Spagine della domenica 31 0 del 1 giugno 2014

14
spa gin e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri Spagine della domenica n°31- 1 giugno 2014 - anno 2 n.0

description

Un numero all'insegna dei pugni in faccia. ci aiuta Aldo Augieri in copertina, recensito in ultima da Andrea Cariglia.... E poi... Buona lettura!

Transcript of Spagine della domenica 31 0 del 1 giugno 2014

spaginePeriodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

Spagine della domenica n°31- 1 giugno 2014 - anno 2 n.0

spagine

Le Elezioni Europee di dome-nica scorsa, 25 maggio, hannodato un risultato incredibile.No, non mi riferisco allo stra-successo del Pd (40,81 % - 31seggi), né alla comica frenata

del M5S (21,15 % - 17 seggi), né tanto menoal commiserevole contentino di Forza Italia(16,81 % - 13 seggi) né alle briciole delNuovo centro destra (4,38 % - 3 seggi) né…né…né…ad altri più o meno pietosi, più omeno soddisfacenti risultati.Mi riferisco al fatto che – mi si passi la meta-fora – sul ramo di una pianta dal tronco rin-secchito e con gran parte dei rami secchi osemisecchi e spogli, è appeso, come in cimaal palo di una cuccagna, un frutto bello,grosso, maturo da far venire l’acquolina inbocca. E’ il frutto del Pd, ovvero di Renzi, cheha fatto venire l’acquolina in bocca perfino aFassina, a Bersani, a Cuperlo e a tutta lacompagnia bella, che fino a ieri sperava cheun colpo di vento buttasse giù quell’albero.Ma è un frutto di plastica!La propaganda dei media, pronta sempre adesaltare ogni risultato che faccia comodoall’establishment napolitanesco, tambureg-gia sullo straordinario senso di maturità dellademocrazia italiana.Il ragionamento è semplice: si sperava in unsuccesso di Renzi e in una sconfitta di Grilloe tanto è stato. Che più? Ostellino sul “Cor-riere della Sera” ha avanzato qualche per-plessità sul risultato e sul suo eroe, «unragazzotto che se la cava bene a chiac-chiere. Non ha altro da esibire; perciò fadell’ottimismo della volontà la propria ban-diera, spacciandola per programma politico»(28 maggio); ma è rara avis in un cra-cranello stagno pieno di rane. Alcuni di quel-l’establishment sono contenti che finalmenteRenzi è legittimato dal voto popolare, comese si fosse votato per eleggere il Capo delGoverno e non invece 73 rappresentanti ita-liani al Parlamento Europeo. Renzi, invece,posticcio era e posticcio rimane fino ad ele-

zione di merito contraria.La situazione italiana si scopre grave ap-pena si tenti una prospettiva. Ha votato ap-pena il 57,22 % degli aventi diritto; unapercentuale che è febbre alta nella tempe-ratura corporea di un organismo elettoralemalato e sofferente. Siamo stati ottimisti nel-l’indicare al di sotto del 65 % il profilo patolo-gico della nazione (“Spagine” di domenica,25 maggio).Il risultato elettorale tuttavia è razionale. Seè accaduto vuol dire che così doveva acca-dere. La campagna elettorale, infatti, è statadeformata e circoscritta a tre protagonisti, deiquali uno, da premier e segretario di partito(Renzi), era su tutti gli schermi televisivi ven-tiquattr’ore su ventiquattro; l’altro, che do-veva essere il suo antagonista naturale(Berlusconi), semplicemente “non c’era”, de-caduto, smarrito, depresso, un uccello spe-lacchiato nella pània giudiziaria.Al suo posto c’era Grillo, un comico impaz-zito, ormai fuori di testa completamente,ubriaco di se stesso, delle sue manìe totali-tarie: «non vinciamo, stravinciamo, prende-remo il cento per cento», «ormai stanno connoi Digos, Dia e Carabinieri». Deliri puri, taliconsiderati se nessuna mezza tacca di ma-gistrato si è sentito in dovere di mandare ap-punto i Carabinieri o gli infermieri di unPronto Soccorso, per prelevarlo e condurloin un luogo di cura. In siffatte condizioni il ri-sultato non poteva essere che quello che èstato.Certo, ci sono gli errori, commessi e non solonegli ultimi tempi sia da Berlusconi che daGrillo. L’uno è come l’eroe ariostesco, conti-nua a combattere e non si è accorto di es-sere già morto, in attesa solo di sepoltura.L’altro si è impelagato in un’avventura chenon lascia intravvedere nessuna strada per-corribile, stante la pervicacia di credere dipoter veramente conquistare il potere dasolo, e per di più democraticamente. Le suefollie evocatrici di Berlinguer sono solo tro-vate propagandistiche per accreditarsi

presso un elettorato di sinistra. Un erroregrave se si considera che il fenomeno Grillosi è dilatato grazie ad un elettorato di destra,scontento e deluso, ma pur sempre di de-stra. A votare il M5S nel 2013 erano statimolti ex missini ed ex aennisti, i quali questavolta hanno pensato bene di regolarsi diconseguenza dopo l’illusione dell’annoscorso.Ora il corpo elettorale italiano deve ritrovarela condizione, prepararsi ad un confronto re-golare per le prossime politiche: da unaparte il centrosinistra, ormai rinnovato; salvoche a sinistra non s’inventino qualcosa perfarsi male da soli. Dall’altra il centrodestradeve rinnovarsi pena la sua rovina. Le ri-serve egoistiche di Alfano e compagni nonhanno davvero nessuna ragione. Quello chedoveva essere l’inizio di un nuovo centrode-stra rinnovato ed europeo si è rivelato in tuttala sua pochezza se in alleanza con l’Unionedi Centro è riuscito a superare appena-ap-pena la soglia di sbarramento. Tutti insiemea destra possono competere con l’avversa-rio di sinistra.Resta l’incognita del M5S, che, a questopunto dovrebbe incominciare ad istituziona-lizzarsi, a trasformarsi cioè in partito checerca con gli altri alleanze ed elaborazionedei programmi; o, al limite, a dividersi nellesue due anime, di destra e di sinistra, perstare ognuna con lo schieramento più affine.Per questo è necessario che il Movimento“uccida” i padri dai quali è stato messo almondo: Grillo e Casaleggio. Il processo diavviamento al bipartitismo sarebbe così ri-composto; e l’Italia potrebbe essere o av-viarsi ad essere un paese politicamentenormale.Fantapolitica? Forse. Ma ne abbiamo vistetante e tali in questi ultimi vent’anni che tro-vare il discrimine tra la fantasia e la realtànella politica italiana è assai più difficile cheipotizzare la dissoluzione di un Movimentocome quello di Grillo. Fini, Casini, Di Pietro:ou sont les neiges d’antan?

Matteo Renzi, il frutto di plastica

di Gigi Montonatodi una pianta malata

della domenica n°31 - 1 giugno 2014 - anno 2 n.0

il frutto di plastica zzzz

di una pianta malata

Diario politico

spagine della domenica n°31 - 1 giugno 2014 - anno 2 n.0

Ora si tratta di saper abitare unospazio politico comune, quelloaperto in Italia con la lista perTsipras, e la cosa già nonsembra facile e scontata. Dopoun risultato che ha passato la

ghigliottina del quorum grazie a tutti, nessunescluso: volontari, movimenti, comitati spontaneiche hanno garantito livelli organizzativi e aper-tura unitaria, società civile e intellettuali, partiti oquel che ne resta.Uno spazio politico comune si è aperto con piùforza in Europa e questo, al di là dei formalismi,deve essere un processo in corso da incorag-giare e osservare.

