Onstage Magazine giugno 2011

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COLDPLAY | FOO FIGHTERS | LADY GAGA | CAPOSSELA | NEGRAMARO | CREMONINI Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/BS VASCO «Dopo tutti questi anni ho ancora voglia di stupire» Anno V, n.42 - 2 giugno 2011 www.onstageweb.com Intervista esclusiva c

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Onstage Magazine giugno 2011 n. 42

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VASCO«Dopo tutti questi anni ho

ancora voglia di stupire»

Anno V, n.42 - 2 giugno 2011www.onstageweb.com

Intervista esclusiva

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ONSTAGE 06 GIUGNO

EDITORIALE

entre mi appresto a scrivere que-ste righe che un editore molto generoso ancora mi concede, da fuori proviene il frastuono dei

blindati impiegati nella campagna elettorale per le amministrative. La posta in palio ai ballottaggi è altissima, due città importanti come Milano e Na-poli sono chiamate a eleggere il proprio sindaco e addirittura il governo nazionale potrebbe risentir-ne. Ad aumentare il carico, i cittadini hanno questa volta una responsabilità in più; visto com’è andata al primo turno – i candidati vincenti provengono in molti casi da partiti cosiddetti minori - il voto tira in ballo il concetto stesso di rappresentanza. Come vogliamo vivere il rapporto tra popolo e po-litica? Possiamo scegliere di essere governati da chi è espressione di un gruppo di potere, e dunque lo rappresenta (sia da una parte che dall’altra), oppu-re da qualcuno che semplicemente si fa carico delle nostre idee e forze, del nostro sapere e soprattutto delle nostre esigenze. Agli italiani l’ardua senten-za. Ma non c’è dubbio che siamo a un bivio che in quanto tale ci obbliga a scelte che influenzeranno il cammino futuro.

Soprattutto a Milano, la campagna elettorale di entrambi gli schieramenti ha coinvolto artisti, musicisti e personaggi del mondo dello spetta-colo. È noto che un certo ambiente, diciamo così, creativo solidarizzi più facilmente con la sinistra, ma in ogni caso vale la pena chiedersi quale debba essere il ruolo dell’arte, e quindi della musica, ri-spetto alla politica. Perché è chiaro, ripensando a quanto accaduto per lo meno dalla Seconda guerra mondiale in poi, che quando il conflitto in ambi-to sociale e politico (c’è differenza?) si fa aspro la partecipazione dell’èlite artistica aumenta espo-nenzialmente. Dall’orchestra di Glenn Miller che

all’inizio degli anni Quaranta teneva alto il morale dei marines, passando per le canzoni contro la guer-ra in Vietnam, i cantautori impegnati dei Settanta etc. È giusto che gli artisti prendano posizione? È un loro dovere, in quanto personaggi pubblici? Oppure dovrebbero evitare il rischio di strumen-talizzazione non intromettendosi in questioni più grandi di loro? Ogni volta che arte e politica si sfio-rano, queste domande riemergono.

Secondo Aristotele – i Greci sono il nostro rife-rimento in questo ambito - la politica è l’arte di amministrare la “polis” per il bene di tutti, uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini sono chia-mati a partecipare. È attraverso la politica – le leg-gi ne sono il risultato - che si determinano i diritti ma anche i doveri di chi partecipa alla collettività. Dunque in qualche modo siamo tutti politicamen-te responsabili, o per lo meno dovremmo esserlo. Ognuno con il proprio contributo, esattamente come tutti contribuiscono all’attività sociale ed economica nella vita di tutti i giorni. È quindi giu-sto che ci sia un coinvolgimento collettivo nelle de-cisioni in grado di influenzare la nostra esistenza, o nei procedimenti che portano alle scelte. Il punto è in che modo. E qui subentra la liberà personale, ogni individuo si comporta come meglio crede e gli artisti pure. Ma credo che l’arte abbia comunque un dovere da assolvere. Credo, e non sono l’uni-co a pensarla in questo modo, che se la politica ha l’obbligo di risolvere i problemi, l’arte abbia il com-pito di porli. L’arte deve mettere punti di doman-da laddove sono esclamativi, discutere quel che è convinzione, sparigliando le carte nel gioco del compromesso. Così assolve al suo dovere politico. Vale anche e soprattutto per la musica, che tra tutte le arti è quella in grado di catturare con maggiore facilità e immediatezza l’opinione pubblica.

M

Daniele Salomone

Onstage Magazine on tour - Giugno 2011COLDPLAY: 9 GIUGNO: HEINEKEN JAMMIN’ FESTIVAL, MESTRE (VE); NEGRAMARO: 10 GIUGNO: HEINEKEN JAMMIN’ FESTIVAL, MESTRE (VE); VASCO ROSSI: 11 GIUGNO: HEINEKEN JAMMIN’ FESTIVAL, MESTRE (VE); FOO FIGHTERS: 15 GIUGNO: ROCK IN IDRHO, ARENA FIERA RHO (MI); 30 SECONDS TO MARS: 17 GIUGNO: ARENA FIERA RHO (MI); VASCO ROSSI: 16/17/21/22 GIUGNO: STADIO SAN SIRO, MILANO;

Tutti i locali di Milano e Roma dove trovi Onstage Magazine

Centri FNAC dove trovi Onstage Magazine

Centri CTS dove trovi Onstage Magazine

MILANOBar Magenta, Banghrabar, Biblioteca Sormani, Blender, Bond, Cafè Milano, Cargo Colonial Cafè, Cuore, Deseo, Exploit, Felice-San Sushi, Frank Cafè, Fresco Art, Grey Cat Pub, Huggy Bar, Ied, Item, Jamaica, Julien Cafè, Ka-puziner, La Bodeguita del Medio, La Caffetteria, La Voglia Di, Le Coquetel, Le Scimmie, Lelephant, Magazzini Generali, Maxi Bar, Mom Cafè, Morgan’s, Pacino Cafè, Pharmacy Store, Refeel, Roialto Cafè, Salezucchero, Sergent Peppers, Skip Intro, Stardust, Sushi, The Good Fellas, Trattoria Toscana, Twelve, Union, Volo, Yguana ROMAAvalon Pub, Birreria Marconi, Cartolibreria Freak Out, Casina dei Pini, Circolo degli Artisti, Crazy Bull, Deja’Vu, Distillerie Clandestine, Express, Fata Morgana, Freni e Frizioni, Friend’s Art Cafè, L’Infernotto, Latte Più, Le Sorelle, Lettere, Cafè, Living Room Cafè, Locanda Atlantide, Micca Club, Mom Art, On The Rox, Open Music Cafè, Pride Pub, Rock Castle Cafè, Shanti, Simposio, Sotto Casa Di Andrea, Sotto Sotto, Tam Tam, Zen.O

FIRENZE: Centro Commerciale I Gigli, Via San Quirico 165, Campi Bisenzio (FI)GENOVA: Via XX Settembre 46/RMILANO: Via Della Palla 2NAPOLI: Via Luca Giordano 59 ROMA: Galleria Commerciale Porta Di Roma, Via Alberto Lionello 201TORINO: Via Roma 56 - Shopville Le Gru, Via Crea 10, Grugliasco (TO)VERONA: Via Cappello 34

BOLOGNA: Viale Filopanti 4/M FIRENZE: Borgo la Croce 42/rGENOVA: Via Colombo 21/r MILANO: C.so Porta Ticinese 100, Largo Gemelli 1 c/o ISU Univ. Cattolica, Via Carlo Bo 1 c/o IULMROMA: Via Solferino, 6-6/A, Piazza dell’Alberone 14, Piazza Irnerio 43C.so Vittorio Emanuele II 297, Via degli Ausoni 5, TORINO: Corso Belgio, 141/A, Corso Duca degli Abruzzi, 24VENEZIA: Dorsoduro Ca’ Foscari, 3252

Direttore responsabileEmanuele Vescovo

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Hanno collaboratoBlueglue, Antonio Bracco, Guido Amari, Claudio Morsenchio, Gianni Olfeni, Vit-toria Stefanelli, Bianca Marinetti

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Registrazione al Tribunale di Milano n. 362 del 01/06/2007

Magazine

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INDICE

25 HJF Oltre al Blasco abbiamo intervistato e gli altri protagonisti che saliranno sul palco di Venezia: i Negramaro, i Coldplay con il loro nuovo singolo, Cremonini e gl’Interpol.

41 Rock In IdRho Onstage è media partner dell’evento con la line-up più rock dell’estate: Flogging Molly, Band Of Horses, The Hives, Social Distortion, Iggy & The Stooges e Foo Fighters.

rubriche

13 Jukebox Questo mese vi presentiamo il nuovo film degli X Men – L’inizio e una panoramica sui principali festival estivi: Sonisphere, Mtv Days...

20 Face To Face Doppio incon-tro con Vinicio Capossela e la sua “Marina Commedia” e Alessandro Roja, “Er Dan-di” di Romanzo Criminale – La Serie.

56 Rock’n’Fashion Due star dal destino oppo-sto: il successo di Jared Leto dei 30 Seconds To Mars e la sregolatezza di Amy Wine-house.

61 What’s New I nostri consigli del mese in fatto di dischi, libri, film e vi-deogiochi: Arc-tic Monkeys, Lady GaGa, Casino Royale, Cars 2, Brink, Arne Dahl…

70 Coming Soon Il Neapolis Fe-stival festeggia 15 anni con un cast d’ecce-zione: Skunk Anansie, Mogwai, Mar-lene Kuntz, Hercules And Love Affair.

34 Vasco Rossi Dopo il “Tour Europe Indoor” Vasco torna sui palchi che più gli piacciono: gli stadi e l’Heineken Jammin Festival, dove il rocker suonerà per la quinta volta.

52 30 Seconds To Mars Due le date in Italia per la band di Jared Leto. Noi, abbiamo incontrato Serena Pagnoncelli, amministratrice di italianbe-lievers.com, fan club ufficiale della band californiana.

ONSTAGE 08 GIUGNO

web

www.onstageweb.com

Questo mese su onstageweb.com Speciale Heineken Jammin’ Festival Foto interviste e video dei

concerti in diretta dal Parco San Giuliano di Venezia!

Speciale Rock In IdRhoOnstage è partner ufficiale del festival milanese. Segui la

diretta dalla Fiera di Rho!

E ancora foto di concerti, video interviste, recensioni e contest. Stay connected!

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CELEBRATION

Mai nella storia della musica, per lo meno nella seconda metà del Novecento, un artista è riuscito a prendersi gioco del-la forma come Frank Zappa. Il baffuto

americano ha intrecciato musica classica e blues, rock e jazz, progressive e opera tessendo trame che le comuni convenzioni stilistiche non sono in grado di definire. Chi-tarrista, produttore, compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra, polistrumentista, attore: fondamentalmente Zappa era un pazzo anarchico, nemico acerrimo delle re-gole. Non solo musicali.

Il primo disco firmato da Frank Vincent Zappa, con i Mothers Of Invention, vede la luce il 27 giugno del 1966, quarantacinque anni fa. Freak Out! è il secondo doppio

Lp della storia dopo Blonde On Blonde di Dylan e uno dei primi concept album mai pubblicati. Le quindici tracce del disco offrono una lucida e spietata visione dell’Ame-rica degli anni Sessanta. Il potere dei media ossessiona il popolo, allo stesso tempo vittima e complice di un si-stema che impone una realtà vuota d’intelligenza e per questo facilmente manipolabile. Secondo Zappa il gran-de sogno americano è diventato un “supermarket dre-am” che narcotizza il popolo. Non resta che sperare nelle nuove generazioni, che zio Frank invita ad acculturarsi nelle biblioteche piuttosto che nelle scuole, strumenti di un sistema d’istruzione manipolato. Ma la verve ironica e il sarcasmo con cui racconta l’abbrutimento della socie-tà americana trasformano l’incubo in parodia. Si è detto

in passato che Freak Out! è molto vicino al teatro dell’as-surdo. L’accostamento è azzeccato e vale per l’intera opera zappiana.

Frank Zappa non ha mai raggiunto le vendite dei Be-atles o degli Stones, tanto per fare due nomi, per quanto la sua fama sia stata globale fin dal principio. Ma nes-suno come lui ha goduto della venerazione dei colleghi. È un fatto che proprio Paul McCartney abbia più volte ammesso che l’album d’esordio del chitarrista sia stato decisivo per il concepimento di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Poco dopo la morte di Frank (nel dicembre del 1993) Alice Cooper disse che “tutti quelli che erano consi-derati geni, consideravano lui il genio”. Si può discutere di tutto, ma non del talento visionario di Frank Zappa.

Anarchia al potere

ONSTAGE 10 GIUGNO

Page 7: Onstage Magazine giugno 2011

JUKEBOX

A utodromo Dino e Enzo Ferrari, Imola. 25 e 26 giugno 2011. Un luogo e due date impor-tanti, perché per la prima volta il Sonisphere Festival sbarca in Italia. Nato nel 2009, nella

prima edizione aveva toccato Olanda, Germania, Fin-landia e il Regno Unito facendo capire, fin da subito, che il gioco era serio: Metallica, Slipknot, Korn, Prodigy, Linkin Park, Nine Inch Nails. Solo per citarne alcuni. Nel 2010 si sono aggiunte altre nazioni tra cui Polo-nia, Svizzera, Rep. Ceca, Bulgaria, Grecia, Turchia e Sve-zia. Quest’anno, arriva da noi con 2 palchi, Apollo Stage e Saturn Stage, e 30 band. Come headliner, gli Iron Mai-den, forti del successo del loro ultimo album The Final Frontier, arrivato a distanza di quattro anni da A Matter Of Life And Death. Un disco fortunato, che ha venduto più di un milione di copie. Tra i protagonisti di questa edizione, anche gli Slipknot, che salgono sull’Apollo Sta-

ge del Sonisphere a poco più di un anno dalla scomparsa di Paul Gray, il loro bassista: «Sarà un momento dal forte carattere emotivo, per rendere emozioni positive», come ha dichiarato la band. Sullo stesso palco, i Motörhead e i loro 50 milioni di dischi venduti. Un cast eccezionale

che non poteva prescindere da Rob Zombie, cantante, re-gista, autore di film horror come La casa dei 1000 corpi, The Devil’s Rejects. Tutto questo solo sabato, perché do-menica ci saranno, tra gli altri, i My Chemical Romance, i Linkin Park, Alter Bridg, Sum 41 e Guano Apes. I Papa Roach, con la formazione attuale (Jacoby Shaddix alla voce, Jerry Horton alla chitarra, Tobin Esperance al basso e Tony Palermo), saranno gli headliner del Saturn Stage,

con una setlist che vedrà le hit che hanno reso celebri la band, come Last Resort, Forever e Lifeline. I Bring Me The Horizon, band metalcore che deve il nome a una frase pronunciata dal capitano Jack Sparrow, Johnny Depp, nel film I pirati dei Caraibi, arricchiscono una line-up che

vede anche Escape The Fate, i gallesi Skin-dred, dal sound vario fatto di alternative metal, reggae, alternative rock, punk rock e hardcore punk e i Cult, leggendaria band anni Ottanta, passata da un sound gothic a

un rock anni Settanta che li ha resi celebri un po’ ovun-que. Buckcherry, gli australiani Parkway Drive, Archi-tects, Kyuss Lives! (la nuova incarnazione della band californiana), The Damned Things, The Dwarves e Kids In Glass Houses completano il cast esplosivo di questa due giorni di festival che, oltre alla grande musica offre campeggio gratuito, ristoranti, bar e grandi aree sport e relax. Bring me to the Sonisphere.

Tra i protagonisti di questa edizione, anche gli Slipknot, a poco più di un anno dalla scomparsa di Paul Gray,

il loro bassista storico.

Metal for the massesIl Sonisphere è uno dei più importanti festival metal al mondo e basta un’occhiata distratta alla line-up per capirlo. Per la prima volta arriva anche in Italia, paese che da sempre ha mostrato di amare le atmosfere senza compromessi della scena heavy.

di Marcello Marabotti

Musica, moda, cultura, spettacolo, cinema

È ormai l’appuntamen-

to fisso di chi ama la musica italiana: l’MTV Days torna in quel di Torino con un cartellone di tutto ri-spetto e la solita dose di adrenalina.

Una saga avvincente che

non smette mai di sorprendere e appas-sionare i fan quella degli X-Men. Nella nuova pellicola ecco un inatteso ritorno alle origini...

Ancora una volta il Car-

roponte si presenta come un festival fatto su misura per sod-disfare ogni gusto: dal punk dei NoFx all’hip-hop di Fabri Fibra e Club Dogo.

Nata da un’idea di

Mauro Ermanno Giovanardi, Parola Cantata svela i suoi due attori protagoni-sti: parole e musica.

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ONSTAGE 13 GIUGNO

Musica

VINCI I BIGLIETTI

DEL SONISPHERE!

su onstageweb.com

I biglietti del Sonisphere sono in vendita presso i negozi Fnac!

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M entre parcheggio il Continental GT, rigo-rosamente vintage quindi pre-gruppo AudiVW, alla O2 Arena , per andare e ve-

dere The Wall di Roger Waters, mi sovviene il fatto che questa non sarà una serata dedicata agli sbarbi, come ci si aspetterebbe a un concerto di rock’n’roll. Nel parcheggio, una distesa di macchine di lusso, quasi come se la Londra di mezz’età, in maggior parte maschile, si fosse mossa in massa. Il concerto, addirittura meglio del tour originale, non ha avuto nessuna promozione o pubblicità televisiva eppure ha fatto il tutto esaurito. Un tutto esaurito di persone che, come me, sono ormai vicine all’esaurimento.

Poco ci mancava che, durante il concerto, qualcu-no facesse stage diving con le stampelle o in carroz-zella. Perché? Perché quelli della mia generazione non hanno bisogno di Twitter per essere informati, noi conosciamo già da soli. Siamo quelli che han-no fatto dell’autobiografia Keith Richards il libro dell’anno e che hanno fatto vincere a un altro vec-chiaccio come Terrence Malick, l’unico VERO genio del cinema degli ultimi trent’anni, la Palma d’oro a Cannes. Noi le cose ce le andavamo a trovare da soli. Penso che quelli della mia generazione non abbia-no mai perso la gioventù. Sì, abbiamo cantato “Hope I die before I get old”, ma in realtà non ne vogliamo sapere di crepare. Però non ho certo intenzione di presentarmi a Glastonbury o all’Heineken se non sono sicuro di avere un buon 4 stelle: furbescamen-te i promoter questo l’hanno capito anche troppo bene, quindi giu’ biglietti a 100 sterline e oltre, san-no benissimo che noi ci saremo con i nostri comfort.In poche parole, via le birre e spazio al Moet! Tanto io e i miei amichetti non vogliamo saperne di birre a quattro soldi, lavoriamo come pazzi e stiamo tiran-do avanti la carretta per tutti. Quindi “fuck’em!”. In realtà, abbiamo fatto un bel favore al “sistema”.

Mentre io e gli altri eravamo talmente preoccu-pati a sentire, cercare e a elevare le nostre teste, uno dei tanti sessantottini o settantasettini con le sue amiche femministoidi se n’è saltato fuori con la pubblicità del Mulino Bianco (un giorno dovranno processare le persona dietro tutto a questo): una bella mamma fica in carriera, che assomiglia magari vagamente a qualche conduttrice di TG, emancipa-ta, sicura di sè stessa che aspetta il papà insieme a tutta la famiglia e ai figli alla Ralph Lauren. Un papà che, magari, arriva alla guida di una quelle station wagon di merda tipo la Cayenne e che ascolta un bel cantautore sullo stereo, partecipa e discute al grande evento che è la colazione tutti insieme. E con questa pubblicità, l’evirazione del maschio italiano, grazie al “politically correct”, è stata completata.

