Spagine della domenica 13

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della domenica 13 - 19 gennaio 2014 - anno 2 n. 0 Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri s p a g i n e Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A.Verri

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Oggi è domenica! Buona lettura...

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della domenica 13 - 19 gennaio 2014 - anno2 n. 0

Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verrispagin e

Un om

aggioalla scrittura infinitadi F.S. D

òdaro e A.Verri

baronetto

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Buon viaggioLecce, 19 gennaio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 13

Cronache salentine

le consuete e pesanti pastoie bu-rocratiche e, talora, affrontare evincere isolati e/o organizzati ri-sentimenti localistici.

Tuttavia, in breve volgere ditempo, dimostrando di lavorarebene, con competenza e serietà,è arrivato ad affermarsi allagrande, nonostante le alte tariffepraticate per i soggiorni nellasua struttura.

Ricordo che, nell’ormai lonta-no 2003, da “compaesano”, vollipresentarmi e conoscere LordMc Alpine, porgendogli il ben-venuto nel Salento e compli-mentandomi per l'ottimo lavorosvolto nell'ex convento.

Insieme con lui, ebbi il piace-re di conoscere anche la giovanemoglie Athina, vera anima del-l'attività alberghiera, con il van-taggio, per il coniuge, di dedi-carsi, soprattutto, al giardino,alle piante e agli alberi.

Compiti a parte, la presenzadel Lord a Marittima, pressochéfissa, quasi per trecentosessan-tacinque giorni, era segnata dal-la caratteristica autovettura in-glese d’epoca stazionante all'in-gresso dell'ex convento, forseunica del genere in tutta Italia.Quando, poi, egli si muoveva

per puntate in pescheria e/o albar al fine d’acquistare gustosidessert a beneficio degli ospiti,si parava davanti agli occhi lasua inconfondibile figura con laclassica coppola a quadrettoniin testa, anche d’estate.

A distanza di tre lustri dall’ar-rivo e grazie anche alla sua di-sponibilità a prestare l'atrio del-la struttura ricettiva per eventipubblici, come presentazioni dilibri, serate culturali, spettacoli,Mc Alpine si è guadagnata lasimpatia dei residenti e, pur colsuo tratto riservato, di poche pa-role e discreto, tipico degli ingle-si, è in sostanza divenuto quasiun marittimese.

Tuttavia, il Lord, forse, nonavrebbe mai immaginato che ildestino lo avrebbe portato achiudere gli occhi per l’ultimavolta in una località, prima sco-nosciuta del tutto, dell’Italiameridionale, nel Basso Salento.

Sia come sia, la notizia delladipartita repentina del perso-naggio mi è giunta, mentre mitrovavo casualmente a Maritti-ma in una giornata grigia, pocodopo mezzogiorno.

In un baleno, la corsa in dire-zione della casa del Lord e l’im-

patto frontale con un manifestoche raccontava tutto.

Attraversato d’istinto l’aggra-ziato atrio dell'ex convento, misono portato in un saloncino alpiano terraneo, impreziosito, alpari dell’intera struttura, da ar-redi di rara bellezza e lì mi si so-no parate innanzi le spoglie delnobiluomo: la figura dava l'im-pressione di dormire, il volto di-steso, un vestito elegante a mi-nuscoli quadrettini bianchi, unacravatta a fiorellini aggraziati, lamedesima fisionomia, in fondo,tante volte scorta nell’autovettu-ra o negli occasionali incontri.

Nell’altro lato dell’ambiente,un bellissimo camino acceso,con un grande fuoco scoppiet-tante, nei riflessi delle fiammevivaci pareva di scorgere il calo-re di questa gente, idealmenteproteso ad accompagnare l'ospi-te arrivato da lontano nel suodefinitivo viaggio.

Sono rimasto confortatonell’apprendere che Lord Mc Al-pine, contrariamente a quantosovente capita, non ha trascorsole ultime ore con una coda disofferenza: per lui si è invecetrattato solamente di un rapidoguizzo delle ali terrene in dire-zione dell'alto, quasi volesseraggiungere e toccare, di un fia-to, l'azzurro intenso del nostrocielo, in cui, innumerevoli volte,aveva immerso il suo sguardoestasiato.

Non ho potuto salutare la mo-glie di Mc Alpine, ma ho pregatoun collaboratore di presentarle isentimenti della mia vicinanza.

Uscito dalla dimora del Lordche non c’è più, ho infine volutoverificare che la civica ammini-strazione locale si accingesse amanifestare un segno d’omag-gio e di riconoscenza in memo-ria dell’illustre e benemeritoscomparso, ottenendone con-ferma dall’attuale sindaco, unagiovane, competente e attivadonna.

Buon viaggio, baronetto!

Éimprovvisamentemancato, a Marit-tima, il nobiluo-mo, ex politico dispicco, tesorieredel partito conser-

vatore, stretto collaboratore diMargaret Thatcher, mecenate,scrittore e imprenditore ingleseAlistair Mc Alpine, dell’omoni-ma dinastia di costruttori, ilquale, circa quindici anni addie-tro, aveva scelto di domiciliarela sua attività operativa nellaminuscola località del Basso Sa-lento, luogo di nascita dello scri-vente.

