Spagine della domenica 23

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s p a g i n e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri U n o m a g g i o a l l a s c r i t t u r a i n f i n i t a d i F . S . D ò d a r o e A . V e r r i d e l l a d o m e n i c a 2 3 - 6 a p r i l e 2 0 1 4 - a n n o 2 n . 0

description

Ecco Spagine della domenica, con in copertina un omaggio a Cinzia Ruggeri. Buona lettura...

Transcript of Spagine della domenica 23

Page 1: Spagine della domenica 23

sp aginePeriodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un om

ag gioalla scritt ura infinitadi F.S. D

òdaro e A.Verri

della domenica 23 - 6 aprile 2014 - anno2 n. 0

Page 2: Spagine della domenica 23

Dopo il primointervento

di Ilaria Seclipubblicato

domenica scorsaSpagine

e il Magazzino dipoesia

continuaad “interrogare”

i poeti sulla città

e sul cambiamento

Poesia - La città e il cambiamento - Per Lecce 2019

Lecce, 6 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 23

Quando Lecce

Salotto buono.Centro storico.Barocco. Movi-da. Rondò. Me-tropolitana disuperficie. Tan-

genziali. Parchi. Cultura. Abusi-vismo. Degrado. Rovina. Perife-ria. Ogni città inizia dalla sua pe-riferia. Ogni città dovrebbe ser-bare massima cura della sua pe-riferia.

***Ogni città dovrebbe amare la

sua periferia. Ergo, le parole so-praordinate dovrebbero esserelette al contrario. E non per unmero dichiarato senso d’impor-tanza, ma per ragioni di sostan-ziale vivibilità e bellezza del tut-to. E il tutto è l’intero territoriod’ogni città. Non soltanto, quin-di, il centro urbano, ma tuttal’estensione territoriale della cit-tà, con le strade e i vicoli, le fra-zioni e le località, le campagne ele montagne, le marine, i corsid’acqua e tutto quel che di visibi-le e d’invisibile (il territorio)contiene. Il sottosuolo e il cielo.Tutto. Tutto quel che appare. Etutto quel ch’è nascosto.

La terra, con tutto quel ch’èsotto e tutto quel che sopra sta.Passato e presente. Storia e spe-ranza. Radici e cielo. Cielo. So-gno. Futuro.

Lecce, sempre più spesso, è ri-dotta a uno slogan turistico. Chenon ripeterò. Ché le parole han-no significato in quanto espri-mono e/o rimandano a un sen-so. E gli slogan finiscono persvuotare di senso le parole. Quelch’è noto all’occhio sono soprat-

tutto le prime sette parole (del-l’incipit di questa mia scrittura,che non è nient’altro che un attod’amore).

Già un po’ meno ciò che signi-ficano quelle parole. Eppurevengono usate e abusate. Uso eabuso. Parole vuote. La primasnaturata, sradicata e divenutadesinenza della seconda. La pra-tica dell’abuso ha svilito il buonuso dell’esistenza: una buonaesistenza è quella (…) capace diarmonizzare Spazio e Tempo.Così una buona città: è tale quel-la dove lo Spazio e il Tempo s’ac-cordano in piena euritmia.

A Lecce lo Spazio è spezzato,reciso, violentato: le stratifica-zioni della Storia sono state sa-crificate dalla sovrapposizionedi banconote a banconote. Pic-cole storie di piccolo becero po-tere.

Il Tempo è diventato uno sco-nosciuto, senza più memoria,sconfitto dall’oblìo e dalle rovinedei mega centri commerciali…Le restanti parole (dell’incipit)sono profferite spesso da inettipoliticanti che – parlandone –pensano a altro, vogliono altro.Parole che diventano strumen-to, mezzo, mai fine, mai conte-nuto, mai bellezza. Oppure le sirinvengono nelle (ormai) tantedenunce per quel che potrebbeessere e non è. Comunque, quasimai destinatarie d’amore. Amo-re. L’unico ingrediente capace diaggregare le energie per giunge-re alla vera bellezza. Ecco: do-vremmo finirla di pronunciarele parole e iniziare a prendercicura davvero di quel che signifi-cano e rappresentano. E agire.Essere attenti alla città nel suocomplesso. Eliminando dal vo-cabolario e dalle azioni parole efatti quali spreco, speculazione,interesse personale, uso, abuso,oblìo.

Ogni città inizia dalla sua pe-riferia.

Ogni città dovrebbe serbaremassima cura della sua perife-ria.

Ogni città dovrebbe amare lasua periferia. Qui vedo periferiedevastate. Per l’assenza di cultu-ra. Qui vedo periferie riqualifi-

era periferia di Rudiaedi Vito Antonio Conte

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...“La città, sempre più spesso, è ridotta a uno slogan turistico.Che non ripeterò. Ché le parole hanno significatoesprimono e/o rimandano a un senso. E gli slogan finiscono per svuotare di senso le parole”...

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cate. In nome della cultura. Cul-tura: altro ingrediente per cir-condarsi di bellezza. Credo che,oggi e ovunque, la cultura siauna possibilità! E non tutto e ilcontrario di tutto. Cultura è col-tivare la propria identità guar-dandosi intorno, tenendo contodelle diversità, scambiandosi sa-peri.

È la possibilità di contamina-re la personale visione del mon-do per costruire un mondo nuo-vo, sì che ogni identità rimangariconoscibile nel puzzle identita-rio planetario nel rispettod’ogn’altra realtà.

Questo chiamo armonia.Questo chiamo bellezza.Questo chiamo futuro.Non l’occasione d’un flusso di

danaro per qualche toppa qua elà e per il vestito nuovo (con ac-cessori… griffati) di pochi. Lamia casa è a due passi da Ru-diae. Rudiae è morta. Rudiae èsepolta. Rudiae è periferia diLecce.

Il suo Spazio è sotto i rifiuti.Il suo Tempo è fermo. Rudiae è ancora una parola

vuota. Qualcosa si muove. Qual-cuno si è speso e continua aspendersi perché luce, nuova lu-ce la tocchi. Per intanto ci sono €755.000,00 per il Completa-mento dei lavori di scavo ar-cheologico, valorizzazione efruizione di “fondo anfiteatro” –Parco Rudiae 1° Stralcio, ma ilresto di € 1.560.350,00, giàstanziati, che fine ha fatto? Per-so nella burocrazia di altre inuti-li e vuote parole? È soltanto unaquestione semantica? E peròpare che, a Rudiae, qualcosa siastata completata: sembrerebbeultimato il Polo Didattico del-l’Archeologia per gli studentidelle scuole medie. Peccato chela struttura faccia a pugni conl’ambiente in cui è allocata e congli occhi di chi la guarda.

Peccato che mostri già segnidi degrado. Peccato che gli unicivisitatori sembra siano i piccionie altri… uccelli. Peccato che siacostato € 372.500,00, per quelch’è dato sapere, ossia un’enor-mità…

E poi ho ascoltato i diretti in-

teressati al recupero dell’anticaRudiae dire che la somma stan-ziata è una goccia rispetto ai la-vori necessari per riportare allaluce la bellezza di Rudiae, delsuo anfiteatro, delle sue mura…Sì, indubbiamente c’è un granlavoro da fare, ma continuo apassare dalla vecchia via dei ca-vamonti (l’antica Lecce-Coper-tino, ch’è – sembra – soltantoun tratto della più lunga via checollegava l’Adriatico allo Jonio)e tutto è fermo!

Nulla cambia! Tranne i rifiuti. Di tutti i tipi.

Soprattutto pneumatici esaustie eternit. Che lievitano! E perquesto c’è da prendersela solocon se stessi. Con la mancanzadi senso civico. E con qualchemaledetto gommista… ma, sonoanni ormai che si sente semprela stessa solfa, c’è la crisi e smal-tire costa. Qualcosa sta cam-biando. Piccole cose. La riquali-ficazione del quartiere Leuca-Ferrovia… Le cave di Marco Vi-to… Qualche punto verde… E al-tro che – nell’insieme – fannouna grande cosa. Si potrebbeopinare sulla qualità dei singoliinterventi…

Ma perché Lecce possa cam-biare davvero e in meglio è ne-cessaria la partecipazione di tut-ti i cittadini, di tutti noi cheamiamo questa città, è necessa-rio farsi sentire, essere proposi-tivi, e – pure e soprattutto è ne-cessario - che chi governa Leccevoglia e sappia ascoltare la no-stra voce.

Ché si cambia realmente sol-tanto se si cambia insieme. Ru-diae è una possibilità. Una pos-sibilità grandiosa. Una possibili-tà di bellezza. Un’occasione chepuò diventare motore per il la-voro e l’economia. Ne ho giàscritto in passato. Non voglioammorbare alcuno. Ogni cittàinizia dalla sua periferia. Ognicittà dovrebbe serbare massimacura della sua periferia. Ogni cit-tà dovrebbe amare la sua perife-ria. Senza scordare che una vol-ta Lecce era periferia di Rudiae.

