SEDUTA DI MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2017 -...

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COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA RESOCONTO STENOGRAFICO INDAGINE CONOSCITIVA 15. SEDUTA DI MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2017 PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA INDICE Sulla pubblicità dei lavori: Brambilla Michela Vittoria, Presidente ..... 3 INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI Audizione del professor Giovanni Cioni, or- dinario di neuropsichiatria infantile e Di- rettore della scuola di specializzazione di neuropsichiatria infantile dell’Università di Pisa, e del professor Carlo Hanau, membro del Comitato scientifico dell’Associazione nazionale genitori soggetti autistici (ANGSA): Brambilla Michela Vittoria, Presidente ... 3, 7, 8, 9, 11, 18 Cioni Giovanni ................................ 3, 7, 8, 9, 10 Hanau Carlo ................................................ 11, 12 Valdinosi Mara ............................................ 9 Zanin Giorgio .............................................. 10, 12 ALLEGATO: Documentazione presentata dal professor Giovanni Cioni ........................... 19 Atti Parlamentari 1 Camera Deputati – Senato Repubblica XVII LEGISLATURA DISCUSSIONI INFANZIA SEDUTA DEL 21 FEBBRAIO 2017 PAG. PAG.

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COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA

RESOCONTO STENOGRAFICO

INDAGINE CONOSCITIVA

15.

SEDUTA DI MARTEDÌ 21 FEBBRAIO 2017

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

I N D I C E

Sulla pubblicità dei lavori:

Brambilla Michela Vittoria, Presidente ..... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTEPSICOFISICA DEI MINORI

Audizione del professor Giovanni Cioni, or-dinario di neuropsichiatria infantile e Di-rettore della scuola di specializzazione dineuropsichiatria infantile dell’Università diPisa, e del professor Carlo Hanau, membro

del Comitato scientifico dell’Associazionenazionale genitori soggetti autistici (ANGSA):

Brambilla Michela Vittoria, Presidente ... 3, 7, 8,9, 11, 18

Cioni Giovanni ................................ 3, 7, 8, 9, 10

Hanau Carlo ................................................ 11, 12

Valdinosi Mara ............................................ 9

Zanin Giorgio .............................................. 10, 12

ALLEGATO: Documentazione presentata dalprofessor Giovanni Cioni ........................... 19

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PAGINA BIANCA

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTEMICHELA VITTORIA BRAMBILLA

La seduta comincia alle 13.30.

(La Commissione approva il processoverbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non visono obiezioni, la pubblicità dei lavori dellaseduta odierna sarà assicurata anche at-traverso impianti audiovisivi a circuitochiuso.

(Così rimane stabilito).

Audizione del professor Giovanni Cioni,ordinario di neuropsichiatria infantile eDirettore della scuola di specializza-zione di neuropsichiatria infantile del-l’Università di Pisa, e del professor CarloHanau, membro del Comitato scienti-fico dell’Associazione nazionale genitorisoggetti autistici (ANGSA).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca,nell’ambito dell’indagine conoscitiva sullatutela della salute psicofisica dei minori,l’audizione del professor Giovanni Cioni,ordinario di neuropsichiatria infantile edirettore della Scuola di specializzazione diNeuropsichiatria infantile dell’Università diPisa, e del professor Carlo Hanau, che èstato docente di programmazione e orga-nizzazione dei servizi sociali sanitari pressol’Università di Modena e Reggio Emilia epresso l’Università degli studi di Bologna,nonché direttore e ora referente del Mastersull’autismo dell’università di Modena eReggio Emilia.

Abbiamo, quindi, due temi diversi. Dosubito la parola al professor Cioni per lasua relazione, dopodiché ci saranno delledomande da parte dei commissari.

GIOVANNI CIONI, ordinario di neurop-sichiatria infantile e Direttore della scuoladi specializzazione di neuropsichiatria in-fantile dell’Università di Pisa. Grazie, pre-sidente, senatori, onorevoli. Aggiungo alladescrizione della presidente un paio di com-piti, più che titoli, che ricopro. Oltre alladidattica presso l’Università di Pisa, sonodirettore scientifico di un Istituto di rico-vero e cura a carattere scientifico, che èl’unico Istituto di ricovero e cura a carat-tere sperimentale (IRCCS) dedicato alla neu-ropsichiatria dell’età evolutiva.

Gli IRCCS, come sapete, sono degli ospe-dali di ricerca. Qui avete il « Bambin Gesù »e l’Istituto dei tumori. La « Stella Maris » èl’unico istituto di ricovero e cura dedicatoai disturbi neurologici e psichiatrici dell’in-fanzia e dell’adolescenza, quindi ci occu-piamo di attività di ricerca e didattica at-traverso varie unità operative che copronotutti i disturbi, sia quelli più neurologici siaquelli più psichiatrici del bambino.

Inoltre, sono anche presidente di unasocietà europea che si occupa di questecose, la European Academy of ChildhoodDisability. Per questo ero un po’ incerto setoccare delle tematiche di tipo più europeo,come l’impatto tremendo che la crisi eco-nomica ha avuto a livello di alcuni Paesieuropei, anche peggio che da noi, perché èun aspetto di cui ci occupiamo, appunto, alivello di organizzazione europea.

Il tema che ho deciso di toccare, surichiesta della Commissione, riguarda pro-blematiche più nazionali, quindi ha a chefare anche con il mio ruolo di vicepresi-dente della Società di neuropsichiatria in-fantile, che qualche mese fa ha fatto un

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documento che troverete tra quelli dispo-nibili. Si chiama Appello sui disturbi neu-

ropsichici dell’età evolutiva, di cui vi lasciouna copia, perché tocca diversi temi a cuiaccennerò anche nel corso di questa miabreve presentazione.

Innanzitutto, i disturbi della neuropsi-chiatria infantile riguardano il neurosvi-luppo e comprendono delle tematiche chein parte avete già affrontato, quelle moto-rie, ma anche i disturbi specifici dell’ap-prendimento, il DHD, cioè il disturbo del-l’attenzione, quelli dello spettro autistico dicui vi parlerà principalmente il professorHanau, quelli della comunicazione e ladisabilità intellettiva.

Come vedete, sono tematiche molto am-pie. Questa è la scaletta degli argomenti cheaffronterò nel corso dell’audizione, che ri-prende alcuni dei punti principali toccatidalla società di neuropsichiatria infantile.

Il primo è un punto estremamente im-portante e riguarda le cifre. Si rilevano deinumeri che a volte si fa fatica a compren-dere quanto siano grandi. Quando si parladi un disturbo neuropsichico che colpisceun bambino su cinque – sono numeri so-stanzialmente analoghi nei vari Paesi – citroviamo davanti a una problematica me-dico-sociale enorme.

Comunque, vi lascio anche le slide adisposizione per eventuali approfondimenti.In realtà, ne ho soltanto due su questo. Laprima è un lavoro sul mondo anglosassone,di Annette Karmiloff-Smith di Londra, incui è riportata una lista di disturbi cheriguardano il sistema nervoso. La cosa cheinteressa è che si parte da disturbi estre-mamente rari fino a disturbi come gli speechsound disorder che sono, invece, estrema-mente comuni.

Il punto essenziale è che questa listanon è esaustiva. Si dice sempre che noi cioccupiamo molto di malattie rare. L’in-sieme di queste malattie rare ci dà le cifreriportate dai dati ISTAT di cui credo ancheil professor Hanau ci dirà qualcosa.

Il rapporto ISTAT – voi eravate interes-sati proprio alla tematica della disabilità –parla di un milione di ragazzi e relativefamiglie nel nostro Paese, includendo an-che disturbi lievi. Limitandoci solo ai di-

sturbi gravissimi, parliamo comunque di50.000 utenti e famiglie. Se li prendiamonella loro totalità, si rileva una problema-tica riguardante un bambino su cinque.

L’altro punto che mi pare abbiate giàgiustamente sottolineato nelle premesse dellaCommissione è che la loro prevalenza è incontinua crescita. È stato pubblicato unlavoro sulla rivista Pediatrics poco tempo fache mostra come, negli Stati Uniti, nell’arcodi una dozzina d’anni ci sia stato un in-cremento totale delle disabilità dell’età evo-lutiva dal 12 al 15 per cento, in un sistemadi organizzazione sanitaria apparentementeavanzato.

Veniamo nella nostra Europa, con nu-meri abbastanza impressionanti. Esistonouna serie di disturbi del neurosviluppocome l’autismo, il deficit di attenzione e diiperattività, il disturbo ossessivo compul-sivo, la sindrome di Tourette, che sonoprevalentemente psichiatrici.

