Spagine della domenica 51 0

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spa gine Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0 L’artista Giovanni Maffucci di Pistoia animatore della “residenza” di Grottaglie per “Made in loco Grottaglie & Laterza la ceramica pugliese fra tradizione e innovazione”.

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Ecco è domenica... Un numero che si avvia verso il bianco e nero. Da gennaio Spagine sarà disponibile nella sede del Fondo Verri in edizione cartacea stampato in digitale con un fotocopiatore in b&n... con questa idea le modificazioni grafiche e di impaginazione... Un numero questo che inverte il suo "naturale" ordine per riflettere su Lecce e sulle cose dell'intorno... Il vasto "intorno"...

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spaginePeriodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0

L’artista Giovanni Maffucci di Pistoia animatore della “residenza” di Grottaglie per “Made in loco Grottaglie & Laterza la ceramica pugliese fra tradizione e innovazione”.

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spagine dopo Lecce 2019

in cerca di armoniadi Giuliana Coppola

Si può consolare unacittà che è triste?Ecco, me lo chiedo,mentre vado, conti-nuo ad andare per lestrade di Lecce chenon mi sembra più leidopo che non ce l’hafatta a vincere la

sfida quando tutti, ormai, o quasi tutti, adir la verità, l’avevano proclamata re-gina.Io lo sento che è triste, che ha bisognodi coccole lei che i suoi anni se li portaaddosso con tutti gli acciacchi dell’età enon riesce a nascondere le rughe che leattraversano il volto.Ecco, io vado e quel volto, quel suo voltotenero di rughe, mi attraversa losguardo, m’entra nei pensieri e nelcuore, mi parla con il grigio delle nuvolee le lacrime della pioggia e le voci im-pazzite dei corvi intorno ai comignoli.Ieri mi ha detto che, se fosse caduto pertempo il velo del teatro Apollo, forse cisarebbe stata per lei un’occasione in più;ché il dio della poesia, Apollo, sarebbesceso con tutte le sue muse al seguito,così, tanto per festeggiare, e poi di certoavrebbe accompagnato, passo dopopasso, i commissari visitatori un po’ an-noiati e distratti e loro avrebbero sentito

più chiara voce di Schipa che scendevasu piazza S. Oronzo e avrebbero vistocon occhi diversi tramonti bodiniani frale porte della città, mentre si lasciavanoalle spalle il Paisiello e procedevanoverso angeli dai culetti rosa che poichissà se li hanno notati, visto che non liaccompagnava Apollo.E forse avrebbero intuito il perché delsorriso delle melagrane lungo il viale,quello che conduce agli Olivetani e c’ècanto di passeri allegri sui cipressi al ci-mitero; ché Apollo è dio del mito e liavrebbe condotti i visitatori commissarial posto delle muse sue, al Musa, tantoper intenderci, dove corteo accompagnaProserpina ed è così diversa questa sto-ria.M’hanno detto oggi gli occhi tristi di que-sta mia città che lei aveva cercato di co-prirle le rughe, che aveva pregato tutti isanti suoi che la tenessero lontana lapioggia, quella che rattrista e ingrigisceanche volto di Irene, la santa e la beata.Ma non c’era Apollo, dio del Sole oltreche del mito e della poesia, a regalare aSanta Croce il rosa caldo di certi mezzo-giorni mozzafiato ed era imbronciatopure san Matteo e non scodinzolava lalupa e s’era bloccato fischietto alla ci-vetta e rammollita cartapesta del GesùCristo in croce. E forse esagera anche

un po’, questa mia città, piagnucolonacome autunno e novembre e certi pome-riggi che non passano mai e solo ombres’aggirano tra vicoli e corti. E pur se lepasso carezza come mi è possibile, lei,la mia città, a capo chino medita e io lapenso mentre prendo caffè e d’un trattofra le pagine de la Repubblica leggo “lapoesia comprime molto in un piccolospazio, aggiungete poi il ritmo e così siaccentua il senso. La città è come lapoesia: comprime tutta la vita, tutte lerazze in una piccola isola e poi aggiungela musica e l’accompagnamento dei suoimotori interni” (E.B. White).Capisco tutto e domani glielo leggeròalla mia città il pensiero e anche lei ca-pirà, ne sono sicura che lo capirà, chenon è colpa sua se quel giorno non c’eraarcobaleno. Mancavano tutte le razzeche lei di solito comprime nella sua pic-cola isola, si proprio quelle che si radu-nano protette dallo sguardo di Apollo.Scomparse tutte le razze, scomparsa lamusica, scomparso tutto quel giorno enascoste loro è fuggita lontano anche lapoesia e non è caduto il velo sul voltodel dio.D’accordo, mia Lecce? Dormi serena esorridi domani chè così sorrido anch’io,mentre compro l’ombrello rosso dal vucumprà e pioggia s’allontana.

Una città

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della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0

Ave a te, sacro grembo timido e au-stero. Città nascosta ai molti nu-meri e tutta abbandonata ai piedisilenziosi e solitari. In pomeriggislabbrati di tumide foschie orientalio salsedini di mari che seduci da

perfette distanze. Loro credono di tenerti sospesaa una promessa. Per quella ruberia di genere chedoveva essere altro. La mare, Acqua, avrebbe fatto di Lecce una Vene-zia ocra pallido. Col sole che non muore, infilatocon le rondini nella polpa dei muri fino all'alba. Solepadre eterno che ti avvinghia e prostra a piacevo-lissime punizioni per inferni latte e miele. Estate di san Martino, il vincotto tra i vicoli quietavoci e passi, fa segreta ogni finestra mentre gliocchi dal basso indovinano un'assenza, sanno cheoltre il vetro si è compiuta un'attesa. Se il basolatoè preso da una pioggia vergognosa, ecco nel de-serto delle vie sprigionarsi simboli e ignote pre-senze senza nome con gatti esperti che netracciano umori e apparizioni. Si apre un cortile, archi e balconcini sospesi, uncorridoio lungo il perimetro del palazzo segna l'in-gresso in scrigni antichi, decisi timbri spagnoli. Ècasa di piante rigogliose ch aspettano un saluto.Giuliana le ha aperte alla parola. Nicola custodisce. Il cerchio, cosa perfetta. Nessuna linea retta. È si-gnora della casa una rotondità che inebria insiemea mille presenze e messaggi sul frigo: ops, non ri-cordo la divina commedia. Scrivere piace solo allanonna, abbasso la scuola.Poi Berlinguer, Calvino, Emily, Rina, Antonio, L'al-bero di Comi, il Corano, e piante e verde a cornicedi una vita che vive e nutre, innaffia vecchie enuove creature. Giuliana decide di portarmi ad altezze siderali, ditadi divinità padroneggiano i terrazzi, aleph tra noi eil cielo. Comignoli di pietra. Sono a forma di orec-chie di gatto, di cappello di mago, una costella-zione di vedette celesti che indicano il campaniledel Duomo, il santo patrono, Irene e compagniasanta. Mentre lei si aggira esperta e leggera e conNicola, quercia, non teme il vento forte del sud chei comignoli accolgono e fanno fluire in cunicoli sot-terranei che portano all'Idume muto e invisibile. Perquell'amore storto. Poi giù nel girotondo incantato, saluto in silenziotutti i presenti e loro, i GiNi, Giuliana e Nicola, an-geli che custodiscono sia le ombre vive che dallezolle profonde della terra muovono giorni e storia,sia i germogli che spuntano fragili, a cui rivelanoparole nuove e antiche. E i segreti dei comignolitra via Palmieri e l'Arco di Prato.

di Ilaria Seclì

Lecce, ciò che si muove e vive invisibile

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della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0Accade in città

La dimensione penitenziariadiventa “correzionale” nelmedesimo istante in cui ral-lenta l’ordinario fino quasi asospenderlo. La vera sfida dichi entra in un penitenziario

per contribuire a quella “correzione” è pro-prio quella di riattivare la straordinarietàdell’ordinario.Il contributo più gioiosamente tras-forma-tivo di chi opera all’interno del carcerecome attivatore esterno di politiche dellaformazione è forse proprio questo: offrirestratagemmi di liberazione (del corpo edella mente) per consentire ai detenuti ealle detenute di riaderire al proprio ritmo in-teriore. La ri-edificazione di quel “carattere”(forse) che altrove (fuori o prima) non hatrovato un modo per edificarsi. La riappa-cificazione del proprio sé con il mondo didentro e (quindi) con il mondo di fuori.E’ in questa chiave (che forse l’esperienzaha contribuito a chiarire) che ritorno con lamemoria al pomeriggio di venerdì 31 otto-bre 2014. Una Hallowed Eve decisamente non ordi-naria ma molto aderente alla suo esseremomento di condivisione e della attesa.Un momento anomalo nella routine carce-raria in cui le detenute della sezione fem-minile accedono al teatro della cittadellapenitenziaria di Borgo San Nicola per la di-mostrazione di fine corso del progetto di“danza per la comunità” coordinato dallacoreografa Chiara Dollorenzo.Una dimensione di mezzo fra teatro e pa-rola è la danza.Un territorio di confine dove le tecniche diliberazione del sé esplodono su mille pianiriconquistandolo. Uno di questi piani è laconfortevolezza che viene dell’abitare congioia il proprio corpo con tutte le sue pecu-

liarità non astratte e il loro modo di raccon-tare storie.Le quattro danzatrici — Rosa, Tinatin, Se-lene, Janka — emergono in nero dal fon-dale nero e giocano attorno ad altrettantitavolini-sgabelli. E sono gli stessi che sitrovano nelle loro stanze-celle. Come loso? Me lo ha detto Massimo di Tarantomentre aspettiamo che la rappresenta-zione abbia inizio, mentre io e i miei com-pagni di strada del laboratorio “La voce eil racconto di sé” indietreggiamo fra le pol-trone della platea per poter stare insiemeai “nostri” detenuti. Una piccola combric-cola di spettatori non previsti ma ai quali ladirettrice del carcere ha concesso di es-sere presenti alla rappresentazione.

