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s p a g i n e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri della domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0

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In questo numero Luigi Montonato si confronta con la questione libica e la minaccia del califfato. Marcello Buttazzo riflette sull’assenza di Renzi sulle politiche bioetiche e sulla questiome Rom e Sinti. Rocco Boccadamo critica l’apologia di Paperon de’ Paperoni. Tiziana Buccarella ci porta in chiesa e Maira Marzioni e Gianluca Costantini per l’Abecedario su una panchina a fumar la pipa. Massimo Grecuccio prende spazio per costruire un particolarissimo triangolo critico leggendo tre cose di tre poeti: Blake, Brecht e Ilaria Seclì. Giuliana Coppola indirizza un biglietto d’auguri a Ilaria Seclì nel giorno del suo compleanno. Alessandro Vincenti recensisce il libro di Giorgio Vasta “Il tempo materiale”. Per l’agenda le cose di Paolo Pisanelli con Buongiorno Taranto, l’omaggio a Paco De Lucia al Fondo Verri promosso dalla Compagnia Mura, il Fuoco Nomade, la Cultura dei Tao, il laboratorio di Alessia Rollo, un appuntamento de “I dialoghi della Fòcara” e “Rock Attitude”…

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s pag ine Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un om

aggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

della domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0

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spagine

Legittima difesadi Gigi Montonato

L ’Isis, gli uomini del Calif-fato sono giunti in Libia;sono alle nostre porte. Inostri governanti passanoda affermazioni incaute,“Siamo pronti a combat-

tere in Libia”, a mascheramenti indeco-rosi, “Ci muoveremo solo sotto l’egidadell’Onu”, fino all’esclusione di qual-siasi intervento armato. Furia francese,ritirata spagnola. Il Generale Arpino hadetto che siamo capitati in mano a degliimprovvisatori. Sereni, è un anzianomilitare in pensione!C’è un molto significativo proverbio dia-lettale che recita “ci culla speranzat’addi staje e nno ccucina alla sira securca alla ddasciuna”, che traduco peri non salentini: chi sta con la speranzache altri preparino la cena, la seraandrà a letto a digiuno. La minaccia delcosiddetto Califfato è diretta a noi. Cheaspettiamo? Per fortuna ha provvedutol’Egitto. Per ora!La questione libica ha dell’assurdo,come gran parte delle “primaverearabe”, così chiamate dai nostri politici,talmente illuminati da esserne rimastiaccecati, e dai soliti intellettuali accom-pagnatori, i quali vedono anche menodi loro. Si dà il caso che quelle popola-zioni l’illuminismo e la democrazia nonsolo non li conoscono, ma non ne vo-gliono sentir parlare. Gli uomini del pia-neta, per loro, o sono fedeli o sonoinfedeli; per questi ultimi non c’è che lamorte, meglio se raccapricciante espettacolare. Se pure non costituisseroun reale pericolo per l’Europa, l’Europadovrebbe punirli per quello che hannogià fatto. Con la Libia c’era stato un paziente la-voro di ricucitura, dopo la crisi seguitaall’espulsione degli italiani nel 1970 edopo quella culminata nel 1986 col lan-cio di missili verso Lampedusa. Un pa-ziente lavoro di diplomazia, che avevavisto impegnati vari governi, guidati dauomini politici diversi, come D’Alema,Prodi e Berlusconi, aveva trasformatoun’area di turbolenze in una garanzia

di equilibrio. La Libia fermava le ondatedi immigrati, era uno dei nostri partnereconomici più importanti, da minacciaera diventata sentinella dell’Italia edell’Europa. Per quale motivo dove-vamo destabilizzare quel paese, crearel’inferno alle porte di casa?Per le solite fisime ideologiche: la de-mocrazia, la libertà, i diritti civili e viacontinuando con la litania che cono-sciamo fin troppo bene. Ora in Libianon c’è nulla di tutto questo, c’è il disor-dine totale, c’è una consistente minac-cia per la nostra democrazia, per lanostra libertà, per i nostri diritti civili.Chi ha compiuto simile scempio meri-terebbe la galera a vita. Invece nonsolo non paga, ma neppure viene ac-cusato, come se nulla avesse com-piuto. L’Isis è oggi una minaccia ben più con-sistente di Bin Laden. Tanto perché ledue amministrazioni americane diObama hanno lasciato fare, sempreall’insegna della democrazia e dellapace nel mondo. Siamo passati daiprofeti disarmati che, secondo Machia-velli, vanno incontro alla rovina ai pro-feti disarmanti, che portano alla rovinai loro poveri popoli. L’Europa chiamapace la condizione che hic et nunc nonla scomoda direttamente; si rifiuta diestenderla nel tempo e a quelle disgra-ziate popolazioni che vengono sistema-ticamente annientate. Ora ci troviamo con questi barbari fa-natici “in casa”. Essi, infatti, trovano fa-cili sponde nei loro ben occultati fratelligiunti qui da noi in mille modi e da noiaccolti con umanitarie premure, che inostri governanti mimetizzano delibe-ratamente come cittadini europei. Guaia dire che sono di origine magrebina oaraba! Dopo la razza è stata abolitaanche l’origine. Sarà felice Papa Fran-cesco: finalmente siamo tutti figli di Dio.Dobbiamo subito armarci e partire?Non esageriamo. Ma una qualche ini-ziativa dovremmo prenderla senzaaspettare. I servizi segreti inglesi di-cono che tra gli immigrati che giungono

in Italia possono esserci infiltrazioni diterroristi. Ma il nostro Ministro degli In-terni Alfano rassicura: fino ad oggi nonè successo. Della serie non si crede alsanto finché non si vede la festa. Di-struggere tutte le imbarcazioni di cui di-spongono i mercanti di immigrati sullecoste libiche per impedire le partenzenon è fare la guerra. Qualche iniziativa va presa sia in dire-zione diplomatica, dando i tempi dell’in-tervento all’Onu, sia in direzionemilitare facendo sentire la nostra pre-senza con navi e aerei pronti a rispon-dere a minacce ove queste sifacessero più concrete. Non si tratta diessere guerrafondai, semplicemente sitratta di compiere atti di deterrenza; e,all’occasione, che si spera non si veri-fichi, di passare dalle parole e dai gestidimostrativi ai fatti. E’ una questione dilegittima difesa che trova la più ampiagiustificazione. Ma siamo nelle condizioni politiche diprendere da noi medesimi qualche ini-ziativa? Temiamo di no. Renzi ha dettoche non possiamo passare dall’indiffe-renza assoluta all’isteria; perciò nienteinterventi armati. La Mogherini, mini-stro degli esteri dell’Europa, dovrebbeconvincere l’Europa a muoversi; mapare che non conti niente, né in Italiané in Europa, è l’altra bella statuina delpresepe renziano. Nelle trattative conPutin per la grave faccenda del-l’Ucraina la Merkel e Hollande non l’-hanno neppure invitata come “uditrice”,non foss’altro che per salvare la forma. La minaccia dell’Isis, pur contestualiz-zandola in un clima emotivamentescosso per le barbare esecuzioni cuiquotidianamente i suoi uomini ci fannoassistere, è una minaccia seria. I nostrigovernanti saranno pure improvvisa-tori, ma le loro dichiarazioni fanno ca-pire di essere davvero spaventati. Gliattentati dell’11 settembre del 2001contro le Torri Gemelle sono un incuboproprio per la loro fondatezza e la faci-lità di esecuzione in qualsiasi mo-mento. Facciamo scongiuri.

Contro la minaccia del califfato qualche iniziativa va presa sia in direzione diplomatica sia in direzione militare

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della domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0diario politico

L ’agenda bioetica del governo Renzi è silen-ziosa, tace. Ai tempi dell’ultimo governo Ber-lusconi, invece, i parlamentari s’infiammaronosu varie questioni eticamente sensibili, senzaperaltro portare a casa alcun risultato positivoe apprezzabile. Ma nell’era delle riforme e del

giovanilismo che avanza, si può sperare di vedere formu-late normative di ampio respiro? Si può attendere che la po-litica attiva risponda alle aspettative dei cittadini? Oltre lealchimie e gli equilibri di palazzo, in un’ottica di etica pub-blica, si deve essere alacri, operativi. Alcuni bioeticisti cat-tolici sono intransigenti e ritengono che cattolici e laici sipossano mettere d’accordo sull’immigrazione, ma non sullequestioni eticamente sensibili. Però nessuno chiede ai rap-presentanti delle istituzioni di negoziare anche i “valori nonnegoziabili”. È vero, l’etica tradizionale e la morale laica col-lidono, si scontrano fragorosamente fra loro. E sui principistridenti, antitetici, è di fatto impossibile trovare punti d’in-tesa. Però la politica è il luogo ideale e d’elezione della me-diazione: in Parlamento, con uno slittamento e con unapproccio morbido, ci si può incamminare su una strada la-stricata di buoni propositi e d’una bioetica quantomeno par-zialmente condivisa. I rapporti umani si fondano sulcompromesso, sulla compartecipazione, sulla compren-sione reciproca. Nessuno vuole disgregare la famiglia na-turale, se al contempo accetta di riconoscere legalmentealtre forme d’unione e d’amore. Se relativamente al “fine

vita” si decide di interrompere, in certuni casi, le terapie me-diche, non si è favorevoli all’eutanasia tout court. Se si in-coraggia una ricerca sugli embrioni, solo nel rispetto di certenorme rigorose, non si è di certo nemici della vita umana. Ildialogo dovrebbe essere sempre possibile, soprattutto inquesto tempo di compromessi partitici e patti di discutibilenatura. Il governo Renzi, fino ad ora, è totalmente latitantesulle tematiche bioetiche. Del resto, i politici del NuovoCentrodestra (Roccella, Sacconi, Giovanardi, Lupi, Loren-zin) sono da sempre ligi ai valori cosiddetti “non negoziabili”e custodi arcigni della famiglia tradizionale. Ma la biopoliticaè necessario che compia gli umani destini entro perimetriben definiti e liberali. Di certo, meglio la colpevole inerziadel rampante “riformatore” fiorentino in camicia bianca, cheil trascorso fervente e pervicace attivismo di Berlusconi edell’inossidabile e trasversale “partito della vita”. I quali neglianni hanno saputo confezionare una illiberale, pasticciata,impraticabile Legge 40 sulla procreazione medicalmenteassistita, un impossibile ddl. sulle dichiarazioni anticipate ditrattamento, che di fatto prendeva in ostaggio il corpo deicittadini, arenatosi giustamente nelle secche del Parla-mento. Senza dimenticare che i fedelissimi di Berlusconi(Gasparri in testa) seppero condurre, tra l’altro, una ana-cronistica e reazionaria lotta alla pillola abortiva Ru 486, chel’Organizzazione Mondiale della Sanità, da anni e anni, hainserito nella lista dei farmaci essenziali.

