Onstage Magazine giugno 2010

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n°31 giugno '10 speciale HEINEKEN JAMMIN' FESTIVAL n°31 giugno '10

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Onstage Magazine n. 31 giugno 2010

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n°31 giugno '10

specialeHEINEKEN JAMMIN' FESTIVAL

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Tutti i locali di Milano e Roma dove trovi Onstage Magazine

MILANO

editoriale / giugno

ROMA

Direttore ResponsabileEmanuele Vescovo

Direttore EditorialeDaniele [email protected]

Art Director & GraficaFederico [email protected]

Progetto graficoInedit srlvia Pietrasanta, 12 20143 [email protected]

Photo editorTommaso [email protected]

Hanno collaborato a questo numero:Blueglue, Susanna La Polla, Franco Leletti, Massimo Longoni, Emanuele Mancini, Claudio Morsenchio, Gianni Olfeni, Marco Rigamonti, Giorgio Rossini

PubblicitàAreaconcerti srlvia Carlo De Angeli, 320141 Milanotel. 02.533558Luca [email protected] [email protected] Casieri [email protected] [email protected]

Pubblicità Triveneto, Mantova, Emilia RomagnaEver Est s.n.c.via Roma 5/A - 35010 Limena (PD)Tel. 049.8849246 [email protected] Pubblicità LazioAreaconcerti SrlVia Nizza, 5300198 RomaTel 06.45474811Paola [email protected]

RedazioneFrancesca [email protected] [email protected]

StampaCentro Stampa Quotidiani SpaVia dell’Industria, 52 25030 Erbusco (BS)

DistribuzioneMario [email protected]

Webhttp://www.onstageweb.comhttp://www.mylive.it

Onstage MagazineRegistrazione al tribunale di Milano N°362 del 01/06/2007

La foto in copertina Heineken Jammin' Festival è di Francesco Prandoni.

di Daniele Salomone

La nascita del rock and roll viene comune-mente fatta risalire alla prima incisione di Elvis Presley. E’ il luglio del 1954 quando il dician-novenne Elvis entra nello studio di proprietà della Sun Records, a Memphis, per registrare il suo primo singolo, That’s All Right (Mama), brano scritto nel 1946 dal bluesman Arthur "Big Boy" Crudup. La comparsa del termine “rock and roll" è invece accreditata ad Alan Freed, dj di Cleveland che, sin dal 1951, definiva in quel modo la musica che passava in radio, in una delle prime trasmissioni dedicate a un pubblico misto di bianchi e neri.

Senza nulla togliere all’importanza di Freed e tantomeno di Elvis, icona del Novencento, nessuno dei due ha inventato nulla. La musica di Presley era il risultato di trasformazioni che riguardavano il rythm&blues e il country - dalla

cui fusione nasceva appunto il rock - e altri pri-ma di lui o nel medesimo periodo avevano inci-so brani dello stesso stile musicale, basti pensa-re al Fats Domino dei primissimi Cinquanta e a Rock Around The Clock di Bill Haley, pubblicata proprio nel 1954. Quanto al termine, già alla fine degli anni ’40 un tizio abbastanza popola-re all’epoca di nome Erline Harris incideva un brano intitolato Rock and Roll Blues, ed è solo un esempio dei tanti che si potrebbero citare.

Questa rapida ricostruzione – sull’argomento si posso consultare una bibliografia sterminata e centinaia di dischi – aiuta a chiarire come an-che la musica risponda al principio secondo cui niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasfor-ma. Il rock ha attraversato gli anni Sessanta, la british invasion, il progressive, il punk, la new wave, l’avvento dell’elettronica, il grunge e così

via. E’ in continua trasformazione, si rigenera e autoalimenta proprio come un organismo, qua-si godesse di vita propria.

E oggi a che punto siamo? Siamo al punto che una miriade di nuovi rami, diversi e simili, sono spuntati dal grande albero del rock and roll. Prendiamo gli artisti di questo numero. Ognuno ha la sua storia, il suo stile, il suo linguaggio, ma sono tutti dannatamente rock: Muse, The Tem-per Trap, Pino Scotto, Aerosmith, Pearl Jam e tutti gli altri (lo stesso Rod Stewart, che pure ha recentemente sterzato verso il soul) sono tante anime di una stessa grande entità.

C’è chi sostiene che il rock sia morto, riferen-dosi all’unicità di un certo periodo musicale a cavallo tra i Sessanta e i Settanta. Cazzate. E’ in continua trasformazione e proprio per questo vivo e vegeto. E noi gli rendiamo omaggio.

Avalon Pub Birreria MarconiCartolibreria Freak OutCasina dei PiniCircolo degli ArtistiCrazy BullDeja'VuDistillerie ClandestineExpressFata Morgana Freni e FrizioniFriend's Art CafèL'infernottoLatte PiùLe Sorelle

Lettere CafèLiving room CafèLocanda AtlantideMicca ClubMom ArtOn The Rox Open Music CafèPride Pub Rock Castle Cafè Shanti SimposioSotto Casa Di AndreaSotto Sotto Tam Tam Zen.O

Bar MagentaBhangraBarBiblioteca SormaniBlenderBondCafe MilanoCargoColonial CaffèCuoreDeseoElettrauto Cadore Exploit Felice San SushiFrank Café Fresco Art Good FellasGray Cat PubIedItem JamaicaJulien Café Kapuziner

La Bodeguita del MedioLa CaffetteriaLa FontanellaLe Coquetel Le scimmieLelephant Magazzini GeneraliMaxi BarMom MorgansPacino CaféPharmacy Store RadetskyReefelRoialto Café Sergent Peppers Skip IntroStardustTrattoria ToscanaTwelveVoloYguana

n°31 giugno '10

MUSETHE TEMPER TRAPROD STEWARTPINO SCOTTOHEINEKEN JAMMIN FESTIVAL

mag az i n e

n°31 / giugno '10

MUSETHE TEMPER TRAP

ROD STEWARTPINO SCOTTO

HEINEKEN JAMMIN' FESTIVAL

n°31 giugno '10

specialeHEINEKEN JAMMIN' FESTIVAL

n°31 giugno '10

MUSE: 8 GIUGNO: STADIO SAN SIRO, MILANO; THE TEMPER TRAP: 16 GIUGNO: ALCATRAZ, MILANO; ROD STEWART: 21 GIUGNO: ARENA, VERONA; HEINEKEN JAMMIN’ FESTIVAL: 3-4-5-6 LUGLIO: PARCO SAN GIULIANO, MESTRE (VE)

Onstage Magazine on tour - Giugno 2010

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indice / giugnorubriche

12 - ontourIl calendario completo dei concerti di giugno. Dal ritorno di Slash a quello degli Alice In Chains, passando per il neverending tour di Bob Dylan.

48 - rock 'n' fashionOspite della rubrica moda di questo mese Noemi. Stare a galla dopo X Factor sembra più difficile del previsto. Non per lei

56 - what’s newIl nuovo di Liga (dopo 5 anni senza album in studio) e il ritorno degli Stone Temple Pilots, i film del mese e i soliti consigli per consumare i joypad.

62 - coming soonArriva l’estate e la musica dal vivo si sposta negli stadi, nelle arene all’aperto, nei parchi, nelle piazze. L’evento clou del mese? I Muse a San Siro, che domande.

18. MUSESuonare a San Siro è un segnale forte e chiaro: i Muse sono una band “enorme”, come la massa di gente pronta ad accla-marli. Ma come ci sono arrivati?

24. ROD STEWARTC’era una volta “Rod The Mod”. Oggi Ros Stewart si dedica anima e corpo al recupero delle sue radici musicali, quel soul che l’ha stregato in tenera età.

34. HEINEKEN JAMMIN' FESTIVALL’evento musicale dell’estate meritava un trattamento partico-lare. Tra un’intervista agli Aerosmith e una chiacchierata con i Black Eyed Peas, ecco il nostro specialone sull’Heineken.

onstageweb

Live ReportI reportage fotografici di tutti i più importanti concerti del mese: Muse, Slash, The Temper Trap, Rod Stewart, Alice In Chains e molti altri.

Speciale Heineken Jammin’ FestivalIn occasione dell’evento del Parco San Giuliano di Mestre, Onstageweb.com realizza uno speciale con foto, commenti e interviste in tempo reale!

ContestOnstage, in collaborazione Universal, ti regala The Circle - Special Edition dei Bon Jovi! Segui la sezione Contest e scopri tutti i nostri concorsi.

E poi tutte le news musicali, il calendario completo dei concerti, le interviste, gli approfondimenti, le recensioni e i blog. Stay connected!

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FACE TO FACE WITH ...14. THE TEMPER TRAP16. PINO SCOTTO

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ontour/ giugno

Slash

Bob Dylan

Alice in Chains

15/06 Piazzola sul Brenta (PD), 16/06 Viareggio, 18/06 Parma

09/06 Torino, 10/06 Roma, 11/06 Padova

10/06 Milano

opo aver scritto la storia del rock con i Guns’N’Roses – di cui è stato il simbolo insieme ad Axl

Rose - Slash si è dedicato al progetto Velvet Revolver, ma è con le collaborazioni illustri (Michael Jackson, Eric Clapton e Lenny Kra-vitz) che ha rinforzato la sua “leggenda”. Re-

centemente i ruoli si sono invertiti ed è stato il chitarrista ad ospitare, sul suo omonimo disco solista, gente come Ozzy Osbourne, Chris Cornell, Iggy Pop e Fergie. Dal vivo non li può portare dietro, ma tra turnisti di livello e vecchi pezzi dei Guns rispolverati, lo spettacolo pare sia comunque ottimo.

he piaccia o no (e non piace), Dylan dal vivo continua a trattare i suoi brani, anche i più storici, come

eterni work in progress, storpiando le melo-die e cambiando i testi. Insomma il suo Ne-verending Tour - una serie infinita di concerti cominciata nel 1988 e di cui non si intravede

soluzione di continuità – è tale nel nome e nei fatti . Nessuno conosce realmente il mo-tivo per cui si ostini a negare al pubblico la gioia di cantare il ritornello di Like A Rolling Stone così come l’ha inciso nel 1965; ma non si pretenda che cambi ora, giunto alla soglia dei 70 anni, il suo controverso carattere.

erry Cantrell e Sean Kinney sono finalmente riusciti a lasciarsi alle spalle l’era Layne Staley (vocalist

prematuramente scomparso nel 2002). Han-no chiamato William DuVall, già cantante dei Comes With the Fall, per incidere Black Gives Way To Blue (2009), buon disco che

non tradisce l’imprinting del loro importan-te passato. Ma a vedere il bicchiere mezzo vuoto, il nuovo disco non aggiunge niente a quell’importante passato. In ogni caso, la prova del fuoco (i concerti) l’hanno superata e, infatti, tornano in Italia per 3 date dopo i sold out dello scorso dicembre.

D

C

D

Giusy Ferreri - Torre Maggiore (BO)Ministri - Rio Saliceto (RE)

Ministri - RomaNina Zilli - GenovaNoemi - Scafati (SA)Roy Paci & Aretuska - Genzano (RM)Simone Cristicchi - Scafati (SA)

Irene Grandi - PiacenzaLost - Rio Saliceto (RE)Motorpsycho - Castelletto Cervo(BI)The Bastard Sons of Dioniso - Mareno di Piave, TV

Noemi - Fasano (BR)Rod Steward - Verona

Motorhead - Codroipo (UD)Stone Temple Pilots - Milano

Deftones - TorinoLinea77 - Collegno (TO)Noemi - Pignola (PZ)

Elio e Le Storie Tese - RomaGotan Project - Marostica (VI)Lost - S. Giovanni Lupatoto (VR)Malika Ayane - TorinoNina Zilli - Sesto S. Giovanni (MI)Slayer - MilanoVelvet - Milano

Bob Dylan - Piazzola (PD)Simone Cristicchi - GenovaThe Temper Trap - Roma

Bob Dylan - Viareggio (LU)J-Ax - AlgheroMotel Connection - FirenzePort Royal - MilanoThe Temper Trap - Milano

Muse - Milano

J-Ax - GenovaLinea77 - Cava Manara (PV)Pet Shop Boys - Pavia

Dalla&DeGregori - FirenzeMalika Ayane - Tortona (AL)Slayer - MilanoThe Niro - Prato

Alice in Chains - Collegno (TO)B.B.King - MilanoJonsi - MilanoVelvet - Rio Saliceto (RE)

Lunedì Martedì Mercoledì

MercoledìLunedì Martedì

Lunedì Martedì Mercoledì

Lunedì Martedì Mercoledì

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Martedì Mercoledì

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Megadeth - BolognaMotorpsycho - RomaPaolo Nutini - Torino

Giardini di Mirò - MilanoLinea77 - Vergiate (VA)Megadeth - RomaMotel Connection - GenovaNina Zilli - Imola (BO)

Bands Apart - FerraraBaustelle - Sesto S. Giovanni (MI) J-Ax - MantovaLCD Soundsystem - FerraraRoy Paci & Aretuska - Taormina (ME)

99 Posse - PadovaElio e Le Storie Tese - Indicatore(AR)Gods Of Metal - Collegno (TO)J-Ax - Sesto F.no (FI)Juliette Lewis - GenovaNina Zilli - Ponte Dell'Olio (PC)Port Royal - Solza (BZ)Simone Cristicchi - Torino

Bob Sinclar - Lignano S.ro (UD)Elio e Le Storie Tese - Rho (MI)Gods Of Metal - Collegno (TO)Linea 77 - Pinarella di Cervia (RA)Malika Ayane - Piazzola (PD)Motel Connection - PalermoNina Zilli - Crescentino (VC)Planet Funk - Prato

Gods Of Metal - Collegno (TO)Malika Ayane - VeronaZero Assoluto - Anzio (RM)

Baustelle - Crescentino (VC)Bob Dylan - ParmaElio e Le Storie Tese - GenovaNina Zilli - Povolaro (VI)

Simone Cristicchi - Vicchio (FI) Giusy Ferreri - MacerataJ-Ax - CagliariLinea 77 - Castel Maggiore (BO)Lost - Ghedi (BS)Ministri - PerugiaMotel Connection - Lovadina (TV)Nina Zilli - Vascon (TN)Ska-P - GenovaSud Sound System - Padova

Linea77 - Lu Monferrato (AL)

Alice in Chains - RomaSlash - MilanoThe Bastard Sons of Dioniso - Reggiolo (RE)

Bad Religion - RomaMotel Connection - Giulianova (TE)Nina Zilli - BariSimone Cristicchi - Capannori (LU)

Bad Religion - MilanoElio e Le Storie Tese - Legnano (MI)Giardini di Mirò - Seravezza (LU)Linea77 - GenovaMinistri - Montebelluna (TV)Motel Connection - VeronaNoemi - Castelfiorentino (FI)Simone Cristicchi - Brugherio (MI)The Bastard Sons of Dioniso - Pieve di Ledro (TN)

Alice in Chains - PadovaBaustelle - GenovaBob Sinclair - MilanoGiardini di Mirò - Sesto al Reghena (PD)Nina Zilli - Brugherio (MI)Noemi - BariRoy Paci & Aretuska - Levico (TN)Simone Cristicchi - Grosseto

Linea77 - Legnago (VR)LN Ripley - Portomaggiore (FE)Megadeth - MilanoMeganoidi - Vittorio Veneto (TV)Ministri - Alba (CN)Motel Connection - Settimo T.se(TO)Noemi - Maida (CZ)Punkreas - Ittiri (SS)

Buena Vista Social Club - GenovaElio e Le Storie Tese - BotticinoMattina (BS)Massive Attack - TorinoPixies - Ferrara @ Piazza Castello

Sabato Domenica

Giovedì Venerdì Sabato Domenica

Giovedì Venerdì Sabato Domenica

Giovedì Venerdì Sabato Domenica

5 6

10 11 12 13

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On The Road

Da MTV Day a MTV Days. Non più una ma tre giornate caratterizzate da numerosi eventi e attività con un unico filo conduttore, la musica. Il 25, 26 e 27 giugno Torino ospita la festa di MTV Italia – 12 candeline per l’emittente - che quest’anno cambia look e si presenta come una vera e propria music conference: concerti, dj set, conferenze, incontri con gli artisti, mostre fotografiche e performance di danza. Un esperimento “internazionale”, un’esperienza musicale da vivere live nel capoluogo piemontese (ma i più pigri avranno a disposizione 2 ore di diretta gior-naliere con MTV Truck, una sorta di best of di tutti gli eventi del giorno prima, con interviste ai protagonisti). Dopo il party d’inaugurazione del 24 sera, la scena si sposta per i due giorni successivi sui tre palchi allestiti in altrettanti locali torinesi: L’MTV Hits! Stage ospita nomi del calibro di Gianluca Grignani, Max Gazzè e Paola Turci; sull’MTV Gold Stage salgono, tra gli altri, Giuliano Palma & The Bluebeaters, Roy Paci e Africa Unite; le giovani band come Lost, Finley e Dari sono invece protagoniste dell’MTV Pulse Stage. Sabato 26 appuntamento con Fabri Fibra, ospite di Storytellers. Gli MTV Days si concludono domenica 27 con il grande concerto di Piazza Castello, pronta ad accogliere Carmen Consoli, Le Vibrazioni, i Baustelle, Nina Zilli e il dj set di chiusura dei Crookers.

Per l’occasione Onstage Magazine ha realizzato un numero speciale, distribuito a Milano, Genova e Torino a partire dal 19/06 e a Torino per tutta la durata dell’evento.

PROGRAMMA DEI CONCERTI

Giovedì 24 giugnoh 21.00 - 3D Concert: Paramore.h 23.00 - Party di inaugurazione: Kaiser Chiefs (dj set) + Motel Con-nection.

Venerdì 25 giugnoDalle 20.00 - MTV Hits! Stage: Gianluca Grignani, Max Gazzè, Simone Cristicchi.Dalle 20.00 - MTV Pulse Stage: Sonohra, Finley, Broken Heart CollegeDalle 20.00 - MTV Gold Stage: Giuliano Palma, Linea 77, Teatro degli Orrori

Sabato 26 giugnoDalle 20.00 - MTV Hits! Stage: Samuele Bersani, Paola Turci, The NiroDalle 20.00 - MTV Pulse Stage: Lost, Dari, NoemiDalle 20.00 - MTV Gold Stage – Africa Unite, Roy Paci & Aretuska, Marracash

Domenica 27 giugnoDalle 20.00 - Final Show: Nina Zilli, Baustelle, Le Vibrazioni, Carmen Consoli, Crookers

Per informazioni dettagliate su tutti gli evnti dell'MTV Days: www.mtv.it

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Giovedì Venerdì3 4

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orenzo, parlaci dei vostri inizi. Come si é formato il gruppo e cosa facevate prima di cominciare?La band nasce nel 2005. Dougy (cantante, nda) e Toby (batterista, nda) lavoravano in un negozio

d’abbigliamento e un giorno decisero di cominciare a fare qualche jam insieme. Poco tempo dopo si aggiunse un chitar-rista e poi Jony (attuale bassista, nda). Io in quel periodo face-vo il commesso in un negozio di musica e suonavo in un’altra band che però presto si sciolse. I nostri due gruppi facevano spesso serate insieme e quando il loro chitarrista lasciò entrai a far parte della formazione ufficiale.

Che cosa significa “The Temper Trap”? In realtà non ha nessun significato! Originariamente ci chia-mavamo “Temper Temper”; purtroppo c’era un’altra band americana con lo stesso nome e per questioni legali abbiamo dovuto cercarne uno nuovo che mantenesse tuttavia un buon suono. Devo dire che sono contento di “The Temper Trap”. Il significato lo decidi tu; é anche un po’ questo il bello, no?

E cosa mi dici del vostro album d’esordio? Chi é la bambina nella foto in copertina? Il termine conditions riassume tutto quello di cui parlano le nostri canzoni. La condizione umana, sociale, l’amore e in generale ogni sorta di emozione che ci ha attra-versato mentre cercavamo ispirazione per queste canzoni. La foto della bambina appartiene a un servizio di Steve McCurry (celebre fotografo americano, nda) da cui venne poi fuori la copertina storica di National Geografic con la bambina afgana dagli occhi verdi.