Un video dedicato all’esperienza di “danzain carcere” dello scorso anno con i detenutidelle sezioni maschili precede quella dalvivo che sta per accadere. La parola checerco è concentrazione. “Focus” confer-merà la coreografa nel corso del dibattito.Una placida concentrazione che edifica ilmomento presente come finestra della tra-sformazione. E i difetti del corpo e del mo-vimento come altrettante finestre suicaratteri (libera-mente). E forse non è uncaso se tutto procede da seduti (comoda-mente) dalla scansione del ritmo con lemani sulle gambe. Time. Stop. In. Out.Strange. Warm. Il tempo. Si ferma. Dentro.Fuori. Strano. Caldo. La rappresentazione non dura molto ma èun momento di confortevole pausa.E nel dibattito che viene dopo una delledetenuta conferma la capacità della danza(e di Chiara) di darle la parola e lasciarlaparlare a prescindere dal motivo per cui sitrova dove si trova. Un po’ come accadedurante i nostri martedì e venerdì in biblio-

teca per il laboratorio di narrazione. La riflessione che la coreografa ci donasulla polarità fra movimento ordinario emovimento onirico che sola permette lanascita di una dimensione poetica mi ri-porta ad uno dei nostri pomeriggi nella bi-blioteca della casa Circondariale di BorgoSan Nicola in cui abbiamo parlato di pen-siero ordinario e pensiero onirico e cisiamo interrogati su cosa e come si sognain carcere.Un elemento di continuità che mi rallegracome anche quando Chiara dice che sepensa alla danza non può non pensare aMichelangelo e al fatto che la forma sta nelmarmo e tocca a noi tirarla fuori. Io sorridoe mi rallegro del fatto che io a mia voltanon posso fare a meno di pensare al fattoche se in quel momento non fossimo tuttiinsieme a teatro per questa ulteriore so-spensione nella sospensione staremmoparlando quella stessa lingua attorno aPlatone. Ed un medesimo tipo di “trarrefuori da noi stessi” sarebbe stato il temadella lezione in programma...

E allora sì. Se è vero che la pena detentivain Italia ha ancora una forte connotazionecorporea è oltremodo importante crearespazi di liberazione per il corpo. E ancheper la mente che del corpo è parte. Ed èoltremodo vero che se esiste un luogodella ricerca creativa a Lecce, questo èproprio la casa circondariale. Un luogodella cura di sé e dell’altro entro cui pen-sare e realizzare vere e proprie politichedella “governamentalità”.

* Filosofa e operatrice del progetto “La voce e il racconto di sè” attivato dal Fondo Verri

per il Dipartimento Dipendenze Patologiche della ASL di Leccenell'Ambito del Progetto “Comunità Tearapeutiche Diurne”

nell’Istituto Penitenziario di Borgo San Nicolae nei Ser.T. di Lecce e San Cesario di Lecce

La libertàdi danzare di Paola Teresa Grassi*

Venerdì 31 ottobre, il Teatro della Casa Circondariale

di Borgo San Nicola a Lecce ha ospitato l’esito

del laboratorio tenuto dalla coreografa Chiara Dollorenzo

con le detenute per la seconda edizione del progetto di Danza per la Comunità

promosso dalla Commissione Pari Opportunità

della Città di Nardò

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spagine della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0accade nel salento

Loro si chiamano GiuseppeRoi e Qamil Hyraj. Roi è sa-lentino, la sua azienda ovi-cola si trova a Torre Lapillo,Qamil era albanese, lavo-rava dal Roi come pastore.

Roi aveva una sfrenata passione per ilguadagno e per le armi, aveva in casapistole e fucili, anche un caricatore perKalashnikov. Qamil forse collezionava speranze.Roi ha una trentina d’anni, Qamil di annine aveva 23. Amava tirare al bersaglio, Roi, e si alle-nava prendendo di mira un vecchio fri-gorifero. Quel giorno d’aprile, tirava etirava ancora, “lui sapeva benissimo cheQamil era lì vicino e che avrebbe potutocolpirlo, per questo l’accusa è di omici-dio volontario e non colposo” dice il giu-dice Cataldo Motta. Lui sapeva maproseguiva a tirare, un colpo, un altro,un altro ancora, finchè Qamil, forse ten-tando di difendersi, di nascondersi,viene colpito in fronte e muore così, per-ché il suo datore di lavoro amava tirarecon la pistola. Perché stava giocando,Giuseppe Roi.Qamil era partito dall’Albania per venirequi a fare il pastore, magari sottopagato,sicuramente aveva in mente una vita mi-gliore, l’Italia, si sa, è ricca, c’è pure la

TV. Ricordiamo i primi che giungevanocon in mente la Carrà e le luci della ri-balta, ricordiamo la Kater I Radesanche. Ricordiamo i discorsi di chi diceche gli stranieri vengono a rubare il la-voro agli italiani, ricordiamo… Già, ricor-diamo. Troppi ricordi, troppo di tutto inquesto mondo così bizzarro. Perché maiun pastore colleziona armi invece difrancobolli? Perché il cinismo ignobile lospinge a sparare sapendo che può col-pire un essere umano? Meglio forsechiedersi se chi ha un’arma e la utilizzacosì considera esseri umani gli altri. Infondo era solo un albanese, in fondo cisono personaggi pubblici che ci inse-gnano il disprezzo per chi non è comenoi. Per chi si chiama Qamil, per chi ètroppo “abbronzato” come recitava unavanzo di galera già presidente del con-siglio. Qamil aveva una faccia sbagliata,genitori sbagliati, nazionalità sbagliata.Se poi lavorava per pochi euro peggioper lui. Non ci siamo mossi quando trovaronoQamil, era solo un morto fra molti, as-sassinato chissà da chi “forse era nelgiro della droga” si sarà detto qualcuno.Macchè, Qamil era solo nel giro dei pa-stori, quelli che curano le bestie d’altri,non aveva neppure una pecorella,Qamil.

Qamildi Gianni Ferraris

6 aprile 2014 il corpo del pastore Hyraj Quamilnelle campagne di Torre Lapillo

Qamildi Gianni Ferraris

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No alle trivelle nei nostri mari. Sonotante, e, tutte, molto valide le no-stre ragioni per dire no e quindi op-porci alle trivelle nei nostri mari. IlGoverno Renzi non ha né la cul-tura, né un piano strategico nazio-

nale sull’energia. Il piano dell’Europa è: ventiventiventi. Gli scienziati di tutto il mondo concor-dano sulle strategie del cambiamento energeticoche portano al superamento definitivo delle fontifossili. Renzi ignora e quindi cerca il petrolio nei no-stri mari e si proclama pioniere del nuovo: è la ma-schera di Renzi con l’iphone.No, perché le trivelle distruggono irreparabilmentee per un lungo periodo la ricchezza e la bellezzadel nostro mare. Il Salento e tutto il Meridione ver-rebbe ad essere privato dell’industria turistica le-gata alla terra e alle risorse straordinarie dei nostrimari.No perché le popolazioni legate alla cultura delmare perderebbero tanto buono lavoro legato allapesca competitiva e diffusa fra la nostra gente. No perché le popolazioni del Sud perderebbero ilbene più importante, il valore economico più rile-vante: l’oro così è inteso il valore della cultura delmare. La Puglia, nella nostra storia, è terra delmare. I suoi parchi marini sono le forme organiz-zate di un’offerta culturale turistica unica che moltici invidiano. Per la memoria dei renziani pugliesibasterebbe ricordare il Parco nazionale delGar-gano istituito nel 1995, con la legge sulle aree pro-tette “legge n. 394/1991” dopo tante impegnativebattaglie istituzionali. Il Gargano è una terra antica,una geografia sociale ricca di tradizioni di storia disuggestioni e di scoperte imprevedibili; di paesaggie di panorami, di colori ed atmosfere, di vegeta-zione e di animali, di sapori e di tante bellezze rare.Al Parco nazionale del Gargano segue l’Oasi diTorre Guaceto nel bridisino con il suo microsistemaacquatico unico di grande interesse scientifico. IlSalento poi è terra dei parchi marini: Otranto LeucaPorto Selvaggio, Lido Pizzo della città bella: Galli-poli. I nostri parchi non sono solo industria turistica,sono anche memoria culturale fonte di cono-scenza, risorsa significativa per la ricerca e la co-noscenza dell’ecosistema oggi in percolo a causadel comportamento scorretto dell’uomo. Il mare

