Spagine della domenica 50 0

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s p a g i n e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri della domenica n°50 2 novembre 2014 anno 2 n.0 Un numero del Circo El Grito in una fotografia di Andrea Podestà

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Cresciamo, in questo numero l’arrivo di Rosanna Gesualdo, il ritorno di Ilaria Seclì che ci racconta il suo Leopardi e di Milena Galeoto con le sue corrispondenze da Montrèal… E ancora c’è Alessandra Margiotta, Melissa Calò, Gigi Montonato, Gianni Ferraris, Marcello Buttazzo, Fabio Antonio Grasso, Rocco Boccadamo... Buona lettura e buona domenica...

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spaginePeriodico culturaledell’Associazione

Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

della domenica n°50 2 novembre 2014

anno 2 n.0

Un numero del Circo El Grito in una fotografia di Andrea Podestà

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amen! Trattativa Stato - mafiaL ’interrogatorio a cui è statosottoposto – sottoposto, si faper dire – il Presidente dellaRepubblica Giorgio Napoli-tano, martedì, 28 ottobre, sualcuni aspetti della cosiddetta

trattativa Stato-mafia della prima metàdegli anni Novanta non era né utile né inu-tile, era semplicemente un passaggio pro-cessuale obbligato, a prescindere dagliesiti. E non si capisce perché c’è ancoragente in Italia, anche di un certo rango cul-turale, che sostiene che, trattandosi delPresidente della Repubblica, quell’interro-gatorio non andava fatto. Se i giudici di Palermo ritenevano che Na-politano fosse persona informata dei fatti,dovevano interrogarlo su quei fatti. Cos’al-tro avrebbero potuto fare? Se, poi, si vo-leva solo evitare che Napolitano ricorresseai “non so”, ai “non ricordo” come un co-mune mortale, è un altro discorso. I Presi-denti della Repubblica non sono Pico dellaMirandola, ma sono pur sempre personecome tante altre che, di fronte a domandela cui risposta è compromettente, si rifu-giano nei “non so”, “non ricordo”. Tantovale ancor più per un Presidente della Re-pubblica, la cui testimonianza coinvolgeuna tanto alta e importante istituzione. Napolitano doveva solo dire ai giudici cosasapesse degli “indicibili accordi” di cui te-meva di essere copertura il suo consiglieregiuridico, poi morto di crepacuore, LorisD’Ambrosio, in riferimento ai fatti relativiall’ex Presidente del Senato Nicola Man-cino, all’epoca dei fatti Ministro degli In-terni, e a tutta la compagnia dei presuntitrattatisti. D’Ambrosio non si fece unachiacchierata con Napolitano, ma gliscrisse una lettera. Chiara la sua volontàdi lasciare traccia delle sue preoccupa-zioni. Altrettanto chiaro il dovere di infor-mare il suo referente diretto del pianocriminoso messo in essere ai suoi danni. Napolitano ha risposto che quella lettera fucome un fulmine a ciel sereno, ma nondiede seguito alle preoccupazioni del suoConsigliere né avvertì la necessità di chie-dere delucidazioni e chiarimenti sugli “in-dicibili accordi”. Così, come se D’Ambrosiogli avesse chiesto se la pasta aglio e oliova meglio col peperoncino o senza. Fossestato un altro, invece di essere il Presi-dente della Repubblica, i giudici si sareb-bero comportati diversamente; forse gliavrebbero riservato il metodo Di Pietro, ilfamigerato “tu non potevi non sapere”. Ma,lasciamo stare. Sull’interrogatorio giudici-Napolitano qual-che riflessione è necessaria, pur nel gro-viglio di nomi, di luoghi, di tempi e dicircostanze, che rendono confusa l’interavicenda. Nella sua essenzialità la que-stione si riduce a questo: agli inizi deglianni Novanta lo Stato usa le maniere forticon la mafia, incarcera diversi boss e li sot-topone al regime carcerario duro del 41bis; la mafia risponde da mafia, con altret-tanta forza, e semina il Paese di stragimentre ne minaccia altre ancora più gravi;a questo punto lo Stato si spaventa, cede

al ricatto, coi suoi servizi segreti tratta coiboss mafiosi liberi e intanto, coi suoi mini-stri di Giustizia e degli Interni, allenta lepene cui sono sottoposti i boss mafiosi incarcere. Il giudice Paolo Borsellino vienea sapere di questa trattativa, non ci sta –per usare le parole di Scalfaro, protagoni-sta all’epoca – diventa un testimone peri-coloso, va eliminato. E viene tolto dimezzo!Racconto molto semplice? Può darsi, madi questo racconto sono vere le bombe ele stragi, sono veri gli allentamenti di penaai mafiosi, è vera la morte di Borsellino. Edè soprattutto vero che lo Stato cedette allamafia. Non sono chiare le connessioni e leresponsabilità di chi operò in quelle circo-stanze per determinare quei fatti. Se tantoaccadde non fu a causa di un fenomenoatmosferico, ma per precise decisioniumane. Di fronte a simili gravissimi episodi crimi-nosi non serve chiedersi perché lo Statonon si comportò allo stesso modo quandole Brigate Rosse rapirono Aldo Moro. E’una domanda inutile. Probabilmente se leBrigate Rosse avessero rapito qualchegiorno dopo Moro anche un altro grossoesponente politico e avessero minacciatodi rapirne altri ancora, magari accompa-gnando i rapimenti con qualche attentatosanguinoso o rovinoso, lo Stato avrebbeceduto anche in quell’occasione. Ma le Bri-gate Rosse non erano Cosa Nostra, nonavevano una strategia che lontanamentepotesse paragonarsi a quella di Cosa No-stra. Si potrebbe anche dire che gli uominiche rappresentavano lo Stato democraticonel 1978 non erano “quelli” degli inizi deglianni Novanta. Dov’erano gli Andreotti, iBerlinguer, i La Malfa, gli Almirante? Maquesto è marginale: gli uomini, anche i po-litici, sono figli del loro tempo. Ma soprattutto è vero che in Italia CosaNostra è uno Stato nello Stato. Può trat-tare da pari a pari e mettere sul piatto dellabilancia i suoi pesi. Da questo punto divista la mafia ha vinto. La sua vittoria nonconsiste nell’aver ottenuto qualcosa ditranseunte, di provvisorio, non ha vintonessun palio, ma il riconoscimento del suopoter essere a sua volta Stato, cioè unacondizione ineliminabile della società ita-liana, che in qualsiasi circostanza può for-malizzarsi per chiedere e dare, perpretendere e concedere, per farsi aiutareed aiutare. Non è per caso che l’Italia de-mocratica affondi le sue radici nella libera-zione dal fascismo grazie agli Americani eai loro alleati mafiosi, fatti ritornare in Sici-lia per preparare il loro sbarco. E c’è chiipotizza addirittura di far quotare in borsala Mafia Spa, che ogni anno “fatturerebbe”circa centottanta miliardi di Euro, con unutile di cento miliardi annui. Stravaganza oprovocazione, l’ipotesi nasce da un con-vincimento, che la mafia è una realtà con-naturata, una struttura che ha tutti icaratteri dello Stato, che si incontra e sisalda con lo Stato italiano grazie anche alfatto che questo all’occorrenza si comportaesattamente come lei.

spagine diario politico

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della domenica n°50 - 2 novembre 2014 - anno 2 n.0

amen! di Gigi Montonato

di Gianni Ferraris

Trattativa Stato - mafia

Papa Francesco apre all’evoluzionismo en-trando di diritto nell’era moderna: “Quandoleggiamo nella Genesi il racconto della Crea-zione, rischiamo di immaginare che Dio siastato un mago, con tanto di bacchetta ma-gica in grado di fare tutte le cose – ha detto

Bergoglio – Ma non è così. Egli ha creato gli esseri e li halasciati sviluppare secondo le leggi interne che Lui ha datoad ognuno, perché si sviluppassero, perché arrivassero allapropria pienezza. Egli ha dato l’autonomia agli esseri del-l’universo al tempo stesso in cui ha assicurato loro la suapresenza continua, dando l’essere ad ogni realtà”.Il cardinale Reinhard Marx,(un cognome una garanzia) hadetto: "Non possiamo dire agli omosessuali che non pos-sono sperimentare il Vangelo". Ancora Papa Francesco parlando dell’omosessualità: “Seuna persona omosessuale è di buona volontà ed è in cercadi Dio, io non sono nessuno per giudicarla. Dicendo questo,io ho detto ciò che dice il Catechismo. Una volta una per-sona mi chiese se approvavo l'omosessualità. Io allora lerisposi: "Secondo te Dio, quando guarda a una personaomosessuale, ne approva l'esistenza con affetto o la re-spinge condannandola?". Nella vita Dio accompagna lepersone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla lorocondizione. Bisogna accompagnare con misericordia».E ancora: “La Chiesa cattolica non deve lasciare che i suoidivieti riguardo a matrimoni gay, aborto e uso dei contrac-cettivi divengano il centro dei suoi insegnamenti. Ma deverendersi più accogliente, con preti che siano pastori com-prensivi e non freddi e dogmatici burocrati. Riferendosi inparticolare agli omosessuali, il Pontefice ha detto: "Nellavita, Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accom-pagnarle, partendo dalla loro situazione. Bisogna accom-pagnarle con misericordia".Bene, la Chiesa si sta rifacendo dopo anni di oscurantismo,però, nella condivisione e nell’accoglienza dei diversi, orarimane un problema di assoluta urgenza da definire. ForsePapa Francesco, se mai leggerà queste umili righe, si faràcarico di questo peso, magari ricevendo in udienza privatauna persona che ancora non comprende, e che forse stasoffrendo le pene dell’inferno. Meglio del Papa in personanessuno, ma proprio nessuno potrà mai spiegare tutto ciòa Carlo Giovanardi. Santità faccia in fretta, prima di un in-sano gesto del deputato Giovanardi!