Veniamo ai live. Come vivete gli istanti che precedono un concerto? Ci troviamo tutti insieme per un momento di raccoglimento, in silenzio totale prima di salire sul palco; siamo molto con-centrati. Non beviamo mai prima di suonare, non so come facciano certi musicisti. Dobbiamo intrattenere le persone,

come puoi pensare di farlo nel migliore dei modi se sei com-pletamente ubriaco?

Con un solo album pubblicato, proponete qualche cover? C’é stato un periodo in cui suonavamo qualche brano di Springsteen, Bowie e anche di La Roux, ma abbiamo deciso di smettere per ora. Abbiamo inserito una canzone nuova che non si trova nell’album e stiamo lavorando a brani inediti, ma é molto difficile quando suoni dal vivo praticamente ogni sera e nel tempo libero viaggi da una città all’altra.

Il programma dei vostri concerti è serrato, non correte il ri-schio di stufarvi dei pezzi? E’ l’energia della gente che ci ascolta a rendere i nostri brani originali ogni sera. Ricordo la prima volta che abbiamo suo-nato in Giappone; c’erano migliaia di persone che cantavano le nostre canzoni tutte insieme, parola per parola, in inglese.

Ti rendi conto? Come puoi stufarti di una cosa del genere?

Vi sono capitate storie hot con delle fan sfegatate?Forse é meglio non parlarne qui (ride di gusto, nda). Andando piú sul soft, una donna mi ha fermato a Nottingham per dir-mi che si sarebbe tatuata l’intero ritornello di Sweet Disposition sulla coscia! E’ incredibile, non avrei mai immaginato una cosa del genere. Poi c’é gente fuori di testa come un signore che Dougy ha incontrato mentre andava in Texas per il South By Southwest Festival. Questo tale faceva parte di una comu-nità tedesca di Austin che prepara salsicce particolari per la pasta al sugo. Tempo dopo, durante un concerto proprio ad Austin, vediamo farsi spazio tra la folla un individuo con un sacchetto di plastica. Era lui! “Dougy, Dougy! Ti ho portato le

salsicce!”. E ci ha sparpagliato sul palco due chili di carne!

Ehm, a parte questo episodio, qualche momento realmente difficile?Diciamo quando dopo i primi tre o quattro mesi di tour ho realizzato che non sarei piú tornato a casa per un po’. Poi sia-mo stati travolti da una serie interminabile di successi; devo ammetterlo, non ricordo particolari momenti difficili con la band.

Le cose girano proprio per il verso giusto.Fino ad un anno fa c’erano al massimo cento persone ai nostri concerti e adesso invece é praticamente tutto esaurito in ogni città in cui andiamo. Ma era fantastico anche quando abbia-mo iniziato a fare i primi tour, solo noi quattro, da Melbourne a Sydney, in giornata; caricavamo tutto sul Van, partenza la mattina molto presto e concerto la sera stessa, per poi dormire

sul pavimento a casa di amici. Tutto era cosí magico, c’era una grande energia.

L’incontro con Jim Abbiss, peso massimo tra i pro-duttori inglesi, vi ha sicuramente aiutato. Destino o esiste una ricetta per il successo?L’incontro con Jim é avvenuto per caso, ma non cre-

do al destino. La sua manager era arrivata in Australia per visionare una band alla quale noi facevamo da spalla; lei ha trovato in noi quello che cercava in loro. Da lì é cominciata una corrispondenza di almeno 18 mesi con Abbiss. La deci-sione finale la prese forse anche grazie alla moglie che rimase molto colpita dal brano Soldier On! Così Jim, nel marzo 2009, ci ha raggiunti in Australia. Non penso ci sia una particolare ricetta per il successo, sicuramente ci vogliono tanta perseve-ranza e determinazione.

La versione uncutted dell’intervista di Tommaso Riva a Lorenzo Sillitto è su Onstageweb.com.

I Temper Trap sono quel che si dice un “big deal”. A un anno dalla pubblicazione del primo disco, Conditions, gli australiani (di Melbou-rne) stanno raccogliendo un sold out dopo l’altro, lanciati dalla mega-hit Sweet Disposition. Per conoscerli meglio prima dei concerti di Milano e Roma, abbiamo parlato con il chitarrista Lorenzo Sillitto, padre italiano, ancora incredulo per l’enorme successo ottenuto dalla sua band in questi mesi.

L

UNBELIEVABLE!

<< Una donna mi ha fermato a Nottingham per dirmi che si sarebbe tatuata l’intero ritornello di Sweet Disposition sulla coscia. E’ incredibile, non avrei mai immaginato una cosa del genere >>

di Tommaso Rivaface2face / the temper trap

15/06 Roma16/06 Milano

live in italy

The Temper Trap. Da sinistra, Lorenzo Sillitto (chitar-ra), Toby Dundas (batteria), il cantante e chitarrista

Dougy Mandagi e Jonathon Aherne (basso).

vinci il cd dei Temper Trap !Invia una mail a: [email protected] oggetto “Temper“

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ino, in questi ultimi anni la tua popolarità è cresciuta grazie a RockTv, ma il tuo vero amore rimane la musica. Raccontaci com’è nato Bue-nasuerte.

E’ nato in pochissimo tempo. I testi sono usciti di getto. C’è voluto quasi più tempo a correggerli, perché in origine era-no più cattivi ma ho preferito togliere qualcosa altrimenti mi arrestavano. Volevo esprimere il malessere sociale, politico e umano nel quale questo paese è sprofondato negli ultimi anni. Buenasuerte in realtà è tutt’altro che un augurio, va inteso in senso ironico; è come dire “abbiamo voluto la bicicletta? e adesso pedaliamo!” Musicalmente sentivo il bisogno di tor-nare alle radici dell’hard rock classico, quello fatto col cuore e con le palle, senza fronzoli. Voglio sottolineare che è costato solo 2.000 euro; lo dico perché voglio che i ragazzi sappiano che per produrre musica di qualità basta relativamente poco, non serve registrare a San Francisco con i più prestigiosi produttori e spendere centinaia di migliaia di dollari.

Gli ospiti prestigiosi non mancano.Sono pochi rispetto al disco precedente (Datevi Fuoco, nda). In realtà volevo fare tutto da solo, poi durante una serata nell’am-bito del progetto Rezophonic ho conosciuto Caparezza e tutto è nato in maniera molto naturale. Proprio quella sera stavo scrivendo il pezzo (Gli arbitri ti picchiano, nda) insieme a Olly dei Fire. Michele (Caparezza, nda) lo sentì, gli piacque subito e nel giro di una giornata aveva già scritto il testo. Devo dire che lui è veramente un grande e posso assicurarvi che è molto più rock’n’roll di altri che fanno solo finta. Oltre ad essere un artista geniale è anche una persona stupenda, completamente trasparente.

La fusione con altri generi per te non è una cosa nuova, spe-cie con il rap.E’ vero. Sono d’accordo con chi dice che il rock sta morendo.

Se vogliamo farlo sopravvivere, dobbiamo contaminarlo, ma con intelligenza. Tutto è già stato scritto e non c’è più niente da inventare.

A livello di contenuti, il disco ricalca gli argomenti di Data-base. RockTv ti ha dato spazio e visibilità, ma tu certe cose le dici da tempo.Hai ragione. Fin da quando suonavo con i Vanadium e con i Fire Trails ho sempre detto quello che pensavo sul palco. Chi suonava con me aveva paura che questo potesse chiuderci le porte del successo, ma non me n’è mai fregato nulla perché non mi basta la musica, ci vogliono anche le parole. Tutto è collegato.

Oltretutto l’Italia di oggi si presta drammaticamente al disa-gio, che infatti è piuttosto diffuso.In Italia la situazione è tragica. Ti sembra normale che il tg più credibile sia Striscia la Notizia? Lo Stato non fa il suo dovere, ci hanno sempre raccontato balle e il minimo che possiamo fare è ribellarci. Ma non è così scontato: pensa che Beppe Grillo, per il suo movimento, ha recentemente chiesto appoggio a molti artisti, tra cui alcuni dei più grossi nomi del cosiddetto rock italiano, quelli che riempiono gli stadi, quelli da cui ti dovresti aspettare che si facciano portavoce di valori come la giustizia e il rispetto. Vuoi sapere gli unici che l’hanno appoggiato chi sono stati? Io e i Negrita. Gli altri se la facevano sotto. Ma di cosa hanno paura? Questi hanno i soldi che gli escono dalle orecchie. Ce li avessi io i mezzi e le risorse che hanno loro…

Cosa faresti?Gli farei vedere come si fa la vera musica. Io, con i pochi mezzi che mi ritrovo, ci provo. Nel nostro piccolo (Pino è co-editore di un’etichetta discografica indipendente, la Valery Records, nda) cerchiamo di dare spazio a giovani musicisti emergenti, ma facciamo fatica, ci mancano le risorse. Se potessimo gio-care ad armi pari con le major, le faremmo sparire. In giro ci sono tantissimi musicisti di talento, gente con le palle, ragaz-zini di 16 anni che sanno scrivere musica e stare su un palco, e non mi riferisco solo al rock. Mi piacerebbe produrli tutti ma ci vogliono molti soldi.

Ormai non sei più giovanissimo. Da dove tiri fuori tutta questa energia, tutto questo entusiasmo?Non conta l’età, ma la testa, la passione che hai dentro, la felicità di fare nella vita quello che hai sempre sognato, cioè vivere di musica. Tempo fa ho visto un’intervista a Vasco: parlava del jog-ging come preparazione ad un tour di 8 date. Ma vai in fabbrica! Io scaricavo i camion tutti i gior-

ni e uscivo la sera dopo una giornata di lavoro per andare a suonare, questi nella loro vita non hanno mai fatto niente. Io ho dovuto lottare, ma alla fine ce l’ho fatta e questa è la dimo-strazione che Dio esiste. In Italia poi è ancora più difficile; qui si premiano solo puttane, ladri e papponi. Ci vogliono tutti allineati, come le pecore. È sempre stato e sempre sarà così. Perché a quelli che comandano fa comodo un popolo di peco-roni e ignoranti. E pensare che basterebbe andare a leggersi il blog di Grillo per capire tutte le balle che continuano a raccon-tarci. Ma il problema è la gente, siamo noi. La gente è disposta a vendersi l’anima per quattro soldi o per una figa. Ma noi dobbiamo continuare a combattere questo, a dire quello che pensiamo, a non farci tappare la bocca.

face2face / pino scotto di Giorgio Rossini

Schietto, sfrontato e dannatamente genuino. Pino Scotto è un personaggio più unico che raro, uno di quelli che in Italia vengono facilmente liquidati con aggettivi tipo “folkloristico” perché le sue parole pesano come macigni e bisogna screditarle. Ci ha ospitato negli studi di RockTv per parlare del suo nuovo lavoro discografico, Buenasuerte, ma ha finito per darci una lezione su cosa significhi veramente essere un rocker.

p

SCHOOL OF ROCK05/06 Udine06/06 Trecenta (RO)12/06 Pinarella di Cervia (RA)17/06 Chiuduno (BG)19/06 Casalecchio di Reno (BO)25/06 Livraga, (LO)27/06 Felizzano (AT)

live

<< In Italia il problema è la gente disposta a vendersi l’anima per quattro soldi. Ma noi dobbiamo continuare a combattere, a dire quello che pensiamo, a non farci tappare la bocca >>

Foto di Andrea Degrada

Nel 2009, in occasione del 60esimo compleanno di Pino, è uscito Fottetevi tutti! La vita e il rock di

Pino Scotto, libro-intervista di Cristiano Canali che ripercorre la vita e il pensiero del rocker italiano.

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live style

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alla piccola cittadina di Teignmouth alla vetta del mondo. Un percorso lungo una quindicina d’anni che ha portato Matthew Bellamy, Christopher Wolstenholme e Dominic Howard dapprima nelle classifi-che della loro Inghilterra (con l’album di

esordio Showbiz e il successivo Origin Of Symmetry), poi nelle chart degli Stati Uniti (con il terzo disco Absolution) e ora – perdonate il patriottismo, ma noi italiani sappiamo cosa vuole dire - al traguardo di San Siro. Suonare nello stadio dove si sono esibiti artisti enormi che hanno fatto la storia della musica pop e rock (Bob Marley, Rolling Stones, David Bowie, Bruce Springsteen, U2, Michael Jackson, Madonna, Depeche Mode e Robbie Williams) rappresenta un tassello importante nella pur già maestosa bio-grafia dei Muse; e il fatto che il trio sia entrato nel mondo del cosiddetto mainstream dalla porta di servizio (senza una pianificazione o una dichiara-zione d’intenti inequivocabile e, soprattutto, senza piegarsi alle esigenze del mercato) ne imprezio-sisce oltremodo il valore, ponendoci di fronte ad una realtà che fa contenti tutti, dai musicisti agli addetti ai lavori, dai critici ai fan. Il tour di quest’estate, che porterà gli inglesi per la prima volta solo nei gradi stadi (con due sold out consecutivi allo Stade de France di Parigi) e nei fe-stival più importanti è la prova di quanto stiamo dicendo. Per analizzare l’ascesa dei Muse, è naturale appoggiarsi al contesto storico, a come dagli anni Zero in poi – soprattut-to grazie all’informazione che ha cominciato a viaggiare alla velocità della luce con la diffusione di internet – certe barriere siano venute meno, a come alcuni generi musicali abbiano beneficiato di uno sdoganamento globale, a come l’imbastardimento universale abbia contagiato anche i gu-sti del pubblico rendendolo più facilmente raggiungibile. Sarebbe un grande errore pensare che quei tre riempiano

impianti da 60.000 persone per caso – i motivi sono mol-teplici, a partire dalla cultura musicale di Matthew e soci, oceanica. Ma procediamo con ordine.

CERTIFICAZIONE DI QUALITA’ Ancora prima dell’imponente varietà di stili filtrata e rie-

laborata dal trio – consultando biografie varie si incontrano definizioni tipo space rock, prog rock, alternative rock, progressive metal e chi più ne ha più ne metta - bisogna considerare l’aspetto puramente tecnico dei membri della band. Chiunque abbia assistito ad una esibizione live dei Muse avrà sicuramente fatto caso alla facilità con cui Bellamy nel corso di un pezzo passa dall’accarezzare delicatamente il pianoforte (e non si sta parlando di due

accordi e morta lì, ma di complicati arpeggi e virtuosismi eleganti) ad assoli e riff di chitarra elettrica tutt’altro che semplici: il background di Matthew (figlio d’arte, il padre suonava la chitarra nei Tornados, band britannica seminale degli anni Sessanta) è di stampo classico, avendo preso lezioni di pianoforte dalla tenera età di 10 anni, per poi av-vicinarsi da teenager alla chitarra. Superfluo esaltare il suo talento vocale - un mix di Jeff Buckley e Thom Yorke - che colpisce sia per estensione che per capacità di essere tanto dolce quanto aggressivo a seconda dei momenti. Wolsten-holme non nasce bassista; prima di incontrare Matthew e Dominic suonava la batteria in una band post-punk. Suc-cessivamente viene convinto a cimentarsi con lo strumento a quattro corde – che nel suono dei Muse ha un’importan-

za strategica fondamentale, soprattutto quando regge la ritmica nelle sue fasi distorte – e occasionalmente si sposta alle tastiere o alla chitarra, mentre fornisce supporto vocale a Bellamy. Howard impara a suonare la batteria a 12 anni; fin dalla prima volta in cui si siede sullo sgabello con le bacchette in mano ha le idee chiare, ovvero l’ambizione di diventare un batterista jazz – non esattamente il più facile degli obiettivi da raggiungere. L’incontro con Bellamy fa sì che i due s’intendano fin dal primo istante, e se oggi abbiamo i Muse è perché Matthew e Dominic ad un certo punto hanno cominciato a scrivere canzoni insieme – il ge-nio compositivo del primo coadiuvato da una buona dose di intuizioni di arrangiamento ritmico ed “effettistico” del secondo. Adesso si capisce perché quella volta dalla

Ventura i tre si sono divertiti a scambiarsi i ruoli. Scherzi e provocazioni a parte, il tasso tecnico della formazione è talmente alto da permettere una libertà compositiva ed esecutiva che diventa condizione sufficiente perché la parola “sbiz-zarrirsi” si spogli di ogni possibile accezione ne-gativa e diventi anzi motivo d’interesse. I Muse

disintegrano l’idea del punk, a cui sono stati erroneamente accostati in passato, ma senza scivolare nei meandri del progressive inteso come nicchia elitaria e un po’ snob: un equilibrio tanto difficile quanto entusiasmante.

OPEN MINDS AND REVELATIONSL’apertura mentale e la volontà di non chiudere le porte

in faccia ad alcun tipo di genere musicale è stata ampia-mente dimostrata nel tempo: basti ricordare a quando Matthew giustificava la presenza di influenze euro-asiatiche in Black Holes And Revelations con l’ammissione di avere ascoltato molta musica napoletana, a suo parere un misto di atmosfere africane, turche, italiane e croate. Per non parlare poi dell’ultimo album, dove si sentono eviden-

D

Ci sono accadimenti che consegnano i protagonisti alla storia. In ambito musicale, suonare in certi luoghi (sacri) consente di acquisire uno status che, artisticamente, equivale all’immortalità. Qui in Italia, succede dopo una performance a San Siro: ecco perché i Muse – consapevoli o no – sono i protagonisti dell’ennesima favola che la Dea Musica ha deciso di raccontare. Celebriamo l’evento di Milano ricostruendone i presupposti.

> di Marco Rigamonti

muse

ORIGIN OF IMMORTALITY

I Muse sono entrati nel mainstream dalla porta di servizio, senza una pianificazione o una dichiarazione d’intenti inequivocabile e, soprattutto, senza piegarsi alle esigenze del mercato.

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I Muse nascono nel 1996 dalla fusione di due gruppi musicali: i Gothic Plague di Matthew Bellamy e Dominic Howard e i Fixed Penalty in cui suonava Christopher Wolstenholme (ora bassista) come batterista.

08/06 Milanolive in italy

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ti dichiarazioni d’amore ai Queen (United States Of Eurasia), a Chopin (Collateral Damage), a Beethoven (la terza parte di Exogenesis, in fondo al disco) e anche all’r&b moderno (Undisclosed Desires). Ma loro avevano messo le cose in chiaro fin dall’inizio. All’interno di Origin Of Symmetry (2001) spicca per originalità e passione espressiva la cover di Feeling Good, pezzo di Anthony Newley e Leslie Bricusse incastonato nella storia dall’indimenticabile interpretazione di Nina Simone; soprassedendo sulla difficoltà di esecuzione di quel brano, quello che sorprende non è tanto l’arrangiamento, che gio-ca con la contrapposizione tra classico e moderno, quanto la totale assenza del timore – che sarebbe pure stato legittimo – di rovinare un pezzo del genere da parte di Bellamy, che inventa un percorso vocale in falsetto (da brividi) estremamente per-sonale. E dire che qualcuno alla Maverick aveva da ridire sul modo di cantare di Bellamy, sostenendo che fosse poco adatto alla programmazione radio-fonica; quando i ragazzi vennero invitati a pensarci, per tutta risposta voltarono le spalle e andarono dritti a firmare per la Warner.

MUSE & FRIENDSIntorno al 2002 esce su Mushroom una com-

pilation di cover ad opera di band britanniche promossa dal cult magazine New Musical Express; gli Stereophonics scelgono Nothing Compares 2 U di Sinead O’Connor, i Feeder The Power Of Love di Frankie Goes To Hollywood, i Jimmy Eat World Firestarter dei Prodigy, Badly Drawn Boy Come On Eileen dei Dexy’s Midnight Runners. I Muse optano invece - in completa controtendenza - per The House Of The Rising Sun, un pezzo folk americano (esatto, non inglese!) talmente antico che oggi non si sa con certezza chi ne sia l’autore, nonostante la versione più nota sia quella incisa dagli Animals nel 1964.

Questa osservazione non vuole affatto dimostrare una presunta attitudine a tutti i costi “alterna-tiva” del trio, bensì ne sottolinea (se ce ne fosse davvero

bisogno) la personalità; d’altra parte hanno anche coverizzato un brano degli inglesissimi Smiths (Please, Please, Please, Let Me Get What I Want) e non hanno nemmeno problemi ad interpretare pezzi ultra-famosi (la dimostrazione è Can’t Take My Eyes Off Of You di Frankie Valli). Nessuna barriera, nes-

livestyle - muse

Il trio inglese disintegra l’idea del punk, ma senza scivolare nei meandri del progressive

inteso come nicchia elitaria e un po’ snob: un equilibrio tanto difficile quanto entusiasmante.

