diversificazione territoriale.

Sono state analizzate 4 opzioni di massima:A) Reale chiusura dell’attuale porzione ZTL, per tutte le 24 ore,limitando la percorrenza ai soli residenti e ampliando il numerodi strade ad esclusivo uso pedonale.B) Chiusura della porzione attuale ampliata a via XXV luglio(la discesa della villa) fino al cinema Massimo, trasformandoin strada a doppio senso via Cavallotti.C) Chiusura del centro cittadino da piazza Mazzini, e alcune

vie limitrofe, fino a Porta RudiaeD) Chiusura di tutto il centro incluso nella circonvallazione in-terna e viali.In conclusione è stato definito un orientamento condiviso:

L’opzione A deve rappresentare l’iniziativa politica immediatadel Forum, perché prontamente attuabile, rappresentando unimportante avanzamento rispetto all’attuale situazione di so-stanziale percorribilità del centro storico nelle ore diurneL’opzione C appare quella più meritevole di studio e appro-fondimento, perché limiterebbe l’attraversamento della città daparte delle auto private, con importanti ricadute sulla mobilitàdelle persone a piedi o in bicicletta, che favorirebbe l’attività fi-sica quotidiana, riducendo anche l’inquinamento atmosfericodi quell’ampia porzione della città. Dovranno perciò essernevalutate al meglio le implicazioni e le conseguenti necessitàorganizzative (trasporti pubblici, parcheggi, ecc) al fine di mi-gliorare la qualità della vita dei residenti e la fruibilità da partedi tutta la popolazione della città.Ogni ipotesi dovrà comunque prevedere un piano di “Cammi-nabilità e Ciclabilità” dell’intera città e di trasporti pubblici e ildisincentivo all’uso delle auto attraverso le possibili soluzionitecniche, al fine di facilitare una diversa fruizione dei luoghi daparte dei cittadini.Il workshop intende rappresentare un punto di partenza peruna iniziativa politica nella città che coinvolga i cittadini e leassociazioni professionali e ambientaliste, per porre Lecce ailivelli delle migliori città storiche italiane ed europee.

La città a piedi

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spagine

Al teatro comunalerestaurato Gari-baldi di Gallipoli èandata in scenaMedea, per laregia di Roberto

Treglia con la compagnia “Ragazzidi Via Malinconico”. Bella la sceltadi sacrificare la platea trasforman-dola in un enorme palco. Interes-santi le luci e la recitazione cheinizialmente pareva “faticosa” mache si è ripresa piano piano.“Medea, moglie e madre, abban-donata dal marito e scacciata dallasua casa, sconvolta dall’odio chela dilania e la acceca, uccide i suoidue figli. Una punizione che la con-

danna per sempre a divenire essastessa mito e simbolo del criminepiù efferato che possa essere con-cepito, l’infanticidio ad opera dellastessa madre. Un mito che si riper-cuote nei secoli e diviene attualeanche ai nostri giorni”. (corrieresa-lentino.it)Quasi tutto bene in sostanza,buona serata per una compagniatutta gallipolina. Qualcosa però erastrano. In un simile dramma, reci-tato in una luce tenue, in ambien-tazione polverosa per dare il sensodella catastrofe, alcuni dettaglierano inquietanti, forse scelta sce-nica per far calare la tensione emo-tiva?

Sulla spalla destra, rigorosamentescoperta, di Medea faceva bellavista di sé un tatuaggio bellogrande: Topolino (non un topolino,ma proprio il mickey-mouse di Di-sney), sulla spalla sinistra un altrotatuaggio non meglio identificato.Certo, sono ragazzi. Come ra-gazzo è il marito di Medea, bravoattore, peccato però per quel tagliodi capelli fresco di parrucchiere2015. Come gli stivali con le bor-chie di alcune attrici altre. Vabbè,ce ne faremo una ragione, in fondosono stati braviveramente, anchese quel topolino in primo piano (amio avviso) ha rischiato di trasfor-mare il dramma in farsa.

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Oh! MedeaA Gallipoli, per la nuova apertura del Teatro Garibaldi

abbiamo vosto la Medea messa in scena dalla compagnia “Ragazzi di via Malinconico”

teatro

di Gianni Ferraris

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spagine musica

Maurizio Verardi

Maurizio Verardi, in arteMattune, è un giovaneartista salentino con lapassione per la mu-sica in levare contami-nata da quella

popolare. Il suo primo disco Strade dipaese, che è stato anticipato dall’uscitadi due video, rappresenta l’amore per lamusica e per il suo paese. In questa in-tervista racconta il suo percorso musi-cale e la nascita di questo lavorodiscografico.

