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24-11-2015 Lezione: Ematologia Argomento: Sindromi mieloproliferative, policitemia vera Prof.ssa: Musolino Sindromi mieloproliferative Le sindromi mieloproliferative croniche sono: la policitemia vera, la trombocitemia essenziale e la mielofibrosi cronica idiopatica. Non avevano prima un marcatore specifico citogenetico, fino al 2005, quando è stato scoperto un marcatore anche per alcune di queste sindromi. Le mettiamo insieme perché hanno delle caratteristiche in comune. Qual è la peculiarità citogenetica delle sindromi mieloproliferative croniche? È la mutazione del gene che chiamiamo gene JAK (janus kinase)-2. Lo troviamo questo gene a livello del braccio corto del cromosoma 9 ed è importante nel controllo, con espressione di attività tirosin chinasica. Come tutte le tirosin chinasi, sappiamo che controlla la proliferazione, la differenziazione, l’apoptosi cellulare. Questo gene può presentare, nel corso della sindrome mieloproliferativa cronica, una mutazione che interessa gli esoni 12, dove c’è la sostituzione di una amminoacido, della valina con la fenilalanina in posizione 617. È questa la mutazione che noi andiamo a ricercare per sapere se siamo di fronte ad una sindrome mieloproliferativa cronica, perchè bene o male sia la policitemia vera, sia la trombocitemia essenziale, sia la mielofibrosi cronica presentano questa mutazione, in percentuale diversa. Ma ci sono anche dei casi di sindrome mieloproliferativa cronica in cui questa mutazione non si ritrova. Non è che questo non conferma la nostra diagnosi di trombocitemia o di policitemia vera. È possibile che alterazioni siano a carico di altri geni, quali, soprattutto nella policitemia vera, nel gene MPL, che è il gene che controlla il metabolismo del calcio. Ma è raro trovare casi che sono JAK-2 negativi e MPL positivi. Recentemente un’altra mutazione è stata trovata, che è la Calreticulina, un altro gene CALR che si trova a livello del cromosoma 19. In effetti i meccanismi di azione di questo gene ancora tutt’oggi non sono ben

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24-11-2015

Lezione: Ematologia

Argomento: Sindromi mieloproliferative, policitemia vera

Prof.ssa: Musolino

Sindromi mieloproliferative

Le sindromi mieloproliferative croniche sono: la policitemia vera, la trombocitemia essenziale e la mielofibrosi cronica idiopatica. Non avevano prima un marcatore specifico citogenetico, fino al 2005, quando è stato scoperto un marcatore anche per alcune di queste sindromi. Le mettiamo insieme perché hanno delle caratteristiche in comune. Qual è la peculiarità citogenetica delle sindromi mieloproliferative croniche? È la mutazione del gene che chiamiamo gene JAK (janus kinase)-2. Lo troviamo questo gene a livello del braccio corto del cromosoma 9 ed è importante nel controllo, con espressione di attività tirosin chinasica. Come tutte le tirosin chinasi, sappiamo che controlla la proliferazione, la differenziazione, l’apoptosi cellulare. Questo gene può presentare, nel corso della sindrome mieloproliferativa cronica, una mutazione che interessa gli esoni 12, dove c’è la sostituzione di una amminoacido, della valina con la fenilalanina in posizione 617. È questa la mutazione che noi andiamo a ricercare per sapere se siamo di fronte ad una sindrome mieloproliferativa cronica, perchè bene o male sia la policitemia vera, sia la trombocitemia essenziale, sia la mielofibrosi cronica presentano questa mutazione, in percentuale diversa. Ma ci sono anche dei casi di sindrome mieloproliferativa cronica in cui questa mutazione non si ritrova. Non è che questo non conferma la nostra diagnosi di trombocitemia o di policitemia vera. È possibile che alterazioni siano a carico di altri geni, quali, soprattutto nella policitemia vera, nel gene MPL, che è il gene che controlla il metabolismo del calcio. Ma è raro trovare casi che sono JAK-2 negativi e MPL positivi. Recentemente un’altra mutazione è stata trovata, che è la Calreticulina, un altro gene CALR che si trova a livello del cromosoma 19. In effetti i meccanismi di azione di questo gene ancora tutt’oggi non sono ben chiariti. Però, se noi troviamo un soggetto in cui sospettiamo una policitemia vera e il JAK-2 non lo troviamo, lo troviamo negativo,andiamo avanti nelle nostre indagini citogenetiche, ricercando sia MPL, sia questo nuovo gene che viene detto CARL, che sono sempre dei geni che agiscono sui segnali di trasduzione e quindi sulla proliferazione e differenziazione cellulare. Per quanto riguarda il JAK-2 che è quello più conosciuto e sappiamo ormai quali sono le sue azioni, sappiamo che ha delle interazioni con quelli che sono i recettori di alcuni fattori di crescita delle linee ____, megacariocitopoietica ed eritroide. In particolare il gene JAK-2 interagisce con quella che è l’eritropoietina, il gene CSF e CCSF(?). Nel momento in cui c’è questa interazione tra i fattori di crescita, facciamo l’esempio dell’eritropoietina, dell’EPO: nel momento in cui l’EPO si