Di qui, l’iniziativa di acquista-re un vecchio edificio, già adibi-to a convento di monaci (fino al1818) e in seguito utilizzato perscopi vari, non sempre con crite-ri ortodossi, sino ad uscirne, allafine, semi abbandonato e conseri danneggiamenti strutturali.

Fortunatamente, il nuovoproprietario ha fatto ristruttura-re il complesso con interventid’alta qualità, al fine di ricavar-ne una struttura ricettiva, nellaformula del bed & breakfast, diclasse e charme, conferendoall’esercizio, in omaggio alla sto-ria, la denominazione di “Con-vento di Maria Santissima diCostantinopoli”.

Un insediamento eccezionaleper un piccolo centro salentino,tanto più in quanto apprezzato,grazie alle sue qualità di spicco,non solo a livello regionale e na-zionale, ma anche in ambito eu-ropeo e su scala internazionalepiù vasta.

Da subito, sono così divenuticontinui e consistenti gli arrividi ospiti al “Convento”, da ognidove, specie da Inghilterra, USAe Paesi scandinavi.

Di riflesso, una non trascura-bile manciata di posti di lavoro acarattere continuativo, piccolamanna per l’economia maritti-mese.

Lord Mc Alpine, nella fase ini-ziale, non sempre ha trovato ter-reno facile, ha dovuto superare

di Rocco Boccadamo

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baronettoÈ scomparso a Marittima,

Lord Alistair Mc Alpine

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Appuntazzi Una tavola di Gianluca Costantini con una citazione di Antonin Artaud

Lecce, 19 gennaio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 13 pagina n° 3 spagine

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Calcio balillaLecce, 19 gennaio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 13

Ludopatie C’è chi si rifiuta di installare nel suo esercizio le slot machineper questioni etiche. Al loro posto mette un calciobalilla assolutamente gra-tuito per gli avventori ma...

calciobalilla senza essere inpossesso della prescrittaautorizzazione»

I fatti: il titolare di un bardi Mestre rifiuta di installa-re nel suo esercizio le slotmachine per questioni eti-che. Al loro posto mette uncalciobalilla assolutamentegratuito per gli avventori.Sottolineo: GRATUITO!

Tuttavia la legge italicanon ammette ignoranza:“Dura lex sed lex” e chi in-stalla un calciobalilla gra-tuito deve essere munito diregolare autorizzazione. Ca-spita, quel fuorilegge di ba-

rista! Si è cuccato un verba-le di ben 1400 euro.

Ora, chi ha seguito anchesommariamente le vicendedel gioco d’azzardo legaliz-zato, chi ha letto delle multealle dieci sorelle delle slotche da due milardi e cinque-cento milioni di euro (loscrivo in lettere perchè silegga bene, tutto quanto,senza omettere zeri) sonostate condonate dell’80% emai pagate, non può che al-zare le braccia a fronte diqueste notizie ed arrender-si.

Io mi arrendo. Mi dichia-

ro incapace di intendere,non capisco veramente.Tutta la umana solidarietàal barista di Mestre, tutto ildisgusto per l’imbecillità dialtri.

P.s. Ovviamente il baristadi Mestre finirà nelle per-centuali ISTAT delle evasio-ni e delle inottemperanzedei commercianti italici,esattamente come gli evaso-ri di miliardi di euro.

Avevo detto delgioco d’azzar-do, dell’utiliz-zo che i gover-ni di ogni colo-re ne fanno per

fare cassa a scapito e dannodelle persone che ne riman-gono invischiate. Avevo det-to della mancanza di eticadelle istituzioni che nonnormano, non controllano,non fanno rispettare il di-vieto di gioco ai minori, li-mitandosi a mettere elucu-branti avvisi scritti fitti fittinelle vetrine in cui si dice,utilizzando parafrasi, iper-boli e giochini di parole, cheil gioco fa male e che i mino-ri di 18 anni non possonogiocare. Un pò come nei bu-giardini dei farmaci, quelliche nessuno legge semplice-mente perchè sono scrittipiccolissimi e utilizzandotermini scientifici che capi-scono solo gli addetti ai la-vori, tranne che là dove di-cono “in casi estremi l’as-sunzione può portare allamorte”.

Mai però avrei pensato,neppure lontanamente, didover dire anche di quelloche è accaduto a Mestre ilgiorno 16 gennaio 2014 (se-gnare la data per favore, èimportante).

In realtà fatico a trovarele parole per dirlo, anche sesono in ottima compagnia,lo stesso Gramellini chenon riesce a darsi pace perquesta italica follia.

Il verbale della GuardiaDi Finanza recita papalepapale:

«Il titolare di un eserciziodi somministrazione di ali-menti e bevande deteneva econsentiva l’uso del gioco

di Gianni Ferraris

pagina n° 4

illegale

Di Gianni Ferraris sulle Spagine della domenica gli interventi sul gioco d’azzardohttp://issuu.com/mmmotus/docs/spagine_della_domenica_12_gennaio_2?e=9256684/6314920

http://issuu.com/mmmotus/docs/spagine_della_domenica_09?e=9256684/6314848

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Scelgo la notte

Lecce, 19 gennaio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 13

Scritture

Osvaldo Licini, Amalasunta su fondo nero, 1950

no” s’arresta: alla vita lentasubentra quella frenetica.