In tre Paesi, ovvero Svezia, Finlandia eDanimarca – lo studio è stato replicatoanche in altri Paesi come l’Australia – trai bambini nati nel 1990 e i bambini nati nel2000 tutti questi disturbi sono aumentati.Questo è un fenomeno estremamente im-portante per voi che siete sensibili a unasituazione anche prospettica delle proble-matiche dell’infanzia.

Perché questi disturbi aumentano ? Que-sta è una domanda che ci poniamo tantevolte, soprattutto sull’autismo. Ci sono fat-tori ambientali – l’incremento dell’età deigenitori, l’aumento della percentuale dellenascite premature, una maggior consape-volezza, criteri diagnostici che sono diven-tati più precisi, la maggior capacità di noimedici di individuare questi disordini an-che attraverso dei programmi precoci discreening, che sarà uno degli argomenti chetratterò di seguito – che ben spiegano que-sto incremento così importante.

L’altra cosa che vorrei sottolineare, oltrea lasciarvi questi numeri, è come questaproblematica così frequente incida sullasalute collettiva della nostra popolazione.

L’Organizzazione mondiale della sanità(OMS) dice che il peso delle malattie di tipopsichiatrico o neurologico è attualmenteintorno al 15 per cento. Tuttavia, ogni anno

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l’OMS rifà queste indagini a livello mon-diale e scopre che il peso dei disturbineuropsichici è sempre maggiore nell’am-bito dei problemi di salute, superando am-piamente le malattie cardiovascolari.

C’è un altro discorso che voglio affron-tare per farmi capire meglio. Un dato im-portante è che tra i disturbi principali delneurosviluppo ci sono quelli dello spettroautistico (ricorderete il film Rain Man),ovvero i disturbi ad alto funzionamento; ibambini dentro le gabbie di vetro che con-dividono le problematiche dei disturbi dicomunicazione, di socializzazione, gli inte-ressi ristretti e così via. Oggi sappiamo chequesti hanno una prevalenza di meno diuno su 100.

Uno studio epidemiologico americanoparla di un bambino su 67 affetto da undisturbo dello spettro autistico, dovuto acause genetiche e ambientali insieme congradi diversi di gravità.

Purtroppo questi numeri non li ab-biamo per l’Italia. Questa è una statisticainglese a cui si fa sempre riferimento. Credoche anche il professor Hanau la citerà,come mi diceva prima.

Si riferisce il costo life time, cioè pertutta la vita, di una persona con disturbidello spettro autistico. Più di 4 milioni disterline è il costo diretto o indiretto per undisturbo autistico a basso funzionamento,in cui c’è anche una problematica di ri-tardo mentale. Invece, quasi 3 milioni disterline costa un disturbo ad alto funzio-namento.

Prendiamo un altro disturbo di cui credoabbiate sentito parlare anche in altre au-dizioni o che forse conoscete per l’estremafrequenza. Mi riferisco alla paralisi cere-brale infantile, che ha più di 17 milioni dipersone affette nel mondo e più di 90.000affette in Italia. Nascono ogni anno 1.000bambini con questa problematica.

(proiezione di un breve filmato)

Non serve essere un neuropsichiatra in-fantile per vedere la differenza di ricchezzadi variabilità negli schemi motori, la stere-otipia, la monotonia e la lentezza con cuiun bambino ripete degli schemi sempre

uguali. Ha 12 mesi ed è un bambino condisturbi dello spettro autistico.

Un’altra cosa apparentemente banale èche, quando la mamma lo chiama, il bam-bino con uno sviluppo tipico continua agiocare, ma si gira immediatamente e cercala mamma. Invece, il bambino con disturbidello spettro autistico continua in manieraripetitiva e monotona gli stessi schemi conl’oggetto. Purtroppo, non è un problema disordità. Magari lo fosse.

Queste non sono osservazioni naturali-stiche, ma sono quelle con cui spesso lemamme andavano dal pediatra o dal neu-ropsichiatra infantile per chiedere comemai il bambino facesse così. Si rispondeva« non ha voglia » oppure « ma tanto simuove ». Ebbene, le mamme hanno vera-mente sempre ragione quando evidenzianoun sospetto, quindi è doveroso da parte delmedico seguirle.

Oggi questi segni apparentemente ba-nali si sono trasformati in test clinici stan-dardizzati, utilizzati in maniera estrema-mente efficace anche in alcuni luoghi delnostro Paese dove si fanno, appunto, scre-ening sistematici per cui si può fare unadiagnosi precocissima del disturbo dellospettro autistico.

È una diagnosi per sapere – cosa im-portante perché i genitori hanno il diritto-dovere di sapere quale tipo di problematicac’è – ma anche per iniziare un trattamentoprecoce e per valutarne i risultati.

Dagli esami neonatali si può cogliere ladifferenza un bambino con un disturbogenetico, ovvero una mutazione di un geneche ha determinato una disabilità intellet-tiva, rispetto ad un neonato in cui vi sonozone, nella sostanza bianca, intorno ai ven-tricoli cerebrali, che presentano delle pic-cole lesioni cistiche. Questo è un bambinoche, con questa tipologia di lesioni, moltoprobabilmente, anzi quasi sicuramente, avràuna paralisi cerebrale infantile di tipo spa-stico.

Oggi si usa moltissimo dire una cosa incui crediamo profondamente, ovvero cheun’anomalia genetica come questa o undisturbo congenito cerebrale non sono ildestino di un bambino perché, come di-cono le neuroscienze, abbiamo l’epigene-

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tica, ovvero l’ambiente che determina l’e-spressione positiva o negativa dei geni.

L’epigenesi è alla base di ogni capacitàdi compensazione. Come dicevamo primacon la presidente, l’epigenetica ha una po-tenza direttamente proporzionale alla pre-cocità del cervello. Questa plasticità epige-netica genera una plasticità adattiva pre-valentemente, anzi quasi esclusivamente,nei primi anni di vita.

Questo discorso è alla base sia delladiagnosi precoce sia dell’intervento pre-coce. Bisogna sfruttare i « periodi critici »,ovvero i periodi di maggior sviluppo di unafunzione, che sono diversi. La motricità èmolto più precoce. Per questo si diceva chel’intervento motorio è estremamente effi-cace se viene fatto nelle primissime setti-mane di vita, al massimo entro il primoanno e mezzo. In questa fase c’è il massimodi efficacia dell’intervento. Invece, la pla-sticità del sistema cognitivo dura molto piùa lungo, ma anche in questo caso è moltopiù ampia nei primi anni di vita.

Per questo ci si deve affidare alla me-dicina basata sull’evidenza. C’è una quan-tità enorme di lavori in letteratura, chedimostrano, per esempio, che un interventoprecoce nella paralisi cerebrale infantilepuò cambiare anche drammaticamente lastoria di un bambino. È difficile che possanon avere nessun disturbo motorio, maquando parlo con una mamma a cui ab-biamo fatto una diagnosi di lesione e didisfunzione, ovvero di paralisi cerebraleinfantile, non mi chiede se avrà una para-lisi cerebrale infantile, ma se camminerà.Insomma, è importante la prognosi funzio-nale ed è su questa che l’intervento precocepuò avere un effetto straordinario, comedimostra la letteratura.

Lo stesso vale anche per il disturboautistico. Ieri guardavo tre articoli recenti,che sono tre revisioni sistematiche sull’in-tervento precoce del disturbo autistico. Con« intervento precoce » intendo veramente iprimi anni di vita. Io sono un po’ fissato suimille giorni perché i primi mille giorni delcervello sono un’avventura straordinaria eterribilmente importante, che compren-dono sia quelli prenatali del feto sia i primitre anni. Lì si può giocare moltissimo.

Questo è solo per dire che i colleghibiologi che lavorano sugli animali ci hannodetto delle cose straordinarie. Perché unintervento riabilitativo precoce fa miglio-rare il cervello e la funzione ? Sappiamoanche quali sono i mediatori chimici, ov-vero i famosi fattori neurotrofici per cuiRita Levi Montalcini, già vostra collega, havinto il premio Nobel.

Dopo di lei se ne sono scoperti moltis-simi. I fattori neurotrofici sono quelli chevengono prodotti dal cervello se il topino oil bambino – in questo uomini e animalisono estremamente simili – vengono sti-molati. Un buon ambiente, una stimola-zione ambientale fa generare questi fattorineurotrofici, che sono quelli riparatori. Inquesto senso, le neuroscienze di base hannodato degli argomenti formidabili a noi cli-nici.

La produzione di questi fattori è inver-samente proporzionale all’età dell’animale.Abbiamo dei modelli delle patologie chedeterminano disabilità: sindrome di Down,sindrome dell’X fragile, sindrome di Rett,epilessia. Topini, altri ratti o anche pescisono modelli per queste malattie. Questitopolini, per esempio, vivono in gabbie chesono dei resort, con una ricchezza di sti-moli come quella che noi vorremmo dare ainostri bambini, non per bombardarli, maper farli giocare. Infatti, ciò che induce laproduzione di questi fattori è fare qualcosacon piacere, non passivamente. Il piacere èuna cosa straordinaria perché mette in-sieme tanti elementi. Non è buonismo. Ilpiacere nel fare le cose genera fattori ri-parativi per il cervello.