Ciao Mattune, perché questo nomed’arte?Rispondendo penso a mio nonno. Sì,perché è proprio a lui che ho “rubato”questo soprannome, lo chiamavano cosìperché aveva la testa dura ed era ungrande lavoratore, non so tra le duequale mi si addice di più, ma mi sonosentito parte di questa sua particolarità. Quando hai capito la tua passione perla musica e perché proprio quella reg-gae e popolare?Mi ricollego a mio nonno, penso a lui conun tamburello in mano e l’armonica sultavolo, che mi insegna gli stornelli di mu-sica popolare. Così inizia tutto, il mioamore per la musica e l’esigenza di can-tare per sentire quel senso di benessere

interiore che solo quest’ultima mi puòdare. La musica popolare è semprestata suonata per strada o nelle case incampagna, trasmette semplicità e tradi-zione; il reggae è una musica di lotta,espressione di messaggi sociali e di vitacomune con un ritmo allegro e incal-zante; è così che ho capito la mia dire-zione.Come è nato il tuo primo albumStrade di paese e come mai questo ti-tolo?Volevo esprimere il mio percorso arti-stico dalle prime cantate con gli amici,fino ai palchi e all’incisione di un disco.Il titolo è un richiamo all’origine della miastoria musicale, iniziata cantando i mieiprimi testi per le strade del mio paese,durante le serate passate seduti su unmuretto.L’album è stato anticipato da duevideo Strade di paese e 12Mc’s, per-ché la scelta proprio di questi duesingoli?Strade di paese è stato la mia presenta-zione, richiama il concetto detto primaper il titolo dell’album, visto che nelbrano hanno partecipato tutti musicisticonterranei (a parte il bassista) ho volutogirare il video proprio a Matino, il miopaese d’origine. La musica è bella se unisce e non se ri-

specchia solo competitività, visto che I12 Mc’s coinvolge dodici cantanti di di-versa origine e genere musicale, in cuiognuno tira fuori il suo “stile” musicale,pensavo fosse adatto per fare arrivarequesto messaggio. Chi sono i tuoi punti di riferimentomusicale?Ascolto tutta la musica black, dal reg-gae, all’ hip hop, fino al funk, al soul, aljazz, mi piace prendere ispirazione ecercare di entrare nella testa dell’artistache sta cantando e ha creato la melodia,perciò non ho un riferimento in partico-lare, ma più fonti dalle quali posso pren-dere spunto per migliorare.Dove è possibile acquistare il tuoalbum?Su tutti i digital stores presenti in retequali iTunes, Play Store, amazon etc..Le copie fisiche per adesso potranno es-sere acquistate contattandomi diretta-mente [email protected] oppuresu [email protected] in tour? Lascia alcune date dovesarà possibile ascoltarti dal vivo...Sto facendo un po’ di date di presenta-zione. Per adesso sarò il 19 marzo alLife Club - Ex Cargo (Firenze), il 28marzo al Communia (Roma) e il 4 aprileal csoa Spartaco (Roma).

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di Alessandra Margiotta Stra

de d

i pae

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Il primoalbum

di MaurizioVerardi

Mattunecome suo

nonno

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spagine teatrodella domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0

“ Io Ci Provo” alla sua VI Edi-zione inaugura il nuovo ciclodi attività all’interno della CasaCircondariale “Borgo San Ni-cola” di Lecce, dove da quat-tro anni ormai ha sede il

laboratorio/percorso teatrale che coin-volge i detenuti della sezione maschile.Quest’anno chiunque potrà condividereun testo che farà parte della drammatur-gia del prossimo spettacolo della compa-gnia.Ripensare il Dentro per poter immagi-nare un altro Fuori.

È su queste basi che si fonda da 4 anniil progetto “Io Ci Provo”, laboratorio/per-corso teatrale svolto insieme ai detenutidella sezione maschile della Casa Cir-condariale “Borgo San Nicola” di Lecce.“Io ci provo” è un’occasione per molti deipartecipanti di sperimentare qualcosache non si è potuto vivere o semplice-mente incontrare prima della perma-nenza nell’istituto penitenziario. Un mododi guardare “dentro” e vedere il “fuori” dapiù punti di vista.

Quest’anno, vogliamo rafforzare ancoradi più il legame fra il Dentro e il Fuori con-nettendo gli attori/detenuti che seguono

il laboratorio, con chi da tempo segue ilprogetto e con chi non lo ha mai sentitonominare.

Cosa vogliamo fare?Vogliamo costruire insieme a voi la dram-maturgia del prossimo spettacolo attra-verso una scrittura collettiva, basata sulloscambio di esperienze, storie, ricordi cheriguardano il tema del laboratorio di que-st’anno: i Sette Vizi Capitali.

Perché vi chiediamo di scriverci? La forza di “Io Ci Provo” sta nella condi-visione. Vogliamo dare la possibilità a chiil carcere non lo vive di poter entrare incontatto con gli attori/detenuti, per cono-scere entrambi quella parte di noi/loroche spesso non viene fuori. E’ un’occa-sione per incontrarci, per dire una cosatutti insieme questa volta attraverso leparole, per provare a vedere le cose conun altro immaginario.Ognuno di noi, in un qualsiasi momentodella sua vita, ha avuto a che fare con al-meno uno dei Sette Vizi Capitali. Condi-videte con noi episodi del vostro vissuto,scriviamo insieme il testo del prossimospettacolo.

In che modo partecipare?

Inviateci un testo che racconti un episo-dio della vostra vita o che ha riguardatoqualcuno vicino a voi sul tema dei SetteVizi Capitali; potete scrivere fino ad unmassimo di 1800 battute (una cartella). L’episodio può riguardare uno o più vizi,potete decidere se approfondirne solouno, trattarne più di uno o anche tutti esette. Se non hai un episodio da raccon-tarci, puoi comunque segnalarci testi,spezzoni di film o teatrali, brani tratti dalibri attinenti al tema dei Sette Vizi Capi-tali. Potete scegliere se firmarlo con il vostronome e cognome oppure utilizzare unopseudonimo. I testi saranno raccolti inuna pubblicazione che prenderà il nomedello spettacolo. Una volta raccolto il ma-teriale, analizzeremo tutti i testi pervenutirielaborandoli e adattandoli al testo finaledello spettacolo.