Il precedente articolo per “La città e il cambiamento” è su:

http://issuu.com/mmmotus/docs/spagine_della_domenica_22?e=9256684/7289937pagina 4 Spagine della domenica del 30 marzo 2014, Poesia - La città e il cambiamento di Ilaria Seclì

Periferia di Lecce

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Lecce, 6 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 23

Cinema

sione emotiva è necessariomantenersi un minimo al passocon i tempi. Insomma, spessoin questo film si slitta tra losguardo naif e la cartolina, tral'ingenuità e il modello stereoti-pato. Sappiamo che Ozpetek èsincero (e questo è tanto), ma ilmondo fuori, molto più brutto ecattivo dei tempi di Le fateignoranti, non lo mette al ripa-ro e forse c'è bisogno di unoscatto in più, di uno sguardopiù complesso, di un contrad-dittorio meno edulcorato.

Nota di rilievo è il cameo delSindaco di Lecce, Paolo Perro-ne, che fra il ballo e le appari-zioni sullo schermo, mostra vo-glia di esserci.

***Molto salentino è In grazia

di Dio di Winspeare. Se è veroche è una storia molto italiana,altrettanto vero è che il film nonavrebbe potuto essere giratoche in Salento, l’impatto forte èil dialetto, i non attori, interpre-ti presi dalla vita quotidiana. Ilcast: Celeste Casciaro, Laura

Licchetta, Anna Boccadamo,Barbara De Matties, GustavoCaputo, Angelico Ferrarese,Amerigo Russo, Antonio Car-luccio; nomi non noti, fra lorotroviamo persone che nella vitaquotidiana fanno l’avvocato, labarista, il pescatore, il contadi-no. "Attori" presi dalla vita rea-le, interpreti magistrali nei lororuoli. E’ una storia credibile intempi di crisi economica e mo-stra la capacità, tutta femmini-le, di rinascere utilizzando leconoscenze, queste si, assoluta-mente tipiche di questa terra.

Il fallimento della fabbrichet-ta costringe il socio fratello del-la protagonista ad andare a cer-care lavoro in Svizzera, qui ri-mangono le donne che vanno avivere in una masseria da rias-settare. Così l’universo si rin-chiude fra madre, figlie e nipoti,con l'aiuto/complicità di un so-lo uomo perchè "un uomo civuole per lavorare i campi", chesarà in realtà un altro tema af-frontato con delicatissima ca-pacità dal regista, l'amore nella

In 24 ore ho vi-sto due film gi-rati in Salento.Il primo avevaLecce comesfondo e palco-

scenico, ma avrebbe potutotranquillamente essere raccon-tato ad Aosta o a Cuneo, noncambiava molto, Allacciate lecinture di Ferzan Ozpetek.

L’altro molto salentino nel-l'ambientazione, nel dialetto(sottotitolato), nelle storie, enel pathos: In Grazia di Diodi Edoardo Winspeare. Un dia-letto che trova la forza di parla-re al mondo intero, e che tutta-via non poteva che essere giratoe vissuto nella terra d’Otranto.

***Un film, il primo, con una

storia di fondo: il cancro checolpisce la protagonista e lamutazione dei rapporti familia-ri, sociali, affettivi. Non manca-no i richiami all'omosessualità,anche questi cari al regista. Unfilm che, nonostante il temaforte trattato, ha un odore, co-me dice il mio amico Renato, difotoromanzo, sa di plastica.Lontano dalle opere che miavevano fatto conoscere ed ap-prezzare il regista turco, Le fateignoranti e La finestra di fron-te, in cui i temi erano, anche quicome un filo rosso che unisce ilavori del regista, il racconto eral’omosessualità nei risvolti deirapporti sociali, familiari, dellascoperta di un mondo, o nellarepressione del ventennio fa-scista, erano narrati con impe-gno, forza, determinazione.

Allacciate le cinture sembrainvece un raccontino che scadefacilmente nel melodramma,pur riconoscendo al regista latenacia nel voler dire storie pe-santi, questa volta, a me comespettatore, non è piaciuto. Nep-pure Lecce rende più alta l'ope-ra, ne è sottofondo sfocato, ca-pace solo di essere prepotente epotente con le sue luci ed om-bre, quella luminosità naturaleche avvolge ed ammanta tutto.

Sul film la critica e il pubblicosi sono spaccati, mi trovo d’ac-cordo con Mario Zonta su My-movies.it: "E così quel tocconaif, che ha sempre caratteriz-zato le sue pellicole, rischia didiventare a tratti insopportabi-le quando si immerge nel melòcome avviene senza remore inquesto Allacciate le cinture».

Ora, si può essere empaticiverso una storia d'amore chesfonda nel melodramma, quitra l'altro ospedaliero, e certosentirsi trasportati dall'abbrac-cio fatale di questa "storia e de-stino", ma nel modulare la ten-

Due filmdi Gianni Ferraris

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terza età. Un film dove convi-vono risate e commozione, con-sapevolezza del presente e crisieconomica, uomini di malaffa-re, equitalia e finanziarie im-probabili nella parte degli squa-li, amore, rassegnazione. C’è ladifesa del territorio da “quellidel nord che comprano ed han-no molti soldi”, dove il denaropuò tutto, meglio, tutto dovreb-be potere con la complicità diintermediari senza scrupoli. Ec’è un richiamo ad un’econo-mia antica, che purtroppo (oper fortuna) può diventare at-tualissima nel periodo terrifi-cante che stiamo vivendo: il ba-ratto.

In tutto questo il Salento gio-ca una parte decisiva e non re-plicabile in nessun altro luogo.Mentre nel film di Ozpetek Lec-ce è solo un palcoscenico cometanti, nel film In grazia di Dionulla potrebbe essere replicatoaltrove nello stesso modo. Quitutto è Salento: il paese, il bar,anche il campo nella cava e lamasseria. La compenetrazionefra il regista, gli attori, il territo-rio e le situazioni sono totali.Soprattutto dove la prorom-pente forza delle donne è prota-gonista assoluta e incontrasta-ta.

Come dice il regista in un’in-tervista: "...In grazia di Dio di-rei che non è la risposta alla cri-si, è piuttosto una risposta allacrisi. È la storia di quattro don-ne che approfittano della crisi,delle sue durezze, delle sue dif-ficoltà per reinventarsi, per af-frontare la vita con un piglio di-verso e nuovo. Quello che vo-glio raccontare attraverso il miofilm è l’importanza di reagire aduna condizione e ad una situa-zione insostenibile. A forza direagire, alla fine ci si troverà ve-ramente 'in grazia di Dio’...''.

Un film da non perdere asso-lutamente insomma. Grazie ve-ramente a Winspeare che mi hariconciliato con il cinema solodopo poche ore. Un film che miha ricordato in alcuni aspettiSperiamo che sia femmina gi-rato da Monicelli nel 1986. Chetuttavia ha un valore aggiuntoincredibile dell’attualità piùstringente. Stupenda anche lafotografia che rende ancora piùbella la luce naturale di questiluoghi.

Un solo appunto, mettereisottotitoli non bianchi, spessosi perdono sullo sfondo chiaro ediventano poco leggibili.

“salentini”

“Allacciate le cinture” di Ozpetek e “In grazia di Dio” di Winspeare

Una scena di “In grazia di Dio”

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Sarà il Bif&st,B a r iInternationalFilm Festivalad accogliere laprima proie-

zione ufficiale di Buongiorno

Taranto in concorso nella se-zione documentari domenica6 aprile alle ore 19, alla pre-senza del regista, e in replica illunedì 7 aprile alle ore 22.30presso il MulticinemaGalleria di Corso Italia aBari. Il film di Paolo Pisanelli,prodotto dalla cooperativa BigSur, associazione OfficinaVisioni, con il sostegno diApulia Film Commission, èstato realizzato anche grazie auna campagna di crowdfun-ding su Produzioni dal Basso,dove è possibile sostenere ilprogetto sino a lunedì 14 aprile.

Buongiorno Taranto di Paolo Pisanellial Bif&st domenica 6 e lunedì 7 aprile 2014

al Multicinema Galleria di Bari per il Bif&st

Una fotografia di Paolo Pisanelli da Taranto

Lecce, 6 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 23

...e unopagina n° 5

“tarantino”

Realizzato insieme agli abi-tanti della città più avvelenatad’Europa e a numerose associa-zioni culturali e ambientaliste,il film documentario fa parte diun progetto di narrazioni so-ciali innovativo, forse il primorealizzato in Italia a partire daun videoblog, sostenuto anchedalla partecipazione diMichele Riondino, attore ecantante, figlio di un operaiodell’impianto siderurgico ta-rantino e tra i promotori delgrande concerto del Primo

Maggio che anche quest’annosi svolgerà nel ParcoArcheologico delle MuraGreche, uno spazio recuperatodall’abbandono grazie all’operadel Comitato cittadini e lavora-tori liberi e pensanti.

