Onstage agosto 2010

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U2 LIGABUE ARCADE FIRE GUNS N' ROSES magazine n°33 / agosto '10

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Onstage n.33 agosto

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U2LIGABUE

ARCADE FIRE GUNS N' ROSES

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n°33 / agosto '10

6onstage - agosto

onstage - eDItoRIaLe

Direttore ResponsabileEmanuele Vescovo

Direttore EditorialeDaniele [email protected]

Art Director Federico [email protected]

Progetto graficoInedit srlvia Pietrasanta, 12 20143 [email protected]

RedazioneFrancesca [email protected] [email protected]

Photo editorTommaso [email protected]

Hanno collaborato a questo numero:Blueglue, Paula Breseghello, Vittoria Galtrucco, Claudio Morsenchio, Gianni Olfeni, Marco Rigamonti, Tommaso Riva, Giorgio Rossini

Areaconcerti srlvia Carlo De Angeli, 320141 Milanotel. 02.533558

AmministrazioneMario [email protected]

PubblicitàLuca [email protected] [email protected] Casieri [email protected] [email protected]

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Distribuzione e LogisticaMario [email protected]

StampaCentro Stampa Quotidiani SpaVia dell’Industria, 52 25030 Erbusco (BS)

Webhttp://www.onstageweb.comhttp://www.mylive.ithttp://www.areaconcerti.it

Onstage MagazineRegistrazione al tribunale di Milano N°362 del 01/06/2007

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n°32 / luglio '10

U2LIGABUE

GUNS N' ROSESARCADE FIRE

U2LIGABUE

ARCADE FIRE GUNS N' ROSES

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n°33 / agosto '10

U2LIGABUE

ARCADE FIRE GUNS N' ROSES

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n°33 / agosto '10

LIGABUE: 2 AGOSTO: STADIO ADRIATICO, PESCARA; 4 SETTEMBRE: STADIO DALL’ARA, BOLOGNAU2: 6 AGOSTO: STADIO OLIMPICO, TORINO ARCADE FIRE: 2 SETTEMBRE: ARENA PARCO NORD, BOLOGNA GUNS N’ ROSES: 5 SETTEMBRE: MEDIOLANUM FORUM, MILANO

Onstage Magazine on tour - Agosto 2010

Tutti i locali di Milano e Roma dove trovi Onstage Magazine

Milano

RomaAvalon Pub Birreria MarconiCartolibreria Freak OutCasina dei PiniCircolo degli ArtistiCrazy BullDeja'VuDistillerie ClandestineExpressFata Morgana Freni e Frizioni

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Bar MagentaBhangraBarBiblioteca SormaniBlenderBondCafe MilanoCargoColonial CaffèCuoreDeseoElettrauto Cadore Exploit Felice San SushiFrank Café Fresco Art Good Fellas

Gray Cat PubIedItem JamaicaJulien Café KapuzinerLa Bodeguita del MedioLa CaffetteriaLa FontanellaLe Coquetel Le scimmieLelephant Magazzini GeneraliMaxi BarMom MorgansPacino Café

Pharmacy Store RadetskyReefelRoialto Café Sergent Peppers Skip IntroStardustTrattoria ToscanaTwelveVoloYguana

Onstage People

Foto: Anton Corbijn Foto: Alessio Pizzicannella

Secondo alcuni studi pubblicati negli Stati Uniti, l’estate 2010 dovrebbe essere la meno ricca degli ultimi vent’anni quanto a concerti. In senso numerico (poche date) e dunque economico. Allarme rosso, in questi anni di crisi discografica l’industria del live è stata il ramo florido del music business.

In realtà il calo potrebbe essere casuale. Se non fossero saltate sedici date degli U2 per l’infortunio di Bono (un milione di biglietti) forse le stime non sareb-bero così negative e se, che so, Bruce Springsteen fosse partito per uno dei suoi lunghi tour probabilmente il mercato sarebbe addirittura cresciuto. U2, Springste-en, i soliti noti. E poi? Chi altro oltre al ristretto numero di artisti/band che da venti, trenta o più anni tirano la carretta potrebbe risollevare le sorti dell’annata? Le proiezioni degli analisti americani sono l’occasione per considerare un problema che è sotto gli occhi di tutti e che pure è ignorato o almeno sottovalutato: manca il ricambio generazionale.

Riempire stadi e arene in giro per il mondo è un af-fare che riguarda - oltre ai già citati U2 e Springsteen - Rolling Stones (che pare stiano organizzando un lungo tour d’addio, fissando nei 70 la linea di confine tra il rock e la pensione), Aerosmith, Depeche Mode, Ma-donna, Metallica. Mettiamoci anche Pearl Jam, Green Day e, per eccesso, Radiohead. Tra gli artisti di “nuova generazione” solo Coldplay e Muse valgono certi nu-meri. In Italia è difficile pensare anche a un solo arti-sta/gruppo con un tour negli stadi il giorno che Vasco e Ligabue si saranno stufati.

Non può essere un caso, e non lo è. I sopraccitati campioni hanno rappresentato, e rappresentano, l’ec-cellenza in termini di prodotto musicale. Da decenni tirano fuori una hit dopo l’altra e raggiungono senza soluzione di continuità persone di ogni età, sesso, raz-za, assicurandosi quel ricambio generazionale che è condizione necessaria per costruire un successo dura-turo e avere concerti sempre pieni. Stiamo parlando di artisti che conoscono il proprio mestiere e che sono in grado di “tenere” qualunque palco, compresi gli stadi.

Bisogna essere capaci di offrire uno spettacolo degno di questo nome in certi spazi, e per farlo è necessario essere musicisti con due palle così, condicio sine qua non per qualunque progetto artistico veramente credibile.

Non è il genio creativo che manca alla nuove ge-nerazioni. Quello che sembra latitare è la capacità di creare un prodotto musicale di alto livello in tutte le sue componenti, a partire dal live. L’impressione è che manchi quella coralità che è invece il segreto delle più longeve storie musicali. E se con un disco questa lacu-na si può nascondere (ma fino ad un certo punto), dal vivo viene fuori. Senza canzoni non si va da nessuna parte, ma è sul palco che l’artista costruisce il rapporto con il pubblico - un album così così si può perdona-re, un brutto concerto no. Un esempio virtuoso sono gli Arcade Fire: tra le band “emergenti” (eufemismo) sembrano gli unici destinati a crescere nel tempo, disco dopo disco, tour dopo tour. All’originalità e alla qua-lità delle composizioni, i canadesi aggiungono abilità musicali straordinarie, che dal vivo trovano la perfetta consacrazione. Provare per credere.

Quali siano le cause di questa mancanza di ricam-bio è difficile stabilirlo. Potenzialmente sono infinite, anche perché in questo periodo stiamo assistendo a in-numerevoli trasformazioni. Tuttavia avanza il sospet-to che la tecnologia in qualche modo c’entri – anche se nessuno qui si sogna di criminalizzare il progresso tecnico. Forse la semplicità con cui si può confezionare un prodotto musicale ha cambiato le priorità di arti-sti (dalla musica al suono?) e operatori, meno esigenti sulla qualità con cui il prodotto è confezionato. Forse l’eccesso di offerta ha modificato il comportamento del pubblico. Forse la progressiva scomparsa del supporto tangibile ha diminuito la possibilità di stabilire un le-game affettivo con una canzone, un disco e, in ultima analisi, una band.

E’ chiaro che si sta generalizzando, e generalizzare non è mai saggio. Ma negare che qualche ingranaggio si sia intoppato è stupido. Bisogna riconoscere il pro-blema e intervenire, con decisione.

di Daniele Salomone

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n°33 / agosto '10

GUNS N' ROSESLIGABUE

ARCADE FIRE U2

DAL 10 SETTEMBRE AL CINEMA

banda_onstage_RE:Layout 1 30-07-2010 11:05 Pagina 1

8onstage - agosto

indice / agostorubriche

10 - ontourIl calendario completo dei concerti di agosto, con approfondimenti sulle date più interessanti.

46 - rock 'n' fashionMadame e monsieur, ecco a voi i Jamaica. Divertiti e divertenti, nello spirito e nella musica.

46 - live reportAbbiamo immortalato l’avvio del Ligabue Stadi 2010. Ma non solo. Dice niente Jamiroquai?

48 - what’s newDischi, film e video-games: ancora una volta abbiamo ascoltato, visto e giocato per voi.

54 - coming soonA settembre, da Bologna, riparte il Vasco Europe Indoor. Il Blasco scalpita, il pubblico pure.

onstageweb

Live ReportI reportage fotografici di tutti i più importanti concerti del mese: Ligabue, U2 e molti altri!

IntervisteLa versione completa dell’intervista a Eugene Hutz, vulcanico leader dei Gogol Bordello.

E poi tutte le news musicali, il calendario completo dei concerti, gli approfondimenti. Stay connected!

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FACE TO FACE WITH ...12. GOGOL BORDELLO14. ROY PACI

L’infortunio di Bono ha colpito tutti. E sorprendente è stato pure il modo con cui il cantante ha elaborato la brutta vicenda. Si è scusato. Da dove arriva quel senso di colpa?

16. U2

28. GUNS N’ ROSESLa storia dei Guns è una delle più travagliate che il grande libro del rock abbia mai raccontato. Tanto che sembra una soap ope-ra, con un solo protagonista “ancora in vita” però: Axl Rose.

32. ARCADE FIREI canadesi hanno pubblicato il terzo disco e sono pronti a sbarca-re in Italia. Abbiamo chiacchierato con Tim, il bassista, per capi-re qualcosa in più del fenomeno Arcade Fire.

Prima che partisse il tour, siamo andati a Correggio a verificare con i nostri occhi e orecchie quel che di buono si dice di Ligabue. E abbiamo trovato molto di più.

22. LIGABUE

10onstage - agosto

ontour/ agosto

Alessandra Amoroso - CremonaCarmen Consoli - PalermoFrancesco Renga - Barberino (FI)Irene Grandi - Circello (BN)Ligabue - PescaraLost - Cassino (FR)

Dalla&DeGregori - PescaraFrancesco Renga - Palmi (RC)Litfiba - CatanzaroMalika Ayane - Pietrasanta (LU)Motel Connection - Gallipoli (LE)Noemi - Alezio (LE)R. Paci&Aretuska - Melendugno (LE)

Mario Biondi - Taormina (ME)Noemi - Villaperuccio (CI)Roy Paci & Aretuska - Trescore (BG)

Dalla&DeGregori - Lioni (AV)Francesco Renga - Campofelice (PA)Irene Grandi - Dorgali (NU)Iron Maiden - Codroipo (UD)Mario Biondi - AvellinoMika - CagliariMotel Connection - PescaraNeffa - San Martino (CB)Nina Zilli - Fratta Polesine (RO)R. Paci&Aretuska - Gambarie (RC)Simone Cristicchi - Baragiano (PZ)

Dalla&DeGregori - AgrigentoGogol Bordello - Orvieto (TR)Malika Ayane - Spello (PG)Mario Biondi - PalermoNina Zilli - Trescore (BG)NOFX - BresciaSimone Cristicchi - Roma

Litfiba - CagliariMorgan - Lignano S. (UD)Simone Cristicchi - Santa Fiora (GR)Velvet - Conversano (BA)

Baustelle - CataniaCarmen Consoli - Ponza (LT)Dalla&DeGregori - Campione d'Italia (CO)J-Ax - Nettuno (RM)Noemi - Cisternino (BR)Simone Cristicchi - Corciano (PG)Velvet - Corigliano (CS)

Afterhours - Offida (AP)Carmen Consoli - Gallipoli (LE)Dalla&DeGregori - Ostuni (BR)Irene Grandi - Riccione (RN)Mario Biondi - Maiori (SA)Noemi - Scoglitti (RG)R. Paci&Aretuska - Rispescia (GR)

Baustelle - Pontremoli (MS)Dalla&DeGregori - CatanzaroEros Ramazzotti - CagliariLitfiba - La SpeziaMario Biondi - MateraMichael Bolton - Gardone Riviera (TN)Motel Connection - Filago (BG)Patti Smith - Grado (GO)Simple Minds - Spilimbergo (PN)

Afterhours - S. Pancrazio (BR)Dalla&DeGregori - Villapiana (CS)G. Palma & The Bluebeaters - RagusaJ-Ax - Gallipoli (LE)Mario Biondi - Ischia (NA)Simone Cristicchi - Seravezza (LU)

Dalla&DeGregori - Taormina (ME)G. Palma & the Bluebeaters - Trescore (BG)Gogol Bordello - Sarroch (CA)Irene Grandi - Nepi (VT)Morcheeba - SiracusaNina Zilli - Vicchio (FI)NOFX - Palermo

Alessandra Amoroso - Piombino (LI)Le Vibrazioni - Cassino (FR)Mario Biondi - Ostuni (BR)Noemi - Noventa (VE)Patti Smith - Rezzato (BS)Simone Cristicchi - Longobucco (CS)

Lunedì Martedì Mercoledì

MercoledìLunedì Martedì

Lunedì Martedì Mercoledì

Lunedì Martedì Mercoledì

2826 27

42 3

119 10

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252423

Iron Maiden

Hole

17/10 Codroipo (UD)

30/08 Roma, 31/08 Padova

he siate amanti o meno del metal-lo pesante (che in questo caso così pesante poi non è), giù il cappello

di fronte agli Iron Maiden. Il leggendario gruppo britannico, attivo dal 1975, festeggia quest’anno il trentacinquesimo anniversario

della sua nascita. Come? con un disco (The Final Frontier), che sarà pubblicato a livello mondiale il 16 agosto – quattro anni dopo A Matter Of Life And Death - e un tour, che per la gioia di decine di migliaia di fan arriva anche in Italia.

uando ancora non era uscito il primo disco delle Hole in otto anni - Nobody’s Daughter è stato

pubblicato il 27 aprile - Courtney Love era già in giro a fare concerti, segno di una vo-glia matta di tornare sui palchi. Il pubblico

ha risposto bene, Italia compresa, talmente bene che la band californiana non ha prati-camente mai smesso di suonare. Buon per noi, che dopo la data milanese di febbraio abbiamo altre due occasioni per vedere le Hole dal vivo nello Stivale.

C

Q Hole - RomaIrene Grandi - Catania

Hole - PadovaNina Zilli - Lodi

Lunedì Martedì13130

Foto di Stefano Masselli

11AGOSTO - OnSTAGe

Nina Zilli - BresciaNoemi - Rapallo (GE)Roy Paci & Aretuska - PordenoneSimone Cristicchi - Ravenna

Baustelle - Reggio EmiliaCarmen Consoli - Moena (TN)Dalla&DeGregori - SienaGiardini di Mirò - CagliariG. Palma & The Bluebeaters - Pavia di Udine (UD)Irene Grandi - Palombara (RM)Mario Biondi - CagliariMelissa Auf Der Maur - BolognaMorgan - M. di Pietrasanta (LU)Neffa - Ostia (RM)

Alessandra Amoroso - PalermoBaustelle - BresciaDalla & DeGregori - TorinoIrene Grandi - Montefalcione (AV)Le Vibrazioni - ViterboMario Biondi - Alghero (SS)Nina Zilli - Riolo Terme (RA)

Francesco Renga - Montepaone (CZ)Malika Ayane - PescaraMika - Cattolica (RN)Neffa - Buccino (SA)Simone Cristicchi - Vallata (AV)

Dalla&DeGregori - CagliariNeffa - Montalto (VT)Noemi - Assisi (PG)Simone Cristicchi - Orvieto (TR)

Dalla&DeGregori - Alghero (SS)G. Palma & The Bluebeaters -Canistro (AQ)Le Vibrazioni - Chiaromonte (PZ)Lost - Borore (NU)Malika Ayane - Diamante (CS)Neffa - Arce (FR)Nina Zilli - Siracusa

Francesco Renga - Conversano (BA)Goran Bregovic - Ariano Irpino (AV)Mario Biondi - Capo d'Orlando (ME)

Afterhours - S. Pancrazio (BR)Francesco Renga - Lignano S. (UD)G. Palma & The Bluebeaters - Gallipoli (LE)Linea 77 - Bugnara (AQ)Litfiba - Campofelice di Roccella (PA)The Bastard Sons of Dioniso - Baselga (TN)

Alice Cooper - Majano (UD)Carmen Consoli - Alghero (SS)Dalla&DeGregori - Barletta (BA)G.Palma & The Bluebeaters -Ripalimosani (CB)Linea 77 - Albi (CZ)Mario Biondi - Nettuno (RM)Noemi - Partanna (TP)R. Paci&Aretuska - Posada (NU)

Baustelle - Rispescia (GR)Dalla&DeGregori - Cesenatico (FC)Francesco Renga - Riccione (RN)G. Palma & The Bluebeaters - AvellinoNoemi - Cassino (FR)Roy Paci & Aretuska - Trieste

Neffa - Policoro (MT)Simone Cristicchi - Montalto (CS)

Alessandra Amoroso - Viareggio (LU)Dalla&DeGregori - Massa (MS)Litfiba - Grottammare (AP)Mario Biondi - Molfetta (BA)Motel Connection - Trevignano (RM)Nina Zilli - Vasto (CH)Noemi - RovigoPatti Smith - Gavorrano (GR)R. Paci&Aretuska - Civitavecchia (RM)Simone Cristicchi - Melara (RO)Velvet - Filago (BG)

Carmen Consoli - RomaChemical Brothers - LecceDolcenera - PadovaElio e Le Storie Tese - Follonica (GR)Mario Biondi - Tarvisio (UD)Simone Cristicchi - Rispescia (GR)Ska-P - RiminiVelvet - Crotone

A. Amoroso - Pontelandolfo (BN)Baustelle - Gallipoli (LE)Carmen Consoli - RiccioneElio e Le Storie Tese - F. dei Marmi (LU)Irene Grandi - BrindisiLigabue - OristanoLitfiba - Majano (UD)Mario Biondi - S. Gimignano (SI)Motel Connection - Isola del Giglio (GR)Nina Zilli - Gallipoli (LE)R. Paci&Aretuska - S. Severino (PZ)Simone Cristicchi - Brindisi

Afterhours - Este (PD)Simple Minds - Battaglia Terme (PD)Ska-P - OlbiaU2 - Torino

Carmen Consoli - Capo d'Orlando (ME)Dalla & De Gregori - RagusaG.Palma & The Bluebeaters -Giovinazzo (BA)Kings of Convenience - CataniaLe Vibrazioni - Ubiale (BG)Motel Connection - Simaxis (OR)Noemi - Castrovillari (CS)Patti Smith - VeneziaRoy Paci & Aretuska - Tre Fontane (TP)Simone Cristicchi - Fosdinuovo (MS)

Domenica

Giovedì Venerdì Sabato Domenica

Giovedì Venerdì Sabato Domenica

Giovedì

Giovedì

Venerdì

Venerdì

Sabato

Sabato

Domenica

31 1

5 6 7 8

12 13 14 15

19 20 21 22

26 27 28 29

29 30Patti Smith

01/08 Venezia (in collaborazione con Emer-gency), 03/08 Grado (GO), 04/08 Rezzato (BS), 05/08 Gavorrano (GR)

atti Smith ha un debole per l’Italia e viceversa. La sacerdotessa del rock

è di casa dalle nostre parti, e gli otto concerti a cavallo tra luglio e agosto sono solo l’ennesima pro-va di questo legame. Dopo l’ospi-tata agli MTV Days di Torino

di fine giugno, Patti porta nello Stivale il tour We Shall Live Again, una sorta di greatest hits live (in-teramente acustico) arricchito da qualche anticipazione del suo prossimo disco. Da segnalare la presenza della figlia Jesse al pia-noforte.