Supermassive Discographistory Sono cinque gli album pubblicati dal trio inglese in dieci anni, cui vanno aggiunti una raccolta di b-side e registrazioni live (Hullabaloo Soundtrack, del 2002) e un disco dal vivo, Haarp, registrato a Wembley nel 2007 e pubblicato l’anno dopo.

1999 – ShowbizMolte delle tracce del primo album dei Muse risalgono ad un demo (Newton Abbot Demo) registrato nel 1997 e ai due Ep pubblicati nel 1998, Muse e Muscle Museum. Prodotto da John Leckie, già al lavoro con i Ra-

diohead per The Bends, l’album è un successo mondiale e vende 1 milione di copie (di cui 300.000 solo in Inghilterra) proiettando Matt e soci nell’olimpo del rock mondiale.

2001 - Origin Of SymmetryComposto subito dopo la fine del primo tour mondiale, Origin Of Symmetry è il frutto dell’esperienza accumulata dai Muse nel biennio precedente. Prodotto in parte da John Leckie e in parte da David Bot-trill (produttore dei Tool), l’album

introduce nuovi sperimentazioni musicali, tra cui il bas-so distorto e riff di chitarra più incisivi, che diventeranno marchi di fabbrica del trio inglese.

2003 – AbsolutionCon oltre 2.600.000 copie, è l’al-bum che consacra definitivamente i Muse come rock star planetarie. Per la prima volta con Rich Costey (ex produttore dei Rage Against the Machine), la band inglese sforna un vero e proprio concept album che

mostra l’interesse di Matt Bellamy per argomenti come cospirazioni politiche, la teologia, la scienza, il futurismo e il sovrannaturale.

2006 - Black Holes And Reve-lationsCon il quarto album i Muse non tradiscono la naturale tendenza a sperimentare, nonostante il disco mantenga una precisa identità tipica

della band inglese. Questa volta è l’elettronica il “nuovo” elemento: alcune tracce sono vicine all’estetica tecno. Il di-sco (in parte registrato negli studi milanesi Officine Mecca-niche) vende 3 milioni di copie e il singolo Starlight anche in Italia è una hit radiofonica.

2009 - The ResistancePubblicato a settembre, The Resistan-ce è stato registrato nello studio che Bellamy ha allestito nella sua resi-denza sul lago di Como. L’album è pervaso da atmosfere sinfoniche (alle registrazioni ha preso parte

l’orchestra milanese Edodea Ensemble) ed è una nuova prova dell’attenzione di Matt nei confronti dei testi, che raccontano con stile letterario i problemi che l’umanità sta affrontando in questo difficile momento storico.

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Opening actPer aprire un concerto come quello dei Muse a San Siro ci voleva un cast di alto livello. E infatti ci sono i Kasabian, preceduti dai Friendly Fires e dagli italiani Calibro 35.

KASABIANI ragazzi di Leicester sono passati dalla condi-zione di next best thing della musica inglese a band tra le più importanti del panorama rock internazionale. Il merito va equamente diviso tra le performance dal vivo e i dischi in studio. I live dei Kasabian sono “aggressivi” e pieni di energia, una perfetta fusione tra suoni antichi e moderni che il pubblico italiano ha avuto modo di ascoltare in occasione delle tre performance di febbraio (Milano, Bologna e Treviso), per citare solo gli ultimi concerti nei nostri confini. Il più recente lavoro del gruppo, West Ryder Pau-per Lunatic Asylum, ha consentito ai Kasabian di aggiudicarsi il premio come miglior band britannica ai Brit Award 2010. Tom Meighan (voce), Sergio Pizzorno (chitarra e voce), Chris

Edwards (basso) e Ian Matthew (batteria) sono i titolari della formazione che scende in campo – del resto stiamo parlando di San Siro - a partire dalle ore 18.00 con l’obiettivo di riscaldare la folla in trepidante attesa dei Muse.

FRIENDLY FIRESI tre ragazzi dell’Hertfordshire, sono una delle ultime novità d’oltremanica. La loro musica, un misto di indie-rock ed elettronica, prende dichiaratamente spunto dalla techno tedesca, dal produttore americano Carl Craig e persino da Prince. Sbarcano alla Scala del calcio (e del rock) con il loro omonimo disco d’esordio, con-siderato una lieta sorpresa da chi con la musica ci lavora e ci vive. Ascoltare (Jump In The Pool e Paris) per credere.

CALIBRO 35Tra i protagonisti del corposo antipasto pre-Muse ci sono anche i maestri della colonna sonora all’italiana. I Calibro 35 - complice l’utilizzo di strumenti vintage - danno vita ad un amalgama di funk, jazz e progressive rock per ricreare l’atmosfera della Milano anni ’70. I primi riconoscimenti arrivano dall’estero; solo nel 2009 il progetto dei Calibro 35 viene notato anche da noi: l’anno scorso il gruppo ha vinto il premio MEI come “Miglior Tour Italiano”. A febbraio è uscito il loro ultimo album Ritornano quelli di.

sun pregiudizio, nessun atteggiamento supponente: così come recente-mente è uscito un singolo (Resistance) che porta come b-side una cover di Prague (brano semisconosciuto dei già non famosissimi Mega City Four) e sul palco del Coachella Festival di aprile sono riecheggiate le note distorte di The Star Spangled Banner, esattamente come aveva fatto Jimi Hendrix in quel di Woodstock quarant’anni fa. Cover che sanno di tributo, che sono un ringraziamento alla miriade di artisti che hanno contagiato il loro suono e li hanno resi così unici. Nei giorni del Festival di Coachella

cadeva un anniversario musicalmente rilevante: la morte di Kurt Cobain. I Muse gli hanno reso omaggio suonando School, un pezzo proveniente dal primo album dei Nirvana, Bleach. Pochi mesi prima in occasione del Big Day Out Festival di Sydney, Matthew e soci non ci hanno pensato due volte a consegnare il microfono a Nic Cester dei Jet per accompagnar-li nell’esecuzione di Back In Black degli AC/DC, la più grande band rock Australiana di sempre.

RISCHI ZERODal jazz all’hard-rock, dal folk al grunge, dal metal alla musica classica.

E non è raro – per chi conosce i Muse - che questi cambi repentini e apparentemente folli avvengano all’interno di uno stesso brano, special-mente negli arrangiamenti pensati per i live. Il rischio quando ci si ispira a mondi così distanti tra di loro è quello di non riuscire a prendere una direzione precisa, naufragando in un mare di influenze e citazioni che diventano quasi inevitabilmente plagi scontati o mezze intenzioni. Ma state pure tranquilli: è un rischio che i Muse, con la personalità e le doti tecniche che si ritrovano, non potranno mai e poi mai correre.

Quando alla Maverick dissero ai Muse di ripensare il modo di cantare di Bellamy perché poco radiofonico,

per tutta risposta voltarono le spalle e andarono dritti a firmare per la Warner.

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live style

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Nel 2003 Wim Wenders ha diretto il film-documentario The Soul Of A Man, per la miniserie The Blues prodotta da Martin Scorsese. I due grandi registi volevano riscoprire le radici della musica che più li ha influenzati nella crescita artistica e umana. Qualche anno fa Rod Stewart ha intrapreso un percorso simile, che lo scorso autunno ha raggiunto una tappa decisiva con la pubblicazione di Soulbook, tributo ai grandi classici del soul. Nell’attesa che “il fu Rod The Mod” arrivi in Italia, ricostruiamo le tappe di questo percorso.

> di Massimo Longoni , foto di Mark Seliger

RoD-steWaRt

oltre 40 anni la voce graffiante di Rod Stewart marca un solco preciso nel panorama della musica mondiale – lo scozzese ha piazzato dischi nelle case di almeno 250 milioni di

persone – senza restare ingabbiato in un qualche genere o stile. Ma dopo la pubblicazione di Soulbook (ottobre 2009) è chiaro che esiste un legame profondo tra Rod e il soul. Del resto anni fa il padrino James Brown lo aveva definito come “il miglior cantante soul di pelle bianca”. Più che una definizione, una vera e propria investitura.

IL CERCHIO E’ CHIUSOSoulbook è l’album che chiude il cerchio. Dopo decenni passati zigzagando tra punk, rock, pop e swing, Rod Stewart si è riappropriato delle canzoni che gli avevano acceso la fiamma. “Bisogna tornare a quando avevo 16 anni” racconta lui. “Avevo trovato uno strano lavoro da qualche parte e me ne andavo in giro con una radio transi-stor incollata all’orecchio. Un giorno mi è capitato di sentire Sam Cooke cantare Chain Gang e sono stato completamen-te rapito”. Quel brano non fa parte dell’album, ma in compenso ci sono molti altri classici, da Track Of My Tears a What Becomes Of A Broken Hearted, da Just My Imagination a Wonderful World. E, continuando le piacevoli abitudini prese negli ultimi anni, non mancano le collaborazioni illustri. Così Stevie Wonder presta la sua harmonica nel rifacimento di My Cherie Amour, il caratte-ristico falsetto di Smokey Robinson fa da contrappunto in Track Of My Tears e, per dimostrare che comunque non si

guarda solo al passato, non manca la star dei giorni nostri nella persona di Mary J. Blige, che affianca Rod in You Make Me Feel Brand New.Soulbook prosegue nel percorso intrapreso negli ultimi anni da Rod, che ha ripreso in mano il canzoniere ameri-cano reinterpretando a suo modo brani che hanno fatto la storia del rock e del soul e che fanno ormai parte dell’im-maginario collettivo. Una strada iniziata ormai otto anni fa con il primo volume di The Great American Songbook, It Had To Be You. Ne sono seguiti altri tre, As Time Goes By, Star-dust e Thanks For The Memory. Al momento di realizzare il primo di questi album Rod disse al suo manager, Arnold Stiefel, che aveva atteso vent’anni per cantare quei brani e che avrebbe dato tutto. Se poi il disco avesse venduto 25mila copie, beh... pazienza. Le copie sono invece diven-tate cinque milioni, e i volumi successivi sono riusciti non solo a bissare quel successo ma persino a superarlo, tanto che nel 2004 Stardust è entrato direttamente al primo posto

delle classifiche di vendita, un risultato che a Stewart mancava da 25 anni e che comunque non aveva mai ottenuto nella prima setti-mana di uscita. Un ritorno così clamoroso da far dire al fondatore dell’Arista Clive

Davis che “Rod è diventato una fonte di ispirazione per tutti gli artisti, mostrando come una carriera possa durare a lungo quando qualcuno ha la capacità di reinventarsi continuamente”.

PER SEMPRE GIOVANECon il tuffo nei classici dei nostri tempi, Rod ha iniziato una seconda vita in tutti i sensi. Intanto perché ha ritrova-

<< Avevo 16 anni e me ne andavo in giro con una radio transistor incollata all’orecchio. Un giorno ho sentito Sam Cooke cantare Chain Gang e sono stato completamente rapito >>

A

L’ANIMA DI UN UOMO

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21/06 Veronalive in italy

"Rod the Mod” ha rischiato (per il mondo della musica) di intraprendere la carriera di calciatore. E’ sempre stato un grande sostenitore dei Celtic e della nazionale scozzese, nonché calciatore dilettante.

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livestyle - rod stewart

Prima di dedicarsi esclusivamente alla sua carriera solista, Rod Stewart ha militato in di-verse formazioni inglesi, a cavallo tra la prima mettà degli anni Sessanta e il 1975. Alcune di queste meritano di essere ricordate.

The Ray Davies Quartet (1962)Nella primavera del 1962 Rod diventa il cantante di una band composta da 3 suoi amici dei tempi del col-lege, da cui divorzia presto

a causa di incomprensioni artistiche. I membri del The Ray Davies Quartet costituiscono il nucleo dei futuri Kinks, band che occupa un posto di rilievo nella storia musicale britannica.

The Hoochie Coochie Men (1964–1965)La leggenda narra che Rod venne scoperto da Long John Baldry mentre – in mezzo alla strada - suonava con l’ar-monica un pezzo degli All

Stars, di cui John – noto bluesman - era il cantante. Stewart viene subito invitato ad entrare nella band che, dopo la morte dell’armonicista Cyril Davies, cambia nome in The Hoochie Coochie Men.

The Jeff Beck Group (1967–1969)Dopo aver concluso l’espe-rienza con gli Yardbird – in cui avevano militavano an-che Eric Clapon e Jimmy Page – Jeff Beck forma il suo

gruppo e, nel febbraio del ’67, chiama Rod Stewart come lead vocalist. Qui Ron conosce Ron Wood – in seguito chitarrista dei Rolling Stones - con cui darà vita ad un profondo legame artistico e umano.

Faces (1969–1975)Quella con i Faces è l’espe-rienza più lunga e impor-tante di Stewart in una band. Passano solo pochi mesi per-ché Ron Wood, entrato nella formazione per sostituire il

precedente chitarrista, chiami l’amico Rod come cantante. Con i Faces “Rod The Mod” pubblica 4 album tra il ’70 e il ’73, prima di intraprendere defi-nitivamente la carriera solista

to il successo quando qualcuno, dopo qualche anno di galleggiamento tra album e vendite mediocri, era già pronto a considerarlo un ferro vecchio da consegnare ai manuali del rock. E poi perché tutto questo è arrivato dopo il trauma di un’opera-zione per un cancro alla tiroide. Un colpo doppiamente duro da superare perché l’operazione ha coinvolto le corde vocali e così Rod si è ritrovato, a 50 anni, a dover reimparare a cantare. Con il rischio che la voce non fosse più quella di un tempo, con quel timbro caldo che si riconosce subito: “Basta sentire due note e capisci che si tratta di Rod Stewart” ha detto il suo produttore storico, Steve Tyrrel. Una voce che ci accompagna ormai

dal 1969, anno di pubblicazione di An Old Raincoat Won’t Ever Let You Down, meglio noto come The Rod Stewart Album. Un lavoro ancora interlocutorio, acerbo. Ma al giovane Rod, inizialmente diviso tra la carriera solista e quella con i Faces (band nella quale militava anche Ron Wood, futuro chitarrista dei Rolling Stones), bastano un paio di anni per diventare un numero uno.

Every Picture Tells A Story, del 1971, è universalmente riconosciuto come uno dei più importanti album rock di tutti i tempi, e Maggie May è solo

il primo di una sterminata serie di singoli di successo.Quando nel 1975 le strade tra lui e i Faces si dividono Rod ha raggiunto uno status di star difficilmente in-taccabile. Sailing, Tonight’s The Night sono alcune delle canzoni che riman-gono indelebili a marcare la metà degli anni '70. E quando esplode la disco music e molti cantanti rock vengono risucchiati nel cono d’om-

bra, Rod piazza un colpo da fuoriclasse con Do Ya Think I’m Sexy?. I critici storcono il naso, ma la gente balla e il pezzo è di quelli che attra-versano decadi e generazioni mantenendo inalterata la loro efficacia. Nemmeno i

tanto vituperati anni '80 riescono a scalfire lo status di superstar di Ste-wart. Lo stile muta, si fa più levigato, ma la voce roca e inconfondibile è il

Meglio soli che...mal accompagnati

<< Dedicarmi all’interpretazione lasciando da parte il lato compositivo non è stato un impulso o un’urgenza. Per quanto posso ricordare è qualcosa che ho sempre voluto fare >>

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Si chiama Smiler – come il celebre album del 1974 - il fan club ufficiale di Rod Stewart. Fondato nel 1981 da John Gray, accani-to fan e collezionista di Rod sin dal 1971 (anno in cui acquista il suo primo singolo, Maggie May) è uno dei più grandi e longevi mai esistiti nella storia della musica. John incontra per la prima volta Stewart a soli tredici anni e, ad oggi, vanta più di cento presenze ai concerti del suo idolo in giro per il mondo. Gray, autore di Visual Documentary (la biografia illustrata di Rod Stewart), è anche l’editore della fanzine ufficiale del cantante scozzese - che porta sempre il nome di Smiler – ed è uno dei massimi esperti in materia, tanto da essere frequentemente interpellato dai media per avere notizie ed indicazioni sulla carriera di Rod. La fanzine, un trimestrale nato parallelamente al fan club, conta ottantasette numeri - ha avuto un solo periodo di pausa, dall’inizio del 2006 alla primavera del 2010 - e contiene notizie, gossip, lettere degli appasionati, vecchi articoli della stampa e ovviamente foto esclusive, interviste e contenuti speciali. Tra i lettori di Smiler ci sono nomi illustri come Boy George, la duchessa di York Sarah Ferguson, Paul Young e Cyndi Lauper. Iscrivendosi al sito web www.rodstewartfunclub.com è possi-bile acquistare le copie della rivista (quelle ancora disponibili) e oggetti di merchandising come poster, calendari, raccolta di foto e spille. Tutto, rigorosamente, nel segno di Rod Stewart. M.S.

"Fun" club ufficiale

livestyle - rod stewart

filo rosso che unisce le varie fasi della carriera di Rod. Così le classifiche continuano a essere inondate da suoi pezzi, come Young Turks, Forever Young e Downtown Train, mentre nel 1994, in piena grunge-era, All For Love - cantata in trio con Sting e Bryan Adams per la colonna sonora de I tre moschettieri - raggiunge il numero uno della classifica dei singoli di Billboard e lì staziona per alcune settimane.

MEGLIO I PEZZI LENTICon il nuovo millennio Rod assume il suo nuovo status di crooner. Gli anni passano, la maturità induce a calmare gli ardori (pur stemperati già da qualche anno) e a guardarsi indietro. Dedicarsi al 100% all’interpretazione lasciando da parte il lato compositivo diventa quasi lo sbocco naturale dopo quattro decadi di carriera. “Non è stato un impulso o un’urgenza” spiega lui. “Per quanto posso ricordare è qualcosa che ho sempre voluto fare”. Tanto che se si va a spulciare la sterminata discografia di Stewart dal 1969 fino ai primi anni 2000 si troveranno numerosissime canzo-ni degli autori più importanti, da Bruce Springsteen a Lennon-McCartney passando per Bob Dylan, Cat Stevens o Curtis Mayfield. La scelta è ancora una volta azzeccata. Le vendite sono più alte di quelle di una volta, i concerti tutti esauriti e, nel 2004, dopo 14 candidature andate a vuoto, può finalmente portarsi a casa un bel Grammy Award da mettere in mostra nel salotto buono come “miglior cantante di pop tradizionale”. La parabola per uno che ha mosso i primi passi con Jeff

Beck e con i Faces ha fatto da precursore del punk inglese è evidente, ma questa è la vita: si nasce incendiari e si muore pompieri. Tutto sta nel fare bene entrambe le cose. Tanto più che le due anime hanno sempre convissuto in Rod. Già nel 1970 lui confessava a Rolling Stone di preferire “i pezzi lenti”. E per un motivo prettamente tecnico. “Per un cantante – spiegava Stewart – un pezzo lento si dispiega meglio di qualunque altro. Ci sono maggiori opportunità nel fraseggio, sei più libero”. E comunque questo non impedisce al fuoco del rocker incallito di ardere sempre: da un paio di anni si parla di una reunion dei Faces, che andrebbe a fare il paio con un primo riavvicinamento con Ron Wood avvenuto nel 1993 per un unplugged di MTV poi immortalato nell’album Unplugged And... Seated. Il gruppo intanto si è portato avanti, ritrovandosi per un concerto il prossimo agosto con Mick Hucknall alla voce. Nessuna esclusione per Rod, semplicemente questione di impegni perché, come ha sottolineato Ron Wood, “la sua agenda è sempre completamente piena”.

