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Paolo Rugarli – Ingegnere Strutturista – Via Pinturicchio, 24 – 20133 Milano – [email protected]
Considerazioni sulla dinamica dello Strallo Morandi in assenza di corrosione nei cavi principali
a cura di Paolo Rugarli1
revisione 4.0
Milano, 14-10-2018
Introduzione Questa breve nota indaga alcuni aspetti delle caratteristiche dinamiche dello strallo “Morandi”, nella
ipotesi:
1. Che si possa considerare nulla o non più efficiente la precompressione iniziale (una ipotesi quasi
obbligata date le descrizioni degli ammaloramenti degli stralli e delle rotture dei trefoli fatte sia nei
documenti ASPI, sia nella relazione del MIT) e
2. Nella ipotesi che la maggior parte del cavo non fosse stata iniettata. Per meglio dire, si fa l’ipotesi,
suffragata da queste due fotografie:
Figura 1.https://bar-ingegneria.forumfree.it/?t=75909778&st=15#entry624293627 (e post seguenti).
1 L’uso di questo documento è libero pur di citare la fonte: Rugarli P., Considerazioni sulla dinamica dello Strallo Morandi in assenza di corrosione
nei cavi principali, Nota Pubblica, 14 Ottobre 2018. Originariamente postata qui: https://bar-ingegneria.forumfree.it/?t=75909778&st=195#entry625474187
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Paolo Rugarli – Ingegnere Strutturista – Via Pinturicchio, 24 – 20133 Milano – [email protected]
Figura 2: Parte di lamierino visibile nelle macerie dopo il crollo. Immagine postata originariamente qui https://bar-
ingegneria.forumfree.it/?t=75909778&st=195#entry625472032 e poi ingrandita qui https://bar-
ingegneria.forumfree.it/?t=75909778&st=195#entry625474187 .
che una buona parte dei cavi principali dello strallo Morandi pila 9 (e 10) fossero in realtà liberi
all’interno di una cavità non iniettata. Questa ipotesi è stata fatta per la prima volta qui:
https://bar-ingegneria.forumfree.it/?t=75909778&st=15#entry624347956v .
La foto di Figura 1, come discusso qui:
https://bar-ingegneria.forumfree.it/?t=75909778&st=75#entry624995025
https://bar-ingegneria.forumfree.it/?t=75909778&st=75#entry625017059
e post seguenti, è certamente relativa allo strallo Nord della pila 9 del viadotto Morandi, in corso di
costruzione). L’immagine è stata specchiata per le stringenti e inoppugnabili considerazioni fatte
nel paragonare questa foto agli edifici esistenti in Genova.
Si fa inoltre l’ipotesi che:
1. Nei tratti ove i cavi principali corrono liberi nella cavità l’unica massa che conta sia quella dei cavi
stessi (infatti per determinare la frequenza l’energia cinetica e quella di deformazione devono
oscillare l’una nell’altra, ma non vi è solidarietà cinematica tra acciaio e calcestruzzo in questa
ipotesi).
2. Nei tratti ove i cavi principali sono invece stati “iniettati” (verosimilmente in assenza di lamierino),
conti la massa precedente più la massa dei cavi secondari (non più efficaci) e la massa di
calcestruzzo avente sezione 0.98x1.22 mq (in questo caso la massa di calcestruzzo segue
obbligatoriamente e strettamente il movimento oscillatorio dei cavi).
3. Si valutano le seguenti masse:
a. Massa dei soli cavi principali: 0.26 t/m (tratti “non iniettati”=”liberi in cavità”)
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b. Massa dei cavi principali e secondari (32680mmq + 10416mmq): 0,34t/m
c. Massa del calcestruzzo: 2,88 t/m
d. Massa totale tratti iniettati: 3,22 t/m (tratti “iniettati”=”cavi principali non liberi in cavità”)
Fatte queste fondamentali ipotesi, si vuole studiare il comportamento dinamico dello strallo (la sua prima
frequenza propria), indagando:
1. La differenza di comportamento dinamico tra uno strallo rettilineo non biforcato e uno strallo
rettilineo biforcato, entrambi pretesi. Lo strallo biforcato mantiene la stessa sezione resistente, ma
questa viene suddivisa, a parità di sforzo, tra due elementi identici aventi metà forza di trazione,
metà area resistente e metà massa.