***Uno spazio comune non si abita con polemichesterili, con riproposizioni di ipotesi già naufra-gate, con dissidi pregressi, con sofismi ideolo-gici, con metafisiche essenzialistiche eidentitarie. Uno spazio comune non si abita inficiandolo, nelsenso proprio e traslato del termine. Lo si abitacon umiltà, con riflessività, con rispettosità. Cosìcome lo spazio sociale comune lo si è riuscitocomunque ad abitare assieme nella stagione deisocial forum europei e globali. Il delirio di onnipotenza di Grillo e del suo ambi-guo movimento populista (che adesso cercacasa tra gli antieuropeisti xenofobi) è stato con-troproducente, improntato a toni allarmanti econtenuti irrazionalistici. La loro democrazia di-retta è tale solo perché “diretta” dall’alto dalladiarchia dei due leader.Il partito berlusconiano è in caduta libera, va tra-montando, e non è cosa da niente. Il partito di Renzi, slegato da ogni residuo di si-nistra popolare, segnato da vera discontinuitàdal partito dalemiano e dai suoi equilibri politici-sti, diventa un partito interclassista piglia-tutto, aforte carica leaderistica. Forse è semplificatorioliquidarlo come “la nuova DC” e comunque c’èmolto da riflettere su questo. Qui non c’è statoaffatto quel “finale di partito” di cui parlava nel-l’omonimo libro Marco Revelli, almeno non nelsenso greco né in quello francese per altroverso. Non è facile né sensato fare previsionisulla sua durata e stabilità, ma sulle sue politichesociali e istituzionali c’è da rimanere ben allertati.

Agire nello spazio politico comune vorrà dire es-sere autonomi culturalmente dal M5stelle eanche dal PD. Dire mai o sempre ad alleanze èanche inutile allo stato attuale, da una parte unaforza politica che agisca in questo spazio deverendersi coalizionabile, al massimo saltando ungiro o due, e piuttosto lavorare verso i movimentie il sociale e sul rinnovamento delle culture po-litiche.Non è un mistero che nessuno dei partiti fram-mentati della sinistra fuori dal PD abbia verigruppi dirigenti nazionali e locali e saldi assi pro-grammatiche. Si assiste a oscillazioni ondiva-ghe, a eccentriche fissazioni identitarie, ariproposizioni di passate teorie sulle “due destre”e sulle “due sinistre”, a sbandamenti sul terrenodel pacifismo e dell’idea di democrazia globale.

***Il Salento non ha avuto candidature, non le hasapute esprimere né gli sono state riconosciute. Il caso scabroso di Taranto è stato lasciato ge-stire scandalosamente dai fans di quel partitino

dei Verdi ormai inesistente in sintonia con le pul-sioni giustizialiste e spesso filogrilline di Micro-Mega. Ora c’è lo spazio minimo non per ricostruire ipartitini della diaspora della sinistra comunista,ma per evocare un nuovo soggetto politico chenella crisi sappia essere coagulo di iniziativa eintelligenza del conflitto e della sua necessariamediazione politica. Elucubrazioni eccentriche a questo spazio, enon a caso ipercritiche, in nome dell’antagoni-smo sociale e della lotta alle “utopie letali” deimovimenti perché poco operaiste e leniniste,hanno come pensiero soggiacente cose come“l’attualità della rivoluzione in Occidente” o “lamaturità del comunismo” che risalgono a qua-rant’anni fa ed ebbero solo un ruolo deformante.Non si vede come rispolverarle possa adessomigliorarne l’esito … Il post-operaismo, o neo-autonomia operaia chesia, nelle sue varie sfaccettature, porta avanti un

“pensiero politico parallelo” del tutto sterile, cosìcome appare letale pensare ad alleanze socialicon il nichilismo autistico anarchico. In alcunimovimenti reali, spesso ai suoi margini, alli-gnano teorie e pensieri propri del complottismoparanoide e dell’irrazionalismo: ebbene, questisettori sono destinati ad essere risucchiati nelpopulismo reattivo del M5stelle, più prima chepoi, ed è bene saperlo.

La crisi della democrazia si combatte sul terrenostesso della democrazia nella sua forma piùavanzata della partecipazione e della cittadi-nanza attiva. La crisi della politica non si combatte con l’anti-politica ma con nuove culture del conflitto, cer-cando di pensare con un lessico della politica ingrado di fuoriuscire dalle teologie politiche edeconomiche dominanti, senza fuoriuscite avven-turose nel nullismo e nell’inessenzialismo.

Sinistra Uno spazio politico comune? Non sembra facile, nè scontato

ForseInsieme?di Silverio Tomeo

Alexis Tsipras, (Photo Laurent Troude - Liberation)

spagine della domenica n°31 - 1 giugno 2014 - anno 2 n.0

Maggio è passato, volato via.Mese soave di effluvi nell’aria.La campagna rinvigorita e scre-ziata nel sole. Maggio è tra-scorso come un lampo.Abbiamo scorto, in piazza, ron-

dini anarchiche e ribelli che disegnavano traiettorieimprevedute nel cielo.Abbiamo sentito, dalla Chiesa, scampanare per lavia note liete di saluto a te, Maria, nostra Signoradelle grazie beate. Quante volte, da ragazzi, ab-biamo aspettato ai bordi del tempo maggio di lucoriaurorali e corse sfrenate a perdifiato per i sentieristerrati. E l’ indimenticabile cinguettio d’uccelli cientrava nella testa come una vellutata melodiad’un delicato cantar leggero.

Quante volte, da ragazzi, seguivamo un pallonenei prati riarsi, quando un Convento di periferia erail nostro nido di primo e intatto splendore. Di quellafanciullezza, avverto un’eco che scorre, uno stor-mire di foglie. Aroma di venti, rapsodia di parole.Glauche speranze, frastuoni e ghirlande. Ancoratocco sulle papille quell’incanto bambino, d’unadrappeggiata infanzia di amaranti trifogli e di man-daranci.Nel giardino dei limoni, San Francesco dall’albavegliava i nostri giochi selvaggi. Rabescava l’anima una donna, infuocata di passione. Già amaggio, cominciavamo a gioire per l’imminentechiusura della scuola. La scuola elementare del paese d’un Sud aspro edolce. I libri si potevano piano piano accantonaree ci si poteva consacrare all’elogio dell’amicizia.Svegli fanciulli ci dedicavamo ai giochi e a fare ichierichetti con allegria, disciplina, sentimento.Che profumo di rose nell’aria di maggio di anni fa.Fanciulli innamorati, indocili, venivamo accolti convibrante abbraccio dai frati minori del Convento.Nel piccolo estremo lembo di meridione, France-sco, anima folle stremata d’amore, cantava inniall’essenzialità, era un eroe della quotidianità, unmodello virtuoso, il linguaggio sostenibile, la gram-matica dell’esistere.San Francesco guidava i nostri passi di irrequietiragazzini. Ancora oggi, Francesco è il più fulgidoesempio da praticare, da seguire. Maggio è pas-sato, il mese delle rose è andato via. Anche l’in-fanzia e la giovinezza sono solo un vivido ricordodi primavera. Ciononostante, anche oggi, nell’etàdi mezzo, la bella stagione non ha minimamenteperduto il suo odore. Il suo sapore. Oggi, subiamoa fondo l’ incedere con passo spedito della crisi

economica, delle altre contingenze negative, pur-tuttavia ancora respiriamo viole di campo e intra-vediamo, ogni mattina, albe frementi. Oggi patiamo giornonotte la pervicacia della me-diocrità di certuni, la violenza del potere dominantedi pochi, il perenne strisciare e camuffarsi dei furbimimetici travestiti da buoni, purtuttavia miriamocon lo sguardo le stelle sperdute nella luce del-l’aurora. Ancora oggi, nell’età della maturità, abbiamo mag-gio nel cuore. E, ancora oggi, con meraviglia, in-dugiamo nei giardini dell’anima. E desideriamoamori nei campi di spine e giunchiglie. Amori chevanno. Colori rarefatti del mattino, vigoroso soledel meriggio, crepuscoli d’amarena. Ancora oggi,che è inevitabilmente finito l’età della giovinezza,lumeggiamo e vezzeggiamo la fantasia, che s’ad-dentra nel caos d’ intorno.Andiamo per stradine di ciottoli e fango. Dimentichiamo i singulti, e incrociamo gialli gigli efarfalle dalle ali d’oro, in ondeggianti campi digrano. E noi, attenti passeggeri ai margini d’unsogno, a adulare la vita più di tutto. Ancora oggi che maggio s’è perso, noi rincorriamosempre utopie, chimere, incendi e rappresaglied’amore. L’esistenza attuale, per molti di noi, èprecaria, ciononostante rifulgono giorni inattesi, einfiniti, infiniti papaveri arrossano prati desiderati.