di Marcello Buttazzo

La latitanza sulla bioetica di Matteo Renzi

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spagine della domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0

Alcune concezioni sonodavvero inconcludenti. InItalia, la Lega Nord dasempre sulle politiche po-polazionistiche segue unacondotta riduzionistica,

vagamente xenofofa e razzista. Comprendiamo che alcuni leader hannoun bisogno quasi fisiologico di “allertare”la gente, di vellicare la pancia di certuni,di additare a tutti le “gravi emergenze”. Magiova individuare costantemente nel rome nel clandestino il “male del mondo”, il“pericolo ordinario” per il quieto vivere? La povertà, la nera miseria, le difficoltà direlazione si possono oltrepassare con unvalido approccio culturale di coesione, dicomprensione, di rispetto, di apertura. Ilnetto rifiuto di capire l’altro e il tentativomaldestro di addomesticare i “problemi”testimoniano l’incapacità di diventare so-cietà moderna e plurale. In questi ultimianni, nel nostro Belpaese, in Francia, inaltre contrade d’Europa, s’è usato un voltoistituzionale truce nei confronti di zingarie sinti. In tanti luoghi si sono abbattute ba-racche non per rimuovere case fatiscentidi rom, ma solo per costruire nuovi resi-stenti ghetti di incomunicabilità, di rottura.Contro l’umanità non si può seguire un re-gistro di annullamento, di distruzione.È vero, da noi, i leghisti sono sempre statii teorici di misure intransigenti e musco-lari. Ma anni fa, anche il francese Sarkozyavviò una caccia grossa contro i rom, con-tro gli ultimi della terra, ricevendo le con-danne risolute dell’opposizione socialistatransalpina, dell’Ue e dell’Onu. Da una relazione di Amnesty Internatio-nal, particolarmente attiva nella difesadelle minoranze, emerge che, in Italia, lepersone rom e sinti siano almeno 150000,circa lo 0,2% della popolazione nostrana.Amnesty lamenta che per migliaia di per-sone rom la casa è un insediamento iso-lato, sovente lontano dai centri urbani, incondizioni di estrema povertà, senza ac-cesso a infrastrutture adeguate e ai servizidi base. Un rapporto della Commissionestraordinaria per la protezione e promo-zione dei diritti umani del Senato ha defi-nito la condizione di vita di migliaia dipersone rom e sinti in campi e in insedia-menti in Italia “così drammatiche che pos-sono essere tollerate solo se si decide dinon guardarle”. Chi si batte per la tutela della dignità dellagente si rammarica per il fatto che certi in-dividui siano oggetto di reiterati pregiudizie discriminazioni. E il dibattito politico diprima e seconda serata televisiva nongiova a decodificare una situazione cao-tica: c’è sempre chi associa necessaria-mente la comunità rom al crimine o alla

devianza. Siamo stanchi e avviliti dellapolitica deteriore, che gioca in largo anti-cipo le campagne elettorali, fiaccamenteappiattite su risoluzioni di carattere secu-ritario. Il prode Salvini combatte perenne-mente contro i soliti nemici, gli eternifantasmi.Ma davvero i migranti e i rom rappresen-tano un’emergenza assoluta?La politica assennata, però, dovrebbestare attenta a non fare passi falsi. Madavvero i mali del mondo sono i migrantie i rom? La pianta mefitica del razzismo germogliasempre, instillando putrescenti germi didifferenzialismo, dividendo la gente impla-cabilmente in buona e cattiva, in “virtuosa”e in “dissoluta”. Epperò, una società de-mocratica non dovrebbe mai scivolare suicrinali d’una brutta ideologia, soprattuttoin un’era di civile convivenza.In un tempo che reclama ad alta voce unaglobalizzazione dei diritti umani, un am-pliamento degli spazi vitali, è anacroni-stico opporsi alla libera circolazione degliesseri umani. Perché questa voglia malsana di indivi-duare a tutti i costi un “nemico” da abbat-tere, da punire? Mario Marazziti, portavoce della Comu-

Contemporanea

di Marcello Buttazzo

nità di Sant’Egidio, sostiene che “la poli-tica italiana sulla questione zingari è per-dente”. Chi disegna emergenze darisolvere bruscamente con gli sgomberi ocon gli interventi di ordine pubblico rac-conta una storia falsa. L’unica politica ac-cettabile, lungimirante, è quella chefavorisce l’inclusione, l’interazione, la sco-larizzazione, l’inserimento nel mondo dellavoro, l’educazione alla cittadinanza. Di certo, i rom non possono continuare arestare stipati in luoghi sporchi, coi topi,senza servizi igienici, senza aria né luce,senza integrazione scolastica. In questigiorni, Luigi Manconi, presidente dellacommissione Diritti umani, ha chiesto alsindaco Marino la chiusura di certe strut-ture capitoline e l’avviamento d’un per-corso di superamento dei “campi rom”attraverso l’individuazione di processi diinclusione sociale. Nei confronti delle minoranze rom e sintidevono essere impiegate coscienziosepolitiche pubbliche e abitative con l’ado-zione di interventi puntuali per mettere finealle condizioni di degrado in cui questepopolazioni sono costrette a vivere da de-cenni.

Zingari

Il libro nell’illustrazione è realizzato daA.I.Z.O. rom e sinti, in via Foligno 2 a Torino

e-mail: [email protected]

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spagine -della domenica n°63 - 8 febbraio 2015 - anno 3 n.0la riflessione

Rivangando le ormai antiche mie consuetudinicon i fumetti, rammento che non ho mai avutoin simpatia il personaggio di Paperon de’ Pape-roni, l’arci ricco ed avaro per eccellenza, senzaperaltro che, nei suoi confronti, nutrissi senti-menti di particolare repulsione o disistima: in

sostanza, mi pareva che il miliardario ignorasse completamentela generosità, e però che non danneggiasse il prossimo.Inoltre, ai miei occhi di ragazzino e adolescente, il fatto che eglisi trovasse continuamente costretto a contare e misurare i pro-pri tesori valeva alla stregua d’una sorta d’espiazione moraleper l’assoluta mancanza in lui, giustappunto, di generosità e al-truismo.Oggi, non esistono più figure di autentici Paperon de’ Paperoni.Volgendo lo sguardo intorno, ci si rende conto che è, soprat-tutto, tempo di cicale, anzi di un universo di cicale, oltre che dimanipoli d’approfittatori arraffa soldi senza ritegno. Infatti, suun fronte, è diffusa la tendenza a non dare più valore, neppureminimamente, al denaro, mentre, su quello opposto, nugoli diavvoltoi si muovono a man bassa: effetto di ciò, il veloce e ra-pido svuotamento delle tasche e del portafogli della gente co-mune (cicale per niente avvedute) e l’ingiusto, indebito etruffaldino accumulo di guadagni a dismisura da parte degli altri(ossia i manovratori, i venditori di certi beni e servizi).

Qualche esempio concreto.Chi scrive, prova rabbia per quanti, fra gli immigrati clandestini,esercitano il ruolo di negrieri e sfruttatori, imponendo ai ragaz-zini e alle donne, distribuiti ai semafori, di incassare un minimogiornaliero, pena pesanti punizioni o soverchierie. Trova mag-giormente odiosi tali loschi individui al pensiero che, nel chiusodei tuguri o tende o roulotte, esercitano a tutto spiano, a sug-gello della loro malsana concezione di possesso, il rito quoti-diano della “monta”, il che è testimoniato dalla circostanza chealmeno tre donne su quattro, a cominciare dalle appena ado-lescenti, si presentano permanentemente incinte.Come pure, è pervaso da disappunto e rabbia per i quattro mi-nuti e mezzo di dondolio dei bimbi su cavallucci o altri animalielettrici o per i due minuti di giro in trenino al prezzo di un euro;e ancora, all’atto dell’acquisto di pesce azzurro a cinque o seieuro al chilogrammo, quando tale prodotto è pagato ai pesca-tori da uno a due euro, per non parlare, infine, della frutta che,sui banchi del supermercato, quota sovente cinque o sei voltela cifra corrisposta ai produttori.In fondo, dietro al comportamento del vecchio, a miei occhi an-tipatico, Paperon de’ Paperoni, non allignava la disonestà;essa, al contrario, sembra costituire, oggi, una vera e propriacostante.

di Rocco Boccadamo

L’arraffa soldi

Da Paperon de’ Paperoni alle cicale e ai negrieri moderni

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A privi e chiudevi quella borsetta nera perestrarvi con le mani inguantate, dolente, il faz-zoletto ricamato a cui affidavi lacrime nuovee antiche, ne usciva il tuo profumo e il clipclapdel fermaglio rimbombava nella chiesa pienadi fedeli per la messa domenicale.

