IL TIRO A VOLO 256

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Il Magazine della Federazione Italiana Tiro a Volo

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È stata una lezione applauditissima quella pronunciata da Pino Lazzaretti (ritratto nella foto in questa pagina) al corso di aggiorna-mento del Settore arbitrale della Sicilia che si è svolto venerdì 22 novembre a Enna. All’ap-puntamento isolano - il cui fulcro è stato appunto l’intervento di Lazzaretti su princi-pi normativi e su questioni tecnico-pratiche - sono intervenuti cinquanta arbitri siciliani di tutti i livelli: provinciali, regionali, nazionali e internazionali sia delle discipline a cinque cerchi che delle discipline non olimpiche. Il Presidente della Can Giacomo Piazza ha in-trodotto il meeting ed è proprio al timoniere

della Commissione nazionale arbitri che spet-terà nel prossimo numero il commento di uno dei più riusciti esperimenti condotti recente-mente a livello regionale dall’organismo che coordina l’attività delle Giubbe Rosse. Impe-gnati nell’appuntamento di Enna anche i for-matori Giovanni Termini e Luigi Greborio, il responsabile del Settore arbitrale della Fitav Stefano Bussone e il Car Carmelo Crisafulli. Ospiti d’onore dell’affollato meeting di Enna sono stati ovviamente il Consigliere federale Saro Avveduto e il Delegato regionale Giu-seppe Di Giorgi. La Redazione

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Numero 25627 novembre 2013

DirettoreLuciano Rossi

Direttore ResponsabileLuigi Agnelli

Direzione e RedazioneFederazione Italiana Tiro a VoloViale Tiziano 7400196 RomaTel. 06 45235200Fax 06 [email protected]

CoordinatoreRedazionaleMassimiliano [email protected] : @ILTIROAVOLO

Grafica& MultimediaAndrea Tei

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Aut. del Tribunale di Roma n.111 del 17 marzo 1994

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In copertinaNell’anticipazione dello scorso numero lo abbiamo definito vera e propria icona del tiravolismo italiano mondia-le. Ennio Falco non avrebbe bisogno di altre presentazioni. E infatti, nell’intervista esclusiva che potete leggere nelle prossime pagine, è proprio il quarantacinquenne campionissimo capuano a presentarsi da solo tracciando di sé un ritratto vivido e avvincente. E nell’occasione vi presentiamo un Ennio Falco ancora più smagliante nella video-intervista a cui potete accedere cliccando il “pulsante” accanto al titolo dell’articolo.

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Conversazione in Sicilia

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Ennio, hai conquistato cinque secondi posti al Mondiale in venti anni di carriera che hanno rappresentato anche un periodo di molteplici cambiamenti nello Skeet. Vuol dire essere una leggenda del tiro a volo?

Sì, lo Skeet ha cambiato molte volte i regolamenti in questi venti anni. E quando si dice regolamenti, stiamo parlando del modo di percezione dei piattelli. Que-sto vuol dire automaticamente che si devono studia-re delle nuove tecniche. È bene chiarire che quando hanno introdotto i doppi “reverse” nella semifinale ci hanno messo nella condizione di sparare letteralmen-te ad un altro sport: ha significato cambiare radical-mente lo Skeet. Quando, però, i podi attraversano tre o quattro cambi di regolamento, al di là delle battute se ci si può definire leggenda oppure no, vuol dire che c’è la volontà di sacrificarsi per allenarsi nella maniera corretta, ma anche la volontà di mettersi in

discussione ogni volta. Volontà di sacrificarsi significa innanzitutto volontà di perseguire una preparazione atletica molto accurata. L’aspetto fisico-atletico per me è sempre stato importantissimo: io ho preso il di-ploma Isef nel 1990, quindi è qualcosa che ho studia-to a suo tempo, ma è qualcosa in cui ho continuato a credere nel tempo. Uno dei piccoli segreti che stanno dietro la conquista della medaglia d’argento a Lima a quarantacinque anni è proprio questa volontà di sacrificarsi. Però vorrei dire che anche quel metodo di preparazione per me non è più sacrificio, perché fa parte del mio modo di vivere. Infatti, in qualunque parte del mondo io mi trovi, per me ci sono ogni giorno quei quaranta/cinquanta minuti di corsa che costituiscono ormai un’abitudine. È qualcosa che mi fa stare bene, quindi non pesa.