UN MONDO MERAVIGLIOSOAgenda che per l’appunto è tutta incentrata su Soulbook e il relativo tour. Per Rod questo è stato un album più difficile di tanti altri per via del coinvolgimento emotivo,

al punto che inizialmente era dubbioso sull’opportunità di realizzarlo. “Credo che mi servisse una spinta” ha spiegato. “Ero piuttosto spaventato nell’affrontare alcune canzoni perché questi sono davvero i miei eroi. Quando abbiamo cominciato il primo brano a essere realizzato è stato Just My Imagination e poi Rainy Night In Georgia. A quel punto ho iniziato a prendere confidenza”. Sono due i brani che hanno creato più di un problema a Rod. Intanto il classico di Jackie Wilson Your Love Keeps Lifting Me. “È stata mia moglie a spingermi a realizzarla” ha confessato il cantante. “Io ero molto ansioso per questo pezzo perché è tanto stra-

ordinario quanto cantato magnificamente. Per que-sto sono stato particolar-mente felice quando ho sentito come erano venu-te le parti vocali”. E poi il pezzo storico di Sam Cooke, Wonderful World,

per un eccesso di familiarità. “Ce l’ho talmente nel sangue che spesso mi sono ritrovato a copiare esattamente quello che aveva fatto Cooke” ha detto Stewart. “Così l’abbiamo un po’ cambiata, irrobustita”. Tutto per un lavoro affronta-to con umiltà ed emozione, entrambe palpabili nell’ascolto, per confezionare quello che nelle intenzioni di Rod doveva essere un “segno di rispetto” nei confronti di quei cantanti e di quelle canzoni. E lui, da sempre grandissimo appassio-nato di calcio, ha fatto gol un’altra volta.

<< Ero piuttosto spaventato perché questi sono davvero i miei eroi. Poi abbiamo cominciato con Just My Imagination e Rainy Night In Georgia e ho iniziato a prendere confidenza >>

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31onstage - speciale HJF

E’ l’evento musicale dell’anno, senza nulla togliere agli altri grandi appunta-

menti estivi e del prossimo autunno. L’unico raduno musicale in Italia che per

storia, dimensioni e cast regge il confronto con i più importanti festival euro-

pei. A due anni dall’ultima edizione, torna l’Heineken Jammin’ Festival, ancora

una volta nella splendida cornice del Parco San Giuliano di Mestre, Venezia.

Pile di casse, amplificatori giganteschi, schermi video, luci, birra, sudore e

tanta, tanta musica. Un cast d’eccezione con molte delle migliori band della

scena internazionale, dagli Aerosmith ai Green Day, dai Black Eyed Peas ai

Pearl Jam passando per Ben Harper & Relentless7, Cranberries, 30 Second

To Mars, Massive Attack e molti altri. In totale, sono quasi 40 artisti gli artisti

sparsi nei 4 giorni di programmazione (dal 3 al 6 luglio). E come se non

bastasse, il parco è attrezzato con la Sport Area, con tanto di campi da

calcio, l’Heineken Zone (con la spiaggia) e l’area per il campeggio notturno.

Insomma, un mega-festival, che abbiamo voluto “vivere” prima del tempo.

Perché ci mancava tanto.

speciale

HeinekenJammin'Festival

SPECIALE

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onstage - speciale HJF

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1998All’autodromo "Enzo e Dino Ferrari" di Imola comincia la

storia dell’Heineken Jammin’ Festival - la collocazione non cambierà fino al 2006. La prima edizione si apre con i fuochi d’artificio: l’headliner prescelto per il 20 giugno è un’icona dei rock italiano, Vasco Rossi, capace di radunare 120.000 persone (prima di lui Babyra Soul, Catherine Wheel, Anouk, Ash e i The Jesus And Mary Chain). Protagonisti della giornata suc-cessiva sono i Kula Shaker, Natalie Imbruglia, Ben Harper e Tori Amos oltre ai nostrani Bluvertigo ed Elisa.

La favola dell’Heineken Jammin’ Festival comincia 12 anni fa a Imola. Da quella prima edizione, 200 ore di pro-grammazione e oltre 150 concerti hanno segnato il cammino dell’unico vero grande festival che l’Italia abbia ospitato in questo periodo. Edizione dopo edizione, ripercorriamo la sto-ria dell’Heineken.

Dr. De Luca, dopo l’an-no scorso si temeva che l’Heineken fosse un ca-pitolo chiuso.Io cerco sempre di dire le cose come stanno. Quando nel 2009 soste-nevo che non c’erano headliner all’altezza per organizzare un festival di rilievo, dicevo la ve-rità. Ci vogliono grossi nomi della musica mon-diale per organizzare un evento come l’Heineken,

che prevede diverse giornate consecutive di spettacolo e intrattenimento – non confonda il fatto che qui in Italia c’è l’abitudine di chiamare festival quelle che in realtà sono del-le rassegne. L’anno scorso, lo ribadisco, non c’erano questi nomi disponibili. Non è mai stata mia intenzione cancel-lare l’evento di Venezia e l’edizione di quest’anno lo conferma.

Quello del Parco San Giuliano di Mestre è un festival all’altezza dei più grandi d’Europa? Assolutamente, siamo tra i più importanti raduni musicali del continente, come cast e come strutture annesse all’evento, penso alla possibilità di campeggiare ad esempio. Oltretutto, non dimentichiamoci che siamo all’undicesima edizione, ormai abbiamo anche una certa storia alle spalle. E poi la location: credo sia una delle più belle d’Europa, un parco magnifico circondato dall’acqua con Venezia sullo sfondo. E’ un posto meravi-glioso.

A proposito della location, ci sono state delle polemiche quando il festival è stato spostato dall’Autodromo di Imo-la al Parco San Giuliano: gli ambientalisti si sono lamen-tati per il disturbo che la musica avrebbe provocato ad un canile nelle vicinanze del palco e per la presenza di anima-li nell’area destinata ai concerti.Qualcuno sosteneva che gli animali sarebbero stati infastidi-ti dalla musica, che sarebbero addirittura morti. Noi siamo andati a verificare personalmente i laghetti dove ci sono le papere: non erano minimamente sconvolte dalle gente intor-no e dalla musica, si comportavano in modo normalissimo. Per quanto riguarda il canile, è a 700 metri dal palco, una certa distanza; anche in questo caso abbiamo verificato che i cani, durante i concerti, non mostravano alcun segno di ner-vosismo, non abbaiavano neanche. Il motivo è semplice: gli animali soffrono frequenze diverse da quelle musicali.

Si dice che in Italia non esista la cultura del festival. Si può dire che l’Heineken neghi questa diffusa convinzione?In realtà dobbiamo ancora fare molta strada in questo senso.

Se io mettessi in vendita i biglietti prima di annunciare gli artisti non ne venderei mezzo. Altrove fanno sold out mesi prima di aver detto chi suonerà (De Luca si riferisce a Gla-stonbury, nda) perché viene premiato il concetto stesso di fe-stival. Questa è una grande differenza. La gente da noi deve ancora imparare, è chiaro che gli devi dare per tanti anni di seguito un evento importante. Vediamo se col tempo riusci-

remo a raggiungere anche questo obiettivo.

Com’è stato pensato il cast?Un festival deve dare la possibilità al pubblico di ascoltare diversi tipi di musica. Per questo esistono serate più rock, altre più pop e altre che sono qualcos’altro ancora, penso al terzo giorno con Black Eyed Peas, Cypress Hill e Massive Attack. Non siamo stati ispirati da una visione “talebana” nella definizione di generi e stili, ma comunque a livello di direzione artistica abbiamo messo insieme mondi per lo meno vicini.

Pensando alle vicende degli Aerosmith - fino a primavera non si sapeva se sarebbero ripartiti in tour e con che for-mazione – viene da pensare che trattare con le band non debba essere facile.Per inciso io ho tardato ad annunciare la line up perché ave-vo presente la querelle degli Aerosmith, ma sapevo anche che sarebbe tutto rientrato. Appena loro hanno ufficializzato il tour, io ho “svelato” gli headliner. Quanto al rapporto con

le band, devo dire che - senza fare nomi - ci sono alcune gelosie e rapporti non proprio ottimali tra certe formazioni, per cui bisogna trovare il modo di rea-lizzare il cast dei vari giorni senza scon-tentare nessuno. In questo caso bisogna fare un po’ gli equilibristi per raggiun-gere lo scopo.

Lei chiaramente si occupa di musica come business, ma è anche un grande appassionato. Qual è la perfomance o la serata che più la incuriosisce?Premetto che io faccio questo lavoro perché mi diverto ma anche perché ci vivo. Credo che nel DNA di un promoter vero, cioè che non lo fa occasionalmente, ci sia l’idea di ave-

<< Un festival deve dare la possibilità al pubblico di ascoltare diversi tipi di musica.

Per questo esistono serate più rock, altre più pop e altre che sono qualcos’altro ancora >>

Fin dalla sua prima edizione, nel 1998 all’Autodromo di Imola – quella immortalata da

Vasco nel doppio live Rewind - l’Heineken Jammin’ Festival è stato organizzato e promos-

so da Live Nation Italia (allora Milano Concerti) di cui Roberto De Luca è presidente

e centro di gravità. Per iniziare al meglio questo specialone sull’evento di Venezia non

potevamo che ascoltare le parole del promoter. Una chiacchierata tra passato, presente

e futuro.

il mio orgoglioSPECIALE> di Gianni Olfeni

1998-2008: FlasHBacK

Page 35: Onstage Magazine giugno 2010

35onstage - speciale HJF

1998All’autodromo "Enzo e Dino Ferrari" di Imola comincia la

storia dell’Heineken Jammin’ Festival - la collocazione non cambierà fino al 2006. La prima edizione si apre con i fuochi d’artificio: l’headliner prescelto per il 20 giugno è un’icona dei rock italiano, Vasco Rossi, capace di radunare 120.000 persone (prima di lui Babyra Soul, Catherine Wheel, Anouk, Ash e i The Jesus And Mary Chain). Protagonisti della giornata suc-cessiva sono i Kula Shaker, Natalie Imbruglia, Ben Harper e Tori Amos oltre ai nostrani Bluvertigo ed Elisa.

re un festival, per cui sono molto orgoglioso di quello che Live Nation riesce a fare con l’Hei-neken. Detto questo, io personalmente non mi perdo neanche le prove. Quanto all’edizione di quest’anno sono molto incuriosito dalla serata con Black Eyed Peas e Massive Attack, credo sia molto interessante l’incontro tra due mondi musicali del genere.

Il cast di quest’anno è notevole. Che risposta vi aspettate da parte del pubblico? Ci siamo posti l’obiettivo di avere 120.000 pre-senze tra tutti e quattro i giorni e, se il tempo ci dà una mano, contiamo di raggiungerlo. Le prevendite sono andate bene e va considerato che il pubblico italiano compra il biglietto molto a ridosso dell’evento quando ci sono spazi così grandi che è praticamente impossibile esaurire. Insomma, siamo ottimisti.

In conclusione, una battuta sull’Electro-Venice. E’ un festival diverso dall’Heineken come con-cetto musicale, un progetto in cui credo molto e che riproporrò ogni anno, non so ancora quan-to vicino all’Heineken in termini temporali. E’ un esperimento interessante nel quale abbiamo coinvolto grandi nomi della musica elettronica mondiale, un cast di altissimo profilo. Stiamo già pensando di proporre un concetto del gene-re, oltre che a Venezia, anche da altre parti.

Questa è un’anticipazione. Da altre parti in Italia?Esatto.

L'AREA DEL FESTIVALPARCO SAN GIULIANO

MESTRE (VE)

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É

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la rock band americana che ha venduto più dischi in assoluto (oltre 150 milioni in tutto il mondo, per la precisione) ed è anche una delle più chiacchierate. Ha fatto sognare almeno tre

generazioni di fan, eppure non c’è traccia di nuovi brani da quasi un decennio. In ogni caso, dopo quarant'anni di successi ed eccessi, gli Aero-smith sono ancora in pista e non sembrano voler mollare il colpo. “In tutto questo tempo abbiamo imparato a conoscer-ci meglio, ci accettiamo l'un l'altro con maggior facilità, e lavoriamo insieme più sem-plicemente” ci racconta Joey Kramer, storico batterista del-la band (è stato proprio lui, ai tempi del liceo, a battezzare il nome della band appuntando-lo su un bloc-notes). Va bene l’effetto, ma qual è la causa di tutto questo, la formula segre-ta che tiene insieme la band da quattro decadi? “Sai, questo è davvero un miracolo per noi, io ringrazio Dio per tutto quello che abbiamo e penso che la cosa che ci tiene davve-ro uniti sia il fatto che amiamo suonare. Tutti noi adoriamo salire sul palco e donare gioia alla gente; penso proprio che sia questa la ragione principale per la quale siamo ancora insieme”.

Eppure la carriera degli Aerosmith non è sempre stata tutta rose e fiori, a cominciare dai problemi con la tossico-dipendenza, fortunatamente superati da anni, per arriva-re ai recenti screzi fra i membri della band e Steven Tyler. Per la cronaca, all’inizio del 2010 il chitarrista Joe Perry ha annunciato che il gruppo era alla ricerca di un nuovo can-tante (qualcuno ha addirittura scritto che Lenny Kravitz si

era offerto per il ruolo!), ricerca conclusasi in seguito ad un lettera dell'avvocato di Tyler con cui il cantante dichiarava di essere pronto ad intraprendere un'azione legale contro i suoi band mate se non avessero messo fine al tentativo di rimpiazzarlo. La nostra curiosità sull’argomento è legitti-

ma, ma Joey non ha molta voglia di parlarne: “Tutta quella faccenda è stata semplicemente un grande fraintendimento. Era un affare di famiglia e, sai, avevamo bisogno di occu-parcene dall'interno”. Così è stato e fortunatamente lo scor-so febbraio è arrivato l'annuncio che ha tranquillizzato tutti i fan dei cinque ragazzacci di Boston: gli Aerosmith si sa-rebbero imbarcati nuovamente in un tour mondiale, Tyler compreso.

Dal canto suo, anche Joey in passato ha attraversato pe-riodi difficili all'interno della band, momenti drammatici che ha deciso di raccontare in un’autobiografia, Hit Hard: A Story Of Hitting Rock Bottom At The Top, che il batterista ha pubblicato lo scorso anno. Per scriverla ha approfittato

dei ritagli di tempo libero: “Ci ho la-vorato sia mentre ero in tour che du-rante le pause dalla vita on the road. Ho impiegato 4 anni per terminarlo, impegnandomi duramente. Sono molto orgoglioso di questo libro”. Il momento più critico di cui si parla nell’autobiografia riguarda la scom-parsa del padre: “Quando se n'è an-dato, non ho davvero avuto il tempo di elaborare come avrei dovuto il mio lutto perché dopo il funerale sono ri-partito subito per la tournée con gli Aerosmith”. Ovviamente la cosa in seguito è tornata a galla presentan-do un conto salato: “Mi è venuto un esaurimento nervoso. E' successo mentre stavamo registrando Nine Lives, nel '96, in quel momento non riuscivo nemmeno a suonare, ero in uno stato assurdo, così mi sono do-vuto fermare e prendermi cura di questa faccenda. Sono andato in un luogo dove potevo capire ciò che mi stava accadendo”.

Se non fosse diventato un musici-sta di successo, Joey oggi sarebbe un

archeologo (“Ho studiato archeologia, credo proprio che sarebbe finita così,

perché no?”). E invece gli tocca essere il batterista di quel-la che è stata soprannominata “la più grande rock 'n' roll band di tutti i tempi” – anche se gli Aerosmith non sono i soli a poter reclamare un simile titolo - e grazie al successo di album come Permanent Vacation, Get A Grip e Pump, può vantare, insieme ai suoi compagni di band, 25 dischi d'oro, 18 di platino, e 12 multiplatino, oltre a uno di diamante e 4 singoli d'oro; senza contare il fatto che Joey e soci sono

3 LUGLIO 4 LUGLIO 6 LUGLIO 5 LUGLIO

Dopo le molte chiacchiere di quest’inverno – ricordate la querelle tra Steven Tyler e gli altri membri della band? - gli Aerosmith sono tornati a fare quello che per cui sono diventati famosi in tutto il mondo: suonare. Grazie all’Heineken Jammin’ Festival, il Cocked Locked And Ready To Rock Tour arriva anche in Italia dopo aver girato l’Europa e, ancora prima, il Sud America. Ed è proprio dal Cile che Joey Kramer, batterista della band di Boston, si è concesso ad Onstage per parlare di una delle più longeve storie di rock and roll.

AeROsmiTh

onstage - speciale HJF

Primo cambiamento per il festival: si passa da 2 a 3 giorni (così come l’anno successivo), ma la location rimane la stessa. Si fa sentire la pioggia, che però non rovina la riuscita della ma-nifestazione. Zucchero, Robbie Williams, Elio e le Storie Tese, Carmen Consoli, Max Gazzè e i Subsonica sono gli artisti del primo giorno. Si prosegue con Skunk Anansie, Garbage, Bush, Goo Goo Dolls, Negrita, Stereophonics e Timoria. La star del terzo giorno è Marilyn Manson; completano il cast Blur , Place-bo, Bluvertigo, Verdena e le Hole di Courtney Love.

1999

SPECIALEdi Susanna La Polla

Gli Aerosmith nella formazione attuale: da sinistra Brad Whitford (chitarra ritmica), Joe Perry (chitarra solista), Steven Tyler (voce), Tom Hamilton (basso), Joey Kramer (batteria).

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37onstage - speciale HJF

L’Heinken Jammin’ Festival apre col botto. Se è vero che il 3 luglio è il grande giorno degli Aerosmith, headliner della giornata inaugurale, è altrettanto vero che prima degli americani sono previste le esibizio-ni di Cranberries e Stereophonics, che messi insieme fanno milioni di dischi (e di fan).

Gli irlandesi – Dolores O’Riordan è accompagnata dai fratelli Hogan (Noel alle chitarre e Mike al basso) e da Fergal Lawler (batteria) – sono tornati insieme dopo un periodo di separazione durato sette anni in cui hanno tentato progetti solisti con alterne fortune. In ogni caso, la reunion ha scatenato i nostalgici e il tour è andato a gonfie vele, nonostante i Cranberries non abbiano ancora pubblicato nuovo materiale: dal vivo suonono le hit più famose, come Zombie, Linger, Animal Instinct, Dreams e Just My Immagination, e sem-bra funzionare alla grande. Più di quanto loro stessi si sarebbero mai aspettati: “Dopo 7 anni pensi che la gente si possa dimenticare di te. E invece pratica-mente tutti gli show sono stati sold out” ci raccontava Noel Hogan sul numero di marzo. L’Italia è tra i paesi

che meglio hanno accolto il quartetto irlandese: dopo il concerto del 16 marzo a Milano, in un Mediolanum Forum completamente esaurito, Dolores e soci han-no confermato altre 3 date (5 luglio a Roma, il giorno seguente in provincia di Perugia e l’8 a Torino) più l’Heineken. Evidentemente ci mancavano molto.

Già presenti nelle passate edizioni dell’Heineken, gli Stereophonics tornano in Italia dopo la data di Milano dello scorso febbraio. Quest’inverno i galle-si hanno pubblicato il loro settimo album in studio, Keep Calm And Carry On, il cui titolo si ispira ad un manifesto della Seconda Guerra Mondiale (“Mi pia-ceva la frase e pensavo fosse appropriata per molte delle canzoni del disco, che veicolasse lo stesso mes-saggio positivo e incoraggiante” ha dichiarato Kelly Jones ad Onstage qualche mese fa). Gli Sterophonics dal vivo cercano di proporre uno show energico che si ispira “a quei pazzi degli AC/DC”, per dirla come Jones. Le premesse non sono male, vediamo se fun-ziona davvero. M.S

i protagonisti del primo videogame basato interamente su una rock band, Guitar Hero: Aerosmith. Ma loro avranno mai riflettuto sui motivi dello straordinario successo che hanno raccolto in queste 4 decadi di attività? “Fondamentalmente credo che le nostre canzoni siano senza tempo, che abbiamo superato quel test, che poi è quello più difficile in assoluto. E se hai canzoni del genere, bé, sai, il più è fatto”.

Dal 2006 il pubblico della band americana attende mate-riale nuovo - da quella data si vocifera infatti che la band stia preparando un nuovo disco, il quindicesimo in studio, che uscirebbe a distanza di quasi 10 anni dall'ultimo album di brani inediti, Just Push Play, del 2001 - ma ancora nessuna notizia ufficiale è trapelata al riguardo. Arriva o non arriva questo disco? E come saranno le nuove canzoni? “Purtroppo per ora non posso dare anticipazioni. Ma è vero che stiamo preparando un album, che non è ancora finito e che tornere-mo a lavorarci sopra una volta concluso il tour”. Già, il tour. Com’è questo Cocked Locked And Ready To Rock? Con un titolo così… Joey non si sbilancia neanche in questo caso. “Posso dirti solo che è il migliore di sempre”.