Oggi si dice che un buon ambiente è ilfarmaco migliore e più sicuro per il cer-vello. Speriamo, un giorno, di avere anchequalche farmaco che possa potenziare que-sta azione. A questo riguardo, avevo moltediapositive su diversi studi sperimentali. Ilproblema è la tossicità dei farmaci, mentreun buon ambiente non è tossico. In questosenso, il termine « buon ambiente » è ilfattore migliore e più sicuro per il cervello,soprattutto nel periodo precoce.

Insomma, sono fondamentali la dia-gnosi precoce e l’intervento. Abbiamo fattoun convegno un anno e mezzo fa, in Emilia

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– ci sono colleghi emiliani e romagnoli insala – dedicato ai call messages e ai primimille giorni di vita determinanti della sa-lute mentale o neuropsichica.

Ora, il problema è come tradurre questecose – su questo abbiamo veramente biso-gno di voi – in un modo di fare assistenzae di far politica, con un matrimonio vir-tuoso tra tecnici e politici.

C’è una grandissima evidenza che trat-tamenti tempestivi e appropriati possonocambiare la storia naturale di questi di-sturbi così importanti e costosi per la col-lettività. C’è, però, una storica insufficienzadi investimenti, ma c’è anche un loro usonon basato su evidenze scientifiche. Mipermetto di dire che spendere nel bambinopiccolissimo è veramente un grossissimoinvestimento per il bambino, per la fami-glia e per la società.

Ovviamente, un problema a cui accen-devamo prima con la presidente è che c’èuna differenza sostanziale quando si trattadi introdurre queste cose a livello dei si-stemi organizzativi. Devo dire che la regio-nalizzazione, per certi versi, è stata moltocomplessa perché un bambino di una certaregione ha un sistema sanitario, quindianche un’organizzazione della neuropsi-chiatria infantile, diverso da quello di un’al-tra, anche in relazione alla qualità delservizio.

Nella documentazione che vi lascio c’èanche un appello della Società di neurop-sichiatria infantile. Tra l’altro, nominiamoanche la Commissione parlamentare perl’infanzia e l’adolescenza, ma non è unacaptatio benevolentiae, perché lo abbiamofatto in ottobre, quando non avrei assolu-tamente pensato che sarei stato convocatoda voi.

Se condividete quello che abbiano cer-cato di presentare, il Ministero della salutee le regioni devono garantire una presenzaomogenea di servizi integrati in tutto ilnostro Paese, non con lo spezzettamento econ le diversità che attualmente ci sono.Intendo omogeneo per professionalità, comemodalità, in sinergia con tutte le altre fi-gure professionali.

Insomma, occorrerebbe un lavoro di con-certo tra Ministero della salute e regioni.

Ditelo all’onorevole Lorenzin, visto che pre-sto sarà da voi. Credo che dirà di condivi-dere questo obiettivo, che però va perse-guito e monitorato, anche grazie a quelloche potete fare voi come Commissione par-lamentare. Comprendendo e condividendol’importanza di questo fattore, il Ministerodella salute, le Commissioni salute, l’Isti-tuto superiore di sanità e i servizi di neu-ropsichiatria infantile devono costruire unsistema di monitoraggio della salute neu-ropsichica.

Mi permetto di dire una cosa che horitrovato anche nel programma di questaindagine conoscitiva. Bisogna monitorareper verificare se le iniziative di migliora-mento, che ho citato e che la Società dineuropsichiatria infantile chiede, vadano acompimento in modo da raggiungere que-sto obiettivo, che è sicuramente un doveredel personale sanitario, ma anche un do-vere umano, sociale ed economico. Occorreidentificare le risorse e selezionare gli obiet-tivi. Il succo di questo mio intervento era diidentificare ciò che si fa nei primissimianni di vita come cruciale anche nellanostra vita adulta. Grazie per la vostraattenzione.

PRESIDENTE. Grazie, professore. Miviene subito da rivolgerle una domanda,collegandomi a uno degli ultimi passaggidella sua relazione. Sulle sostanze speri-mentali, sulle quali non c’è ancora unacertezza dal punto di vista tossicologico, ocellule staminali, vicarie di questa funzioneriparatrice, come lei ci ha spiegato, vorreisapere qual è lo stato dell’arte oggi. Puòrispondere prima a questa domanda, do-podiché passeremo la parola ai colleghi cheintendano intervenire.

GIOVANNI CIONI, ordinario di neurop-sichiatria infantile e Direttore della scuoladi specializzazione di neuropsichiatria in-fantile dell’Università di Pisa. Per quello cheriguarda l’utilizzo eventuale di cellule sta-minali o di sostanze farmacologiche c’è unagrande speranza. La domanda dell’onore-vole è quella che ci fanno tutti i giorni igenitori che navigano in internet e vanno acercare una risposta proprio sulle cellule

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staminali. Sanno meno dei fattori neuro-trofici della Levi Montalcini perché questoè un argomento ancora molto specialistico.Poi, con Stamina, le cellule staminali sonodiventate un patrimonio pubblico.

Ebbene, la strada è lunga sia per lecellule staminali sia per i fattori trofici perlo sviluppo. Lo stato dell’arte, attualmente,è che ci sono dei modelli animali che sem-brano funzionare bene con entrambe lestrade, che non sono alternative perché lecellule staminali per svilupparsi hanno bi-sogno dei fattori neurotrofici.

Insomma, non sono due strade diverse.Vengono studiate spesso da gruppi diversi,che dovrebbero fare un merge maggiore.Tuttavia, il ragionamento fondamentale, alivello pratico e operativo, è che al mo-mento ci sono alcuni studi in fase 2, cioèumana, con cellule staminali e con fattorineurotrofici.

Forse sulle cellule staminali sapete giàparecchie cose, ma sui fattori neurotroficici sono degli studi sperimentali sulla sin-drome di Rett, che è un disturbo similau-tistico dovuto a quattro geni possibili chemutano e danno microcefalia e disturbidevastanti, sia motori sia cognitivi, nellebambine, perché colpisce soltanto il sessofemminile.

Hanno fatto – ripeto – anche qualchestudio di tipo 2, cioè provando nell’uomo,in questo caso nei bambini, soprattutto peravere un’idea sulla sicurezza, cioè per as-sicurarsi che non faccia male: primum non

nocere. Questa, peraltro, è la ragione percui la vicenda Stamina è stata devastante.Infatti, c’era un controllo zero del primum

non nocere.A ogni modo, sono spot. La strada è

estremamente lunga. È importante, però,capire quello che abbiamo a disposizioneoggi – ovvero che il miglior farmaco per ilcervello è l’ambiente – non è una stradaalternativa rispetto a queste che prevedanol’uso di potenziatori della plasticità.

Le cellule staminali e i fattori neurotro-fici sono potenziatori della plasticità. Nel-l’animale su cui queste cose si possono faree si stanno facendo vediamo che funzio-nano bene se, assieme alle cellule staminali,diamo anche un ambiente arricchito.

Tutto quello che possiamo fare ora èuna cosa che si affermerà nel tempo, pur-troppo non nel mio futuro professionaleperché ho ancora sei o sette anni di lavoro,quindi non vedrò applicata questa mia pre-visione.

PRESIDENTE. In Cina fanno esperi-menti in tal senso.

GIOVANNI CIONI, ordinario di neurop-sichiatria infantile e Direttore della scuoladi specializzazione di neuropsichiatria in-fantile dell’Università di Pisa. Mi permettodi interromperla, presidente. Questa è unacosa terribile, ma purtroppo non succedesolo in Cina, ma anche in Thailandia o inGermania alla Xcell-Center.

Vannoni – io ce l’ho un po’ con lui, nonumanamente, ma per il suo modo di pro-cedere – è andato ad aprire un centro inGeorgia.

Vi ho parlato dell’organizzazione euro-pea di cui sono presidente. Ebbene, ab-biamo fatto una spedizione dai colleghigeorgiani e siamo riusciti, tramite loro, adagire sul governo georgiano per farli chiu-dere. Venivano pazienti anche dall’Italia.

Ecco, questa è veramente una cosa ter-ribile per la sicurezza. I soldi non sono unaspetto rilevante e certamente non sonoforniti dallo Stato. Forse dico una cosabanale, ma siete qui e ci avete chiamato inaudizione. Certamente non possono esseresoldi dello Stato, ma tutti i trattamenticomplementari e alternativi devono esserebasati sul principio primum non nocere.Questo non è sicuramente il caso di cellulestaminali date in maniera selvaggia.

