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s p a g i n e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri Spagine della domenica n°48 - 19 ottobre 2014 - anno 2 n.0

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Ecco con in copertina un immagine da I Resti di Bisanzio di Carlo Michele Schirinzi...

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spa gin ePeriodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

Spagine della domenica n°48 - 19 ottobre 2014 - anno 2 n.0

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H a detto Piero Fassino, sin-daco Pd di Torino ed ex se-gretario dei Ds (l’ultimo adesserlo stato prima del Pd),nonché ex Ministro della Giu-stizia e del Commercio con

l’Estero, attualmente presidente dell’Anci,che «se il Parlamento restasse chiuso seimesi, potrebbe perfino capitare che nessunose ne accorga», perché «ha perso la suacentralità». Ed è, secondo lui, cosa normale,ancorché dolorosa, perché «dobbiamo ripen-sare le forme della democrazia politica», nondobbiamo rifugiarci «nella nostalgia di quelche c’era prima. Di nostalgia non si vive, simuore» (Intervista di Aldo Cazzullo sul “Cor-riere della Sera” di sabato, 11 ottobre). Poiuna irrilevante rettifica sul “Corriere dellaSera” del 14 successivo: «Ho posto un temapolitico e culturale che sta sotto gli occhi ditutti: vi è una crisi […] delle forme politiche eistituzionali di rappresentanza» e via di se-guito con altre considerazioni, condivisibilisul piano diagnostico, di meno su quello te-rapeutico. Fassino va capito nell’economia della sua si-tuazione. In quanto sindaco di Torino èespressione della più ampia platea del cen-trosinistra e se punta ad essere confermatoalla scadenza del mandato – come punta –non può dire o fare cosa che in questo mo-mento urti quella platea, larghissimamenterenziana. Non è un’interpretazione maligna;semplicemente la sua è una condizione chenon gli consente di dire altro. Questo solooggi può dire…Resta tuttavia grave la filosofia politica chesottende il suo pensiero. Così ragionando,infatti, tutto ciò che è accaduto, che accadee che accadrà nella vita politica di un paese,finisce per essere giustificato. Fassino non èuno qualsiasi. Cariche politiche e governa-tive a parte, è uno che solo qualche anno fascrisse un libro “Per passione” (Rizzoli,2003), in cui, a proposito di Giancarlo Pa-jetta, disse che «non volle mai arrendersi al-l’idea, che si è dimostrata inesorabilmentevera, che il comunismo fosse incompatibilecon la libertà e la democrazia» (p. 49). E sidiceva convinto che «il riformismo [fosse] la

politica più “di sinistra”, mentre [riteneva] in-gannevoli le lusinghe dell’estremismo e delmassimalismo e demagogiche le loro accuseal riformismo di “svendere” le idee di pro-gresso per debolezza e incapacità» (p. 53).Alla luce di queste e di altre affermazioni nonc’è da sorprendersi se oggi è su posizionilontane da D’Alema e Bersani, i quali, però,senza essere estremisti e massimalisti, di-fendono alcuni principi basilari della demo-crazia, come la si intende a sinistra; anzi,come la si intende e basta, dato che alcunereali derive sono tali da non avere dubbi sullaloro antidemocraticità o sono tendenzial-mente antidemocratiche. Eccone alcune, senza alcun bisogno di esa-gerarle: 1. c’è un Parlamento, eletto con unalegge incostituzionale, che ratifica, con votodi fiducia, quel che decide un governo che difatto è un solo uomo, Renzi; 2. c’è un Se-nato, che si diceva andasse abolito, che nonè più votato dai cittadini; 3. ci sono le pro-vince, che si diceva andassero abolite, chenon sono più votate dai cittadini; col governoRenzi siamo in presenza del secondo go-verno extraparlamentare, non votato dai cit-tadini, con l’aggravante che né Monti néRenzi erano parlamentari all’atto dell’inca-rico; 4. il Parlamento è stato incapace dieleggere il nuovo Presidente della Repub-blica, lasciando in carica Napolitano, di fattoin regime di prorogatio; i cittadini, nelle loropiù diverse condizioni politiche, economichee sociali, sono privi di rappresentanza, percui non possono in alcun modo far sentire laloro voce; 5. il capo del governo è solo unoche fa quel che la Commissione Europea gliimpone, a prescindere da ogni altra conside-razione; 6. l’Italia ha ceduto pezzi di sovra-nità all’Europa senza aver sottoposto nulla algiudizio degli italiani; 7. la quasi generalitàdell’informazione spaventa quotidianamenteil Paese con notizie che hanno carattere inti-midatorio e ricattatorio, enfatizza quellepoche funzionali alla propaganda governa-tiva e nasconde quelle considerate nocive; 8.importanti conquiste sociali come le garanziedei lavoratori sono abolite come se si trat-tasse di vecchie inservibili suppellettili; 9. laCostituzione ormai è carta straccia, vanifi-

cata da una realtà emergenziale; 10. la Pre-sidenza della Repubblica è impelagata in“presunte” trattative con la mafia, devastantisul piano della credibilità e dei valori istituzio-nali di cui deve godere lo Stato di diritto.A fronte di una situazione del genere, che didemocratico non ha che le macerie – le si vo-glia vedere o meno è un altro discorso – Fas-sino non ha da opporre che una risibilissimaobiezione: «Viviamo l’epoca in cui un movi-mento arriva al 25 % dei voti senza una se-zione, senza una tessera, senza unsegretario. Vogliamo discuterne e capire per-ché?» (intervista citata).Ma Fassino è troppo intelligente per non ca-pire che un conto è il fine un altro il mezzo.Che oggi la politica abbia forme e percorsi di-versi è un dato di fatto inoppugnabile, mache le finalità democratiche debbano esserele stesse non bisognerebbe minimamente di-scuterlo. Anche nei paesini di poche migliaiadi abitanti ci sono giovani che con i socialnetwork riescono alle elezioni amministrativea prendere una caterva di voti; e sono gio-vani praticamente sconosciuti ai luoghi ur-bani, alla frequentazioni pubbliche, nascostialla politica quale ancora si fa, attraverso in-contri, convegni, conferenze e dibattiti. E, al-lora? Allora vuol dire che oggi bisognaprendere atto dei cambiamenti formali e stru-mentali, ma per perseguire le finalità di sem-pre, che durano dalle origini dellademocrazia. Non bisogna farsi abbacinare dai piccoli ograndi cambiamenti e perdere di vista i pic-coli o grandi traguardi dell’uomo politico, delcittadino. Questo correre dietro a Renzi, seper il sindaco Fassino ha una ragione poli-tica, per l’uomo Fassino, culturalmente prov-veduto, non ha alcuna ragione etica. Ilrenzismo dilagante è un vero impazzimentodiffuso. Lo svilire i valori della politica inco-mincia a diventare pratica demenziale. I va-lori non sono alimenti che scadono, possonoperdere la loro brillantezza, la loro luce, perle inevitabili traversie della realtà, ma restanovalidi. Essi sono come la lampada di Aladino,rottami buttati in un angolo, ma basta che listrofini ed ecco che ritrovi i grandi desideri-bisogni della vita politica.

L’impazzimento è generale

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L’impazzimento è generalezzzz

di Gigi Montonato

Diario politico

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In questa contemporaneità di accesaconflittualità, di diffidenza, di proclamiretorici, con attesa rinnovata cer-chiamo albe nuove che possano rav-viare la nostra coscienza, raggi di sole,lucori di speranza color giacinto. La