Durante la tournèe dello scorso anno gli Aerosmith hanno avuto diversi problemi, a partire dagli interventi chirurgici ai quali sono stati sottoposti il chitarrista Brad Whitford e il bassista Tom Hamilton, fino ad arrivare alla caduta dal palco di Steven Tyler in Sud Dakota. In quell’occasione il cantan-te ha aggravato ulteriormente i suoi annosi problemi agli arti inferiori, finendo fuori gioco per diversi mesi (la band ha dovuto cancellare il resto del tour statunitense intrapre-so insieme agli ZZ Top, mentre Joe Perry dava alle stampe Have Guitar, Will Travel, il suo quinto album solista). Ma per

quest'anno Joey è fiducioso: “Pensa che non abbiamo nem-meno un rituale scaramantico prima dei concerti, prendere-mo le cose come vengono, come al solito”. E com'è “il solito” per gli Aerosmith? “Questa è la mia tipica giornata prima del concerto: mi sveglio, bevo un caffè con mia moglie - che viaggia sempre con me - leggiamo un po', quindi usciamo e facciamo un po' di shopping, poi vado al soundcheck e infine eccomi sul palco per lo show”. Alla faccia del rock and roll. “Sicuramente prima del concerto in Italia mi farò una bella parmigiana di melanzane. Adoro il cibo italiano, tutto il cibo italiano!”. Ma dai?

brit-rock?? sounds good...

Gli headliner della prima edizione del nuovo millennio sono i Rage Against The Machine (16 giugno), Piero Pelù (17 giugno) e gli Oasis (18 giugno). In ordine di apparizione della prima giornata: Punkreas, Muse, Guano Apes, Primal Scream. Nel giorno del frontman dei Litfiba (allora appena sciolti) si esibiscono gli Eurythmics, i Morcheeba, Eagle-Eye Cherry, Prozac + e i Chemical Brothers con una performance elettroni-ca a chiudere la seconda serata. Prima dei fratelli Gallagher è la volta di Counting Crows, Kelis, Gomez, Elisa e Subsonica.

2000

<< Stare insieme dopo tutto questo tempo è un miracolo, ringrazio Dio per questo. Credo che a tenerci uniti sia il fatto che

amiamo suonare, salire sul palco e dona-re gioia alla gente >>

Page 38: Onstage Magazine giugno 2010

ipensando agli ultimi 40 anni di storia della po-pular music, è facile notare come molti dei più importanti artisti, da un certo punto in poi della propria carriera, abbiano intrapreso altri me-

stieri rispetto a quello per cui sono diventati famosi – inne-gabilmente un invidiabile lusso. Quasi come se lo status di “big” riguardasse solo chi è in grado di mettersi alla prova anche su sentieri, artistici e non, ancora inesplorati. C’è chi per sentirsi completo ed esprimersi al meglio si è dato alla letteratura, anche per un retaggio degli anni della propria formazione, come nel caso di Lou Reed e Patti Smith, en-trambi poeti. C’è poi chi ha deciso di dare risposta a un’ur-genza interiore utilizzando la propria immagine a favore

di cause politico-sociali: si pensi a Bono, impegnato nella campagna di cancellazione del debito per i paesi poveri, e Thom Yorke dei Radiohead, che ha sostenuto il candidato del Green Party alle ultime elezioni inglesi, o Eddie Vedder dei Pearl Jam, noto attivista politico nonché compositore della colonna sonora del film di ispirazione ambientalista Into The Wild. Non bisogna poi dimenticare la “deprecata” categoria di coloro che si dedicano ad altro per sfuggire alla noia di chi è arrivato. Di solito questi ultimi cercano di otti-mizzare la notorietà facendo dono alle masse delle proprie passioni, come nel caso delle collezioni di abiti firmate da Kylie Minogue e Madonna (sono famose le loro collabora-zioni con la catena di abbigliamento svedese H&M). Dulcis

in fundo, ci sono i più goliardici, quelli che si cimentano per diletto nella recitazione: qui la lista sarebbe veramente lunga, ma basterà citare tra tutti David Bowie, Sting e Flea dei Red Hot Chili Peppers. Ad onor del vero, c’è anche chi ha preso più seriamente la carriera cinematografica, come Tom Waits, che vanta parti di un certo spessore in numero-si film eccellenti, o Michael Stipe, che ha prodotto pellicole come Essere John Malkovich e Velvet Goldmine. Per inciso, la palma della simpatia va però a chi, come John Frusciante, fa dei suoi momenti di “sballo” una forma di intellettualismo, divertendosi a scrivere, dipingere ed inventare rompicapi matematici.

Per tornare ai Green Day, loro hanno fatto di meglio,

R

Un musical, una mostra, un messaggio socio-politico. Se doveste associare questi tre concetti ad un genere e ad un gruppo musicali non pensereste al punk. E invece stiamo parlando dei Green Day. Dopo un momento di flessione a cavallo del nuovo millennio, Billie Joe e soci sono tornati ai vertici, tanto da permettersi di “scollinare” in diversi ambiti artistici. Ma senza perdere di vista la musica. Non a caso, sono gli headliner della seconda giornata dell’Heineken.

2001Le giornate dell’Heineken tornano due, così come torna

il nome di Vasco sul programma (della prima data). 150.000 fan tra le curve del circuito per Feeder, Lifehouse, Timoria, Stereophonics, Marlene Kuntz, Irene Grandi, Alanis Moriset-te e (soprattutto) il signor Rossi. Il “Day Two” offre lo spet-tacolo di Offspring, Placebo, Incubus, Queens Of The Stone Age, Apocalyptica, Linea 77 e P.O.D. Era destinata ai Guns ‘N’ Roses la chiusura del festival, ma poche settimane prima dell’evento l’esibizione era stata cancellata.

onstage - speciale HJF

38

3 LUGLIO 4 LUGLIO 6 LUGLIO 5 LUGLIOGREEN DAY SPECIALEdi Francesca Vuotto

I Green Day devono molto ai Ramones. Billie Joe e soci hanno ammesso che senza la punk band americana, formata nel 1974 da Joey, Johnny, Dee Dee e Tommy, probabilmente i Green Day non sarebbero mai esistiti.

Page 39: Onstage Magazine giugno 2010

I am the thunder, I am the sound, the million volts, the years of doubt. My stitches are made to hold my fury when I’m the star deep in the night. I am your voice,

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3 LUGLIO 4 LUGLIO 6 LUGLIO 5 LUGLIO

onstage - speciale HJF

La quinta edizione del festival musicale targato Heineken, sempre nel circuito di Imola, vede protagonisti il 15 giugno i Red Hot Chili Peppers, anticipati dai Muse, i Lostprophets, gli Afterhours, i Me-ganoidi, gli Sneaker Pimps, gli Zen, i File e Kane. Il giorno dopo salgono sul palco i Rumorerosa, i Malfunk, i Costeau, Manà, gli Articolo 31, i Subsonica, i Garbage e, in serata, il genio chitarristico di Carlos Santana. Entrambe le date vengono chiuse da una “Dan-ce Night” firmata The Chemical Brothers e Planet Funk.

2002

La seconda giornata dell’Heineken Jammin’ Festival è tutta all’insegna del punk-rock. A par-tire dal pomeriggio, i primi a salire sul palco sono i giovanissimi Bastard Sons of Dioniso, trio “ram-pante, super-rock e rurale” (come amano definir-si loro stessi) che dopo X Factor 2009 non ha pra-ticamente mai smesso di suonare. Probabilmente tutta questa energia è merito dell’aria che hanno respirato fino da piccoli in Trentino. La ritrove-ranno in Laguna? In ogni caso, i Bastardi hanno dimostrato di sapersela cavare bene sul palco. Seguono i Rise Against, quartetto di Chicago cresciuto a pane e punk. Musica veloce ed ener-getica - ispirata a mostri sacri del genere come Bad Religion, Minor Threat e Bad Brains - per far scuotere ogni singolo arto degli spettatori presen-ti. Del resto, l’obiettivo della band per conquista-re i fan, come ha più volte sottolineato il leader del gruppo Tim McIlrath, è quello di “spaccare” dandoci dentro col punk. Sarebbero piaciuti mol-to a Malcolm MaLaren (manager dei Sex Pistols e “impresario rock” recentemente scomparso) e chissà che da lassù…

C’è un po’ meno punk nella direzione artisti-

ca intrapresa ultimamente dagli Editors, che con l’ultimo album (In This Light And On This Eve-ning, del 2009) hanno svoltato verso sonorità più cupe e gonfie di pathos – new wave verrebbe da dire - arricchite da strumenti sintetici (c’è lo zam-pino di Flood, guru dell’elettronica). Prima dei capofila Green Day, il “day two” dell’Heineken propone i californiani 30 Seconds To Mars, capi-tanati dall’eclettico Jared Leto, noto (soprattutto alle donne) attore e regista, oltre che musicista. Diciotto mesi di dura battaglia negli studi per re-gistrare il loro ultimo lavoro - This is War è stato pubblicato a fine 2009 - e poi via in tour a far sal-tare e cantare gli “Echelon” (nome che la band ha individuato per i suoi fan). I californiani tornano in Italia dopo il sold out fatto registrare in dieci minuti netti per la performance ai Magazzini Ge-nerali di Milano del novembre scorso e il bis nel più capiente Palasharp, sempre nel capoluogo lombardo, il 22 marzo. Jared e compagni sem-brano essere veramente “lanciati verso l’alto”, proprio come recita il motto sul logo della band: “Provehito in altum”. Più in alto di loro ci sono solo i Green Day. M.S.

poiché hanno sovvertito (potevano smentirsi?) la strada tracciata dai loro colleghi, al punto che è difficile stabilire per quali motivazioni si siano de-dicati ad altro. Negli ultimi otto mesi si sono cimentati con mondi fino ad ora mai affrontati: hanno commissionato ad alcuni pittori di dipingere dei quadri ispirandosi alle canzoni del loro ultimo album, dando vita così alla mostra The Art of Rock, (esposta a Londra lo scorso autunno), e hanno com-posto il musical American Idiot, che dallo scorso maggio porta sui palchi di Broadway le storie raccontate nell’omonimo album e nel successivo 21st Century Breakdown. Non da ultimo, sono protagonisti del videogame Green Day - Rock Band, in uscita l’8 giugno.

Questa evoluzione ha delle caratteristiche peculiari che li differenziano fortemente dai loro colleghi. Innanzitutto, i Green Day sono rimasti uniti nello svolgere queste attività, mentre di solito è facile che le “scappatelle” siano legate a moti personali dei singoli. In secondo luogo, la musica è ri-masta al centro del loro percorso, a testimonianza del fatto che tutto ciò fa parte di un processo di crescita, che è anche l’elemento che li salva, almeno in parte, da facili critiche. Che abbiano dato adito a questa svolta per in-crementare i loro guadagni, o per darsi un tono, o per togliersi uno sfizio, per divertimento, come nel caso del videogioco, o semplicemente per una nobile urgenza espressiva – forse accumulata negli anni di “magra” (dopo Warning del 2000 erano dati per spacciati) - quel che è certo è che con que-sto nuovo corso hanno trovato la strada per far seguire alla naturale matu-razione personale anche quella artistica, come gruppo. L’operazione non era facile poiché il genere musicale a cui sono legati impone dei “limiti” che difficilmente si adattano ad una visione “adulta” come quella che Billie Joe Armstrong e compagni hanno acquisito dopo i tragici eventi dell’11 settembre 2001. Questo è il loro modo di continuare ad essere punk senza cadere nel ridicolo: dopo una certa età o ci si chiama Vivienne Westwood e Malcolm McLaren (rest in peace) o si fa fatica a non perdere credibilità e a non scimmiottare se stessi vent’anni prima. Ci vuole anche una buona dose di coraggio per presentarsi ai fan più devoti con una mostra, un musi-cal e due concept album, per l’appunto American Idiot e 21st Century Break-down, basati sulla necessità di fare attenzione alle esigenze e ai sentimenti di chi ci sta attorno, senza dimenticare di tenere fede in ciò in cui si crede. Potrebbe anche sembrare banale, ma il punto è che si deve avere la forza di fare certe scelte, mettendosi in discussione e correndo non pochi rischi. Non è da escludere che i Green Day siano arrivati a questi risvolti pittorici e teatrali come approfondimento della visione immaginifica dei loro te-sti, che si prestano particolarmente alla trasposizione visiva. Ciò potrebbe anche essere uno spunto interessante per il futuro, come dimostrano le ri-cerche sulla formazione del suono che conduce Peter Gabriel o l’interesse di Bjork per la video-art, che l’ha resa un’apprezzatissima e pluripremiata attrice in Dancer In The Dark.

Non sappiamo quali siano i reali presupposti che stanno dietro a questa “svolta impegnata”, in ogni caso i Green Day hanno acquisito un significa-to ed uno spessore che prima non avevano, e ci sono riusciti senza dimenti-care le origini, quel punk che - i puristi facciano tutte le facce che vogliono – è matrice della loro musica. Hanno trovato un equilibrio che mette (quasi) tutti d’accordo, da qualsiasi punto di vista si guardi la cosa. Proprio per questo motivo diventa difficile individuare una giusta etichetta per questa nuova fase; forse sarà proprio nel momento in cui sarà possibile trovarla che la magia si spezzerà e i Green Day avranno finito di essere un gruppo artisticamente interessante. Ma, forse, semplicemente non accadrà.

god save punk !

SPECIALE

Il festival torna alla formula dei 3 giorni, tutti all’insegna dell’hard rock e del metal, con headliner del calibro di Metallica, Bon Jovi e Iron Maiden. Il “Day One” si apre con i Karnea seguiti dagli Extrema, i Punkreas (scelti per sostituire i Limp Bizkit), gli Stone Sour, Flint e i Placebo, che, a causa del lancio di alcune bottigliette dal pubblico, concludono in anticipo la loro esibizione. Il giorno seguente gli ospiti sono Dave Gahan, Anouk, gli Zen, i The Music e Tricky, che da la buona notte alla folla. Nella giornata conclusiva suonano Domine, Vision Divine, Lacuna Coil e Cradle Of Filth.

2003

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onstage - speciale HJF

42

3 LUGLIO 4 LUGLIO 6 LUGLIO 5 LUGLIOblack eyed peas

Fatboy Slim il 18 giugno, The Cure il 19 e Lenny Kravitz il 20 sono i main act dell’edizione 2004 dell’Heineken Jammin’ Festival. La pri-ma giornata è dedicata al ritmo digitale e all’elettronica con Timo Maas, Massive Attack e Circoloco Crew. Il rock comanda il giorno successivo grazie a Delta V, The Calling, Starsailor, PJ Harvey, Pi-xies e Ben Harper. Sonorità pop per l’ultima data con protagonisti del calibro di Nelly Furtado, Mary J. Blige, Articolo 31, Caparezza, Snow Patrol e Addicted.

Dopo 4 anni torna protagonista Vasco: tocca a lui chiudere il giorno 1. La sua esibizione viene anticipata da Pia, Velvet, Simone, Le Vibrazioni. I Papa Roach rinunciano poiché (ufficialmente) imbottigliati nel traffico, ma molto probabilmente volevano evitare il lancio di oggetti da parte dei supporters di Vasco. Il “Day Two” suonano i R.E.M., Green Day, Garbage, I Am Kloot, Miura, Succo Marcio e Melon Rouge. La giornata finale - hea-dliner gli Oasis - vede esibirsi anche i Velvet Revolver di Slash, Billy Idol, Mercury Rev e i Negramaro.

20052004

albergo che ospita i Black Eyed Peas è nella zona più chic di Milano, nella centralissima via Gesù, a due passi (di numero) da Mon-tenapoleone. Turisti e businessman stranieri

riempiono la hall – con una buona prevalenza di arabi e russi – rendendo l’atmosfera decisamente internaziona-le. Quale ambiente migliore per la conferenza stampa del quartetto californiano, una delle formazioni più eterogenee da un punto di vista culturale che il pop abbia mai espres-so? Saranno loro stessi ad affrontare l’argomento durante l’incontro con i giornalisti. “Fin dall’inizio siamo stati una band dal respiro internazionale perché proveniamo da cul-ture diverse. Aprirci al mondo è sempre stata una priorità e abbiamo iniziato subito: prima ancora di un contratto disco-

grafico, avevamo una fan base in molte parti del mondo” dirà Taboo.

E’ il giorno della data milanese del The E.N.D. World Tour e i Black Eyed Peas si presentano naturalmente in grande ritardo. I pochi giornalisti (stampa) invitati sono parecchio scocciati – uno fa il fenomeno e va via in segno di protesta – ma basta un sorriso di Fergie, che entra accompagnata da Apl.de.ap e Taboo (Will.I.Am arriverà più tardi), per placare gli animi. Si parte parlando della svolta elettronica dell’ul-timo disco. Qualcuno chiede se la decisione di strizzare l’occhio a quel genere fosse premeditata. “Le cose nei Black Eyed Peas si evolvono in modo naturale” risponde Fergie. “La musica che gira adesso nei club è molto eccitante, è una sorta di energetica fusione tra dance e rock e crediamo sia

la novità in assoluto più interessante. Anche perché coin-volge anche la moda, l’arte, la cultura, è un vero e proprio movimento”. Ma quindi vi aspettavate di incidere un disco dance prima di entrare in studio oppure no? Ci pensa Apl a chiarire il concetto: “Non avevamo alcuna aspettativa su The E.N.D., volevamo solo fare qualcosa che ci piacesse, che ci rappresentasse a prescindere dal genere e fosse piacevole da suonare live”.

Va bene la musica elettronica – sostiene uno dei presenti – ma in passato i Black Eyed Peas hanno mostrato una certa apertura quanto a generi musicali, vedi la collaborazione con Sergio Mendes. “Molta della musica che ci ha ispira-to in questi anni l’abbiamo ascoltata viaggiando” sostiene Taboo. “Musiche indiane, folk filippino, ritmi sudamerica-

l'

In molti hanno pensato che il titolo dell’ultimo album dei Black Eyed Peas – The e.N.d, acronimo di The energy Never dies - non significasse molto. Sembrava più che altro una trovata linguistica. Ma dopo averli incontrati di persona (a Milano, lo scorso maggio) il sospetto si è rivelato infondato. Da qualunque parte li si prenda, “energia” è la parola chiave di tutti i discorsi dei 4 californiani, che trasudano entusiasmo da tutti i pori. Nonostante un finale commovente.

SPECIALE

di Gianni Olfeni

I Gotta Feeling è stata ballata con una perfetta coreografia da migliaia di fan accorsi all’esibizione dei B.E.P. a Chicago durante l’Oprah’s Kickoff Party del 2009; un flash mob spettacolare che ha ulteriormente consacrato il singolo come top hit mondiale.

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43onstage - speciale HJF

Hip Hop e dintorniDopo lo show di Milano del 12

maggio (ovviamente sold out), i Black Eyed Peas tornano in Italia come protagonisti del terzo giorno dell’Heineken, dedicato all’hip-hop in tutte le sue sfaccettature e con-torsioni, ma non solo. C’è spazio anche per l’Italia, in Laguna con i Club Dogo; a distanza di un anno dall’uscita di Dogocrazia Fame, Lu-cky Luciano e Don Joe continuano a cantare (rigorosamente in rima) di strada, droga, donne e politica. C’è un po’ di rock in più nella musica dei N.E.R.D. (acronimo di No-one Ever Really Dies), capitanati da quel geniaccio di Pharrel Williams, una sorta di Re Mida che trasforma in oro qualunque cosa tocchi, come musicista o produttore. Altro che nerd.

Il 5 luglio è una data importante perché segna il ritorno in Italia dei Cypress Hill, da diversi anni lon-tani dai palchi. Pilastri del rap rock – bruttissima definizione che però rende l’idea – i californiani hanno appena pubblicato Rise Up (uscito il 20 aprile), che vanta featuring il-lustri, tra cui Tom Morello dei Rage Against The Machine. Per rende-

re l’idea della band di cui stiamo parlando, i Cypress Hill in carriera hanno venduto 17 milioni di dischi (e fumato altrettante canne).