SalvateGiovanardi

corsivo

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Spesso proviamo scoramento alcospetto d’una società comequella odierna improntata sullalegge “aurea” del profitto. Unasocietà elitaria, che premia co-stantemente i più ricchi, i più

benestanti, i più furbi, e penalizza senza rite-gno i ceti meno abbienti. Una società mon-diale che mette ai margini estese fasce dellapopolazione, invalidate, incapaci di soddi-sfare i più elementari bisogni primari.Purtuttavia, dinanzi alle mostruose ingiustiziee alle diffuse sperequazioni, non possiamoammainare le bandiere, non posiamo gettarela spugna: dobbiamo continuare a coltivare ea irrorare di linfe vitali il nostro giardino disogni. Il nostro mestiere di vivere è quello diimmaginare e agognare un mondo più giusto,più a misura d’uomo. Respirare il nostroideale è una ragione intima di vita. Vagheg-giare le “utopie” non è una rincorsa persa, maè un esercizio esistenziale che dà nutrimentoal giorno. Destrutturare questa rapace e in-vasiva economia capitalistica, e costruire conil pensiero piccole oasi e frescure di verde,non è un esercizio vano.

***In questi giorni, mi ritorna in mente un incon-tro- dibattito, tenuto a Lecce con Mario Ca-panna, ex leader sessantottino, una decinad’anni fa, al Circolo Cittadino di via Rubichi.I quesiti erano e sono attuali: è possibile spe-rare in un mondo migliore, più vivibile? Noi cittadini possiamo prospettare un Parla-mento mondiale, “un Parlamento dei popoli,non degli Stati”, in base al principio che “ciòche riguarda tutti deve essere deciso datutti”?Capanna era giunto a Lecce per dialogarecon noi leccesi e per presentare il suo libro“Verrò da te” (Baldini Castoldi). Libro dedicatoa Irene, Luca, Marco, Stella e a tutti i giovanidel mondo, ancora oggi molto attuale. Nel-l’opera dell’ex leader di Democrazia Proleta-ria, si affrontano temi cruciali per gli equilibriinternazionali: crisi del modello unico ameri-cano; necessità di eleggere un ParlamentoMondiale; ricerca d’una maggiore giustizia edequità globale; manipolazioni genetiche epossibili degenerazioni dello sviluppo biotec-nologico; ed altro ancora.Capanna spronò noi uditori a “stare ai fatti”,a ragionare con un certo criterio di fondo,“senza ideologie di sorta, ma con solideidee”. Effettivamente, il mondo è animato datremendi contrasti, da laceranti incertezze. Ilmondo reale è costituito non solo dagli straticosiddetti vincenti, ma anche da quella “mi-

noranza rappresentata”, che soffre e patiscedi più l’avanzare della globalizzazione.Dal 1960 ad oggi (da quando il mercato glo-bale la fa da padrone), le ricchezze si adden-sano sempre più nelle mani di privilegiati, conuno sbilanciamento che sembra lievitante einarrestabile. Capanna, quel giorno di diecianni fa, fu ben disposto a interloquire con noicittadini, ad ascoltare le nostre domande e afornire sintetiche ed esaustive risposte. Cimise in guardia dagli ingannevoli canti dellesirene del mondo rappresentato. Quotidianamente, purtroppo, vediamo che ilmondo è preda della violenza, devastato daguerre e terrorismi di varia natura, flagellatoda malattie endemiche, da fame e povertà. Aquesto immane disastro, s’è giunti in virtù dideterminati meccanismi economico-politici emilitari. Viviamo la brutta era del profitto indi-scriminato, del mercato sfrenatamente liberi-sta. Il FMI ( Fondo monetario internazionale),sebbene sia una istituzione pubblica, finan-ziata dai contribuenti di tutto il mondo, non ri-sponde direttamente né ai cittadinifinanziatori, né a quelli coinvolti (quasi sem-

pre disastrosamente) delle sue scelte.Il Wto ( l’Organizzazione mondiale del com-mercio) “edifica” false democrazie. “Solo ilcommercio equo e solidale (cioè senza pro-fitto e senza sfruttamento) può costituire unavera ed auspicabile alternativa all’orgia libe-rista”.Oggi, nel 2014, afflitto da varie crisi, pen-siamo a volte che certe disquisizioni nonpossano trovare alcuna applicazione pratica.Ciononostante, non ci possiamo rassegnareall’”ineluttabile”. Capanna, quel giorno di diecianni fa, a Lecce, parlò soprattutto del futuroParlamento Mondiale.Il Nobel Amartya Sen aveva già dichiaratoche “oggi si sente molto di più l’esigenza dicambiare l’architettura economica e finanzia-ria del Pianeta. Si cerca un’ equità globale. Sichiede un’istituzione sovranazionale in gradodi garantirla”. Il Parlamento mondiale forse èun sogno irrealizzabile, ma potrebbe esserel’abbicì della democrazia liberale, capace discongiurare le guerre, di prevenire i disastriambientali, di tenere a freno le bramosie ac-caparratrici di alcune immorali multinazionali. A Capanna, verso la fine della serata, rivolsila seguente domanda: il sociologo Jean Zie-gler, dati alla mano, sostiene che la nostraTerra ( che è di tutti gli esseri viventi), allostato attuale delle forze produttive agricole,potrebbe nutrire dodici miliardi di esseriumani. Benché sulla Terra vivano poco più disei miliardi di persone, ogni anno quasi 826milioni di individui soffrono di sottoalimenta-zione cronica e invalidante ( con morti emorti). Allora Capanna pensa che una certagrande economia mondiale consideri l’eticaalla stregua d’una misera ancella, puramentevestigiale, e anche la politica non riesca atiare le fila. Ed ancora crede davvero cheetica, economia, politica possano portare,tutte assieme, alla socializzazione delle co-noscenze, alla massima democratizzazionedei beni naturali? Capanna rispose risolutoche etica, economia e politica dovrebbero an-dare a braccetto: “Una volta che è stataespulsa l’etica tutto è lecito, decide la forza.Se l’etica non c’è più e vale l’economia, esisteil solo rapporto di forza…allora potremmotranquillamente stuprare anche donne, bam-bini”. Oggi, a distanza di tanto tempo da quell’in-contro, mi chiedo: è un nobile desiderio ac-carezzare, desiderare una società piùpartecipe, più solidale? Forse sì, fa bene allasalute, perché noi tutti siamo atomi d’infinito,dobbiamo correre il tempo, dobbiamo salvarela vita.

Contemporanea

No al padrone rapacedi Marcello Buttazzo

George Grosz, I pilastri della società, 1926

Ricordando un incontro a Lecce con Mario Capanna

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Noi, di chi siamo figli

latitudini

di Rosanna Gesualdo

lo ricordiamo bene!

Figli di una terra bella d'estate, quando il mare, le campane e isuoi colori schietti pare siano stati dipinti con la luce di una manodivina. Non esiste un azzurro pari al suo, i suoi colori sono notedolcissime, strazianti come quelle di un flauto suonato dallostesso Pan. Terra di abitanti sensibili al canto delle sirene.Siamo gente di mare, la costa influenza i nostri cuori come la