Quando e dove?Inviateci il vostro episodio entro il 31Marzo 2015 all’indirizzo [email protected].

Ad ora hanno aderito: L’Istituto Marcel-line, l’Istituto Grazia Deledda, Il LiceoPellegrino - Ciardo

Noi ci proviamoLa costruzione di una drammaturgiacollettiva a cura di “Io Ci Provo”

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A beneficio dei non indi-geni, nel titolo delle pre-senti note è riportato, incorsivo, il nome propriodi persona, abbreviativodiminutivo di quello uffi-

ciale e completo di battesimo, a suavolta ispirato dalla devozione verso laMadonna protettrice del luogo, circo-stanza, quest’ultima, che lo fa trovareassai diffuso anche adesso. Ad ogni modo, la figura femminile che,nella specifica fattispecie, lo porta e cuis’intende riferirsi, è a tutti nota esclusi-vamente con detto appellativo. Per parte mia, ho preso a conoscereNunziata circa sessant’anni fa, quandoa un suo fratello, Benedetto, di mestiereelettricista e perciò detto mesciu Tettu,capitava di giocare qualche partita dipallone, da aggregato o da avversario,unitamente alla squadra di noi ragazzimarittimesi.La donna, alta e, al contrario del ger-mano, di taglia solida e formosa, è dasempre contrassegnata da una carna-gione scura, il suo volto aperto e simpa-tico sembra quasi abbrustolito dai raggidel sole, e ciò, forse, per via delle lun-ghe stagioni trascorse lavorando all'ariaaperta.A proposito di attività, Nunziata, per de-cenni, si è interessata della vendita difrutta e verdura, con la sua baraccapiantata e dischiusa, dalla primaveraall’inizio autunno, nella piazza della Ma-rina, di fronte alla rotonda. Un perso-naggio familiare, quindi, non solo per icompaesani, ma pure agli occhi dei tu-risti e villeggianti abituali e/o di passag-gio.Poi, con il progredire dell'età, a un certopunto, la nostra amica si è determinataa lasciare il suo commercio a un figlio ealla nuora e lei s’è ritirata, stanzial-mente, a Castro alta, nel cuore delborgo, ossia a dire nella bella piazza Vit-toria, delimitata, su un lato, dalla magni-

fica ex cattedrale. Così, divenendo unpunto d’indicazione inconfondibile, sem-pre presente, lì, la Nunziata, la scorgisubito, in tutte le stagioni, vuoi sotto ilsolleone, vuoi in pieno inverno, quando,peraltro, in quell'angolo protetto daiventi, non si soffre minimamente ilfreddo e, anzi, specie se le giornatesono serene, si gode da Dio a sostareseduti su una panchina o semplice-mente sul bordo del marciapiedi.Di conseguenza, non v'è personaggio,del cinema o dello spettacolo o dellacultura, che, arrivando a Castro, non sisia imbattuto, magari per un solo mo-mento, nella residente in questione, laquale, per la verità e per innata doted’empatia, non lesina ad alcuno, po-trebbe essere anche il Presidente la Re-pubblica, immediati sentimenti e segnid’accoglienza, cordialità e gentilezza.In qualche caso, rispondendo a do-mande e rilasciando interviste su Ca-stro, sull’aspetto e sull’anima dellacittadina in tempi lontani e quali affio-rano oggi. Insomma, per qualsivoglia in-formazione o notizia, Nunziata èall’altezza e soddisfa.Da quando ha cessato il lavoro attivo, ilsoggetto di che trattasi trae i mezzi persostenersi unicamente dalla pensione,che, a quanto sembra, s’aggirerebbe in-torno ai quattrocento euro al mese.Con un’entrata così esigua, ella vive inun locale scantinato, sì, una vera e pro-pria cantina nel sottosuolo di piazza Vit-toria adattata ad uso abitazione, appenaun vano vero e propri. In più, per acce-dervi, dalla superficie della piazza, biso-gna percorrere quattro o cinque scalini,esercizio che, per una persona ultraot-tantenne e dal fisico anche appesantito,non deve essere agevole e da com-piersi disinvoltamente,Tant’è che, negli ultimi tempi, nell’arcodi pochi mesi, all’atto di portarsi dentrocasa, la donna è rimasta vittima di ca-dute ben tre volte, fortunatamente