Vi ho visto ragazzi, durante la mia pur breve, per me eterna, permanenza in TV: siete un branco di asessuati (vedere per credere i vincitori maschi dei talent show). Un commento che, alla fine, dentro The Wall ci sta tutto (We don’t need no education, we don’t need no thought control). Non è vero ragazzi miei, non eravamo interessati né alla colazione, né al Cayenne e manco alla partita di calcio. E neppu-re alla donna in carriera, se non in orizzontale. Io e i miei amichetti volevamo il rock’n’roll e non aspet-tavamo che qualcuno ci dicesse dov’era, come si faceva o dove trovarlo. Ce lo siamo tenuti talmente stretto che, darlo alla vostra generazione di sbarbi evirata dal Mulino Bianco e dalle sue donne, sareb-be roba da democrazia, roba da repubblica…

X-Men L’inizio

E ra il 2000 quando uscì il primo film che ebbe il meri-to di adattare un fumetto di supereroi in un mondo plausibilmente reale, con una psicologia dei perso-

naggi tutt’altro che superficiale e ampi richiami al sempre attuale problema di disarmonia multietnica. Attori di tradi-zione shakespeariana come Ian McKellen e Patrick Stewart e il tocco hollywoodiano sugli effetti speciali fecero il resto. Tre anni più tardi arrivò X-Men 2, ancora una volta diretto da Bryan Singer e ancora una volta di alto spessore sotto ogni profilo. Il cambio di regia del terzo film, il cui titolo Conflitto finale suggeriva la chiusura della trilogia, e un con-fuso sviluppo dei personaggi non riuscivano a reggere il confronto con i precedenti. Per quanto riguarda lo spin-off sul personaggio di Wolverine, meglio stendere il cosiddet-to velo pietoso (nonostante l’incolpevole Hugh Jackman).

Quando all’improvviso l’aria salubre e la terra feconda convincono i produttori che i tempi sono maturi per rico-minciare. Non da dove si era fermato tutto, ma dall’inizio. Come si sono autoimposti una disciplina i mutanti? È inte-ressante soprattutto quando. X-Men L’inizio è ambientato nei primi anni 60 durante la crisi dei missili di Cuba che portò gli Stati Uniti, l’ex Unione Sovietica e il mondo intero sull’orlo della terza guerra mondiale. Anche in questo nuo-vo e giovane cast i talenti non mancano, a cominciare da Ja-mes McAvoy (Xavier) e Michael Fassbender (Magneto) per finire con il brillante regista Matthew Vaughn (Kick-Ass). X-Men L’inizio torna ad acquisire profondità con la conflit-tualità dei rapporti, le irrisolte questioni esistenziali delle razze e, ovviamente, il destino del mondo giocato sul filo tra il bene e male. Scene spettacolari? A volontà.

Con due quasi capolavori e mezzo su quattro film, la saga degli X-Men torna alle origini e offre una buona occasione per conoscere la travagliata giovinezza del Professor X e di Magneto.

London caLLing

Viagra, Bentley & Rock’n’Roll

(My generation)

di Charlie Rapino - Produttore discografico

di Antonio Bracco

JUKEBOX

ONSTAGE 15 GIUGNO

Cinema

Ascolto, vedo, mangio. Bene MTV ci ha preso gusto

Il fatto che in Italia ci siano molte location particolarmente affascinanti e adatte ai live non significa che il massimo sia già stato ot-

tenuto. Così come il fatto che ai concerti si possa mangiare non implica che non si possa mangiare meglio. È la ricerca di quel “qualcosa in più” che fa la differenza a ispirare 10 Giorni Suonati, fe-stival che quest’anno bissa l’esperienza del 2010. «Più che un festival è una rassegna – ci spiega Claudio Trotta, padrino e organizzatore della kermesse – in cui l’elemento caratterizzante è la qualità, a tutti i livelli. Oltre alla musica, abbia-mo una location unica. Fare concerti in luoghi suggestivi non è inedito in Italia, però il Castello di Vigevano, che ha un’acustica eccezionale, è l’unica location che conosco in cui si riesce a cre-are il buio totale, lasciando le luci solo sul palco. Gli spettacoli all’aperto sono generalmente in-quinati dalle luci estranee al palco, che distrag-gono il pubblico, e noi abbiamo appositamente scelto un posto diverso in questo senso». Oltre ai concerti (si parte il 26 giugno con la prima data italiana dei Primus, capitanati da quel pazzo di Les Claypool), il pubblico può assistere a incon-tri letterari - intervengono scrittori e protagonisti

della cultura italiana - e soprattutto può gode-re di una proposta enogastronomica di quali-tà. «Anche mangiare bene non è una novità in Italia, però fino a oggi nessuno si è interessato alla ristorazione nei concerti, dove al massimo troviamo panini scadenti. Noi invece proponia-mo un’enoteca e punti ristoro con cibo di presidi slowfood, oltre a birre artigianali ed eccellenze dell’enogastronomia locale». Nel programma di 10 Giorni Suonati spiccano i nomi di Jeff Beck, John Mellencamp (è la prima volta che il celebre songwriter americano arriva nel nostro paese) e Jack Johnson, la cui ultima apparizione nella Penisola risale al marzo 2007. Accanto a questi big meritano di essere segnalati anche i Black Crowes e gli Straits, band che raduna 3 membri originali dei Dire Straits (apriranno la serata di Beck). «È ora di tornare a scegliere in base alla qualità e di smetterla con l’idea dell’evento in quanto tale», sostiene Trotta. «Abbiamo deciso di prestare un’attenzione maniacale al dettaglio. Io credo fermamente che i dettagli facciano la differenza e sono convinto che il pubblico sia disposto ad apprezzare la qualità. Sempre che qualcuno gliene dia la possibilità».

L’anno scorso è andata molto bene e dunque perché non insistere? Dal 2010 la festa di compleanno di MTV si spalma su tre giorni e non si risolve con un solo concertone. La musica live è ancora

protagonista, ma dall’edizione passata si è aggiunta un’ampia sezione conference, che prevede incontri con artisti e professionisti della mu-sica, clinic con musicisti affermati e show intimi in piccole location. Insomma, si strizza l’occhio ai migliori eventi internazionali. «Siamo partiti con questo concept dopo aver notato che i più importanti festival esteri sono pieni di italiani» ci racconta Luca De Gennaro, responsabile “Talent and music” di MTV.Gli MTV Days 2011 sono in programma ancora una volta a Torino («la città che negli ultimi anni è più cresciuta come proposta artistica») dal 30 giugno al 2 luglio. Le serate saranno caratterizzate dal palco di Piaz-za Castello, su cui si esibiranno gran parte dei migliori artisti italiani del momento. Sono stati confermati Après La Classe, Caparezza, Casino Royale, Club Dogo, Mauro Ermanno Giovanardi, J-Ax e Noemi, ma la line up è in continuo aggiornamento e non mancheranno le sorprese. Di giorno l’attenzione è invece tutta sul DAMS dell’Università di Torino, nelle cui aule si terranno le attività della sezione conference. Merita un cenno la fase finale di MTV New Generation, progetto che l’emittente ha fortemente voluto per dare visibilità ai giovani musici-sti di talento. Le otto migliori band (Bombadabash, Caponord, Dargen D’amico, Low Frequency Club, Loren, Erica Mou, One Mic e Phinx) apriranno i concerti dei primi due giorni, e la migliore in assoluto – va-lutata da una giuria - si esibirà anche l’ultima sera. «Vedere Piazza Ca-stello piena fin dal pomeriggio per le esibizioni delle band di MTV New Generation – dice De Gennaro – sarebbe davvero fantastico. Il pubblico dimostrerebbe di aver davvero apprezzato il format degli MTV Days».

Al Castello di Vigevano (PV) da fine giugno è in programma la seconda edizione di 10 Giorni Suonati, festival con artisti del calibro di Jeff Beck, John Mellencamp e Jack Johnson. Eppure la parola chiave non è “musica”.

Tornano gli MTV Days dopo il successo della passata edizione. Ancora a Torino, ancora musica live, ancora incontri e conferenze. Squadra che vince non si cambia.

di Gianni Olfeni

di Vittoria Stefanelli

JUKEBOX

L a scorsa edizione ha visto più di 100.000 spettatori con 120 sera-te tra maggio e settembre, fatte

di teatro, djset e i concerti di Baustelle, Gogol Bordello, Afterhours, Elio e Le Storie Tese e molti altri. Ora il Carro-ponte torna con la seconda edizione. Quest’anno il programma è di quelli esplosivi, anche perché molte serate sa-ranno gratuite. Ma è soprattutto il cast a essere davvero impressionante: Ludo-vico Einaudi con il progetto Notte della Taranta, insieme ad altri musicisti di fama internaziona-le, tra cui Mercan Dedè, Calibro 35 (con la sonorizzazio-ne della pellicola Milano odia. La polizia non può sparare),

NoFx, Modena City Ramblers, Paolo Benvegnù, Natasha Atlas, Caparezza, Tonino Carotone, Le Luci Della Centra-le Elettrica reduci da un tour di suppor-to a Jovanotti, Club Dogo, e, sorpresa, Fabri Fibra che ha scelto come ultima tappa del suo tour, proprio il Carropon-te. Tanti artisti live ma non solo, perché ci sarà anche uno spazio polifunzionale ricavato dalla riqualificazione architet-tonica, grazie all’impegno del Comune di Sesto San Giovanni, la libreria (aper-

ta tutti i giorni dalle 19 all’1), realizzata in collaborazione con NdA, e due aree a misura di bambini. Da giugno a settembre, il rock è firmato Carroponte.

è tornato il Carroponte!Oltre due mesi tra concerti, spettacoli teatrali, librerie e relax con un grande spazio parco. L’estate milanese, per il secondo anno, passa da Sesto S. Giovanni, insieme a un nutrito numero di artisti.

di Bianca Marinetti

ONSTAGE 14 GIUGNO

Musica

Lago Balaton. “Il mare degli ungheresi”, così lo chia-mano. È il più grande lago dell’Europa centrale, a 110 km da Budapest. Non poteva esserci location

migliore per un festival ricco sia per l’offerta musicale che per le attività extra. Diviso in Heineken Main Stage, Burn Arena t-Mobile Terrace e Opt Bank Stage, la line-up vede gli inglesi Portishead, gli Orb, forti dell’album Me-tallic Spheres scritto con David Gilmour (storico chitarrista dei Pink Floyd), gli Underworld, che suoneranno in molti festival quest’estate così come gli Hercules and Love Af-fair, Big Boi degli Outkast, ma non solo. È grande anche

la varietà dei generi che il festival presenta, perché ci sarà spazio per l’elettronica con, tra gli altri, i dj set di David Guetta, Dj Krush e Simian Mobile Disco. Tra gli headliner due grandi guest: Mika e Snoop Dogg. Il primo pubbli-ca nel 2011 il suo nuovo album ancora tutto da scoprire, mentre il rapper californiano ha sbancato con il suo Dog-gumentary, undicesimo lavoro in studio. Non solo musica, perché al Balaton hanno pensato a un festival che suona e intrattiene 24 ore al giorno: chill out sulla spiaggia con cucina ungherese e internazionale, cocktail bar, piscina, campi da beach volley. Ci vediamo lì, ovviamente…

Snoop Dogg e Mika sulle rive del Balaton7,8,9,10 luglio: l’appuntamento è al più grande lago dell’Europa centrale, in Ungheria, dove va in scena uno dei più grandi festival estivi, interamente dedicato a suggestioni elettroniche, DJ set, pop d’autore e beat hip hop.

VINCI

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DEL BALATON!

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Musica Musica

di Bianca Marinetti

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I biglietti del 10 Giorni Suonati sono in vendita presso i negozi Fnac!

I biglietti del Carroponte sono in vendita presso i negozi Fnac!

Page 9: Onstage Magazine giugno 2011

C ongresso degli Stati Uniti, 11 Giugno 2002, con la risoluzione 269, ha rico-nosciuto ufficialmente il fiorentino

Antonio Meucci come primo inventore del telefono. Finalmente il colpevole viene sma-scherato. No, non parlo di Graham Bell che per decenni si è vantato di un’invenzione non sua, ma il colpevole in questione è An-tonio Meucci. Se fosse ancora in vita, si sa-rebbe pentito amaramente di ciò che ha fat-to. Tutti sono convinti che il telefono abbia rivoluzionato il modo di comunicare degli essere umani, ma nessuno dice se in meglio o in peggio. Un inventore dovrebbe valutare i benefici del proprio prodotto non solo sul breve periodo, ma in un arco di tempo ben più ampio perché col tempo la sua inven-zione potrebbe causare danni irreparabili.

A tal punto vorrei rivolgere 10 domande ad Antonio Meucci:1. Meucci, aveva previsto la nascita dei telefoni cellulari? 2. Meucci, si sente responsabile della compar-sa di curiosi animali sociali che nei primi anni 90 giravano con il telefonino nella custodia agganciata alla cintura? No, non avevano la stella da sceriffo né tantomeno gli stivali da cow boy.3. Meucci, Le è mai capitato di calpestare una merda di cane mentre cammina scrivendo un sms? 4. Meucci: ha mai preso un treno? Qual è il rumore che a bordo la infastidisce maggior-mente? Ha mai sentito le seguenti parole: “Sto entrando in galleria, parla più forte”? 5. Meucci, Lei e Sua mamma avete mai comu-nicato tramite lettere scritte? Le è mai capitato che a una sua lettera, Sua mamma rispondesse “Ok”? Mi saprebbe anche spiegare perchè han-no tutte questo vizio?6. Meucci, Lei sa cosa vuol dire sedersi di fian-co ad una persona che accende il suo cellulare nuovo per la prima volta? Immaginavo… vuol dire sentirsi tutte le 289 suonerie diverse a di-sposizione prima che scelga quella preferita. Poi ce ne sono altre 289 per gli sms. 7. Meucci, già che la colpa è Sua, mi sa-prebbe spiegare perché milioni di persone hanno passato ore della loro vita a giocare a Snake, un gioco dove un serpente ubriaco si contorceva su stesso, salvo poi trovare morte certa?8. Meucci, Le è mai capitato di fare una figu-raccia per colpa del T9, per esempio scrivere “scopando” al posto di “pensando”? Pensi un po’, i tasti da premere sono gli stessi eppure…9. Meucci: Lei è mai stato invitato a un ma-trimonio? Durante le nozze di mia cugina un telefono ha cominciato a suonare durante lo scambio delle fedi. In tutta la chiesa rimbom-bava la suoneria del gattino Virgola, Lei non ne sa niente? 10. Meucci, Lei non aveva 10 dollari per rinnovare il brevetto e se l’è fatto fregare da Graham Bell. Se la prende se Le dico che Le sta bene?

corsi & ricorsidi Mattia Odoli - Autore

Le dieci domande a Meucci

17 giugno Folketeatret, Oslo

Location: Teatro operativo dal ’52, prima ospitava la casa dell’Opera. Con CTS: Volo per Oslo da 170 euro a/rHotel*** da 74,50 euro a persona

24 giugno Tempodrom, Berlino

Location: Nelle immediate vici-nanze dell’ex muro di Berlino, ha una struttura a forma di una tenda da circo. Con CTS: Volo a Berlino da 80 euro a/rHotel*** da 40 euro a persona

19 giugno Falkoner Theatre, Copenaghen

Location: Complesso di edifici utilizzato per conferenze, concerti, può ospitare 2000 persone. Con CTS: Volo a Copenhagen da 160 euro a/rHotel*** da 49,50 euro a persona

26 giugno Olympia, Parigi

Location: Nato nel 1988 dagli ideatori del Moulin Rouge, è il più antico music hall di Parigi ancora in attività. Con CTS: Volo a Parigi da 95 euro a/r Hotel*** da 44,50 euro a persona

Ha venduto più di 100 milioni di dischi e Billboard l’ha proclamata la nona artista di maggior successo nella storia della musica. Nel 2006 è stata il “personaggio più cercato su internet della storia”. Ora, noi abbiamo scelto 4 date del suo sesto tour “Number Ones: Up Close and Personal” e le relative offerte CTS per farvela seguire.

Invito a pranzo con Battiato

C oncerti. Incontri. Pranzi con gli au-tori. La seconda edizione di Parola Cantata è un piccolo gioiello. Nella

stessa location dell’edizione precedente, a Brugherio (MB), si parte venerdì 17 con lo scrittore Michele Monina e la presentazio-ne del premio Bianca D’Aponte, con i con-certi di Susanna Parigi, Nathalie, Patrizia Liquidara, Cristina Donà e l’acoustic trio di Paola Turci. La seconda giornata, sabato 18 giugno, riserva una grande sorpresa: infat-ti, alle 12:30, ci sarà il pranzo con Franco Battiato (ingresso 30 € su prenotazione), mentre alle 16:00 Matteo Guarnaccia pre-senterà il suo nuovo libro Bob Dylan Fun Book, precedendo il tributo a Herbert Paga-ni presentato da Marco Ferradini, con Bru-nori Sas, Luca Madonia e Manuel Agnelli al centro della tavola rotonda ‘I diversi approcci alla scrittura di una canzone’ con-dotta da Niccolò Agliardi. La sera, gli stessi Brunori e Agnelli suoneranno per una line-up che vede anche Mauro Ermanno Giova-nardi, Luca Madonia & Andrea di Cesare String Quartet e Amor Fou. Presenta Nic-colò Vecchia. L’ultima giornata, domenica 19 giugno, stessa formula: alle 12:30 Tiziana Cera Rosco si confronta con Enrico Ruggeri per un pranzo il cui ingresso è fissato al prezzo di 30 € su prenotazione, a seguire Paolo Colombo (Prof. Di Storia Contemporanea all’Università Cattolica di Milano) e Gioac-chino La Notte presentano Quella strana gioia di vivere. Felici-tà, storia e canzoni nell’Italia della Ricostruzione, alla biblioteca civica ad ingresso gratuito. Alle 17:30, sempre alla biblioteca, Massimo Cotto presenta il suo Grande libro del Rock (e non solo) accompagnato da Claudio Agostoni, mentre alle 19:30 Enrico

De Angelis, responsabile artistico del Club Tenco, Giancarlo Onorato, storico musicista, autore e artista, e Mauro Ermanno Giovanardi parteciperanno all’incontro “Chiacchiere e aned-doti attorno a Piero Ciampi”, sempre a ingresso gratuito. Il gran finale è il Premio L’Isola Che non C’era, la finale del con-corso nazionale “L’Artista che non c’era” a cura della rivista Isola: ospiti d’onore i Perturbazione in versione acustica al cinema Teatro San Giuseppe alle ore 21.00 ad ingresso gra-tuito. I prezzi per i concerti sono 12 € ingresso singolo, 20 € abbonamento.

Torna il festival diretto da Mauro Ermanno Giovanardi, diviso in tre giornate di ‘genere’: femminile il venerdì, maschile il sabato e l’unione dei due nelle parole della domenica.

di Marcello Marabotti

Janet Jackson live in EuropeOn Tour con

Le offerte indicate sono riservate ai soci CTS. Le quote dei voli sono per partenze da Roma e Milano. Le quote degli hotel sono a persona, a notte, in doppia, con prima colazione. Info e prenotazioni su www.cts.it, nelle sedi CTS o al n° 06-4411166.

JUKEBOX

ONSTAGE 16 GIUGNO

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Acquario di Milano: Vinicio non poteva scegliere una location migliore per presentare il suo nuovo lavoro, Marinai, profeti e balene, in rotazione soffusa nelle sale del museo, cariche di pesci che, aggrappati alle pareti, nuotano nel colore del buio.

VINICIO CAPOSSELAdi Marcello Marabotti

FACE2FACE

ntro nella sala interviste, come un marinaio en-tra nella cabina del Capitano. Sul grande pro-iettore dietro al tavolo della conferenza, gira in rotazione il doppio album. Quando finisce

anche l’ultima traccia, Le Sirene, entrano una dozzina di balene di stoffa prima di Capossela, dal cappello e dal passo deciso come il capitano Achab.