quotidianità ci ha quasi assuefatto a subirepassivamente messaggi vuoti, di nessunaconsistenza. L’universo della politica domi-nante è eternamente animato dai suoi “biso-gni insopprimibili”, che sono desideriinesausti di egemonia e di controllo, corsesfrenate verso il successo, a bordo d’unosconcertante e fastidioso rampantismo.La politica attiva è spesso il luogo fisico delfurente bisticcio, della polemica sterile, il de-bole terreno di coltura dove attecchisce il piùdesolante arrivismo di certuni. Da laici, tro-viamo più attraente, produttivo, affascinante,rivolgerci ad alcuni moniti provenienti dallaChiesa cattolica, che sono echi d’amore eonde gentili, una linfa vitale nel deserto cheavanza. Solitamente, da più parti, si puntua-lizza la necessità di tenere sempre staccatala sfera dello Stato dal dominio della reli-gione. È una saggia condotta non ingenerarepericolose mescolanze e improvvide inva-sioni di campo.L’essenza dello Stato laico e liberale si raf-forza nel momento in cui la religione sa starealla dovuta distanza; parimenti, qualsiasiconfessione è più autorevole, è più profetica,più credibile, se riesce a predefinire il suoraggio d’azione appannaggio delle animesensibili. Ma, da laici, apprezziamo i sistema-tici appelli, ad esempio, di papa Francescoalla pace, in questo avvilito mondo laceratoe devastato da conflitti di varia natura.Francesco è l’uomo del dialogo, nel suosplendente Cortile dei Gentili tutto possiamotrovare ascolto. Lui esorta la comunità dicontinuo con piglio pressoché “politico”, al-fine di educare ciascuno al rispetto dello stra-niero, a tutelate l’ambiente e il Creato, adabbondare la riprovevole violenza delle armi. Questo villaggio globale, universale, tendepur con molte sofferenze al multiculturali-smo, al mescolamento e al lussureggia-mento dei vari gruppi etnici. Già Papa Benedetto XVI ammoniva: “Fin dapiccoli è importante essere educati al rispettodell’altro, anche quando è differente da noi”.Insegnamenti sacrosanti, perché solo prepa-rando responsabilmente le giovanissime ge-nerazioni, si può prospettare di diffonderesani germi di comprensione, di intesa reci-proca, di corretta comunicazione. Far capireai nostri ragazzi che siamo tutti cittadini, figlid’una madre Terra.Mostrare con convinzione ad essi che il raz-zismo (come ideologia, come pregiudizio,come comportamento) rappresenta una de-generazione del pensiero. Occorre aprirsiall’altro.Alcuni gruppi nazionalistici europei vorreb-bero chiudere le frontiere, rinserrarsi a riccio.Non si edifica così una civiltà nuova. LaChiesa, in particolare, insiste sul fatto chenon ci si possa appellare unicamente ad unaspetto economico per governare una rivo-luzione antropologica, dei flussi in movi-mento (in specie sotto lo scacco delle infinite

guerre), che vanno disciplinati con la ra-gione, con l’amore. Non ci si può approcciarealle inevitabili migrazioni dei popoli cedendoad una cultura dell’intransigenza, dell’isola-mento, che a volte ha l’acre sapore del mi-serevole darwinismo sociale.In Italia, nonostante le anacronistiche pre-tese di qualche politico del Nord, grazieanche ad una diffusa cultura cristiana, pro-spera una coscienza decorosa: s’avanza un

civile pensiero dell’integrazione, perché si èconsapevoli di come devono andare le cosedel mondo, le cose della vita. Le genti di di-versi colori e gruppi etnici e gli abitanti autoc-toni, di fatto, costituiscono una popolazionemultiforme, intimamente unita da ragionicomprensive.Si può veramente convivere in un villaggiomultietnico, multiculturale, globale, aderendoalle nostre leggi e alla Carta costituzionale,nel più rigoroso rispetto delle varie e fecondeculture. La Chiesa cattolica che ha a cuorela pace si prefigge di tutelare l’ecosistemaTerra: “ Se vuoi coltivare la pace, custodisciil Creato”. Un’etica della responsabilità e unsuperiore senso di appartenenza impongonodi prestare ascolto alle esilissime leggi di Na-tura, ai suoi delicati equilibri. Devastare l’am-biente è un gravissimo reato. L’uomo chedistrugge gli ecosistemi sconquassa sestesso, non si prende cura della sua pro-fonda indole.La Chiesa ritiene che sia terroristico abusaredall’ambiente e auspica una lungimirante re-visione del modello di sviluppo. Ovviamente,l’appello è indirizzato particolarmente ai co-siddetti potenti. L’anidride carbonica, gli os-sidi, gli altri gas serra, gravano come unacappa minacciosa. Siamo da tempo su unapericolosa china. Le premure cristiane costi-tuiscono una sollecitazione per un serio e de-coroso impegno programmatico. Certo, nei grandi summit sul clima (l’ultimo direcente all’Onu), non si raggiungono mai ac-cordi vincolanti - legalmente e politicamente-di riduzione degli inquinanti. Ciononostante,fra l’opinione pubblica mondiale esiste unaconsapevolezza diffusa.Il 21 settembre scorso, in tutto il mondo, oltre570 mila persone hanno manifestato in di-fesa del clima con marce pacifiche. Gli equi-libri chimico- fisici dell’atmosfera sonodelicati, è vero, ma anche la sensibilità deicittadini che si adoperano per l’integrità delpianeta e per la tutela dei diritti è comeun’anima soave. L’immenso popolo dellaTerra vuole un benessere persistente, vuoleinserire un tarlo d’amore in questa poveraeconomia capitalistica. Possiamo credere inun più solidale equilibrio, basato non più sulpredominio violento, non più sulla squallidapolitica della spoliazione? Possiamo sperare,prima o poi, in una qualche equipartizionegenerosa delle risorse naturali, sul riconosci-mento effettivo e sulla legittimazione dei di-ritti di tutte le genti?

Contemporanea

avantiLa chiesa

di Marcello Buttazzo

Beato Angelico, Cristo coronato di spine, 1420

L’impazzimento è generale

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spagine della domenica n°48 - 19 ottobre 2014 - anno 2 n.0in agenda

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« Oculi de vitro cum capsula»,esclama incuriosito uno degliscrivani della Biblioteca deibenedettini al la vista degliocchiali, o qualcosa di simile,t irati fuori da Guglielmo da

Baskerville nel film Il Nome della rosa (labattuta non si trova invece nel l ibro diEco). Gli occhiali, in realtà due «man-dorle di vetro tenute da una forcella»,appaiono meravigliosi e inquietanti inquanto segno della presunzione intellet-tuale di Gugliemo di fronte a Dio. NelMedioevo gli oculari di vetro erano, in al-cuni casi, associati al demoniaco, all’ in-ganno e alla perversione del visibi le:ingrandire rimpicciolire sdoppiare capo-volgere. Arte diabolica, quella delle pro-tesi oculari, e S.S. Nigro scrive, citandodal Corpus Thomisticum, che l'occhio è«il portinaio del diavolo» (“janitor Dia-boli”).S.S. Nigro – l ’autore di quel fantasticolibro che è La tabacchiera di don Lisan-der – ci fa compiere un viaggio, lettera-rio e artistico, una sorta di personaleperipezia a la Mario Praz, tra occhiali ecannocchiali e conseguenti pulsioni vo-yeuristiche. Un viaggio che tace, giustamente, diquell’aspetto scientifico e razionale deglistrumenti ott ici (a partire dal cannoc-chiale gali leiano) per guidarci invece inun it inerario non tanto della curiositasscientif ica quanto della voluptas, cioèquel desiderio erotico che inizia dallosguardo e che le lenti potenziano edestendono.E, infatti, tutto ciò che potenzia i sensi èdegno di essere meditato. Gli occhialisono la risposta tecnica all’ impotenza vi-siva, ed è una risposta che si carica,però, di significati imprevisti. Potremmofar rientrare occhiali e cannocchiali all’in-terno di una storia generale dellosguardo che vuole superare i propri limitinaturali: bucare muri, pareti e tramezzi,portare alla luce ciò che è nascosto, unpo’ come scoperchiare tett i e vederedentro quelli che Nigro chiama «i luoghidivisi del corpo sociale», case, palazzi,cancellerie.La letteratura come un immenso peepshow.Attraverso alcuni snodi della letteraturaeuropea, e non della più scontata, Nigroci mostra come lo sguardo fosse asso-ciato alla concupiscenza, alla penetra-zione dei segreti, all’effrazione visiva, untema barocco che coinvolge Daniello

Di duemandorledi vetro

di Sebastiano Leotta

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Salvatore Silvano Nigro Il portinaio del diavolo.

Occhiali e altre inquietudini, Bompiani, Milano 2014

Letture

Bartoli, Francesco Pona, Francisco DeQuevedo, ma anche uno strano romanzodel 1631 di Comenio (I l labirinto delmondo e il paradiso del cuore, i l cui pro-tagonista è un viaggiatore del gran teatrodel mondo che porta sul naso un paio diocchiali in grado di svelare i l cuore in-terno di ogni cosa). Questi autori rappre-sentano nei loro testi le modalità diquello sguardo conoscitivo che permettedi smascherare l ' ipocrisia, la vanità, ivizi, le apparenze ingannevoli della poli-tica e della morale.Ma i luoghi indagati da Nigro spazianoanche dal Simenon de Le finestre difronte a La finestra sul corti le di Hit-chcock, con un James Stewart «perso-naggio che spia le f inestre deicaseggiati»; da Decalogo 6 diKieślowski, con i l ragazzino Tomek cheosserva con un binocolo la donna del pa-lazzo di fronte immaginando quasi un ro-manzo amoroso, a una serie di immaginiche si alternano ai capitoli: i quadri diHyeronimus Bosch, Rutilio Manetti, Mar-cel Duchamp, e le foto di Giuseppe Leonidelle maschere grottesche, tutte rigoro-samente con occhiali, di Palazzo Cosen-tini a Ragusa.Ma Nigro avrebbe potuto aggiungere losguardo lungo dell' immortale zia Léonieproustiana, che dalla sua reclusione inuna stanza vive la sua vita accanto a unafinestra e osserva e inventa i racconti ele cronache che la piazza di Combray leoffre. Ogni sguardo voyeuristico diventail pretesto per la via narrativa; secondoNigro, «questi radiologi diventano repor-ter del nascosto e del non visibile. Allun-gavano gli occhi e ghermivano il bandolodi storie altr imenti non narrabil i leestraevano dall'ombra le facevano proli-ferare a vista, e le rendevano sfogliabilicome in un'enciclopedia del racconto».Ma attenzione, però, ogni protesi otticanasconde insidie, fal lacie e delusioni.Nel racconto di Anna Maria Ortese – Unpaio di occhiali (1953): Eugenia unabambina «quasi cecata», vive in povertàe dentro una perpetua nebbia. Una zia lecompra un paio di occhiali e la bambinavede per la prima volta, r itraendosenecon orrore, la miseria immensa dei bassinapoletani. Commenta Nigro: «Allora èmeglio la cecità che un mondo così:brutto assai. Senza gli occhiali, dietro glioscuranti delle palpebre, l ' immagina-rietà è rassicurante».E chi non ricorda, quanto a delusioni, lapubblicità, siamo attorno agli anni ’80,

degli occhiali a raggi X che avrebberopermesso di vedere sotto i vestit i delledonne?