Si sveglia la gente con il suocarico di affanni, di malcon-tenti, con le frenesie, con ipalpiti insoddisfatti. La vitaquotidiana sovente è un’eter-na corsa ad ostacoli, gravidadi difficoltà, di asprezze. Lavita ordinaria è, altresì, pienadi contraddizioni, di stridenticontrasti: c’è chi è costrettodalle impellenti gravi contin-genze economiche ad adope-rarsi per poter disporre solodei beni primari; c’è chi, inve-ce, è votato a inseguire conti-nuamente beni sovrabbon-danti, abnormi.

Assiso ai bordi del mondo,tutto il giorno con attenzioneho osservato quest’umanità“eccessiva”, quasi “ipermon-dana”. Non è necessario guar-darla direttamente: si può an-che semplicemente immagi-

nare. E capire che dietro la in-terminabile “rincorsa gau-dente” di certuni c’è, proba-bilmente, una forte, inappa-gata richiesta: il bisogno in-saziato d’amore. L’oggettoagognato non può mai esseresolo materia, ma di fatto èsempre soggetto spirituale,pullulante di vita. In fondo, ildestino di noi umani è quellodi reclamare comunque amo-re, una carezza, un abbracciofraterno. Assiso ai bordi delmondo, ho capito che colpireottusamente con la scimitarradella considerazione moralecerta gente è qualcosa di ille-cito, di scorretto. Insomma,non è improprio giudicareapoditticamente gli uomini incerca d’amore? Il giorno eratrascorso velocemente. Ilgiorno era stato un lampo diturbolenze.

Ed io, come al solito,mi rin-

tanavo fra le braccia dellanotte amica, per ritrovare imiei fantasmi di sogno. Lemie stelle ferite alla finestra.Gli straziati canti di muse lon-tane e l’insistito abbaiare dicani senza padroni.

Come un’umanità gauden-te, anch’io di notte cerco spa-smodicamente amore. Nellemie notti di parapiglia, di ab-bagli, di lune storte, di nebbiediffuse, d’improvvisi chiarori,di dolci visi di donna, di spa-vento nel cuore. Nelle mienotti di frasi spezzate, di pen-sieri interrotti, di letture di-sordinate, di giardini fioriti,di sospiri sospesi, di sangueimprigionato. Nelle mie nottialeatorie di giochi di dadi, diipotenuse di sole, di corse afari spenti, di piccole gioie, didolore.

Sempre, di notte, cercoamore.

La notte, rifugio dianime inquiete. Ilgiorno era trascor-so velocemente.Assiso ai bordi del

mondo, avevo visto fluireun’umanità frettolosa, di-stratta, arroccata in fortini dinoncuranza.

Un’umanità impegnata asoddisfare bisogni d’ ogni ti-po, sfrenata nella rincorsa aisoliti abusati miti, raggomito-lata nella adesione alla filoso-fia del “sacro” benessere su-perfluo da raggiungere a tuttii costi. Seduto ai bordi dellaquotidianità, avevo scortoun’umanità malata d’ un edo-nismo dolente, d’una dispera-ta aspirazione di godere del-l’impossibile, d’ un anelitopazzo di possedere anche l’in-conosciuto. Il giorno era tra-scorso velocemente. L’albam’aveva avvolto nel suo man-tello di brezza e freschezza em’ aveva spinto fuori di casa.

Lequile, quando barbaglialievemente l’aurora, è unamadre accogliente, silenziosa,che sa comprendere. Comeogni mattina, ero uscito fuoridi casa ai sorgivi lucori delcielo. Prima di arrivare inpiazza a prendere il caffè albar di Enzo, in sequenza perstrada uno scenario immotoda cartolina mi era apparso.L’antica Chiesa di San Nicolaveniva rabescata da un ra-dente volo d’uccelli melanco-nici di gennaio. La schiera dicase popolari mi sembravanocastelli. Ho odorato il gelso-mino che faceva capolino dauna villetta, per poter sentirel’effluvio del mondo. In piaz-za, lavoratori indocili si rac-contavano le storie del giornoprima e partivano, fiduciosi,per le solite mete. San Vitodalla secolare colonna sven-tolava bandiera rossa e congli occhi marmorei m’indica-va sfuggenti chimere. L’albe-ro del pepe perennementecurvato. L’orologio municipa-le fermo da sempre battevaore morte. Ma il tempo diprendere un caffè, di comparei giornali, di indugiare conqualche amico, ecco che la“magia del primigenio matti-

di Marcello Buttazzo

“Assiso ai bordi del mondo, tutto il giorno con attenzione ho osservato

quest’umanità “eccessiva”, quasi “ipermondana”.Dietro la interminabile “rincorsa gaudente” di certuni

c’è, probabilmente, una forte, inappagata richiesta:il bisogno insaziato d’amore”

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Bodinie l’antiretorica

Lecce, 19 gennaio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 13

Il turibolo politico

La moderna concezione dinamicadella vita conduce a considerareremoto ciò che si fece ieri, e passa-to ciò che si è fatto oggi; il nostropresente, insomma, è nel futuro.