Marinai, profeti e balene sembra un tesoro nascosto in fondo al mare, carico di immagini e canti di pirati: da dove nasce?Questo disco è un po’ un patrimonio collettivo è un di-sco epico, appartiene alla nostra immaginazione condivisa, fin dal titolo: Marinai, profeti e balene. Un grappolo di figure che nuotano in un oceano di carta, perché tutto viene dalla letteratura, dal-la letteratura di mare. Melville, Conrad, Céline, il capitano Achab, Moby Dick, il Leviatano, Bil-ly Budd, Calipso, la Madonna delle Conchiglie, le Sirene: immagini metaforiche del nostro viaggio, fatto di marinai - gli intraprendenti, i coraggiosi - di profeti - colui che si occupa dell’enigma, noi siamo di fronte alle cose che non sappiamo spiegare e che dobbiamo in qualche modo in-terpretare e il profeta è chi vede oltre, chi riesce a interpre-tare i segni - e di balene - un essere fuori misura, che non a caso, nel libro di Giobbe Dio la porta della potenza della sua creazione: è il simbolo delle cose fuori misura, come questo album, doppio. Mi piace perché ricorda un po’ il vinile, con il bisogno di cambiare lato.

L’intero progetto esalta il viaggio, ritorna a quell’istin-to proprio di Ulisse e dell’uomo in sé, dell’uomo di mare. E, come la miglior letteratura di mare vuole, anche questo viaggio ha la sua malinconia. È un disco corale che esalta la solitudine, perché io credo che il viaggiatore solo sia quello che arriva più lontano. È un disco sul desiderio della conoscenza, è un progetto che ricalca il folle volo di Ulisse, quella ricerca dell’ignoto, di arrivare a vedere e scoprire la ‘montagna’: è un pro-getto dedicato a Bekim Fehmiu, perché secondo me lui è veramente un eroe, oltre ad aver dato il volto a Ulisse

(L’Odissea, 1968), figura alla quale sono molto affezionato. Perché il tema di questo album è questo senso del ritor-no, la bussola dei nostri passi e la prigione che li tiene insieme, senza nostalgia non c’è il ritorno, l’attesa dei sentimenti che fanno parte dell’uomo. Ho scritto questo album perché quando sei giovane ti perdi nelle passio-ni, nelle malinconie, abbandonandoti negli amori perché comunque, intimamente, si ha la convinzione che la vita poi ci metterà al riparo. Quando poi si cresce, però, queste canzoni diventano insopportabili; anche scriverle diventa troppo personale, quindi si passa dalla lirica all’epica, a

qualcosa di più generale perché si inizia a vedere il de-stino. Si riconosce dalla coda, come la balena, quando è già passato.

Per veder la coda della balena, hai costruito lo sche-letro del pianoforte, un Siler degli anni ’30 - il tuo Pequod - a ottanta metri a picco sul mare, nel Castello Aragonese di Ischia. Perché hai scelto l’isolamento ver-ticale?Volevo trovare una dimensione che mi permettesse di tro-vare e rimanere in uno spazio che non fosse la sala di regi-strazione, con le sue restrizioni. Perché avevo bisogno di

una dimensione aperta. L’isolamento d’altezza è molto diverso: sul piano orizzontale ci si può isolare solo con dei recinti, con il denaro, mentre quello d’altezza è molto più naturale, davvero efficace. Il pianoforte è come la montagna, devi andare tu dal pianoforte. Ha una staticità.

Marinai, profeti e balene è un progetto che sembra di-stante dal tuo ultimo lavoro, Da solo. Questo è un disco legato più a Ovunque proteggi che a Da solo, perché il primo era un disco completamente rivolto all’esterno, sia dal punto di vista dello spettacolo che dei temi, mentre Da solo era un disco più rivolto a se, più li-rico, anche se La faccia della terra è un po’ avulsa dal resto dell’album, contiene le costole di Marinai, profeti e balene: è una canzone di destini intrecciati come costole. Mi sono sentito di tornare a casa per recuperare un po’ di bagagli e ripartire.

E

« Ho scritto questo album perchè quando sei giovane ti perdi nelle passioni, nelle malinconie, abbandonandoti

negli amori perchè comunque, intimamente, si ha la convinzione che la vita poi ci metterà al riparo »

ONSTAGE 20 GIUGNO

PARTECIPA AL CONCORSO

CONCORSO VALIDO FINO AL 30 GIUGNORicordati che potrai giocare una volta sola per ogni persona

e l’indirizzo e-mail deve essere esistente ed attivo. Nel caso contrario la giocata sarà annullata. Ogni biglietto è valido per 2 persone.

COME PARTECIPAREPer partecipare invia una mail a [email protected] come oggetto “L’ultimo dei templari”, scrivi le risposte esatte e i tuoi dati:- nome- cognome- numero di cellulare- indirizzo- età

Medusa e Onstage Magazine ti regalano la fantastica opportunità di vincere 10 biglietti per l’anteprima del film L’ultimo dei templari a Milano e Roma. Per partecipare rispondi alle seguenti domande:

1 Quale leggendario attore interpreta la parte del cardinale di Marburg?

2 Per quale film ha vinto l’Oscar Nicolas Cage?

3 Quale tremenda malattia ha distrutto la terra in cui abitano i protagonisti del film?

DAL 15 GIUGNOAL CINEMA

I biglietti del tour di Capossela sono in vendita presso i negozi Fnac!

Page 12: Onstage Magazine giugno 2011

Ringrazia il Dandi e procede per la sua strada. Dopo il successo con la serie di Romanzo criminale, Alessandro Roja è sul set del nuovo film di Carlo Virzì, nel cast del prossimo Diaz che ricostruisce gli eventi tragici del G8 e nei cinema dall’8 luglio con L’erede.

ALESSANDRO ROJAdi Antonio Bracco

FACE2FACE

a parola eredità richiama subito alla mente una somma di denaro. Nel film L’erede, di cui sei il protagonista, il tuo personaggio scopre che il defunto pa-

dre aveva più scheletri nell’armadio che altro... Esatto, l’eredità dei padri si riflette sui figli sempre e co-munque. Una casa di campagna di cui veniva ignorata l’esistenza darà inizio a una serie di scoperte e di dinami-che che cambieranno per sempre la vita di Bruno. Inizia la ricerca che lo porterà verso la scoperta di veri-tà nascoste del padre, cose importanti per capire se stesso.

Un’opera prima, un film indipendente. Dove si trova l’entusiasmo per fare cinema noir d’au-tore in un paese in cui le commedie imperano e il lavoro sembra spartito dallo stesso gruppo di persone? L’entusiasmo è alla base di un lavoro come questo. Io mi reputo fortunatissimo ad aver partecipato a questo film, indipendente e “diverso” da quello che solitamente si racconta, una favola nera. È stata un’avventura piena di difficoltà, ma per me molto stimolante e, ripeto, conten-tissimo di partecipare, mettermi alla prova imparare e sbagliare per cercare di crescere sempre.

Il successo della serie di Romanzo criminale ha per-messo di far conoscere attori di talento e tu sei tra que-sti. Non è mai stato un peso per te interpretare il Dandi per le polemiche scatenatesi dall’idolatrazione di cri-minali o per il fatto che molti tuoi fan ti riconoscano soprattutto per quel ruolo?In verità no. Interpretare il Dandi è stato molto stimolante e per me fondamentale anche per capire fino a che livello

mi potevo spingere con un personaggio così interessante. Svestiti quei panni, allontanatomi da lui, il confronto è stato obbligatorio con il discorso sociale, ma personal-mente ho sempre cercato il dialogo diretto finché possi-bile. Non ho mai pensato realmente a una serie televisiva così tanto penetrante nel tessuto sociale da poter scaturire un’emulazione di massa come spesso sento. Credo che sia una percentuale normale rispetto a un qualsiasi prodot-to che magari come in questo caso va un po’ di moda.

Per quanto riguarda i fan devo dire che è un piacere con-statare che più che Dandi, sempre di più mi chiamano con il mio nome e questo è ogni volta molto emozionante e strano.

Ricordi il momento in cui hai deciso che fare l’attore sarebbe stato il tuo futuro?Diciamo che ero bimbo e mi piacevano molto i film, il ci-nema, il teatro e le storie. Volevo in qualche modo entrare in quella strana atmosfera fantastica. Crescendo mi sono appassionato sempre di più e poi…

Riesci ad avere un giudizio obiettivo su di te?Sì, ma sono il meno adatto. Sono sempre molto critico nei miei confronti, per dare un giudizio il più obiettivo possi-bile deve essere passato un bel po’ di tempo.

Vorrei sapere dove collochi la musica nella tua vita e se la ritieni un’espressione artistica capace di mescolar-

si bene al cinema.La metto sul podio. Sono costantemente munito di cuf-fiette e iPod che crea la mia colonna sonora personale in grado di spaziare in generi e tipologie. Per me fondamen-tale anche nel lavoro, nella ricerca delle emozioni, la mu-sica è una costante della mia vita.

Sono finite da poco le riprese di ACAB, un film che rac-conta la violenza urbana dal punto di vista della polizia, mentre è in cantiere un nuovo progetto che si concentrerà

sul G8 di Genova e la tristemente famosa scuola Diaz. Tu sarai uno dei protagonisti. Perché c’è bisogno di raccontarla la violenza secondo te? Di ACAB non so molto, ma sono sicuro che sia un film importante perché conosco le persone che sono dietro e dentro il progetto e si tratta di gran-

di talenti. Per quel che riguarda la Diaz, io non sono uno dei protagonisti, partecipo al film come molti altri attori e questa credo sia la natura di questo film, la necessità chi vi partecipa e chi l’ha voluto sento fortissimo il do-vere di non far scordare quello che successe a Genova in quei giorni maledetti, pieni di errori da parte di tutti, di troppi forse.

In questi giorni sei sul set di Il più grande di tutti, nuova commedia di Carlo Virzì con Claudia Pandolfi, Corrado Fortuna e Marco Cocci. È la storia di una rock band emergente che dopo il successo getta la spugna. Come sta andando?Tutto procede bene, c’è grande voglia e sintonia, si lavora sodo per cercare di arrivare a un bel risultato e devo dire che Carlo ci dà sempre una mano, ci tiene molto e conta-gia tutti con grande entusiasmo e dedizione.

L« L’entusiasmo è alla base di un lavoro come questo.

Io mi reputo fortunatissimo ad aver partecipato a questo film, indipendente e “diverso” da quello che

solitamente si racconta, una favola nera »

ONSTAGE 22 GIUGNO

Page 13: Onstage Magazine giugno 2011

ONSTAGE 25 GIUGNO

Tre giorni: 9, 10 e 11 giugno. Tre headliner: Coldplay, Negramaro e Vasco. E ancora: Cesare Cremonini, Beady Eye, We Are Scientist, Echo & The Bunnymen, Interpol, Fabri Fibra,

Verdena e All Time Low. L’Heineken Jammin’ Festival torna a Venezia con il solito cast ricco di nomi importanti. Ecco il nostro speciale, con le interviste, gli approfondimenti e tutto il resto.

SPECIALEHeineken Jammin’

Festival

24/24:PARISUN

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CHI

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www.lacostelive.com

Speciale Heineken Jammin’ Festival

SEGUI LO SPECIALE HEINEKEN JAMMIN’ FESTIVAL DI ONSTAGEWEB.COM! FOTO, INTERVISTE E VIDEO DEI CONCERTI IN DIRETTA DA VENEZIA

Page 14: Onstage Magazine giugno 2011

ONSTAGE 26 GIUGNO ONSTAGE 27 GIUGNO

9 giugno

SPECIALEHeineken Jammin’

Festival

SPECIALEHeineken Jammin’

Festival

h 21.00COLDPLAY

h 19.30CESARE CREMONINI

h 18.00BEADY EYE La band di Liam Gallagher, dopo la chiacchieratissima separazione dal fratello Noel e il conseguente scioglimento degli Oasis, torna in Italia a tre mesi di distanza dall’album d’esordio, Different Gear, Still Speeding.

h 17.00WE ARE SCIENTISTS

h 16.00ECHO & THE BUNNYMEN Sono uno dei nomi storici della new wave inglese, di cui furono dominatori negli anni Ottanta. Tra le loro hit ricordiamo la bel-lissima The Killing Moon, esaltata dalla voce struggente del leader Ian McCulloch.

Apertura cancelli ore 10.00

DON’TPANIC!

Che fine hanno fatto i Coldplay? Fino a poche settimane fa se lo chiedevano in molti. Una serie di indizi lasciava presagire che Chris Mar-tin e soci si trovassero in difficoltà nella composizione del loro quinto al-bum, il successore di Viva La Vida Or Death And All His Friends. Poi è arrivato un nuovo singolo, Every Teardrop Is A Waterfall. Tutto a posto? Forse.

di Gianni Olfeni

Niente è complesso come confermarsi dopo aver pubblicato un disco considerato all’unanimità un capolavoro. Il grande problema

dei Coldplay si chiama Viva La Vida Or Death And All His Friends.

i sono molti momenti critici nella carriera di una band. Tipo affrontare per la prima volta lo studio d’incisione e insieme il mondo discografico. L’im-patto del pubblico. Le sanguisughe che popolano

l’industria musicale e la vita di tutti i giorni. Le prime critiche. Le tensioni interne, i litigi. Ma niente è complesso come confer-marsi dopo aver pubblicato un disco che all’unanimità è stato considerato un capolavoro. La pressione del business e l’attesa del pubblico diventano tali da rischiare di mandare in corto-circuito anche le migliori e più solide macchine musicali. Per non parlare di quanto gli stessi artisti si aspettino dalla propria creatività dopo aver raggiunto certe vette. Un boomerang.

Il grande problema dei Coldplay di chiama Viva La Vida Or

C

Death And All His Friends. Quel disco, il quarto degli inglesi, è stato capace di vendere quaranta milioni di copie in tutto il mondo, un risultato straordinario per i tempi che corrono – senza il downloading illegale saremmo qui a parlare di uno degli album più venduti della storia. Ha sfornato sei singoli (Violet Hill, Viva La Vida, Lost!, Lovers In Japan, Life In Technicolor II, Strawberry Swing), restando di fatto nelle programmazioni radiofoniche e televisive per oltre un anno. Ha vinto un Gram-my come “Best Rock Album” - a cui vanno aggiunti anche i premi come “Song of the Year” per Viva La Vida e “Best Vocal Pop Performance by a Group” sempre per Viva la Vida. Ma più dei risultati quantitativi è la qualità che conta: un disco bellissi-mo, che ha segnato per Chris Martin e soci una svolta artistica oltre che in termini di popolarità. Il definitivo salto.

Una buona parte del merito va riconosciuto a quel genio di Brian Eno, che ha convinto i Coldplay ad abbandonare le divise da scolari (la gabbia della forma-canzone) per aprirsi a nuove possibilità creative. La struttura strofa/ritornello è diventata così una delle tante a disposizione in fase compositiva, non più l’unica. Questo nuovo approccio che ha reso Viva La Vida Or Death And All His Friends un album molto ricco, un’esplorazio-ne musicale in cui ogni brano è una missione di cui si conosce l’inizio ma non l’approdo. Con la classica ciliegina sulla torta, quella Viva La Vida che è, secondo il gruppo, «la canzone che tutti devono sentire almeno una volta nella vita» (e come dargli torto?). Eppure non stiamo certo parlando di un disco difficile,

per orecchie istruite. Il massimo che una band che si muove in ambito popular possa ottenere.

È possibile, anzi probabile, che un simile fardello abbia pesa-to sul groppone dei Coldplay una volta cominciati i lavori per il nuovo album. Si dice che Chris Martin – scrive quasi tutto lui - sia stato colto dalla “sindrome della perfezione”. Che ab-bia cioè deciso di lavorare in modo maniacale alla ricerca di composizioni perfette, cercando di superarsi. Lo sanno anche i muri che la perfezione non è cosa umana, ma è comprensibile che l’ego, specialmente di persone che tanto hanno fatto e otte-nuto, possa giocare brutti scherzi. Sarebbe davvero un peccato se il seguito di Viva La Vida Or Death And All His Friends fosse stato concepito come una sfida personale piuttosto che sempli-cemente come un nuovo album dei Coldplay.

Certo è che il ritardo che l’album ha accumulato rispetto alle previsioni d’uscita (in tempi non sospetti Guy Berryman e Will Champion avevano annunciato che sarebbe uscito addirittura entro Natale 2010) ha fatto sorgere qualche dubbio. Stai a ve-dere che gli inglesi sono in difficoltà. Oltretutto dopo la pub-blicazione di Christmas Song, che pareva una sorta di rodag-gio in vista del disco, non si è più saputo nulla di loro, se non che avrebbero partecipato ai più importanti festival europei dell’estate 2011. Ergo, si pensava, l’album uscirà prima. Non andranno mica in giro a suonare solo il repertorio? In fondo stiamo parlando di una band di poco-più-che-trentenni. È però giusto sottolineare che questa è una storia già vista. Anche ai tempi di X&Y (2005) e Viva La Vida Or Death And All His Friends la data di uscita del nuovo lavoro era stata più volte rimanda-ta, mentre si rincorrevano le voci che volevano i membri del gruppo in conflitto. Rumors regolarmente smentiti dai diretti interessati e soprattutto dal frutto del loro comune lavoro.

Finalmente, a fine maggio, il sito ufficiale della band ha co-minciato a lanciare messaggi sempre meno criptati riguardo la pubblicazione di un nuovo brano. Prima un messaggio, poi un

Coldplay

Page 15: Onstage Magazine giugno 2011

ONSTAGE 28 GIUGNO

N

Cesare Cremonini

La nuova battagliadi Cesare

el 2010 hai tagliato il traguardo dei dieci anni di carriera. Qual è il bilancio?Artisticamente parlando mi sono successe due

cose straordinarie. Innanzitutto uscire con un disco che avevo scritto a 17 anni e avere tutto il successo che ho avu-to insieme ai Lunapop. È stato qualcosa di speciale, direi molto raro. E poi, terminata quell’avventura, sono riuscito a portare le mie canzoni e la mia musica in un progetto altret-tanto speciale, con cui credo di aver raggiunto una grande considerazione sia da parte della critica che del pubblico. Sono fortunato, è una storia molto bella da raccontare.

Credi che la carriera da solista ti abbia agevolato?La fine dei Lunapop è stata traumatica. Un passaggio com-plicato a livello umano e stimolante da un punto di vista artistico. Penso che il distacco mi abbia costretto a matura-re più in fretta di quanto avrei fatto altrimenti. Spesso sono proprio i traumi che fanno crescere, a patto che ci siano una testa, un cuore e un’anima in grado di metabolizzarli. Io mi sono messo a lavorare come un matto per migliorare e credo di esserci riuscito. Adesso voglio affrontare la sfida che mi manca, ossia il live. Ho un seguito importante dal vivo, ma voglio fare di più.

In effetti hai già avuto occasione di dimostrare che sul palco ci sai stare. Come pensi di aumentare la tua

credibilità come performer?Credo che non mi manchi la ricchezza musicale per diven-tare un artista che funziona molto bene dal vivo. Ma so che devo conquistarmi la stima del pubblico con i fatti, con il sudore. Non sono così presuntuoso da pensare che bastino i proclami per attirare più gente ai miei concerti. Il live è qualcosa che si vive sulla pelle, il pubblico devi guardarlo in faccia. Però mi sento di lanciare un invito a chi non mi ha mai visto dal vivo. Venite a scoprirmi, perché credo di poter offrire uno spettacolo interessante, pieno di energia.

La tua avventura live di quest’estate parte con l’Hei-neken. Niente male come debutto.Gli organizzatori mi hanno dato grande fiducia e sono en-tusiasta. Per me è come la prima partita di Champions Lea-gue e credo che per arrivare in Champions bisogna essersi piazzati bene l’anno prima. Restando nella metafora calci-stica, Mondo e Hello! (inediti della raccolta uscita nel 2010, nda) sono stati rinforzi importanti, canzoni che si vanno ad aggiungere a una rosa molto ampia, che negli ultimi due anni è diventata degna di grandi traguardi. Ho pubblicato 24 singoli in 10 anni, non sono pochi.

A proposito di canzoni, cambierai qualcosa tra l’Hei-neken e il resto del tour?Nella mia carriera non sono mai rimasto ancorato a un uni-

co genere musicale e questo mi consente di avere un re-pertorio eterogeneo, che si può adattare a contesti diversi. A Venezia posso permettermi una scaletta che funzioni in un evento rock, mentre in altre situazioni, come il Festival di Mantova, suonerò in modalità diciamo più intima, con brani cantautorali, legati al pianoforte. Altre volte farò un mix. Ho la possibilità di allestire due o tre spettacoli diversi e questa è una grande fortuna.

