NEURORADIOLOGIA -...
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08/03/2016 PROF. LONGO
NEURORADIOLOGIA
INTRODUZIONE
Tomografia computerizzata
Un tempo questa disciplina si avvaleva solo della
radiologia convenzionale, quindi per decenni c’è stata
la necessità di effettuare uno studio della scatola
cranica e della colonna vertebrale imperniato sull’uso
di mezzi di contrasto. Nel 1974 è stata inventata la
prima TC da Hounsfield, ingegnere della EMI, a
partenza dal progetto di uno scanner per computer.
Da quando esiste la TC si è spostato il paradigma,
mentre prima il contenuto della scatola cranica era
trasparente, con essa invece si sono “scoperte” le
densità intermedie. La TC resta una metodica
squisitamente radiologica in cui agli estremi abbiamo il
bianco (osso) e il nero (aria), ma in mezzo ci sono tutte
le densità intermedie (tonalità di grigio), invisibili alla
radiologia tradizionale, caratterizzata appunto da una
latitudine ristretta. Nella TC il sistema di rivelazione a
pellicola radiografica è stato sostituito con un sistema
di rivelazione a camere di ionizzazione, tutti gli impulsi
elettrici provenienti da queste sono poi elaborati da
un algoritmo, scritto dallo stesso Hounsfield e dal suo
collaboratore, che ricostruisce digitalmente, tramite
pixel e voxel, un’immagine analogica. Questo stesso
algoritmo è utilizzato in tantissime altre tecnologie in
cui ci si avvale di una ricostruzione digitale
dell’immagine, è alla base della stessa RM.
Lo stesso Hounsfield per differenziare le diverse
tonalità di grigio ha proposto una scala di densità che
vanno da un max= +1000, che è l’osso compatto
quindi il bianco assoluto, al min= -1000, il nero
assoluto, l’aria. Quindi abbiamo 2001 densità, lo 0
coincide perfettamente con la densità dell’acqua.
Tutto ciò che ha una densità maggiore dell’acqua è
detto iperdenso (osso, ecc.) viceversa sarà detto
ipodenso un tessuto a densità inferiore (grasso, ecc.).
La possibilità di analizzare le diverse densità dei tessuti
ha consentito di rivelarne la natura. La TC è una
tecnica che utilizza i raggi X ed è monofattoriale
perché si avvale di un solo parametro, la densità,
calcolando il valore di attenuazione dei fotoni X emessi
dal tubo radiogeno.
Oggi con i nuovi algoritmi e i nuovi computer viene
detta multiplanare. Mentre prima consentiva solo
delle fette assiali, oggi non si parla più solo di TAC ma
di TC. La TC consente l’analisi di strutture che abbiano
una densità adeguata, in particolare osso e sangue.
Risonanza magnetica nucleare
La RMN è stata inventata successivamente anche se il
principio fisico su cui si fonda è ben precedente, risale
infatti al 1946, agli studi di Bloch e Purcell. Il principio
della risonanza magnetica è la proprietà di un atomo
di Idrogeno immerso in un campo magnetico molto
intenso. L’atomo di idrogeno è costituito di fatto da un
elettrone, carico negativamente, che ruota attorno a
un nucleo, carico positivamente e costituito da un solo
protone. Quest’ultimo, essendo una carica elettrica
che ruota su se stessa, emette un campo magnetico,
identifichiamo quindi un polo nord e un polo sud. Una
volta inserito in un campo magnetico intenso si
orienterà secondo esso, il suo polo nord coinciderà col
nord del campo magnetico principale. Nel tomografo a
risonanza magnetica questo campo magnetico è
fornito da una grossa elettrocalamita, detta Gantry,
costituita da un avvolgimento di un filo conduttore,
Boro in questo caso, attorno a un rocchetto. Al
passaggio della corrente elettrica questo produce
un’intensità di campo magnetico molto elevata. Il
corpo umano presenta una quantità di idrogeno del
98% e tutti questi atomi si orienteranno secondo la
direzione del vettore campo magnetico principale, la
maggior parte di questi protoni avranno anche lo
stesso verso. Una parte invece, con energia maggiore
si orienterà in verso opposto. Questo sistema, così in
equilibrio, viene eccitato con un impulso
elettromagnetico, onde radio a 40 MHz, quindi gli
atomi acquistano energia e tendono a deflettersi
perpendicolarmente rispetto all’asse del campo
magnetico, al termine dell’impulso essi torneranno
alla situazione di equilibrio, paralleli al campo,
emettendo energia sotto forma di stesse onde radio.