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Intervista aEnnio Falco

A tu per tu con Ennio: l’atleta azzurro che ha attraversato la storia dello Skeet degli ultimi venticinque anni inanellando una serie incredibile di vittorie

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In che momento della giornata effettui la preparazione atletica?

Anche questo aspetto è legato al mio modo di vivere: durante la giornata, dalla mattina alla sera, sono impe-gnato o nella gestione del campo o nella specifica pre-parazione di pedana, quindi il momento dei cinquanta minuti di corsa si colloca generalmente nella fascia serale. L’aspetto positivo è che questa abitudine, da una decina d’anni a questa parte, è stata copiata da molti atleti che frattanto sono divenuti protagonisti a livello internazionale.

Ennio Falco programma diversamente le sue stagioni ago-nistiche oggi rispetto ai tempi di Atlanta?

Andando avanti con l’età fissi degli obbiettivi annuali e quindi in proiezione di un discorso olimpico hai delle tappe. Nel quadriennio passato con il Commis-sario Tecnico Francesco Fazi ci eravamo dati come obbiettivo il Mondiale di Monaco in cui si assegnava-no le carte olimpiche. Ma io credo che, al di là della volontà del Commissario Tecnico, della Federazione o della tua volontà personale, con l’andare del tempo ti devi dare delle tappe perché è inutile cercare di essere protagonista quando non hai né energie fisi-che né mentali. Il fatto che nel 2010 abbia fatto quella bella prestazione e quel bel punteggio, mi ha dato la

possibilità di guardare a Londra che era un obbiettivo che distava due anni. Quindi, il segreto nei fatti è darsi delle tappe.

Che cosa ha provato Ennio Falco nel preciso momento in cui, a Lima, si è accorto di essere nuovamente autore di una splendida prestazione ad un Mondiale, ma di essere di nuovo secondo e non vincitore del titolo?

Bisogna sempre far riferimento a quelle famose tappe che ci siamo dati. Immediatamente dopo esserti ac-corto che sei secondo, vivi un momento di delusione, ma oggettivamente devi sempre rispettare lo sport e una medaglia d’argento ai Mondiali è qualcosa di im-portante: molto probabilmente ci sono stati migliaia di tiratori che in una gara come un Mondiale non sono mai arrivati neppure in finale. L’altra cosa importante è quella di cui ti rendi consapevole dopo e cioè che chi in quella gara ti ha battuto, indiscutibilmente è stato più forte di te. E quindi prendi coscienza che in quella finale, su quel piattello che hai sbagliato e che non ti ha permesso di vincere, e quindi su quell’intera gara sei stato bravo da vice-campione del mondo e non da campione del mondo. Da sportivo puro quale sono lo accetto e lo metto nel bagaglio delle espe-rienze, sognando un’altra finale.

Tu dici: chi ha vinto è stato il più forte, ma è accaduto,

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con il regolamento attuale, che talvolta chi ha vinto non sia stato il tiratore che ha rotto il maggior numero di piattelli.

