Onstage magazine aprile 2013

76

description

Onstage magazine aprile 2013

Transcript of Onstage magazine aprile 2013

Page 1: Onstage magazine aprile 2013
Page 2: Onstage magazine aprile 2013
Page 3: Onstage magazine aprile 2013
Page 4: Onstage magazine aprile 2013
Page 5: Onstage magazine aprile 2013
Page 6: Onstage magazine aprile 2013
Page 7: Onstage magazine aprile 2013
Page 8: Onstage magazine aprile 2013
Page 9: Onstage magazine aprile 2013

onstage marzo 09

«Mi hanno chiesto di raccontarvi quello che so della musica. Bene, cosa so della musica? So che i musicisti vengono prima di tutto. (...) Devo ringraziare Edgar Winter per aver lasciato che la sua Frankestein venisse pubblicata nella compilation che comprai nel 1975. Avevo 6 anni e rimasi folgorato da quel brano. È un pezzo strumentale, senza parole, ma quello che mi colpì fu proprio la voce dei musicisti che suonavano. La sentivo dentro ogni assolo, nello stile, nella tecnica, sentivo il loro piacere di fare musica insieme ad altre persone. E così mi venne voglia di fare lo stesso. Comprai la mia prima chitarra, insieme a un libro di canzoni dei Beatles, e la mia vita prese una strada da cui non sono mai più tornato indietro. La musica divenne la mia religione, il negozio di dischi la mia chiesa, i musicisti i miei santi e le canzoni i miei inni. La Virginia non era proprio una fucina di rockstar ma non avevo paura di nulla: avevo trovato la mia voce, ed era sufficiente. Non c’era nessuno che mi dicesse se era giusta o sbagliata e quindi per me non c’era nessun “giusto” e nessun “sbagliato”.

(...) Nel mio primo viaggio a Chicago conobbi una cugina più gran-de, Tracy. Era una fottuta punk rocker, che mi ha fatto ascoltare gruppi come Bad Brains, Black Flag, Ramones e decine di altri. Mi portò al concerto dei Naked Regan, il primo della mia vita. Ero in paradiso! Della scena punk mi colpì l’indipendenza dalle logiche delle multina-zionali, il fatto che operasse in modo autonomo. A 13 anni capii che potevo avere la mia band, scrivere le mie canzoni, incidere i miei dischi, promuovere i miei show, vendere le mie t-shirt. Le mie cose, da solo. E non c’era giusto o sbagliato.

(...) Volevo essere parte di una rivoluzione, ma probabilmente stavo solo cercando di salvarmi la vita. Ho passato anni a dormire sul palco, per terra nei locali, sotto il palco - quando dormivo. È stato in quel periodo che ho sentito le cinque parole che hanno cambiato la mia vita: «Have you heard of Nirvana?». Non avevano un batterista e così mi sono fiondato. Suonavamo e basta. Non c’era sole, non c’era luna, c’era solo la musica. Comunicavamo tra di noi senza parlare. Eravamo tre persone orgogliose dei propri difetti che suonavano come se tutta la loro vita dipendesse da quella musica. È questo che milioni di persone hanno sentito e sentono dentro Nevermind. Nessuno ci aveva detto mai come suonare o cosa fosse giusto o sbagliato. Era la nostra musica. Onesta, pura, vera.

(...) Come conciliare l’enorme successo dei Nirvana con il sentimen-to anarchico che avevo dentro? Come accettare quel successo, come definirlo? Beh… Un musicista non deve avere sensi di colpa! Il senso di colpa è un cancro. Ti distrugge. È un buco nero. Non c’è senso di colpa nella prima canzone che scrivi, non c’è “giusto” o “sbagliato”. Sei sem-pre quella persona: il musicista. E il musicista viene prima. Si fotta tutto il resto! Nessuno può dire quale sia una bella voce. Forse The Voice? Ve lo immaginate Bob Dylan che canta Blowin’ In The Wind di fronte al giudice Christina Aguilera? È la tua voce. Rispettala. Nutrila. Sfidala. Urla finchè non ne avrai più!