***Vasto è il catalogo dei vetri ottici. Mono-coli, fassamani, stringinaso, a ferro dicavallo, a losanga, a mandorla, pince-nez, lorgnette, ecc. se ne può seguire unelenco nelle Considerazioni sugli oc-chiali di George Perec, un testo ripresodallo studioso sicil iano per ricordarci lepotenzialità descritt ive che portano consé questi «piccoli laghi di vetro» (Scia-scia): come portarl i , come pulir l i o igesti con gli occhiali, come mordicchiarela stanghetta pensosamente, per esem-pio.Il saggio di Nigro si chiude con un capi-tolo, Gli occhiali di Ėjzenštejn dedicato aTodo Modo di Sciascia. Nel libro di Scia-scia, come sappiamo, si parte da un qua-dro misterioso di un pittore senese,Rutilio Manetti, la Tentazione di S. Anto-nio abate. L’anacoreta, in questa tela, ètentato da un diavolo che indossa gli oc-chiali, gli stessi, a pince-nez, che portail protagonista di Todo Modo don Gae-tano, mefistofelico rappresentante di unateologia politica tridentina che non rico-nosce, non ‘vede’, altro da sé se noncome eresia e perversione, e «gestoredegli strett i legami tra Chiesa e Poterenell’Italia democristiana»Nelle ult ime pagine del romanzo, difronte al cadavere di don Gaetano as-sassinato, Sciascia si sofferma su unparticolare, gli occhiali che penzolano,attaccati a un cordoncino, dal corpoormai inerte del prete.Questa pagina, scrive Nigro, è la cita-zione di un fotogramma de La corazzataPotëmkin. Si tratta della bell issimascena dell’ufficiale medico, anche lui concon pince-nez, che si rifiuta di ‘vedere’la carne marcia piena di vermi che i ma-rinai non intendono assolutamente dimangiare. Qui gli occhiali sono simbolodel cieco potere autocratico che nega larealtà delle cose. Alla fine i marinai si ri-bellano e lanciano l’ufficiale in mare. Lasequenza si chiude con il dettaglio degliocchiali rimasti a oscillare appesi a uncavo. Queste righe di Todo Modo, dun-que, evocano il capolavoro russo: acce-camento religioso e accecamentoideologico.Arte, letteratura e cinema, in Sciascia,così come in Nigro, si saldano in un tuttounico.

Aleksandr Rodčenko, Ritratto di madre, 1924

mandorledi vetro

di Sebastiano Leotta

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spagine della domenica n°48 - 19 ottobre 2014 - anno 2 n.0Cronache culturali

Va dove ti porta il libroA spettava solo il

momento d’en-trare, come d’in-canto, nella suaveste nera ap-pariscente. Quel

colore portato fin giù nellescarpe con tacco a spillo bat-tente, che l’impronta andava la-sciando nello spazio ospitante.Nella baraonda attraversaval’ambiente, e con lo sguardoall’orizzonte pensava solo altrionfo imminente e al successoimponente. Del suo charme ellasi copriva, avvolta di luce, danavigata scrittrice onorava lasua presenza. Copiosa nell’ap-parire, rivestita dal suo smaltoe desiderosa alquanto di viverequell’istante. Conscia, forse,che di lei non rimarrà piùniente. La primula nera presen-tava un libro e s’apriva conlargo sorriso ai numerosi pre-senti. Questo accadeva in unafosa serata di metà ottobrealla libreria Feltrinelli in Lecce.

Si vivono così oggi le gior-nate, purtroppo, la gloria è con-cessa a tutti: ma solo per ungiorno, appunto. Del domaninon c’è certezza. A coronarel’evento dei giovincelli travestiti(cioè, vestiti da personaggidelle fiabe) rallegravano l’am-biente, ed infine un gruppo didanzatrici alludeva in strada un‘flash mob’ seducente.Insomma, un movimento con-fuso di più persone infervoraval’aria in quello stretto spazio diVia dei Templari. A trarne piùvantaggio da questo miraggio èsenz’altro l’azienda vinicolaCantele, che produce un deli-zioso e rinomato vino, offertocome assaggio alla fine del

saggio. Il libro presentato, in-fatti, proprio di questo trattasotto forma di romanzo: alludea Teresa Manara, donna delNord che scende nel Salentonegli anni Cinquanta per pro-durre vino.

***Ultimamente letteratura e vinosi sposano facilmente, come lasaggistica è accompagnatadalla pastasciutta in un’altra li-breria, non molto distante daquesta. In simbiosi si arredanoolii, liquori, conserve, marmel-late e mustazzoli, convivendocon reciproco vantaggio in que-sto mercato invadente. Rappre-sentano proprio il vuoto diquesto mondo evanescente. E con indubbio fervore l'editoriad’oggi si presenta, amante delnulla, ebbra del successo; con-sapevole che alla fine è solo ilvino che resta. Tutto il resto èsolo paglia e fieno da distribuirealle greggi. Il rimpianto verràdopo, a chi non ha potuto assa-porare il nettare divino che leCantine Cantele ci hanno pro-posto, per appagare una vitadeludente. E le ballerine, i tra-vestiti, le bambine, e le signorenere intriganti che posto avranpreso in questo contesto? Diloro non rimarrà niente, sonosolo il frutto dell’apparenza, del-l’immagine riflessa; quello cheinvece durerà in eterno è ilsucco dell’uva che mani sa-pienti han saputo trattare, do-nandoci momenti d’autenticosapore.Comunque i menestrelli eranolo stesso lieti, e gli uni degli altriardenti: perché il tempo ingan-navano e fuggivano, appari-vano contenti. Allegri, questi

satiretti e ninfette usciti dai bo-schi che amano esser imbro-gliati da grossolane genti che litiene insieme mescolati, e bal-lano tuttavia. Questo corpo, chevien trattato come l’asino, ècosì stantio ma ebbro e lieto,già di inutili sforzi pieno; chenon può star dritto, ma ride egode tuttavia. Una maestra èdietro a costoro: ciò che toccaoro diventa. Ma a chi giova tuttociò? Solo a chi si accontenta.

***Ora tutti devono aprire bene gliocchi, che di immagini non sivive; oggi sono, giovani e vec-chi, imbevuti di questo pensierotriste, e tuttavia ne fanno festa.Fra suoni, balli e canti son con-venuti; e la lieta novella è fug-gevole tuttavia. Chi vuol esserlieto beva solo un buon calice diChardonnay, che del domanidelle scrittrici e danzatrici nonc’è certezza.“Per fare un libro ci vuole unvino, per fare l’uva ci vuole unseme. Per impiantare il seme civuole un viticultore […]”. Que-sto può essere l’ultimo spotdella distribuzione nazionaledel nuovo romanzo di LuisaRuggio: “Teresa Manara”, a se-guito dell’aperitivo offerto dalleCantine Cantele. Una guida peril futuro, in fatto di libri, targatidalle varie aziende vinicole lo-cali. Strategia innovativa ad altopotenziale per scrittori di ta-lento. Semina oggi per il tuo do-mani. La vita è essere liberi discegliere un libro, sempre.Questa è l’anima vincente. Chilegge ama. Chi scrive beve.Una via da seguire, insomma,con l’apporto dei bambini inabiti vintage, piccoli “uomini di

domani”, che magari cantic-chiano un motivo musicale chepiace a tutti. Per esempio, riportando allaluce una vecchia canzone diSergio Endrigo “Per fare un al-bero” e cambiandone un po’ leparole, come sopra citate.Riempiendo le mani dei bam-bini di borotalco, infine. L’imma-ginazione dei bambini èincredibile, e il progresso nascesempre da un sogno. Sarà ilplayoff dello spot dei Libri di do-mani, che ci regala, in un ora dimanifestazione, un mondo do-minato dalla spontaneità e dallafantasia. E a noi piace crederciperché così è il mondo che vor-remmo… osservato con occhigiovani. Un mondo salvato daibambini, i quali lanciasseroquel borotalco stretto nelle loromani sulla dama nera, final-mente. I grandi non capiscononiente da soli e i bambini sistancano a spogliargli di tuttoogni volta.