Il problema è un altro. Nella stanza dei bottoni in cui si decidono queste modifiche del regolamento do-vrebbe esserci qualcuno che conosce veramente lo sport. Questo è semmai l’errore. Perché chi è che può darti indicazioni certe su di uno sport? La ri-sposta è: uno sportivo. Uno sportivo che abbia fatto attività per molti anni e l’abbia fatta ad alto livello. Poi naturalmente le decisioni vengono prese a livello politico. Attualmente noi atleti a livello mondiale non siamo presenti là dove si prendono queste decisioni. Questa è una premessa che va fatta. Il secondo aspet-to che molte volte viene dimenticato in Italia, ma non all’estero, è che noi abbiamo bisogno di visibilità alle Olimpiadi, altrimenti tra otto anni non staremmo più a parlare neppure di tiro. In questa ottica, tutti i cam-biamenti vanno valutati alla fine dell’ultimo giorno delle Olimpiadi di Rio: se noi, come tiro, avremo fatto delle audience importanti che garantiscono il futuro del tiro, allora va bene. Io sto aspettando: sportiva-mente non c’è dubbio che suoni strano che chi vince ha colpito meno piattelli. Ma non è più quello l’aspet-to principale: lo Skeet è cambiato ed è cambiato nel senso che la gara adesso è tutta nei doppi “reverse”, quindi nei fatti in un’altra specialità. Tu fai lo Skeet, ma in realtà oggi spari un’altra cosa. Dovremo quindi accettare questa nuova situazione e capire come al-lenarci in modo diverso. È uno stimolo per tutti: per la Federazione, per gli atleti, per i commissari tecnici, per le aziende che producono materiali.

Qual è l’attuale metodo di allenamento di Ennio Falco?

Io quest’anno ho fatto pochissime gare: appena tre gare internazionali, pur avendo avuto complessiva-mente un rendimento alto. Quindi, la prima finale che ho affrontato in una gara internazionale è stata pro-prio quella del Campionato del Mondo. La prepara-zione che ho fatto per il Mondiale è stata quindi con-dotta in base alle finali che ho visto, ma non in base alla mia partecipazione ad altre finali. Se partecipi ad una finale - me ne sono accorto successivamente - le sensazioni sono naturalmente diverse. Ma anche su questo, vorrei di nuovo precisare: chi decide, chi sta fuori, non avendo mai fatto una finale, non sa di che cosa stiamo parlando. Sicuramente qualcosa a livello di preparazione va cambiato, ma lo dico adesso che finalmente ho fatto una finale...

Quale dovrebbe essere la sequenza di lanci dello Skeet che Ennio Falco riterrebbe in grado di descrivere realmen-te l’anima di questa disciplina?

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Questo Skeet che stiamo sparando dal 2005 è un’uni-versità assoluta dello Skeet: è qualcosa di bello. Chi arriva in finale è davvero un atleta professionista. Pri-ma di Barcellona non avevi questa impressione. Oggi, nella semifinale e nella finale i tiratori devono avere qualche caratteristica diversa da quelle che abbiamo elaborato noi che abbiamo attraversato le tre grandi trasformazioni dello Skeet. Da un lato questo sot-tolinea l’eccezionalità del fatto che io abbia saputo conquistare una medaglia d’argento come quella del Mondiale di Lima, dall’altro mi fa pensare che è un discorso nuovo da iniziare, ma nel ruolo di atleta non posso pensare di avere ancora così tanto tempo per affrontarlo. Diciamo che adesso lo vedo come un nuovo e entusiasmante lavoro da condurre con quel gruppo di giovani fortissimi atleti che si allenano alla mia Società e con altri che probabilmente pos-sono arrivare in breve agli stessi livelli. Peraltro sto già intraprendendo un’esperienza nuova che è quella

di coach: ho iniziato una collaborazione, soprattutto nei mesi invernali, quando il nostro mondo del tiro è fermo a livello di agonismo alto. È un’esperienza che voglio fare proprio per cercare di prepararmi ad un altro ruolo e ad un’altra evoluzione. È un altro modo per mettermi di nuovo in discussione.

Lo Skeet vince tantissimo e esprime grandi campioni, ma perché allora dispone ancora di numeri molto diversi in Italia rispetto alla Fossa Olimpica?