senza esiti molto pesanti, e però concontusioni, ammaccamenti e indolenzi-menti, esiti che, in una persona anziana,non soltanto non si superano rapida-mente sotto l’aspetto fisico, ma lascianoanche il segno nello spirito.Per effetto dell’ultima disavventura, ieri,nel transitare accanto a casa sua, l'honotata, insolitamente, un po' abbattuta,lei ha risposto, è vero, al mio saluto conil classico “Ciao, professore!” (chiedoscusa, siffatto titolo, ovviamente non micompete, sennonché, attribuirmelo, èoramai divenuto una sua mera abitudinefissa), ma l’ho sentita preoccupata peraver dovuto, addirittura, compiere unapuntatina in ospedale.Quindi, d’istinto il mio sguardo s’è ab-bassato in direzione degli scalini di cuidicevo prima, che, effettivamente,danno l’idea di un potenziale costantepericolo per l’amica, purtroppo abitantein quello scantinato.“D’altronde - ha accennato con digni-toso ritegno Nunziata - se pensassi dispostarmi in una minuscola abitazionea piano terra in una stradina qui intorno,vicina al mio mondo che non vorrei la-sciare, sarebbero quantomeno trecento-cinquanta euro d’affitto al mese. Ma, se,a me, il Signore (alias l’Inps) dà unapensione intorno a quattrocento euro,come faccio?”.Evidentemente viene da sé, la risposta:hai ragione, Nunziata, per ora non tiresta che stare con gli occhi spalancatie la mente sveglia quando fai su e già,per entrare e uscire da casa.Questo, il quadretto casualmente coltodal comune osservatore di strada, con,al centro della scena, Nunziata, una fi-gura, semplice e umile, che, però, nonpassa inosservata nella Perla del Sa-lento.Chissà che, alla situazione, non si rie-sca a imprimere un tocco di colore piùroseo.

La nunziata

della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0racconti salentini

A Castro Alta la scorgi subito, in tutte le stagioni, vuoi sotto il solleone, vuoi in pieno inverno...

di Rocco Boccadamo

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spagine

Il cuore calamita è di zucchero

della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0mmsarte

Al via la terza edizione del progettoArt-icoliamo Senza Barriere,vincitore del bando di concorsoGuardo, Penso, Scrivo... SenzaBarriere, indetto dall'IstitutoComprensivo Leonardo da

Vinci di Cavallino-Castromediano (Lecce). Ilprogetto è interamente sostenuto dal Comune diCavallino. Come nelle precedenti edizioni, sonocoinvolte le classi terze della scuola primaria. I bambini guidati dall'esperta e promotrice delprogetto, dottoressa Monica Marzano, attra-verso le loro immagini e poesie, dovranno espri-

mersi raccontando esperienze dirette e indirettesul mondo della Solidarietà, dell'Amicizia dellaTollerenza e della Fratellanza narrando di unmondo in cui è estremamente indispensabile ab-battere ogni forma di barriera materiale e mentaleche possa pregiudicare l'attuazione di tali civici esociali propositi. Ai piccoli alunni verranno datedelle "parole speciali" sulle quali riflettere e lavo-rare tutti insieme con grande sinergia. Difatti i lorodisegni dovranno ispirare la nascita di poesie oviceversa, dalle parole scritte si darà il via al sor-gere di immagini che debbano aderire, come unbel vestito fatto su misura, sulle parole stesse. Il

processo artistico porterà all'opera finale"Mmsarte", dal nome della corrente artistico cul-turale, ideata dalla stessa esperta nel 2009.Le opere Mmsarte e Mmsarte-scuola sono vi-sibili sul sito web www.mmsarte.com e tutte leopere degli alunni che hanno.partecipato alle pre-cedenti edizioni sono visibili anche sul sito del-l'Istituto Comprensivo Leonardo Da Vinci.La prima parola scelta in questo nuovo avviodagli alunni della III A di Cavallino è "AMICIZIA",una parola speciale sempre tanto amata, sullaquale i bambini lavorano con grande entusiasmo.

La piccola Giulia invece ha scelto latecnica espressiva dell'acrosticoper parlare dell'amicizia. Giulia pa-

ragona l'amicizia allo zucchero che scio-glie il male, al faro che illumina i cuori, adun sorriso accogliente, ma soprattuttol’amicizia è cercare di trascorrere quanto

più tempo insieme chiacchierando e ri-dendo spensieratamente. E cosa c'è dipiù bello che sdraiarsi mano nella manosu di un bel lettone col proprio amico delcuore? Così è nell’immagine disegnatadalla piccola Giada. Le due amiche, stesefelici sul letto, parlano guardando il soffitto

che potrebbe essere un cielo stellato operchè no, un cielo limpido con nuvolebianche passeggere o grigio e piovoso...ma poco importa, perchè il bello è ammi-rarlo insieme e le parole, le tante chiac-chiere, sono farfalle che allietano ecolorano le quattro mura della stanzetta.

Per il piccolo Marco, l'amicizia,vera e sentita, è come una cala-mita che attira a sè, unendo gli

amici in un abbraccio forte che si vor-

rebbe non finisse mai. Ecco allora chela piccola Francesca "disegna" le paroladi Marco con un perfetto abbraccio geo-metrico a forma di triangolo equilatero,

al cui vertice è posto un "cuore cala-mita" che terrà ben salda questa spen-sierata e fresca amicizia anche neltempo.

