SEDUTADILUNEDÌ26MAGGIO2014 -...

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RESOCONTO STENOGRAFICO 233. SEDUTA DI LUNEDÌ 26 MAGGIO 2014 PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO INDI DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI INDICE RESOCONTO STENOGRAFICO ...................... 1-58 PAG. Missioni ............................................................ 1 Petizioni (Annunzio) ....................................... 1 In morte dell’onorevole Ines Boffardi ......... 2 Presidente ..................................................... 2 Proposte di legge: Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione PAG. tra i coniugi (A.C. 831-892-1053-1288- 1938-2200-A) (Discussione del testo unifi- cato) ............................................................... 2 (Discussione sulle linee generali – A.C. 831-A ed abbinate) .................................................. 3 Presidente ..................................................... 3 Bordo Franco (SEL) ................................... 19 D’Alessandro Luca (FI-PdL), Relatore ...... 3 Atti Parlamentari I Camera dei Deputati XVII LEGISLATURA DISCUSSIONI SEDUTA DEL 26 MAGGIO 2014 N. B. Il RESOCONTO SOMMARIO è disponibile on line già nel corso della seduta, alla pagina “Resoconti” del sito della Camera dei deputati. Il Resoconto Sommario è corredato di collegamenti ipertestuali verso il Resoconto Stenografico (Vedi RS) ed ai documenti di seduta (Vedi All. A). N. B. Sigle dei gruppi parlamentari: Partito Democratico: PD; MoVimento 5 Stelle: M5S; Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL); Scelta Civica per l’Italia: SCpI; Sinistra Ecologia Libertà: SEL; Nuovo Centrodestra: (NCD); Lega Nord e Autonomie: LNA; Per l’Italia (PI); Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN); Misto: Misto; Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all’estero-Alleanza per l’Italia: Misto-MAIE-ApI; Misto-Centro Democratico: Misto-CD; Misto-Minoranze Linguistiche: Misto- Min.Ling; Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l’Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

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RESOCONTO STENOGRAFICO

233.

SEDUTA DI LUNEDÌ 26 MAGGIO 2014PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

INDI

DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

I N D I C E

RESOCONTO STENOGRAFICO ...................... 1-58

PAG.

Missioni ............................................................ 1

Petizioni (Annunzio) ....................................... 1

In morte dell’onorevole Ines Boffardi ......... 2

Presidente ..................................................... 2

Proposte di legge: Disposizioni in materia discioglimento o di cessazione degli effetticivili del matrimonio nonché di comunione

PAG.

tra i coniugi (A.C. 831-892-1053-1288-1938-2200-A) (Discussione del testo unifi-cato) ............................................................... 2

(Discussione sulle linee generali – A.C. 831-Aed abbinate) .................................................. 3

Presidente ..................................................... 3

Bordo Franco (SEL) ................................... 19

D’Alessandro Luca (FI-PdL), Relatore ...... 3

Atti Parlamentari — I — Camera dei Deputati

XVII LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA DEL 26 MAGGIO 2014

N. B. Il RESOCONTO SOMMARIO è disponibile on line già nel corso della seduta, alla pagina “Resoconti”del sito della Camera dei deputati. Il Resoconto Sommario è corredato di collegamenti ipertestualiverso il Resoconto Stenografico (Vedi RS) ed ai documenti di seduta (Vedi All. A).

N. B. Sigle dei gruppi parlamentari: Partito Democratico: PD; MoVimento 5 Stelle: M5S; Forza Italia - Il Popolodella Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL); Scelta Civica per l’Italia: SCpI; Sinistra Ecologia Libertà:SEL; Nuovo Centrodestra: (NCD); Lega Nord e Autonomie: LNA; Per l’Italia (PI); Fratelli d’Italia-AlleanzaNazionale: (FdI-AN); Misto: Misto; Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all’estero-Alleanza perl’Italia: Misto-MAIE-ApI; Misto-Centro Democratico: Misto-CD; Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling; Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l’Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

PAG.

Giuliani Fabrizia (PD) ................................ 7

Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI) ............ 20

Moretti Alessandra (PD), Relatore ............ 6

Mottola Giovanni Carlo Francesco (FI-PdL) ............................................................... 9

Roccella Eugenia (NCD) ............................. 11

Tinagli Irene (SCpI) .................................... 17

Turco Tancredi (M5S) ................................ 14

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C.831-A ed abbinate) ....................................... 21

Presidente ..................................................... 21

Mozione Bergamini ed altri n. 1-00426: Ini-ziative a favore del settore dell’apicoltura(Discussione) ................................................. 22

(Discussione sulle linee generali) ................... 22

Presidente ..................................................... 22

Bernini Massimiliano (M5S) ...................... 28

Bordo Franco (SEL) ................................... 33

Caon Roberto (LNA) ................................... 30

Cova Paolo (PD) .......................................... 23

Mottola Giovanni Carlo Francesco (FI-PdL) ............................................................... 22

PAG.

Parentela Paolo (M5S) ................................ 35

Zaccagnini Adriano (Misto) ....................... 27

(La seduta, sospesa alle 17,40, è ripresa alle17,45) ............................................................. 37

Mozioni Catania ed altri n. 1-00146, Fiorioed altri n. 1-00052, Gagnarli ed altri n. 1-00088 e Migliore ed altri n. 1-00161: Ini-ziative volte a ridurre gli sprechi alimen-tari (Discussione) ......................................... 37

(Discussione sulle linee generali) ................... 37

Presidente ..................................................... 37

Bordo Franco (SEL) ................................... 43

Caon Roberto (LNA) ................................... 47

Catania Mario (SCpI) .................................. 37

Gagnarli Chiara (M5S) ............................... 42

Mottola Giovanni Carlo Francesco (FI-PdL) ............................................................... 46

Santerini Milena (PI) .................................. 50

Zanin Giorgio (PD) ..................................... 39

Ordine del giorno della seduta di domani . 52

Testo integrale della relazione del deputatoLuca D’Alessandro in sede di discussionesulle linee generali del testo unificato (A.C.831-A ed abbinate) ..................................... 53

N. B. I documenti esaminati nel corso della seduta e le comunicazioni all’Assemblea non lette in aula sonopubblicati nell’Allegato A.Gli atti di controllo e di indirizzo presentati e le risposte scritte alle interrogazioni sono pubblicatinell’Allegato B.

SEDUTA PRECEDENTE: N. 232 — MARTEDÌ 20 MAGGIO 2014

Atti Parlamentari — II — Camera dei Deputati

XVII LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA DEL 26 MAGGIO 2014 — N. 233

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTELUIGI DI MAIO

La seduta comincia alle 15.

ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segre-tario, legge il processo verbale della sedutadel 19 maggio 2014.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensidell’articolo 46, comma 2, del Regola-mento, i deputati Angelino Alfano, Gioac-chino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli,Bellanova, Biondelli, Bobba, Bocci, Mi-chele Bordo, Borletti Dell’Acqua, Brescia,Bressa, Brunetta, Caparini, Casero, Casti-glione, Cicchitto, Costa, Dambruoso, DeGirolamo, Del Basso De Caro, Dellai, DiGioia, Di Lello, Ferranti, Fico, GregorioFontana, Fontanelli, Formisano, France-schini, Galan, Galati, Giacomelli, Gian-carlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini,Leone, Lorenzin, Lupi, Antonio Martino,Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Orlando,Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Por-tas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rossi, Ru-ghetti, Sani, Scalfarotto, Speranza, Ta-bacci, Tidei, Velo e Zanetti sono in mis-sione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessi-vamente sessantasette, come risulta dal-l’elenco depositato presso la Presidenza eche sarà pubblicato nell’allegato A al re-soconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all’Assembleasaranno pubblicate nell’allegato A al reso-conto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni (ore 15,03).

PRESIDENTE. Invito il deputato segre-tario a dare lettura delle petizioni perve-nute alla Presidenza, che saranno tra-smesse alle sottoindicate Commissioni.

ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segre-tario, legge:

SALVATORE ACANFORA, da Roma,chiede:

interventi per contrastare il trafficointernazionale di cocaina (643) – alleCommissioni riunite II (Giustizia) e III(Affari esteri); nuove norme in materia diindicazione della provenienza degli oli ex-travergini di oliva (644) – alla XIII Com-missione (Agricoltura); la riduzione delleindennità percepite dai dirigenti pubblici(645) – alla I Commissione (Affari costi-tuzionali); la chiusura della caserma diAscoli Piceno (646) – alla IV Commissione(Difesa); interventi a tutela dei consuma-tori durante i saldi (647) – alla X Com-missione (Attività produttive);

FRANCESCO DI PASQUALE, da Can-cello e Arnone (Caserta), chiede:

il raddoppio e la messa in sicurezzadella strada statale n. 309 Romea (648) –alla VIII Commissione (Ambiente); l’innal-zamento del limite di spesa per la detrai-bilità delle spese funerarie (649) – alla VICommissione (Finanze); nuove norme inmateria di scelta degli scrutatori (650) –alla I Commissione (Affari costituzionali);

MARINO SAVINA, da Roma, chiede:

la riorganizzazione dell’ufficio per iservizi informativi automatizzati del Mi-nistero dell’interno (651) – alla I Com-

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missione (Affari costituzionali); il rafforza-mento degli strumenti di controllo pervigilare sugli appalti pubblici del comunedi Roma (652) – alla VIII Commissione(Ambiente);

FRANCO FASCETTI, da Roma, chiede:

la concessione di un assegno unatantum a preti e diaconi (653) – alla ICommissione (Affari costituzionali); inter-venti per la costituzione di nuove unitàspeciali dell’esercito (654) – alla IV Com-missione (Difesa);

GIOVANNI BRAVIN, da Conegliano(Treviso), chiede la modifica dei requisitiper l’accesso ai benefici previdenziali pre-visti per i lavori usuranti (655) – alla XICommissione (Lavoro);

MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiedeinterventi diversi per fronteggiare l’emer-genza profughi (656) – alla I Commissione(Affari costituzionali);

MORENO SGARALLINO, da Terracina(Latina), chiede nuove norme in materia direati a mezzo stampa (657) – alla IICommissione (Giustizia);

RENATO LELLI, da San Pietro in Ca-riano (Verona), chiede:

la sospensione dei Trattati del-l’Unione europea che prevedono il cosid-detto fiscal compact (658) – alle Commis-sioni riunite III (Affari esteri) e V (Bilan-cio); l’abolizione della cosiddetta « riformaFornero » in materia pensionistica (659) –alla XI Commissione (Lavoro); la sospen-sione dell’operazione « Mare nostrum »(660) – alla I Commissione (Affari costi-tuzionali); modifiche alla cosiddetta « leggeMancino » in materia di reati di opinione(661) – alla II Commissione (Giustizia);nuove norme per la regolamentazionedella prostituzione (662) – alla II Com-missione (Giustizia);

ALDO COPPOLA, da Genova, chiede larivalutazione delle pensioni di guerra (663)– alla XI Commissione (Lavoro);

GABRIELLA CUCCHIARA, da Roma,chiede nuove norme in materia di ricusa-zione del giudice (664) – alla II Commis-sione (Giustizia);

FLORIAN PIETRO HENK GARAGNA,da Villafranca di Verona (Verona), chiedemisure per una più equa ripartizione deglispazi televisivi tra i partiti in campagnaelettorale (665) – alla I Commissione (Af-fari costituzionali);

GIROLAMO MAURIZIO DE MARTINO,da Boscotrecase (Napoli), e numerosissimialtri cittadini chiedono l’internalizzazionedel servizio di pulizia nelle scuole attra-verso l’assunzione tra il personale ATA deilavoratori ex LSU (666) – alla XI Com-missione (Lavoro).

In morte dell’onorevole Ines Boffardi.

PRESIDENTE. Comunico che è dece-duta l’onorevole Ines Boffardi, già membrodella Camera dei deputati dalla V alla VIIIlegislatura.

La Presidenza della Camera ha giàfatto pervenire ai familiari le espressionidella più sentita partecipazione al lorodolore, che desidera ora rinnovare anchea nome dell’Assemblea.

Discussione del testo unificato delle pro-poste di legge: Amici ed altri; Cente-mero ed altri; Moretti ed altri; Bona-fede ed altri; Di Lello ed altri; Di Salvoed altri: Disposizioni in materia discioglimento o di cessazione degli ef-fetti civili del matrimonio nonché dicomunione tra i coniugi (A.C. 831-892-1053-1288-1938-2200-A) (ore 15,05).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno recala discussione del testo unificato delleproposte di legge nn. 831-A ed abbinate,di iniziativa dei deputati Amici ed altri;Centemero ed altri; Moretti ed altri; Bo-nafede ed altri; Di Lello ed altri; Di Salvoed altri: Disposizioni in materia di scio-glimento o di cessazione degli effetti civilidel matrimonio nonché di comunione trai coniugi.

Avverto che lo schema recante la ri-partizione dei tempi relativa alla discus-

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sione sulle linee generali è pubblicato incalce al resoconto stenografico della se-duta del 20 maggio 2014.

(Discussione sulle linee generali– A.C. 831-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la di-scussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppoparlamentare Nuovo Centrodestra ne hachiesto l’ampliamento senza limitazioninelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell’ar-ticolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la II Commissione(Giustizia) si intende autorizzata a riferireoralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore,Luca D’Alessandro.

LUCA D’ALESSANDRO, Relatore. Si-gnor Presidente, il testo approvato dallaCommissione interviene sulla disciplinadello scioglimento del matrimonio conl’obiettivo di anticipare il momento dipossibile proposizione della domanda didivorzio. Con un ulteriore intervento sulcodice civile, tuttavia, si intende anticipareanche il momento dell’effettivo sciogli-mento della comunione dei beni tra iconiugi. È, infine, dettata una disciplinatransitoria.

L’articolo 1 del testo in esame, in casodi separazione giudiziale, riduce a dodicimesi la durata del periodo di separazioneininterrotta dei coniugi che legittima ladomanda di divorzio e fa decorrere taletermine dalla notificazione della domandadi separazione. In applicazione del prin-cipio di economia processuale, e tenutoconto della possibilità che il tribunaleemetta una sentenza non definitiva diseparazione, si prevede che, qualora alladata di instaurazione del giudizio di scio-glimento o di cessazione degli effetti civilidel matrimonio sia ancora pendente ilgiudizio di separazione con riguardo alledomande accessorie, la causa è assegnataal giudice della separazione personale. Laratio della norma è di consentire che lostesso giudice della separazione, che già

conosce le questioni personali ed econo-miche relative ai coniugi, sia chiamato aconoscere anche della causa di divorziorelativa ai medesimi soggetti: causa chepresenterà questioni analoghe, se nonidentiche. L’ultimo periodo dell’articolo 1riduce a sei mesi il periodo di separazioneininterrotta dei coniugi che permette laproposizione della domanda di divorzionel caso in cui la separazione sia consen-suale.

Si ricorda che l’articolo 711 del codicedi procedura civile, in relazione alla se-parazione consensuale, fa riferimento siaall’ipotesi in cui il ricorso sia presentatoda entrambi i coniugi sia a quella in cuisia presentato da uno solo. Si è quindiprevisto che il termine di sei mesi decorradalla data di deposito, qualora il ricorsosia presentato da entrambi i coniugi, ov-vero dalla data della notificazione delricorso, qualora esso sia presentato da unosolo dei coniugi. Si ha quindi, complessi-vamente, sia per la separazione giudizialeche per quella consensuale, non solo unariduzione del termine per la presentazionedella domanda di divorzio (da 3 anni a 1anno, nel primo caso, e da 3 anni a 6 mesi,nel secondo), ma anche un’anticipazionedel relativo dies a quo, che, secondo ladisciplina vigente, decorre dalla compari-zione dei coniugi innanzi al presidente deltribunale. Nella scelta del nuovo dies a quosi è tenuto conto dell’interesse del coniugeconvenuto o, comunque, del coniuge chenon ha assunto l’iniziativa della separa-zione, a conoscere quantomeno l’esistenzadella domanda di separazione.

Nel caso della separazione consensuale,se il ricorso è presentato da entrambi iconiugi, entrambi hanno assunto, congiun-tamente e consapevolmente, l’iniziativa disepararsi e, quindi, il dies a quo puòdecorrere dalla data di deposito del ri-corso, non sussistendo l’esigenza di garan-tire a uno dei due coniugi la conoscenzadell’iniziativa di separarsi assunta dall’al-tro. Quando il ricorso è presentato da unosolo dei coniugi, si è invece preferito fardecorrere il termine dalla notificazioneall’altro coniuge del ricorso stesso e deldecreto che fissa la data dell’udienza pre-

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sidenziale, anche tenendo conto del fattoche, nel ricorso presentato da uno solo deiconiugi, possono essere contenute le mo-dalità, eventualmente già concordate, dellaseparazione, ma è comunque sufficientel’asserzione che si è raggiunto l’ accordo oche si ritiene che esso possa essere rag-giunto. Nella separazione giudiziale, pro-prio in considerazione della sua naturacontenziosa e dell’esistenza di un coniugeconvenuto in senso tecnico, il dies a quodecorre dalla notificazione della domanda.

Nel corso dell’esame in Commissione e,in particolare, all’esito delle audizionisvolte, si è optato per una formulazioneche non prevedesse alcuna differenzia-zione del termine in questione in relazionealla presenza o meno di figli minori. Incaso di separazione giudiziale non è sem-brato utile prevedere un termine più am-pio in presenza di figli minori. Trattan-dosi, infatti, di una forma di separazionecaratterizzata spesso da accesa conflittua-lità e da rarissimi casi di riconciliazione,si è ritenuto che la riduzione del termineper la proposizione della domanda didivorzio da tre anni ad un anno potessetradursi in una complessiva riduzione delperiodo conflittuale e, quindi, in un minordanno per i figli minori. Nel testo baseadottato dalla Commissione, infatti, solonel caso di separazione consensuale siprevedeva che, in presenza di figli minori,il termine potesse essere più lungo (siapure di poco: dodici mesi anziché novemesi).

Hanno finito, tuttavia, per prevalerealtre più convincenti argomentazioni chehanno indotto la Commissione a superarequesta formulazione e a prevedere untermine unico ulteriormente abbreviato(sei mesi) e indipendente dalla presenza difigli minori. In particolare, si è ritenutoche neanche nella separazione consen-suale l’estensione del periodo di separa-zione possa in alcun modo giovare ai figliminori, poiché il periodo della lotta giu-ridica tra genitori è sempre troppo lungoper i figli. Si è, inoltre, osservato comel’interesse del minore nel contesto dellacrisi di coppia sia già ampiamente tutelatodal nostro ordinamento giuridico, soprat-

tutto dopo l’entrata in vigore della leggen. 54 del 2006 sull’affido condiviso, chetende a garantire il diritto alla bigenito-rialità dei minori e a delimitare la con-flittualità delle coppie nel momento dellacrisi coniugale, dettando una disciplinaunica circa la sorte dei figli nella crisifamiliare e mettendo, quindi, in discus-sione il doppio binario tra disciplina dellaseparazione e disciplina del divorzio.

L’articolo 2 integra la formulazionedell’articolo 189 delle disposizioni di at-tuazione del codice processuale civile, inbase al quale l’ordinanza presidenzialeconserva la sua efficacia anche dopol’estinzione del processo finché non siasostituita con altro provvedimento emessodal presidente o dal giudice istruttore, aseguito di una nuova presentazione diricorso per separazione personale dei co-niugi. Nella pratica può accadere, infatti,che il presidente del tribunale, nell’adot-tare i provvedimenti provvisori, stabiliscaun regime della separazione ritenuto sod-disfacente o almeno accettabile dai co-niugi. Non è infrequente, allora, che iconiugi trascurino di costituirsi o comun-que di comparire alle udienze, lasciandoche il giudizio entri nella fase di quie-scenza che conduce all’estinzione. La ratiodel citato articolo 189, secondo comma, èdunque nel senso di consentire che ilregime di separazione provvisoria possaprotrarsi indefinitamente.

La modifica introdotta prevede che taleordinanza, emessa nell’ambito della fasepresidenziale del giudizio di separazionepersonale tra i coniugi, caratterizzata dallapermanenza degli effetti in caso di estin-zione del giudizio medesimo, possa esseresostituita anche da un provvedimento delgiudice del divorzio, in seguito alla pre-sentazione di ricorso per la cessazionedegli effetti civili o per lo scioglimento delmatrimonio. Sebbene si tratti di ipotesiresiduali, la disposizione che si intendeintrodurre è destinata ad avere rilievo neicasi in cui il giudizio di separazione siestingua per inattività delle parti dopo chesia stata pronunciata già una sentenza diseparazione sullo status.

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L’articolo 3 del provvedimento modifical’articolo 191 del codice civile, relativo alloscioglimento della comunione dei beni trai coniugi. Tale disposizione prevede laseparazione personale come uno dei mo-tivi di scioglimento della comunione, il cuimomento effettivo si verifica ex nunc,secondo la giurisprudenza costante, solocon il passaggio in giudicato della sentenzadi separazione.

Tale previsione non è risultata ade-guata alla realtà quotidiana, poiché lapermanenza degli effetti patrimoniali dellacomunione legale difficilmente si conciliacon l’interruzione della convivenza. Si ri-corda, infatti, che la cessazione della con-vivenza, ancorché autorizzata con i prov-vedimenti provvisori, non osta a che i benisuccessivamente acquistati dai coniugi me-desimi ricadano nella comunione legale, aisensi della disciplina specificamente pre-vista dal codice civile.

L’articolo 2 integra la formulazione delcomma 2 dell’articolo 191 anticipando loscioglimento della comunione dei beni almomento in cui il presidente del tribunale,in sede di udienza di comparizione, auto-rizza i coniugi a vivere separati, ovveroalla data di sottoscrizione del verbale diseparazione consensuale, se omologato.

È poi aggiunta allo stesso comma 2 unadisposizione di natura procedurale se-condo cui devono essere comunicate al-l’ufficiale dello stato civile, per l’annota-zione sull’atto di matrimonio, la domandadi separazione, se i coniugi sono in co-munione dei beni, e l’ordinanza del pre-sidente del tribunale che autorizza i co-niugi a vivere separati.

Un’ultima integrazione al secondocomma dell’articolo 191 anticipa il mo-mento della domanda di divisione dei beni.

L’articolo 4 del testo in esame dettauna disciplina transitoria secondo cui ladisciplina dell’articolo 1 del provvedi-mento, ovvero quella sulla riduzione deitempi di proposizione della domanda didivorzio, si applica alle domande di di-vorzio proposte dopo la data di entrata invigore del provvedimento in esame, anchein caso di pendenza alla stessa data delprocedimento di separazione personale.

Signor Presidente, onorevoli colleghi,permettetemi qualche considerazione suun provvedimento che considero moltoimportante e che, personalmente, nellaqualità di relatore e come gruppo di ForzaItalia, ho intenzione di portare avanti conforza e determinazione. Come già acca-duto nel corso dell’esame in Commissionegiustizia, nonché nel corso delle discus-sioni sul tema che hanno avuto luogo nellepassate legislature, su questo provvedi-mento ciascuno di noi potrebbe esprimereuna sua opinione personale. Io vorreiinvece invitare l’Aula e i parlamentari ariflettere esclusivamente e in manieraquanto più possibile oggettiva sul testo cheè stato licenziato dalla Commissione giu-stizia e che è oggi all’esame dell’Aula,senza lasciarsi prendere in alcun modo daopinioni troppo personali sul concetto dimatrimonio e sulla famiglia.

Oggi, infatti, stiamo discutendo diun’altra vicenda: non di matrimonio e difamiglia, ma di rimedi e soluzioni e dicome facilitare la vita a chi non ha avutoun matrimonio ideale, o semplicementenormale, e che cerca una soluzione di vitache probabilmente si riflette anche sualtre persone. Una proposta di legge diquesto genere non solo non è contro ilmatrimonio, ma è addirittura a favoredello stesso, perché agevola anche la ri-costituzione di matrimoni possibili e fu-turi. Infatti, molto spesso ad attendere lesentenze di divorzio ci sono coppie che sisono già formate e che magari hanno figli,e che avrebbero anche diritto, in uno Statocivile come l’Italia, a vedere che anche iloro problemi venissero affrontati con ladovuta sensibilità, ma anche con i tempiadeguati.

La principale obiezione che ha inter-ferito finora sulla modifica della legge del1970 è stata quella secondo cui l’abbre-viazione dei tempi di divorzio rende piùfragile l’istituto familiare. In realtà c’è laprova statistica che i tempi lunghi delloscioglimento del matrimonio alimentano ilconflitto, più che la riscoperta di solida-rietà tra i coniugi. Ci sono sia dati del-l’ISTAT che confermano questo dato, sia

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un sondaggio dell’Eurispes, svolto 2 giornifa, secondo cui 1’84 per cento degli inter-vistati è favorevole al divorzio breve. La-scio poi alla collega Moretti il prosieguodella relazione.

Signor Presidente, chiedo che la Presi-denza autorizzi la pubblicazione in calceal resoconto della seduta odierna del testointegrale della mia relazione (La Presi-denza lo consente, sulla base dei critericostantemente seguiti).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenirela relatrice, deputata Alessandra Moretti.

ALESSANDRA MORETTI, Relatore. Si-gnor Presidente, ringrazio il collegaD’Alessandro per la relazione, a cui miassocio, e sottolineo con grande soddisfa-zione il lavoro condiviso che la Commis-sione giustizia ha svolto su questo impor-tante provvedimento, insieme al sottose-gretario ed insieme alla presidente, ono-revole Ferranti, che qui ringrazio, e a tuttii gruppi parlamentari di maggioranza eanche di opposizione.

Questo vuole essere un provvedimentoche, finalmente, arriva in Aula dopo tantianni di discussione nel rispetto delle le-gittime aspettative e anche delle legittimesensibilità che in ciascun gruppo parla-mentare sono espresse. Ma il lavoro che laCommissione giustizia ha svolto, anchecon riguardo agli emendamenti presentatida tutte le forze politiche, è stato unlavoro teso a sottolineare la coralità delprovvedimento, che non vuole essere unprovvedimento di una parte soltanto, mavuole essere un provvedimento di tutto ilParlamento.

Abbiamo da pochi giorni celebrato iquarant’anni dal referendum sul divorzio.Quella è stata una giornata di festa per lanostra democrazia, quando le donne ita-liane si mobilitarono tutte e votaronoperché, appunto, il divorzio venisse rico-nosciuto come un diritto. Tutte le donne,trasversali, si mobilitarono, e fu una vit-toria importante e noi ricordiamo spesso,infatti, che quella circostanza insegnò an-che alle giovani donne di oggi che, pervincere le battaglie, bisogna restare unite

e, quindi, bisogna condividerle nelle sceltee nella modalità; ma la politica riesce aincidere sul percorso legislativo, cercandodi dare risposte ai cambiamenti della so-cietà soltanto se coinvolge e sa coinvolgerela società civile per prima.

Credo che quella lezione di qua-rant’anni fa ci spinga, dopo tante battaglieche sono state fatte per raggiungere livellidi civiltà e di parità, e io credo che oggisiamo di fronte ad un momento impor-tante, nel quale il Parlamento prende attoanche di quanto la famiglia sia cambiatae di quante forme di famiglia oggi ci siano.Allora, credo che, con il provvedimento suldivorzio breve, noi vogliamo affermare unprincipio, che è quello della salvaguardiadella cultura della famiglia, che deve so-pravvivere anche laddove la coppia nonriesce più a stare insieme, perché è finitala condivisione di affetti tra marito emoglie.

Credo quindi che questo provvedimentosia importante, perché va finalmente asminare la cultura del contenzioso, chetroppo spesso ha caratterizzato e continuaa caratterizzare le cause di separazione edivorzio, vedendo purtroppo anche utiliz-zare da parte dei coniugi i figli comestrumenti di lotte e di rivendicazione l’unocontro l’altro.

Allora, io credo che questo provvedi-mento vada non solo visto e letto in favoredella famiglia – che, ripeto, deve resistereanche quando la coppia fallisce – ma,riducendo il conflitto tra coniugi, vasenz’altro anche a ridurre la sofferenza daparte dei figli, quando questi ci sono.

Senza dimenticare, signor Presidente,che questo provvedimento sul divorziobreve, nei tempi che sono stati indicati dalcollega D’Alessandro – quindi una ridu-zione addirittura a sei mesi, qualora lacoppia decida di intraprendere il percorsodi separazione, divorzio in sede consen-suale –, ha un effetto importante inquanto accompagna i coniugi ad assumereresponsabilmente delle scelte nell’interessedella famiglia. Quindi, incentiva la culturadella condivisione disinnescando la culturadel contenzioso.

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Credo che in questo senso noi dob-biamo difendere la famiglia come luogo direlazioni ed affetti che deve – ribadisco –essere garantita soprattutto quando cisono i bambini. È evidente che i figlivogliano i genitori insieme: nessun figliochiede ai genitori di separarsi. Però, èanche vero che, quando l’amore finisce,tra una coppia deve resistere la culturadella famiglia, che è un ambiente in cui ifigli hanno diritto di restare e, soprattutto,deve essere garantita la bigenitorialità e,quindi, il fatto che i genitori continuino adassumersi nei confronti dei loro figli ilruolo di genitori.

Credo che questi siano i principi e laratio che abbiamo voluto sottendere aquesto provvedimento. Ho apprezzato eabbiamo apprezzato anche la tempistica,cioè la Camera ha voluto acquisire imme-diatamente il provvedimento ed esami-narlo in Commissione e portarlo in Aulaquanto prima perché noi ci siamo assuntiquesto impegno anche nei confronti delPresidente del Senato. C’è stato un ac-cordo importante tra i Presidenti di Ca-mera e Senato per dare risposte veloci adun provvedimento che, voglio ricordare,era arrivato quasi alla definizione già nellapassata legislatura.