Insomma sei un jolly che un allenatore può schierare in qualunque ruolo.Più che altro mi sento io l’allenatore di una rosa ampia che mi permette di cambiare tattica molte volte durante una stagione o anche nella stessa partita.

Cesare, che rapporto hai con il palco?È la dimensione che più mi appartiene e uno dei pochi luo-ghi in cui mi sento davvero a mio agio. A essere sinceri è difficile convivere con questa sensazione, perché poi la vita di tutti i giorni è più difficile e io non mi sento assolutamen-te un supereroe, piuttosto assomiglio a Paperino. Ma come lui può diventare Paperinik, anche io posso trasformarmi. E accade on stage, dove trovo un coraggio e una capaci-tà che nella vita di tutti i giorni davvero non ho. Insomma, sono totalmente dipendente dal palco: quando scendo non vedo l’ora di risalirci.

Senza strilli di tromba e con la calma che è virtù dei forti, Cesare Cremonini sta vincendo tutte le battaglie della sua personale “guerra”.

Adesso è giunto il momento di vincere quella più importante.di Daniele Salomone - foto di Francesco Prandoni

SPECIALEHeineken Jammin’

Festival

video, e finalmente la canzone. Every Tear-drop Is A Waterfall è il termometro per valu-tare la temperatura corporea dei Coldplay, oltre che il primo singolo del loro quinto disco. Com’è il pezzo? I tempi di stampa del magazine che state leggendo non hanno concesso al sottoscritto di metabolizzarlo, ma le sensazio-ni (con un paio di giorni di ascolto in loop del brano) non sono buone.

La prima impressione è che Every Teardrop Is A Water-fall cerchi disperatamente di assomigliare a Viva La Vida. I punti in comune sono molti, innanzitutto la struttura del brano. La ritmica è imposta da un riff, che allora era un arrangiamento di archi e oggi di sintetizzatori (che fanno

tanto italo-disco anni Novanta), mentre tutto il pezzo gira su uno stesso accostamento di accordi, proprio come «la canzone che tutti devono sentire almeno una volta nella vita». Anche questo nuovo brano è una cantilena, spe-cialità della casa, che però sembra molto meno melodica rispetto alla sorella maggiore. Quanto alle differenze, bè, Every Teardrop Is A Waterfall manca di un ritornello, di quelli da cantare a squarciagola per tutta l’estate (e oltre),

un marchio di fabbrica dei Coldplay fin dai tempi di Yellow.

Detto questo, niente panico, la nuova can-zone di Chris Martin e soci diventerà una hit. Un po’ perché daje e ridaje il pezzo entra in testa - merito di una semplicità disarman-

te e di quella sensazione liberatoria che nessuno come gli inglesi riesce a donare alle proprie canzoni - un po’ perché grandi hit-maker all’orizzonte non se ne vedono. E allora ben venga un pezzo come Every Teardrop Is A Wa-terfall, prossima numero uno in tutte le classifiche, per lo meno qui da noi. In attesa di capire, con l’album intero, sei i Coldplay sono riusciti a districarsi dalla tela che loro stessi hanno tessuto.

Every Teardrop Is A Waterfall diventerà una hit. Merito di una semplicità disarmante e di quella

sensazione liberatoria che nessuno come gli inglesi riesce a donare alle proprie canzoni.

Page 16: Onstage Magazine giugno 2011

SPECIALE

ONSTAGE 30 GIUGNO ONSTAGE 31 GIUGNO

SPECIALEHeineken Jammin’

FestivalHeineken Jammin’

Festival

Negramaro

IO SONO PERCHé NOI SIAMODopo aver posticipato il tour già sold out, la band salentina riprende il viaggio partendo dall’Heineken Jammin’ Festival. Abbiamo chiacchierato con Giuliano Sangiorgi che, con il calore di sempre, ci ha parlato dell’operazione alle corde vocali e di quel sogno iniziato in una cantina... Che ancora continua.

di Marcello Marabotti

iao Giuliano. Prima di tutto, come stai?Sto benissimo, meglio di prima direi. Ho già iniziato a cantare, facendo anche una sorpre-sa al concerto di Elisa. Mi sto riprendendo

alla grande, sto andando anche piano rispetto a quello che posso fare, cammino con cautela, ma a livello medico e psicologicamente sono già pronto. Non vedo l’ora.

Era febbraio quando con una lettera ai fan hai comu-nicato l’imprevisto dell’operazione e lo spostamento del tour. Quanto è stato difficile prendere questa decisione?L’intervento è un’operazione di routine, tantissimi si operano per questo problema. La mia carriera è iniziata vent’anni fa, è normale che nel tempo vengano problemi di logorio: lesioni da contatto, da usura, sono 20 anni che

canto diciamo a “livello lirico”, infatti sono stato colpito dove vengono colpiti molti cantanti lirici. Questo piccolo problema - che non era grave - è stato risolto. È stato brut-to dover spostare un tour quasi sold out praticamente in tutta Italia già da mesi prima. Tre date al Forum d’Assago, tre date al Palalottomatica Roma, e tutte le altre date piene: è stato un trauma incredibile. Per questo ho voluto muo-vermi nella maniera più sincera possibile, non usando co-municati stampa ma scrivendo una lettera attraverso il fan club, attraverso Facebook, insomma, ovunque si potesse comunicare a livello personale quello che stava succeden-do. E il ritorno dei fan è stato incredibile.

Ora tornate all’Heineken dopo le esibizioni del 2005 e del 2006, da headliner: quali aspettative avete?Anche le altre volte è stato stupendo: suonare prima de-gli Oasis e di Morrissey è un’esperienza fantastica. Certo, come headliner è un’altra cosa, ti accosti ai Coldplay e a Vasco Rossi. Questo non fa altro che confermare la nostra

gioia di vedere come da quella piccola cantina si possa sognare sempre più forte. Non si arriva mai, da nessuna parte: si passa, è un passaggio importante. All’Heineken è un passaggio di anteprima in realtà, perché siamo già pronti per il tour di ottobre: facciamo di questo evento un momento importante sia a livello emotivo sia per speri-mentare alcune cose nuove che abbiamo in mente.

Che tipo di set state preparando?Sicuramente ci saranno brani nuovi, ma sarà una cosa un po’ insolita, perché festeggiamo a giugno 10 anni di attivi-tà insieme, del nostro sogno, proprio nell’evento che sarà l’Heineken potremmo portare un’idea di quello che è stata la nostra storia passando per il nuovo disco: sarà anche un test per il nuovo un set up da festival, perché abbiamo uno staff nuovo, tra i videomaker e le luci sarà uno staff inglese, che ha lavorato con Beck, Björk.

Che differenza ci sarà tra Heineken e il Casa 69 tour?L’Heineken sarà più una festa, un ritorno che attraverserà tutti i momenti della nostra storia musicale, un evento fe-sta. Il tour, invece, avrà un lato antologico, riprenderemo canzoni del passato mescolandole al repertorio di Casa 69. All’Heineken proporremo tutto il lavoro che abbiamo pre-parato fino ad oggi, in anteprima. Sarà un set up da festi-val porteremo quello che è giusto portare in un festival. Il Casa 69 Tour sarà uno spettacolo molto più rock e snello.

Casa 69 è un album consapevole, dopo il concetto di tempo e spazio, in questo disco vi siete concentrati sull’Io. Nel brano title track, dici «Sono anni di merda» e in un’intervista alle Iene hai detto che per certi aspet-ti quest’Italia ti fa schifo. Quali sono questi aspetti? E come si muove l’io in questi anni di merda? Penso che in tutti questi anni di merda ci sia anche una gi-nestra, c’è sempre una cosa positiva: c’è chi vincerà questo temporale e saremo noi, noi persone, noi italiani. Io credo nel lato umano del popolo italiano. Gli aspetti che mi fan-no schifo ai quali mi riferisco, è che in primis le piazze stanno un po’ morendo, i centri, i centri storici pazzeschi. La bellezza della vita italiana, Roma su tutte, credo sia sta-ta un esempio per tutte le altre società, per tutto il mondo. Si sta perdendo la vita in mezzo alla strada, alla gente. Questo contatto diretto è importantissimo. Mentre anni di merda, si riferisce ai periodi che ognuno può vivere nella

C

« C’è un abuso della parola ‘libertà’ in tutte le salse politiche, viene proposta come ideale, ma

se la libertà deve essere ‘commerciale’ a discapito di tutti, di altri individui, non è più libertà »

SEAT & NEGRAMARO: Binomio vincenteDue domande a Stefano Sordelli, marketing manager di SEAT, partner dei Negramaro per il prossimo tour.

Per quale motivo avete scelto di unirvi ai Negramaro? I Negramaro sono uno dei gruppi di maggior successo, nello scenario mu-sicale italiano nonché una delle pop-rock band più interessanti degli ultimi dieci anni. E tutto questo con una rapidità incredibile. Il fatto che questa band passi da canzoni melodiche a brani rock, dall’amore al quotidiano, fa appassionare fan di diverso tipo ed età. Su questo punto, la trasversalità del target, vedo SEAT e la band di Sangiorgi molto simili: entrambi non

hanno un unico modello di riferimento. E credo pertanto la nostra colla-borazione su questo punto sia stata più che un successo.

Cos’hanno in comune il brand Seat e la musica pop rock? Ho sempre considerato il pop rock come una musica energica e grintosa che racchiude in sè uno spirito giovane e impavido. Ma attenzione, stiamo parlando di spirito giovane, non reale età anagrafica. E in SEAT vedo gli stessi valori: la dinamicità di un brand che è passato dall’essere visto come esclusivamente giovane e sportivo alla realtà attuale dove SEAT è molto di più di tutto ciò. È rock and roll, a mio modo di vedere.

EQUIPAGGIAMENTI IN OMAGGIO EQUIPAGGIAMENTI IN OMAGGIO

h 21.00NEGRAMARO

h 18.00FABRI FIBRA Nel nostro paese e in campo rap e hip hop, Fibra non ha rivali e lo dimostra anche quando coinvolge il pubblico con i suoi pezzi. Tutti a Venezia tranne te?

h 19.30INTERPOL

h 17.00VERDENALa migliore rock band italiana? Poco ma sicuro (aggiungiamo i Ministri e chiudiamo la questio-ne), ed è un piacere poterseli rivedere dal vivo mentre suona-no il loro capolavoro, il recente doppio cd Wow.

h 16.00ELBOW Apertura cancelli ore 10.00

10 giugno

I biglietti del tour dei Negramaro sono in vendita presso i negozi Fnac!

Page 17: Onstage Magazine giugno 2011

sua vita. Non penso sia tanto difficile capire che ora l’uomo politico si stia facendo i caz-zi suoi, che stia pensando veramente poco. C’è un abuso della parola ‘libertà’ in tutte le salse politiche, viene proposta come ideale, ma se la libertà deve essere ‘commerciale’ a discapito di tutti, di altri individui, non è più libertà. Se-condo me il popolo italiano, tutti noi, dovremmo essere rieducati alla libertà sociale. Parlare di libertà, difendere la libertà mi intimorisce, perché se c’è bisogno di sostenerla vuol dire che non ce n’è.

All’interno dell’album è forte il concetto della forza del gruppo rispetto al singolo, soprattutto come crescita

culturale. È questo il messaggio che volete portare?Casa 69 è il disco della libertà sociale. ‘Io’ non esiste senza di ‘noi’: stare insieme, condividere, non a caso abbiamo scelto il nome Casa 69, abbiamo voluto partire da un luo-go che è una casa. Dal nostro piccolo esempio dove tut-ti noi viviamo. In un contesto così familiare con persone che di familiare non hanno niente. Ora ti portano a pen-

sare che non è possibile, oggi è tutto ‘io’, da solo, a casa, devi avere tutto a disposizione. Ti vogliono far credere di non aver bisogno dell’altro.

Anche a livello musicale è un album che vira rispetto alle sonorità de La finestra: da

dove arriva questa esigenza artistica?Credo che la crescita sia ovvia finché ti confronti, parli, suoni, crei e condividi con le altre persone, perché è natu-rale crescere. Quasi non ci dovremmo stupire di una cre-scita in un contesto come questo. Se, invece, ci si chiude da soli in una stanza, c’è una decrescita incredibile. La vera forza è il ‘noi’, non l’io.

P

ONSTAGE 32 GIUGNO

« L’Heineken è un passaggio di anteprima in realtà, perché siamo già pronti per il tour di ottobre:

facciamo di questo evento un momento importante sia a livello emotivo sia per sperimentare alcune novità »

SPECIALEHeineken Jammin’

Festival

er Daniel Kessler il nostro paese è un po’ una se-conda casa ormai, anche grazie alla sua fidanzata italiana, da cui trascorre parte del proprio tempo

quando non è in tour o nella sua casa di New York. Lo in-contriamo nel giardino di un centrale hotel milanese, in una giornata particolarmente calda: nonostante la temperatu-ra, però, Daniel è elegantissimo come sempre e si presta più che volentieri a fare quattro chiac-chiere sulla sua band, a partire della defezione di David Pajo, colui che aveva sostituito Carlos al basso nelle date live. «È stato un peccato, ma sapevamo che sarebbe andata a finire così, David è un musicista con moltissimi impegni e una famiglia da cui non vuole stare troppo lontano. Quindi dopo il tour promozionale del no-stro ultimo album, le nostre strade si sono divise e noi ab-biamo preferito chiamare un altro bassista, Brad Truax. È un mio vecchio amico, un musicista fantastico tra le altre cose, che ha prestato il suo talento a band come Gang Gang Dan-ce, Animal Collective e Home. Diciamo che a New York è un nome piuttosto conosciuto nella scena locale e ci è capitato spesso di dividere il palco con lui, quindi ci è parsa come la scelta più logica. Anche a livello umano è perfetto e capisci

bene come sia difficile trovare un elemento di un gruppo che sia adatto sotto ogni punto di vista. Quando sei in tour passi praticamente 24 ore nello stesso spazio, che sia il tour bus, l’hotel o il palco».

Dopo aver intervistato Paul Banks in passato, chitarrista e cantante del gruppo, anche Daniel conferma di essere un

personaggio brillante e che rispecchia poco la leggenda che vuole gli Interpol come schivi e sprovvisti di humour. «Sai, sono cazzate che si inventa la stampa quando sente la necessità di etichettare a tutti i costi una band. L’arte e la vita non sempre coincidono, anzi, nel nostro caso sono spesso ben distinte. Ci piace divertirci e spassarcela, certa-mente non siamo i Mötley Crüe, ma nemmeno dei musoni a cui non piace scherzare e beneficiare della vita che fac-ciamo. In tour ci divertiamo come matti e chi ci segue può confermarlo senza tema di smentite; ovviamente, se si trat-ta di discutere della nostra musica preferiamo un approccio più serio, ma si tratta di spiegare e giustificare la nostra arte,

perché non dovremmo esserlo? Siamo etichettati come un gruppo malinconico, ma se penso a me stesso da ragazzino mi immagino mentre cammino per strada con il walkman e le cuffie nelle orecchie e i Bad Brains a tutto volume. Non sono proprio una band triste, vero?». Eh no, proprio il con-trario verrebbe da pensare.

A parte gli eccessi del tour, però, gli Interpol non sono certamente la classica rock band da magazine scandalistico. «No, e nemmeno ne sentiamo l’esigenza. Non scrivo musica perché

suono in una rock band e ho un contratto, ma lo faccio perché è un’esigenza personale, il modo di esprimere me stesso. Lo farò anche se nessuno avrà più voglia di sentirmi, ma sinceramente spero che non accada mai, è certamente appagante avere a che fare con ragazzi che amano le tue canzoni e comprano i dischi». I fans del quartetto newyor-chese potranno nuovamente vedere gli Interpol in azione all’Heineken Jammin’ Festival. «Siamo molto contenti di partecipare a un grosso festival come quello, speriamo ci sia parecchia gente. Di solito è un buon modo per conquistare nuovi ammiratori, specialmente se il cartellone è variegato come in questo caso. Mi raccomando, venite a vederci!».

Li avevamo lasciati alle prese con il nuovo tour, che seguiva il quarto album e che segnava l’uscita

di scena del bassista Carlos D.Stanno per fare il loro ennesimo passaggio dalle nostre parti.

di Stefano Gilardino

Interpol

Non siamodark!

« Ci piace divertirci e spassarcela, non siamo i Mötley Crüe, ma nemmeno dei musoni »

Page 18: Onstage Magazine giugno 2011

SPECIALE SPECIALEHeineken Jammin’

FestivalHeineken Jammin’

Festival

ONSTAGE 34 GIUGNO ONSTAGE 35 GIUGNO

Vasco Rossi

Dopo gli annunciati record di Vivere o niente, 300.000 copie vendute in sei settimane, Vasco è pronto a imbarcarsi per una nuova avventura live. E proprio mentre si stava preparando ai concerti di Live Kom 011, siamo andati a trovarlo a Pieve di Cento. Lì abbiamo incontrato un «gran professionista» sempre in bilico tra istinto e ragione. Ecco la prima parte della lunga intervista realizzata con il Blasco (la seconda sul numero di luglio).

di Daniele Salomone - Foto di Gianluca Simoni per Chiaroscuro (BO)

IN EQUILIBRIO

FOLLIASOPRA LA

part 1

ono dieci anni che Vasco viene qui. Nella campagna a nord-ovest di Bologna, in questo enorme albergo che sembra una cattedrale nel deserto, tanto sorprende la sua prepotenza sull’architettura discreta della zona. È il posto che non

t’aspetti, ma forse è proprio per questo che lui e la sua combriccola di musicisti, collaboratori e amici continuano a tornarci per preparare gli spettacoli dal vivo. «La prima volta che l’ho portato qui – mi confida divertito Floriano Fini, manager e amico d’infanzia del rocker – non era esattamente convinto che fosse il posto giusto. Aveva un muro davanti alla finestra della stan-za e questa cosa non gli andava a genio». L’albergo non è parti-colarmente lussuoso a dispetto dell’imponenza con cui si presen-ta, ma è comodo da raggiungere per chi vive a Bologna e nascosto il giusto dall’assalto dei fan (tanti sanno esattamente dove si trovi e va bene così a tutti). «Poi lui è uno che si affeziona ai posti» aggiunge Fini. Insomma è il posto ideale per prepararsi a una nuova avventura live, un ritiro tranquillo in cui il Komandante può ricompattare le truppe e ritrovare quell’equilibrio tra passione e disciplina da cui ogni volta scocca la scintilla.

TESTA O STOMACO?Attraversiamo una serie di corridoi prima di arrivare nell’area delle prove. L’accesso non è particolarmente blindato e il personale dell’ho-tel sembra abituato ad accogliere Sua Maestà e tutta la Corte al se-guito - qualcuno tradisce una certa emozione facendosi fotografare con Tania Sachs, l’ufficio stampa di Vasco che è una celebrità per gli addetti ai lavori ma si penserebbe sconosciuta (errore) tra i fan. La band al gran completo – se no che prove sarebbero – sta eseguendo un pezzo strumentale dentro uno stanzone, mentre nello spazio ante-cedente Vasco attende di rientrare. È il giorno in cui per la prima volta si suona la scaletta per intero e arrivo nel momento che taglia in due

lo show, con l’attore principale che si prenda una pausa assentandosi per qualche minuto dietro le quinte.