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I n uscita il 10 aprile da workin' label 2015 - ird di-stribution, dal 27 marzo in distribuzione digitale“Ligheryan Rhapsody”, il nuovo cd del pianista ecompositore croato Matija Dedić che dopo quin-dici anni d’intensa attività discografica approdaal suo primo lavoro da solista. L’idea dell’album

nasce spontaneamente da alcune improvvisazioni rea-lizzate in studio dal pianista durante alcune sessioni diregistrazione mentre era al lavoro con altri progetti.Dopo tre successive sessioni le improvvisazioni pren-dono forma in undici brani in piano solo che compor-ranno la track list dell’album. Le composizioni appaionocome una profonda riflessione sulla musica improvvi-sata, mondo nel quale l’autore percepisce l’esistenzaal massimo della sua espressione, e al contempo unomaggio ai compositori di musica contemporanea chelo hanno influenzato lungo il suo percorso artistico.

Matija Dedic nasce a Zagabria nel 1973. Inizia a stu-diare piano classico fin da giovanissimo. Diplomatosialla scuola superiore di musica «Vatroslav Lisinski» nel1991 inizia a studiare jazz frequentando la Graz Aca-demy con i maestri Harald Neuwirth e privatamente conJ.Taylor, Hal Galper, Bill Dobins and Barry Harris. Cre-sciuto in una famiglia di musicisti dediti al pop e alla

musica tradizionale inizia ad ascoltare fin da piccoloogni tipo di musica e presto scopre il jazz come formadi astrazione e come autentico e personale punto divista musicale. Rientrato a Zagabria nel 1997 inizia asuonare sempre più spesso e il suo lavoro sia a livellonazionale che internazionale. In quegli anni si esibiscecon il suo progetto «Boliers Quartet» che riceve ap-prezzamento e supporto da B. Golson, K. Burell, R.Haynes, J. Feliciano and «All Stars Band». Nello ste-sos periodo ha il piacere di collaborare con «TamaraObrovac Quartet».(...) Scrive musica per la televisione e per il teatro esuona occasionalmente con grossi nomi della scenapop croata. All’inizio della sua carriera, riceve un pre-mio dalla Società di Compositori croata come migliorautore e compositore jazz degli ultimi dieci anni con ilsuo album «Octopussy». Nel luglio 2002 Matija è tra gli11 pianisti selezionati tra 400 partecipanti da tutto ilmondo al Montreux jazz Festival.Suo padre Arsen Dedić riceve il Premio Jacques Brelnel 1979, il Premio Luigi Tenco nel 1982, Il Premio Cittàdi Recanati nel 2000 e sua madre Gabi Novak ha can-tato con Luis Armstrong, Garry Burton, Phill Woods,Toots Tielmans, Hellen Merril, Joe Turner.

spagine della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0musica - in uscita

Da Workin’Label

in uscita “LigheryanRhapsody”

del pianistacroato

MatijaDedić

C’èLa cultura deiTao... al

Fondo Verri,un audio libro

che è necessario acquistaree conservare nella propria

biblioteca per ascoltare la "fiaba" contadina

di Antonio L. Verri... e persostenere l'attività delFondo a lui intitolato.

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spagine della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0

T ra musica e poesia “Povero” - L'officinadei sapori di Indraccolo Angela & C. diLecce presenta martedì 24 marzo, alle19.00, “Io e la civetta” di Silvio Nocera(Spagine). Alessandra Peluso dà voce allacivetta di Silvio con le parole degli amici

poeti e con le note musicali di P40 (cantattore)“Quando il sole raggiunse una certa altezza, Bella fucostretta a lasciarmi, i suoi occhi infatti non sopporta-vano la luce del sole; Bella, viveva nella semioscurità,io nella luce, lei era un uccello, io un uomo, lei la notte,io il giorno. Due esigenze molto diverse legate insepa-rabilmente da un unico sentimento, l'amicizia...”.Silvio Nocera è nato a Tuglie il 1 gennaio 1943. Ha co-minciato ad esporre intorno ai vent'anni in collettive(Gallipoli, Parabita, Tuglie). Ha esposto, poi, altrovecome New York, Mosca. Qui, nel 1985, ha ottenuto unpremio speciale nel concorso internazionale “Per lapace e l'umanesimo contro la minaccia della guerra nu-cleare”. Le sue opere sono presenti in collezioni pub-bliche e private in America, Russia, Cile, Svizzera,Germania, Francia e Belgio.

Io e la civettauna lettura corale

in agenda - poesia e teatroMartedì 24 marzo 2015, alle 19.00

“Povero” - L'officina dei sapori

Finalmente in arrivo La bisbe-tica domata l'ultima crea-zione di Factory. L’attesodebutto nelle Stagioni diProsa del Teatro Paisiello diLecce, martedì 24 e merco-

ledì 25 marzo alle 21, e del Teatro Ducaledi Cavallino, sabato 28 marzo alle 20,30.Forse inconsueta e certamente non sem-plice la scelta di confrontarsi con LA BI-SBETICA DOMATA, una delle commediedrammaturgicamente più esili di Shake-speare, ma la messa in luce dell’attualitàdi alcune chiavi di lettura, hanno fatto diquesto lavoro una sfida affascinante.Attuale, infatti, è l’isolamento in cui cadechi si discosta dal comune sentire, chivuole affermare una propria autonomia edidentità, e vuole farlo senza infingimenti etoni sfumati.