Poi c’è anche la Svizzera. Insomma, c’èveramente di tutto, anche con medici die-tro.

Allora, la strada è lunga – mi scusi se larisposta è stata un po’ più ampia del pre-visto – ma non è alternativa a tutto quelloche vi ho detto. Vanno, ovviamente, garan-titi degli aspetti di sicurezza. C’è un sito delGoverno americano dove tutti gli studi seridevono essere registrati. Se c’è uno studiosperimentale, con cellule staminali o altrecose, che non è registrato lì, bisogna stret-tamente scoraggiare il genitore perché vuol

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dire che gli aspetti di sicurezza non sonoverificati.

Ci sono delle strade anche dirette persapere, perché c’è sempre l’idea che il me-dico sia geloso degli altri. Purtroppo, anchequesta è una cosa vera. Ormai sono vecchiodel mestiere e so che i medici sono umani;facciamo tanti errori; abbiamo le nostregelosie. Bisogna, quindi, basarsi sull’evi-denza.

Ci sono dei siti per questo. Internet èuna risorsa, anche se è terribile perchéarrivano dei genitori con dei pacchi enormi:trovano e stampano di tutto, quindi io miobbligo a conoscere questa roba perché, senon gli rispondo e dimostro che non laconosco, ho compromesso il rapporto. In-somma, devo dimostrare di aver visto an-che le cose più assurde. Ci sono, però,anche cose importanti.

PRESIDENTE. Senatrice Valdinosi, prego.

MARA VALDINOSI. Ringrazio molto ilprofessor Cioni anche per questo chiari-mento che ci ha fatto in relazione all’uso eall’abuso delle cellule staminali. Io vorreisottolineare che condivido l’obiettivo a cuilui ci richiamava, cioè quello di avere nelnostro Paese un sistema integrato di servizisia territoriali sia specialistici. Quindi, vo-glio solo sottolineare il mio essere d’ac-cordo con questo obiettivo. Credo che, comeCommissione infanzia e adolescenza, do-vremo lavorare insieme in questo senso.

Vorrei chiederle due cose nello speci-fico. Lei ci ha fatto vedere delle slide moltointeressanti, in inglese, che fanno riferi-mento a dati di altri Paesi. Mi chiedo se,appunto, non sia necessario mettere in piedianche nel nostro Paese un sistema piùstrutturato di raccolta e di monitoraggiodei dati, perché senza questo riferimentocredo ci sia il rischio di lavorare a vuoto.Questa è la prima domanda. Che cosa pos-siamo fare per avere anche nel nostroPaese un sistema efficace di raccolta e dicontinuo monitoraggio dei dati ?

Vengo alla seconda domanda. Mi stooccupando, anche in raccordo con delleassociazioni di genitori, di disturbi legatiall’alimentazione, ovvero bulimia e anores-

sia. Le vorrei chiedere se in relazione allacrescita dei disturbi del neurosviluppo visia anche una correlazione diretta con que-sta tipologia di specifici disturbi alimentari.

GIOVANNI CIONI, ordinario di neurop-sichiatria infantile e Direttore della scuoladi specializzazione di neuropsichiatria in-fantile dell’Università di Pisa. Rispetto allaprima domanda sono in pieno accordo conquello che lei dice. Mi dispiace molto farvedere le diapositive in inglese. Vorrei tantofarvi vedere dei registri di malattia italiani,ma non posso perché abbiamo solo pocherealtà regionali – forse ne parlerà dopo ilcollega – e solo per alcuni disturbi. Insostanza, non c’è un sistema, come in Au-stralia, in Inghilterra, in parte in Francia ebenissimo in Svezia, per cui ci sono deichiari registri di malattia.

Questo, però, è quello di cui abbiamobisogno perché senza registi di malattianon possiamo fare inferenze. Per esempio,sull’incidenza dei disturbi dello spettro au-tistico ci sono degli studi worldwide, cioèfatti in tutto il mondo, che dimostrano cheè molto simile in tutti i Paesi. Lo stesso valeper l’ADHD.

In Italia sembrano molti meno sempli-cemente perché non si fa la diagnosi. Tor-niamo, quindi, al problema di prima. Seavrete la bontà di leggere questo docu-mento della nostra Società che vi ho la-sciato, vedrete che noi chiediamo che laconferenza Stato-regioni stimoli la crea-zione di registri. In alcune regioni sono piùattivi, ma in altre non c’è assolutamenteniente.

Dal punto di vista degli IRCCS, abbiamoappena creato una struttura a rete permettere insieme i registi di alcune malattiepiù frequenti tra tutti gli istituti di ricoveroe cura a carattere scientifico. È difficile checi sia un bambino con un disturbo gravedel neurosviluppo che non frequenti unIRCCS per le diagnosi più specifiche. Peresempio, ogni anno vediamo 500 nuovi casidi autismo soltanto nel nostro IRCCS. Iregisti malattia hospital based e di territo-rio sono, quindi, una realtà estremamenteimportante.

L’altra domanda riguardava i disturbidelle condotte alimentari. Questa è un’altra

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patologia in aumento. Come sapete, cometanti disturbi psichici, l’eziologia è binaria,cioè c’è una predisposizione genetica com-plessa. In sostanza, non c’è il gene dellabulimia, ma una serie di geni con varianzeisomorfe, relativamente benigne, che peròsi sommano tra loro e insieme al problemadella famiglia e della società determinanol’insorgenza di un disturbo della condottaalimentare.

Questa è una di quelle cause ambientalidi cui vi dicevo prima che determinanol’aumento della malattia. I geni di predi-sposizione, però, rimangono gli stessi. Pur-troppo, bisogna dire che anche i disturbidelle condotte alimentari fanno parte diquelli in incremento nel nostro Paese, comein tutti gli altri.

GIORGIO ZANIN. Nei giorni scorsi sonoandato a visitare, a Palazzo delle esposi-zioni, qui a Roma, la bellissima mostra sulDNA che si conclude con aspetti che sfo-ciano in un percorso carico di molti inter-rogativi rispetto al futuro. In particolare,parliamo della genomica e con tutta evi-denza sappiamo che si aprono delle que-stioni che coinvolgono, appunto, interroga-tivi etici di carattere eugenetico. Dall’altraparte, però, questo mi pare del tutto coe-rente con il profilo che lei stesso ha defi-nito dentro questo percorso, cioè la dia-gnosi precoce e l’elemento correttivo chepossa intervenire.

Allora, a che punto siamo per questatipologia di disturbi e quali scenari si apronodentro un percorso che arrivi a prevenirliin maniera totale o quasi totale ?

Lei prima ha parlato di lunghezza deitempi della ricerca rispetto ai percorsi dicura con l’utilizzo di strumenti riparatori.Qui siamo, invece, a percorsi che potreb-bero prevenire.

Insomma, gli aspetti decisivi paiono es-sere superati perché qui il problema ri-guarda semplicemente gli strumenti tecniciper mettere a punto ulteriormente, conrapidità e con costi relativamente bassi,percorsi che ci portino ad avere, insiemealla nostra carta d’identità, anche tuttoquello che ci aiuta a prevenire.

Questi sono aspetti rivoluzionari per lasalute e sono uno dei due o tre aspetti che

riguarderanno il nostro percorso futuro.Non so se su questo ci può essere d’aiutocon la sua competenza.

GIOVANNI CIONI, ordinario di neurop-sichiatria infantile e Direttore della scuoladi specializzazione di neuropsichiatria in-fantile dell’Università di Pisa. Le rispondofacendo un esempio. L’autismo è un di-sturbo genetico. Non c’è alcun dubbio. Loabbiamo scoperto e abbiamo pubblicato,venti anni fa, i primi articoli. Quarant’annifa sembrava che la genetica non c’entrassecon l’autismo. Vent’anni fa, invece, ab-biamo fatto autocritica e detto che l’auti-smo è un disturbo genetico.

Tuttavia, l’autismo non è determinato insenso mendeliano, cioè come un disturboche coinvolge piccolissimi numeri, bensì inparte da una genetica molto complessa.

Nella stragrande maggioranza dei casidi autismo la genetica c’entra come in tuttii disturbi psichiatrici, dalla schizofrenia aldisturbo ossessivo compulsivo, all’ADHD.La genetica c’entra sempre come in ogniaspetto della nostra vita, però, nei disturbipsichiatrici o nei disturbi neurologici, è unagenetica complessa, il che vuol dire checomunque si tratta di una genetica di pre-disposizione. La predisposizione nasce daco-varianze di pool genetici molto compli-cati.