Di fatto questa macchina è composta da
un’elettrocalamita e da un trasmettitore/ricevitore
radio. Il segnale proviene tutto dagli atomi di idrogeno
che possono essere praticamente quantificati, si
effettua quindi una spettroscopia senza distruggere il
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campione. La risonanza magnetica è stata utilizzata
solo successivamente ai fini medici ma di fatto è un
apparecchio per spettroscopia, permette di
quantificare la composizione atomica di un corpo, non
solo idrogeno ma anche altri elementi (fluoro, fosforo,
ecc.) perché ogni elemento ha un momento magnetico
caratteristico.
Quantificare gli atomi di idrogeno permette di
apprezzare la cosiddetta Densità protonica. Gli atomi
di idrogeno sono presenti in tutte le molecole del
nostro organismo, quindi il segnale di ritorno dipende
anche dal legame nella singola molecola e anche
questo potrà essere quantificato (ci sarà un segnale
caratteristico per l’acqua libera, uno per il grasso,
ecc.). Questa macchina dipende dall’idrogeno quindi in
larga misura dipende dall’acqua.
La RMN quindi è una metodica plurifattoriale, ogni
atomo di idrogeno infatti ha un orientamento
caratteristico sia sul piano parallelo al campo
magnetico principale sia su quello perpendicolare ad
esso, questo dipende dal legame molecolare in cui si
trova. Si può calcolare quindi, oltre la densità
protonica, DP, il cosiddetto T1, cioè il tempo di
rilassamento longitudinale, dovuto alle interazioni di
legame con le molecole circostanti (spin-reticolo), e il
T2, tempo di rilassamento trasversale, dovuto
all’interazione tra protoni vicini (acqua libera o legata).
In realtà esistono macchine più moderne che lavorano
secondo altri fattori, come la Diffusione o la
Suscettibilità magnetica. È una macchina multiplanare
anch’essa come la TC, lo stesso algoritmo si applica a
condizioni di iposegnale (nero) o ipersegnale (bianco).
L’immagine ottenuta è così specifica che consente di
discriminare tra i singoli tessuti. La RMN ha permesso
quindi un’ottima differenziazione tissutale senza
ricorrere l’esame macroscopico.
STUDIO DEL CRANIO
Un tempo la diagnosi di una patologia intracranica si
basava su un’analisi indiretta.
Come è facilmente evidenziabile dallo studio
paleontologico dello scheletro di varie specie di
ominidi la forma del cranio si è modificata con
l’evoluzione della nostra specie e fondamentalmente il
suo sviluppo si è adattato al suo contenuto.
L’anatomia è espressione plastica della funzione,
regola di Andrea Vesalio, fondatore dell’anatomia
moderna.
Per decenni si è studiato il cranio cercando di capire
dalla sua forma quale patologia potesse averla
modificata, con scarsissimi risultati. Furono stabiliti nei
secoli diversi piani e linee anatomiche di cui
ricordiamo due piani anatomici virtuali:
Piano orbito-meatale, passa a metà delle
orbite e al centro del meato acustico
interno;
Piano orizzontale tedesco, passa tangente
inferiormente alle orbite e superiormente al
meato acustico esterno.
Questi due piani di sezione del cranio sono utilizzati
in TC (piano OM) e in RMN (piano Or.Ted.). Abbiamo
così delle fette riproducibili e leggibili ovunque.