P

Alessandra Amoroso - Taormina (ME)Carmen Consoli - Lampedusa (AG)Nina Zilli - PadovaPlacebo - Sarroch (CA)Simone Cristicchi - Carpineto (RM)Velvet - Mores (SS)

Domenica

2 3 4 5

12onstage - agosto

ick Rubin, uno dei più importanti produttori del mondo, ha lavorato a Trans-Continental Hustle, ultimo disco dei Gogol Bordello. Com’è nata la collaborazione?

Ci siamo conosciuti tre anni fa grazie a Tom Morello dei Rage Against The Machine, nostro amico e supporter. Dopo aver as-sistito a qualche nostro concerto, Rick è venuto nel backstage e lì ho capito che era realmente attratto dalla band. Nel giro di poche settimane aveva già in mano alcune delle mie canzoni. Incredibile.

Ti ha mai detto cosa lo avesse colpito della vostra musica?

Non gli ho mai fatto espressamente questa domanda, l’argomento è venuto fuori in modo spontaneo. Mi ha confidato che quella dei Gogol Bordello è una musica senza tempo e che questo aspetto lo ha colpito fin dalla prima volta che ci ha ascoltato.

E invece cosa ti ha colpito di lui?Sin dai primi giorni di collaborazione mi ha impressionato

per il suo approccio: testa bassa e lavorare! Io prima di tutto do-vevo pensare a scrivere, poi insieme lavoravamo sui brani scelti per l’album. È stato un lavoro faticoso, per entrambi. Ma è il metodo adatto a un tipo come me.

Parlaci delle varie fasi del processo creativo di Trans-Con-tinental Hustle.

Sono stato tre mesi in Brasile – dove vivo – per poi torna-re in California, a Malibù, e presentare il materiale a Rick, con cui ho studiato il giusto sound. Così sono nati pezzi come My Companjera, Sun On My Side, Rebellious Love, Immigraniada, Raise The Knowledge. Alcuni li abbiamo conclusi in poco tempo senza eccessivi sforzi, altri ci hanno fatto impazzire e altri ancora non sono stati neanche inseriti nell’album. A mio avviso abbiamo scelto le migliori canzoni. L’intero processo è stato davvero im-

pegnativo, ma esaltante! Alla fine siamo riusciti a portare a ter-mine un progetto che ci ha donato molto, non solo da un punto di vista musicale, ma anche intellettuale ed emotivo.

Che tipo di musica contiene il nuovo album?Dentro Trans-Continental Hustle ci sono diverse combinazio-

ni, legate alla perfezione dal miglior gipsy sound. Pala Tute, My Companjera e Sun On My Side sono canzoni acustiche da veri sognatori, racconti romantici suonati con grande classe da tutti i miei compagni. Si passa poi al rock di In The Meantime In Per-mambuco, Break The Spell e Trans-Continental Hustle.

Immagino che il Brasile, paese in cui vivi, ti abbia dato molti spunti.

È facile essere colpiti dalla musica carioca. Sono stato ispirato dalla bossa nova e da generi originali e meno conosciuti come il forrò o il maracatù. L’anima brasiliana è facilmente riconoscibile, ma l’album racchiude un vero mix di musiche provenienti da tutto il mondo. Non a caso il mio stile è stato definito trans-conti-nental streetcore. È qualcosa di originale, poco sperimentato, che rende i Gogol Bordello una band internazionale: il nostro è un vero e proprio giro del mondo attraverso la musica.

Ti sei mai chiesto cosa pensa la gente che ascolta o vede per la prima volta i Gogol Bordello?

Ad un primo impatto potremmo dare l’impressione di un gruppo di pazzi dell’est europeo che se ne frega di tutto. Invece, a mio parere, la nostra forza è quella di essere una vera band che suona con abilità e lavora duramente, trascinata dalla pas-

sione per questo mestiere. In passato abbiamo ricevuto premi per esserci dimostrati all’avanguardia a livello artistico e stilisti-co, per l’originalità e l’energia espressa durante le nostre perfor-mance live e per molte altre cazzate… Io rispetto il giudizio di tutti e ovviamente ringrazio, ma l’essenza dei Gogol Bordello è la musica e la capacità di suscitare emozioni con i nostri brani e i nostri concerti. E’ qualcosa che viene da dentro di noi.

Tra i tanti posti, hai passato molto tempo anche in Italia. Pensi che il nostro sia un paese razzista?

Il razzismo è un grande ostacolo da superare in tanti paesi. Il fatto che in Italia diano così tanta importanza alle vicende che accadono tra la popolazione locale e i nomadi può, a mio avviso, aiutare. Perchè in qualche modo la gente si rende conto del problema. In Roma-nia e in Ucraina, per esempio, le cose vanno peggio: non ne parla nessuno! Ed è molto grave.

La musica può avere un ruolo per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle grandi questioni sociali?

Qualche tempo fa, in Turchia, abbiamo tenuto un concerto di protesta in un quartiere di Istanbul - invitati da un nostro amico per suscitare l’interesse della stampa – poiché il governo aveva deciso di radere al suolo parte della zona. Siamo riusci-ti a posticipare di otto mesi la costruzione di un parcheggio in quell’area.

Non è molto. Ti sbagli, è un buon risultato. La gente del posto ha quanto-

meno avuto più tempo per pianificare il proprio futuro e trova-re un rifugio. Penso che la musica possa aumentare la sensibili-tà delle persone. Magari non riesce a risolvere il problema, ma attraverso melodia e parole può influenzare il pensiero della gente. D’altra parte anche il Dalai Lama ha coltivato fiducia nel mondo attraverso le sue parole. Un lavoro molto simile lo fa la musica… La buona musica, naturalmente.

Cantava John Lennon quanto sarebbe bello vivere in un mondo senza confini, un posto dove tutte le persone siano in grado di convivere pacificamente. Quel mondo non lo avremo mai, ma possiamo immaginarlo sentendone, da qualche parte, l’eco inconfondibile. Nella musica dei Gogol Bordello, ad esempio, una musica che trascende tempo e spazio, che non conosce li-miti. Eugene Hutz ci ha parlato del mondo senza confini della sua “creatura” artistica.

R

<< Il mio stile è stato definito trans-continental streetcore. È qualcosa che rende i Gogol Bordello una band internazionale: il nostro è un vero e proprio giro del mondo attraverso la musica >>

di mattia sbrizioloface2face / gogoL BoRDeLLo

24/08 Orvieto (TR)25/08 Sarroch (CA)

Live in itaLy

IMAGINE THERE’S NO COUNTRIES

14onstage - agosto

face2face / RoY PacI di francesca vuotto

ai appena partecipato al Nickelsdorf Jazz Festi-val in Austria, ma so che non ti piace definirti un jazzista.

Non mi piace perché mi sento un’anima più rock e punk, e poi la vedo come una definizione limitativa, in 30 anni di carriera ho fatto talmente tanta musica che un’etichetta precisa per la mia figura non esiste. Il jazz stesso l’ho suonato per tantissimi anni e continuo a farlo, ma in maniera contami-nata.

Quindi come ti poni nel panorama musicale italiano?Io sono un musicista a 360 gradi e in Italia una figura come

la mia è particolare perché sono quasi l’unico che canta e suona. E’ un peccato perché nel nostro paese di gente come me ce n’è tanta, ma è un ruolo che stenta ad affer-marsi.

E’ per questo che presti grande attenzione ai giovani nei tuoi progetti?

Per questo e perché voglio insegnare la musica come mestiere, passandola di mano in mano come avveniva un tempo nelle botteghe degli artigiani. Solo così si trasmette quella componente umana che permette di suonare in maniera spensierata, sicuro di quello che stai dando e della forza che hai. Quando dicevo al mio maestro che se mi fossi trovato davanti Miles Davis o Jeff Beck sarei morto, lui ribatteva “tu sai cosa fanno loro, ma loro non sanno di cosa sei capace, perciò non preoccuparti delle aspettative”.

E’ da qui che deriva la facilità con cui improvvisi?L’improvvisazione è la regola fondamentale attorno a cui

gira veramente tutto quello che ho creato. Spesso continuiamo a suonare anche dopo la fine di un concerto, sotto al palco, ed è capitato che si avvicinasse una band africana e cominciasse a fare pezzi della sua tradizione e che noi ci unissimo diventando una backing band.

Hai previsto qualche ospite eccellente in questo tour?

Di sicuro passerà Eugene (Hutz, dei Gogol Bordello, che ha collaborato con Roy nel brano Il segreto, nda), ma di solito gli ospiti arrivano all’ultimo, perché sanno che il nostro palco ha la porta aperta.

In studio come riesci a conciliare l’improvvisazione con l’esigenza di mettere nero su bianco testi e musiche?

Improvviso facendo fluire nella musica quello che ho raccol-to in giro nei miei viaggi. Solo in un secondo momento passo ad un lavoro di rifinitura fatto di nozioni, strutture e arrangiamenti per far sì che tutti gli ingredienti si trasformino in una serie di portate ben servite, senza dissonanze o sapori astrusi. Per me

improvvisare è comporre in tempo reale. Hai definito Latinista come “l’hapax definitivo e liberato-

rio della mia musica”. Cos’ha in più rispetto agli altri album?Gli altri dischi avevano un’apertura musicale molto ampia,

ma anche molto definita, invece Latinista contiene una grande globalità di suoni e per questo mi soddisfa maggiormente. Re-alizza appieno quanto anticipato con Suonoglobal, aprendosi ad orizzonti che non appartengono solo all’Italia. La canzone Fiesta Global per esempio ha strofe in nove lingue diverse.

I brani affrontano anche tematiche impegnate, in contrasto con l’apparente leggerezza delle melodie, la stessa Bonjour Bahia parla della riscoperta del valore di ciò che perdiamo.

Nella mia musica ho voluto mantenere una particolarità della tradizione musicale siciliana, che unisce melodie sempli-cissime a testi di una tristezza immonda. Sono molto contento perché dopo di me anche altri artisti hanno avuto il coraggio di

farlo, per esempio Carmen Consoli. Da alcune tue dichiarazioni mi è parso di capire che ti pia-

ce cantare, ma ti dispiace che questo vada un po’ a discapito della tromba, è così?

E’ così, ma se con gli Aretuska dessi più spazio alla tromba mi ritroverei a fare brani molto lunghi e cambierebbe un po’ il clima. Il progetto discografico è stato concepito in questo modo e la mia Sofia (è il nome della sua tromba, nda) è un po’ sacri-ficata, ma dal vivo posso sbizzarrirmi di più, così come con gli altri progetti paralleli a cui partecipo.

Hai già esplorato la musica a 360 gradi, cosa ti resta da fare in futuro?

Un bel disco heavy metal di soli fiati! E’ un genere che seguo e mi piacerebbe riuscire a fare un’operazio-ne del genere.

Già solo questo è un bell’impegno… E sul fron-te delle collaborazioni? Sogni di realizzarne ancora qualcuna?

Io e Tom Waits! Sto cercando di coinvolgerlo nel prossimo disco del progetto “Banda Ionica”, che è nato 12 anni fa per sal-vare il repertorio delle marce funebri del sud Italia. Abbiamo già fatto un album di inediti che rimandano a questa tradizione coinvolgendo grandi voci dell’area mediterranea, come Vinicio Capossela per l’Italia, Artur H per la Francia e Dani dei Maca-co per la Spagna e ora vorrei farne un altro con artisti dell’area anglosassone. Ho già sentito Dave Byrne dei Talking Heads, ha gridato al miracolo quando gliene ho parlato.

La domanda d’obbligo a questo punto è: dove trovi le ener-gie per tutte queste attività?

Basta mangiare 200 grammi di peperoncino al giorno, rigo-rosamente dell’Accademia del Peperoncino che mi ha conferito la laurea ad honoris causa come messaggero della cultura piccan-te nel mondo. E dormire poco, perché altrimenti non si ha il tempo di fare tutto!

Come cita la più conosciuta web-enciclopedia, Roy Paci è un trombettista, compositore e arrangiatore italiano. Tutto vero, ma mancano almeno una mezza dozzina di aggettivi, tra cui siciliano. Dalla sua terra di nascita Roy ha ereditato la capacità di mischiare tradizioni locali e culture lontane, rielaborando il tutto in una forma di musica latina - anzi, latinista – che punta molto sull’improvvisazione. Ci ha spiegato tutto nel mezzo del suo lungo tour estivo.

H

<< Quando dicevo al mio maestro che sarei morto davanti a Miles Davis o Jeff Beck, lui ribatteva ‘tu sai cosa fanno loro, ma loro non sanno di cosa sei capace, perciò non preoccuparti delle aspettative >>

01/08 - Tre Fontane (TP) 05/08 - Civitavecchia (RM) 07/08 - San Severino Lucano (PZ) 11/08 - Rispescia (GR) 12/08 - Posada (NU) 14/08 - Trieste 16/08 - Melendugno (LE) 17/08 - Gambarie (RC) 23/08 - Trescore (BG) 26/08 - Pordenone

lIve In ItalY

Foto di Davide Perfetti

U' PICCIOTTU vIaggIaTOre

TAKE IT ALL ON™

live style

16onstage - agosto

il 21 maggio 2010. Sono passati solo undici giorni da quando Bono ha compiuto cin-quant’anni. Mancano due settimane scarse al 3 giugno, giorno del concerto di Salt Lake

City che segna la riapertura ufficiale del tour U2 360°, fermo ai box dopo le date tra Europa e Nord America del 2009. Sul sito ufficiale della band irlandese appare un comunicato che recita testualmente: “Bono è stato oggi sottoposto ad un inter-vento alla schiena dovuto ad un infortunio rimediato durante la preparazione per il tour. E’ stato ricoverato in un ospedale di Monaco ed è sotto le cure dei neurochirurghi Prof. Dr. Jorg Tonn e Dr. Muller Wohlfhrt. Bono passera nell’unità i prossimi giorni, prima di tornare a casa per la riabilitazione”. In brevis-simo tempo la notizia rimbal-za in rete come una scheggia impazzita, suscitando preoc-cupazione per la salute del cantante e per le imminenti date che, appare chiaro fin da subito, subiranno cancel-lazioni o, alla meno peggio, modifiche. Quanto è grave l’infortunio? Che ne sarà del tour?

Pochi minuti dopo la diffusione della news, U2.com pubbli-ca la conferma che il concerto di Salt Lake City è stato postici-pato a data da destinarsi e, a ruota, Paul McGuinness, storico manager della band irlandese, lascia un messaggio vocale in cui anticipa che tutte le date americane di giugno e luglio sono annullate e saranno riprogrammate il prima possibile. Dopo di che passano quattro giorni senza dichiarazioni ufficiali. Ora, la tournèe degli U2 è un affaire da 7,5 milioni di dollari di rica-vi medi a concerto, se saltano sedici date sparse su un mese e mezzo, evidentemente c’è sotto qualcosa di abbastanza serio. E infatti.

Il 25 maggio finalmente il sito del gruppo irlandese pubbli-ca un bollettino medico sulle condizioni di salute di Bono. I

medici curanti dichiarano che il cantante – proprio quel gior-no dimesso dall’ospedale - soffriva di compressione del nervo sciatico dovuta ad una lesione del legamento intorno al disco e ad un’ernia del disco stesso. Un problema che non poteva più essere gestito con metodi conservativi e necessitava di un intervento chirurgico. Nel comunicato c’è un passaggio preoc-cupante nel quale si sottolinea come, al momento del ricovero, le gambe del musicista presentassero parziali paralisi sotto il ginocchio. Un infortunio molto grave, che “richiede un perio-do di riabilitazione di almeno otto settimane”, periodo che i medici individuano come minimo per recuperare la piena for-ma fisica.