deve essere difeso senza se e senza ma. Il Go-verno Renzi, con la legge “sblocca Italia” con gli ar-ticoli 35 e 38 mette in serio pericolo il grandepatrimonio culturale paesaggistico e scientifico delnostro mare e lo vende ai privati per un miseropiatto di fagioli. La legge “sblocca Italia”, approvataal Senato il 5 novembre, con il voto contrario di Sel,è una pessima legge, da molti senatori consideratauna delibera comunale e non una legge delloStato. È una legge pessima non solo per i danniall’ambiente, come lo smaltimento dei rifiuti dovepropone come soluzione l’incenerimento; per leacque non prevede il potenziamento dei depuratorinelle città; privatizza poi il bene acqua e ignora ilreferendum che aveva a grande maggioranza fis-sato l’acqua come bene pubblico; autorizza le tri-velle nei mari per la ricerca del petrolio che non c’èe perde di vista la soluzione delle fonti energetichealternative che tutti gli Stati industrializzati oggi cu-rano con grande attenzione; regala il servizio dellagestione delle Autostrade ai suoi amici nella mo-dalità delle convenzioni. È una legge pessimascritta male incompleta e fa della Costituzionecarta straccia. La legge “sblocca Italia” è incostitu-zionale perché non rispetta l’articolo 81 della Co-stituzione che fissa l’obbligo di coperturafinanziaria che nella legga non c’è. L’articolo 38,quello delle trivelle, è una violazione aperta dellaCostituzione perché ignora manifestamente l’arti-colo 117 che assegna la gestione dell’energia alleRegioni. È una legge, come sempre buona favore-vole per il Nord negativa per il Sud. Domenica 9 novembre a Leuca si manifesta controle trivelle in mare... Per favore, chi ha votato per lo“sblocca Italia” stia lontano rimanga a casa sua,abbia almeno la sensibilità di rispettare quegli elet-tori che hanno dato loro il voto con fiducia e mai ri-spettati. Quella legge è contraria agli interessigenerali del Paese: leggi rifiuti acqua energia ed èpalesemente contraria alla Costituzione perciò cisono tante valide ragioni perché il Presidente dellaRepubblica non la firmi. Chiedo al Direttore di Spa-gine di voler far arrivare questo nostro appello alPresidente Giorgio Napolitano perché oggi èl’unico garante e difensore della Carta Costituzio-nale a cui tutti guardiamo con rispetto e fiducia.

nei nostri mariNo alle trivelle

di Luigi Mangia

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della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0ambiente

L’articolo 38 della legge “sblocca Italia”quello delle trivelle, è una violazione aperta della Costituzione perché ignora manifestamente l’articolo 117 che assegna la gestione dell’energia alle Regioni. Domenica 9 novembre a Leuca alle 10 sul Lungomare Cristoforo Colombo si manifesta contro le trivelle in mare

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La destra americanadi Gigi Montonato

e la destra italianaI l recente successo dei repubblicani

negli Stati Uniti d’America nelle co-siddette elezioni di metà mandato(Midterm), che ha mortificato il partitodei democratici del presidenteObama, induce a qualche riflessione,

con un occhio alle cose di casa nostra, inspecifico alla destra italiana. La destra americana, conservatrice, hadato un segnale netto e chiaro: Obama hasbagliato a far approvare la riforma sanita-ria, che sottrae risorse ai ceti medi a bene-ficio dei ceti meno abbienti; sbaglia a volerregolarizzare la posizione degli immigraticlandestini che potrebbe incoraggiare il fe-nomeno e costringere sempre di più ilpaese a spese sociali; sbaglia a minac-ciare leggi che limitino l’acquisto e il pos-sesso di armi da parte dei privati cittadini,che potrebbero creare difficoltà economi-che e finanziarie ai produttori di armi; hasbagliato a lasciar fare in politica estera fa-cendo perdere agli Stati Uniti il primatomondiale dell’ordine planetario; ha sba-gliato ad impostare la ripresa economicache esclude dai benefici i ceti medi; sbagliaad insistere sull’eguaglianza bianchi-neri,uomini-donne, che è oggi sì accettata masolo perché non può essere respinta: vo-glio dire che nessuno a destra - mi riferiscoall’America, ovviamente – pensa con gioiaa questa uguaglianza. La politica di Obama, sicuramente demo-cratica, somiglia alla nostra politica di cen-trosinistra, che non a caso ha il suo assepolitico portante nel Partito democratico. Diquesto partito Obama potrebbe benissimoessere il leader ideale, molto di più e me-glio di quanto Renzi lo sia reale. Alla sfidapolitica obamiana la destra americana harisposto senza complessi e senza equivoci:no, grazie, la pensiamo diversamente. E la destra italiana cosa risponde ad unaanaloga politica di centrosinistra? Verrebbedi dire non risponde. Escluso che tutto ciòche non è di sinistra è automaticamente didestra, mi chiedo: Forza Italia cosa c’entracon la destra? Intendo quella dal fascismoin poi? Ma starei per dire, cosa c’entra conla politica intesa come individuazione e so-luzione dei problemi del paese? Nata nellaprima metà degli anni Novanta sulle mace-rie di Tangentopoli, per dare all’Italia una

politica nuova, libera dalle pastoie burocra-tiche, bizantineggianti e mestieranti dellapolitica, efficiente come un’azienda di suc-cesso, si è ridotta sempre più ad una sortadi partito personale, prima per gestire lacarriera politico-economica di Berlusconi,poi per gestirne i guai politico-giudiziari. Le uniche formazioni politiche oggi in Italiache non nascondono i loro propositi di de-stra sono la Lega e Fratelli d’Italia, che por-tano avanti istanze sia conservatrici siasociali. Esse, però, mancano di quella con-sapevolezza ideologica e di quella convin-zione che fanno sentire come giuste eimportanti le battaglie. Meglio la Lega, daun certo punto di vista, di Fratelli d’Italia.Ovvero avvertono una sorta di complessodi ritardo nei confronti di una modernità im-placabile, che viaggia col vento in poppa diun formidabile spirito del tempo (Zeitgeist)e vanifica ogni impegno di conservazionee di tradizione, costringendolo nel museodelle cose perdute.La destra in Italia va avanti giorno dopogiorno, a piccoli passi, una cosa alla volta,come se i problemi non fossero riconduci-bili in una sola visione politica, etica e so-ciale. Tutte le posizioni difese fino a nonmolti anni fa in materia di individuo, di la-voro, di istruzione, di giustizia, di famiglia,di Stato, di ordine, di società, di nazione, dipatria, di religione, sono state abbandonatecome trincee non più difendibili, delle qualiè preferibile non parlare.Che pensano oggi quelli di destra dellecoppie di fatto, delle famiglie allargate, deimatrimoni gay, della maternità eterologa,dell’eutanasia, dell’aborto, della liberalizza-zione delle droghe, dell’immigrazione clan-destina?Hanno fatto tutti più di un passo avanti, tra-scinati da una corrente storica contro cuiessi ritengono di non poter andare.L’esempio, ancora una volta, di questo fe-nomeno di trasformazione antropologicadell’individuo di destra è Gianfranco Fini.Lo ricordiamo una ventina di anni fa, can-didato sindaco di Roma, dire in televisioneche lui era contrario a che un suo figliolopotesse avere a scuola un insegnante gay.Come l’avrebbe pensata di lì a poco lo sap-piamo benissimo. Abiura dopo abiura è ar-rivato, kippah in testa, a Gerusalemme. E

dietro di lui caterve di ex missini convertiti.La destra italiana ha ceduto una dopo l’al-tra ogni posizione di stampo conservatoree tradizionalista, limitandosi a passare at-traverso le brecce aperte dalla sinistra. Oggi in un’Italia “americana” ci sarebbespazio per una destra forte e vincente.Mentre si ha paura di progettare operegrandiose per paura che se ne impossessila mafia, il paese è nel disordine, nell’ille-galità, nella disoccupazione, nella crisi eco-nomica crescente, nella mancanza diprospettive di vita per generazioni di gio-vani. Assistiamo ogni giorno ad incredibiliepisodi di giungla: occupazione di casepubbliche e private, sorgere di vere e pro-prio baraccopoli di Rom alle periferie dellecittà, gente che si arma di macete o di pic-cone e aggredisce il primo che gli capitaper strada, insulti e violenze ai conduttori eai controllori di autobus pubblici, minaccee violenze alle persone che viaggiano. E’comprensibile che non si preoccupino di unsimile stato di cose quelli di sinistra, cheoggi peraltro sono al governo, per la lorovocazione umanitaria ed egualitaria. E’comprensibile che non se ne preoccupinoquelli di centro, per la tendenza a delegareil Signore con un piissimo “faccia Dio!”, eper l’indolenza di cui sono storicamente af-fetti. Ma che da destra non giunga alcunsegnale vuol dire soltanto o che non cisono persone di destra o che la destracome pensiero politico non esiste più. Si può criticare nel merito la risposta ame-ricana al suo Presidente, peraltro abban-donato, anche per non aver mantenuto lepromesse, da quel proletariato nero che loaveva sostenuto nella scalata e riconfermaalla Casa Bianca, ma non si può non con-dividere la chiarezza delle posizioni as-sunte dall’elettorato: voi democratici avetefatto troppe cose di sinistra che al Paesenon sono piaciute, noi repubblicani faremocose di destra, convinti che piaceranno.Quanta distanza da un paese, l’Italia, in cuiMontanelli rilevava che una cosa di destrala può fare solo un governo di sinistra euna cosa di sinistra la può fare solo un go-verno di destra! Nell’uno come nell’altrocaso, per ingannare la gente e tradire ilpaese.