Il passato ed il presente sono, e devono esse-re, oggetto di studio di discussioni di ricercheper chi voglia elevarsi al disopra del diveniretemporale onde trovare in ciò che è stato lapropedeutica di ciò che è, ed in ciò che è la pro-pedeutica di ciò che sarà. Questo, a parere mio,è da intendersi scienza.

Ma non solo alla scienza è inerente la divinafacoltà di innalzarsi su di un celeste osservato-rio «extra tempora», bensì anche alla poesia,fissazione di un attimo di passato rivissuto o dipresente passato nella continuità del tempo, diun segmento breve nell’infinità d’una retta.Scienza e poesia, rapportate alla politica, dan-no rispettivamente scienza politica e poesiapolitica.

E’ chiaro che nessun’altra forma, oltre que-ste due, ha diritto d’essere riconosciuta. Acca-de invece che… In tutti i tempi ed in tutti i luo-ghi è cresciuta, più o meno folta, quell’erba cat-tiva che da noi si chiama retorica, roboante

«nonsoche» senza pepe e sale, impregnata incompenso di esuberante esteriorità parolaia,la quale non può dirsi scienza, nè poesia permotivi di facile intuibilità.

La inesorabile giustizia dei posteri ha sem-pre punito i retori: se Macchiavelli, insiemecon la numerosa schiera dei preparatori dellaodierna scienza politica, avesse scritto operedel genere sullodato, il suo nome, con i loro,avrebbe naufragato nel Mar Morto dell’obblio;la medesima fine sarebbe toccata a Hugo, adHeine, a Carducci, a Listz, ecc. La stessa ineso-rabile giustizia non ci consente statistiche, equindi confronti tra epoca ed epoca, tuttavia èstupefacente che – in periodo di Fascismo, spi-ritualità attiva ed antiretorica – quest’erba ab-bia continuato la sua opera intensiva ed esten-siva, pur in un terreno divenuto sfavorevole.Potrei continuare sulle generali, ma – perchènon si dica che combatto i mulini a vento del-l’astrazione – scenderò al particolare e mi rife-rirò ad alcune persone che più ci sono vicine,anzi ad una di queste, che nomino senz’altroantesignano del famigerato manipolo: voglioalludere a Francesco Miccoli.

Tale scelta è plausibile se si considera il va-lore del Miccoli dal punto di vista retorico.

Nel leggere i suoi intrugli turibolari – infatti– si ha l’impressione che durante tutta un’esi-

Scritture

Pietro Marti (Ruffano,1863- Lecce,1933)

Vittorio Bodini fu precoce ebattagliero. Il pezzo qui pro-posto, Il turibolo politico,apparve su «La Voce delSalento» del 31 dicembre1931, quando non aveva an-

cora compiuto diciotto anni, essendonato il 6 gennaio 1914. La denuncia deiretorici incensieri politici, i turibolari,stupisce non solo e non tanto per il pe-riodo in cui fu fatta, in piena dittatura fa-scista, quanto e soprattutto per la vispolemica. La scelta di questo brano si spiega. Sonoapparsi in ricorrenza del centenariodella sua nascita, numerosi articoli rie-vocativi; non pochi hanno insistito sullasolitudine di Bodini e addirittura sul-l’astio di cui sarebbe stato vittima in vitae in morte. Ecco, la polemica contenutain questa sua prosa, contribuisce a farsiun’idea di lui e a capire la sua solitudine,se tale è stata. Bodini non fu uno che «troppo all’etàpropria increbbe», per dirla colLeopardi, ma troppo increbbe a certivizi, a certe cattive abitudini degli intel-lettuali italiani. I quali, quanto più pic-colo è l’ambiente in cui vivono, tanto piùgrande considerano il proprio ego.Lecce, poi, è la provincia tipo. Il fascismotrasformò i borghi d’Italia in tante pic-cole corti, dove per far piacere al signore,ossia al pensiero politico dominante, sifaceva a gara di retorica. Oggi non è chele cose siano cambiate, solo che c’è unaltro pensiero dominante, altrettantopervasivo del fascismo, c’è un’altra reto-rica, ci sono i soliti turibolari. Questa la ragione di chi avversò Bodini,di quanti ancora oggi avversano un certoparlar chiaro e diretto; che sono, poi, lamaggioranza. Si preferisce tacere o fin-gere. Le polemiche sono consideratemancanza di rispetto dell’individuo. Vigeil politicamente corretto. L’altro ha di-ritto a tutto, a dire e a fare tutto, in unmalinteso senso della tolleranza e dellademocrazia. Se non si è d’accordo conlui, lo si ignora. Io ignoro te, tu ignorime, tutti ci ignoriamo; più che ignorantisiamo ignoratori, per giunta falsi e ipo-criti. Quella di Bodini non fu solitudine su-bita. A nessuno piace essere in compa-gnia di gente nei confronti della quale sinutre il disprezzo che Bodini mostra inquesto suo atteggiamento, diciamo puregiovanile, originato da un carattere cheperò non pare sia mai mutato nel tempo.La solitudine scelta è una gioia. Quanto alla poesia proposta per ricor-dare il poeta, La processione delle lam-padine, è del 1932, quando il diciottenneBodini poetava alla futurista. A Lecce,città che sull’arte la sa lunga, ilFuturismo non fu accolto con entusia-smo. Proprio in quegli anni su «La Vocedel Salento» di Pietro Marti, nonno delNostro, si ironizzò e si polemizzò, contoni anche forti. Lo stesso Marti inter-venne per frenare il manicheismo futu-rista.Il Bodini di questa poesia, che apparvesul settimanale del nonno e a lui vollededicarla, non senza qualche polemicaallusione al di lui antimarinettismo, cheVittorio doveva ben conoscere fuorianche dall’ufficialità del giornale, èacerbo e risente più dell’ultimo Carducciche del primo Marinetti; ma nel simboli-smo grezzo, di cui è intessuto il testo, siscorgono i segni della nitidezza del versodel cresciuto poeta de «La Luna deiBorboni».