Colpi di tosse, cigolii di sedie, tramestii di passi, brusii di pre-ghiere, parole sussurrate, erano il sottofondo per l’omeliadell’officiante che ammoniva i presenti con tono imperioso fi-gurando punizioni in questo e nell’altro mondo se le colpenon fossero confessate e con pentimento se ne fosse chiestoripetutamente il perdono. L’assunzione dell’ostia conquistatadopo aver fatto la fila, tutti, ricchi e non, in attesa della paci-ficazione della coscienza e l’aspersione finale con l’incensoera il rito taumaturgico catartico e salvifico per quelle animepeccatrici e donava la speranza che l’ immensa bontà divinaascoltasse le preghiere e le richieste di perdono. Eri lì, pie-gata dalla colpa, bella da morire nelle tue calze con il rigonero il rossetto sulle labbra gonfie di pianto e gli occhi chiaricome un lago al tramonto.Così, mezzi storditi e commossi dal miracolo della Resurre-zione dalla carne, i fedeli si salutavano con fratellanza a fineMessa sul sagrato della chiesa, lasciando persino un oboloal mendicante che ogni domenica aspettava fiducioso il mi-racolo anche per lui..quello di poter mangiare. Come hai fatto a non farmi mai comprendere quanto dovessiamarti? Ora non c’è e non voglio ci sia più tempo per parlare,Ora ti amo… e basta.

spagine corsivodella domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0

La domenicadei redenti

di Tiziana Buccarella

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della domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0

L’abecedariodi Gianluca Costantini e Maira Marzioni

Panchina 3* di via Queiroz

Portatemi una pipa procuratemi vi prego delle paillettes

e un pacchetto di passione sto per partire

Passeggerò per Porto

da qui in poi finchè qualcosa o qualcuno

farà Quiete la pietra che porto sul petto

questo pallore quasi perfetto.

spagine

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spagine

Un triangolo astrale di poesie

Chiesi

Chiesi a un ladro di rubarmi una pesca:distolse gli occhi in su.

Chiesi a una bella donna di mettersi agiacere:

santa e pudica oppose gridi.

Appena me ne andaiecco venire un Angelo:

ammiccò al ladro,e sorrise alla dama.

E senza dire una parolaebbe dall’albero una pesca,

e calmo come un Angelosi godette la dama.

William Blake(traduzione di Giuseppe Ungaretti)

Lettera aperta e più che seria, serissima a Ilaria Seclì

Ad illustrare le mani di William Blake particolare dal ritratto

di Massimo Grecuccio

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della domenica n°6522 febbraio 2015 - anno 3 n.0

Il ladro di ciliegie

Una mattina presto, molto prima del canto del gallo,mi svegliò un fischiettìo e andai alla finestra.

Sul mio ciliegio - il crepuscolo empiva il giardino –c’era seduto un giovane, con un paio di calzoni sdruciti,

e allegro coglieva le mie ciliegie. Vedendomimi fece cenno col capo, a due mani

passando le ciliegie dai rami alle sue tasche.Per lungo tempo ancora, che già ero tornato a giacere

nel mio letto,lo sentii che fischiava la sua allegra canzonetta.

Bertolt Brecht(traduzione di Franco Fortini)

Bertold Brecht in un disegno di Emil Stumpp

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Un triangolo

Ilaria, ecco un triangol scaleno (dì la ve-rita: non l’avevi considerato). Preciso:eccoti una triangolazione. Poetico: ti in-dico una costellazione triangolare. Lecostellazioni sono creazioni eminente-

mente umane. Le stelle sono lì, lontanissime(col metro terrestre) tra di loro e da noi. Eppure,con uno slancio dell’immaginazione, e un attodi libertà, possiamo unirle e formare un trian-golo, oppure un carro, un ariete, uno scorpioneet cetera. Così il lontanissimo, incastonato in unnostro personale universo, diventa il vicinis-simo. Le costellazioni, creazioni eminente-mente umane, un tempo ci orientavano. Bando alla nostalgia e bando alle ciance. Ti in-dico i vertici della costellazione triangolare, inordine cronologico: Chiesi di William Blake; Illadro di ciliegie di Bertolt Brecht; Et noli obli-visci omnes retributiones eius di Ilaria Seclì(cioè, tua). La triangolazione che tento di im-bastire, non è la triangolazione della geodetica.Piuttosto è una triangolazione critica (in sensolato e non solo estetico). Racconto quello cheho visto, ti porto quello che ho raccolto. E sic-come questo non è esattamente il campo del-l’esatto, ma neanche del nebuloso, più chedeterminare con precisione le misure dei lati (odegli angoli), mi limiterò, girando intorno ai trevertici, a unirli con fili-lati. Sappi, però, che talilati non sono il cammino retto (il tragitto piùbreve) che la geometria impone.La questione della esposizione non in originaledei testi di Blake e Brecht, la salto a piè pari.Però, ti dico che le versioni che ti sottopongosono di Ungaretti (interprete di Chiesi) e di For-tini (interprete di Il ladro di ciliegie). Insomma,non proprio due sprovveduti. Se hanno tradito,com’è probabile nel passaggio da un idiomaall’altro, l’avranno fatto alla grande. Cioè, conestrema fedeltà allo spirito (non Santo).

Chiesi, già da subito, mi sembrò curiosa. Di unacuriosità che sfiora la comicità. La comicità èinvolontaria. Non è nel testo (non ho mai visio-nato l’originale, e dovrò pur farlo un giorno).Non mi sembra, perdona l’insistenza e la ripe-tizione, di ravvisare alcunchè nel testo che dica:siamo nel campo del comico. Allora preciso: ilcomico è nella mia testa di lettore. E può darsiche in questo caso il mio pensare sia un mal-pensare. Non perdo di vista, però, l’estrema se-rietà del dettato di Blake. Non conosco l’operaintera di Blake (il rito scaramantico è questo:mai possedere per intero, lasciare al fare ancoradei margini; così, spero, la nera Signora si tienelontana. - Non posso, ora, ho ancora così tantoda fare!). Non conosco per intero l’opera diBlake, ti dicevo, eppure sento di dire che il so-strato, che fa anche la grandezza delle sue poe-

sie, dentro una cornice di compostezza formale,spesso è un’ingenuità primeva. Nel segno nonsolo dell’innocenza, ma anche in quello ugual-mente primitivo della dignità; alla lettera: den-tro la stirpe (umana); che dice, cioè, la dignitàdell’uomo. L’innocenza, per un tempo breve è(o, sembra essere, leggi Freud?) un connotatodi noi cuccioli; poi, dopo averla persa, se laeleggiamo nostra stella polare, serve più di unavita per avvicinarla (lungi da me il benchè mi-nimo riferimento alla reincarnazione). Veniamoal mondo, e il mondo c’è già, con la sua non in-nocenza. Ma sto confondendo i vertici, e stotraslando Il ladro di ciliegie verso Chiesi. I ver-tici si guardano, i vertici si vedono; ma cheognuno resti al suo posto! Torniamo a Blake.Leggere Swedenborg, il mistico il medium ilchiaroveggente, probabilmente getterebbe po-tenti fasci di luce sui suoi versi. Non ho lettotutti i libri (e non intendo farlo). Non sonostanco. E però, trovo sempre il tempo di nonfare cose che avrei potuto anche non fare (equesto non è un rito scaramantico, piuttosto èun sofisma). Accostiamoci a Blake senza Swe-denborg.In Chiesi abitano quattro esseri. Il primo, l’es-sere che parla, è un uomo. Usa la prima per-sona, ma possiamo essere certi che coincide conchi scrive? Chi scrive, è più affidabile degli es-seri usciti dalla sua penna? Saprai che: Il poetaè un fingitore… Il primo essere, è un uomo (nonpossiamo essere certi che sia il poeta). Il se-condo è un ladro (e a questa qualifica non è ag-giunto altro epiteto). Il terzo, o meglio, la terzaè una bella dama. Il quarto è un Angelo. Non èuna bella compagnia?In Chiesi ci sono quattro esseri e tre movimenti.Nel primo, l’uomo esprime due desideri: avereuna pesca, fare all’amore con la bella dama.Tutte e due i desideri sono frustrati. Elevo iltono di queste mie divagazioni e scrivo una for-mula: nel primo movimento si attua lo scaccodel desiderio. Nel secondo movimento, c’è ilcambio del protagonista: l’uomo esce, entra unAngelo (il ladro e la dama assistono impertu-babili). Nel terzo movimento si contempla lapienezza del desiderio. L’uomo, che aveva chie-sto, non ha ottenuto. L’Angelo, che solo am-micca e sorride, e non proferisce parola, ottiene.Mah.Diavolo di un Angelo, non chiedi e ottieni!(Suona blasfemo, ma è così.)Completamente immerso nella nebbia diChiesi, penso che questa poesia concerne ancheil sesso degli Angeli. L’annosa questione, quitrova un approdo. Una poesia che dà una rispo-sta, finalmente. Se l’Angelo si gode la dama,deve essere un … Ehi, un momento, e chi lodice? Potrebbe anche essere una … No, nean-