Il nostro istituto ha acquisito un’attrez-zatura per fare l’analisi dell’esoma. Nelnostro istituto, come in altri istituti d’avan-guardia, noi possiamo farlo, cioè, se c’è unbambino per il quale c’è l’indicazione, conun costo relativamente basso, che credo siadi 1.300 euro, e con un esame non moltodiverso da altri, come l’array-CGH, che giàsi fa, possiamo analizzare l’esoma, per cuinella tesserina sanitaria abbiamo anchequesto.

Tra quest’analisi e la possibilità di direcome il gran numero di centinaia di mi-gliaia di geni e le loro varianze relativa-mente benigne possano interferire nel per-corso di un disturbo autistico o di undisturbo ossessivo compulsivo o di un di-sturbo della condotta alimentare ci vorràmolto tempo, perché ci vorrà una disci-plina che ancora quasi non esiste, che è labioinformatica. Le persone specializzate

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sono pochissime, infatti non riusciamo atrovare un bioinformatico per il nostroistituto, anzi, se qualcuno ne conosce uno,lo prendiamo volentieri.

Ci vorrà molto tempo, perché si tratta diuna disciplina con una computazione com-plicatissima. Sicuramente su questa cosa cimuoveremo, ma non basterà e ne sonoprofondamente convinto, perché i geni cam-biano.

Ora vi dico un’ultima cosa, scusandomi,ma parlo troppo, perché mi appassionaquesta cosa e ne sono contento perché,dopo più di trent’anni, ancora mi piace ilmio mestiere.

Oggi, per esempio, si sta scoprendo che,nel cervello di qualche bambino autistico (esolo nel cervello non nel sangue), ci sonodei geni che sono mutati, quindi io possoanche fare l’array-CGH più complicato delsangue o l’esame del genoma, però i geninon sono più quelli, perché si tratta di genimutati solo in una parte del tessuto cere-brale.

Per questo motivo dico che, tutte le volte– questo è il percorso delle scienze – chesi pensa di aver raggiunto il top, si vedeun’altra montagna da scalare, ma quest’a-spetto è anche bello, perché, se vogliamoandare su argomenti più generali, è nondeterministico; insomma i nostri successorilavoreranno a lungo per muoversi in questomodo.

PRESIDENTE. Grazie, professore. Do laparola al suo collega, il professor CarloHanau, che, come abbiamo detto, è mem-bro del Comitato scientifico dell’Associa-zione nazionale genitori soggetti autistici,nonché docente di programmazione e or-ganizzazione dei servizi sociali e sanitariall’Università di Modena e Reggio Emilia ea quella di Bologna. Chiediamo, anche a lei,professore, di fare la sua relazione.

CARLO HANAU, membro del Comitatoscientifico dell’Associazione nazionale geni-tori soggetti autistici (ANGSA). Vorrei spe-cificare che fui docente, in quanto sono inpensione per età.

La prima cosa che devo dire è che sonostato invitato qui e che io, molto volentieri,

son venuto e vi ringrazio, però ho telefo-nato prima all’Istat, con cui collaboro moltospesso, perché il mio mestiere non è fare ilmedico, ma è la programmazione dei ser-vizi sanitari, anzi non solo sanitari maanche sociali e scolastici; su quest’ultimoaspetto chiuderò la mia relazione.

Vi ho consegnato il frontespizio di unreport dell’Istat, che costituisce l’ultimo do-cumento prodotto nel 2016 (a dicembre) eche titola « Integrazione degli alunni condisabilità nelle scuole primarie e seconda-rie di primo grado », per dare l’idea dicome la rilevazione che manca è quella delregistro, che c’è, per esempio, per l’autismoe per altre patologie, ma soltanto per ilPiemonte e per l’Emilia-Romagna. Tale ri-levazione era iniziata, ma – sappiamo an-che il perché – poi si è chiusa come espe-rienza, in Lombardia, dove era stato fattoun osservatorio. Forse ci si è spaventati,vedendo quello che succedeva e guardandoquesti numeri e queste cifre.

Lo dico perché, se si guarda anche sol-tanto l’andamento del grafico, che c’è infondo a questo frontespizio, si vede come,nelle scuole d’Italia – dove si inserisconopraticamente tutti, perché non ci sono isti-tuti a latere e la quasi totalità dei bambiniviene rilevata, anche quelli con una disa-bilità grave – nel giro di quindici anni, c’èstato un aumento clamoroso della disabi-lità sia nella primaria, che è la scuolaelementare, sia nella secondaria di primogrado, che è la scuola media inferiore e chenoi eravamo abituati a chiamare « le me-die ».

I numeri fanno veramente paura, per-ché la percentuale nella scuola primariasale di un punto, passando da due a tre, enella scuola secondaria sale ancora di più,perché da 2,6 arriva a 3,9-4. In pratica, il 4per cento dei bambini nella scuola mediainferiore hanno una disabilità a normadella legge 104 del 1992. Si noti bene chestiamo parlando della legge n. 104, quindinon stiamo parlando delle altre disabilità,che pure sono state nominate e che ven-gono esaminate anche nella ricerca fattasuccessivamente dall’Istat su 12.000 casi dibambini con problemi, come, per esempio,i disturbi specifici dell’apprendimento, che

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non sono considerati handicap nella no-menclatura attuale. I numeri, quindi, fannoveramente impressione.

Perché questi numeri sono così diffe-renti tra scuola primaria e scuola secon-daria di primo grado ? Lo sono per unmotivo molto semplice: la maggior partedelle patologie – e lo vedremo dopo – sonodi tipo mentale, per cui queste sindromi sipossono constatare soltanto successiva-mente. Il bambino appena nato viene visi-tato e si rilevano su di lui alcune (non tutteovviamente) delle malformazioni presenti epossibili da rilevarsi alla nascita. Ecco, lasindrome di Down può essere rilevata allanascita, data la caratteristica degli occhi edi altri componenti del nostro corpo, chenelle persone con sindrome di Down èpatologica. Tuttavia, questa è una delle po-chissime sindromi che possono essere rile-vate alla nascita, perché tutte le altre sin-dromi si rilevano quando per il bambino,che cresce insieme agli altri di pari età, sivede la differenza che aumenta via via conl’età.

In un bambino, la sindrome di Aspergernon può essere rilevata quando è ancorapiccolo, ma può essere rilevata soltantoquando c’è la finezza del comportamento,come nei bambini che io chiamo « normo-tipici » e che vengono definiti da un mioamico « i gravemente normodotati », comenoi qui presenti, per cui la differenza sivede quando si va avanti. Per esempio, lasindrome di Asperger è al confine, quindiborderline, rispetto alla normalità. Ci sonocose che a un bambino si concedono comenormali, perché per un bambino di ottoanni – mi ricordo di un vecchio proverbioche mi diceva mia nonna a riguardo –l’incapacità di dire le parole giuste al mo-mento giusto, anzi la capacità quasi diabo-lica di dire le parole sbagliate nel momentoculminante è tipica. Tuttavia, i bambini,quando diventano più grandi, quindi a otto,nove, dieci o undici anni, cominciano acapire che certe cose non si dicono dap-pertutto, mentre quelli con la sindrome diAsperger continuano a dirle esattamentecome facevano prima di compiere questaetà. C’è un andamento nella certificazione

che è in classico aumento via via che salel’età.

Per esempio, osserviamo il dato ricor-dato prima dal professor Cioni sull’autismonegli Stati Uniti e ottenuto da una ricercache viene fatta dal 2000, mentre l’ultimaricerca di cui abbiamo il risultato è del2012. Quel dato rileva che, nel 2000, laquantità di bambini con autismo rilevaticon la stessa modalità e, da notare bene, in11 Stati diversi degli Stati Uniti era di 7,5su 1.000, mentre nel 2010, quindi a di-stanza di dieci anni, è raddoppiata, diven-tando dell’1,5 per cento, cioè di 15 su 1.000.Nell’anno successivo, per fortuna, sperandoche vada avanti così anche per il 2012, vistoche la ricerca si fa con cadenza biennale, inumeri sono rimasti fermi, cioè a 15 su1.000, il che vuol dire che stiamo parlando– non so se ci siamo spiegati – di unbambino su 68, all’età di otto anni.

GIORGIO ZANIN. Questo innalzamentoda cosa dipende ?

CARLO HANAU, membro del Comitatoscientifico dell’Associazione nazionale geni-tori soggetti autistici (ANGSA). Questo in-nalzamento dipende – se ne parlava iericon il professor Cioni – da due fattori, dicui uno è l’attenzione maggiore a questepatologie, che, però, non spiega tutto. Perl’altro fattore, uno studio dei danesi, chesono quelli più esperti di epidemiologia intutta Europa perché il Center for DiseaseControl and Prevention (CDC) europeo sitrova in Danimarca, ci dice che il 60 percento si spiega con le modalità di rileva-zione diverse, ma non il 40 per cento.