Attuale il manto d’indifferenza con il qualeci difendiamo dal disturbo che ci causa ildolore altrui, il discostarsi dalle regole, lamessa in discussione dello status quo.Così, la classica aria fiabesca e un po’ ri-danciana che solitamente circonda questolavoro, vira qui, nettamente, verso le cupeatmosfere della commedia noir a cui la let-tura corale e l’uso della rima conferisconoquel tocco di sagacia ed ironia utile a man-tenere sempre vivace il ritmo narrativo.Dopo i mesi in sala prove a lavorare per-ché l’idea si facesse scena, si perfezio-nasse di scrittura in scrittura, di limatura inlimatura, dopo i tanti gesti, suoni ed imma-gini scelti e scartati, si è arrivati al debutto,al momento prima della realizzazione, inquel silenzio improvviso e sospeso dellasala che precede la messa in scena.Ma sappiamo bene che proprio ora che

tutto è finito, in realtà tutto comincia.La traduzione e l’adattamento è di France-sco Niccolini. Con Dario Cadei, IppolitoChiarello, Angela De Gaetano, FrancoFerrante, Antonio Guadalupi, Filippo Pao-lasini, Luca Pastore, Fabio Tinella. Le mu-siche originali sono di Paolo Coletta. lescene e realizzazione pittorica di RobertaDori Puddu. La scenotecnica costruttiva èdi Luigi Conte. I costumi di Lapi Lou. le lucidi Davide Arsenio. La regia di Tonio DeNitto. Per una produzione Factory compa-gnia transadriatica che ritorna ad affron-tare Shakespeare dopo le felici prove delSogno e di Romeo e Giulietta, insistendoancora una volta su una lettura corale e vi-sionaria dove la musica e la rima concor-rono a restituirci una sorta di opera buffa,caustica e comicamente nera.

La Factory di Shakespeare

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Teatro d’Attore puro, lo Spet-tacolo ha un percorso multi-forme, che apre pagine divita reale e immaginaria, daitoni e colori leggeri, dram-matici, ironici e grotteschi, in

circostanze di quotidianità ed eccessi. Unpercorso eclettico, attraverso due coppie,due uomini e due donne, due mondi di-versi dello stesso universo. Comun deno-minatore il viaggio, reale o metaforico,divagazione mentale o percorso versouna meta familiare, poco importa. Il pub-blico avrà l’opportunità di essere accom-pagnato e coinvolto emotivamente inquesto contenitore poliedrico dell’arteteatrale, dove si snodano atti esistenzialidi personaggi psicologici e introspettivi,attraverso i loro drammi e circostanze pa-radossali di pura creazione dell’immagi-nario, nelle loro esilaranti ed equivoche

situazioni. Due atti unici, drammatici e co-mici. Lo sguardo di un uomo, condannatodalla malattia, scompone la realtà deigesti in atomi di eternità. L'uomo dal fiorein bocca si intrattiene con uno scono-sciuto, un pacifico avventore che,avendo perso il treno, aspetta in un barquello successivo. L’eccezionalità delmomento, per chi “sente la morte ad-dosso”, e la normalità per chi è preso nelgiro usuale della vita con i suoi piccoli im-pegni quotidiani, segnano i due terminidella dialettica che si anima nel soliloquiodel protagonista; è infatti la coscienzadella propria morte imminente che fascattare nel protagonista una sorta di eu-foria della vita, una pienezza di sensi chefa più acuto lo sguardo e che permettedi cogliere e assaporare i particolari dellavita quotidiana, anche quelli apparente-mente più insignificanti.

Margot e Claude sono due donne che vi-vono rincorrendo attimo dopo attimo ciòda cui fuggono, incessantemente, cer-cando delle risposte che in realtà sonodentro di loro a germogliare. Due mondidiversi che intraprendono due fughe di-verse: chi da se stessa e chi dagli altri. Ilritmo travolge ogni sentimento e le rug-genti forze d'animo delle due donne saràl’arma vincente che permetterà loro diconquistarsi il pubblico il quale a suavolta si riconoscerà in molteplici situa-zioni pateticamente già vissute. Il viaggiointrapreso dalle due donne, talvolta men-tale, talvolta reale, oltremodo surreale,porta le due protagoniste ad un conti-nuo incontro-scontro che si rivela un ef-ficace confronto nel voler mettere inevidenza ora le ragioni dell’una, oraquelle dell’altra.

in agenda - teatrodella domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0

Uno, nessuno e PirandelloCon Mariapia Autorino, Annamaria Colomba e Domenico Carusi la regia è di Salvatore Della Villa e Stefano Murciano

Per “Stasera è di teatro”, stagione di prosa del Teatro Moderno di Magliemartedì 24 marzo 2015 in scena la Compagnia Salvatore Della Villa. Sipario alle 21.00

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S econda stagione perWashing by Wat-ching, la rassegnadedicata alla video-arte e alla fotografiacontemporanea cu-

rata dall’associazione Damage-Good all’interno della LavanderiaJefferson di Lecce. Da domenica22 marzo sino a giugno tornano icicli di video e photo screeningdedicati al tema del paesaggio perdiscutere di rappresentazione,spazio pubblico e nuovi linguagginell’ambito delle arti visive con-temporanee e self publishing. In linea con la precedente edi-zione, lo strumento cardine degliappuntamenti di Washing by Wa-shing resta il talk informale congli autori, ospiti degli appunta-menti, nell’ottica di fornire al pub-blico un supporto critico diretto eal tempo stesso una narrazionenon filtrata dei lavori che, di voltain volta, vengono proiettati sul telofluttuante allestito all’interno diuna location d’eccezione, la La-vanderia Jefferson per l’appunto.Questa seconda stagione saràanche occasione per un focus in-centrato sui metodi e le pratichecollaborative che possono esplici-tarsi e far approdare a linguaggidiversi, a seconda dei contesti ar-tistici e progettuali: non a caso gliartisti invitati a prendere parte a