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lega al suo ligando, questo legame attiva il JAK che si trova in forma inattiva; nel momento in cui abbiamo il legame tra EPO e suo recettore abbiamo l’attivazione di JAK-2, che così esprime la sua attività tirosin chinasica, tramite una serie di eventi di trasduzione del segnale, che aumentano quella che è la proliferazione, la differenziazione e la sopravvivenza cellulare, quindi quella che agisce anche sull’apoptosi. Quindi come un po’ la mieloide cronica, queste alterazioni genetiche sono responsabili anche di queste sindromi, hanno lo stesso meccanismo patogenetico di quelle che chiamiamo sindromi mieloproliferative croniche Philadelphia negative. Questa è la novità dal 2005 in poi. Ecco, come vi ho anticipato, nel momento in cui abbiamo il ligando con i fattori di crescita, il JAK viene fosforilato e riesce, tramite la via STAT5, a trasmettere i segnali di trasduzione.

Questo è un esempio sperimentale: vedete come in un topo, in cui vengono trapiantate delle cellule che contengono la mutazione del JAK, si ha una mancata eritrocitosi. In che percentuale troviamo questa mutazione? Innanzitutto un’altra cosa importante è che la possiamo trovare sia in uno stato di omozigosi e sia in uno stato di eterozigosi. Questo che significa? Certamente che trovare una mutazione in uno stato di omozigosi comporta una maggiore attività tirosin chinasica e quindi una malattia che può essere un pochino più severa rispetto a quella che ha una mutazione in stato di eterozigosi. A livello di policitemia vera troviamo questa mutazione nel 70-90% dei casi, a livello di trombocitemia essenziale 30-40%, ancora un pochino di più, 50-60%, a livello di mielofibrosi. Vi dico che questo è importante oggi, andare a ricercare queste mutazioni, perché da alcuni anni abbiamo in commercio quelli che sono degli inibitori del gene mutato e quindi andare a ricercare queste mutazioni è importante anche dal punto di vista terapeutico. Per quanto riguarda queste sindromi, non sono così frequenti come abbiamo detto per la leucemia cronica. Come incidenza annua su 100000 abitanti abbiamo: 2.5-2.8 casi per la

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policitemia vera, la trombocitemia essenziale è più rara e la mielofibrosi bene o male si attesta sulla stessa incidenza della trombocitemia essenziale.