È ben vero che, nel momento in cui sifanno diagnosi più fini, si trovano casimeno pesanti. Faccio un esempio: quando,come quasi sempre avviene, se non all’ini-zio, almeno via via che passa il tempo e siarriva agli otto anni d’età, l’autismo è ac-compagnato da disabilità intellettive, quindi,per intenderci, da un quoziente di intelli-genza basso, si vede che sono sempre di piùi casi rilevati che non hanno l’insufficienzamentale. Questo vuol dire che, raffinandola diagnosi, si vedono anche quei casi dovenon c’è una grave coesistenza dell’autismoe dell’insufficienza mentale.

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Prendiamo, per esempio, il caso delledonne, a parte quelle con sindrome di Rett,di cui uno si chiede il perché ci sono solodonne. Il motivo è molto semplice: in quelcaso, essendo più debole geneticamente, ilmaschio muore prima di nascere. Le per-sone con sindrome di Rett sono solo bam-bine, tranne in rarissimi casi, perché imaschietti muoiono in utero.

In merito a quanto dicevo, abbiamo lapossibilità di vedere che, via via che au-menta il numero dei bambini diagnosticati,sale anche il numero delle bambine chesono in genere meno gravi. Qui, comunquela situazione è drammatica perché, da noi,la sindrome di Asperger non viene diagno-sticata. Da noi, come ha scritto in moltilibri e detto attraverso molti media lo scrit-tore Gianluca Nicoletti, a diciott’anni, ilragazzo perde la qualifica di autistico, per-ché, essendo il suo classificato come auti-smo infantile precoce, a diciott’anni non èpiù infantile, quindi perde la diagnosi, di-menticandoci che questa sindrome è moltodifferente dalle altre disabilità o patologiementali, per cui avrebbe bisogno comun-que di mantenere questa etichetta, cui sonoassociati diversi aspetti.

La farmacologia psichiatrica è relativa-mente avanzata in Italia, come nel resto delmondo. Per esempio, se voi osservate lalinea guida dell’Istituto superiore di sanitàdel 2011, che, grosso modo, rimarrà lastessa anche adesso, per quel che riguardala farmacologia si vede tranquillamente checi sono solo due farmaci, il risperidone e ilmetilfenidato, per l’autismo, mentre per lapsichiatria ci sono tante possibilità. Inoltre,il risperidone, un farmaco che non è statoinventato per l’autismo, viene utilizzato pertale patologia, sperando che dia gli stessirisultati ottenuti per altro tipo di patologiapsichiatrica, cioè ridurre auto ed etero-aggressività.

Tuttavia, non si tratta di un farmacoinventato per l’autismo. Tant’è vero che irisultati, anche in termini di medicina ba-sata sull’evidenza, sono molto scarsi. Lericerche fatte sui bambini nell’ambito dellapsicofarmacologica sono pochissime, inquanto le industrie farmaceutiche hannopaura a fare ricerca in questo settore, non

solo perché i risultati sarebbero premiaticon ricompense modeste, ma anche perchéle industrie farmaceutiche hanno paura diperderci la faccia: nel fare una sperimen-tazione di psicofarmaci su bambini, se vamale, c’è da perdere veramente tutto.

Questo è un dramma che vale in parti-colare per le persone che hanno la sfortunadi partire con la loro carriera « psichia-trica » fin da bambini. Per gli altri, lasituazione è diversa, perché lo stesso rispe-ridone, utilizzato su persone che hannoavuto problemi dopo l’adolescenza, quindida adulti, ha dato risultati, che sono stati econtrollati convalidati nel corso di tantis-sime esperienze in Italia e nel mondo. Poi,salta fuori che dove non fanno questi far-maci continuativamente, ma li fanno soloin momenti di crisi per motivi economici, lasituazione dei malati psichiatrici è miglioreche non nei Paesi ricchi, come da noi, dovesi fanno farmaci continuativamente, maquesta è un’altra cosa che io non vogliodire perché qui si parla soprattutto di mi-nori.

Quanto vi ho relazionato rende l’ideadella gravità del numero e dell’aumentocontinuo e progressivo. Il CDC « danese »dice che il 60 per cento è provocato dallamaggiore attenzione e dal miglioramentonella diagnosi, ma non il 40 per cento.

Posso dire subito che altri colleghi, chefanno epidemiologia come me, hanno sco-perto, facendo l’analisi su donne infermierein gravidanza che vivono a piano terra e suquelle in gravidanza che vivono al quintopiano, di un edificio su una strada forte-mente trafficata. La differenza è che ledonne infermiere che hanno fatto la gra-vidanza a piano terra hanno una probabi-lità e mezzo in più di avere un bambinocon autismo rispetto a quelle che abitano alquinto piano, quindi esiste il discorso del-l’epigenetica per cui l’ambiente è fatto an-che di inquinanti.

Ci sono studi, per esempio, sugli inset-ticidi e su altri fattori ambientali e organici,che possono effettivamente avere un’in-fluenza negativa, aumentando il rischio,ma anche nel caso della natalità precoce c’ètale rischio. Sappiamo benissimo che, nelmomento in cui facciamo medicina peri-

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natale e salviamo tanti bimbi, che altri-menti sarebbero morti, una parte ben mag-giore di quella che non sarebbe la genera-lità dei bambini nati senza questi interventiha un tipo di disabilità. D’altra parte, que-sto è lo scotto che si deve pagare, se vo-gliamo salvare un bambino.

Sempre con la medicina perinatale moltosviluppata oggi, riusciamo a ridurre il nu-mero di bambini che sarebbero diventatidisabili in una certa fascia, perché questibambini, invece, nascono e diventano bam-bini senza disabilità, ma una parte di que-sti che sarebbero morti, per una quotaconsistente, nasce con disabilità. Ora, nonso se mi sono spiegato, ma voglio dire chedobbiamo prendere il buono e cattivo diquesto tipo di intervento.

La cosa importante da dire è che inItalia c’è una stagnazione tra il 2007 e il2009, che risale a prima che, nel 2010, ilParlamento approvasse la legge sui disturbispecifici dell’apprendimento. Noi tutti pen-savamo che si sarebbe ridotto il numerodelle persone con disabilità, mettendo glialtri fuori dal gruppo, invece si vede chequesto continua ad aumentare. Questo èancora più grave perché sappiamo che idisturbi specifici dell’apprendimento sonoaumentati moltissimo, quindi il gruppoesterno non rappresenta una piccola per-centuale. Evidentemente, non era perchénell’ambito della legge 104 era stato inse-rito quello che teoricamente non si dovevamettere, ma effettivamente era la realtà deifatti che ha portato ad un aumento.

In Emilia-Romagna, sui bambini condisabilità abbiamo constatato un aumentodel 4 per cento l’anno circa, ma l’Emilia-Romagna non è più sfortunata di altreregioni.

Certo, dobbiamo anche vedere cosa suc-cede poi all’interno, dove accadono cosestrane.

Vi ho dato il frontespizio dell’analisistatistica dell’Istat perché si tratta di unospaccato molto bello, fatto a dicembre 2016,quindi da poco, su dati recentissimi, perchésono i dati dell’anno scolastico 2015-2016,quindi meglio di così non si può fare.

Devo far presente che la gravità di que-sti casi si misura, all’interno, con un’inda-

gine specifica su 13.000-14.000 casi. Il 7-8per cento di questi casi con disabilità sononon autonomi in tre abilità: mangiare dasoli, spostarsi da soli e andare in bagno dasoli. Ecco, quelli che cumulano queste tredisabilità, quindi i disabili « gravi », sonosolo il 7-8 per cento nella primaria e il 5-8per cento nella secondaria di primo grado.

Che cosa diamo loro ? Diamo un inse-gnante di sostegno ogni due persone certi-ficate. Dobbiamo pensare che abbiamo avutoun esercito di 82.000 insegnanti di sostegnonell’anno scolastico passato, quindi unaquota enorme, e che questi insegnanti nonsono soli, perché a loro si aggiungono,come vedremo nell’indagine del Censis, l’e-ducatore e l’assistente alla comunicazione.In questa situazione, voglio rimarcare chesiamo il Paese che dà più risorse umane aquesti alunni con disabilità e lo facciamopiù di tutti nel mondo, perché diamo ildoppio delle risorse degli Stati Uniti d’A-merica, che sono i secondi nella graduato-ria. Tra l’altro, li paghiamo anche poco,quindi tutto sommato va bene così.