***“Il re è nudo” avrebbe detto unbambino in strada spezzandol’incantesimo dell’imperatorevanitoso completamente deditoalla cura del suo aspetto este-riore, e in particolare del suoabbigliamento, stanco di vedereuna folla di cittadini che applau-dono e lodano a gran voce l’ele-ganza del sovrano – ne “I vestitinuovi dell’imperatore” (fiaba da-nese scritta da Hans ChristianAnderson).

Bisogna sempre spiegarglielele cose ai grandi. Per dire ilvero ci vuole un bambino!

Mercoledì 15 ottobre è stato presentatoalla Feltrinelli di Lecce

Teresa Manara, nuovo romanzo di Luisa Ruggio per Controluce (Besa)

di Antonio Zoretti

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spagine della domenica n°48 - 19 ottobre 2014 - anno 2 n.0

Il tuo diamante è più vecchio di alcune stelle del cielo,è sopravvissuto a un viaggio straordinario

che lo ha trasformato nella gemma più ambìta del mondo!

Éstato presentato, venerdì 17 otto-bre, all’Hotel Patria di Lecce daL’Officina delle parole editore illibro “Storie di uomini e diamanti.Inganni e verità” di Rocco De Vir-gilio, con l’autore Antonio Bucco-

liero, consigliere regionale.Nel corso dell’incontro sono intervenuti l’editorePompea Vergaro, l’antropologa Elisabetta Opa-sich voce recitante della serata accompagnatadalle incursioni musicali di Gianluca Milanese eRoberto Petrelli del CAT Confesercenti di Lecce.Ha coordinato la serata l’architetto e poeta En-rico Romano.La serata è stata organizzata in collaborazionecon Eureco Engineering, Cat Confesercenti diLecce, Hotel Patria Palace, Caffè letterario Mi-mose.

***“La pubblicazione di Rocco De Virgilio è un viag-gio originale e poco conosciuto nell’affascinantee intricato mondo dei diamanti, un libro divulga-tivo e molteplice, nello stesso momento, che nonsegue un determinato costrutto narrativo, ma sisnoda tra la saggistica, l’avventura e il raccontobiografico: si narra la storia di miniere e di uominisfruttati, in un mondo intriso di sangue, dal SudAfrica al Brasile.Degli interessi delle Multinazionali e del commer-cio che si svolge da oriente a occidente. Unbreve sguardo è affidato alle origini di questapietra, simbolo di eternità, ai ritrovamenti dellepiù grandi e famose al mondo, alle loro peculia-rità e alla storia delle miniere più importanti almondo. Ma anche ai più famosi tagliatori e allamoissanite, il diamante sintetico del terzo millen-nio, per eccellenza. Di fronte all’intraprendenzadi Rocco De Virgilio, è stato inevitabile non re-stare indifferenti e, naturale, è sorta la voglia diconoscere queste storie vere o non vere, chesiano, ma più vere, naturalmente di Uomini eDiamanti i cui destini si intrecciano fatalmente auna Storia fatta di sacrifici e morte che si ripeteda millenni. Di affari, di incontri tra uomini ambi-ziosi e lui, il diamante, pronto a insidiarli e am-maliarli, consapevole della propria eterna eindomabile bellezza!Il volume si propone al lettore in una narrazionesobria, semplice e accattivante, tra verità e in-ganni, come recita il sottotitolo, in pagine avvin-centi tra competenze professionali e pathos,sorrette da tanta sincerità. Una voce narrativaquella di Rocco de Virgilio che colora il mondo”.

Pompea Vergaro

A nuda voce

in Agenda

Domenica 19 ottobre, alle19.00, nell’ambito della ras-segna Oktoberbook, realiz-zata dall’Assessorato allaCultura di Copertino,

presso la Cantina Quattro Casali a Co-pertino in via Galatina, si terrà la primapresentazione di “A nuda voce. Cantoper le tabacchine”, la raccolta poeticadi Elio Coriano che inaugura la collanadi poesia di musicaos edizioni.

Si legge nella quarta di copertina: “ElioCoriano con questa sua opera intenderestituire una voce alle tabacchine morteil 13 giugno 1960 a Calimera, a causa diun incendio nei locali della ditta Villani eFranzo. Questo canto si unisce a quellodi una generazione di salentini chehanno lavorato, anche in condizioni di-sumane, per garantire un futuro ai proprifigli”. L’introduzione al volume è stata affidataa Ada Donno: “Il Salento era diventatauna delle aree più altamente specializ-zate nella produzione e la prima lavora-zione delle qualità di tabacco levantino,che Rosetta e le sue compagne ave-vano imparato a distinguere e a chia-mare coi loro nomi impronunciabili che aloro suonavano come “santujaca”, “peri-stizza” e “zagovina”: le più chiare dallepiù scure, le più larghe dalle più piccole,le più ruvide dalle più lisce. Le tabac-chine erano manodopera indispensa-bile: prima di tutto perché la lavorazionedelle foglie richiedeva le mani abili, leg-gere e veloci delle donne, meglio se ingiovanissima età. Spesso erano quellestesse mani che negli altri mesi del-l’anno tessevano i propri corredi al telaioo ricamavano quelli commissionati dallesignore dei paesi.E poi perché era manodopera docile,che si poteva pagare la metà degli uo-mini senza dovere spiegare perché, di-sposta a piegarsi ad ogni angheria purdi tenersi quel posto.Molte delle compagne di lavoro di Ro-setta provenivano dalle famiglie di colonio di braccianti che producevano il ta-bacco nelle campagne attorno agli opi-

Domenica 19 ottobre, alle 19.00per l’Oktoberbook dell’Assessorato alla Culturadi Copertino la Cantina Quattro Casaliospita la presentazione dellaraccolta poetica di Elio Corianoper Musicaos edizioni

fici. Con la loro fatica stagionale, preca-ria e frammentata, d’estate nelle campa-gne di raccolta e d’inverno negli opifici,le lavoratrici del tabacco integravano ilreddito familiare.Tale concezione integrativa, a giustifica-zione della bassa retribuzione femmi-nile, era stata per secoli lo strumento diassoggettamento sociale, politico e cul-turale, nonché familiare, delle donne.Secondo un criterio indiscusso, infatti,alle donne veniva corrisposto per leggesolo il compenso dello sforzo richiestodal lavoro in fabbrica o in campagna. Ilcorrispettivo economico delle cure do-mestiche, invece, attività propria delladonna per definizione e destino, venivaintegrato nel salario dell’uomo capofami-glia, al quale soltanto spettava il mante-nimento della donna e dei figli. E casomai non fosse bastata questa giustifica-zione, c’era l’altra più rozza e sbrigativa,comunemente accettata, dell’inferioritàdella forza fisica femminile, del piùbasso livello d’istruzione e specializza-zione e rendimento: in una parola, dellanaturale, ineliminabile inferiorità delladonna”.

Cronache culturali

Storiedi uominie di diamantida L’Officinadelle Parole

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I l Gruppo Teatro 4e48, con il Comune diGallipoli, e la Pro Loco di Gallipoli –con la collaborazione del Liceo QuintoEnnio e la partecipazione di Bar Tellini,Aputea Concept Bar e Nostoi Libri –presentano la prima edizione del Festival

della Letteratura “Il Mestiere di Scrivere“, du-plice l’obiettivo: mettere in contatto alcune per-sonalità del mondo della Letteratura con la cittàdi Gallipoli e quella di valorizzare la valenza let-teraria e artistica di Gallipoli e del Salento tra-mite i suoi scrittori e autori più importanti. Dal 25 al 30 ottobre a Gallipoli, nei luoghi delFestival si alterneranno quindici autori, in bendiciotto eventi sparsi in cinque location diverse:il Bar Tellini, la Libreria Nostoi, la Aputea Con-cept Bar, il Liceo Quinto Ennio e il Teatro Co-munale Garibaldi.Nel programma eventi e incontri con ospiti di ca-ratura nazionale e internazionale; spettacoli tea-trali, letture e reading musicali; presentazioni edesposizioni di autori ed editori locali. Non manca, correlato al Festival, un concorsoletterario con serata finale di premiazioneaperta al pubblico.Grazie alla collaborazione con il Liceo QuintoEnnio saranno coinvolti nell’iniziativa gli studentidelle scuole superiori, attraverso incontri facciaa faccia con scrittori e iniziative studiate ad hoc(le Colazioni con l’autore). Non solo, ovvia-mente i ragazzi ma tutta la cittadinanza con at-tività in grado di coinvolgere e appassionareogni tipo di utenza, sarà del tutto parte del-l’evento. Inoltre la proposta mira a creare unarete tra gli enti e le attività della città, a partiredal Comune di Gallipoli e dalla Pro Loco fino adarrivare a interessare le location comunali e leattività commerciali attrezzate a ospitare alcunimomenti della rassegna. Ospiti del Festival: Irene Paganucci (poetessae autrice teatrale), Piero Rapanà (attore e au-tore), Danny H. Cortese (scrittore e dramma-turgo), Luigi Saccomanno (scrittore), Anna VeraViva (scrittrice), Elio Scarciglia (editore), GianniDe Blasi (regista e scrittore), Francesco Cuna(grafico e pittore), Elio Coriano (poeta), France-sco Aprile (scrittore e giornalista), Matteo MariaOrlando (poeta), Matteo Greco (poeta e dram-maturgo), Davide Rondoni (poeta internazio-nale), Valentina Colonna (poetessa emusicista), Domenico Cosentino (editore e scrit-tore), Inna Skakovska (traduttrice ed espertaletteraria) e Giuseppe Perri (traduttore e ricer-catore dell’Università di Bruxelles), Maria Te-resa Protopapa (scrittrice), Luigi Giungato(attore e drammaturgo).