Buongiorno Taranto rac-conta tensioni e passioni di unacittà immersa in una nuvola di

smog, una città intossicata adun livello insostenibile. Aria,terra e acqua sono avvelenatidall’inquinamento industriale,all’ombra del più grande stabi-limento siderurgico d’Europa,costruito in mezzo alle case einaugurato quasi cinquant’annifa. Le rabbie e i sogni degli abi-tanti sono raccontati dalla cro-naca di una radio web nomadee coinvolgente, un cine-occhiodigitale che scandisce il ritmodel film e insegue gli eventi cheaccadono ai confini della realtà,tra rumori alienanti, odori irre-spirabili e improvvise rivela-zioni delle bellezze delterritorio.

Scrive Paolo Pisanelli nellenote di regia: “Raccontare lestorie di questa città bellissimae disperata è una sfida che nonriguarda solo il mio percorso ci-nematografico, ma il tentativo

di attivare una comunicazionepiù profonda attraverso un vi-deoblog e una radioweb chesono luoghi di narrazione e diconfronto sociale aperti allacittà come spazi da abitare. Quisiamo costretti a metterci inscena perché quella di Tarantoè una storia che riguarda tutti: èlo specchio del degrado diun’Italia in crisi esistenziale chedopo aver puntato sul processodi industrializzazione di unMezzogiorno prevalentementerurale, ora si trova incagliatanei conflitti aperti tra industriae ambiente, tra identità e alie-nazione, tra salute e lavoro.Taranto oggi è chiamata a sce-gliere quale strada seguire, su-perando quel “Ce m n futt ame!” (che me ne importa ame?) che ha accompagnato ilprocesso di degrado della cittàe dell'Italia tutta. Per contri-buire alla rinascita di questoterritorio ai confini della realtàè necessario conoscere la suastoria e considerarsi tutti taran-tini.Buongiorno Taranto è un sa-luto a una città che si risvegliadal torpore di un'allucinazionecollettiva in cui è caduta nellaricerca di un benessere illuso-rio. È un sole che si fa spazio trale nuvole di fumo per esorciz-zare la paura e sfidare l'immo-bilismo, l'indifferenza e larassegnazione. Buongiorno Taranto è un pro-getto per costruire una narra-zione fatta di immagini, suoni eparole della città dei due mari,un viaggio sur-reale ritmato daesplosioni di bellezza som-mersa e ipnotici tramonti sullungomare”.

http://www.bifest.it/http://www.buongiornotaranto.it

spagine

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Lecce, 6 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 23

Contemporanea

di Gigi Montonato

Oggi, a distanzadi poco più diun anno dal-l’elezione al so-glio pontificio sipuò tentare di

vedere Papa Francesco oltrequello che appare. Finora i me-dia ci hanno mostrato: SantaMarta, Piazza San Pietro, giri inpapamobile, baci e abbracci dibambini, invalidi, vecchiette,borse portate personalmente amano, uso di utilitarie, immagi-ni in varietà di posizioni – l’ulti-ma inginocchiato di spalle alconfessionale – politici convo-cati a messa, conti pagati di ta-sca propria e tutto quell’insiemedi ostentazioni che hanno creatoin pochi mesi il mito del Papa in-novatore.

La prima impressione è chePapa Francesco abbia sempreuna gran voglia di apparire e dipiacere (verbo). Vanità che è ru-bricabile come peccato di lussu-ria. Il buon Papa Ratzinger hadetto che il Signore ha volutoquesto e che lui per questo erainadeguato e dunque ha fatto “ilgran rifiuto”. Possibile che il Si-gnore volesse un Papa lussurio-so? Bah!

C’è poi un altro genere diostentazione, che è quello delleaffermazioni clamorose, delconsenso subito. «Chi sono ioper giudicare?»; «L’essere uma-no è per la chiesa come un mala-to per l’ospedale: che fai ad unricoverato, gli chiedi la sua fedeo non intervieni subito a curarlo,a guarirlo?»; «Dicono che sonocomunista perché sto coi poveri,ma i poveri sono il cuore delvangelo». Frasi che non posso-no passare inosservate.

Così anche coloro che non so-no in regola coi sacramenti tro-vano spalancate le porte del Si-gnore. Di fronte a simili prese diposizione, come prima cosa, sideve onestamente riconoscereche è in atto non direi una rifor-ma ma una revisione dottrinale,così alla buona, a spizzichi emozzichi. Che, aggiunta all’or-mai acquisita consapevolezzache tutte le religioni sono uguali,

espone il cattolicesimo a tra-guardi importanti ma incerti.

In seconda battuta non si puònon rilevare che anche qui c’è daparte del Papa una gran voglia distupire. Quando si pensa al ri-fiuto di giudicare da parte dellachiesa, che da sempre si è postacome magistero, viene di pensa-re ad un professore che a scuolamette a tutte le verifiche scritte eorali dei suoi alunni un bel diecie al Preside che gli chiede ragio-ne dice: e chi sono io per giudi-care? In terza battuta, si cogliel’inevitabile ricaduta politica dicerte affermazioni, che vanno indirezione della sinistra, sia aquella operaia, dei poveri e di-soccupati, sia a quella radical-chic che vuole tutta una serie diliberalizzazioni: matrimoni gay,eutanasia, procreazione assisti-ta, sacerdozio femminile, aboli-zione dei sacramenti attraversoun loro progressivo e indoloresvuotamento.

Insomma, questo Papa ha unconfine mobile tra ciò che è ilcompito tradizionale e istituzio-nale della Chiesa e quello che lui

si pone, per cui ogni volta ti sor-prende. Difficile dire fino a chepunto sia del tutto spontaneo eincurante delle ricadute o con-sapevole degli effetti religiosi epolitici delle sue affermazioni edei suoi comportamenti. Certo èche sta riposizionando la Chie-sa, in conseguenza di un’ideadella Chiesa fondata su una par-te, non più in rappresentanza ditutto il corpo sociale ed ecume-nico. La Chiesa dei poveri dice. Eche vuol dire: che vorrebbeun’umanità di morti di fame?

La storia, che è sempre il rife-rimento ineludibile per trovareragioni e spiegazioni, ci dice chela Chiesa non si è mai schieratacon una parte sociale. La Chiesa,nel corso dei secoli, ha dimo-strato di essere dei poveri e deiricchi, dei deboli e dei forti, degliignoranti e degli intellettuali. Edha avuto ragione, perché senza iricchi-forti-intellettuali, i pove-ri-deboli-ignoranti sarebberostati molto peggio e mai si sareb-bero mossi dalle posizioni prei-storiche. E’ la storia che producele differenze sociali. Il vangelo

vale per tutti; nei suoi contenutiil ricco e il povero si ritrovanopurché obbediscano alle leggidel Signore Gesù Cristo figlio diDio. Se i poveri sono il cuore delvangelo, i ricchi quale organoanatomico occupano?

Chi sceglie di stare da unaparte, con una parte, lo fa o inbuona fede o per calcolo. Esclu-do che un Papa lo faccia in buo-na fede; lo fa per calcolo. Ma chiragiona e opera per calcolo è ilpolitico, che calibra la sua azionein difesa di una parte piuttostoche di un’altra, nella consapevo-lezza di una necessaria dialetticaper raggiungere degli equilibri.Chi si prefigge di portare unaparte a prevaricare sull’altra nonsta col vangelo, non sta con lademocrazia. Non so se PapaFrancesco sia o meno comuni-sta – non mi sorprenderebbe selo fosse – ma dovrebbe sapereche una sola ideologia nella mo-dernità ha esplicitamente di-chiarato di proporsi come obiet-tivo la dittatura di una partesull’altra; e questa è la dittaturadel proletariato. Sappiamo tuttiche cosa è stato.

Ma Papa Francesco non stu-pisce solo per quello che dice eper quello che fa; stupisce ancheper quello che non dice e perquello che non fa. Per esempio,non convince i sacerdoti ad in-dossare l’abito talare e ad usciredalla chiesa per stare tra la gen-te, nella società, come una volta.Se è veramente convinto diquello che dice a proposito dipovertà e di Chiesa povera, si li-beri dello Ior, che è una banca ecome tale deve rispondere, piùche al Dio uno e trino della fedecristiana, al dio uno e quattrinodella fede finanziaria. Se fosseveramente convinto della po-vertà della Chiesa dovrebbe ri-nunciare all’otto per mille.

Papa Francesco si è troppo se-colarizzato e politicizzato, dimo-stra di aver appreso l’arte tuttaitaliana degli annunci ad effetto:a dire le cose che poi non fa e afare le cose che non dice.

“Non so se Papa Francesco sia o meno comunista –non mi sorprenderebbe se lo fosse...”

Papa Francesco abbraccia un ammalato

La chiesa di Francesco

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tra il dire e il fare

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spagineIn biologia, la variabilità genetica

è ciò che assicura l’evoluzione, il progresso, la diversità...