Quando Kurt morì ero perso. La musica, a cui avevo dedicato tutta la mia vita, mi aveva tradito. Non avevo più voce. Ho spento la radio, ho messo via la batteria. Non potevo sentire nessuno cantare di dolore, o di gioia. Ne avevo abbastanza. Ma poi mi sono ricordato del sentimento che avevo provato il 4 luglio del 1983, il giorno dell’Indipendenza, ai piedi del Lincoln Memorial. Quel sentimento di amore per la vita che aveva scatenato una rivolta emotiva dentro di me. E allora ho iniziato la mia rivoluzione. Sono entrato in studio e mi sono rimesso al lavoro. 14 canzoni in 6 giorni, suonando tutti gli strumenti. Andavo dalla batteria, alla chitarra, alla macchina del caffè, al basso, al microfono, alla mac-china del caffè, di nuovo alla batteria e di nuovo alla macchina del caffè. Senza nessuno che mi dicesse cosa era giusto e cosa sbagliato. La stessa one-man band di vent’anni prima, e di vent’anni dopo. Era la mia voce. Feci questa cassetta, un centinaio di copie, e la chiamai “Foo Fighters”, così la gente pensò che fosse un gruppo. La diedi agli amici, ai parenti, a chi incontravo. Per me era una demo, un esperimento, una fottuta terapia. Una casa discografica mi chiamò per fare un album. Così chiesi consiglio a un’amica e sapete cosa mi disse? I musicisti vengono prima. Come quando avevo 13 anni capii che non avevo bisogno di nessuno: potevo avere la mia band, la mia etichetta, scrivere le mie canzoni, incidere i miei dischi, promuovere i miei show, vendere le mie t-shirt. E non c’era giusto o sbagliato perchè era la mia voce. Io ero il musicista e il musicista viene prima. Sono il miglior batterista al mondo?

Certamente no. Sono il miglior songwriter? Neanche in questa cazzo di stanza! Ma fin da quel giorno in cui ascoltai Frankstein di Edgar Win-ter, sono sempre stato capace di trovare la mia voce». Dave Grohl al South By Southwest Festival di Austin, 14 marzo 2013.

EditorialeOnstage aprile 2013

di Daniele Salomone@DanieleSalomone

Page 10: Onstage magazine aprile 2013

INDICEAPRILE 2013

32

46

40

52

56

58

MODà

ZUCCHERO

GIANNA NANNINI

ASAF AVIDAN

RAPHAEL GUALAZZI

Il nuovo progetto artistico di Sugar comincia dove l’Africa incontra i Caraibi. Baila morena!

Dietro quello sguardo timido c’è un artista colto e deciso. Faccia a faccia con il pianista-pittore.

Ma tu pensa: la più acclamata voce del 2013 ha iniziato per caso. La storia nelle sue parole.

Lunga chiacchierata con la rocker senese alla vi-gilia del tour. Avercene di artisti così autentici...

Oltre 100.000 biglietti venduti per il tour. Kekko e Diego ci raccontano una storia di successo.

32

N°60

46

52

56

40

↘Style

58 TOUCH DOWN!

La moda p/e 2013 parte dai ghetti americani, passa per i campi da football e arriva nei negozi.

10 onstage aprile

Page 11: Onstage magazine aprile 2013
Page 12: Onstage magazine aprile 2013

12 onstage aprile

ONSTAGEWEb.COM

What’s New

Coming Soon

Tenetevi forte. Il 22 aprile nasce la prima digital radio che trasmette

solo musica live, 24 ore su 24. Onstage Radio comincia le

sue trasmissioni e sarà disponibile, oltre che sul sito

di Onstage e su quelli dei nostri partner, come app gratuita da scaricare su

tablet e smartphone. Tutte le info a pagina 72.

↘Numbers

Con l’arrivo della primavera, ci sia-mo rifatti il look, e non solo. Il nuovo sito di Onstage debutta alla fine di aprile, con un nuovo stile e nuove funzionalità. Ancora più semplice e immediato da navigare, il website ha un calendario concerti struttturato

per offrirvi tutte le informazioni di cui avete bisogno per seguire l’atti-vità dal vivo dei vosti artisti preferiti oppure per sapere tutto dei live nelle vostre città. E poi ancora più conte-nuti: foto dei concerti, recensioni di live e album, blog. Stay connected!

Il nuovo sito di Onstage!

22 APRILE 2013NASCE LA

DIGITAL RADIO DI ONSTAGE!

Jukebox ↘

65

68

74

29

27

19 FUORISALONE 2013

20 SINEAD O’CONNOR

24 SANTINO MARELLA

22 RECORD STORE DAY

23 CONOR MAYNARD

MUSICA

70 GAMES

72 ONSTAGE RADIO

CINEMA

GREEN DAY

Apriamo il magazine con uno sguardo attento e interessato su musica, libri, cinema, cultura, tendenze.