Credo sia compito di questo Parla-mento, che è il Parlamento più giovane epiù rosa della storia della Repubblica, eanche di un Governo che è il primoGoverno paritario della storia della Re-pubblica, dare risposta a centinaia di mi-gliaia di famiglie che sono in attesa anchedi risposarsi, quindi di contrarre un nuovomatrimonio perché magari uno dei duenella coppia, o entrambi, sono in attesa diquesta sentenza. Pertanto noi, con questoprovvedimento, facciamo un servizio afavore della famiglia, a favore della culturadella famiglia come luogo sacro in cui sicrescono relazioni affettive e grazie allaquale ai figli è garantita una crescitaserena ed equilibrata (Applausi dei deputatidel gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rap-presentante del Governo si riserva di in-tervenire nel prosieguo del dibattito.

È iscritta a parlare la deputata Giu-liani. Ne ha facoltà.

FABRIZIA GIULIANI. Signor Presi-dente, colleghi, nel giorno in cui giusta-mente tutta l’attenzione del mondo poli-tico, dei media ma anche dei cittadini èconcentrata sul voto europeo, la nostradiscussione non è, credo, in alcun modofuori tema. Infatti, la norma che andiamoa discutere e che dalla discussione inCommissione finalmente arriva in Aulariguarda quel complesso capitolo di ri-forme che noi chiamiamo, in manierasintetica, le riforme che riguardano la vitacivile, i diritti civili rispetto ai quali ilnostro Paese misura ancora, rispetto alresto d’Europa, una distanza grande.

Credo che su questo abbiano ragione icolleghi che mi hanno preceduto: su que-sto specifico capitolo – parlo appunto deldivorzio, dello scioglimento del vincolomatrimoniale –, come su altri capitoli, ilnostro Paese, anche se oggi misura questogap, questa distanza, ha alle spalle unastoria molto importante. Ciò perché nellastagione in cui è stato possibile, si èconsentito finalmente lo scioglimento delvincolo matrimoniale nel nostro Paese, incui sono state promosse anche altre normeimportanti che hanno segnato quella sta-gione di riforme, ebbene il nostro Paese haconquistato in poco tempo ed ha fatto,dovendo affrontare anche tante resistenzedi ordine culturale e politico, passi impor-tanti.

Non parliamo, naturalmente, soltantodello scioglimento del vincolo matrimo-niale, parlo anche della riforma del dirittodi famiglia e dell’interruzione volontaria digravidanza. Allora, io penso che questecose siano molto più che diritti; quandoandiamo a parlare di queste cose nonparliamo di diritti, parliamo, anche, diquel capitolo di materie che molto a lungoha allontanato il sentire comune dei cit-tadini dallo svolgimento dell’attività poli-tica. Sono riforme che hanno consentito –lo ricordava prima la collega Moretti, e miassocio senz’altro alle riflessioni che hafatto – al cammino della cittadinanzafemminile di avanzare, di abbattere quel

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muro tra sfera pubblica e privata cheimpediva ai due generi di partecipare ineguale misura all’attività politica, alla vitapubblica, non solo all’attività politica e,nelle aree più arretrate del nostre Paese,hanno consentito di rompere un vero eproprio muro di segregazione. Non è prei-storia, parliamo di questioni che atten-gono, anche, soltanto a quarant’anni fa,ma io credo che queste tappe vadano oggitenute ferme nel momento in cui riu-sciamo a compiere finalmente questo ca-pitolo.

Di cosa discutiamo oggi ? Discutiamo diun testo che rende finalmente più veloci leprocedure legali e riduce i contenziosi.Non vado a ricapitolare ciò che, appunto,hanno ricordato prima di me i colleghi,sottolineo però un altro dato che vorreienfatizzare e sottolineare e cioè come,finalmente, in armonia con la storia delleriforme migliori di questo Paese, questosia potuto avvenire, si sia verificato perchévi hanno concorso tutte le forze politiche,perché è stato uno sforzo trasversale,esattamente come furono trasversali quelleconquiste di riforme che poco prima ab-biamo evocato.

Ora, è stato importante riuscire a scio-gliere il vincolo coniugale evitando quel-l’iter lungo e costoso che comincia daltribunale con l’ottenimento della separa-zione e, poi, dopo tre anni, una voltadefinitiva la sentenza, si passa per ilsecondo grado di giudizio e cominciaun’altra lunga attesa prima che la sen-tenza di divorzio passi in giudicato; ve-diamo ora che cosa accade nel restod’Europa.

Nel resto d’Europa, fatta eccezione perl’Irlanda del Nord, Malta e la Polonia, e inmolti Paesi extraeuropei il divorzio siottiene con tempistiche relativamentebrevi, costi contenuti e procedure snelle.In Francia non è richiesto nessun periododi separazione per il divorzio consensuale,mentre in caso di contenzioso il tempomassimo è di due anni; in Germania unanno di separazione per le consensuali,che passano a tre in caso di giudiziali,mentre in Gran Bretagna due o cinqueanni di separazione, ma, se si dichiara che

il comportamento dell’altro coniuge rendeinsostenibile continuare nella relazione, ilgiudice può dichiarare immediatamente ildivorzio e cessare quello stato di conflit-tualità che è stato indicato, a gran voce,come l’elemento più dannoso e più nocivoper la vita familiare. L’elemento, appunto,che desta più sorpresa è che l’Italia, ri-tardataria rispetto all’iter che abbiamoappena ricordato, era all’avanguardia nelperiodo delle riforme che abbiamo appenaevocato.

Vorrei sottolineare ancora le novitàsalienti rispetto al testo licenziato dallaCommissione e che oggi presentiamo inAula: la riduzione del tempo della sepa-razione da tre anni a 12 mesi in caso dicontenzioso; in caso di separazione con-sensuale, lo sappiamo, i tempi si riduconoulteriormente a sei mesi e il decorrere deltempo non parte dal momento del depo-sito degli atti, ma dalla notifica. In ultimo,ai fini della riduzione del termine, non sitiene conto della presenza o meno di figliminori, cosa che io considero rilevantis-sima.

Su questo, infatti, vorrei fare ancoraun’ultima considerazione. Aver ridotto itempi in caso di separazione consensualee aver cancellato la clausola sui figli mi-nori, lo ritengo davvero molto importante,soprattutto in seguito alla legge sulla fi-liazione che prevede, infatti, che i figlisiano uguali in tutte le situazioni e a tuttigli effetti. Siamo riusciti, così, infatti, adeliminare la discriminante tra figli natiall’interno o non all’interno del matrimo-nio, e allora è importante non reiterare ladiscriminazione nemmeno all’interno delprovvedimento sul divorzio breve perchéquesta introduzione avrebbe non solo po-tuto rendere la norma anticostituzionale,ma soprattutto avrebbe potuto introdurreun altro elemento, un vulnus, rispetto aldialogo tra quanto cerca di fare la politicaquando esercita riforme e quanto vienecompreso. Così, come abbiamo spiegatopoc’anzi e come è evidente all’alba diquello che farà il nuovo Parlamento eu-ropeo, l’Italia riuscirà finalmente a met-tersi al passo con l’Europa o almeno aridurre la distanza.

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Io credo che la norma che oggi è indiscussione, così come le unioni civili perle coppie omosessuali, vada in questosenso. Mi auguro, poi, che si possa giun-gere in tempi brevi, come già accade inFrancia, Svezia o in Portogallo e come apiù riprese ha sottolineato anche il Mini-stro della giustizia, Andrea Orlando, allarescissione del vincolo matrimoniale senzapassare dal tribunale ma con un accordostragiudiziale, qualora la decisione siaconsensuale e in assenza di figli minori.Ciò risponderebbe a due esigenze: da unlato alleggerirebbe il carico del lavorodegli uffici giudiziari e dall’altro rende-rebbe meno oneroso a livello economico emeno pesante a livello emotivo la deci-sione di mettere fine ad una relazione.

Avviandomi a concludere, penso che siadavvero giusto quanto prima sottolineatodalla collega Moretti e anche dall’altrocollega relatore: non si tratta in nessunmodo di un contenzioso, di un conflitto trachi sostiene il matrimonio, chi sostiene lafamiglia e chi è contrario alla famiglia, sitratta di prendere atto dei mutamenti cheattraversano la nostra società, della capa-cità che ha la politica di accompagnare glisforzi migliori che vengono compiuti an-che dentro la vita privata, di ridurresituazione di conflittualità che rappresen-tano il vero danno per i minori; si trattadi vedere le cose per come sono e non percome vorremmo che fossero, di non guar-dare a stereotipi o a cose ideali ma allavita per come è.

Mi permetto di sottolineare in chiusurale parole del Pontefice, Papa Francesco,quando esorta sempre anche chi ha re-sponsabilità istituzionali come noi a dire ea vedere la verità. Ecco, vedere i muta-menti per quello che sono, riconoscere imutamenti che attraversano la società perquello che sono, incoraggiare le forme piùcoraggiose di radicamento dell’affettività edelle relazioni di cura per i minori credopossano essere l’esempio migliore che lapolitica, trovando accordo appunto al pro-prio interno, possa dare (Applausi dei de-putati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare ildeputato Mottola. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CARLO FRANCESCOMOTTOLA. Signor Presidente, sottosegre-tari, colleghi, nel nostro ordinamento èstata introdotta, il 1o dicembre 1970, conla legge n. 898, la possibilità di divorziare.Nel 1974 il popolo italiano ha scelto dimantenere questa norma. Hanno parteci-pato alla consultazione referendaria l’87,7per cento degli aventi diritto (quindi unnumero assolutamente molto rilevante) ela proposta referendaria è stata bocciatacon il 59,3 per cento dei consensi, rispettoal 40,7 per cento di favorevoli.

Un risultato, quindi, che conferma chegià una quarantina d’anni fa il popoloitaliano era favorevole senza ombra didubbio all’esistenza nel nostro ordina-mento della normativa sul divorzio. Nel1987 il Parlamento ha ridotto da cinque atre anni il tempo previsto per poter in-trodurre, dopo la pronuncia di separa-zione, la domanda di divorzio. Già nel2003 questa Camera aveva affrontato latematica di una contrazione di tale ter-mine, ritenendo di non poter accogliere laproposta di legge che portava da tre annia un anno il termine per ottenere ildivorzio.

Anche nella scorsa legislatura la Com-missione giustizia aveva approvato un te-sto per ridurre tale termine, senza perògiungere ad un’approvazione da parte del-l’Aula. Oggi, nuovamente, la Camera deideputati è chiamata ad esaminare un testounificato che prevede, attraverso un inter-vento mediatorio, sul quale si sono spesi inmolti, di ridurre a dodici mesi la duratadel periodo di separazione ininterrotta deiconiugi che legittima la domanda di di-vorzio. Il testo, inoltre, riduce a sei mesi ilperiodo di separazione ininterrotta deiconiugi che permette la proposizione delladomanda di divorzio nel caso in cui laseparazione non sia giudiziale ma consen-suale.

Questa normativa si inserisce in unquadro statistico che è profondamentecambiato nel panorama nazionale. È benericordare, infatti, che nel 1971, anno im-

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mediatamente successivo all’entrata in vi-gore della legge sul divorzio, in Italia sonostati celebrati 415.478 matrimoni; il nu-mero dei matrimoni è andato progressi-vamente calando: nel 1980 erano già 323mila; nel 1999, 275 mila circa; nell’anno2010 sono scesi a 217 mila. Nel 2012 sonostati celebrati in Italia 207.138 matrimoni(3,5 ogni mille abitanti), 2.308 in piùrispetto al 2011. Questo lieve aumento siinserisce in una tendenza alla diminuzionedei matrimoni in atto dal 1972. In parti-colare, negli ultimi vent’anni il calo annuoè stato in media dell’1,2 per cento, mentredal 2008 al 2011 si sono avute oltre 45mila celebrazioni in meno; in terminirelativi meno 4,8 per cento annuo tra il2007 e il 2011.

L’aumento del numero delle nozze ri-spetto al 2011 è dovuto alla ripresa deimatrimoni in cui uno o entrambi è dicittadinanza straniera. Nel 2012 sono statecelebrate 30.724 nozze di questo tipo, parial 15 per cento del totale, oltre 4 mila inpiù rispetto al 2011, ma ancora inferioredi oltre 6 mila rispetto al picco massimodel 2008.

I matrimoni misti con un coniuge ita-liano e l’altro straniero sono stati 20.764nel 2012 e rappresentano la tipologia pre-valente: 68 per cento dei matrimoni conalmeno uno sposo straniero.

Diminuiscono ancora, invece, le primenozze tra sposi entrambi di cittadinanzaitaliana, che sono state 153 mila nel 2012e negli ultimi cinque anni il loro numeroè diminuito di oltre 39 mila unità. Questadiminuzione spiega da sola il 91 per centodel calo totale dei matrimoni nel periododal 2008 al 2012.

I secondi matrimoni calano da 34 miladel 2008 a 32 mila del 2012; la loro quotasul totale è tuttavia in crescita, dal 13,8per cento del 2008 al 15,7 del 2012. Nel2012 sono state celebrate con rito religioso122 mila nozze; il loro numero è calato di33 mila unità negli ultimi quattro anni. Imatrimoni civili, invece, hanno visto unrecupero negli ultimi due anni pari a 5.340cerimonie, arrivando a rappresentare il 41per cento del totale a livello nazionale. Al

nord i matrimoni con il rito civile supe-rano quelli religiosi e al centro sono ormai1 su 2, il 49,4 per cento.

Se questi sono i dati relativi ai matri-moni, ci sono poi i dati statistici relativialle separazioni e ai divorzi. Nel 1971 ilnumero delle separazioni era di 18.486; èandato progressivamente crescendo fino araggiungere, nel 2009, le 85.945 separa-zioni pronunciate dallo Stato italiano. Ilnumero dei divorzi era originariamente di17 mila nel 1971: nel 2011 le separazionisono state 88 mila, i divorzi 53 mila,rispettivamente più 0,7 per le separazionie meno 0,7 per i divorzi rispetto all’annoprecedente.

Questi incrementi, in un contesto in cuii matrimoni diminuiscono, secondol’ISTAT sono imputabili a un effettivoaumento della propensione alla rotturadell’unione coniugale: se nel 1955 per ognimille matrimoni si contavano 158 separa-zioni e 80 divorzi, nel 2011 si arriva a 311separazioni e 182 divorzi. I secondi ma-trimoni calano e la loro quota sul totale ètuttavia in crescita dal 13,8 per cento al15,7 del 2012.

Su questo panorama si inserisce ilquadro normativo che noi stiamo valu-tando se modificare. È nota a tutti, pe-raltro, la situazione in Europa, dove neiPaesi omologhi – Francia, Germania, Spa-gna, Gran Bretagna e Svezia – la tempi-stica di divorzio è assolutamente breve e siesaurisce da quattro a sei mesi, in qualcheStato addirittura senza passare attraversoil vaglio del giudice ma si passa soltantoattraverso un percorso di carattere ammi-nistrativo, legato all’attività degli uffici distato civile.

In gran parte dei Paesi d’Europa nonesiste il duplice percorso della separazionee del divorzio, ma esiste un percorso unicoper cui dal matrimonio si passa diretta-mente al divorzio. È noto poi che esiste uncosiddetto fenomeno del turismo divorzile,per cui oggi come oggi vi sono coppie cheper accedere immediatamente al divorzioricorrono alla normativa di alcuni Paesinell’ambito europeo – per esempio lastessa Romania – che nell’arco di unbimestre consente di sciogliere integral-

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mente un matrimonio ottenendo poi laconvalida in Italia della relativa pronun-cia.

Sull’elaborazione del testo ha influitonon poco anche la constatazione che negliultimi 10-15 anni vi è stato un aggrava-mento molto consistente dei tempi giudi-ziari per il conseguimento della pronunciadi divorzio. Oggi la media nazionale è di508 giorni, che si aggiungono ai tre anniprevisti dal quadro normativo attuale.Quindi, se tanto mi dà tanto, siamo quasial quinquennio che la Camera e il Senatoavevano ridotto fin dal 1987.

Questo testo può essere un provvedi-mento di mediazione tra diversi punti divista. Nel nostro panorama nazionale esi-ste ed è legittimo che esista il convinci-mento di coloro che pensano che il divor-zio rappresenti un’opportunità da non fa-vorire. È assolutamente fisiologico che esi-stano convincimenti di tipo confessionale,religioso e cattolico per il quale il matri-monio è indissolubile, ma nel nostro or-dinamento il divorzio è ormai una realtàdel tutto indiscutibile.

Noi discutiamo soltanto se mantenerela tempistica attuale o vedere di favorirequelle coppie che intendono riaprirsi unnuovo percorso di vita matrimoniale, cometestimoniano i numeri che ho ricordato inpremessa, con circa 32 mila coppie chesono passate in sede di seconde nozze nel2012.

Appare di tutta evidenza che il passag-gio da tre anni a un anno – o a sei mesinel caso di separazione consensuale – nondetermini un aumento delle separazioni odei divorzi e non impedisca in alcun modole riconciliazioni.

Il verificarsi di eventuali riconciliazioniè infatti dovuto per effetto di un convin-cimento personale dei protagonisti dellavicenda e non per effetto di un interventolegislativo che imponga scelte di un certogenere o scelte di un altro genere. Laproposta poi, oltre a considerare il temadei tempi, ne affronta un secondo che èquello della cessazione della comunionetra i coniugi.

Il testo anticipa lo scioglimento dellacomunione legale nella separazione giudi-

ziale al momento in cui il presidente deltribunale, in sede di udienza di compari-zione, autorizza i coniugi a vivere separati;nella separazione consensuale, alla data disottoscrizione del relativo verbale di sepa-razione, purché omologato. Il regime dicomunione cessa, nel vigore della norma-tiva attuale, con la pronuncia di separa-zione. In sostanza, si tratta di un provve-dimento condivisibile e aperto a migliora-menti, nella totale serenità e disponibilitàdimostrate dai relatori e dalle diverseforze politiche che hanno collaborato allastesura del testo.

È importante che questa Camera e ilParlamento affrontino un tema così sen-tito dai cittadini, che tocca le vite quoti-diane di migliaia e migliaia di persone,portando fino in fondo le suddette dispo-sizioni di modifica della normativa vigenteper modernizzare e rendere la legislazionedel nostro Paese sicuramente più vicina aquella della maggior parte dei Paesi eu-ropei.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare ladeputata Roccella. Ne ha facoltà.

EUGENIA ROCCELLA. Signor Presi-dente, io devo confessare tutta la miaperplessità su questo provvedimento.L’onorevole Giuliani ha ricordato il gapche ci separa, anche sul tema che discu-tiamo oggi, dall’Europa. È vero: per de-cenni il nostro Paese è stato in controten-denza rispetto al resto d’Europa su tutti idati che riguardano la famiglia e in partelo è ancora. La percentuale dei divorzi inItalia è molto bassa, è circa la metà dellamedia europea; ci sono da noi meno madrisingle, meno figli nati fuori dal matrimo-nio, meno anziani abbandonati, meno fe-nomeni tipici del disagio giovanile, come laviolenza sulle donne, aborti e gravidanzefra le minorenni, bande giovanili e cosìvia.

Giovanni Paolo II parlava di eccezioneitaliana; altri la definiscono, invece, l’ano-malia italiana, in un’accezione ovviamentenegativa, e indicano il modello europeocome una meta da raggiungere, un criterioa cui uniformarsi (è stato detto anche qui).

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In realtà, guardando cosa accade neglialtri Paesi europei, leggendo con accura-tezza i dati, verrebbe solo voglia di tenersistretta la nostra differenza. Le alte per-centuali di divorzi e di madri sole com-portano, infatti, fenomeni sociali pesanti,come la nuova povertà femminile e infan-tile, una labilità della figura paterna che èormai un fenomeno studiato che producedanni educativi visibili. Ricordo che è stataconiata la definizione di guess father inInghilterra, padre ospite, per figure ma-schili transitorie, poco incisive, che ormainon riescono a svolgere un ruolo paterno.

Con il disgregarsi della cosiddetta fa-miglia tradizionale – è un termine che ame non piace, una definizione incongrua:io preferirei parlare di famiglia stabile –i costi del welfare e della sanità si innal-zano. Pensiamo, per esempio, all’assi-stenza domiciliare, che diventa inutile nelmomento in cui non c’è più una famigliaa cui appoggiarsi, una famiglia stabile acui appoggiarsi. Ma in ogni caso lo Statonon riesce a sostituirsi alla famiglia, né sulpiano della sostenibilità economica né suquello dell’efficacia della capacità di cura,di educazione, delle distribuzioni internedel reddito, dei compiti sussidiari chesvolge.

La legge fa costume, indica una dire-zione. Non è solo la registrazione buro-cratica di un dato di fatto, di un muta-mento avvenuto, come mi è sembrato fosseadombrato in qualche intervento. Unaproposta come quella che discutiamo oggiimplica sul piano dei valori che la stabilitànon è un obiettivo da perseguire, che ilmatrimonio non comporta un impegno didurata e che, anche se ci sono di mezzo ifigli, la famiglia si può sciogliere tranquil-lamente, anzi è bene che il matrimonio sisciolga con la massima facilità e con lamaggiore rapidità possibile.

Noi che abbiamo la responsabilità dilegiferare dobbiamo porci una domanda:questa eccezione italiana, questa tendenzaalla stabilità e alla durata delle relazionifamiliari, di tutta la rete familiare, fral’altro, è un fatto positivo, è qualcosa cheva tutelato, possibilmente incoraggiato, o èsolo un sintomo di scarsa modernità, la

dimostrazione che il nostro Paese è so-cialmente e culturalmente antiquato ?

La crisi della famiglia, che colpisceormai anche l’Italia, dobbiamo assecon-darla o cercare invece di arginarla ? Lamia risposta a questa domanda è scontata.In Italia la tradizionale forza della fami-glia è stato un potentissimo motore disviluppo economico, una molla per co-struire un futuro migliore per i nostri figli,per fare impresa, per risparmiare. Pen-siamo al fenomeno della piccola impresafamiliare, pensiamo alla tradizionale vo-cazione al risparmio delle famiglie ita-liane, alla resistenza delle reti e dei rap-porti di parentela che hanno creato unsistema di mutuo aiuto e di compensa-zione spontanea, un tesoro di sussidia-rietà.

Sappiamo bene che, se, nonostante ilnostro enorme debito pubblico, gli attacchidella speculazione e tutte le nostra fragi-lità strutturali, siamo ancora in grado diresistere, lo dobbiamo proprio alla pro-pensione al risparmio di cui abbiamoparlato, alla rete parentale di solidarietà eprotezione, alla capacità delle famiglie difunzionare da cellula che ridistribuisce ilreddito secondo i bisogni dei singoli, senzal’intervento dello Stato. In Italia, insomma,grazie a una storia e a una cultura par-ticolari, la famiglia resiste molto più chealtrove, e questo garantisce una tenutadella coesione sociale che credo sia unbene fondamentale, anche dal punto vistaeconomico.

Il bene della famiglia – è stato dettomille volte – è il bene del Paese; io credosia così. Certo, la famiglia, negli ultimicinquant’anni, è molto cambiata: oggi èpiù fragile, sottoposta alle tensioni di pro-fondi mutamenti culturali e di stili di vita.I matrimoni in Italia sono crollati, il tassodi natalità anche, di pari passo. Nel nostroPaese non ci si sposa più e non si fannopiù figli. Le due cose vanno insieme,perché i dati descrivono un’abitudine, an-cora molto radicata, a fare figli prevalen-temente all’interno del matrimonio;un’abitudine che in altri Paesi europei non

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esiste più, ma che è stata analizzata, peresempio da Volpi, in molti saggi e in molteanalisi assolutamente attendibili.

L’onorevole Mottola ha sciorinato, fral’altro, tutti questi dati del crollo delmatrimonio, solo che non mi sembra ab-bia dato un’accezione negativa a tuttoquesto, cioè non ha considerato le ricadutesociali che il crollo del matrimonio ha inun tessuto come quello italiano. La crisidemografica è comune in tutta Europa,dove ormai nessuna nazione raggiunge iltasso di sostituzione. Da noi, però, ilfenomeno è più acuto perché è ancheconcentrato nel giro di pochi anni e te-stimonia un cambiamento improvviso, chela politica sembra non volere affrontare.

Una cosa, però, non è cambiata: lafamiglia resta sempre quella società natu-rale fondata sul matrimonio e indicatadalla nostra Costituzione, composta da unuomo, una donna e, possibilmente, dailoro figli. La famiglia disegnata dalla Co-stituzione e fondata sul matrimonio esigeun impegno forte, basato su doveri reci-proci e sulle garanzie per i più deboli, inprimo luogo i figli.

A volte, però, le famiglie si rompono:quando questo accade, è sempre doloroso,è sempre una ferita che brucia. Ma, no-nostante il matrimonio possa finire, lafamiglia continua a esistere nell’amore peri figli, nel ruolo genitoriale; questo nonpuò finire. Essere padri e madri, così comeessere figli, è qualcosa che ci accompagnaper la vita, come ci accompagna nellacrescita l’amore gratuito che in famigliaabbiamo dato e ricevuto. La durata, lastabilità dei legami è connaturata allagenitorialità umana, e non è solo legata aidesideri individuali; è connaturata, persinobiologicamente, alla capacità di autonomiamolto tardiva dei cuccioli di uomo.

Noi qui dobbiamo decidere se questastabilità insita nell’impegno matrimonialee genitoriale è qualcosa che va valorizzatoe promosso, qualcosa che richiede anchefatica, ma che non può essere eliminatocon leggerezza, oppure no. Voglio ricor-dare che, di fronte alle richieste di equi-parare il regime della famiglia alle convi-venze, la Corte costituzionale ha risposto

negativamente, facendo sempre leva sullastabilità del nucleo familiare e – cito – suicaratteri di stabilità, certezza e della re-ciprocità e corrispettività dei diritti e do-veri che sono propri della famiglia legit-tima.

Proprio per questo ha ritenuto che ladisciplina prevista per la famiglia e quellaper le unioni di fatto non sono suscettibilidi comparazione. Secondo la Consulta, ilrapporto di fatto è privo – cito sempre –delle caratteristiche di certezza e stabilitàproprie della famiglia legittima, osservan-dosi, tra l’altro, che la coabitazione puòvenire a cessare unilateralmente in qual-sivoglia momento. Infatti, la convivenza sifonda necessariamente ed esclusivamentesu un semplice vincolo affettivo, libera-mente e in ogni istante revocabile, diciascuna delle parti. Di qui l’impossibilitàdi estendere, attraverso un mero giudiziodi equivalenza fra le due situazioni, ladisciplina prevista per la famiglia legittimaalla convivenza di fatto.

Dunque, la differenza tra una convi-venza di fatto e un matrimonio è propriola forza dell’impegno, la stabilità e lacertezza dei legami, le promesse che fac-ciamo dal punto di vista pubblico e uffi-ciale. Con questa legge andiamo a colpireesattamente questo punto, simbolica-mente, culturalmente e anche nella vitaquotidiana delle persone. Rendiamo il ma-trimonio sempre più simile a un semplicepatto di convivenza, a qualcosa che nonrichiede un particolare impegno, che sipuò sciogliere con facilità, anche se ci sonofigli.

Facciamo passare l’idea che stabilità ecertezza non siano più valori, che gliimpegni presi valgono poco, che sono esilie transitori. Nonostante questo, non credoche chi ha voluto questa proposta di leggeparta da una volontà negativa, distruttiva,da un’idea di liquidazione della famiglia.In alcune relazioni introduttive alle di-verse proposte di legge, e anche qui neldibattito, è evidente l’intenzione di renderepiù facile la formazione di una nuovaeventuale famiglia, scindendo più veloce-mente i legami usurati che si è deciso ditagliare.

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Perché dovrebbe essere necessarioaspettare tre anni ? Perché non permetterea chi vuole uscire da un matrimonioinfelice e, magari, ha già un altro compa-gno o un’altra compagna di iniziare subitoquesta nuova vita insieme, senza perderetempo e trascinarsi in lunghe attese ? Unavolta che un matrimonio è finito megliovoltare pagina e aprirsi al futuro. Eppurenon è così: il rischio è che politichefinalizzate in buona fede alla riduzione deldanno, politiche che – anche questo èstato detto qui – devono dare risposte esoluzioni al problema, finiscano, invece,per incrementare e favorire il danno, perpromuovere il fenomeno che si vorrebbeprevenire o a cui si vorrebbe porre rime-dio. Una legge che vorrebbe nelle inten-zioni alleggerire il peso della separazione,insomma, porterebbe, temo, ad alleggerire,invece, l’impegno matrimoniale, l’idea cheuna famiglia è nata per durare e chescioglierla con il divorzio dovrebbe esserel’ultima delle soluzioni possibili.

Insomma, alla fine, se per disinnescareil contenzioso – anche questo è stato detto– bisogna sciogliere il nodo matrimonialeil più velocemente possibile, tanto valedisinnescare ogni contenzioso, non acce-dendo nemmeno al matrimonio, passandodirettamente alle convivenze.

L’onorevole Moretti ha ricordato labattaglia sul divorzio e io ho lottato neglianni Settanta perché ci fosse una legge suldivorzio, perché un matrimonio infeliceper chi non è credente e non lo vive comeun sacramento non sia una prigione. Manon può nemmeno diventare un Pac, unaforma di unione di fatto priva di rilievosociale e, alla fine, anche costituzionale.Sono convinta che questo Paese, in cui lafamiglia storicamente è tanto centrale ed èancora solida, debba finalmente porsi ilproblema di politiche familiari serie, apartire dal trattamento fiscale – e, tral’altro, il mio partito, a questo proposito,ha avanzato proposte concrete di imme-diata attuabilità – fino alle politiche diconciliazione e a tutte le politiche cheabbiamo visto che possono produrre effetticontro l’inverno demografico.