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della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0diario politico

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spaginespagine

un monarchico di estrema destra, favorevole tral’altro all’uso estensivo della pena di morte e allalotta senza quartiere contro gli indesiderati clan-destini. Il migrante “cattivo”, “pericoloso”, “crimi-nale”, è l’eterno leitmotiv dei secessionistileghisti, che non dimenticano mai la loro voca-zione separatista. Salvini, quando è a corto diargomenti, sfodera sempre lo stesso stonatomotivetto. Ora incoraggia anche il Salento astaccarsi dal resto della Puglia. Come se dav-vero i problemi lavorativi e strutturali della nostraassolata terra di ulivi e di mare si risolvesserod’incanto rivendicando una discutibile autono-mia dal governo regionale. Fin dagli albori, gli esponenti del Carroccio sisono battuti per la secessione della Padania,palesando però contraddizioni non da poco. IBossi, i Calderoli, i Maroni hanno ripetutamentedeclamato con voce arrogante contro “Roma la-drona”, purtuttavia sono stati sempre solerti aoccupare rilevanti poltrone in vari ministeri deipassati governi Berlusconi e del tanto biasimatosistema politico della Capitale. Salvini, addirittura, nell’ultima campagna eletto-rale delle Europee, è sceso in Puglia a chiedereconsensi, dimenticando che i leghisti, dall’elo-quio talvolta virulento e volgare, non sono maistati generosi con noi meridionali. C’è chi, op-

portunamente, rammenta che la “Padania nonesiste”, alludendo anche al fatto che in un’Italialacerata si sente più che mai il bisogno di armo-nia, di unità. Invece, dalla fantomatica Padaniache effettivamente non esiste, si levano echi,che servono solo a frammentare, a dividere.Pensando arbitrariamente di interpretare la vo-lontà del popolo del Nord, il giovane segretariodella Lega oggi come un disco rotto ripete:“Usciremo dall’euro. L’indipendenza della Pada-nia è prossima”. Tutti ricordiamo che Bossi ecompagni volevano chiudere le porte dellescuole settentrionali agli insegnanti del Sud.Qualche anno fa, il presidente della Regione Ve-neto, Luca Zaia, avanzò una proposta sconcer-tante: liste di collocamento differenziate nellasua Regione. Con una visione sociale “aperta”e “solidale” Zaia voleva dare la precedenza aiveneti, che s’approssimavano ad entrare nelmondo del lavoro. La terra s’è globalizzata, s’èristretta, e alcune chiuse convinzioni sono senzafuturo. La Padania è un’astrazione, non è affattouna grande regione con delimitazioni geografi-che ben definite. La Padania non esiste. In com-penso, c’è chi continua a farsi paladino diimproponibili idee, che hanno l’acre e inconsi-stente sapore del provincialismo.

Nemicidi Marcello Buttazzo

Matteo Salvini segretario della Lega Nord in una fotografia tratta dal suo sito

Il mondo è in subbuglio, è in fiamme. Dap-pertutto, guerre di dominio, di potere, dietnie contrapposte, esplodono fragorosa-mente. Conflitti dolorosi e sanguinosi, le cuivittime sacrificali sono poveri civili, uccisi,fatti a pezzi, messi in fuga, costretti a la-

sciare le loro terre natie. Da tempo, sulle nostre coste meridionali, appro-dano migliaia e migliaia di uomini, donne, bam-bini, allo sbando. Tragicamente, nel marMediterraneo, hanno trovato e continuano a tro-vare la morte profughi e clandestini, che vannonon alla ricerca d’un favoloso Eldorado ma dicondizioni di vita appena accettabili. Da sempre, l’Europa delle banche e della grandefinanza è drammaticamente latitante sulle politi-che immigratorie. La forza d’urto dei disperati ve-nuti da luoghi affranti e lontani andrebbe gestitacon umanità e razionalità, con civile decoro. Conpiattaforme lungimiranti, improntate alla mas-sima coesione, alla integrazione, alla interazionefra genti diverse. Invece, in Italia e in altri Paesieuropei, c’è chi preferisce cavalcare l’onda delpopulismo nazionalistico e le pulsioni xenofobe. Secondo certuni, tale strategia può perfino ren-dere bene da un punto di vista elettoralistico.Sfruttare la dilagante crisi economica generale,le incertezze lavorative, rivolgersi alla panciadella gente, è l’obiettivo demagogico e manifestodi chi va alla ricerca spasmodica d’un facile con-senso. Matteo Salvini, segretario della LegaNord, sta indirizzando tutta la sua politica dal fiatocorto a combattere i clandestini, visti come ilmale assoluto del mondo. Nel raduno verde padano di ottobre a Milano, inpiazza Duomo, decine di migliaia di manifestantisi sono stretti attorno al loro giovane leader, “in-vincibile” condottiero che darà lustro alla Nazionee salverà il Paese dall’”invasione dei barbari”. Si sa, il nemico va attaccato frontalmente, pos-sibilmente denigrato, anche a scapito del buonsenso e della logica. Continuamente, nei tele-giornali e nei salotti televisivi di prima e secondaserata, i valorosi del Carroccio ripetono come unmantra che “Mare nostrum è stata un’operazionerazzista e schiavista”. Quando è evidente a tuttiche il governo italiano s’è attivato per salvare lavita di poveri naufraghi desolati.La Chiesa cattolica, animata da misericordia eumana comprensione, insiste sulla necessità diaccogliere decorosamente i migranti, rispettandorigorosamente i loro diritti di cittadini del mondo.Che poi dovrebbe essere il “mestiere” di viveredella politica attiva, che in una civiltà multietnicae multiculturale dovrebbe necessariamente ado-perarsi per pianificare valide politiche popolazio-nistiche. Certa politica, invece, preferisceimbastire campagne strampalate e miopi, che ti-tillano solo gli istinti distruttivi e le rabbia re-presse, i livori di certuni. Anche Beppe Grillovorrebbe cacciare tutti i clandestini dal suolo ita-lico. Lo stramilionario leader pentastellato ha unaconcezione proprietaria del suo “partito”. Nontiene affatto conto che, a ottobre 2013, i senatoriCioffi e Buccarella fecero approvare un emenda-mento che aboliva il reato di immigrazione clan-destina, confortati anche dal consenso dellabase che votò successivamente su Internet. Del resto, bisogna capirli Grillo e Casaleggio. InEuropa, per poter formare un gruppo autonomo,si sono alleati con Robert Jaroslaw Iwaszkiewicz,

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contemporaneaspagine della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0

La morte opportunaBrittany Maynard si è

tolta la vita. Dopo ladecisione di ricorrereall’eutanasia e il ri-pensamento del 30ottobre, la 29enne

colpita da un cancro al cervello in faseterminale è morta l’1 novembre, nellasua casa. A dare la notizia della morteè stato Sean Crowley, un portavocedell’associazione Compassione eScelta, che lotta per il diritto all’euta-nasia. «Brittany è morta, ma il suoamore per la vita e la natura, la suapassione e il suo spirito continuano avivere» ha dichiarato Barbara Lee Co-ombs, presidente dell’organizzazioneche ha sostenuto Brittany. Il caso dellagiovane statunitense ha risollevato ildibattito sull’eutanasia negli Usa.(Fonte: Il fatto quotidiano).

Di fronte a scelte così definitive occor-rerebbe un rispettoso silenzio. Tutta-via il dibattito, qui da noi, èapertissimo.Ogni scelta etica e morale che ri-guarda la sfera privata, anche sedolorosa, anche non condivisa,deve essere accettata, in partico-lare è indispensabile che non esi-stano vincoli legislativi che più chenormare una materia, sembranovoler portare al pensiero unico. Oc-corre battersi con ogni forza perchéun credente sia rispettato nella suafede, perché non gli venga tolta l’ali-mentazione forzata se lo chiede, per-ché una donna se non per scelta suaprecisa rifiuti ogni forma di feconda-zione che non sia quella naturale.Però è indispensabile che altre sceltedettate magari da altre fedi o dalla nonfede vengano rispettate in identica mi-sura. Soprattutto quando sono com-piute per sé stessi, senza ledere lalibertà e dignità altrui. Uno Stato vera-mente democratico e non confessio-nale dovrebbe avere una sola regolain materia, una legge che dice più omeno: “ognuno è libero di sceglierei comportamenti etici e morali chesente più vicini a sé stesso, loStato mette a disposizione ognisua conoscenza ed esperienza peraccompagnare il cittadino nella sualibera scelta”. Invece siamo nei fatti in uno Statoconfessionale in cui la ragione di al-

cuni, maggioranza o minoranza pocoimporta, guida le scelte di tutti e diognuno. Quale differenza esiste fra ilno al testamento biologico e l’imposi-zione del burqa? Mi rendo conto cheil paragone è ardito, però a dire nosono gli stessi che hanno una loro po-sizione religiosa quasi oltranzista, alpunto di volerla imporre a tutti i citta-dini. E l’ipocrisia è ancora più im-mensa se si pensa che chi ha lepossibilità va all’estero per l’eutana-sia.