È una domanda interessante, ma suona strano formu-lare una domanda di questo genere all’interno, per così dire, delle quattro mura della Falco, perché in questa nostra Società lo Skeet è di casa e quindi da-rei una risposta di parte. Molto probabilmente alcuni gestori di campi di tiro ancora non comprendono, anche se ormai è passato tanto tempo e ci sono state tante medaglie olimpiche nella nostra disciplina, che la realtà Skeet è qualcosa che può dare soddisfazione sotto tanti aspetti.

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Dolore muscolareed esercizio fisico

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OIN CORPORE SANO

IntroduzioneCi siamo: la stagione 2014 è alle porte. Dopo il me-ritato riposo, per rigenerare l’organismo dalle fa-tiche mentali e fisiche della passata stagione, il ti-ratore inizia la preparazione invernale in palestra per riprendere quella condizione che lo porterà ad essere protagonista - questa è la speranza - nel-le competizioni della nuova stagione agonistica. La forma si acquisisce poco alla volta. Il programma di allenamento deve sviluppare le capacità motorie in maniera graduale. Come già detto più volte, bisogna pianificare tutto, non si può lasciare nulla al caso. Dal mese di novembre la preparazione fisica è la regina dei mesi freddi. Il caro amico fucile ogni tanto fa capolino sui campi di tiro, ma con la brutta sta-gione preferisce stare nel fodero, al caldo. I raduni di preparazione fisica sono stati programmati in an-ticipo sia per il Settore Giovanile che per la Squa-dra Nazionale. Nei raduni si lavora sodo, addirittura

due sedute giornaliere, mattina e pomeriggio. Nelle prime sedute di allenamento il muscolo è sottopo-sto ad uno stress non indifferente. E naturalmente si ribella, si fa sentire con i classici dolorini post allenamento. Quindi è importante sapere e capire il perché avvengono questi fenomeni che lasciano l’organismo dell’atleta pieno di dolori. Cosa succede nel muscolo quando viene sottoposto ad un allena-mento di una certa intensità, dopo un periodo di riposo? Chiunque abbia eseguito un esercizio fisico intenso conosce bene le conseguenze dolorose del-lo sforzo. Il dolore muscolare collegato all’esercizio fisico in soggetti sani e senza lesioni rientra in una delle seguenti tre categorie ben distinte:• dolore o disagio che inizia durante o subito dopo

l’esercizio• indolenzimento muscolare ad insorgenza ritarda-

ta (Delayed Onset Muscle Soreness, DOMS) che tipicamente si risente il giorno dopo l’esercizio e

Una riflessione del Preparatore atletico delle squadre azzurre su alcuni aspetti fondamentali dell’allenamento

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Testo di Fabio Partigiani

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può durare anche qualche giorno• dolore causato da rigidità e contrazioni muscola-

ri involontarie (crampi muscolari) che sopravven-gono improvvisamente e durano diversi secondi

I recettori del dolorePrima di affrontare la discussione sul dolore o sull’indolenzimento muscolare è necessaria una premessa sui recettori del dolore interni ai muscoli e sui meccanismi della loro attivazione. I recettori di dolore sono terminazioni nervose libere interne al tessuto che rispondono a stimoli chimici, mecca-nici e termici. Il dolore ha funzione di protezione dell’organismo. Gli stimoli che eccitano i recettori di dolore sono segnali inviati al cervello che indica-no una lesione o danno (damage). Un esempio atti-nente al dolore muscolare è costituito da sostanze biochimiche liberate dalle cellule danneggiate che stimolano i recettori chimici e causano dolore. Tra queste sostanze troviamo: la bradichinina, le istami-ne, le prostaglandine, gli acidi, gli ioni di potassio e la serotonina.