Ma tutti gli asili nido del mondo, tuttele detrazioni fiscali, le politiche di conci-liazione sul lavoro di cura e il lavoro extradomestico, non serviranno, se non c’è unavalorizzazione culturale della famiglia,della maternità e della paternità, e questalegge temo che vada nella direzione op-posta.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare ildeputato Turco. Ne ha facoltà.

TANCREDI TURCO. Signor Presidente,i cittadini italiani attendono da molti anniuna necessaria modifica alla legge del 1970sul divorzio. Tale modifica deve essereimprontata alla riduzione dei tempi per loscioglimento degli effetti civili del matri-monio. La normativa attuale, già modifi-cata nel 1987, dove si abbreviò da cinquea tre anni il tempo intercorrente dallaseparazione dei coniugi alla cessazionedegli effetti civili del matrimonio, imponealla coppia che intende divorziare un dop-pio passaggio: dapprima la separazione epoi, trascorsi tre anni dal momento nelquale i coniugi, in sede di udienza presi-denziale, vengono autorizzati a vivere se-paratamente, il divorzio.

Tale procedura dai tempi dilatati ri-sulta essere impegnativa e costosa dalpunto di vista economico, ma anche esoprattutto sotto l’aspetto psicologico.Nella fine di un matrimonio ci sono fortiimplicazioni emotive, che portano a per-dere ragionevolezza e che, troppo spesso,coinvolgono anche i figli. L’idea sottesa aquesta riforma è di consentire a marito emoglie che non trovano più la forza perandare avanti assieme di potersi lasciarenel modo più rapido ed indolore, evitandolungaggini dolorose per entrambi e, anchee soprattutto, per i figli minori, se pre-senti.

Riteniamo che attraverso la riduzionedel termine di tre anni, ormai eccessivo,intercorrente tra la separazione e il di-vorzio si ridurrebbero di molto i tempi perla conclusione dell’esperienza coniugaleormai naufragata. Le famiglie spendereb-bero meno in termini di costi per l’assi-stenza legale, consulenze e perizie, e tale

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contenimento dei tempi alleggerirebbe ilcarico di lavoro degli uffici giudiziari.Questo doppio iter procedurale appareormai quasi come una forma di coerci-zione della libertà degli individui e poco onulla serve a far affievolire la sofferenzaemotiva e le situazioni di conflitto deiconiugi.

Nell’ambito delle audizioni, per di più,non sono emersi argomenti a favore diuna maggiore tutela dei figli attraverso unprolungamento dei tempi di separazione.Secondo recenti dati ISTAT, nel 2011 leseparazioni sono state quasi 89 mila e idivorzi quasi 54 mila, sostanzialmente sta-bili rispetto all’anno precedente.

Di queste separazioni, sempre secondoi dati statistici, solo il 2 per cento dellecoppie che si separa poi si riconcilia etorna a vivere sotto lo stesso tetto. Ciòrappresenta in modo inequivocabile che ingenere chi si rivolge al tribunale permettere fine alla propria vita matrimo-niale abbia già maturato una scelta irre-versibile. Appare perciò inutile imporre aiconiugi questa lunga pausa di riflessionetra separazione e divorzio.

Il tema in oggetto è stato nel corso deglianni più volte affrontato, pervenendo avolte all’approvazione di proposte parla-mentari in Commissione, ma alle qualinon è mai seguita la definitiva approva-zione in Aula. Questa riforma è statagrandemente voluta dal MoVimento 5Stelle, che ha presentato la propria pro-posta dopo pochi mesi dall’insediamentodi questa legislatura.

Tale notevole lasso temporale tra se-parazione e divorzio è un altro tema checi separa drammaticamente dagli altriPaesi europei. Ricordiamo che la coesi-stenza nello stesso ordinamento dell’isti-tuto della separazione, quale presuppostoper la cessazione degli effetti civili delmatrimonio, il cosiddetto divorzio, costi-tuisce un’eccezione presente in area euro-pea solo in Italia, in Irlanda del Nord e aMalta. La gran parte degli Stati esteri nonprevede questa duplicità, ma prevede so-lamente un unico procedimento per otte-nere il divorzio più o meno rapido.

In Finlandia, in Svezia ed in Austria ildualismo separazione-divorzio non esisteaffatto. In altri Stati, quali Francia, Ger-mania e Spagna, la separazione, pur so-pravvivendo quale istituto giuridico, noncostituisce condizione essenziale per ri-chiedere lo scioglimento definitivo del vin-colo matrimoniale. Per poter richiedere edottenere il divorzio, sostanzialmente, èsufficiente una separazione di fatto pro-tratta per un breve periodo di tempo.

La necessità di una rivisitazione com-plessiva dell’istituto del divorzio in Italia,reso farraginoso soprattutto dalle sue pre-clusioni temporali e dai suoi vincoli pro-cedurali, in primis l’avvenuta dichiara-zione della separazione, è manifestata ine-quivocabilmente dal gran numero di co-niugi italiani che sempre più spesso sirecano all’estero per ottenere in tempibrevi lo scioglimento del matrimonio, ap-plicando la normativa più favorevole dialcuni Stati dell’Unione europea. Tale fe-nomeno di forum shopping o viaggio dellasperanza per un divorzio breve viene le-gittimato in forza della facoltà garantitadal regolamento (CE) n. 44/2001, in ap-plicazione del quale si assiste ad un flussodi coniugi che intendono dividere il pro-prio cammino di vita scegliendo di recarsiall’estero, in Spagna appunto, in Bulgariao in Romania, per ottenere, in un massimodi sei mesi, un più rapido e meno trau-matico scioglimento del matrimonio. Inalcuni altri ordinamenti, quali ad esempiola Francia, il Portogallo, la Svezia o ad-dirittura in Brasile, in caso di divorzioconsensuale, in assenza di figli minori, siottiene lo scioglimento del vincolo coniu-gale senza nemmeno la presenza del giu-dice.

La proposta oggi in esame costituisce,quindi, una legge attesa e fornisce unidoneo adeguamento all’attuale realtà so-ciale italiana, avvicinandoci al contempo alcontesto divorzile del panorama europeo.La norma ha sicuramente il pregio diaprire il nostro Paese ad una riformanecessaria. Il MoVimento 5 Stelle, quindi,sottolinea il buon senso del progetto: vabene la proposta così come risulta daltesto base licenziato dalla Commissione, e

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per questo noi del MoVimento 5 Stelle nonpresenteremo proposte emendative inAula.

Tale proposta incide solo sui tempidella separazione, abbreviandoli, senzamodificare in alcun modo la competenzadel giudice, che rimane invariata. Nelcorso dell’iter legislativo della proposta, inCommissione è stata raggiunta un’ampiaintesa per la formulazione del testo base,che è stata sorretta per la sua approva-zione da una maggioranza trasversale. Leparti politiche si sono calate nel meritodella modifica legislativa, che ha benefi-ciato del buonsenso e lungimiranza delleproposte del MoVimento 5 Stelle, presso-ché accolte in toto. Il testo base vede,pertanto, il MoVimento 5 Stelle nel ruolodi protagonista dei lavori della Commis-sione giustizia. All’esito del lavoro svolto inCommissione, pertanto, il risultato è statosoddisfacente.

Questo è un testo che contempera tuttele esigenze. Vengono ridotti i termini perchiedere il divorzio da tre anni a dodicimesi, in caso di disaccordo delle parti, e asei mesi in caso di consenso di entrambii coniugi. Il termine di sei mesi dal de-posito del ricorso, per la separazione con-sensuale, per proporre la domanda discioglimento e di cessazione degli effetticivili del matrimonio è stato da sempreindicato dal MoVimento 5 Stelle, sin dal-l’inizio dell’iter in Commissione, contrap-ponendosi al termine proposto da altreparti politiche, individuato, invece, in novemesi. Quindi, è grazie alla proposta e agliemendamenti del MoVimento 5 Stelle chesiamo arrivati nella attuale formulazionedel testo base al minor termine di sei mesi,più favorevole alle esigenze dei cittadini. Ilnostro emendamento approvato è uno sti-molo e un incentivo a premiare la sepa-razione consensuale indipendentementedalla presenza di figli minori. Il dimezza-mento dei termini da dodici a sei mesi incaso di consenso delle parti rappresentaun notevole incentivo alla composizionetransattiva delle rispettive richieste, con gliimmaginabili e connessi vantaggi sul pianoemozionale.

Poiché le riconciliazioni dei coniugiseparati, come è stato ricordato poc’anzi,sono statisticamente rarissime, i cittadiniavranno modo di separarsi consensual-mente in un termine molto più breve diquello attualmente previsto. Siamo sicuriche la previsione premiale dei sei mesiprevista per i procedimenti consensualiotterrà anche, come effetto tecnico-pra-tico, una significativa deflazione proces-suale. Lo Stato potrebbe risparmiare finoa 100 milioni di euro ogni anno in minoricosti giudiziari, evitando di affrontare unaduplicazione dei procedimenti a distanzadi almeno tre anni gli uni dagli altri e ciòanche perché, stante la riduzione tempo-rale del termine per proporre il divorzio,i due procedimenti di separazione e di-vorzio si potranno riunire. I nuovi termini,infatti, si applicano ai procedimenti discioglimento e cessazione degli effetti civilidel matrimonio radicati dopo l’entrata invigore della presente legge, ma vengonoresi applicabili anche per le separazioni ilcui procedimento sia ancora pendente,ampliando così la possibilità di effettivafruibilità di questa nuova legge. Tali nuovitermini iniziano, infatti, a decorrere daldeposito della domanda di separazione enon, come accade oggi, dalla comparizionedei coniugi di fronte al presidente deltribunale nella procedura di separazione.Questo porterà sicuramente ad una acce-lerazione dei tempi totali dei procedimenticivili di separazione e divorzio, che oggisono in media di ben cinque anni e mezzo.

In questa proposta di legge vengono,altresì, tutelati i diritti dei terzi nei con-fronti dei coniugi in regime patrimonialedi comunione dei beni. Lo scioglimentodella comunione dei beni avrà, infatti,efficacia nel momento in cui il presidentedel tribunale autorizza i coniugi a vivereseparati ovvero alla data di sottoscrizionedel verbale di separazione consensuale deiconiugi avanti al presidente, purché poi lostesso venga omologato e non invece, comeora, al momento della definitività dellaseparazione. Sia la richiesta di separa-zione, sia l’esito dell’udienza presidenzialepotranno essere sin da subito annotati

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presso il registro dello stato civile, in modotale da poter esplicare i propri effetti dipubblicità nei confronti dei terzi.

Noi del MoVimento 5 Stelle manife-stiamo quindi la nostra più sincera con-vinzione dell’assoluta necessità del pro-getto sin qui sviluppato. A riprova di ciò,come già detto, non presenteremo emen-damenti. La formulazione del testo baseattuale ci vede favorevoli, anzi, essendostati parte attiva di questa proposta dilegge, auspichiamo una rapida approva-zione della proposta in esame. Noi cisiamo, ci attendiamo ed invitiamo quindi ilGoverno e la maggioranza a confermareanche in quest’Aula la volontà già espressain Commissione, approvando questo testobase nel più breve tempo possibile.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare lacollega Tinagli. Ne ha facoltà.

IRENE TINAGLI. Signor Presidente, ilprovvedimento che ci accingiamo a discu-tere e poi ad esaminare in Aula sull’ac-corciamento dei termini e la semplifica-zione delle procedure per arrivare al di-vorzio, e quindi sullo scioglimento consen-suale del rapporto matrimoniale, èl’approdo di un percorso che, come già èstato ricordato dai colleghi, è iniziatomolti, molti anni fa. Già nel 2003, nellaXIV legislatura, fu avviato l’iter, poi ilprovvedimento fu rimandato in Commis-sione; nella scorsa legislatura si arrivò inAula e poi ci si arenò.

Quindi, è una storia travagliata, unpercorso travagliato, ostacolato in preva-lenza da una mentalità che abbiamo sen-tito anche oggi in Aula attraverso la col-lega Roccella, una mentalità secondo laquale occorre tutelare l’unità e la stabilitàdella famiglia e per farlo occorre, inqualche modo, utilizzare degli strumentinormativi e legislativi che disincentivino,che creino ostacoli allo scioglimento delvincolo matrimoniale.

Io credo che questo sia veramente unapproccio sbagliato, un approccio che nontutela proprio quella stessa unità, stabilitàfamiliare che, al contrario, si vorrebbetutelare, per un semplice motivo: la sta-

bilità e l’unità della famiglia si basano –e non possono che basarsi – sull’amorevolontario, sulla voglia di stare insieme edi far vivere ogni giorno su base volontariae spontanea la promessa e la voglia distare insieme. Non esiste una forzaturanormativa e legislativa che possa in qual-che modo sollecitare i sentimenti e leemozioni umane.

Quindi, dobbiamo prendere atto diquesto e prendere atto che questa forza-tura normativa, che questa mentalità, difatto, involontariamente, ha creato peròdei costi anche sociali, dei costi giudiziali.Ha creato dei costi sociali perché abbiamovisto quanta tensione si crei nelle famiglieche forzatamente devono convivere lunghiperiodi prima di giungere ad uno sciogli-mento e ad un divorzio, quanto questetensioni si possano ripercuotere negativa-mente proprio sull’armonia familiare e suisuoi membri più deboli, come i bambini,come le stesse mogli o i coniugi che magarinon hanno autonomia economica e finan-ziaria e sono costretti a volte a subirericatti, minacce, violenze. Le violenze do-mestiche nascono molto spesso da questitipi di contesti, dai contenziosi, dalle ten-sioni.

Quindi, aver alimentato questa illu-sione, per cui l’unità e la stabilità familiaresi tutelano con delle forzature normative,ha provocato costi sociali enormi, oltre acosti economici e giudiziali. Infatti, comealcuni colleghi hanno già ricordato, questanormativa ha causato enormi esborsi mo-netari da parte delle famiglie. Ma nonsolo, ricordiamo che il contenzioso legatoal divorzio costa allo Stato all’incirca il16,5 per cento del costo della giustiziacivile. Questi sono dei costi che noi ab-biamo sostenuto, che la nostra società hasostenuto per una miopia e un approccio– a mio avviso – sbagliato su quelli chesono e debbono essere gli strumenti pertutelare l’unità e l’armonia della famiglia.

Quindi, con questa legge in un certosenso si pone rimedio a quelle che sonostate delle miopie del passato, e con questalegge in un certo senso ci si adegua ad unasocietà che, di fatto, è cambiata da tempo,che di fatto non è più quella che avevamo

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conosciuto decine e decine di anni fa. Nonspetta a noi dare giudizi di merito sequesto tipo di evoluzione ci piace o no.Spetta a noi fornire gli strumenti affinchéquesti cambiamenti avvengano in manieraserena per le persone che si trovano avivere certe situazioni.

Ricordo che nel 1974, quando ci fu ilreferendum, molte delle persone che al-l’epoca erano contrarie, fortemente con-trarie, all’istituto del divorzio invocavanoscenari apocalittici di lacerazioni del tes-suto sociale, di cose terribili, cose che inrealtà poi non sono accadute. Come hadetto successivamente un noto costituzio-nalista, Augusto Barbera, cito le sue pa-role, « non si ebbero quelle conseguenzelaceranti sul tessuto sociale e sulla pacereligiosa da più parti pronunciate. Il Paesedimostrò così chiaramente di essere suposizioni ben più avanzate di quelle che laclasse politica italiana gli attribuiva ». Ed ècosì. È stato così sul divorzio, è stato cosìsu molte altre battaglie civili. Molto spessola classe politica non ha neanche il co-raggio di farsi portavoce di cambiamentiche già sono avvenuti nella società e chechiedono un adeguamento della norma-tiva, della politica.

Devo dire che mi dispiace anche citareun politico che è stato fin troppo citato eabusato in questi ultimi giorni, ma ioricordo comunque volentieri una citazionedi Berlinguer dell’epoca, ai tempi del re-ferendum, quando disse: « È una vittoriadella libertà, della ragione e del diritto,una vittoria dell’Italia che è cambiata eche vuole e che può andare avanti ». Equesto è quello che di fatto ci ha dimo-strato poi la storia: un’Italia che eracambiata, che ha reagito a questa nuovanormativa in maniera molto matura e,come poi ha ricordato il già citato Bar-bera, non ha subito contraccolpi, ma haappunto dimostrato un’armonica sinergiatra l’evoluzione sociale e l’evoluzione dellanormativa.

Quindi, quello che ora questo Parla-mento si accinge – mi auguro – adapprovare è un provvedimento che dà unarisposta semplice e che si adegua ad uncambiamento della società per garantire

serenità, per dare gli strumenti alle fami-glie per raggiungere una serenità in tempianche più brevi; e in questo modo questoParlamento porta a compimento un pro-cesso avviato – ripeto – quasi dieci annifa, dimostrando ancora una volta di riu-scire a seguire e ad assecondare certicambiamenti, però – ahimè – con graveritardo. Quindi, in un certo senso dob-biamo anche riconoscere che, ancora unavolta, le nostre istituzioni e questo stessoParlamento fanno fatica a guidare in ma-niera rapida e tempestiva certi cambia-menti, e quindi io mi auguro che questopossa essere per noi anche un monito, uncampanello d’allarme per dirci: « Non fac-ciamo in modo che questo si ripeta ».Dimostriamo di essere più lungimiranti, diessere più sensibili ai cambiamenti dellanostra società. Facciamo in modo di daredelle risposte in tempi più brevi, di nonaspettare decenni lasciando centinaia emigliaia di famiglie in situazioni difficili,tormentate. Cerchiamo di dimostrare chesiamo in grado di capire questi problemie di dare risposte in tempi più brevi.

Su questo e su molti altri temi legati aidiritti civili purtroppo siamo ancora tre-mendamente in ritardo, quindi approfittoper citare altri provvedimenti, che purequesta Camera ha discusso e approvato,come per esempio la legge sull’omofobia,che poi si è arenata in Senato, i progettidi legge sulle unioni civili, che sono statipiù volte e da più parti evocate e solleci-tate, ma che poi restano sempre letteramorta; i diritti di chi nasce e cresce inquesto Paese e che ancora attende dellerisposte da questa politica, da questo Par-lamento, a cui noi dobbiamo rispondere.

Quindi, io vorrei lanciare un monito,un sollecito: a gennaio del 2014 di que-st’anno il segretario del principale partitodel nostro Paese, il Partito Democratico,incalzò l’allora presidente del Consiglio el’allora Governo Letta proprio su questitemi, definendoli temi importanti, priori-tari. Bene, oggi che il segretario del PartitoDemocratico è a capo ed alla guida diquesto Governo, e lo è forte di una grandelegittimazione che proprio oggi è sullepagine di tutti i giornali, credo che vorrà

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usare questa forte legittimazione che gli èstata data anche per tener fede a questipropositi, a questi principi che lui stessoaveva proposto ed avanzato solo pochimesi fa (Applausi dei deputati del gruppoScelta Civica per l’Italia e di deputati delgruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare ildeputato Franco Bordo. Ne ha facoltà.

FRANCO BORDO. Signor Presidente,colleghi, il provvedimento al nostro esameattiene ad una materia rispetto alla qualeè ormai improcrastinabile l’intervento dellegislatore, ovvero il divorzio e i suoitempi. La disciplina del divorzio di cui allalegge 1o dicembre 1970, n. 898 prevede,com’è noto, il termine di tre anni dall’ini-zio della separazione per lo scioglimentodel matrimonio, un termine da un latoinutile, quale eventuale deterrente per laprosecuzione di esperienze di coppia or-mai logorate e, dall’altro, troppo lungo perla formalizzazione delle scelte di vita ma-turate nel frattempo e che spesso puòesasperare il conflitto nonché accentuare isentimenti di rivalsa. Nonostante i corret-tivi apportati alla legge nel tempo perrendere il procedimento meno farraginoso,era ormai necessario e urgente offrirerisposte alle esigenze di chi chiede di potersciogliere il matrimonio anticipatamenterispetto ai tre anni previsti dalla norma-tiva vigente. Nelle ultime legislature, pe-raltro, sono stati esaminati dalle Camerediversi testi sull’argomento, spesso bloccatiprima dell’esame da parte dell’Assemblea.

In questa legislatura, qui alla Camera,sono state presentate sei proposte di leggesu tale argomento tra i quali un testo diSEL, prima firmataria la vicepresidentedel gruppo Titti Di Salvo. Abbiamo volutooffrire anche un nostro contributo sultema per un confronto che ci portasseall’elaborazione di un testo condiviso il piùpossibile e che oggi, finalmente, è al-l’esame dell’Assemblea. In particolare iltesto uscito dalla Commissione giustizia èteso a rendere più agevole e celere laprocedura per l’ottenimento del divorzio,eliminando le eccessive complessità che

fanno torto alla volontà dei coniugi cheabbiano maturato la decisione di porrefine al loro matrimonio. In particolare siprevede la riduzione da tre ad un anno deltermine dall’inizio della separazione per lasentenza di divorzio. Il termine è peraltroridotto a sei mesi in caso di separazioneconsensuale. Inoltre, come anche propostoda SEL, si anticipa lo scioglimento dellacomunione dei beni tra marito e moglieche attualmente consegue al passaggio ingiudicato della sentenza di separazione. Losi anticipa al momento in cui il presidentedel tribunale autorizza i coniugi a vivereseparati. L’articolo 191 del codice civile,infatti, nell’attuale formulazione comportache tutti i beni acquisiti dai coniugi con-tinuino a ricadere in comunione pur es-sendo venuta meno la loro convivenza edessendosi quindi distinte le posizioni per-sonali anche in ordine alla gestione dellapropria esistenza.

Il testo della Commissione appare inarmonia con la legislazione dei Paesi eu-ropei più evoluti (Gran Bretagna, Francia,Germania, ad esempio) e con la maggio-ranza comunque dei Paesi europei, es-sendo patrimonio comune oramai che lerelazioni patrimoniali possono proseguiresolo con il costante impegno di entrambii coniugi, con il rispetto e l’amore, e chela scelta nel senso della separazione primae dello scioglimento poi non possa esserecerto contrastata e penalizzata.

È ora che il Parlamento adotti final-mente le norme che attengono ad unaquestione di civiltà su cui il Paese datroppo tempo attende risposte. Il gruppoSEL in questo senso farà il possibile per ladefinitiva approvazione di un testo che, inarmonia con la legislazione degli altriPaesi europei, offra soluzioni a quantichiedono comprensibilmente di poter scio-gliere il matrimonio in anticipo rispetto aitre anni previsti dalla normativa vigente eche anticipi lo scioglimento della comu-nione dei beni tra marito e moglie almomento in cui il presidente del tribunaleautorizza i coniugi a vivere separati, pre-visioni che, come già illustrato, interven-gono su un istituto la cui disciplina, percome stabilita attualmente, non può non

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apparire troppo farraginosa per la forma-lizzazione delle scelte di vita maturate conla separazione e che, non ultimo, puòinevitabilmente esasperare il conflitto.

Le indagini demoscopiche e i sondaggieffettuati da istituti specializzati nel corsodell’ultimo quinquennio ci dicono conchiarezza che gli italiani in larghissimamaggioranza, anche tra quelli che profes-sano una fede, chiedono che il Parlamentoapprovi al più presto questa normativa.Sinistra Ecologia Libertà è convinta che sidebba dare una risposta positiva a tuttequelle famiglie che per via di una legisla-zione farraginosa soffrono momenti diinutile dolore e di costi economici ecces-sivi. Insomma questo è un passo avanti nelcampo dei diritti civili. Voglio solo sotto-lineare che tanti altri dobbiamo farneancora.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare ladeputata Dorina Bianchi, che non vedo inAula; s’intende che vi abbia rinunziato.

È iscritta a parlare la deputata Loca-telli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presi-dente, come è già stato detto, abbiamocelebrato da pochi giorni i quarant’annidella legge sul divorzio, una legge pro-mossa dal socialista Fortuna e dal liberaleBaslini, una legge sofferta, osteggiata alungo dall’allora DC, ma non dall’eletto-rato cattolico che, infatti, bocciò il refe-rendum abrogativo del 1974, dimostrandoche il Paese reale, come del resto abbiamogià visto ieri, abbiamo ancora una voltavisto ieri, è spesso diverso, più avanti diquanto la politica immagini.

La legge di quarant’anni fa, quasi iden-tica a quella di oggi, se non per lariduzione dei tempi per il divorzio, pre-vede due fasi prima di arrivare allo scio-glimento o alla cessazione degli effetticivili del matrimonio ed una proceduralunga e complessa. Una procedura checomporta due giudizi, due sentenze, duedifensori da pagare e, per i casi in cui laseparazione sia consensuale, una media dialmeno cinque anni di attesa. Consideratoche, in genere, difficilmente si registra il

consenso da parte di ambedue gli exconiugi, per la sentenza occorrono, a volte,anche dieci o dodici anni. Obiettivamentela legge in vigore appare disconnessa elontana dalle esigenze delle coppie chedecidono di non continuare un percorso divita insieme e vogliono garantirsi la pos-sibilità di ricostruire nuovi percorsi affet-tivi. Il Parlamento non può che prenderneatto e trovare nuove soluzioni sul pianolegislativo. Quello che, allora, fu voluto dallegislatore, il doppio percorso e i tempilunghi come deterrente allo scioglimentodel vincolo, oggi, appare un anacronisticoostacolo anche alla formalizzazione dellescelte di vita che nel frattempo sonomaturate.

Il presidente della CEI, cardinale An-gelo Bagnasco, ha definito utile e neces-sario questo doppio iter procedurale, so-stiene che serve a far decantare l’emotivitàe le situazioni di conflitto, ma questa suaaffermazione è smentita dai numeri, vistoche solo il 2 per cento delle coppie che sisepara poi si riconcilia e torna a vivereinsieme. Chi si rivolge al tribunale ha giàmaturato una scelta con convinzione,quindi, non possiamo che prenderne atto.È un esame di realtà che ci impone dicambiare questa legge, riducendone i ter-mini e non è, – come qualcuno ha soste-nuto, e mi rivolgo alla collega Roccella chenon è in Aula, a lei ed altri – la bana-lizzazione del matrimonio: è un esame direaltà e una battaglia di civiltà giuridica esociale insieme.

Ho accennato prima alla bassa percen-tuale, cioè il 2 per cento delle coppie chesi riconcilia dopo aver avviato un percorsodi separazione; gli ultimi dati ISTAT re-lativi al 2012, anche questo è già statodetto, ci dicono che, a fronte di circa 88mila separazioni, i divorzi assommano a54 mila, numeri in costante crescita checontribuiscono ad appesantire i tempi ed icosti della giustizia, proprio in ragione diiter procedurali troppo lunghi. È unapreoccupazione che abbiamo e che cirisulta abbia anche il Ministro della giu-stizia; una giustizia, per essere giusta, deveprevedere anche tempi giusti e, per questaragione, abbiamo presentato, prima in

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Commissione e lo ripresenteremo in Aula,un emendamento che prevede che, nelcaso in cui non vi siano figli minori, iconiugi possano domandare congiunta-mente lo scioglimento o la cessazione deglieffetti civili del matrimonio, anche se nonsia stata proposta domanda di separa-zione. Proponiamo nel nostro Paese quelloche è già una realtà in altri Paesi europeied extraeuropei.

Qual è l’obiettivo complessivo che ciproponiamo ? È quello di snellire le pro-cedure burocratiche, incentivare le sepa-razioni consensuali e ridurre i litigi intribunale, garantendo in questo modo an-che il benessere dei figli. In Italia abbiamo,quindi, un problema di tempi, di costi e diingolfamento degli uffici giudiziari. Deitempi abbiamo già detto, quanto ai costi inItalia sono assai più gravosi di quellisostenuti in quasi tutti gli altri Paesieuropei tanto che, da qualche anno, si èandato affermando il turismo da divorzio.Alle coppie che oltrepassano il confine persfilarsi la fede dal dito basta affittare unappartamento per avere una residenzatemporanea, ad esempio in Olanda, Belgio,Gran Bretagna e Germania, ed ottenerecosì il divorzio in pochi mesi o come inRomania, Spagna, Bulgaria dove a voltesono sufficienti anche 48 ore. Una voltadivorziato in quei Paesi, allo Stato italianonon resta che prenderne atto perché lafine del matrimonio, così ottenuta, saràlegale anche in Italia in base al regola-mento della Commissione europea (CE)n. 44/2001 concernente la competenzagiurisdizionale, il riconoscimento e l’ese-cuzione delle decisioni in materia civile ecommerciale.