Con le tecnologie rudimentali di un tempo era
possibile solo supporre le patologie encefaliche,
come per esempio delle calcificazioni intracraniche
ventricolari in un bambino affetto da una gravissima
infezione perinatale da citomegalovirus, o la diagnosi
di un microcranio, in cui evidentemente il cervello
non si è sviluppato completamente.
TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA
Attraverso la TC siamo passati dallo studio dell’osso
semplice ai tessuti cerebrali, visualizzati in diverse
tonalità di grigio.
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In TC abbiamo la possibilità di vedere il cranio secondo
diverse proiezioni e questo ha contribuito
enormemente all’accrescimento delle conoscenze
anatomiche. Nell’immagine è confrontato un cranio
secco con due immagini TC in proiezione assiale, l’una
con una finestra di visualizzazione solo dell’osso, l’altra
del tessuto cerebrale. Le due linee rosse tracciate
congiungono le cavità orbitarie e le rocche petrose e si
intersecano al centro, non sono altro che due linee di
trasmissione della forza. Questa X, recentemente
scoperta da un anatomico francese, corrisponde a una
regione centrale del cranio che comprende il forame
magno, attraverso cui passa il tronco dell’encefalo, i
canali carotidei, i canali ottici, la sella turcica. Essa
costituisce la porzione più solida e resistente di tutto
il cranio, una “fortezza” nel nostro organismo, che
assolve essenzialmente a una funzione di protezione di
quelle strutture vitali. Una frattura del basicranio è
riconducibile a un trauma certamente molto forte.
Con le tecniche di ricostruzione moderne, come la VRT
(volume rendering technique) abbiamo la possibilità
di fare un’analisi della superficie di un cranio,
tridimensionale, del tutto simile a un cranio secco.
Dal punto di vista anatomico identifichiamo una fossa
cranica posteriore separata attraverso il tentorio dalle
fosse craniche superiore e media. Dividiamo perciò il
cranio in una porzione sotto-tentoriale (cervelletto,
tronco dell’encefalo) ed una sovra-tentoriale (emisferi
cerebrali).
L’encefalo, estratto dalla scatola cranica, può essere
suddiviso in 3 grandi segmenti:
Telencefalo, il cervello propriamente detto,
costituito dai due emisferi cerebrali;
Mesencefalo;
Romboencefalo, costituito da cervelletto e
tronco dell’encefalo.
L’encefalo è strutturato in questo modo per via della
sua embriologia, in cui a partire da un tubo chiuso
posteriormente e anteriormente, si formano
anteriormente due grandi diverticoli, le vescicole
telencefaliche, molto recenti dal punto di vista
filogenetico, che daranno poi origine agli emisferi
cerebrali.
Nella stessa immagine, secondo un piano sagittale,
ottenuta mediante TC ed RMN il dettaglio anatomico
risulta completamente differente.
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In termini generali è identificabile osso, aria e tessuto
nervoso. Il cervello nel complesso è iperdenso ma
presenta delle cavità che hanno una densità più bassa,
ripiene di liquido, i ventricoli. Saranno poi visibili le
cavità dei seni paranasali, nere perché piene di aria,
ma anche il grasso retro-orbitale essendo ipodenso
apparirà più scuro del parenchima cerebrale.
Nel contesto del cervello ci sono poi porzioni più
chiare, corrispondenti alla corteccia, e porzioni più
scure, corrispondenti invece alla sostanza bianca,
essendo essa costituita principalmente da assoni,
rivestiti da mielina e quindi da grasso.
Il metabolismo cerebrale richiede essenzialmente
glucosio e ossigeno e questi sono assicurati ai neuroni
dagli astrociti, i quali li assorbono elettivamente dai
capillari costituendo la barriera emato-encefalica. Per
via di questo sistema i normali mezzi di contrasto
iniettati in vena si diffondono nelle arterie e nelle vene
ma non arrivano ai neuroni in condizioni fisiologiche.