Inoltre, dobbiamo pensare, per esempio,che di questi i ciechi sono lo 0,7 per cento,mentre gli ipovedenti sono il 3-4 per centodi tutti i 160.000 bambini certificati, quindiparliamo veramente di percentuali piccole.I sordi sono l’1,8 per cento e molti deiquesti vengono, per fortuna, protesizzati.Quelli con ipoacusia, che non sono del tuttosordi, sono il 3,1 per cento. Ecco, som-mando tutte queste cose insieme, salta fuoriche si tratta di un numero limitato di casi,per fortuna. Quelli con disabilità motoria,di cui ho notato tanti hanno parlato, sonol’11,4 per cento di tutti i disabili. Tutti glialtri hanno difficoltà che sono problemimentali. Cerchiamo di capire bene cos’èche possiamo fare perché abbiamo davantiuna platea composta soprattutto da minoricon problemi mentali.

I disturbi dello sviluppo, all’interno diquesto gruppone dei problemi mentali, sonoil 24,9 per cento nella primaria e il 21,4 percento nella secondaria. Che cosa sono idisturbi dello sviluppo ? Si tratta di disturbigeneralizzati o pervasivi dello sviluppo, cheteoricamente dovrebbero essere chiamati« disturbi evolutivi globali dello sviluppo

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psicologico » e che in America chiamano« lo spettro autistico ».

Sono stato chiamato qui anche per par-lare del problema dell’autismo e, dopo averfatto una carrellata generale, sono qui afarlo.

A pagina 101 di questo libretto del Cen-sis, che vi è stato distribuito, c’è una inda-gine fatta dalla Fondazione Cesare Seronoinsieme con le associazioni « di categoria »per quattro sindromi, che sono quelle chenormalmente si prendono a riferimentocome le « peggiori ». Tra queste quattrosindromi, salta fuori che la peggiore ditutte, che ha la palma in mano, è la sin-drome autistica.

Badate bene, com’è stato detto prima,che l’autismo non è una patologia specifica.La sindrome di Rett, per esempio, è all’in-terno dei disturbi classificati come F84dall’ICD-10 dell’Organizzazione mondialedella sanità, la nostra classificazione uffi-ciale. All’interno dell’F84, ci sono sindromiautistiche e comportamenti autistici chehanno già trovato la loro origine, comeappunto la sindrome di Rett. Dopo lo stu-dio del MECP2 sul topo, si sta già utiliz-zando il farmaco, prima usato per il topo,sulle bambine, quindi, a distanza divent’anni, che sembrano molti, ma devonopassare, sono riusciti arrivare al farmacosull’uomo. Per il CDKL5, il secondo diquesti geni trovato nelle bambine che nonavevano il MECP2, siamo ancora fermi allostudio sul topo e occorreranno altri sette ootto anni almeno. Tutto questo vuol direche più si lavora e più mezzi si hanno eprima si fa a trovare quello che può farbene, non solo al topo, ma anche allebambine. Effettivamente, ci aspettiamo unaspinta nella ricerca.

L’IMI2 nel programma Horizon 2020stanzia 340 milioni di euro per le ricerchein questo settore. Parliamo di quattro sin-dromi, in cui c’è il dolore in mezzo, ma c’èanche l’autismo, perché ci sono state dueassociazioni americane, la Simons e l’Au-tism Speak, che hanno dato fior di milionidi dollari, che sono diventati euro. Questinon sono solo soldi messi lì, ma sono soldiinvestiti per migliorare le conoscenze esoprattutto migliorare gli interventi che oc-

corrono. Purtroppo, oggi, come dicevo, dalpunto di vista farmacologico siamo prati-camente a zero e per quanto riguardaquello che può servire a questi bambini c’èl’educazione.

In merito, lascio, semmai, al competentedell’Istat la possibilità di illustrare le altresindromi e gli altri problemi, mentre iocerco di focalizzare l’attenzione sull’auti-smo e, come ho detto prima, sulla dimo-strazione di questa ricerca del Censis, allaquale io stesso ho collaborato a nome del-l’ANGSA, che insieme alla Fondazione Se-rono ha fatto condurre questa ricerca alCensis.

Da questa ricerca salta fuori che l’auti-smo è la sindrome peggiore, come conse-guenza, anche economica, come è statodetto prima, anche in Italia, dove la fami-glia si assume moltissimi dei costi che al-l’estero assunti dallo Stato. Ricordiamociche, in Italia, abbiamo ancora la famigliache è la più grande azienda sanitaria esi-stente, perché la più grande ASL d’Italia èla famiglia. Calcoliamo che si spenda peruna vita intera di un soggetto con autismograve sui 3 milioni di euro, quindi siamodistanti dai 4 e mezzo o 5 milioni, soltantoperché la famiglia italiana è quella che cilavora più dietro, mentre all’estero, moltospesso, la famiglia molla il figlio con disa-bilità nell’istituto.

Purtroppo, questa situazione è comunenell’Europa centrale, nell’Europa del norde nell’Europa orientale e sono pochi i Paesidove la famiglia ancora tiene: l’Italia, laGrecia e il Portogallo. Questo vuol dire unrisparmio enorme per il servizio sanitario,ma non certo un risparmio di dolore, per-ché, in questi casi, il dolore aumenta e nondiminuisce.

Questa ricerca del Censis evidenzia tuttii problemi che queste famiglie hanno do-vuto risolvere. Mi riferisco alla madre chesmette di andare a lavorare, perché, altri-menti, nessuno può badare al bambino e alpadre che riduce le sue potenzialità lavo-rative, perché anche lui deve far qualcosa.Qui trovate la resistenza detta prima deipediatri ad ammettere che la mamma haragione, quando si preoccupa per un bam-bino, e trovate i tempi che trascorrono

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prima di arrivare a una diagnosi, dal mo-mento in cui i genitori hanno segnalato ilprimo sintomo. Parliamo di tre anni, quindidi un tempo enorme.

Trovate anche la check list autism toddlers

(CHAT), cui ha fatto riferimento il profes-sor Cioni prima. Si tratta di una banalità esi fa in venti minuti o mezz’ora, perché, colbambino e il genitore vicino, il pediatradeve semplicemente verificare una serie diitem semplici. Io stesso ho insegnato a farlain molte ASL ai pediatri, però accade chequesti non lo fanno. Qualcuno informatomi ha detto che i pediatri non lo fannoperché non hanno ancora avuto l’incre-mento atteso nel loro contratto. Questesono cose pesanti da dire, ma le riferisco inquanto vere, perché non mi sono statedette da gente per strada.

La nostra Ministra si era impegnata inquesto senso, cioè a mettere nella nuovaconvenzione dei pediatri l’obbligo a farequesta CHAT. Sembra assurdo: è come sel’autismo fosse meno che una bronchite,perché il pediatra depista una bronchitesenza chiedere nulla, però, per depistarel’autismo, vuole qualcosa in più. Anch’iosono da sempre un dipendente e so beneche da molti anni non aumentano gli sti-pendi, quindi li capisco, però dal punto divista pratico si tratta di una cosa fa male,a dir poco.

Nello stesso volumetto trovate tutta unaserie di elementi, che dicono come questasindrome sia drammaticamente pesante pertutti, perché è tale per lo Stato, per lefamiglie e, ovviamente, per loro stessi. Inmolti di questi casi, anche quando manca ilquoziente d’intelligenza nella normalità, lorocapiscono bene che sono diversi dagli altri.Non dobbiamo dimenticare che questi ra-gazzi e questi bambini hanno la percezionedella loro differenza rispetto agli altri, quindic’è anche dal loro punto di vista un dolorepesante.

Vorrei concludere la seconda parte diquesta relazione con delle argomentazionidi tipo organizzativo.

È stato fatto molto per l’autismo nelnostro Paese negli ultimi dieci anni, ancheperché c’è stato qualcuno che ha avuto la

fortuna di avere l’udienza dei vostri colle-ghi senatori e deputati.

Questa è un po’ la storia di ciò che èsuccesso di recente. Purtroppo, in Italiasiamo ancora fermi, nonostante avessimogià fatto nel 2005 le linee guida della SINPIA,nel 2011 la linea guida dell’Istituto supe-riore di sanità e, nel 2012, le linee diindirizzo sull’autismo, cui io stesso ho col-laborato con il Ministero e le regioni, quindiparliamo di cose avvenute già parecchi annifa. Ora, nonostante questo, si continuano autilizzare per l’autismo in Italia modalitàdi intervento che non hanno la valutazionescientifica della medicina basata sull’evi-denza.

Mi riferisco alla medicina, ma anchealla pedagogia, perché, abbiamo visto che lemedicine fanno poco e non si sa neancheche risultati avranno a lungo termine.

In effetti, quando comincio a dare ad unbambino di sette anni il risperidone, temoche non vada a finire molto bene, perchéconosco l’esperienza di altri che hannocominciato a diciott’anni a prendere il ri-speridone e si ritrovano a quarant’annicome nel film Elle s’appelle Sabine, in cui laregista fa vedere come si è ridotta suasorella prendendo questi farmaci per unperiodo lungo vent’anni. Oramai, quei far-maci non riescono neanche più a eliminarel’aggressività, perché hanno tolto tutto ciòche c’era di buono ed è rimasta solo l’ag-gressività.