La vis polemica del poetain un articolo apparso

su La Voce del Salentodel 31 dicembre 1931

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pagine n° 6 e 7spagine

stenza egli non abbia fatto altro che perfeziona-re la naturale sua vena parolaia con un accuratostudio delle risultanze musicali di vocaboli ac-cozzati insieme e facilmente sostituibili senzacompromissioni per il senso, o meglio: il non-senso del periodo; egli è poi maestro nella scel-ta delle impressionanti parole astratte a letteraMaiuscola; nella situazione di frasi «a sensazio-ne»; nei toni biblici; nelle battute finali ad effet-to.

A proposito di battute finali, il lettore vorràcerto gustarne qualcuna:

«E il miracolo nella riva del mare del BrunoS. Nicola si compirà per la redenzione e la glo-ria di queste nostre terre ora più che mai fuse inun credo possente con tutta l’anima della Na-zione italiana in una discesa sicura sull’ali del-l’aquila Romana».

Dite: non viene anche a voi il bisogno irresi-stibile di esplodere in una di quelle ilari sonori-tà che con eleganza di termine i francesi chia-mano «castagnettes»?

Di esempi potrei sceglierne innumerevoli inparecchi metri di articoli pubblicati dal Miccolisu vari giornali pugliesi, ma, data la sua assi-duità presso «La Voce del Salento», suppongoche i lettori di queste mie escandescenze pole-miche lo conoscano sufficientemente. Col Mic-coli – per lo stesso settimanale – va ricordato

un giovane: Mario Moscardino, la cui attivitàpolitico-letteraria è di stile diverso da quella delprimo, ma identica come contenuto.

Il Moscardino, infatti, scrive in una formache quasi vuole celare la retorica dell’argomen-to, ma un esame non difficile ci conduce prestoalla conclusione che egli non è capace di direnulla di nuovo, a meno che non si voglia consi-derare nuovo l’inutile a dirsi. Gli si può – in-somma – rivolgere la stessa critica rivolta untempo al sillogismo che, cioè, la conclusioneera stata precedentemente taciuta, perchè giàin noi e quindi sottintesa. Ripeto: inutilità. Edun esempio anche per quest’altro non guasta:«…con conferenze e biblioteche che ogni G.V.F.d’Italia possiede». Gli si perdona l’errore gram-maticale che riferisce l’idea del possesso anchealle conferenze, ma non la falsità storica che ri-ferisce il possesso d’una biblioteca al G.V.F. diLecce. Se egli avesse scritto: «Ogni G.V.F. d’Ita-lia (il che poteva anche essere impreciso) pos-siede una biblioteca, eccetto quello di Lecce,che non deve essere inferiore alle altre città. Siprovveda quindi», avrebbe detto qualche cosadi utile ed avrebbe dimostrato di essere più fa-scista. Colgo il destro per ricordare allo stessoche un anno fa Giuriati emanò un manifestocircolare contro la retorica, in cui particolar-mente vietava l’uso e l’abuso dell’aggettivo

«magnifico» in composizione con «Duce» e«Rivoluzione».

Ed ora, avendo chiusa la breve ma neces-saria e giusta parentesi del particolare, riepi-logo; dal punto di vista letterario questo ibri-dume non ha ragione d’esistere; ma nemme-no dal punto di vista politico fascista, giacchèil Fascismo è tanto antiteticamente contrarioalla retorica quanto il suo binomio «Pensieroed azione» è contrario a quello «Osanna eauguri».

L’indegnità di critica di questi tali e la con-siderazione ch’essi altro non sono se non deimoribondi (sic), già fin da ora condannatidalla posterità, mi inclinerebbero alla indul-genza, ma la loro presunzione apocalittica,sia pure incosciente, ed il fastidio che dai loroscritti a me ed agli altri deriva mi inasprisco-no, sicché io, qui sottoscritto, dichiaro questagente rea di manipolazioni retoriche e pro-pongo senz’altro la sua condanna alla gognaletteraria.