«Tutti possono fare un disco, costa zero». Non è vero! Da poco a tantissimo, ecco quanti soldi servono per fare un album.

Cosa c’è di nuovo e interessante, ogni mese, ve lo diciamo noi. Album, film e games in uscita, puntualmente recensiti.

Il calendario concerti del prossimo mese e un focus sull’artista più importante tra quelli di cui ci occuperemo a maggio.

INDICE

LAURA CHIATTI

STEFANO bOLLANI

↘Face To Face

30 QUANTO COSTA FARE UN DISCO?

www.facebook.com/onstageweb

@ONSTAGEmagazine

Page 13: Onstage magazine aprile 2013
Page 14: Onstage magazine aprile 2013

Dudi HassonA 30 anni il fotografo di Tel Aviv è uno dei più impor-tanti nel settore moda. Tra i personaggi con cui ha lavorato i connazionali Bar Refaeli e Asaf Avidan. Ospitiamo gli scatti che ritraggono il cantante israeliano.

Virginia Varinelli Fashion blogger tra le più attive del world wide web, Didi ha cominciato a scrivere di moda nel 2011, quando ha fondato il blog The Ugly Truth Of V (.com). Da quest’anno, cura la nostra sezione Style.

Andrea BariselliIdeatore di RicetteRock.com, musicista, produttore, manager, editore. Ci racconta le sue innumerevoli esperienze con artisti e band a cui dedica suc-culenti piatti pensati ad rock. Altro che MasterChef!

Charlie RapinoEmigrando in Inghilterra ha trovato l’America (ma pure in Italia partecipando ad Amici come coach). Produttore dance e pop, da due anni butta ben-zina sul fuoco per noi dalla sua roccaforte: Londra.

Julian Hargreaves Nato a Varese (deve il suo nome al padre inglese), appas-sionato di viaggi e arte contem-poranea, il 38enne fotografo si occupa di moda e ritratti, come quelli dei Modà che trovate nelle pagine di questo numero.

Stefano Verderi “The Wizard” è il chitarrista de Le Vibrazioni. Diplomato al Musicians Institute di Los Angeles, ha fondato la Basset Sound nel 2010 per produrre nuovi artisti. Ci parla di affasci-nanti suggestioni retrò.

Direttore responsabileEmanuele [email protected]

Direttore editorialeDaniele [email protected]

Ufficio graficoEros [email protected] [email protected]

RedazioneFrancesca [email protected] [email protected]

Hanno collaboratoGuido Amari, Antonio Bracco, Blueglue, Jacopo Casati, Antonella Frezza, Stefano Gilardino, Alvise Losi, Marco Rigamonti, Raffaella Turati,Simona Voglino.

Direttore marketingLuca [email protected]

Direttore commercialeFrancesco [email protected]

Direttore amministrativoMario [email protected]

Ufficio commercialeEileen [email protected] [email protected] [email protected]

Distribuzione e logisticaLaura [email protected]

Concessionaria per la pubblicitàAreaconcerti srlvia Carlo De Angeli 320141 Milano Tel. 02.533558

Filiale di RomaPaola [email protected]

Pubblicità TrivenetoEverest ADV Viale Delle Industrie 13, Limena (PD)[email protected]

Pubblicità Toscana e UmbriaSara [email protected]

StampaRotolito LombardaVia Sondrio, 3 20096 Pioltello (MI)

Onstage Magazine è edito daAreaconcerti srlvia Carlo De Angeli 320141 Milano Tel. [email protected]

14 onstage aprile

Registrazione al Tribunale di Milano n° 362 del 01/06/2007

APRILE 2013OSPITI

Page 15: Onstage magazine aprile 2013

NONCONOSCERAI

TERROREPIÙ GRANDE.

Onstage_Evil:Layout 5 4-04-2013 13:48 Pagina 1

Page 16: Onstage magazine aprile 2013
Page 17: Onstage magazine aprile 2013

74 annifa nasceva Marvin Gaye. Era il 2 aprile del 1937. Sempre ad aprile, 45 anni dopo, un proiettile sparato dal padre lo uccideva. Lanciato dalla Motown, Marvin ha scritto alcune delle migliori pagine della musica soul e r’n’b americana. La sua produzione è uno dei grandi patrimoni artistici del ‘900.