Il mestiere di scriverespagineA Gallipoli dal 25 al 30 ottobre il Festival della Letteratura promosso dall’Amministrazione Comunale con la Pro Loco e Gruppo Tearo 4E48tra gli ospiti Irene Paganucci, Davide Rondoni, Valentina Colonna e Domenico Cosentino

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Il mestiere di scriveredella domenica n°48 - 19 ottobre 2014 - anno 2 n.0in Agenda

SABATO 25 OTTOBREOspite: IRENE PAGANUCCI

Poetessa e autrice teatrale Irene Paganuccivive e lavora a Lucca, è laureata all’Universitàdi Pisa con una tesi sul ruolo della poesia arabanelle rivoluzioni in Nord Africa. Ha pubblicato “Diquesto legno storto che sono io” (Marco SayaEdizioni, Milano, 2013) e ha scritto lo spettacolo“Signore perbene – Viaggio nella poesia italianaal femminile”. Segnalata come miglior autriceesordiente al Premio Gozzano 2013, sulla suapoesia hanno scritto diverse testate web e car-tacee, come L’Unità e Versante Ripido.

Alle 9.00, Liceo Quinto Ennio: Incontro con glistudenti delle scuole superiori: “La poesia ita-liana nel secondo Novecento”, con gli interventidi Irene Paganucci, Piero Rapanà (FondoVerri), docenti e autori locali.Alle 17.00, Libreria Nostoi: “Poetry Break” –dialoghi e chiacchiere sui libri, l’universo e tuttoquanto, con interventi e letture di Irene Paga-nucci, docenti e autori locali. Alle 21.00, Libreria Nostoi: Presentazione dellibro “Polvere” (Kurumuny Edizioni) di Danny H.Cortese (scrittore e drammaturgo gallipolino), acura di Officina Chinaski.

DOMENICA 26 OTTOBREAlle 17.00, Libreria Nostoi: Presentazione dellibro “Scrittori brutta razza” (Lupo Editore) diLuigi Saccomanno (scrittore gallipolino, se-condo classificato al Premio Zingarelli). Alle 18.30, Libreria Nostoi: Presentazione dellibro “Questioni di sangue” (Edizioni Homo Scri-vens) di Anna Vera Viva (scrittrice salentina). Alle 21.00, Teatro Garibaldi: “Signore perbene– Viaggio nella poesia italiana al femminile”,spettacolo teatrale scritto da Irene Paganucci,a cura del Gruppo Teatro 4e48.

LUNEDÌ 27 OTTOBRE Alle 17.00, Libreria Nostoi: “Canto senza voce”,reading musicale sulla poesia di Claudia Rug-geri, a cura di Terra d’Ulivi Edizioni, Elio Scarci-glia e Gruppo Teatro 4e48. Alle 18.00, Libreria Nostoi: Presentazione dellibro “Filastre” (Lupo Editore), di Gianni De Blasi(regista e scrittore) e Francesco Cuna (graficoe pittore). Alle 20.00, Libreria Nostoi: Serata conclusivadel Concorso Letterario “Il Mestiere di Scrivere”.Lettura e presentazione delle opere finaliste,proclamazione delle opere vincitrici. A seguireincontro e reading con i poeti giurati: Elio Co-riano, Matteo Greco, Francesco Aprile e MatteoMaria Orlando.

MARTEDÌ 28 OTTOBREOspiti: DAVIDE RONDONI (poeta e scrittore) eVALENTINA COLONNA (poetessa e musici-sta)

Davide Rondoni è uno dei più importanti poetiitaliani viventi. Le sue numerose raccolte dipoesia sono state pubblicate in Italia, nei prin-cipali Paesi europei e negli Stati Uniti. L'operache lo ha posto all'attenzione della critica è “Ilbar del tempo” (Guanda, 1999), seguita da al-cuni libri che hanno ricevuto i più importantipremi di poesia, tra cui le opere: "Avrebbeamato chiunque" (Guanda, 2003), "Apocalisseamore" (Mondadori 2008). Ha tenuto e tienecorsi di poesia e di letteratura negli atenei di Bo-logna, Milano Cattolica, Genova, allo Iulm, enegli Stati Uniti (all'Università di Yale e alla Co-lumbia University). Svolge un'intensa attivitàpubblicistica: ha fondato e dirige la rivista clan-Destino, è opinionista di Avvenire, è stato criticoletterario nel supplemento domenicale de IlSole 24 Ore. Saltuariamente pubblica sul Cor-riere della Sera. Dal 2006 conduce, sull'emit-tente televisiva TV2000, Antivirus, unprogramma di poesia. Ha fondato e diretto ilCentro di Poesia Contemporanea in seno al-l'Università di Bologna. Oltre a 17 raccolte dipoesia, ha pubblicato 3 romanzi, 7 saggi, hascritto numerosi testi teatrali e curato diverseedizioni, antologie e traduzioni (tra cui“L’amore” di Leopardi, per Garzanti e la Com-media di Dante per Rizzoli).

Valentina Colonna nasce a Torino nel 1990. Nel2010 pubblica la sua prima raccolta di poesie,“Dimenticato suono” (Manni Editori), catalogatanella Biblioteca “Eugenio Montale” dell’ItalianCultural Institute of London (UK). È laureatacon lode in Lettere antiche presso l’Universitàdegli Studi di Torino. Diplomata in Pianofortecon Luciana Bigazzi e perfezionatasi conRamin Bahrami e Paul Badura-Skoda, si de-dica al repertorio barocco, studiando clavicem-balo con Béatrice Martin e Luca Guglielmi.Appassionata di fotografia, le sue foto sonostate utilizzate per manifesti pubblicitari, coper-tine di CD, siti web e giornali. Ospite nell’ambitodella manifestazione letteraria europea “Letti dinotte – 2013”, inaugura la sua prima mostrapoetica itinerante. Nel luglio 2014 viene presen-tata da Davide Rondoni al Festival di Rimini“Parco Poesia – 2014”, nell’ambito della serata“Lettere a un giovane poeta”.

Alle 9.00, Bar Tellini: “Colazione con l’autore”.Incontro con gli studenti delle scuole superiori.Alle 17.00, Libreria Nostoi: “Poetry Break” –

dialoghi e chiacchiere sui libri, l’universo e tuttoquanto, con interventi di Davide Rondoni, Va-lentina Colonna, docenti e autori locali.Alle 20.30, Bar Tellini: “Io sono l’altro”, Readingdi Davide Rondoni e Valentina Colonna. A se-guire incontro con il pubblico e acoustic livemusic.

MERCOLEDÌ 29 OTTOBREOspite: DOMENICO COSENTINO (editore escrittore)

Domenico Cosentino vive e lavora in Irpinia.Narratore e poeta, è autore di diversi libri, tracui “Come un calzino bucato” (Il Papavero Edi-zioni, Avellino, 2011), “Addio Kind of Blue” (Vil-laggio Maori Edizioni, Catania, 2009), “Discorsifilosofici con il mio gatto domestico” (PalladinoEditore, Campobasso, 2012) e “Midnightwal-ker”, (Palladino Editore, Campobasso, 2014).Con il racconto “Sull’orlo del prepuzio” è pre-sente nell’antologia “HOTell – Storie da un tantoall’ora” (Edizioni WhiteFly Press, 2014). Nel2012 fonda ‘Round Midnight Edizioni, diven-tando in pochi mesi uno degli editori indipen-denti italiani più di rilievo, creando un catalogocompetitivo, ricco di autori eccezionali e moltoamati come il blogger e vignettista Amleto DeSilva (per la prima volta pubblicato proprio dalla‘Round Midnight), Vincenzo Costantino China-ski (Feltrinelli) e Alberto Calligaris (Newton &Compton), usando formule di marketing nuovee rivoluzionarie.