Il freno della moraledi Marcello Buttazzo

La Natura è unprodigio dieventi, un sus-seguirsi di ac-cadimenti, dicicli magica-

mente iscritti nel grande librocosmico. La Natura è il cilie-gio che fiorisce, la rondine cheritorna da contrade lontane,la donna che procrea la sua fi-gliolanza. È l’alba che oscurala notte, la brezza leggera checi bagna, è l’eterno affollarsidelle passioni. L’idea di base eparadigmatica che più pro-priamente rappresenta la Na-tura non può non riferirsi adun concetto di cambiamento,di mutazione, di varianza. Cheè sempre vita, e mai morte.Del resto, in biologia, la varia-bilità genetica è ciò che assi-cura l’evoluzione, il progres-so, la diversità. Come può laChiesa cattolica insistere sulcarattere “universale” e “ra-zionale” della legge naturale,ritenendo che essa possa esse-re ascritta al comportamentoumano come un fondamentostatico, immutabile? Per unaparte predominante del mon-do cattolico, l’aborto, la fecon-dazione assistita, la “dolcemorte”, le normative laicheche regolano i matrimoniomosessuali, sono condottechiaramente “immorali”. Ma èlecito esprimere sempre ungiudizio oggettivo, valido pertutti, capace di interpretare espiegare ogni vicenda? Vivia-mo in un’era veloce, che mutaquotidianamente e progressi-vamente.

La vita corre, e una conce-zione relativistica appare piùconsona ad interpretare ilmondo. Non è un oltraggio aldivino, ammettere la validitàd’una morale più elastica, chesappia disciplinare la realtàche scorre continuamente.

Non si viola la legge di Dio,se con disposizione flessibilesi dà forza e rilevanza adun’etica della cittadinanza,che decida di assecondare lesollecitazioni del tempo. UnoStato aperto, moderno, do-vrebbe, ad esempio, saper

contemplare dichiarazioni an-ticipate di trattamento libera-li, sempre rispettose dell’inte-grità e della dignità della per-sona. Uno Stato moderno do-vrebbe saper seguire il passodella scienza, che coscienzio-samente avanza. Le antropo-logie di riferimento possonoessere sottoposte a critica, adiscussione.

La ragione può sempre farele sue scelte, in piena autono-mia e consapevolezza.

La ragione può sempre con-getturare, prospettare la stra-da da seguire, in ossequio co-munque a condotte sagge e adefiniti quadri normativi.

Sulle dirimenti questioniantropologiche, la dottrinacattolica è estremamente ri-gorosa. Sul concetto di sacra-lità ed intangibilità della vitaumana, dal concepimento fi-no alla fine, non transige.Sull’eutanasia, sull’aborto,sulla manipolazione degli em-brioni, non ammette scappa-

toie. L’etica tradizionale ade-risce ad un’ontologia serrata,rispettabilissima. Purtuttavia,una società vitale ha bisognodi sentir pronunciare non solomoniti solenni, ma ancheaperture sostanziali. QuandoPapa Francesco dichiarò dinon essere nessuno “per potergiudicare un gay”, pensammoche qualcosa di inedito stesseaccadendo.

Epperò, su certe tematiche,la Chiesa resta drammatica-mente chiusa. In particolare,la sfera sessuale è un aspettopratico e filosofico, che dividee ingenera fraintendimenti.Quando sarebbe, invece, il ca-so di giungere talvolta ad unavisione quantomeno lieve-mente coincidente. L’intentodella Chiesa cattolica è far ca-pire l’unione che esiste fral’atto sessuale e il fine autenti-co della vita umana, “evitandodi esasperare l’importanzadell’erotismo”. Certo, anchel’erotismo deve essere gestito

nell’ottica appropriata. Lasessualità permette all’uomodi perpetrare la specie, mapreminentemente è uno stra-ordinario strumento di cono-scenza. La sessualità non do-vrebbe essere mai banalizza-ta, perché essa ci permette discoprire il nostro mondo equello degli altri. L’uomo è li-bero nel momento in cui con-divide pienamente il propriose con i suoi simili.

Quanti sono gli adolescenti,ai primi sommovimenti amo-rosi, intenti a scandagliare ladolcezza dell’amore sessuale ela meraviglia di quello senti-mentale? Il precedente Papateologo, Benedetto XVI, fecemoderate aperture sull’usodel profilattico, solo peròquando esso veniva impiegatoin caso di prostituzione. Per-ché una Chiesa moderna, vici-na all’universo giovanile, at-tenta all’educazione e alla cre-scita delle persone, non allen-ta le strette maglie dell’etica,affermando nettamente che ilprofilattico può essere ma-neggiato responsabilmentedagli adolescenti? In fondo, ladiffusione delle malattie ses-sualmente trasmissibili ri-guarda tutti. Una seria politi-ca contraccettiva non dovreb-be essere solo premura delmondo laico: anche una Chie-sa cattolica contemporaneapotrebbe rivedere parzial-mente alcune sue consolidateposizioni.

In un saggio, “Bioetica quo-tidiana”, Giovanni Berlinguerè critico, tra l’altro, nei con-fronti di alcune personalitàreligiose e politiche, “ostiliall’informazione sessuale nel-le scuole”. Scrive, sconsolato,il professor Berlinguer: “Lecritiche di certuni sono rivolteverso il ministero dell’Istru-zione, che non dovrebbe in-terferire perché l’educazionesessuale spetta alle famiglie, everso il ministero della Sanità,che non dovrebbe consigliarel’uso dei preservativi perchépossono favorire una sessuali-tà priva di ogni freno morale”.

Gay pride

Lecce, 6 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 23 pagina n° 7

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Le parole misu-rano il corag-gio del cam-biamento. So-no le parolequelle che mi-

surano il coraggio vero delcambiamento in politica.Cambiare costa molta fatica.Innovare costa la rinuncia ola cancellazione di vantaggiacquisiti ed il rischio di sba-gliare. La politica si è mossasempre nei limiti negatividella conservazione contro ilrischio di cambiare e quindinon ha saputo vivere la forzacreativa delle novità nel fu-turo. La riforma, del Presi-dente Matteo Renzi, del su-peramento del cameralismoperfetto è coraggiosa e rivo-luzionaria, ma non trovapronta la lingua a raccontarela profonda trasformazioneistituzionale nel Paese. Nellascelta infatti di chiamare:Senato delle Autonomie Lo-cali la nuova riforma non c’èsolo la malattia della media-zione politica ma la resisten-za contro la scrittura dellepagine nuove della geografiaistituzionale delle riformenel Paese.

La parola Senato rinvia al-la saggezza della vecchiaia,alla maturità dei filosofi, alruolo dei saggi per la loro vi-sione della pratica del Benein politica. La storia del pen-siero politico ha riempito bi-blioteche di libri. Anche laCostituente discusse moltoprima di chiamare la cameraalta Senato della Repubblicaper poi fissare l’età a 40 anniper essere eletti senatori.

Mi chiedo: qual è la ratiodi continuare ad insistere nelchiamare la riforma di RenziSenato delle AutonomieLocali?

Forse solo per ridurre ilpericolo di cambiare moltoradicalmente rispetto al pas-sato?

Le parole sono specchiodelle cose, luce bianca delleidee, per questo non dobbia-

Le giusteLecce, 6 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 23

mo rinunciare al potere diusare parole chiare e renderequindi facile e leggibile il no-stro pensiero. Nella propostaRenzi, la definizione chiara,libera da dubbi ed interroga-tivi è: Assemblea delleAutonomie Locali. Laproposta infatti si componedi Sindaci di Presidenti diGiunta Regionale di Consi-glieri e solo da 21 membrinominati dal Presidente del-la Repubblica.

Perché allora ostinarsi achiamare il nuovo organo:Senato delle Autonomie Lo-cali?

Il nuovo ordinamento chesta per maturare, si articolalungo due binari fondamen-

tali: la Camera dei Deputaticon il valore di essere l’Isti-tuzione del popolo e quindidella Nazione tutta. La Ca-mera poi è quella che ha ilgrande compito di esserel’organo che dà la fiducia eapprova il bilancio. La Ca-mera dei Deputati quindicontinua ad essere il verbodella Nazione unita indivisi-bile.

L’Assemblea delle Autono-mie invece rappresenta i ter-ritori nel rispetto e nella va-lorizzazione della grande ric-chezza delle culture dei cam-panili. La politica deve senti-re il respiro dei territori eavere la sensibilità verso i lo-ro bisogni. I territori nella ri-

Meglio Senato o Assemblea delle Autonomie Locali?

pagina n° 8

Senatori con soldato a Roma

paroleforma Renzi sono il rafforza-mento dei valori dei padridell’Italia e non la forza di-struttrice dei valori corpora-tivi del territorio, così comeli abbiamo conosciuti nel-l’esperienza corporativa del-la Lega di Bossi oggi nellaLega di Salvini. I territori so-no l’unità di un Paese pluraleaperto al nuovo verso l’Euro-pa dei popoli nella strada cheporta alla proclamazione diidentità senza barriere.

La nuova geografia istitu-zionale, con la Camera deiDeputati molto rafforzatanella riforma pone il grandetema dei contrappesi per evi-tare il pericolo di aver un or-gano autoritario ed una de-mocrazia a rischio.

Nella nuova riforma, a mioparere, diventa assoluta-mente necessario introdurrele preferenze nella nuovalegge elettorale. È un graverischio per la democraziaavere una Camera con moltipoteri eletta con rappresen-tanti nominati. In un siste-ma politico con i partiti de-boli ed inesistenti, con le au-tarchie locali forti nei terri-tori e con le oligarchie po-tenti nel controllo degli inte-ressi non si può lasciare ilPaese nelle loro mani. Lepreferenze sono necessarie,necessarie ancora più neces-sarie ed il Senato delle Auto-nomie un errore del vocabo-lario.

