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s p a g i n e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri Spagine della domenica n°41 - 31 agosto 2014 - anno 2 n.0

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Una copertina per rendere omaggio alla Pace e al Sound Makers Fest, a Lecce e a Copertino dall'1 al 7 settembre

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Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

Spagine della domenica n°41 - 31 agosto 2014 - anno 2 n.0

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spagine

Caro Salento...

...si può sapere che vorrai fare da grande?

di Gigi Montonato

I l Salento è come una bella ragazza, corteggiatissima,che però non si decide a dire sì a nessuno. No a que-sto perché è rumoroso e disordinato, no a quest’altroperché è poco affidabile, no a quest’altro ancora per-ché è un prepotente, no…no…no. Finirà nubile?L’esito non spaventa, ma induce a qualche riflessione.

Siamo in piena corsa per la nomina di Lecce a Capitale Eu-ropea della Cultura 2019. Per il traguardo dobbiamo vincerela concorrenza di città che – diciamo la verità – non sono allanostra inferiori. Dovremmo perciò fare in modo di non pre-stare il fianco a critiche e a perplessità da parte di chi ciguarda, ci osserva, ci ascolta, vede e annota. Voi leccesi – mi disse una volta lo storico aquilano RaffaeleColapietra, che a Lecce e provincia è stato più volte – vi cre-dete il centro del mondo. Forse aveva ragione, ma invece diprenderla in negativo, prendiamola in positivo: sì, è vero,siamo il centro del mondo, tanto più che, come diceva Gior-dano Bruno, ogni punto è il centro; perciò comportiamoci dacentro del mondo e non da paesetto con quattro case, unacampana e quattro galline starnazzanti nel cortile. Prima di tutto il modo come si risponde alle opportunità chesi presentano. Decisamente sprezzante e offensivo. Unmodo assurdo, se pensiamo di essere appena usciti da undimenticatoio millenario, in cui ci siamo conservati comeÖtzi, la mummia di Similaun. Con la differenza, non di pococonto, che quello si è conservato sotto la neve e noi sotto ilsole; quello è rimasto intatto e noi ci siamo trasformati comela conserva posta al sole per seccare, un po’ acidi e un po’piccanti.

Dal Tap si rifiuta perfino il saluto, eppure è un’opportunitàimportante. Gli organizzatori di feste patronali, di San-t’Oronzo compreso, di manifestazioni e iniziative che co-stano tanti soldi, hanno rifiutato i suoi contributi finanziari,per conservarsi immacolati da rischi inquinamento o solo perstare nella moda dell’«antiqualcosismo». La lezione di Ve-spasiano – pecunia non olet – se l’è portata via lo sciac-quone. Sono piovuti insulti e indecorose considerazioni sul Sindacodi Verona Flavio Tosi al Premio del Negramaro, con conti-nue defezioni di cantanti stagionati e politici velleitari. Nonfoss’altro che per calcolo, dovere di ospitalità sacrosanto aparte, ci saremmo dovuti comportare da signori, consideratoche Verona organizza ogni anno il Vinitaly, la più importantefiera del vino d’Europa. E noi, oltre ai fischietti e alla pizzica,produciamo anche qualche bicchiere di vino, ma proprioqualche bicchiere. O lor signori non lo sanno?Ad una mezza battuta di Flavio Briatore: qui in Versiliapianto tutto e investo nel Salento, si è risposto in maniera in-decente, quasi ci avesse rivolto un insulto: no grazie, quisiamo persone perbene e non vogliamo i tuoi famigerati in-vestimenti. Fa schifo Briatore a salentini indigeni e a salen-

tini importati? Non lo so. Si può sempre discutere sui modellidi sviluppo ed è certamente importante chiedersi quanto con-venga essere dipendenti dall’altrui denaro puntando tuttosull’effimero del divertimentificio, ma c’è modo e modo di af-frontare il problema.A Gallipoli per poco non si è passati alla jacquerie contro ituristi. D’accordo, son maleducati, sporcaccioni e irrispettosi.Ma non è che per caso non siamo noi ad avere strutture ri-cettive inadeguate? Almeno poniamoci il problema comepunto di domanda. D’altra parte quanto accade oggi a Galli-poli accade da sempre in città come Venezia e Roma, dovei turisti cucinano e mangiano sulle pubbliche vie e piazze, efanno altro, fra cui il cambio dei pannolini al bambino e forsenon solo al bambino. Simili schifezze non accadono a Viennao a Parigi, a Berlino o ad Amsterdam, perché in quelle città,educazione di base a parte, c’è tutta una struttura preventivae perfino repressiva. Sì, proprio repressiva; la repressione,che ai salentini fa schifo come il gas della Tap o gli investi-menti di Briatore. Più che simileuropei, restiamo similafricani.

Noi oggi rischiamo di vanificare le opportunità che si stannopresentando a causa dell’evidente impreparazione della no-stra classe dirigente, politici + imprenditori + intellettuali.Pigri, conformisti, con un’infinità di sfumature di grigio, nonescono dal solito cliché delle indulgenze. Come una voltase le compravano per salvarsi l’anima, oggi se le compranoper non compromettere la carriera. Sicché: evviva il Gaypride, abbasso Casa Pound. Una volta per compiacere il Si-gnore, oggi per stare nel pensiero unico dominante.

E’ di tutta evidenza che il Salento deve incominciare adavere le idee chiare su che cosa vuole fare da grande e at-trezzarsi per questo. Se noi vogliamo puntare tutto sul turi-smo, allora dobbiamo rendere ricettivo il territorio, sial’urbano sia l’extraurbano. Non dobbiamo inventare niente,nella stessa Italia ci sono realtà turistiche di massa chehanno risolto i problemi. Si tratta di saper osservare e prov-vedere di conseguenza. Se, invece, come sarebbe più op-portuno fare, si vuole puntare anche sull’economia diproduzione, allora non si può dire sempre no a tutto. Ab-biamo bisogno di infrastrutture, sia per rendere più commer-ciabili i nostri prodotti tradizionali, sia per aprire a nuoveprospettive produttive compatibili col territorio. Il turismo dioggi ci spalanca porte una volta inimmaginabili.Lasciare che il turismo o il commercio vengano gestiti dagente incapace, improvvisata, con fisime politiche legate alleproprie aspettative di carriera, che fa finta di non essere in-teressato ai soldi e poi ruba il pacchetto di caramelle, signi-fica buttare delle opportunità che potrebbero, di qui a nonmolto, non riproporsi più. Si ha l’impressione, purtroppo, chemanchi gente all’altezza del compito. I comportamenti schi-zofrenici di questa estate ne sono prova.

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Sulle questioni etiche il paesereale è molto più tollerante eaperto di quello legale. Da unaindagine Last (Laboratorio sullasocietà e il Territorio), svolta re-centemente su un campione

rappresentativo della popolazione italiana, èemerso un quadro incoraggiante, spia vivad’una maturità e d’una crescita consapevole.Da una prima lettura è evidente che la gente,a differenza di certi politici, riesca ad andareoltre le recrudescenze ideologiche, smus-sando gli inasprimenti del pensiero ed appro-dando su lidi di serena accettazione.Indipendentemente dalle imposizioni di variotipo, l’opinione pubblica ambisce a curare ungiardino rigoglioso di gradi di libertà, inserendole proprie scelte primarie in un fruttuoso con-testo di relativismo culturale. Gli orientamentidella popolazione su un insieme di comporta-menti sono in parte sorprendenti. Il 90,2% degliinteressati s’è espresso a favore delle convi-venze di fatto. L’84,8% è favorevole alla fecon-dazione artificiale, il 75,9 % sarebbe dispostoa poter richiedere eventualmente l’eutanasia,il 75,2% si dimostra attento al tema dell’omo-sessualità, il 61% ritiene ammissibile la praticadell’aborto. Il professor Daniele Marini dell’Uni-versità di Padova scrive che “gli esiti comples-sivi forniscono elementi per una rilettura deitemi della famiglia, della coppia, della natalitàe della morte”. Soprattutto su un piano squisitamente politico,le questioni eticamente sensibili andrebberotrattate con piglio più liberale, con un approcciomeno ideologizzato. Gianni Vattimo, da sem-pre, ripete che i politici sono molto più “arre-trati” rispetto alla popolazione. E anche un altrogrande filosofo, Remo Bodei, afferma che lapolitica è sempre in ritardo rispetto alla società:“La legislazione insegue, rimane indietro ri-spetto a una società più matura, a un sentirecomune che cambia su temi come le coppie difatto o l’eutanasia. Su questi a livello geogra-fico le differenze sono poche: ovunque c’è lapercezione, per esempio, che possa essere le-gittimo scegliere di non morire in preda allasofferenza. La società precede di molto la po-litica e così si apre un ulteriore distacco fra cit-tadini e istituzioni”. Il compito irrinunciabiledella politica dovrebbe essere quello della me-diazione. Essa dovrebbe poter mettere in di-scussione i valori assoluti, stemperarli dalleasperità, rendendo fruibili principi di libertà ad