Alle 9.00, Bar Tellini: “Colazione con l’autore”.Incontro con gli studenti delle scuole superiori.Alle 17.00, Libreria Nostoi: “Poetry Break” –Dialoghi e chiacchiere sui libri, l’universo e tuttoquanto, con interventi e letture di Domenico Co-sentino, docenti e autori locali.Alle 21.00, Aputea Concept Bar: Reading mu-sicale con la poesia di Domenico Cosentino ela musica di Alessandro Solidoro.

GIOVEDÌ 30 OTTOBREAlle 17.00, Teatro Garibaldi: Presentazione dellibro “Le ombre degli avi dimenticati” (ApiceLibri) di Mychajlo Kocjubyns’kyj (prima tradu-zione in Italia), a cura di Inna Skakovska (tra-duttrice ed esperta letteraria) e Giuseppe Perri(traduttore e ricercatore dell’Università di Bru-xelles). Alle 18.30, Teatro Garibaldi: Presentazionedella bibliografia di Maria Teresa Protopapa(scrittrice gallipolina). Alle 21.00, Libreria Nostoi: Presentazione deltesto teatrale “Automotores Orletti”, di LuigiGiungato, a cura della Compagnia Calandra.

A Gallipoli dal 25 al 30 ottobre il Festival della Letteratura promosso dall’Amministrazione Comunale con la Pro Loco e Gruppo Tearo 4E48tra gli ospiti Irene Paganucci, Davide Rondoni, Valentina Colonna e Domenico Cosentino

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spagine della domenica n°48 - 19 ottobre 2014 - anno 2 n.0Cronache culturali

La libertà dell’animaintervista di Alessandra Margiotta

Mo’ Kalamity è un artista proveniente dalleIsole di Capo Verde ma che vive in Fran-cia. Dopo aver scoperto la musica reg-gae come forte vocazione già nella suainfanzia, ha prodotto ben tre dischi, l’ul-

timo Freedom of The Soul, e alle spalle diverse colla-borazioni. Nell’intervista racconta come è nata la suapassione e lancia un messaggio di pace a tutti.Ciao Mo’ Kalamity come è nata la tua passione perlamusica reggae/black ?Questa passione si é rivelata durante la mia infanzia,prima di tutto tramite i dischi dei miei genitori: c’era mu-sica africana, Bob Marley, Jimmy Cliff… e poi mi sonofatta la mia cultura musicale che si é diretta verso il BlueGospel, il soul; ma il reggae é rimasta la mia musica dipredilezione grazie alla sua potenza musicale e ai mes-saggi che passa.Come è avvenuto l’incontro con il gruppo The Wi-zard ?Cantavo in qualche gruppo e poi ho iniziato a comporree ad avere tanta musica e idee in testa. Ho avuto un de-siderio profondo di creare una band e dare vita alle mieprime composizioni. Ho cercato un tastierista, che a suavolta mi ha presentato quelli che sono diventati i membridel gruppo Wizards, che mi accompagnano ancoraoggi.Come è nato il tuo ultimo album Freedom of The Soul ?Il mio terzo album é nato dalla voglia di condividerequello che sento e da quello che osservo attorno a me.Tra la composizione e la registrazione al Wise Studiocon l’aiuto di Fabwice ci é voluto un anno. L album éuscito sotto la mia etichetta Sofia-Thea Records.Hai collaborato con diversi artisti internazionali.Quale collaborazione ti ha lasciata più soddisfatta?Queen Omega mi ha emozionata molto. Ho avuto l’op-portunita di fare un tour con lei. E’ un artista eccezionale,piena di talento e con cui condividiamo gli stessi ideali,le stesse lotte.Stai lavorando su nuovi prodotti discografici ?I prossimi progetti riguardano delle realizzazioni in vinilecon dei produttori del campo sound system; e nei pros-simi mesi condividere e far conoscere il più possibile ilnostro album Freedon of The Soul su palcoscenico.Cosa ne pensi dell’evoluzione della musica reggae?C’é una rinascita roots in Giamaica molto importante epiacevole da ascoltare grazie ai messaggi che passa ealla qualità delle produzioni a cui da vita.Lascia un messaggio a chi sta leggendo l’intervistaConserviamo un ricordo indimenticabile della nostraprima volta in Italia a Torino con I Wizards e ci auguriamoveramente di tornare. Incoraggiate gli artisti indipendenti.Io Vi invito a scoprire il nostro terzo album Freedom ofthe Soul.Che la pace e la Felicità vi accompagnino ogni giorno…One Blessed Love

Traduzione dal francese a cura di Tanya [email protected]

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spagine

OUT-ER

in Agendadella domenica n°48 - 19 ottobre 2014 - anno 2 n.0

Out-Er sta per Out ElectronicRecordings, un’etichetta di-scografica indipendente nataa Berlino nel 2010 dalla col-laborazione fra due artisti sa-lentini, Simone Gatto e

Andrea Santoro. Il suo obiettivo? Stamparemusica su vinile caratterizzata da suoni pro-fondi e raffinati, qualsiasi sia l’onda seguitadall’artista. L’etichetta si focalizza sul rilasciaremusica elettronica sperimentale e, in primabattuta, coinvolge solo artisti italiani. I primi di-schi vengono auto prodotti e pubblicizzati“face to face” nella capitale tedesca. Nellamercato musicale, denaro, tempo e talentosono i requisiti iniziali per affacciarsi nel set-tore e farsi notare. Dopo la quarta uscita, in-fatti, l’etichetta comincia ad attirarel’attenzione di appassionati ed esperti. La mu-sica Out-ER è un prodotto poco comune, chepur spaziando tra le varie declinazioni dellamusica elettronica (house, techno, elettronica,ambient), riesce a mantenere uno stampocreativo e coerente a breve e lungo termine.Ottenendo visibilità spontanea tra storici pro-duttori di musica elettronica come Surgeon eDave Clarke, su riviste cartacee e blog di mu-sica; generando interesse in organizzatori lo-cali ed esteri, e giungendo a ottenere gigs eperformance da Miami a New York, passandoper Berlino, Londra, Ibiza e Parigi.Proporre ciò che piace e non ciò che va dimoda è nella filosofia di Out-ER . Seguire im-perterriti una strada poco trafficata ma moltolunga e tortuosa. Insistere e persistere nellapropria visione della musica senza compro-messi. Una sfida vinta, un sogno che diventarealtà, una passione che si tramuta in inse-gnamento: dal rapporto tra suono e sensazionievocate, ai tecnicismi per ottimizzare unacomposizione, per finire con la fruizione di ma-teriale audio accompagnato a visual creati ap-positamente.

La ricerca elettronica di Simone Gatto e Andrea Santoro

Petrelli, sound engineer e sound designer,tratterà del Mixing spiegando l’approccio teo-rico e tecnico al missaggio di un brano e laspecificità del missaggio di Holzwege EP: dadove si parte per mixare, quali elementi dellacomposizione esaltare e quali no, contestua-lizzazione del mix rispetto al tipo di genere mu-sicale, alla composizione in sè e albackground dell’artista di riferimento e ancoral’ottimizzazione del timbro sonoro (ascolto delbrano nella sua interezza, elementi sonori damettere in risalto) il tricks and tips per miglioreresa del prodotto finale.Il ProoTools lo strumento utilizzato per il mix diHolzwege EP, verrà approfondito durante ilworkshop nei seguenti aspetti: impostazionedel mix di Holzwege EP; coerenza sonora (vo-lumi, equalizzazione, compressione, effetti);modifica del timbro sonoro durante il mix; trickand tips finali. Non mancheranno, nel corsodell’incontro, le esercitazioni pratiche.

Nella prima parte dell’incontro Simone Gattotratterà del tema Musica, comunicazione edempatia analizzando il rapporto tra suono esensazioni evocate e il processo empatico chelega la performance dell’artista all’audience.Gatto si soffermerà sulle note e gli accordi chestimolano specifiche sfere neurali, proponendouna performance musicale elaborata secondoil Metodo Resseguier e un’esercitazione pra-tica di ascolto live “raccogliendo” la rispostadel pubblico attraverso la compilazione di unquestionario basato su esperimenti e studi uni-versitari. In ultimo la presentazione audio /video di Holzwege EP.Contestualmente l’artista spiegherà l’approc-cio agli strumenti che utilizza (Prophet 12,Juno 60, Access Virus Ti...) per produrre i suoisuoni e quali di essi sono i più funzionali ri-spetto ai concetti che vuole esprimere; illu-strerà inoltre la tipologia di collaborazioneottenuta con il leggendario produttore olan-dese Danny Wolfers, in arte Legowelt, attivosulla scena dell’elettronica dai primi anni ’90.Nella seconda parte del workshop Giuseppe

Percorsi che Out-ER proporrà domenica 26ottobre, dalle 16.00 alle 19.00 in un wor-kshop che avrà luogo negli spazi della Mas-seria Ospitale a Lecce. In occasione deldodicesimo disco di Out-ER, Holzwege EP,prodotto da Simone Gatto e remixato dallostorico produttore olandese e maestro nell’usodel sintetizzatore Legowelt, appassionati e ad-detti al settore saranno invitati ad assistere alezioni teoriche e pratiche tenute dal teamOut-ER, che si pone l’obiettivo di trasmetterei propri metodi lavorativi (artistici, tecnici, ma-nageriali, promozionali) nel mercato delle eti-chette di-scografiche indipendenti.