2. La variazione della frequenza propria del primo modo di vibrare dello strallo al variare della
lunghezza di “iniezione” dei cavi principali, Li (in metri). Ciò si fa ipotizzando che la “iniezione” (cavi
principali non liberi in cavità ma annegati nel calcestruzzo) sia solo stata applicata alle parti di
estremità degli stralli, ovvero non nel tratto centrale, ma in prossimità degli appoggi, e per un
tratto pari a Li metri per ogni estremità. Si fa l’ipotesi che agli estremi la lunghezza Li fosse identica
(lato pila e lato impalcato).
Differenza nel comportamento dinamico tra strallo rettilineo e strallo
biforcato.
Figura 3: Modello meccanico di strallo biforcato rettilineo
Fatti due modelli locali dello strallo:
1. Il primo: con strallo rettilineo della lunghezza di 89.5m, sezione cavo Area = 32680mmq, trazione
pari a N=32680x700=22.876MN.
2. Il secondo: con strallo rettilineo in una prima parte di lunghezza pari a 41m, identico a quello del
modello precedente, seguito da due stralli rettilinei della lunghezza di 48.5m, aventi sezione pari
alla metà della sezione precedente, e soggetti a una forza di pretrazione pari alla metà della forza
precedente (11.438MN). Con distanza tra gli assi degli stralli pari a 1.2m (vedi figura 4), e con
elemento rigido trasversale di connessione tra lo strallo singolo del primo tratto (in alto attaccato
sulla pila) e i due stralli del secondo tratto (in basso, attaccati all’impalcato).
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3. Entrambi con la sola massa della sezione resistente in acciaio dei cavi principali.
Figura 4: distanza tra gli stralli all’attacco (elaborazione da figura postata qui: https://bar-
ingegneria.forumfree.it/?t=75909778&st=90#entry625041993 )
Si ottengono frequenze per il primo modo identiche tra i due modelli “rettilineo” e “biforcato”.
Si può quindi concludere che la biforcazione non ha effetto sulla frequenza del primo modo (1.66hz), e che
la frequenza del primo modo dello strallo biforcato (completamente non “iniettato”) è identica a quella
ottenibile dalla equazione della corda tesa vibrante.
La forma del primo modo è la seguente (Figura 5):
Figura 5. Forma del primo modo degli stralli biforcati (cavi principali non iniettati): 1.66 hz. La curva non
presenta discontinuità di curvatura
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Effetto della lunghezza di iniezione
Figura 6 Modelli identici ma con diverse masse.
Figura 7. Forma del primo modo con Li=10m. E’ apprezzabile la variazione di curvatura alla discontinuità
di massa.
Questo effetto è stato studiato assegnando masse suppletive agli elementi terminali del modello, per una
lunghezza di 5m, di 10m e di 15m, rispettivamente (Figura 6). Le masse suppletive sono pari a 2.96 kg/mm
per lo strallo intero, e pari alla metà, 1.48 kg/mm, per gli stralli biforcati. Questa massa per unità di
lunghezza corrisponde alla differenza tra 3.22t/m (strallo completo) e 0.26t/m (soli cavi principali) (3.22-
0.26=2.96 t/m=2.96kg/mm). La massa è stata assegnata concentrata (lumped) ai nodi terminali di ciascun
elemento. Ogni elemento è lungo 485 mm nel tratto biforcato o 410 mm nel tratto unico. In figura 7 si vede
la forma della deformata del primo modo con Li=10m.