Maggio è andato via, è fuggito, ma verrà l’ estatedel sole alto e del cielo basso, delle cicale pazze ecanterine. Verrà l’ estate e riverberi di te, dolce ra-gazza, e quanti di fuoco danzeranno sulla pietraantica della piazza. Tu, cara musa eterna, sei laluce che dai piedi della guglia rimbalza, traver-sando la mia ombra, valicando il sogno, accen-dendo le ore. Tornerà l’estate e il tuo cuore difanciulla. Torneranno le bianche orchidee, i mieigiorni giacinto con te. Tornerà l’estate e gli ulivi con-torti e assolati, i pini all’incrocio dell’amore, le ger-bere.Tornerà l’estate e carezzerò il tuo ricordo. Tu chesventolavi bandiere di pace e arcobaleni d’ armo-nie.Tu che svellevi la mia improvvisa cupezza e inonde sonore mutavi la vita, rosamaranto elegia.Rammento che, nel cielo capovolto, una pioggiaimprovvisa spruzzava i nostri corpi e, quandofummo soli, baci e colori accesero i lampioni dipaese. M’estasiai sul tuo gaio sorriso. L’agile piog-gia ci sfiorava e d’incendio colmava il mio benignotormento d’amore.

E venne Scritture

di Marcello Buttazzo

maggio

spagine della domenica n°31- 1 giugno 2014 - anno 2 n.0Salute&Benessere

C hi si interessa dell’Altro campa cent’anni. Dopo lapartita al comunale di Nardò, Giovanni Paolo II,dello scorso martedì 27 maggio, organizzata dalDipartimento di Salute Mentale dell’Asl di Lecce, cisentiamo molto soddisfatti perché la partita: Tutticontro tutti La testa nel pallone trasmessa dalla

Rai nella trasmissione La vita in diretta, ha lasciato il segno comefesta solidale, esperienza di vita felice. È stata la festa di tutti, nelle tribune e nel campo da gioco, per igrandi e per i piccoli, nei colori del giallo e dell’arancio e delgrande pallone, fuori dalla competizione ma vittorioso sulle bar-riere del pregiudizio della malattia mentale perché percepitaspesso con paura e diffidenza.Per tutti è stato un momento bello della propria esperienza di vita,quello di scoprire che: chi ha atteggiamenti, comportamenti, sen-timenti di solidarietà fa del bene a sé e con ciò si dispone all’altroche vive meglio e quindi anche più a lungo. Io sto bene se tu stai meglio. Sono rimasto felicemente sorpresoper i complimenti ricevuti in strada da cittadini felici del messaggioe della mia figura di arbitro non vedente con Gianni Ippoliti nellapartita della solidarietà felice. Nella città malata di stress, i com-portamenti solidali sono di grande vantaggio per chi li riceve e unagrande straordinaria risorsa per l’intera collettività. La Socialpo-lieutopia non è una semplice idea di comunità, al contrario: è unprogetto di paesaggio sociale urbano che ha fondamenti scienti-fici. Infatti, Suzanne Richards, ricercatrice dell’Università di Exter inInghilterra, dopo un’attenta e scrupolosa valutazione di ben 40 ri-cerche sperimentali, ha evidenziato l’effetto positivo dei compor-tamenti solidali: aumento del benessere generale, diminuzione delrischio di ansia e di depressione, incremento della soddisfazionedella propria vita nel piacere di essere stato utile per l’Altro. LaSocialpolieutopia ci insegna che: contro l’idea di cancellare il wel-fare sociale della spesa non più sostenibile, è possibile un nuovomodello di welfare sociale costruito sui valori solidali, della parte-cipazione, degli ambienti accessibili. Della cultura solidale vive bene la mente e gioisce il corpo. La so-cietà risparmia perché diminuisce la spesa per i farmaci, per i ri-coveri in ospedale per il parcheggio dei vecchi anziani nelle casedi riposo. La Socialpolieutopia è dentro di noi ed è la carta di iden-tità delle nostre disponibilità di cittadini del futuro. Basta volerlo,basta sentire il dovere di dichiarare guerra ai pregiudizi e alle bar-riere delle disabilità e avere la convinzione di costruire una cittàsenza più uffici del dolore e assessorati di lotta alle povertà. Chi si interessa dell’Altro campa cent’anni è una scommessa so-ciale che vale vivere con impegno per una vita migliore.

La ricetta della socialpolieutopia

Io sto bene di Luigi Mangia

tu stai meglioSi è giocata martedì 27 maggioa Nardò la partitaLa testa nel palloneorganizzata dal Dipartimentodi Salute Mentaledella Asl di Lecce

spagine della domenica n°31 - 1 giugno 2014 - anno 2 n.0

P assare in Piazza Sant’Oronzoin questi giorni è incredibile. Lepagodine candide e plasticosesono ovunque, per Cibartihanno addirittura pensato distendere la plastica anche da-

vanti all’anfiteatro forse per impedire ai turistila visione di quelle vecchie pietre. La città è piena di gruppi di visitatori, uno dimilanesi era fermo, mi ha chiesto informa-zioni, abbiamo chiacchierato e una signorami dice “Scusi, ma il sindaco è un ambu-lante? Privilegia i mercatini alla piazza?” Hoallargato le braccia, “Che vuole, signora,forse chi amministra è tremontiano, la cul-tura, si sa, non si mangia”. Facciamo il punto della situazione, nel mesedi maggio la piazza è stata ricoperta di pago-dine con il seguente calendario:Festival Dieta Med-italiana - Lecce Capitaledella Cultura del Buon Cibo Gusto e salutedal 26 maggio al 4 maggio 2014 Gelato festival: dall’8 all’11 maggio.Panorama d’Italia dal 14 al 17 maggio qui lapagodona era un improbabile igloo sempre incandido moplen.Cibarti Expo 2014 dal 30 maggio al 2 giugno

Nei tempi morti la piazza ha ospitato altremanifestazioni - ovviamente - oltre al pe-renne cantiere che serve ai mezzi (camion,carrelli elevatori ecc.) per montare e smon-tare l’ iniziativa di turno. Ma, per savare il “de-coro”, la Piazza è stata tassativamentevietata ai comizi elettorali perché non sifanno nel salotto buono, viene da ridere: pra-ticamente una città senza cuore, senza pen-siero... Senza politica (anche le opposizioniin fondo partecipano al sacco di PiazzaSant’Oronzo con il loro silenzio).

Facendo un giro nel cuore pulsante di Lecce,la zona nel raggio di 100 metri dalla Plastifi-cata piazza Bianca (già Sant’Oronzo) lo spet-tacolo è ancora più deprimente.Parcheggi, auto, la Chiesa fra le più fotogra-fate al mondo, Santa Croce, coperta da annida impalcature, forse in una lotta di resi-stenza con quelle del Teatro Apollo, altra me-ravigliosa incompiuta che chi scrive non hamai avuto il piacere di vedere nei sette annidi permanenza a Lecce. Uno spettacolo che fa rabbrividire.Una città candidata a Capitale della Culturadovrebbe (evidentemente il condizionale siimpone) essere altra cosa.Fino a pochi giorni fa ero fra i sostenitori piùaccaniti alla candidatura, “perché no?” mi

Accade in città

Sant’Oronzo, lapiazzastretta

di Gianni Ferraris

chiedevo. Ora forse ritengo sia il caso di so-prassedere, non è proprio il caso. Se non esi-ste un disegno complessivo che valorizzi nonper un anno solamente la città, se non esisteun piano traffico non raffazzonato, se il con-cetto di soldi: pochi maledetti e subito prendeil sopravvento, è meglio ripensarci. Se il cen-tro storico deve essere un mercato a cieloaperto si scelga di farlo tale. Non condivisibilecome opzione, però darebbe il senso di sta-bilità.La cultura è altra cosa.