che Chiesi dirime la questione. Una prova ulte-riore dell’inutilità delle poesie?Però, questi Angeli. Già sono beati, cioè sonoin Paradiso. Se poi, oltre a questo, si mangianole pesche e fanno all’amore con le belle dame,sono doppiamente beati. Beati due volte loro.Però, questi Angeli. Potrebbero starsene in Pa-radiso, invece di piombare sulla terra e fare raz-zie.Il ladro, che ci fa qui il ladro? La sua presenzaè più elusiva, ma ugualmente concreta, di quelladella dama. Distoglie gli occhi al cielo (Oh, po-tenze celesti!), raccoglie un ammiccamento(che lo mantiene in scena). Con l’uomo, che gliha chiesto di supplire al suo scarso o nullo co-raggio, non fa il suo mestiere; con l’Angelo, sì.Mah!E la dama? È bella, naturalmente. E anche santae pudica (ma solo nel primo movimento). Lasantità e la pudicizia si sciolgono al cospettodell’Angelo, il quale ha un’arma invincibile: ilsorriso. Non un sorriso qualunque, un sorriso diAngelo (carico di beatitudine?). La bella dama,a uno sconosciuto, che forse è un poeta, unospiantato in ogni caso, preferisce un Angelo,che di sicuro è bello come un angelo. Comedarle torto?Già dalla prima lettura di Chiesi, io ho parteg-giato per l’uomo. L’Angelo è un vincitore,l’uomo un vinto (schierarsi con i perdenti: ilgrado zero del comunismo?). Completamenteimmerso nella nebbia di Chiesi, anni fa, unaiuto inaspettato venne dal claim del trailer diun filmaccio (The Blue Lagoon) basato sull’en-nesima variante della storia magnificata da Sha-kespeare in Romeo and Juliet. Il messaggiopubblicitario del film recitava: la perdita del-l’innocenza e la scoperta del desiderio. Ecco,pensai, questa formula, invertita, potrebbe cal-zare bene a Chiesi. La perdita del desiderio e lari-scoperta dell’innocenza. Non è l’innocenzala strada maestra che conduce verso la rotonditàdei desideri? Forse l’allegoria in tre movimentidi Chiesi, questo racconta.(Nella passeggiata intorno a Chiesi ho schivato:l’eden o paradiso perduto, la caduta o peccatooriginario, la cacciata dal paradiso. L’anima èselettiva. Oppure, siamo abitati, senza esserneconsapevoli, da esseri che scelgono per noi.Daimon o Angeli? (Evito, consapevolmente, didire: inconscio. È una rimozione?))

Il ladro di ciliegie. Forse, piaceva molto anchea Fortini, che ha intitolato una sua raccolta ditraduzioni di poesie brechtiane, Il ladro di ci-liegie e altre versioni di poesia.Per me Brecht è stato un autore culto, per di-versi anni. Mi piacevano le sue opere teatraliche ho conosciuto solo sulla carta e mai sulla

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della domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0lettera aperta e più che seria, serissima a Ilaria Seclì

Et noli oblivisci omnes retributiones eius

Sì sì i gatti stanno bene. Sono bianchissimi. I chicchi di melagrana te l’ho detto giorni fa, sono sempre rossi. Inseguo ancoral’odore del ragazzo in carrozzina con la neve coricata sul maglione. Fiori di cotone lino e gelsomino. Lo zio di Michele il pastorericordi? dice che le pecore non obbedivano più e ognuna se ne andava per conto suo senza di lui non davano neanche il latte.All’uscita dall’ospedale di corsa dal gregge un fischio è bastato ed eccole tutte in una a seguirlo. I fiaschetti piccoli piccoli per i ni-potini, la ricotta della zia, bianca bianchissima. La stessa che col siero arrivava a casa mia quando avevamo la febbre e quelbianco era più di un antibiotico. (Che ne sarà di tutte le pecore del mondo evoluto quando i vecchi se ne andranno).

Paolo padre di Sara dice che le campagne non sono tenute come si dovrebbe ecco perché gli ulivi si sono ammalati. Mangiamosul tavolo di legno bianco dove Mitch è nato (gennaio corrente anno): le mettevano così, gambe aperte e braccia che altre donnetenevano, e si nasceva così, un due tre quattro e plaft, nato!

[Non sono il tuo tutor]

[Lo sforzo che hai fatto non è stato per me lo sforzo che hai fatto non è stato per me] La tua bocca saetta mitraglie / tagliato spazioappeso e mostruosi / pesci orfani di branche / all’epilogo che siamo/ i titoli di coda di chi era sposa / al cosmo, Adamo e Dio / in-vertebrata storia senza macchia / Dalla cura alla stanchezza / dalla promessa all’oblio / dall’estate al dopo / battesimo e cacciata/ i baci che non dai / impiccati al calendario / di una misura stretta / ordinario tempo / mal riuscita festa].

Io e Ester abbiamo lo stesso braccialetto roselline rosse e un bel po’ di lune in mezzo. Seconda elementare, nome proprio di per-sona, genere femminile, numero singolare. Dai dai combattiamo facciamo la lotta! Mirko e Ester dopo le battaglie del giorno dor-mono con braccia che si legano.

[Profeta Osea, eccola l’anima nel deserto. Aspetto la voce che parli al mio cuore]

[Modo e modo di essere grandiosi, classici: raccogliere divani e televisori sul ciglio della strada insieme alle olive] [E i tarocchi lestelle le sentenze]

[Vorrei una parola ideogramma. Perfetta elegante inaccessibile] [Madre, col favore delle stelle] [Il bosco è intero nella sua parola][L’estraneità tra ciò che siamo e ciò che diventiamo]. [Gli atti liberatori si limitano allo scatarro] [Tra le coppie c’è sempre un tripudiodi pollici un gran da fare virtuale un silenzio].

Novoli, festa del fuoco, fòcara, gran falò per S. Antonio Abate. 25 metri. 20:15, 16 gennaio 2015. Dice il vecchio che affattura 90mila fascine Questa gente che si accumula a che cosa. Penso che la gente sente quello che sento io. Quando si accende.Quando si accende…Pensavamo che morti i vecchi non si sarebbe più fatta, invece. E così sarà fino a che c’è vita.

[Come quando si correva da bambini per arrivare primi] [L’eterno grazie afono]

Ilaria Seclì

Ilaria Seclì

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scena. Mi piaceva in modo speciale Ascesa ecaduta della città di Mahagonny, una sorta dioperetta, musicata da Kurt Weil (Moon, of Ala-bama, la canzone, viene da lì), su come si inne-sta il capitalismo in una città nuova nata inpieno desert. Come avviare in tempo breveun’impresa più che redditizia. Alcool, prostitu-zione, gioco, sfruttamento. Requisiti: uno solo,la totale mancanza di scrupoli. Leggevo anchei suoi diari di lavoro, e le sue poesie. Per me, Il ladro di ciliegie ha una strana e cu-riosa bellezza.Io trovo la semplicità di questa poesia-racconto,disarmante. Il titolo non lascia adito a dubbi. Ilracconto, invece, ne solleva molti. Qui, si in-contrano due persone. Un uomo alla finestra eun giovane seduto su un ciliegio. Il giovane do-vrebbe essere il ladro. E l’uomo alla finestra do-vrebbe essere colui che subisce il danno. Costui,invece, non grida né si arrabbia. Non solo. Nondice niente. E’ un testimone calmo della sottra-zione delle sue ciliegie. Sembrerebbe che eglinon colga alcun reato. Neanche il comporta-mento dell’allegro giovane, d’altronde, è cata-logabile come il comportamento di uno colto inflagrante. Non smette di cogliere le ciliegie permettersi a correre. No. Continua, sorridendo efischiettando, a riempirsi le tasche.(Così, in tasca, si preserverà l’integrità delle ci-liegie? Non si farà marmellata?)Se il poeta avesse scritto: sul mio ciliegio …c’era seduto il giovane Mike Tyson/ con un paiodi calzoni sdruciti, avrei anche potuto capire. Ipoeti saranno pure fingitori. Ma quando raccon-tano bugie (quasi sempre) lo fanno con estremaprecisione. Così, le bugie sembreranno più veredel vero.Perché l’uomo non si arrabbia? Perché non fa,né dice nulla? Chi è? Una specie di santo, unmonaco trappista, un ministro di Budda, unmaestro Zen, un atarassico? Chi è? Nessuno ditutti questi, temo. Quell’uomo è inumano. Nonsi arrabbia!Fosse anche stato uno eccessivamente timido esenza un briciolo di coraggio, almeno avrebbepotuto esprimere rabbia, o indignazione, nelracconto! E, invece, nulla di tutto ciò. Quella serena imperturbabilità no richiamal’Angelo di Chiesi? Forse, quell’uomo è un An-gelo. (Se gli angeli mangiano le pesche e fannoall’amore, possono anche dormire in una casaterrena ed essere svegliati da un fischiettio, nonti pare?) L’Angelo mi prende per mano e miconduce verso la luce (sarà l’Angelo Luci-fero?).No, quell’uomo non è inumano! E’ splendida-mente umano. E’ umano in senso pieno. Nellavicenda del giovane appollaiato sull’albero, al-