Non appena rese note le condizioni di Bono, McGuinness rassicura i fan americani, sempre attraverso il sito de-gli U2, annunciando ufficial-mente che le date saranno re-cuperate. Lo spettacolo deve andare avanti e avanti andrà. Il manager fa il punto anche sullo stato morale dell’artista,

che “si sente in colpa nei confronti della band e del milione di persone che avevano già acquistato i biglietti per i concerti, cui sente di aver scombussolato i piani”. Si sente in colpa?

A quel punto dalle parti di Dublino devono aver capito che la brutta storia aveva bisogno di uno scossone, di qualcosa che calasse il sipario su medici e ospedali e riportasse in primo pia-no la band. E così ecco spuntare il faccione con pizzetto (e rigo-roso cappellino scuro aderente) di The Edge, in collegamento Skype da New York City. “Bono è quel genere di persona che non crede di poter avere impedimenti fisici. E’ un generoso, quando è concentrato su qualcosa tira dritto e basta. Ma adesso è molto dispiaciuto, si sente in colpa per aver causato proble-mi al tour”. Il chitarrista non può che partire dalla condizioni psicofisiche del band mate, aggiungendo divertito “questo è

E’

Inaspettato quanto complicato, l’infortunio di Bono ha costretto gli U2 ad annullare sedici date negli Stati Uniti. Un evento più unico che raro nella storia della band irlandese, le cui implicazioni vanno ben oltre l’apparenza. Ricostruendo le tappe della spiacevole vicenda, ci siamo accorti di come in più di un’occasione il cantante abbia voluto scusarsi, direttamente o per interposta persona. Proviamo a spiegare le ragioni del senso di colpa di Bono.

> di gianni olfeni, foto: anton corbijn

u2

WHO’S GONNA PAY FOR YOUR CRASHEd CAR?*

*CHi PAGHERà PER lA tUA mACCHiNA ROttA?

<< Bono è quel genere di persona che non crede di poter avere impedimenti fisici. E’ un generoso, quando è concentrato tira dritto e

basta. Ma si è sentito in colpa per aver causato problemi al tour >> The Edge

17 AGOSTO - OnSTAGe

Gli U2 hanno pubblicato dodici album di inediti, l’ultimo dei quali è No Line On The Horizon. Il disco - registrato tra Fez (Marocco), Dublino e Londra – è stato prodotto dai tre storici collaboratori della band irlandese: Brian Eno, Daniel Lanois e Steve Lillywhite.

06/08 - Torino

live in iTAly

le foto del concerto degli U2 su www.onstageweb.com!

18onstage - agosto

probabilmente il suo periodo di riposo più lungo in de-cenni”. Per un attimo pare di scorgere un tono di rimpro-vero nelle parole di Edge. Ma è solo un attimo, il sorriso del chitarrista svela complicità e affetto nei confronti del compagno in difficoltà. “Adesso è importante che segua le indicazioni dei medici sulla riabilitazione. Conoscendolo, avrà sicuramente voglia di forzare i tempi prendendo qualche scorciatoia. Ma que-sta volta non può permetter-selo”. Nella conversazione telefonica avuta qualche ora prima, Edge e Bono hanno filosofeggiato sulla brutta vicenda. “Ci siamo detti che c’è qualcosa di positivo in tutto questo: se fosse successo durante il tour sarebbe stato molto peggio, quindi in un certo senso è andata bene così” dice il chitarrista, prima di annunciare che “abbiamo molte nuove canzoni e un paio di queste vogliamo suonarle durante il tour. E’ qualcosa che abbiamo sempre voluto fare, ma, per vari motivi, non

ci siamo mai riusciti”. Arriva anche il grido di battaglia (“Quando saliremo sul palco saremo al top della condizio-ne”), segno inconfondibile della voglia matta degli U2 di tornare sul palco.

Il 13 luglio è il giorno in cui viene messa la parola fine sulla brutta vicenda di cui è stato involontario protagonista

Bono Vox. Dopo aver annun-ciato ufficialmente le date in cui saranno recuperati i con-certi americani (da maggio a luglio 2011) – quello di Tori-no è confermatissimo come apertura della tranche 2010 del tour - U2.com pubblica un video che porta il signi-

ficativo titolo “We’re coming back…”. Un inedito Larry Mullen in versione regista – il set è lo studio in cui la band si è riunita per provare - si rivolge a Adam Clayton chie-dendo notizie sul cantante che accompagnerà il gruppo nelle prossime date degli U2. “Dovremmo avere un can-tante, ma Edge ne sa sicuramente più di me”. Il chitarrista

livestyle - u2

U2 360° IN PILLOLE

1. Annunciato nel marzo 2009, U2 360° è partito da Barcellona il 30 giugno. La tranche 2009 si è conclusa a Vancouver il 28 ottobre. La prima data del 2010 è Torino.

2. Nel 2009 la band irlandese ha tenuto 44 concerti, tutti rigorosamente sold out, per un totale di 3.071.290 biglietti venduti e una media di 69.802 spettatori a spettacolo.

3. The Claw, l’enorme palco a forma di artiglio, ha una base larga 56 metri ed un'altezza che raggiunge i 50 (con il “pennacchio” centrale). La struttura è interamente d'acciaio.

4. Fin qui gli U2 hanno proposto circa 30 canzoni, suo-nandone tra le 22 e le 24 per show. La chiusura è sempre stata Moment Of Surrender (da No Line On The Horizon).

5. Dell’ultimo disco in studio la band irlandese ha suo-nato in totale 7 pezzi compresa una versione dance/elettro-nica di I'll Go Crazy If I Don't Go Crazy Tonight.

6. Per la prima volta da quando è stata incisa (nel 2002, come singolo di The Best of 1990-2000), Electrical Storm è comparsa nella scaletta di alcuni concerti.

7. La set list del 2009 ha segnato il ritorno di storici brani esclusi da tempo come MLK, The Unforgettable Fire, Ultra Violet (Light My Way), Angel Of Harlem e Bad.

8. Tra i momenti più toccanti dello show c’è la proiezione di un discorso dell’arcivescovo Desmond Tutu, simbolo della lotta all’apartheid sudafricano, che introduce One.

9. Durante alcune date, tra cui quelle di San Siro, Bono ha parlato in diretta con gli astronauti della Stazione Spa-ziale Internazionale in orbita intorno alla Terra.

10. La data al Rose Bowl di Pasadena (97.014 pagan-ti) ha stracciato il record di spettatori per un concerto in uno stadio negli Stati Uniti, che già apparteneva agli U2.

<< Sono stato in giro e ho visto dei cantanti straordinari. Ho suonato con

i Muse e sono grandiosi. Ma sapete una cosa? Semplicemente non è lo

stesso. Abbiamo il miglior cantante in circolazione >> The Edge

Foto di Francesco Prandoni

onstage - agosto

20

livestyle - u2

U2 360° AT THE ROSE BOWL

Che bisogno c’era di un altro dvd live degli U2? E’ la domanda (leggittima) che un cinico osservato-re potrebbe porre imbattendosi nella custodia di U2 360° At The Rose Bowl. In effetti, fin dal 1983, anno di Live From Red Rocks: Under A Blood Red Sky, gli irlandesi hanno sempre pubblicato materiale live al termine – o nel bel mezzo, come in questo caso - dei loro mastodontici tour. Che fossero documen-tari, come Ruttle And Hum (1988), riprese di con-certi nude e crude, come Zoo TV: Live From Sydney (1994), o film tridimensionali come U2 3D (2008), Bono&co. non hanno mai saltato l’appuntamento. Ora, le implicazioni commerciali sono indubbie, ma c’è pure un aspetto artistico da valutare, anche perché in quel di Dublino sono fissati sulla qualità dei prodotti griffati dal prestigioso brand.

Il grande merito di questa videografia è aver costantemente scongiurato la sensazione di “già visto” - impresa che riesce anche a quest’ultimo capitolo della serie – nonostante i protagonisti sia-no sempre gli stessi. Il punto è: come fanno?

Indubbiamente gioca un ruolo chiave la qualità degli spettacoli live. Show resi unici da palchi av-veniristici e scenografie innovative – non si è mai badato a spese – che rendono anzitutto i concerti, e poi le riprese degli stessi, esperienze sempre nuo-ve. Chi ha visto The Claw, la gigantesca struttura circolare open che caratterizza U2 360°, sa di cosa stiamo parlando. Seguire i live degli irlandesi è come andare al luna park tutte le domeniche e tro-vare ogni volta una giostra nuova ed è così anche questa volta.

Senza entrare in noiosi discorsi tecnici, va poi detto che gli U2 non si sono mai fatti mancare nulla anche per quanto riguarda le riprese. Per U2 360° At The Rose Bowl sono stat e utilizzate 27 telecamere - che hanno immortalato il concerto in-teramente in HD - sotto la sapiente regia di Tom Krueger, già al lavoro con Dublino per U2 3D e alcuni videoclip.

Entrando ancora più nel concreto, il concerto del 25 ottobre 2009 a Pasadena (città-sobborgo di Los Angeles dove sorge il Rose Bowl) è stato il più affollato nella storia degli U2, con 97.014 spettatori

paganti, e il primo ad essere trasmesso in diretta su YouTube in tutti i continenti - “Che ora è nel mon-do?", si chiede Bono durante lo show - con oltre 10 milioni di visualizzazioni in una settimana. Prati-camente, un pezzo di storia in formato video.

Dulcis in fundo, la canzoni, o meglio la capacità di Bono, The Edge, Adam e Larry di trasformare le musiche in esperienze che trascendono la forma canzone (un esempio su tutti: il medley tra I Still Haven’t Found What I’m Looking For e Stand By Me, quella di Ben E. King, contenuto nel dvd). E questo nonostante certe hit siano state ormai suonate in tutte le salse, nonostante la voce di Bono in qual-che momento traballi, nonostante The Edge non sia proprio un guitar hero. Ma per certe cose non c’è una spiegazione, ed è proprio questo che le rende speciali. G.O.

U2 360° At The Rose Bowl è disponibile in quattro versioni. La versione standard, con il dvd del concerto, una Deluxe Edition formata da due dvd, un'edizione in formato Blu-Ray ed infine una Super Deluxe Edition. Le versioni deluxe e Blu-Ray offrono contenuti speciali, tra cui il documentario Squaring The Circle: Creating U2 360°.

raccoglie l’assist e insacca. “Sono stato in giro ultimamente e ho visto dei cantanti straordinari. Ho suonato con i Muse (Where The Streets Have No Name, sul palco di Glastonbury, nda) e loro sono grandiosi. Ma sapete una cosa? Semplicemente non è lo stesso. Se mai avessi avuto bisogno di una conferma, ora so che abbiamo il miglior cantante in circolazione. E ha un ottimo aspetto, proprio così…” dice indicando Bono che, dopo aver ringraziato il compagno per questo atto d’amore e stima, appare davanti alla camera di Larry. “Sto bene, posso sedermi, posso alzarmi, posso muovermi con fiducia, mi sento a posto. Sono pronto per le date europee e per recuperare quelle americane la prossima estate”. Come Paul McGuinnes aveva raccontato nei giorni immediatamente succes-sivi al ricovero del cantante e The Edge aveva confermato poco dopo, Bono si sente mortificato per aver causato “problemi” e si scusa “con tutti quelli che avevano comprato i biglietti e avevano fatto programmi per i nostri concerti”. Poi parla del suo infortunio (“Non è stato diver-tente per me, l’operazione è stata piuttosto seria”) e infine trova l’aspetto positivo del periodo di riabilitazione: “Abbiamo composto nuove can-zoni, che saranno sicuramente pubblicate e che vogliamo suonare du-rante i concerti” Infine la conclusione, rivolta al pubblico: “Non c’è altro posto dove vogliamo stare che non sia dove possiamo incontrare voi che ci regalate la possibilità di fare questo lavoro”.

Nella catena di eventi causata dall’infortunio di Bono, c’è un aspetto che colpisce: il senso di colpa del cantante. Invece che farsi legittima-mente coccolare, la superstar Bono Vox non ha perso occasione per scu-sarsi. Comprendere le cause di questo comportamento aiuta a capire le dimensioni e l’impatto sul mondo reale di una band come gli U2. L’one-sta frustrazione del cantante (al di là delle pur gravi implicazioni perso-nali) nasce sicuramente dal dispiacere per le complicazioni arrecate alle centinaia di migliaia di americani che, pur avendo in tasca un biglietto, dovranno rivedere i loro piani e aspettare l’estate 2011 per assistere ai

concerti della band irlandese. Ma non solo. Il frontman, che oltre ad es-sere un musicista è navigato manager e businessman, è perfettamente consapevole della quantità di mezzi, merci, persone e soldi mossi da una tournèe degli U2. Tanto per rendere l’idea, stiamo parlando di un tour che fino ad oggi ha fatturato oltre 311,6 milioni di dollari con la sola vendita di biglietti e che costa 750mila dollari al giorno escluse le spe-se di montaggio. Ci sono centoventi camion per ciascuno dei tre palchi (mentre se ne monta uno, un secondo è in fase di smontaggio nell’im-pianto che ha ospitato il concerto precedente e un terzo è in viaggio verso la città dello show successivo) e tutte le strumentazioni tecniche a supporto (il solo maxischermo circolare pesa 54 tonnellate ed è com-posto da 500 mila pixel, 320 mila elementi di fissaggio, 30 mila cavi e 150 mila parti meccaniche). Duecento sono le persone che viaggiano al se-guito del tour, cui se ne aggiungono altrettante in loco per ogni data. Le sedici date rinviate avrebbero dato (daranno) lavoro per una settimana a oltre tremila americani. A tutto questo va aggiunto la gigantesca mole di lavoro svolta da Live Nation – colosso dell’entertainment, leader di settore per fatturato e personale – a cui gli U2 sono legati per quanto riguarda l’organizzazione dei tour. Mettiamoci gli interessi (notevoli) degli sponsor e l’indotto generato dai concerti (dalle affissioni pubblici-tarie ai venditori di hot dog fuori dagli stadi) e il quadro è completo.

Una macchina molto potente, già in movimento e pronta per essere lanciata a tutta velocità, viene improvvisamente e bruscamente frena-ta. La macchina sbanda, colpisce il guard rail e si ammacca. Fortunata-mente alla guida ci sono navigatori esperti e affidabili, così la macchina riesce a restare in carreggiata senza perdere troppi pezzi e a continuare la sua corsa. E’ più o meno così che sono andate le cose dietro le quinte dell’infortunio di Bono. Ed è la consapevolezza del rischio fatto correre a tutti i passeggeri che ha generato il senso di colpa provato dal cantante. Qualcuno diceva che “è solo un rock’n’roll show”. Forse è quello che può sembrare da fuori, in realtà è molto di più.

<< Mi scuso con tutti quelli che avevano comprato i biglietti e avevano fatto programmi per i nostri concerti. Sappiate che non c’è altro posto dove vogliamo stare che non sia dove possiamo incontrarvi >> Bono

Foto di Francesco Prandoni

live style

o percepito Arrivederci, Mostro! come un album che segna in qualche modo una svolta, o per lo meno un nuovo inizio. Se la mia interpretazione è giusta, vorrei sapere da dove nasce la necessità di

cambiare. Altrimenti, sei libero di smentirmi…Diciamo che ci sono una serie di piccole svolte. La più evidente è

che per la prima volta non mi sono occupato in prima persona del suono, affidando tutto a Corrado Rustici. Non ho prodotto né co-prodotto il disco e questo significa che l’album esce con le proposte di un altro che, in quanto tali, non avrei pensato. Da sempre scrivo i miei testi e le mie musiche, mi occupo degli arrangiamenti e curo ogni suono. Ma il mio gusto cade inevitabilmente sempre nello stesso punto, proprio perché è il mio gusto! Per cui avevo voglia di capire cosa sarebbe successo affidandomi ad un professionista come Cor-rado. Ognuno può farsi un’opinione, ma io credo che sia riuscito a trovare un sound nuovo, fresco, pur mantenendo una certa conti-nuità con il mio passato.

Ti sei messo in discussione dopo vent’anni di straordinario successo, lo trovo un gesto di grande umiltà. I tuoi colleghi soli-tamente fanno il percorso inverso, prima affiancati da produttori e poi da soli.

Si vede che io sono partito troppo forte (ride, nda). Nel nostro mestiere il suono è importante. E’ la cifra stilistica con cui ti poni ri-spetto al resto del mondo. Se, ad esempio, Balliamo sul mondo avesse avuto una base pop, probabilmente la mia storia sarebbe stata di-versa. Ma occuparsi di questo aspetto richiede un grande dispen-dio di energia. In parte è un godimento, in parte è una faticaccia. In questo momento io sono beato perché ho delegato a un altro questa responsabilità, anche se poi se la prendono con me se il disco non

piace, non con il produttore. Fare tornare i conti su aspetti tecnici – quanto volume esce dal disco, quanto riesce ad essere uniforme nelle varie fonti sonore, eccetera - è un lavoraccio e non sei mai sicuro che vada bene. Un produttore fa questo dalla mattina alla sera, ha più competenza e più sicurezze.