***Andiamo a vedere chi si occupa di tutto ciò:l’Assessorato che cura Cultura, Beni Cultu-rali, Spettacolo, Turismo, Sport e Tempo Li-bero. Assessori al ramo: Luigi Coclite(Turismo, Marketing Territoriale, Spettacoli edEventi) e il sindaco Paolo Perrone (Cultura,Sport)Il settore si occupa dell’organizzazione dieventi culturali, mostre, spettacoli, eventisportivi, di iniziative in campo turistico e dipromozione dell’immagine della città, oltreche gestire le strutture espositive di proprietàcomunale. Il settore gestisce tutte le attivitàconnesse all’obiettivo primario di crescita cul-turale, turistica ed economica della città, va-lorizzando le potenzialità del territorio.Dirigente è Nicola Massimo EliaL’Assessorato alle Attività Economiche e Pro-duttive - Internazionalizzazione delle im-prese. Assessore al ramo è Luciano Battista.Il Settore opera nel contesto delle attività im-prenditoriali che riguardano il commercio aldettaglio a posto fisso su aree private equello su aree pubbliche… Interviene, inoltre,nella promozione dei prodotti locali, mediantel'organizzazione di eventi (mostre, fiere, gal-lerie espositive, ecc.) o la partecipazione afiere nazionali ed internazionali, in modo dafacilitare l’ingresso delle aziende locali anchenei mercati esteri.

***Girovagando nel cuore turistico, monumen-tale e storico della città mi accorgo che nonè proprio possibile quellaCandidatura, che inqueste condizioni nessuna commissione po-trebbe dare questa possibilità ad una cittàtanto bella quanto maltrattata. Nella sola area che va da Piazza San-t’Oronzo a Piazza Castromediano a Via Um-berto primo cascano le braccia nel vedere ipoveri turisti a piedi, rispettosi dell’ambiente,dovere fare slalom fra pagodine, auto insosta, un traffico degno di altri luoghi.

spagine della domenica n°31 - 1 giugno 2014 - anno 2 n.0Appuntazzi

Invito al mare negli appunti di Gianluca Costantini

spagine della domenica n°31- 1 giugno 2014 - anno 2 n.0

L’autorevolezza e l’epifania del suonosembrano essere la prerogativadelle proposte di Desuonatori, nuova(ed eccellente) label salentina (ma èmolto di più…) nata per la cura di Va-lerio Daniele: un autentico maestro

di suono. Lo possiamo affermare senza timored’essere contraddetti, è storia nota: nella sua sen-sibilità ha trovato dimora gran parte della qualitàmusicale proposta nel Salento in questi anni; die-tro molti titoli che abbiamo amato c’è il suo mixer,la sua umiltà di musicista (al servizio dei musicisti)e la sua grande capacità di ascolto.

***Da tempo, sono suo fan e sempre mi sono chie-sto, perché sentivo questo moto naturale verso lasua persona e il suo lavoro, oggi, percorrendo isentieri di lettura che i clik aprono sul sito di De-suonatori, l’ho capito bene.Leggiamo insieme ciò che scrive di sé Valerio Da-niele nella sezione “Pensieri”: «Io non ho mai sa-puto vendere. Né me stesso, né gli altri, népersino gli oggetti. Ho 36 anni. Non cominceròora. Non voglio cominciare. Non voglio impararea vendere, o a vendermi. Si dice: “ora bisogna es-sere produttori di sé stessi, bisogna stare tutto ilgiorno a sbattersi per mandare e-mail, fare telefo-nate...” se ti rimane tempo, studi. Se rimanetempo, componi. Se rimane tempo, vivi. Mi saràconsentito essere in assoluto disaccordo con imusicisti che ho sentito parlare in questo modo.Mi sarà consentito sentirmi così... lontano da que-ste logiche. Mi sarà consentito negarle. O s t e gg i a r l e».

Potrei fermare qui la citazione, ma è un peccato,un vero peccato tagliarla e poi, continuando a leg-gere, ancora meglio capisco la qualità della per-sona e il mio essere appassionato dell’opera diquesto giovanotto…

«Il corpo mi tiene a distanza. – scrive Valerio Da-niele - Il mio corpo. Preferisce vivere con poco, adistanza dai palchi. Sul livello del suolo. Con dueocchi, due orecchie e due mani. Per sentire, guar-dare e toccare le persone. Ho sempre pensato lamusica come un modo per raccontarmi. E perascoltare i racconti degli altri. La musica è un fattodi umanità, di parole, di occhi, carezze e arrabbia-ture e sottili deprivazioni e fughe orgogliose etanto altro. Di tutto questo ho sempre raccontatoe sentito raccontare. E' un fatto d'amicizia, per me,la musica. Di profondissime, non spiegate, con-cordanze. Di sottili, a volte intellettualmente negatima impetuosi desideri di comunicazione. Passati36 anni per capire poi cosa? Che alla fine dei contiè solo voglia di parlare ed ascoltare. E' tutto lì. Nonfarò la musica pop. E attenti: il pop non è soloquello in TV, il pop è molto più vicino a noi, in mille

atteggiamenti quotidiani, in mille ragionamenti enei dieci compromessi che non abbiamo avuto laforza di negarci. Non cambierò le mie parole peradattarle ad un concetto del tutto mistificato(-rio)del presunto gusto del pubblico. Il pubblico siamonoi. Ha il (cattivo) gusto che noi stessi gli abbiamoinfuso. Avrà il gusto che noi saremo capaci di co-municare, diffondere, stimolare. Non venderò ilmio corpo. Resto qui, circondato da amici, per-sone, carne vera, non vendibile, non acquistabile.Unico scopo: avvicinarci alla Bellezza. Col capochino, e la virtù forte. Fatta di desideri piccoli con-quistati, di poche parole consumate come attod'amore, di poche note senza baldanza, mai bel-ligeranti. Sempre pronto ad imparare e condivi-dere. Molle. Fiero. Pronto».

Straordinario! Queste parole profondamente mirappresentano.Lascia ancora sperare nella forza della musica (edel fare creativo) Valerio Daniele, nel valore delsuono e della ricerca oggi che ci sentiamo asse-diati dal melenso ritorno di un melodico che stuc-chevolmente canta di amori finiti, di figli chesalvano i padri, di dannati redenti, di rocker deca-duti, di nulla in definitiva… Solo del nulla! Bastavendere facendo leva sulla superficialità dei sen-timenti. Una musica poveramente consolatoriache ha perso la sua radice, la sua autorevolezza,il motivo stesso del suo essere musica.Suono che sveglia, sollecita, educa, muove è in-vece quello di Desuonatori, un’esperienza che ri-collega la più raffinata sensibilità musicalecontemporanea salentina ad un filone e ad untempo poco conosciuto del lavoro musicale nellanostra terra: quello del suono creativo che neglianni Settanta fu prerogativa di nutrita schiera digiovanissimi musicisti che coronarono la loro ri-cerca con la fondazione del Collettivo Musicaledi Terra d’Otranto, ensemble più nota poi neglianni Ottanta come Bandaid. Un’entità artistica eanche politica quella che bene si accorda con il“coordinamento di autoproduzioni per la socializ-zazione di musica inedita in nuovi contesti di frui-zione” dichiarato da Desuonatori.

Ancora su www.desuonatori.it leggiamo: “E'casa per ciascun progetto, luogo familiare di con-fronto, generazione e regolazione di strategie co-muni o individuali. La musica e l'uomo si sonoallontanati. Soprattutto negli ultimi anni, troppi fat-tori esterni hanno indebolito il legame naturale framusica e ascolto. Desuonatori auspica una uma-nizzazione dei contesti di fruizione musicale voltaa ricondurre la produzione di suono alla sua origi-naria, essenziale natura comunicativa e comuni-taria. Crediamo che la musica sia unaresponsabilità; che ogni artista che non rispetti séstesso nelle sue naturali inclinazioni espressive,

soggiacendo a strutture eterodirette di mercato oandando incontro ad un fantomatico, presuppo-sto, mistificato gusto del pubblico, non rispetti ilpubblico stesso, non rispetti il valore dell'arte e ilsenso della comunicazione umana”

Che ve ne pare!? Non è illuminante? Non è poli-tico? Non è un originale (e necessaria) dichiara-zione di poetica?