Lucio Magri andò a cercare la suadolce morte in Svizzera, e oggi silegge: Roma, 29 nov. (Adnkronos Sa-lute) - Sono una trentina in tutto gli ita-liani andati in Svizzera per non farepiù ritorno. Connazionali "che muo-iono in esilio", così li definisce EmilioCoveri, presidente di Exit Italia, Asso-ciazione per il diritto a una morte di-gnitosa. Nell'ultimo anno sono stati2-3 al mese, ma si tratta "di un nu-mero in aumento, soprattutto a se-guito delle discussioni che sonomaturate in Italia sulla legge che ri-guarda il testamento biologico"…E chi non ne ha le possibilità econo-miche si arrangi e diventi suo mal-grado seguace del credo di deputati esenatori che calpestano, in nome eper conto del loro credo, il credo altrui.Quale differenza etica fra questi e gliimpositori del burqa?E badiamo che questi sono gli stessi,o gli eredi politici di chi diceva nel1974 che il divorzio avrebbe sfasciatonon tanto le famiglie, ma la nazioneitaliana.E sono gli stessi che hanno impostoalle donne la presenza massiccia diobiettori di coscienza nei reparti ma-ternità. E ad obiettare sono moltospesso medici che procurano aborti incliniche private, a pagamento. Occorre rivendicare ad alta voce il di-ritto alla scelta, al testamento biolo-gico. Occorre, questa volta mi sentodi dirlo, che i legislatori di provata fedecattolica ascoltino il papa quandoparla dei gay dicendo “chi sono io pergiudicare?”Se alcni di loro avessero solo una pic-cola parte dell’etica e dei “dubbi” dipapa Francesco, forse l’Italia sarebbemigliore.

di Gianni Ferraris

In Oregon, Brittany Maynard, malata ter-minale di cancro al cervello, ha deciso diricorrere al suicidio assistito. Consape-volmente, la 29enne americana ha sceltola “dolce morte”. Puntualmente, dal Vati-cano, sono arrivate le doglianze di mon-

signor Ignacio Carrasco de Paula, presidentedella Pontificia Accademia per la Vita, “mini-stro”della Santa Sede in tema di bioetica: “Ladignità non è mettere fine alla propria vita, èun’altra cosa”. Però al cospetto del dolorestraziante, del travaglio continuo, siamotutti smarriti. La Chiesa cattolica dovrebbetalvolta cominciare a comprendere i vissutidi ciascuno con maggiore misericordia.Non è sufficiente asserire con irrefutabile cer-tezza che la vita sia sempre e comunque sacrae inviolabile per avere la coscienza a posto. Difatto, l’esistenza può diventare anche disponi-bile, in condizioni di lacerazioni senza fine. Brit-tany era ormai irreversibilmente condannata.Umanamente ha lasciato questo mondo, con-tornata dagli affetti, evitando il decadimento fi-sico e lo stato d’incoscienza. La giovane donnaha preteso legalmente una “morte dignitosa”.Come, del resto, in Italia, nel 2006, PiergiorgioWelby rivendicò alla fine una “morte oppor-tuna”. C’è coraggio, umana pietà, in chi decidedi “addormentarsi” per sempre. Il dolore senzaconfine non nobilita affatto, annichilisce. Nonc’è alcuna pulsione nichilista nel pensiero concui Brittany s’è congedata dai suoi cari; masolo amore: “Io voglio vivere. Ciò che mi stauccidendo è il cancro, e sono venuta qui soloper anticiparlo e per evitarmi altre sofferenze”.

di Marcello Buttazzo

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Più suonoPoesia

di Francesco PascaOvvero: più ascolto

M’è capitato di essere ospitedel Silenzio, così come“suona(va)”, nel Plus, LaraCarrozzo: (l’) Ho visto pas-seggiare … sul palcosce-nico. … (l’) Ho visto

guardare … sul palcoscenico … (l’) Ho vistosputare … sulla pelle senza peli … (l’) Hovisto (nel)le mie pupille impazzire … Hochiuso la bocca. Ho preferito il silenzio. Hofatto silenzio.

Proprio così. Quel passeggiare, sputare,guardare, impazzire per me è stato anchequello, l’altro luogo dove Lara Carrozzo scrivea pag. 53 del suo SURPLUS con: ho ostruitoil cielo: “… Luce! Vieni qui, ti ho tra le mani,/ho voglia di toccarti, ma sei un nucleo/di ca-lore e non posso afferrarti…”. Il Surplus di Suono nel Silenzio, sebbeneanche dell’ascolto, è stato, inizialmente pervoce di Mauro Marino, per la lettura nei versidella Carrozzo, in occasione di un incontroravvicinato fra Alieni della parola. È stato in-contro fra Città vicine voluto da Maurizio No-cera e Mimmo Tardio, d’intesa. L’approccio èper noi distante quanto può essere misurabilel’intercolumnio di quel ch’è stato il tempo a se-gnarlo e delle due colonne a dividerlo. Nel-l’essere stato, per altro verso, io stesso apensare e a segnare altra via, ancora più dif-ferente dell’Appia o della nuova 16, ho ac-compagnato e mostrato il mio silenzio al PiùSuono, ovvero, al Più ascolto. Nel trovarmi coi “Lembi di vissuto … tra i semimangiati …”, m’è sorto il dubbio: La Poesia èbene leggerla o ascoltarla? Quale valenzaresta nel cogliere, da chi cogliere per ascol-tare il vero suono?Ho pensato all’intimo del non solo leggere,all’essere stata esigenza sin dalla sua na-scita, sin da quando al racconto orale v’era es’aggiungeva il cantare, quindi, l’ascoltare deimolti. In quell’istante avrei potuto decidere se con-segnarmi alle pagine del leggere oppure alsuono dell’ascoltare. Ho dapprima ascoltato.Mauro Marino mi ha bruciato sul tempo diquel pensare, nel mentre Lara Carrozzo miconsegnava quello stesso “Silenzio” sullestesse pagine di altro “Silenzio”, ma le stessee quelle che hanno “Suonato”, per il mio“PIÙ”, l’ascolto. Al Silenzio dell’attenzione si è sovrapposta la

raccolta poetica, il “PIÙ SUONO” di Lara Car-rozzo per le Edizioni Lupo nella presenta-zione di Paolo Leoncini. Nel ricevere mi chiedevo: È facile mostrare lapropria anima? Nella domanda e nella situa-zione del mio immediato, il facile, lo esploravoin quel pensiero e m’aggiungevo al: se erapossibile coglierla quell’anima, se nel poi èpossibile includerla in altra anima, in un para-dossale appagamento; se nella poesia, inquel poi è, se ne potesse far diventare quel-l’esplorazione particolareggiata per il nuovoorientamento, per quel buco di luce che fa in-travedere altra luce e se ne attende il Suono,quel mio “ascoltare”, poi, nel leggere. Nell’ascolto dell’intanto trovavo la scritturaparlata di Lara Carrozzo e la trovavo unica-mente per il suono. «Mauro fa, ha fatto tutto questo per il mioSuono e quello di Lara Carrozzo», dicevo frame e me. «Sul palcoscenico del Fondo VerriMauro fa, ha fatto del mio ascolto, la pacatadizione, le riflessioni metafisiche.» Lo sentotuttora che si tracima lento con la parola nelsuono, in quel che, “ubriaca il mondo” in quelche, “con danze al minimo dei movimenti “pe-stano il mosto della povertà”, in quel che fa“bere quel fango umano”, in quel che si sentescrivere da Lara: “torcere il mio grembo dimadre”. Nell’ascolto è il Proust che rammento e lo tra-scino nelle Cosmiche attinenze, nell’ interiore,nel miracolo, nel motivo del continuo stupore. Terminato l’ascolto non termina ciò per sola/olettura. Ora “Ho” la raccolta dei suoi cinquan-taquattro “Suoni” donati a me da Lara e leggola sua dedica: “... la poesia sia per te pittura ecanto! …”Così è lo scrivere del più suono, “nel” sostarenei pressi della Curiosità nell'esperire, nellaporzione di tempo sospesa nella remota suadignità dell’armonia di appartenenza, nel si-stema di quel che, con l’uguale, n'è il descri-vere in versi e non per trovar l’opposto; cosìho accettato quel dono.Ho il poi e, nel miglior letto, trovo che, nei ri-chiami: “…Alludo a richiami che non ho so-stenuto/mentre era finito l’inverno/e la poesiainondava il cielo.” Ho iniziato a conservare per sua utilità ilsuono. La parola che, ne ha nutrito l’aspettodi quest'ultima è e diviene: “la Luna sotto lozero”, sotto la sua eco di Luogo, di quel chescorre in quel Tempo con quel particolare e