«Ecco Vasco Rossi in tutto il suo splendore» mi dice Tania indican-dolo. In realtà, penso, ecco Vasco Rossi in tutta la sua tensione. Gli al-lungo la mano e lui ricambia gentile ma distratto. Aspetta seduto, sta cercando la concentrazione nonostante il tipico sguardo stralunato lo faccia sembrare uno capitato lì per caso. È immobile ma chiaramente impaziente, in bilico tra l’emotività e il rigore, lo stomaco e la testa. Silenzioso – non dice una parola per cinque minuti buoni - accanto a

Guido Elmi, suo produttore arti-stico, che è invece il ritratto della tranquillità. L’atmosfera è seria, per il cazzeggio c’è tempo. Poi Vasco cambia espressione. Sono solo le prove, ma quando fa il suo ingresso nello stanzone per riprendersi il microfono, ecco

l’animale da palcoscenico, il trascinatore, il Messia del rock italiano di cui la gente è pazza. Poco importa che il pubblico stavolta sia compo-sto da una decina di persone in tutto. La band attacca Alibi, un blues psichedelico del 1980 ripescato dopo tanto tempo, che apre la seconda parte dello show preparato per Live Kom 011.

IL CONCERTO CHE NON T’ASPETTI«La scaletta dello spettacolo è stata costruita intorno a Vivere o niente. Tutte le volte che facciamo un tour dopo che è uscito un disco conside-riamo un dovere artistico il fatto di suonare gran parte del nuovo al-bum dal vivo. È una cosa importante da dire perché per noi è sempre stato così». Prima di concedersi al sottoscritto, Vasco si è preso un po’ di tempo per riposarsi. Quando ci sediamo sui divani della sala risto-rante è estremamente rilassato e ha voglia di parlare dell’imminente tour. «Sarebbe troppo facile affidarsi alle cose vecchie e sicure. Invece vogliamo scommettere sulle nuove canzoni e soprattutto sorprendere il pubblico. La scaletta è molto strana, credo che nessuno se la imma-

S« Sarebbe facile affidarsi alle cose vecchie

e sicure. Invece vogliamo scommettere sulle nuove canzoni e sorprendere il pubblico.

La scaletta è molto strana, credo che nessuno se l’aspetti »

11 giugnoh 21.00VASCO ROSSI

h 19.30ALL TIME LOWL’ondata emo americana non smette di regalare nuove band di successo e gli All Time Low non fanno eccezione. Suono fresco, giovane e accattivante, perfetto per precedere il grande vecchio Vasco…

h 18.00PRETTY RECKLESS Alternative rock band america-na, di New York per l’esattezza, i Pretty Reckless sono guidati dall’affascinante vocalist Taylor Momsen, più conosciuta per le sue doti di attrice nel telefilm Gossip Girl.

Apertura cancelli ore 10.00

I biglietti del tour di Vasco Rossi sono in vendita presso i negozi Fnac!

Page 19: Onstage Magazine giugno 2011

SPECIALEHeineken Jammin’

Festival

ONSTAGE 36 GIUGNO

gini. L’ho scritto anche su Facebook: “Sarà un concerto che non vi aspettate”. Ci saranno naturalmente delle canzoni del repertorio ma non quelle che la gente pensa. Dopo tut-ti questi anni ci piace ancora stupire».

In effetti sorprende riascoltare dal vivo un brano come La fine del millennio (uscito solo come singolo nel dicem-bre 1999) e non trovare Sally tra i brani in scaletta. Per non parlare dell’apertura, con Sei pazza di me a occupa-re lo spazio che in molti avrebbero voluto per Lo show, forse il pezzo più adatto ad aprire un concerto tra le centinaia che Vasco ha inciso. «Quella canzone è perfetta per iniziare un live, ma l’abbiamo già usata (Rewind Tour, nda) e comunque è l’apertura giusta per uno spet-tacolo celebrativo, quando non c’è un disco fuori da poco. Non sarebbe artisticamente serio e noi siamo seri anche se sembriamo una banda di scalmana-ti. Cioè, siamo scalmanati ma siamo anche molto seri».

PROFESSIONISTI SCAPIGLIATIProprio la serietà è uno dei temi che più stanno a cuore al Blasco, troppo spesso oggetto di attenzioni più come per-sonaggio che come musicista (ah, ‘sti media). Mentre lui e i suoi collaboratori sono prima di tutto dei professionisti, che si sobbarcano enormi quantità di lavoro per restare

sempre al top. «Non mi sento presuntuoso se affermo che sono un gran professionista. Ci sono trent’anni di carriera a dimostrarlo. Non si può pensare che dietro una storia di questo tipo non ci siano serietà e impegno. All’inizio si co-mincia un po’ per gioco, per scherzo, poi però se non fai le cose bene il giochino finisce subito». È un brutto vizio sot-tovalutare l’importanza del professionismo. «Gli italiani pensano di poter fare tutto arrangiandosi. Invece ci vuole

impegno per fare bene un mestiere. Guarda i tedeschi o gli americani: quando fanno una cosa danno il massimo. Non la fanno tanto per fare. Se uno guida un taxi lo fa meglio che può, idem se è un poliziotto». Che poi sbattersi mica è noioso. «No anzi, rende tutto più bello».

Passa da una battuta a un discorso serio senza darti il tempo di accorgertene. Non c’è preavviso. Vasco si muo-ve sempre al limite, come un attaccante sul filo del fuori-gioco. Un attimo è appena oltre la linea, l’attimo dopo è rientrato. Il difensore fatica a stargli dietro. «Solo perché

siamo scapigliati la gente pensa che ci sconvolgiamo e ba-sta, ma non è vero. Qui ci sono persone che lavorano tanto e che pensano con estrema lucidità. E che si sconvolgono anche, ma quando possono e hanno tempo di farlo». Men-tre ridiamo penso che c’è una famosa leggenda che vuole Vasco strafatto durante i concerti. Come tutte le leggende, ha poco di vero e molto d’inventato. «Quando salgo sul palco sono lucidissimo. È dal 1989 che non bevo neanche

un goccio di vino prima di un concerto. Voglio essere lucido perché lo spettacolo viene meglio e io mi diverto di più» E dopo la fine del concerto? «Beh, dopo no comment».

PRESENTE VS PASSATOI brani del repertorio selezionati per la setli-

st di Live Kom 011 - Guido Elmi ha curato la scaletta con grande attenzione - sono stati scelti perché esaltassero quelli nuovi (ben nove, sui tredici complessivi di Vivere o niente). Addirittura sono state individuate le canzoni in grado di creare un ponte tra presente e passato, come se Vasco volesse dialogare con il se stesso di qualche anno fa. «Tanto per fare un esempio – racconta - abbiamo scelto di recuperare Portatemi Dio perché è il naturale presupposto di una canzone come Manifesto futurista della nuova uma-nità, che in qualche modo rappresenta la chiusura di un

SUA ALTEZZAIL PALCOV ertiginoso. Con un’estensione verticale di 52 me-

tri e 30 centimetri – praticamente un palazzo di quasi venti piani - il palco del Live Kom 011 è la

struttura più alta mai utilizzata dal Blasco, al punto che non è stato facile trovare impianti in grado di ospitarla (San Siro, l’Olimpico di Roma, il San Filippo di Messina, oltre allo Sta-dio del Conero di Ancona per la data zero, ma verranno ag-giunte altre location per i concerti di settembre). Opera di Giòforma – studio milanese da oltre dieci anni al fianco di Vasco – il palco ha una base triangolare, novità assoluta, e ricorda il gigantesco “The Claw” che gli U2 hanno utilizzato per il recente 360° Tour, solo che in questo caso il pubblico sta solo davanti (e meno male).

La struttura in ferro è al servizio della scenografia. L’im-maginario è industrial, con i cavi, le travi e tutti gli altri elementi d’acciaio a vista, comprese le gru metalliche che dall’alto spostano su e giù alcuni elementi coreografici (tra cui due Ford Taunus, la macchina della copertina di Vivere o niente). Il tutto naturalmente ricoperto di schermi LED, che qui hanno la particolarità di essere semitraspa-renti, con l’obiettivo di creare particolari effetti tra i con-tributi video e l’ambiente circostante. Va sottolineato che gli schermi si sposteranno verticalmente (e come se no?) modificando ogni volta i connotati della struttura, il cui peso complessivo, in termini di pressione al suolo, è di 160 tonnellate.

Oltre all’imponenza, che non è una novità, è proprio lo slancio verticale a colpire. Il palco del Live Kom 011 gioca

con il concetto di equilibrio, sposando meravigliosamente bene l’attuale condizione artistica di Vasco. È significativo che lo spettacolo preveda l’esibizione di un funambolo, che attraverserà il palco camminando su una corda sospesa nel

vuoto. A partire da San Siro però, perché all’Heineken Jam-min’ Festival manca la struttura a cui appoggiarsi. E poi a Venezia Vasco è l’ospite d’onore, non il padrone di casa. Per le vertigini, appuntamento a Milano. D.S.

« Solo perché siamo scapigliati la gente pensa che ci sconvolgiamo e basta, ma non è vero. Qui ci sono persone che lavorano tanto e che pensano

con lucidità. E che si sconvolgono anche »

Page 20: Onstage Magazine giugno 2011

SPECIALEHeineken Jammin’

Festival

ONSTAGE 38 GIUGNO

certo discorso». Nel 1983 il Blasco chiedeva d’incontrare Dio per parlargli di “una vita che ho vissuto e che non ho capito”. Quel brano, per quanto aggressivo nei con-fronti dei dogmi della religione, lasciava una porticina aperta. Oggi quella porta è definitivamente chiusa, “Ti prego perdonami se non ho più la fede in te”, canta Vasco nel secondo singolo estratto da Vi-vere o niente con il solito, riuscito mix tra cinismo e ironia.

In scaletta ci sono altri brani che si guardano con occhi fraterni. Ad esempio Giocala e Prendi la strada: parlano entrambe di autodeterminazione, ma qui la posizione di Vasco non è cambiata, nonostante i ventinove anni che passano tra le due canzoni: dobbiamo correre lungo la strada che porta più lontano, magari ver-so la Luna, fottendocene di tutto e tutti perché ognuno di noi è padrone del proprio destino.

NON FA UNA PIEGASembra che lo faccia apposta. Ma non c’è nulla di pianifica-to nei messaggi che Vasco lancia attraverso i testi delle sue canzoni. Anzi, non c’è proprio nulla di pianificato quan-do viene fuori un pezzo, se non il pezzo stesso. «Quando scrivo un brano parto dalla prima frase, dalla prima cosa che mi viene, ma non so mai a che punto arriverò. È un

flusso di parole che mi vengono dall’inconscio. Penso a una sensazione, a una condizione, tengo fissa nella mente un’immagine che voglio descrivere ma non ci ragiono più di tanto. Ogni tanto tiro fuori delle sciocchezze, le cancello e vado avanti». È capitato anche per le canzoni di Vive-

re o niente, che a livello lirico non ha nulla da invidiare alle migliori produzioni di Vasco. «Dopo tutto questo tem-po è un miracolo. Non mi aspettavo ci fosse ancora tanta creatività».

È un miracolo pure che queste nuove canzoni s’intrecci-no con tanta facilità alle vecchie. «I miei brani hanno sem-pre lo stesso stile, vengono fuori dallo stomaco. È per que-sto che stanno bene insieme a prescindere da quando le ho scritte». Mi chiedo (gli chiedo) se in tutti questi anni è mai capitato che un brano inizialmente pensato per la scaletta si rivelasse poi inadeguato. «Solitamente quando decido di ascoltare le canzoni vecchie ho un attimo di esitazio-ne, penso “chissà che sensazioni mi darà”. Ma rimango

sempre stupito perchè mi piacciono tutte tantissimo. Devo dire che Vasco Rossi artisticamente non fa una piega, i pro-blemi di Vasco Rossi sono altri».

Il problema di Vasco è restare in equilibrio. Tutta la sua carriera, la sua stessa vita, è un dialogo tra op-posti che si attraggono, e lo tirano per la giacca. Fragilità e consapevolezza, illusione e disillusio-ne, ragione e istinto. E’ difficile ma fondamenta-le fare in modo che tutto si risolva senza troppa tensione, perché «è molto importante che non s’interrompa quel flusso di emozione che solita-

mente nella cose di Vasco Rossi non manca mai». Come un funambolo, il Blasco continua a camminare

in bilico allungando i passi sulla fune. Sbilanciandosi da una parte cadrebbe, annientandosi, e dall’altra pure. E’ un mestiere pericoloso ma lui sta bene lì sopra, con la gente che lo guarda con il naso all’insù e il fiato sospeso, parte-cipe come se nei suoi passi vedesse i propri. Solo su quella corda, sospeso nel vuoto, Vasco trova il compromesso di cui ha bisogno. Passione e disciplina in perfetto pareggio. Passione per affrontare un mestiere che è una sfida contro se stessi prima di tutto, disciplina per andare avanti senza cadere. Non è facile, ma è lassù che Vasco resta in equili-brio sopra la follia.

« Quando scrivo un brano parto dalla prima frase, dalla prima cosa che mi viene, ma non so mai a che punto arriverò. È un flusso di parole

che mi vengono dall’inconscio »

(L’intervista continua sul numero di luglio)

Page 21: Onstage Magazine giugno 2011

ONSTAGE 41 GIUGNO

SPECIALERock

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15 giugno, Arena Concerti Fiera di Milano-Rho. I Foo Fighters - unica data italiana - ci presentano Wasting Light, disco registrato nello studio casalingo di Dave Grohl insieme a Butch Vig,

già al lavoro con Dave per Nevermind. L’iguana Iggy Pop con i suoi Stooges e una nuova line-up. E ancora: Outback, Ministri, Flogging Molly, Band Of Horses, The Hives e Social Distortion.

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Page 22: Onstage Magazine giugno 2011

ONSTAGE 42 GIUGNO ONSTAGE 43 GIUGNO

Foo Fighters

F

SPECIALE SPECIALERock

In IdRhoRock

In IdRho

IL tALENtO DI MR. GROHL

Sono passati davvero troppi anni da quando il quintetto guidato da Dave Grohl è passato dall’Italia a suonare. Finalmente i Foo Fighters tornano dalle nostre parti come headliner del Rock In IdRho, in tempo per presentare il nuovo lavoro, Wasting Light.

di Stefano Gilardino

acile provare invidia per un tipo come Dave, uno di quei casi in cui pare la natura si sia accanita particolarmente, consegnando-gli una lunga serie di talenti che lo hanno

reso una delle rockstar più rispettate e simpatiche del panorama mondiale. E tutto, all’apparenza, con una semplicità disarmante, come se il suo percorso fosse comandato da forze superiori. Invece Grohl è, per pa-

rafrasare James Brown, “the hardest working man in show business”, uno che non conosce la parola riposo e che quasi mai rifiuta di prestare ugola, chitarra o, so-prattutto, batteria ad amici e colleghi musicisti. E se la parabola dei Foo Fighters (e certamente pure quella dei Nirvana) è un argomento di cui si conosce tutto o qua-si, vediamo in quali altre decine di situazioni si è anda-to a cacciare il talento di Mr. Grohl nel corso degli anni,

a cominciare da quando, appena ragazzino percuoteva le pelli per un gruppo sconosciuto di Washington D.C. chiamato Dain Bramage…

AMERICAN HARDCOREQuando il giovane Dave si innamora di punk e har-dcore è ancora un ragazzino di 15 anni che fatica persi-no a entrare nei locali per vedere le sue band preferite

GARAGEBAND. è probabile che nel vostro garage ci siano attrezzi e un auto. In quello di Dave Grohl, invece, trova spazio un modernissimo studio di registrazione in cui i Foo Fighters hanno registrato la loro ultima fatica discografica assieme al produttore Butch Vig.

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suonare. È quindi costretto a mentire, nel 1986, quando effettua un provino per diventare batterista di una delle band leggendarie della scena locale, gli Scream. Il gruppo lo crede un ventenne (in realtà sono solo 17) e lo assolda all’istante riconoscendo in lui un talento selvaggio che aspetta solo l’occasione buona per uscire allo scoperto. L’hardcore sarà la prima palestra per Dave e resterà nel suo cuore per sempre, risultando fondamentale anche per la sua crescita personale e non solo per quella squi-sitamente musicale. Dopo averlo incontrato casualmente, qualche anno fa, nella hall di un albergo a Copenaghen,

Grohl mi abborda chiedendomi lumi sulla mia maglietta dei Void, uno sconosciuto gruppo di Washington D.C., che ovviamente lui conosce benissimo. Finiamo per parlare di punk, hardco-re e dei suoi tour proprio con gli Scream, in cui finì persino per suonare al Virus e al Leonkaval-lo a Milano, i due squat più celebri della città meneghina, da cui sono passati buona parte dei concerti del genere in Italia tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. Dopo essersi esaltato per la paga di 800.000 lire – chiara-mente pensava a un cambio leggermente più favorevole -, Dave finisce per suonare un live set entusiasmante e che resta nella storia dei concerti punk italiani. La storia con gli Scream però sta già tramontando e non potrebbe esserci un periodo migliore: la linfa dell’hardcore ha dato vita a una mutazione ibrida che raccoglie anche l’eredità dell’hard rock anni Settanta e del post-punk inglese più radicale. Qualche mese più tardi verrà conosciuto in tutto il mondo come grunge, la novità che arriva da Seattle. Tra le band destinate, pare, alla celebrità ci sono anche dei

giovanissimi outsider chiamati Nirvana, che hanno appe-na cambiato batterista. Fuori Chad Channing, all’opera sull’esordio Bleach, e dentro un cavallo di razza chiamato Dave Grohl. Il trio si chiude in studio con Butch Vig e incide Nevermind. Il resto, come si dice, è storia…

IL SEGRETO DEL MIO SUCCESSOE che storia! Quella di un terzetto di perdenti punk che conquista il mondo in virtù del talento compositivo di Kurt Cobain e del solito allineamento di pianeti che non guasta mai. L’altra faccia della medaglia si chiama dro-

ga, paranoia, malessere e, infine, suicidio, l’unico modo per Cobain per trovare la pace. Dave accusa il colpo ma rifiuta di farsi da parte e di diventare un reduce, quello che suonava la batteria nei Nirvana – con cui, per inci-so, aveva appena registrato il primo pezzo composto da lui, Marigold. Nel giro di qualche mese dà libero sfogo alla propria creatività, inventandosi un nome fittizio di una band, al momento composta solo da se stesso, i Foo Fighters, una pseudo-etichetta, la Roswell Records (e vai coi riferimenti agli UFO…), distribuita da una major, e un disco d’esordio su cui suonerà tutti gli strumenti, tranne un parte di chitarra, appannaggio dell’amico Greg Dulli degli Afghan Whigs. Incredibilmente, l’album funziona bene anche a livello radiofonico, con un paio di pezzi

come This Is A Call e Big Me a trascinare il resto. A quel punto la necessità di avere dei veri musicisti è piuttosto ovvia e i Foo Fighters diventano un gruppo a tutti gli ef-fetti, con l’entrata in scena di Pat Smear, Nate Mendel e William Goldsmith, i quali danno vita alla prima incarna-zione e a una parabola discografica che, ancora oggi, non sembra aver raggiunto il proprio apice o addirittura una conclusione. Con milioni di dischi venduti e parecchi bra-ni consegnati alla storia, il marchio Foo Fighters è uno dei più appetibili al mondo ed è anche per questo motivo che il suo detentore, Dave Grohl, può dedicarsi con costanza

e passione a fare ciò che gli riesce meglio: suo-nare, anche e soprattutto con colleghi musicisti. Ecco una breve carrellata dei migliori side-project (o semplici collaborazioni) a cui ha par-tecipato…

WITH A LITTLE HELP FROM MY FRIENDSPartiamo con una piccola chicca, ovvero la sua partecipa-zione al disco solista di Buzz Osbourne dei Melvins nel 1992 con lo pseudonimo Dale Nixon – lo stesso usato da Greg Ginn dei Black Flag qualche anno prima per il disco My War -, seguita dalla comparsata come batterista in una line-up da sogno che incide la colonna sonora del film Backbeat, dedicato ai primissimi anni di vita dei Beatles, quelli ad Amburgo: con lui della partita sono Thurston Moore (Sonic Youth), Mike Mills (R.E.M.), il produttore Don Fleming e Dave Pirner (Soul Asylum). Il suo primo vero e proprio progetto parallelo ai Foo Fighters, però, è interamente dedicato a un’altra delle sua passioni bru-cianti, ovvero quella per la musica metal: Dave incide, as-

Il meglio, però, arriva quando Dave entra brevemente a far parte in pianta stabile dei

Q.O.T.S.A. dell’amico Joshua Homme, con cui incide il capolavoro Songs For The Deaf.