È meglio usare parolechiare come quelle di chia-mare la nuova IstituzioneAssemblea delle AutonomieLocali. La gente non ama pa-role che per essere compresehanno bisogno di aprire il di-zionario politico per capirequello che intendono indica-re alla brava gente.

di Luigi Mangia

Diario politico

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Appuntazzi Gianluca Costantini i spirato da Danilo Dolci

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spagi ne

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Lecce, 6 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 23

altro autore sul quale non vale la pe-na soffermarsi in questa circostan-za. Qualche informazione in più, acominciare dall'anno in cui M. Ma-nieri avrebbe realizzato questa suaopera di scultura nella chiesa di san-ta Maria in Galaso, proviene dallagrande epigrafe centrale posta al disopra dell'immagine « traslata »della Vergine con Bambino. An-drebbe ricordato per completezzache tale epigrafe appare, per varieragioni, non chiaramente leggibilein alcune sue parti. Essa recita (il te-sto è distribuito su 8 righi) :

HANC EXCANDENTI LAPI-DE ARAM / DEIPARAE VIRGI-NI IN PUTEO ANTIQUITUS IN-VENTAE / ATQUE HIC AB IN-SECTO MURO TRANSIATAEDICATAM / CAPITULUM ADQUOD (H) ECCLESIA PERTI-

NET / EX PIENTISSIMORUMELEEMOSINIS ERIGENDAMCURAVIT / ANN(O) A VIRGI-NEO PUERPERIO MDCCXXVII/ RESTAURATAM / A DMDCCCXX (IIII).

Da quanto riportato ciò che appa-rirebbe più certo è, quindi, l'annodella realizzazione dell'altare mag-giore, il 1727, meno invece, quellodel suo restauro ottocentesco, pro-babilmente il 1824 (le ultime cifrenon sono infatti ben riconoscibili,sarebbe necessario a tal propositouna indagine ravvicinata del testo).Ai lati dell'altare e connesse conquest'ultimo esistono due porte checonducono a un ambiente il quale,posto dietro l'altare maggiore, è di-viso ma non separato spazialmentedal resto della navata unica dellachiesa. In sostanza l'altare maggiorenon poggia su una parete cieca, esso

con le sue portelle laterali, diventaun diaframma che si staglia sceno-graficamente sul vuoto generatodalla profondità dello spazio o me-glio dell'ambiente retrostante in cuicontinua, come detto, quello dellanavata. Le portelle cui si accennavasono sormontate ognuna da una sta-tua a tutto tondo: quella sulla portadi destra, recita una sottostanteiscrizione, raffigura san Nicola daTolentino, l'altra statua, quella sullaporta sinistra, raffigura san Galdino(una iscrizione al di sotto di que-st'ultima statua recita su 3 righi: S.GALDINUS CARDINALIS / AR-CHIEPISCOPUS MEDIOLA-NENSIS / EX FAMILIA SALA).

Entrambe queste statue sono sti-listicamente riferibili sempre a M.Manieri come il resto dell'altaremaggiore (ricordiamo però che al-cune sue parti nel corso del tempofurono modificate, come la mensaad esempio).

A chiudere questo breve excur-sus sulla chiesa di santa Maria inGalaso andrebbe solo aggiunto cheil grande bassorilievo, raffigurantela nascita di Cristo e collocato nel-l'ultimo altare destro (entrando nel-l'edificio), stilisticamente ricordaalcune opere poste nella chiesa ma-trice locale ovvero una statua di Cri-sto con la Croce (oggi nella primacappella a destra entrando) così co-me il datato (1599) gruppo sculto-reo che, collocato sopra la portaprincipale, raffigura la Vergine conil Bambino fra san Nicola (a sinistraguardando) e santa Susanna nonmeno che una statua di san Paolo(forse anche quella di san Pietro po-sta nel cantone sinistro della faccia-ta principale ma quest'ultima statuanon è ben leggibile nei dettagli) col-locata in una nicchia del prospettoprincipale (cantone destro guardan-do la stessa facciata). In ogni caso lesculture appena elencate, e il Prese-pe in particolare, sono estranee aimodi esecutivi (o meglio allo stile)del noto scultore leccese GabrieleRiccardo (notizie dal 1524 all'ulti-mo di luglio del 1572; al 19 gennaio1577 risulta già defunto). Ricordia-mo infine che sulla parte versol'esterno dell'architrave (datata1594) della porta laterale destra del-la stessa Matrice è da segnalare,

Il leccese Mauro Manieri

(1687 - 1744 circa) fu ar-chitetto e scultore dei piùprolifici e interessanti delSettecento salentino. Frale sue realizzazioni più si-

gnificative si ricordano una statuadi santa Irene collocata sulla portamaggiore della omonima chiesaleccese, le sculture della facciataprincipale del palazzo Marrese(Lecce) non meno che la facciatasettecentesca, appunto, del Duomodi Taranto. Alle sue più note opere,qui ricordate e non, potrebbero ag-giungersi anche due altari e quattrobusti lapidei raffiguranti ognunodegli Evangelisti. Si fa riferimentoin particolare all'altare maggioredella chiesa di santa Maria in Gala-so a Torre Santa Susanna (provinciadi Brindisi, Diocesi di Oria) e all'al-tare, oggi detto del Crocifisso, col-locato nella chiesa madre di Tor-chiarolo (stessa provincia ma Arci-diocesi di Lecce); sempre in que-st'ultima chiesa sono presenti inol-tre i quattro busti degli Evangelisticui si accennava che, come le pre-cedenti opere, sono attribuibili alloscultore leccese per via stilistica.

A Torre Santa Susanna

A proposito della chiesa di santaMaria in Galaso e del suo altaremaggiore (Fig.1) così leggiamo:“Questo notevole Santuario Maria-no nasce alla storia con il ritrova-mento di un'immagine di una Ma-donna con Bambino di origine basi-liana, affrescata in una grotta. Taleimmagine fu strappata dal suo luo-go originale e fu posta sull'altareprincipale, quale pala d'altare.L'operazione avvenne nel secoloXV sulla cripta basiliana che era an-nessa ad una cisterna degli antichifortilizi romani, l'acqua della cister-na era ritenuta miracolosa. Oggi ilsantuario si presenta partito su duelivelli, quello inferiore è il vero eproprio Santuario, mentre quello apiano stradale costituisce lo spazioriservato all'ingresso, da questo pia-no si scendono ben 13 gradini perarrivare al piano della navata del-l'edificio.

Oggi la costruzione, fortementerimaneggiata in diversi periodi, pre-senta notevole documentazione ar-tistica. L'altare maggiore è, infatti,uno splendido esempio d'arte ba-rocca nella cui nicchia centrale tro-va collocazione l'affresco basiliano,l'altare barocco è un'opera delloscultore di Muro Leccese Carlucciodel 1727, mentre un pregevole pre-sepe, è attribuito allo scultore Ric-ciardi [sic] di Lecce.” (Fonte:http://www.comune.torresantasu-sanna.br.it/servizi/menu/dinami-ca.aspx?ID=1139)

L'altare maggiore di tale chiesa,quindi, a ben leggere quanto appenatrascritto così come anche altre fon-ti bibliografiche, è stato attribuito ad

di Fabio A. Grasso

di ManieriL’arte di costruire la città

Due altari dello scultore leccese a Torre Santa Susanna e Torchiarolo

Santa Maria in Galaso a Torre Santa Susanna

La mano

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pagine n° 10 e 11

complessa ma non per questo menointeressante, oltre alla precedenteesistono anche altre incisioni. Gliangeli sommitali laterali, infatti,reggono ognuno un cartiglio nastri-forme piegato a S. In quello sinistro(guardando l'altare) si leggono treparole: PURA PUDICA PIA; l'an-gelo destro, simmetrico del prece-dente, regge un secondo cartigliocon il seguente testo: MISERIS MI-SERERE MARIA (l'ultima parola èabbreviata). Queste due frasi, di fat-to, ne formerebbero una sola, unapreghiera, che andrebbe letta co-minciando dalla prima parte conte-nuta nel cartiglio sinistro.

La stessa iscrizione la si trova (inmodo più esplicito nella sua formaintera) nella chiesa della Trinità aGalatina (Lecce) più nota comequella dei Battenti: “[...] Entrando

dall’ingresso della chiesa ci si ritro-va immersi in esso e davanti, sulfondo, si apre un’abside sul cui arcoè incisa la seguente iscrizione/pre-ghiera: PURA PUDICA PIA MI-SERIS MISERERE MARIA.[...]”(Fonte: -http://www.info-sa-lento.it/monumenti/scheda-tecni-ca-1.asp?Id=112-). Non si puòescludere, sulla base di queste indi-cazioni epigrafiche, che l'altare ab-bia avuto un titolo diverso dall'at-tuale e sia stato dedicato un tempoalla Madonna.