A chiudere la giornata numero 3 al Parco San Giuliano (sperando sia rimasto ancora il palco dopo i Black Eyed Peas) sono stati chiamati i Massive Attack, con uno spettaco-lo ribattezzato “Late Night Show” - che cosa significhi esattamente non si sa. Anche i guru inglesi del trip hop hanno fatto tribolare, e non poco, i loro fan: il quinto album in studio, Heligoland - uscito a febbra-io, anticipato dall’ep Splitting The Atom - è arrivato a 7 anni dal pre-cedente. Perché un simile ritardo? Sicuramente l’impegno cinemato-grafico di “3D” Del Naja, che ha curato varie colonne sonore tra cui quella di Gomorra, ma soprattutto le crepe nel rapporto con “Daddy G” Marshall, ora ricomposto.

Da sottolineare anche la presenza di Sirya con il suo nuovo progetto: nelle vesti del suo alter-ego Ayris, l’anno scorso ha pubblicato un di-sco, Vivo amo esco. intriso di sonorità elettroniche, ritmi dance e sintetiz-zatori. Pare niente male. M.S.

2006

ni, persino la musica italiana ci ha influenzato, l’importante è che ci sia energia. Non sai mai cosa può succedere da questo punto di vista con i Black Eyed Peas”. A proposito di musica italiana, qualcuno fa notare che Fergie ha persi-no interpretato Quando, quando, quando di Tony Renis per la colonna sonora di Nine. “Tony è un amico da tanti anni – risponde Fergie - l’abbia-mo conosciuto a Sanremo. Volevamo omaggia-re la cultura e la lingua italiana e abbiamo scelto il suo brano. Mi sono dovuta impegnare molto per mascherate il mio pessimo accento”.

Quando si parla con certi personaggi, arriva sempre il momento di chiedere il “segreto” del loro successo. Quanti e quali sono per i Black Eyed Peas? “Credo che la nostra grande ami-cizia sia fondamentale, perché si trasforma in energia e passione. Tutti noi abbiamo dei pro-getti solisti, ma la band resta il nostro punto di riferimento perché siamo un gruppo di ami-

ci”. Taboo sta ancora parlando quando viene interrotto dall’ingresso di Will.I.Am. Neanche il tempo di farlo sedere che gli viene posta la stessa domanda: Will qual è il vostro segreto? “Mmh.. la nostra amicizia. L’hanno già detto?” Si Will, Taboo stava proprio parlando di que-sto…”Allora dico che il nostro segreto è che ci divertiamo molto, ridiamo e non ci prendiamo mai troppo sul serio. Hanno già detto anche questo?” No, questo no. “Yahoooo!”. Will.I.Am ha carisma da farci un negozio e monopolizza l’attenzione di tutti. “In realtà in studio siamo molto precisi, mentre sul palco vogliamo solo divertirci, capita che in mezzo ad una canzone scoppiamo a ridere senza un motivo.” Beati voi.

Al momento della conferenza, i B.E.P. sono già stati confermati come headliner di una delle giornate dell’Heineken Jammin’ Festival. L’ar-gomento non poteva essere tirato fuori che da Onstage… Che differenza c’è tra suonare nei concerti di un tour e in un festival? “L’energia è diversa” risponde Taboo. “Vedere la gente sporca e sudata di un festival dà una carica paz-zesca. Non che al chiuso sia brutto, anzi senti la

gente addosso e questo ti trasmette energia, ma nei grandi raduni all’aperto tutti saltano, fanno crowdsurfing, è un delirio”. “Nei festival abbia-mo molti meno effetti speciali, meno luci, quin-di tutto si sposta sulla musica, sulle canzoni” aggiunge Apl.de.ap. Quindi vi piace suonare nei festival? Will approva con un cenno della testa per poi aggiungere, in versione Paul Ca-yard, che “nei concerti hai sempre il vento che soffia nella direzione giusta, mentre nei radu-ni ci vuole molta più fatica per far navigare la barca. Tra il pubblico ci sono anche fan di altre band che ‘ringhiano’ mentre stai suonando e ti fanno venire voglia di ringhiare a tua volta. Se suonassimo con i Metallica ci sarebbe molta gente a farci il ‘ficcone’ e noi risponderemmo allo stesso modo”. Concetto chiarissimo. Quin-di un festival è una sorta di piacevole sfida, è questa la parte migliore? “In realtà la cosa bella dei festival è incontrare gli altri musicisti, molti

diventano nostri amici. Ogni volta che parte-cipiamo ad un raduno nascono relazioni che spesso rimangono stabili nel tempo” chiarisce Taboo. E tra gli ospiti della “vostra” giornata dell’Heineken c’è qualche artista/band con cui avete rapporti? “In passato abbiamo condiviso il palco con i Massive Attack” ribatte secco Will. Non sembra proprio una dichiarazione d’amo-re.

La conferenza stampa si svolge in un clima disteso e cordiale – a chiacchiere concluse Fer-gie e Taboo hanno salutato tutti i presenti con una stretta di mano – ma sul finale affiora un velo di commozione. Il 25 giugno si celebra il primo anniversario della scomparsa di Michael Jackson e non si può fare a meno di chiedere a Will della sua collaborazione con il Re del Pop. “Io e Michael abbiamo lavorato a 6 can-zoni. Erano a buon punto, ma non verranno mai concluse perché non potrei farlo senza la sua approvazione. Lavorare con Michael è stato fantastico, era una persona intelligente, gentile, divertente, timida, eccentrica, profonda”. Passa qualche secondo nel silenzio più assoluto. Nes-suno ha più voglia di dire niente.

<< Vedere la gente sporca e sudata di un festival dà una carica pazzesca. Non che al chiuso sia brutto, anzi,

ma nei grandi raduni all’aperto tutti saltano, fanno crowdsurfing, è un delirio >>

Ultimo anno a Imola per l’Heineken Jammin’ Festival. Si torna alla formula dei due giorni. Sono i Depeche Mode i grandi protagonisti del venerdì assieme a Ne-gramaro, Morrissey, Hard Fi, Finley, Goldfrapp e Kill The Young. L’hard rock torna prepotentemente nella seconda e conclusiva giornata, in cui spicca il nome dei Metallica che salutano il circuito "Enzo e Dino Ferrari", per 9 anni casa del festival. Si esibiscono a partire dal pomeriggio anche Trivium, The Living Things, Lacuna Coil, Avenged Sevenfold e The Darkness.

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onstage - speciale HJF

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on ci sono più battaglie da combat-tere per Eddie e compagni. La for-za dei Pearl Jam ha superato quella dell’industria discografica – impero

peraltro prossimo alla caduta - della quale han-no cercato di contrastare logiche e regole lungo l’intero corso di una carriera ventennale; ora possono finalmente rilassarsi e gestire la loro musica come vogliono, lontani da pressioni e contratti capestri.

L’amministrazione Bush ha lasciato il posto alla promessa Obama, forse non ci sarà più bi-sogno di quel Vote for change Tour che seguì la pubblicazione dell’album Riot Act nel 2002, e chissà se in futuro avrà ancora senso proporre dal vivo Bu$hleaguer o World Wide Suicide, scritta per denunciare la politica estera degli Stati Uniti riguardo la guerra in Iraq.

Giunti alla soglia dei cinquant’anni, hanno quasi tutti messo su famiglia, sono una delle

band più famose e influenti degli anni Novanta, è dunque lecito e normale avvertire nella loro musica il cambiamento della loro condizione di uomini. Cambiamento che ben si riflette in Backspacer, loro ultimo lavoro uscito a settembre 2009, in cui la band di Seattle ha ritrovato la ver-ve creativa che sembravano latitare dai tempi di Yield, ma che allo stesso tempo suona come il più disimpegnato della loro produzione, al pas-so con la musica di oggi e con le loro nuove vite. Poco importa se le canzoni di quel disco sono disponibili da scaricare come suonerie per il cel-lulare e se probabilmente presto verrà loro de-dicata un’edizione monografica di Guitar Hero,

niente e nessuno potrà sminuire il valore di una Black o di una Alive ascoltate dal vivo, e questo lo sanno bene anche i fan della prima ora.

Ne potrebbero gioire i delatori, che para-dossalmente già al loro esordio (era il 1991) li accusavano di essere un mero fenomeno com-merciale finalizzato a sfruttare la moda del momento (quella scena musicale divenuta mo-vimento socio-culturale che riconosciamo con il nome di grunge), ma sfortunatamente per loro, nonostante le trasformazioni e la volontà di adattarsi ai tempi, i Pearl Jam non hanno spo-stato di un millimetro l’obiettivo che perseguo-no da sempre con caparbietà: quello di riuscire a stabilire il più stretto contatto possibile con il pubblico, in uno speciale rapporto a due in cui marketing, esigenze discografiche e pubblicita-rie siano subordinate all’onestà del dialogo fra l’artista e la sua audience. E la storia, pur non ve-dendoli uscire sempre come vincitori, li premia

per coerenza e integrità, a dispetto di chi sin dal loro inizio, chissà perché, li additava come una modaiola macchina da soldi - come sosteneva addirittura Kurt Cobain, con il quale ci fu una riconciliazione negli anni a seguire.

Il loro impegno passa dal boicottaggio di Ticketmaster e degli eventi gestiti dal colosso americano, dopo aver scoperto che applicava una sovrattassa (in nero) sui biglietti dei loro concerti - scelta radicale che li terrà lontani dai grandi palchi degli Stati Uniti per parecchi anni - fino alla pubblicazione di 72 album live registra-ti tra il 2000 e il 2001 durante il “Binaural Tour” - per evitare il diffondersi di registrazioni non

N

La giornata conclusiva dell’Heineken Jammin’ Festival è una delle più attese perché gli headliner sono in assoluto una delle band più amate in Italia. I Pearl Jam sono un caso più unico che raro all’interno del grande “circo” della musica: in 20 anni di carriera hanno sempre privilegiato il rapporto diretto con il pubblico, escludendo soggetti indesiderati e logiche di mercato. Un’attenzione ricambiata dall’affetto della gente, che con la band di Seattle ha un rapporto speciale. Che dal vivo raggiunge la sublimazione.

2007

PEARL JAM3 LUGLIO 4 LUGLIO 6 LUGLIO 5 LUGLIO

La manifestazione compie 10 anni e l‘organizzazione pensa in grande: location spostata al Parco San Giuliano di Mestre (700 ettari di verde) e ben 4 giorni di musica. L’edizione si ricorda, però, per una tromba d'aria nel pomeriggio della seconda giornata, che abbatte le torri del l'impianto audio e causa l’annullamento di gran parte dell’evento. Si esibiscono solo gli artisti del “Day One” (tra cui gli Iron Maiden) e alcune giovani band il giorno seguente. Pearl Jam, Aerosmith e Vasco Rossi sono solo alcuni dei nomi i cui show saltano.

di Emanuele Mancini SPECIALE

In tutti questi anni, i Pearl Jam non hanno spostato di un centimetro il loro obiettivo: stabilire il più stretto rap-

porto possibile con il pubblico

"Ho letto sui giornali di oggi che per i Pearl Jam l'Italia è come una seconda patria. Normalmente i giornali sbagliano, ma questa volta è vero". Così parlò Eddie Vedder durante l’ultimo tour italiano della sua band.

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45onstage - speciale HJF

Se state leggendo questo articolo probabilmente siete fra i fortunati possessori di un biglietto dell’Hei-neken Jamming Festival, e ora vi state aggirando per i prati di Parco San Giuliano con un sorriso incredu-lo stampato in faccia, nell’attesa febbrile che i vostri eroi finalmente vi si materializzino di fronte e la mu-sica cominci, dando inizio ad una di quelle giornate che potrete un giorno raccontare alla vostra prole. L’edizione 2010 si conclude all’insegna del rock, con un cast di artisti internazionali di altissimo livello che rende la giornata di martedì 6 luglio una delle più interessanti – sicuramente la più ricca di band - dell’intera kermesse. I gruppi “di supporto” ai Pearl Jam valgono da soli il prezzo del biglietto, per qualità e varietà della proposta. Prima della band di Seattle sono stati confermati Ben Harper e i Relentless7, for-mazione con cui il chitarrista e cantante californiano si accompagna dal 2008 e suo nuovo amore. Per i tre texani Ben ha temporaneamente pensionato il suo gruppo storico, gli Innocent Criminals, lanciandosi in un’avventura che sa tanto di seconda giovinezza. Sul palco propongono i successi di Mr Harper insieme ai brani di White Lies For Dark Times – primo e unico di-sco insieme ai Relentless7 - in un set agile e compatto, sempre nel nome del blues e del soul, ma dall’impat-to sonoro molto più vicino al rock tradizionale.

I riformati Skunk Anansie, in tour a seguito della pubblicazione della raccolta Smashes And Trashes, sembrano essere tornati sui livelli che gli competeva-no prima dello scioglimento. Non avendo materiale nuovo, eccetto i due inediti inclusi nel best of (Tear The Place Up e Squander), Skin e soci propongono il repertorio classico, da Charlie Big Potato a Because Of You. Insomma un salto indietro nel tempo di circa 10 anni, con la speranza che niente sia cambiato.

Altra proposta importante della giornata di chiu-sura sono i Gomez - un tempo enfantes prodige del rock indipendente inglese – che poco più di un anno fa hanno pubblicato A New Tide, disco che si muove tra folk e pop d’autore, tradizione e sperimentazio-ne. Ci sono poi Beth Ditto e i suoi Gossip, garage-rock band statunitense giunta all’apice del successo lo scorso anno, pronti a spiegare agli italiani che la loro musica non si limita a quell’Heavy Cross finita al numero 1 delle nostre classifiche e diventata tor-mentone a causa di uno spot pubblicitario. Vediamo se ce la fanno. Infine, gli australiani Wolfmother, un power trio la cui unica fede è il rock anni Settanta (dai Led Zeppelin ai Black Sabbath, dagli Who ai Deep Purple) giunti con Cosmic Egg al loro secondo lavoro in studio. Insomma, se vi piace il rock, qui ce n’è per tutti i gusti. E.M.

ufficiali di infima qualità vendute a prezzi spropositati – per arrivare alla decisione di non girare video-clip (salvo rarissi-me eccezioni) scampando così all’eccessiva commercializza-zione della musica; e stiamo citando sono solo alcuni degli episodi più eclatanti. Questo aiuta a spiegare la risposta degli appassionati dei Pearl Jam, una vera e propria congrega di fedeli che fa capo al Ten Club, il fan club ufficiale, e che ripa-ga la band con una devozione paragonabile a quella mostrata per ben poche altre realtà musicali. Se hanno ottenuto un tale successo è tanto per la bellezza e l’intensità della loro musica, quanto per l’attaccamento dimostrato ai loro sostenitori, in un continuo scambio di energia che si concretizza con i loro live: lunghe maratone di rock sanguineo, in cui regalano ogni volta scalette diverse – al diavolo le necessità promozionali - e in cui non si risparmiano mai, suonando “come se ogni loro show fosse l’ultimo” (Esquire Magazine, 2006). Chi li ha visti dal vivo può confermare.

Di questo speciale rapporto ne sa qualcosa il folto e ag-guerrito seguito italiano, da sempre legato in maniera uni-ca ai Pearl Jam, che dal canto loro hanno legittimato questo sodalizio con dichiarazioni ufficiali e la pubblicazione nel 2007 di Picture In A Frame, film-documentario che testimonia il tour di cinque date tenutosi nel nostro paese nell’autunno del 2006; un episodio a sé stante nella centellinata videogra-fia della band, un trattamento mai riservato a nessun’altra nazione.

Vicini a festeggiare i venti anni di attività, i Pearl Jam han-no iniziato le celebrazioni con la riedizione in quattro diffe-renti versioni del loro esordio capolavoro Ten, piene di rarità e mix inediti, e la ristampa della loro intera discografia, che terminerà in coincidenza della data esatta della nascita della band. Nel bel mezzo dei festeggiamenti è uscito Backspacer e il sodalizio con il pubblico si è rinnovato. I possessori di una copia originale del disco - inserendo il cd nel computer - han-no la possibilità di accedere ad una sezione speciale del sito ufficiale della band dal quale è possibile scaricare gratuita-mente due live inediti a scelta in una selezione di 11 concerti registrati tra il 2005 e il 2008. Come dire, la guerra è finita, ma per l’ennesima volta non dimentichiamo chi ci ha permesso di combatterla.

La data dell’Heineken Jamming Festival al Parco San Giu-liano di Venezia è l’unico appuntamento italiano previsto per la trance europea del Watch It Go To Fire Tour, iniziato lo scorso primo maggio al New Orleans Jazz festival e che terminerà il 10 luglio ad Oeiras, in Portogallo. Per chi non ha mai visto dal vivo una band che è parte della storia della musica l’occasione è irripetibile, per tutti gli altri una nuova grande emozione da vivere insieme. Con la speranza che Ed-die e compagni abbiano in serbo, in futuro, nuove sorprese per il pubblico italiano.

La location non c’entrava nulla con i problemi del 2007 e infatti l’Hei-neken conferma la Laguna per accogliere i suoi ospiti. Linkin Park, Sex Pistols, Queens Of The Stone Age, Iggy & The Stoogies, Linea 77, Teatro Degli Orrori i nomi del primo giorno. Protagonista del saba-to, per la quarta volta al festival, Vasco Rossi. Preceduto da Marlene Kuntz, Pia, Mab, Matmata e No Conventional Sound. Per l’ultima data il festival ospita i Police in una delle loro ultime esibizioni dal vivo. Concludono il programma Alanis Morrisette, Stereophonics, Baustelle, Counting Crows e L’Aura.

2008

Keep on RocKin’ in VeneZia

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n Italia la cultura electro è or-mai abbastanza radicata, ma un festival così non si era mai vi-sto. Come, dove e quando nasce

l’idea?Il concepimento risale a due anni fa quando, insieme a Live Nation Italia, avevamo proposto dei dj set per chiu-dere le serate dell’Heineken. Servivano anche per agevolare il deflusso degli spettatori, che magari durava due ore. Peraltro, la prima sera dell’edizione 2008 suonavano i Bloody Beetroots (in coda ai Sex Pistols, nda) che sono tra gli ospiti principali di Electro-Venice. Diciamo che allora è stato piantato il seme del festival che sta sbocciando quest’anno.

Perché proprio adesso?Perché ci sono le condizioni giuste, la scena si è ingrandita, stabilizzata, i no-stri ospiti sono o sono stati headliner nei più importanti festival internazionali, come Coachella in California e Gla-stonbury in Inghilterra. Ci è sembrato il momento ideale per partire con questo progetto.

Cos’ha por-tato la scena elettronica a questi livelli di popolarità?C’è stato un cambiamento radicale. Una volta il dj era “nascosto” nella consolle, metteva i dischi e il pubblico poteva anche non vederlo. Adesso la fruizione di questa musica è cambiata. Il dj sta sul palco, spesso accompagnato da spettacoli vi-sual, e la gente è rivolta verso di lui, bal-la guardandolo, proprio come si fa ad un concerto rock. Questa è una grossa rivoluzione: uno spostamento di 90 o 180 gradi del pubblico ha cambiato una scena intera.

C’è uno scambio tra dj e pubblico, quindi. E’ questa la chiave di tutto?Una certa generazione di disk jockey si è rovinata fregandosene del gradimen-to del pubblico. Del tipo “questa musi-

ca è strafiga e tu non capisci niente se non balli”. Ma il vero dj mette il disco e alza la testa, non prescinde dalla pi-sta. Adesso, per coinvolgere il pubblico siamo addirittura arrivati al live: certi progetti di musica elettronica coinvol-gono anche gli strumenti, come fanno i Bloody Beetroots che salgono sul palco con batteria e chitarre; l’impatto è cento volte superiore.

Electro-Venice ha due palchi. Solo una questione di spazio?La musica elettronica arriva dall’indie, si è presa quel pubblico - in questo sen-so è sintomatico che certe rock band ab-biano loro stesse il proprio dj set. Tech-no e miminal coinvolgono un altro tipo di persone, ma non per questo sono mondi distanti dall’elettronica.