Policitemia vera

Oggi iniziamo a parlare di policitemia vera, o meglio ancora di poliglobulia. Perché, nel momento in cui mi viene un soggetto con un aumento dei globuli rossi, cioè con una eritrocitosi, io ancora non posso dire che quel soggetto ha una policitemia vera, certamente. Quando parliamo di poliglobulia? Su quali criteri, parametri ci basiamo per definire un soggetto poliglobulico? Numero dei globuli rossi, concentrazione emoglobinica ed ematocrito. Perché non ci possiamo basare soltanto sulla concentrazione dei rossi e dell’emoglobina? [Qua la prof fa un po’ di confusione tra ematocrito ed emoglobina] Quando si ha un aumento dei globuli rossi con ematocrito ridotto. Quale può essere nella realtà clinica una situazione del genere con ematocrito ridotto e 7 milioni di globuli rossi? Studente: Disidratazione. Non ho parlato di ematocrito ma di emoglobina ridotta. Globuli rossi aumentati ed emoglobina ridotta: il soggetto talassemico. Il soggetto portatore di anemia mediterranea ovviamente non è poliglobulico, pur avendo 7 milioni di globuli rossi, ma è un soggetto anemico. Nella disidratazione si ha una poliglobulia, io dico, relativa, non è una poliglobulia assoluta, viene detta anche spuria. Nel momento in cui io ho una disidratazione, per un evento infettivo, o perché non ho voluto bere per due giorni, o per scariche diarroiche, in quel modo perdo liquidi, si creerà una emoconcentrazione e quindi un aumento dei globuli rossi perché ho perso parte di quello che è il mio volume plasmatico, ma quella è una poliglobulia che definisco relativa. Qua noi ci dobbiamo concentrare su quelle che sono le poliglobulie assolute, che per essere definite si deve avere un aumento dei globuli rossi, dell’emoglobina e dell’ematocrito. Per poliglobulia assoluta significa che la mia massa eritrocita ria è continuamente aumentata altrimenti non potrei avere una eritrocitosi. Possono essere delle forme primitive, possono essere delle forme congenite, possono essere delle forme acquisite. La poliglobulia relativa l’abbiamo detta, dove la massa eritrocita ria è normale, non può essere aumentata o ridotta, è soltanto una variazione della massa plasmatica o volume plasmatico.

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Però si possono classificare ancora di più queste poliglobulie. Io poi vedo un ematocrito su cui parametri io ho detto: questa che è una poliglobulia assoluta. Sappiamo che la stimolazione normale della produzione dei globuli rossi da dove viene? Dall’eritropoietina, che viene prodotta a livello renale. Però ricordate che ci sono anche delle sedi ectopiche per la produzione di eritropoietina, che possiamo trovare a livello del fegato, a livello del cervelletto e queste possono essere responsabili di un quadro di eritrocitosi, nel caso in cui per esempio si ha un meningioma o una neoplasia epatica. Spesso si trovano soggetti con un meningioma che hanno una poliglobulia assoluta. Quindi un’altra classificazione che facciamo per le poliglobulie è in base ai livelli di eritropoietina sierica: se è aumentata o se è normale o ridotta.

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Allora se è aumentata è praticamente una poliglobulia di forma secondaria, non primitiva, e può essere: da secrezione appropriata di eritropoietina, perché per esempio c’è l’ipossia che stimola la sua produzione, o da secrezione inappropriata, non è lo stimolo fisiologico, l’ipossia tissutale, che mi porta alla produzione di eritropoietina, ma è una stimolazione anomala che mi comporta una produzione inappropriata. Quindi bisogna capire se la produzione di eritropoietina è legata all’ipossia o invece non è collegata all’ipossia e quindi distinguiamo da secrezione appropriata o da secrezione inappropriata. Però abbiamo dall’altro lato anche quelle condizioni in cui l’eritropoietina è normale o addirittura ridotta, però c’è poliglobulia, quindi evidentemente il clone eritroide è sfuggito a quello che è il controllo normale di feedback tra eritropoietina e clone eritroide. Ecco, tra questi abbiamo la forma che più ci interessa a noi da vicino, perché si può riscontrare una forma congenita nei bambini dove si ritrovano quelle che sono della alterazioni strutturali dei recettori dell’eritropoietina, e poi abbiamo la forma acquisita che è la sindrome mieloproliferativa cronica di cui stiamo parlando che è la policitemia vera (ci può essere anche nelle altre sindromi mieloproliferative).

Per quanto riguarda la forma relativa o spuria l’abbiamo detta, è quella in cui si crea un’emoconcentrazione, che può essere legata alle situazioni che abbiamo detto, oppure una forma relativa può essere correlata ad uno stato ipertensivo, o ad un’intossicazione da CO, ma sono forme relative. Basta idratare il paziente o disintossicarlo e ritorna tutto nella norma.