Valentina Sansò è autrice dell’immagine di questalinea di lavoro. Per illustrarla inventa un bestiario,in un packaging leggero, da biglietto da visita, dapromemoria, perché il vero senso di Desuonatorista nella leggerezza, nella libertà e nella gratuitàdella musica disponibile e scaricabile - CreativeCommons - in rete, scrivono: “Abbiamo deciso diautoprodurci e di rendere gratuite le nostre produ-zioni. Non per sminuirne il valore ma per rivendi-care una netta distanza dalle attuali logiche difruizione musicale. Gesto propositivo e ab-solutodi indipendenza, aperto a coloro che si sentirannodi condividere, sostenere e rafforzare una nuovaidea di rapporto tra musica e comunità”.

Già, “I desuonatori sono animali rari. Come musi-cisti intendo (confida Valentina Sansò). Ogni pro-getto è raccontato con la bestia emersa sullacopertina. E'venuta alla luce dal chiuso di un pen-siero personale, di una ispirazione, di una identifi-cazione, di una fantasia, di una visione… Idesuonatori suonando e immaginando costrui-scono mondi, orizzonti, visioni del mondo, imma-gini. Insieme abbiamo scelto di raccontarliattraverso le bestie. Non cerchiamo di restituire unracconto didascalico ma al contrario di aprire emoltiplicare le possibilità interpretative di quelloche a prima vista sembra un tema semplicementefigurativo. Così nasce l'abito che abbiamo decisodi dare alla collana di progetti musicali dei desuo-natori. Dall'incontro tra bestie. Il taglio è sempliceed essenziale. Il font elementare, quasi primario.L'inchiostro ha tutti i colori dentro, è nero. Il coloredella carta contraddistingue l'annata la prima èstata ocra, quella in atto carta da zucchero…

Nel catalogo di Desuonatori con Valerio Danieletroviamo Redi Hasa, Francesco Massaro, RoccoNigro, Luca Tarantino, Vito De Lorenzi, Giorgio Di-stante, Roberta Mazzotta, Paola Petrosillo, Ca-millo Pace, Giancarlo Pagliara, Maurizio Vierucci,Maurizio De Tommasi Alessandro Dell'Anna Ste-fano Compagnone, Dario Congedo Luca Ale-manno, Francesco Massaro, Stefano LuigiMangia, Adolfo La Volpe Alessandro Pipino,Ste-fania Ladisa, Adolfo La Volpe, Gianni Gelao.

Ecco, è tutto (ma c’è molto di più).Buon ascolto!

Per la cura di Valerio Danieleil coordinamento di autoproduzioni per la socializzazione di musica

Musica

Un’immagine del Bestiario che illustra le edizioni di Desuonatori

e il logo realizzati da Valentina Sansò

spagine della domenica n°31- 25 maggio 2014 - anno 2 n.0

«Credere alla Storia significa agognare il possibile,postulare la superiorità qualitativa dell’imminentesull’immediato, ritenere che il divenire sia per se stesso abbastanza ricco da rendere superflua l’eternità. Si smetta di crederci, e nessun evento avrà più la minima importanza».

Da La caduta del tempo, dell’immenso Emil Cioran.

La potenza di questa frase in pochi possonoafferrarla, Carmelo Bene è stato uno diquesti; di quelli che passano invano, pur-troppo; di quelli che la gente non si avvedeneanche che siano esistiti. In questa frasesi può dire sia concentrato il pensiero di

Carmelo.E’ inutile che gli scribacchini montino montagne di cartaa colpi di mano… senza dire nulla: a volte basta unafrase!Ecco, per questo Carmelo Bene si riteneva fuori dallaStoria, che non lo contemplava. E da questo partiva lasua poetica sull’Immediato, che è impossibile. Ilfuturo/passato: questo anche è il possibile; ma è l’Imme-diato che egli cercava, sulla scorta dell’Ulisse di Joyce,di Villon, di Arnaut Daniel, di Rabelais, se vogliamo…Sulla scorta anche del grande pensiero filosofico, cheperò per giungervi ha dovuto impiegare migliaia di annie pagine scritte, cosa che la grandissima poesia riescea restituire in un flash, purificata da tutto l’apparato de-scrittivo sillogistico.Criticava lo Stato che cura molto i musei, templi popolatida miscredenti in cui si pensiona il presente, Immediatoperché nell’impossibile. Si smemora anche d’esso il pre-sente. Il possibile è culto dei morti come bluff. E’ un fu-turo/passato vissuto da avanzi di galera a piede liberoche si ritengono, grazie a queste mortalità, viventi; matali non sono: non sono viventi perché non sono! Tuttoquesto nel Poema ‘L mal de’ fiori è spacciato. Il testo in-tentato è smentito, travolto dall’atto, cioè de-pensato.Poesia è l’Immediato nella sua ruminazione orale d’unoscritto già estraneo a noi dicenti. Scritto in Voce. Vocecome rianimazione (“rigor-mortis”) del morto orale che èlo scritto. Se chi legge non sente peggio per lui: non perlui è stato scritto – egli diceva, riportando un celebrepasso del suo Poema:

Voce mia tua chissà chiamare questoMia tua chissà la voce che chiamareventilato è suonar che ne discorrein che pensar diciamo e siamo dettivani smarriti soffi rauchi versiprescritti da un voler che non si sadisvoluto e alla mano intima incisisegni qui divertiti disattesisensi descritti testid’altri che morti fiatidimentichi ‘n mia tua chissà la voce

Noi non ci apparteniamo E’ il mal de’ fioriTutto sfiorisce in questo andar ch’è starinavvenirNel sogno che non sai che ti sognaretutto è passato senza incominciare‘me in quest’andar ch’è stato

Anche Holderlin viene affrontato sotto la minaccia delmaterialismo storico da cui puntualmente è travolto – ag-giungeva CB. Pochi versi sono sublimi: basta e avanza– sentenziava Benedetto Croce.«Solo in ciò che è immediato si può avere la sensazionedell’infinito» esprimeva Nicolàs Gòmez Dàvila ne In mar-gine a un testo implicito.Carmelo Bene si spingeva, dunque, interamente e in-ternamente lungo una linea inerente all’essenza delcompito, dell’opera o lavoro da eseguire. Doveva com-piere il suo percorso e giungere alla sua mèta, in com-pagnia dei Santi del Sud del sud e dei mistici.Così, dopo il Poema toccò il traguardo del suo nulla.E Quattro conversazioni su tutto il nulla lo dimostrano,riassumendo a grandi linee tutto l’orizzonte in cui egli simuoveva, liberando totalmente la sua scandalosa vitto-

ria, e la follia, e ogni eccedenza dell’atto e del pensieroche fosse più viva della vita, più impensabile e inaffida-bile dell’arte. E non voleva trattare di filosofia, né volevaaccostarsi a questa parola: con un significato etimolo-gico così scolastico e con un metodo e soprattutto unobiettivo così avvilente.Era fortemente stimolato dalla mistica, invece, il grandeCarmelo.«L’uomo è al di sopra di tutto. Non c’è nulla di più eccelsodell’uomo» diceva un mistico del XV secolo.Questo pensiero religioso (propriamente detto filosofico)si impernia sulla ricerca dell’uomo che deve uscire dauna condizione limitante che è quella della storia, e deveuscirne per ricongiungersi con l’Assoluto. L’antinomia diquesto pensiero sta in questo - insieme a molte altre –,che il pensiero ha prodotto un numero di Scuole domi-nato dalle regole della Scolastica, della discussione frarappresentanti di indirizzi diversi… E quindi sembre-rebbe che ci potessimo aspettare uno sbocco del pen-siero, nel senso che alla fine si riesce a risalire a questoAssoluto, dal molteplice all’Uno. In realtà: è così e non ècosì.Non è così perché fra le varie antinomie di questa tradi-zione c’è anche quella, una netta dicotomia tra il mondodello spirito e il mondo fenomenico della storia. Bisognaliberarsi in qualche modo dalla storia, per tornare versol’Assoluto. E questo ritorno avviene attraverso una espe-rienza mistica che trascende il pensiero; e quindi il pen-siero - in qualche modo - va annullato, va superato.D’altro canto, il pensiero è necessario per avvicinarsi aquesta esperienza mistica. Dunque, in questo atteggiamento non c’è tanto una ma-nifestazione di una tradizione filosofica, quanto di unatradizione religiosa, che però si coniuga insieme alla tra-dizione del pensiero. Questo non si può concepire senon si tiene conto di questa sua dimensione religiosa.