Nel caso ad esempio si sia sviluppata una patologia
neoplastica invece, questa massa, data l’assenza di
differenziazione e quindi di barriera ematoencefalica,
si impregnerà col mezzo di contrasto.
RISONANZA MAGNETICA
La RMN è una tecnica multifattoriale, presenta sia una
componente squisitamente morfologica che una
funzionale.
In RMN l’acqua libera presente nei ventricoli sarà
scura perché ha un segnale basso, il cervello presenta
una doppia componente: una periferica, la corteccia,
che ha un segnale basso e una più centrale, la sostanza
bianca, che presenta invece un segnale molto elevato
per via della presenza di molti lipidi e quindi appare
bianca, iperintensa. È così possibile fare una prima
differenziazione tra sostanza bianca e sostanza grigia
molto accurata e dall’elevatissimo valore diagnostico.
Le varie immagini, corrispondenti a tante fette,
possono poi essere ricostruite tridimensionalmente
attraverso la tecnica del VRT, rendendo perfettamente
identificabili le varie circonvoluzioni, i giri, separati tra
loro dai solchi. Vi sono solchi particolarmente ampi, le
scissure che suddividono il cervello in lobi, come la
scissura di Silvio, che separa il lobo frontale dal
temporale, o la scissura di Rolando, tra frontale e
parietale. In prossimità di quest’ultima si trovano il
giro frontale ascendente, con l’aria motoria primaria,
e il giro parietale ascendente, con l’aria sensitiva
primaria. Attraverso questa ricostruzione di superficie,
a partire da quelle scansioni T1, il neurochirurgo riceve
una vera e propria mappa.
In sezione il cervello presenta delle strutture
immediatamente evidenti, i ventricoli, cavità piene di
liquor. Esternamente al cervello troviamo le strutture
di rivestimento delle meningi, dura madre, aracnoide
e pia madre. Il liquor cefalorachidiano, che permette
praticamente al cervello di galleggiare all’interno della
scatola cranica, diminuendone il peso, circola nello
spazio sub-aracnoideo, tra aracnoide e pia madre, e
all’interno delle cavità ventricolari.
I ventricoli laterali si trovano nei due emisferi, hanno
una forma particolare, con un corno temporale, uno
occipitale e uno frontale, due comunicazioni i Forami
di Monro, il terzo ventricolo o ventricolo mediano,
l’acquedotto di Silvio, il quarto ventricolo, tra
cervelletto e tronco dell’encefalo. Questi ventricoli
sono pieni di liquor, cioè di acqua sostanzialmente
libera, e quindi sono ben apprezzabili in RMN.
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In una scansione secondo un piano sagittale è ben
visibile questo complesso, l’acquedotto di Silvio
nell’immagine appare come una stria bianca perché è
presente acqua in movimento all’interno, tutto ciò che
si muove è ipercinetico e in RMN cambia segnale.
Il liquor viene prodotto dai plessi corioidei, che si
trovano nei ventricoli laterali, esce dal quarto
ventricolo attraverso 3 fori, i due fori di Luschka,
lateralmente e il foro di Magendie medialmente, ed
entra nello spazio subaracnoideo per poi dirigersi giù
verso la colonna vertebrale attraverso cui risale e
arriva alla cisterna magna, bagna cervelletto e ancora
tutto l’encefalo per poi essere riassorbito in alto dalle
granulazioni del Pacchioni, parte dell’aracnoide,
attraverso le quali passa nelle vene cerebrali e quindi
nel circolo sistemico per poi ritornare ali plessi
corioidei, che essendo delle strutture simili ai
glomeruli effettuano una filtrazione e ricomincia il
circolo.
In RMN abbiamo la possibilità di selezionare solo il
segnale proveniente dall’acqua libera, vedremo quindi
la circolazione del liquor.