legro scanzonato e colmo di vitalità, e del testi-mone imperturbato alla finestra, un uomo sicu-ramente meno giovane, io credo possiamoleggere il naturale avvicendamento delle età.Noi veniamo al mondo. E il mondo c’è già (conla sua non innocenza).I giovani, quelli che vengono dopo, è naturale,è nelle cose, che si riempiano le tasche delle ci-liegie dei ciliegi piantati da quelli che sono ve-nuti prima di loro. Così è la vita. Anzi, cosìdovrebbe essere la vita.Il giovane non ha con sé un sacco, o delle casse,che riempie di ciliegie. Riempie solo le taschedei suoi calzoni sdruciti (col rischio di fare mar-mellata). Quante ciliegie mai potrà mettere nellesue tasche? Di sicuro, non quelle che consenti-ranno un guadagno non lecito! E l’anziano, iltestimone, lo sa. Perché mai dovrebbe arrab-biarsi? Il giovane continua la vita. Prende dal-l’anziano il testimone, e prosegue.Magari, col tempo metterà pure a dimora qual-cuno dei semi (il cuore) delle ciliegie. L’anzianolo lascia fare, gli dà fiducia. E altri ciliegi cre-sceranno e fioriranno (come non pensare alGiappone, che celebra i ciliegi con una grandefesta?).Se tutto ciò non si può chiamare comunismo(caro a Brecht), forse si può dire: comunione.Comunione dei beni, condivisione? Mi sto spingendo oltre? Questa poesia, che perme è buonissima, mi dà la spinta per spiccareun piccolo volo. Così ho una prospettiva leg-germente più ampia. Oltre per oltre, ormai volo,mi chiedo: oggi, chi ruba le nostre ciliegie?Forse gli africani, i siriani, gli afghani, i paki-stani e tutti i paria disperati, cosiddetti extraco-munitari, che tentano, e non sempre ce la fanno,di sbarcare sulle nostre coste?Mi sono spinto oltre, sì. Però, credo di essererestato nel recinto, che per me è molto ampio,di Il ladro di ciliegie.Tu credi che io abbia finito, con Il ladro di ci-liegie? E invece, no. Mi dà il destro per qualcheconsiderazione sulle poesie di Brecht. Spessole sue poesie prendono la deriva didascalica (èun peccato veniale). Un piccolo assaggio: Qualitempi sono questi, quando/ discorrere di alberiè quasi un delitto/ perché su troppe stragi cadeil silenzio. Non è vero, è verissimo. E ben detto.Con un’efficacia retorica superiore alle paroledei giornali. Anche oggi, a distanza di tantotempo. (Ricordo questi versi a memoria, manon sono in grado di dire il traduttore. I tradut-tori bisognerebbe menzionarli sempre. La loroopera spesso non ha il giusto rilievo. E nonparlo dei traduttori del calibro di Ungaretti eFortini.)La poesia didascalica è un genere fortemente in

ribasso, oggi. Forse andrebbe recuperata, to-gliendo un po’ di spazio alla comunicazionegiornalistica (fortemente in crisi; (ma dal letame(dalla crisi)/ nascono i fior)). Non per altro senon per guadagnare efficacia retorica. Vero con-vincimento, ovverossia un più probabile coin-volgimento. Oggi, la poesia lirica la fa dapadrona. Con tutte queste accensioni liriche, c’èperò pericolo di incendio. Ricordiamoci sempredell’Angelo. Lui non appicca (non proferisceparola). Lui c’è. E ottiene, eccome se ottiene.(Con la poesia didascalica, comunque, non sifanno le rivoluzioni.)Io credo che la tensione di Brecht al comuni-smo, o se preferisci alla comunione, che sembraessere la cornice fissa entro la quale si è snodatala sua azione di scrittore, sia più intensa in Illadro di ciliegie che in altri luoghi della suavasta opera (non oso dire di tutta la sua opera,che non conosco per intero). Non è né didasca-lico né dottrinario. Qui sfrutta la potenza del-l’icona verbale. Quale evidenza nell’immagineche comprende il ragazzo seduto sull’albero,che raccoglie ciliegie fischiettando, e l’anzianotestimone, che guarda e non si arrabbia. Forsela poesia è più grande quando si avvicina al-l’icona verbale, a una sorta di mito. Ut picturapoesis? La poesia è come la pittura? Il ladro diciliegie è un quadro. Credo anche che sia un’al-legoria. Per questo credo che sia potente (comeanche Chiesi).(Tuttavia, neanche con le allegorie si fanno lerivoluzioni.)Con tutto questo, non voglio dire che quando siscrivono poesie bisognerebbe tendere all’alle-goria.Quando scrivo (ma non solo), immerso nel vor-tice della scrittura, nel pieno possesso di tuttefacoltà (così credo), qualche volta forse cado inuna sorta di abbassamento del controllo mentale(verificato col senno di poi). Faccio tutto quelloche credo debba essere fatto. Le braccia sonosalde, la corda dell’arco è ben tesa, la frecciaspicca, percorre la parabola, si conficca. Il ber-saglio è stato colpito. È quello che avevo pun-tato? È di Goethe questa sentenza (la riportocon parole mie, spero di cannarla poco): unoscrittore sa quel che vuole scrivere, non saquello che ha scritto. Mi piace pensare (mi as-sumo tutte le responsabilità di questa fantasia)che Brecht, quando ha scritto Il ladro di ciliegie,fosse in uno stato del genere. Nel bersaglio che la sua freccia ha colpito, cisono particolari che non ho tenuto in debita con-siderazione. La vicenda si svolge la mattina pre-sto (il crepuscolo empiva il giardino) in quellafase, cioè, in cui la notte trascolora nel giornonascente. Il testimone, dormiente, è stato sve-

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gliato. C’è stato davvero un fischio? Il testi-mone si alza, va alla finestra, vede il ladro.Siamo sicuri che il testimone sia nel pieno pos-sesso delle sue facoltà? Forse è sveglio, ma nondel tutto. Anche se ha fatto i passi dal letto allafinestra, può darsi sia immerso nel dormiveglia,in quella zona della coscienza umana in cui èfacile che i ricordi facciano capolino. Cucù, tiricordi? In quella zona, il livello di allerta èbasso. I ricordi si avvicinano, le distanze si an-nullano, i ricordi ci toccano. Li lasciamo fare,nessuna resistenza. Questo genere di esperienzaè della stessa specie dei sogni ad occhi aperti(che non avvengono solo al crepuscolo notte-giorno). L’uomo alla finestra può andare in tri-bunale? Non credo. La sua non sarebbe unatestimonianza fondata. Il testimone, l’angelo deldormiveglia, non ha assistito ad alcun furto. O,meglio, il furto, se c’è stato, è avvenuto nel pas-sato. Il ladro (è questo è il mio sogno ad occhiaperti) è il testimone quando era ragazzo. È lui,nel passato, che ha rubato le ciliegie. Sono pas-sati tanti anni. E poi, il reato non era grave, peril tribunale sarebbe comunque prescritto. Ilreato, non era grave anzi, era un atto di grandee piena vitalità. Noi veniamo al mondo, e ilmondo c’è già (e non è innocente).Nell’allegoria di Il ladro di cilegie, il ragazzo el’anziano si guardano. Il ragazzo guarda inavanti, l’anziano guarda all’indietro. Qui si con-templa la rotondità della vita.Brecht scrisse Il ladro di ciliegie pochi mesiprima di morire. Brecht, da alcuni è stato cosìdefinito: ladro geniale di idee altrui.

Non scorgo il terzo vertice. Ah, eccolo. Faccioquesta osservazione: tra il primo vertice e l’ul-timo, all’incirca 200 anni. Però, ce ne vuole ditempo per costruire un triangolo. Altra osserva-zione: ne è passata di acqua sotto i ponti (forsesono caduto in quello stato, di cui sopra, di ab-bassamento del livello di controllo mentale; nongarantisco la bontà di quello che andrò scri-vendo da qui in seguito; la materia è troppo fre-sca, freschissima). Intorno a primi due vertici,Blake e Brecht, il terreno è ben calpestabile.Uno si avvicina, guarda, gira intorno. Se ne va,poi ritorna. Una e più volte. Intorno al terzo ver-tice, e a sua protezione, c’è del’acqua. Il terzovertice sembra essere circondato da una palude(è la Palude Critica?). Camminare, qui, è insi-dioso. Potrebbero esserci le sabbie mobili.D’improvviso, potrebbe sbucare un alligatore(gli alligatori, si sa, prediligono le paludi; nelSalento, come nelle Everglades in Florida). Me-glio tenersi alla larga, è più prudente. Ilaria, guarderò da lontano. E dirò poco. Perchéla materia è troppo fresca, freschissima. E quila freschezza non è una qualità sine qua non,

anzi. Prudente non credo di esserlo (nei territoridell’anima, almeno). Ciò detto, mi avvicino alterzo vertice, tenendomi lontano.

Ilaria, c’è una virtù oralità nelle parole che tuscrivi, che nella lettura silenziosa s’intuisce eche si esplica con pienezza nella lettura ad altavoce. Nella pronuncia ad alta voce, le tue parole di-ventano lamine d’acqua, che scorrono le unesulle altre. Quello che si sente è un torrente, chenel suo scorrere fa baluginare lampi, che illu-minano a tratti l’oggetto (accorcio: il tema) tra-sportato dalla corrente. Et noli oblivisci omnesretributione eius, invece, non è un torrente, è unrivolo. Anzi, una serie di rivoletti che forse con-fluiscono in un rivolo. Qui la virtù oralità credoche voglia la sordina (forse, ma non solo, pernon svegliare il ragazzo in carrozzina con laneve coricata sul maglione). Qui la pendenza(il gradiente) porta, irreversibilmente, verso unospazio familiare, intimo. Qui, l’oggetto è lavaincandescente, che a contatto con l’acqua spri-giona fumo. È lava, che a contatto con l’acquanon si raffredda del tutto. Ci sono, qui, alcunirespiri completi. Non è una respirazione natu-rale, inconsapevole. Piuttosto, è una respira-zione consapevole, innaturale. E all’incontrario(alla mmerza). Non: inspiro-espiro, ma: primabutto fuori, poi tiro dentro. In tale spazio, simuovono il Puer, il Senex, e pure l’Angelus(Un triangolo anche qui? Un triangolo nel trian-golo!). Qui, si spiega un controcanto incrinato, che in-voca da lontano la pienezza dei desideri. Qui,si mostrano appena i vecchi cicli ancora apertie i nuovi che stentano ad aprirsi. Tutto questo èconvocato, qui, forse per una soluzione tauma-turgica da affidare alle parole (con la sordina,però, e non in maniera indolore). In Et noli obli-visci omnes retributiones eius mi sembra discorgere abbozzi di allegorie (allegorie inter-rotte). In primo piano, qui, c’è la nascita, e lacura delle madri. Qui, c’è anche la cura deipadri (per i greggi, per gli alberi, per i ladri diciliegie). L’Angelo, anche se non si vede, c’è.Eccome. [Anzi, credo di poter dire che le tueparole, quando sei al meglio, sempre si dime-nano nello spazio tra l’Angelus e la puella (enon conosco per intero la tua opera; e non stoandando a briglie sciolte). A pensarci bene, soloin Blake, il vertice più antico, l’Angelo comparedi persona. Poi è stato costretto a diventare fan-tasma, a nascondersi tra le pieghe delle tensionialla pienezza e alla rotondità. (E la parola-ideo-gramma, che altro è se non una delle linguadegli Angeli, che non parlano? Non con isuoni.)] E qui, ci sono anche i ladri di ciliegie(hanno colpito a Novoli, questa volta! Il palo

era l’Angelo della Fòcara.). E l’anziano, cheha piantato il ciliegio, sembra contento, molto,che gliele abbiano sottratte.