Vittorio Bodini

La processione delle lampadine

A Pietro Marti, a mio nonno

Ad una ad una uscirono in silenziodalle porte della città.In fila indiana avanzavanogaie,traendosi indietromorbide scìe di prolungate luciche accarezzavano i selciati neri- lucidi ancor dalla recente pioggia -come serici strascichi di damequattrocentesche.Sui viali accorrevano frottedi giovani oleandri (e non ancorali incendiava la rossa floreale sensualità).

Vanno. Dopo i bei vialiin cui c’era stento a infrenare la vanità,le candide Vestalihanno imboccato calvari di strade.Le vesti di seta, la carne di lucea bioccoli a brani a sfilaccidisseminaron qua e là, nell’andare:su vertici aguzzi di rovi di selciaccovonate d’accanto la via,sulle putride piaghe di pozzanghere,nelle incisioni profonde di fossi,fra l’umide grinze del fango diffuso.A bioccoli a brani a sfilaccison diventate quasi immateriali,senza averne, pertanto, tristezza.Vergini Sagge d’una nuovaBibbia Scientifica - per le lucernettedella loro passioneattingon l’olio elettricodell’anima.

Tacite, vanno ancora – in fila indiana –le monachine pendule, sembianticampane delicate di convolvoliche spandano d’intorno coni latteidi profumate musiche di luce,pei corridoi lunghi del progresso.Di loro viaggio sta all’estremo:il Buio.Prima di loro morte mattutina,«Arrivare»:ecco un verbo che non coniugheranno.E vanno..... vanno.....

«La Voce del Salento», 26 febbraio 1933,in Vittorio Bodini. Tutte le poesie (1932-

1970), a cura di Oreste Macrì, Milano, Oscar Mondadori, 1983

di Gigi Montonato

Vittorio Bodini (Bari, 6 gennaio 1914 – Roma, 19 dicembre 1970

Bodinie l’antiretorica

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SikalindiLecce, 19 gennaio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 13

Design I mobili in fibra di fico d’India di Marco e Marcello Rossetti

intenso, poi nel 2006 il brevettoe nel 2011 abbiamo aperto que-sto show room che per noi è ve-trina indispensabile, i turistipassano da qui si fermano e ap-prezzano”.

I mobili e i complementi d’ar-redo prodotti ed esposti nelloshow room di via Libertini, aLecce, sono veramente innovati-vi e belli nel design. “E il megliodeve venire”, è orgoglioso Marcoquando parla della produzioneprossima ventura in collabora-zione con Sandro Santantonio,un design milanese di fama checollabora ora stabilmente conSikalindi nella creazione di nuo-ve collezioni.

Prima di aprire il negozio ov-viamente alcuni clienti privatigià avevano in casa pezzi che po-

tremmo definire unici.“La fibra di fico d’India esiste

come legno in formazione, è unasorta di cartilagine. Non lignificain quanto si decompone conl’acqua contenuta nelle foglie.Quello che abbiamo fatto è statodi separare la parte molle dalladura quando la foglia è ancoraverde. Poi si stagiona, come ognilegno che deve perdere la parteumida. Non parliamo di una fi-bra, è vero e proprio di legno.Contiene moltissima lignina,più di altri vegetali. E’ vero checi sono in commercio piccoli og-gettini di fibra di fico d’India,orecchini e ninnoli, però chi licrea utilizza piccole parti diven-tate legnose, il brevetto che noiabbiamo creato consente invecedi utilizzare tutta la fibra nellafoglia. Dopo la stagionatura, conopportune resine, lo applichia-mo su supporti multistrato dibetulla. Anche qui la nostra at-tenzione per l’ambiente, noncerchiamo legni diversi che im-plicano la distruzione di forestee di boschi, la betulla è invececoltivata per fare mobili e rifore-stata di continuo. Utilizziamosolo legni certificati. Se parliamodi legni nobili come l’ebano, ilmogano ed altri, ovviamente,parliamo di deforestazione, noivogliamo distinguerci anche inquesto. Inoltre noi con il ficod’India utilizziamo scarti di po-tatura. I contadini, per evitare iltroppo infittimento delle pale, letagliano, quindi debbono farleseccare sui muretti ed eliminar-le, noi le ritiriamo senza abbatte-re nulla ed evitando unlavoro suppletivo ai contadini,non a caso Coldiretti ci ha rico-nosciuto questo lavoro.

Ovviamente la materia primaper noi è gratuita, il costo è la la-vorazione che segue, non utiliz-ziamo truciolati, solo multistraticome base per i mobili. Anche leresine sono di ultima generazio-ne. Prossimamente, grazie aduna sinergia che abbiamo creatocon Unisalento, si stanno te-stando resine ad impatto zero”.

La domanda si pone na-turalmente, durano a lungoi vostri mobili?

“La fase di sperimentazione èdurata 5 anni ed è terminata nel

momento stesso in cui abbiamoaperto il negozio (tre anni fa). Inquel momento oramai eravamocerti che la tecnica era stata per-fezionata ed il prodotto era asso-lutamente affidabile. E così èstato”.