Nella sostanza, una sentenza esecutivain un Paese dell’Unione europea lo di-venta automaticamente in Italia, il tuttoad un costo medio, là, di circa 3 milaeuro. Ecco, sta accadendo quello che èavvenuto ed ancora avviene con la leggen. 40 del 2004 sulla fecondazione assi-stita: si sta creando una nuova forma diturismo per aggirare una legge italiana. Aqueste nostre preoccupazioni si aggiun-gono quelle certamente più pesanti delMinistro della giustizia, che, in Commis-

sione giustizia del Senato, ha parlato diquattro emergenze da affrontare subito:l’arretrato civile, il sovraffollamento car-cerario, la mancanza di personale e lalotta alla criminalità organizzata. Perquanto riguarda l’arretrato civile, ab-biamo ben presente che ci sono oltre 5milioni di processi pendenti. A quantoabbiamo letto, le intenzioni del Ministroper le cause pendenti che ingolfano itribunali prevedono procedure alternativeo che esse siano trasferite in una sedearbitrale; rientrano tra queste le separa-zioni e i divorzi, e noi ce lo auguriamo.La previsione è che l’accordo dei coniugi,assistiti dagli avvocati, superi la necessitàdell’intervento giurisdizionale, tranne neicasi di presenza di figli minori o por-tatori di gravi handicap. A noi sembrauna giusta direzione e ci auguriamo cheil Ministro assuma al più presto un’ini-ziativa in questa direzione: al più prestoper il lavoro del Ministro della giustizia,al più presto per il lavoro del Parla-mento. Da molti anni (siamo alla terzalegislatura) la legge sulla riduzione deitempi per il divorzio vaga senza esito inParlamento, ma ora sembra che sia lavolta buona. Ci auguriamo, pertanto, cheil provvedimento che ci accingiamo adapprovare alla Camera non venga affos-sato al Senato, così come è accaduto perla legge contro l’omofobia, e che facciada ariete per riportare all’attenzione deldibattito parlamentare i temi dei diritticivili ed eticamente sensibili, che datroppo tempo attendono risposte.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscrittia parlare e pertanto dichiaro chiusa ladiscussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo– A.C. 831-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Prendo atto che il rela-tore D’Alessandro, la relatrice Moretti ed ilrappresentante del Governo rinunzianoalla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato adaltra seduta.

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Discussione della mozione Bergamini edaltri n. 1-00426 concernente iniziativea favore del settore dell’apicoltura (ore16,30).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno recala discussione della mozione Bergamini edaltri n. 1-00426 concernente iniziative afavore del settore dell’apicoltura (vedi l’al-legato A – Mozioni).

Avverto che lo schema recante la ri-partizione dei tempi riservati alla discus-sione delle mozioni è pubblicato in calce alvigente calendario dei lavori dell’Assem-blea (vedi calendario).

Avverto che sono state presentate lemozioni Zaccagnini e Pisicchio n. 1-00473,Cova ed altri n. 1-00474, MassimilianoBernini ed altri n. 1-00476, Caon ed altrin. 1-00477 e Dorina Bianchi n. 1-00478che, vertendo su materia analoga a quellatrattata dalla mozione all’ordine delgiorno, verranno svolte congiuntamente(vedi l’allegato A – Mozioni). I relativi testisono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la di-scussione sulle linee generali delle mo-zioni.

È iscritto a parlare il deputato Gio-vanni Carlo Francesco Mottola, che illu-strerà anche la mozione Bergamini ed altrin. 1-00426, che ha sottoscritto in dataodierna. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CARLO FRANCESCOMOTTOLA. Signor Presidente, onorevolicolleghi, l’apicoltura rappresenta uno deipiù complessi comparti del settore agri-colo, le cui funzioni principali sono rap-presentate dall’attività economica e dallosviluppo rurale, dalla produzione di mielee di altri prodotti dell’alveare, e si carat-terizza dalla diversità e dalle condizioni diproduzione e di resa nonché dalla fram-mentazione della molteplicità degli opera-tori. Tale settore ha suscitato un notevoleinteresse nello sviluppo agricolo, tanto da

vedersi riconosciuta valenza nazionale at-traverso numerose produzioni di miele diqualità a marchio DOP e IGP, che con-fermano l’importanza economica chel’apicoltura riveste in Italia, il cui girod’affari, legato alla produzione di miele,cera, polline e altri prodotti affini, am-monta intorno a 65 milioni di euro annui.Una crescita economica di tal genere si èavuta anche grazie agli interventi volti siaa favorire nuove iniziative imprenditorialiche a fronteggiare il fenomeno della mor-talità delle api legato all’uso crescente diinsetticidi tossici. Il Ministero delle politi-che agricole, alimentari e forestali hariconosciuto l’apicoltura come attività diinteresse nazionale, in seguito all’approva-zione della legge 24 dicembre 2004 n. 313,e ha elaborato uno specifico documentoprogrammatico all’interno del quale sonostate indicate alcune linee strategiche asostegno del medesimo comparto, sia dicarattere finanziario che di informazione,per la valorizzazione delle produzioni api-stiche, della tutela della salute dei consu-matori e dell’educazione alimentare, oltreche per lo sviluppo dei programmi diricerca e di sperimentazione d’intesa conle organizzazioni apistiche.

Nel suddetto documento è inoltre di-sposta l’attivazione di sistemi volontari dirintracciabilità volti a ricomprendere leanalisi sui controlli di sicurezza e diqualità dei prodotti apistici, finalizzati acombattere anche gli spopolamenti deglialveari e della moria delle api dovutiall’impiego in agricoltura di prodotti fito-sanitari a base di insetticidi neonicoti-noidi. L’alta mortalità delle api verificatasinegli ultimi anni ha determinato un im-patto economico negativo per gli operatoridel settore, rappresentando inoltre unaminaccia per la tutela della biodiversità, eha danneggiato in maniera particolar-mente grave l’intera filiera, stimolando lamessa in atto, sia a livello comunitario chenazionale, di azioni volte a contrastarel’epidemia delle api all’interno di un am-pio quadro di monitoraggio ambientale,attuato attraverso l’impiego delle api qualiindicatori dell’inquinamento da fitofar-maci e altri agenti.

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I fenomeni dello spopolamento deglialveari e della moria delle api, manifesta-tisi a livelli allarmanti nel corso dell’anno2008, hanno indotto il Ministero dellepolitiche agricole alimentari e forestali adavviare un monitoraggio nazionale deno-minato « Rete per il monitoraggio deifenomeni di spopolamento e mortalità de-gli alveari in Italia (APENET) », finalizzatoalla raccolta di informazioni sullo stato disalute delle api sul territorio nazionale esulla presenza e distribuzione geograficadei virus delle api e dei residui di pesticidi,acaricidi e neonicotinoidi in api, polline ecera, che minacciano la tutela degli insetti,dalla cui impollinazione dipende l’80 percento delle colture agricole. L’esito dellaricerca è stata l’inaccettabilità d’utilizzodei pesticidi sistemici come concianti deisemi, l’effetto sinergico e di interazione acui viene sottoposto l’alveare, nonché illegame tra la presenza di pesticidi e ifenomeni patologici.

In ambito comunitario, la Commissioneeuropea, a seguito delle conclusioni delrapporto sul settore dell’apicoltura desti-nato al Parlamento europeo e al Consigliopredisposto dal Commissario all’agricol-tura, Dacian Ciolos, ha ribadito l’inten-zione di sostenere l’apicoltura europeaattraverso l’introduzione di nuove misuredi sviluppo rurale finalizzate a favorire igiovani agricoltori nell’ammodernamentodelle aziende e ad interventi agro-ambien-tali per rafforzare la presenza di piantemellifere per il sostentamento delle colo-nie di api. Si tenga inoltre presente che ilfenomeno della moria delle api è aggra-vato dall’assenza di un adeguato quadroregolatorio internazionale, di un serio sup-porto da parte dei servizi veterinari e diuna legislazione oltremodo carente intema di etichettatura.

Il Regolamento (UE) n. 1169 del 25ottobre 2011, che disciplina l’etichettaturadei prodotti alimentari, inclusi quelli del-l’alveare, stabilisce un periodo transitoriodi tre anni dalla pubblicazione (22 novem-bre 2011) entro il quale l’apicoltore deveconformarsi alle nuove regole, consen-tendo la possibilità di utilizzare etichetteconformi alla vecchia normativa, estesa a

cinque anni per quanto riguarda l’etichet-tatura nutrizionale, ma le novità apportateper i prodotti quali miele, polline e pappareale, risultano tuttavia limitate se si con-sidera come rimanga facoltativa l’indica-zione delle caratteristiche nutrizionali, acui si aggiunge la differenza, da riportareall’interno dello stesso campo visivo, ladenominazione di vendita e la quantitànetta, eliminando fra l’altro l’obbligo diriportare il termine minimo di conserva-zione.

Reputo dunque opportuno, d’accordocon il gruppo parlamentare Forza Italia, acui appartengo, che il Governo si impegni,nell’ambito del processo autorizzativo re-lativo all’immissione in commercio deimedicinali veterinari per il settore apistico,che venga predisposta una nuova disci-plina volta a garantire una maggiore tutelae salvaguardia della salute umana, unariduzione dei tempi previsti per la realiz-zazione delle prove cliniche relative allasperimentazione dei nuovi principi attivida poter impiegare per la lotta alle ma-lattie delle api e l’introduzione di tariffeagevolate. Mi auguro inoltre che ci sia unimpegno serio ad attivarsi presso l’Agenziaeuropea dei medicinali affinché venga in-trapresa una fase di ricerca avanzata chestudi anche eventuali nuovi principi attivie conseguenti limiti massimi residuali perfarmaci potenzialmente impiegabili perl’immediato futuro in apicoltura, permet-tendo a tale settore di usufruire di ade-guate risorse per la messa a punto dinuove metodiche per la diagnosi, nuovistrumenti terapeutici e nuovi protocolli diintervento da applicare per le più gravimalattie delle api.

PRESIDENTE. Constato l’assenza deldeputato Zaccagnini, che avrebbe dovutoillustrare la mozione Zaccagnini e Pisic-chio n. 1-00473.

È iscritto a parlare il deputato Cova,che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00474. Ne ha facoltà.

PAOLO COVA. Signor Presidente, ono-revoli colleghi, oggi in Aula discutiamo diuno dei gioielli italiani, cioè uno dei beni

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preziosi della nostra agricoltura, che èquello del miele.

È un prodotto assolutamente preziosoper la nostra alimentazione, in particolareproprio per le caratteristiche organoletti-che che ha questo prodotto, il miele, e poisoprattutto per la sua capacità di essereimpiegato per l’alimentazione anche dipersone che hanno dei problemi a livelloriabilitativo con delle patologie. Pensiamoall’uso della pappa reale, che è un usofrequente e che viene utilizzata anchecome ricostituente. Da qui l’importanza diavere dei prodotti che svolgano una fun-zione anche sanitaria.

Noi esportiamo quasi 10 mila quintalidi miele. Questo sta a significare anchel’importanza del nostro prodotto, il miele,come prodotto biologico che viene apprez-zato a livello mondiale. Abbiamo esporta-zioni in Europa, ma anche a livello mon-diale (Stati Uniti e India). Perché oggidiscutiamo delle api ? Discutiamo delle apiperché sono le produttrici di questo net-tare, sono le produttrici del miele, di unaparte importante dell’alimentazione, masono anche un bene prezioso perché in-tervengono nel ciclo della nostra natura.Intervengono a mantenere l’ecosistema,soprattutto per quello che riguarda l’im-pollinazione, cioè tutto il sistema che va ariguardare la fecondazione delle piante,dei fiori, dei frutti, ed è una dimensioneche non possiamo assolutamente dimenti-care, perché senza l’opera di questi piccoliinsetti tante produzioni non potrebberoavere il proprio sviluppo e la propria vita.

Negli ultimi anni, come è stato segna-lato anche nelle altre mozioni, si parlacontinuamente di questa moria delle api e,devo dire, da ieri sono spariti anche i« grillini »... Dicevo di questa moria delleapi e di quali siano le cause di questamoria. Su questo si è discusso qualcheanno fa, nel 2008-2009, perché era comin-ciato a sorgere questo problema. Allora, iltema era stato posto soprattutto sull’usodei diserbanti, dei pesticidi e in particolaredei nicotinoidi, che vengono usati nelcampo dell’agricoltura.

Però, mi permetto di fare alcune os-servazioni, leggendo anche le altre mo-

zioni, su come è stato affrontato, in tuttiquesti anni, il tema della moria delle api.È stato affrontato sotto un aspetto agri-colo, come un tema che riguarda l’agri-coltura, ma non è così. Noi stiamo par-lando di un tema sanitario, noi stiamoparlando di un animale, di un insetto,stiamo parlando di allevamenti. Le apivengono considerate degli allevamenti zoo-tecnici che ricadono ampiamente sotto ilsistema sanitario nazionale. La stessa le-gislazione che fa capo al sistema sanitario– e penso, in particolare, al regolamentodi polizia veterinaria – parla e si riferiscealle api, alle malattie delle api e a tuttoquello che riguarda il tema delle api.Allora, in tutti questi anni si è trattatodelle api e del miele come di un aspettoagronomico, agricolo. Invece, non lo è.Oltre ad essere un insetto, un animale, unallevamento zootecnico, è anche un ani-male che produce alimenti per il consumoumano, per cui le api devono essere sottola tutela e il controllo del servizio sanita-rio.

Perché tutto questo ? Perché faccioquesta riflessione ? Perché, se vogliamoarrivare veramente a capire qual è ilproblema, non ci possiamo fermare sola-mente al tema dell’agricoltura. In questianni si è pensato all’allevamento delle api,ad una sua anagrafe, all’intervento deipesticidi, degli insetticidi, a tutti i servizi diassistenza fatti agli agricoltori in apicol-tura, ma tutto questo è stato fatto negandoe senza prendere in considerazione ladimensione sanitaria, che è la parte piùimportante.

Allora, quando parliamo e diciamo chec’è questa moria, noi dobbiamo pensare edomandarci perché queste api muoiono,qual è il motivo. In Italia la moria siriconduce prevalentemente a una causa,come ho detto prima, legata ai prodottifitosanitari che vengono usati in agricol-tura. Ma non sono le uniche cause. Ci sonoaltre cause e ci sono altre responsabilità.

Allora, ritengo e riteniamo che siaimportante giungere ad una diagnosi. Èimportante che venga fatta una diagnosidella moria delle api, per cui si possadeterminare qual è la causa, che cosa

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causa la morte delle api, che cura a questopunto possiamo approntare, e soprattuttoquale prevenzione possiamo mettere incampo per evitare una futura ed eventualemoria delle api.

A noi attualmente manca una correttadiagnosi, perché si è dato solo un taglioagronomico o di agricoltura, ma non sa-nitario. Voglio citare a questo punto unesempio che è stato attuato in Italia percercare di risolvere con cognizione dicausa il problema, ed è stato attuato inTrentino. In Trentino hanno pensato dirisolvere e di affrontare il problema fa-cendo veramente un’indagine epidemiolo-gica sulle cause di morte, investendo diquesta responsabilità un sistema sanitario,i medici veterinari liberi professionisti e imedici veterinari del Servizio sanitario,tutta la rete degli istituti zooprofilattici,che già operano su questo settore.

Questo ha permesso di giungere ad unaconoscenza dello stato sanitario degli al-veari. E questa indagine sanitaria fatta inTrentino, che viene regolarmente svoltanegli altri Paesi europei, dove possono direchiaramente quali sono anche le cause dimortalità delle api, ha permesso di direche ci sono delle malattie infettive e ma-lattie parassitarie infettive che vanno adinteressare i nostri alveari e che causanola morte delle api. Penso alla peste ame-ricana, la varroasi, la nosema, l’ascoferosi,la vespa velutina, che sta entrando pre-potentemente, ad altri parassiti e altribatteri che stanno interessando gli alleva-menti. Sono malattie che oltretutto sonoad obbligo di denuncia, cosa che attual-mente non sta avvenendo. Poche sono ledenunce. Allora, questo è il contesto che siriscontra in Trentino, dove la giusta col-laborazione fra la parte sanitaria, che si èfatta carico di questo problema, e la partedi assistenza tecnica agronomica ha por-tato a capire e a scoprire che cosa stavasuccedendo.

Un altro aspetto che è importante e chedeve legare l’agricoltura alla sanità, inparticolare per questa dimensione che ri-guarda le api, è quello del rapporto che cideve essere tra la banca dati del sistemasanitario nazionale, che fa capo al sistema

veterinario, e quello dell’agricoltura. Èimportante sapere quanti sono gli alvearicensiti e dove sono, ma che ci sia unaunivocità. In questi anni questa univocitànon c’è stata: ognuno ha lavorato per lasua strada e non c’è stato un dialogo, percui non si sa e non si conosce. Il Ministerodell’agricoltura oltretutto ha messo incampo dei progetti che non dialogano conil sistema sanitario. Manca allora propriouna conoscenza di quello che sta avve-nendo. Io mi rendo conto di una grandedifficoltà, facendo queste proposte: por-tare tutto questo sul tema della sanità vuoldire che alcune malattie effettivamentesono soggette a denuncia, però vuol direche a questo punto si affronta seriamenteil tema e il problema della moria delle api.

L’Italia ha già vissuto questa situazionein altri anni con altre patologie. Vogliosolo ricordare quello che è avvenuto neglianni scorsi, quando c’era la tubercolosinelle vacche o la presenza della brucellosi.Si sono affrontate seriamente sotto il ter-mine sanitario e si è posto termine aqueste patologie. Non possiamo nascon-derci che ci sono queste difficoltà e vannoconosciute, anche perché le api comunquesono degli animali che volano e hanno lacapacità di volare, hanno la possibilità divolare anche per tre chilometri. I regola-menti sono chiari sotto questo aspetto,proprio perché io posso avere una malat-tia batterica, posso avere una malattiaprotozoaria, una malattia parassitaria, e latrasmetto negli allevamenti che stannointorno, ma se non lo so e non ne sono aconoscenza, questo non può avvenire.

C’è un altro tema che è importante eche in questi anni è stato un po’ dimen-ticato: quello dei trattamenti. I trattamentiche sono stati fatti in queste aziende, itrattamenti farmacologici, e da chi sonostati fatti. La legislazione europea ed ita-liana è abbastanza netta e chiara su que-sto aspetto: è vietato l’uso dei sulfamidicie l’uso degli antibiotici per le api. Sipossono usare altri farmaci antiparassi-tari, anche ad uso libero, ma gli antibioticie i sulfamidici non sono permessi proprioperché c’è un tempo di sospensione e dilatenza di questi farmaci all’interno del

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miele. Ma, cosa ben più grave, è chequesto farmaco può rimanere anche nellamatrice dell’alveare e la permanenza al-l’interno della matrice dell’alveare puòdurare a tempo indeterminato, dove noinon riusciamo a definire e a determinarequanto è il tempo.

La presenza delle api all’interno dellamatrice alveare fa sì che l’ape pur nonessendo più trattata viene comunque acontatto con un antibiotico e la rendecostantemente a contatto con l’antibioticoper cui continua a produrre e potrebbeprodurre miele che contiene al propriointerno del residuo farmacologico. Questoè un aspetto che va tenuto presente. Inquesti anni questo è avvenuto. Dobbiamoanche tenere presente, come detto, che leapi volano e avere nella matrice dell’al-veare la presenza ancora dell’antibiotico fasì che queste api possano portare questoantibiotico anche su altri fiori dove vannoad impollinare con una trasmissione con-tinua.

Il blocco che è stato fatto a livelloeuropeo secondo me è un aspetto impor-tante e non va derogato, proprio perché laqualità del nostro miele è ampiamentesuperiore a quello che viene da altri Paesifuori dall’Europa. Questo permette diavere un miele di qualità, un miele senzaresiduo. Inoltre – questo deve esserechiaro anche ai produttori di miele – darela possibilità di derogare alla presenza eall’uso di farmaci, antibiotici o sulfamidici,consentirebbe di avere dei residui all’in-terno del miele e, quindi, ciò potrebbecomportare di essere completamente in-vasi da miele che arriva da altre nazioni.Questo sarebbe veramente un danno perla nostra produzione e soprattutto perquella produzione di qualità che abbiamoin Italia.

Mi soffermo ora su un altro aspetto chenon è stato considerato e che deve esserepreso in considerazione. Perché primaparlavo di chi ha prescritto questi tratta-menti e da chi sono stati fatti ? Più studidimostrano che l’interazione tra pesticidi egli antibiotici aumenta la mortalità delle

api, diventa veramente un cocktail chefacilita e porta alla morte più velocementequesti animali.

Allora deve essere chiaro che tutta laparte sanitaria di trattamento e di gestionedi questa parte deve essere fatta nell’am-bito sanitario. Il Ministero negli anniscorsi aveva preparato ed aveva istituitoquesto servizio spia di pronto intervento.Il Ministro dell’agricoltura aveva predispo-sto questo intervento al quale però nonfaceva capo nessun veterinario, dove c’è,come detto prima, una competenza speci-fica. Allora noi chiediamo un’indagine epi-demiologica fatta da veterinari pubblicidipendenti. Chiediamo anche di mante-nere il divieto all’uso di antibiotici e sul-famidici per garantire il nostro miele, pergarantire la matrice alveare e per evitareche vi sia un trasporto del polline. Èimportante che vi sia una politica sanitariasu questo tema. Che sia ricondotto tutto iltema della moria nell’ambito sanitario delMinistero della sanità, affinché la profi-lassi e la prevenzione, operate dai veteri-nari pubblici dipendenti e dai veterinariliberi professionisti con le associazioniapistiche, svolgano veramente una fun-zione di prevenzione. L’agricoltura hamesso in campo – scusate il gioco diparole – il « campo libero ». Quella dove siparla anche di assistenza tecnica è un’ot-tima iniziativa ma all’interno di questa cidevono essere dei veterinari che collabo-rano a formare e a dare l’assistenza e ilsupporto agli apicoltori e ai tecnici api-stici. Non nascondo che serve anche unamaggiore formazione universitaria per iveterinari...

PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

PAOLO COVA. Sto chiudendo, Presi-dente. Ciò per avere veterinari esperti epreparati in materia.

Abbiamo chiesto anche veramente dilavorare perché ci siano dei laboratori chefacciano indagini più approfondite sull’usodei pesticidi perché giustamente c’è tuttauna questione sanitaria, ma deve esserevalutata, concordata e capita qual è l’in-terazione di questa moria sanitaria, pato-

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logica, legata a malattie infettive, anchecon l’uso dei pesticidi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare ildeputato Zaccagnini, che illustrerà anchela sua mozione n. 1-00473. Ne ha facoltà.

ADRIANO ZACCAGNINI. Signor Presi-dente, questa mozione, che appunto con-cerne il settore apistico – la mia e quelladi altri colleghi – è una proposta che cercadi andare nella stessa direzione, quantomeno a grosse linee, del collega che si èespresso precedentemente, ovvero di com-prendere quali sono le cause della moriadelle api e di aiutare le api a sopravviverein questo difficile momento, ma soprat-tutto anche di sostenere il settore econo-mico. Ciò perché sappiamo bene che l’im-pollinazione dei campi è fondamentale e laproduzione di cibo che può essere colle-gata all’impollinazione delle api ammontaa circa il 35 per cento.

Le istituzioni hanno offerto risposteinadeguate fino ad ora per tutelare ilsettore che conta 1,2 milioni di alveari, 60milioni di euro di giro di affari e ilnumero di apicoltori è circa 50 mila.

Hanno dato soluzioni e risposte inade-guate finora, soprattutto perché hannoavallato l’utilizzo di prodotti offerti dallestesse case farmaceutiche o dalle grandimultinazionali che producono pesticidi,insetticidi, erbicidi; e fra questi, in parti-colare, sono stati individuati i neonicoti-noidi come gravemente dannosi per le api.In particolare, questi neonicotinoidi sonodei concianti delle sementi: le api si stro-finano su questa sostanza, la riportanoall’alveare e si indeboliscono fino a mo-rire.

Questo è un dato di fatto, tant’è che,oltre ad essere stato avvalorato dall’ EFSAin Europa nel 2013, soprattutto perquanto riguarda gli effetti sulle larve perl’esposizione alle polveri dei neonicoti-noidi, abbiamo avuto anche il bando par-ziale dei tre pesticidi in questione. La cosagrave e che ci ha sorpreso molto l’annoscorso è che l’Italia stessa ha avuto unatteggiamento contrario al bando in Eu-ropa. Con il voto dell’Italia, invece, si

sarebbe raggiunta la maggioranza qualifi-cata dei due terzi e avremmo avuto unbando non temporaneo di due anni, mapermanente.

Quindi, innanzitutto l’invito nella mo-zione è che il Governo si impegni arichiedere il bando e a sottoscrivere e adappoggiare il bando permanente e che nonsi adducano cause secondarie o fallaci o,diciamo, in qualche maniera poco atten-dibili riguardo al fatto di votare in Europaa favore dell’utilizzo di queste sostanzenocive.

Oltre a questo, si chiede certamente,come anche il collega in precedenza hasottolineato, di comprendere, attraversoricerca, progettazione e biomonitoraggio,come mai le api non ce la fanno. Ilcocktail pesticidi-antibiotici è certamenteuna delle cause principali, ma è soprat-tutto la razionalizzazione spinta del-l’apicoltura che ha portato le api ad essereallevate in modi sempre più intensivi esempre più debilitanti.

Quindi, attraverso anche progetti, cuiho potuto partecipare anche io con varicittadini apicoltori, è possibile compren-dere come l’allargamento delle dimensionidelle casette stesse delle api porti ad unosviluppo della famiglia in maniera piùarmoniosa, più naturale in particolarequando le casette delle api hanno unadimensione maggiore.

Ciò proprio perché il favo in natura sisviluppa con una dimensione quasi doppiarispetto a quella della casetta tradizionalee, quindi, le larve stesse si possono svi-luppare al meglio e in tutte le proporzioninecessarie.

È certamente vero che altre malattie eparassiti esistono e gli apicoltori devonocombattere con queste; ma l’introduzionedella varroa negli anni Ottanta ha certa-mente dato un colpo molto forte allaproduzione di miele. Sappiamo che lavarroa è endemica del Borneo, viene dalBorneo e quindi le api – soprattutto laligustica e la mellifera – non erano pre-parate, come invece altre api che ci con-vivono da parecchi secoli, se non millennio – di più – milioni di anni di evoluzione.Infatti, l’ape, comunque, è un animale che

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ha superato varie fasi evolutive: da carni-vora come le vespe a insetto sociale, finoa creare l’alveare.

Dobbiamo, quindi, concentrarci su unaricerca che vada veramente a compren-dere le trasformazioni che sono state ap-portate allo sviluppo naturale della fami-glia delle api e cercare di coniugarle conuno sviluppo economico, una sostenibilitàeconomica per gli apicoltori.

L’acido ossalico ha mantenuto in vitasostanzialmente le api in questi decenni.Cosa ci possiamo aspettare ? Sicuramentela richiesta delle case farmaceutiche edelle multinazionali che producono pesti-cidi di continuare a produrli e a venderli.

Quello che dobbiamo fare noi, comeistituzioni, è certamente scongiurare tuttociò e porre al di sopra il bene comune el’ecologia, affinché tutto il sistema natu-rale funzioni e le api possano essere parteintegrante di questo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare ilcollega Massimiliano Bernini, che illu-strerà anche la sua mozione n. 1-00476.Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO BERNINI. Signor Pre-sidente, colleghi, con la discussione sullelinee generali delle mozioni riguardantiiniziative a favore del settore dell’apicol-tura affrontiamo finalmente in quest’Aulauna tematica preminente per l’agricolturaitaliana e direi decisiva per il destino dellanostra società, quella riguardante la so-pravvivenza di alcune specie di insetti cheassolvono ad un importante ruolo econo-mico, ecologico ed ambientale: le api.

Questa mia affermazione, che nonvuole essere una esternazione parossisticadi stampo eco-terrorista, trova confermaanche in una citazione apparsa per laprima volta su un volantino distribuito aBruxelles, nel 1994, dall’Unione nazionaledegli apicoltori francesi attribuita alloscienziato Albert Einstein che recitava: sel’ape scomparisse dalla faccia della terra,all’uomo non resterebbero che quattroanni di vita.

Il perché di una simile affermazione èda ricercarsi nella biologia di questo in-

setto sociale che ha la caratteristica dipoter essere allevato dall’uomo ed è dif-fuso pressoché in tutti i continenti, Italiacompresa, dove si segnala, tra l’altro, ilmaggior numero di sottospecie selvatiched’Europa.

L’ape è un insetto pronubo, che tra-sporta cioè il polline da un fiore all’altro,permettendo l’impollinazione e la conse-guente fruttificazione di piante erbacee edarboree. Per questo assolvono anche al-l’importantissimo ruolo ecologico ed am-bientale di mantenimento della biodiver-sità vegetale tra le piante spontanee ecoltivate. Per queste ultime, in modo par-ticolare, i pronubi garantiscono la produt-tività di un’ampia gamma di colture eu-ropee di importanza economica ed il mi-glioramento della qualità del prodotto.

Secondo recenti studi, in Europa gliinsetti impollinatori come l’ape contribui-scono alla produzione agricola di 150colture, l’84 per cento del totale, chedipendono parzialmente o interamente da-gli insetti per l’impollinazione e il raccolto,per un valore commerciale che si aggiraintorno ai 22 miliardi di euro all’anno.

Tra le principali colture che benefi-ciano dell’impollinazione entomofila anno-veriamo il melo, l’arancio, il pero; oppureortaggi come il pomodoro, la carota, lapatata; le colture industriali come il co-tone, la colza, il girasole; la frutta secca: ilmandorlo, il noce e il castagno; le piantearomatiche: il basilico, la salvia, il rosma-rino, il timo, eccetera; il foraggio per glianimali: l’erba medica, il trifoglio; lepiante officinali come la camomilla, lalavanda e l’enotera.

Le api e le loro arnie svolgono ancheun importante ruolo, quello di essere gliindicatori biologici sullo stato di salutedell’ecosistema, dato il continuo contattocon l’ambiente a seguito dell’attività bot-tinatrice. Per questo all’interno dell’al-veare si possono ritrovare accumuli disostanze con le quali questi insetti entranoin contatto come, ad esempio, i prodottichimici delle attività agricole ed indu-striali.