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Le forme secondarie da secrezione appropriata di eritropoietina in quale commissione le possiamo trovare? In quelle dove c’è un’ipossia tissutale, prime fra tutte quelle che sono, chiamiamole insufficienze respiratorie, per esempio una BPCO o uno stato enfisematoso comporteranno una riduzione degli spazi respiratori e a livello tissutale un’ipossia, che stimola l’eritropoietina, e il soggetto broncopatico cronico o enfisematoso produrrà più globuli rossi. Questa è una delle forme secondarie più frequenti che vi troverete nella pratica clinica. Oppure se io ho un difetto a livello cardiaco, una persistenza del forame ovale, in cui ho uno scambio tra sangue arterioso e venoso e si viene a creare un’ipossia e di conseguenza una stimolazione di eritropoietina e quindi una poliglobulia. Se io ho la presenza di un’emoglobina anomala con elevata affinità per l’O, che con difficoltà cede ossigeno ai tessuti, come la carbossiemoglobina, ecco che posso avere una poliglobulia. Ci possono essere quindi casi di presenza di emoglobina anomala, sia casi di intossicazione (carbossiemoglobina). Anche la presenza di metaemoglobinemia o di deficit di 2-3 DPG possono creare poliglobulia congenita. Abbiamo la poliglobulia fisiologica, per esempio se andiamo in alta montagna troviamo dei soggetti sempre belli coloriti, non certo pallidi, ma questo è legato alla pressione arteriosa di ossigeno che troviamo in alta montagna e comporta in questi soggetti la presenza di poliglobulia, che riteniamo fisiologica. Andiamo a quelli da secrezione inappropriata di eritropoietina.

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Tra quelle acquisite troviamo la presenza di neoplasie: neoplasie renali, feocromocitoma, neoplasie cerebellari, cisti renali. Tutte queste forme eterogenee possono comportare una secrezione inappropriata di eritropoietina e di conseguenza una poliglobulia secondaria. Forme congenite sono molte rare e si hanno quando c’è una secrezione incontrollata e autonoma di Epo. A noi quello che ci interessa è la policitemia vera, che è una sindrome mieloproliferativa cronica, dove si ha una proliferazione che sfugge al controllo dell’eritropoietina del clone eritroide. La proliferazione parte da quello che è un clone mieloide, parte dalla cellula staminale, ma l’evento mutageno sembra che avvenga oltre la cellula staminale, perchè molto spesso non troviamo nella cellula staminale le varie mutazioni genetiche molecolari, che danno la patologia. È comunque una cellula staminale che già è orientata maggiormente verso la forma eritroide. Questi sono i parametri per dire quando posso sospettare una poliglobulia.

Nelle donne hanno esagerato come concentrazione emoglobinica, in quanto in una donna bisogna controllare gli altri parametri nel sospetto di poliglobulia già

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quando abbiamo una concentrazione emoglobinica >14.5. Il valore ematocrito nell’uomo superiore al 52%, nella donna superiore al 47.5%. Questi quindi sono i tre parametri che dovete sempre chiedere per sospettare una poliglobulia. Di solito abbiamo una maggiore incidenza nel sesso femminile. [Qua c’è confusione, ma parla di epidemiologia, sulla quale vi allego la slide].

È una malattia della persona adulta e anziana con maggiore incidenza nei soggetti tra i 55 e i 70 anni. Qual è la storia naturale dei soggetti affetti da policitemia vera? Quelle che sono delle complicanze vascolari, che possono essere di tipo arterioso o venoso. E nella storia naturale, come dicevamo riguardo la leucemia mieloide cronica, anche la policitemia vera può evolvere o in leucemia mieloide acuta o trasformarsi in mielofibrosi. Infatti abbiamo dei casi che noi all’inizio possiamo diagnosticare quando già la malattia è in mielofibrosi e si parla di mielofibrosi post-policitemia vera. Come ce ne accorgiamo?