terra rossa, aspra come la vita, tempra il nostro carattere.La nostra terra, bellissima e infedele è terra devota alla passione che spessoè febbre e quasi mai amore. Ma pur d'infedeltà è di coscienza netta e senzacolpa come quella dei poeti e dei santi bevitori che prima di noi hanno trac-ciato mappa e visione di un sogno chiamato armonia. Quanti “tratturi” battuti alla ricerca di luoghi dell'agire e che occhi avevamonel guardare. Avevamo scolpite nell'anima le parole dei nostri padri fondatorie nello sguardo la luce dei pionieri, generosi avevamo sempre nelle tascheun foglio inchiostrato di magia da porgere ai nostri amici. Non c'era luogoche temerari come pochi non avessimo voglia di conquistare, convinti co-m'eravamo che il mondo da costruire fosse proprio quello che i Poeti e i Santici avevano soffiato nel cuore. Tutti insieme in un girotondo che non si spez-zava, tutti bambini, anche i vecchi lo erano, piccoli come solo i “grandi” sannoesserlo. Avevamo sorrisi grandi e fieri, sprezzanti verso la baronia dei “sepolcri im-biancati”, feroci verso la miopia culturale e di cultura abbiam piantato semi econquistato terre lontane. Ci eravamo promessi che la dimenticanza non avrebbe inquinato i nostricuori, non noi che siam stati bravi ad onorare i nostri “caduti” in guerra. Perchési, per i nostri Padri Fondatori scrivere la loro lezione per noi fu guerra, peralcuni sangue, per altri delirio e per altri ancora abiura o pubblico diniego. Quella lezione fu talmente forte da incidere i nostri animi di valorosi bimbi chesapevano discernere tra giusto e sbagliato. “Giro, girotondo quant'è bello il mondo...” così bastava guardare negli occhidell'altro, per intravedere un luccichio e sapevamo che un viaggio stava periniziare ed eravamo così “uno per tutti, tutti per uno”. Accadeva solo ieri chenon c'era parola di biasimo, solo ieri che la tutela della memoria era il nostrovalore più alto e l'agire la nostra missione.Viviamo di miti e leggende, sappiamo un po' di tutto e ci fingiamo ignorantiquando ci attardiamo a guardare la luna far capolino sui nostri vicoli. Accen-diamo roghi per purificare i nostri dèmoni e viviamo sempre in attesa chearrivi il fatidico momento giusto per agire, ma pigri quando arriva non lo ve-diamo persi come siamo nei colori di una vigna o perché ci siamo attardatiall'ombra di un ulivo. Ma per fortuna siamo zingari che tornano sempre allamedesima sinfonia. Bisognosi forse di pause e tempi lunghi perché siamo indolenti e risoluti alcontempo. Il caldo dell'estate ci spossa l'anima e rende i nostri passi rumo-rosi, strascicati e stanchi come chi porta con se il peso della memoria ma inrealtà, essendo figli di progenie antica, nobile crocevia di passaggi della me-moria siamo i custodi, basta solo ricordare di chi siamo stati figli.

Nella foto Edoardo De Candia fotografato da Fernando Bevilacqua

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spagine

Gentile Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola,Gentile Assessore Angela Barbanente,Gentili Consiglieri Regionali,

Vi scrivo a nome del Forum dei comitati civici che dal 26 settembre, giornodell’arrivo delle prime acque del depuratore consortile di Carovigno nel Ca-nale Reale e quindi nella Zona A della Riserva di Torre Guaceto, è mobilitatocontro una lingua di liquami e umana miseria che minaccia Torre Guaceto eil suo indotto, non solo economico, ma anche di sogni, passioni e progetti.

“Torre Guaceto, la portabandiera della buona gestione delle Aree MarineProtette del Mediterraneo”, l’area scelta per rappresentare il mare protettod’Italia all’Expo 2015, terra di Presidi Slow Food, di progetti di Terra Madre,di creazione artistica e residenza teatrale, di turismo, educazione e conser-vazione “i cui risultati ottenuti sono presi a modello in tutto il mondo”, sta peressere sommersa, per mano della stessa Regione Puglia, da uno “tsunamidi liquami”. Anzi, sta già accadendo: tre mila tonnellate circa al giorno, perl’esattezza, che ad oggi, 21 ottobre, fanno ottantuno mila tonnellate in pienaZona A, quella di maggior protezione. In un solo colpo, dopo anni di malgo-verno, ci giochiamo anche Torre Guaceto oltre la già compromessa falda.Ci siamo incontrati con Lei, Gentile Presidente, a San Vito dei N.nni dove cisiamo lasciati con la promessa di un incontro con l’Assessore Barbanenteper il giorno dopo (che non c’è stato) e con la promessa di veloci soluzioniper “non macchiarsi di quest’onta” (che non ci sono state).Nel frattempo si è espresso il mondo scientifico del quale reclamava la voce,ci sono state due manifestazioni in Riserva, una a Bari finita intorno al tavolodei capigruppi del Consiglio regionale e ad una votazione all’unanimità perla soluzione del problema, una a Brindisi, sempre in centinaia, nello stuporedi chi non credeva in una tale partecipazione e intanto altri comitati che na-scono ogni giorno come mobilitazione di un intero territorio.Dal fango della nostra terra viene fuori che l’apertura dello scarico è solo ilsegno che più ferisce gli occhi di un’area silenziosamente e tacitamente as-sediata anche da un impianto di compostaggio industriale previsto nellecampagne di Serranova, l’uliveto della Riserva terrestre, e da un complessodi discariche sotto sequestro giudiziario, Autigno-Formica, che da anni av-

velenano la falda dell’Area Marina Protetta e che continuano ad essere lameta dell’emergenza rifiuti di mezzo Sud Italia.Dalle nostre parti siamo abituati, quasi assuefatti, alle lotte per l’ambiente,ma in questo caso, nel caso di Torre Guaceto, l’energia che correva di manoin mano nella catena umana di sabato scorso a Brindisi era la rabbia di chiè ferito nella bellezza, nel senso più puro e salvifico di bellezza, persa laquale è davvero la fine della possibilità. Quando si tocca quella, non ci sonopiani che tengano. Si diventa orsi feriti nell’offesa dei propri figli. Non si valuta,non si pesa, si attacca. Esattamente nello stato d’animo passionale che lei,Gentile Presidente, ha compreso e difeso durante il nostro incontro di SanVito dei Normanni.Dalle nostre parti si fa presto ad abituarsi all’emergenza e la rivendicazioneasmatica del rispetto e dell’ascolto diventano condizione normale dimenti-candosi col tempo di come si viveva prima e di come si potrebbe vivere inun paese dove le istituzioni sono pagate dai cittadini per essere al serviziodei cittadini. Mi ripugna un paese dove gli uomini si compiacciono delle bellemanifestazioni che riescono a organizzare e dove l’emergenza diventa nor-malità. E’ un meccanismo perverso che spegne il fuoco. Bene, le manife-stazioni le sappiamo fare. L’abbiamo visto. Ora andiamo avanti: noi vogliamorisolvere. Non ci fate disperdere energie. Se quell’energia di rabbia della ca-tena umana dei settecento di Brindisi potesse diventare energia creatrice,ma ci pensate che bellezza? Ci pensate come cambierebbe il Sud? Ci pen-sate come ci scrolleremmo di dosso questo velo di rancore?Ci pensate come sareste meno soli?Non siate complici dello sfollamento del Sud, so che fa tremare le gambeanche a voi, ha la stessa puzza degli angoli dimenticati.Noi vogliamo abitare altri paesaggi. Voi chiudete lo scarico nella prossimasettimana.Aspettiamo vostre nuove.

Per Il Forum dei Comitati Civici in difesa di Torre Guaceto, Luigi D’[email protected]

Torre Guaceto, 21 ottobre 2014

Difendere

Lettera da Torre Guaceto Sversamento nelle acque di Torre Guaceto

lo ricordiamo bene!

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della domenica n°50 - 2 novembre 2014 - anno 2 n.0territorio

Gli sviluppi della mobilitazione su: profilo Facebook Thalassia petizione on-line rivolta alla Regione Puglia newsletter Thalassia settimanalehttp://www.cooperativa-thalassia.it/Home/tabid/88/aid/61/Default.aspx#sthash.7dbqMnJW.dpuf

I l Forum dei Comitati Civici, organi-smo nato per la salvaguardia diTorre Guaceto e Serranova, nel po-meriggio di giovedì 30 ottobre, hacontestato l’assessore regionalealla Qualità del territorio Angela Bar-

banente, per la decisione presa nel corsodel Tavolo tecnico-politico dello scorso lu-nedì 27 ottobre, di continuare a versare iliquami del cosiddetto depuratore a TorreGuaceto.Una contestazione aperta che si è svoltanei pressi dell’ingresso dell’Assessoratoall'Urbanistica del Comune di Brindisidove l’assessore regionale era giunta perpartecipare a una riunione del Comune diBrindisi su diversi argomenti urbanistici.Il Forum, dialogando con l’assessore Bar-banente, ha espresso tutto il suo disap-punto per le gravi scelte operate dallaRegione Puglia, parlando a nome di mi-gliaia di cittadini della Provincia di Brindisiche nelle ultime settimane si sono mobili-tati attivamente a difesa della Riserva ma-rina di Torre Guaceto. Il Forum haaffermato: “Chiediamo, come cittadini,l’applicazione delle leggi dello Stato Ita-liano che vietano di sversare qualunquesostanza nelle acque della Riserva, fosse

anche acqua minerale. L’unica cosa chechiediamo è la chiusura del tubo di sca-rico. Carovigno continuerà a versare infalda perché sono stati commessi deglisbagli nella costruzione della condottache porta dal paese al depuratore”. L'as-sessore Barbanente ha risposto:“Le deci-sioni prese hanno dei tempi certi diattuazione e possiamo stare tranquilli per-ché tutto è sotto stretto controllo”.È un buon risultato, quindi, la decisione dicontinuare a versare in falda e a distrug-gere Torre Guaceto?Numerosi i media presenti per raccoglieredichiarazioni. Tra questi una troupe deLA7 alla quale l’Assessore Barbanente hadichiarato che: “Negli anni passati sonostati compiuti una serie di errori”. Certi diquesto, crediamo che non deve essereTorre Guaceto a pagare le conseguenzedi errori, scelte sbagliate della politica edell’Acquedotto Pugliese, o di gravi omis-sioni con rilevanza penale commesse nelcorso della quarantennale storia del de-puratore.La protesta dei cittadini e del Forum deiComitati Civici per la difesa di Torre Gua-ceto continua con un ciclo di appunta-menti.

