Spagine poesia 03 28 strade gianluca conte

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La poesia di Gianluca Conte

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magazzino di poesia

28 strade

Gianluca Conte

*spagine

ancora

spagine - magazzino di poesia 03

Gianluca Conte28 strade ancora

Spagine è un periodico di informazione culturaledell’Associazione Culturale Fondo Verri di Lecce

28 strade ancora o ancora 28 strade?Meglio essere sempre nella domanda piut-tosto che nella risposta. Così costruiamo lanostra essenza numerica. Nel 2 c’è l’andareinsieme, nell’8 c’è l’infinito. Sì, quell’infinitoandare del tempo e dello spazio. O meglio,dei tempi e degli spazi. Parliamo al plurale.Questa breve raccolta dà voce al passato chenon passa, che è sempre qui, vicino. Un pas-sato drammatico e dolcissimo, travestito dapresente. Una presenza confortante e alcontempo inquietante che sembra influen-zare a fondo le nostre vite. Almeno fino aquando non saremo noi a decidere di ta-gliare il celeberrimo cordone ombelicale.C’è il 2 e c’è l’8. È l’aritmetica delle anime edei corpi, di quel sentire e vedere prossimiai bordi, ai limiti, alle zone perse. Ma è pro-prio nei luoghi dove ci si perde che è belloritrovarsi. Ancora.

Gianluca Conte

spagine magazzino di poesia 03

Nel piccolo episodio di cartaquando fremono gli ormonieppure si controlla il montare degli spasimia Occidenteperché il piacere è amiconei tuoi occhi sono me stesso.

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28 Strade ancora Gianluca Conte

Altalena nella sabbiala ruggine ti ha risparmiatasoltanto per finire inghiottitada brutture pacchianetinte di giallo antibioticoal suono cacofonico di valzer kitschmentre noi a stomaco pienoe paghi d’uva fermentataconoscevamo attimi di piacere andatonelle notti di partenze verso Norda smaltire voglieabbracciando stelle.

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Strade imperfettecurvano dissimulando tensioni.E vi amo nell’immensità della cenerenelle pietre catastrofichenella polvere nell’acquanel suono sconquassato di una vitanel ridere sognando lapidi e vomitandospille di sicurezza.

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I figli del grano aspettano noilettori impurifasti di cicale che schiattano cantandoaltro che formichenon conserviamo niente per domanitra noi e il futuro c’è l’abisso nero della tenebrama l’amore vince ogni cosae l’oscuro si stempera nei nostri corpi:siamo duri come pietre.

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Nel vento di venerdì finisce un’estate seccadi muri uccisi dal solequesta sfera di fuoco che non conoscela pietàe colora di rosso i visie ti dice che sei bianco come un fantasmae che non puoi seguire gli altriquando vuoima voi non siete altrisiete l’essenza intima dei tempie vi voglio tutti e piangerò del vostro Norde sarò ancora patetico nel mio umorenell’attesa dell’autunno mio amore.

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Era Bukowski alle cinque sulla tua boccae sulla miache rideva sconcio come il suo solitola barba ispida come un istriceistrione delle puttanechiamate in ballod’un’imprecazione macabrasotto i pini a deflagrare attimi d’ignoto.Sì signor Badalamentila sua musica ci piacesogniamo di quegli aghi mossi dal ventotrasportati al caldo soffocante delle afein cieli dalle cappe umide d’infinitodove non si sfugge al mito dei ghiaccinel deserto.

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Eccolo finalmente l’oblio estraniantedel fico d’indiaOvest di terra straniera sulla mia terranelle menti che scompaionoper lunghi istanti non mediati dal dato per semprenelle baie di misture a grappolinei vetri lunghi delle bolle.

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Accanto a te tutto è belloanche il braccio gonfio dell’uomo del pesceche sudava a dismisurae rapiva gioie dal sapore marino nel trash dei neon surriscaldatinella plastica celeste della brocca.

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Mocassino dell’orrorequanti sogni nascondinel tuo essere deviantenel calzino bianco ritardantenella canotta a righe sbrodolatanei misteri fitti dell’amore andatoin ritagli smunti di giornale.

Assassino!

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Non si ritorna dopo il 28i destini segnati dalle agendeche non conoscono sentimentima oneri e denarieppure sono vite quelle strette in abitacolida viaggioe le chitarre soffrono di dietroal fumo di Camel accese a tutte le oreper non cedere al fascino del sonnoe i Built to spill cullano il tuo mondo.

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Suonate Organ per noi angelidel nero andaresiate Cura di anime strappatee fili incrociati malenel lento respirare delle brinem’accorgo di non avervi che a trattimiei amati oceani di bene oltremondani miei punti di non ritornoinsieme a voi potrei viaggiareper mete interstellari e non tornareché niente mi manca nel quattroche completa il vuoto.

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Mi porta via questo mondod’aria e d’acquanel cammino impercettibile e fumosodi segni sulla pelle occhiali da sole e sandali furiosimentre guardo l’orizzonteperso chissà dovenelle curve di spazi immensipiù piccoli dei tuoi occhi.