una vasta cittadinanza. Ma, purtroppo, in questianni, nelle stanze del potere, abbiamo assistitoalla messa in scena d’un teatrino inverecondo.Tra centrodestra e centrosinistra s’è fatto agara per non realizzare nulla di concreto. Già ilgoverno Prodi s’interessò, senza alcun risul-tato, per addivenire ad una normativa sulle cop-pie di fatto. All’interno del partito del professores’agitavano varie anime: evidentemente, i con-servatori e i teodem erano tanto forti da condi-zionare i giochi. E anche adesso, il Pd delrampante Renzi è internamente frastagliato.Già da tempo, l’ex “rottamatore” ha preannun-ciato la formulazione d’una legge sulle coppiedi fatto omosessuali. Ma, incredibilmente, vor-rebbe rifarsi al modello tedesco. Come se quarant’anni di cultura dei diritti nelnostro Paese non fossero sufficienti per strut-turare un modello italiano. Su altre questionibioetiche, il giovanilistico premier di Firenze hale idee molto confuse. Ad aprile scorso, la CorteCostituzionale ha dichiarato illegittimo il divietodi fecondazione eterologa. Il ministro della Sa-lute Beatrice Lorenzin aveva pronto un decretolegge per regolarizzare l’accesso alla pratica,rendendolo uniforme in tutte le Regioni, scon-giurando così spiacevoli ed eventuali fenomenidi “federalismo della provetta”. A rigore, dopol’autorevole pronunciamento della Consulta,

Contemporanea

non fanno la vitaLe leggi

di Marcello Buttazzosarebbero bastate poche, snelle, essenzialilinee per disciplinare la procreazione medical-mente assistita. L’ex “rottamatore” ha pensatobene, invece, di stoppare Lorenzin e di riman-dare ogni discussione e decisione al Parla-mento, lasciando in attesa migliaia di coppiesterili desiderose d’avere un figlio. Il premier,forse, dimentica che le Camere hanno avutopiù di dieci anni per modificare radicalmentel’infausta, illiberale, antiscientifica legge40/2004. E non l’hanno fatto. Addirittura, ulti-mamente, non sono state neppure riscritte lelinee guida della pasticciata legge. La politicaistituzionale è in grave affanno, è in ritardo sullabioetica. In passato, qualcuno ha voluto addi-rittura drammaticamente complicare la situa-zione. Pensiamo, per un attimo, alledichiarazioni anticipate di trattamento, che do-vrebbero essere, tramite consenso informato,una enunciazione di volontà relativamente aitrattamenti sanitari. Un trascorso governo Ber-lusconi ebbe l’ardire di approntare un ddl. Ca-labrò antiscientifico, incostituzionale, cheaveva la pretesa di impossessarsi del corpo deimalati e, in nome d’un malinteso biologismospirituale, voleva imporci il sondino di Stato ela vita artificiale. Ovviamente, il ddl. Calbrò si spense nellemorte secche del Parlamento. E non se ne fecepiù nulla. Il “fine vita”, però, è una terra delicata,travagliosa, che merita morbidezza, rispetto,cura estrema. Nessun bipolarismo etico, creato ad arte da politici assetati di effimero consenso,può deprivare la gente d’una sacrosanta at-tesa: quella di voler porre dei punti fermi perpossibili accadimenti di estremo e terminalepatimento. L’Associazione Luca Coscioni halanciato da tempo la campagna “Eutanasia le-gale”. Da mesi e mesi, oltre 67.000 cittadinihanno depositato una proposta di legge perl’eutanasia legale, il testamento biologico e l’in-terruzione delle terapie. I parlamentari nonhanno ancora fatto assolutamente nulla: néun’audizione, né un dibattito. Il 12 settembre2014, per sollecitare le istituzioni addormen-tate, ci sarà un girotondo, a Roma, con MinaWelby attorno al Governo e al Parlamento.Inoltre, il 12 e il 13 settembre, davanti al Co-mune o alla Prefettura delle città italiane ci saràuna manifestazione per chiedere ai parlamen-tari la discussione della legge sull’eutanasia eai Comuni l’attivazione del registro dei testa-menti biologici.

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Una domanda: l’Expo di Milano è di Milano o riguarda l’Ita-lia intera? Non è questione di poco conto, a Milano ci saràla location delle esposizioni, là in molti ringraziano le am-ministrazioni Formigoni e Maroni, in particolar modo la‘ndrangheta, la camorra e la mafia. Inquisiti e indaginicome se piovesse (e in questa stramba estate di pioggia

ne è arrivata veramente).A parte questi aspetti che riguardano la giustizia piuttosto che l’informa-zione, in Lombardia, a Milano in particolare, sono arrivati milioni e milionidi euro per questa immensa manifestazione, e sono quattrini italiani (at-tenti ai dettagli, non sono lombardi, milanesi, leghisti, sono degli italianitutti). Alla fine della fiera rimarranno costruzioni più o meno inutili, ce-mento in quantità, padiglioni destinati all’abbandono in perfetto italianstyle, e via dicendo.Ultimamente in una conferenza stampa congiunta, Sgarbi e Maronihanno rivendicato l’italianità dei bronzi di Riace, infatti li vogliono a Milanoad ogni costo, esponenti della lega si accorgono di essere italiani quandosi tratta di scippare opere d’arte, per il resto “ognuno padrone a casasua”.Ora, nominare uno come Sgarbi a incarichi tanto delicati è come man-dare Borghezio all’Accademia della Crusca a parlare di bon ton. Non èdato sapere quanti quattrini pubblici intascherà per fare l’ambasciatoreculturale dell’expo, sappiamo però che molti studenti di istituti d’arteavrebbero fatto meglio, in fretta e si sarebbero accontentati di moltomeno quattrini. Infatti abbiamo sentito il provocatore Sgarbi parlare diCaravaggio, Michelangelo, Botticelli, Arcimboldo e via dicendo, non perdire, ma con il patrimonio artistico che abbiamo in Italia solo un imbecillepotrebbe sbagliare un nome. Il valore aggiunto di uno come Sgarbi