Lunedì 3 novembre dalle 16,00: sit-in diprotesta a Carovigno, in occasione dellariunione del Consiglio Comunale nelcorso del quale si discuterà sulle decisioniinerenti la vicenda Torre Guaceto;Nella seconda metà di novembre: pre-sidio a Bari, nel corso del Consiglio Re-gionale, in concomitanza della sentenzadel Tar sulla legittimità degli sversamentidei liquami;Sabato 29 novembre alle 18,00: è in pre-visione un corteo di protesta a Brindisi,con la partecipazione di tutti i comitati delForum, le associazioni e i cittadini di Brin-disi e provincia.“Non possiamo più assistere passiva-mente al fatto che una intera zona vengasottoposta a un attacco ambientale che lasta distruggendo, - scrivono dal Forum deiComitati Civici per la difesa di Torre Gua-ceto - tra l’altro con un danno economicoe occupazionale incredibili. È necessariobloccare immediatamente, a Torre Gua-ceto, gli scarichi fognari “depurati” dai co-muni di San Vito dei Normanni e SanMichele Salentino, in una riserva marinadove non è permesso nemmeno fare ilbagno per tutelarne la biodiversità”.

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Giacomo Leopardiil giovane favoloso

Il giovane favolosoè troppo per questo

mondo abituato allo spiccio, al conforme,

all'uniformato, al tornaconto, ai margini...

Bordi e griglie, definizioni

e catalogazioni cui attenersi,

tracciati sociali ben consolidati

nei secoli...

di Ilaria Seclì

E fango è il mondo. E l'infinita vanità del tutto.

G. L.

spagine

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Tra le storte di questo mondo, i torvisgambetti, il dominio di ciò che puntual-mente non torna, le frequentatissime esempre più coltivate e nutrite parole diIago, suoi sguardi e meschine trame,una cosa risulta più sozza delle altre.

Le lingue diarroiche su chi - voce fuori dal coro pereccezion di destino vita o talento - non c'è più, e siritrova a dover essere postuma e doppiamente vit-tima di interpretazioni e racconti da lavandaie, daperpetue strappate alla sagrestia che si improvvi-sano critici o amici dell'artista più o meno sfigato, piùo meno eccentrico, più o meno incatalogabile, più omeno libertino, più o meno ubriacone, più o menoburbero, più o meno misantropo, più o meno pazzo,più o meno viveur. Magari le stesse lingue diarroichee rotocalchiche che, ancora vivo l'artista, non solo loignoravano ma in tutti i modi, con avversione e di-sprezzo del “diverso”, lo ostacolavano o emargina-vano. Magari, dico, magari, ingigantendo l'aura dicerti andazzi, certe abitudini umane che toccano piùambienti, dal popolare all'accademico. Inutile dire,poi, quanto solletichi e smuova la routine dolciastrae stanca dei giorni di provincia sempre uguali un epi-logo tragico, una fine precoce o addirittura cercata.Claudia docet, e con lei Alejandra Marina VirginiaSylvia Amelia. Eccetera eccetera. La lista è lunga.La creatura inascoltata diventa - per contrappassotutto umano - la più amata e “raccontata”...Ma allontaniamoci dai borghi selvaggi zotici e vili, di-ventati più che connotazioni goegrafiche attitudini,modi e frequentazioni dell'umano col disumano. Earriviamo a Leopardi, che il borgo provinciale ha pa-tito, senza tuttavia aver vissuto pienamente il desi-derato riscatto in altri lidi cittadini che sperava menoottusi e più aperti, solidali. I salotti letterari nonbrilla(va)no per spirito di comunità, solidarietà,scambi o condivisione. Perché, in verità, Il giovanefavoloso è troppo per questo mondo abituato allospiccio, al conforme, all'uniformato, al tornaconto, aimargini entro cui bisogna appollaiarsi come quellientro cui i bambini sono costretti a colorare. Bordi egriglie, definizioni e catalogazioni cui attenersi,tracciati sociali ben consolidati nei secoli. Obbe-dienza, disciplina, buona creanza che aderisce edu-catamente al noto, al cammino segnato, tesseresenza sorprese del mosaico sociale obliteranti ognisua tappa con vendita d'anima annessa.E hip hip, hurrà! Il miracolo, in sala, era già vedere un ragazzo dinome Giacomo Leopardi, illudersi di averlo vicino perun'ora e più. Magia a firma di Mario Martone, già co-nosciuto per il racconto degli ultimi giorni del nipotedi Bakunin, Renato Caccioppoli, in Morte di un ma-tematico napoletano. Elio Giordano è un Giacomo Leopardi convincente,molto meno il padre del Poeta, Antonio Ranieri,Fanny e Silvia, più aspirante velina che ragazza ti-sica in odor di morte. Impresa ardua parlare di uno tra i più grandi pensa-tori e poeti di tutti i tempi. Cadere nel banale e nelloscontato è più che un rischio. E indugiare sui mali fi-sici, pure. Come nella vita ciò che non si spiegaspesso diventa macchietta, stramberia, morbosociarlare su particolari di poco conto ma più accessibilia fronte di un mistero inespugnabile come quello delgenio, a fronte dello stigma che è la vita di chi ha unanaturale confidenza con le domande dell'esistere esi interroga senza tregua né sconti su cosa sia o po-

trebbe essere, fuori da ogni meccanicità del comunesentire e agire, stare al mondo e interpretarlo. Anchequesto è L'infinito. Nel giovane favoloso abbiamo trovato molto del Leo-pardi che amiamo. L'abbiamo visto, l'abbiamo sentitoparlare. Prodigio del cinema come del teatro. E puònon importarci, questa volta, la miniaturizzazioneinevitabile della sua complessità. Gli è stata restituitanon pienamente, ma questo è. Perchè questo è ilmondo e questi i suoi mezzi: cinema, televisione, in-ternet. Potevamo vederlo, ascoltarlo dalle sue operee basta, come accade di non voler vedere il film trattoda un libro molto amato per non incorrere in una lio-filizzazione dello stupore, della complessità. Ma puòaccadere anche di intenerirsi e commuoversi nell'af-fondare gli occhi su un'illusione incantevole, quelladi stargli per un po' vicino. Abbiamo visto Leopardibambino, lì forse felice, correre coi fratelli; lo abbiamovisto adolescente osservare alla finestra Silvia, stu-diare voracemente e ribellarsi ai diktat di un'educa-zione ferrosa e bigotta, chiusa e piccola come lacirconferenza di una monetina. Lui che aveva in cuorsuo una vitalità onnivora pari al suo sapere.

Sapevamo già tutto, Martone non ha aggiunto nulladi nuovo. Ma abbiamo potuto vedere con strumentidell'attualità una vita “nata a sproposito”, una vita“imperdonabile”, una vita destinata a non avere tre-gua, se non per una manciata di picciol cose, comeun gelato, un panorama diverso dalla siepe, un'ami-cizia. E questa “visione” di vita “sghemba”, non ridu-cibile a schemi noti, domestici, rassicuranti, è entratain una grande sala, e potrebbe allargarsi a qualun-que altra vita “sghemba”, che sia di artista o di bar-bone, di celebrità o di extracomunitario, di vecchio odi handicappato. (in ogni caso, per molti, extra-ter-restri). Vite a sproposito che il mondo guarda di sottecchi. Esilio e orfanità, sensibilità, purezza e acume stra-ordinari a fronte di umani nel circolo di tattiche stra-tegie convenienze, come quelle che popolano unqualsiasi vecchio e nuovo gabinetto Viesseux. Sì,può essere un film didascalico, ma non tradisce lasostanza per quanto essa sia ineffabile e non deltutto afferrabile. Emergono forti e si impongo, al con-trario, due verità e consapevolezze leopardiane: l'in-finita vanità del tutto e lo scetticismo nei confrontidelle magnifiche sorti, più distruttive che progressive,per il poeta-profeta. Manco a dirlo, ci aveva azzec-cato. Di fronte a spettacoli assurdi, o a qualsivoglia mani-festazione indecente, offensiva della vita, che cosarestava ancora fino a qualche anno fa? The lovelykinsmen on the shelf – i cavalieri invitti dello scaffale,i poeti e i romanzieri a cui rivolgersi, calata la sera,certi di quelle isole solitarie, di quelle presenze celateal mondo: paragoni di grazia e forze di rivolta. Dietrole nostre spalle, mentre si inorridiva agli shows delmondo, c'erano pur sempre loro. […] ma ora il de-monio onnipresente, l'industria, ha invertito le posi-zioni: non più alle nostre spalle stanno, quei solitariangeli custodi, per additarci, con indice severo ocompassionevole, il male. Ora quegli angeli caduti liabbiamo davanti a noi, on show, là dove il demonioimpera più frenetico. […] Così Cristina Campo in unapagina di Sotto falso nome.