Non è stata tenuta in conto la rigidezza flessionale dei tratti iniettati poiché per mobilitare tale rigidezza i
cavi secondari avrebbero dovuto essere efficienti. Avendo fatto l’ipotesi iniziale che non lo fossero più, i
tratti iniettati comportano sostanzialmente solo una variazione di massa. Infatti la fessurazione del
calcestruzzo in assenza di tensione o anche di tendibilità dei cavi secondari – fratturati- comporta rigidezza
flessionale assimilabile a zero. Ovvero: se i cavi secondari erano corrosi, non solo non erano più una
armatura di precompressione, ma non potevano nemmeno fungere da armatura lenta.
Inoltre si sono considerati cavi principali non corrosi. Lo studio serve infatti solo a comprendere che fattore
t<1 avrebbe dovuto abbattere la frequenza nominale della corda tesa, per tener conto delle lunghezze
iniettate (vedi anche documento Determinazione della corrosione di uno strallo come funzione della
frequenza propria, a cura di Paolo Rugarli).
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Immaginando che la corrosione vada dall’esterno verso l’interno si può ipotizzare che questa situazione
corrisponda a:
Cavi secondari corrosi.
Cavi principali non ancora corrosi.
Mettendo in grafico i risultati ottenuti si ottiene la curva seguente:
Figura 8. Curva fi=fi(Li) e relativa interpolazione parabolica.
che può essere interpolata dalla funzione
21.66 0.0062 0.0026i i if L L
Ne consegue che il rapporto t tra la frequenza per Li≠=0 e la frequenza per Li=0 è pari a
2
0
1 0.00373 0.00157ii i
ft L L
f
Quindi:
E’ possibile considerare l’effetto di una ridotta e parziale iniezione dei cavi principali mediante una
curva che dà la frequenza “iniettata” fi come funzione della lunghezza della iniezione in metri, Li.
L’effetto della iniezione è quello di diminuire di un po’ la frequenza della corda vibrante senza
massa suppletiva (che è la situazione che corrisponderebbe alla totale e completa mancanza di
iniezione).
Tale diminuzione si ottiene moltiplicando la frequenza ottenibile con cavi tutti non iniettati per il
fattore riduttivo t, funzione di Li.
La parziale iniezione dei cavi principali potrebbe essere stata decisa (vedi anche quanto ipotizzato qui:
https://bar-ingegneria.forumfree.it/?t=75909778&st=60#entry624935158 ):
1. Per ridurre il peso della parte centrale degli stralli.
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2. Per snellire e sveltire la costruzione.
Ammettendo che questa decisione sia stata presa e che gli stralli siano stati effettivamente realizzati in
questo modo, si ha una variazione significativa rispetto al progetto originario, dato che la
“omogeneizzazione” avrebbe riguardato i soli cavi secondari. Una tale assenza di omogeneizzazione dei cavi
principali avrebbe comportato l’esistenza di due sistemi in parallelo:
1. I cavi principali che avrebbero agito con la loro rigidezza di cavi in acciaio.
2. Il sistema cavi secondari più calcestruzzo, che avrebbe funzionato come sistema omogeneizzato, e
che avrebbe avuto una rigidezza presumibilmente comunque significativamente maggiore di quella
dei cavi principali, e non molto diversa da quella ottenibile colmando la cavità.
3. Il progettista potrebbe, in ipotesi, aver valutato che tale variazione di progetto non avrebbe
comportato una rilevante differenza nella risposta ai carichi variabili utili (e comunque tale
variazione avrebbe preservato l’isolamento dal mondo esterno dei cavi principali e quindi la loro
protezione contro la corrosione, nell’erronea idea del progettista).
4. L’esatta determinazione del rapporto tra le rigidezze necessiterebbe la valutazione della ampiezza
della cavità, e della lunghezza dei tratti privi di essa. Prime stime indicano che comunque anche i
cavi principali avrebbero significativamente contribuito a sostenere i carichi variabili, anche
all’inizio della vita dell’opera.