ne descrivere e ne sparge riccamente: “Pop-pea come sul fare/si nasconde, dietro al velo,/sorride, e non si concede.”Nel pagina dopo pagina leggo a caso, sì,aprendo a caso la raccolta, dissemino le mieimpressioni nell'ammassarsi in luccichio, inantichi disposti per ordinate traiettorie e in se-quenze di nuovi suoni d'anima; voglio restarenel senza tempo, catturare anche il miosuono, ballo-non ho paura: “ballo, mi contorconel sangue. /l’Oriente mi chiama adesser/donna/…” o con tanto di quel tempo. Così come per il giorno in dimensione circo-lare: “… lo sento come fosse clorofilla/e so dinon poter arginare …”Lara scrive e ama ravvivare, avviare in altri ri-cordi e, ricondurre, alle dieci parole: “… Con-tatto! Nuova conoscenza:/bava alla boccapiena di semi/che coltivo in silenzio…”Quel tanto o poco, a volte ci somma il destinoo ne sottrae l'istinto, sino a non più avveder-cene o sino a mostrarsi in altri granuli di pa-role, in granuli per altra clessidra da riempieree svuotare in Richiami inebrianti la calce, inLuce. Lara descrive il Più Suono, fa danzare il gigliodella conoscenza:” Colui che scrisse sul gigliobianco/visse l’agosto senza conoscermi. /Ca-rezzavo la sua testa sul far del giorno./Chiamò la mia anima bianca/…/mi sbottonòil cuore senza sapere/che avrei deglutito tuttoil suo sangue.”Trovo il suo censire l’immagine nel penta-gramma emotivo, nella sensualità costruitacon un suono per noi del Sud ch’è plasmatonei bisogni e per nuove percezioni di anima ea dare la giusta dimensione non costrettadall’egoismo di un io. Lo dice Lara a pag. 111 in richiesta tellurica:“… nella sorgente della vita/nutro bolle spiri-tuali/che rimandano alla fiamma/del desertocorporeo…”Finisco di scrivere la mia impressione delSuono ma continuo a persistere nel dubbio.La poesia è meglio ascoltarla o leggerla?Per Lara è scriverla? A noi sciogliere il dubbioaprendo all’ispirazione luminosa, magariascoltandone e inseguendone il rumore. Leg-gere è l’altro Silenzio, è il fragore del tuono epotrà anche essere l’ascoltare.

La copertina della raccolta

di versi di Lara Carrozzo

edita da Lupo

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La musica di Spagine

Paranza Vibes

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I l gruppo Paranza Vibes è composto da artisti campaniche lavorano nella musica da diversi anni. La loro lungacarriera è ricca di album, singoli e video. Tra le molteplicicollaborazioni ricordiamo quella con Zulù (99 Posse) eTerron Fabio (Sud Sound System). In questa intervistala crew racconta il lungo percorso musicale.

Paranza vibes, come è nato il gruppo e perché questonome?Il progetto Paranza Vibes nasce nel 2000 da un’idea di PiervitoDe Rosa e Matteo Citro per dare voce alla rabbia e al vuotoche lascia la periferia, in questo caso quella di PontecagnanoFaiano. Paranza perché oltre ad essere una barca che attuaun determinato tipo di pesca quindi vicino alle nostre tradizioniperché noi amiamo il mare, e Vibes perché siamo malati diReggae e siamo convinti che le vibrazioni tante volte dicono dipiù delle parole stesse. Il nome Paranza Vibes l’abbiamo de-ciso seduti su di una panchina sotto casa di Piervito.L’ultimo singolo accompagnato dal video ‘Whe havedream’ con Zulù dei 99 Posse, come è nato?La nostra amicizia con Luca (Zulù) risale al 2000 quando or-ganizzammo a Pontecagnano il concerto dei 99 Posse e ful’anteprima del disco “La vida que vendrà”, poi ci siamo incon-trati spesso in giro e l’anno scorso ci siamo ritrovati al concertodi Manu Chao a Napoli dove eravamo presenti entrambi nellaLine up e finalmente abbiamo deciso di dare vita a “We have adream”. Diverse le collaborazioni con grossi artisti, parlateci diquella con Terron Fabio?Con Terron Fabio dei Sud Sound System, come con Zulù, lanostra amicizia è antica. Noi da sempre ascoltavamo i Sud espesso ci ritrovavamo nelle Dance Hall con loro e quindi è statonaturale creare il pezzo insieme in studio da loro. La Carovanaè nata durante il percorso Pontecagnano - San Donato invitati

da Fabio nello studio storico dei Sud.

C’è qualche collaborazione che vi ha lasciati maggior-mente soddisfatti?Sinceramente sia quella che con Luca che con Fabio sono pernoi motivo di orgoglio perché noi abbiamo iniziato il nostro per-corso artistico ispirandoci ai loro progetti e prendendo le lorovibes, quindi noi siamo fieri di questi due singoli oltre dal puntodi vista artistico e musicale ma soprattutto per il rapportoumano basato sul rispetto “vero” intrecciatosi con loro.Siete in tour? Dove è possibile conoscere le vostre date?Siamo in tour promozionale e stiamo già girando in varie radioe tv con il singolo We have a dream. Prossimamente andremoa Milano, Roma Napoli, e già stiamo lavorando per l’uscita delterzo singolo. Faremo uscire per prima tutti i singoli che stiamolavorando e poi li racchiuderemo tutti in un solo album. Intantocontinuiamo a girare con il nostro DJ Set e stiamo preparandoper il 18 gennaio 2015 il nostro quindicesimo anno di attività.Per le nostre date è possibile consultare il sito ufficialewww.paranzavibes.com oppure la nostra pagina Facebook Pa-ranza Vibes.Come valuti l’attuale scena reggae italiana?Quale scena? Pensiamo che la scena italiana sia molto vastama frammentata come le coste che bagnano la nostra penisolaoltre ad essere molto competitiva. Esiste la scena lombardaquella veneta quella romana quella campana, pugliese e sici-liana ma ognuno fa le cose a casa propria, ognuno pensa diaver inventato o di avere l’esclusiva su fatti ed idee. Noi cisiamo sempre battuti affinché la scena italiana potesse essereunica e unita e non solo di facciata, e abbiamo sempre cercatodi spingere e promuovere il reggae fatto in casa facendo suo-nare e collaborando con altri sound e amici non solo del nostroterritorio ma dell’intero Paese senza ricorrere per forza algrande evento del giamaicano di turno.

di Alessandra Margiotta

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Fuori luci accese

spagine della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0short stories

Era stata tutta la serata appesa al te-lefono. Gregory Mitchell dell'officinaMitchell&Georghe di St.Peter leaveva lasciato un messaggio in se-greteria qualche ora prima. Quandorispose al telefono lo immaginò

mentre rideva di lei, dietro la sua scrivania, gio-cherellando con una biro tra le dita. Suo maritoFrederik Callagan, aveva detto alla cornetta il tizio,s'era inabissato nelle acque del lago Clark, acento chilometri da casa, nei pressi di Providence.La sua mustang targata Canada nuova di ta-gliando era stata recuperata da un suo carro at-trezzi in piena notte. Bob Sanders, l'autista delmezzo di soccorso, era stato allertato dal proprie-tario di una Bmw ferma sul ciglio della strada perFersbury e col motore ancora acceso, poco lon-tano dallo specchio d'acqua in questione. Il tiziogli aveva indicato un punto in mezzo alla fitta ve-getazione, lì dove aveva visto una macchinauscire fuori strada dopo una brutta curva a gomito.-La vettura era registrata a suo nome signora Cal-lagan. Un vantaggio per noi. Targa e numero di te-lefono.-Mi dica. Come sta mio marito?-Mi dispiace, ma suo marito non era nell'autoquando è stata estratta dal lago.Ci aggiunse il carrozziere. E Lesly lo pensò dal-l'altra parte della cornetta mentre dicevaSTRONZO con un movimento lento delle labbra.-Suo marito è il più gran pezzo di stronzo cheabbia mai visto, andare a ficcarci il muso in unlago di notte, bisogna essere proprio dei coglioni.Questo non lo disse il carrozziere, ma Lesly, quellapovera donna, se lo immaginò. Questo GregoryMitchell dell'officina continuò ilracconto. Sembrava ben informato. Dopo quasiventi minuti di manovre, per non tirarla troppo perle lunghe, Bob Sanders aveva estratto l'auto dalfondale del lago Clark, ma del signor Callagan nonve n'era traccia all'interno. Gregory raccontavatutto questo come se stesse commentando quellescene in tv, o in un fotoromanzo.-E' ancora in linea signora Callagan.-Certo signor Mitchell.-Non vuole sapere dov'è suo marito?Lisley sbrigliò lo sguardo giù per il corridoio,lungo il linoleum appena lucidato.-Dovrebbe importarmene immagino.Ci fu una pausa. Questa volta Lisley sorrise dentrodi sé.-Chiami la polizia signora Callagan. Io e il mio col-lega abbiamo motivo di pensare che Frederik siascomparso, o peggio ancora morto.Qui il meccanico si prese una pausa, come se aLesly servisse tempo abbondante per digerire unaparola così grande. Poi lui continuò:-Ma, se capisce quello che le sto dicendo, non vor-remmo mai, io o il mio collega,venire a testimo-niare per lei, magari in presenza di un giudice edegli avvocati. La prego, ci tenga fuori da questastoria.Lesly intrecciò intorno al dito il filo del ricevitore.Ricordò anche di aver sentito come un fastidio aipiedi della coscienza.Non si trattava di cordoglio, o peggio ancora di-sperazione. Era come il ricciolo di veniale disap-