avrebbe dovuto essere il nominare sconosciuti di sicuro talento e valore,pagarlo per scoprire Caravaggio mi pare discutibile eticamente e moral-mente. Per dirla tutta, se avessero fatto un’intervista doppia a RenzoBossi e alla Minetti avrebbero citato gli stessi artisti che ha fatto Sgarbi.Ma torniamo ai Bronzi di Riace, se l’expo è pagato dagli italiani tutti, deveriguardare l’Italia nel suo complesso. E qui diventa questione di scelte. O si opta per fare di Milano il centrodel mondo (come tanto piace ai padani e a Sgarbi), oppure si lavora perl’Italia, Milano in questo modo può diventare trampolino di lancio per imilioni di turisti che potrebbero avere l’opportunità di vedere dal vivo ilpiù grande museo mondiale: l’Italia intera. Quindi i bronzi si vedranno a Reggio Calabria, Arcimboldo a Cremona(come hanno deciso i cremonesi negando a Sgarbi l'opera richiesta) evia dicendo, in un tour che valorizzi il paese nel suo complesso. Come sievince la scelta è politica, l’expo non è di Milano, speriamo che France-schini tenga duro nella sua idea di fare dell’expo una cosa nazionale, ineffetti a nessuno importa sapere se i bronzi sono o meno trasportabili, atutti interessa che le ricadute turistiche siano al paese nel suo complesso.Quindi benissimo ha fatto Cremona a negare Arcimboldo a Milano, Expocrei il modo di portare le persone a vederlo in loco. Da questo punto divista Sgarbi è la persona meno adatta al ruolo per cui è pagato (sicura-mente strapagato), ha infatti dichiarato l’ immarcescibile: “Pensare cheExpo sia un Bengodi da cui tutti dovranno trarre vantaggio è da mentalitàmalata. Credere che uno giunga dall'Australia per Expo e poi sia dispostoad arrivare fino a Cremona o Reggio Calabria per vedere una singolaopera è da pazzi: secondo me” le città che trarranno beneficio dal-l'evento, oltre Roma e Milano, sono Venezia, Firenze e Torino".

Di chi è l’ExpòIl grande evento serve all’Italia o solo a Milano?

in corsivo

di Gianni Ferraris

Il Museo Nazionale di Reggio Calabria è unodei musei archeologici più prestigiosi d'Ita-lia. La sede che lo ospita, affacciata sullacentrale Piazza De Nava e a breve distanza

dall'imbocco del Lungomare «I. Falcomatà», èun edificio progettato, fra i primi in Italia, ai solifini dell'esposizione museale; è opera di Mar-cello Piacentini, uno dei massimi architetti delperiodo fascista, che lo concepì in chiave mo-derna dopo aver visitato i principali musei di Eu-ropa. L'istituzione di un museo statale fupromossa dal Soprintendente Paolo Orsi, cheintendeva unificare gli oggetti custoditi presso ilMuseo Civico organizzato dal Comune sin dal1882 insieme con i reperti frutto delle campagnedi scavo da lui condotte sul suolo calabrese.Inaugurato nel 1959, il Museo è stato oggettonel corso degli anni, di trasformazioni di grossaportata, quali l'allestimento, nel 1981, della Se-zione di archeologia subacquea, resosi neces-sario per dare un'adeguata visibilità aifamosissimi Bronzi di Riace rinvenuti nel 1972,nonché la realizzazione del settore al secondopiano dedicato alle colonie della Magna Grecia. I Bronzi di Riace furono scoperti il 16 agosto1972 nel tratto di mar Jonio antistante il comunereggino di Riace Marina da Stefano Mariottini,un appassionato subacqueo in vacanza in Ca-labria, durante un'immersione a circa 200 mdalla costa ed alla profondità di 8 m. Il recuperofu curato dalla Soprintendenza con la collabo-razione del Nucleo Sommozzatori dei Carabi-nieri di Messina. La sala che ospita i Bronzi èdotata di uno sistema di controllo del clima,mantenuto sui 20° d'inverno, 25-27° d'estate,con un tasso di umidità all'incirca del 35-40%,tale cioè da evitare l'innescarsi di nuovi feno-meni di corrosione. I Bronzi si innalzano su basiantisismiche alte sui 40 cm, come i basamentidelle statue greche antiche, vincolate al pavi-mento tramite l'interposizione di un sistema diisolatori in grado di attenuare le azioni orizzon-tali e non amplificare il moto verticale. Ciascuna statua è ancorata alla piattaforma an-tisismica tramite un'asta e cavi di acciaio in inox.

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spagine della domenica n°41 - 31 agosto 2014 - anno 2 n.0Beni culturali

Ezechiele Leandro era un uomo umile. Di un’umiltà tormen-tata e vera, di grande rilievo; un’umiltà puntuta, a volte,provvista di spada, nutrita dal dolore. Era (ed è inerme)Ezechiele, andava tutelato. Egli era antico, di un’antichitàdifficile da ottenere nell’indirizzo degli altri, falsificati nellaposa di questo tempo smorfioso, in cui occorre essere si-

mili anziché unici. Egli era d’animo gentile, un uomo umano; bizzarro avolte ma senza atteggiamenti leziosi, persona di poche parole… personaessenziale. Poteva apparire pretenzioso nel suo tempo, ma essere umile e antico,tenero e delicato: era la sua difesa.Dico questo poiché è ciò che di lui non si sa, ciò che di lui poco si sotto-linea.Di Ezechiele si sa tutto il resto: era burbero, folle, strano, solitario, apaticoecc..., ma non si sa quello che è stato nella scena artistica, sempre, peressere il resto. Dal Santuario della Pazienza ai murales e numerosi qua-dri e disegni e sculture. Gli uni e gli altri, una volta tutti accanto, ora sonsparsi per l’universo, giustificano le dovute spiegazioni delle sue opere

un fare artistico portato fino all’estremo... Una ricerca aperta verso lapura lingua, il puro segno... Ridire di Leandro adesso, ha senso per noi immersi nel tempo dell’im-pazienza. Si faceva nemici e amici Leandro, era schietto, frontale, aperto,sicuro del suo fare, maestro a noi nel tempo dell’esasperato individuali-smo che ci tocca vivere. Lui amava gli altri facendo finta di odiarli, questoil dibattito di un’umile persona; ripensare Ezechiele come risposta all’il-lusorio disamore contemporaneo è amore ulteriore.Egli era innamorato del suo operare, il suo era amore per l’arte, un amoretanto passionale da essere impetuosamente dominante, istintivo. Supe-rava la misura... gravoso ritrovare oggi questo carattere arcaico, potente,vivo. Grandezza selvatica e interamente civica la scena di Ezechiele Leandro.Ricordiamolo bambino, bambino cresciuto, adulto, ormai grande e poiancora, con l’ultimo guizzo d’arte negli occhi.Addio, ancora addio Ezechiele Leandro. La tua opera, se pur ridotta apoco, resterà a custodia dei nostri cuori.La luce è arrivata, l’atto è stato compiuto.

Leandro

Un’opera pittorica di Ezechiele Leandro

di Antonio Zoretti

Per la Casa Museo e il Santuario della Pazienza di Ezechiele Leandro, al 26di via Cerundolo di San Cesario di Lecce, arriva il vincolo

Il Ministero delle Attività Culturali e del turismo ha dichiarato l’operadiell’artista di interesse culturale, sottoposta quindi a tutte le disposizioni di tutela contenute nel Decreto Legislativo 42/04

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E’ on-line Amaltea Trimestrale di cultura anno IX / numero due - agosto 2014 vi proponiamo l’editoriale che apre il numero

Riviste

D’estatedi Ada Manfreda

Una cicala

Il narrare mai descrive, agisce;su me che racconto, sull’altroche ascolta. E il racconto noncade da un punto che tuttoguarda e tutto coglie e registraoggettivamente. La narrazione

non è mai innocente: il ‘perché’ chemi fa narrare è già lente attraversocui guardo e filtro ciò che narro, eche mi suggerisce come narrarlo.Nessuno è innocente quando rac-conta.E le sue parole riproducono sempreil fuoco da cui guarda. Le storie sono performative, le storietrasformano. C’è pure un ché di iner-ziale nella narrazione, che la faspesso riandare per sentieri già per-corsi, e a riconoscere il noto anchein ciò che è totalmente altro e di-verso, che dunque finisce per nonvedere.È rassicurante questo, lo pensiamoantidoto all’angoscia. Anche quando,sotto sotto, sappiamo che è un vi-colo cieco, che abbiamo già per-corso e ripercorso tante volte, ognivolta con la speranza di trovarlo ilvarco, per uscire. E ogni volta con-fermati dell’inutilità – già saputa – diquel tentativo. L’alterità ha il potere di mettere incrisi il consueto della narrazione. Èperturbante, ti sollecita varianti, slit-tamenti, ri-narrazioni, che allarganoil senso, includono altri personaggi,rivelano inaspettatamente nuovi par-ticolari sui personaggi che già popo-lavano i tuoi discorsi. Far pratica di alterità! Non è semprefacile. L’autoconsapevolezza, possi-bilità di tentare di costruire qualcosadi sensato per sé, è un teatro di per-sonaggi e dialoghi che continua-mente drammatizziamo, sia chesiamo da soli, sia che siamo con glialtri,fisicamente intendo, perché congli altri ci stiamo sempre, ce li por-tiamo dentro, compagni o persecu-zioni. E quando la storia non gira tutto di-venta complicato. Quando la storia

non gira quello che guardo cominciaa deformarsi: il prima e il dopo siconfondono, non riconosco più le di-stanze, e le parole stanno in unpostolontanissimo che sento a malapena,quelle degli altri ed anche quellemie.E non riescono più ad essere quellegiuste.