Ho parlato, anche troppo.

Da ragazzino, nel corteo di un funerale. Davantia me due anziani. Uno chiede all’altro: «Cum-pare, e st’annu le vulìe? L’annata è bbona?».Più avanti c’è il feretro, portato a spalla. Il miosensibile animo di tenero virgulto è profonda-mente colpito da quelle parole. Le percepiscocome insensibiltà dietro alla morte. Ora so che quegli anziani, senza averlo voluto,istruivano con obliquità un ladro di ciliegie inerba.

Dal primo vertice al secondo. Dal secondo alterzo. Adesso, Ilaria, dobbiamo tornare dal terzoal primo, non ti pare? Torniamo dall’Angelotombeur des femmes. C’è qualcosa, in Chiesi,che non torna. Anzi, c’è qualcuno, in Chiesi,che non torna. Il focus è l’attacco del secondomovimento: Appena me ne andai… Tu, uomoche racconti, se te ne andasti e non tornasti, al-lora come puoi dare testimonianza di quello cheaccadde dopo? Possiamo credere alle tue pa-role? Delle tue parole non possiamo essere certi.Di questo, ora, possiamo essere sicuri: tu cheracconti sei il poeta. Non ci sono più dubbi. Seiil poeta e Il poeta è un fingitore. All’anima, seè vero! Allora che cosa hai raccontato? Una fa-vola, una fola hai narrato. E lo spazio scenico,adesso ci metto la mano sul fuoco, non era al-l’esterno.Se non a tua discolpa, a tua attenuante questoposso dire: più che bugiardo, reticente sei stato!Ilaria, il triangolo ora è chiuso.Abbi cura di te, Ilaria. Così, spero, al mondo re-galerai altre parole, nude e dense, come quelledi Et noli oblivisci omnes retributiones eius.

P. S.Mentre scrivevo questa lettera, mi sonovenuti questi versi (7x7, è un quadrato!).

E calmo come un angelo mi godo i versi

Mi fermo sulla soglia.Aspetto e non chiedo.

Con lo stigma dell’anima- senza suono alcuno –

l’eco delle paroleverrà verso di me.E io darò la resa.

Massimo Grecuccio

della domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0lettera aperta e più che seria, serissima a Ilaria Seclì

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D edicato ad Ilaria e a radici di albero d’ulivoche osservo mentre s’afferrano alla roccia; leosservo, poi alzo lo sguardo e vedo lachioma, incredibile monumento alla bellezzae poi ritorno a guardare le radici e penso aNeruda e alle sue di radici, lui che nient’altro

chiede se non d’essere lasciato così, tranquillo con le suecinque cose, le sue “cinque radici preferite”.

“Una è l’amore senza fine./ Una es el amor sin fin.

La seconda è vedere l’autunno. / Lo segundo es ver el otoñoNon posso vivere senza che le foglie / No puedo ser sin que-las hojasVolino e tornino alla terra. / Vuelen y vuelvan a la tierra.

La terza è il grave inverno, / lo tercero es el grave invierno,la pioggia che ho amato, la carezza / la lluviaqueamé, la ca-riciadel fuoco nel freddo silvestre. / del fuego en elfrìo silvestre.

La quarta cosa è l’estate / en quarto lugarelveranoRotonda come un’anguria / redondo come una sandía.

La quinta cosa sono i tuoi occhi / la quinta cosa son tusojos…..”

Gli occhi di Matilde, la “bienamada” sono per Neruda laquinta sua radice; non vuole dormire senza i suoi occhi, nonvuole esistere senza che lei lo guardi; “yo cambio la prima-vera / por que tú me sigas mirando.”Oggi continuo a guardare radici così afferrate, aggrappatealla roccia, ripeto i versi del poeta e d’un tratto i loro milleocchi, occhi di muschio e di pietra si immergono nei miei e ioscambierei tutte le mie primavere per esaudire questa loromuta, millenaria preghiera che sa di inverni, autunni ed estatie primavere condivise con una nuvola, con un tuffo nell’infi-

nito dei cieli.Appartengono al colle della Ninfe questi ulivi; io li ho incon-trati, immagine su schermo, nella bottega del dottor FulvioRizzo in via Prato a Lecce, dove scivolano cultura e amoreper l’arte mentre compri il pane e loro, le immagini degli ulivie di paesaggi incredibili, scorrono tranquille; ti coccolano, tisorridono, carezzano i pensieri e così dimentichi pane espesa, ti immergi in loro e pensi che se esiste un colle delleNinfe, esiste perché loro gli ulivi, danno vita e voce alle crea-ture misteriose che nascondono e proteggono da quotidianaviolenza; anche dalla violenza di uno strappo, di uno sradi-camento dalla terra che ti appartiene e che senti pelle dellatua pelle, anche lei, la terra, Ninfa che si rifugia in te, che tichiede aiuto perché tu non la violenti, non la trasformi, nonla deturpi, costringendola ad essere quella che lei non vuoleessere. Anche lei è Ninfa libera d’essere quello che è nel suomare, nei suoi cieli, nel suo verde, nei suoi tramonti e oggi,ancora, anche per un tramonto condiviso, penso ad Ilaria,ninfa libera, e penso alle sue radici che s’aggrappano comequelle degli ulivi a rocce che muschio ricopre ed edera, avolte, perché verde si mescoli a rosso di terra, a grigio disassi e penso che un giorno- quanto tempo fa? – le ho con-sigliato d’andare- ché, via via da qui – lei si sarebbe ricono-sciuta. Ha regalato sorrisi a bimbi avvolti da nebbia ed èritornata come volo di rondini o cinguettio di passeri; è ritor-nata sui suoi passi e intanto, è febbraio, il suo febbraio an-cora una volta e sono ritornati i passeri; saltellano tra giallodi limoni a illuminare sguardi e giardini e giorno di comple-anni; nascono a febbraio i poeti; cercare per credere e si so-migliano un po’ tutti; esuli in cerca d’un nido che nonimprigioni libertà di pensieri, in cerca di rocce forti a cui ag-grapparsi perché vento non porti via; anarchici, un po’, in at-tesa che ritornino baracche dal tetto rosso e tramontimozzafiato.“Qui un tramonto mozzafiato su architetture divine. Che in-canto!” scrive Ilaria, mentre immagini e versi scivolano sulsuo febbraio.

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Bien amada Ilaria

biglietto d’auguri

di Giuliana Coppola (la foto è di Fulvio Rizzo)

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di Alessandro Vincenti Del cercare eroico

“Il Tempo Materiale” è il romanzo diesordio di Giorgio Vasta, scrittoreoriginario di Palermo e naturalizzatotorinese, pubblicato nel 2008 dallacasa editrice Minimum Fax e candi-dato al premio Strega l’anno suc-

cessivo.Del romanzo, nel 2012, è stata realizzatauna trasposizione a fumetti a cura di LuigiRicca, edita da Tunué – Editori dell’imma-ginario.

Vasta, con un scrittura metallica con trattidi realismo quasi asfissiante, racconta levicende di Nimbo, undicenne palermitano,e di due suoi coetanei, Raggio e Volo, inuna Palermo primordiale e periferica ri-spetto agli avvenimenti che nel 1978, annoin cui è ambientato il romanzo, sconvolge-ranno l’Italia.Il ’78 è soprattutto l’anno del sequestro diAldo Moro. Il 18 marzo in via Fani a Roma,con un’azione terroristica, definita da F. Pi-perno di “geometrica potenza”, un com-mando delle Br portava a termine il suoattacco al cuore dello Stato, trucidando lascorta e sequestrando l’ on. Moro. Più asud, i tre ragazzini di Palermo si muovono,agiscono e pensano come dei filosofi ra-zionalisti, imitando il linguaggio, l’ideologiae le azioni eversive del brigatismo rosso.Fondano una cellula terroristica: il NOI, Nu-cleo Osceno Italiano. Iniziano con piccoliattentati ai danni della loro stessa scuola,seguiti da volantini rivendicativi, e si spin-gono fino al sequestro e all’omicidio di un