Perché hai scelto proprio Rustici?Ho una grande stima di Corrado perché riesce a entrare in un

progetto artistico senza sconvolgerne l’identità. La sua produzione si sente, ma devi andarla a cercare, perché non tende a imporsi. Ha fatto così anche con me, lavorando tantissimo per fa sì che il

suono fosse cazzuto, interna-zionale, ma anche pieno di sfu-mature. L’album si prestava, essendo molto vario. Nel tempo sembra non poter stare nello stesso disco di Quando mi vieni a prendere, così come Caro il mio

Francesco potrebbe faticare di fianco a La verità è una scelta. Lui è riuscito, in collaborazione con il sottoscritto, a creare un album che della varietà facesse la sua forza, in cui ogni episodio è chiaro da un punto di vista sonoro, pur essendo molto compatto.

Il suono è sicuramente uno degli aspetti più interessanti di Arrivederci, Mostro!. Eppure l’elemento più immediato credo sia il flusso emotivo che generano le canzoni. Avverto un’urgenza espressiva ancora più forte che in passato.

Esprimere la mia emotività credo sia l’unico modo per sentirmi bene quando scrivo. Chi fa musica gode di tanti privilegi, esporci è il minimo che possiamo dare in cambio. Non è un compito facile, più ti esponi e più è facile che ti feriscano. Ma io personalmente cre-do di non aver scelta - sono fatto così - sento di dovermi mettere in gioco. Mi piace che tu senta questa urgenza e spero che la sentano tutti. Credo sia il motivo per cui uno diventa così presuntuoso da dire “Scusate, voltatevi che vi devo dire la mia”.

> di daniele salomone foto: alessio pizzicannella; foto live: iarno iotti

UNO DI NOI (se fOssImO cOme lUI)

Incontrare Ligabue è un’esperienza “rivoluzionaria”. Luciano è l’eccezione in un paese che elegge “rockstar dell’anno” il suo Presidente del Consiglio – ricordate la copertina di Rolling Stone? – perché protagonista di condotte (si fa per dire) esuberanti. Lui, il Liga, quello che riempie gli stadi, conserva l’onestà di un fanciullo e l’umiltà di un uomo di campagna, senza rinunciare alla genuinità del rock, quella che fa ballare, gridare e sudare. In Italia, in questo momento, è quanto di più anticonformista si possa immaginare. In casi come questo si dice “Ligabue è uno di noi”. Ma prima di pronunciare (o scrivere) quelle parole, dovremmo farci un bell’esamino di coscienza e capire quanto noi assomigliamo a lui.

ligabue

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<< Non ho prodotto il disco e questo significa che l’album esce con le proposte di un altro che, in

quanto tali, non avrei pensato. Volevo capire cosa sarebbe successo affidandomi ad un altro >>

onstage - agosto

22

La copertina di Arrivederci, Mostro! è stata realizzata da Paolo De Francesco, che ha ripreso una famosa immag-ine di Erik Johansson, Fishy Island, alla quale ha aggiunto particolari legati alla vita di Ligabue.

02/08 - Pescara07/08 - Oristano04/09 - Bologna

live in italy

le foto del tour di ligabue su www.onstageweb.com!

Il tour di Ligabue continua, il calendario completo su www.onstageweb.com

23aGOStO - OnStaGe

24onstage - agosto

livestyle - ligabue

Questo, naturalmente, non significa che tu ti sia preso troppo sul serio.

E’ un disco molto vario, anche per quanto riguarda i te-sti. Si passa da un brano come Quando canterai la tua canzone che affronta il tema dell’autodeterminazione, che mi è stori-camente caro, per poi passare a La linea sottile che analizza quanto siamo in bilico tra i nostri comportamenti migliori e peggiori, e per questo dobbiamo perdonarci qualche errore. Poi arriva Nel tempo, in cui un tizio di 50 anni deve fare un pezzo punk per dirti quanto veloce è stata la sua vita. Ci sono momenti diversi, compresi alcuni leggeri, giocosi. Però per me era importantissimo far sentire quanta partecipazione emotiva ci fosse in questo disco.

Un artista della tua “portata” genera molte aspettative. Si capisce quanto ti stiano a cuore quelle che nutri verso te stesso. Come ti poni rispetto al pubblico?

E’ fondamentale che siano appagate le aspettative della gente. Per quanto mi riguarda considero necessario raggiun-gere un pubblico tanto ampio da poter dire che le mie sono canzoni popolari. Il problema è che non c’è modo per pro-gettare questa cosa, perché le persone sono diverse. Se anche avessi conosciuto le aspettative di ognuno dei miei fan, non avrei potuto trovare un modo per appagare tutti. Anche per-ché ogni individuo impatta un disco, piuttosto che un libro o un film, in un momento preciso della sua vita in cui è una persona diversa rispetto a quella che sarà dopo un mese o che era un mese prima. Se vogliamo c’è di mezzo anche la casualità. L’importante è sentire l’urgenza di comunicare qualcosa e farlo. E poi incrociare le dita…

Già nel 1994, con A che ora è la fine del mondo, lanciavi un messaggio molto forte, esprimendo il tuo dissenso sul potere delle televisioni. Faccio una considerazione banale: tantissime delle persone che in questi anni hanno ballato e cantato la canzone sono poi state vittime, diciamo così, di questa deriva mediatica. Insomma, non hanno recepito il messaggio. Ti pesa?

Parto da una considerazione: stiamo marciando ad una velocità che non ci appartiene. Abbiamo bisogno di una massa d’informazioni molto più grossa rispetto a, che ne so,

5 anni fa. Raramente ci basta leggere un quotidiano la mat-tina, abbiamo bisogno di consultare una marea di siti web ogni ora per avere notizie fresche. Tutto questo toglie alla gente la possibilità di fare i conti con la potenza della realtà. Il punto è quanto riesci a riflettere su un fatto e quanto lasci che questo lavori dentro di te, che produca qualcosa. Se uno ha bisogno di sentire altre notizie subito dopo perché è as-suefatto a questa velocità, è chiaro che i messaggi restano in superficie, non entrano in profondità come devono.

Questo vale anche per la musica.La musica ha tanti problemi. Penso alla crisi delle disco-

grafiche, ai posti di lavoro persi, alle poche opportunità per gli emergenti. Ma è ancora più grave il rischio che diventi un sottofondo. Un conto è se ascolti un disco mentre fai altre cose, un altro è se gli dedichi attenzione e lasci che “lavori”

su di te. Si faceva in maniera empirica con il vinile, non po-tevi skippare i brani e la musica aveva il tempo di entrarti dentro. Oggi purtroppo è sempre più raro. Può anche darsi che sia l’uomo ad adattarsi a questa velocità e ad aver biso-gno di meno tempo per farsi toccare dalla musica o da altre forme di comunicazione. Ma sinceramente, non mi sembra che stia accadendo.

Quindi ti dà fastidio se i messaggi delle tue canzoni non sono recepiti.

Per me è una grande soddisfazione già quando la mia mu-sica spinge le persone anche solo a ballare, a godere fisicamente della leggerezza di una canzone. E’ chiaro che se poi uno fa atten-zione anche alle parole e queste producono un effetto, che sia accelerare una riflessione, strappare un sorriso o ancora trasferire un

sentimento di speranza, bè, mi riempie d’orgoglio.Mi aggancio ad una delle tracce del tema di maturità di

quest’anno: “La musica – diceva Aristotele (filosofo gre-co del IV sec. a.C.) – non va praticata per un unico tipo di beneficio che da essa può derivare, ma per usi moltepli-ci, poiché può servire per l’educazione, per procurarsi la catarsi e in terzo luogo per la ricreazione, il sollievo e il riposo dallo sforzo”. Credi che il pensiero di Aristotele sia ancora attuale?

Io credo che dovrebbe esserlo. Ma stiamo vivendo un mo-mento di trasformazione e quindi per poter esprimere un giudizio dobbiamo avere ancora un po’ di pazienza. In ogni caso credo che non ci vorrà molto. In pochi anni potremo avere un’idea precisa del ruolo che svolge la musica in que-sto particolare contesto storico.

Oltre ad essere uno dei più importanti musicisti nella storia della musica italiana, Ligabue si è cimentato anche con la letteratura (ha scritto un romanzo, una raccol-ta di racconti e una di poesie) e con il cinema. Proprio sull’esperienza da regista volevamo saperne di più.

Sono passati otto anni da quando Ligabue ha girato il suo secondo e ultimo film (Da zero a dieci, 2002), dodici dal suo esordio come regista (Radiofreccia, 1998). Un tempo sufficientemente lungo per tornare sull’argomento, cercando di capire cosa gli abbia lasciato l’esperienza cinematografica - che in ogni caso gli è valsa premi e riconoscimenti, di pubblico e critica. “Fare il regista e salire su un palco sono due esperienze agli antipodi” racconta Luciano. “Mentre sul palco uno come me, con una chiara predisposizione emotiva, non deve far altro che lasciar fluire l’emoti-vità - più o meno fregandosene di come farlo - quando giri un film è difficilissimo tirar fuori l’emozione perché la devi progettare”. Una forzatura per il rocker di Correggio, eppure l’esperienza è stata molto positiva perché ha accresciuto il suo bagaglio umano e artistico. “Proprio nel fare qualcosa che era contro la mia indole, ho maturato alcune caratteristiche come l’essere paziente, la capacità di lavorare d’equipe e di dare peso alla progettazione. Tutte cose che mi hanno fatto vedere il mio mestiere principale, il mio vero mestiere, da un’angolazione diversa”.

Radiofreccia è sicuramente il film meglio riuscito tra i due, quello per lo meno che ha portato più riconoscimenti, ma entrambi i film sono stati soddisfacenti perché hanno permesso a Ligabue di mantenere fede ad un principio fondamentale. “Mi piace pensare di non dover per forza rispettare le regole, ho sempre lottato per avere la libertà di fare scelte controcorrente, anche per i film”. Come dire, conosco le regole, ma un po’ me ne sbatto. “E’ l’unico modo con cui puoi permetterti di la-sciare il tuo segno, il tuo marchio. Radiofreccia è un film anomalo: è tutto discutibile da un punto di vista tecnico. Però c’è la spudoratezza dell’emozione. Nell’ultima inquadratura prendiamo Freccia (Stefano Accorsi, nda) di schiena, dopo che ha bruciato due macchine, sa che la ragazza non ne vuole più sapere di lui, e noi sappiamo anche che andrà a morire di overdose. Nel fatto di prenderlo di schiena mentre si sta facendo una paglia, c’è tutta l’impudenza della sua emozione. Ed era l’obiettivo che volevo raggiungere”. D.S.

Buona la prima e pure la seconda !

<< Esprimere la mia emotività credo sia l’unico modo per sentirmi bene quando scrivo. Chi fa musica gode di tanti privilegi, esporci è il

minimo che possiamo dare in cambio >>

onstage - agosto

26

Torniamo alla musica suonata. Parte il tour, che t’impe-gnerà tutta l’estate. Un nuovo spettacolo da organizzare e una nuova sfida da affrontare.

Recentemente ho visto uno show meraviglioso, quello dei Muse a San Siro. Ti “sbattevano” in faccia questo palco enorme fin dall’ingresso nello stadio, una struttura in prospettiva davve-ro grandiosa, simile allo scafo di una nave. La nostra è una produzione agli antipodi, nel senso che nascondiamo le carte. Il pubblico entra e vede che c’è qualcosa d’imponente ma cosa sia lo scopre solo du-rante il concerto. Ci sono luci, video e tutto il resto, ma più che sull’hardware ci siamo concentrati sul software.

A livello di “hardware”, qual è l’aspetto di più difficile gestione?

Sicuramente il suono, è sempre difficile ottenere una buo-na acustica in spazi grandi. Ma siamo molto esigenti e non vogliamo saperne di problemi. Anche se ci rendiamo con-to delle difficoltà e per questo lavoriamo con uno staff che conosciamo bene e che ci aiuta a gestire al meglio le nostre

risorse. Il volume ad esempio è uno degli aspetti critici: se sei basso in uno stadio ne risente la qualità complessiva del suono. Fortunatamente a Milano hanno alzato il limite di un paio di decibel!

Non ti chiedo di svelarci le sorprese, anche se l’istinto mi suggerirebbe di farlo…

Meglio così, non ti direi niente (ride, nda). Di certo c’è il fatto che Arrivederci, mostro! è il nocciolo del concerto. Tengo moltissimo a questo disco e lo suonerò quasi tutto. Anche se è un rischio perché, sai, la gente reagisce in un certo modo ai singoli, in un altro al resto dei brani. Questi spettacoli sono più lunghi rispetto al passato proprio perché voglio proporre tutto il nuovo album senza sacrificare le canzoni del repertorio.

Quelle che la gente non vede l’ora di cantare.

Voglio che tutti tornino a casa spossati, è la sensazione che piace provare a me quando vado a vedere un live. Tutto è predisposto perché sia così. Direi che siamo sul pezzo come non mai. Maioli (il manager di Ligabue, nda) mi dice che i dati

di prevendita sono straordinari e che quin-di dobbiamo dare ancora di più. Il punto è che a me sembra sempre di aver dato il massimo, anche in termini di produzione… Ma cercheremo di andare ancora oltre per

fare uno dei migliori concerti di sempre.

Sono passati pochi giorni da quando ho chiacchierato con Luciano. Finisco di scrivere il pezzo e controllo il suo sito ufficiale (ligachannel.com) alla ricerca di possibili aggiorna-menti. Magari nuove date sold out. Cosa trovo? Luciano ha deciso di indire un concorso per band emergenti. L’inizia-tiva (che prende il nome dal brano Quando suonerai la tua canzone) porterà gruppi ed artisti sconosciuti ad esibirsi sui palchi del Ligabue Stdi 2010 poco prima che il Liga entri in scena. Fossimo tutti come lui…

<< Stiamo marciando ad una velocità che non ci appartiene, non riusciamo a fare i conti con la potenza della realtà. I messaggi restano

in superficie, non entrano in profondità come devono >>

livestyle - ligabue

FEDERICO POGGIBOLLINI, chitarraChitarrista bolognese classe 1968, “Capitan Fede” è al fianco di Luciano dal ‘94. E’ pas-sato attraverso tutte le fasi della carriera di Ligabue, ma non dimentica “la prima volta a San Siro, nel 1997, un’esperienza indimenticabile”. Prima di unirsi al rocker emiliano, ha militato anche nei Litfiba (dal ‘90 al ‘93). Come solista ha pubblicato tre dischi (l’ultimo è Caos cosmico, 2009)

NICCOLO’ BOSSINI, chitarraDa quando suo padre gli regalò la prima chitarra – aveva 11 anni – Niccolò ha pensato solo a suonare. E’ passato da varie esperienze (tra cui i Raw Power, rock band italiana) fino al celebre concerto di Campovolo del 2005, suo esordio nella Banda. Della collabora-zione con il Liga dice “E’ una grande fortuna, perché artisticamente non devo rinunciare a nulla”.

MICHAEL URBANO, batteriaNasce a Sacramento, in California, nel 1960. Da allora fa di tutto tra cui suonare la batteria con gli Smash Mouth (dal 1999 al 2006, quando lascia la band per “divergenze artistiche”) e collaborare con numerosi artisti, tra cui Elisa. Con Ligabue (a cui invidia le giacche di pel-le) comincia nel 2007: è Corrado Rustici a suggerire Michael al Liga. Consiglio accettato.

KAVEH RASTEGAR, bassoBassista e compositore statunitense, Kaveh inizia a suonare sul serio nel 1999 dividendosi tra collaborazioni e progetti da lui personalmente avviati. E’ il fondatore dei Kneebody, che nel 2003 vincono un Grammy Award per la categoria “New Music”. Anche lui indicato da Rustici, fa l’esordio al fianco di Ligabue (che definisce “intenso, gentile e divertente”) nel 2008.

JOSE’ FIORILLI, tastiereMette le mani sul pianoforte a tredici anni e a sedici è già sul palco. Folgorato da Jerry Lee Lewis (“Mi sconvolse il modo in cui suonava Great Balls Of Fire”), Josè accumula molta esperienza prima di arrivare alla corte di Ligabue, nel 2007, per il tour indoor ElleSette. Da buon romano, il suo ricordo più forte dell’avventura con il Liga è legato alla prima all’Olimpico.

LUCIANO LUISI, tastiere e programmazioniToscano classe ‘63, Luciano comincia da piccolo con la musica classica, per poi “cedere” al fascino di quella moderna. Dopo aver incontrato Zucchero – al cui fianco resta per oltre dieci anni – “Luis” (così è comunemente soprannominato) collabora con artisti come Eric Clapton, Sting e BB King. Entra nella squadra del Liga in occasione del tour europeo del 2008 e diventa titolare fisso.

Il combo del LigaLigabue Stadi 2010 è il terzo progetto live che il rocker affronta con la stessa formazione, un misto di amici italiani vecchi e nuovi e new entry dagli Stati Uniti (suggerite da Corrado Rustici). Un combo affidabile che, come dice il Liga, “spacca”.

DAL 10 SETTEMBRE AL CINEMA

On Stage_RE:Layout 1 30-07-2010 11:03 Pagina 1

28onstage - agosto

04/09 Roma05/09 Milano

live in italy

le foto del tour dei guns n' Roses su www.onstageweb.com!

Axl Rose – vero nome William Bruce Rose - nasce a Lafayette, Indiana, il 6 febbraio 1962. Il suo carattere turbolento non gli ha impedito di mostrare il suo grande talento vocale. Rolling Stone lo ha classificato al numero 64 nella lista dei 100 migliori cantanti di tutti i tempi.

live style

29

a storia dei Guns N’ Roses è degna delle mi-gliori telenovelas americane, quelle intermi-nabili e dal copione stirato. Qualcosa come Sentieri o Beautiful. Nessuno ha ancora mai

sceneggiato una fiction sul rock and roll, ma se a qual-cuno venisse l’idea di farlo, la band americana, tutta ec-cessi, donne e litigi, potrebbe prestarsi particolarmente bene come spunto. Basti pensare che ancora prima di unirsi nella line up che ha dato vita al pluripremiato e fondamentale esordio Appetite For Destruction, la band nata dall’unione degli Hollywood Rose (in cui milita-va Axl) con gli L.A. Guns (di Izzy Stradlin) mostra i suoi prematuri travagli cambiando tre musicisti su cin-que. Tra i nuovi, c’è un chitarrista che segnerà pesantemente il destino della formazione: Saul Hudson, meglio noto come Slash.