Tipologia delle fibre dei nervi afferentiLe fibre dei nervi afferenti che trasmettono gli sti-moli dolorosi al cervello sono di due tipi. La coor-dinazione di questi nervi afferenti induce sensazioni sia di dolore acuto che diffuso. Le grandi fibre mie-linizzate di tipo III, trasmettono molto rapidamente al cervello sensazioni di dolore acuto, localizzato. Questi recettori rispondono principalmente agli sti-moli meccanici. Al contrario le fibre di tipo IV, non mielinizzate, trasmettono al cervello con relativa lentezza sensazioni di dolore sordo e diffuso. Que-sti recettori principalmente sono responsabili della trasmissione del dolore muscolare indotto chimica-mente.

Il dolore durante o subito dopo l’esercizioL’esercizio che richiede uno sforzo significativo, sia in termini di dispendio energetico che di impegno muscolare, è spesso associato a dolore che può es-sere tanto intenso da determinarne la sospensione. È quindi molto importante, per evitare questi erro-ri, che potrebbero addirittura pregiudicare la sta-gione agonistica del tiratore, preparare l’organismo dell’atleta per affrontare i carichi di allenamento rispettando delle semplici regole tali da evitare di sottoporre la muscolatura scheletrica ad eccessivi stress.

1) RISCALDAMENTO ADEGUATO PRIMA DI AFFRONTARE L’ALLENAMENTO.

2) IL RISCALDAMENTO DEVE ESSERE IN RELAZIONE ALL’ATTIVITA’ CHE VERRà SVOLTA NELLA SEDUTA DI ALLENAMENTO.

3) È IMPORTANTE OSSERVARE UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE PRIMA DELLA SEDUTA DI ALLENAMENTO.

4) DURANTE LE SERIE PROGRAMMATE EFFETTUARE ESERCIZI DI STRETCHING.

5) TERMINARE L’ALLENAMENTO CON ESERCIZI DI DEFATICAMENTO.

Indolenzimento muscolare ad insorgenza ritardata ( DOMS)Il DOMS è la sensazione dolorosa, di dolore pro-fondo e rigidità muscolare, che inizia alcune ore dopo l’esercizio. È tipico che ci si alzi al mattino con uno o tutti questi sintomi che ci ricordano, spiace-volmente, l’esercizio del giorno precedente. La gra-vità di questi dolori varia da un leggero disagio, ad un indolenzimento estremo che limita l’uso normale dei muscoli. Il DOMS insorge nelle prime 24 ore successive all’esercizio e generalmente la sua inten-sità raggiunge un massimo tra le 48 o 72 ore. In casi estremi il picco dell’indolenzimento può ritardare fino a 4-5 giorni dopo l’esercizio. Esso, a seconda della gravità, decade e può scomparire da 48 ore a 2 settimane dopo l’esercizio.

Movimenti eccentriciMolti studi hanno individuato con precisione nella componente eccentrica dell’esercizio lo stimolo che causa rottura o lesioni del tessuto muscolare e quin-di induce il DOMS. Le azioni muscolari eccentriche comprendono la resistenza attiva all’allungamento del muscolo (per esempio: abbassare un peso o scendere le scale) e sono caratterizzate, rispetto ai movimenti concentrici, da un’elevata tensione delle fibre muscolari e del tessuto connettivo. Se queste forze elevate non sono abituali per il muscolo, può essere soggetto a lesioni. Gli indicatori fisiologici di lesioni muscolari a seguito di sforzi eccentrici os-servati sono: il DOMS, la perdita prolungata di forza, la limitazione nell’escursione dei movimenti.