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Ricostruendo un po’ tutti i dati anamnestici, dall’obiettività e dai parametri chimici. Come riconosciamo un soggetto con policitemia vera? Innanzitutto il suo visus è acceso, che noi definiamo rubeosico, un colorito acceso, le congiuntive le avrà congeste. Il sintomo principale per cui un soggetto con policitemia vera si rivolge al medico è soprattutto il prurito dopo la doccia. Raramente è un prurito spontaneo. La caratteristica è che questo prurito, piuttosto insopportabile, non tollerato dal paziente, lo porta all’osservazione del medico. Quale sia la vera causa non si sa: può essere liberazione di serotonina o di istamina, ma la vera causa non si conosce ancora. Accanto al prurito vediamo nel soggetto soprattutto un aumento della viscosità ematica, perché c’è un aumento della massa eritrocita ria, che porta cefalea, disturbi visivi, acufene, ronzii e tutti quelli che sono i sintomi della iperviscosità. Avrà segni di ipermetabolismo, perché c’è una massa eritrocita ria aumentata e quindi anche qui possiamo avere segni di iperuricemia nei soggetti con policitemia vera. Poi possiamo riscontrare trombosi sia arteriosa che venosa, e, accanto all’evento trombotico, caratteristica delle sindromi mieloproliferative croniche, sia la policitemia vera, sia la trombocitemia essenziale, è che possiamo avere anche degli eventi emorragici. A che cosa sono correlati questi eventi emorragici? Ci può essere un’alterazione qualitativa delle piastrine nella policitemia vera e soprattutto un’interferenza tra quelli che sono i fattori della coagulazione. Questi sono i due fattori principali. Se voi fate un tempo di protrombina in un soggetto con poliglobulia, guarda caso lo trovate più basso. In tutti i soggetti l’attività protrombinica non supera di solito il 60% e questa è legata ad un’interferenza e ad una ridotta concentrazione dei fattori di coagulazione. E questo è importante, sapere che ci possono essere degli eventi emorragici, anche per la terapia che si adotta in questi soggetti.

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Questo per farvi vedere cosa comporta un’anomalia vascolare di questo tipo. In questo soggetto le dita sono cianotiche, bluastre.

Nelle sue fasi la possiamo dividere in 5 fasi: una fase che viene detta asintomatica, cioè il soggetto non ha ancora nessun disturbo, fa un emocromo, oppure lo vedono un pochino rosso in viso, fa degli esami e si trova la policitemia; poi c’è la fase proliferativa, che quindi è sintomatica con tutti quelli che sono i segni che ne derivano; poi c’è una fase spenta, cosa significa? Che man mano il clone eritroide non va più incontro ad una iperproliferazione, ma la sua proliferazione comincia a ridursi e il soggetto non ha più poliglobulia, ma più che altro comincerà ad avere anemia. La cosa strana è che il soggetto in questa fase non avrà più poliglobulia e accanto all’anemia può avere anche una modica piastrinopenia. Un’altra evoluzione che abbiamo detto può essere una trasformazione di questo midollo, che a parte alla produzione di pochi globuli rossi, produrrà fibrina e collagene, trasformandosi in mielofibrosi, e si chiama mielofibrosi post-policitemia. Un’altra evoluzione è quella della leucemia acuta, che può essere un’evoluzione naturale della malattia o può

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essere secondaria alla chemioterapia. Di queste tre sindromi, policitemia, trombocitemia e mielofibrosi, quella che da minore sopravvivenza è la mielofibrosi idiopatica (da 47:46 fino a 49:00 ci sono delle domande da parte di studenti con le risposte della prof e non si capisce nulla). Il soggetto può presentare vari eventi trombotici arteriosi, quali: infarto del miocardio, fenomeni di TIA (ischemia transitoria cerebrale), angina, insufficienza cardiaca, si può rischiare anche un’embolia polmonare. (da 49:30 a 51:36 stessa cosa di prima, allego le slide).

Anche gli stessi leucociti che nella policitemia vera potevano essere normali, ma i leucociti presentano delle sostanze attive che possono o contribuire all’evento trombotico, o ______.

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L’ipermetabolismo, a parte l’iperuricemia, certamente ci può dare anche febbre, ma si tratta di febbricola, mai febbre elevata. E questi soggetti certamente non sopportano il caldo, sono intolleranti al caldo.

La trasformazione in leucemica la osserviamo nel 2-15% dei soggetti, dopo circa 8-10 anni dall’esordio. Sono malattie croniche, come abbiamo detto, non abbiamo evoluzione dopo 2-3 anni di decorso, ma solo dopo 8-10 anni. E questa evoluzione in leucemia, come storia naturale, è sempre di tipo non linfoide, di tipo mieloide. E vi dirò che quando c’è la leucemia acuta, evoluzione di un’altra malattia ematologica, la prognosi è abbastanza severa, perché le leucemie secondarie, rispetto alle leucemie primitive, hanno una prognosi severa e una scarsa risposta al trattamento. Come facciamo diagnosi? Dall’anamnesi, dall’esame obiettivo e poi dalle indagini diagnostiche. Ma quelli più importanti sono i dati anamnestici e l’esame obiettivo certamente.