Dal punto di vista produttivo, l’apicol-tura, inquadrabile nell’ambito della zoo-

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tecnia, presenta in Italia e in Europa, unmercato vivace ed interessante. Secondol’Osservatorio nazionale del miele, il mer-cato dei produttori apistici italiano è ca-ratterizzato da circa 12 mila produttori eda quasi 40 mila apicoltori con attivitàapistica per autoconsumo e da 1.157.196alveari censiti che, nel 2012, hanno fattoregistrare una produzione di 23 mila quin-tali circa di miele, il cui giro d’affari,insieme alla cera d’api, al polline e aglialtri apistici, ammonta a circa 65 milionidi euro annui.

L’Italia, inoltre, grazie alla sua varietàclimatico-vegetazionale e alla professiona-lità degli apicoltori che hanno sviluppatoraffinatissime ed impegnative tecniche dinomadismo, può contare su un patrimoniodi mieli unico al mondo, annoverandoun’infinità di millefiori, oltre trenta mo-noflora classificati e numerosi prodottiapistici di qualità DOP e IGP.

Ed arriviamo alle dolenti note: secondomolte associazioni di apicoltori come laFAI o l’Unaapi, o la stessa associazioneambientalistica Greenpeace, da almeno undecennio si segnalano gravi casi di moriadelle colonie di api inquadrabili, a volte, inuna vera e propria estinzione di massa.

A titolo esemplificativo, la Rete nazio-nale di monitoraggio degli alveari del pro-getto Beenet, attivo dal 2011, che sostitui-sce il monitoraggio Apenet approntato nel2008 a seguito dei gravi casi di moria, hasegnalato fenomeni di apicidio nelle an-nate 2012-2013 in molte regioni italiane aseguito dei trattamenti primaverili deifruttiferi in fioritura o dell’uso dei diser-banti nelle colture industriali. L’Unaapi hasegnalato anche durante questa primavera,quindi nel 2014, nuovi estesi e reiteratifenomeni di avvelenamenti, moria e spo-polamenti di interi apiari, soprattutto inconcomitanza con l’epoca delle semine delmais, dal Friuli Venezia Giulia al Veneto,alla Lombardia, all’Emilia e al Piemonte, eanaloghi fenomeni sui fruttiferi e sullecolture dei cereali della Lombardia e dellaCampania.

In generale in tutta l’Europa si è os-servata una drammatica diminuzione delnumero di api mellifere allevate e di

pronubi selvatici perdendo una media del16 per cento delle arnie, dal 1985 al 2005,prevalentemente in Inghilterra, Germania,Repubblica Ceca e Svezia, anche a causadella rarefazione di spazi aperti ricchi difiori.

Per questo la Commissione europea,nel maggio 2013, ha dato il via alla mo-ratoria contro tre insetticidi della famigliadei neonicotinoidi considerati i più dan-nosi per le api europee e destinanti allaconcia delle sementi, all’applicazione alsuolo e ai trattamenti fogliari su piante ecereali.

Inoltre, l’EFSA, l’Autorità europea perla sicurezza alimentare, ha pubblicato lenuove linee guida per la valutazione delrischio da pesticidi per la sopravvivenzadelle api cui tutte le ditte di fitofarmacidovrebbero attenersi prima della commer-cializzazione dei loro prodotti.

Anche lo stesso commissario all’agri-coltura Ciolos ha ribadito l’intenzione disostenere l’apicoltura europea attraversol’introduzione di nuove misure di svilupporurale finalizzate a favorire i giovani agri-coltori nell’ammodernamento delleaziende e ad investimenti agroambientaliper rafforzare la presenza di piante mel-lifere, per il sostentamento delle colonie diapi.

L’ultima minaccia in ordine cronolo-gico che incombe sull’apicoltura europea eitaliana è quella della vespa velutina, ocalabrone asiatico, importata accidental-mente dalla Cina, in grado di predare leapi e distruggere gli alveari. In Franciasono scomparsi circa il 50 per cento deglialveari e in Italia ci sono state segnalazionidella sua presenza nelle province di Im-peria e di Cuneo.

A parte queste questioni di carattereecologico e ambientale sussistono ancheragioni di carattere burocratico che sco-raggiano la libera iniziativa imprendito-riale degli apicoltori italiani.

Quindi, signor Presidente, considerandotutte le criticità sopra descritte, con questamozione abbiamo oggi l’occasione di poterintervenire concretamente, promuovendoazioni tangibili a tutela degli apicoltori edell’ecosistema, data la loro importanza

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strategica per l’economia del nostro Paese,stabilita, tra l’altro, dalla legge 24 dicem-bre 2004, n. 313.

Per questo, negli impegni al Governodella mozione a mia firma chiediamo chel’Esecutivo si faccia portavoce in Europa,e non solo, di una messa al bando defi-nitiva e non temporanea di tutti i farmacineonicotinoidi e degli altri insetticidi si-stemici dannosi per i pronubi, finanziandoanche la ricerca di nuove procedure e testper l’accertamento delle conseguenze perle api e per gli altri impollinatori dovuteallo spandimento di molecole e preparati.

Chiediamo, altresì, al Governo che siattivi, per quanto di competenza e inaccordo con le regioni e con le provinceautonome di Trento e di Bolzano, pro-muovendo programmi aziendali plurien-nali di miglioramento agricolo ambientale,che favoriscano i pronubi, come la crea-zione o il mantenimento di habitat speci-fici, attraverso aiuole incolte per le fiori-ture spontanee, la gestione e l’utilizzo diagrofarmaci in modo da tutelare l’ento-mofauna, la riduzione dell’uso di diser-banti per salvaguardare le piante che of-frono fioriture e la semina e la coltiva-zione di specie che producano fioritureabbondanti, come, ad esempio, la colza, iltrifoglio e la fava, inserendole nelle rota-zioni colturali.

È importante anche vigilare affinché itrattamenti alle colture vengano effettuatisolo con prodotti chimici autorizzati, evi-tando sempre e comunque i periodi difioritura e di mielata delle piantagioni.

Per quanto riguarda gli operatori delsettore, date le sue peculiarità ed eccel-lenze, si dovrebbero tutelare i produttoriitaliani da pesanti fenomeni di concor-renza estera, estendendo a tutti i prodottialimentari apistici (nello specifico, pappareale e polline) l’obbligo, attualmente invigore solo per il miele, di indicare inetichetta il Paese d’origine del prodottoconfezionato e, per tutte le categorie diprodotti, la provenienza dei pollini utiliz-zati, fermo restando quanto previsto dalregolamento dell’Unione europea n. 1169.

Chiediamo al Governo anche di atti-varsi per una semplificazione burocratica

del settore, soprattutto per quanto ri-guarda la vendita diretta e la cessione aldettaglio dei prodotti che l’apicoltore ef-fettua presso la sede aziendale, come giàprevisto per i produttori agricoli che ce-dono in campo il proprio raccolto. Nellafattispecie, nella nostra mozione abbiamoriportato un elenco di semplificazioni chepotrebbero essere approntate immediata-mente e a costo zero per la pubblicaamministrazione, come quella di inserirela pappa reale, o gelatina reale, tra iprodotti agricoli della parte I della TabellaA del decreto del Presidente della Repub-blica n. 633 del 1972, in materia di disci-plina di valore aggiunto.

Queste alcune delle nostre proposte diimpegno, frutto di un confronto avuto inquesti mesi con le associazioni italiane diapicoltori, che chiedono, tra l’altro, unloro maggior riconoscimento per una equi-librata partecipazione nell’elaborazionedei programmi di settore e per un utilizzoottimale delle risorse destinate all’agricol-tura.

Infine, per questa nuova ed incombentecalamità che va sotto il nome di vespavelutina, chiediamo che si apra immedia-tamente un tavolo di confronto con leparti coinvolte, con l’ISPRA, con le uni-versità, con le associazioni apistiche, perstabilire protocolli di intervento e pro-grammi formativi per gli apicoltori, al finedell’immediata individuazione ed eradica-zione del predatore asiatico.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare ildeputato Caon, che illustrerà anche la suamozione n. 1-00477. Ne ha facoltà.

ROBERTO CAON. Signor Presidente,onorevoli colleghi, premesso che l’apicol-tura è considerata a tutti gli effetti un’at-tività agricola, è un’attività del settoreagricolo-zootecnico di rilevanza economicafortemente radicata nella tradizione e neiluoghi in cui viene esercitata.

L’apicoltura è creatività. L’apicoltore siingegna per trovare delle soluzioni ai pro-blemi pratici dell’allevamento: prove, espe-

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rienze, risultati che rimangono nell’espe-rienza del singolo.

L’apicoltura è l’allevamento di api alloscopo di sfruttare i prodotti dell’alveare,dove per tale si intenda un’arnia popolatada una famiglia di api. Malgrado le specieallevate siano diverse per la loro produt-tività, ha una netta predominanza l’apismellifera.

Il mestiere dell’apicoltore consiste so-stanzialmente nel procurare alle api rico-vero e cure e vegliare sul loro sviluppo; incambio egli raccoglie una quota discretadel loro prodotto, consistente in miele,polline, cera d’api, pappa reale, propoli eveleno.

L’apicoltura può essere assai significa-tiva anche ai fini del controllo ambientale,essendo l’ape un animale molto sensibilealla qualità dell’ambiente in cui vive einoltre, per la natura stessa della suaattività, una sorta di campionatore ecolo-gico assai funzionale, almeno d’estate, inquanto le api ispezionano una vasta areaattorno all’alveare, venendo a contatto consuolo, vegetazione, aria ed acqua.

L’apicoltura, un tempo ingiustamenteconsiderata la cenerentola dell’agricol-tura, oggi è riconosciuta dalla leggen. 313 del 2004 come attività di interessenazionale. La ricchezza culturale del-l’apicoltura, le ampie disponibilità di ri-sorse nettarifere che da sempre caratte-rizzano il territorio italiano e la varietàe la selezione negli anni di un ceppo diapi universalmente riconosciute come lemigliori del mondo hanno portato il no-stro Paese ad importanti traguardi sulpiano interno ed internazionale, per nu-mero di addetti, per tipologia qualitativadella produzione e per diffusione dell’al-levamento sul territorio. Qualsiasi pro-dotto nazionale europeo che si fregi diuna denominazione ed indicazione pro-tetta ha un disciplinare, ovvero la pre-scrizione che disciplina l’ottenimento diun prodotto agricolo o alimentare. Piùprecisamente, è la norma di legge chedefinisce i requisiti produttivi e commer-ciali di un prodotto a DOP o IGP oqualifiche equivalenti in consorzi di tu-

tela, sovrintendendo alla nascita e ge-stione del disciplinare e dei riferimenti.

L’iter per elaborare, presentare, appro-vare e pubblicare un disciplinare è piut-tosto complesso e comunque deve esseresvolto in sede comunitaria.

La denominazione protetta individua ilnome di una zona determinata, di unaregione e talvolta anche di un singolopaese, che designa un prodotto agricolo oalimentare come originario di tale terri-torio, ove avviare la produzione e la tra-sformazione, la cui qualità sono da rin-venirsi esclusivamente in quel tale deter-minato ambiente geografico.

La procedura per il riconoscimentodella DOP è disciplinata dal regolamento(CE) 1510 del 2006, il quale prevede che,per beneficiare di una denominazione diorigine protetta, un prodotto agricolo oalimentare debba essere conforme ad undisciplinare e che la domanda di registra-zione può essere presentata esclusiva-mente da un’associazione ovvero qualsiasiorganizzazione, a prescindere dalla suaforma giuridica o dalla sua composizione,di prodotti o di trasformatori che trattanoil medesimo prodotto agricolo o il mede-simo prodotto alimentare. L’associazionepuò presentare la domanda di registra-zione solo per i prodotti agricoli o ali-mentari che essa stessa produce od ela-bora. La domanda di registrazione dellaDOP è inviata allo Stato membro sul cuiterritorio è situata la sua zona geografica.Lo Stato membro esamina la domanda diregistrazione per stabilire se sia giustifi-cata e soddisfi le condizioni previste dalregolamento.

Qualora si ritenga che i requisiti delregolamento siano soddisfatti, lo Statoadotta una decisione favorevole a trasmet-tere alla Commissione europea la docu-mentazione per la decisione definitiva, chesarà poi pubblicata sulla Gazzetta Ufficialedell’Unione europea.

Il miele italiano sta raggiungendo econsolidando il traguardo della qualitànegli ultimi anni: dal miele varesino, unprodotto di grande importanza per la

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nostra agricoltura prealpina, che ha final-mente ottenuto un traguardo in ambito emeritato, al miele delle Dolomiti bellunesi,un prodotto di eccellenza delle nostremontagne, che sono state proclamate pa-trimonio dell’umanità.

Hanno avuto il riconoscimento DOPdopo una lunga e difficile procedura perentrare nell’Olimpo della qualità europea.Questi riconoscimenti hanno una ricadutapositiva sul comparto produttivo apicolo,che è divenuto l’ennesimo punto d’orgoglioper l’agricoltura del nostro Paese.

Sono circa un milione e 300 mila glialveari nel nostro paese e 70 mila gliapicoltori italiani, per un fatturato di circa60 milioni di euro, che aumenta se sipensa che la produzione agricola traeincremento produttivo anche dal preziosoed insostituibile servizio di impollinazionedelle api sulle colture ortofrutticole e se-mentiere.

La qualità di miele prodotta varia inbase all’habitat in cui sono collocati glialveari, ma la media è di 40-50 chilo-grammi l’uno. Nell’arco di un’intera sta-gione, un’azienda apistica di medie dimen-sioni che detiene 300 alveari riesce a fare150 quintali di miele o più, con ricavisuperiori ai 100 mila euro.

L’apicoltura è tra le attività che più sipresta alla conduzione familiare: infatti èperfettamente compatibile con le esigenzee gli stili di vita dei giovani di oggi;un’attività a contatto con la natura, checollabora ai fini produttivi con l’ambientesenza sfruttarlo, che lascia anche lo spazioper la vita sociale dell’imprenditore, puòrappresentare una valida alternativa alleattività tradizionali.

Insomma, l’apicoltura è un universotutto da scoprire, che forse può darerisposte semplici, ma concrete, utili allasocietà moderna. Occorre ricordare che ilnostro Paese non è autosufficiente perquello che riguarda la produzione dimiele. Infatti, circa il 50 per cento delconsumo è sostenuto da prodotto di im-portazione, il che significa spazi di im-presa e nuove opportunità di lavoro perchi vuole diventare un apicoltore.

La maggior parte del miele importatoproviene da Paesi extraeuropei e i pro-dotti provenienti da questi Paesi arrivanosul mercato italiano ad un prezzo che èdi molto inferiore, possedendo una qua-lità sicuramente inferiore. Si importanosoprattutto mieli millefiori dall’AmericaLatina, dall’Est europeo e dalla Cina. Trai mieli uniflorali il più importato è si-curamente quello di robinia (acacia) pro-veniente da Ungheria, Romania e Cina,ma, per chi apprezza veramente il miele,la grande variabilità del prodotto no-strano è proprio la caratteristica di mag-gior pregio.

Ad aggravare le condizioni di difficoltàdel settore è sopravvenuto il diffondersi,all’inizio degli anni Ottanta, di un danno-sissimo parassita degli alveari, l’acaro Var-roa jacobsoni Oudemans, nonché dellavespa asiatica, vespa velutina, che ha pro-dotto diffuse mortalità degli alveari, ab-bandonati da parte di numerosi operatori,e, quindi, un graduale ridimensionamentodella consistenza complessiva della produ-zione.

È necessario sostenere una rinnovataattenzione verso l’apicoltura, osservataanche come diversificazione produttivaall’interno dell’azienda agricola secondo icaratteri di una multifunzionalità cheessa può assumere soprattutto nelle areedifficili, nonché come fonte di reddito peri giovani alla ricerca di nuova occupa-zione. È fondamentale, infatti, richiamarel’attenzione sull’importanza anche nutri-zionale e terapeutica dei prodotti dell’al-veare.

La mozione impegna il Governo adadottare provvedimenti volti al sostegnodel settore apistico, fonte di creazione dinuova occupazione con livelli di investi-mento sostenibili, al fine di sviluppare eproteggere l’apicoltura, nicchia dell’econo-mia agricola, meglio migliorando la qualitàe la commercializzazione del miele e deisuoi derivati; ad assumere iniziative chefavoriscano la nascita di aziende nel set-tore apistico, condotte da giovani, che,contribuendo alla biodiversità ed al man-tenimento degli equilibri ambientali, chesono gli elementi che caratterizzano il

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comparto apistico, siano un tipo di mo-dello ideale di impresa agricola nel futuro;a valorizzare l’esperienza produttiva del-l’apicoltore, che attraverso i disciplinari diproduzione si orienta verso una produ-zione di qualità; ad affidare alle regionispecifiche competenze in materia di mo-nitoraggio e controllo, al fine di evitarel’espansione di parassiti e specie dannoseper l’apicoltura, e di selezione e salvaguar-dia della purezza dell’apis mellifera ligu-stica S., da realizzare anche attraversol’istituzione di parchi naturali per la con-servazione in purezza del patrimonio ge-netico di questa razza, riconosciuta sulpiano internazionale come la migliore inassoluto; a prevedere regole che siano piùchiare e semplici, al fine di una generalesemplificazione della burocrazia in agri-coltura, affinché i giovani che voglionoavviare l’attività di apicoltore siano piùincentivati a farlo, anche dal punto di vistaburocratico.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare ildeputato Franco Bordo. Ne ha facoltà.

FRANCO BORDO. Signor Presidente,senza api non c’è primavera. Ci mancheràil loro ronzio operoso e rassicurante, ma,soprattutto, ci mancherà almeno un terzodei raccolti la cui impollinazione dipendedall’alacrità delle colonie delle nostre api.Se già oggi le famose pere, ad esempio, delSichuan, in Cina, devono essere impolli-nate a mano e le mandorle della Californiacostano il doppio per colpa del collassodegli alveari, è facile immaginare il se-guito. Pensate che rimpiazzare l’operadelle api con l’impollinazione manuale pertutti gli Stati Uniti, in base alle stime,avrebbe un costo annuale di 90 milamiliardi di dollari, con ricadute devastantisul mercato globale delle materie primealimentari, e in Europa, dove il problemaè altrettanto grave, non siamo distanti daquelle stime. Recenti ricerche eseguite adHarvard ci dicono che due neonicotinoidi,ampiamente utilizzati in agricoltura, dan-neggiano gravemente la salute delle colo-nie delle api durante l’inverno, soprattuttonegli anni più freddi.

Lo studio conferma la scoperta del2012 dello stesso gruppo di ricerca che hatrovato un legame tra le basse dosi diimidacloprid e la sindrome dello spopola-mento degli alveari, cosiddetto colony col-lapse disorder, che provoca l’abbandonodegli alveari durante l’inverno e, infine, laloro morte. Ulteriori studi suggerisconoche la mortalità delle colonie di api cor-relata alla CCD può essere causata da unaridotta resistenza delle api agli acari o aiparassiti, a seguito dell’esposizione adagrofarmaci.

Un altro problema importante è statoevidenziato da uno studio italiano che hail pregio di svelare il ruolo di un viruscome guastatore del centro nevralgico delsistema immunitario della singole ape, ilcosiddetto fattore NF-kB, aprendo la portaalla comprensione di come l’insieme delleinfezioni prodotte da patogeni possa, nelmigliore dei casi, rendere l’ape una sortadi invalida civile; nel peggiore dei casi,invece, la morte è repentina. Il DWV ovirus delle ali deformate è quello che fa sìche in presenza di varroa, che facilita lavetturazione del virus, le api nascano conle ali sfrangiate.

Un altro studio interessante evidenziacon grande chiarezza come la qualità delpolline sia fondamentale sia per l’ape cheper l’alveare per resistere al nosema e, diconseguenza, al virus, e da ciò come lanutrizione dell’ape sia il fondamento dacui l’alveare trae la possibilità di espri-mere la competenza immunitaria che per-mette alle colonie di api di resistere aipatogeni. Infine, il mondo della ricerca haevidenziato la virulenza del cosiddettonuovo virus IAPV, virus della paralisiacuta israeliana, allo stadio di pupa e aquello di bottinatrice; il virus è micidiale,in tre giorni la bottinatrice è morta e lepupe muoiono anch’esse in tempi analo-ghi.

Insomma, la ricerca dimostra, quindi,come sia di assoluta importanza, percombattere il fenomeno della moria delleapi, affrontare tempestivamente le pro-blematiche sanitarie rispetto alle quali, almomento, gli apicoltori si trovano impo-tenti, vista la mancanza di adeguato sup-

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porto da parte dei servizi veterinari localie la mancanza di assistenza tecnica inmerito.

L’attività apistica in Italia è un’attivitàagricola di antica tradizione, grazie allanostra biodiversità, ad un ambiente natu-rale favorevole per condizioni climatiche egeografiche e alla presenza di una razza diapi particolarmente adatta all’allevamento,l’apis mellifera ligustica, nativa della peni-sola e conosciuta nel mondo come « apeitaliana »; apprezzata per il valore biolo-gico ed economico, il suo allevamento hacontribuito significativamente alla diffu-sione e al successo dell’apicoltura in tuttoil mondo. L’indirizzo produttivo preva-lente delle aziende apistiche è la produ-zione di miele; altre produzioni richiedonoun maggiore livello di specializzazione,come, ad esempio, l’allevamento di apiregine.

Quelli prima descritti sono i veri pro-blemi dell’apicoltura nazionale, alla qualeoggi le istituzioni non sanno offrire ri-sposte adeguate per tutelare un settoreche in Italia conta oltre un milione dialveari, per un giro di affari di 60 milionidi euro. In Italia gli apicoltori sono 50mila, di cui 7.500 professionisti, che to-talizzano un fatturato di circa 25 milionidi euro. A ciò si aggiunge il fatto che leapi concorrono per l’80 per cento allavoro di impollinazione e l’alimentazioneumana dipende per un terzo da coltiva-zioni impollinate attraverso il lavoro diquesti insetti.

Le api, inoltre, rappresentano uno deirilevanti biosensori per l’ambiente e con-tribuiscono alla crescita di una maggiorecoscienza collettiva in merito alle attualisfide ambientali, rappresentando ancheun importante strumento per la sensibi-lizzazione ai temi dell’ambiente e dellasostenibilità in ambito educativo. Allora,che fare ? Ogni passo avanti per trasfor-mare l’attuale modello agricolo, altamentedipendente dalle sostanze chimiche, in unsistema di agricoltura ecologica avràmolti benefici, sia a livello ambientaleche in riferimento alla sicurezza alimen-tare.

L’agricoltura di stampo ecologico chemantiene un’elevata biodiversità senzal’uso o perlomeno con un uso limitato dipesticidi e fertilizzanti chimici, ha dimo-strato di apportare benefici agli insettiimpollinatori. Questo a sua volta si tra-sforma in benefici per l’impollinazionedelle colture e potenzialmente in buonerese. I metodi di produzione ecologicifanno emergere molti altri vantaggi oltrea quelli relativi agli impollinatori; adesempio, possono rafforzare il controllodi erbe infestanti, malattie, parassiti e faraumentare la resistenza complessiva degliecosistemi. Questi approcci, signor sotto-segretario, meriterebbero una ricerca mi-rata per sviluppare le migliori praticheagricole di gestione, ricevono, invece,molti meno finanziamenti pubblici ri-spetto alle politiche e alle tecniche con-venzionali, fortemente dipendenti dallachimica. Si privilegiano ancora troppo imetodi vincolati all’uso di sostanze chi-miche antibiotiche, si investe pochissimoin sistemi di agricoltura sostenibili, chesono in grado di produrre pressoché lastessa quantità di cibo e di profittodell’agricoltura convenzionale, generandoal contempo molti meno danni a livelloambientale e sociale.

Per queste ragioni, Sinistra EcologiaLibertà chiede e propone di vietare operlomeno limitare l’uso di pesticidi nociviper le api, a partire dalle sette sostanzepiù pericolose oggi in circolazione nel-l’Unione europea; chiede di sostenere epromuovere pratiche agricole che appor-tino benefici al servizio di impollinazioneall’interno di sistemi agricoli, come larotazione delle colture, la promozione diaree di interesse ecologico a livello azien-dale e metodi di agricoltura biologica;chiede di aumentare i finanziamenti per laricerca, lo sviluppo e l’applicazione dipratiche agricole ecologiche che si allon-tanino dalla dipendenza da sostanze chi-miche e antibiotiche per il controllo deiparassiti, per andare verso l’uso di stru-menti basati sulla biodiversità per control-lare appunto i parassiti e migliorare lasalute degli ecosistemi. Sulla base di questiconvincimenti, SEL condivide il contenuto

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delle mozioni presentate e auspica si possapervenire ad un testo unico da approvareunitariamente in questa Camera. In talsenso, la disponibilità del mio gruppo è sinda ora assicurata.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare ildeputato Parentela. Ne ha facoltà.

PAOLO PARENTELA. Signor Presi-dente, prima di iniziare l’intervento volevoreplicare al nostro collega Cova, che diceche i grillini stanno sparendo insieme alleapi. Volevo semplicemente dire che sonoproprio queste loro politiche che stannofacendo sparire le api e non solo queste:parliamo anche di soldi, di banche, diposti di lavoro. Quindi, evidentementesiete peggio di Attila, nel senso che dovepassa il PD non cresce più nulla. Chiusaquesta parentesi, ci auguriamo, Presidente,che questi temi di fondamentale impor-tanza non vengano usati solo come tap-pabuchi per i lavori d’Aula, visto chemediaticamente, oggi, sui media, si parleràdi tutto tranne che dell’apicidio e di questograve problema che sta devastando leeconomie locali e il nostro ecosistema.

Detto questo, Presidente, inizio il miointervento dicendo che dalle mele allearance, passando per cotone, senape ebasilico, in Europa gli insetti impollina-tori come l’ape contribuiscono alla pro-duzione agricola di 150 colture (circa l’84per cento del totale) i cui raccolti di-pendono dagli insetti per l’impollinazione,per un valore commerciale che si aggiraintorno ai 22 miliardi di euro. Senzadubbio, quindi, l’apicoltura, inquadrabilenell’ambito della zootecnia, assolve, oltrealla funzione produttiva, anche a quellaecologico-ambientale e di sviluppo rurale,rientrando perciò a pieno titolo nell’am-bito delle attività agricole multifunzionali.Recentemente la FAI ha dichiarato che visono molti motivi per ritenere che le apiitaliane siano a rischio di estinzione, cosìcome le altre sottospecie di ape mellifera,visto che è in corso una moria estrema-mente preoccupante. Sempre secondo laFAI, le ragioni di questa moria sonorintracciabili non solo nell’introduzioni di

nuove specie spurie ma soprattutto neitrattamenti insetticidi a base di imidaclo-prid, prodotto già bandito in Francia dal2002. Intanto Greenpeace evidenzia comeil polline, con il quale entrano in con-tatto le api, è altamente inquinato da unpesante cocktail di pesticidi tossici, moltidei quali neonicotinoidi.

Per questo l’associazione ambientalistaha invitato la Commissione europea e iGoverni nazionali a vietarne completa-mente l’utilizzo. La rete nazionale di mo-nitoraggio degli alveari (progetto Beenetattivo dal 2011) ha comunque segnalatogravi fenomeni di apicidio in diverse re-gioni italiane.

L’importanza dell’apicoltura e la ne-cessità di salvaguardare un insetto fon-damentale per l’agricoltura e il nostroecosistema ha reso necessario chiedereattraverso questa mozione di impegnareil Governo a promuovere, nei programmiaziendali pluriennali di miglioramentoagricolo ambientale, tutte le azioni chefavoriscano i pronubi, riportate nell’am-bito del progetto europeo Step, finaliz-zato alla conservazione degli organismipronubi e del loro servizio di impollina-zione. Inoltre, impegna il Governo a sal-vaguardarne l’azione pronuba delle api; aintraprendere tutte le azioni necessarieaffinché le regioni individuino le limita-zioni e i divieti cui sottoporre i tratta-menti antiparassitari con prodotti fitosa-nitari ed erbicidi tossici per le api sullecolture arboree, produttive, ornamentali espontanee, non solo durante il periodo difioritura ma anche in quello di mielata;ad agire in sede nazionale ed europeaper un divieto definitivo dei neonicoti-noidi e di altri insetticidi sistemici dan-nosi per i pronubi, finanziando, altresì, laricerca scientifica per l’individuazione dinuove procedure e test per l’accerta-mento delle conseguenze per le api e pergli altri impollinatori. Inoltre impegniamoil Governo a promuovere una capillareazione di controllo e vigilanza per larepressione dell’uso, durante i trattamentichimici in agricoltura, di fitofarmaci eprincipi attivi vietati o non autorizzati alivello nazionale ed europeo, perché pe-

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ricolosi per i pronubi; ad intraprenderetutte le iniziative normative affinché ilprodotto apistico denominato « pappareale » o « gelatina reale » venga annove-rato tra i prodotti agricoli della parte Idella tabella A del decreto del Presidentedella Repubblica n. 633 del 1972, attri-buendo allo stesso un’aliquota di com-pensazione ai fini IVA. Inoltre impe-gniamo il Governo a favorire le produ-zioni di qualità, garantendo il consuma-tore e tutelando i produttori italiani dapesanti fenomeni di concorrenza estera,estendendo a tutti i prodotti alimentariapistici l’obbligo, attualmente in vigoreper il miele, di indicare in etichetta ilPaese d’origine del prodotto confezionatoe per tutte le categorie di prodotti laprovenienza dei pollini utilizzati, fermorestando quanto previsto dal regolamentoUE n. 1169/2011. Inoltre impegniamo ilGoverno ad individuare rappresentanzequalificate degli operatori del settore api-stico, utilizzando anche i criteri di asse-gnazione dei contributi ai sensi dellalegge n. 133 del 2008, contenuti nel de-creto del 16 febbraio 2010, tenendo inconsiderazione il Regolamento del-l’Unione europea che obbliga anche al-l’elaborazione di piani apistici nazionali afavore dello sviluppo dell’apicoltura inpiena e fattiva collaborazione con le or-ganizzazioni rappresentative del settore.Inoltre impegniamo il Governo ad intra-prendere tutte le iniziative legislative ne-cessarie a sburocratizzare il settore at-traverso una semplificazione per la ven-dita diretta e per la cessione al dettagliodei prodotti che l’apicoltore effettuapresso la sede aziendale, ciò anche aisensi del Regolamento dell’Unione euro-pea n. 852 del 2004 (sull’igiene dei pro-dotti alimentari) che definisce l’attivitàdell’apicoltore ai fini sanitari. In ultimo,impegniamo il Governo anche ad inte-grare l’elenco delle « attività agricole con-nesse », in relazione alla corretta valuta-zione del reddito ascrivibile adun’azienda apistica, ricomprendendo tuttii prodotti dell’apicoltura diversi dalmiele, come elencati nella legge n. 313del 2004 – ovvero la disciplina del-

l’apicoltura – all’articolo 2, comma 2. Inultimo, ad attivare immediatamente untavolo tecnico coinvolgendo le associa-zioni di apicoltori riconosciute a livellonazionale, l’Ispra, gli enti di ricerca uni-versitari ed istituzionali come l’Efsa, perindividuare lo stato dell’arte e le lineeguida per l’eradicazione della vespa ve-lutina e degli altri patogeni e parassitiche minacciano le api e per la forma-zione degli apicoltori, al fine dell’indivi-duazione e dell’ubicazione dei nidi e degliesemplari di calabrone asiatico.