***Mi piace l’estate, il caldo che si portadietro, perché mi pare essere unatregua del tempo in cui tutto questopuò non essere così, o comunquenon così urgente, non così necessa-riamente dirimente. È questo caldo. Ti avvolge in un ab-braccio di consolazione e protezionee ti appaga, nel mentre ti espande eti espande e ti espande, sempre dipiù, dandoti soavità. Ti espande tanto, troppo, ti ritrovi di-sciolta, senza più consistenza, den-tro e fuori si equivalgono. C'è un'ora del giorno d'estate in Sa-lento, che apre un varco nel tempo,e nella coscienza. Arriva sempre uguale, finché dura lalunga calura di questi luoghi. Stradee campagne si fan deserte, qualun-que cosa perde l’ombra: niente piùprofondità, nessun prima, nessundopo, solo profili simultanei che sistagliano netti e tre-molanti di sole.Non s’ode nulla oltre al canto dellecicale, tante cicale, a stordimento:riempiono l'aria, insieme all'afa. Seiimmersa in questa sospensione, cheavvolge, appagante e spaventosa in-sieme, e satura tutti i sensi. Chetutto rende possibile. Anche il nullapuò esserci e c’è senza procurareansia, senza invocarti per essereriempito. Puoi contemplarlo ed bes-serne pacificata. Ti puoi acquietare un po’ forse,d’estate. Ti aiuta a riprender fiato, oa distrarti nel desiderio che non fini-sca mai. Le possibilità di essere fe-lici sono direttamente proporzionalialle capacità che abbiamo di usarein modo giusto le parole.

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spagine della domenica n°41 - 31 agosto 2014 - anno 2 n.0Lecce 2019

La città e il cambiamento

Ancora ieri hanno chiesto l’uso dello spa-zio: “Abbiamo bisogno di un luogo perprovare. Siamo un gruppo musicale acu-stico, non facciamo rumore. Ci bastereb-bero due, tre ore la mattina”. È così alFondo Verri. Ieri, e per tre giorni, le prove

di un’attrice che porta il suo lavoro in Svizzera, a sera larassegna di cinema per raccontare di alcuni autori salen-tini e poi… tanto, tanto altro. Non c’è giorno che la richie-sta non si rinnovi, per un incontro, per la presentazionedi un libro, per la messa in opera di una mostra, per girarenel nero della sala un video o, vista la buona acustica,poter registrare il master per un nuovo cd. È normale cheaccada in una città come la nostra, presa ormai da annidalla febbre creativa, dove molti s’inventano il mestiere eil desiderio espressivo trova sponde nell’arte; una cittàche si candida a divenire Capitale Europea della Culturanel 2019, un processo si spera virtuoso, un’opportunitàper riconsiderare le politiche culturali e sociali sin’oramesse in atto e sul passo nuovo da osare e imprimereloro se veramente si punta alla meta europea.E’ normale che ciò accada, ma ciò che non è normale èche a rispondere alla domanda di agibilità creativa siauno spazio, che seppur attrezzato, misura pochi metriquadrati. Un buco - un’isola - dove si pratica l’ascolto el’ospitalità, dove molte sono state le nascite, le “primeprove” di contatto con il pubblico, di artisti oggi noti, testi-moni della variegata identità culturale salentina. Non c’èbisogno di fare elenchi, ne si vuole qui rivendicare alcun-ché, men che meno l’unicità dell’esperienza. Ciò che

preme è immaginare come uno spazio dedicato alla ri-cerca e alle pratiche della Cultura debba oggi configurarsialla luce del cambio di passo gestionale annunciato conl’affidamento all’Axa di Giampiero Corvaglia del MuseoCatromediano, della Biblioteca Bernardini, dell’ex Con-vitto Palmieri e di San Francesco della Scarpa e con levisioni seminate nei laboratori del Sac Terre di Lupiae,dove la progettazione partecipata riflette sulla valorizza-zione e la gestione integrata di beni ambientali e culturaliesistenti e fruibili - aree protette, beni monumentali e ar-cheologici, musei, teatri storici e biblioteche; nell’area lec-cese, con il capoluogo, Castrì, Cavallino, Lizzanello,Melendugno, Monteroni, Novoli, San Cesario, Squinzano,Vernole. In tutto, in Puglia - è la Regione, l’ente che pro-muove l’iniziativa - sono 18 i Sac, coinvolgono 187 co-muni e più di 1000 partner. Si immagina che la cultura eil paesaggio possano ritornare ad essere un fattorechiave delle politiche di sviluppo territoriale. Anche noi lo auspichiamo, anche Lecce 2019 lo auspicacon il suo re-inventare eutopia che è un manifesto politicopiù che un “cartellone di eventi culturali”. Una strategiaper immaginare e soprattutto praticare la “città ideale”,quella rinascimentale con al centro l’uomo, quella ogginecessaria per ri-trovare il senso di essere città d’arte edi cultura. Città responsabile, capace. Città di spazi dedicati alla creatività e al fare dove potercrescere bellezza e coscienza civica. Il Fondo Verri è invia Santa Maria dal 1993. Prima un Laboratorio, poi conil Piano Urban a fine anni Novanta, la dedica ad AntonioVerri per continuare la sua militanza di aggregatore cul-

turale. Un progetto riuscito che ha tenuto fede all’impegnopreso con l’Europa e con il suo ispiratore. Lo ritengo unmodello “esportabile” quello praticato: il modello del-l’ascolto, dell’accogliere, del tentare manovre di valoriz-zazione. Un modello al riparo dalla necessità politica deldover fare clientela (così è stato per molte delle strategiemesse in atto dagli Assessorati alla Cultura “padroni” deiluoghi e dei denari) e da quella economica del dovere far“cassetta” subito. Ogni processo creativo ha i suoi tempied uno spazio virtuoso dedicato alle pratiche di ricercacreativa deve poter essere incubatore, recinto di svezza-mento, luogo di studio, di approfondimento, cantiere delprimo confronto e poi trampolino, scena… Uno spazio dove ad allenarsi è anche la funzione critica,col suo guardare, col suo innestare esperienze, con loscrivere, il documentare i processi che rendono il pen-siero e il fare aderenti ai bisogni della vita… I bisogni delcreatore e quelli della comunità in cui ha scelto di ope-rare. L’esistenza di una cultura dipende interamente daciò che potremo chiamare l’incarnazione delle idee. Ecco, uno spazio culturale è un luogo in cui il pensiero eil desiderio creativo non vagano soli, abbandonati, il pen-siero e il fare si “incarnano”, sono accolti, accettati dive-nendo patrimonio comune – Cultura - segno condivisodell’identità di una città, della sua molteplicità e al tempostesso della sua unicità.