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Se io vedo un soggetto con queste dita che sono già quasi in gangrena, posso già sospettare. È già in una fase di malattia avanzata.

Se io vedo una donna così, la signora ha una policitemia vera. Vedete le congiuntive che sono congeste, è bella colorita (dice qualcosa sulle mani in figura : cianosi). Il viso del poliglobulico è rosso d’estate e blu indaco d’inverno.

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Quadro sintomatologico: cefalea, disturbi visivi, disturbi anche uditivi, vi ho sottolineato il prurito che è il sintomo che maggiormente spinge il paziente ad andare dal medico.

La percentuale dei vari sintomi. Come vedete il primo sintomo che viene segnalato è il prurito. Non mi soffermo sulle varie percentuali.

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Come faccio diagnosi? Di fronte ad un paziente poliglobulico, prima di andare a pensare di fare chissà quale indagine strumentale, due sono le cose che potete fare. A parte i tre parametri su cui basiamo il nostro sospetto di poliglobulia, e quindi globuli rossi, emoglobina ed ematocrito, tramite l’emocromo, cosa posso andare a cercare? La pressione arteriosa d’ossigeno, cioè faccio un emogas ( in America il primo esame che fanno è l’emogas), e posso già dire se è una poliglobulia secondaria, perché se io mi ritrovo una pressione arteriosa di ossigeno inferiore al 90%, all’85%, allora il soggetto è ipossico, c’è un’ipossia tissutale. Dopo questo, se c’è qualcosa che non mi convince, posso fare un parametro, che può essere più costoso, ma è semplice: il dosaggio dell’eritropoietina sierica, perché se è una poliglobulia con secrezione inappropriata o appropriata di eritropoietina o anomala, ecco che mi indirizzo verso quelle che sono le poliglobulie che abbiamo detto. Se io mi trovo di fronte un soggetto con poliglobulia assoluta, con una pressione arteriosa di ossigeno del 70%, possiamo subito dire che è una poliglobulia secondaria. Visito il soggetto ci trovo una BPCO, un soffio a livello del centrum fortis (?) e dico che è una poliglobulia secondaria (da 58:12 a 59:18 domanda di una studente con relativa risposta di cui non si sente nulla). Tramite il dosaggio dell’eritropoietina andiamo a fare diagnosi di poliglobulia primitiva o secondaria. Se è una forma primitiva l’eritropoietina la troverò normale o ridotta, se è una forma secondaria la troverò elevata. Un altro esempio che posso fare è questo, di una poliglobulia secondaria: pressione arteriosa di ossigeno 70%, eritropoietina 20.

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Se trovo l’eritropoietina, che in questo caso è 35, ci troviamo di fronte ad una poliglobulia secondaria. Se mi trovo invece un soggetto che ha una pressione arteriosa di ossigeno del 90%, faccio il dosaggio dell’eritropoietina e me la trovo inferiore a 2 o inferiore a 1, o me la trovo inferiore a 5, farò diagnosi di poliglobulia primitiva. (da 1:01:16 a 1:03:04 parla del midollo osseo, ma non si capisce, allego la slide).

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Per fare diagnosi di policitemia vera abbiamo questi criteri:

A1 - aumento massa eritrocita ria, che nell’uomo deve essere >36 ml/Kg e nella donna >32 ml/Kg.

A2 - saturazione arteriosa di O2 >92%

A3 – splenomegalia palpabile ( 1, 2 cm, modica splenomegalia all’inizio)

A4 – marker di clonalità (cariotipo anomalo, etc…)

Faccio sempre l’aspirato midollare solo se sono costretta, e, nell’aspirato midollare mi posso ricercare quella che è la mutazione genetica. Però considerate che questa anomalia genetica la posso riscontrare anche nel sangue periferico, l’esame lo posso fare anche su un prelievo di sangue periferico. Però è un esame costoso. I criteri minori sono questi.