***

Continuando la descrizione del-l'altare di Torchiarolo si osserva cheall'estrema destra a circa mezza al-tezza dell'opera, su una mensola so-stenuta da un cherubino, vi è la sta-

tua lapidea di Santa Irene (nella ma-no destra ha la palma allusiva delsuo martirio, con la sinistra sostieneil modello, sempre in pietra, di unacittà, probabilmente Lecce). Nellaparte sinistra dell'altare, simmetricadella statua raffigurante santa Irene,è quella di un Santo Vescovo presu-mibilmente Sant'Oronzo.

La presenza di questi due santiassieme, molto frequente prima del1743 (e più in generale nella primametà del Settecento), indica che,nonostante l'affermazione “incon-dizionata” del culto di sant'Oronzoa Lecce e nell'area leccese (a partire,come noto soprattutto dalla secondametà del secolo precedente), quelloper la Santa di Tessalonica rimase difatto pressoché inalterato almeno fi-no ai fatti tragici del terremoto del1743. Lecce, a differenza di moltealtre città salentine, come Nardò(Lecce) ad esempio, rimase presso-ché illesa. L'essere stato il capoluo-go salentino salvato dal terremoto,uno dei tanti flagelli (gli altri princi-pali erano la peste, la guerra e la ca-restia), fu considerato un miracoloche, attribuito a sant'Oronzo, sancì,di fatto, fra quest'ultimo e la santapatrona storica di Lecce una sorta dipacifico passaggio di consegne cul-tuali.

Per completezza descrittiva an-drebbe segnalato che alcuni ele-menti dell'attuale altare del Croci-fisso sono stilisticamente estranei aM. Manieri, in particolare si fa rife-rimento al Cristo deposto che è sot-to la mensa (le mensole con cheru-bini che la sostengono sono inveceattribuibili all'artista leccese) e aidue tabernacoli lignei. Non rimaneadesso che chiudere con i quattrobusti degli Evangelisti.

Questi Santi, in quanto autori deiVangeli, sono rappresentati nell'attodi scrivere, o meglio, tutti, per que-sta ragione, sono caratterizzati dal-l'avere nelle mani un libro aperto euna penna (quest'ultima è megliovisibile solo nella figura più giova-ne e imberbe, probabilmente sanGiovanni, nonché in quella di unanziano barbuto, per esclusione,forse san Matteo). Due di essi, sanMarco e san Luca, in più, hanno iloro simboli iconografici per eccel-lenza (rispettivamente il leone e iltoro). Le quattro figure, a tutto ton-do, sono poggiate su piedistalli si-mili (e forse coevi dei busti) collo-cati a loro volta su più recenti men-sole sporgenti dai quattro pilastri al-l'incrocio di navata e transetto.

Un particolare ringraziamento sideve a chi ha reso possibile alcunefasi di questa ricerca: il Vescovo diOria, S. E. Mons. Vincenzo Pisanel-lo, Giuseppe Rollo, GianfrancoTroso.

nella mezzeria, il volto scolpito diun cherubino. Quest'ultimo, riferi-bile probabilmente a Marco Anto-nio Renzo, è simile a quelli visibilisulla facciata principale di santaMaria della Grazia e ad alcuni diquelli posti all'interno della chiesacelestina di Santa Croce (entrambequeste chiese sono a Lecce). Taleultima questione merita evidente-mente un approfondimento.

A Torchiarolo

Altrettanto interessanti, come ac-cennato precedentemente, sono leopere presenti nella Matrice di Tor-chiarolo pure ascrivibili a M. Ma-nieri e sempre per via stilistica: l'al-tare del Crocifisso, collocato sullaparete di fondo del transetto sini-stro, e i busti degli Evangelisti.

Al centro della prima opera e aldi sopra di una nicchia dal vano ret-tangolare due piccoli angeli sosten-gono ognuno con una mano un fio-re e con l'altra una epigrafe di formapressocchè ellittica (il suo assemaggiore è in verticale) con cornicesu cui si legge disposto su 5 righi(nel 6° è un motivo floreale) il se-guente testo: QUI / ELUCIDANT /ME / VITAM AETERNAM / HA-BEBUNT.

Tale frase è tratta da una anticaAntifona Mariana del ‘500 (Fonteper testo originale e traduzione:http://www.maranatha.it/Feriale/santiProprio/0716TextLat.htm) inonore della Madonna del Carminela cui festa si celebra il 16 luglio.

Dopo l'Introitus, l'Oratio, seguel'Epistula dove nella parte finale silegge proprio la frase incisa sull'al-tare: « […] Qui edunt me, adhucesurient; et, qui bibunt me, adhuc si-tient. Qui audit me, non confunde-tur; et, qui operantur in me, nonpeccabunt: qui elucidant me, vitamæternam habebunt. Tradotto diven-ta : « […] Quanti si nutrono di meavranno ancora fame e quanti bevo-no di me, avranno ancora sete. Chimi obbedisce non si vergognerà, chicompie le mie opere non peccheràchi mi glorificherà avrà la vita eter-na[...]” ( Léctio libri Sapiéntiæ. Ec-cli. (Sir) 24, 23-31 -edizione vulga-ta-). Su quest'opera religiosa di M.Manieri, di fatto spazialmente non

Altare del Crocifisso, chiesa madre di Torchiarolo

I quattro busti degli Evangelisti nella chiesa madre di Torchiarolo

spagineDue altari dello scultore leccese a Torre Santa Susanna e Torchiarolo

La mano

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...Essere Honda, Gioconda, Monna o (L)Isa

Singlossia

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Pop (serio)

Pensiero

di Francesco Pasca

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spagineL’Italia

Anulla giovaparlare e farsovente me-moria dei mi-lioni di pen-sionati Inps

con assegni mensili inferio-ri a 500 euro, quando esi-stono e resistono casi dipercettori d’introiti e/oemolumenti a livello di emi-ri arabi.

Si prenda, ad esempio, ilcaso del noto economista,docente universitario edesponente politico GiulianoAmato, il quale, va da unbel pezzo riscuotendo, ognimese, trentuno mila eurolordi, tra pensione pari aventiduemila e vitalizioparlamentare di nove mila(l’interessato dichiara didestinare tale vitalizio adattività di beneficenza).

Sulla posizione smisura-tamente privilegiata diAmato si è scatenata, a piùriprese, una ridda di criti-che, qualcuno ha addirittu-

ra parlato di vergogna.

E però, nonostante siffat-ta tempesta mediatica, loscorso anno, il personag-gio/pensionato in questio-ne è stato anche investitodella carica di Giudice co-stituzionale, che prevedeuna retribuzione lorda an-nua di ben quattrocento-cinquantamila euro, ossiaa dire tredici mensilità datrentaquattromilaseicentoeuro.

Domanda: non sarebbestato opportuno che il si-gnor Presidente della Re-pubblica, requisiti e meritidel candidato a parte, pri-ma della nomina, valutassela situazione delle finanzedi Amato, già da nababbo,evitando di dar luogo a uncumulo di buste paga lette-ralmente scandaloso ri-spetto ai trattamenti sottoi 500 euro menzionati al-l’inizio?

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di Rocco Boccadamo

“. . . In Sv iz -zera s icco-me ero ungran bal le -r ino , a l lora' a n d a n d o

bal lando ' ne conquis ta-vo d i ragazze a cent i -naia . Oggi , invece ig iovani sono e f femina-t i . Io non ho mai usatoun preservat ivo . A l lorac 'erano uomini ver i , g l ii ta l iani erano avvan-taggiat i perchè aveva-no i l ' savarfe ' . . . ” .

Questa la trovate suwww.huf f ingtonpost . i t .

A pronunciare questeparole è Antonio Razz i ,Crozza s i s tarà contor-cendo dal la rabbia , lasua fantas ia è s tatasurc lassata , annienta-ta , annul lata . La rea l tàè p iù dura.

I l problema però è

che a pronunciare que l -le f ras i è uno che , se -condo i l governo postdemocrat ico d i Renz i ,passerà a l la s tor ia frai padr i demol i tor i de l laCarta Cost i tuz ionale .

Questo indiv iduometterà mano a quantoscr i t to da Sandro Per-t in i e A lc ide De Gaspe-r i , e A ldo Moro e anco-ra mol t i a l tr i .

Per modi f i care la Co-s t i tuz ione , come in ognipaese c iv i l e dove la pa-ro la “Democrat ico” las i pronuncia a ragionveduta , non è so lo ne ls imbolo d i un part i topadronale , s i e leggeuna Cost i tuente fat t i d iuomini e donne r icono-sc iut i capaci d i in ten-dere , vo lere e soprat-tut to ragionare .

di Gianni Ferraris

Spesa pubblica Umoristi

bifronteRazzivs Crozza

Giuliano Amato Antonio Razzi

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a PragaLecce, 6 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 23

Scritture

preoccupazione, evitando iturbamenti e liberandosi deltutto. Come per designare unostato di serenità contemplativasenza più subirne la pressioneemotiva. Si conteneva la dura-ta del gesto e della voce, si abu-sava solo della vista e s'alzavasolo una mole di silenzio. Voceinerme, accompagnata da uncorpo dominante, diretta adaprire la vastità del senso. Pun-tammo al silenzio in tacito ac-cordo cercando le sospensionimute delle funzioni orali. Ciidentificammo nella medesimaparte e cademmo o ci calammonello stesso vuoto, come perinduzione. Già, eravamo arri-vati, giunti. Conseguimmo, co-sì, l'importante vittoria controogni 'forma' e fuori da ogni'modo', forieri d'importantimessaggi.