Washing by Watching sono cinquecollettivi, cinque coppie artisticheper l’esattezza, che appronte-ranno all’interno dello spazioanche diversi interventi installa-tivi.Gli autori di questa primavera /estate di Washing by Watchingsono Nasty Nasty, ovvero Emi-liano Biondelli e Valentina Ven-turi, sperimentatori poliedricinell’ambito della fotografia, delvideo, del found footage e del-l’editoria con il progetto blister-Zine, le cui opere si centranosull’impatto della fotografia sullacultura contemporanea e sul po-tere di condizionamento dei desi-deri, sulla percezione del mondo ei criteri di autenticità.Si continua poi con i Canecapo-volto, collettivo catanese che daoltre vent’anni ricerca e opera perla creazione di un “metalinguag-gio” utilizzando mezzi espressividiversi, anche attraverso la mani-polazione fisica dell’immagine.Altro giro, altra corsa conCyop&Kaf, sigla dietro cui si celail duo partenopeo che ha dise-gnato, fotografato, raccontato lacittà di Napoli in “Quore Spinato”,“Napoli Monitor” e nel folgoranteesordio cinematografico de “Il Se-greto”. E ancora Invernomuto, al secoloSimone Bertuzzi e Simone Tra-

bucchi, che dal 2003 lavoranosull’immagine in movimento e ilsuono con restituzioni in forma discultura, installazione, progettieditoriali e performativi. Nella fat-tispecie il ciclo dedicato ai due ar-tisti si svolgerà in collaborazionecon Humboldt Books, casa edi-trice milanese specializzata innarrativa di viaggio, che raccoglieall’interno della sua produzionediverse esperienze multidiscipli-nari.

Spetta a The Cool Couple inau-gurare domenica 22 marzo Wa-shing by Watching: questo il nomed’arte di Simone Santilli e Nic-colò Benetton, autori di un pro-getto che riflette, attraverso ilvideo e la fotografia, la cultura vi-siva contemporanea contaminatada riflessioni sull’antropologia cul-turale, la storia, la filosofia. Ilphoto e video screening inaugu-rale della rassegna, si terrà alle19.00 all’interno della lavanderiadi via Egidio Reale.

Anche quest’anno media partnerdel progetto curatoriale saràUrka!, portale indipendente cheaccoglierà un blog e contenutispeciali “last minute” a firma degliautori invitati.

della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0in agenda - visualità

WASHING BY WATCHING

ALLA LAVANDERIA JEFFERSON CON DAMAGE GOOD

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A nna Cinzia Villaniisarà ospite di fuoconomade. Ci offrirà unsuggestivo cammino,risultato di una pro-fonda ricerca sul

campo e un intessere canti, riti epoesia locale, coi quali percorrerà letappe della religiosità popolare,dalla Quaresima alla Pasqua, cheun tempo aiutavano idealmente adesorcizzare la Morte. E noi la segui-remo.Con Anna Cinzia Villani (voce e nar-razioni) in “Quaremma e Pascasanta”, Carla Maniglio (voce), AnnaMaria Bagorda (organetto), AttilioTurrisi (chitarre).I sapori della se-rata sono di Biso.Tutto accadrà sabato 28 marzo,dalle 20.30, la cena/racconto verràospitata nella sede dell'associa-zione culturale Cucina Meridiana aCarpignano Salentino.

La forma sarà quella solita oramaiper Cucina Meridiana di unafesta/cena che lasci aperto uno spa-zio per le incursioni creative e per iracconti degli ospiti nel calore diuna casa, tra amici. Sapori, suoni,colori, profumi, consistenze nasce-ranno dall'azione individuale e col-lettiva di compagni di passeggiatediversi. La speranza è quella di pro-durre nel dialogo e nella relazioneun atto poetico unitario di cui esseretutti partecipi. Un atto poetico in cui

ci sia relazione tra sapori, gesti,segni, voci, suoni, consistenze, pro-fumi.

***Vorremmo fossero esperienze col-lettive e per questo chiediamo aisoci una ritualità che comincia dallapuntualità: è un cammino che vo-gliamo fare insieme partendo ognivolta alle 20:30. E vi chiediamo didarci una mano nell'organizzazioneprenotando per tempo entro 3 giorniprima della data dell'appuntamento.Numero massimo partecipanti: 30persone.

Info e prenotazioni:email: [email protected]

Il percorso di ricerca di Anna CinziaVillani è mosso da un profondo in-teresse per la memoria sonora ecorporea del proprio territorio. Unorientamento che ha condizionatotutte le sue scelte artistiche, volte adivulgare e salvaguardare caratteri-stiche e sfumature che in un’epocadi appiattimento e omologazioneculturale andrebbero certamenteperdute.Già negli anni ’90, mentre collabo-rava con gruppi storici come il Can-zoniere Grecanico Salentino,incontrava abitualmente gli “alberi dicanto”, quelle persone che se pun-golate con la giusta dose di pa-zienza e amorevolezza possono

trasmettere tradizione e capacità diimprovvisazione del canto, delsuono e del ballo. La Villani si è im-padronita delle tecniche peculiaridel canto e dell’intenzione che sicela dietro ai passi della Pizzica piz-zica , che rende unici i suoi labora-tori didattici in Italia e all’estero.