La fosfatasi alcalina nella leucemia mieloide cronica è assente o a livelli molto bassi, mentre nella policitemia vera e nelle altre sindromi mieloproliferative croniche è normale o elevata. Secondo questa vecchia classificazione la diagnosi di policitemia può essere fatta se ci sono 3 criteri di tipo A, cioè la massa eritrocita ria, la saturazione e la splenomegalia, oppure se ho due criteri A e due criteri B (criteri minori). È stata aggiunta recentemente un’altra classifica.

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Di seguito tutto quello che abbiamo detto fino ad ora. Come andiamo a fare la diagnosi? (da 1:07:30 a 1:08:25 parla dell’iter diagnostico, vi allego la slide)

Come ci accorgiamo che un soggetto in una fase sintomatica comincia a evolvere in una fase spenta? I suoi globuli rossi diminuiranno, avrà una sindrome anemica con trombocitosi o piastrinopenia. Fino a quando il quadro di pancitopenia porterà alla mielofibrosi.

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Qual è la terapia? (da 1:10:00 a 1:10:40 parla di terapia e di salasso, allego slide)

Ad un soggetto con policitemia vera che ha un ematocrito al di sopra del 52 % faremo la salassoterapia, che noi chiamiamo isovolumetrica, perché togliamo 250 di globuli rossi e mettiamo 250 di soluzione fisiologica. L’obiettivo della salassoterapia è far ritornare l’ematocrito al di sotto del 47%, anzi studi clinici hanno dimostrato che mantenere l’ematocrito al di sotto del 45% aumenta la sopravvivenza di questi soggetti. Quindi nelle forme secondarie la terapia di base, se il paziente necessita di qualche salasso glielo facciamo, altrimenti migliorando la patologia di base migliora certamente la policitemia vera. Se quello continua a fumare o ha una BPCO continuerà ad avere poliglobulia. Un’altra cosa da raccomandare ai soggetti con poliglobulia, sia secondaria, che primitiva, è anche di bere molto, di adeguarsi ad un maggiore introito di liquidi

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durante la giornata. Accanto al salasso nella policitemia vera possiamo fare anche una chemioterapia basata su idrossiurea, perché il busulfano non viene più prodotto, almeno in Italia. L’esposizione ad idrossiurea, soprattutto per molto tempo, 10-12 anni, predispone il paziente ad un maggior rischio di sviluppo di una seconda neoplasia, quindi dobbiamo valutare, soggetto per soggetto, se introdurre idrossiurea. Ci sono altri farmaci di nuova generazione come l’Anagrelide, che agisce soprattutto a livello del clone trombocitemico, quindi la usiamo nella trombocitemia essenziale. Nella policitemia vera quello che possiamo utilizzare è l’interferone α, che però può dare vari effetti collaterali. Le cause di morte sono legate certamente ad eventi trombotici o emorragici o ad una seconda neoplasia o ad una trasformazione in leucemia.

Algoritmo terapeutico.

Page 21: javadevil.altervista.orgjavadevil.altervista.org/sbob/5a1sS/oncoEmato/ematologia... · Web viewQuesto gene può presentare, nel corso della sindrome mieloproliferativa cronica, una

La terapia di base è la salassoterapia, operata in base alla risposta del soggetto. Se noi abbiamo detto che il nostro obiettivo è quello di portare l’ematocrito al di sotto del 45-47%, può essere che ci riusciamo in una settimana o in 15 giorni. Quando noi vediamo che man mano che facciamo i salassi l’ematocrito scende allora la salassoterapia sta funzionando. Ma se noi abbiamo dei soggetti, che definiamo ad alto rischio, perché insieme alla policitemia vera ha una dislipidemia, o un’ipertensione, oppure è un fumatore, accanto alla salassoterapia dobbiamo utilizzare anche altri tipi di terapia, come può essere l’idrossiurea. Una volta che abbiamo iniziato l’idrossiurea può essere che i livelli di ematocrito scendano e il soggetto non deve fare più salassoterapia. L’idrossiurea però soprattutto cerchiamo di utilizzarla nei soggetti che abbiano superato i 50 anni. Nei soggetti giovani possiamo fare l’interferone.