Dopo il termine della parte didattica, il team Out-Er proporrà una parte ricreativa.Dalle 19.00 alle 24.00, tutti gli artisti Out-ER siesibiranno in una performance dal vivo con gi-radischi e vinile, mentre i presenti potranno ap-profittare di drink e finger food. L’ospited’eccezione di questa prima edizione sarà Or-lando Voorn, produttore olandese famoso peraver connesso l’Europa a De-troit all’inizio deiprimi anni ’90.Tanta esperienza e musica di qualità con i pro-duttori Out-Er locali: Limo, Luciano Esse, AlfredoCaforio, Buck, Santorini, Simone Gatto, Mirror 1e Summed. Gli autori proporranno i loro miglioridieci dischi, suonandoli a rotazione e intratte-nendo i presenti con deliziose perle musicali suvinile, collezionate a partire dagli anni ’90 finooggi.

https://soundcloud.com/out_electronic_recording/sets/simone-gatto-holzwege-ep

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spagine

Sulla scia di una tradizione ormaisecolare, nella prima domenicadi marzo si svolge a Marittimauna manifestazione ancora moltosentita, la fiera della Madonna diCostantinopoli, la Vergine com-

patrona del paesello, venerata sotto forma diun’artistica statua in cartapesta e attraversoun’antica icona bizantina nel piccolo e graziosoSantuario a Lei espressamente dedicato.Si diceva manifestazione molto sentita, non acaso, bensì per due ordini di motivi da sempreradicati nella mente e nella sensibilità dei marit-timesi. Una volta, praticamente sino a pochi de-cenni addietro, trattatasi dell’unica occasione dimercato a domicilio, tant’è che, in seno alle fa-miglie, molti acquisti venivano programmati escadenzati giustappunto in concomitanza dellafiera; inoltre, l’arrivo della prima domenica dimarzo inculcava nella suggestione popolareuna specie di simbolo, se non proprio di defini-tivo distacco dal periodo freddo, perlomeno diinizio del passaggio dall’inverno alla stagioneprimaverile. Certo, nei tempi recenti, sono man mano inter-venuti innumerevoli stravolgimenti ed evoluzioni,vuoi attraverso l’apertura, un po’ ovunque, dimercatini, supermercati, ipermercati e mega-store, vuoi per la diffusione dei mezzi di trasportoche consentono di muoversi quando si vuole edi raggiungere per gli acquisti le più disparate lo-calità, sia infine in virtù del fenomeno della pub-blicità, soprattutto radio-televisiva e grazie alleschiere di venditori porta a porta che, come dire,non ti fanno mancare quasi nulla.Così, invece, non accadeva prima. La fiera eraattesa, con autentica ansia, da tutti, a partire daipiccoli e sino alle persone anziane.I ragazzini, solo in quella particolare domenicaa differenza delle altre festività, erano eccezio-nalmente mattinieri, non vedevano l’ora diuscire, sfoggiando per la prima volta dopo l’in-verno i pantaloncini corti, preceduti, nel compi-mento di tale atto, soltanto da qualche visita dinonni o zii, i quali come sempre si erano alzatipresto, recanti in dono, come primo segno dellamanifestazione, un fascio di fresche carote, lemitiche pistinache secondo il gergo dialettale. Su e lungo una serie di strade e piazzette delpaese, la fiera si snodava sistematicamente insequenze scandite e organizzate a secondadella natura merceologica dei prodotti in espo-sizione: in piazza Umberto, di fronte alla Chiesamatrice, prendevano posto le baracche di generialimentari, casalinghi, piccoli e artigianali giocat-toli, dolciumi; il largo cosiddetto della «Cam-purra», dominato dalla Cappella di S. Giuseppe,era invece deputato alle baracche di tessuti, ar-redamenti per la casa, confezioni e calzature. Invia Convento, nella direttrice conducente alCamposanto e al già citato Santuario della Ma-donna di Costantinopoli, si situavano i venditoridi articoli per l’agricoltura, cereali e granaglie ingenere, ortaggi e verdure, scale, corde e quindi,dulcis in fundo, i venditori di animali vivi e be-stiame (dai piccoli volatili - pulcini, galletti e pud-drasce - ai conigli, agnelli, pecore, capre, suini,cavalli, asini e muli, nonché qualche capo bo-

Marittima e la Madonna di Costantinopoli

battersi improvvisamente nel maltempo, di tro-varsi costretto a rifugiarsi per ore, si pensi un po’,all’interno della chiesa e, da lì, assistere allibitoallo smantellamento di baracche e merci, perpoi, una volta passata la tempesta, fare mestoe inglorioso ritorno fra le mura domestiche.D’altronde, non si deve dimenticare che alloral’ombrello rappresentava un optional non pro-priamente comunissimo, di macchine, pratica-mente, non ne esistevano, contandosene, nelpaese, appena due (una «Fiat Topolino» e una«Fiat giardinetta»): e i torrenti d’acqua generatidal temporale non potevano certamente affron-tarsi e guadarsi a cuor leggero, neppure dai piùtemerari.

***Nell’ambito della mia famiglia, l’occasione dellafiera significava anche rivedere uno zio che vi-veva nel brindisino e lavorava presso un magaz-zino di tessuti. Egli, difatti, insieme con i suoi

vino). Consisteva essenzialmente in questo lagamma di mercanzie che la fiera offriva alle, delresto povere, possibilità di acquisto dei maritti-mesi e degli abitanti dei paesi vicini i quali vi con-venivano anch’essi in numero ragguardevole.Le contrattazioni iniziavano verso le sei/sette delmattino, protraendosi sino alle 14/15 dopopranzo: piccoli e onesti e dignitosi affari per en-trambe le parti che li animavano e generavano.Talvolta, poteva capitare che in occasione dellaricorrenza, all’ultimo minuto della vigilia o addi-rittura nel corso della manifestazione, si regi-strassero gravi perturbazioni meteorologiche,con acquazzoni e temporali: in casi del genere,per fortuna non frequenti, il cattivo tempo stra-volgeva e metteva a soqquadro tutto, sicché lafiera veniva spostata alla domenica successiva.A comprova di siffatta sfaccettatura, a chi scriveè direttamente accaduto, in un paio di occasioni,dopo essere uscito di buon’ora da casa, di im-

La fiera e l’attesa

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Marittima e la Madonna di Costantinopoli della domenica n°48 - 19 ottobre 2014 - anno 2 n.0Racconti salentini

In quest’era iperveloce, di frenesie dif-fuse, sovente arida, s’avverte la neces-sità di ancorare i nostri istanti aqualcosa di durevole. In una societàspesso distratta, che santifica e blan-disce quotidianamente i suoi falsi miti,

c’è un bisogno quasi fisiologico di prendersicura d’un ricco universo di valori imperituri. Amore, amicizia, lealtà, gratuità, dono, sen-timento. Rocco Boccadamo fa di continuo ri-ferimento a questa costellazione intima eparadigmatica. Lui conosce l’amicizia e la sadonare disinteressatamente, con passione,con incanto. Lui ama gli uomini, sa comuni-care correttamente con il proprio sé e conl’altro da sé. Ama la sua terra di cieli tersi edi zolle assolate come figlio devoto. Conoscela nostalgia, il suo succo inerente e nutriente,perché ha avuto il coraggio, la tenacia di an-dare via dalla sua casa e di fare ritorno. Hasaputo sradicarsi, restando amabilmente ab-barbicato alla sua storia ancestrale e ai vis-suti significativi. Un uomo che fa dellabellezza seconda la sua ragione di vita.Rocco è artista della sua esistenza. E iltempo lo ha saputo sapientemente imprigio-nare nella scrittura del ricordo. I suoi sonopensieri sul ricordo, sempre vivo, pulsante,vibratile.La memoria è stagione presente, un oggipersistente. Anche quando scava fin nellepiù profonde scaturigini del passato, il suonarrare è vivo, contemporaneo. La sua madre terra natia è protagonista in-contrastata del suo ultimo libro “Compare, mivendi una scarpa?”(Capone Editore, 144 pa-gine, 10 euro) con prefazione di Maurizio No-cera e postfazione di Antonio Errico.Boccadamo ha un legame stretto con il Sa-lento, con la gente che lo abita.La sua non è scrittura elitaria, ma lineare:essa sgorga come un placido fiume di sere-nità, come un rigagnolo cortese, che fluiscee fluisce. Boccadamo è innamorato delle sueradici: nell’anima ha Marittima, Castro. Il suoimmaginario è affollato di uomini del popolo:calzolai, nuciddrari, artigiani ambulanti. Neisuoi racconti della memoria e della nostalgiac’è un certosino recupero affettivo e storicodi mestieri ormai in disuso, messi in soffittadalla civiltà dell’ipersviluppo. La sua narrazione è sincera, dolce come fra-gola rossa e come melagrana spaccata d’ot-tobre; ma anche amara, che si veste talvoltadi veli di tristezza: spazzati via però dal primolucore del giorno. I suoi racconti si leggonotutti d’un fiato e recano sillabe di gentilezza.Quella schiettezza e buonagrazia, che sonoparte fondante della personalità di RoccoBoccadamo.