E’ proprio grazie all’incontro tra il carat-teristico stile di Slash e la voce graffiante e carismatica di Axl Rose che il debutto dei Guns, un misto di hard rock, heavy metal e glam rock, raggiunge il primo po-sto nella top 200 di Billboard, arrivando a vendere oltre 35 milioni di copie e diventando il quarto esordio di tutti i tempi. Roba da far tremare le gambe. L’album è noto per pezzi di enorme successo come Welcome To The Jungle, Paradise City e Sweet Child O’ Mine, ma anche per la controversia legale dovuta alla copertina della prima edizione (un dipinto di Robert Williams raffigurante un mostro che assale un robot in procinto di stuprare una donna) che vedrà costretti i GN’R a riti-rare la prima tiratura dal mercato e a cambiare illustra-

zione. Ciliegina sulla torta, la registrazione dei gemiti di un rapporto sessuale consumato in studio da Axl con una donna reclutata ad hoc, inserita in Rocket Que-en, brano di chiusura del disco. L’ingresso dei Guns nel panorama musicale internazionale è tutt’altro che in punta di piedi.

Nel 1988 la band comincia il suo primo vero tour, che li vede aprire i concerti di realtà già affermate del rock e dell’hard rock - Rolling Stones, Aerosmith, Möt-ley Crüe - e li porta in Europa a supporto dei Kiss e degli Iron Maiden, in quel Monsters Of Rock che ver-rà tristemente ricordato per la morte di due spettatori a causa della ressa esplosa proprio durante il set del

gruppo californiano. Una tragedia che farà guadagnare ai GN’R l’etichetta di “band più pericolosa del mondo”.

I Guns si trovano ben presto a dover gestire al-tri eccessi, in particolare

quelli con le droghe, di cui tutti fanno ampio uso. La fa-miliare immagine di Slash con una bottiglia di whisky in mano non la racconta tutta: il chitarrista è vittima di dipendenza da sostanze stupefacenti (eroina e cocaina) e condivide la triste condizione con i compagni, fatta eccezione, a quanto pare, per Rose. Oggi Axl attribui-sce proprio all’incapacità dei suoi compagni di tenersi alla larga dalle droghe la causa della rottura dei vecchi Guns. “Sono stato più volte accusato per aver troncato i rapporti con i miei ex-compagni. La mia unica colpa è stata quella di non aver trovato il modo per aiutare Slash e Izzy a liberarsi delle loro dipendenze e portarli allo stato in cui avevamo inciso Appetite”, ha dichiarato

Venticinque anni fa, dalla fusione tra diverse band di Los Angeles, comin-ciava l’avventura di una delle più importanti e insieme travagliate band del-la storia della musica. Articolata tanto da sembrare opera di un gruppo di autori, la vicenda dei Guns N’ Roses è ricca di episodi, proprio come una fic-tion. In occasione del ritorno in Italia della gloriosa griffe (oggi di proprietà del solo Axl) ripercorriamo le tappe principali di questa soap molto rock.

> di emanuele mancini, foto: courtesy of Universal

HARD OPERA

AGOstO - OnstAGe

Guns n' rOses

<< La mia unica colpa è stata quella di non aver trovato il modo per aiutare Slash e

Izzy a liberarsi delle dipendenze e portarli allo stato in cui avevamo inciso Appetite

For Destruction>>

L

30onstage - agosto

il cantante in un’intervista pubblicata all’inizio del 2009 sul sito ufficiale della band. In ogni caso anche Mr. Rose è uno difficile e trova modo di far parlare di sé per il suo carattere iracondo e i suoi comportamenti aggressivi. Famoso l’epi-sodio di un concerto a St. Louis in cui si getta tra il pubblico per picchiare uno spettatore che sta filmando lo spettacolo. Tornato sul palco, insulta la security, getta con violenza il microfono a terra e interrompe l’esibizione.

In quel periodo la storia è sempre la stessa: Slash, Izzy e Steven Adler (il batterista) che entrano ed escono da clini-che di disintossicazione, continui cambi di formazione (nel 1997 Axl è l’unico membro rimasto del gruppo originale), risse con fan e cameraman, rivalità e minacce con altre band, arresti, denunce. Insomma tantissime vicende buone a man-tenere alta l’attenzione intorno ai Guns e ad arricchire la te-lenovela.

Sul versante musicale invece, poca carne al fuoco: la pub-blicazione, datata 1988, di GN’R Lies - la cui cover è una evidente parodia-denuncia nei confronti dei tabloid scan-dalistici, che con le loro “bugie” stanno minando la stabilità della band, privando i membri della loro vita privata – è un modo per prendere tempo. L’album contiene la riedizione del primo Ep dei Guns (Live Like A Suicide) e soltanto tre bra-ni inediti, tra cui la fortunatissima Patience e l’infelice One In A Million accusata di contenere nel testo frasi razziste e

omofobe. La difesa di Axl non placa le critiche - il testo lascia poco spazio a interpretazioni - e la canzone viene ben presto eliminata dalle scalette dei concerti.

I successivi episodi hanno per fortuna di nuovo a che fare con la musica e con i record. Nel 1991 viene dato alle stampe il secondo lavoro dei GN’R, composto di soli inediti (ecce-zion fatta per due cover) pubblicati su due album separati, Use Your Illusion I e II, che entrano rispettivamente al secon-do e al primo posto della classifica di Billboard, primato a

tutt’oggi ineguagliato. Sono i dischi di Knocking On Heaven’s Door e di November Rain, la canzone più lunga (8 minuti e 57) ad essere entrata nella classifica di Billboard e uno dei video musicali più costosi di sempre - oltre un milione e mezzo di dollari - che nel ’92 vale l’Mtv Video Music Award come “Best Cinematography”. A supporto dei dischi appena stampati parte lo Use Your Illusion Tour - uno dei più lun-ghi della storia del rock, ventotto mesi per centonovantadue

date - che termina il 17 luglio 1993 a Buenos Aires e che vede per l’ultima volta insieme sul palco Axl, Slash e il bassista Duff McKagan.

I fan non possono immaginarlo, anche perché l’ipotesi di una rottura è stata ventilata infinite volte, ma la parabola di quel gruppo di musicisti ha segnato il suo apice e volge al termine. “La mia opinione è che l’agonia dei vecchi Guns fosse cominciata molto prima, ma la morte è arrivata du-rante le session di Use Your Illusion, quando per ragioni per-sonali gli altri della band cambiarono approccio, stile e me-todo di lavoro”. Sta per cominciare il nuovo ciclo dei Guns N’ Roses, nel nome del solo Axl, non per questo meno ricco di suspense e colpi di scena, anche se con poche novità dal punto di vista musicale.

Dalla data di Buenos Aires e per ben otto lunghi anni, la band non si esibisce più dal vivo. Nonostante lo scioglimen-to non sia mai ufficializzato, le defezioni di Slash e Duff nel ’97 tolgono parecchio senso alla ragione sociale GN’R. Nel frattempo esce un solo altro disco (The Spaghetti Incident?), composto esclusivamente di cover, e una canzone per la colonna sonora del film Intervista col vampiro (la cover di Sympathy For The Devil dei Rolling Stones).

In quel periodo comincia ad affermarsi una nuova cor-rente musicale nota come “grunge”, i cui rappresentanti di spicco propongono uno stile di vita quasi agli antipodi da

livestyle - guns n' roses

<< La morte dei vecchi Guns N’ Roses è arrivata durante le session di Use Your Illusion, quando per ragioni personali,

gli altri della band cambiarono approccio, stile e metodo di lavoro >>

LE ROSE IN CANNASono cinque gli album registrati in studio dai Guns N’Roses (considerando Use Your Illusion I e II come un’unica pubblicazione): da Appetite For Destruction, uno dei momenti più signi-ficativi dell’intera storia del rock, a Chinese Democracy, fatica – nel vero senso del termine – del solo Axl Rose che, dal 1997, è proprietario unico dei diritti sul nome del gruppo.

APPETITE FOR DESTRUCTION (1987)Benvenuti nella giungla dei Guns N’Roses. La discografia ufficiale si apre pro-prio con Welcome To The Jungle, prima traccia di uno degli album più venduti della storia del rock (35 milioni di copie), il quarto esordio di sempre. I Guns

scalano le classifiche grazie alla popolarità di hit come Paradise City e Sweet Child O’ Mine, scritta da Axl per la sua ragazza (più tardi moglie ed ex-moglie) Erin Everly.

GN’R LIES (1988)Come per Appetite For Destruction la produzione è affidata a Mike Clink, cui si aggiungono gli stessi Guns. Lies è composto dalle tracce dell’Ep Live Like A Sui-cide, del 1986, e brani acustici come Patience, Used To Love Her e One In A Million.

Quest’ultima canzone è stata accusata di incitare al razzismo e alla xenofobia. Nonostante le spiegazioni di Axl, le critiche non si sono mai definitivamente placate.

USE YOUR ILLUSION I e II (1991)Mentre il grunge sta conquistando il mondo, i Guns ci consegnano il loro ca-polavoro. Un doppio disco - necessario per la notevole mole di lavoro prodotta - composto da trenta canzoni (16 +14) caratterizzate da una maggiore facilità

di ascolto. Gli album contengono pezzi indimenticabili dei primi Guns: da November Rain a Yesterdays, da Don’t Cry alla cover di Knockin’ On Heaven’s Door.

THE SPAGHETTI INCIDENT? (1993)The Spaghetti Incident? è l’ultimo album della band con Slash e Duff . È realizzato principalmente con materiale scartato da Use Your Illusion e contiene solo cover. Il disco subisce critiche convinte da parte di stampa e pubblico. In particolare la

ghost track, Look At Your Game, Girl, suscita grande scalpore in quanto scritta originariamente da Charles Manson, in galera per la strage di Bel Air del 1969.

CHINESE DEMOCRACY (2008)Il sesto album dei Guns si fa attendere 15 anni. I motivi del ritardo sono da ri-cercare nei continui cambiamenti di line-up e nell’abbandono da parte di Slash (1996) e degli altri membri fondatori. Di fatto, della formazione originale, rima-

ne solo Axl Rose, più il tastierista Dizzy Reed, entrato nella band nel 1990. Con 13 milioni di dollari, Chinese Democracy è l’album più costoso della storia.

31AGOSTO - OnSTAGe

FORMER MEMBERSChe fine hanno fatto i membri originali dei Guns N’ Roses dopo aver lasciato il gruppo con cui hanno scrit-to la storia del rock?

SLASHDurante il suo ultimo periodo nei Guns, appena dopo la pubblicazione di The Spaghetti Incident? del 1993, Slash dà vita al progetto parallelo degli Slash’s Snake-pit, al quale si dedica completamente dal 1996 al 2001. Dall’anno seguente si trova a lavorare insieme a McKa-gan e Sorum – entrambi ex Gunner – nei Velvet Revol-ver (nati come The Project), con cui incide Contraband (2004) e Libertad (2007). A marzo 2010 esce Slash, il suo primo album da solista.

IZZY STRADLINLa scarsa considerazione all’interno dei Guns, nono-stante un ruolo di prim’ordine nel gruppo, e i continui litigi con i compagni, spingono Izzy a dare l’addio nel 1991. Da allora si dedica ai suoi Ju Ju Hounds con i qua-li, nel ‘92, pubblica Izzy Sradlin And The Ju Ju Hounds, disco dalle sonorità rock con contaminazioni reggae. Dal ‘98 a oggi vanta dieci album da solista e alcune col-laborazioni, tra cui quella con Slash nell’album solista dell’ex band mate.

DUFF McKAGANNel 1997, lontano dai Guns, comincia la nuova vita ar-tistica di Duff. A dire il vero, il primo album da solista lo pubblica nel 1993 (Believe In Me), in occasione della sua vittoria sull’alcool. Nel 1996 pubblica Neurotic Out-siders con l’omonima band, composta da Steve Jones (Sex Pistols), John Taylor (Duran Duran) e Matt Sorum (GN’R). Fonda numerose band, con alterne fortune, fino a stabilirsi nei Velvet Revolver. Anche lui collabo-ra al disco dell’amico Slash.

STEVEN ADLER Il batterista dice addio ai Guns (o meglio, il gruppo lo sostituisce con Matt Sorum) nel 1990. La causa? L’eroi-na. A quanto pare troppa per suonare durante le re-gistrazioni di Use Your Illusion. Dopo aver vinto una causa da due milioni di dollari contro gli ex compagni ed essersi riassestato fisicamente, riforma i Road Crew, formazione pre-Guns, che, senza Slash e McKagan, re-siste poco. Torna nel 2003 con gli Adler’s Appetite e nel 2010 suona in Slash.

quello abbracciato dalla generazione del lustro precedente: un approccio più vicino al punk, distaccato dalle dinami-che del music business, disilluso e rabbioso. Le esagerazio-ni e l’umore instabile a cui ci hanno abituati Axl e soci - che spesso hanno portato all’annullamento di concerti o a ritardi di parecchie ore - e lo status di rockstar tutte sesso, droga e rock’n’roll cominciano a passare di moda, a non stupire più. La popolarità di certe band, primi fra tutti i Guns, cala.

L’ultimo atto (per il momento) di questa “hard opera” si chiama Chinese Democracy come il nome del più recen-te album di inediti uscito sotto la sigla Guns N’ Roses. Un lavoro di cui si è parlato molto, con alcune canzoni già an-nunciate nel 1994 e pubblicate soltanto due anni fa. Costato oltre tredici milioni di dollari – un record assoluto - è stato bandito in Cina a causa del titolo e commercialmente non è stato all’altezza delle aspettative, segno del profondo cam-biamento che il mercato discografico ha subito negli ultimi anni e del fatto che alcune sporadiche apparizioni live e un

po’ di gossip non sono sufficienti a mantenere una band al centro dell’attenzione.

Axl dal canto suo è rimasto lo stesso, schivo e rissoso, te-stimone ultimo di un’esperienza iniziata quasi venticinque anni fa e dalla quale, nonostante tutto, non si è mai voluto

separare. Ascolti il loro (suo?) ultimo lavoro e quella voce aggressiva e penetrante è sempre la stessa. Ti dispiace che non si trovi più a duettare con la chitarra di Slash, ma dopo pochi minuti l’hai già dimenticato. Le canzoni si susseguono piacevolmente, c’è il familiare hard rock stavolta contami-

nato dall’industrial (complice l’ex chitarrista dei Nine Inch Nails, Robin Finck) e c’è anche molto pop, con la consape-volezza del panorama musicale nel quale il lavoro si sarebbe inserito. Il livello qualitativo è generalmente alto, anche se Rose ed i suoi nuovi compagni (l’unico dei vecchi è il tastie-rista Dizzy Reed) non sono stati in grado di raggiungere le vette di nessuno dei grandi classici del passato dei Guns.

Poco dopo l’uscita di Chinese Democracy Axl ha dichiarato a nome della band di avere materiale a sufficienza per com-pletare un nuovo album. Vedremo se si tratta della verità o dell’ennesima trovata per tenerci sulle spine. Quel che ap-pare certo è che non assisteremo alla reunion con i membri fondatori di cui si è tanto chiacchierato proprio in prossimità dell’uscita del disco. Per lo meno non c’è verso che Axl si ri-appacifichi con Slash. “Personalmente lo considero come un cancro, prima lo si rimuove, meglio è. E credo che sia un bene per tutti ascoltare il meno possibile lui e i suoi compagni”. La telenovela dei Guns n’ Roses non avrà l’episodio più atteso.

<< Personalmente, considero Slash come un cancro, prima lo si rimuove, meglio è. E credo che sia un bene per tutti ascoltare il meno possibile lui e i

suoi compagni >>

32onstage - agosto

live style

i sono storie che iniziano molto prima della loro effettiva esposizione mediatica. Ci sono band che prima di stampare un disco passano anni nell’underground, cercando posti dove proporsi.

Ci sono formazioni che prima di ottenere un minimo di con-siderazione cambiano ragione sociale tre volte per evitare che le etichette colleghino il nome a qualche demo rifiutato in pas-sato. Percorsi talmente battuti da risultare normali: è la clas-sica gavetta. Ma esistono anche le favole, e gli Arcade Fire ne rappresentano la quintessenza. Nascono nel 2003 e un anno e un Ep autoprodotto più tardi sono già nella top ten di più o meno tutte le riviste specializzate del mon-do, hanno i favori della critica, l’apprezzamento del pubblico e una cre-dibilità invidiabile. Che non si tratti di semplice “hype” lo dimostra il secondo disco - ancora oggi si fa a pu-gni per stabilire quale tra Funeral (2004) e Neon Bible (2007) sia l’album meglio riuscito della band canadese. Ma è un dibattito d’importanza relativa. Prima di tutto perché è appena uscito il terzo lavoro (The Suburbs) che sembra pronto a dire la sua in quanto a bellezza e profondità. E poi perché il collettivo capitanato dai coniugi Win Butler e Régine Chassagne offre molto altro oltre all’indiscutibile bravura compositiva. Mesco-la art-rock di chiara ispirazione barocca con un modernismo efficace ma dai contorni misteriosi, unisce il calore del country con (r)umori rock in maniera splendidamente naturale, passa da un approccio contemplativo e religioso ad attimi di follia, distruggendo chitarre in diretta al Saturday Night Live. Soprat-tutto gli Arcade Fire danno il meglio della loro eccentricità quando suonano dal vivo. Al fianco della già citata coppia poli-strumentista che guida il gruppo ci sono William Butler (fratello di Win, addetto ai synth e alle percussioni), Richard Reed Parry (contrabbassista, tastierista, chitarrista, fisarmoni-cista), la violinista Sarah Neufeld, il batterista Jeremy Gara e il

bassista – nonché “collante” della band - Tim Kingsbury. Pro-prio Tim ci ha svelato una piccola parte dei segreti di questa favola.