*Fondo Verri - Forum dei Sostenitori di Lecce 2019

Gianluca Costantini - Piccolo omaggio al Fondo Verri

Cos’è uno spazio culturaledi Mauro Marino

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"Nel giro di pochi giorni la civiltà è stata an-nientata. Nel giro di pochi giorni i capihanno fallito. Perché il loro ruolo, l’unicoche contasse veramente, era appuntoquello di evitare la catastrofe". Queste pa-role di Gabriel Chevallier, tratte da La

paura, un romanzo di guerra pubblicato nel 1930 inFrancia, non possono però valere per l’Italia, cheentrò nella fornace del primo conflitto mondiale dopo10 mesi, mentre Germania, Inghilterra, Austria, Rus-sia e Francia decisero per la guerra nel giro di unmese.L'evento contingente di Sarajevo, il rischio calcolato,il tempo au ralenti delle diplomazie assediate dagliavvenimenti, le strategie militari, le psicologie di capidi stato e ministri, la ricerca di occasioni esistenzialidi intellettuali e di settori della borghesia annoiatidalla Belle Époque, le mobilitazioni e le contro-mo-bilitazioni, tutto questo precipiterà nell’istante delladecisione per la guerra presa den Tag und dieStunde, per dirla con le prime parole che aprono leConsiderazioni di un impolitico di Thomas Mann.Una guerra di cui nessuno, o quasi, fu in grado diprevedere le immani conseguenze distruttive e iltrauma indelebile che avrebbe rappresentato perl’Europa.L’Italia, invece, entrò nella Grande Guerra dopoquasi un anno di discussioni laceranti e ne uscì vit-toriosa, nonostante il rovinoso sbandamento di Ca-poretto, ma sempre altrettanto divisa e lacerata. Conuna vittoria militare ottenuta a carissimo prezzo eche non produrrà coesione nazionale né senso dicondivisione pubblica. Anzi, proprio il mito della “vit-toria mutilata” e l’incapacità politica dell’élite liberaledi capitalizzare il 4 novembre del 1918 rendendolofattore di legittimazione portarono alla dissoluzionedel sistema parlamentare, all’avvento del fascismoe a una idea totalitaria di patria.Tutti questi fili tornano e vengono puntualmente ana-lizzati nel nuovo libro di Marco Mondini, La guerraitaliana. Partire, raccontare, tornare 1914-1918, (ilMulino) che sottolinea la peculiarità dell’interventodell’Italia come il "punto di arrivo di una tormentatatransizione" e momento di svolta fondamentale peril paese nel Novecento, rilevando allo stesso tempocome il fronte italiano sia stato, invece, sottovalutatodalla storiografia europea della guerra 1915-18. La recente The Cambridge History of First WorldWar si limita, in tre volumi e più di duemila pagine, adedicare un solo contributo al fronte italo-austriaco.Eppure basti solo pensare che 400 dei 650.000 mortiitaliani sono rimasti uccisi sull’Isonzo, un "monu-mento della carneficina europea" scriverà il tenenteaustriaco Fritz Weber in Tappe della disfatta. Mortedi massa e in serie a livelli che nulla hanno da invi-diare ai più sanguinosi teatri di guerra del fronte oc-cidentale come Ypres, Verdun, la Somme econtraddice il mito pittoresco e leggendario dellaguerra in montagna tra ghiacciai, paesaggi mozza-fiato e alpinisti sciatori. Di fronte ai massacri delCarso, l'enfasi sulla "guerra bianca" come variantedel conflitto storia-natura appare profondamenteoscena, ci ricorda Mondini.

I tre momenti dell’andare (l’attesa della guerra, la na-zione in armi e la struttura sociale dell’esercito, lapartenza), del raccontare (le memorie, la propa-ganda e la retorica, le case del soldato) e del ritorno(i reduci, i prigionieri di guerra, la memoria pubblicae monumentale) sono gli aspetti della guerra italianache Mondini, storico allievo di Piero del Negro, mettea fuoco in questo eccellente saggio. Alla base del la-voro un cospicuo apparato di letture che va dagli ar-chivi militari e di Stato ai quotidiani, dalle lettere allamemorialistica di guerra. Da segnalare il peso cheMondini attribuisce al ruolo dei tanti combattenti-scrittori che hanno dato forma allo specifico italianodel mito dell’esperienza di guerra. L’autore non si li-mita alla lettura di quelli che sono per noi i classicidella memoria di guerra come Lussu o Comisso, maprende in considerazione testi ormai dimenticati che

furono però, nel dopoguerra, autentici best sellercome Le scarpe al sole di Paolo Monelli e il bellis-simo Trincee di Carlo Salsa, usciti rispettivamentenel 1921 e nel 1924.Si può dire che ormai la storiografia militare, politicae diplomatica della Grande Guerra è stata affiancatada tempo dallo studio delle modalità di compren-sione e di elaborazione psicologica, culturale e so-ciale che gli europei ebbero della Prima guerramondiale. Mondini è in buona compagnia, basti pen-sare a storici come Isnenghi, J. Winter, E. Leed, J.-J. Becker, C. Clark e P. Fussell. "Ciò che ho scrittonon è una storia militare classica. Le battaglie e letecniche di ingaggio trovano poco spazio, anche sela conoscenza dei meccanismi della società militare,della cultura tecnica dei professionisti delle armi edelle condizioni di vita (e di morte) dei combattenti èun elemento fondamentale di questo lavoro. Il mioapproccio fa però i conti soprattutto con quella cheè stata definita la storia culturale della guerra e conla predilezione per l’analisi delle rappresentazioni edei discorsi, piuttosto che degli ordini di marcia e deicalibri delle artiglierie. Per questo ho intrecciato fontiche possono apparire a prima vista incongrue: do-cumenti d’archivio istituzionali e testi letterari, testi-monianze artistiche e statistiche ufficiali, pellicolecinematografiche e fumetti".Soffermiamoci, in conclusione, sull’andare. Singola-rità del caso italiano. L’entrata in guerra dell’Italia nonè a caldo, nessuna reazione immediata. Al contrario,

l’intervento - il primo esperimento collettivo della na-zione - sarà meditato e discusso per quasi un anno.Una singolarità, dunque, che vale la pena di studiarea fondo, perché la forbice tra interventisti (la mino-ranza) e neutralisti (la maggioranza) rivelerà dei tratticonflittuali della società italiana che la partecipazionealla guerra e il sacrificio di 650.000 morti non sa-ranno sufficienti a ricomporre, anzi.Sono molteplici i soggetti e le loro ragioni di avver-sione o di sostegno alla guerra: irredentisti, sindaca-listi rivoluzionari, nazionalisti, il governo e la corona,l'industria e i militari, Mussolini e il D’Annunzio diQuarto, la Chiesa, il silenzio e la rassegnazione dimilioni di contadini ancora estranei ai miti nazionali.Alla fine di un processo decisionale complesso e am-biguo, che culminerà nella forzatura del maggio1915, ecco la dichiarazione di guerra all’Austria. Gliitaliani, dopo essere stati spettatori del primo annodi guerra, ne diventano attori. Dalla guerra vista, so-gnata, temuta, dalla guerra rappresentata attraversogiornali e riviste (Mondini ricorda il ruolo del “Corrieredella sera” e delle copertine di Achille Beltrame), sipasserà alla guerra per davvero: "cominciava laguerra vera, quella di trincea, in cui il paese entravadiviso e sotto molto aspetti non preparato". Untrauma che avrebbe segnato come null'altro la storiafutura del paese.

http://www.unipd.it

Leggere la guerra

La copertina del libroedito da Il Mulino

di Sebastiano Leotta

Storia

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Una fotografia di Marie-Pierre Cravedi per il FAB 30 di Bitume

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Prende il via a Lecce, dal 12 al 27 set-tembre, la prima edizione di BITUMEPHOTOFEST, festival urbano di fo-tografia che, andando oltre i limitidella fruizione culturale canonica, siirradia in città, contaminandola e “in-

vadendone” gli spazi, pubblici e privati.Il nuovo format nasce, infatti, con l’ambizione di ren-dere la città di Lecce un contenitore culturale diffuso,in grado di coniugare storici approfondimenti identi-tari sulla città e sguardi contemporanei di respiro in-ternazionale, in un binomio culturale di tradizione einnovazione che stimoli la coscienza intellettualedella comunità e le permetta di riflettere sul contestocreativo europeo. La stessa genesi semantica di Bi-tume ha una doppia valenza. In primo luogo si rifàagli albori della fotografia (a quando Niépce, agli inizidell’800, scoprì che il bitume di Giudea risultavasensibile alla luce ed era in grado di ottenere un po-sitivo), ma anche alla strada, all'asfalto, all’esten-sione urbana del festival, proponendosi comeformat culturale aperto alla condivisione pubblicadella fotografia.Realizzato con il sostegno e la collaborazione diApulia Film Commission e il patrocinio del Comunedi Lecce e della Camera di Commercio, BITUMEPHOTOFEST è un progetto e un marchio dell’As-sociazione Culturale Positivo Diretto di Lecce, com-posta da giovani professionisti pugliesi impegnati suvari fronti della fotografia, dell’arte contemporaneae della creatività.