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sieme ad ospiti di gran livello le basi musicali di una man-ciata di brani che vengono poi affidati alle ugole foderate di acciaio di alcuni suoi miti come Tom Araya (Slayer), Lemmy (Motörhead), di cui diventerà grande amico, Cro-nos (Venom), Max Cavalera (Sepultura), King Diamond e molti altri. Il progetto, a nome Probot, sarà un discreto successo e diventerà un piccolo culto negli anni a venire. La lista delle sue collaborazioni, nel frattempo, continua a crescere in maniera esagerata, sia dal punto di vista quantitativo che da quello della pura qua-lità: nel suo curriculum si aggiungono ospitate alla batteria con Killing Joke, Tony Iommi, Tena-cious D, Cat Power, Nine Inch Nails, Garbage, Juliette & The Licks e Pete Yorn. Il meglio, però,

arriva quando Dave entra brevemente a far parte in pian-ta stabile dei Queens Of The Stone Age dell’amico Joshua Homme, con cui incide il capolavoro Songs For The Deaf e con cui effettua un breve tour che rimarrà negli annali come un momento irripetibile della storia del rock. Non è solo la sua abilità mostruosa dietro alle pelli a garantirgli continui inviti, ma anche le sue abilità canore e chitarristi-che, che presta persino a due miti come David Bowie, che

lo vuole sull’album Heathen, e Paul McCartney, con cui duetta dal vivo in una versione di Band On The Run dei Wings. Stessa sorte, ed è il coronamento di un vero sogno, gli tocca con Jimmy Page e John Paul Jones, i due ex Led Zeppelin, che intervengono durante uno show a Wem-bley dei Foo Fighters per suonare due pezzi con l’amico Dave. Jones e Grohl, ancora alla batteria, assieme al fido Homme alla chitarra, fomeranno di lì a poco il trio Them

Crooked Vultures, con cui hanno inciso un buon disco e suonato spesso in giro nel 2010. Probabile che, proprio mentre stiamo scrivendo, Dave stia architettando qualche nuovo progetto a cui par-tecipare, giusto per non essere sempre costretto a lavorare con le stesse quattro persone…

L’hardcore sarà la prima palestra per Dave e resterà nel suo cuore per sempre, risultando

fondamentale anche per la sua crescita personale e non solo per quella squisitamente musicale.

Questo 2011 promette di di-ventare un anno storico per i Foo Fighters, non solo per l’uscita dell’ottimo Wasting Light, ma anche e soprattut-to per la celebrazione della carriera del gruppo affidata al documentario, disponibile fra pochissimo, intitolato Back And Forth, sorta di panoramica sulla parabola di Dave Grohl e

compagni. Diretto da James Moll, il film si inserisce senza difficoltà nella classica nicchia dei rockumentaries, ovvero

delle pellicole che raccontano cronologicamente la nascita e l’ascesa di una band (in questo caso per il declino siamo ancora in tempo), grazie a contributi video, spezzoni live e interviste con membri attuali e passati dei Foo Fighters. Si parte dalla morte di Cobain e dallo scioglimento dei Nir-vana, si attraversa un primo album registrato interamente da solo e si giunge alla prima line-up, che comprendeva altri reduci di lusso come Pat Smear (Germs, prima dimis-sionario, ora di nuovo in formazione), Nate Mendel e Wil-liam Goldsmith (entrambi ex-Sunny Day Real Estate). Da lì in avanti, ovvero dal successo incredibile di The Colour And The Shape, la carriera di Grohl e compagni sarà un susseguirsi di trionfi e affermazioni, con i canonici cambi

di musicisti (vedi l’ingresso di due elementi chiave come Taylor Hawkins alla batteria e Chris Shiflett alla chitarra) e la scalata a un successo meritato e duraturo. Molto spazio viene dedicato alla ngenesi e alla registrazione dell’ultimo album in studio, compresa la rimpatriata strappalacrime con il vecchio amico Krist Novoselic, ospite in un brano, e il duetto da favola con Bob Mould, uno dei leader dei semi-nali Hüsker Dü. Saranno soprattutto i fans a godersi Back And Forth, una parabola a lieto fine che dimostra per l’en-nesima volta il grande potere del rock’n’roll, ma anche per gli spettatori occasionali lo spettacolo è garantito. Non aspettatevi eccessi, sesso e droga, ma una grande storia, quello sì…

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Iggy & The Stooges

na carriera breve ma indimenticabile quella di James, passato dal quasi anonimato dei Chosen Few, oscura band in cui militò per un certo periodo (proprio assieme a Ron

Asheton, tra l’altro), alla fama immortale degli Stooges, con cui compose e registrò Raw Power, un classico del rock, ineguagliata vetta che segnò il tracollo finale di Iggy Pop e compagni. Il chitarrista entrò in formazione dopo un pri-mo scioglimento, prendendo il posto di Ron alla chitarra e, di fatto, complice l’Iguana, relegando il povero Ashe-ton nel ruolo di bassista, a comporre la sezione ritmica col fratello Scott. Sia quel che sia, quella line-up incredibile durò pochissimo tempo, bruciata da droghe, mancanza di successo, violenza, instabilità di Iggy e da una fame di rock’n’roll che avrebbe ucciso chiunque. I due – Wil-liamson e Pop – si sarebbero ritrovati qualche tempo dopo per incidere ancora una manciata di canzoni, uscite poi nel 1977 nell’album Kill City, e per un ulteriore brevissimo periodo durante la carriera solista del cantante. Poi, più nulla, con James Williamson impegnato in altre faccende e mai più intenzionato a imbracciare nuovamente la sua mitica sei corde. Mai dire mai, come spesso il mondo ci insegna, e proprio dalla telefonata di Iggy partiamo con l’intervista…

James, immagino che non ti aspettassi di risentire Iggy Pop dopo un periodo di tempo così lungo.No, direi che non mi sarei aspettato una sua chiamata, ma l’occasione è arrivata con la scomparsa di Ron Asheton, all’inizio del 2009. Iggy mi ha chiamato per darmi i det-tagli del funerale e dicendomi che gli sarebbe piaciuto se avessi partecipato. Così ci siamo ritrovati a parlare dopo oltre vent’anni di silenzio ed è stato emozionante, pareva quasi che tutte le brutte storie fossero scivolate via senza lasciare traccia. A un certo punto, Iggy mi ha parlato di una lunga serie di date estive che aveva già fissato con gli Stooges e che non avrebbe potuto disdire, dicendomi che l’unico chitarrista che avrebbe voluto in formazione ero io. Lì per lì ho declinato l’invito, lavoravo come consulente per la Sony e non potevo licenziar-mi solo per qualche concerto, ma incredibilmente un paio di settimane dopo mi è stata of-ferta al lavoro la possibilità di un pre-pensionamento. A quel punto ho richiamato Iggy e gli ho detto che ero libero e avrei accettato di provare a suonare. Volevo essere certo che tutto funzionasse per il meglio, non mi interessava fare brutte figu-re su un palco.

Mi pare di capire che tu non

fossi proprio alleatissimo…Prova a immaginare, erano più di trent’anni che non toc-cavo una chitarra (ride). Mi sono dovuto rimettere alla pari con gli altri, che sono dei fantastici performer, prima con una band di ragazzi della mia zona, nel sud della Ca-lifornia, con cui ho provato il repertorio in segreto, giusto per allenarmi, e poi con Iggy e gli Stooges per ritrovare l’armonia dei bei tempi. Sono felice della scelta, mi sentivo quasi in obbligo di dare una mano alla mia band, non po-tevo tirarmi indietro. Un poco alla volta, il mio cervello ha

riscoperto come comandare in maniera perfetta le dita e i pez-zi sono usciti senza fatica, è sta-to emozionante! Il primo con-certo della seconda parte della mia carriera è stato a San Paolo in Brasile, davanti a 40.000 per-sone. Niente male, no?

Avevi avuto occasione di vederli suonare dopo la reu-nion?Una sola volta, a Long Beach, e mi erano sembrati gli Stoo-ges, una band incredibile an-che dopo così tanti anni. Ero persino passato a trovarli nel backstage per salutare, mi sen-tivo totalmente in pace con me

stesso, non ero interessato a stare su un palco di nuovo. In-vece, guardami oggi, di nuovo in giro con la band! Credo che il successo degli Stooges sia una delle cose migliori del music business, soprattutto per Ron e Scott che non ave-vano mai potuto beneficiare di una grande considerazione negli anni 60 e 70. Se lo sono meritati fino in fondo e sono contento di aver contribuito anche io in qualche misura…

Come avete scelto il materiale da suonare live? Tra l’altro, dopo il veto di Ron per il materiale di Raw Po-wer, ora è anche possibile ascoltare canzoni anche di quell’incredibile disco.Ron non ha mai amato quell’album, se conosci un po’ gli Stooges sai bene che fu una decisione di Iggy quella di fargli suonare il basso, di cui però fui incolpato io. Ora, con me alla chitarra, possiamo finalmente disporre dell’in-tero repertorio della band, compresi alcuni pezzi che sono rimasti inediti su dischi ufficiali e una manciata di brani che finirono su Kill City. È bello poter scegliere tra così tanti capolavori e lo dico anche e soprattutto delle canzoni composte prima che arrivassi io.

Non sarai mica troppo modesto, vero?Sono ben conscio del valore di un album come Raw Power, ora è finalmente trattato come un classico del rock, ma non mi piace prendermi troppi meriti. È stato bello, ora lo è anche di più perché siamo musicisti e uomini maturi, concentrati solo sullo spettacolo. Iggy è ancora comple-tamente pazzo, ma lui è Iggy Pop, cosa potrebbe essere altrimenti?

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Dopo la scomparsa del chitarrista originale Ron Asheton, è toccato al leggendario James Williamson, che prestò la sua sei corde al capolavoro Raw Power, riprendere il suo posto nella band. Ecco cosa ci ha raccontato in un intervista esclusiva per Onstage.

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ONSTAGE 50 GIUGNO

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In IdRho

ALL tHE REStDopo la scomparsa del chitarrista originale Ron Asheton, è toccato al leggendario James Williamson, che prestò la sua sei corde al capolavoro Raw Power, riprendere il suo posto nella band. Ecco cosa ci ha raccontato in esclusiva per Onstage!

OUtBACKAd aprire le danze sarà una band italiana, di Terni più precisamente, di cui sta per uscire l’album di debutto ufficiale, ma che vanta una discreta gavetta, fatta di cinque anni di concerti e prove. Vedremo come saranno in grado di reggere un palco importantissimo come quello del Rock In IdRho, certamente l’apice della loro pur breve carriera.

FLOGGING MOLLYÈ vero, i Pogues sono stati i primi a inventarsi una miscela di musica celtica e irlandese e la rabbia del punk, ma negli ultimi anni è soprattutto grazie a due band come Dropkick Murphys e Flogging Molly se quel sound ha continuato a mietere orde di fans in tutto il mondo. Guidati da Dave King, i Flogging Molly e il loro folk punk sono ormai delle star e si possono permettere di riempire palazzetti enormi così come semplici pub dove cantare canzoni e ubriacarsi con tutto il pubblico. Prendetevi una birra e datevi appuntamento sotto il palco per cantare in coro.

MINIStRIFede, Divi e Michi sono il terzetto rock dei Ministri, uno dei nomi più interessanti del panorama nostrano. Arri-vano da Milano ma hanno già conquistato tutta Italia con live set imperdibili ed energici e, soprattutto, con tre bellissimi dischi: I soldi sono finiti, Tempi bui e Fuori, che denotano una maturazione incredibile. Era davvero da troppo tempo che una band italiana non ci colpiva così tanto e siamo certi che la loro parabola sia ancora in fase ascendente, pronta per un’affermazione su larga scala. Ne avrebbero bisogno e pure la asfittiche classifiche del Belpaese si meriterebbero i Ministri al top. Venite a fare il tifo con noi!

BAND OF HORSESVengono da seattle, incidono per la mitica Sub Pop, ma con il grunge o l’hard rock non hanno proprio nulla a che fare, anzi. I Band Of Horses, definiti spesso orchestral pop, sono uno dei nomi migliori della scena indie americana (sebbene ormai incidano per una major come al Sony), ma dal vivo non disdegnano qualche ruvidezza in più, tanto per non deludere un pubblico che sarà composto soprattutto da rockers!

SOCIAL DIStORtIONDecani della scena punk rock californiana, con il passare del tempo i Social Distortion, progetto guidato dal suo leader Mike Ness, hanno via via sterzato verso un sound classi-camente rock’n’roll, screziato da venature country e roots, ma sempre in grado di causare scompiglio tra il pubblico in sede live. Pochi possono godere del rispetto dei Social Distor-tion e, soprattutto, di un repertorio composto da classici immortali come Mommy’s Little Monster o Story Of My Life. L’incarnazione punk di Johnny Cash…

tHE HIVESQualche anno fa il loro nome era sulla bocca di tutti e gli Hives erano visti come la salvezza scandinava del punk rock/garage. Dalla Svezia sbarcarono in Inghilterra gra-zie a un paio di singoli fortunati e sbancarono persino le classifiche, finendo per diventare delle vere e proprie star. Dopo un periodo di appannamento e di silenzio discogra-fico, i cinque stanno per fare il proprio comeback con un album in uscita questa estate e una lunga serie di date live che speriamo ce li restituiscano all’antico splendore. Dal vivo, una garanzia di successo!

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LIVESTYLE

Dopo i concerti dello scorso dicembre, i 30 Seconds To Mars saranno nuovamente in Italia il 17 e 18 giugno per due nuove esibizioni e i fan italiani si stanno preparando ad accoglierli. Onstage ha incontrato Serena Pagnoncelli di www.italianbelievers.com, uno dei

fan club della band, per capire il legame speciale che lega Jared Leto e compagni ai loro sostenitori.

volte capita che l’essere fan di un artista o di un gruppo non significhi solo esprimere un determinato gusto musicale, ma coin-volga strati più profondi della personalità.

È questo il caso di chi segue i 30 Seconds To Mars, che definiscono i loro fan “famiglia” e che i fan stessi vedo-no come un punto di riferimento non solo musicale, ma anche di vita. Il legame che si è instaurato tra le due parti è quindi molto particolare, soprattutto per iniziativa del gruppo, che ha sempre volu-to impostarlo come un rapporto amichevo-le, famigliare per l’appunto. Niente guar-die del corpo, possibilità di salire sul palco senza grandi patemi d’animo per la securi-ty, brevi incontri sempre concessi all’uscita dei concerti, una comunicazione diretta e personale con gli amministratori dei vari fan club sono gli elementi che hanno fatto sì che, a partire da questi input della band, i fan stessi concepissero in maniera diversa il loro ruolo. È anche per questo che fin da subito i supporter si sono

definiti con il termine Echelon, che letteralmente signifi-ca “formazione di truppe” e che già fa capire quale sia l’approccio della fan base internazionale (e senza voler dimenticare il sistema di sorveglianza satellitare dallo stesso nome…). La scelta di un monicker che li contrad-distingue non vuole solo esprimere un gusto musicale, ma anche l’appartenenza a una comunità che condivide anche qualcosa di più radicato, un determinato modo di

vedere e interpretare la vita. Racconta Serena: «Italianbe-lievers è nato nel 2007 dopo il lancio in Italia del loro sin-golo The Kill. Alcune di noi hanno cominciato a seguirli ai concerti, è nata una vera e propria amicizia e abbiamo deciso di organizzarci per sostenerli, ma in realtà dopo

questo primo spunto ci siamo rese conto che c’era qualco-sa di più. Uno degli elementi più sorprendenti, soprattut-to all’inizio, era accorgersi di essere attorniate ai concerti da persone che non solo amavano la loro musica, ma la pensavano come noi su tanti altri aspetti». Jared Leto e soci esprimono questa loro visione dell’essere rockstar in senso più completo sia attraverso l’impegno in numerose cause umanitarie e ambientali (è loro il sito www.abeauti-

fullie.org che si propone di sensibilizzare le persone su tematiche di questo genere), ma pure attraverso il voler stimolare un rapporto più attivo con i fan, che sia anche un vero e proprio scambio di idee. «Spes-so le immagini dei loro video nascondo-no messaggi e significati che loro stessi ci

spingono a cercare per poi confrontarci», spiega Serena. «Certamente uno dei grandi meriti che hanno è quello di aver sfruttato solo in parte l’immagine di Jared. In questo modo, e fin da subito, non si sono presentati e non sono stati percepiti come una boy band che gioca sul ruolo del

di Francesca Vuotto

A« Uno dei grandi meriti che hanno è quello di aver

sfruttato solo in parte l’immagine di Jared, in modo che fin da subito non sono stati percepiti come una boy band

che gioca sul ruolo del frontman bello e impossibile »

30 Seconds To Mars

TO BELIEVEI WANT

I biglietti del tour dei 30 Seconds To Mars sono in vendita presso i negozi Fnac!

17/06 Milanolive

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ONSTAGE 54 GIUGNO

LIVESTYLE30 Seconds To Mars

« Abbiamo indetto due sondaggi per eleggere i temi da cui mascherarsi per i concerti italiani: a Milano ha vinto la “Super Hero/Comic Night”, mentre nella

capitale insceneremo una “Bloodball Night »

frontman bello e impossibile e questo ha determinato che il loro pubblico fosse diverso». Il fatto che essere un Echelon abbia sempre voluto dire qualcosa di differente da come è generalmente intesa la figura di fan si intuisce anche quando Serena spiega che incontrare il gruppo è un momento fondamentale e importante, ma non la meta del loro lavoro. Tutte le energie e il tempo che vengono dedicati a sostenere i 30STM è frutto della volontà di «realizzare una passione comu-ne e supportare chi si fa portatore di valori e ideali di vita che sono anche i nostri».

IL PREZZO DEL SUCCESSOPerò, come in ogni famiglia che si rispet-ti, qualcosa ultimamente è cambiato e ora tanti equilibri vanno ridefiniti perché la consacrazione al successo ha mutato il pubblico e le dinamiche in cui è coinvolto il gruppo. «È diverso il modo di essere Echelon. All’inizio parlando con gli altri prima dei concerti spesso ti accor-gevi che le persone volevano sapere qualcosa in più del-

la band, come documentarsi sui messaggi reconditi che lanciano con i video e che ci spingono a trovare anche per avere con noi un prolifico scambio di idee. Ora invece sempre più frequentemente dall’atteggiamento delle co-siddette “nuove leve” traspare che il focus dell’attenzio-ne è la persona di Jared. Per dirla con una battuta, certe situazioni cominciano a essere un po’ troppo affollate di

deliri ormonali». Il tono con cui Serena dice queste cose è tranquillo e privo di polemica, è la semplice constata-zione di un naturale ricambio generazionale che da un lato vede l’affiliazione di un pubblico sempre più giovane e dall’altro la maturazione di chi segue la band da anni, persone più vicine ai trenta e che è naturale che durante il

concerto vogliano più ascoltare la musica che non attirare l’attenzione del cantante. Il successo però ovviamente ha influito anche sulla band, che rispetto a prima ha molti più vincoli legati all’aspetto “business”. Spiega Serena che «sono sempre stati molto disponibili nei confronti dei fan, soprattutto durante i live, quando possono avere un contatto più ravvicinato con noi. Si sono sempre concessi

per qualche chiacchiera e hanno appoggia-to le nostre iniziative che li coinvolgevano durante la performance. Nel 2008, per un concerto a Edimburgo, abbiamo portato a Jared un copricapo vescovile perché noi di Italianbelievers lo prendiamo in giro di-cendo che si sente un papa. Lui l’ha messo

ed è stato allo scherzo reggendoci il gioco. Un’altra volta invece, quando hanno cantato a Milano, abbiamo portato a ogni membro del gruppo una maschera e abbiamo chie-sto che aprissero il concerto indossandola. E così hanno fatto, tenendole per un bel po’ di tempo». Ora però sta diventando sempre più difficile gestire queste dinamiche

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perché ne sono intervenute di nuove, da cui nascono esigenze ine-dite. «Sono state ideate tipologie di biglietti che danno la possibilità di incontrare il gruppo, fare foto, guardare l’esibizione da posizioni privilegiate, accedere al backstage. Cose che prima erano una nostra prerogativa e che ora vanno ad aumentare i loro impegni della serata, perché devono ovviamente dedicare del tempo anche a chi ha com-prato questi biglietti». E la band come ha re-agito a questa “inva-sione” degli spazi de-dicati storicamente ai fan club? «Certamen-te sono contenti del successo, ma secondo me stanno cercando di capire come gestire il rapporto che hanno con noi conciliandolo con le nuove circostanze. È difficile pensare a come si possano far coesistere certi loro atteg-giamenti sensibili nei nostri confronti, come per esempio il portarci le coperte in inverno quando li aspettiamo fuori dai concerti, o nei confronti del sociale, con logiche più commerciali».