Un’altra struttura evidente in sezione sono i nuclei
della base, in particolare il Corpo Striato. Esso è
composto da due grossi nuclei di sostanza grigia al
centro dell’emisfero, il nucleo caudato e il nucleo
lenticolare. Questi due nuclei sono connessi da dei
sottili tralci di sostanza grigia. Nelle sezioni
anatomiche si usava colorare questi campioni con la
colorazione di Weigert, che mostrava in nero le
strutture nucleari e la corteccia. Tra i tralci passa la
capsula interna, costituita da tutti i fasci di fibre che
arrivano alla corteccia compattati.
La capsula interna ha un elevato contenuto di
fosfolipidi, essendo sostanza bianca, mentre in TC
apparirà come una sottile stria scura a forma di C tra
talamo, caudato e nucleo lenticolare, in RMN invece si
vede benissimo come una stria bianca.
Il segnale della guaina mielinica, dovuto
essenzialmente all’elevato contenuto di fosfolipidi, è
emesso dopo un tempo caratteristico e calcolabile,
pari a 250 ms dopo la
sospensione dell’impulso
radio. Somministrando un
altro impulso radio dopo
quell’intervallo di tempo è
possibile cancellare il segnale
emesso dalla mielina, che
apparirà quindi nera. Questa
sequenza, detta inversion
recovery, permette
praticamente una
colorazione in vivo del tutto
simile a quella istologica. La
capsula interna risulta così
perfettamente evidente
come è possibile anche
identificare persino il Fascio
mammillo-talamico di Vicq
d’Azyr, un puntino nero
all’interno del talamo.
All’interno del cranio esiste una varietà di strutture
concentrate in spazi piuttosto ristretti, come a livello
della regione ipofisaria, dove è possibile identificare
osso, dura, aracnoide, arterie, vene, nervi, ipofisi e
ipotalamo. Un tempo l’analisi di queste strutture era
attuabile solo verniciando col mezzo di contrasto il
liquor tramite puntura lombare, oggi si può fare un
Idrografia in RMN, che evidenzia per esempio solo il
segnale proveniente dal liquor.
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Inoltre in RMN possiamo fare fette molto sottili, da 0,7
mm e si può esaltare la componente liquida
cancellando quasi l’immagine del cervello. Il liquor
sarà bianco iperintenso e avremo praticamente un
calco di tutti gli spazi sub-aracnoidei. Tutte queste
immagini possono essere poi ricostruite
tridimensionalmente con la VRT e scegliendo il punto
di vista praticamente simulano una navigazione
endoscopica virtuale dentro le cisterne.
Questo tipo di studio ha rivoluzionato la chirurgia nei
conflitti vascolo-nervosi. Infatti, superata una certa
età, il cervello riduce il suo volume e tende a spostarsi
leggermente verso il basso, per cui i nervi e le arterie
soprattutto, se presente arteriosclerosi, tendono a
toccarsi, determinando una nevralgia. Tramite questa
tecnica il neurochirurgo può facilmente identificare la
posizione dell’arteria e analizzare l’approccio migliore
per spostarla.
A partire da un’acquisizione di 160 fette da 0,7 mm
sagittali, assiali e coronali, è possibile evidenziare
selettivamente e con colori diversi le diverse strutture,
talamo, putamen, capsula interna, ecc. Attraverso la
ricostruzione digitale tridimensionale il risultato finale
sarà l’identificazione spaziale dei nuclei della base con
una precisione millimetrica e una differenziazione tra
di essi.
Attraverso la RMN è possibile identificare anche i vasi
all’interno delle strutture encefaliche. Essi avranno un
contrasto fortissimo perché il sangue che entra in una
singola fetta eccitato dall’impulso radio, essendo in
movimento, viene sostituito da sangue che non ha
ricevuto quello stesso impulso, perciò il sangue
circolante apparirà privo di segnale. A differenza della
TC quindi non è necessario usare mezzi di contrasto. In
RMN infatti, cancellando tutta l’immagine del cervello,
si può ottenere un’immagine puramente angiografica
grazie all’elevato contrasto, si parla di Angio-RMN.