Il Nostro Angelo Giacomo, si è fatto vedere al ci-nema, ma non è caduto.

della domenica n°50 - 2 novembre 2014 - anno 2 n.0cinema

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spaginespagine

Quant’è bello La cultura per lo sviluppo del territorio un caso esemplare: il museo archeologico di Taranto

di Fabio A. GrassoMARTAhttp://www.museotaranto.org

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l’arte di costrire la cittàdella domenica n°50 - 2 novembre 2014 - anno 2 n.0

Non più di un anno fa èstato riaperto al pubblicoil MARTA – Museo Ar-heologico di Taranto-. Lasede museale tarantinasi qualificava già come

una delle più ricche e prestigiose del MI-BACT in Italia e adesso lo è diventataancora di più in forza proprio del nuovoallestimento. Interventi di questo tipo, perquantità e qualità sono tanto unici da di-ventare esemplari. Ne abbiamo parlatocon Augusto Ressa l'architetto della So-printendenza ai Beni Architettonici ePaesaggistici che in questi anni ne stacurando restauro e nuovo allestimento.Chiunque consideri la cultura come unfattore imprescindibile per lo sviluppo diun territorio non potrà non soffermarsisullo studio di questo caso. Un problemarimane, però, e non è ascrivibile al MI-BACT ma a tutti quegli enti (Comune,Provincia, Regione, Stato) che hannocompetenza in materia di trasporti pub-blici. Taranto, infatti, per chi provenga daaltre parti d'Italia o della Puglia non è fa-cilmente raggiungibile. Bisognerebbe la-vorare adesso per evitare che questoprestigioso museo rimanga non tanto unesempio unico quanto soprattutto uncaso fisicamente, geograficamente iso-lato.

Architetto, quali sono stati gli aspettipiù singolari, le linee guida del suo in-tervento progettuale?“L'allestimento del MARTA ha compor-tato un impegno progettuale rivolto sudue fronti principali: il ridisegno della vec-chia struttura ormai del tutto inadatta acontenere le migliaia di reperti, e l'orga-nizzazione del nuovo allestimento espo-sitivo. La sede del Museo, con i due corpidi fabbrica dell'antico convento degli Al-cantarini grandemente rimaneggiato sindagli anni '50, e dell'ala Ceschi, comple-tato negli anni '60, è stato totalmente ri-disegnato determinando una sostanzialecontinuità spaziale fra i due nuclei edilizie introducendo, all'interno del cortile del-l'ala Ceschi un nuovo volume che acco-glie sui tre livelli altrettanti ampi snodi daiquali si diparte il racconto della storia an-tica di Taranto in senso cronologico, par-tendo dal terzo livello con l'etàpreistorica, la colonizzazione e la cittàgreca, e proseguendo al secondo livellocon l'ultima fase ellenistica, la città ro-mana e l'età bizantina. Al primo livello ècollocata la hall, con la biglietteria, ilbook-shop, la caffetteria con affaccio sulchiostro dell'ex convento. Ad un livellopoco inferiore, sono presenti le sale permostre temporanee ed una piccola salaconferenze. Il complesso accoglie anche

gli uffici dell Museo, un laboratorio di re-stauro e quello fotografico e, al piano se-minterrato, i depositi”.

Spazio, colore, materia sono da sem-pre legati in modo inscindibile in ar-chitettura. Tutto ciò lo diventa ancoradi più nel caso di un museo alla lucedella “narrazione” al visitatore dei re-perti esposti. Quale è la sua espe-rienza nel caso di questo museo?“Gli spazi interni dalle rigorose geome-trie, sono definiti da ampie superfici conunico cromatismo in tonalità chiara, coninserti marrone scuro in alcune circo-scritte aree pavimentali e lungo i batti-scopa. In contrasto che le superficichiare, il grigio scuro delle pannellaturein MDF, che circoscrivono alcune sezioniespositive, come ad esempio i corredi dietà ellenistica con i famosi ori, e delle ve-trine con struttura metallica. Il colore fala sua comparsa per introdurre alcunicoup de theatre, come nella parete rossopompeiano nella hall del primo piano elungo le pareti della ricostruzione dellaDomus di età imperiale, nel fondo az-zurro dei marmi romani facenti partedelle acquisizioni del museo, nel fondoverde oliva delle epigrafi funerarie dellacittà romana”.

L'organizzazione di un museo com-porta inevitabilmente la compresenzadi più figure professionali: l'architetto(progettista, tecnico, narratore, etc.)l'archeologo, etc. Come si è svilup-pato questo tipo di rapporto nella na-scita del nuovo MARTA e quali iproblemi principali affrontati nellospecifico delle singole competenze?“L'organizzazione dei reperti, secondoun progetto scientifico elaborato dallaSoprintendenza Archeologica, contem-pla l'esposizione in vetrine dei reperti piùfragili e minuti, e l'esposizione priva diprotezione degli elementi architettonici edi quelli meno vulnerabili. La casisticadei sistemi di supporto e di ancoraggio aparete è stata ed è tutt'ora, (giacché è incorso l'ultimo lotto di lavori che interessail secondo piano), molto vasta e differen-ziata, ed ha comportato la progettazionead hoc, caso per caso degli stessi. Par-ticolarmente complesso l'ancoraggio aparete dei mosaici delle terme Pentasci-nenses, sottoposte negli anni '60 ad unrestauro su supporto in cemento armatocon rete elettrosaldata non più rimovibile,se non a costo di traumatici interventi direstauro del restauro che avrebbero po-tuto compromettere l'integrità dei pre-ziosi reperti, e perciò di pesoconsiderevole e di difficile movimenta-zione.

L'allestimento ha introdotto insieme al ri-gore scientifico del percorso espositivo,elementi di spettacolarità quali la rico-struzione della testa colossale di Heracleda un originale di Lisippo, di cui si con-serva la copia Romana in marmo, maalla scala naturale, rilevata al Laserscanner e riprodotta in strati di MDF confinitura che simula il bronzo. Questa scul-tura accoglie i visitatori nella hall delprimo livello ed è ormai diventata il sim-bolo del MARTA. Spettacolare è anchelo splendido cratere apulo posto nellahall del primo piano, collocato su unastruttura metallica sospesa a soffitto e te-nuto in equilibrio con un ingegnoso si-stema costituito da un sottile cavod'acciaio collegato ad una raggiera che,come una mano, sostiene il vaso dall'in-terno. Nella sala che ripropone la suc-cessione dei pavimenti musivi dellaDomus, in corrispondenza della parete difondo che accoglie gli arredi da giardino,una proiezione a tutta parete proponeuna porzione del giardino della casa diLivia, riprodotto per concessione delMuseo di Palazzo Massimo di Roma,con animazione delle fronde e degli uc-celli dipinti (forse il primo affresco ani-mato nei musei archeologici) esottofondo sonoro. Lo studio illuminotec-nico ha giocato un ruolo determinanteanche nel porre l'accento sui reperti piùimportanti e per esaltare la bellezza dimanufatti straordinari, quali i mosaicitardo romani e il sarcofago detto DelleNavi. ricostruito in base ai pochi signifi-cativi frammenti superstiti”.

I lavori non si sono ancora conclusi.Ci può già fornire qualche anticipa-zione di quello che ci sarà nella nuovaparte del museo?“Al piano secondo, ora in fase di cantiere(si prevede l'inaugurazione a metà 2015)sarà collocata su mia proposta, la replicasella Persefone Gaia di Taranto, conser-vata presso l'Altes Museum di Berlino. Atal fine, nel luglio scorso sono stati presiaccordi con questo museo definendo lemodalità e i criteri di questo importantescambio culturale. L'Altes curerà il rilievoal laser scanner della scultura (la cosid-detta nuvola di punti), noi invece realiz-zeremo la replica in resina ad altadensità e con l'impiego di una fresatricea controllo numerico. EQuesta tecnica èstata già impiegata nell'allestimento delMARTA per la ricostruzione del portalemonumentale della tomba di Vaste, com-posto da quattro cariatidi, una delle qualiè custodita in originale nel Museo Ca-stromediano di Lecce”.