Dopo numerose collaborazioni di-scografiche esordisce nel 2008 conNinnamorella (AnimaMundi/Afq), ilsuo primo lavoro da solista apprez-zato dalla critica per la profonditàdell’approccio. “ Lei ha una voceatavica, di impressionante potenza,di sconvolgente maturità, […] un te-soro svelato” scriveva Guido Festi-nese su Alias (inserto musicale delmanifesto) del 30 maggio 2009.

Il disco ha avuto ampio successo inItalia e all’estero ed e stato pro-grammato da diverse radio nazionali(Radio Rai 3, Radio Popolare, RadioOnda d’Urto, etc.) e straniere (BBCRadio 3 –Inghilterra –, Radio Van-couver – Canada –, etc.). Del marzo2012 e invece l’album Fimmana,mare e focu! (AnimaMundi), selezio-nato dalla commissione di PugliaSounds, in riferimento al bando re-gionale “Recording”, per esseresupportato nell’attività di promo-zione.

www.annacinziavillani.it

della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0in agenda - una cena/racconto

Quaremmae Pasca santa

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della domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0in agenda - fondo verri

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copertina spaginedella domenica n°69 - 22 marzo 2015 - anno 3 n.0

arte contemporanea

C anta il passero del mattino. È la tua voce che s’alza e vibra di note leg-gere. La tua voce di musica carezzevole a placarmi gli stridii dell’anima,le acute grida di chi si duole di stagioni perse. Quando rondini selvaggemi portavano l’odore dell’estate. E tu eri miele e sangue d’impetuoso scor-rere, troppo intensamente perché io potessi cogliere la corolla del tuo

pianto. Tu eri legna da ardere e amore da consumare goccia a goccia, troppo stillantedi gioia perché io potessi cogliere la ragione di tanta allegrezza. Ora canta e ricantail passero di sempre, sulle corde dimesse del mio tempo.

Marcello Buttazzo

I n occasione della Giornata europea della creatività le sale di PalazzoVernazza Castromediano a Lecce ospitano IPOTESI mostra a cura diLorenzo Madaro, che rientra nell’articolato progetto "CreArt. Networkof cities for artistic Creation" dell'Assessorato politiche comunitarie egiovanili e dell'Assessorato al turismo, spettacoli e markenting territo-riale del Comune di Lecce. Dieci giovani artisti - Alice Caracciolo, Marco

Del Vecchio, Giulia Gazza, Lucia Macrì, Neea Bros, Francesco Paglialunga,Rossella Piccinno, Francesco Romanelli, Francesco Sisinni, Marco Vitale -saranno protagonisti fino a mercoledì 8 aprile di una esposizione corale, de-dicata a diversi linguaggi della contemporaneità: dal video alla fotografia, dallaperformance alla pittura.

Così Lorenzo Madaro nella nota che accompagna l’annuncio del vernissageche si è tenuto ieri, sabato 21 marzo: «Dieci sono le ipotesi di lavoro attornoa una medesima mostra, in relazione a uno spazio straordinario e carico dimemorie che oggi appartengono alla collettività, palazzo Vernazza - Castro-mediano. Dieci formule, alcune mature altre in via di definizione, che non simuovono attorno a un medesimo punto di partenza concettuale o operativo.Sono dieci diverse visioni che evidenziano anche la vitalità di un territorio,quello salentino, decisamente vitale, nonostante i paradossi tipici di un terri-torio lontano dai centri vitali dell’arte contemporanea. Ma c’è un’energianuova, ancora tutta da esprimere e sviluppare in tutte le sue forme, che CreArtintende vagliare, innanzitutto proponendo un confronto diretto tra gli artisti eil pubblico, tra le opere e un luogo affascinante come il cinquecentesco pa-lazzo».

CreArt è un progetto europeo di cooperazione culturale per la promozionedella creatività artistica, che è stato sviluppato per due anni attraverso il co-ordinamento della Fondazione Comunale per la Cultura del Comune di Valla-dolid. Il progetto ha la durata di 5 anni (2012-2017). CreArt costituisce unarete di 11 città rappresentative della diversità e ricchezza culturale europea evanta la collaborazione di tre enti privati con ampia esperienza nella gestioneculturale. La Commissione europea ha considerato CreArt un progetto di veracooperazione europea che coinvolge Paesi geograficamente situati lungo iquattro assi cardinali del continente europeo e che assicura un vero e proprioscambio tra artisti e pubblico, generando una positiva mobilità transnazionaledi artisti ed opere d’arte.

La mostra è visitabile tutti i giorni dalle 17 alle 19.30sabato e domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 17 alle 20.

CreArt fino all’8 aprile a Palazzo VernazzaD i e c i I p o t e s i

pensamenti

Un opera di Lucia Macrì

Alice Caracciolo, The Old City Kaunas, 2014. Fotografia

L’installazione di Francesco Romanelli, particolare