compagno di classe, Morana. La similitu-dine con Moro è evidente. L’autore, inun’intervista, spiega la scelta di porre alcentro del romanzo dei ragazzini e unacittà come Palermo - marginale rispetto alletensioni che hanno attraversato gli anni dipiombo- come il tentativo di fotografare,partendo dalla periferia (anagrafica, nelcaso dei ragazzini protagonisti del ro-manzo, e geografica, nel caso di Palermo),l’Italia nell’attimo esatto in cui perse la pro-pria innocenza. Il romanzo, pertanto, è unaprofonda riflessione sul ‘78, e per esten-sione sugli anni immediatamente succes-sivi. Anni che segnarono il passaggio daun’ideologizzazione permanente, che per-meava per intero la temperie culturale esociale del nostro Paese, alla progressivanormalizzazione incarnata dai rassicurantipalinsesti delle nascenti televisioni com-merciali.La normalizzazione del Paese iniziava lasua lenta avanzata facendosi scudo diun'ironia cialtrona, che dal tubo catodico di-lagava nelle case degli italiani fino a satu-rare l’immaginario collettivo con modelliinterpretativi del mondo semplificati ededonistici. Il libro si sofferma proprio sulladrammatica resistenza di un modello cul-turale, che per non dover rinnegare sestesso, si spingerà fino al drammaticopunto di non ritorno, rappresentato dal-l’omicidio di Moro/Morana, contro il suo op-posto inneggiante il disimpegno a tutti ilivelli. Il linguaggio, gli slogan e i perso-naggi televisivi vengono, dai protagonisti

del romanzo, fagocitati, nel tentativo dineutralizzarli, all’interno di quella loro vo-lontà quasi donchisciottesca di razionaliz-zazione permanente del reale. L’Alfamuto,codice segreto utilizzato dai tre nelle azionieversive, è basato sui personaggi pubblicidi quegli anni. Il Celentano di Yuppi Du, ilJohn Travolta de La Febbre del sabatosera e il Nino Castelnuovo della pubblicitàdell’Olio Cuore vengono utilizzati come“forme a cui dare nuovi significati”. Una sorta di resistenza all’Italia ironica, de-menziale e farsesca, è, anche, l’avversioneche i ragazzi di Palermo nutrono per lasquadra azzurra, impegnata control’Olanda di Cruijff ai mondiali di calcio di Ar-gentina ‘78. “L’Olanda è la dimostrazione concreta del-l’idea che considero centrale nella nostramilitanza: l’alterabilità dei ruoli determinal’inalterabilità della forma. Ovvero, l’equili-brio della squadra dipende dalla disponibi-lità di ognuno di assumersi, con quella delsuo ruolo, anche la responsabilità del ruolodei compagni”, dice uno dei protagonisti.Mentre, “l’Italia appartiene invece a quellacategoria di squadre dalla strategia con-fusa ma capaci di escogitare soluzioni ina-spettate, di resistere e a volte, perconsunzione dell’avversario, persino di vin-cere”. L’ideologia, come sguardo tragico econsapevole del mondo, e l’ironia, simbolodel disimpegno e del riflusso delle grandinarrazioni del ‘900, sono i due poli oppo-sti attorno ai quali si sviluppa questo bel ro-manzo di G. Vasta.

della domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0lettureGiorgio Vasta, "Il Tempo Materiale", Ed. Minimum Fax, 2008

La copertina del libro di Giorgio Vasta, l’immagine di copertina del fumetto, e una tavola di Luigi Ricca

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Mai più, “Ce m n futt a me!”

Martedì 24 febbraio final-mente a Lecce Buon-giorno Taranto. IlCinema DB D’Essai diLecce accoglie la proie-zione dell’innovativo do-

cufilm di Paolo Pisanelli in concomitanzacon il lancio del contest Adotta un luogo!,che accompagnerà il film nel suo tour inItalia e all’estero. Appuntamento alle 21.00,in via dei Salesiani, 4. Ingresso 5 euro.Esistono tanti modi per tutelare i luoghi. Al-cuni passano dall’azione concreta maanche dall’attenzione che alcuni dispositivicomunicativi sono in grado di attivare.Lo sa bene BigSur e il regista Paolo Pisa-nelli che, a partire da un videoblog, hannorealizzato il documentario “Buongiorno Ta-ranto” firmato, oltre che dal film-maker,dagli abitanti della città più avvelenatad’Europa. Dunque non poteva essere cheun invito aperto ai contributi di tutti il contestAdotta un luogo!, che sarà presentatomartedì 24 febbraio al Cinema DB D’Essaiin occasione della tappa leccese del tourdel docufilm che toccherà varie città ita-liane e festival internazionali.Combattendo filosofia del “Ce m n futt ame!” (che me ne importa a me?), il contestvuole raccogliere le testimonianze di tutticoloro che vivono consapevolmente il pro-prio territorio, mappando paesaggi e storieminacciate dall’incuria, dall’indifferenza eda interessi economici. Partecipare è sem-plice: basta realizzare un video di un mi-nuto da pubblicare sulla fanpage del film,

facebook.com/BuongiornoTaranto, utiliz-zando gli hashtag #adottaunluogo e#buongiorno (nome città). Una selezionedei video-minuto sarà presentata alla do-dicesima edizione della Festa di Cinemadel reale che si terrà a Specchia dal 22 al25 luglio 2015.La presentazione del contest, prevista perle ventuno, anticipa la proiezione del filmche racconta tensioni e passioni di unacittà immersa in una nuvola di smog, di unacittà intossicata ad un livello insostenibile.Aria, terra e acqua sono avvelenati dall’in-quinamento industriale, all’ombra del piùgrande stabilimento siderurgico d’Europa,costruito in mezzo alle case e inauguratoquasi cinquant’anni fa. Le rabbie e i sognidegli abitanti sono raccontati dalla cronacadi una web radio nomade e coinvolgente,un cine-occhio digitale che scandisce ilritmo del film e insegue gli eventi che ac-cadono ai confini della realtà, tra disastriambientali e improvvise rivelazioni dellebellezze del territorio.A seguire, si tiene invece “Strategie per latutela e la cura del territorio e dell’am-biente” il seminario in cui intervengono, in-sieme al regista, Nandu Popu dei SudSound System; Gianni Raimondi del Co-mitato Cittadini e Lavoratori Liberi e pen-santi; Daniele Pomes del movimento No alcarbone di Brindisi; Juri Battaglini di LUA -Laboratorio Urbano Aperto; Luigi Russodel Centro Servizi Volontariato Salento;Ivano Gioffreda di Spazi Popolari AOS(Agricoltura Organica Rigenerativa); Gian-

luca Maggiore del Comitato NO TAP; VitoLisi e Ingrid Simon del Comitato SOS 275.

Partendo da Lecce, il contest seguirà ilricco calendario di proiezioni del documen-tario Buongiorno Taranto - prodotto dallacooperativa leccese Big Sur, dall’associa-zione OfficinaVisioni con Produzioni dalbasso e il sostegno di Apulia Film Commis-sion - per promuovere una riflessione suiluoghi della nostra quotidianità da proteg-gere.

Dopo le date pugliesi, inizia dalla Sardegnail tour nazionale. Nel mese di marzo, Buon-giorno Taranto è a Cagliari (2 marzo) al Ci-nema Odissea; ad Oristano (3 marzo)presso la sala del Centro Servizi Culturali;a Sassari (4 marzo) al Cinema Moderno; aCarbonia presso la sala conferenza Ausidella Grande Miniera di Serbariu, semprealla presenza dell’autore. Mercoledì 11marzo è la volta di Firenze e del CinemaPortico, mentre spetta al Cineclub Detouraccogliere per tre serate, dal 20 al 22marzo, il film che sarà introdotto, nel primoappuntamento, dal regista insieme CeciliaMangini. Martedì 24 e mercoledì 25, sem-pre marzo, doppia proiezione per il cinemaSan Biagio di Cesena; mentre il 29 marzoBuongiorno Taranto rientra in Puglia, nellaSala del trono di Palazzo Gallone a Tri-case, prima di volare a Mantova (20 aprile)e poi a Saragoza, in Spagna, dal 9 al 15maggio per Ecozine Film Festival.

della domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0in agenda

Tommaso il Pirata, Primo Maggio di Lotta a Taranto 2014, fotografia di Paolo Pisanelli

A Lecce, al DB d’Essai, martedì 24 febbraio Buongiorno Taranto il film di Paolo Pisanelli

e la presentazione del contest “Adotta un luogo!”

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M artedì 24 febbraio, dalle 18,30 al FondoVerri - in via Santa Maria del Paradiso 8a Lecce – omaggio al Flamenco e ad unodei suoi massimi interpreti Paco De Lucianel primo anniversario della morte delgrande chitarrista avvenuta in Messico

il 25 febbraio 2014. Nella serata - organizzata dalla Com-pagnia Mura - la proiezione di alcune parti del bellissimofilm musicale "Carmen Story" di Carlos Saura, tratte dallaversione originale e integrale, sonorizzata dalle “corde” diPaco De Lucia.La serata sarà aperta dalla lettura - a cura di Mattia Politi -di una nota biografica su Paco De Lucia e da due brani diflamenco a lui dedicati dal compositore chitarrista Massimo"Max" Mura dal titolo "Omaggio" e "Requiem Flamenco".