Già! Per questo Carmelo Bene diceva che la storia nonha esperienza. Se la storia avesse esperienza… Perquesto era stimolato dalle letture mistiche… Così una

persona, un divenire di persona, che manchi di religiositàè una cosa incompatibile, così come non vi può essereestetica senza etica – egli pensava. E detestava ognilaidume… o laicume – laico viene da laido, ci ricorda giu-stamente Niccolò Tommaseo nella sua importante operalessicografica. Era fastidiato anche dal culto, dal rito inogni religione; ma era una persona religiosissima. Perlui la religiosità è un’altra cosa dall’assiduità cultuale o ri-tuale… Religione è parola antica – amava dire; e gli pia-ceva definirla: educazione. La intendeva, appunto, nelsenso più profondo che si può ricevere, anche se eglil’apprese da un rituale ecclesiastico, gesuita, salesiano,frequentato da bambino. Ma che gli insegnò soprattuttoa sputare su qualsiasi forma di laicismo: socialismo laico,comunismo laico, democrazia cristiana laica, poeti co-siddetti laici, poeti di partito, partiti di poesia laica. Lui par-lava solo con l’assenza: al suo non-esserci. Credeva inDio in quanto non esiste, come assenza. Era devoto esi inginocchiava davanti all’assenza, come pure si ingi-nocchiava davanti alla donna che è assente! Se gli sipresentava… addio vita nova. CB riprende, dunque, la concezione proprio tipica delmisticismo, cioè la tendenza dell’anima all’unione conl’Assoluto, caratterizzata da un progressivo distacco siadella coscienza sensibile sia da quella razionale, fino allaperdita dell’io nel Tutto.Carmelo Bene, alla fine, non voleva più dare appunta-mento con il reale, con l’ovvio, col logico, col razionale.Esigeva l’informe, l’abbandono, l’incomprensibile, il buiomusicale, quello che Nietzsche chiamava «lo spirito dellamusica». Per questo Carmelo concluderà dicendo: «…Il grande teatro è quanto non è comprensibile. Quindi lacosa non è più nel negativo, io sono uscito dall’equivocodel negativo, sono uscito da tutte le impasse, positive,negative, sono uscito dal pensiero».

«Una volta capito che si è nulla, il compito di tutti gli sforziè diventare nulla» diceva Simone Weil. E NicolàsGòmez Dàvila concludeva: «Il nulla è l’ombra di Dio».

di Antonio ZorettiBene mistico

Pensamenti

spagine della domenica n°31 - 25 maggio 2014 - anno 2 n.0

Racconti salentini

di Rocco Boccadamo

Giulia C. era giunta a Marit-tima, da un paese vicino,sposando Fortunato e, adistanza di circa un anno,aveva messo al mondo Te-resa. Purtroppo, la buona

donna, ancora giovane, incominciò a sci-volare in condizioni di salute precarie, conproblemi di rilievo, e in progressivo aggra-vamento, all’apparato respiratorio, non miè dato di sapere se in collegamento aibronchi o ai polmoni o ad altro.Spesso, sia di giorno sia di notte, in talunimomenti pareva che le mancasse il fiato, apoco o niente valevano le visite del medicocondotto e i farmaci che il medesimo leprescriveva.Ricordo che, nelle fasi maggiormente criti-che, se ne usciva da casa e si portava inun vicino slargo, dove c'era più aria e sof-fiava diritta la tramontana, restandosene lìper ore, magari al freddo, seduta sugli sca-lini di chianche della casa di Siveria, pur direspirare, si consolava. Pian piano, era di-venuta, Giulia, una sorta di lumicino vie piùvacillante e, difatti, non ci volle moltotempo perché, un certo giorno, la fiam-mella arrivasse a spegnersi definitiva-mente.

***

Toti, anzi cumpare Toti, atteso che i mieigenitori avevano tenuto a battesimo un suofigliolo, vicinissimo di casa, era un conta-dino, sposato, con a carico la moglie Ce-sira, sei figli e la suocera, finché ècampata.Un buon uomo, ma non un grande lavora-tore, si limitava a eseguire saltuarie incom-benze per conto di compaesani, piccoleriparazioni, del resto, non aveva terreni dacoltivare, salvo il piccolo orto confinantecon l’abitazione. Di conseguenza, tra lesue mura domestiche, non regnava benes-sere, si avvertiva, al contrario, una sensa-zione di fame, il pane si mangiava quandoc’era, sulla tavola, appena una minestra diverdura, se di stagione e coltivata nell'orto.Tuttavia, nonostante le accentuate ristret-tezze economiche e i correlati disagi, il nu-cleo famigliare andò avanti, i figli crebberoe divennero adulti. In parallelo, cumpareToti giammai intese rinunciare ad allevareun uccellino, ora un canarino ora un car-dellino; a tal fine, aveva costruito una gab-bietta in legno, una “dimora” decorosa perl’amato minuscolo volatile, a beneficio delquale una fogliolina verde o qualche semedovevano immancabilmente esserci.In un’annata, anche la famiglia di cumpareToti, sospinta dal bisogno, decise, al paridi tanti paesani, di lasciare Marittima ed

emigrare, per cinque o sei mesi, nelle pia-nure della Basilicata, intorno a Metaponto,dove coltivare, in regime di mezzadria,estensioni di tabacco: in tal modo, perlo-meno il cibo sarebbe stato garantito. Ora, avvenne che, all'atto di caricare l’au-tovettura a noleggio che doveva traspor-tare la famiglia e le suppellettili dal paesenatio alla Lucania, cumpare Toti si distinse,particolarmente, per la ferma volontà di is-sare a bordo anche la gabbia con l’uccel-lino. Obiettivamente, era un problematrovare per l’aggeggio uno spazio nell'abi-tacolo, gli stessi famigliari e l’autista prote-stavano e, però l’uomo alla fine s’imposecon una frase rimasta famosa: “Sentite, ame può mancare il pane o un pasto, manon consento di privarmi della gabbia conl’uccellino”.Adesso, al posto della povera casa e del-l'orto di cumpare Toti, sorge una grande econfortevole abitazione costruita dal suoultimogenito D., ormai da decenni emigratoin Svizzera e avente una propria famiglia:i figli, sono titolari di un’attività di ripara-zione e vendita di autoveicoli, come sievince dalle scritte pubblicitarie impressesulle fiancate delle vetture personali, concui, d'estate, arrivano, per le vacanze, daZurigo, nel Basso Salento delle origini.

Delle antiche stagioni

Bene mistico

Borgo salentino in una illustrazione tratta da La Cultura Contadina

spagine della domenica n°31 - 25 maggio 2014 - anno 2 n.0

MMSarteIl 6 giugno, dalle 17.30, l’Istituto Comprensivo “Leonardo Da Vinci” di via Togliatti a Cavallino accoglierà la mostra delle opere Mmsarte Scuola del progetto Art-icoliamo

senza barriere condotto da Monica Marzano ed eseguite dagli alunni delle classi III A e III Bdi Cavallino (in Via Don Minzoni) e della III A e III B di Castromediano

Tutto l’amore in una mano

Il testo è di Carola Lombardi il disegno di Davide Sciurti

Il testo è di Andrea Quarta il disegno di Cristiano Caputo

La galleria dei lavori della precedente edizione è su www.mmsarte.com

P er Andrea lamano è un mezzoveloce, istintivo euniversale per co-municare affetto (mandando baci),

osservare con pazienza e alungo, mentre il suo palmo

sulla fronte ci pretegge da luciaccecanti e fastidiose, ma so-prattutto è un forte sostegno esincera presa d'aiuto che nonpermetterà mai ad un amico diprecipitare in in baratri di di-sperazione e sofferenza...Cristiano ha voluto simboleg-

giare il baratro dentro al qualeognuno di noi può correre il ri-schio di cadere, con un enormeburrone. Quel colore marronescuro che sembra simulareonde vorticose pronte a risuc-chiare il malcapitato, contrastacon il sorriso incoraggiante di

chi con sicurezza porge la pro-pria, mano affinché niente dimale possa accadere all'amicoche sta per precipitare...Manosimbolo d'aiuto, sicurezza, sal-vezza.