Le richieste quindi contenute in questamozione si aggiungono ad una proposta dilegge a prima firma Bernini e a un’inter-rogazione a risposta scritta che abbiamopresentato. Il nostro intento è di salva-guardare non solo l’apicoltura, ma soprat-tutto di arrivare a un tipo di agricolturache sappia essere più sostenibile dal puntodi vista ambientale. Non ci si può voltaredall’altra parte e non si deve consentireche il profitto garantito dall’utilizzo disostanze chimiche dannose a un determi-nato tipo di agricoltura insostenibile vengabarattato con la difesa del nostro territo-rio e del nostro ecosistema.

C’è una bella citazione, che è stataripetuta più volte, attribuita forse erro-neamente ad Albert Einstein, che dice che« se l’ape scomparisse dalla faccia dellaterra all’uomo resterebbero tre, quattroanni di vita ». Ora, non sappiamo quantosia vera questa cosa, ma ovviamente pre-feriremmo non correre il rischio che siacosì. Per questo invitiamo l’Aula e invi-tiamo questo Governo ad impegnarsi af-finché un giorno non si possa dire che ètroppo tardi. È questa la buona politica.Quindi, non voltiamoci dall’altra parte(Applausi dei deputati del gruppo MoVi-mento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Avverto che è stata testépresentata una nuova formulazione dellamozione Dorina Bianchi n. 1-00478. Ilrelativo testo è in distribuzione.

Non vi sono altri iscritti a parlare epertanto dichiaro chiusa la discussionesulle linee generali delle mozioni.

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Prendo atto che il Governo si riserva diintervenire successivamente.

Il seguito della discussione è rinviato adaltra seduta.

Sospendo la seduta per cinque minuti.La seduta riprenderà alle ore 17,45.

La seduta, sospesa alle 17,40, è ripresaalle 17,45.

Discussione delle mozioni Catania ed altrin. 1-00146, Fiorio ed altri n. 1-00052,Gagnarli ed altri n. 1-00088 e Miglioreed altri n. 1-00161, concernenti inizia-tive volte a ridurre gli sprechi alimen-tari (ore 17,45).

PRESIDENTE. L’ordine del giorno recala discussione delle mozioni Catania edaltri n. 1-00146 (Nuova formulazione),Fiorio ed altri n. 1-00052, Gagnarli edaltri n. 1-00088 (Nuova formulazione) eMigliore ed altri n. 1-00161 (Nuova for-mulazione), concernenti iniziative volte aridurre gli sprechi alimentari (vedi l’alle-gato A – Mozioni).

Avverto che lo schema recante la ri-partizione dei tempi riservati alla discus-sione delle mozioni è pubblicato in calce alvigente calendario dei lavori dell’Assem-blea (vedi calendario).

Avverto che sono state presentate lemozioni Faenzi ed altri n. 1-00472, Caoned altri n. 1-00475 e Dorina Bianchi n. 1-00479, che, vertendo su materia analoga aquella trattata dalle mozioni all’ordine delgiorno, verranno svolte congiuntamente(vedi l’allegato A – Mozioni). I relativi testisono in distribuzione.

Avverto altresì che è stata presentatauna nuova formulazione della mozioneFiorio ed altri n. 1-00052 ed un’ulteriorenuova formulazione della mozione Ga-gnarli ed altri n. 1-00088 (vedi l’allegato A– Mozioni). I relativi testi sono in distri-buzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la di-scussione sulle linee generali delle mo-zioni.

È iscritto a parlare il deputato MarioCatania, che illustrerà anche la sua mo-zione n. 1-00146 (Nuova formulazione). Neha facoltà.

MARIO CATANIA. Signor Presidente, ilfenomeno degli sprechi nella filiera ali-mentare è largamente presente in tutti iPaesi industrializzati ed è un fenomeno alquale anche il nostro Paese purtroppo nonsfugge, pur non dando luogo ad entità disprechi paragonabili alle punte più elevatepresenti in altri Paesi. È un fenomenoassai complesso che è la risultante dicomportamenti e di fattori diversi.

In primo luogo, è un fenomeno chetocca la produzione, la produzione agri-cola e quella elementare. È poi un feno-meno che tocca la grande distribuzione etutti gli altri anelli della distribuzione aivari stadi ed è, infine, un fenomeno chetocca il consumatore, gli stili di vita e icomportamenti del consumatore mede-simo, che danno luogo a forme di sprechialimentari a volte anche assai ingenti.

È evidente, dalle parole che ho detto,che siamo in presenza di una fenomeno-logia assai diversificata e complessa. Nullaha a che vedere lo spreco che avviene allaproduzione, che è dovuto il più delle voltea fattori di non conformità del prodottocon gli standard commerciali e di mercatorichiesti di volta in volta, mentre è assaidiverso il fenomeno che avviene nelle fasidella distribuzione, ove il comportamentodegli attori della filiera è piuttosto condi-zionato da fattori come le scadenze, che,per legge o per prassi, vengono imposte aiprodotti e che richiedono poi da partedella distribuzione stessa la necessità diun’operazione di ritiro che, il più dellevolte, si trasforma in spreco alimentare.Ancora diversi sono i fenomeni presentipresso i consumatori, dove lo spreco ali-mentare è riconducibile il più delle voltead una cattiva gestione della programma-zione della spesa alimentare della famiglia,che si traduce poi in accumuli di prodottoche vengono eliminati.

Le cose che ho detto ci fanno bencomprendere come il fenomeno degli spre-chi alimentari sia in primo luogo un

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fenomeno che tocca l’efficienza della fi-liera e che ha quindi un grande rilievoeconomico. Razionalizzare il funziona-mento della filiera, limitando gli sprechialimentari, è di per sé un valore positivo,perché induce la filiera a comportamentieconomicamente più virtuosi, realizzandoun effetto di economicità dei comporta-menti di tutti gli attori. Tuttavia, va detto– e anche questo è in un certo modo giàemerso dalle cose che ho detto – che iltema degli sprechi è anche un tema cheriguarda i comportamenti degli individui,in particolare i comportamenti delle fa-miglie, i comportamenti dei consumatori, ein quanto tale è un fenomeno che tocca glistili di vita, che tocca l’etica stessa deicomportamenti umani. Anche sotto que-st’ottica il tema degli sprechi è un temaimportante: educare i comportamenti dellefamiglie, a partire da quelli che sono irudimenti che già vengono dati ai ragazzie ai bambini nel rapporto con i benialimentari, è un obiettivo che dovrebbeessere a cuore di una società avanzata esensibile come la nostra.

Tuttavia, c’è un elemento che mi premesottolineare e che va al di là dell’efficienzaeconomica della filiera e dei comporta-menti dei consumatori e dei loro stili divita. Mi preme sottolineare la simmetria,che, purtroppo, è presente in Occidentenei paesi industrializzati in generale e, inparticolare, anche in Italia, tra un mas-siccio fenomeno di sprechi alimentare e lapresenza di un elevatissimo numero diindigenti, di poveri, di persone povere, difamiglie povere che hanno difficoltà adaccedere al prodotto alimentare, agli ali-menti, al bene primario.

Ebbene, credo che soltanto accostandoquesti due fattori, gli sprechi, da un lato,e la presenza di indigenti, dall’altro, met-tendoli a sistema, con risposte virtuose,possiamo compiere un vero e proprio saltodi qualità nell’approccio a tale materia.Per questo motivo, la mozione che ab-biamo presentato e che, in questo, sidistingue leggermente dalle mozioni pre-sentate da altri gruppi è particolarmenteincentrata sul tema degli indigenti e sul

rapporto che ci deve essere tra sprechialimentari ed assistenza agli indigenti.

In Italia, abbiamo uno stato socialemolto presente e molto attivo in diversicomparti della nostra realtà ma che nonha mai messo in piedi un sistema diassistenza organica strutturata, che ri-guarda l’emergenza primaria, quella dei« marginali » che non sono in condizionedi alimentarsi. Il nostro è uno Stato so-ciale molto evoluto in molte componentima, curiosamente, non ha mai avuto unapolitica organica di assistenza alimentareai più poveri, all’anello debole del nostrosistema sociale, a quella parte di società,purtroppo, in crescita numericamente, cheha difficoltà ad alimentarsi.

Le politiche pubbliche al riguardo sonoil più delle volte demandate ai comuni chele svolgono con formulazioni e approccidiversi; manca un approccio, storicamente,non solo oggi ma anche nei decenni cheabbiamo alle spalle, organico e molto èlasciato – e per fortuna con rispostespesso positive – al volontariato, al terzosettore che, in varie forme, interviene nelsociale, colmando una lacuna di questapolitica pubblica e dando assistenza agliindigenti anche sotto il profilo alimentare.

Ebbene, le organizzazioni caritative,che sono in prima linea su questo frontee in questa battaglia, hanno beneficiato inpassato sostanzialmente di due forti fattoridi alimentazione del proprio circuito: daun lato, proprio il ricorso, attraverso in-tese dirette, a rifornimenti, forniti dalsistema distributivo, in particolare diretti adistogliere gli sprechi elementari dal finedella distruzione per avviarli ad un cir-cuito virtuoso, che è quello delle organiz-zazioni caritative che fronteggiano gli in-digenti; l’altro grande canale attraverso ilquale le organizzazioni caritative si sonoalimentate negli ultimi trent’anni è quellodella politica europea. Mi riferisco, inparticolare, ad una misura specifica cheveniva applicata in Italia dal Ministerodell’agricoltura fino allo scorso anno e che,con finanziamento comunitario, assicuravaalimenti alle organizzazioni caritative af-finché potessero per l’appunto dare luogoad una distribuzione alle parti più deboli

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della nostra società, ai poveri del nostroPaese. Ebbene, questo elemento è venuto amancare da quest’anno e, nonostante l’im-pegno profuso sia dal Governo Monti chedal Governo Letta, e sono sicuro anchedall’attuale Governo, per fornire rispostepositive in questo senso, non è stata finorasostituita alcuna forma di intervento ana-logo destinato ad integrare il recupero chedirettamente fanno le organizzazioni ca-ritative degli sprechi alimentari.

In altre parole, oggi abbiamo, ancor piùche non negli anni passati, un sistema chenon è in grado di dare risposte organichee strutturate sul territorio al problemadella mancanza di alimenti per i piùpoveri.

Per tutte queste ragioni, la nostra mo-zione tende a richiamare l’attenzione delGoverno, da un lato, sulla necessità – e inquesto la nostra mozione è simile a quelledi molti altri gruppi presentate contestual-mente – di dare una risposta al fenomenodegli sprechi alimentari, cercando di in-tervenire, in modo razionale, su tutti glianelli della filiera, al fine di ridurre l’en-tità degli sprechi e di mettere sotto unacorretta finalizzazione gli sprechi alimen-tari medesimi. Ma, dall’altro, la nostramozione – e questo è un elemento, credo,di distinzione rispetto ad altre – tende asottolineare al Governo l’importanza dinon far cadere l’esperienza del pro-gramma gestito per trent’anni dal Mini-stero dell’agricoltura per la distribuzionedegli alimenti agli indigenti, che era arri-vato a distribuire oltre 100 milioni di euroannui di prodotti alimentari agli indigentiattraverso le organizzazioni caritative confinanziamento comunitario; non farlo ca-dere – anche se il quadro giuridico co-munitario è oggi modificato – ma darglicontinuità, non abbandonando questounico presidio importante di politica pub-blica sul tema della distribuzione di ali-menti ai poveri che tanto ruolo ha avutonegli ultimi decenni.

Questo programma aveva raggiunto li-velli di efficienza molto elevati, con uncosto amministrativo bassissimo e unaresa finale elevata; è, a nostro parere,fondamentale che, oltre ad una politica

organica, ripeto, diretta a limitare, da unlato, e a meglio indirizzare i prodottialimentari che non vanno sul mercato,dall’altro, oltre a questo, è fondamentale,lo ripeto e concludo, che il Governo nonlasci cadere l’esperienza del programmaPead fatto dal Ministero dell’agricolturanegli ultimi trent’anni per distribuire ri-sorse alimentari agli indigenti attraverso leorganizzazioni caritative.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare ildeputato Zanin, che illustrerà anche lamozione Fiorio ed altri n. 1-00052 (Nuovaformulazione). Ne ha facoltà.

GIORGIO ZANIN. Signor Presidente, lamozione che presentiamo oggi come par-tito si colloca dentro un contesto tempo-rale molto chiaro ed impegnativo. Expo2015 ha il suo cuore nel titolo: « Nutrire ilpianeta, energia per la vita ». Dunque,sprecare cibo significa sostanzialmentesprecare energia vitale. Oltre agli obiettividel millennio, l’orizzonte del pianeta edell’aumento della popolazione, che laFAO ha recentemente descritto nella suaaudizione in Commissione alla Camera invista di Expo 2015, impone a tutti lacapacità di scegliere le strade per assicu-rare agli essere umani del pianeta lamigliore possibilità di sopravvivenza, ildiritto ad una alimentazione sana ed ade-guata per tutti, dettando un’agenda chenon può che partire da un fortissimo:« Primo: non sprecare ».

A leggere i dati viene in mente quasiuno scricchiolio di una porta di un filmdell’orrore, si immagina sempre il peggio.Infatti, mentre il numero di persone de-nutrite sulla terra sfiora il miliardo, laquantità di cibo sprecato ammonta a 222milioni di tonnellate: sono numeri chefanno veramente una grande impressionee che sono una manifestazione della di-seguaglianza evidente su cui cammina oggil’economia del pianeta.

Le ricadute di tale spreco hanno ancheuna incidenza sia sulla condizione clima-tica del pianeta, con la produzione di gasad effetto serra per cui per ogni chilo-grammo di cibo sprecato si può calcolare

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la produzione di ben 4,5 chilogrammi diCO2 equivalente, sia sulle risorse idriche esulla biodiversità. Basti pensare che, perprodurre il cibo sprecato, si impiegano piùdi 250 km cubi di acqua all’anno e 1,4miliardi di ettari di terreno, con 3,3 mi-liardi di tonnellate di gas serra. Cifre dacapogiro che rendono evidente la necessitàdi lavorare da subito per abbattere quel 50per cento di spreco che viene a maturarenelle fasi della produzione, raccolta estoccaggio del cibo e che viene anche, perun 45-46 per cento, dalle fasi della lavo-razione, della distribuzione, del consumo.

Dunque, non c’è armonia, né tutela deidiritti in questa faccenda; è evidente per-ciò che lo spreco di cibo è una manife-stazione della perversione del sistema disviluppo centrato soltanto sul consumomassificato, quantitativo piuttosto chequalitativo: una perversione che riguardale diverse fasi del ciclo dei prodotti agroa-limentari, dalla produzione al consumofinale.

Secondo lo studio della Commissioneeuropea del 2011, la media pro capite dicibo sprecato raggiunge la cifra incredibiledi 180 chilogrammi: ma si tratta dellamedia europea – ricorderebbe Trilussa –che passa dai 579 olandesi ai 44 dellaGrecia, con l’Italia a quota 149 chili,signor Viceministro ! Valore decisamentesuperiore alla media mondiale, che viaggiatra i 95 e i 115 chili.

Gli sprechi domestici giocano un ruolodecisivo, con una cifra intorno al 42 percento del totale: sono dati che fannoriflettere, se si immagina che equivalgonoal 25 per cento in peso della spesa ali-mentare delle famiglie, quasi 76 chilo-grammi di spreco di cibo pro capite.

Seguendo dunque la classifica dell’ori-gine degli sprechi del cibo, le trasforma-zioni del cibo incidono per il 39 per cento,i servizi per la ristorazione arrivano asprecare il 14 per cento e la distribuzioneincide infine per 8 chilogrammi pro capite,la distribuzione stessa, essendo al centrodel processo, è responsabile anche per lefasi a monte ed a valle della filiera.

In Italia – è questo il dato che più ciinteressa –, secondo alcune stime dell’Os-

servatorio sugli sprechi alimentari, nel2011 lo spreco pare essere costato allefamiglie oltre 1.500 euro: sono cifre chefrancamente stento a misurare. Si tratta dicirca 20 milioni di tonnellate di cibo, conun valore complessivo di oltre 9 miliardidi euro e un peso sul prodotto internolordo che supera il mezzo punto percen-tuale.

Non sono dunque numeri con i qualipossiamo scherzare né fare le cose « perimmagine »: si deve in qualche modo pen-sare che per ogni italiano c’è una dispo-nibilità di calorie medie che supera dicirca 1700 kcal il fabbisogno energetico.Un sovrappiù che quando non diventaspreco si traduce in sovralimentazione,con le note conseguenze sulla salute edunque anche sulla spesa sanitaria. Dob-biamo pertanto chiederci quali siano lemotivazioni di questo spreco, in modo dacostruire una sorta di mappa con impegnipuntuali volti a modificare questa situa-zione.

Chiaramente, stabilire come mettere inefficienza la produzione è compito inprimo luogo tecnico: gli scarti di produ-zione infatti possono senza dubbio esserediminuiti nell’interesse in primo luogo dichi lavora e produce. Più complicato èstabilire il da farsi con la distribuzione,che per sua natura dipende dall’approcciotra domanda e offerta, che inevitabilmentenon coincidono.

In questo senso, una strada da battereè quella dell’etichettatura, della quale pe-raltro si sta discutendo in sede europea.Consentire tempi di incrocio tra domandae offerta più lunghi è certamente saggio, apatto che ciò non comprometta la qualitàdei cibi. In realtà, per diminuire gli spre-chi della distribuzione, il tema fondamen-tale è quello dei ritiri della produzione perassicurare la stabilità dei prezzi. Il pro-dotto ritirato infatti è soltanto in minimaparte assicurato per la distribuzione allefasce sociali deboli; dunque ciò deve in-durre a riflettere anche sulla politica deiprezzi e sull’organizzazione effettiva suscala capillare della raccolta e dell’impiegodel cibo in scadenza, così come finalmenterealizzato anche in Italia, in primo luogo

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dalle organizzazioni di terzo settore. D’al-tronde, lo spreco nel 2009 di 263.645tonnellate di prodotti alimentari, di cui il40 per cento di ortofrutta per un valore di900 milioni di euro, parla da sé !

A livello industriale, lo spreco maggioreè quello della filiera lattiero-casearia enella conservazione di frutti e ortaggi, ilche pone necessariamente il tema delvalore del mercato fondato sul prodottolocale come aiuto sostanziale a contenerele cifre dello spreco.

Un lavoro di grande attenzione, invece,è possibile per migliorare la situazionerelativa alla ristorazione collettiva, dove lagrammatura delle porzioni (nei piattiavanza mediamente il 25 per cento delprodotto), la tipologia delle diete, la ra-zionalizzazione dei comprensori del terri-torio del servizio e la cadenza dei menùpossono certamente essere ottimizzati invista di un pieno consumo dei prodotti. Dabuone gare d’appalto dei servizi di risto-razione potrebbero derivare efficienta-menti ottimali senza perdita di qualità.Ospedali, scuole ed enti pubblici in genere,dovrebbero essere perciò in prima linea inquesta battaglia, ma anche la ristorazioneaziendale può migliorare in questo senso,evitando nei bandi la garanzia di offerte dicibi a fine turno in quantità corrispon-dente a quella iniziale. I dirigenti possonodecidere di fare diversamente e in questosenso a volte è anche una questione distile: chi lo dice che consumare il pastodopo gli impiegati sia un attestato distatus, infatti ?

Infine, c’è il tema dello spreco dome-stico: il frigorifero grande, la superficialitànel controllo delle etichette, gli acquistifatti cedendo alla suggestione delle offerte,la dieta spesso non equilibrata, l’attitudinea mettere nel piatto più di quanto occorree si mangia effettivamente e lo stile di vitafast, sono tutti elementi che parlano afavore di un intervento, in primo luogorieducativa. Sottolineo rieducativi, perchésenza mitizzazione del passato, nelle fa-miglie un tempo esistevano le Colonned’Ercole antispreco in quel « non si buttavia niente » di origine contadina.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTEROBERTO GIACHETTI (ore 18,05).

GIORGIO ZANIN. Sino a pochi decennifa le abitudini domestiche si fondavanosolo sulla cultura antispreco, quel cheveniva lasciato a mezzogiorno tornava atavola alla sera e ai bambini capricciosinon mancavano i richiami a quanti nelmondo, meno fortunati e più poveri, nonavrebbero certo disdegnato il piatto perragioni molto meno sottili di Mafalda.

Ristrettezze e composizione delle fami-glie certamente favorirono un approccio alcibo diverso; in questo senso anche lastagione della crisi ora può diventareun’opportunità per valutare e valorizzaremeglio il cibo presente nelle dispense. Inquesto senso anche l’alleanza intergenera-zionale può essere una risorsa per trasfe-rire ai bambini, non solo a scuola, maanche in famiglia, il valore del cibo comerisorsa e influenzare dunque i futuri com-portamenti, stimolando al riciclaggio delcibo a casa, ma anche – perché no ? –nella ristorazione collettiva. Magari mipermetto di suggerire alla Presidenza, an-che nel sistema dei ristorazione presentealla Camera dei deputati, che non sarebbemale avere dei dati a disposizione conl’obiettivo di realizzare, ove già non fos-sero presenti, delle buone pratiche. Ovvia-mente, per conseguire i risultati a 360gradi ha fatto molto bene il Ministerodell’ambiente e della tutela del territorio edel mare ad avviare il piano nazionale diprevenzione e ad istituire il PINPAS, mal’elemento di maggiore qualità in questosenso deriverebbe anche da un pieno coin-volgimento dei Ministeri delle politicheagricole e forestali e dell’istruzione, del-l’università e della ricerca.

In conclusione, la mozione presentatadal Partito Democratico indirizza e so-stiene questo percorso, proponendo al Go-verno numerosi impegni rivolti a promuo-vere l’efficienza della filiera agroalimen-tare; a sostenere modelli dove contanosostenibilità, trasformazione, riutilizzo edistribuzione del cibo come aiuto alimen-tare; a stimolare gli appalti pubblici che

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tengono conto del valore del cibo; a pro-muovere accordi per migliorare il packa-ging delle etichettature; a realizzare cam-pagne informative per la conservazione delcibo, che riducano lo spreco, e progettieducativi per diete equilibrate capaci dimantenere il legame tra agricoltura, ali-mentazione ambiente e salute; a sostenerela creazione delle reti che sostengano ilsistema delle donazioni e dei ritiri del ciboe ad attivare il coordinamento nazionaletra soggetti che operano in questa dire-zione, con l’obiettivo di sostenere l’annoeuropeo della lotta allo spreco alimentare.

Lo spreco di cibo è un sintomo, ilsintomo di una società bulimica: cambiareverso significa per noi ingaggiare una lottasistematica a questa malattia sociale.Siamo convinti di farlo spingendo le isti-tuzioni e il Parlamento a giocarsi la partitain prima linea. Per questo sarà impor-tante, e ancora più efficace, se riusciremoa giocarla insieme con la collaborazione ditutte le forze politiche.

PRESIDENTE. È iscritta a parlarel’onorevole Gagnarli, che illustrerà anchela sua mozione n. 1-00088 (Ulteriorenuova formulazione). Ne ha facoltà.

CHIARA GAGNARLI. Signor Presi-dente, colleghi, oggi in quest’Aula si parladi sprechi, sprechi alimentari, paradossodi un mondo alla rovescia dove un mi-liardo di persone soffre di malnutrizione eun miliardo di persone si ammala percause connesse all’eccessiva alimentazione.Lo spreco alimentare ha una dimensionedi portata mondiale, tanto che metà delcibo prodotto nel mondo non arriva maiad essere consumato. Parlare di sprechinon significa, quindi, parlare del cibo chefinisce nella spazzatura, ma significa par-lare di ambiente, agricoltura, educazione,salute ed economia.

Per produrre tutto il cibo che buttiamovia ogni anno in Italia sprechiamo più di1.200 milioni di metri cubi di acqua, 24,5milioni di tonnellate di CO2, pari a circail 20 per cento delle emissioni di gas serradel settore trasporti, il 36 per cento del-l’azoto da fertilizzanti utilizzati inutil-

mente, con tutti gli impatti e i costiambientali che ne conseguono.

Le cause delle perdite e degli sprechialimentari sono molteplici e si differen-ziano a seconda delle varie fasi dellafiliera agroalimentare. Mentre nei Paesi invia di sviluppo le perdite più significativesi concentrano nella prima fase della fi-liera, nella fase di coltivazione e raccolto(risultato, quindi, di un’agricoltura pocoefficiente, competenze tecniche limitate,pratiche arretrate e dotazioni infrastrut-turali inadeguate), nei Paesi industrializ-zati gli sprechi si concentrano sul con-sumo domestico e la ristorazione, princi-palmente per cause comportamentali olegate al mancato rispetto di standardqualitativi ed estetici.

Le politiche di marketing delle multi-nazionali hanno contribuito a generarecomportamenti sociali tendenti a produrresempre più spreco e scarto alimentare,come la calibratura della frutta, l’aspettodella verdura che non deve presentaremacchie, le pratiche commerciali che in-coraggiano i consumatori a comprare piùcibo di quello di cui effettivamente hannobisogno, l’errata pianificazione degli ac-quisti, l’errata interpretazione delle eti-chette di scadenza degli alimenti, l’inade-guata conservazione del cibo, ma soprat-tutto la scarsa consapevolezza dell’impattoeconomico ed ambientale degli sprechialimentari.

Il problema dello spreco alimentare è,quindi, da ritenersi strettamente connessoalle politiche economiche e di marketing,che hanno prodotto azioni e comporta-menti distorsivi e senza la minima perce-zione delle conseguenze che ne sono con-seguite.

Le stime indicano che a livello europeola quantità di cibo sprecato ogni annoammonta a 89 milioni di tonnellate, 180chilogrammi pro capite, il 42 per centonell’uso domestico, il 39 per cento nellafase di produzione, il 14 per cento nellafase di ristorazione, il 5 per cento nellafase di vendita al dettaglio e all’ingrosso.Secondo lo studio della Commissione eu-ropea, che indica come media 180 chilo-grammi pro capite di cibo sprecato, la

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situazione nell’Unione europea passa dai579 chilogrammi pro capite dell’Olanda ai44 chilogrammi pro capite della Grecia,con l’Italia a 149 chilogrammi pro capite.In Italia annualmente si spreca cibo per 37miliardi di euro, sufficiente a nutrire 44milioni di persone. Ogni famiglia italianaspreca in media una quantità di cibo delvalore di 454 euro l’anno, soprattutto perprodotti freschi, il 35 per cento, il 19 percento per il pane, il 16 per cento per fruttae verdura.

Sulla base dei dati rilevati dall’ISTAT,la percentuale della produzione agricolarimasta nei campi ammonta al 3,25 percento del totale. La percentuale più altadella produzione non raccolta è quellarelativa ai cereali, mentre nella filieraortofrutticola solo in parte il prodottoritirato viene destinato alla distribuzionegratuita alle fasce deboli della popola-zione, in parte viene destinato alla distil-lazione alcolica, al compostaggio e all’ali-mentazione animale. Per l’industria agroa-limentare i prodotti scartati sono gestiticome rifiuti o utilizzati per la produzionedi mangimi. I maggiori sprechi sono quellidell’industria lattiero-casearia e della la-vorazione e conservazione di frutta e or-taggi. Tra i prodotti alimentari che mag-giormente vengono sprecati in Italia rien-tra il pane. Secondo una recente inchiestasarebbero circa 13 mila i quintali di panebuttati ogni giorno, quasi il 25 per centodel pane prodotto destinato alla grandedistribuzione.

Renzi qualche giorno fa a L’Arena diGiletti ha rilanciato l’Expo come possibilesoluzione al problema dell’obesità e dellafame nel mondo. Proprio l’Expo, la cilie-gina sulla torta di un Paese con un elencodi follie inutili e dannose: la TAV, latrivellazione, gli inceneritori. L’Expo:l’apoteosi dello spreco e dello sperpero, delsacrificio del suolo fertile, il tangentificiodelle larghe intese, l’evento mondiale nondella nutrizione, ma della speculazione.