***Francisco Sánchez Gómez, in arte Paco de Lucía, nac-que ad Algeciras, in provincia di Cadice, il 21 dicembre1947. Il nome d’arte Paco è il diminutivo di FranciscoFranco e il cognome de Lucia è in onore della madre, LuciaGomez. Immerso nella cultura flamenca fin dalla nascita,de Lucia inizia ad apprendere a suonare la chitarra a cin-que anni dal padre Antonio Sanchez e dal fratello Ramonde Algeciras, entrambi chitarristi di flamenco. Il suo mae-stro è stato il chitarrista Niño Ricardo (Manuel Serrapi San-chez) e tra i suoi parenti lo zio Sabicas (Agustin CastellonCampos) è anch’egli un noto chitarrista. A soli 11 anni deLucia abbandona la scuola per dedicarsi completamentealla chitarra e si esibisce per la prima volta in pubblico,ospite di una radio locale. Tre anni dopo insieme al fratelloPepe, forma il duetto «Los Chiquitos de Algeciras». Nel1962 si trasferisce a Madrid con la famiglia e poi parte pergli Stati Uniti per il suo primo tour con il fratello. Nel 1965de Lucia avvia una serie di collaborazioni musicali con variartisti: fra gli altri Ricardo Modrego e A. Ferna’ndez DiazFosforito con il quale incide la «Seleccion Antologica delCante Flamenco». Nel 1967 incide il suo primo album dasolista «La fabulosa guitarra de Paco de Lucia». L’annosuccessivo avviene l’incontro con il cantante Camaron dela Isla con il quale inciderà ben 12 album. La lunga serie diconcerti e il successo ottenuto gli permetterà arrivare asuonare il 18 febbraio 1977 al Teatro Real di Madrid, dovefino ad allora non si era mai esibito un chitarrista di fla-menco. Nella metà degli anni settanta de Lucia conosce esubisce l’influenza artistica di personaggi come Al DiMeola, John McLaughlin, Larry Coryell e Chick Corea. Nel1977 si sposa con Casilda Varela. Nel 1980 incide conJohn McLaughlin e Al Di Meola «Friday Night in San Fran-cisco» un album che a tutt’oggi ha venduto più di cinquemilioni di copie. Nel 1981 con Ramo’n de Algeciras, Pepede Luci’a, Ruben Dantas, Carles Benavent e Jorge Pardoincide un album rivoluzionario per la musica flamenca«Solo quiero caminar». Nel 1996 si riunisce dopo 13 annicon John McLaughlin e Al Di Meola con i quali inciderà«The Guitar Trio». Nel 1998 incide l’album «Luzia», dedi-cato alla madre scomparsa . Fra i premi ricevuti da Pacode Lucia spicca il Principe de Asturias nell’Arte.Il musicistaspagnolo Paco de Lucia è morto a Cancún, in messico il25 febbraio 2014, aveva 66 anni. Secondo il quotidianospagnolo Abc il chitarrista, re del flamenco, ha avuto un at-tacco cardiaco mentre si trovava con la famiglia in Messico.

Il ragazzo

in agenda - fondo verriMartedì 24 febbraio

dalle 18.30al Fondo Verri

la Compagnia Murarende omaggio a Paco De Lucia

di Algeciras

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Sabato 28 febbraio, dalle20.30, Enza Pagliara e Ro-berto Licci saranno gli ospitidi Fuoco Nomade. “A tutti noipare un incontro importante.La forma sarà quella solita

ormai per Cucina Meridiana di unafesta/cena che lasci aperto uno spazio perle incursioni creative e per i racconti degliospiti nel calore di una casa, tra amici. Sa-pori, suoni, colori, profumi, consistenze na-sceranno dall'azione individuale e collettivadi compagni di passeggiate diversi. La spe-ranza è quella di produrre nel dialogo enella relazione un atto poetico unitario di cuiessere tutti partecipi. Un atto poetico in cuici sia relazione tra sapori, gesti, segni, voci,suoni, consistenze, profumi”.La cena/racconto verrà ospitata nella sededell'associazione culturale Cucina Meri-diana in via roma,19 a Carpignano Salen-tino.

E necessaria la prenotazione:[email protected]

in agendadella domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0

Piccolatramontana

che schiarisce

Fuoco Nomade per i sapori di Biso, la voce di Enza Pagliara e la chitarra di Emanuele Licci

C’èLa cultura deiTao... al

Fondo Verri,un audio libro

che è necessario acquistaree conservare nella propria

biblioteca per ascoltare la "fiaba" contadina

di Antonio L. Verri... e persostenere l'attività delFondo a lui intitolato

Voci impastate di terra e aria.Per ridare suono e corpo

alle nostre memorie.

La cultura dei tao con dei bozzoli di baco da seta in una fotografia relizzata presso il Museo delle Tradizioni Popolari di Tuglie da Santa Scioscio

“La Cultura dei Tao” - il testo che Spagine –Edizioni Fondo Verri ripropone come audio-libro - è stato pubblicato la prima volta nelmaggio del 1986, ad introduzione del cata-logo della mostra fotografica itinerante “Lacultura contadina”. L’iniziativa fu promossa

dalla Scuola Media II° nucleo del Distretto Scola-stico n°42 di Maglie (presidente il professor Giu-seppe Chiri) e dalla Regione Puglia - Assessoratoalla Pubblica Istruzione. In una nota del catalogo i

curatori si ringraziano il signor Giuseppe Bernardiche mise a disposizione, per le fotografie, il mate-riale del Museo della Civiltà Contadina di Tuglie.Coordinatore del progetto fu Pino Refolo, le fotofurono realizzate da Yellow Serigrafia di Maglie, lastampa fu a cura della Litografia Graphosette s.r.l.di Taviano. La riedizione del prezioso testo - intro-dotto da Eugenio Imbriani, unitamente ad un cd-audio registrato e sonorizzato da Valerio Danieleper le voci degli attori Angela De Gaetano, Simone

Giorgino, Simone Franco e Piero Rapanà e dellacantante Alessia Tondo - nasce con l’intento di te-nere viva l’attenzione su Antonio Leonardo Verri,sulla sua straordinaria e tragica vicenda umana esulle sue parole soprattutto.Antonio L. Verri cercava il filo di una letteratura pos-sibile “fatta di fole e di angiolesse, di orchi benevoli,di tao…” la sostanza della cultura contadina di unSalento sempre sospeso tra realtà e magia.

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W e can be he-roes ecco ilnuovo labora-torio FRAGILEcon ProgettoGAP condotto

da Alessia Rollo presso le Mani-fatture Knos.We can be heroes è un laborato-rio rivolto agli adolescenti tra i 15e i 19 anni per indagare sulla pro-pria identità e provare a raccon-tarsi attraverso la fotografia.Gli incontri si svolgeranno amarzo in orario pomeridiano e sa-ranno teorico-pratici.Il laboratorio è gratuito e aperto atutti gli adolescenti anche senzaesperienza.

Iscrizioni entro il 28 febbraioper informazioni

393 2785565

della domenica n°65 - 22 febbraio 2015 - anno 3 n.0in agenda

Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Fondo Verri

esce la domenica a cura di Mauro Marinoè realizzato nella sede

di Via Santa Maria del Paradiso, 8.a , Leccecome supplemento a L’Osservatore in Cammino

iscritto al registro della Stampa del Tribunale di Leccen.4 del 28 gennaio 2014

Spagine è stampato in fotocopia digitale a cura di Luca Laudisa Studio Fotografico San Cesario di Lecce

Programma delle Attività Culturali della Regione Puglia2015 Artigiana - La casa degli autori*SpagineFondo Verri Edizioni

Continuano gli ap-puntamenti deiDialoghi della Fò-cara - parolechiave. Lunedì 23febbraio, alle

18.00, a Novoli, presso la Salettadella cultura in via Matilde, a duepassi dalla piazza centrale il pro-fessore Salvatore Colazzo del-l’Università del Salento terrà la suaconferenza dal titolo "Il cibo,l'identità, la differenza", parolechiave: cibo, tipicità, biodiversità.L'ingresso è libero.

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in agenda Dialoghi della FocaràIl cibo, l’identità,la differenza

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copertina

spaginedella domenica n°65

22 febbraio 2015 - anno 3 n.0musica

Ho appena letto un articoletto di satira becera. Che tristezza la mancanza di rispetto nei con-fronti di Papa Francesco. Finalmente un rivoluzionario. La religione non c'entra. È un fatto

di etica. Per amare non ho bisogno di professare... Eppure ci sono tanti giovani / vecchiche pensano che la rivoluzione passi ancora dalla derisione della fede altrui rispetto al-

l'ostentato ateismo. Siamo liberi tutti. Ma quando Fidel Castro ha eliminato la mortalità in-fantile con la migliore sanità pubblica non è che ha preso i voti... ha voluto la giustizia.

Quando El Pepe ha deciso di lasciare gran parte dei suoi compensi come Presidente della Repubblica, allagente, non ha avuto un'apparizione ma un sentire... E se Francesco abbraccia (finalmente per la chiesa) gliultimi e decide di non celebrare messa con i politici, per far ciò, non ha tolto l'abito talare ed imbracciato unkalasnikov. Allora finiamola... solo l'amore ci può salvare... Il pregiudizio ci condanna. E se proprio volete il

brivido della rivoluzione perché la vita è troppo tranquilla, smettete di farvi pippe mentali ed andate neicampi di Emergency. Ah... a proposito. Com' è che nessuno deride l'Isis?

Amelì Liana Lasaponara

pensamenti

Cineclub Fiori di Fuoco,Lecce Film FestFondo Verri

presentanoROCK ATTITUDEFilm in Vinile

27-28 / 2, 1 / 3 2015dalle 20.00FONDO VERRI - LECCE

Cinema e musica. Tre giorni dipassione senza censure.Film cult e scult, video introva-bili, dischi rarissimi, aneddoti eincontri con appassionati edesperti. Per condividere ricordie conoscere qualcosa in piùsulla storia del rock.

VENERDI 27 FEBBRAIO“Il Progressive"Gli anni 70, dai Genesis ai PinkFloyd, dalla PFM agli Area, condue "progster" d'eccezione etanti ospiti. Mitiche colonne so-nore e film a sorpresa di cuiprobabilmente ignorate persinol'esistenza.

SABATO 28 FEBBRAIO"Il Punk"Sul finire del decennio arriva ilciclone punk con Sex Pistols eClash e giunge fino ai nostrigiorni. Super esperti della ma-teria si sfideranno a suon di vi-nile. E il cinema stasera saràsolo per chi ha lo stomacoforte...

DOMENICA 1 MARZO"Il dark"Il lato migliore degli anni 80.New-wave, post-punk. le atmo-sfere poetiche di Joy Division,Bauhaus, Cure. Poster, dischi,racconti, pellicole d'autore...

Ingresso con tessera (3 euro).www.leccefilmfest.it