Non deve essere per niente facile dare un seguito a dischi come Funeral e Neon Bible. Quali sono le principali differen-ze tra The Suburbs e i primi due album?

In generale penso che ogni disco nasca da un approccio differente. Per Funeral non ci siamo posti molte domande: ab-biamo solamente scritto i pezzi come ci venivano, cercando una nostra strada. Con Neon Bible abbiamo avuto molto più tempo, è stato un lavoro in cui siamo stati assistiti in fase di

produzione; inoltre abbia-mo registrato diverse trac-ce nel nostro nuovo studio (una chiesa sconsacrata in una cittadina sperduta nel Quebec, nda), avvalendoci anche di strumenti d’epo-

ca. Nel nostro ultimo lavoro invece ci è venuto spontaneo tor-nare alle radici, comporre i brani nel salotto di casa, non pen-sare agli arrangiamenti da subito. Credo sia questo il motivo per cui in The Suburbs ci sono molte più canzoni.

Osservandovi dal vivo e vedendo tutti quei musicisti (e quegli strumenti) uno non può fare a meno di chiedersi come nasca una canzone degli Arcade Fire.

Anche qui il processo non è mai uguale, cambia ogni volta. Molti pezzi nascono nella maniera più classica che esista: una chitarra, un piano, qualche volta un ritmo di batteria. Altre volte a qualcuno viene un’idea, la condivide con gli altri mem-bri del gruppo che ascoltano e poi aggiungono le proprie idee melodiche scegliendo uno strumento.

E’ corretto definire The Suburbs un concept album?Potrei capire se qualcuno lo definisse in questo modo, ma

noi non lo abbiamo registrato con l’intento di creare un con-cept. Anche i nostri due dischi precedenti sono stati etichettati così da qualcuno, ma la verità è che mentre scriviamo ci viene naturale affrontare temi simili, mantenere un certo filo logico,

> di marco rigamonti, foto: courtesy of Universal

ONCE UPON A TIME…C’era una volta una band che componeva canzoni per il gusto di farlo, tra amici, nel salotto di casa. Senza pressioni o particolari target da raggiungere. Come tutte le favo-le, anche quella degli Arcade Fire si presta ad essere collocata in un passato indefinito. Invece è attualissima. Merito di un disco appena pubblicato (The Suburbs, è il terzo) e di un tour che toccherà anche l’Italia a settembre con il concerto all’I-Day Festival di Bologna. Di questo e altro abbiamo parlato con il bassista Tim Kingsbury.

arcade fire

C

<< Ci è venuto spontaneo tornare alle radici, comporre i brani nel salotto di casa, non pensare subito agli arrangiamenti. E’ questo il motivo per cui in The Suburbs ci sono molte più canzoni >>

33 AGOSTO - OnSTAGe

02/09 Bologna

live in iTAly

le foto del concerto degli Arcade Fire su www.onstageweb.com!

Gli Arcade Fire piacciono molto ai colleghi. Chris Martin, leader dei Coldplay, li ha definiti "migliore band della storia", mentre gli U2 hanno scelto Wake up come intro per il Vertigo Tour. Nell’ultimo disco di Peter Gabriel (Scratch My Back) è presente una cover di My Body Is A Cage.

34onstage - agosto

scegliere ed inserire solo le canzoni che vanno d’accordo con il resto del disco - ne abbiamo registrate molte di più di quel-le che sono finite in The Suburbs. Io considero The Wall un concept album. Noi non abbiamo fatto nulla di simile.

Hai citato The Wall, che contiene un pezzo (Another Brick In The Wall) diviso in “parti”. E’ una cosa che anche voi avete fatto (Neighbourhood in Funeral) e continuate a fare (Half Light e Sprawl in The Suburbs). Che cosa volete comunicare?

Credo che si possa vivere la stessa esperienza attraverso diversi punti di vista, come quando fai qualco-sa mentre sta piovendo e poi fai la stessa cosa il giorno dopo con il sole. E’ il tempo a cambiare – non quello che stai facendo – e a influire sul tuo modo di vedere e vivere le cose. Questa al-meno è la mia interpretazione!

Parliamo delle otto copertine diverse di The Suburbs. Sappiamo che l’unico modo per scegliersi la propria cover è andare in negozio e sperare che ci sia. E’ forse una mossa per incentivare le persone ad andare nei negozi di dischi invece di fare tutto con un paio di clic?

Ad essere onesto non ci avevo nemmeno pensato. In re-altà l’idea originale era di stampare cento copertine diverse, in modo tale che fosse davvero dura incontrare qualcuno in possesso della medesima cover. Ma poi per problemi orga-

nizzativi e di costi ci siamo fermarti a otto copertine diverse, così da mantenere i presupposti “artistici” senza strafare.

Sarò un romantico, ma avevo letto in questo fatto delle cover una connessione con il testo dell’ultimo singolo We Used To Wait, dove in sostanza esprimete il vostro amo-re per i vecchi tempi, quando bisognava scrivere lettere e aspettare una risposta. Un concetto di vita in netto con-trasto con questi tempi ultra-veloci fatti di e-mail e album offerti sotto forma di file…

Ti dirò, non voglio fare l’ipocrita, uso internet tutti i giorni

come tutti. Ma c’è qualcosa di davvero speciale nel mandare una lettera vera e aspettare una risposta. Oggi è tutto più comodo e più semplice e il fine del progresso è anche quello di accorciare tempi e distanze. Ma sono certo che cento anni fa, quando non c’erano i cellulari e internet, le persone aves-sero un atteggiamento diverso. Erano di sicuro più calme. Una buona parte della tensione che si respira di questi tempi dipende anche dalla tecnologia, che come tutte le cose porta vantaggi ma anche effetti collaterali.

Tornando ad oggi, che programmi avete per i prossimi

mesi?Sarà solo ed esclusivamente una questione di live show.

Probabilmente faremo una piccola pausa nel corso dell’in-verno, e siccome al momento non ci sono side-project o altre “distrazioni” credo che sarà un ottima occasione per portare avanti i pezzi che non abbiamo fatto in tempo a finire per questo disco.

In quanti siete a salire sul palco? Siamo in otto. A noi sette si aggiunge Marika Anthony-

Shaw, che suona la viola.Quali sono gli artisti che hanno contribuito

alla vostra formazione musicale?Siamo tanti e chiaramente ognuno di noi ha

le proprie influenze. Personalmente da piccolo ascoltavo moltissimo Neil Young, ma allo stes-

so tempo impazzivo per band più indie come i Pavement. Non mi sono mai posto dei limiti, così tutt’ora apprezzo sia i Radiohead che gli AC/DC. Non tutti i membri della band sono d’accordo con me, ma penso che questa diversità di gusti sia estremamente positiva per creare una miscela il più personale possibile.

E oltre alla musica? Cos’altro vi ha influenzati cultural-mente?

Io sono cresciuto in una piccola città vicino a Toronto chia-mata Guelf, nell’Ontario. Direi che si potrebbe quasi definire

livestyle - arcade fire

<< Cento anni fa, senza cellulari e internet, le persone erano sicuramente più calme. Una buona parte della tensione che si

respira di questi tempi dipende anche dalla tecnologia >>

’è un aspetto che cattura immediatamente l’attenzione ascoltando i tre brani che aprono il nuovo lavoro degli Arcade Fire: la vena espressiva di gran lunga più leg-

gera rispetto a quanto ci avevano fatto ascoltare in precedenza. I toni ultra-cupi di Funeral e Neon Light vengono smorzati da un suono classico e talvolta spensierato (Ready To Start), da ritmi che si riallacciano con facilità a folk e country, da pianoforti che scan-discono il tempo in battere (The Suburbs) e perfino da un ammic-camento spinto al rock radiofonico anni Ottanta (Modern Man) tutt’altro che fuori luogo.

La tensione emotiva che conosciamo appare con Rococo - dove le pennate che trascinano un tempo moderatamente lento sono accompagnate da cori e archi - e soprattutto con Empty Room, la cui inquietudine iniziale viene improvvisamente squarciata da un turbine sonoro sostenuto e di grande impatto. L’eredità dei precedenti lavori si riconosce anche nell’impasto di chitarre che caratterizza City With No Children e nella drammatica Half Light I, che sfocia in una seconda parte più ritmata ma comunque poco rassicurante.

Suburban War, Wasted Hours e Deep Blue riportano tutto al puro classicismo che apre l’album, anche se in mezzo c’è il rock’n’roll aggressivo (quasi punk) di Month Of May a spezzare l’incante-simo. Il singolo We Used To Wait è un’ode nostalgica, sospesa e speranzosa, mentre prima della reprise di The Suburbs che chiu-de il disco ecco che l’eclettismo degli Arcade Fire tocca l’apice con Sprawl I e II: l’intimità della prima parte si rovescia in un lucido farneticamento post-disco che proprio non ti aspetti.

Non è più tempo di stupirsi di fronte alle intuizioni geniali dei ragazzi di Montréal. E’ il momento di elogiare The Suburbs, sedici tracce che provano definitivamente la qualità e la padronanza dei mezzi del collettivo canadese. Anche le band più affermate e acclamate un disco così se lo possono solo sognare. M.R.

C

Arcade FireThe SuburbsMerge Records

The New AlbumReleased 6th September .DL.LP.

Includes the SinglesLIGHTS & BARRICADE

LIVE MERCOLEDI’ 17 NOVEMBRE 2010MILANO - PALASHARP www.indipendente.com

36onstage - agosto

un contesto suburbano, per restare in tema con il titolo del nostro album. Da bimbo ho assimilato un bel po’ della cul-tura popolare degli anni ‘80 e ‘90 soprattutto attraverso la televisione. Mi piaceva la fantascienza, Star Treck e Guerre Stellari. Poi al liceo e al college il mio interesse si è spostato su libri e film indipendenti. L’indigestione di produzioni enormi ha fatto sì che diventassi sempre più critico con l’età.

Un paio di anni fa hai dichiarato che ti sentivi un po’ il “collante” della band. E’ ancora il tuo ruolo oggi?

Non sono di certo il primo a farsi venire in mente le idee più pazze! Sul palco sono il personaggio più composto del-la band. E’ questione di carattere, sono abbastanza timido. Inoltre musicalmente il mio strumento è quello che regge la ritmica, lo scheletro delle canzoni. Sì, credo di essere la persona più adatta a mantenere un certo “ordine”, che in parte è necessario. Ognuno dovrebbe fare quello che gli vie-

ne meglio, giusto? Gli Arcade Fire hanno catturato l’attenzione di perso-

naggi come David Bowie, David Byrne, U2 e Chris Martin. Hanno il favore della critica e piacciono al pubblico. Come fate ad essere così “universali”?

Non ci siamo mai concentrati sul concetto di pop. Abbia-mo sempre cercato di fare musica come piace a noi, distin-guendo quello che ci piace da quello che non ci interessa. Alcuni gruppi passano molto tempo ad analizzare il mer-cato, magari insieme alle etichette, per capire come creare la prossima hit. Noi non siamo mai stati così e non lo saremo mai. Quello che facciamo è cercare di crescere insieme, aiu-

tandoci e rispettandoci a vicenda. L’unico obiettivo vero che abbiamo sempre avuto è quello di essere ciò che siamo in tutto e per tutto. Una delle cose che rende questo processo facile è l’assenza di competizione tra i membri della band. Non c’è nessuno che vuole spiccare sugli altri, il nostro è un

lavoro coeso che mira ad ottenere il meglio dalla nostra unione.

L’affiatamento di una band numerosa che lavora duro, rispetta i ruoli e propone esclu-sivamente quello in cui crede senza invidie o

antagonismi interni può sembrare una fantasticheria d’altri tempi nella spietata brutalità che caratterizza il mondo mo-derno. Se poi aggiungiamo che attraverso questo modo di concepire la musica sono arrivati anche gli elogi di mezzo mondo - tra critica, pubblico e addetti ai lavori – la favola assume i contorni sfumati e poetici di un sogno. Per poi tra-sformarsi, in modo del tutto naturale, in realtà.

I-Day Festival2 e 4 Settembre 2010 - Bologna, Arena Parco Nord

Il festival che ospita gli Arcade Fire festeggia quest’anno la sua decima edizione e il ritor-no alla sede storica di Bologna dopo la parentesi milanese dello scorso anno.

Nato nel 1999, l’I-Day è diventato nel tempo un appuntamento fisso di fine estate per migliaia di appassionati di musica rock, in ogni sua forma e distorsione. Il festival – siamo alla decima edizione, considerando che non è stato organizzato nel 2006 e nel 2008 – ha ospitato importanti artisti della scena italiana e internazionale. The Offspring (1999), Blink 182 e Limp Bizkit (2000), Muse (2001), Subsonica e NOFX (2002), Lagwa-gon (2003), Franz Ferdinand (2004), Queens Of The Stone Age e Editors (2005), Nine Inch Nails (2007), sono solo alcuni dei protagonisti che si sono avvicendati sul palco dell’I-Day in questi anni. Fino alla travagliata edizione 2009, quella con Kooks, Kasabian e Deep Purple, questi ultimi ingaggiati in fretta e furia per coprire il buco creato dall’im-provviso forfait degli Oasis. Proprio nelle ore precedenti all’esibizione, infatti, i fratelli Gallagher stavano definitivamente separando le loro strade.Quest’anno il festival torna dell’Arena Parco Nord di Bologna, che si prepara ad essere invaso da migliaia di persone il 2 e il 4 settembre. Nella prima giornata, oltre agli Arcade Fire si esibiscono gli americani Modest Mouse, indie band di grande successo negli Sta-tes, gli inglesi Chapel Club e i polistrumentisti scandinavi dei Fanfarlo. I protagonisti del “day 2” sono i redivivi Blink 182 - venti milioni di dischi venduti gra-zie a brani come What’s My Age Again?, All The Small Things e Adam’s Song - di nuovo insieme dal febbraio 2009 dopo la rottura di cinque anni fa. Tom, Mark e Travis sem-brano aver risolto le scaramucce del passato e proprio in questi mesi sono al lavoro per il nuovo album, la cui uscita è prevista per la fine dell’anno. Il trio americano – che in occasione dell’I-Day del 2000 aveva radunato oltre 25.000 persone – è alla seconda par-tecipazione al festival. Completano il cast del 4 settembre i Sum 41, il punk dei comashi Leeches e i Simple Plan, che nell’ultima apparizione italiana hanno fatto registrare il tutto esaurito a Milano e Bologna. M.S.

livestyle - arcade fire

<< Alcuni gruppi analizzano il mercato per capire come creare una hit. Noi non siamo mai stati così e non lo saremo mai. Vogliamo

solo crescere insieme, rispettandoci, ed essere noi stessi >>

movimentiPremio creativo per giovani viaggiatori

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ROCK 'N' FASHION

38ONStAge - AgOStO

Chi l’ha detto che per fare i musicisti si debba per forza soffrire? Può essere un mestiere divertente, o per lo

meno da affrontare con leggerezza. I Jamaica, da buoni francesi, l’hanno capito subito. Abbiamo conosciuto il

frontman Antoine pochi giorni prima che la band si esi-bisse all’Italia Wave Love Festival, anteprima delle tre

date italiane previste tra settembre e ottobre.

di Vittoria Galtrucco

photo by julie et roxane / picturesandco.tvStylist: Jessica boukris'

che pacchia!

antoine > pants: APC Jeans; top: navy blue shirt by Thomsencollant Top Shop

flo > pants: Surface to Air; top: V Neck T-Shirt by American Apparel

ROCK 'N' FASHION

39AGOSTO - ONSTAGe

Racconta la leggenda che Antoine Hilaire and Flo Lyonnet – entrambi francesi – fossero alla ricerca di un nuovo nome per la loro band. Sorpresi che nessuno avesse mai utilizzato il nome della celebre isola caraibica, culla della musica reggae, decisero di chiamarsi Jamaica. “Avevamo già un duo, i Poney Poney, ma volevamo ricominciare tutto più seriamente e partire da un nuovo nome ci sembrava la prima cosa da fare” racconta Antoine, che dei due è quello che canta e suona la chitarra. “Jamaica ci piaceva, è un nome figo, di quelli che entrano facilmente in testa”. In effetti.

flo > pants: Surface to Air; top: V Neck T-Shirt by American Apparel

antoine > pants: APC Jeans; top: navy blue shirt by Thomsencollant Top Shop

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ROCK 'N' FASHION

ONStAge - AgOStO

Il titolo del primo disco del duo, "Jamaica No Problem" (uscirà in Italia il 10 settembre), è emblematico di come la band veda il proprio mestiere. “Facciamo il lavoro migliore del mondo. Credo sia normale mostrare un po’ di positività”. Il video del primo singolo ("I Think I Like U2") prosegue sulla stessa strada, raccontando, con ironia, la parabola di un gruppo che affronta tutti i clichè di una rock band: i demo, i contratti discografici, le copertine sui magazine, le donne, l’autodistruzione con le droghe, il ritorno. “Quel video è un gioco, la realtà è molto più dura, ma ci sembrava un modo carino per raccontare una storia”. C’è tanta leggerezza in questo inizio. “Non vogliamo passare per dei completi idioti, semplicemente ci piace l’idea di trasmettere il nostro entusiasmo per il lavoro che facciamo”.