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spagine della domenica n°50 - 2 novembre 2014 - anno 2 n.0

letture

“Lucugnano e il suo territorio. Storia,architetture, archeologia e paesag-gio di un paese del Capo di Leuca”di Marco Cavalera, è una pubblica-zione essenzialmente necessaria, diquesti tempi. All’indomani della boc-

ciatura di Lecce a capitale europea dellacultura nel 2019, ci si ritrova a dover ripen-sare ai modelli di sviluppo e al ruolo dellacultura nel nostro territorio. Una riflessionenecessaria, basata sull’analisi dei motivi percui questo modello, così come pensato eproposto, sia stato scartato. Di fronte al-l’idea di rafforzamento di alcuni ideotipimainstream, occorre rimodulare il rapportotra il cittadino e il proprio territorio, verificarecome esso viene visto e vissuto e qualeposto occupi in un’ideale geografia interiore.Di fronte al radicamento della crisi econo-mica e valoriale, intesa proprio come sceltae adozione di strategie economiche ed esi-stenziali per i tempi a venire, di fronte al-

l’emorragia di posti di lavoro e alla piena dinuovi flussi emigratori sulla rotta di quellivecchi tracciati nel secolo scorso, que-st’opera si rivela uno strumento in grado diripopolare di simboli, figure, personaggi esperanze un orizzonte che nell’immaginariocollettivo appare deserto, dove sembra nonesserci “niente”. Attraverso la descrizione di quei punti di ag-gregazione della storia di una collettivitàche diventa paese, come le chiese, le cap-pelle, i palazzi, il misterioso e austero Pa-lazzo Baronale ma soprattutto di PalazzoComi, punto di riferimento della cultura arti-stica e letteraria a livello nazionale del se-condo novecento, “il presepe disabitato” diLucugnano “dove sembra non esserciniente” inizia ad affollarsi di voci e volti dicarta e di pietra in grado di contrastare unavera e propria fenomenologia della spari-zione/rimozione. Stilato con rigore scientifico ma con uno

stile semplice e divulgativo, il lavoro propo-sto che è arricchito inoltre da un apprezza-bile contributo fotografico e cartografico,prova a tracciare un ipotetico itinerario ingrado non solo di rendere protagonista iltessuto urbano, ma di metterlo in connes-sione con lo spazio rurale, in uno scambioincessante: sarebbero - o più correttamentesarebbero potute - esistere le figure deimaestri vasai e delle botteghe artigianesenza le vicine cave da cui estrarre la ma-teria prima? Il racconto di alcune evidenzedel tutto dimenticate o addirittura scono-sciute ai più, come la Casa dei Pellegrini inlocalità Matine, suggerisce lo scenario diuna Lucugnano che un tempo non era soloun paese “alla fine delle terre”, ma unatappa in rete con altre lungo l’itinerarioverso il santuario di Leuca, in una sorta diturismo religioso ante litteram che la ren-deva una meta conosciuta dai pellegrini ditutta Europa.

di Melissa Calò

La copertina del libro

la storiadi una comunità

Marco Cavaleraracconta

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spagine della domenica n°50 - 2 novembre 2014 - anno 2 n.0musica

I venti anni del Meeting delle Etichette Indipendenti

Augh! meiI l Mei, Meeting delle Eti-

chette Indipendenti, è unmomento di incontro diidee, di scambio e di creati-vità tra tutte le realtà musi-cali presenti sul territorio

italiano. Quest’anno, il Meeting, aventi anni dalla prima edizione, siè svolto dal 26 al 28 settembre edha portato sul palco grossi nomidella musica italiana. GiordanoSangiorgi è il fondatore di questogrande evento.

Ciao Giordano Sangiorgi, sei ilfondatore del Mei che que-st’anno ha compiuto venti anni.Come è nato questo evento eperché?“È nato perché ci fu l’idea di ‘riu-nire’ le produzioni indipendentidella prima parte degli anni no-vanta attorno ad un festival delleautoproduzioni. La crescente ri-chiesta di inserire gli spazi espo-sitivi poi fu esponenziale chenacque l’idea del Mei nel 1996con il boom del mercato indipen-dente che in quel periodo si svi-luppava con le cassette. Sivendeva tantissimo”.

Cosa è cambiato in venti annidi Meeting delle Etichette Indi-pendenti?“Abbiamo avuto delle trasforma-zioni ogni tre anni. Dal boom dellecassette oggi invece ci troviamonel boom dello streaming. Nelfrattempo abbiamo assistito allanascita dei social networks edegli mp3 che hanno diffuso lamusica. Quindi un nuovo Mei,dagli indipendenti di venti anni faai nuovi emergenti di oggi”.

Quest’anno abbiamo visto sulpalco la ricca partecipazione digrossi nomi della musica ita-liana come Morgan, PierpaoloCapovilla…“Abbiamo voluto fare questo con-nubio cioè il novantacinque percento di artisti emergenti che rap-presentano le nuove etichette edautoproduzioni e con loro festeg-giare la discografia indipendentecircondandosi dai gruppi chehanno voluto fare questa storia, a

partire dalla prima scena indie ita-liana come Pierpaolo Capovilla,Morgan, Eugenio Finardi”.Pensi che il MEI abbia dato uncontributo alla valorizzazionedella musica in Italia?“Dal punto di vista culturale sicu-ramente sì perché ha sdoganatoil termine ‘indipendenti’ che all’ini-zio era sinonimo di sfigati. Masiamo serviti anche come grandemomento di incontro e confrontofra operatori del settore per farnascere nuovi progetti. In ultimosiamo stati anche al passo con itempi rispetto al cambiamentodella discografia al talent show ,noi abbiamo messo al centro lenuove produzioni di oggi e quindigli emergenti per primi, sdoga-nando anche questo termine con-siderato di secondo piano”.

Se tu oggi fossi il ministro dellacultura in Italia, quale sarebbe laprima legge che faresti appenaeletto?

“Prima cosa da ministro farei di-ventare attuativo l’appello, come inFrancia, per le quote di musica ita-liana in tv e in radio con uno spazioper gli esordienti. Significa piùnuova musica italiana per i giovaniindipendenti ed emergenti a costozero per il Paese e quarantacinquemilioni di euro in più di diritti d’au-tore. Per secondo un evento stra-ordinario nel settore cultura e nelsettore musica sarebbe, ad esem-pio, un fondo straordinario per lamusica italiana di un milione dieuro per sostenere diversi festivalche portano economia al settoredella musica e anche sui territoridove si svolgono. In ultimo attivereitutti i decreti che sono stati presen-tati nel tempo sul settore della mu-sica e che devono essere attuati”.

Quale consiglio daresti a chi vo-lesse fondare ed avviare un’eti-chetta discografica?“Oggi il concetto di etichetta stascomparendo e il mio consiglio èquello di creare un gruppo di lavoroche insieme all’artista produce,promuove e sviluppa un progettomusicale a 360 gradi e che gira in-torno all’idea artistica come il live,la promozione…”.

di Alessandra Margiotta

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spagine della domenica n°50 - 2 novembre 2014 - anno 2 n.0corrispondenze

L ’appuntamento è alle 6 pm (o à 6 heure come si dice da queste parti) aRue Drolet angolo Rue Rachel Ouest. Qualche ritocco al trucco, catego-ricamente spaventoso, una borsa robusta che possa contenere tante ca-ramelle e si parte per celebrare la notte di Halloween. E’ la prima voltache assistiamo da vicino questa festività e ci sorprende come sia parec-chio sentita da queste parti, tanto che i preparativi iniziano abbondante-

mente qualche mese prima.L’arancio delle molteplici zucche che decorano abitazioni, negozi e strade, si mescolabene alle vaste distese di foglie gialle e rosse, donando alla città il tipico mélange au-tunnale.Il bus ci attende e la temperatura inizia a pizzicare il naso, annunciando l’arrivo deiprimi freddi. Facciamo un po’ di ripetizioni del rituale “trick or treat” (dolcetto o scher-zetto) appreso a scuola, con la raccomandazione di bussare solo alle abitazioni con laluce accesa, dove sono allestite le macabre decorazioni. Riconosciamo da lontano il gruppo di bambini e genitori che ci aspettano, e già ascol-tiamo le urla dei piccoli mostri alla rincorsa del dolce bottino che li attende questa sera.E’ sorprendente come questo giorno riesca ad animare interi quartieri, come la genteapre le porte di casa, si traveste per l’occasione e fa provviste di dolci da donare aibambini, perché in fondo è la loro festa, sono i loro i protagonisti indiscussi.Porta dopo porta, salendo le tipiche scale delle abitazioni montrealesi, poste all’esternoper garantire più spazio negli edifici e una distanza di sicurezza dalle strade, ciascunbambino in fila, arrivato alla soglia di ogni porta, apre il suo fagottino per riempirlo dinuove prelibatezze.I genitori sono pronti alle loro spalle con la cosiddetta busta di sicurezza dove, dopoun po’ di giri, i piccoli avventori versano le caramelle per alleggerirsi del loro carico chein poco tempo raggiunge il chilogrammo.Non solo i privati donano le caramelle ma anche i commercianti, e le botteghe più vi-sitate sono i numerosi Dépenner. Famosi da queste parti, simili un po’ ai nostri negozialimentari, e letteralmente il loro nome significa riparare, venire in soccorso, nati peragevolare gli acquisti in pieno inverno con il trasporto a domicilio. Ma gli scenari piùbelli di questa grande ricorrenza sono allestiti nelle Ruelles, le tipiche stradine secon-darie dove si affacciano gli interni delle abitazioni, i luoghi dove normalmente si ritro-vano i bambini a giocare e che oggi sembrano corridoi vestiti a festa, con le file di lucie fantasmi che si perdono da una palazzina all’altra. Siamo organizzatissimi, è difficile che le nostre piccole creature delle tenebre si per-dano con noi, con un genitore posto all’inizio della carovana e un altro in coda, con iloro pollici alzati, pronti quando è tempo di muoversi alla successiva postazione. Siamo una squadra imbattibile, ci nutriamo di zuccheri e nessuno ci ferma, tranne icartelli con su scritto: “PLUS DE BONBONS – Dèsolè!”.