P er la piccola Ca-rola la parola "spe-ciale" aiuto. Ungesto dettato dals e n t i m e n t od'amore verso il

prossimo, vero e profondo. Dareaiuto assicura sorrisi sinceri che

appaiono come orizzonti di arco-baleni e uragani di felicità! Ep-pure Carola ha anche intuito cheun aiuto dato o ricevuto insegnaa crescere meglio perché èun'azione carica di altruismo.Aiuto è la stella polare che guidadritta verso la Solidarietà.

Il piccolo Davide, che come rife-risce l'esperta del progetto ladott.ssa Monica Marzano, asse-riva di non aver proprio "talento"per questo progetto, si è comun-que lasciato guidare ed "aiutare"a far sì che il suo nascosto ta-lento uscisse fuori, e da come ha

disegnato l'orizzonte di fulgidi esorridenti arcobaleni, il suo ta-lento appare essere esploso e inquesto caso l'aiuto per il piccoloDavide, a tirar fuori la sua creati-vità, è stato davvero prezioso.Sicuramente uno di quegli arco-baleni è il suo sorriso di felicità!

spagine della domenica n°31 - 1 giugno 2014 - anno 2 n.0

L’Overjam International Reggae Fe-stival è arrivato alla terza edizione.Si svolge ogni anno in Slovenia, aTolmin, in alcuni posti dove a domi-nare è la natura insieme alla mu-sica. Quest’anno si svolgerà dal 13

al 16 agosto, facilmente da raggiungere anchecon la macchina e con il treno e, anche que-st’anno, gli ospiti sono tanti. Per citarne alcuni:Chronixx, giovane promessa reggae, il veteranoLuciano, i londinesi Zion Train ma, come artista‘principale’ c’è Shaggy.Fulvio Impellizzeri, tra i fondatori del festival, harisposto all’intervista per il periodico Spagine.

Terza edizione dell’Overjam Festival, qualisono le novità?Ciao Alessandra, grazie per lo spazio a disposi-zione! Le novità sono tante e belle. Siamo uscitimolto carichi dalla risposta del pubblico che è ri-masto sbalordito dalla bellezza della location, giànota a chi bazzicava i reggae festival fino al 2010…. Abbiamo visto che l’anno scorso avevamoancora tante cose da migliorare e quest’anno cela stiamo facendo. In primis siamo riusciti a por-tare anche l’acqua potabile in campeggio cosìnon ci sarà bisogno di comprare bottigliette nésprecare plastica, metteremo più bagni e piùdocce e avremo anche nuovi bagni confortevoliuniti assieme alle docce calde! E tante altre no-vità che non possiamo anticipare ora.

Dopo il successo della passata edizione cosa viaspettate questo nuovo anno?

Molta più gente, soprattutto da Austria e Germa-nia! Siamo un festival internazionale con base inSlovenia, ossia un paese “neutrale”. La Slovenia

ha meno abitanti di tutta Milano, per intenderci,e la cosa che ci gasa più di tutte è che la produ-zione è italo-slovena, proprio in un luogo che havisto morte e sangue durante la prima guerramondiale, proprio tra italiani, austriaci e sloveni!E che ora si uniscono sotto la bandiera red gold& green! E’ un festival che deve e vuole unire igusti e le usanze di tre culture completamente di-verse tra loro, quella italiana, quella tedesco-au-striaca e quella balkanica, per ora possiamo direche ce la stiamo facendo!!!

Come artista di punta si legge il nome diShaggy, perché proprio lui?Perché Shaggy ci teneva tanto e perché ci è ca-pitata questa ghiotta occasione e perché è un ar-tista che nel mondo dei balcani rappresentaanche tanto gli anni ’90, gli anni in cui i paesi slavisi sono dichiarati autonomi e indipendenti , e ciòha coinciso anche con l’esplosione della musicablack in tutto il mondo … non avendo mai suo-nato in Slovenia, Shaggy si è dimostrato superdisponibile e ha sposato il nostro progetto congrande entusiasmo! E inoltre è un’artista reggae-pop che mette d’accordo sempre e comunquetutti quanti.

Quali sono gli altri artisti che animerannol’evento?

Beh, ce ne sono una miriade, spiccano Luciano,Chronixx – Dub Inc, Zion Train, Macka B, TheSkints, Meta & The Cornerstones, Train ToRoots, oltre ai sound system di spicco comeSuper Sonic, Herbalize, Dj Rakka, Vibronics... etanti altri ancora da annunciare!

Perché la scelta di portare l’Overjam a Tol-

min, in Slovenia?Perché quella location è favolosa, è uno dei postipiù belli dove poter fare un reggae festival. Le di-mensioni sono giuste ed è logisticamente per-fetta, a 30’ dall’Italia, a un’ora dall’Austria, a 2 oredalla Germania e a un’ora dalla Croazia e a 3 oredai paesi dell’est (Ungheria, Slovacchia…).E soprattutto perché fare le cose in Italia sonosempre troppo complicate e difficili. Troppi troppie troppi limiti sugli orari, troppe restrizioni sui per-messi, e troppi compromessi da stringere con leforze di pubblica sicurezza, che si fascianotroppo la testa per un problema che in realtà nonesiste ma è solo di facciata. Crediamo che il Ro-totom abbia dato fin troppo all’Italia e alla zona,e hanno fatto bene ad andarsene. Così quanto-meno si è accesso un dibattito ampio sul Proibi-zionismo che pare stia muovendo finalmentequalche leva!

Chi si trova in Italia come fa a raggiungere ilfestival?In macchina è facilissimo, basta arrivare fino aVillesse (direzione Trieste dopo Venezia) e da làuscire al confine di Gorizia / Solkan e seguire lavalle del fiume, finché si arriva a Tolmin.. Con l’Aereo si arriva fino a Trieste e da là biso-gna raggiungere Nova Gorica dove esistono itreni per Most Na Soci ! Chi arriva in treno all’Overjam ha il 2x1 sul bi-glietto del treno sloveno !

Ecco i contatti per chi vuole maggiori informa-zioni o per chi intende comprare il biglietto.

[email protected]

Mondo Reggae

Natura&MusicaIn Slovenia la terza edizione dell’Overjam Festival

di Alessandra Margiotta

copertinaspagine della domenica n°31 - 1 giugno 2014 - anno 2 n.0

Giovedì 29 maggio, a sera sul palcoscenico del Teatro Pai-siello la compagnia Teatro di Ateneo - diretta da Aldo Au-gieri già direttore di Teatro Asfalto – ha portato in scena inseconda replica lo spettacolo dal titolo H.H. confessioni diun vedovo di razza bianca. Donde H.H. sta per HumbertHumbert patrigno e amante della giovane Dolores – nota