Il vostro mercato?“Lecce è città turistica, ven-

diamo parecchio tramite il pas-saggio anche di molti stranieri esu internet. In Italia l’e commer-ce sta decollando, all'estero fun-ziona alla grande. Abbiamo pro-dotto merce per gli USA, li han-no acquistati vin Internet”

Un’azienda in contro ten-denza, voi date lavoro

“Non abbiamo grandi numeri,la crisi si sente, però abbiamonumerosi terzisti che lavoranoper noi. In azienda ci occupiamodella parte più delicata, il restotentiamo di creare lavoro anchefuori. Però siamo in controten-denza e in espansione”.

Mi dice del rapporto qualitàprezzo dei vostri prodotti?

“Il materiale costa, il mobilepuò costare poco in rapporto.Abbiamo pezzi di punta che so-no comunque pezzi unici e tuttauna serie di prodotti a costi so-stenibili, dall'oggettistica a tavo-linetti. Abbiamo soprattutto unaclientela che comprende ed ap-prezza, soprattutto che conosce,generalmente con un livello so-cio culturale medio alto. Questoci conforta molto, non parliamodi fasce altissime di reddito, madi persone che scelgono il nostroprodotto come unico. Non è uncaso che molti nostri clienti sia-no sensibili all'arte e al bello”.

Siete anche stati premiati“Certo, siamo segnalati per

il premio sviluppo sostenibile2013, dell’omonima fondazioneche ha come presidente EdoRonchi. Siamo fra le prime dieciaziende nel settore eco design.Siamo statipremiati nell'ambito di OscarGreen di Coldiretti. Abbiamopartecipato a trasmissioni su TV2000 di Avvenire, su UnoMatti-na, prossimamente saremo aGeo & Geo.”

www.sikalindi.it

Sikalindi è un nomeche sa di esotico,lo ascolti e ti sem-bra di poter volarelontano, invece ri-mani con radici

(nel senso più letterale del ter-mine) ben piantate in Salento.Sikalindi è il fico d’India detto ingrico. Fare mobili col fico d’In-dia? In Salento si può!

L’azienda che aggredisce ilmercato con l’intelligenza e lacapacità, questa si tutta salenti-na, di saper ricavare il bello dalconsueto si chiama proprio così:Sikalindi.

È pianta infestante, cresceovunque, fra le rocce, negli uli-veti, in ogni pezzo di terra dovepuò mettere radici. A volte puòdiventare fastidiosa per i conta-dini che la debbono tenere a ba-da, controllare, ripulire, potare.E le “pale” tagliate debbono es-sere fatte a pezzi e poggiate suimuretti a secco per appassire epoter esere smaltite. “Se le la-sciamo a terra immediatamenteradicano e tornano ad infestarepiù di prima” dicono i contadini.

Nasce da un’intuizione la pro-duzione di mobili e complemen-ti d’arredo della ditta Sikalindi,condotta da Marco e MarcelloRossetti. Mobilieri di secondagenerazione, ad un certo puntodovettero prendere atto che l’af-follamento dei concorrenti inItalia lasciava poco da dividere,il mercato era saturo, occorrevadistinguersi, trovare nuove for-me di produzioni, nuovi mate-riali.

***“Abbiamo messo assieme due

peculiarità, da una parte la capa-cità ereditata di costruiremobili, dall'altra la necessità didistinguerci e la conoscenza delnostro territorio, la passione perla natura. Abbiamo iniziato a te-stare i materiali del nostro terri-torio alla ricerca del valore ag-giunto” dice Marco.

Salentini di Casarano non vo-levano andare lontano a trovaremateriali da lavorare, “abbiamoprovato con tutto, anche con lapietra leccese, con l’ulivo, qual-cosa che non funzionava c’erasempre, nè volevamo aggredirel’ambiente con il taglio di alberipreziosi. Nella nostra campagnac’erano molti fichi d’India, piùche un’intuizione è stato un la-voro di ricerca pignolo, metodi-co. Dovevamo sfruttare il retico-lo legnoso che è all'interno dellefoglie, che poi abbiamo battez-zato fibra di fico d’India. Abbia-mo lavorato anni sul capire co-me lavorarlo, come toglierlo dal-le foglie prima che l’acqua conte-nuta lo macerasse, alla fine cisiamo riusciti con un processoche ora è coperto da brevetto edè vero legno dopo la stagionatu-ra. Due anni di lavoro

di Gianni Ferraris

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Ritorno alla terraLecce, 19 gennaio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 13

Cinema “In grazia di Dio” di Edoardo Winspeare rappresenterà l’Italiaalla 64^ edizione del Festival Internazionale di Berlino

Edoardo Winspeare sul set del film

ma il tema è universale: la me-tamorfosi della crisi economi-ca, la crisi vista come possibili-tà, come un nuovo inizio. È unfilm sulla possibilità di esserefelici nonostante tutto”..

Prodotto da Edoardo Win-speare, Gustavo Caputo, Ales-sandro Contessa per SaiettaFilm con Rai Cinema, il film èsostenuto da Apulia Film Com-mission e gode del contributodell’Assessorato alle PoliticheAgricole della Regione Pugliae Luigi De Vecchi, nonché dialcuni sponsor privati: BancaPopolare Pugliese e Pasta Gra-noro.