punto. Sottile dispiacere ecco tutto. Una bruciaturadi sigaretta in uno sterminato arazzo. Si sentì piùo meno così.-Può stare tranquillo signor Mitchell, non chiameròla polizia. Vedrà, mio marito saprà trovare lastrada di casa. Lo fanno sempre i mariti quandoscappano. Gregory Mitchell dell'officina Mit-chell&Georghe di St.Peter singhiozzò. Lesly losentì chiaramente. Come un rigurgito, o uno stan-tuffo, o un vuoto pneumatico.-Potrebbe essere morto signora Callagan. Par-liamo di suo marito, vero?-Potrebbe essere vivo anche, non crede. Perchédovremmo crogiolarci già nella tragedia. Aspetteròsino all'alba.-Lei non chiamerà la polizia vero signora Calla-gan?Pausa.-No, signor Mitchell. Non lo farò.-Vuole che lo faccia io? Potrei chiamare io la poli-zia se volesse.-Sono certa che Frederick tornerà a casa. Lasceròle luci della veranda accese. Se non dovessefarlo, bé spero per lui che abbia la grazia di chia-marmi.-Basteranno le luci accese della veranda?-Basteranno le luci.-Penso allora che dovremmo salutarci signora.-Sono d'accordo anche io. Arrivederla signor Mit-chell. Grazie per il disturbo.-Oh, nessun disturbo signora, dovere. Mi stiabene.-Anche lei.Poi Lesly chiuse la chiamata. Rimase così qual-che secondo, con la mano ancora posata sullacornetta. Poi si staccò, con un gesto poco naturalee si accese una sigaretta.Alla finestra vide Andrew e Loyd Hamber, dueometti di dieci e nove anni, che stavano giocandoa baseball nel giardino di casa sotto il cono di lucedi un lampione. Abitavano dall'altra parte dellastrada buia. Uno dei due si fermò con la palla an-cora in una mano e come se si sentisse osservatosi guardò attorno. Lesly si fece da parte, scivo-lando dietro le tende.Guardò il soffitto immobile per tutta la durata dellasua sigaretta. Poi riattivò i meccanismi del corpo,riprendendosi a muovere. Frederick Callaganforse era morto, o forse solo scomparso. E questonon la disturbava. Non la rendeva meno felice omeno capace di qualche tempo prima. Pensò dichiamare sua madre a Denver, ma non lo fece.Aprì il frigo e si rese conto che era quasi vuoto. Eil minimarket sulla 48th era già chiuso a quell'ora.Si sedette sul pavimento sotto la luce del conge-latore e attese. Aspettò che fosse abbastanza tardiper aspettarsi l'arrivo di chiunque, di una visita odi un marito scomparso. Si alzò. Andò in verandae spense tutte le luci. La casa s'ammantò di ombree di buio e lei rimase fuori in piedi, accanto allasedia a dondolo e al tavolino in alluminio. Si se-dette un solo istante, mirando la faccia pallida eammiccante della luna, risultava enorme oltre leprime casa e la radura appena dietro.

di Luca Calò

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spagine della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0luoghi del Salento

Non bastano le parole, perlomeno si rivelano inade-guate secondo la sensibilità del comune osserva-tore di strada che scrive, per poter dire di Otranto,del suo cuore, della sua anima, della sua storia, im-paginata fra momenti di osanna e di gloria e paren-tesi di tragedia, dei suoi stessi dintorni.

Otranto è, insomma, un impareggiabile tesoro, anzi un insieme ditesori, un autentico piccolo grande miraggio reale, punto e basta,sicché l’approccio dell’umana mente al suo indirizzo non può nonconiugarsi anche con moti emotivi, con scansioni di commozioneprofonda.A pochi chilometri dalla località, lungo l’arteria litoranea che sisnoda in direzione sud verso Porto Badisco, Santa Cesarea Termee Castro, più o meno all’altezza della Baia delle Orte, si trovano,ponendosi all’ammirazione stupita dei transitanti e visitatori, i restid’una cava di bauxite, ormai notoriamente conosciuta e appellatacome Lago di Bauxite e ciò a motivo della forma con cui si pre-senta, proprio simile a quella di una pozza d’acqua alpina.E però, risalta, qui, l’eccezionalità del sito, giacché si è a ridossodell’Adriatico, quasi a strapiombo sull’incantevole tratto di costa roc-ciosa.Qualche breve nota di carattere tecnico, merceologico e cronolo-gico.La bauxite è un minerale dal quale si ricava l’alluminio, ad Otrantoil processo estrattivo si è protratto per un ventennio con imbarcodella materia prima dal porto cittadino e destinazione Marghera perla fase di lavorazione, la cava è stata definitivamente chiusa nel1976, in mancanza di convenienza economica.Il piccolo laghetto che oggi appare alla vista si è andato formandoman mano, in virtù della presenza di una falda freatica incontratadurante lo scavo; poco a poco, la zona circostante si è andata ar-ricchendo di piante acquatiche e paludose, come la cannuccia dipalude.E’ bello, stupefacente e struggente il contrasto fra il rosso cupodelle pareti del laghetto e la tonalità verde azzurro della massa li-quida sul fondo.Rosso cupo, giustappunto, è del resto il colore del minerale, con-sistente sia in masse aggregate e cospicue, sia in piccoli noduli diforma tondeggiante, sagoma dovuta al trasporto subito nel tempoper opera delle acque meteoriche, il cui nome tecnico è pisoliti, seb-bene, da queste parti, siano genericamente chiamati uddrie. Oh, lemitiche e magiche palline, strumenti a portata di mano e testimonidi semplici giochi e svaghi d’infanzia per chi c’era e cresceva nelBasso Salento!Da ultimo, un richiamo del tutto particolare: rosso cupo, rosso, noncaratterizza forse, cromaticamente, anche il sangue? E di sangue,non n’è forse scorso a rivoli, lasciando tracce indelebili, in quel lon-tano 14 agosto 1480, quando ottocento otrantini scelsero d’immo-larsi sul Colle della Minerva, piuttosto che rinnegare la propria fede,come pretendeva il Turco invasore?Riprendendo il titolo delle note, il Lago di bauxite d’Otranto si ponee si colloca alla stregua di un ideale muscolo decentrato del grandecuore della cittadina e, nella sua specificità intessuta di stupefa-cente bellezza abbinata ad un certo alone di mistero, riesce a in-cantare e a far innamorare ogni sguardo che vi si sofferma.

la cava di bauxiteOtranto,

di Rocco Boccadamo

la foto è tratta da http://www.primitiveart.it

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in agenda

Gli ombrelli parlanti La solidarietà e il reinserimento lavora-

tivo delle persone detenute trovanospazio nel progetto “Gli ombrelli par-lanti di Serena”, iniziativa della coope-rativa sociale Piano di Fuga che saràpresentata domenica 9 novembre

alle 12.00 presso il chiosco-bar sBARra di BorgoSan Nicola di Lecce. Testimonial del progetto checoinvolge un gruppo di detenuti dell’Istituto peniten-ziario Borgo San Nicola di Lecce, il sindaco di LeccePaolo Perrone e il direttore della Casa circondarialeRita Russo.“Gli ombrelli parlanti di Serena” è una produzione diombrelli personalizzata dalla cooperativa Piano diFuga, costituita per la maggior parte da detenuti chestanno scontando la pena all’interno del carcere lec-cese, con brevi frasi poetiche e di speranza sugge-rite da Chiara Scardicchio, mamma della piccolaSerena, bambina affetta da autismo in cura a Bari.È proprio per sostenere il suo percorso formativo eriabilitativo che nasce la produzione stampata tra lemura della Casa circondariale: tutti i proventi dellevendite, infatti, saranno destinati alla piccola Se-rena. Lontano dai pregiudizi e dagli stereotipi chevedono le persone detenute come un “problema”, ilprogetto della cooperativa leccese le valorizza inquanto risorse importanti per la società, capaci dislanci di solidarietà e di impegno vero. Location d’eccezione per la presentazione del pro-getto, il chiosco-bar sBARra, gestito dalla coopera-tiva Piano di Fuga, via S. Nicola 75 Lecce in cuilavorano detenuti che usufruiscono dei permessi la-voro ed ex detenuti. Un esempio concreto di inseri-mento lavorativo in cui è possibile assaggiare il“pasticciotto galettotto”, tipico dolce leccese ripienodi pistacchio, gianduia e zabaione.