UNO PER TUTTI, TUTTI PER UNOCertamente la situazione è più complicata rispetto a prima ed è ne-cessario un maggior coordinamento tra le parti. «Stiamo lavorando in questa direzione e infatti per i concerti di giugno abbiamo ideato in collaborazione con Freak Promotion un’iniziativa per cui avre-

mo bisogno dell’appoggio della loro casa discografica. All’inizio del mese partirà un contest: i fan dovranno inviare un video o delle foto che esprimano la passione per i 30STM e le loro canzoni, i miglio-ri saranno mostrati alla band e sarà decretato chi si aggiudicherà il meet’n’greet». L’azione di Italianbelievers.com non si ferma qui perché sta lavorando anche per continuare a supportare la band

con iniziative più da fan club tradizionale, che non possono più limitarsi al volantinag-gio affidato agli street team che si faceva nei primi tempi per far co-

noscere il gruppo anche in Italia. Per la tranche americana del tour i 30STM hanno deciso di concepire ogni tappa come una festa a tema a cui la gente deve partecipare travestendosi: ci saranno serate dedi-cate agli anni 80, altre in cui bisogna mascherarsi da supereroi o da sportivi. Ciò non è stato possibile per le date europee per questioni organizzative e logistiche, ma laddove non arriva la band ci pen-sano Serena e le sue amiche. «Abbiamo indetto due sondaggi per eleggere i temi da cui mascherarsi per i concerti italiani: a Milano ha vinto la “Super Hero/Comic Night”, quindi saremo tutti vestiti da supereroi e da personaggi dei fumetti”, mentre nella capitale insce-neremo una “Bloodball Night”, che prevede lo sporcarsi di sangue finto per richiamare il video di The Kill».

« Uno degli elementi più sorprendenti, soprattutto all’inizio, era accorgersi di essere attorniate ai concerti

da persone che non solo amavano la loro musica, ma la pensavano come noi su tanti altri aspetti »

La sottile linea rossa, 1998 Tratto dall’omo-nimo romanzo di James Jones, narra le vicende di una compagnia di soldati statuni-

tensi durante la Seconda Guerra Mondiale. Il titolo non si riferisce all’omonimo episodio della guerra di Crimea, ma al verso di Kipling: «Tra la lucidità e la follia c’è solo una sottile linea rossa».

Fight Club, 1999 Il cult movie è stato citato in molti altri film: in una scena di Bastardi senza gloria, il perso-

naggio interpretato da Brad Pitt dice: «Combattere in uno scantinato presenta numerosi inconvenienti, primo fra i quali il combattere in uno scantinato!». American Psycho, 2000

Tra il film e il romanzo ci sono diverse differen-ze: gli episodi più cruenti e macabri non vengono

raccontati nel film e alcuni nomi sono stati cambiati: Tim Price è stato cambiato in Tim Bryce e il personaggio di Leto, Paul Owen è diventato Paul Allen.

Requiem For A Dream, 2000 Darren Aronofsky chiese a Jared Leto e Marlon Wayans di non avere rapporti sessuali e non

assumere zucchero per trenta giorni prima delle riprese, per poter così meglio comprendere cosa può comportare l’astinenza dall’eroina.

Chapter 27, 2008 Jared veste i panni di Mark Chapman, che ucciderà John Lennon davanti al Dakota Building,

la sera dell’8/12/80 a New York. Il titolo riprende il capitolo numero 27 del libro da cui era ossessionato Mark Chapman, Il giovane Holden di J. D. Salinger, che, però, di capitoli ne ha 26.

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Jared al cinemaI nostri cinque film preferiti interpretati da Leto.

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ROCK’N’FASHION

Back in blackI problemi personali della talentuosa cantante sono all’ordine del giorno, ma facendo gli scongiuri, pare che stia per fare il proprio comeback sulle scene

musicali, da cui manca ormai da parecchi anni. Signore e signori, Amy Winehouse!

Amy Winehouse

a cura di Marianna Maino

ONSTAGE 58 GIUGNO

LEVI’S Footwear & Accessories: sandalo open toe in suede, tacco alto e piccole borchie

che profilano la tomaia, € 75,00

Philipp Plein: nera in pelle scamosciata con teschio tempestato

di Crystallized - Swarovski Elements, € 1345

Al e Ro: l’occhiale Al e Ro è realizzato interamente con un materiale elasticamente deformabile, costo con all’interno 2 lenti intercambiabili € 65

Quiksilver: Gipsy Tour True Blue short in denim con risvolti, dall’effetto used, € 65,00

Vichy: Fondotinta “Doppia Purezza” un colore più puro, una pelle più in salute texture fluida ideale per pelli normali e miste, € 22

Annarita N: top in pizzo e seta, € 142

Page 31: Onstage Magazine giugno 2011

ROCK’N’FASHION

Sta per fare il suo atteso ritorno in Italia con la band di cui è chitarrista e cantante, i 30 Seconds To Mars, per la gioia delle sue innumerevoli fans, conquistate sia con la musica che con la sua carriera cinematografica.

Jared Leto

a cura di Marianna Maino

ONSTAGE 60 GIUGNO

Rayban: Aviator realizzato in metallo nero con abbinate lenti

verdi sfumate, € 184

Diesel: Eau de Toilette 50 ml spray € 45,50, Eau de

Toilette 75 ml spray, € 54,50

Lacoste Live: Polo in piqué di cotone slim fit con profili al collo e bordo maniche in contrasto. Il coccodrillo al petto misura 3 cm., € 93,50

Levi’s Jeans: 519 New Skinny fit Red Tab Men’s Collection a partire da € 90.

Timberland: Stringata in suede premium look

anticato rifinita a mano. Fodera e soletta interna in

pelle. Tecnologia AntiFatigue, suola in gomma

GripStick, € 140

Gibson: chitarra elettrica con corpo, manico e tastiera

in acero, due pickup ‘57 Classic scoperti, € 995

Space man

Page 32: Onstage Magazine giugno 2011

All’inizio del 2006 gli Arctic Monkeys sconvol-gono il music business pubblicando un disco d’esordio capace di vendere 1 milione di copie

in 8 giorni (di cui oltre 360.000 nel solo Regno Unito, il risultato migliore nella storia della discografia Uk). Whatever Pe-ople Say I Am, That’s What I’m Not diventa un caso perché, si dice, ha conquistato il pubblico grazie alla Rete prima ancora di essere inciso su supporto fisico. Una rivoluzione, Internet che diventa strumento di autopromozione, le etichette ta-gliate fuori, eccetera. Una verità mezza falsa.

È innegabile che i Monkeys abbiano sfruttato le poten-zialità del web per farsi conoscere e che il web gli abbia permesso di partire senza il peso di imposizioni discogra-fiche – e siamo tutti contenti che sia successo – ma è altret-tanto vero il giovane pubblico inglese se lo sono conqui-stato suonando tantissimo e regalando i propri demo alla fine dei concerti (chiamasi gavetta). Ed è vero soprattutto che la Rete sarebbe stata inutile se quel disco non avesse

raccolto eccellenti canzoni, se la band che le ha composte non fosse ricca di talento e non vestisse la propria musica con tessuti preziosi in mezzo ai molti stracci del rock bri-

tannico degli anni Zero. Insomma, Internet è stato sicura-mente importante ma i ragazzi di Sheffield hanno giocato una partita squisitamente artistica. E hanno vinto.

Dopo un secondo disco buono ma non eccellente (Fa-vourite Worst Nightmare, 2007), è con Humbug, del 2009, che gli Arctic Monkeys hanno ripreso a stupire. Suck It And See It è la naturale evoluzione di quel percorso e la definitiva conferma delle Scimmiette. Sono poco più che ventenni - Alex Turner è del 1986 - ma incidono dischi come vecchi lupi di mare alle prese con l’Oceano. Sem-bra che lo facciano da decenni. Del post-punk degli esordi

non c’è più traccia, sostituito nel tempo da un rock parec-chio psichedelico, vedi brani come She’s Thunderstorm, che apre il nuovo lavoro, e Don’t Sit Down ‘Cause I’ve Moved

Your Chair (il primo singolo, nonostante fosse già fuori il video di Brick By Brick). Rispetto a Humbug, la musica è meno cupa, parte dei brani suonano più imme-diati (come le bellissime Black Treacle, The Hellcat Spangled Shalalala e Love Is A La-

serquest) e se vogliamo, con una definizione volgarissima, maggiormente pop. Oltretutto la voce di Turner, che pure è meglio come autore che come cantante, è sempre più sicura e affascinante.

Suck It And See It lascia soprattutto tre sensazioni. In primis, gli Arctic Monkeys continuano a migliorare, è una continua e costante evoluzione. In più lo fanno somiglian-do solo a se stessi - il giochino degli accostamenti qui non funziona proprio - casomai sono gli altri che assomigliano a loro. E poi le canzoni sono quasi tutte bellissime. Davve-ro non riesco a pensare a una formula più vincente.

Musica, cinema, videogames, libri

WHAT’SNEW

Le scimmie danno ragione a DarwinScriveva Charles Darwin nel 1859: “Gruppi di organismi di una stessa specie si evolvono gradualmente nel tempo attraverso il processo di selezione naturale”. Non immaginava che, 150 anni dopo, una rock band - che manco a farlo apposta prende il nome dall’animale simbolo dell’evoluzione delle specie – avrebbe fatto da testimonial alla sua teoria.

di Daniele Salomone

Con l’estate alle porte

spazio a nomi hot: Lady GaGa con il nuovo Born This Way, Casino Royale, Eddie Vedder, Moby e il progetto solista di Miles Kane dei Rascals.

Cinque pellico-le da non per-

dere: il documentario sui Doors, Cars 2, la commedia Four Lions, London Boulevard e Zack & Miri - Amore a primo sesso.

Appassionati di videogames

qui c’è pane per i vostri denti con tre titoli di tutto rispetto: Brink, L.A. Noire e No More Heroes: Heroes Paradise.

I bei libri non mancano

mai da queste parti, specie se sono scritti da scrittori di razza come Enrico Brizzi, Arne Dahl e Giovan-ni Rossi.

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Suck It And See It è la naturale evoluzione di Humbug e la definitiva conferma delle Scimmiette. Sono poco

più che ventenni ma incidono dischi come vecchi lupi di mare alle prese con l’Oceano.

ONSTAGE 63 GIUGNO

Arctic Monkeys Suck It And See (Domino) H H H H H

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WHAT’S NEW

MobyDestroyed (Mute)

H H di Claudio Morsenchio

Ai tempi della scuola, la frase “suo figlio ha potenzialità, ma non si applica” era un tor-mentone rivolto ai genitori di alcuni alunni

che dimostravano poco interesse nello studio, ma che con un po’ di costanza e impegno, avrebbero potuto raggiungere ben presto soddisfazioni e pagelle luccicanti. Moby è un musicista, polistru-mentista, attivista politico e sociale che ha dimostrato anni fa di avere idee e creatività da vendere, raggiungendo anche successi planetari ai tempi di Play (1999). Da quel momento la sua verve musicale è sembrata lievemente affievolirsi: disco dopo disco tut-to è rimasto uguale, senza sussulti, senza reazioni al mondo che cambia, di una normalità quasi disarmante. Questo nuovo lavoro è forse l’apice dell’inutilità della musica dell’artista americano, ferma e legata ai soliti loop elettronici e a una sezione ritmica sco-lastica. Un vero peccato perché il carisma del personaggio merite-rebbe scenari molto più interessanti. Chissà quale potrebbe esse-re, su questo tema, l’opinione della sua professoressa del liceo.

Eddie VedderUkulele Songs (Island/Universal)

H H H Hdi Marcello Marabotti

Into The Wild è stato un capolavoro. As-soluto. Ora, Eddie Vedder rilancia con un album scritto e suonato solo con l’ukulele.

È un progetto legato a doppio filo con il precedente, perché ri-mane intatta la dimensione intima caratterizzata dal rapporto stretto con la natura. Se nella soundtrack del film, la montagna e la neve erano lo sfondo della chitarra acustica di Eddie, qui è il mare il naturale delta del disco. Sedici tracce per poco più di trentacinque minuti di musica, fatti di pezzi originali, alcuni già editi (Can’t Keep, Goodbye), alcune cover (Dream A Little Dream, celebre nell’interpretazione di Luis Armstrong e Ella Fitzgerald, Sleepless Nights degli Everly Brothers) e duetti (Glen Hansard, Cat Power). Per il primo,‘vero’, disco solista di Vedder, l’impresa non è facile, perché orchestrare un intero album solo con l’ukule-le è impresa ardua, e alla lunga potrebbe rivelarsi azzardata, ma, ancora una volta Eddie ha confermato di essere un Musicista. Oltre che una rockstar, ovviamente.

Casino RoyaleIo e la mia ombra (Universal)

H H H Hdi Stefano Gilardino

Lo aspettavamo da un bel pezzo il nuovo album dei Casino Royale, specialmente dopo aver consumato di ascolti Royale Ro-

ckers, ottima divagazione in chiave reggae di vecchio materiale di Alioscia e compagni. Un buon punto di partenza potrebbe proprio essere il battito in levare tanto caro ai milanesi che funge da ispirazione per una parte di Io e la mia ombra, a cominciare proprio dal pezzo omonimo, uno degli episodi più convincenti. Non pensate che sia così semplice però, coi Casino non lo è mai, e quindi sotto coi soliti beat elettronici su cui si innesta la voce di Alioscia (Senza il tempo, Il fiato per raggiungerti, Io vs. te), alternati a scampoli di passato come Ogni uomo una radio (Turn it on!), a ballate splendide che mostrano lati inediti della band, quasi clashiani (Cade al posto giusto). Il mood di Io e la mia ombra è in gran parte soffuso e riflessivo - vedi anche Vivi, Città di niente e Il rumore della luce - ma denota comunque un tentativo interes-sante di progredire ancora, nonostante una carriera lunghissima alle spalle.

Miles KaneColour Of The Trap (Columbia/Sony)

H H H di Guido Amari

L’avventura assieme all’amico Alex Tur-ner negli scintillanti Last Shadow Puppets deve aver convinto definitivamente Miles

Kane: la via da seguire, anche per il suo primo album solista, nell’ennesima pausa dalla sua band principale, i Rascals, è quel-la di un sound retrò ma perfettamente calato in questi anni Due-mila. E se buona parte dei brani di questo Colour Of The Trap sembrano uscire dall’archivio di Joe Meek oppure arrangiati da Morricone nei favolosi anni 60, la bravura del giovane musici-sta sta nel riuscire a rendere attuale un suono che, nelle mani sbagliate, sarebbe solo calligrafico. Non solo pop (Rearrange, Come Closer) nella formula di Kane, ma anche sferzate psiche-deliche come Better Left Invisible, pezzi che farebbero un figu-rone nel repertorio degli Stereolab più sbarazzini (Quicksand) e ballate da gustare con la giusta compagnia e un cocktail fresco al punto giusto (Take The Night From Me). Anzi, ora che ci penso…

Hot List

Dieci brani della playlist diMARINA MINETTI

Ogni sabato (dalle 16.00) e dome-nica (dalle 14.00) Marina insieme a Sarah Jane, Andrea, Frank e Laura ci accompagna con Weejay alla sco-perta di come passano il weekend gli ascoltatori di Radio Deejay.

Costruire Niccolò Fabi Novo Mesto (2006, Virgin) Romeo Basement Jaxx Rooty (2001, XL) Nightswimming R.E.M. Automatic For The People (1992, Warner Bros. Records) L’amore verrà Nina Zilli Sempre lontano (2010, Universal Music) On My Balcony Flunk Morning Star (2004, Kriztal Recordings) Still A Friend Of Mine Incognito Positivity (1993, Universal Music) Mrs. Potters Lullaby Counting Crows This Desert Life (1999, Universal Music) Tammurriata nera Peppe Barra Peppe e Concetta Barra N. 1 (1988, Kikko Records) Kind And Generous Natalie Merchant Ophelia (1998, Rhino/Elektra) I Won’t Dance Ella Fitzgerald & Louis Armstrong Ella And Louis Again (1957, Verve)

Musica

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ONSTAGE 65 GIUGNO

WHAT’S NEW

Daniele Luppi & Danger MouseRome (EMI)

H H H Hdi Claudio Morsenchio

È chiaro che, tra la miriade di proposte che ci vengono pro-pinate da media incalzanti e

festival più o meno invitanti, possa sfuggire ai meno attenti un disco come questo. Daniele Luppi è un eccellente compositore italiano che oscilla fra pop, jazz ed è autore di colonne sonore che, come spesso accade all’italiano esterofilo, sono poco conosciute dall’ascoltatore medio. Danger Mouse è un afferma-to musicista e produttore, appassionato di film e di collaborazioni senza confine. L’unione di questi sen-sibili autori genera un prodotto di classe conturbante e affascinante, fra il Morricone più contemporaneo e il suono del mondo più attuale: acustico, sussurrato, fresco e retrò allo stesso tempo. Arricchiscono con ef-ficacia la formula Jack White e Norah Jones alle voci.

Lady GaGaBorn This Way (Universal)

H H di Daniele Cassandro

The Fame Monster, il primo al-bum di Lady GaGa, è piombato come il Giorno del Giudizio. Gli

abiti di braciole, gli occhiali di sigarette, le parrucche mirabolanti e un suono tanto terribile quanto accessi-bile hanno ridefinito la popstar non più come oggetto del desiderio ma come idrovora culturale capace di inglobare bulimicamente tutto, dall’horror giapponese alla haute couture, dall’arte contemporanea al cosplay. Le star della vecchia guardia sono state tutte risucchia-te come da un buco nero. Born This Way ha l’ingrato compito di costruire qualcosa di duraturo (e riconosci-bile) sulle macerie che The Fame Monster si è lasciato dietro. Lady GaGa è la prima ad aver capito che il suc-cesso del suo debutto ha ridefinito le regole del gioco. E che rischia di togliere l’ossigeno anche a lei. Le nuo-

ve canzoni sono un delirio di ambizione e di manie di grandezza: ogni pezzo dell’album è una sorta di inno a qualcosa. E non importa che si parli di orgoglio gay, di globalizzazione o di immigrazione clandestina: ogni singola canzone ha come sottotesto la fame di Lady GaGa. E il suo terrore di perdere tutto. Il vero spettaco-lo di questo disco non è tanto il furbetto mix caciarone di dance pop e industrial rock o le sue citazioni ai limiti del plagio (Madonna, Cher e Pat Benatar), il vero spet-tacolo è l’urgenza con cui Lady GaGa reclama il suo spazio nel vuoto culturale che lei stessa ha contribuito a creare. In Born This Way Lady GaGa è un ibrido mu-tante tra Madonna e Marilyn Manson e la sua musica, più che mai fragorosa e pensata per uccidere, rischia di sembrare il suono di un mostro che mangia se stesso dopo aver divorato qualunque altra cosa.