Andammo a fare una doccia,lei tornò in accappatoio, dolcee bianca. Preparò qualcosa damangiare, ci sedemmo a con-sumare. Una volta in piedi, leicontinuava a fissarmi, bellalei... sotto quel panno bianco.Mi avvicinai, la sbottonai esenza parlare l'abbracciai. Do-po un breve istante i nostri cor-pi erano finiti distesi sul letto,come due amanti in un silenzioperfetto. Senza emetter fiato,senza emetter vento, l'amores'infischia del suo testo. Un in-contro durato poche ore senzadire una parola, una parola so-la, niente. Dico niente, primadel cominciare e dopo il co-minciato e ben finito. Ecco, lagrande occasione di scoprire lavita, di toccare il senso della vi-ta invece del segno. Quel-l'istante aveva scompigliato eravvivato tutti i nostri sensi...provocando sussulti nei nostricorpi, assenti. Mai presenti a sestessi, al nostro io. Noi siamoun corpo quindi, e non abbia-mo un corpo anch'esso vittima

Uno sguardo va-le più di unacandela o di unlume che sispegne nuova-mente e ci vuol

forza a rianimarlo. Anche secerto morrà di nuovo prima delmio tempo d'insonnia. Il miosonno – pur indormiente –non è sonno, ma un continuoricordo ostinato. E i miei occhisi aprono solo per guardarmidentro; e io vivo con l'aspetto ela forma dei viventi e coloroche più sanno più m'aiutano aconoscere l'albero della vita.Non conosco ostacoli né paura,il mio cuore batte ancora perun desiderio d'amor nascostoda un evento immemorabile.Ella m'aiutò... Tutto trovai, tut-to compresi e tutto abbracciaiin quella notte innominabile.Passione, energia, vita, tutto sifuse in una gran pioggia di spe-ranza.

«Era nuda sotto la seta neradel vestito? Nonostante il disa-gio, Timar non potè fare a me-no di chiederselo. E al tempostesso, cominciò a risvegliarsiin lui un desiderio intenso,acuito da tutto ciò che vi era dipiù estraneo al desiderio stes-so: le strisce di luce e d'ombra,il sudore da animale che im-pregnava le lenzuola, perfino ilsuo sonno agitato, interrottoda paure inconsulte e da bran-colamenti nel buio. "To', è sta-to punto da un insetto!" Sedutasul bordo del letto, la donna glipose un dito sul torace nudo,toccando una macchiolina ros-sa appena al di sopra del petto,e lo guardò negli occhi».

Recita così un passo di Colpodi luna di Georges Simenonpubblicato da Adelphi con unbellissimo dipinto in copertinadi Félix Vallotton: Donna nudasdraiata su un lenzuolo bian-co, cuscino giallo (1904).

Mi sovviene un fatto eclatan-te, accadutomi a Praga neglianni Ottanta. Ebbene, nel pri-mo dei sette viaggi che io intra-pesi nell'allora capitale ceco-slovacca successe qualcosa disingolare. Una esperienza uni-ca ma veritiera, molto istrutti-va. Quella che io definì: "Senzaparole". Il ricordo di una fan-ciulla che lavorava in un alber-go dove io giunsi e che mi con-cesse asilo nella sua abitazio-ne, poichè non v'erano cameredisponibili né nel suo hotel néin nessun altro. Eravamo inpiena estate: agosto.

Il sibilo del tramvai per giun-gere alla sua abitazione eral'unico suono che noi udivamoin quella notte insolita. Io nonparlavo il ceco, lei comunicavain inglese, io percepivo l'italia-

no e il francese; non c'era versod'incontrarci verbalmente. Ciabbandonammo allo sguardo,al senso della vista. Mi fissavacon entusiasmo misto ad inte-resse; io ero stanco, mi dolevala testa. Lei curiosa, apparivaallegra, quasi in festa. Giunti acasa il dialogo si mantenne asguardi, dominavano i sensi,essi ebbero il sopravvento.Tutto tacque, le parole, il pen-siero, il discorso, il concetto, larappresentazione: c'è ne erava-mo liberati. Questo dava unnotevole senso al nostro mera-viglioso incontro. Era come seun mare instabile avesse trova-to e profuso la sua totale assen-za di moto ed incarnasse laquiete fino ad annullare ognivolontà e responsabilità uma-na. Fuori dalla paura e dalla

Quella

Particolare di una mappa di

Page 15: Spagine della domenica 23

del linguaggio... una carne sen-za concetto, appunto. Fu la na-scita della "vita pura", la qualenon si può racchiudere in for-mule, e questo non perchè siasfuggente, ma perchè varia ecompleta. Noi non contenem-mo discorsi, né leggende o rac-conti; non vi fu alcuna tiratad'argomenti. Né descrizioni.Tutto, invece, fu incanto, musi-ca, sensualità astratta e poten-te!

Dopo l'attraversamento diquella magica notte, la giovanedonna appena conosciuta si as-sentava per lavoro e momenta-neamente mi abbandonava. Fuallora che parlò, dandomi ap-puntamento per il giorno do-po... Ma io sbagliai orario: an-dai alle 10 post-meridiane,quand'ella invece intendeva le10 anti-meridiane. Ci rimasemale: fra noi due, forse, nonconveniva parlare... Sostam-mo, quindi, su quella panchinaper molti istanti, senza fraseg-giare. I suoi sguardi, di cui ellafu autrice completa rimarran-no nella mia memoria comeesperienze di assoluta bellezzae, nello stesso tempo, sconvol-genti sensazioni emotive.

Ecco, quella fu una cono-scenza delle cose umane acqui-sita per prova diretta; l'insiemedei fenomeni conosciuti con lesensazioni e verificati dal-l'esperimento. Quel corposganciato dal soggetto mi fu lìdonato con grande generosità,al massimo della sua valenza.Una donna che offriva il suocorpo, cioè qualcosa di estra-neo da sé, e non raccontavaniente. Assente a sé stessa. Erala conoscenza reale, tangibile,entusiasmante, che invita apartecipare e che resta vera-mente unica, vera, inconfuta-bile!

Continuai ad andare a Pragafino al “crollo del muro”. Dopo

pagine n° 14 e15 spagine

do non è mai davanti a me, masempre mi circonda e mi attra-versa, così come non faccio chevedere il mondo provenendodal cuore del mondo, altrettan-to accade alla parola. Essa nonparla che dal silenzio del mon-do: quel silenzio che la parolacustodisce e che essa reca in sé;quel silenzio che è così raro edifficile saper ascoltare» (Da Ilgioco del silenzio di Carlo Sini).Così come in Nietzsche: «Lavoce della bellezza parla som-messa: essa s'insinua soltantonelle anime più deste».

"E sia il nostro silenzio,quindi, a toccarci in un bacio...nel suono del mare".

Buon riposo…

di Antonio Zoretti

successe quello che aveva pre-visto Wim Wenders nel filmDer Himmel Uber Berlin (Ilcielo sopra Berlino), dove nellascena finale Bruno Ganz dice:«Ora sì che siamo tutti nellastessa barca».

Ricordo ancora l'azzurro se-movente della stanza di Susan-ne, la mia amica di Praga (co-me Euterpe, colei che rallegra),il mio cielo sopra Berlino o so-pra Praga; che come se fosseinfastidita da qualsiasi conver-sazione avesse fretta di rientra-re nel suo abituale mutismo.Mentre la guardo andarsenesono preso da un troppo tardi-vo rimpianto. Ma, infine, cheposso farci? Freno l'impulso dicorrerle dietro: sarebbe folle,non la ritroverei già più. Cometutto il resto... ormai.

Mai curarsi del linguaggio,dunque, ma concentrarsi edabbandonarsi ai sensi, veriprotagonisti del momento; è lasensazione che si persegue, lesillabe parole seguiranno.

Si potrebbe chiamare un«colpo di luna», ritornando altesto che scrive Simenon dopol'esperienza africana. QuandoTimar dopo la sua prima notteafricana, al suo risveglio sullaporta trova Adéle, la moglie delpadrone, che esamina il suocorpo nudo di adolescente an-cora odoroso di letto con unosguardo carico di una sensuali-tà vagamente intenerita, quasimaterna - ma anche di ironia.Dove i codici di quel mondoimpongono il silenzio. Un si-lenzio che è difficile saperascoltare... «Così come il mon-

Una scena de “Il cielo sopra Berlino” film di Wim Wendersa del 1987.