Per acquistare “Gli ombrelli parlanti di Serena”è possibile inviare una mail a: [email protected]

“Se la pioggia è universalmente metafora di grigioanche interiore,poiché interrompe luce e sole... ed è sovente icona diun problema, un impedimento o una tristezza... allora vale la pena provare a trasformarla... usandola come possibilità… per Riflettere – Sorridere - Sperare.Gli Ombrelli Parlanti parlano... pur senza parlare.Sono nati da un’ispirazione, giunta da una bambina che non parla eppure insegna molte paroleFai dire al tuo ombrello chi sei...E soprattutto, fagli direche la pioggia non è un limite ma... Una prova di coraggio.”

Antonia Chiara Scardicchio

La presentazione oggi, domenica 9 novembre, alle 12.00 presso il chiosco-bar sBARra di Borgo San Nicola di Leccea cura della Cooperativa Piano di Fuga

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spagine della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0

in Agenda

Ratatile

Lunedì 10 novembre dalle 18.00, una “mostriciattola” s’inaugura,

in via delle anime 4, a Lecce uno spazio che l’artista Paola Torsello

dedica alla ricerca creativa e al counselling

A l di là di ogni interpreta-zione antropologica,psicologica e psichia-trica, i cui diversi puntidi vista confluisconosul fenomeno del ta-

rantismo, ratatile non nasce con l'in-tenzione di intrufolarsi in studicomplessi e impegnativi. Il discorso èmolto più semplice e fantasioso: rata-tile è un filo nero che de-scrive tramee forme della lycosa tarantula, il ragnosalentinoche con il suo morso procurastati di trance e agitazione emotiva,una scrizione di segni e di intrecci tal-volta in ripetizione, una divagazionegrafica di narrazioni in movimento,una sfida manuale ed espressiva con-cepita per affermare spontaneità esentimenti senza incorrere in giudizi.Paradossamente, il senso creativoconsiste nel bisogno di de-privare disenso alcune figure contemporanee,nel tentativo di riconsegnare le cosealle persone e alla società, così comeavvengono e non perché avvengono.E' l'epoca delle interpretazioni, il rias-sunto di attività stereotipate, dove si faun gran parlare di esistenze, bisogni e

conflitti umani, senza però rapportarsicon le persone, senza condurre espe-rienze insieme, snaturando e oggetti-vizzando umanità e ambiente.Pertanto, se le emozioni sono espro-priate, se le necessità personali sonotrascurate, se l'intera storiadella Ta-ranta è stata reinterpretata da fuor-vianti iniziative commerciali, ratatilevuole essere espropriazione attiva,espropriazione di arte e di progettua-lità, in cui la mano e la penna flui-scono istinti e narrano incontri.

Paola Torsello non si definisce un'ar-tista, anzi ne rinnega il termine, sotto-lineando che in una società dominanteimpegnata a separare coscienze eunità, nessun uomo può esprimerecompletamente sé stesso libera-mente, tantomeno concedersi l'istintodelle emozioni più profonde senza in-ciampare in contaminazioni giudicanti,come il bello ed il brutto, il buono e ilcattivo... Quindi afferma e sostieneche la creatività appartiene a tutti eche ognuno a suo modo, può essereun inventore di tecniche, di visioni pit-toriche, un collezionista di storie.

“Racconti del territorio. Luoghi, narrazioni,musica e visioni di poesia” è il titolo dell’ot-tava edizione di Gran bazar, banco dell’edi-toria, degli autori e della poesia salentina,quest’anno del presidio del libro di LecceFondo Verri per le iniziative di “Artigiana - La

casa degli autori” nel programma delle Attività Culturalidella regione Puglia.Da venerdì 28 a domenica 30 novembre, torna aLecce il Gran Bazar, banco dell’editoria, degli autori edella poesia salentina promosso dal Fondo Verri. Un’edi-zione, l’ottava - completamente indipendente titolata“Racconti del territorio. Luoghi, narrazioni, musica e vi-sioni di poesia”.La rassegna si inscrive nell'esperienza del banco lette-rario che lo scrittore e operatore culturale salentino An-tonio Verri inaugurò con il Caffè Greco e con ilPensionante dè Saraceni negli anni Ottanta. Il banco let-terario si proponeva come luogo ideale di scambio, divendita e di discussione sulla scrittura, sui libri e sul fareautoriale e culturale. Gli autori - con il racconto diretto dei loro lavori - sarannoi protagonisti della cinque giorni che avrà luogo neglispazi dell'Associazione Culturale in via Santa Maria delParadiso 8 a Lecce. Tra gli ospiti: Domenico Mimmo Fazio per un omaggio ai“reportage” di Tommaso Fiore. Salvatore Luperto chepresenterà la collezione di opere verbo-visive del Museodi Arte Contemporanea di Matino. Claudio Prima, Giu-seppe De Trizio, Fabrizio Piepoli per un recital musicale.Omar Di Monopoli con il suo Aspettati l’inferno, Isbn edi-zioni. Ernesto Mola e Antonio Passerini che racconte-ranno il progetto dell’Ecomuseo della Bonifica di Frigole.La poetessa Lara Savoia con i versi dedicati a L’Aquila.Gli autori di Musicaos Edizioni presentati da Luciano Pa-gano. Antonio Errico con il suo ultimo romanzo La pittoradei demoni edito da Manni. Marco Cavalera e GiulianaCoppola che racconteranno Lucugnano. Salvatore Ca-lafiore con un recital che renderà omaggio all’artistasarda Maria Lai.

EccoGranbazaril banco delFondoVerri

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terza di copertinaspagine della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0

Immagini dalla residenza di Maria Teresa Rosa di Castellamonte in provincia di Torino per la ceramica di Laterza

l’arte di costruire la città

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quarta di copertinaspagine della domenica n°51 - 9 novembre 2014 - anno 2 n.0

l’arte di costrire la città

Éstata presentata pressoil MARTA (Museo Ar-cheologico di Taranto)lo scorso 4 novembreuna nuova interessanteiniziativa della Dire-

zione Regionale del MIBACT (Mini-stero Beni Attività Culturali e Turismo).Il titolo è “Made in loco Grottaglie &Laterza la ceramica pugliese fra tra-dizione e innovazione”.Il progetto mira al recupero e innova-zione della lavorazione artistico-arti-gianale dei due centri più importantidell'area pugliese: Grottaglie e La-terza, città entrambe riconosciutecome “centro di antica produzione ce-ramica” ed inserite nel novero dei 36centrinazionali tutelati dal marchioCAT per la “ceramica artistica e tradi-zionale” dall'Associazione ItalianaCittà della Ceramica (AiCC).L'iniziativa si qualifica come avvio spe-rimentale di eventi culturali tesi a di-ventare “stabili”, con collaborazioniistituzionali e di privati, di “residenzad'artista”.Due gli artisti selezionati attraverso unbando pubblico: Giovanni Maffucci diPistoia per la “residenza” di Grottagliee Maria Teresa Rosa di Castella-monte (Torino) per Laterza.Durante le “residenze” i due artistihanno partecipato ad incontri, semi-nari, laboratori e studio-visit contri-buendo a vivificare il rapporto con lenuove generazioni e, soprattutto, congli allievi dei Licei Artistici dei due Co-muni. Gli artisti sono anche entrati inrapporto con i “ceramisti di tradizione”ed entrambi stanno lavorando alla rea-

lizzazione di due opere che entre-ranno a far parte della collezione deimusei delle due città. Le residenzemesse a disposizione degli artisti rap-presentano un momento di formazionee di confronto anche per l'artistastesso, in quanto legate all'esperienzadiretta sul territorio ospitante. Il pro-getto nasce nel senso della condivi-sione di reseau (rete) e reso (nelsenso di “restituito”), poiché la resi-denza d'artista è intesa non solo comepresenza dell'artista in un preciso con-testo, ma è momento formativo e di in-terscambio tra soggetti e luoghi;èl'occasione in cui relazioni, visioni evalori si creano, intensificano e depo-sitano.Il progetto, finanziato con fondi FESRPUGLIA 2007-2013 (ASSE IV – LINEA4.2 – “Tutela, valorizzazione e ge-stione del patrimonio culturale” –Azione 4.2.1 lett. G) – Azioni di valo-rizzazione integrata dei sistemi e dellereti culturali. Interventi integrati di in-frastrutturazione e di promozione deisistemi e delle reti di beni culturali pre-senti sul territorio regionale), presentacaratteri di forte novità nel coinvolgi-mento delle nuove generazioni attra-verso l’utilizzo dei social network. Lacreazione di un logotipo “Made in loco”dedicato alle residenze d’artista in Pu-glia vuole rappresentare il primo passoper rendere stabile l’iniziativa edestenderla agli altri comparti al fine dicreare un brand Puglia dell’artigianatodi tradizione e di eccellenza.

Pagina a cura di Marisa Milella*,Fabio A. Grasso*Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia.

Al MARTA“La bellezza esposta” / “Made in Loco, residenze d'artista. Puglia”

Una nuova iniziativa del MIBACT

Immagini dalla residenza di Giovanni Maffucci di Pistoia

per la ceramica di Grottaglie