Michael Franti & SpearheadThe Sound Of Sunshine (Capitol/EMI)

H H H di Marcello Marabotti

Michael Franti è un personag-gio che vorresti incontrare nel-le giornate di pioggia. Dread,

chitarra e sorriso stampato. Fin da quando esordiva nella scena punk hardcore di San Francisco. Ora è più vicino a Jack Johnson, e non poteva che portare alle stampe un disco solare, vivo, estivo. C’è tutto in questo suo nuovo progetto: il reggae, un po’ di rock, un po’ di folk, echi dance, una metrica rap hip hop e molta dance hall per un sound che fa presa al primo ascolto, con un’attenzione costante alla società e alla politica. Con i suoi fidati Spearhead sembra di veder passeggiare Michael sulla spiaggia giamaicana al rit-mo del Sound Of Sunshine: dalla title track a Shake It, da Love Don’t Wait a Gloria, Franti segue il corso del sole, chiudendo il disco con The Sound Of Sunshine Going Down. Il sole cala, ma la festa continua.

My Morning Jacket Circuital (V2)

H H H di Claudio Morsenchio

Ci sono band che già dal nome ispirano fiducia e simpatia e i My Morning Jacket sono una di queste. Ormai non più solo

una promessa del nuovo rock americano, ma una realtà con cui molti musicisti attuali si trovano a dover fare i conti, la band ritorna con semplicità alle origini, dove tutto è iniziato. Dopo lo spiazzante Evil Urges del 2008, il gruppo del carismatico Jim James decide di facilitarsi la vita, sfornando un lavoro denso di sentimenti e buone intenzioni, che elimina il superfluo, de-dicandosi a solo ciò che serve con grande sincerità. Dalla spen-sieratezza della title track, fino al romanticismo appassionato della ballata Wonderful, tutto riesce bene senza troppa fatica. A volte risultano eccessivi i momenti pop a scapito di qualche ruvidità indie, ma nell’insieme si nota una buona personalità che consente un ascolto coinvolgente e disteso.

Urge OverkillRock N Roll Submarine (Urge Overkill)

H H H di Stefano Gilardino

Dispiace dover tirare in ballo la solita ritrita frase di Andy Warhol, quella dei 15 minuti di notorietà, ma per gli Urge

Overkill non si potrebbe usare nulla di meglio. I fan obiette-ranno, tirando in ballo una buona serie di dischi - Jesus Urge Superstar, per esempio -, ma è innegabile che il loro attimo di fama sia arrivato con la cover di Girl, You’ll Be A Woman Soon, inserita da Tarantino nella colonna sonora del suo Pulp Fiction e diventata una hit da classifica. I due dischi successivi, Satu-ration e Exit The Dragon erano anche dannatamente buoni, ma per gli UO il tempo si è fermato al 1994. Quantomeno fino a oggi, con i tre impegnati nella promozione di un nuovo eccel-lente capitolo che contiene 12 tracce del loro solito rock scop-piettante, fatto di svisate hard e richiami grunge. Bentornati.

VaccaPelleossa (Universal/Chinaski)

H H H di Guido Amari

Una trasferta in Giamaica per registrare il nuovo album si è trasformata per Vac-ca, rapper italiano, nell’occasione della

vita: dopo essersi accasato e dopo la nascita di una figlia, i pochi mesi ai Caraibi sono diventati anni e il disco inedito si è tramutato in un progetto molto più complicato. Complice l’amico e scrittore F.T. Sandman e la casa editrice Chinaski, Vacca ha pensato bene di raccogliere le sue memorie in un libro snello e agile che racconta infanzia e adolescenza, fino ai primi passi nella musica, accoppiandole a un lavoro denso di inediti che spaziano tra hip hop, dance hall e molto altro. Dal ghetto milanese a quello di Kingston il passo è breve e gli undici pezzi di Pelleossa mettono in mostra una maturità interessante, come nel caso di We Gonna Mek It, Patata Bollente e la title track.

Musica

ONSTAGE 64 GIUGNO

Page 34: Onstage Magazine giugno 2011

When you’re strange Usa, 2009, 86 min.

di Tom Dicillo - Documentario

Attraverso materiali di repor-torio inediti viene ricostruita la storia dei Doors e documentata l’influenza fondamentale che la loro breve parabola artisti-ca ha avuto sul rock moderno, dal 1965 al 1971. Particolare at-tenzione è posta sulla proficua chimica creativa che si instau-rava tra i quattro membri della band: Jim Morrison, Ray Man-zarek, Robby Krieger e John

Densmore. Diretto da Tom Di-cillo (Johnny Suede), e racconta-to da Johnny Depp. Perché vederlo?Chiunque creda che il rock sia una questione di passione e di istinto, non può perdersi que-sto preziosissimo documenta-rio, che è anche stato l’evento principale del Festival dei Po-poli 2010.

Saetta McQueen e il carro attrezzi Cric-chetto, indimenticati protagonisti della prima parte della saga, partono alla volta del primo Gran Premio Mondiale che proclamerà l’auto più veloce del pianeta. Ma la strada sarà piena di osta-coli: Cricchetto si troverà coinvolto un giro di spionaggio internazionale che lo porterà segretamente in giro per il mondo a impegnarsi in rocamboleschi inseguimenti, assieme ai suoi amici. Perché vederlo?John Lasseter, già regista del primo ca-pitolo, torna a mettere la firma su un film Pixar, ed incredibilmente è suffi-ciente a garantire quel divertimento intelligente che è diventato modello incontrastato nel mondo per il cine-ma, non solo d’animazione, capace di intrattenere, stupire, far sorridere e di-vertire.

Dopo un fallito addestramento in un campo pakistano, Omar - esaltato jiha-dista piuttosto disconnesso dalla realtà - decide di organizzare un attentato au-tonomamente. Recluta quattro “aspi-ranti terroristi” che però si riveleranno degli autentici imbecilli, diventando un pericolo non solo per loro stessi, ma l’intera zona di guerra. Perché vederlo?Una commedia brillante e politica-mente scorretta che ha fatto sobbalzare il pubblico conservatore inglese, come nel 2007 fu per Funeral Party di Frank Oz. Incapace di vederne il messaggio originalmente positivo, la pellicola, di-retta dal comico Morris al primo film, era stata rifiutata sia dalla BBC che da Channel 4, essendo stata ritenuta con-troversa.

Mitchell esce dal carcere dopo tre anni con l’intenzione di rifarsi una vita. Il suo vecchio amico Billy - un gangster di basso livello - cerca di coinvolgerlo per alcuni lavoretti. Intanto Mitchell conosce Charlotte, una star del cinema in fuga dai paparazzi. Innamorato del-la sua fragilità, l’uomo decide di diven-tarne il protettore, ma dovrà difenderla persino dai presunti amici. Perché vederlo?Dallo sceneggiatore William Monahan, premio Oscar per The Departed di Scor-sese, un bel noir metropolitano su un grande classico del cinema: l’amore che cambia la vita delle persone. Tra Farrell e la Knightley, che ritorna all’amore romantico di Seta e Espiazione, c’è una bella alchimia.

Zack e Miri sono due amici di vec-chia data. Condividono l’apparta-mento, ma sono in bolletta, e devo-no trovare un modo per evitare che gli taglino persino la luce e l’acqua. Decidono allora di girare un pormo amatoriale, con l’aiuto di alcuni ami-ci. Mentre preparano le riprese, il loro rapporto cambia in modo indelebile. Perché vederlo?In ritardo di tre anni arriva anche in Ita-lia la pruriginosa commedia di Kevin Smith (Clerks), il cui titolo inganna: la commedia è esplicita solo nei dialoghi. I due protagonisti, Seth Rigen e Eliza-beth Banks erano stati già protagnositi de 40 anni vergine. Ultima curiosità: il ruolo femminile era stato scritto per Rosario Dawson.

Cars 2Usa, 2011 Cast: voci di Owen Wilson, Michael Caine, Franco Nero di John Lasseter e Brad Lewis

critica H H H Hpubblico H H H HH

Four LionsGran Bretagna, 2010, 97 min. Cast: Kayvan Novak, Nigel Lindsay, Riz Ahmed, Adeel Akhtar di Chris Morris

critica H H H Hpubblico H H H

London BoulevardUsa/Gran Bretagna, 2010, 103 min. Cast: Colin Farrell, Keira Knightley, Anna Friel, David Thewlis, Ray Winstone di William Monahan

critica H H H pubblico H H H

Zack & Miri - Amore a primo sessoUsa, 2008, 101 min. Cast: Seth Rogen, Elizabeth Banks, Brandon Routh, Justin Long di Kevin Smith

critica H H H pubblico H H H

WHAT’S NEWCinema

a cura di

www.nicklive.it

ONSTAGE 66 GIUGNO

Page 35: Onstage Magazine giugno 2011

WHAT’S NEWVideogames

Brink (Splash Damage)

Disponibile per: X-Box 360/Ps3 Genere: FpsH H H

Proporre qualcosa di innovati-vo significa rischiare, per for-za di cose. E quando va bene si passa per geni, quando va meno bene il complimento

migliore che si può ricevere è “essere troppo all’avan-guardia”, definizione che spesso nasconde una parziale o totale delusione. Specifichiamolo subito: Brink è un gio-co che in moltissimi aspetti osa. Alternativo fin dai tratti fumettosi dei personaggi, l’ultima creatura firmata Splash Damage sceglie di non approfondire la pur intrigante tra-ma, concentrandosi pressoché unicamente sullo scontro sul campo tra due fazioni che combattono per il destino

della città di Ark. Non esiste una vera e propria campa-gna single-player, visto che i livelli si configurano come missioni separate senza un reale sviluppo narrativo. Man-ca anche un personaggio principale con il quale potersi relazionare in maniera profonda: sebbene le possibilità di modificare il nostro alter-ego siano talmente variegate da fare venire il mal di testa, non saremo altro che una pedina della squadra, niente di più. Sono scelte estremi-ste, votate a rendere fruibile ai massimi livelli l’esperienza online, che è il vero cardine del gioco. Il sistema di classi (soldato, medico, tecnico e agente) riveste un’importanza fondamentale: dato che ogni specializzazione possiede delle peculiarità esclusive la buona riuscita della missio-

ne dipende molto dall’equilibrio nella composizione della squadra. Inutile dire che la complessità aumenta quando i sudati punti esperienza vengono investiti nello sblocco di svariate abilità secondarie, anch’esse legate alla classe del personaggio. Detto della variabile strategica, è bene ricordare che stiamo parlando di uno sparatutto in pri-ma persona; l’azione è arcade e lineare, ma va menzionata l’implementazione del sistema S.M.A.R.T. (Smooth Move-ment Across Random Terrain), che permette di eseguire acrobazie alla Mirror’s Edge mentre si è impegnati ad evi-tare proiettili e granate. In definitiva Brink non è un gioco per tutti, e se lo provi finisci per odiarlo o per amarlo: ma se lo ami poi staccarsi dal monitor diventa un problema.

Enrico BrizziGli psicoatleti (Baldini Castoldi Dalai)

Di lui abbiamo parlato giusto qualche mese fa, ma quando Brizzi pubblica un libro nuovo vale la pena segnalar-

lo. A maggior ragione se si tratta di Gli psicoatleti, terza parte della trilogia legata ai viaggi a piedi compiuti dall’autore in compagnia di fidati amici. Da nord a sud, l’Italia viene misurata dai passi degli psicoatleti e raccontata con la consueta abilità dallo scrittore bolo-gnese. Un modo perfetto per celebrare i 150 dell’unità d’Italia, come nelle intenzioni di Berizzi e compagni...

Arne DahlFalso bersaglio (Marsilio) Ormai non passa mese senza che qualche nuovo (ma non solo) autore scandinavo venga paragonato allo scomparso Stieg Larsson, autore della

trilogia di culto Millennium che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo. Marsilio, casa editrice italiana proprio di Larsson, ha avuto il pregio di credere nel noir nordeuropeo prima di altri editori e di continuare a pubblicare autori molto interessanti proprio come Arne Dahl, in uscita con Falso bersaglio, giallo ambien-tato a Stoccolma e dalla trama molto intrigante.

Giovanni RossiIndustrial (r)Evolution (Tsunami) Quasi in contemporanea con la ri-pubblicazione, sempre a tema musica industriale, dell’ottimo libro di Re/Search (in Italia esce per Shake), ecco

qui il primo libro interamente italiano sull’argomento. Quasi 500 pagine che ripercorrono la storia e l’evolu-zione di un movimento non solo musicale (anzi…) che parte dai leggendari Throbbing Gristle a metà anni 70 e si snoda fino ai giorni nostri in decine di declina-zioni diverse - non sempre condivisibili, magari, ma è un’opinione personale. Un’opera da leggere e avere.

Promesse mantenute: tutte le parole che sono state scritte in que-sti mesi sull’ultima produzione Rockstar Games (Grand Theft Auto, Max Payne, Red Dead Redemption) si concretizzano in quello che può essere a tutti gli effetti definito un capolavoro. Mischiando una trama coinvolgente, personaggi credibili al limite del reale, un ga-meplay che alterna fasi investigative (interrogatori, sopralluoghi e ricerche) a sequenze d’azione e una splendida ricostruzione grafica della Los Angeles di fine anni quaranta, L.A. Noire si configura come

l’ultima frontiera delle avventure grafiche. Nel gioco percorreremo l’intera carriera del detective Cole Phelps, chiamato a risolvere casi che nel tempo lo vedranno partire dal semplice pattugliamento, per poi avere a che fare con la squadra omicidi, i settori traf-fico e incendi dolosi fino al gradino più impegnativo, la sezione narcotici. Tutto assolu-tamente perfetto insomma. E poi diciamocelo: analizzare le espressioni facciali e il tono della voce di un testimone o di un indagato per trovare degli indizi è una vera figata.

Per quanto la definizione di “Hardcore Gamer” sia qualcosa di vago e poliedrico, una cosa è certa: la stragrande maggioranza di chi appartiene a questa categoria ha poco da spartire con il cata-logo di una console come la Wii, dal pubblico “casual”. Natura-le dunque che un titolo come No More Heroes non abbia riscos-so grande successo all’epoca della sua uscita (3 anni fa); ma con questa rimasterizzazione in HD per PS3 finalmente il gioco ha un motivo di esistere, trovandosi ora in un habitat molto più consono

alla sua natura. Nei panni di Travis - nerd ossessionato da videogiochi, manga e wre-stling - vagheremo per la città immaginaria di Santa Destroy cercando di racimolare soldi attraverso lavori part-time e assassini su commissione per potere pagare il bi-glietto d’ingresso a una gara istituita dalla United Assassin Association e soddisfare la nostra ultima perversione: scalare la top ten degli assassini e raggiungere la vetta facendoli fuori uno a uno. In poche parole splatter, nero e politicamente scorretto.

L.A. Noire (Rockstar Games /Team Bondi)

Disponibile per: Xbox360/PS3 Genere: Action

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No More Heroes: Heroes Paradise (Grasshopper Manufacture) Disponibile per: PS3 Genere: Action

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Libri A cura di Stefano Gilardino

Blueglue consiglia: Gatling Gears (PS Network – Xbox Live - Marketplace) ...ha voglia di un piacevole e rilassante sparatutto in prospettiva isometrica.

Cabela Dangerous Hunts 2011 (PS3 - Xbox Live - Wii) ...intende andare a caccia di belve assetate di sangue con tanto di spassosa periferica-fucile.Steel Diver (3DS) ...si sente in grado di pilotare un sottomarino in 3 dimensioni.

Titolo/Store Consigliato a chi...

ONSTAGE 68 GIUGNO

ARGENTINA. TUTTO, E SUBITO.Cisky e Virginia sono i due vincitori del casting Argentina on the Road. Hanno vissuto un sogno lungo 3.500 chilometri.Dall’anima straripante di Buenos Aires, fino a toccare la fine del mondo nella Terra del Fuoco, dall’immensità del PeritoMoreno e dal silenzio dei paesaggi unici della Patagonia, fino a tuffarsi in uno dei quadri più belli del mondo, Córdoba.Guarda tutte le foto del viaggio su www.iogiro.com/argentinaontheroad

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Page 36: Onstage Magazine giugno 2011

COMINGSOONluglio

Neapolis FestivalQuindicesima edizione. Il Neapolis Festival arri-

va al grande anniversario e per festeggiare ha chiamato un cast d’eccezione. Negli anni, la

rassegna ha ospitato artisti come David Bowie, The Cure, Patti Smith, Kraftwerk, Vasco Rossi, Iggy Pop & The Sto-oges, Lenny Kravitz, Robert Plant, Ben Harper e Peter Ga-briel. Per citarne alcuni. Quest’anno, due giorni di grande rock: sabato 9 luglio sul palco saliranno gli Skunk Anan-sie, forti dell’amore che gli riserva sempre il Belpaese, i Marlene Kuntz con il loro ultimo lavoro Ricoveri virtuali

e sexy solitudini, i Mogwai, riferimento della scena post-rock tornati con l’album Hardcore Will Never Die, But You Will, gli Architecture In Helsinki e il loro pop di Moment Bends, definito da loro stessi “tutto incentrato sulla nostra vera ossessione per la musica pop, per un disco con cui lasciarsi andare e perdersi un poco”. Ma non solo, perché ci saranno anche quei Battles che tanto clamore stanno su-scitando nella critica e domenica 10 luglio gli Underworld (chi non si ricorda Born Slippy?), gli Hercules And Love Affair, acclamati dopo l’exploit di febbraio e i Crocodiles.

In chiusura di ogni data, ci sarà il contest Destinazione Neapolis, dedicato alle band emergenti. La quindicesima edizione sarà anticipata il 10 giugno con una giornata di musica alla Acciaieria Sonora, per una line-up che con-ferma l’attenzione del Neapolis per la realtà del circuito campano: 24 Grana, Dj Rolando, Le Strisce, Playmobil From Chernobyl, Sabba & Gli Incensurabili, Diego Lean-za, GI Napoletano. Una giornata e un festival che confer-mano quello che si dice. Da molti, infatti, è descritto come il più grande festival del Sud Italia. Noi compresi.

09,10/07 Napolilive

» AFTERHOURS02/07 Napoli03/07 Bari06/07 Roma 09/07 Milano21/07 Recanati (MC)22/07 Schio (VI)

» AMY WINEHOUSE16/07 Lucca

» ARCADE FIRE09/07 Lucca

» BEN HARPER19/07 Roma20/07 Milano

29/07 Tarvisio (UD)30/07 Verona

» BON JOVI17/07 Udine

» CESARE CREMONINI08/07 Piazzola sul B. (PD)10/07 Monza (MB)13/07 Tortona (AL)16/07 Cagliari18/07 Mantova20/07 Brescia22/07 S. Stefano di Magra (SP)

» GOGOL BORDELLO06/07 Rimini

07/07 Segrate (MI)08/07 Bari09/07 Villafranca (VR)

» JAMES BLUNT21/07 Lucca23/07 Mantova

» JAMIROQUAI21/07 Piazzola sul Brenta (PD)22/07 Roma24/07 Lucca

» SUBSONICA05/07 Parma07/07 Bergamo08/07 Padova

09/07 Cattolica (RN)14/07 Quartu S. Elena (CA)21/07 Ferrara22/07 Napoli

» JOVANOTTI02/07 Piazzola sul Brenta05/07 Bergamo8-9/07 Roma11/07 Pescara14/07 Sarzana (SP)16/07 Cava de’ Tirreni (SA)

» RICKY MARTIN02/07 Roma03/07 Cattolica (RN)04/07 Verona

» KORN01/07 Torino

» LIGABUE16/07 Campovolo (RE)

» MOBY22/07 Milano24/07 Roma

» TAKE THAT12/07 Milano

» THE BIG FOUR (Metallica, Megadeth, Slayer e Anthrax)06/07 Milano

» THE STROKES12/07 Milano

» NICCOLò FABI05/07 Roma08/07 S.Agata Bolognese (BO)15/07 Sirolo (AN)

» VASCO ROSSI1-2/07 Roma

» ZUCCHERO05/07 Aosta07/07 Codroipo (UD)08/07 Lucca19/07 Taormina (ME)21/07 Palermo

Gli Skunk Anansie, guidati dall’affascinante Skin, saranno tra i protagonisti della quindicesima edizione del Neapolis Festival.

ONSTAGE 70 GIUGNO

I biglietti del Neapolis Festival sono in vendita presso i negozi Fnac!

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