“Winspeare è un autore spe-ciale, che conferma la sua

grande capacità di linguaggio,temi e sentimenti universaliraccontando la sua terra. E’ ac-caduto sin dal principio, con“Pizzicata”, e questo risultatonon fa che perfezionare un per-corso, anche produttivamentecreativo, che rende noi tutti or-gogliosi di essergli stati al fian-co”, commenta la presidente diApulia Film Commission, An-

tonella Gaeta. “In Grazia di Dio”, intera-

mente girato nel Salento neiluoghi cari al regista - Giulianodi Lecce, Tricase e altre locali-tà del Salento - e interpretatoda attori non professionisti (laprotagonista è Celeste Cascia-

ro, moglie di Winspeare), è la

storia di quattro donne di unastessa famiglia in un piccolopaese del basso Salento ai no-stri tempi di epocale crisi eco-nomica. Il fallimento dell’im-presa familiare e il pignora-mento della casa sembra di-struggere tutto, anche i legamidi affetto.

L’unico modo per uscirne ètrasferirsi in campagna, lavora-re la terra e vivere con il barat-to dei loro prodotti. Sarà pro-prio questa scelta obbligatal’inizio di una catarsi che por-terà le protagoniste a riconside-rare il loro stile di vita e soprat-tutto le loro relazioni affettive.

Un film ecologico ea impatto zero,una piccola storiasulla felicità: “Ingrazia di Dio” di

Edoardo Winspeare rappresen-terà l’Italia alla 64^ edizionedel Festival Internazionale diBerlino, in Selezione Ufficialenella sezione “Panorama”.

“Sono felice, fin dall’iniziovolevo andare a Berlino, festi-val che sento molto nelle miecorde, forse anche perché hostudiato in Germania (ho fattola scuola di cinema a Monaco).Come negli altri miei filml’elemento locale è molto forte- l’ambientazione nel Salento,lavorare con attori del posto -,

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Copertina

Lecce, 19 gennaio 2014 - spagine n° 0 - della domenica 13 spagineLa mostra “Poesia e tempo presente. La parola e il tempo”di Paola Mancinelli a cura di Sara Liuzzi negli spazi dellaBiblioteca Provinciale Bernardini (ex Convitto Palmieri) a Lecce

Poesia, tempo presente. La pa-rola e il tempo, è una mostradi poesia verbo-visiva diPaola Mancinelli, inaugu-rata a Lecce lo scorso 14 di-cembre presso gli spazi

espositivi della Biblioteca ProvincialeBernardini, curata dalla storica e criticad'arte Sara Liuzzi, sarà visitabile fino al25 gennaio.

***La scena è il luogo sacrale, l’habitus dellaparola che nella mostra di PaolaMancinelli nasce per depositarsi, con ledovute deviazioni, nei ritmi dettati daglispazi espositivi della BibliotecaProvinciale Bernardini. La parola comecorpo che nel corpo dello spazio socialeabita. Diversi percorsi strutturano l’habi-tus che la giovane artista tarantina rendevisibile, visuale, nell’abitare il luogo

d’esposizione. Taranto è snodo cruciale,mi pare, di un percorso che scandisce al-cune tappe fondamentali del ‘900 italianocon preminenza particolare per ciò checoncerne gli sviluppi di alcuni tracciati ar-tistici nel meridione. Da fissare a fuocosulla pelle l’esperienza poetica di RaffaeleCarrieri, il Premio Taranto che fu la primagrande manifestazione d'arte contempo-ranea nel Mezzogiorno d'Italia, nato in-fatti nel 1948, ebbe una portata notevolepresentando fra i vincitori artisti di indi-scusso spessore come Fausto Pirandello,Gino Meloni, Bruno Cassinari, GiulioTurcato, e fra gli scrittori Gadda, Sereni,Pasolini, Penna, o – ancora – l’esperienzadel Punto Zero, presieduto da Filippo DiLorenzo, con fra gli altri le esperienze diMichele Perfetti e Franco Gelli, ed una in-tensa partecipazione degli esponenti sto-rici della poesia verbo-visiva italiana

come Lamberto Pignotti e più in generaleil Gruppo ’70.E proprio da Taranto parte l’esperienzadella parola che in Paola Mancinelli arrivaa Lecce per articolarsi in forma di scena. Èproprio la scena che restituisce in visua-lità la parola lineare della poetica dell’ar-tista tarantina, collocandola lungo iltracciato della poesia verbo-visiva, se-condo un percorso che vede, appunto,una rappresentazione scenica dell’afflatopoetico, il respiro del verso, della parola,che si sostanzia e si struttura lungo unadinamicità scenica, visuale, che veste lospazio espositivo e che da questo si lasciaarticolare in ritmi, accenni e tracce di unconsolidamento sensoriale che si nutre eproduce nel depositarsi di elementi origi-nari, verso un procedere di una crescitavisuale che si forma come un Io in rispo-sta all’ambiente.

Paola Mancinelli Un tappeto di parole segna l’allestimento

di Francesco Aprile

La scena per le parole