L’anteprima: SOLO ANDATA BITUME PHOTOFEST sarà presentato in ante-prima a Brindisi con l’inaugurazione di Sola Andatadi Daniele Coricciati, reportage fotografico dedi-cato ai paesaggi urbani e antropologici dell’Azerbai-jan. Il progetto, realizzato per conto dell’Ambasciataazera in Italia e della Royal Photographic Society,sarà disponibile al pubblico dal 2 al 15 settembrenegli spazi dell’Area Partenze dell’Aeroporto delSalento, in partnership con Aeroporti di Puglia e ilComune di Brindisi.

BITUME GRAND TOURA Lecce, le esposizioni e il calendario di appunta-menti del festival saranno inaugurati ufficialmente il12 settembre, con le attività culturali indoor pro-grammate presso il CINEPORTO, spazio culturaledi riferimento del festival e sede delle attività forma-tive e d’intrattenimento, e gli allestimenti outdoor di-slocati con il BITUME GRAND TOUR lungo iltessuto urbano della città storica, fruibile sino al 27settembre. L’inaugurazione si terrà venerdì 12 alle18.00 con una passeggiata pubblica, alla presenzadi artisti, autorità e curatori del festival (si parte dalcortile della Libreria Liberrima).Esposte sulle superfici murarie pubbliche, appesesui balconi di storici palazzi cittadini, protese dai ter-razzi di abitazioni private (Palazzo Turrisi, Palazzoex Convento dei Teatini, Palazzo Tamborino Cezzi,

Palazzo Vico della Cavallerizza, per citarne alcuni),le immagini fotografiche così realizzate garantirannoun effetto visivo di forte impatto e una fruizione cul-turale mai sperimentata finora nella città di Lecce.Per la sua prima edizione, BITUME PHOTOFESTospita alcuni dei maggiori protagonisti della fotogra-fia contemporanea: Giorgio Barrera, Andrea Botto,Michele Cera, Claudio Corrivetti, Paola De Grenet,Anna Di Prospero, Anastasia Rudenko, Sasha Ru-denski, Pio Tarantini, Lorena Guillén Vaschetti, Alle-gra Martin, Julia Borissova (quest’ultimi attivi anchecon workshops di approfondimento, nella sezioneIndoor del festival). Una menzione speciale merita la partecipazione aBITUME di Ren Hang (presente a Lecce per l’inau-gurazione del festival, per la passeggiata pubblicae per un talk a lui dedicato). Fotografo e poeta di ori-gine cinese, è nato nel 1986 a Changchun e attual-mente vive e lavora a Pechino. In Cina le mostre diRen Hang sono state censurate in più occasioni, isuoi lavori sequestrati o vandalizzati e lui stesso èstato arrestato per oscenità. La portata sovversivadella sua arte che si tramuta in presunta pericolositàsociale fa di questo artista e delle sue mise en scèneironiche ed erotiche, un simbolo culturale moderno,un faro per quel tipo di arte che parla attraverso illinguaggio della dissidenza. Le sue opere sonostate esposte in mostre personali a Parigi, Franco-forte, Pechino e Shanghai e in mostre collettive intutto il mondo.

BITUME FAB 30A 30 progetti fotografici realizzati da artisti emergentiunder 35 è invece dedicata la sezione BITUME FAB30 del festival (Emile Antic, Giulia Flavia Baczynski,Massimo Barberio, Anastasia Bogomolova, DanieleBrescia, Emanuele Brutti, Sofia Bucci, Alice Carac-ciolo, Claudia Corrent, Marie-Pierre Cravedi, IlariaDi Biagio, Emma Grosbois, Vika Hashimoto, IdumeStudio, Joseph La Mela, Orlando Lacarbonara, Pie-rangelo Laterza, Eduardo Marcarios, Veronica Mac-cari, Stefano Maniero, Luca Marianaccio,Francesca Occhi, Tatyana Palyga, Luca Quagliato,Anne-Sophie Stolz, Giacomo Streliotto, Lara Tabet,Vera Teodori, Shaun Tompkins, Alex Withey).Selezionati su call internazionale (120 candidatureda tutto il mondo), i 30 progetti scelti saranno espostiin altrettanti esercizi commerciali del centro cittadino(abbigliamento, accessori, mobili e arredi, artigia-nato, ristorazione, servizi dedicati alla cultura) e sa-ranno visitabili in orari diurni o serali, in accordo congli orari di apertura degli stessi (la mappa completadei percorsi espositivi, Grand Tour e FAB 30, verràpubblicata sul sito del bitumephotofest e resa dispo-nibile anche su mappe cartacee e via smartphoneattraverso un’App mobile facilmente scaricabile.

APPUNTAMENTI E WORKSHOPAl programma espositivo del Festival, si accompa-gna, come detto, una fitta rete di momenti culturalie formativi organizzati negli spazi del Cineporto di

Lecce, che costituiscono la sezione Indoor del festi-val. Attraverso il tema della prima edizione, StreetMemories (Memorie di Strada), il Festival si proponedi indagare la città come contenitore di racconti per-sonali e memorie collettive, di suscitare indagini an-tropologiche e culturali attraverso le tantesuggestioni fotografiche e il supporto di docenti eprofessionisti ospitati. All’interno del CINEPORTOsono pertanto previsti: workshop (seminari di appro-fondimento, gratuiti e a numero chiuso, con profes-sionisti legati al mondo della fotografia di famainternazionale, che tratteranno di nuove esperienzed’arte pubblica e best practices culturali e creative;presentazioni di libri fotografici e una specifica ras-segna dedicata all’editoria indipendente e autopro-dotta (BITUME PHOTOBOOK); e infine, momentidi intrattenimento culturale e artistico, tra cui perfor-mance di teatro danza, dj set di Populous (sabato13 settembre), Live set con Il Genio (sabato 20 set-tembre).Tra i workshop si segnalano: Historia, memoria y si-lencios, con Lorena Guillén Vaschetti, 15-16 settem-bre 2014; A constant accumulation of images, conJulia Borissova, 17-18 settembre 2014; Che cosaguardiamo?, con Allegra Martin, 22-23 settembre2014 (per partecipare ai workshop, è necessariocompilare il form online sul sito di bitumephotofest).Ogni momento di dialogo e formazione sarà condi-viso e supportato da professionisti del settore dicomprovata esperienza e la partecipazione di rino-mate istituzioni culturali a carattere nazionale, comeil Museo di Fotografia Contemporanea (MUFOCO)di Cinisello Balsamo, nel talk dedicato (il 26 alle 11),con la presentazione di progetti di arte pubblica,quali buone pratiche di fotografia contemporanea.

ALTRE TRE MOSTREIl CINEPORTO ospiterà inoltre 3 mostre fotografi-che ispirate al tema principale di BITUME PHOTO-FEST 2014, Street memories: un focus storicocostituito da fotografie degli anni 50 del salentinoSalvatore Starace, che testimoniano i mutamentisocio-antropologici e urbani di Lecce, materiale d’ar-chivio gentilmente concesso da Ilderosa Laudisa,storico dell’arte; Terre di Permanenza Tempora-nea di Ambra Biscuso, un progetto basato su foto-grafie amatoriali ritrovate negli anni ’90 sullascogliera di Otranto in seguito ad uno sbarco; I.R.A.Italian Rap Anthology di Andrea Laudisa, repor-tage fotografico sul rap italiano.