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E ballano al suono grind di un uomo soloch’intrattiene una pochitudine d’astanti.Io filmo perché siano dati al tempo

eterno digitalee non si possa così dimenticare l’esempiodel perenne cattivo gusto eretto a cultnel sonno della ragione che genera mostrimai troppo mostruosi di questi tempimortidi smorte figure che s’avanzano tenuicome molli idioti colti a spalmarsi sul balconee poi ci siamo noicreature dei meandri oscurida cui però traspare luce.

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Abbiamo scritto pagine di scempistretti in visioni oniriche di giochi antichile panchineancora loroviste di notte come luogo d’incontri altiche la Moldava parla strettoe non si può dire oltresignificante plurimo e misterioso.I giochi di parole ci affascinanoe c’inducono a cantareal ritmo di sciocchezzevolute a più non possoin ore perdute lontanocon la routine ad anni lucee se sul tuo viso appare una dolce tristezzaè perché questi attimi non saranno eterni.

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Spaccati cielo sotto questa terra infettae concedici una tregua nell’infinitosbattersi per nullanoi abbiamo capito che non ha sensoil travagliare invanoe abbiamo scelto l’altra viasiamo soli nelle nostre cittàma arriva il momento dell’incontrodell’intreccio vitale d’attimie allora pulsano le forzes’accentrano i desiderie si decentrano le esistenze.Noi siamo questo insieme improbabiledi coseun fuoco ch’arde sull’acquae s’alimenta del tempo.Noi consumiamo secondi minuti oregiorni mesi annili portiamo allo spasimo all’estremo limite del pensieroe viviamo collisioni d’asteroidi in spazialtridove non s’arriva riflettendoma con l’amare giocando.

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Wire perché si cingono le trame d’anni fain un momento repentinosul ciglio della stradatu li chiami dal profondoed io ascolto il suono del tempo.

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Porto Selvaggio è l’eterno ritornocon vista marela meraviglia del rinnovarsi ugualee diversodei desideri delle voglie degli amorie spinge ostinato nella nostra direzionee s’aprono varchi nell’infinito nostroandare controe possiamo ancora guardare in altourlando e sussurrando insiemeche siamo l’urlo e siamo il cuore tenerodi esseri ribelli al morso del ragnoe le catene noi ce le fissiamo addossoai pantaloni.

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Per un attimo il tuo sguardo ha incrociatoil mioed ho visto la curva della tua bocca alzarsia formare una mezzaluna ecco perché dico che vale la pena di vivere.

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I fiori più belli crescono in mezzo al fangonei miasmi dell’umidore nel dolciastro delle arie fermesui muretti negletti lasciati a marcire.

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Ho costruito un eremo per le mie devianzefatto di macigni e chincaglierie ci ho portato dentro le megerei fustigatorigli idioti malvestitil’orrendo figlio dell’orroresuo padrela sorella della lunail cane nero degli zoppi.Ed ho portato voi alfa e omega delle mie luminescenze.

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Lo spellare è il segno criptico di chi al soledona colori al ventonello spegnersi dei giornibevendosi le nottiin luminarie di santi patroni.

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Ho perso la soglia del doloreper un giornogiocato al canto di uno scuro chiaroreche disfa estatia colpi di martello.Una piccola mortefalce in mano e bocca incertanon fa bene il suo lavoro:merito nostro.

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Mi piaci in tutti i modie non c’è merda che trapassi il cuoreio vedo chi sei oltre il muro delle distanzeoltre i laghi nei tuoi occhi.

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L’istinto non mentee anche quando ingannanon lo fa subdolamenteè qui la storta linea che trasborda:sono dall’altra parte della stradaseguitemi.

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Ecco:il cubetto di ghiaccioaffonda nell’essenzae lei cambia colorebiancheggianella plastica così ammorbanterutilante rete da pescasui lungomari di follia mai appagatae cambia il flusso delle oresi perde il senso del doveree ci si sveglia ovunquenell’avere un cuore immensoche ama a dismisura emozioni diradatee le pisciate dietro un’automentre una gamba sporta in sudice che l’irreale è realtànei luoghi altri dell’incanto.

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E ci mancavano Wonder Womane l’Uomo Ragno a bazzicarein un bar assurdo in riva al marecostellato di metalloAl Bano Carrisie tamarri in tutte le salse.

Noi in bella vista.

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Tutto quello che ho non basterebbe a fareun solo minuto d’emozione senza le vostre animei vostri corpii vostri respiri che diventano nostriecco perché odio i chilometriche ci separanoe la geografia dei luoghi.Eppure vi stringo a meinesorabilmentesenza trattenerviché gli amori veri non possiedono nullase non l’infinitezza degli spazie i dolori allo stomaco.

Stagioni differentinell’urlo e nel clangorenel dolce nervosismo dell’andare nella calma che ride di scemenzee nel nulla ch’è tuttose solo lo vogliamo.

Tesori miei.

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Novembre 2013

Il Fondo Verriè in via Santa Maria del Paradiso 8.aa Lecce (cap 73100)telefono 0832-304522fondoverri@tiscali.it

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Gianluca Conte

è nato a Galugnano (Lecce)il 24 settembre del 1972.Vive e lavora nel Salento