Attraverso questa tecnica si possono identificare ad
esempio dei vasi ostruiti o degli aneurismi, come
anche dei tumori altamente vascolarizzati. Questa
tecnica è molto utile anche per la donazione degli
organi, poiché consente di stabilire la morte cerebrale.
Uno dei dati più importanti è infatti l’assenza di circolo
cerebrale.
RISONANZA MAGNETICA FUNZIONALE
Le tecniche di risonanza magnetica funzionale sono:
Diffusione;
Perfusione;
Funzionale propriamente detta;
Spettroscopia.
La Diffusione è uno studio delle molecole in
movimento. Il movimento di ioni attraverso la
membrana cellulare testimonia un funzionamento
della pompa Na/K e quindi la vitalità cellulare.
L’immagine di diffusione è rapidamente interpretabile
e si può calcolare il Coefficiente di Diffusione, un indice
numerico preciso del danno e della distinzione tra
acuto e cronico.
Una caratteristica particolare dell’acqua libera è la
presenza dei cosiddetti moti Browniani, presenti anche
nel nostro organismo, dove però si accompagnano ai
moti direzionali. Tra questi il più caratteristico è il
moto che avviene tra lo spazio intercellulare e quello
intracellulare per mantenere l’omeostasi, grazie
all’azione della pompa sodio-potassio. Questa pompa
è ATP dipendente, perciò se non c’è glicolisi e non
viene prodotto ATP la pompa si ferma e l’acqua si
accumula. In RMN la direzionalità dell’acqua
determina un segnale caratteristico: se l’acqua si
ferma ha un segnale elevato, se l’acqua si muove ha
un segnale basso. Questa sequenza si dice pesata in
Diffusione. Nel cervello sostanzialmente l’acqua ha
due siti di direzionalità ben precisa: tra la cellula (il
neurone) e lo spazio extracellulare e all’interno delle
fibre nervose, in cui l’acqua scorre. Possiamo vedere
quindi se la cellula è morta perché non funziona più la
pompa Na/K, ma anche nelle fibre in che direzione
scorre l’acqua e identificare quindi il decorso delle
stesse fibre.
La diffusione più bassa si ha quando la pompa è ferma
quindi il cervello è in ischemia, che può essere
diagnosticata così molto precocemente. In TC ad
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esempio l’ischemia si vede solo dopo 24 ore, mentre
con questa RMN pesata in diffusione la si vede subito
e la si può ben localizzare. Quando l’acqua entra nella
cellula ischemica essa si gonfia, fase di edema
citotossico.
Rispetto ad una sequenza pesata in T2 ad esempio, in
quella in diffusione è evidente la porzione a elevato
segnale bianca che corrisponde al focolaio ischemico.
Questo elevato segnale è espressione di ischemia in
fase iperacuta.
Sequenze pesate in diffusione (DWI):
Diffusione elevata= basso segnale (liquidi-
necrosi)
Diffusione intermedia= medio segnale
(tessuto cerebrale normale)
Diffusione bassa= elevato segnale (ischemia,
pus, tessuto ipercellulare)
Esiste anche la possibilità di identificare le fibre
nervose evidenziando l’acqua che scorre in esse con
una sequenza di diffusione specifica che consente di
rilevare la direzione di questo flusso e effettuare una
ricostruzione di superficie. Questa tecnica è detta
Trattografia.
Con questa tecnica possiamo analizzare in dettaglio le
singole fibre e le connessioni tra i due emisferi o nello
stesso emisfero. Oggi esistono delle tecniche ancora
più specifiche con algoritmi ancora più precisi. Ogni
singolo colore identifica la direzione del flusso e quindi
la direzione delle fibre, da un lato all’altro in rosso,
dall’alto verso il basso in blu, da avanti verso dietro in
verde.