Maggiori informazioni su ospiti e attività di BITUME PHOTOFEST sono disponibili sul sito

www.bitumephotofest.org

su Facebook www.facebook.com/Bitumepf

Vimeowww.vimeo.com/bitumepf

Instagram www.instagram.com/bitumepf#

ArteBitume festival urbano di fotografia

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di Gianni Ferraris

Oliviero Beha,Un cuore in fugaEdizioni Piemme - Voci Il giusto

Letture

Avolte l’immaginario collettivo e lamitologia popolare giocanobrutti scherzi, a volte ti trovi acredere alla vulgata finchè nonarriva lo studioso, lo storico, ilgiornalista capace che ti aiuta a

comprendere meglio, a trovare un’altra verità eduna storia parallela.E’ stato un regalo quello di Oliviero Beha checon il suo libro “Un Cuore in fuga”, mi ha aiutatoa commuovermi per la vicenda di Gino Bartali.Da sempre nell’immaginario collettivo colui cheha duellato con Coppi. Da sempre vissuto come“quello dell’azione cattolica”, mentre il suo rivaleera ben visto da una certa sinistra per le suescelte di vita, per la scomunica che gli procuròla sua storia con la Dama Bianca.Uno detto il baciapile, l’altro considerato un ri-voluzionario, anche se, diciamolo, comunistaFausto Coppi non lo è stato mai, per inciso di-remo che Pajetta era fan sfegatato di Bartali, eche Togliatti, svegliandosi dopo l’attento chesubì, si informò su Gino al Tour.Eppure erano due campioni assoluti, il campio-nissimo Coppi, e Bartali, quello che divorava lesalite. Quello che, in ritardo su Bobet di oltre 20minuti al Tour de France, ricevette una telefo-nata da De Gasperi. Un tizio aveva sparato aTogliatti, le piazze erano in rivolta una vittoria diBartali avrebbe contribuito a rappacificare glianimi. Gino obbedì, divorò l’Isoard e il Tour diFrance. Anche se ai francesi ancora bruciava iltradimento dell’Italia dovettero inchinarsi a quelre. E De Gasperi aveva visto bene, le piazze si pla-carono anche grazie a Gino, a quel baciapile.Lo stesso Gino che si terrà dentro senza maifarne vanto le sue collaborazioni con i partigiani,il suo aver salvato almeno 800 ebrei portandoloro in bicicletta, nascosti nella canna o chissàdove, documenti falsi e fotografie da Firenze adAssisi. Mille Km ed altri mille. E ancora ci rac-conta Beha del primo Tour vinto nel ’38, quandoarrivò a Parigi e invece di salutare romana-mente come facevano gli atleti del calcio, si li-mitò ad il segno della Croce, un gesto che, oggisappiamo, era da vero antifascista.E ancora quando Mussolini dovette riceverlodopo il Tour e lui si presentò senza camicia nera(come invece fecero i calciatori) e senza ga-gliardetti, solo uno appuntato all’occhiello,quello dell’Azione Cattolica. Un cuore in fuga rende finalmente onore a tuttotondo a questa figura epica dello sport.Gino Bartalifesteggiato dopo la conquista finaledella maglia giallaal Tour de France, il 25 luglio 1948 A sinistra la copertina del libro

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in Agenda

Avrà luogo al Castello Carlo V° diLecce dal 26 settembre al 15ottobre la mostra storico-docu-mentaria, itinerante,dal titolo Ledonne tra analfabetismo edemancipazione - Dalle carte

di Tommaso Fiore a cura di Rosa Maria Ca-pozzi, promossa dal Comitato Unico di Ga-ranzia del CNR per celebrare i novanta annidella fondazione del Consiglio Nazionale delleRicerche. La Mostra comprende documenti storico - bi-bliografici tratti dall’intenso carteggio tenutodal famoso umanista pugliese con esponentiimportanti della cultura del suo tempo, in par-ticolare con donne di grande personalità ed impegnate nel sociale.I documenti sono stati messi a disposizionedalla Biblioteca Nazionale “Sagarriga ViscontiVolpi” di Bari, dal Fondo Tommaso Fiore(1884-1973) di Bari e dall’Archivio StoricoN.D.

La tappa leccese della mostra gode del sup-porto dell’Associazione Muse del Salento

Dare al nostro territorio l’opportunità di un “festival delgiornalismo”. Questa l’idea alla base delle Giornatedel Giornalismo in programma dall’8 al 12 ottobre2014 a Trepuzzi, organizzate dall’Associazione Cultu-rale Fermenti Intraprendenti, in collaborazione con ilComune di Trepuzzi, il Gal Valle della Cupa, il patroci-

nio della Regione Puglia e il supporto dell’Associazione Amici di Mau-rizio. La tre giorni di confronto e formazione si articolerà in occasioniseminariali, convegni e workshop di rifl essione condivisa sulle nuovesfide che attedono la professione giornalistica.L'evento intende anche condividere e diffondere le buonepratiche di imprenditoria culturale, con l'esperienza delle aziende cheoperando nel settore del giornalismo e della comunicazione hannocreato posti di lavoro, dando un impulso consistente all'economia lo-cale. Le giornate dal 9 all'11 ottobre rientrano nell'iniziativa Laboratoridal Basso, organizzata dall' Arti-Regione Puglia.

Ai giornalisti presenti verranno rilasciati i crediti formativi previsti dallanuova normativa nazionale che introduce l'obbligo della formazione. A tutti i partecipanti verrà rilasciato un attestato di frequenza. Particolarmente interessante la giornata di venerdì 10ottobre, nel corso della quale alcuni giornalisti racconteranno laprofessione agli studenti delle scuole elementari e medie. E’ in fase diorganizzazione un seminario formativo sulle “ripercussionilegali” della professione, un incontro utile per gli avvocati e i giuristiche hanno a che fare con il giornalismo e l’etica professionale.Ecco alcuni dei temi della tre giorni: L'imprenditoria culturale: quandogiornalismo e comunicazione creano posti di lavoro; Il giornalismo 2.0:social media e social media marketing; Il mercato del giornalismo:come fare carriera; Il giornalismo e l’innovazione sociale: open data,citizen journalism, partecipazione dei cittadini alle decisioni pubbliche;Il giornalismo 3.0: una professione oltre gli steccati burocratici.

Contatti: [email protected]

Le giornate del giornalismoa Trepuzzi dall’8 al 12 ottobre

La copertina del bel catalogoche accompagna la mostra

Una mostraper i 90 anni

del CNRa Leccedal 26 settembreal 18 ottobre

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Al via la quarta edizione di SoundMakers Festival, progettodi ricerca creativa e cultura accessibile che si svolgerà sinoa domenica 7 settembre tra Lecce e Copertino con un car-tellone ricco di appuntamenti sul tema della Pace. Il primoappuntamento domani, Lunedì 1 settembre, alle 17.00 -ingresso gratuito, presso l'Ex Convento dei Teatini a

Lecce con la testimonianza di Laura Hassler, fondatrice e direttrice di Mu-sicians without Borders (Musicisti senza frontiere), tra le principali organiz-zazioni di riferimento nell’ambito della cooperazione internazionale.