Quante iniziative potevate fare con imiliardi spesi per l’Expo ? Potevate au-mentare la dotazione del Fondo per ilcredito all’agricoltura, vuoto dal 2011, edaiutare le nostre aziende. Potevate pro-

muovere corsi di educazione alimentare erendere il consumatore consapevole deglisprechi di cibo, di acqua, energia e deiloro impatti economici e sociali. Potevatesostenere iniziative per il recupero e ilriutilizzo di alimenti rimasti invenduti escartati lungo tutta la filiera agroalimen-tare e ridistribuirli alle categorie di citta-dini meno abbienti.

Nutrire il pianeta sarà difficile se noncominciamo a modificare i nostri sistemialimentari, il modo in cui produciamo,trasformiamo, distribuiamo e consumiamocibo, se non salvaguardiamo la nostrasalute, se non tuteliamo la biodiversità deiterritori, se non diciamo « no » allo stra-potere delle multinazionali, se non di-ciamo « no » alla speculazione dei grandieventi e delle grandi opere, se non soste-niamo la nostra agricoltura e il rispettodell’ambiente, se non impariamo a com-portarci come custodi della terra e noncome ospiti passeggeri (Applausi dei depu-tati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlarel’onorevole Franco Bordo, che illustrerà lamozione Migliore n. 1-00161 (Nuova for-mulazione), di cui è cofirmatario.

FRANCO BORDO. Signor Presidente,l’urbanizzazione, la supermercatizzazionee la diffusione globale degli stili di vitamoderni hanno scosso le tradizioni ali-mentari. Il problema è di sistema e trovale sue cause nel commercio globale, neicibi troppo elaborati, nelle politiche agri-cole attuali, nelle tecnologie con brevettoproprietario, nell’elaborare diete disa-strose dei Paesi sviluppati e in quelli dalleeconomie emergenti: così scrive Olivier DeSchutter, relatore speciale dell’Organizza-zione delle Nazioni Unite per il diritto alcibo, nella sua relazione, che analizza inessi di causalità tra salute, malnutrizionee spreco alimentare, presentata nel 2012 alConsiglio dei diritti umani.

Lo spreco alimentare ha assunto e stasempre più assumendo una dimensione diportata mondiale, tant’è che metà del ciboprodotto nel mondo non arriva mai adessere consumato. Il problema dello

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spreco alimentare è da ritenersi connessoalle politiche economiche e di marketingche, negli ultimi venti anni, hanno pro-dotto fattori e azioni comportamentalialtamente distorsivi della realtà fattuale edelle conseguenze che da tali modus com-portandi e vivendi ne sono conseguite.

Le politiche di marketing delle multi-nazionali e le normative sulla brevetta-zione dei prodotti agroalimentari hannocontribuito a generare comportamenti so-ciali tendenti a produrre sempre piùspreco e scarto alimentare. La cultura delriciclo e del riutilizzo alimentare faticanon poco ad affermarsi rispetto al suocontrario. La sproporzione della produ-zione alimentare, senza che ciò abbia nelcorso degli anni consentito di ridurredrasticamente il numero delle persone chenel mondo non hanno accesso alla nutri-zione, ha, al contrario, polarizzato ulte-riormente le fasce sociali del pianeta.Questa paradossale ipertrofia produttivaha sull’ambiente impatti devastanti e, senon fermata per tempo, irreversibili.

La FAO, come già è stato qui ricordato,stima che a livello mondiale la quantità dicibo che finisce tra i rifiuti ammonta a 1,3miliardi di tonnellate e che 921 milioni dipersone nel mondo sono a rischio didenutrizione.

Il 19 gennaio 2012, il Parlamento eu-ropeo ha approvato, in seduta plenaria,una risoluzione dal titolo: « Come evitarelo spreco di alimenti: strategie per miglio-rare l’efficienza della catena alimentarenell’Unione europea ». Dalla relazione pre-paratoria della risoluzione si evince che laproduzione annuale di rifiuti alimentarinei 27 Stati membri ammonterebbe a circa99 milioni di tonnellate, ossia 179 chilo-grammi pro capite, senza contare gli spre-chi a livello di produzione agricola o dicattura di pesci rigettati in mare.

La risoluzione si pone come obiettivoprincipale la riduzione degli sprechi ali-mentari del 50 per cento entro il 2025,attraverso una strategia per migliorarel’efficienza della catena alimentare degliStati membri.

Da recenti studi è emerso che, perprodurre un chilogrammo di cibo, si im-

mettono in atmosfera in media 4,5 chilo-grammi di CO2, che in Europa si produ-cono 170 milioni di tonnellate di CO2

equivalente/anno. Il cibo sprecato, in Ita-lia, è di 76 chilogrammi pro capite, pari ad800 euro a famiglia, composta da unnucleo di 2,5 persone, cioè la famigliamedia italiana.

Insomma, 70 chilogrammi a persona,76 chilogrammi di avanzi alimentari nonriutilizzati, ma ancora commestibili, but-tati da ogni italiano in un anno sonodavvero un’enormità.

Secondo le prime stime fatte da Wastewatchers (sentinelle dello spreco), in Italialo spreco alimentare rappresenta l’1,9 percento del prodotto interno lordo. Stiamoparlando di circa 19 miliardi riferiti al PILdel 2011; una parte significativa di questospreco si colloca nella filiera di produ-zione, trasformazione, distribuzione e ri-storazione.

E qui pensiamo al recente scandaloemerso dalle inchieste giornalistiche dei 13mila quintali di pane buttati ogni giornodal nostro Paese. Il restante spreco diquesto, che va a completare l’1,9 delprodotto interno lordo sprecato, è collo-cato e rappresentato a livello domestico.

La quantità di cibo sprecato potrebbeessere ridotta del 60 per cento con un’edu-cazione più attenta ai consumi. Last Mi-nute Market, una spin-off dell’università diBologna, ha realizzato un documento de-nominato « Carta a spreco zero », il qualeviene continuamente arricchito e aggior-nato grazie all’implementazione delle co-noscenze, allo scambio delle buone prati-che tra amministrazioni e, di conseguenza,all’adozione di nuovi strumenti di analisi edi indirizzo che il documento propone.« Carta a spreco zero » è stato sottoscrittoda oltre 700 sindaci europei e detta undecalogo comportamentale alimentare concui poter avviare processi razionali al finedi ridurre drasticamente gli sprechi e leperdite alimentari.

La legge n. 155 del 2003, detta anche« legge del buon samaritano », disciplina ilrecupero e la distribuzione di alimenticotti e freschi da parte di organizzazionino profit a fini sociali. Il principio finali-

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stico della legge è quello di incentivarel’utilizzo di cibo ancora commestibile pro-veniente dai produttori o dalla grandedistribuzione – non più vendibile perdifetto di confezionamento o perché vicinoalla scadenza – ma anche da mense azien-dali e scolastiche.

La Commissione europea ha propostoche, nel quadro finanziario e pluriennaledella UE per il periodo 2014-2020, ilprogramma di aiuti alimentari debba es-sere coperto non più con i fondi dellapolitica agricola ma con quelli della coe-sione sociale, con il Fondo sociale europeo.Tale Fondo viene costituito da una baseobbligatoria di finanziamento di 2,5 mi-liardi di euro e gli Stati membri possonodecidere di aumentare le proprie alloca-zioni di un ulteriore miliardo di euro subase volontaria.

La legge n. 134 del 2012 ha istituito ilFondo per la distribuzione delle derratealimentari alle persone indigenti gestito daAgea, con lo scopo di raccogliere derratealimentari, a titolo di erogazioni liberali,dagli operatori della filiera agroalimentaree da organismi rappresentativi dei produt-tori agricoli o imprese di trasformazionedell’Unione europea, al fine di far frontealle eccedenze alimentari e consentire,conseguentemente, la redistribuzione sulterritorio nazionale al fine di ridurre lospreco alimentare.

Ma, considerata la preoccupante einaccettabile dimensione del fenomeno, èchiaro che quanto fatto sinora dal nostroPaese risulta insufficiente e contradditto-rio.

Pertanto, con questa mozione, SinistraEcologia Libertà propone alla Camera deideputati di impegnare il Governo priori-tariamente su questi punti: promuovere, insede comunitaria e nazionale, modelli diagricoltura sostenibile al fine di ridurredrasticamente, a monte e a valle dellafiliera alimentare, gli sprechi che si pro-ducono a causa dei requisiti di qualitàimposti dalla legislazione europea e na-zionale, concernenti l’aspetto e la calibra-tura degli ortofrutticoli freschi che neltempo si sono rivelati tra le principalicause di produzione di inutili scarti ali-

mentari, nonché di cibo sprecato, e, sus-seguentemente, adottare opportune inizia-tive legislative di settore con cui spiegareai consumatori il valore nutritivo di pro-dotti agricoli che presentano forme o ca-libri imperfetti; ad agire congiuntamentecon gli altri partner europei in materia diinvestimenti relativi alla promozione diprogrammi comunitari finanziati dal-l’Unione europea, al fine di introdurrespecifiche iniziative faro sulla educazionealimentare, sull’ecologia domestica e difiliera; a far sì che, in occasione dell’espo-sizione universale Expo Milano 2015 inti-tolata « Nutrire il pianeta, energia per lavita », venga adottato un patto tra nazioniincentrato sulla prevenzione e lo spreco dicibo e sull’educazione alimentare con cuifronteggiare, da un lato, lo spreco e, dal-l’altro, impedire che diete non salutaridistorcano le reali esigenze nutrizionalidell’organismo umano. Inoltre, a intro-durre, sin dal prossimo ciclo scolasticodella scuola dell’obbligo, programmi distudio e di educazione alimentare e ge-stione ecosostenibile delle risorse naturaliche abbiano, quale punto di partenza, glieffetti negativi che lo spreco alimentareproduce. Altresì, tali programmi di studiodovrebbero tendere a strutturare, nell’im-maginario delle future generazioni, unapproccio meno utilitaristico e maggior-mente eco-responsabile delle risorse natu-rali viste nella loro complessità sistema-tica.

Chiediamo di valutare eventuali modi-fiche alle regole che disciplinano gli ap-palti pubblici per i servizi di ristorazionee di ospitalità alberghiera, in modo daprivilegiare, in sede di aggiudicazione, aparità di altre condizioni, quelle impreseche garantiscano la ridistribuzione gra-tuita del cibo eccedente a cittadini indi-genti, attraverso enti no profit.

Chiediamo, inoltre, di introdurre mo-difiche normative sulla commercializza-zione e la vendita dei prodotti agroalimen-tari, partendo dall’introduzione della dop-pia scadenza che indichi le caratteristichequalitative del prodotto, « preferibilmenteentro », cioè la data di scadenza commer-ciale, e la data di scadenza vera e propria,

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quella « da consumarsi entro », relativaalla salubrità del prodotto alimentare, alfine di non generare confusione per ilconsumatore finale.

Ancora, chiediamo di introdurre incampo agricolo e energetico misure legi-slative volte alla valorizzazione degli ali-menti non più commestibili, solo quellinon più commestibili, ma utili nella pro-duzione di energia rinnovabile e di con-cimi organici.

In conclusione, signor Presidente, vor-rei citare ciò che scrive Andrea Segrè:sull’astronave Terra i passeggeri sono col-locati in « classi » molto, troppo diverse.Tutti vogliono avere più energia e cibo. Intanti ne hanno un bisogno effettivo. Altri,invece, nei Paesi più ricchi e progrediti,per sostenere e aumentare lo spreco a cuisono abituati; tant’è che un americanoconsuma in media come 2 europei, 10cinesi, 15 indiani, 30 africani.

È chiaro, colleghi, che, se non inver-tiamo la rotta, questa astronave prestoandrà fuori orbita.

PRESIDENTE. È iscritto a parlarel’onorevole Mottola, che illustrerà anche lamozione Faenzi n. 1-00472. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CARLO FRANCESCOMOTTOLA. Signor Presidente, rappresen-tante del Governo, colleghi, lo scorso 1o

ottobre, in occasione della Giornata mon-diale dell’alimentazione, proclamata dallaFAO, è emerso un quadro allarmante e alcontempo gravissimo, nell’ambito del com-plesso fenomeno quale è quello dellospreco e delle perdite alimentari, che coin-volge ogni parte del pianeta. Quello dellospreco degli alimenti, rappresenta, infatti,un fenomeno che getta un’ombra preoc-cupante sul modello di sviluppo che hagovernato negli ultimi cinquant’anni l’eco-nomia dei nostri Paesi.

Un modello di economia che è daconsiderarsi insostenibile e che si misuraunicamente sulla crescita del prodotto in-terno lordo, che basa le sue fondamentasull’esasperato aumento dei consumi, nonconsiderando che le risorse naturali sonoinvece limitate e che il nostro pianeta ha

confini fisici che rappresentano un limiteinsormontabile allo sviluppo incondizio-nato; non rappresenta, quindi, un tipo dieconomia accettabile.

Un’economia che non ha mai vistonello spreco delle risorse, in particolarequelle alimentari, un fattore negativo e cheaddirittura lo ha tollerato, considerandoloun sottoprodotto ineliminabile del suo mo-dello produttivo, non è certamente quellaideale che auspichiamo per i nostri figli.

In tale ambito, i numeri dello sprecoalimentare nel mondo e nel nostro Paeserisultano inaccettabili. Secondo il Rap-porto 2013 sullo spreco domestico di Wa-ste Watcher, l’Osservatorio di Last MinuteMarket e il Dipartimento di scienze etecnologie agroalimentari dell’Università diBologna, ogni famiglia italiana sciupa, inmedia, circa 200 grammi di cibo allasettimana. Il risparmio complessivo possi-bile, se si applicassero metodi diversi,risulterebbe invece di circa 8,7 miliardi dieuro. Secondo i monitoraggi, inoltre, in unanno si potrebbero recuperare in Italia 1,2milioni di tonnellate di derrate che riman-gono sui campi, oltre 2 milioni di tonnel-late di cibo dall’industria agroalimentare epiù di 300 mila tonnellate dalla distribu-zione.

Non è un caso, dunque, che negli ultimisei mesi sia aumentata la sensibilità degliitaliani intorno al tema degli sprechi. Lerilevazioni effettuate nel 2013 registravanoche il 45 per cento degli italiani avevasensibilmente diminuito lo spreco del ciboacquistato e poi sprecato rispetto al 2012.Oggi, quel dato è salito al 52 per cento,sette punti percentuali che testimonianouna maggiore attenzione nella politica fa-miliare della spesa alimentare. Evidente-mente, l’obiettivo che gli italiani si dannonel 2014 è di « contingentare » il costodello spreco domestico.

Per questo, probabilmente, abbiamooggi smesso di irrigidirci davanti alla datadi scadenza dei prodotti: oggi il 63 percento degli intervistati dichiara che,quando il cibo è scaduto, controlla seeffettivamente è andato a male oppure è

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ancora buono, e cerca comunque di riu-tilizzarlo. Tuttavia, le complessità del fe-nomeno, che coinvolge tutti gli attori dellafiliera agroalimentare, la cui situazioneattuale evidenzia ad oggi il permanere digravissime difficoltà in ordine al supera-mento della quantità degli sprechi alimen-tari che persiste a livello mondiale, coin-volgendo anche il nostro Paese, imponeun’azione da parte dei Governi mondiali ingrado di determinare adeguate politiche estrategie di contrasto allo spreco alimen-tare attraverso la revisione di modelli emetodi utilizzati, anche per acquisire ido-nee informazioni inerenti i Paesi progre-diti.

Con le mozioni presentate dai diversigruppi parlamentari, ed in particolare conquella del nostro gruppo di Forza Italia,così articolata e completa, s’intende per-tanto riproporre all’attenzione delle isti-tuzioni, ed in particolare al GovernoRenzi, una questione molto complessa delfenomeno dello spreco alimentare, la cuidefinizione univoca attualmente non di-sponibile rappresenta uno dei principaliparadossi globali dell’epoca recente e, con-temporaneamente, una sfida sempre piùimportante nell’attuale contesto di crisieconomica globale, in parte superata, e deinuovi problemi di povertà alimentare checoinvolgono anche i Paesi avanzati.

Aggiungo, inoltre, come l’appunta-mento del prossimo anno, in occasionedell’esposizione universale Expo 2015,non potrà non interessare tutti i Paesipartecipanti, ed in particolare il nostro,che è il Paese ospitante, al fine di as-sumere un’iniziativa globale, in linea conle iniziative dell’Unione Europea e dellaFAO, che impegni tutti i Paesi parteci-panti ad Expo contro lo spreco e leperdite alimentari, che ogni anno am-montano a circa 750 miliardi di dollari.L’Expo, infatti, dovrà rappresentare unappuntamento storico, non soltanto perla promozione dell’universo agroalimen-tare ed in particolare la valorizzazionedel made in Italy, ma anche costituireuna piattaforma importante contro lafame nel mondo e per definire un ab-battimento del 50 per cento entro il 2020

dell’impressionante cifra di 1,3 miliardidi tonnellate di cibo sprecato nel mondoattraverso campagne mirate ad accrescerela consapevolezza del fenomeno e accordidi lungo termine che coinvolgano l’interacatena alimentare, a partire dalla filieraagricola.

In tale ambito, attraverso la mozionepresentata dal gruppo di Forza Italia, sitende ad evidenziare un quadro comples-sivo tuttora grave. Lo spreco alimentarenel nostro Paese è ancora molto forte: ognifamiglia italiana spreca cibo per 1.700euro l’anno, a fronte della perdita di 1,3miliardi di tonnellate di cibo. Pertanto,colleghi, nei confronti di tale fenomenopossiamo e dobbiamo porre rimedio al piùpresto.

Con l’avvio oggi della discussione sullelinee generali, si riprende pertanto undibattito parlamentare relativo ad un ar-gomento sociale ed economico di notevolerilevanza, con l’auspicio che al terminedell’esame possano determinarsi delle basiunivoche su cui prevedere una comunedirezione, considerate le dimensioni as-sunte dal fenomeno, in grado di ridurrel’entità degli sprechi alimentari e, soprat-tutto, la portata dei suoi impatti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlarel’onorevole Caon, che illustrerà anche lasua mozione n. 1-00475. Ne ha facoltà.

ROBERTO CAON. Signor Presidente,rappresentanti del Governo, colleghi, se-condo il rapporto della FAO un terzo delcibo prodotto in tutto il mondo vienesprecato; ogni anno nei Paesi ricchi vienepersa una quantità di cibo equivalente aquella prodotta nell’Africa subsahariana(222 milioni di tonnellate contro 230).Negli Stati Uniti il 30 per cento del ciboprodotto ogni anno viene gettato via.L’ammontare di cibo che va perduto osprecato ogni anno equivale a più dimetà dell’intera produzione annualemondiale di cereali (2,3 miliardi di ton-nellate nel 2009-2010). In Europa e inNord America lo spreco pro capite ècalcolato intorno ai 100 chilogrammi al-l’anno, mentre in Africa subsahariana e

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nel sud-est asiatico ammonta a circa 10chilogrammi: la differenza è di uno zero,ma è sostanziale. In Italia lo sprecoalimentare annuo ammonta a 6,5 milionidi tonnellate, pari a 108 chilogrammi procapite: una cifra inferiore rispetto allamedia europea, ma pur sempre preoc-cupante.

Il problema dello spreco alimentare èmolto serio e non riguarda solo il nostroPaese, ma anche una fetta importantedell’intero pianeta. Con l’aumento dei con-sumi cresce anche la quantità di cibo cheviene quotidianamente sprecato. Molti deiprodotti alimentari destinati alle mensescolastiche non sono ottenuti a partire damaterie prime originarie dei territori incui sono consumati, né sono riferibili alletradizioni alimentari dei territori mede-simi.

Le attuali politiche di approvvigiona-mento di prodotti alimentari destinatialla refezione scolastica tendono, nel lorocomplesso, a contribuire al processo diprogressivo indebolimento della compo-nente agricola all’interno delle filiereagroalimentari e a generare costi a caricodell’acquirente finale che, nel caso spe-cifico, è, in primo luogo, identificabile nelcontribuente o, in ogni caso, nei soggettiche si fanno materialmente carico disopportare gli oneri relativi al consumodi pasti nelle mense scolastiche. Il con-sumo di prodotti di qualità DOP e IGPe, più in genere, di prodotti tipici e diterritorio, è riconosciuto come funzionaleal mantenimento di un buono stato disalute ed è, pertanto, particolarmenteindicato per i bambini, ai fini di unacorretta educazione alimentare, volta an-che a limitare la diffusione di stati pa-tologici, quali l’obesità, che, con crescentee preoccupante frequenza, interessa lefasce di età più giovani della popolazione.

Il consumo di prodotti tipici e di qua-lità concorre, altresì, al mantenimento diforme di agricoltura ancorate al territorioe, quindi, anche alla tutela ed allo sviluppodei valori economici, sociali e culturali chesono propri dei territori di cui gli stessiprodotti sono espressione. Le regioni eprovince possono garantire un’alimenta-

zione sana, varia e completa, dalle carni aiformaggi, dal riso agli ortaggi, dalle uovaalla frutta. Assicurare una dieta equili-brata e corretta educa i bambini a man-giare secondo la stagionalità e la territo-rialità dei prodotti e sostiene le filierelocali, tenendo sempre presente però lenecessità di salute, di religione o esigenzeparticolari.

Adottare nelle scuole una dieta alimen-tare somministrando ai bambini prodottiprovenienti sia dal territorio della provin-cia che della regione in cui è situata lascuola, nonché prodotti italiani, lasciandocomunque uno spazio nei menù ai pro-dotti provenienti anche dall’Unione euro-pea o da altre parti del mondo, significaeducare i giovani ad una sana e correttaalimentazione, facendo anche compren-dere loro l’importanza della problematicadello spreco alimentare e, inoltre, pro-muove le specificità del territorio.

In poche parole, sto chiedendo unacultura alimentare rivolta ai giovani, co-minciando dalle scuole. Così si rilance-rebbe la filiera locale di produzione, chesignifica, prima di tutto, prodotti semprefreschi e genuini, con dei costi moltocontenuti e con un’attenzione anche al-l’ambiente. Essendo prodotti provenientidal territorio, si ridurrebbero al minimo leemissioni di CO2 derivate dal trasporto e,altresì, si incentiverebbe anche la cono-scenza dei prodotti tipici locali all’internodelle scuole, prodotti apprezzati e invidiatiin tutto il mondo.

Siamo conosciuti, la gente viene quaper un discorso culturale, ma anche per lacultura del nostro cibo. Complice la crisieconomica, oggi appena il 36 per centodegli italiani dichiara di attenersi rigoro-samente alla data di scadenza dei prodotti,riservandosi di valutare personalmente laqualità dei prodotti scaduti prima di but-tarli. Solo il 54 per cento degli italianicontrolla quotidianamente il frigorifero eil 65 per cento controlla almeno una voltaal mese la dispensa.

Con la crisi si registra, peraltro, un’in-versione di tendenza e quasi tre italiani suquattro (73 per cento) hanno tagliato gli

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sprechi a tavola nel 2013, anche per effettodella necessità di risparmiare e di otti-mizzare la spesa dallo scaffale alla tavola.La tendenza al contenimento degli sprechiè forse l’unico aspetto positivo della crisiin una situazione in cui ogni persona inItalia ha comunque buttato nel bidonedella spazzatura ben 76 chili di prodottialimentari durante l’anno.

L’Unione europea si sta apprestando arivedere le norme sulle etichette di sca-denza dei prodotti alimentari per far spa-rire le scritte « da consumarsi preferibil-mente entro » dalle confezioni di prodottidi pasta, riso, tè, caffè e formaggi duri,quindi estendere ai prodotti secchi la listadei prodotti per i quali attualmente non èprevista una scadenza, come sale e aceto.

Questa modifica era all’ordine delgiorno della riunione del 19 maggio 2014del Consiglio Agricoltura, dove i Ministrihanno affrontato le proposte delle delega-zioni di Olanda e Svezia, sostenute daAustria, Germania, Danimarca e Lussem-burgo, che intendevano, in questo modo,richiamare l’attenzione sul problema deglisprechi alimentari in Europa. La giustifi-cazione di questa proposta era incentratasul fatto che spesso i cibi vengono buttativia ancora integri a causa dell’insicurezzanei consumatori, perché portati a confon-dere – e quindi allarmati dalle possibiliconseguenze sulla salute – la data discadenza vera e propria – « da consumarsientro » – con i termini minimi di conser-vazione – « da consumarsi preferibilmenteentro » – che sono stati introdotti a ga-ranzia dei consumatori.

La data di scadenza indica la dataentro la quale il prodotto deve essereconsumato ed anche il termine oltre ilquale un alimento non può più essereposto in commercio, ed è prevista per tuttii generi deperibili come latte, yogurt, ri-cotta, uova, pasta fresca ed altri. Il tmc,invece, indica la data fino alla quale ilprodotto alimentare conserva le sue pro-prietà specifiche in adeguate condizioni diconservazione. Tanto più ci si allontanadalla data di superamento del tmc, tanto

più vengono a mancare le caratteristicheorganolettiche e gustative, o nutrizionali,di un alimento.

Il Commissario europeo per la salute,al termine dei lavori del Consiglio UE, hadichiarato che verso la metà di giugnopresenterà, insieme al collega all’ambiente,Janez Potocnik, una comunicazione sul-l’alimentazione sostenibile, dove si parleràanche della data limite di consumo dialcuni alimenti. La comunicazione, chenon è una proposta legislativa, sarà di-scussa sotto il semestre di presidenzaitaliana dell’UE e, quindi, sarà propriol’Italia che potrà dare un primo orienta-mento al dibattito in attesa di una pro-posta.

Le nuove forme di spreco alimentarenon riguardano solo i cibi, ma anchel’utilizzo non corretto di prodotti destinatiall’alimentazione umana e animale, comel’uso del mais e dei foraggi nei digestoriper produrre l’energia.

Dunque, si impegna il Governo ad adot-tare, al fine di ridurre gli sprechi alimen-tari, tutte le iniziative necessarie affinché,anche attraverso il potenziamento deglistrumenti normativi esistenti, l’approvvi-gionamento dei prodotti alimentari, desti-nati ai servizi di mensa scolastica, pro-venga dal territorio, dalla provincia, dallaregione e dall’Italia, da reperire, princi-palmente, attraverso modalità finalizzate afavorire l’avvicinamento tra la fase pro-duttiva agricola e quella di consumo; arendere partecipe il Parlamento su qualesarà la posizione del Governo, durante ilsemestre di presidenza europeo, circa lemodifiche proposte che sono state illu-strate in sede di Consiglio Agricoltura delmese di maggio 2014 in merito alle normesulle etichette di scadenza dei prodottialimentari.

PRESIDENTE. È iscritta a parlarel’onorevole Dorina Bianchi, che non è inAula; s’intende che vi abbia rinunciato.

È iscritta a parlare l’onorevole Sante-rini. Ne ha facoltà.

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MILENA SANTERINI. Signor Presi-dente, la perdita della quantità di unmiliardo di tonnellate di cibo all’anno –incredibile – non solo causa gravi perditeeconomiche, ma grava anche in modoinsostenibile sulle risorse naturali dallequali gli esseri umani dipendono per nu-trirsi.

Vorrei citare qui il rapporto FAO del2013. Ogni anno il cibo che viene prodotto,ma non consumato, sperpera un volume diacqua pari al flusso annuo di un fiumecome il Volga; utilizza 1,4 miliardi di ettaridi terreno – quasi il 30 per cento dellasuperficie agricola mondiale – ed è re-sponsabile della produzione di 3 miliardidi tonnellate di gas serra. Oltre a questoimpatto ambientale, le conseguenze eco-nomiche dirette di questi sprechi si aggi-rano, secondo il rapporto, intorno ai 750miliardi di dollari l’anno.

Sostiene il Direttore generale della FAOin questo rapporto che « tutti – agricoltorie pescatori, lavoratori nel settore alimen-tare e rivenditori, Governi locali e nazio-nali, e ogni singolo consumatore – devonoapportare modifiche a ogni anello dellacatena alimentare per evitare che vi siaspreco di cibo e invece riutilizzare oriciclare laddove è possibile ».

Nel gennaio 2012 il Parlamento euro-peo ha approvato una risoluzione peradottare misure urgenti per dimezzare,entro il 2025, gli sprechi alimentari nel-l’Unione europea e per migliorare l’accessoal cibo per i cittadini più vulnerabili.Considerando che gli alimenti sono spre-cati, come dicevo, lungo tutta la catena –produttori, trasformatori, distributori, ri-storatori, consumatori –, si è chiesta l’at-tuazione di una strategia coordinata, checombini misure a livello europeo e nazio-nale per migliorare l’efficienza, compartoper comparto, dell’approvvigionamentoalimentare e contrastare con urgenza lospreco di cibo.

In Italia è già attivo un tavolo presso ilMinistero dell’ambiente e della tutela delterritorio e del mare, ma vorrei sottoli-neare che lo spreco di cibo non è unproblema solo ambientale.

È un problema legato all’alimenta-zione, perché troppi non hanno da man-giare, a disfunzioni legate alla catenaagroalimentare, sprechi non solo dome-stici, ma anche durante la preparazionedei cibi nelle industrie, e sui campi in cuitroppi frutti non sono raccolti. Noi ri-teniamo quindi necessario un impegnodiretto, su questa tematica, del Ministerodell’agricoltura e diamo atto al Vicemi-nistro Olivero di aver aperto non solo deitavoli di concertazione, ma anche di avermanifestato un forte impegno in questosenso e, tra l’altro, il Ministero sta ge-stendo l’Expo, il cui tema « Nutrire ilpianeta » è evidentemente un’occasione danon perdere. Ma oltre all’imperativo am-bientale il problema dello spreco è dinatura etica: noi non possiamo permet-tere che un terzo di tutto il cibo cheviene prodotto nel mondo vada perdutoquando vi sono 870 milioni di personeche soffrono la fame e anche in Europagli sprechi alimentari sono molti.