Oggi come oggi, si continuano a farecose che non devono essere fatte. C’è unaspecie di prassi per questi bambini, cheprevede un’ora di psicomotricità e un’oradi logopedia alla settimana e che non èassolutamente giustificata alle linee guida.Ora, facciano le cose che devono esserefatte una logopedista o una psicomotricistanon mi interessa, perché quello che si dicenelle linee guida è che occorre un’educa-zione speciale di questi bambini fin dapiccolissimi, cioè prendendoli appunto piùpiccoli che si può, in modo tale che impa-rino quello che da soli non riuscirebbero afare.

Riguardo al sistema scolastico, anche sequalcuno si straccerà le vesti, vi dico aragion veduta che, per i bambini con un

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ritardo mentale lieve o medio, è stato con-statato dal mio collega professor Vianelloche il nostro funziona meglio degli altrisistemi, dove i bambini si classificano inmedio, super, sotto, che vanno nelle rispet-tive classi, e in bambini con disabilità chevanno nella classe speciale. In questo caso,non c’è più la scuola speciale, però c’è laclasse speciale dentro una scuola normale.Questo sistema funziona bene per i bam-bini con disabilità mentale lieve e medio-lieve, invece, per i bambini con disabilitàgrave, nessuno ha mai dimostrato che que-sta cosa funzioni.

Quello che manca in particolare ai bam-bini con autismo è la capacità di mettersiin relazione con gli altri, quindi di imitaregli altri. Questo è il motivo per cui è met-tere un bambino con autismo, senza primaprepararlo, in una classe della prima ele-mentare fa del danno al bambino e fa deldanno agli altri.

Sto combattendo per un bambino a Trie-ste che è stato buttato fuori da sei scuolediverse e che, oggi, ha quasi undici anni. Lodico per dare l’idea di come in Italia lecose, se le osservi bene, non funzionanotanto.

Possiamo pensare che, prima di immet-tere il bambino nelle classi normali, seriusciamo a fare una diagnosi precoce, ab-biamo tre o quattro anni di tempo perprepararlo alla classe normale. Certo, an-che preparandolo per tre o quattro anni difila, non è mica detto che questo bambinodiventi come gli altri, perché, a parte alcunicasi che sconfinano nel miracolo, per cuinon si sa bene quale santo ringraziare,quelli che raccontano che riescono a gua-rire i bambini con autismo sono dei ciar-latani. Mi riferisco sia ai progetti Tarta-ruga, come quello di Roma, che dicono diguarirne il 25 per cento, sia all’omotossi-cologia per rimediare ai danni del vaccino.Poi, ci sono quelli che fanno la chelazioneper i metalli pesanti, senza prima verificareche ci siano veramente i metalli pesanti ineccesso.

La mia prima ricerca è stata fatta nel1968 sul comprensorio di Modena e Reggionell’Emilia, dove c’era realmente l’avvele-namento da piombo, ma quelli che fanno la

chelazione ai bambini, che non hanno laquota di piombo o di mercurio e di tutti imetalli pesanti superiore ai limiti dellanorma a livello internazionale, fanno dellecose non solo inutili, ma dannose, oltre checostose, perché fanno pagare 100 euro senzaIVA per ogni fleboclisi, che moltiplicate perdieci fanno 1.000 euro; questo, purtroppo,avviene oggi.

Da un lato, ci sono ancora quelli checredono che sia la « mamma frigorifero » adeterminare l’autismo del bambino. In re-altà, basta guardare il 30 per cento diragazzini con autismo che hanno l’epiles-sia, per capire che quella mamma dovrebbeessere veramente molto fredda, quindi nonun frigorifero, ma freezer per determinarequesti problemi che addirittura riguardanol’epilessia.

Lo dico per darvi l’idea della follia del-l’ultima caccia alle streghe del ventesimosecolo. Non dimentichiamo che, ancora oggi,c’è chi lo fa. Purtroppo, il passato non sidimentica.

Per esempio, se voi leggete Il manifesto

di cinque giorni fa, trovate un articolo incui è detta chiara e tonda questa cosa.Ancora adesso si dice della « madre frigo-rifero » e ancora adesso si ha il coraggio didire che il bambino con autismo non deveessere regolato, anche se chiaramente l’e-ducazione speciale regola il bambino, per-ché è fatta apposta. Si dice che il bambinoautistico non deve essere regolato perché siviola la sua personalità. Vi ho riferito diquest’articolo perché è uscito la settimanascorsa e perché non si tratta di un casoisolato, ma c’è dietro tutta una serie dipersone, che essendo state formate dallavecchia scuola, continuano a pensarla così,anche se magari non lo scrivono, perchéhanno capito che è pericoloso. Questo gior-nalista che viene dalla Grecia, invece, lo hapure scritto.

In questa situazione, quale sia l’enormequantità di risorse che si usano per questibambini è visibile dalla relazione del Cen-sis. Questi bambini hanno mediamente 25ore, tra insegnante di sostegno, educatore eassistente alla comunicazione, in rapporto1 a 1, senza contare il fatto che la classecon un bambino con disabilità, da 25 alunni,

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si riduce a 20, quindi c’è un enorme di-spendio di mezzi che noi facciamo. Pur-troppo, l’unica terapia oggi possibile, cioèl’educazione speciale, non è fatta dal me-dico, ma dall’insegnante di sostegno e dal-l’educatore, che noi mobilitiamo, anche se,purtroppo, non hanno i mezzi culturali persapere che cosa devono fare.

Ho fatto il master sull’autismo iniziatonel 2010. Il Ministero ha ripreso quest’ideae l’ha estesa a tutta Italia: ha fatto fare deimaster sull’autismo, sulla cecità, sulla sor-dità e sulla mobilità mancante. Sembravache questa fosse la chiave per risolvere ilproblema, ma adesso questo è stato messoin discussione.

Il Ministero ha istituito gli sportelli perl’autismo, dopo un’esperienza fatta abbon-dantemente, ma adesso si torna indietro.Abbiamo notizie che il Ministero ha i fondi,ma non li usa più per fare questa formula,che è specifica per insegnare come si fa,perché, in merito, occorre formazione. Pen-sate che, nel 2002, la regione Marche hainvestito 5 miliardi di lire per fare la for-mazione ed è così che si deve andare avanti,perché è inutile continuare a mettere tantepersone che non sanno che cosa fare. Que-sta è anche una responsabilità del Parla-mento. Adesso, abbiamo in mano i decretiapplicativi della legge n. 107 del 2015, madobbiamo stare attenti perché si sta fa-cendo veramente marcia indietro. Era statoimmesso nella legge tutto il contenuto deldisegno di legge AC 2444, fatto insieme allaFISH (Federazione italiana superamentohandicap) e alla FAND (Federazione asso-ciazioni nazionali disabili), le due grandifederazioni per le persone con disabilità,ma adesso si sta tornando indietro.

Credo veramente che da parte vostra cipossa essere un impegno in questo senso,per mantenere quella che erano state e che

sono attualmente le conquiste, capendo beneche la politica può dare una direzionediversa, come ha fatto nella regione Mar-che nel 2002. Non sto inventando nulla, masto semplicemente dicendo che c’è una re-sistenza da parte di alcuni insegnanti cherende le cose decisamente difficili.

Ci sono tante altre belle cose che sipotrebbero dire, ma chiaramente non possoabusare del vostro tempo, quindi, semmaiavete qualcosa da chiedere, rimango a di-sposizione.

PRESIDENTE. Oltre a ringraziarvi anome di tutti i commissari, vorrei farvi dueprecisazioni. Intanto, vorrei dirvi che i com-missari non presenti oggi riceveranno ilvostro materiale e gli atti delle vostre au-dizioni, quindi, anche se impegnati in altreCommissioni in questo momento, è come sefossero presenti. In secondo luogo, vorreiprecisare che noi presenteremo i risultatidi questa indagine conoscitiva con un eventoche vogliamo organizzare e che sarà im-portante.

Riteniamo, come abbiamo appreso dalleaudizioni già tenute, che si parli forse troppopoco di alcuni aspetti di questo tema, percui vogliamo essere il vostro altoparlanteper la denuncia, che lei e il professor Cioniavete fatto oggi, ma anche i vostri colleghiprima di voi. Insomma, vorremmo realiz-zare questo evento, al quale vi chiederemodi partecipare e ovviamente di essere ancherelatori, quindi vi anticipo di quest’eventoanche a nome dei colleghi.

Dichiaro conclusa l’audizione.

La seduta termina alle 15.05.

Licenziato per la stampa

il 21 giugno 2017

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ALLEGATO

Documentazione presentata dal professor Giovanni Cioni.

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