Certa musica siamo abituati ad ascol-tarla di sera e al chiuso, o comunque al buio. Electro-Venice è all’aperto e co-mincia con la luce. Si perde qualcosa?In alcuni casi è addirittura meglio. Pen-so a Richie Hawtin, che propone un

grande spettacolo video, o a Luciano, che ti guida in un “viaggio” attraverso un’America latina che con lui diventa psichedelica, tribale. Sven Svath invece è molto più da locale, da discoteca al chiuso. Ma in ogni caso stiamo parlan-do di dj veri, dove li metti stanno.

Com’è il pubblico di un festival elet-tronico?Un po’ più eterogeneo rispetto a quello dei festival rock. In ogni caso etichetta-re la gente che va ad ascoltare musica è sbagliato. Io per esempio sono stato al Sonar (festival electro di Barcellona, nda) eppure i miei gusti non sono certo chiusi dentro quel mondo. Per lo stes-so motivo sono convinto che se uno

spettatore dell’Heineken resta anche per l’Electro Venice si diverte come un matto. Torniamo a quanto si diceva prima, nel resto del mondo anche i fe-stival rock hanno tantissime esibizioni di musica elettronica.

Quali obiettivi volete raggiungere quest’anno?Noi speriamo di avere 20.000 spettato-ri, ma soprattutto che sia la prima edi-zione di una lunga serie. Siamo partiti a gennaio e molti artisti avevano già preso impegni. Ma più diventi grosso, stabile, credibile, più è facile che i top artisti scelgano te invece di un altro festival. E’ li che vogliamo arrivare, anche se già quest’anno non ci siamo accontentati, la line up è di altissimo livello. Ma c’è qualche gruppo che non siamo riusciti a prendere perché già impegnato il 10 luglio, tipo i Chemical Brothers e i Crookers.

Electro-Venice e Heineken Jammin’ Festival potranno fondersi in futuro?Possono convivere. Lo stesso pubblico

può godersi en-trambe le proposte e poi oggi qua-si nessuno è così integralista negli ascolti. Se tieni alto il livello delle esi-bizioni il problema

non si pone: può non piacerti Richie Hawtin, ma stai comunque guardan-do il numero uno di quella scena, così come se non ti piacciono i Pearl Jam stai comunque guardando la migliore rock band in circolazione.

Oltre alla musica, cos’è fondamentale per la buona riuscita del Festival?Venezia. Gli italiani vanno al Sonar anche perché è a Barcellona, per qua-le motivo gli stranieri non dovrebbero venire a Venezia, che è una delle città più belle del mondo? Noi speriamo che possa essere un richiamo per il pubbli-co internazionale. Uno viene al festival e la mattina dopo va a farsi un giro in piazza San Marco, niente male no?

I

Mentre in Europa, da anni, la scena elettronica è uno dei momenti centrali dei grandi festival, in Italia ancora fatichiamo a staccarci dall’idea del dj set buono solo per chiu-dere il concerto rock. Fino ad oggi. Perché L’Electro-Venice cambia le carte in tavola, un mega-festival di musica techno ed electro in coda all’Heineken. Ne abbiamo parlato con Pierpaolo Peroni - produttore e dj – che del festival è uno dei principali promotori.

onstage - speciale electro-venice

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dopo-festIval a chI ?

di Franco Leletti

SPECIALE

<< La scena si è ingrandita, stabilizzata, i nostri ospiti sono headliner nei più importanti festival internazionali, come Coachella e Glastonbury. E’ il momento ideale per

partire con questo progetto >>

ELECTRO-VENICE 2010SABATO 10 LUGLIOPARCO SAN GIULIANO, VENEZIA – MESTRE Inizio ore 16:30

RED STAGE2 Many Djs (Live) The Bloody Beetroots (Live) Steve Aoki Digitalism Moderat (Live) Mr. OizoUffie (Live) Kap Bambino (Live) Annie Mac

WHITE STAGERichie HawtinLucianoMarco CarolaEllen AllienGui Boratto (Live)Guy Gerber Ernesto Ferreyra Per maggiori informazioni: www.electrovenice.comwww.twitter.com/electrovenicewww.youtube.com/clubnationvideo

I Bloody Beetroots sono tra gli ospiti più attesi dell'Electro-Venice

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ROCK 'N' FASHION

ONStAge -

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t-shirt: Patrizia Pepejeans e gilet: A.N.G.E.L.O. Vintage

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Sono 35 anni che gli AC/DC insegnano al mondo cosa signifi-chi esattamente l’espressione “rock and roll”. Hanno raccolto il testimone da illustri predecessori a metà degli anni 70 e non si sono più fermati. Ancora oggi l’energia della band australiana è in grado di trasformare un concerto in un’esperienza elettrizzante, sconvolgente. Per prepararci bene al concerto di Udine, abbiamo ripassato la lezione con l’aiuto di qualcuno che l’ha imparata a memoria.

49- onstage

RoCK 'n' FasHIon

FOTO di ALESSIA LAUDONISTYLIST: LUCIA CHIAPPINITRUCCO: ANDREA REISCOORDINAMENTO RICERCA ABITI: ARIANNA SCOPELLITI

Sulla sua pelle vuole vivere tutto. Noemi non ha paura delle vertigini. Dall’alto possono venire i brividi, ma in fondo una leggera brezza di mare produce lo stesso effetto, dolcissimo. E allora meglio salire più che si può. Basta non dare troppo peso all’apparenza.

Non tutti i petali devono fingersi rose.

Il primo disco di Noemi, Sulla mia pelle, pubblicato a ottobre 2009, è uscito in versione “deluxe” con due bonus track e il brano presentato a Sanremo, Per tutta la vita.

come un Petalo roSSo

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ROCK 'N' FASHION

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frack: Antonio Marrasjeans: A.N.G.E.L.O. Vintage

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51- onstage

RoCK 'n' FasHIon

frack: Antonio Marrasjeans: A.N.G.E.L.O. Vintage

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ROCK 'N' FASHION

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RoCK 'n' FasHIon

Gilet: Twin Sett-shirt: Patrizia Pepe

Noemi veste A.N.G.E.L.O. Vintage

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ROCK 'N' FASHION

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UOMO / 1. Etnies: T-shirt grigia stampa Etnies colorata, 30,00 € - 2. Eastpak: Zaino FLOYD, in cordura con scomparto porta-laptop e morsetto portachiavi, spallacci ergonomici, tasche frontali zippate, strap porta-bottiglia e strap laterali con clip, 65,00 € - 3. Breil: chrono uomo braccialato, in acciaio, 198,00 € - 4. Diesel Eyewear: occhiali da uomo a mascherina, 110,00 € - 5.Timberland: Bermuda con tasche cargo, chiusura con zip e bottone. 100% lino, 89,00 € - DONNA / 6. Terranova: camicia abito a quadri, manica a tre quarti, 19,90 € - 7. Philipp Plein: borsa in camoscio con grande teschio, prezzo su richiesta www.philipp-plein.com - 8. Adidas originals: cassa in policarbonato integrata al inturino in poliuretano (a seconda del colore che scegli: azzurro, fucsia, viola, verde, arancio ), 50,00 € - 9. Ray-Ban: icona dal 1952, il Wayfarer si veste di colori e fantasie.Per questo modello, variante colore con stampa interna Flowers” e esterno viola, 149,00 € - 10. Calzedonia: costume composto da triangolo fantasia quadretti con teschio rosa, 19.50 € e slip a quadretti con lacci decorati con stelline rosa, 10.00 €

4. DIESEL

3. BREIL

2. EASTPAK

5. TIMBERLAND

10. CALZEDONIA

7. PHILIPP PLEIN

8. adidas Original

9. RAYBAN6. TERRANOVA

1 ETNIES

di marianna maino e eileen casieri

TIME IS RUNNING OUT

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55- onstage

RoCK 'n' FasHIon

Non avrai altro mare al di fuori di me.

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what'snew / musica

Stone Temple Pilots Jack JohnsonStone Temple PilotsAtlantic

To The SeaBrushfire Records

di Claudio MorsenChio DI Gianni olfeni

igli della corrente post-lustrini-anni-Ottan-ta, fin dagli esordi gli Stone Temple Pilots ebbero un grandissimo riscontro in tutto il

mondo: in concomitanza con la nascita del movimen-to grunge, il loro suono intriso di potenza rock, psiche-delia e sfumature pop, coinvolse e convinse a pieno critica e pubblico. Risultato: oltre 35 milioni di copie vendute. La loro carriera, bruscamente interrottasi con lo scioglimento del 2001, si ricompone oggi con questo nuovo lavoro. La band è come l’avevamo lasciata: ori-ginale e irriverente, forse con un pizzico di leggerezza in più nel suono e nelle composizioni. Scott Weiland (voce e “faccia” dei Pilots) sembra rinato dopo la sfor-tunata esperienza con i Velvet Revolver - dove pareva soffrire enormemente il carisma di Slash - ed anche il resto del gruppo, per l’ occasione in formazione origi-nale, sembra aver voglia di tornare a divertirsi. Accele-razioni, tempi cadenzati, dissonanze vocali: il marchio di fabbrica e` rimasto intatto. Trascinante l’irruenza del singolo Between The Lines, intense e polverose le sonorità di Huckleberry Crumble e Dare If You Dare, so-lare la spensieratezza dei ritornelli di Cinnamon e della bellissima Bagman. Welcome home.

F ack Johnson è un tale bravo guaglione che non parlo male di lui neanche per soldi. Quindi non dirò che il suo quinto disco è

piuttosto prevedibile ma che To The Sea è l’ennesima prova del suo stile unico – metteteceli voi Nick Dra-ke, Dylan, Bob Marley e Ben Harper in un solo disco. Non vi dirò nemmeno che ha sfornato un altro disco paraculo, ma piuttosto che l’album è caldo, pieno di atmosfere beachie - termine coniato per l’occasione che rimanda a spiaggie, onde e costumi floreali. Se poi mi dite che certe menate ambientaliste sono ri-dicole (To The Sea è stato registrato utilizzando solo energia solare) in un mondo che assiste impotente a disastri come quello del Golfo del Messico, si rischia la rissa: Jack è uno di quelli che al fumo (ehm…) uni-sce l’arrosto, visto che ha deciso di donare il 100% dei profitti del suo prossimo tour ad organizzazioni no-profit che si occupano di ambiente (e non solo).Fate qualunque critica a Jack Johnson e la rispedirò al mittente dopo averla fatta a pezzi. Non prima di avervi consigliato di ascoltare ballad come Anything But The Truth e Turn Your Love o lo shuffle di The Up-setter e At Or With Me. Chiaro?

J

e due antologie pubblicate tra il 2007 e il 2008 (Primo e Secondo Tempo) non sono uscite a caso. Ligabue voleva aprire una nuova fase della sua carriera e serviva tempo per riflettere su come farlo. Del resto con le aspettative che

si porta appresso, non può certo farsi prendere dalla fretta. Quindi Arrivederci, mostro! segna una svolta per il Liga? Ni. Per la prima volta Ligabue non ha curato la produzione artistica, affidandosi a Corrado Rustici, (già al lavoro sugli inediti delle ultime raccolte) che ha il merito di aver calibrato gli spazi “suoi” e quelli di Luciano. Il risultato è un album equilibrato, che non soffre di momenti fiacchi come talvolta capitava nei dischi passati; ma qualcosa in più era lecito aspettarselo a livello di arrangiamento, altrimenti perché coinvolgere il più esterofilo tra i produttori italiani?Sicuramente Arrivederci, mostro! segna una svolta da un punto di vista concettuale. Non che Luciano non avesse mai pensato ai suoi dischi in termini di concept, ma mai come ora una riflessione – le ossessioni che ci attanagliano sono mostri da cui possiamo liberarci, ma non è mai per sempre, per questo li congediamo con un arrivederci – aveva “canniba-lizzato” tutto l’album. Luciano si scaglia con grande forza contro le sue ossessioni: l’ipo-crisia (Caro il mio Francesco, lettera aperta a Guccini), gli alibi fasulli (La verità è una scelta), l’ingiustizia della violenza (Quando mi vieni a prendere). Per fare tutto questo si affida alla solita, rodatissima formula: rock ‘n roll, canzoni dritte al cuore e via.Quindi? Quindi Arrivederci, mostro! segna un cambiamento rispetto al passato, ma non si può certo parlare di svolta. Che poi, conterà davvero qualcosa? Pensando alle folle che faranno tremare gli stadi cantando Un colpo all’anima, be’, direi proprio di no.

L

Ligabue Arrivederci, mostro!Warner Music

DI daniele saloMone

Pino ScottoBuenasuerte Valery Record

DI GiorGio rossini

tutti coloro che si fossero mai chiesti quale fosse la reale attinenza di Pino Scotto con il mondo della musica, vi-

ste le sue sempre più frequenti apparizioni televisi-ve, ecco la risposta. Si chiama Buenasuerte l’ultimo capitolo discografico del padre dell’hard’n’heavy italiano, un album che stilisticamente non lascia spazio a particolari sorprese: hard rock classico d’alta scuola, in cui Pino raccoglie i frutti di una carriera ultradecennale passata sui palchi dei club di tutta Italia. Buenasuerte non è affatto un augu-rio, ma una sorta di monito rivolto all’Italia dei furbetti, quella che litiga e fa pace sulle pagine delle riviste di gossip; l’Italia dei Corona, di Uomi-ni e Donne e delle veline. Brani veloci, arrabbiati al punto giusto, impreziositi dalla presenza di ospiti importanti. Su tutti il Caparezza e l’icona dell’hard rock Kee Marcello, ex chitarrista degli Europe e grande amico di Pino. Per gli amanti del genere sicuramente un’occasione di sentire un buon disco hard rock cantato in italiano, non esat-tamente una consuetudine da queste parti.

Avinci il cd di Jack Johnson !

Invia una mail a: [email protected]

oggetto “Jack“

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57- onstage

Train

Gogol Bordello

The Parlotones

Amor FouSave Me San FranciscoSony Music

Trans-Continental HustleSony Music

Stardust GalaxiesSovereign Entertainment

I moralistiEmi

DI Marco rigaMonti

DI claudio Morsenchio

DI eManuele Mancini

DI gianni olfeniirtuosi della chitarra, toglietevi di mezzo. Inge-gneri del suono, fatevi da parte. Matematici degli accordi, cercate altrove. I Train non fanno per voi.

Ciò non toglie che i ragazzi di San Francisco a loro modo sia-no bravi e sinceri: dedicano un disco alla città che li ha fatti in-contrare e li ha visti crescere. Azzeccano un singolo dall’anima reggaeggiante che funziona (Hey Soul Sister), lo contornano di pezzi dalle melodie semplici e dagli arrangiamenti efficaci, infine interpretano il tutto con una certa padronanza – si fac-cia avanti chi è pronto a criticare la voce di Patrick Monahan. L’estate è qui. Che facciate parte delle categorie di cui sopra poco importa: cercate comunque di trovare il tempo per una ballad dei Train ogni tanto. Fa bene all’anima.

e il vostro desiderio più imminente è quello di pas-sare un’estate piena di energia positiva, questo è il disco che fa per voi. Il mondo dei Gogol Bordello è

una miscela di rock, punk, musica balcanica e gitana, colmo di contaminazioni etniche, colori, profumi e ambientazioni popolari, scanditi da colpi di violini, fisarmoniche e ritmi velocissimi. Roba da perdere la testa. Nessun freno, nes-sun confine: dall’Europa dell’est, luogo di origine di molti dei componenti della band, fino al Brasile, nuova residenza dell’enigmatico Eugene Hutz, cittadino del mondo. Con la produzione del sapiente e navigato Rick Rubin, il nuovo di-sco dei Gogol suona compatto, coinvolgente e scanzonato, rigenerante come una cura di potassio. Rispetto ai precedenti lavori si nota anche un miglioramento tecnico sensibile, ma è la vena esotica (ai limiti del surreale) a spingere la band ver-so territori “piacioni” ed accattivanti. Preparatavi a ballare.

l nome dei Parlotones è ancora poco conosciuto in Europa, a dispetto di una strabiliante carriera che, da indipendenti, li ha portati a battere ogni record di

vendita in Sud Africa, loro paese d’origine. Il motivo di un così grande successo? Non lo si evince da questo disco, ben confezionato, molto omogeneo e piacevole da ascoltare ma, in ultima analisi, privo di personalità.Dodici episodi pop-rock solenni e immediati, narrati da una voce dal tono teatrale, unico vero elemento di originalità. Le assonanze con realtà ben più note sfiorano il citazionismo - come accade in Push Me To The Floor (Coldplay), We Call This Dancing (Killers) e Fly Me To The Moon (U2) - e rendono diffi-cile individuare il confine tra l’identità della band e la ricerca di sentieri già battuti e dai risultati sicuri (in classifica).

l secondo disco degli Amor Fou ci viene presentato come “un con-cept sulla morale italiana di oggi

raccontata attraverso le storie di 10 perso-naggi, con il suggestivo approccio del cine-ma d'inchiesta”. Per aumentare così tanto le aspettative, chi promove il disco è pazzo op-pure molto sicuro; dopo aver ascoltato I mo-ralisti è facile convincersi della seconda ipo-tesi. Innanzitutto è davvero un concept, un racconto articolato e certo non banale – già un grande risultato - delle contraddizioni che violentano il nostro paese. E poi il riferimen-to cinematografico ci sta tutto perché l’umo-re dei testi (usciti dalla penna di Alessandro Raina, anima intellettuale della band) sta alle musiche come i dialoghi stanno alle immagi-ni nel cinema. L’attenzione a cui costringono l’ascoltatore certo non aiuterà gli Amor Fou ad emergere su larga scala, ma chi dice che gli interessi?

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HOT LISTDieci brani dalla playlist di Vic

ARMADA LATINACypress Hill feat Marc Anthony & PitbullRise up (EMI, 2010)

TELEPHONELady Gaga feat. BeyoncèThe Fame Monster (Streamline/ Interscope/ Kon Live/ CherryTree, 2009)

ALORS ON DANSEStromaeAlors On Danse (Mosaert, 2009)

NOTHING ON YOUB.o.BNothing On You (WEA International Inc., 2009)

WAVIN' FLAGK'naan feat Will.i.am & David GuettaWavin’ Flag (OctoScope Music/ LLC, 2010)

THE ONLY EXCEPTIONParamoreBrand New Eyes (WEA International Inc., 2009)

HEY SOUL SISTERTrainSave Me, San Francisco (Sony Music, 2009)

HEY HEYDennis FerrerHey Hey Remixes (Defected, 2010)

MONDOCesare Cremonini feat. Jovanotti1999-2010, The Greatest Hits (Warner Music, 2010)

ACAPELLAKelisFlesh Tone (Interscope Records, 2010)

Vic fa parte della squadra di Radio Deejay dal 2000, quando ha co-minciato a lavorare con La Pina in qualità di esperto del Grande Fratello ed in seguito ha affiancato Guido Bagatta, Victoria Cabello e Luciana Littizzetto, oltre a condurre The Last Deejay e Ultimo Stadio. Attualmente è on air dal lunedì al venerdì dalle 20.00 alle 21.00 con Vickipedia, mentre da metà giugno ospiterà in Collezione Solare, in onda dal lunedì al venerdì dalle 12.00 alle 13.00, personaggi dello sport o dello spettacolo, che proporranno le loro personali playlist e racconteranno aneddoti legati a momenti particolari della loro vita.

Max Gazzè Quindi?Universal

DI eManuele Mancini

l percorso di Max Gazzè è sempre stato caratterizzato dalla sperimentazione, nei testi – un’accurata ricerca lessica-

le vicina alla poesia, coadiuvata dal fratel-lo scrittore (e negli ultimi due lavori da un nuovo collaboratore, Gimmi Santucci) - e so-nora, benché mossa sempre nell’ambito del pop-rock. Con Quindi?, suo settimo album, comincia a cadere quello che personalmente considero il suo limite e che ne è al contempo la maggiore dote: il voler essere fedele a se stesso e alla sua estetica a tutti i costi, rischian-do di risultare ostico pur essendo capace di scrivere delle gemme pop perfette - come Il solito sesso, per citare solo l’ultimo degli epi-sodi che lo hanno visto acclamato dal pubbli-co all’unanimità. Curato nei minimi dettagli sonori, e con la spontaneità propria solo ai più grandi artisti, Quindi? non ha un singolo di punta, ma tante canzoni bellissime, ispira-te, delicate visioni dell’amore, della vita, del tempo. La sua scrittura non s’è fatta più po-polare, eppure parla al cuore da più vicino.