Com’è che nasce la vita pura

voltaLa copertina

del libro

con il quadro

di Félix Vallotton

a Praga

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Vita quotidiana

Per cercare dir i n f r a n c a rla mentedall’eco del-le continuep e r c u s s i o n i

connesse con la difficilesituazione economica, fi-nanziaria e sociale in at-to, vorrei tratteggiarequalche nota più leggera,con l’auspicio che, possi-bilmente, se ne traggaspunto e sprone per ri-flettere, su costumi e mo-de, vecchi e nuovi, che siaffacciano e ci circonda-no.

Va prendendo piede, epenso ahinoi che si trattidi un processo destinatoa diffondersi a tutto cam-po, l ’abitudine di inseri-re, nel rituale dei ricevi-menti di nozze, lo sparodi fuochi d’artificio.

Quasi che non bastasse-ro le spese per l’arreda-mento della nuova casa,gli abiti, i fiori, il risto-

rante, le bomboniere, iregali ai compari, ilviaggio di nozze (cioè ci-fre enormi, talvolta supe-riori, ad esempio, alla li-quidazione maturata daun genitore degli sposinell’intera vita lavorati-va), si aggiunge, dunque,il costo dei botti e dei ba-gliori pirotecnici. E però,a tal genere di coreogra-fie, non si ricorreva solonelle feste patronali e, avoler abbondare, nell’ul-tima notte dell’anno?

Purtroppo, sembra cheun vero e proprio sensodi stordimento sul temadella distinzione fra con-sumi necessari e volut-tuari ci stia vie più pren-dendo.

Oltretutto, nelle locali-tà di mare com’è nel miocaso, detti crepitii e fra-gori assordanti ingene-rano anche fastidio e di-sturbo mentre la gente sene sta in quiete e in silen-

zio a prendere il sole e/o,quando è stagione, a fareil bagno. E devono, addi-rittura, spaventare l’in-nocente fauna ittica, se èvero che adesso, sulla su-perficie del mare di Ca-stro, si vedono con mino-re frequenza guizzare, inuna sorta di rincorrersial galoppo sulle onde in-vitanti e lievi, i nutritinugoli di pesciolini az-zurri, i quali, oltre a tri-butare letizia a noi uma-ni, danno l’impressionedi divertirsi beatamentetra di loro.

***In compenso, in un re-

cente pomeriggio verso ilcrepuscolo, sullo sfondodi un cielo d’incanto, hoscorto volteggiare, alto emorbido, un affascinantee romantico aquilone,con la sua sagoma aero-dinamica e la lunga codasvolazzante sotto la ca-rezza del vento: mi sono

a lungo soffermato a ri-mirarlo, ritraendone unfascio di pensieri positivie confortanti, non soloper l’inevitabile riaffac-ciarsi di ricordi passati,ma anche come spunto diconfronto con la quoti-dianità presente.

Ecco, gli sposi del terzomillennio potrebbero ri-convertire l’attuale co-pione, arricchendo la ce-rimonia delle loro nozzecon una gara d’aquiloni.Sarebbe tutta un’altracosa rispetto agli sparifumosi e inquinanti, unpiccolo intermezzo disemplicità e magia nel lo-ro giorno felice.

Dimenticavo di direche, sopra a quell’aquilo-ne, la scena era illumina-ta da una coppia di pun-tini fantastici: la fulgidaSirio e un’altra stella mi-nuscola e lontana ma nonmeno sorridente.

In cerca del necessariodi Rocco Boccadamo

Enzo Archetti“L’aquilone”

I fuochi d’artificio e la leggiadria di un aquilone

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MMSarteAl via il nuovo percorso rivolto ai bambini

di quattro classi della Scuola Primaria Leonardo Da Vinci di Cavallino e Castromediano

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Eleonora ha accen-trato il suo interessepoetico, riguardo iltema del rispetto,sul non fermarsi maia giudicare l'esterio-

rità di chi ci sta intorno.La gentilezza e il garbo di anime

sensibili non potrebbero mai deride-re una persona per il suo modo di ve-stire o per la sua diversità, solo que-sto tipo di approccio nei confronti del

prossimo può permettere una serenaconvivenza iniziando già dai banchidi scuola...

La piccola Ilaria ha fatto suo ilpensiero della compagna Eleonora,mettendo in evidenza, nel suo grazio-

so e delicato disegno, questa sensa-zione di mortificazione che un bam-bino povero e indigente prova, per-ché stupidamente deriso da chi si cre-de e si sente più fortunato di lui...

Aurora avvertel'amicizia come un"bene" di prima ne-cessità per tutte legenti. L'amicizia sipuò tingere di san-

gue senza necessità alcuna di litiga-re, perché è sangue che pulsa neicuori fondamentale per stringere al-leanze di grande sentimento.

Bellissima anche l'immagine del-l'Amicizia come "Fontana" la cui ac-

qua a getto continuo "rinfresca " ilnostro cuore dissetandolo di quel-l'amore indispensabile per andaresempre avanti. Giorgia non ha po-tuto resistere ad interpretare con ilsuo disegno, la metafora dell'Amici-

zia come Fonte di Vita. Ecco allora la sua Fontana con al

centro la statua dell'Amicizia vicinoalla quale appare una dolce ragazzi-na...che felice va a bere sorsi rincuo-ranti di amicizia vera.

Il 24 marzo 2014sono iniziati inuovi lavori del-la II edizione delprogetto Art-i c o l i a m o

Senza Barriere, promossodall'Associazione Onlus Solida-rietà Civile di Lecce (presidentePasquale De Filippi) e ideato econdotto dall’artista MonicaMarzano. Il progetto che anchequest'anno sarà completamentefinanziato dal Comune di Caval-lino, coinvolgerà 4 classi di terza

elementare, della scuola prima-ria del Leonardo Da Vinci sia diCavallino che di Castromediano.

I piccoli alunni guidati dal-l'esperta, dovranno creare degli"Mmsarte" (dal nome dell’ope-rare artistico-letterario ideato daMonica Marzano nel 2009), pic-cole opere-messaggio in cui pa-role e immagini sono assembla-te in un unico e originale lavoroartistico.

I temi civico-sociali che ver-ranno trattati durante tutto ilcorso, sono di grande attualità,

una sensibilizzazione tramitel'arte sui concetti di Solidarietà,Frontiere, Barriere, Amicizia,Alleanza.

Insomma, in un mondo in cuispesso ancora si vive "barricati"dietro inutili paure e preconcetti,si cercherà di lavorare tutti insie-me con grande sinergia per arri-vare alla conclusione che solol'ignoranza e il non conoscere,porta alla violenza, ai tabù e albullismo.

I piccoli alunni dovranno af-frontare con grande spontaneità

il mondo della poesia su questispecifici temi, associando adognuna di queste brevi ma effi-caci composizioni, un'immaginealtrettanto incisiva che illustreràtali concetti.

E' possibile visitare la galleriadei lavori della precedente edi-zione sia sullo stesso sito dellascuola che nella personale galle-ria on-line di Monica Marzanoin arte Momartè all'indirizzo su:

www.mmsarte.com.

spagine

Disegno di Giorgia Epifani, testo di Aurora Chiriacò

Disegno di Ilaria D’Elia, testo di Eleonora Schipa

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Copertina

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Per la copertina diSpagine, un’operadi Cinzia Ruggeri,designer e artistamilanese a cui sia-mo molto affeziona-

ti dopo le sue frequentazioni salenti-ne.

L’opera dell’artista è l’icona chepresenta Ceramix incontri educaticon la ceramica opere dall'archivioFranco Bucci mostra che dall'8 al 18aprile 2014 abiterà in via Edolo 27, aMilano.

***Dall’archivio del ceramista pesa-

rese Franco Bucci in mostra le operee gli oggetti nati attraversando la vitacon gli artisti e gli amici. Incontri divarie arti con la ceramica.

In mostra: oggetti della collezionedisegnata da Cinzia Ruggeri nel2006, il tavolo Uovo del 1987 e ilgiardino da tavolo del 1998; i Piattidella Poesia e del Fluxus realizzati incollaborazione con Gianni Sassi nel1988 e le bottiglie prodotte su dise-gno di Giò Ponti, nel 1994.

Special guest la lampada Sottoso-pra di Paolo Rancati del 2014.

Tappeti sonori di John Cage, ValterMarchetti, Juan Hidalgo.

Elenco autori in mostra.Giò PontiCinzia RuggeriGianni SassiJohn CageValter MarchettiJuan HidalgoNanni BalestriniAntonio PortaJean Jacques LebelAdriano SpatolaGianni Emilio SimonettiTakako SaitoePaolo Rancati

L’opera in prima èCalma Piatta di Cinzia Ruggeri

http://www.cinziaruggeri.com/

i l d

esi g

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he

Disegnato nel 1993da Cinzia Ruggeri,“ROCCO” è un armadiettocontenitore, un personag-gio domestico ispirato aiperdoni, figuranti deiriti della settimanasanta e delle processioniche specialmente il ve-nerdì santo attraversanoil Salento e tengono vivala fede e il legame conle tradizioni. Gli ele-menti scolpiti applicatial mobile sono come ex-voto del design contempo-raneo.

http://www.designmadeinsalento.it

rid

e

Cinzia Ruggeri,Guanto gioielloper la mano sinistra

spagine