di Marcello Buttazzo

titolari, così come faceva sovente «mercato»qua e là mediante una grande baracca esposi-tiva autotrasportata, era solito partecipare allafiera di Marittima, arrivando la sera del sabato erecandosi per la cena e per dormire dai mieinonni.Ricordo, relativamente alla baracca dello zio Vit-torio, sempre lo stesso «posteggio» al largo«Campurra», a ridosso del muro sud della na-vata della cappella di S. Giuseppe.Ma, un episodio rimastomi straordinariamenteimpresso risale a cinquanta, forse cinquantacin-que anni addietro, nell’approssimarsi, appunto,della fiera. Mi trovavo di sera, insieme con i miei fratelli, incasa dei nonni paterni, accomodato su una pan-chetta all’interno del rustico e caldo “focalire”, difronte al nonno Cosimo impegnato a fumare ilsuo toscano, con la brace puntualmente inbocca perché tirasse meglio, dopo una giornata

di lavoro; la nonna Consiglia seduta vicino almedesimo angolo di calore e intenta a sferruz-zare qualche piccolo capo di lana, la zia Lucia,seduta, a sua volta, accanto al tavolo, con fidan-zato nelle adiacenze, nell’atto di ricamare gli ul-timi capi per il suo corredo. Ad un certo punto, la nonna passò a commen-tare, con voce chiara e distinta, che quell’annola fiera avrebbe comportato una lunga serie diacquisti in vista del matrimonio del figlio Vitale edel conseguente arredo, sia pure sommario,della, di lui, nuova abitazione: zappa, vanga, cal-derina, falce, limmu, limmune, limmiteddru, pi-gnate, pentole, bisaccia, treppiedi, quadare equadarottu, scala, lavaturu e, così via dicendo,la lista seguitava con tanti poveri altri aggeggi,quasi non finiva mai.Il nonno Cosimo andava ascoltando e, eviden-temente, cercava dentro di sé di metabolizzareil lungo elenco, facendo contemporaneamenteil conto, soprattutto, di quale sarebbe stato il re-lativo esborso, paventando che lo stesso po-tesse finire col prosciugare fino all’ultima lira imagri risparmi familiari e, addirittura, costringerea contrarre qualche debito (all’epoca, di certo,non era di moda il ricorso al credito al consumo).Sta di fatto che, come fulmine a ciel sereno e inbarba al suo temperamento di solito mite ecalmo, egli sbottò in un improperio, alla buonama sonoro, all’indirizzo della malcapitata con-sorte, intimando, praticamente, di farla finita.La severa reazione del buon uomo generògrande sconforto, non solo nella nonna, maanche nella zia Lucia: difatti, di fronte alla repri-menda del padrone di casa, proruppero en-trambe, per diversi minuti, in un piantosconsolato. E noi, piccoli ma attenti spettatori, lìbloccati, zitti e muti, durante tutta la scena.

***Il giorno d’oggi, ogni cosa è inevitabilmente mu-tata: i venditori presenti alla fiera sono costituitiin prevalenza da immigrati extra comunitari, che,poveracci, espongono più che altro cianfrusagliee paccottiglie di scarso e dubbio valore qualita-tivo. D’altronde, per la platea degli acquirenti, lefiere e i mercati sono a portata di mano tutti igiorni del calendario.In siffatta radicale metamorfosi, a Marittima èperò dato di riscontrare un tratto positivo che mipiace mettere in evidenza, una buona novità eun’utile iniziativa nella discontinuità dell’antica, ea questo punto introvabile, tradizione. Su idea di una famiglia di costruttori di imbarca-zioni per la pesca e da diporto in legno, artigianiveramente bravi ed apprezzati diffusamente intutto il Salento, nell’ambito della fiera della Ma-donna di Costantinopoli è stata inserita unanuova sezione sotto forma di salone nautico edi attrezzature per la marineria. Per quanto miriguarda, trattasi dell’unico modulo della fiera ri-masto ad attirarmi ed a cui mi accosto.Dunque, complimenti e un plauso, amici e com-paesani barcaioli di Marittima! Al troncone dellaclassica fiera intrisa di lontani ricordi e nostalgie,avete saputo innestare un virgulto vitale ed in-teressante per l’attenzione dell’utenza del terzomillennio.

La memoriae la scrittura

di Rocco Boccadamo

Letture

La fiera e l’attesa

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spagine della domenica n°48 - 19 ottobre 2014 - anno 2 n.0

“C non ha stimoli dal quotidiano e con-divide questo malessere con dueamici, S, bandista del paese, ed R,ex-benzinaio che vive apaticamentetra le mura della sua spoglia dimora.Da quest’ultimo, C preleva scolaturedi carburante per realizzare il suo

sogno: bruciare il presente che non gli appar-tiene. C ha continue visioni incendiarie, effi-mere ed impotenti perché soltanto immaginatedalla sua mente ed affrescate nei suoi occhi.Intanto tre “turisti” approdati sulle rive adriati-che si perdono nel Capo di Leuca tra luoghiabbandonati dalla Storia, ruderi architettonicie macerie sociali mentre un terrorista culturale,chiuso in una vecchia torre costiera, imbasti-sce parole che forse nessuno leggerà”. È la si-nossi de “I resti di Bisanzio primolungometraggio di Carlo Michele Schirinzi,che sarà presentato unico film italiano nella se-zione di ricerca New Visions al Doclisboa ’1412° Festival International de Cinema che siterrà a Lisbona dal 16 al 26 ottobre.Una produzione di Kama soc. coop. a.r.l. conGianluca Arcopinto. Produzione esecutiva diGabriele Russo. Gli interpreti principali sonoStefano De Santis (C, piromane visionario),Salvatore Bello (S, bandista cifotico), Fulvio Ri-fuggio (R, ex benzinaio apatico), Aldo Imma-colato (1° turista clandestino), Guido Casciaro(2° turista clandestino), Claudio Riso (3° turistaclandestino), Romano Sambati (terrorista cul-turale in torre d’avvistamento), Mariangela Lia(ragazza in camera), Marcello Ciullo (cadavereclandestino in mare), Imperia Bartolomeo(madre di C), Giancarlo Caprioli (padre di C),Luigi Schirinzi (maestro falegname).

***Un film “Fuori da ogni norma” lo definisceAdriano Aprà e Massimo Causo scrive “Unnaufragio anarchico al largo di un sud, di unmondo, incrostato nel bisogno impossibile diun altrove da sognare in fiamme, come nell’in-cipit. Anarchico perché rinuncia a ogni costru-zione del potere, a ogni valutazione del benee del male, a qualsiasi disputa di piazzamentodella merce idealistica e del gesto artisticosulla scena del mondo comune …un film as-solutamente contrario a ogni ipotesi estetica eidealistica contemporanea, una fuga in avantinell’impotente (e imponente) rabbia di figuresenza storia perché chiamatesi fuori dalla Sto-ria, dunque da nominare senza nemmeno unnome …resta negli occhi come una delleopere più coraggiose del cinema italiano con-temporaneo, un film carico di una forza senzascampo…”. Noi concordiamo!La maestria di Schirinzi è in questo scolla-mento dall’ordinario, da una visione lateraledel reale, sempre filtrato da un “non mi basta”che detta la regola e la visione, fino allo scom-parire della stessa. “Un film che rompe con ilfronte consensuale, che parla un linguaggiolontano, remoto, aspro, spaventa i fautori delgrande cinema" così Giona Antonio Nazzaro.Un cinema quello di Schirinzi dove la sottra-zione apre gli occhi, scava, mostrando il bara-tro che il Tempo ancora conserva…

M.M.

Al Doclisboa ’14 12° Festival International de Cinema

che si terrà a Lisbona dal 16 al 26 ottobre

unico italiano nella sezione di ricercaNew Visions

I RESTI DI BISANZIOUn film di Carlo Michele Schirinzi

copertina Cinema

“scaglio sassi al mare a frantumar riflessi

annego gli occhi giù sino al fondo”

http://doclisboa.org/2014/en/filmes/i-resti-di-bisanzio/