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what'snew/ games a cura di Blueglue

Come in un romanzo di Stephen King, il protagonista di questa allucinata storia horror è uno scrittore in preda ad una crisi compositiva che si ritira nella sper-duta cittadina di Bright Falls insieme a sua moglie Alice, deciso a trovare la tran-quillità. A un certo punto Alice scompare e il nostro Alan si butta alla sua ricerca ri-trovandosi a combattere contro gli spettri da lui stesso creati, in un’avventura che di giorno è esplorazione e investigazione, mentre di notte è un vero e proprio incu-bo. Microsoft ha puntato molto su questo

progetto – affidato al team Remedy fin dal 2006 - che ha i suoi punti di forza nella tra-ma e nella tensione che gli eventi riescono a creare, nonché nelle fasi adrenaliniche di fuga e azione. Il sistema di controllo non è il massimo (anzi, in alcuni casi dà pro-prio sui nervi) e la faccenda diventa presto ripetitiva; limiti evidenti che tuttavia non disturberanno gli amanti dei thriller psi-cologici e delle atmosfere inquietanti, che troveranno in Alan Wake pane per i propri denti.

Alan Wake

(XBOX 360) Genere: Avventura dinamica

Remedy Entertainment

Lost Planet 2

(Xbox 360 – PS3) Genere: Sparatutto in terza persona

Capcom

Un tempo E.D.N. III era un pianeta rico-perto di ghiaccio, e chi ha giocato con Lost Planet (uno dei titoli di settima generazione che ha riscosso più successo in termini di vendite, anche se sembra che pochi ne sia-no a conoscenza) lo sa bene. Ora però, dieci anni dopo, è tutta un’altra vita: i ghiacci si sono sciolti e la natura si può mostrare in tutto il suo splendore e in tutta la sua va-rietà. Eccola, la prima parola chiave per descrivere il secondo episodio della saga firmata Capcom: varietà. Se fino ad oggi il pianeta perduto veniva irrimediabilmente accostato a vaste distese bianche (e a detta di qualcuno ripetitive), adesso si ha a che fare con giungle rigogliose, deserti sconfi-nati e mari blu. La seconda parola chiave – e qui abbiamo l’appoggio del produt-

tore e designer Takeuchi, di Resident Evil – è senza dubbio “cooperazione”: in ogni capitolo, infatti, le missioni verranno ese-guite da una squadra e non da un singolo personaggio. Anche perché vorrei proprio vedervi soli soletti alle prese con dei nemici così grossi (grosso = parola chiave numero tre). Nota ovvia (ma è sempre bene speci-ficare): affrontare in modalità cooperativa in multiplayer è un’esperienza unica – il confronto con la modalità “intelligenza ar-tificiale che prende il posto dei nostri com-pagni” non regge. Tecnicamente superbo (a questo proposito sono notevoli i miglio-ramenti grafici rispetto al già ottimo primo episodio), divertente e anche avvincente: Capcom ha fatto centro un’altra volta.

La dicitura “Free-Roaming” (o “Open World”) è entrata nel vocabolario dei gamers di tutto il mondo grazie ad un gioco che nel 1997 ha cambiato le regole: il gioco in questione risponde al nome di Grand Theft Auto e la sua peculiarità stava nella tota-le libertà di azione lasciata al protagonista, che poteva decidere di compiere missioni spericolate esattamente come di ammazzare il tempo in un locale tra uno striptease e una birra. L’attesa per Red Dead Redemption è giustificata, visto che il team di sviluppo è la Rockstar Games (proprio quelli di GTA), e bastano poche ore di gioco per capire che il capolavoro è stato bissato con successo. La struttura a missioni viene ovviamente conservata, ma questa volta non ci troviamo in una città moderna, bensì nel Far West intorno agli inizi del 1900; un Far West che meglio non si poteva ricreare, intendia-moci. La vita scorre indipendente dal nostro personaggio, che, munito di un arsenale gagliardo, di mezzi di trasporto tipici dei tempi (cavalli) e del suo fido lazo, deciderà se aiutare onesti cittadini che chiedono aiuto o se assaltare treni e fare rapine per conto di qualche malvivente. Lo sviluppo della storia lo determiniamo noi con ogni singola azione, che andrà ad influire sul nostro onore e di conseguenza ci porterà sulla strada della giustizia o su quella della balordaggine. Lo so, detto così sembra semplice; ma descrivere in poche righe un gioco così immenso (e così divertente) è un’impresa im-possibile, credetemi.

Red Dead Redemption

(Xbox 360 – PS3) Genere: Azione

Rockstar Games

Super Street Fighter 4

(Ps3 – Xbox 360) Genere: Picchiaduro a incontri

Capcom

Il mito che ritorna. E questa volta in versione super. Se il primo episodio di Street Fighter introdusse la novità delle mosse speciali (attuabili attraverso combinazioni di tasti a volte piuttosto complicate), fu Street Fighter II il titolo che sparse il verbo dei combattimenti in 2d per il globo grazie alla geniale intuizione delle combo (mosse con-catenate): i giocatori occasionali venivano in questo modo esclusi dall’elite, composta da veri campioni di tempismo e memoria, capaci di spezzarvi in quattro e quattr’otto senza nemmeno darvi il tempo di respirare. Che vengano subito messi da parte i pur leciti sospetti di una release prettamente finalizzata allo sfruttamento del marchio e alla vendita di un prodotto con oltre 20 anni di vita: Street Fighter 4 riesce a mantenere integra l’identità e il sano divertimento della saga accostando personaggi nuovi alla rosa di eroi del passato, rispolverando i fondamentali Bonus Stage e inserendo nuove modalità di gioco online da assuefazione scontata.

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what'snew/ cinema

Bella, anche lei alle soglie della matu-rità liceale, si trova ancora una volta in grave pericolo quando Seattle è funesta-ta da una serie di inquietanti uccisioni, e una crudele vampira continua a cercare la sua vendetta: ma prima di tutto dovrà scegliere tra il suo amore per Edward e l’amicizia per Jacob: la sua decisione po-trebbe mettere fine all’antica tregua tra vampiri e licantropi. Terzo capitolo del-la serie teen-horror basata sui romanzi di Stephanie Meyer, dopo New Moon (2009), si avvia a bissarne il successo e ad allungare il franchise.

Perchè vederlo?I fan della serie lo attendevano con an-sia. L’attesa è finita. Come da tradizione, i produttori hanno affidato la direzione a un nuovo regista: l’inglese David Sla-de, ex regista di videoclip che aveva esordito con il chiacchierato Hard Candy (2005) e l’horror 30 giorni di notte (2007).

The Twilight Saga: Eclipse

Usa 2010, fantasyCon Kristen Stewart, Robert Pattinson,Billy Burke, Nikki ReedDi David Slade

critica

pubblico

critica

pubblico

In un futuro prossimo, la terra è sta-ta ridotta a un luogo buio, coperto da una coltre di gelo insostenibile. Il genere umano è in via di estinzione, relegato a pochi avamposti ancora civilizzati. Un uomo e suo figlio percorrono a piedi gli Stati Uniti per unirsi ai superstiti. Duran-te il viaggio affrontano pericoli e insidie di ogni sorta: dalle scorribande dei pre-doni cannibali fino alla malattia, che con-tamina il corpo del padre. Il quale sfrutta il poco tempo a disposizione per raccon-tare al ragazzo il passato di un mondo destinato a scomparire per sempre. Perchè vederlo?Secondo adattamento dalla letteratura di Corman McCarthy dopo Non è un paese per vecchi, il film si avvale di un cast di prim’ordine. La storia non è originalissi-ma, vero, ma il genere post-apocalittico ha (giustamente) sempre affascinato il grande pubblico.

The Road

Usa 2009, fantascienza/thriller Con Viggo Mortensen, Kodi Smit-McPhee, Charlize Theron, Robert Duvall, Guy Pearce, Molly ParkerDi John Hillcoat

critica

pubblico

I Rizzo sono una famiglia molto par-ticolare, il cui equilibrio si basa sul fatto che nessuno dice mai la verità all'altro. Vince, il capofamiglia, è una guardia car-ceraria ma sogna di fare l'attore, la figlia Vivian che si suppone studi al college in realtà lavora come spogliarellista in uno strip bar, il piccolo Vinni invece ha una passione segreta e morbosa per le don-ne obese e Joyce, la moglie di Vince, lo tradisce. Quando Vince porta a casa un giovane ex carcerato però la delicata rete di bugie costruita dai Rizzo rischia di vo-lare all'aria.

Perché vederlo?Per avere un ritratto di come gli statuni-tensi vedono gli italoamericani e scoprire che le bugie hanno irrimediabilmente le gambe corte. Merita di essere visto an-che per l'irresistibile scena del provino di Vince per ottenere una parte in un film di Martin Scorsese.

City Island

Usa 2009, commedia Con Andy Garcia, Steven Strait, Emily Mortimer, Alan Arkin, Julianna Mar-guliesDi Raymond De Felitta

critica

pubblico

Due veterani del Dipartimento di Polizia di Los Angeles, dotati di metodi lontani dall'ortodossia, si trovano invischiati in un'indagine a effetto domino: dalla ri-cerca di una preziosa figurina trafugata da un gangster con smanie da collezioni-sta e l'ossessione per lo sport giungono a salvare Gabriela, una ragazza messicana in grande pericolo, e ad affrontare i re-sponsabili di un grosso giro di denaro sporco. Sullo sfondo, ma decisamente invadenti, gli influenti problemi familia-ri del duo.

Perché vederlo?Per chi, nostalgico di film come Arma Letale, cerca un mix di azione e comicità: un buddy movie fuori dai ranghi, con l'icona action Bruce Willis in modalità autoironica. Diretto da Kevin Smith, au-tore pop di culto, genio al vetriolo.

Polizziotti fuori

Usa 2010, fantasticoCon Jack Gyllenhaal, Ben Kingsley, Alfred Molina, Gemma ArteronDi Mike Newell

Usa, action, 2010Con Liam Neeson, Jessica Biel, Bradley Cooper, Sharito Copley, Quinton 'Rampage' Jackson, Patrick Wilson

Di Joe Carnahan

e avventure del leggendario A – Team tornano vent'anni dopo, guadagnandosi il grande schermo,

aggiornate ai tempi dei conflitti in Iraq: un gruppo di soldati appartenenti alle forze spe-ciali dell'esercito statunitense viene accusato, a causa di un errore giudiziario, di un crimine che non ha commesso. I tre riescono ad eva-dere dalla prigione militare in cui sono rin-chiusi e sono costretti così alla fuga perenne

per sfuggire alle forze dell'ordine, capitanate dall'affascinate colonnello Sosa, legata anni prima a uno di loro, Sberla. Il loro capo è il Colonnello John "Hannibal" Smith, che im-partisce gli ordini senza mai abbandonare il suo celebre sigaro. Tornano, più action che mai, il fascinoso trova-tutto Templeton (det-to Sberla), il rude e muscoloso Sergente P.E. Baracus e il folle pilota di elicotteri Capitano Murdock.

Imperdibile per chi, negli anni '80, è cresciuto accompagnato dal suono dei pugni da car-toon della banda di ex-soldati ricercati, dal rombo dell'inconfondibiole furgone che li tra-sportava e dai dialoghi da commedia svitata tra P.E. e Murdock. E per i nostalgici del tele-film c'è anche il cameo di due dei protagonisti originali, Dwight Schultz , che interpretava il Capitano Murdock, e Dirk Benedict, che ve-stiva i panni del Tenente Sberla.

A-TEAM

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critica

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comingsoon / luglio

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5 6 7 8 9 10 11Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica

13 14 15 16 17 1812Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica

20 21 22 23 24 2519Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato DomenicaCrosby, Stills & Nash - RomaEros Ramazzotti - BergamoJ-Ax - Vigevano (PV)Litfiba - Napoli

Carmen Consoli - MonzaErykah Badu - RomaLigabue - PadovaLinea 77 - Noventa (VE)Malika Ayane - Fiesole (FI)Mario Biondi - MantovaNorah Jones - MilanoPaolo Nutini - Lucca

Baustelle - Spoleto (PG)Elio e Le Storie Tese - Carpi (MO)Eros Ramazzotti - PalermoKings of Convenience - Tarvisio (UD)Litfiba - Carpi (MO)Patti Smith - Carpi (MO)Placebo - LuccaSimply Red - Padova

Deep Purple - PescaraGotan Project - TorinoLitfiba - Collegno (TO)Mike Patton's Mondo Cane - FirenzeRoy Paci & Aretuska - Jelsi (CB)Simply Red - Padova

Gotan Project - S. Leucio (CE)Nina Zilli - Città della Pieve (PG)Patti Smith - Ostia Antica (RM)Simple Minds - TorinoZero Assoluto - Todi (PG)

Cranberries - Spello (PG)Heineken Jammin' Festival - VeneziaMassive Attack - TorinoMika - RomaNina Zilli - CuneoThe XX - Roma

Alessandra Amoroso - Margherita di Savoia (BT)Cranberries - RomaDalla&DeGregori - TorinoHeineken Jammin' Festival - VeneziaOzzy Osbourne - Piazzola (PD)Steve Wonder - VeronaThe XX - Milano

Elisa - MilanoGogol Bordello - MilanoLigabue - FirenzeMalika Ayane - Portofino (GE)Mark Knopfler - RomaOs Mutantes - RomaSka-P e 99 Posse - RomaSkunk Anansie - Taormina (ME)ZZ Top&Jeff Beck - Lucca

Baustelle - RomaC. Gainsbourg - TorinoDiana Krall - GenovaGogol Bordello - PadovaMark Knopfler - MilanoNina Zilli - RomaOs Mutantes - MilanoSimone Cristicchi - Porto Tolle (RO)Ska-P - PadovaZZ Top - Padova

99 Posse - ArezzoCrosby, Stills & Nash - AostaDeep Purple - Gallarate (VA)Jonsi - RomaNina Zilli - S.Stefano di Magra (SP)Paolo Nutini e Florence and TheMachine - MilanoPlanet Funk - Noventa (VE)Scissor Sisters - Vigevano (PV)The Niro - Torino

Bands Apart - FerraraBaustelle - Recanati (MC)Deep Purple - Reggio EmiliaEditors - LivornoElisa - CagliariEros Ramazzotti - FoggiaFlorence and The Machine - RomaLitfiba - RomaJonsi - FerraraVelvet - Faedis (UD)

Alessandra Amoroso - Ostia (RM)Deep Purple - ArezzoElio e Le Storie Tese - Collegno (TO)Kings of Convenience - TorinoLe Vibrazioni - Noventa (VE)Malika Ayane - Rezzato (BS)Mario Biondi - S. Leucio (CE)Noemi - Grugliasco (TO)Norah Jones - RomaSimply Red - Lucca

Elio e Le Storie Tese - Piazzolla (PD)Elisa - Alghero (SS)Eros Ramazzotti - SalernoKings of Convenience - FerraraLigabue - MessinaLitfiba - ArezzoMotel Connction - Simaxis (OR)Nina Zilli - Lamezia Terme (CZ)Papa Roach - Pinarella (RA)Simply Red - Roma

Baustelle - ArezzoBelle and Sebastian - ArezzoBob Sinclair - Chioggia (VE)Deep Purple - Sogliano (FC)Gotan Project - Tarvisio (UD)Mike Patton's Mondo Cane - MilanoSimone Cristicchi - Chiusi (SI)

Diana Krall - PescaraElisa - ParmaElvis Costello - MantovaFat Boy Slim - NapoliMario Biondi - RomaNoemi - Varallo (VC)Skunk Anansie - RomaThe Niro - NapoliVelvet - Napoli ZZ Top - Vigevano (PV)

Carmen Consoli - RomaCrosby, Stills & Nash - MilanoJ-Ax - Toscolano M.no (BS)Jamiroquai - NapoliLigabue - MilanoMalika Ayane - Chiusdino (SI)Mario Biondi - PistoiaPaolo Nutini - UdineVelvet - Vicenza

Alessandra Amoroso - Cervia (RA)Baustelle - Azzano Decimo (PN)Elisa - TriesteEros Ramazzotti - LuccaGogol Bordello - GenovaLigabue - MilanoLitfiba - Noci (BA)Paolo Nutini - FerraraThe Niro - LodiWhite Lies - Azzano (PN)

Alessandra Amoroso - MantovaCrosby, Stills & Nash - LuccaElvis Costello - Tivoli (RM)Mario Biondi - Varallo (VC)Noemi - ViterboPaolo Nutini - RomaSimone Cristicchi - Veroli (FR)

Giusy Ferreri - PiacenzaGossip - RomaMika - Codroipo (UD)

Alessandra Amoroso - LecceBaustelle - Asti Carmen Consoli - Massa (MS)Cranberries - TorinoDalla&DeGregori - Parma

Buena Vista Social Club - Sesto F.no (FI)Malika Ayane - UdineMario Biondi - ParmaNina Zilli - PescaraSimone Cristicchi - Foresto Sparso (BG)

Juliette Lewis - BolzanoLigabue - RomaLinea 77 - San Polo D'Enza (RE) Mark Knopfler - Piazzola (PD)Mario Biondi - PerugiaSud Sound System - Torino

Baustelle - PadovaLinea 77 - Ome (BS)Mario Biondi - RiminiMinistri - Bucine (AR)

Elio e Le Storie Tese - Cervignano (UD)J-Ax - PordenoneLigabue - RomaMark Knopfler - LuccaMotel Connection - Vasto (CH)Nina Zilli - BrindisiRoy Paci & Aretuska - Crescentino (VC)Velvet - Collecchio (TO)

Elio e Le Storie Tese - Senigallia (AN)Heineken Jammin' Festival - VeneziaLN Ripley - Bucine (AR)Linea 77 - Cesano Maderno (MI) Ministri - MilanoNoemi - Capo d'Orlando (ME)Velvet - Novara

Alessandra Amoroso - Noci (BA)Buena Vista Social Club - Piazzola (PD)Dalla&DeGregori - VeronaElio e Le Storie Tese - Barletta (BA)Heineken Jammin' Festival - VeneziaMalika Ayane - RomaPhoenix - Torino

i siamo. Luciano è pronto e il suo pubblico an-che. Undici concerti, nove stadi e altrettante

città, due sold out - a San Siro e all’Olimpico di Roma, prontamente organizzate le repliche – per un totale di tre mesi di tournèe (e non è detto che sia finita qui). Che

vi sia piaciuto o no Arrivederci, mostro!, che amiate o meno il rocker di Correggio, Stadi 2010 di Ligabue è il tour più importante dell’estate. Il Liga manca dai palchi dallo scorso autunno, quando si è esibito per sette sere di seguito all’Are-na di Verona accompagnato, come nel 2008, dall’Orchestra

dell’anfiteatro scaligero – più una data “solo rock”. Ades-so è tempo di tornare al classico tour negli stadi e al suono nudo e crudo che lo contraddistingue fin dagli esordi di una carriera che proprio nel 2010 ha toccato quota vent’anni. Tutti rigorosamente spesi tra palco e realtà.

CLIGABUESTADI 2010

27 2826Lunedì Martedì Mercoledì

29 30 31 1SabatoGiovedì Venerdì

Giardini di Mirò - Terracina (LT)Jeff Beck - RomaMario Biondi - MilanoMark Knopfler - PerugiaMorcheeba - GenovaZZ Top - Roma

Alessandra Amoroso - Grado (GO)Baustelle - BergamoDalla&DeGregori - NapoliDeep Purple - Taormina (ME)Gotan Project - Molfetta (BA)Kings of Convenience - RomaLe Vibrazioni - Pusiano (CO)Litfiba - Villafranca (VR)

Deep Purple - PalermoKings of Convenience - BariLe Vibrazioni - Grugliasco (TO)Ligabue - SalernoMalika Ayane - LecceNina Zilli - PalermoNoemi - Vernasca (PC)

Alessandra Amoroso - Sottomarina (VE)Dalla&DeGregori - PalermoLitfiba - BergamoMalika Ayane - Locorotondo (BA)Nina Zilli - CataniaPatti Smith - Civitanova Marche

Foto di Jarno Jotti

Page 63: Onstage Magazine giugno 2010

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