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Localizzazione del doloreSi è spesso osservato che il dolore o l’indolenzi-mento muscolare a seguito di lavoro eccentrico, è più accentuato nella zona dell’inserzione muscolo-tendinea. Per spiegare questa localizzazione sono state avanzate due ipotesi. La prima è che la lesione è più grave in questa regione in quanto rappresenta l’anello strutturale più debole nel muscolo, o anche perché le fibre muscolari in questa regione hanno un orientamento più obliquo e quindi vengono mag-giormente sollecitate rispetto al resto del muscolo. La seconda ipotesi è che la maggiore percezione del dolore in questa regione sia dovuta ad una più ele-vata concentrazione di recettori afferenti del tipo IV. Anche se molto diffusa, questa seconda ipotesi non è confermata dalla letteratura sui recettori del dolore dato che, come abbiamo già descritto, i re-cettori del tipo IV si trovano associati ai vasi san-guigni ed al tessuto connettivo di tutto il muscolo, e non specificamente all’inserzione muscolo tendi-nea. Anzi, in alternativa si potrebbe ipotizzare che nell’inserzione muscolo-tendinea sia più probabile trovare recettori afferenti di tipo III, anche se la let-teratura indica che sono associati a organi tendinei e non alla percezione di stimoli dolorosi.

I crampiIl vero e proprio crampo muscolare è caratterizza-to da una intensa contrazione improvvisa, brusca e involontaria del muscolo in posizione accorciata. I crampi possono avere una durata che varia da qual-che secondo a vari minuti. Un crampo può interes-sare un singolo muscolo o anche solo una sua parte. L’insorgere dei crampi muscolari nei soggetti che praticano attività sportive e negli atleti è molto fre-quente e colpisce più frequentemente i maratoneti, i ciclisti ed i triatleti. I crampi muscolari sembra-no prevalere soprattutto in condizioni specifiche di sforzo. L’attività fisica prolungata che comporta per-dita di liquidi per sudorazione è associata a cram-pi. Per quanto riguarda la localizzazione, l’incidenza dei crampi predomina nei muscoli dei polpacci e dei piedi.

Prevenzione e cura dei crampi muscolari Attualmente il metodo più usato per prevenire i

crampi muscolari in quei soggetti che ne soffrono frequentemente è l’allungamento dei muscoli inte-ressati con appropriati esercizi di stretching. Per gli atleti e in generale per chiunque svolga un’attività sportiva, queste semplici raccomandazioni sono fi-nalizzate a ridurre la probabilità di crampi muscolari indotti dall’esercizio:

• bere molto ed evitare la disidratazione;• assumere quantità adeguate, almeno la dose

giornaliera raccomandata, di potassio, sodio, calcio e magnesio;

• indossare un abbigliamento che non impedisca la circolazione del sangue;

• progredire gradualmente verso l’esercizio intenso e/o prolungato;

• eseguire esercizi di allungamento; • evitare di traumatizzare i muscoli cambiando

improvvisamente le condizioni di esercizio.

La cura di un crampo in atto è semplice e diretta: il modo migliore per fermarlo è quello di stirare dol-cemente il muscolo interessato. L’allungamento del muscolo aumenta la tensione, già elevata, sul tendine, per cui il cervello che riceve stimoli provenienti dai corpuscoli tendinei del Golgi, provvede a stimolare meccanismi inibitori per impedire la lacerazione del muscolo e del tendine. È stato anche suggerito che l’allungamento attivo, ottenuto con la contrazione del muscolo antagonista, sia più efficace dell’allun-gamento passivo, grazie all’inibizione reciproca del muscolo soggetto a crampo quando l’antagonista è attivamente contratto. Un ulteriore sollievo può es-sere ottenuto con un massaggio della zona interes-sata. Quanto descritto deve far parte del bagaglio culturale di ogni atleta, a qualsiasi categoria appar-tenga. Iniziare la preparazione atletica significa, oltre che ricercare la migliore condizione di forma per primeggiare nelle competizioni, anche saper rispet-tare il proprio organismo, dosare i carichi con le giuste percentuali di lavoro senza incorrere in que-gli errori che, inevitabilmente, in una preparazione affrettata e non pianificata correttamente possono portare ad una interruzione dell’allenamento con la conseguenza di dover ricominciare tutto da capo e mettere in discussione la futura stagione agonistica.