notte di streghe, vampiri e dolcezze

HalloweenMontréal, 31 ottobre 2014

di Milena Galeoto

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spagine della domenica n°50 - 2 novembre 2014 - anno 2 n.0racconti salentini

Uva e nociper i santi Medici

di Rocco Boccadamo

Intorno al ventisei – ventisette settem-bre, anche al mio paese natio vige lasecolare tradizione e devozione di fe-steggiare i Santi Medici Cosma e Da-miano: celebrazioni, sia di caratterecivile (luminarie, addobbi, fuochi d’arti-

ficio, complessi bandistici), sia d’improntameramente religiosa (novena, processionedel simulacro dei Santi per le vie cittadine,messa solenne, panegirico).Ovviamente, sull’insieme dei riti, ha manmano inciso l’evoluzione dei tempi e la mo-difica dei costumi, pur tuttavia, in seno allasensibilità collettiva, la ricorrenza resiste an-cora.A proposito dei venerati fratelli “dottori” emartiri della fede, mi piace tratteggiare, conbrevi e semplici accenni, come e con quantaintensità, nelle stagioni passate, fosse vivo iltrasporto e l’autentico e convinto credo neiloro confronti, e ciò indistintamente in ogni fa-miglia.L’occhio di riferimento e i pensieri d’invoca-zione alla loro aureola e forza di santità rap-presentavano in pratica una costantequotidiana, specie alla presenza di problemio di timori inerenti alla salute e al benessere

fisico, ma anche di là da questi specifici, im-portanti aspetti esistenziali.Inoltre, frequenti erano i racconti e le testimo-nianze su apparizioni in sogno delle figuredei Santi in questione al capezzale del biso-gno o dell’incertezza o del dubbio. Sì, in ciònon mancava, verosimilmente, l’influssodella suggestione religiosa, ma, comunque,c’era la prova di un legame forte che s’in-staurava naturalmente, in ciascuno, sin dal-l’infanzia, senza mai cedere o venir meno inprosieguo di tempo.Soprattutto, non occorrevano miracoli o pro-digi clamorosi, si era, spontaneamente, con-vinti di avere in Cosma e Damiano una sortadi ala protettrice.In relazione e in concomitanza con la festadei Santi Medici, mi sovviene un piccolo maparticolare ricordo.C’erano, al paese, due coniugi, zi’ Franciscu(Francesco) e zi’ Pietrice (Beatrice), senzafigli, già anziani o quasi vecchi all’epoca dellamia infanzia, due persone buone e pie, miti,generose, quasi una coppia di santi sullaterra. Abitavano in una piccola e modesta casettaterranea dietro la Chiesa Matrice, con adia-

cente giardino in cui campeggiavano due“preule” (pergole), antiche come i padroni,con altrettante varietà di grappoli, ovvero uva”minnivacca” ( o “mennavacca”), per la vagasomiglianza degli acini alle mammelle dellemucche e uva “brunesta” (prunesta) dallosmagliante e luminoso colore blu scuro.Ebbene, il 27 di settembre, insieme con lacelebrazione della festa dei Santi Medici, sicompiva puntualmente e immancabilmenteun’altra cerimonia, sempre identica: zi’ Fran-ciscu e zi ’Pietrice donavano alla mia famigliaun “panareddru” (piccolo paniere) conte-nente un discreto quantitativo degli anzidettigrappoli, nonché una manciata di noci ap-pena abbacchiate e sgusciate, pure di loroproduzione.Un gesto di gentilezza, delicatezza, un attodisinteressato che non richiedeva nulla incambio, cui i due anziani tenevano con lastessa intensità riferita ai festeggiamenti ealla devozione ai Santi e che, in fondo, eraatteso e gradito molto anche dalla mia fami-glia.Per molti anni, è toccato a me recarmi a casadi zi’ Franciscu e zi’ Pietrice per ritirare il mi-tico paniere di uva e noci.

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spagine della domenica n°50 - 2 novembre 2014 - anno 2 n.0

in agenda

Di una fuga

L ’Associazione Amici di Antonio Maglio e il Comunedi Alezio, con l’adesione della Presidenza della Re-pubblica e con la collaborazione e/o il patrociniodell’Ordine dei Giornalisti, Federazione Nazionaledella Stampa, Assostampa di Puglia, Regione Pu-glia, Provincia di Lecce, Comune di Lecce, Univer-

sità del Salento e d’intesa con la famiglia Maglio, bandiscono laQuarta Edizione 2015 del “Premio giornalistico Antonio Ma-glio”, per ricordare, attraverso la promozione del lavoro dei gior-nalisti, la figura e le qualità umane e professionali del giornalistasalentino Antonio Maglio.

IL REGOLAMENTOArticolo 1a) Sono ammessi al concorso articoli e inchieste pubblicati nel2014 su quotidiani e periodici italiani, su giornali italiani editi al-l’estero e su giornali on-line che abbiano come oggetto: “Il ri-lancio globale di un Turismo competitivo, capace divalorizzare le specificità territoriali, come leva per lo svi-luppo socio-economico del sistema-Paese e del Mezzo-giorno”.b) Ciascun giornalista può presentare un solo lavoro, facendopervenire in triplice copia la pagina di giornale o la stampatadella pagina web su cui è stato pubblicato l’articolo a propriafirma, recanti l’indicazione della testata e la data di pubblica-zione.

c) I partecipanti devono presentare domanda di partecipazioneal concorso redatta in carta semplice e recante le generalitàdell’autore (nome e cognome, luogo e data di nascita, codice fi-scale, indirizzo, telefono/cellulare, breve curriculum professio-nale).d) La partecipazione al concorso è gratuita e la domanda vaspedita a mezzo raccomandata a: Associazione Amici di An-tonio Maglio, c/o Museo Civico Messapico, via Kennedy,73011 Alezio (Lecce).e) La domanda dovrà pervenire entro il 28 febbraio 2015.

Articolo 2a) A insindacabile giudizio della Giuria sarà premiato il migliorearticolo:- all’autore dell’articolo primo classificato sarà assegnato un pre-mio di euro 2.000,00.- due attestati di benemerenza saranno assegnati agli autori dialtri due articoli giudicati meritevoli.b) Fuori concorso, la Giuria assegnerà un Premio alla Carrieraad un giornalista italiano meritevole di tale riconoscimento.c) I premi ai vincitori saranno consegnati ad agosto 2015 ad Ale-zio, durante una cerimonia pubblica organizzata dal Comune diAlezio.d) I nomi dei vincitori, la sede, la data e l’ora della premiazionesaranno comunicati agli interessati con adeguato preavviso.

Per ricordare Antonio Maglio

“Qualcuno mi ha chiesto perchè la Spagnacompare nel racconto. Prendo in prestito al-cune considerazioni di Bodini elaborate daOreste Macrì che certo sapranno chiarirequesta attinenza. Il piccolo quartiere delle“Scalze” è una specie di “cante jondo” in cui

confluiscono le culture arabe e bizantine mischiateall'occidente. Il poeta è il filo rosso;ne cantò i vicolie le strade e frammenti di memoria sono il presagiodi quella Spagna di cui scrisse: “C'è equivalenza escambio tra due patrie trasfuse ed equipollenti,terra di carrettieri che cantano il flamenco, cantostranissimo ed inquietante come quello del carret-tiere leccese che canta sotto la luna sinistra che aforza d'esser bianca esplode come avvolta dentrostracci neri.Questa terra è consapevole di avere un cuore enon sapere che farsene, di essere la radice delvuoto, il negativo materno. Così come il grido delcarrettiere il flamenco non è né un ballo né uncanto, è una cosa dell'anima. E' una maniera di gri-dare per dare forma all'oscura ribellione che si di-pana nell'aria dietro la voce posata sui fichi o aipiedi di muriccioli di pietre. Sangue arabo a Leccee in Andalusia. E poi per Madrid ho delle ragionispeciali: sono un italiano del Sud e questa città do-

vrebbe essere la capitale del mio Paese. Combina-zione di follia e realismo!”.Così scrive Antonello Giurgola nelle note che ac-compagnano il suo “Negroamaro”, romanzo editoda Città Futuro - I libri di Icaro.Una narrazione tragica, la sua. Desolata, assediatada parole sbigottite, paradossalmente mute, eppurelimpide, sempre consapevoli, mai vane… Un mor-morare tenuto in un lungo racconto. Come una con-fessione.Se non ci fosse la fuga la nostalgia non avrebbe va-lore e il movimento di cambiamento non troverebbemèta. “Fuggire per non sentire nelle narici il saporeacido delle alghe che stagnano allo scirocco o iltanfo dei brefotrofi che questa gente venuta dalmare si porta addosso come una seconda pelle”scrive Antonello Giurgola confondendo il destinodel sé narrante con le immagini di uno sbarco diclandestini. Un lungo flusso rievocativo attraversale pagine di questo Negroamaro, impasta l’anda-tura e il lettore è preso, altro non può, solo conti-nuare a leggere, rigo dopo rigo… tentando ancheper lui un “cambiamento”. Un’adesione d’immagi-nario quella che il viaggio crea in chi, nella fuga,trova ristoro all’inquieto che lo abita.