ai più per il suo soprannome: Lolita - nel romanzo “antierotico” dello scrittorerusso Vladimir Nobokov ambientato nel paese degli yankee, l’America nor-dorientale, della prima metà del Novecento. Premessa: se non avessimo saputo di assistere ad uno spettacolo di Teatrodi Ateneo saremmo stati certi di aver assistito ad uno spettacolo di TeatroAsfalto. In ciò tuttavia non c’è nulla di scandaloso; ci si stupisce invece (eneanche tanto poi), di come intorno al Teatro, dentro il Teatro, fuori dal Tea-tro si moltiplichino e addensino sempre dei paradossi e dei conflitti. Quasiche non possa esistere Teatro senza questi. O che senza questi non sipossa pienamente comprenderlo.Esattamente come Humbert Humbert, colto e raffinato astuto e manipola-tore, Aldo Augieri riscrive la sua versione teatrale di Lolita – che nella fin-zione del romanzo porta appunto il titolo di H.H. ovvero le confessioni di unvedovo di razza bianca – tentando in tutti i modi di sedurre i suoi ascoltatoriattraverso un turbine di invenzioni poetiche, di creazioni letterarie, di giran-dole musicali e macchine scenografiche sofisticate e talvolta strampalate.Il tentativo del professor Humbert di giustificare le sue azioni – le sue puerilie lussuriose fantasie erotiche – attraverso le pagine di un memoriale com-pilato durante la prigionia alla quale queste azioni lo hanno appunto con-dotto; il tentativo di apparire in queste pagine come un malinconico esincero – o quanto meno disadattato – signore di mezza età; quest’osses-siva ricerca di sdoppiarsi o moltiplicarsi nel tentativo di trovare una riappa-cificazione in extremis con i suoi aguzzini, questo gioco dei doppi, insomma,si rivela essere il copione ideale per un attore come Aldo Augieri semprealla ricerca di “vie di uscita”, di “fughe” di rinnovamenti. Canali necessari al-l’attore per andare altre il personaggio, per creare una sovrapposizione ir-risolvibile di piani interpretativi; e per poter soprattutto esprimerequell’istrionismo negato e soppresso dallo “S/stato delle pari opportunità”. Lo spettacolo comincia con il più classico dei classici prologhi di TeatroAsfalto: in passerella a sipario chiuso, dalle quinte di proscenio, escono unopsicanalista (?) (Vito Lettere) e la sua infermiera (Federica Epifani) - che inse riuniranno e riassumeranno tutte le figure e i personaggi che popolanoil romanzo di Nobokov - nonché quelli che popolano lo stesso personaggiodi H.H. – nonche quelli che popolano le fantasie di Aldo Augieri - presen-tandoci l’interesse della scienza e della società per il caso di pedofilia delprofessore H.H. attraverso la febbrile schizofrenia che caratterizza la vo-lontà appunto della scienza e della società di ridurre sintetizzare omologarespiegare dunque difendere il razionale e il ragionevole da ciò che si rifiutadi esserlo o che per natura lo contraddice. Si apre il sipario, seguono legiustificazioni di H.H. – interpretato da Augieri – e la danza macabra delsuo amore per Lolita (Anastasia Coppola bravissima nel ruolo della ragaz-zina arrogante e sboccata), candida tra le farfalle e rossa fiammante comeun colibrì (quasi volesse eccedere il suo dimorfismo sessuale nei confrontidel patrigno/amante), ma tutto sembra procedere lentamente come nel tea-tro di prosa più accademico. Poi ad un certo momento, quasi inaspettata-mente (ma sapevamo che sarebbe accaduto) quasi con un boato la folliadi H.H. Augieri esplode in una nebulosa spessa e densa di riferimenti, allu-cinazioni, urla disperate. E tutto ciò nonostante gli estenuanti prologhi cherallentano la nostra immaginazione in corsa.Strepitose tutte le scene costruite per le videoproiezioni. Al punto che ne-anche per un attimo si è paventato il rischio che potessero apparire retori-che o semplicisticamente sperimentali. Ma tutte queste non sono che

trovate in fondo. Molto ben riuscite. La differenza vera l’ha fatta la prova at-toriale di Aldo Augieri. Mi è sembrata questa una dichiarazione di follia; unapresa di posizione contro tutto e contro chiunque lo accusasse ipocrita-mente di intellettualismo; contro chiunque lo boicottasse. Io ho veduto let-teralmente questa dichiarazione di follia librarmisi di fronte agli occhi ogniqual volta Augieri ha scelto di scegliere la soluzione scenica più astrusa,più rivoltante, più grottesca inqualificabile al solo fine di sottolineare che inscena non esiste vincolo alcuno, che lui avrebbe fatto qualsiasi pazzia sesolo gliela si fosse negata una volta di più. Mettendosi in bocca le parole diHumbert ha detto veramente cose irripetibili piroettando sulla logica dellatrama, sui diktat dell’accademia zompettando sui cadaveri dei suoi detrattoriche lo hanno perseguitato nel corso degli ultimi anni.A questo punto è giusto fare delle osservazioni in proposito, accantonandola lettura dello spettacolo che pure mi sembra di aver ampiamente consi-gliato a coloro che se lo fossero perso.

Oggi chiudono, perché di fatto accade proprio questo, sloggiano TeatroAsfalto dalla sede del Cnos. E lo fanno per sostituirlo con un cinema. Que-sta sembrerebbe una scelta giustificata dalla necessità di potenziare le ri-sorse del Cineporto; per migliorarne ed ampliarne i servizi. Cosa si puòdunque contestare ad una scelta del genere? Apparentemente nulla. Ma aguardar bene accade invece che si vorrebbe tappare la bocca ad una dellerealtà teatrali più importanti indipendenti e alternative che la nostra cittàabbia mai avuto. Si ripete dunque la stessa storia. Si disintegra, si occulta,si depotenzia la proposta alternativa di pochi per legittimare, allargare diri-gere il pensiero di tutti verso un unico centro. Il famoso centro moderato.Che non dice no che non dice si ma dice sempre ni. Dunque si assassinanole idee. E lo si fa consapevolmente. Teatro Asfalto, per anni, nella sede diCnos (quello originario della scuola salesiana) - gentilmente concessaglidalla Provincia di Lecce; che altrettanto gentilmente ha poi ignorato, dasempre, la ricerca e il lavoro di Asfalto Teatro – ha prodotto i suoi spettacoliin totale autonomia e lo ha fatto si può a ben ragione dirlo in pura perdita esenza alcun aiuto delle Istituzioni; i cui rappresentanti farebbero meglio asmetterla di vantarsi per quello sciapo lavoro che fanno quasi che fossero– ed io credo che tali si immaginino – artisti essi stessi.Dulcis in fundo arriviamo li dove senza equivoco ci porta l’evidenza: l’astuziadei protagonisti di questo spettacolo sanguinolento sta nella loro spregevoleostinazione a dire il falso. Dicono il falso meccanicamente questi burocrati.Ci sono personaggi – e sono sempre gli stessi personaggi, che voi tutti co-noscete; gli stessi di cui si sente dire frequentemente in giro: mi ha pro-messo questo mi ha promesso quello mi dice di aspettare di stare tranquilloeccetera – che non si potrebbero definire se non gentucola, o “mezze cal-zette” come diceva Dostojieski; continuamente immersi in torbidi affari sem-brano non avere – e certamente non hanno – neanche l’ombra di un’ idea.Tuttavia costoro radono al suolo la forza creatrice dell’artista, depauperanola fantasia di chiunque gli si accosti. Oggi Teatro Asfalto sloggia da Knos e non sappiamo dove troverà alloggio.E non confidiamo che nessuna Istituzione corra - perché correre dovreb-bero – si slanci in una proposta o iniziativa alcuna. Ma non importa! Perchéda ciò che abbiamo potuto vedere sul palcoscenico del Teatro Paisiello,Teatro Asfalto mantiene intatto il suo orgoglio e fila dritto per la sua strada.Che ci auguriamo – e anzi siamo convinti – porti verso riconoscimenti piùimportanti di questo mio breve encomio. Salvo che poi di tali riconoscimentinon se ne vogliano vantare in futuro altri, i soliti, le “mezze calzette”.

Teatro

di Andrea Cariglia

Abbiamo visto al Teatro Paisiello lo spettacolo “H.H. confessioni di unvedovo di razza bianca”, in scena la compagnia Teatro di Ateneo direttada Aldo Augieri. A margine registriamo lo “sfratto” forzoso di AsfaltoTeatro dalla sua sede storica nel salesiano Cnos, luogo dove la Compagniaha prodotto i suoi spettacoli in totale autonomia e senza alcun aiutodelle Istituzioni. Si tappa la bocca ad una delle realtà teatrali più im-portanti indipendenti e alternative che la nostra città abbia mai avuto...