***Laura Hassler porterà la sua testimonianza sul tema Al di là del multi-culturalismo. L’Arte come strumento innovativo per la cooperazioneinternazionale, ospitata da SoundMakers e organizzata da Arci Lecce incollaborazione con IProject Lab, Magna Grecia Mare, Terra del Fuoco Me-diterranea, 3giritditè, ZIG, ZEI, Istituto di Culture Mediterranee della Provin-cia di Lecce e Lecce2019, e realizzata con il contributo dell'iniziativaLaboratori dal Basso, azione della Regione Puglia cofinanziata dalla UE at-traverso il PO FSE 2007–2013. L'incontro (aperto a tutti) è rivolto soprattuttoa operatori sociali, specialisti in cooperazione internazionale, specialisti inrisoluzione dei conflitti, associazioni di volontariato e di promozione sociale,musicisti e artisti impegnati nel sociale.Fin dal 1999 Laura Hassler esplora l’utilizzo della musica nella costruzionedella pace insieme alle persone che in tutto il mondo subiscono le conse-guenze della guerra e dei conflitti armati. Figlia del famoso pacifista AlfredHassler e cresciuta in una comunità multiculturale e artistica di New York,terrà una lezione pubblica sulla cooperazione internazionale attraverso ilracconto della storia e dei progetti svolti da Musicians without Borders, unarete internazionale che utilizza il potere della musica per la cura e la ricon-ciliazione in aree lacerate dalla guerra e dal conflitto. I progetti sviluppati ri-spondono alle necessità delle singole comunità e vengono realizzati incollaborazione con musicisti ed associazioni locali coadiuvati dai professio-nisti e gli educatori specializzati nel condurre progetti musicali di comunitàin luoghi costretti a misurarsi con la paura, il trauma e l’isolamento generatidalle guerre e dai conflitti. Il pilastro su cui si fonda il lavoro di Musicians wi-thout Borders è la convinzione che la forza della musica può curare, ricon-ciliare e aiutare a costruire una consapevolezza umana globale, che lamusica commuove e tocca le persone nel cuore e nell’anima e che, se èvero che il “dialogo interculturale” si affida al linguaggio per affrontare le dif-ferenze, la musica può però superare le barriere della lingua e della culturae parlare alle emozioni, la più potente delle motivazioni umane, facendoappello a ciò che è condiviso.Laura Hassler è attiva fin dalla tenera età in movimenti per la pace e diritticivili negli Stati Uniti, ha studiato antropologia culturale e musica al Swar-thmore College. Durante gli anni ‘70 ha lavorato per Friends (Quaker)Peace Committee; per il Committee of Responsibility on Vietnam a Phila-delphia; per Thich Nhat Hanh della Delegazione per la Pace VietnamitaBuddista a Parigi e per la Fellowship of Reconciliation a New York. Trasfe-ritasi in Olanda nel 1977, ha intrapreso una carriera come musicista, colle-gando la musica a cause sociali. Si è specializzata in diversità culturalenelle arti, ha fondato una World Music School e ha lavorato come consu-lente di diversità per istituzioni artistiche. Nel 1999 ha avviato l’organizza-zione della rete globale Musicians without Borders di cui è attualmente ladirettrice, oltre che fondatrice.

***Musica, cinema, fotografia, teatro, incontri e workshop: come ogni annoSoundMakers metterà in relazione le diverse arti come strumento con cuileggere il presente e come patrimonio di tutti. Ognuno dovrebbe poter sce-gliere liberamente di partecipare a un concerto o assistere a uno spettacoloteatrale o visitare una mostra indipendentemente dalla propria disabilità oesigenza specifica. Per questa ragione le opere e gli eventi ospitati dal fe-stival forniscono soluzioni tecniche specifiche come sottotitoli, Lingua deiSegni italiana, audiointroduzioni, videotraduzione, danza-LIS.Il contributo di SoundMakers ad ampliare i confini della fruibilità dell’arte èun processo che si conclude nella settimana del festival ma che inizia mesiprima fin dalla progettazione iniziale, procede con la selezione delle opere

e degli eventi ospitati, la realizzazione di soluzioni tecniche specifiche e lapresentazione pubblica di opere divenute accessibili.

Il ricco programma, sul tema della pace, proseguirà martedì 2 settembrealle 21.00 – ingresso gratuito, al Cineporto di Lecce (presso le ManifattureKnos) con la proiezione in prima nazionale della versione accessibile delfilm In grazia di Dio di Edoardo Winspeare. Grazie alla collaborazionecon Apulia Film Commission, Lecce 2019 e Saietta Film è prevista la pro-iezione con sottotitoli specifici per sordi, servizio di interpetariato LIS.

Mercoledì 3 settembre alle 21.00 – ingresso gratuito, nel centro storicodel capoluogo salentino andrà in scena una performance speciale delloscrittore e performer Massimiliano Manieri.

Giovedì 4 settembre (alle 21.00 – ingresso gratuito) nel chiostro dell’Ac-cademia di Belle Arti di Lecce l’attore Giuseppe Semeraro (Principio AttivoTeatro) metterà in scena Digiunando davanti al mare, in prima nazionalein versione LIS, con audio introduzione. Lo spettacolo, ispirato alla figura diDanilo Dolci, è di Francesco Niccolini con la collaborazione alla regia di Fa-brizio Saccomanno.

Venerdì 5 settembre alle 9.00 – ingresso gratuito, il Must di Lecce ospi-terà, invece, il secondo workshop nazionale sulla cultura accessibile sultema Accessible filmmaking, ovvero nuove pratiche dell’accessibilitàaudiovisiva.

Sabato 6 settembre alle 20.30 – ingresso gratuito, in Piazza Sant’Oronzo,nel cuore della città barocca, concerto finale del laboratorio tenuto dallacantante della Repubblica Ceca Ida Kelarova con un coro di persone cherappresentano la società civile. Durante la serata avverrà anche l’incontroinedito tra la cantante, i musicisti Desiderius Dužda, Oto Bunda e la GiovaneOrchestra del Salento. Il concerto sarà ospitato all'interno delle attività diLecce2019 e Salento 2019.

Il festival si chiuderà domenica 7 settembre alle 21.30 – ingresso gratuito,nella Chiesa di Santa Maria di Casole a Copertino, per mantenere saldoil legame con il comune nel quale il festival è nato, con il concerto-incontroin prima nazionale dei fisarmonicisti Giorgio Albanese e Rocco Nigro conservizio di interpretariato in Lingua dei Segni Italiana e l’utilizzo dei pallon-cini. Tenendoli tra le mani o tra le gambe, i non udenti potranno sentire epercepire i suoni tramite le vibrazioni prodotte dalla musica.

***SoundMakers 2014 è ideato e organizzato da Arci Lecce, Poiesis, Calliope– Comunicare Cultura, CoolClub in collaborazione e a sostegno di Lecce aCapitale Europea della Cultura 2019, è promosso in collaborazione conITU, Agenzia delle Nazioni Unite specializzata in tecnologie dell'informa-zione, e con il progetto HBB4ALL della Commissione Europea e si realizzacon la collaborazione di Regione Puglia, Comune di Lecce, Comune di Co-pertino, Apulia Film Commission, Arci Rubik, Master in Accessibility toMedia, Arts and Culture, Laboratori Musicali, Banca di Credito Cooperativodi Leverano, I Sotterranei, Associazione Volontari Fra’ Silvestro da Coper-tino, L’Auramente, Saietta Film, Istituto per Ciechi Anna Antonacci, Istitutodi Culture Mediterranee della Provincia di Lecce, Must – Museo StoricoCittà di Lecce, Fondo Verri. Poiesis dedica i propri sforzi alla promozionedei diritti di accesso all’arte da parte di tutti e ha fatto parte del gruppo di la-voro nazionale che ha portato alla stesura del “Manifesto Nazionale dellaCultura Accessibile”.

***SoundMakers - cha fa parte della rete di festival “Social Sounds” promossada Puglia Sounds - Po Fesr Puglia 2007/2013 Asse IV - nelle edizioni pre-cedenti ha portato nel Salento e collaborato, tra gli altri, con GianmariaTesta, Moni Ovadia, Antonio Prete, Nanni Angeli, Nada, Fausto Mesolella,Tenores de Orosei, Mirko Signorile, Claudia Ignoto, Evgen Bavchar, RediHasa, Capitolo Italiano della Royal Photographic Society.

www.soundmakersfestival.it

copertina Festival

SoundMakersDedicata alla Pace l’edizione 2014Appuntamenti a Lecce e Copertino