Mauro Marino

Al Fondo Verri, venerdì 7 novembre, dalle 18, la presentazionedi Negroamaro romanzo di Antonello Giurgola per le edizioni Città Futura

Il premio giornalistico alla sua quarta edizione punta al “al turismo competitivo... leva di sviluppo socio-economico

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spagine della domenica n°50 - 2 novembre 2014 - anno 2 n.0

in agenda

Soltanto un filo neroLunedì 10 aprile dalle 18.00, con la “mostriciattola” Ratatiles’inaugura, in via delle anime 4,a Lecce uno spazio che Paola Torsello dedica alla ricerca creativa e al counselling

A l di là di ogni interpre-tazione antropolo-gica, psicologica epsichiatrica, i cui di-versi punti di vistaconfluiscono sul fe-

nomeno del tarantismo, ratatile nonnasce con l'intenzione di intrufolarsiin studi complessi e impegnativi. Ildiscorso è molto più semplice e fan-tasioso: ratatile è un filo nero che de-scrive trame e forme della lycosatarantula, il ragno salentinoche conil suo morso procura stati di trance eagitazione emotiva, una scrizione disegni e di intrecci talvolta in ripeti-zione, una divagazione grafica dinarrazioni in movimento, una sfidamanuale ed espressiva concepitaper affermare spontaneità e senti-menti senza incorrere in giudizi.Paradossamente, il senso creativoconsiste nel bisogno di de-privare disenso alcune figure contemporanee,nel tentativo di riconsegnare le cosealle persone e alla società, cosìcome avvengono e non perché av-vengono. E' l'epoca delle interpreta-zioni, il riassunto di attivitàstereotipate, dove si fa un gran par-lare di esistenze, bisogni e conflitti

umani, senza però rapportarsi con lepersone, senza condurre espe-rienze insieme, snaturando e ogget-tivizzando umanità e ambiente.Pertanto, se le emozioni sono espro-priate, se le necessità personalisono trascurate, se l'intera storia-della Taranta è stata reinterpretatada fuorvianti iniziative commerciali,ratatile vuole essere espropriazioneattiva, espropriazione di arte e diprogettualità, in cui la mano e lapenna fluiscono istinti e narrano in-contri.

Paola Torsello non si definisceun'artista, anzi ne rinnega il termine,sottolineando che in una società do-minante impegnata a separare co-scienze e unità, nessun uomo puòesprimere completamente sé stessoliberamente, tantomeno concedersil'istinto delle emozioni più profondesenza inciampare in contaminazionigiudicanti, come il bello ed il brutto,il buono e il cattivo... Quindi affermae sostiene che la creatività appar-tiene a tutti e che ognuno a suomodo, può essere un inventore ditecniche, di visioni pittoriche, un col-lezionista di storie.

Sabato 8 novembre, alle21.00, al Fondo Verri,Presidio del Libro diLecce, per Artigiana –La casa degli autori,l’attore Antonio Ramos

presenta il monologo “Delicatezza” daDino Buzzati. L’atto è realizzato per lacura drammaturgica in collaborazionecon Antonio Palumbo. A seguire undialogo su potere e violenza a cura delfilosofo Carlo Corigliano.Delicatezza é un monologo che traeispirazione dall´omonimo testo di DinoBuzzati, uno dei più originali autori ita-liani del Novecento. Il testo è com-preso all`interno della raccolta dielzeviri e racconti Le notti difficili, editanel settembre del 1971, scelta dall`au-tore in un vasto materiale parzial-mente inedito e in gran parte giàospitato da Il Corriere della Sera e daaltre riviste.Il monologo offre diverse occasioni diriflessione su alcune dimensioni e di-namiche del potere a partire dal carat-tere biopolitico che il potere stessoassume in età moderna e contempo-

ranea. Potere che eccede dalla suaforma simbolica per invadere il camporeale della vita e della morte. In scena un prologo musicale nellaveste di un canto popolare dell`Anda-lusia con testo di Ramón María Valle-Inclán dal titolo La garrota. Il prologomusicale introduce alla scena attorialeispirata al testo di Buzzati in cui si as-siste al dialogo tra il direttore di un car-cere e un condannato a morte.L`attore interpreta la voce narrante eil direttore del carcere che strumenta-lizzando il pensiero di alcuni filosoficerca di convincere il condannato anon aver timore di morire. Il carattereradicalmente grottesco del dialogoapre importanti spazi di riflessione siacirca il livello di pervasivitá del potererispetto alle sfere più intime della sog-getivitá, sia circa la burocratica bana-litá del discorso di potere. A seguito delmonologo si proporranno degli spuntidi pensiero per dare avvio ad una pos-sibile discussione con il pubblico.

Durata monologo: 25 minutiAd illustrare un dipinto di D. Buzzati

Al Fondo Verri sabato 8 novembre, dalle 21.00

per Le sere dei monologhil’attore Antonio Ramos

Biopoliticadel potere

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Venerdì 14 novembre, dalle18.30, al Fondo Verri, a Lecce,in via Santa Maria del Paradiso8.a, per Artigiana La Casa degliAutori, la Contrada del poeta, ha

l'onore di presentare al pubblico leccese il fi-losofo Sergio Vuskovic Rojo. Converse-ranno con lui Giovanni Invitto e MaurizioNocera.

Sergio Vuskovic Rojo è uno dei massimifilosofi e letterati cileni, conosciuti in tutto ilmondo e soprattutto in America Latina. Giàsenatore della Repubblica. Con nomina delPresidente Salvador Allende, è stato sin-daco di Valparaiso dal 1971 al 1973. Inquanto sindaco della sua città, i militari delcolpo di stato di Pinochet lo arrestarono l'11settembre 1973, sottoponendolo alla torturae, successivamente, ad anni di reclusionenei campi di concentramento. Solo dopouno scambio tra il dittatore Pinochet e papaWoytila, il quale ultimo si impegnò a visitareil Cile, Sergio Vuskovic, assieme a qualchealtro recluso, fu liberato e confinato in Italia,a Bologna, dove insegnò Filosofia nell'Uni-versità di Bologna per circa dieci anni. Amicopersonale di Allende e di Pablo Neruda, èuno dei pochi superstiti rimasti ancora in vitache ha conosciuto direttamente il grandePoeta dell'Amore.

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Ad illustrare, Sergio Vuskovicritratto da Antonio Massari

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copertinaspagine della domenica n°50 - 2 novembre 2014 - anno 2 n.0

spettacolo

Regalatevi l’emozione di assistere ad un evento unico inuno spazio suggestivo come quello di un tendone di circocontemporaneo. È arrivato il Circo contemporaneo aBrindisi con la prima edizione di rassegna internazio-nale! Un evento dal 2 al 16 novembre, con otto spetta-coli e ventiquattro repliche più un progetto speciale; uno

chapiteau montato per l’occasione su Lungomare Regina Margherita;cinque compagnie tra le più importanti realtà di circo contemporaneo nelpanorama internazionale: Compagnia Circo El Grito, Teatro Necessa-rio, La Rusparocket, Cia Dromosofista, Marco Zoppi I Circondati;due settimane di spettacoli matinèe per le scuole, serali e pomeridiane.Non aspettate a prenotare... Posti limitati!Biglietti ridotti per gruppi organizzati (min. 15 persone)Solo 5 euro per chi promuove l’Ecosostenibilità: vieni in autobus, in bici,con BlaBlaCar.Da Lecce, sabato 8 febbraio, è prevista una speciale bus navetta per lospettacolo DRUM & CIRCUS, la partenza è previstaalle 19,50 da piaz-zale Carmelo Bene/Foro Boario

il rientro dopo lo spettacolo, il biglietto con navetta inclusa è di 7 euroDopo il successo nei teatri europei, la compagnia El Grito torna al sudma questa volta porta con se il suo circo, i suoi spettacoli e altre cinquecompagnie provenienti dall'Italia, dal Belgio e dalla Spagna e si ponel’obiettivo di rendere la città di Brindisi e il tendone del Circo El Grito luo-ghi simbolo del circo contemporaneo, offrendo al pubblico pugliese unarassegna dedicata a questo nuovo linguaggio artistico.

La rassegna, a cura della Compagnia Circo El Grito, rientra nel progettoInternazionalizzazione della Scena, nell’ambito del programma operativoFESR, affidato dalla Regione Puglia al Teatro Pubblico Pugliese, che or-ganizza questo appuntamento unico per la stagione di prosa 14/15 diBrindisi, in collaborazione con la Fondazione Nuovo Teatro Verdi.

Info e prenotazioni entro il 4 novembre -340.3129308 - 3206704737

Per il programma completo cliccare sotto...

www.teatropubblicopugliese.it www.fondazionenuovoteatroverdi.it