La musica dei Jamaica veicola la stessa positività di cui sopra. Sembra funk per l’attitudine, ma è rock. Un rock molto francese nel momento in cui condivide scorrazzate nel pop e nella dance - con accenni di elettronica e momenti acustici - con illustri colleghi come i Phoenix. Un modo per strizzare l’occhio ad un pubblico il più ampio possibile? “Non abbiamo mai pensato a raggiungere questo o quel pubblico, soprattutto perché le persone sono molto diverse. Anche se immagino che la nostra musica possa piacere ai giovani”. I giovani? Una parola che dice tutto e niente. “Diciamo che vogliamo rivolgerci a chi è in grado di capirci… Un po’ come fanno i cartoni animati, che piacciono ai bambini ma anche agli adulti”. Compiaciuto e divertito nella forma, riflessivo nella sostanza il buon Antoine. “E’ sempre difficile capire in anticipo come reagirà il pubblico. Se penso ai feedback sul nostro primo disco, bè, alcuni sono stati colpiti dall’anima rock, altri dal fatto che facciamo una musica ballabile, altri ancora dalle liriche. L’importante è che tutti possano tro-vare qualcosa che gli piaccia”.

antoine > top: vintage T-shirt

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ROCK 'N' FASHION

AGOSTO - ONSTAGe

Il rapporto di coppia non è mai semplice, tanto meno in una band. Ma le cose tra Antoine e Flo funzionano alla grande. “Siamo amici di lunga data, suoniamo insieme da molto tempo. Andiamo d’accordo perchè ci completia-mo, siamo complementari. Per esempio io faccio le interviste perché parlo in inglese, mentre lui si occupa di tutte le questioni tecniche del suono che io detesto”. Un equilibrio perfetto. Ma dal vivo, in due, come fate? “In tour abbiamo anche un batterista. Vogliamo evitare di essere la nostra cover band per cui dobbiamo essere molto fedeli a quanto abbiamo inciso. Il disco è pieno di suoni, c’è molta produzione e noi cerchiamo di offrire lo stesso sound an-che durante i concerti”. Quindi sequenze e campionatori come se piovessero? “Non esattamente. Cerchiamo di limitare al massimo l’uso dei computer, piuttosto portiamo le tastiere sul palco e ci affidiamo a quelle”.

flo > pants: Surface to Air; top: vintage Jamaica T-shirt

antoine > pants: APC Jeans; top: light blue shirt by Surface to Air

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ROCK 'N' FASHION

ONStAge - AgOStO

I Jamaica fanno buona musica e hanno idee chiare. Un’ottima base di partenza. Ci sono già progetti per il futuro? “Al momento siamo molto concentrati sul presente. Vogliamo suonare, offrire uno spettacolo sempre migliore. Poi è chiaro che ci sono delle cose che ci piacerebbe fare, come suonare insieme a certe band che per noi sono dei riferimenti”. Quindi "Jamaica No Problem" è una sorta di trampolino per tuffarsi nel mondo della musica che conta? “In realtà in acqua già ci siamo da un po’, dobbiamo solo nuotare più forte che possiamo”.

flo > pants: Surface to Air; top: V Neck T-Shirt by American Apparel

flo > pants: Surface to Air; top: V Neck T-Shirt by American Apparel; shoes: Van's Era

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ROCK 'N' FASHION

AGOSTO - ONSTAGe

Le band “di oggi” solitamente cercano di essere parte di qualcosa da un punto di vista puramente estetico. “Si tratta di un argomento a cui non avremmo mai dato grande importanza se non fosse che dobbiamo occuparcene per forza. Noi vogliamo apparire come siamo, cioè una live band. Ci piacerebbe essere ripresi sempre con strumenti in mano e se possiamo scegliere tra una foto in posa e una sul palco optiamo sempre per la seconda. Ma ci rendiamo conto che la gente ci vede anche attraverso i nostri video, il logo e cose così, quindi dobbiamo prendercene cura. Non si tratta di una scelta di marketing come quella dei Rolling Stones (Antoine si riferisce alla celebre linguaccia, nda)”. E allora di cosa si tratta? “Per noi è importante che la gente veda quello che siamo realmente e quindi facciamo scelte precise in questo senso. Vendere la nostra immagine, qualunque cosa significhi, non ci interessa minimamente. Vogliamo solo essere onesti con noi stessi e nei confronti di chi ci ascolta. E divertirci, possibilmente”. Naturalmente.

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di marianna maino e eileen casieri

It's a Beautiful Day

2. CATARINA MARTINS

3. ESPRIT

5. QUICKSILVER WOMEN

6. TEZENIS

7. RAYBAN8. ROXY HEART HENRY HOLLAND

4. RUCOLINE

1. CAMOMILLA MILANO

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ROCK 'N' FASHION

ONStAge - AgOStO

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5. mELTIn’pOT

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ROCK 'N' FASHION

AGOSTO - ONSTAGe

4. AdIdAS ORIgInALS

onstage - agosto

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Ligabue

Roma, 09/07/2010

foto : Luigi orrù

Jamiroquai

napoli, 16/07/2010

foto : simone Cecchetti

LiveRepoRt / LUgLio

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what'snew / musica

onstage - agosto

Ozzy Osbourne Omar Pedrini ScreamSony Music

La Capanna Dello Zio RockCarosello

di claudio morsenchio DI claudio morsenchio

sessant’anni suonati, il vecchio leone dell’he-avy metal non ha per nulla intenzione di ab-bandonare il suo trono. A circa tre anni dal

fortunato Black Rain, Ozzy ritorna sulle scene con una band rinnovata e con il suo inconfondibile carisma, ri-masto intatto nella sua lunga ed interminabile carriera. Sostituito il fido Zakk Wylde alla chitarra con una gio-vane promessa delle sei corde come Gus G, il nuovo lavoro non suscita pero` particolari emozioni - nono-stante un grande lavoro di produzione e di suoni, - ri-sultando a tratti prevedibile e monotono. Il “principe delle tenebre” gioca di mestiere, rielaborando strade infinitamente percorse, ispirandosi ad un songwriting di ordinaria amministrazione, riuscendo a convincere solo in pochi momenti del disco: inquietante il ritmo portante di Diggin’ Me Down, piccolo refuso del reper-torio sabbathiano, appena sufficiente la toccante ballata Time, sospesa nel vuoto la conclusiva I Love You All, un messaggio criptato che fa presagire un futuro incerto, quasi inaspettato o diabolicamente premeditato.

A l desiderio di Omar oggi è quello di rileggere il suo passato artistico con leggerezza: via la ma-linconia, via il rancore, solo un piglio maturo,

sincero. E spazio al divertimento. Il nuovo lavoro è in-fatti una scanzonata raccolta di alcuni dei più grandi successi pubblicati con i Timoria (con e senza Renga) e da solista - completamente risuonati e reinterpreta-ti in una chiave maggiormente rock - che scandisce i momenti più significativi della sua ventennale carrie-ra. Da Senza vento a Sangue impazzito, passando per Sole spento, Shock e molti altri. Ottimi ed ispirati anche i due inediti Zio Rock e Il figlio del vento, quest’ultimo inserito nella colonna sonora dell’ultimo film di Pupi Avati, Il Figlio più piccolo. Tutto e` celebrativo, solare, coinvolgente. Un piccolo bigino del mondo intro-spettivo dell’uomo Pedrini, uno spaccato degli anni novanta e duemila, un tributo autentico per uno de-gli artisti rock più onesti e talentuosi, nel cuore, nella mente e nello spirito. Non è poco di questi tempi, che ne dite?

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i Vasco si è detto tutto e il contrario di tutto. Osannato da almeno quattro generazioni d’Italiani, criticato per il suo stile di vita sem-pre al limite (e anche per qualche recente produzione non proprio

all’altezza), il rocker di Zocca ha sempre messo tutti d’accordo con un solo argomento: i concerti. I live del Sig. Rossi sono tra i migliori spettacoli rock cui si possa assistere in Italia e nel mondo, eventi degni dei più grandi artisti internazionali. E questo grazie alle canzoni, che restano il centro di gravità dello show, ma soprattutto alla straordinaria capacità del Blasco di stare on stage – dove si sente a suo agio più che nel salotto di casa – e a una band di veri fenomeni (“i migliori” dice lui), una macchina da guerra composta da compagni di lungo corso e talenti venuti dagli States.

Vasco London Instant Live è l’ennesima prova di tutto questo. Sicuramente la location - l’Apollo Hammersmith di Londra, leggendario tempio della musica dove la Combriccola si è esibita lo scorso 4 maggio - ha esaltato lo spirito rock di Vasco e della band, ma il risultato sarebbe stato uguale ovunque avessero registrato. La scaletta è quella che sta caratterizzando lo Europe Indoor tour - da settembre di nuovo in Italia – in cui trovano spazio brani ultimamente trascurati come Un gran bel film (che apre), Gli angeli, Deviazioni, Sono ancora in coma e pezzi immancabili come Stupendo, Vita spe-ricolata e Albachiara (che chiude, come sempre). Merita una menzione parti-colare l’inedito Vasco che, voce e chitarra, interpreta Sally e Dillo alla luna in solitaria, con un’intensità vocale che si taglia a fette.

Dentro Vasco London Instant Live c’è un grande concerto, c’è rock, emozio-ne, disillusione, ironia. C’è Vasco, insomma.

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Vasco RossiVasco London Instant Live (04.05.2010 - Limited Edition)Emi

DI daniele salomone

Sheryl Crow100 Miles From Memphis (A&M Records)

DI GiorGio rossini

ento miglia sono quelle che separano il Mis-souri, dove è nata Sheryl, da Memphis, ca-poluogo del Tennessee e madre terra di mu-

sicisti (Elvis, Johnny Cash, BB King e Aretha Franklin solo per citarne alcuni) che hanno scritto gran parte del patrimonio musicale statunitense. Il titolo dice tut-to del settimo capitolo discografico della cantautrice. L’impronta black è molto forte in tutte le dodici tracce: dall’r’n’b di Summer Day alla reggaeggiante Eye To Eye (supportata da Mr. Keith Richard alla chitarra), passan-do per le cover di Sign Your Name di Terence T. D’Arby (impreziosita dalle armonie vocali di Justin Timber-lake, anche lui di Memphis) e della splendida I Want You Back dei Jackson Five. 100 Miles From Memphis ci restituisce una Sheryl decisamente vivace e vocalmen-te in gran forma. Un buon disco, suonato egregiamente e con collaborazioni di prim’ordine, con cui la Crow omaggia la musica che l’ha cresciuta – e inevitabilmen-te influenzata - e una città che non smette di essere uno dei cuori pulsanti della musica americana.

C

Foto di Francesco Prandoni

49AGOSTO - OnSTAGe

Tao

Kele Okerke

Jobi 4

EminemLove Bus/Love Burns DMB Music/Grace Orange/Halidon

The BoxerWichita / Cooperative Music

Jobi 4Novunque

RecoveryAftermath/Interscope/Shady

DI giorgio rossini

DI emanuele mancini

DI tommaso riva

erzo album per Tao, al secolo Valerio Ziglioli, gio-vane cantautore rock che da qualche anno porta in giro per l’Italia la sua musica a bordo di un vecchio

furgoncino Volkswagen, in pieno stile flower power. Un doppio concept il cui tema centrale è l’amore, analizzato da due punti di vista: da una parte (Love Bus) si parla di amore universale, di musica che può cambiare il mondo e di tutte le tematiche riconducibili all’epoca dei figli dei fiori. Più ri-flessivo e introspettivo il capitolo Love Burns, in cui l’amore è quello di tutti i giorni, con i suoi tormenti e la sua irrazio-nalità. Il disco è certamente ben suonato e sono diversi i ge-neri rivisitati nelle 21 tracce. Resta tuttavia più di un dubbio su un progetto che non brilla certo per originalità e che pare destinato a soddisfare una nicchia di pubblico tanto ristretta quanto nostalgica.

ontano dai Bloc Party, Kele Okerke può finalmente togliere i freni alla parte più danzereccia della sua vena creativa, dimostrando come ci fosse tanto di

suo dietro la deriva elettronica che la band aveva seguito con l’ultimo disco, Intimacy. Si intitola The Boxer il suo primo disco solista, undici canzoni fra techno, jungle e minimal, che ri-chiamano e omaggiano gran parte della “club scene” inglese, tanto che il singolo Tenderoni sembra un brano degli Orbital. Niente di così distante da quanto già sentito nella recente pro-duzione dei Bloc Party, anche se con soluzioni sonore molto più radicali: chitarre quasi totalmente assenti e cassa in quat-tro. Un disco che sorprende per spessore e credibilità, ma che risulta disomogeneo ed insicuro negli episodi in cui il cantan-te guarda al suo passato.

e note calde e decise del pianoforte del giovane Fabio Visocchi si intrecciano con l’archetto del contrabbassista Cesare Pizzetti per aprire le porte

ad un album che sembra raccontare il volo melanconico di una foglia d’autunno; presto arriva la voce dolce e sensuale di Federica Caiozzo che, con il suo inglese impeccabile, comin-cia a raccontare la favola di Jobi 4. Il gruppo nasce nel 2008 dall’autore e batterista italo-tedesco Johannes Bickler che, in poco meno di un anno, riesce a riunire al suo fianco giovani talentuosi della scena musicale italiana per dare vita, grazie all’etichetta milanese Novunque, ad un progetto musicale che fonde in sè elementi di jazz, pop, classica ed elettronica. Una musica pulita ed intelligente senza note sprecate o accor-di banali. Non é roba da tutti i giorni.

testi di Recovery ci raccontano che la dipen-denza di Eminem da antidepressivi e pillo-le è terminata. Merito delle tre figlie e an-

che di un consulente personale. L’album doveva prendere il nome di Relapse 2, con l’intento di proseguire il lavoro di Relapse (la “ricaduta” del 2009), giudicato incompleto e insoddisfacente persino dallo stesso rapper. Boi-1-da, Jim Jonsin, DJ Khail e Just Blaize stravolgono però i piani, aggiungendosi in fase di produzione al guru Dr. Dre, collaboratore fisso di Slim Shady se si esclu-de Infinite del 1996. Il team dà alla luce un lavoro capace (forse) di accontentare più palati. Chitarre rock in Love The Way You Lie e nelle ballate Going Through Changes e Space Bound, basate rispetti-vamente su pezzi di Black Sabbath (Changes) e R.E.M. (Drive). Sonorità pop costruite ad arte in Not Afraid, singolo che ha anticipato l’album. Un regalo (discutibile) ai nostalgici della dance anni ’90 in No Love con la ripresa del campione di What Is Love di Haddaway. Ed infine un ritorno al passato - quello di The Slim Shady (1999) - con la ghost track che chiude il disco. In definitiva, un lavoro mediocre che non scioglie i dubbi sul-la completa recovery (guarigione) di Eminem.

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HOT LISTDieci brani dalla playlist di

Gianluca Vitiello

MARY MARYRun-DMCTougher Than Leather (Profile Records, 1988)

HIP HOP HOORAYNaughty By Nature19 Naughty III (Tommy Boy, 1993)

MAMA SAID KNOCK YOU OUTLL Cool JMama Said Knock You Out (Def Jam/Columbia/CBS Records, 1989)

STRICTLY BUSINESSEPMDStrictly Business (Fresh Records/Sleeping Bag Records, 1988)

THREE MCs AND ONE DJ Three MCs And One DJ Beastie Boys Hello Nasty (Capitol, 1997)

ME MYSELF AND I De La Soul Feet High and Rising (Tommy Boy, 1989)

DEFINITIONBlackstar (Mos Def & Talib Kweli)Blackstar (Rawkus, 1998)

EASE MY MINDArrested Development Zingalamaduni (Chrysalis/EMI Records, 1994)

KILLING IN THE NAMERage Against The MachineRage Against The Machine (Epic, 1992)

RAPPER’S DELIGHTThe Sugarhill GangSugarhill Gang (Sugarhill Records, 1980)

Appassionato fin dall’adolescenza di hip hop, inteso come lin-guaggio non solo musicale, Gianluca Vitiello fa parte della fa-miglia di Radio Deejay dal 2007 ed ha collaborato a numerosi programmi tra cui Deejay chiama Italia. Dal 2008 conduce insieme a Nicola Vitiello (sembrano parenti ma non lo sono!) lo show della notte Dee Notte e Weejay ed in agosto i due sono on air con I Vitiello, in onda dal lunedì al sabato dalle 7.00 alle 9.30.

RPA & The United Nations Of Sound The United Nations Of SoundEmi Music

l nuovo progetto artistico di Richard Ashcroft poggia su basi solide: arran-giamenti di Benjamin Wright (Off The

Wall, Michael Jackson) e mixaggio audio curato dall’uomo-Motown Reggie Dozier (già collabo-ratore di Stevie Wonder e Marvin Gaye). La voce di Mad Richard è la stessa di 13 anni fa, quando camminava sui marciapiedi di Londra incurante di tutti e tutto (nel video di Bittersweet Symphony). A cambiare è il contorno. La grande complicità con la band - a dispetto dei contrasti con i Verve - e un sound tutto nuovo, figlio del felice incon-tro col produttore No I.D. danno vita ad un beat vicino all’hip hop, cui si mischiano strumenti orchestrali. Le chitarre elettriche e le distorsioni non mancano (America e How Deep Is Your Man), ma ad essere sinceri non stonano di una virgola di fianco alle morbide sonorità degli archi (Born Again e Royal Highness) e alle drum machine. In-somma un nuovo e riuscito mix tra componenti black e musica bianca. Una svolta sostanziale, visto che solo Are You Ready e Glory ci riportano al suono dei Verve. L’unico neo è Beatitudes, che riprende spudoratamente Where Are We Running di Lenny Kravitz. Ma è un errore perdonabile. Pollice in su per The United Nations Of Sound.