Uno studio della Commissione europeadice che la produzione annuale di rifiutialimentari nei ventisette Stati membri am-monterebbe a circa 90 milioni di tonnel-late, senza contare gli sprechi nella pro-duzione agricola e il pesce ributtato amare. Insomma anche in Italia gli sprechialimentari equivalgono a un valore an-nuale di ben 11 miliardi di euro secondola Coldiretti o, secondo Waste Watchers, di9 miliardi, in pratica lo 0,57 per cento delPIL nazionale. È interessante notare che il42 per cento si spreca tra le mura di casa,ma il 39 per cento si perde nella produ-zione e nella distribuzione alimentare. Chesi possa ridurre è provato dal fatto checon la crisi gli italiani hanno gestito megliola spesa: quasi il 30 per cento ha annullatogli sprechi e la metà l’ha ridotto. E ridu-cendo di appena il 10 per cento gli sprechidi cibo degli italiani sarebbe possibileimbandire adeguatamente la tavola di bentre milioni di concittadini, bambini, an-ziani.

Anche la grande distribuzione conta dirazionalizzare meglio i prodotti invendutidistribuendo ogni anno 50 mila tonnellatedi cibo. Insomma è possibile sprecare

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meno e aiutare di più. Lo mostrano adesempio i dati della COOP: una sola catenadi supermercati che si è organizzata inproprio per recuperare il cibo invenduto eper donarlo ha dato via nel 2013 merceper un valore di 26 mila 500 euro ad untotale di 813 Onlus e questo ha permessodi assistere 140 mila persone in difficoltà.Nel 2013 nella sola Lombardia sono statidonati, grazie al progetto « Buon fine »,546 mila chilogrammi di prodotti alimen-tari per un valore di 2 milioni. Sono stateaiutate così più di 3 mila persone. Questeiniziative sono però rese difficili a volte acausa della burocrazia o di direttive comequella ad esempio del 20 marzo 2003,secondo la quale il pane deve essere con-sumato entro la sera stessa in cui vieneprodotto, altrimenti deve essere conside-rato come un rifiuto e non può essereneanche donato, neanche per il consumoanimale. Quindi, è necessario un tavolo alivello nazionale che coinvolga gli attoriprincipali, lavori alla rimozione di taliostacoli, incentivi le donazioni e costruiscauna rete integrata a livello nazionale.

Per questo io vorrei richiamare l’atten-zione sui fondi destinati agli aiuti alimen-tari che finora erano gestiti dall’Agea men-tre ora è operativo un nuovo programmaper i soggetti deboli, sempre a livelloeuropeo, che lo sostituisce ed è gestito dalMinistero del lavoro e delle politiche so-ciali, competente per il welfare. Il fondo èstato voluto dal Governo Monti come unostrumento che avrebbe dovuto operare inassenza di misure europee in questo set-tore. La dotazione finanziaria era di 100milioni annui ed è andata nel 2013 abeneficio di più di quattro milioni didestinatari finali, perché è stata gestitaattraverso gli organismi di volontariato –associazioni, parrocchie, mense sociali,case famiglia, distribuite nel territorio, conla mediazione di associazioni come lafondazione e l’associazione Banco alimen-tare, la Caritas, la Croce Rossa, la Comu-nità di Sant’Egidio, Banco delle opere dicarità, San Vincenzo De Paoli, Sempreinsieme per la pace e tante altre. Questeorganizzazioni no profit operano in modo

capillare sul territorio e utilizzano per ladistribuzione prodotti donati dalle im-prese.

Per questo noi attiriamo l’attenzionedel Governo su alcuni punti. In primoluogo, i 10 milioni di euro stanziati con ilfondo 2014 che dovrebbero essere imme-diatamente erogati per fare da ponte inattesa che entri in azione l’operatività delnuovo fondo europeo.

E poi progettare un nuovo piano quin-quennale che preveda proprio senza ri-tardi e senza interruzioni, aiuti alimentariper soggetti deboli. Raccomandiamo che inuovi programmi operativi del Fondo diaiuti europei agli indigenti prevedano ladistribuzione degli alimenti acquistati cen-tralmente tramite le organizzazioni part-ner accreditate. Infatti, come è riportatonel nostro ordine del giorno alla legge distabilità, quello del gruppo Per l’Italia, cheè stato approvato nel dicembre 2013 dalGoverno, l’attivazione di una rete di so-stegno a favore di famiglie, singoli, personeanziane, immigrati consente di personaliz-zare gli interventi che rischiano altrimentidi essere sottoposti solo a criteri burocra-tici.

Per questo la distribuzione dei generialimentari, in particolare di quelli chesono sottratti allo spreco, deve esseresvolta all’interno di progetti di coesionesociale e di reinserimento. In questo sensovogliamo sottolineare non solo la valenzaambientale, ma soprattutto quella etica, eil forte raccordo che il Governo insieme alParlamento, e in generale il Paese, debbafare per raccordare, appunto, la elimina-zione, la riduzione dello spreco con unapiù equa distribuzione agli indigenti.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscrittia parlare e pertanto dichiaro chiusa ladiscussione sulle linee generali delle mo-zioni.

Chiedo al Governo se intende interve-nire: prendo atto che si riserva di farlosuccessivamente. Quindi il seguito delladiscussione è rinviato ad altra seduta.

Atti Parlamentari — 51 — Camera dei Deputati

XVII LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA DEL 26 MAGGIO 2014 — N. 233

Ordine del giornodella seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l’ordine delgiorno della seduta di domani.

Martedì 27 maggio 2014, alle 11:

1. – Svolgimento di interrogazioni.

(ore 16 e al termine del punto 9)

2. – Seguito della discussione del dise-gno di legge:

S. 1417 – Conversione in legge, conmodificazioni, del decreto-legge 31 marzo2014, n. 52, recante disposizioni urgenti inmateria di superamento degli ospedali psi-chiatrici giudiziari (Approvato dal Senato)(C. 2325).

— Relatori: Mattiello (per la II Com-missione) e Patriarca (per la XII Commis-sione), per la maggioranza; Rondini, diminoranza.

3. – Dichiarazione di urgenza dellaproposta di legge n. 2299.

4. – Seguito della discussione del dise-gno di legge:

Delega al Governo per il recepimentodelle direttive europee e l’attuazione dialtri atti dell’Unione europea – Legge didelegazione europea 2013 – secondo se-mestre (C. 1836-A).

— Relatore: Alli.

5. – Seguito della discussione del dise-gno di legge:

Disposizioni per l’adempimento degliobblighi derivanti dall’appartenenza del-l’Italia all’Unione europea – Legge europea2013-bis (C. 1864-A).

— Relatore: Michele Bordo.

6. – Seguito della discussione del testounificato delle proposte di legge:

AMICI ed altri; CENTEMERO ed al-tri; MORETTI ed altri; BONAFEDE edaltri; DI LELLO ed altri; DI SALVO edaltri: Disposizioni in materia di sciogli-mento o di cessazione degli effetti civili delmatrimonio nonché di comunione tra iconiugi (C. 831-892-1053-1288-1938-2200-A).

— Relatori: D’Alessandro e Moretti.

7. – Seguito della discussione dellemozioni Bergamini ed altri n. 1-00426,Zaccagnini e Pisicchio n. 1-00473, Cova edaltri n. 1-00474, Massimiliano Bernini edaltri n. 1-00476, Caon ed altri n. 1-00477e Dorina Bianchi n. 1-00478 concernentiiniziative a favore del settore dell’apicol-tura.

8. – Seguito della discussione dellemozioni Catania ed altri n. 1-00146, Fio-rio ed altri n. 1-00052, Gagnarli ed altrin. 1-00088, Migliore ed altri n. 1-00161,Faenzi ed altri n. 1-00472, Caon ed altrin. 1-00475 e Dorina Bianchi n. 1-00479concernenti iniziative volte a ridurre glisprechi alimentari.

(ore 19)

9. – Esame e votazione della questionepregiudiziale riferita al disegno di legge:

S. 1430 – Conversione in legge, conmodificazioni, del decreto-legge 7 aprile2014, n. 58, recante misure urgenti pergarantire il regolare svolgimento del ser-vizio scolastico (Approvato dal Senato) (C.2385).

PROPOSTA DI LEGGE DI CUISI RICHIEDE L’URGENZA

CANCELLERI ed altri: Soppressionedella società Equitalia Spa e trasferimentodelle funzioni in materia di riscossioneall’Agenzia delle entrate, nonché determi-

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nazione del limite massimo degli oneri acarico dei contribuenti nei procedimenti diriscossione (2299).

La seduta termina alle 18,50.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONEDEL DEPUTATO LUCA D’ALESSANDROIN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEEGENERALI DEL TESTO UNIFICATODELLE PROPOSTE DI LEGGE N. 831-A

ED ABBINATE

LUCA D’ALESSANDRO, Relatore. Il te-sto approvato dalla Commissione inter-viene sulla disciplina dello scioglimentodel matrimonio con l’obiettivo di antici-pare il momento di possibile proposizionedella domanda di divorzio. Con un ulte-riore intervento sul codice civile, tuttavia,si intende anticipare anche il momentodell’effettivo scioglimento della comunionedei beni tra i coniugi. È, infine, dettatauna disciplina transitoria.

L’articolo 1 novella l’articolo 3, primocomma, n. 2, lettera b), della legge suldivorzio (n. 898 del 1970). Questa attual-mente prevede, in particolare, che lo scio-glimento o la cessazione degli effetti civilidel matrimonio può essere domandato dauno dei coniugi nel caso in cui sia statapronunciata con sentenza passata in giu-dicato la separazione giudiziale fra i co-niugi ovvero sia stata omologata la sepa-razione consensuale; che, ai fini dellaproposizione della domanda di divorzio, leseparazioni devono essersi protratte inin-terrottamente da almeno tre anni, a de-correre dalla comparizione dei coniugidavanti al presidente del tribunale nellaprocedura di separazione personale.

L’articolo 1 del testo in esame, in casodi separazione giudiziale, riduce a dodicimesi la durata del periodo di separazioneininterrotta dei coniugi che legittima ladomanda di divorzio e fa decorrere taletermine dalla notificazione della domandadi separazione.

In applicazione del principio di econo-mia processuale, e tenuto conto della pos-sibilità che il tribunale emetta una sen-

tenza non definitiva di separazione (exarticolo 709-bis, c.p.c.), si prevede che,qualora alla data di instaurazione delgiudizio di scioglimento o di cessazionedegli effetti civili del matrimonio sia an-cora pendente il giudizio di separazionecon riguardo alle domande accessorie, lacausa è assegnata al giudice della separa-zione personale. La ratio della norma è diconsentire che lo stesso giudice della se-parazione, che già conosce le questionipersonali ed economiche relative ai co-niugi, sia chiamato a conoscere anchedella causa di divorzio relativa ai mede-simi soggetti: causa che presenterà que-stioni analoghe, se non identiche.

L’ultimo periodo dell’articolo 1 riduce asei mesi il periodo di separazione ininter-rotta dei coniugi che permette la propo-sizione della domanda di divorzio nel casoin cui la separazione sia consensuale.

Si ricorda che l’articolo 711 c.p.c., inrelazione alla separazione consensuale, fariferimento sia all’ipotesi in cui il ricorsosia presentato da entrambi i coniugi(primo comma) sia a quello in cui siapresentato da uno solo (secondo comma).Si è quindi previsto che il termine di seimesi decorra dalla data di deposito (qua-lora il ricorso sia presentato da entrambii coniugi) ovvero dalla data della notifica-zione del ricorso, qualora esso sia presen-tato da uno solo dei coniugi.

Si ha quindi, complessivamente, sia perla separazione giudiziale che per quellaconsensuale, non solo una riduzione deltermine per la presentazione della do-manda di divorzio (da 3 anni a 1 anno, nelprimo caso, e da 3 anni a 6 mesi, nelsecondo), ma anche un’anticipazione delrelativo dies a quo, che secondo la disci-plina vigente decorre dalla comparizionedei coniugi innanzi al presidente del tri-bunale.

Nella scelta del nuovo dies a quo si ètenuto conto dell’interesse del coniugeconvenuto o, comunque, del coniuge chenon ha assunto l’iniziativa della separa-zione, a conoscere quantomeno l’esistenzadella domanda di separazione.

Nel caso della separazione consensuale,se il ricorso è presentato da entrambi i

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coniugi, entrambi hanno assunto, congiun-tamente e consapevolmente, l’iniziativa disepararsi e, quindi, il dies a quo puòdecorrere dalla data di deposito del ri-corso, non sussistendo l’esigenza di garan-tire a uno dei due coniugi la conoscenzadell’iniziativa di separarsi assunta dall’al-tro. Quando il ricorso è presentato da unosolo dei coniugi, si è invece preferito fardecorrere il termine dalla notificazioneall’altro coniuge del ricorso stesso e deldecreto che fissa la data dell’udienza pre-sidenziale, anche tenendo conto del fattoche nel ricorso presentato da uno solo deiconiugi possono essere contenute le mo-dalità, eventualmente già concordate, dellaseparazione, ma è comunque sufficientel’asserzione che si è raggiunto l’ accordo oche si ritiene che esso possa essere rag-giunto.

Nella separazione giudiziale, proprio inconsiderazione della sua natura « conten-ziosa » e dell’esistenza di un coniuge « con-venuto » in senso tecnico, il dies a quodecorre dalla notificazione della domanda.Si è ritenuto, infatti, eccessivo far decor-rere il termine dalla data di deposito delricorso, poiché in quel momento il coniugeche subisce l’iniziativa giudiziale potrebbenon essere a conoscenza di tale iniziativa.

Nel corso dell’esame in Commissione e,in particolare, all’esito delle audizionisvolte, si è optato per una formulazioneche non prevedesse alcuna differenzia-zione del termine in questione in relazionealla presenza o meno di figli minori.

In caso di separazione giudiziale non èsembrato utile prevedere un termine piùampio in presenza di figli minori. Trat-tandosi, infatti, di una forma di separa-zione caratterizzata spesso da accesa con-flittualità e da rarissimi casi di riconcilia-zione, si è ritenuto che la riduzione deltermine per la proposizione della do-manda di divorzio da tre anni ad un annopotesse tradursi in una complessiva ridu-zione del periodo conflittuale e, quindi, inun « minor danno » per i figli minori.

Nel testo base adottato dalla Commis-sione, infatti, solo nel caso di separazioneconsensuale si prevedeva che, in presenzadi figli minori, il termine potesse essere

più lungo (sia pure di poco: dodici mesianziché nove mesi). Hanno finito, tuttavia,per prevalere altre e più convincenti ar-gomentazioni che hanno indotto la Com-missione a superare quella formulazione ea prevedere un termine unico ulterior-mente abbreviato (sei mesi) e indipendentedalla presenza di figli minori.

In particolare, si è ritenuto che nean-che nella separazione consensuale l’esten-sione del periodo di separazione (qui in-teso quale presupposto processuale per laproposizione della domanda di divorzio)possa in alcun modo giovare ai figli mi-nori, poiché il « periodo della lotta giuri-dica » fra i genitori è sempre troppo lungoper i figli. Si è, inoltre, osservato comel’interesse del minore nel contesto dellacrisi di coppia sia già ampiamente tutelatodel nostro ordinamento giuridico, soprat-tutto dopo l’entrata in vigore della leggen. 54 del 2006 sull’affido condiviso, chetende a garantire il diritto alla bigenito-rialità dei minori e a delimitare la con-flittualità delle coppie nel momento dellacrisi coniugale, dettando una disciplinaunica circa la sorte dei figli nella crisifamiliare e mettendo, quindi, in discus-sione il doppio binario tra disciplina dellaseparazione e disciplina del divorzio. Vi èpoi la legge n. 219 del 2012, con il suc-cessivo decreto legislativo n. 154 del 2013,che recano una storica riforma della fi-liazione, parificando ad ogni effetto lacondizione dei figli nati nel matrimonio equella dei figli nati fuori dal matrimonioAnche in questo contesto la disciplinadella crisi di coppia è trattata, in viaunitaria, con riguardo all’affidamento, almantenimento e alla frequentazione deifigli, per i genitori coniugati, per i genitorinon coniugati ma conviventi more uxorio eper i genitori non conviventi.

L’articolo 2 integra la formulazionedell’articolo 189 delle disposizioni di at-tuazione del codice processuale civile, inbase al quale l’ordinanza presidenzialeconserva la sua efficacia anche dopol’estinzione del processo finché non siasostituita con altro provvedimento emessodal presidente o dal giudice istruttore, a

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seguito di nuova presentazione di ricorsoper separazione personale dei coniugi.

Nella pratica può accadere, infatti, cheil presidente del tribunale, nell’adottare iprovvedimenti provvisori, stabilisca un re-gime della separazione ritenuto soddisfa-cente o almeno accettabile dai coniugi.Non è infrequente, allora, che i coniugitrascurino di costituirsi o comunque dicomparire alle udienze, lasciando che ilgiudizio entri nella fase di quiescenza checonduce all’estinzione.

La ratio del citato articolo 189, secondocomma, è dunque nel senso di consentireche il regime di separazione provvisoriapossa protrarsi indefinitamente. In caso diestinzione del processo, infatti, l’ordinanzaemessa dal presidente del tribunale aisensi dell’articolo 708 c.p.c. può conser-vare i propri effetti per un tempo indefi-nito, finché, in seguito a nuova presenta-zione del ricorso per separazione perso-nale, l’ordinanza medesima non sia sosti-tuita da altro provvedimento emesso dalgiudice della separazione, che preveda lostesso o un diverso regolamento dei rap-porti tra i coniugi.

La modifica introdotta prevede che taleordinanza, emessa nell’ambito della fasepresidenziale del giudizio di separazionepersonale tra i coniugi e caratterizzatadalla permanenza degli effetti in caso diestinzione del giudizio medesimo, possaessere sostituita (oltre che da un provve-dimento emesso dal giudice della separa-zione in seguito a presentazione di unnuovo ricorso per separazione personale)anche da un provvedimento del giudice deldivorzio, in seguito alla presentazione diricorso per la cessazione degli effetti civilio per lo scioglimento del matrimonio.

Sebbene si tratti di ipotesi residuali, ladisposizione che si intende introdurre èdestinata ad avere rilievo nei casi in cui ilgiudizio di separazione si estingua perinattività delle parti dopo che sia statapronunciata già una sentenza di separa-zione sullo status.

L’articolo 3 del provvedimento modifical’articolo 191 del codice civile, relativo alloscioglimento della comunione dei beni trai coniugi.

Tale disposizione prevede la separa-zione personale come uno dei motivi discioglimento della comunione, il cui mo-mento effettivo si verifica « ex nunc »,secondo la giurisprudenza costante, solocon il passaggio in giudicato della sentenzadi separazione.

Tale previsione non è risultata ade-guata alla realtà quotidiana, poiché lapermanenza degli effetti patrimoniali dellacomunione legale difficilmente si conciliacon l’interruzione della convivenza. Si ri-corda, infatti, che la cessazione della con-vivenza, ancorché autorizzata con i prov-vedimenti provvisori adottati a norma del-l’articolo 708, terzo comma, c.p.c., nonosta a che i beni successivamente acqui-stati dai coniugi medesimi ricadano nellacomunione legale, ai sensi della disciplinaspecificamente prevista dal codice civile.

L’articolo 2 integra la formulazione delcomma 2 dell’articolo 191 c.c. anticipandolo scioglimento della comunione dei benial momento in cui il presidente del tri-bunale, in sede di udienza di compari-zione, autorizza i coniugi a vivere separati;ovvero alla data di sottoscrizione del ver-bale di separazione consensuale, se omo-logato.

È poi aggiunta allo stesso comma 2 unadisposizione di natura procedurale se-condo cui devono essere comunicate al-l’ufficiale dello stato civile, per l’annota-zione sull’atto di matrimonio, la domandadi separazione (se i coniugi sono in co-munione dei beni) e l’ordinanza del pre-sidente del tribunale che autorizza i co-niugi a vivere separati.

Un’ultima integrazione al comma 2 del-l’articolo 191 anticipa il momento delladomanda di divisione dei beni. Attual-mente, presupposto di tale domanda è lapronuncia definitiva di separazione sicché,prima di tale momento, manca il titolo perrichiederla. La nuova disposizione pre-vede, invece, che la domanda di divisionedella comunione può essere chiesta con-giuntamente a quella di separazione o didivorzio.

Tale ultima disposizione richiede pro-babilmente un’ulteriore riflessione.

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Sebbene essa sia stata formulata conl’intento di facilitare i coniugi che inten-dono separarsi e divorziare, tramite latrattazione congiunta della domanda diseparazione o divorzio e della domanda didivisione della comunione legale (che pre-suppone il previo scioglimento della co-munione medesima), occorre domandarsise tale trattazione congiunta non sia con-traria al principio di economia procedu-rale. Molto spesso, infatti, il giudizio didivisione richiede accertamenti complessie adempimenti con tempi non facilmentepreventivabili, come la vendita di immo-bili.

L’articolo 4 del testo in esame dettauna disciplina transitoria secondo cui ladisciplina dell’articolo 1 del provvedi-mento (ovvero quella sulla riduzione deitempi di proposizione della domanda didivorzio) si applica alle domande di di-vorzio proposte dopo la data di entrata invigore del provvedimento in esame, anchein caso di pendenza alla stessa data delprocedimento di separazione personale.

Signor Presidente, onorevoli colleghi,permettetemi qualche considerazione suun provvedimento che considero moltoimportante, e che, personalmente, nellaqualità di relatore e come Gruppo ForzaItalia, ho intenzione di portare avanti conforza e determinazione.

Come già accaduto nel corso dell’esamein Commissione Giustizia, nonché nelcorso delle discussioni sul tema che hannoavuto luogo nelle passate legislature, suquesto provvedimento ciascuno di noi po-trebbe esprimere una sua opinione perso-nale.

Io vorrei invece invitare l’Aula e iparlamentari a riflettere esclusivamente ein maniera quanto più possibile oggettivasul testo che è stato licenziato dalla Com-missione giustizia e che è oggi all’esamedell’Aula, senza lasciarsi prendere in alcunmodo da opinioni troppo personali sulconcetto di matrimonio e sulla famiglia.

Oggi infatti stiamo discutendo di un’al-tra vicenda: non di matrimonio e di fa-miglia, ma di rimedi e soluzioni, e di comefacilitare la vita a chi non ha avuto unmatrimonio « ideale », o semplicemente

« normale », e che cerca una soluzione divita che probabilmente si riflette anche sualtre persone. Una proposta di legge diquesto genere non solo non è contro ilmatrimonio, ma è addirittura a favoredello stesso perché agevola anche la rico-stituzione di matrimoni possibili e futuri.

Perché molto spesso ad attendere lesentenze di divorzio ci sono coppie che sisono già formate e che magari hanno figli,e che avrebbero anche diritto, in un unoStato civile come l’Italia, a vedere cheanche i loro problemi venissero affrontaticon la dovuta sensibilità, ma anche con itempi adeguati.

La principale obiezione che ha inter-ferito finora sulla modifica della legge del1970 è stata quella secondo cui l’abbre-viazione dei tempi di divorzio rende piùfragile l’istituto familiare. In realtà c’èormai la prova statistica che i tempi lunghidello scioglimento del matrimonio alimen-tano il conflitto, più che la riscoperta disolidarietà tra i coniugi. È vero che sonotanti i casi in cui i coniugi tornano indie-tro sulla loro decisione, ma sono davveropochissimi in confronto a centinaia dimigliaia di casi che finiscono invece comeiniziano, ovvero con la separazione, e cioèla cessazione del vincolo coniugale.

Negli ultimi 20 anni la crescita deidivorzi, nonostante che le nostre normesiano tra le più restrittive d’Europa, è stataassolutamente costante.

Se nel 1995 si verificavano 158 sepa-razioni e 80 divorzi ogni mille matrimoni,nel 2008 si è arrivati a 286 separazioni e179 divorzi, e nel 2011, gli ultimi datiISTAT, parlano di 311 separazioni e 182divorzi. Quindi, io non credo, e mi sembrache ci sia davvero la prova statistica, chela lungaggine dei tempi incida su un’in-versione di tendenza relativa alle separa-zioni, che è legata a tutt’altri dati.

Un altro dato statistico. Due giorni fal’Eurispes ha diffuso un sondaggio in baseal quale l’84 per cento degli italiani in-tervistati è favorevole alla riduzione deitempi per chiedere il divorzio. Un orien-tamento stabile e radicato nel tempo, visto

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che nel 2012 il campione era dell’82,2 percento, nel 2013 era dell’86,3 per cento, perpoi attestarsi, quest’anno all’84 per cento.

Tornando all’argomento principale, si-curamente non si può immaginare di fardipendere la solidarietà del rapporto tradue coniugi o addirittura la famiglia daelementi burocratici o, addirittura, co-struttivi. Il divorzio lungo, tra l’altro, nongiova sicuramente alle donne. In Italiamancano dati certi sulla connessione tral’escalation dei femminicidi e le tensioniderivanti dalle liti giudiziarie sulla sepa-razione, perché non è stata mai fattaun’analisi statistica di questo tipo, ma lacronaca ci rivela ogni giorno l’esistenza dicollegamenti diretti tra lo scatenarsi diviolenza e follia domestica e lo stresslegato alle procedure di scioglimento delmatrimonio. Molto più numerosi, dram-matici e inquietanti, rispetto alle riconci-liazioni eventualmente favorite dalla co-siddetta « riflessione costruttiva e disten-siva » che alcuni legano ai 3 anni diseparazione attuali per poter chiedere ildivorzio. Riconciliazioni, peraltro, semprepossibili e mai impedite da tempi più omeno lunghi di questo procedimento.

Oggi ci troviamo quindi davanti ad unascelta di civiltà, che incide sulla libertà deicittadini, che facilita le loro scelte. Davantia questa valutazione, è necessario capirefino in fondo quello che succede nellecause di separazione e divorzio. Moltospesso le cause di separazione prima e didivorzio dopo hanno carattere afflittivo:l’obiettivo del legislatore, in questo conte-sto, in questo caso, deve essere quello disalvaguardare anche la dignità delle per-sone che si mettono in discussione chie-dendo la separazione e poi il divorzio,facilitando un percorso non per farlodiventare semplice e banale, che portivelocemente allo scioglimento e alla ces-sazione degli effetti civili del matrimonio,ma per renderlo meno ipocrita, più ri-spondente alla realtà.

Stiamo infatti discutendo di decisioniprese da persone che hanno già scelto ilmatrimonio, che hanno creduto nel ma-trimonio e che, evidentemente, hanno do-vuto trarre la conclusione che la loro

unione non è andata bene e che non è piùpossibile convivere e portare a terminequesta esperienza sino alla fine, comemagari avevano sperato.

Con molta serenità chiedo quindi atutti i colleghi di non ideologizzare inalcun modo questa discussione: non sitratta di un provvedimento contro o afavore della famiglia.

In questo caso stiamo parlando sem-plicemente di un’abbreviazione dei terminiutili. Dopo avere ottenuto una sentenza diseparazione giudiziale o dopo avere otte-nuto l’omologazione di una sentenza diseparazione, chiediamo di abbreviare iltermine previsto oggi. All’inizio era dicinque anni, dal 1987 è diventato di treanni ed oggi noi pensiamo che sia arrivatoil momento che diventi di un anno o, perla mediazione che è stata operata sullaseparazione consensuale, di sei mesi. Intutto questo ha senso parlare di quanto siverifica nei tribunali italiani. Ha sensoriflettere sul fatto che per ottenere unasentenza di separazione ci vogliono moltospesso un paio di anni. Ha senso ancheriflettere sul fatto che l’anno di cui noiparliamo è un periodo minimo che moltospesso sarà superato dai fatti. Infatti,quando per ottenere una sentenza di se-parazione ci vogliono circa due anni, èchiaro che l’anno dalla comparizione da-vanti al presidente del tribunale è giàtrascorso da un pezzo, quando si puòaddivenire ad una richiesta di divorzio.

Nella stessa direzione va anche un’altramodifica che viene introdotta dalla nor-mativa oggi in discussione; far partire loscioglimento della comunione dei beniparte non più dall’omologazione della se-parazione consensuale o dalla sentenza diseparazione giudiziale, ma dal momento incui il presidente del tribunale, in sede diudienza di comparizione, autorizza i co-niugi a vivere separati, significa sollevarele parti in causa da una serie di discus-sioni, tamponando gli effetti dei provvedi-menti provvisori, che molto spesso sonoafflittivi per tutti, frutto di lungagginianche giudiziarie e oggetto di speculazionidi varia natura.

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E allora entrambe le modifiche ten-dono in fondo principalmente, a mio pa-rere, ad introdurre modifiche che sono insintonia con il Paese, che sicuramentesono in sintonia anche con un’esigenza diciviltà che è maturata oramai stabilmente.Questo provvedimento è quindi un primoimportante passo per prendere atto del-l’evoluzione della legislazione e delle esi-genze che via via sono emerse.

Il Parlamento deve assumersi la re-sponsabilità di discutere del tema fino infondo, serenamente ma senza ipocrisie,anche alla luce della normativa europea,che crea situazioni di disparità: perchébasta spostarsi di poco, basta andare in

una delle nazioni vicine dove il divorzio èsemplice, dalla Romania alla Francia, allaGermania, per ottenere, anche in pochimesi, una sentenza di divorzio; ma pertutto questo ovviamente bisogna avere lapossibilità economica e i mezzi per farlo.Allora in questo caso la « giustizia » èlegata ad un fattore economico, assoluta-mente discriminatorio.

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