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DI mattia sbriziolo

DI mattia sbriziolo

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what'snew/ cinema

onstage - agosto

È il 1957 e la scena culturale di New York è percorsa dai primi brividi di una rivoluzione che cambierà il mondo. Il poeta Allen Ginsberg, appena arrivato da San Francisco, pubblica, con la com-plicità della casa editrice City Lights Bookstore di Lawrence Ferlinghetti il poema Howl, nel quale fa riferimento all’uso di droghe e a pratiche omoses-suali. Scatta un processo per oscenità,un test spietato tra il bigotto conservatori-smo del passato e un futuro di libertà espressiva.

Perchè vederlo?Biopic? Docudrama? Film animato?

Howl racconta tre momenti della vita di Ginsberg: prima, durante e dopo il processo. Il risultato, tra i cui produttori c’è Gus Van Sant, è affascinante e fram-mentario.

Assolutamente da non perdere.

Howl

Usa — 2010 drammatico — 90 min.Con James Franco, Andrew Rogers, Mary Louise ParkerDi Rob Epstein e Jeffrey Friedman

critica

pubblico

critica

pubblico

Sophie è un’aspirante scrittrice, fi-danzata con il cuoco Victor. I due si recano a Verona per una pre - luna di miele ma lui si lascia distrarre dalle bellezze culinarie del territorio, tra-scurandola. Sophie conosce le segre-tarie di Giulietta, che rispondono alle lettere lasciate dai cuori infranti sotto il balcone degli amanti shakespea-riani. Una di queste missive, rimasta nascosta per quarant’anni, riporta in città Claire, una signora inglese che si mette in cerca dell’amore di gioventù.

Perchè vederlo?Per chi ama rilassarsi davanti allo

schermo, apprezzando un’Italia da car-tolina che esiste solo nell’immaginario americano. I giovani attori ce la mettono tutta, ma la scena è tutta per la Redgra-ve: il suo incontro con Franco Nero com-muove.

Letters To Juliet

Usa — 2010 commedia — 105 minCon Amanda Seyfried, Gael García Bernal, Vanessa Redgrave, Franco Nero Di Gary Winick

critica

pubblico

L’orco Shrek ha nostalgia dei tempi in cui poteva soddisfare la sua natura terrorizzando i contadini, gli stessi che oggi gli chiedono di autografare i forco-ni. Dopo un litigio con Fiona decide di accettare un patto magico con l’infido Tremotino: gli saranno concesse venti-quattro ore durante le quali la vita torne-rà alla semplicità d’un tempo. Si ritrova, però, catapultato in una realtà in cui la sua casa non esiste, Ciuchino non lo rico-nosce, Tremotino è re e Fiona guida una banda di ribelli.

Perché vederlo?I bambini amano Shrek, i genitori

amano contare le strizzatine d’occhio alle favole classiche, tutti sono pazzi per il 3d. Ultimo capitolo di una saga un po’ stanca ma sempre gradevole. Ma atten-zione: il vero nemico non è Tremotino ma Toy Story 3.

Shrek e vissero felici e contenti

Shrek Forever After — Usa — 2010 animazione — 94 min

Di Mike Mitchell

critica

pubblico

Una coppia di ingegneri genetici, che da tempo tentano di creare una nuova forma di essere vivente ibrido mischiando il dna umano a quello animale, approdano final-mente a una importante scoperta. il risulta-to è dren, una creatura metà uomo e metà animale, dotata di una forza e bellezza prodigiosa ma inevitabilmente obbediente a istinti misteriosi che sfuggono al control-lo dei due scienziati. le conseguenze sono disastrose e mettono a dura prova i limiti umani e morali dei due.

Perché vederlo?Intelligente e originale dissertazione sul

mito di Frankestein e sulla sfida dell’uo-mo-scienziato nei confronti delle ferree leggi imposte da una natura per certi aspetti, ancora oggi, misteriosa e impre-vedibile. Per intenditori orrorifici.

Splice

Canada/Francia — 2009 — 109 minCon Adrien Brody, Sarah Polley, Del-phine ChanéacDi Vincenzo Natali

althazar Blake, stregone della Manhattan dei giorni nostri, è costantemente impegnato nella battaglia contro l’acerrimo nemico Maxim Hor-

vath che minaccia la sicurezza della città. Ma dopo lunghi anni di lotta serrata e solitaria, Blake si sente stremato e decide che è arrivato il momento di reclutare un assistente ed educarlo all’arte della magia. La scelta ricade sul gio-vane studente Dave Stutler, un ragazzo apparentemente

normale, che non sembra possedere qualità eccezionali, ma che rivela al maestro e a se stesso delle doti nascoste. Dave viene sottoposto a un’estenuante quanto frenetica esercita-zione: in pochissimo tempo il ragazzo deve imparare tutti i segreti necessari per aiutare il suo maestro a sconfiggere Horvath e il suo alleato, l’illusionista Drake Stone. Corposa produzione Disney ispirata all'omonima figura presente nel capolavoro delle origini, Fantasia.

Perché vederlo? Per chi al caldo preferisce il buio di una sala cinemato-

grafica, illuminata da effetti speciali corposi, una storia ap-passionante e un'inedita folta chioma del divo Cage. Una curiosità: il film ha avuto una gestazione definita “male-detta”: durante la lavorazione sul set una Ferrari ha perso il controllo e ha provocato due feriti e 48 ore più tardi un Suv ha travolto nove membri della crew del film.

L’APPRENDISTA STREGONE

B

a cura di Nick

critica

pubblico

Usa, fantasy, 2010 -108 min

Con Nicolas Cage, Jay Baruchel, Alfred Molina, Monica Bellucci

di Jon Turteltaub

WANTED . IN INNOCENTI BUGIE LA SUPERSPIA TOM CRUISE. IN JONAH EX IL CACCIATORE JOSH BROLIN. THE EXPENDABLES DI STALLONE. E GREEN HORNET. IL NUOVO EROE È FUORILEGGE POLIZIOTTI FUORI ECLIPSE BRIGHT STARTOY STORY �D

AMANDA SEYFRIEDTAYLOR LAUTNER

JAY BARUCHELAUBIER & PATAR

GOLSHIFTEH FARAHANINICOLAS CAGE

JAKE GYLLENHAAL

MARRAKECH ROCKIDEE VIRALI VIDEOCLIP

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Mar

ani

52onstage - agosto

what'snew/ games a cura di Blueglue

La serie Dragon Quest ha quasi un quarto di secolo. In questi venticinque anni ha ven-duto nel mondo più di 50 milioni di copie - escludendo naturalmente questo nono episo-dio – e se mai dovessero fare un sondaggio in Giappone risulterebbe probabilmente più popolare di Final Fantasy. Eravamo rimasti al 2006, quando su PS2 uscì l’acclamatissimo capitolo VIII; oggi la saga continua con la decisione di concepire l’ultimo episodio esclu-sivamente per una console portatile (non era mai accaduto prima). La scelta si rivela az-zeccata, considerata la predisposizione naturale del pennino del Nintendo DS che rende semplici i controlli tipici dei giochi di ruolo. Trama, grafica e sonoro sono sopra le righe come da copione, l’avventura è lunga e variegata (50 ore di gioco senza contare le missio-ni secondarie) e la possibilità di giocare in System Link (fino a quattro giocatori contem-poraneamente) valorizza oltre ogni limite un titolo già di per sè splendido. Un must per gli amanti del genere, un’introduzione magnifica al genere per i neofiti.

Dragon Quest IX: Sentinels Of The Starry Skies

(Nintendo DS) Genere: Role-playing game

Square Enix

Tre anni fa, quando l’ultima console di casa Microsoft si stava ancora assestando, al fianco di esclusive solide (leggi Gears Of War e Halo 3) apparve Crackdown, uno sparatutto in terza persona che sfruttava le potenzialità dell’approccio Open World. Il titolo riuscì a vendere bene e a divertire, ma l’assenza di una trama profonda e il poco mordente ne mi-narono in qualche modo la longevità, rendendolo un gioco intrigante ma nulla di più. Era lecito dunque aspettarsi un salto di qualità con il secondo episodio, ma l’impresa – detto senza mezzi termini - fallisce ingloriosamente. Il verbo “grind” in inglese videoludico significa “sgobbare”, e viene utilizzato per descrivere situazioni in cui bisogna ripetere certe azioni centinaia di volte al fine di potenziare il personaggio principale. Ecco, quan-do avrete raggiunto un livello decente vi sarete probabilmente già stancati di Crackdown 2. Non ci sono difetti particolari nel comparto tecnico e nella giocabilità, ma oggi bisogna essere molto più incisivi per destare un qualche tipo di attenzione.

Crackdown 2

(Xbox 360) Genere: Third-person shooter

Ruffian Games/Microsoft Game Studios

Limbo

(Xbox 360) Genere: Puzzle-platformer

PlayDead Studios/Microsoft Game Studios

Può un videogioco essere considerato una forma d’arte a tutti gli effetti? Il dibattito è accesissimo, e probabilmente proseguirà ancora per parecchio tempo. Da una parte la fazione dei videogiocatori incalliti, i quali sostengono che alcuni titoli non abbia-no proprio niente da invidiare a certi film, dall’altra i puristi dell’arte che fanno fati-ca a prendere seriamente il mondo videoludico. Una cosa è certa: giochi come Limbo e un’esclusiva Xbox 360 firmata PlayDead danno una bella mano al partito del “sì”. Sulla scia del successo di quel capolavoro che risponde al nome di Braid, ecco un al-tro puzzle-platform in due dimensioni che punta tutto sull’atmosfera, sull’intelligenza richiesta per affrontare gli enigmi e sulla semplicità dei comandi di gioco. I contorni macabri della trama – un bimbo che si butta alla ricerca della sorellina che si è suicidata ed è finita nel limbo – sono resi in maniera superba sia dalla grafica (splendidi disegni, animazioni molto curate e una scelta emotivamente toccante e coraggiosa come quella dell’utilizzo del bianco e nero) che dalla colonna sonora (misteriosa e “silenziosa” al punto giusto). Poi ripensi all’ultima volta che hai speso male 70 euro (è capitato a tutti, non vergognatevene) e realizzi che Limbo è una produzione indipendente che costa meno della metà e ti fa divertire il doppio immergendoti in un’atmosfera da sogno (o da incubo, ma in senso “buono”): il realismo e gli effetti speciali si possono mettere da parte quando l’immaginazione e la fantasia raggiungono questi livelli, anche nel 2010.

Sarebbe bello potere viaggiare nel tempo, no? Poniamo il caso che vi troviate nei panni di un soldato dell’aviazione americana in missione su un’isoletta misteriosa al largo delle coste russe dove sono successe cose strane. Improvvisamente vi svegliate negli anni 50 e salvate la vita ad un personaggio che stava per finire incenerito nelle fiamme di un incendio. Che sensazione appagante: non vedete l’ora di tornare nel futu-ro ed incontrare quell’uomo, per sentirvi un vero salvatore. Sfiga vuole che il soggetto da voi salvato sia diventato un crudele tiranno che con il suo potere ha preso il control-lo del mondo intero. E allora che ve lo dico a fare? E’ tempo di rimboccarsi le maniche e riparare al danno. Il nuovo titolo Raven è un classico sparatutto in prima persona che cita apertamente Bioshock sia per quanto riguarda l’ambientazione decadente che a livello di poteri utilizzabili per affrontare i nemici. Il simpatico dispositivo CMT ci per-mette di divertirci alterando il tempo con giochetti godibilissimi (non riuscite a salire al secondo piano? Fate tornare indietro nel tempo quelle macerie a quando erano ancora una scala!) che oltretutto possono tornare utili anche in fase di battaglia per tendere dei tranelli ingegnosi ai nostri avversari. Anche se dal punto di vista tecnico non stupisce (texture e sonoro sono solo accettabili, il sistema di mira a volte tradisce), il ritmo ele-vato e la varietà di combattimenti e situazioni fanno di Singularity un gioco divertente e a tratti appassionante.

Singularity

(Ps3 – Xbox 360) Genere: First-person shooter

Raven Software/Activision

54onstage - agosto

comingsoon / settemBRe

asco senza palco non sa stare. E’ il suo habitat naturale, la sua casa, la sua stessa vita. E’ sem-pre stato così e più passa il tempo e più questa

“necessità” si trasforma in “dipendenza”. Nessuna sorpresa dunque se il rocker ha deciso di passare un anno intero in tour, tornando per di più nei palazzetti (da cui è mancato per quasi 15 anni), che gli consentono di essere molto vici-

no al suo pubblico. E’ partito da Mantova il 2 ottobre 2009 il Vasco Europe Indoor e ha girato tutta l’Italia passando per Pesaro, Ancona, Caserta, Milano e Torino fino allo scorso aprile. Nel mese di maggio si è trasferito in Europa: Lon-dra, Bruxelles, Zurigo e Berlino. Poi un’intera estate per ricaricare le pile, in vista del ritorno in Italia con le date al Futurshow Station di Bologna, anticipate dall’unico concer-

to all’aperto dell’intera tournée, a Cagliari il 18 settembre. A scaldare ulteriormente i già bollenti animi ci ha pensato il Blasco stesso, annunciando, dalla sua pagina Facebook, l’uscita di un nuovo album per il 2011. Che significa nuovo tour negli stadi la prossima estate? Probabile. Per il momen-to mancano però ancora molte date nei palazzetti. E’ questo il mondo che vuole Vasco.

V

VASCO ROSSI22, 23, 27 e 28 settembre, 2 e 3 ottobre, Casalecchio di Reno (BO) – Futurshow Station

213130 3 4 5Sabato DomenicaGiovedì Venerdì

6 7 8 9 10 11 12Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica

14 15 16 17 18 1913Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica

21 22 23 24 25 2620Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato DomenicaElton John - RomaLe Vibrazioni - Villa Frati (PA)

Vasco Rossi - Casalecchio (BO)Vasco Rossi - Casalecchio (BO) Renato Zero - Roma

Elisa - AostaLigabue - PalermoSupertramp - Verona

Irene Grandi - Verona

Dalla&DeGregori - Bologna Elisa - Taormina (ME)

Korn - MilanoOzzy Osbourne - MilanoVasco - Casalecchio (BO)

Vasco - Casalecchio (BO) Elio e Le Storie Tese - CagliariElton John - Taormina (ME)

Baustelle - RiminiDalla&DeGregori - PadovaElio e Le Storie Tese - Alghero (SS)Motel Connection - Brescia

Peter Gabriel - Verona

Dalla&DeGregori - MilanoLigabue - Torino

Baustelle - Cernobbio (CO)Elio e Le Storie Tese - Bacoli (NA)Elton John - MilanoLigabue - Torino

Dalla&DeGregori - RietiElio e Le Storie Tese - MacerataLigabue - TorinoLimp Bizkit - MilanoMotel Connection - Senigallia (AN)Neffa - Bagnoli (NA)Vasco Rossi - Cagliari

Elton John - RomaLe Vibrazioni - Catania

Dalla&DeGregori - BresciaIrene Grandi - AvellinoLe Vibrazioni - Uta (CA)Neffa - Reggio Emilia

Alessandra Amoroso - Lanusei(OG)Elio e Le Storie Tese - CremonaG. Palma & The Bluebeaters -Calitri (AV)Leonard Cohen - FirenzePlacebo - Noci (BA)

Baustelle - PisaCarmen Consoli - Asolo (TV)

Arcade Fire - BolognaSimone Cristicchi - Lentiscosa (SA)

Baustelle - TeramoElisa - VeronaJ-Ax - RavennaMotel Connection - Fiuggi (FR)Roy Paci & Aretuska - Scario (SA)

Alessandra Amoroso - CagliariElio e Le Storie Tese - VeronaIrene Grandi - Castellabate (SA)Linea 77 - Osnago (LC)Malika Ayane - PalermoPlacebo - Codroipo (UD)

Baustelle - BolognaBlonde Redhead - MilanoDalla&DeGregori - GenovaElio e Le Storie Tese - Sesto S.Giovanni (MI)Ligabue - BariMario Biondi - MonzaMotel Connection - Pisa

Alessandra Amoroso - Alghero (SS)Blink 182 - BolognaCarmen Consoli - Taormina (ME)Dalla&DeGregori - UdineG. Palma & The Bluebeaters - S.Margherita (GE)Guns N' Roses - RomaIrene Grandi - Brugnaturo (VV)J-Ax - Falconara (AN)Le Vibrazioni - Campanedda (SS)Ligabue - BolognaLinea 77 - TrevisoMalika Ayane - Scoglitti (RG)Simple Plan - Bologna

Carmen Consoli - AnconaElio e Le Storie Tese - TrevisoGuns N' Roses - MilanoMalika Ayane - Taormina (ME)

28 2927Lunedì Martedì Mercoledì

30 1 2 3Giovedì

Blonde Redhead - BolognaElisa - Catanzaro

Renato Zero - Roma

Mercoledì

Blonde Redhead - RomaMalika Ayane - Cremona

Foto di Francesco Prandoni

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