Page 18: Onstage magazine aprile 2013

C H E I L CO M B ATT I M E NTO AB B I A I N I Z IO

Page 19: Onstage magazine aprile 2013

Milano primavera fa rima con Salone del Mobile. Anche se la percezione dell’evento, in città, sta cambiando.

Perché le attività e serate che proliferano du-rante i giorni della fiera, al di fuori dei suoi spazi, si sono a tal punto radicate (e molti-plicate) da spostare l’attenzione del pubblico sul Fuorisalone, vero centro di gravità della settimana del design. Un po’ come durante le sfilate, Milano si trasforma ed è tutto un brulicare di eventi, live show, presentazioni, aperitivi, dj set e chi più ne ha più ne metta. Uno degli aspetti più interessanti del Fuorisa-lone sta nella sua natura: non esiste un ente o un’organizzazione che l’abbia pensato o piani-ficato a tavolino: è nato spontaneamente. Una sorta di autogestione. I singoli eventi sono come stelle, che guardate nell’insieme forma-no una costellazione ben riconoscibile e defi-nita, ma che nascono ed esistono in autono-mia. A Dino Lupelli, che da quattro anni cura ed organizza l’Elita Festival, uno degli eventi più affermati del Fuorisalone, tutto questo piace molto. «Più di una volta ho sentito gente chiedere se l’attività a cui stava assistendo era parte del “programma ufficiale”. È indicativo della percezione che ne hanno le persone. E invece è la città che da sola si preoccupa di accogliere bene chi arriva da mezzo mondo, è bellissimo».

Certo, si potrebbe fare molto di più. È un cruccio per chi opera in questo settore. «Man-ca un adeguato supporto. Penso per esempio all’ambito della ricettività, si potrebbero ideare

dei pacchetti convenienti per chi deve trovare alloggio in città in quei giorni, in cui i prezzi salgono alle stelle costringendo chissà quanti a rinunciare. Trovare una modalità sarebbe van-taggioso per tutti» spiega Dino. Scavando in profondità, si arriva presto all’eterno problema italiano: la burocrazia. Autorizzazioni e per-messi, leggi e decreti che si frappongono tra un’idea e la sua realizzazione. «È fondamentale sburocratizzare il sistema per alleggerire il la-voro di tutti, da una parte e dall’altra. È un di-scorso che vale per noi e il Fuorisalone, ma in generale per gli eventi, qui e nel resto d’Italia. Per limitarci all’esperienza milanese, basta ve-dere com’è andata l’anno scorso con i concerti all’Arena Civica: a tutt’oggi manca un referente unico, quindi siamo punto a capo anche per l’estate 2013».

Per Milano, il discorso rien-tra in una questione più ampia. «L’attenzione delle istituzioni restano quasi esclusivamente rivolte alla co-siddetta “Cultura con la C maiuscola”. C’è ancora una mentalità un po’ vecchia, che pe-nalizza soprattutto il mondo giovanile» spiega Lupelli. «È un atteggiamento legato alla vo-lontà di controllare tutto, per salvaguardare e

promuovere solo la qualità. Allentare un po’ le maglie per sveltire le dinamiche può aprire spazi anche a progetti meno meritevoli, ma fa parte del gioco. È un po’ come a Hollywood: tra i tanti film, ce ne sono anche di meno bel-li, ma intanto la scelta è molto ampia e quelli interessanti sono numerosissimi. Serve una visione ampia e lungimirante, che porterebbe sviluppo e posti di lavoro in più».

Tra tante difficoltà, l’entusiasmo e la voglia di fare hanno la meglio sulla frustrazione e la sensazione di immobilismo: «Continuiamo ad andare dritti per la nostra strada, lavorando con le varie entità del territorio - penso per

esempio alla nostra collaborazione con il Tea-tro Franco Parenti. Ci siamo convinti che chi fa da sé fa per tre, ma non perdiamo la speran-za che qualcuno prima o poi si svegli e valoriz-zi questa città, per andare ancora più incontro a chi vi opera e ai suoi cittadini».

*AUTOGESTIONE ALLA

MILANESEDAL 9 AL 14 APRILE, MILANo è LA CAPITALE DEL DESIgN CoN IL SALoNE DEL MobILE. MA L’ATTENzIoNE DEL PubbLICo è SEMPRE PIù RIvoLTA AL FuORISALONE, CIRCuITo DI EvENTI NATo E gESTITo SPoNTANEAMENTE DA PRIvATI.

«Il Fuorisalone è la città che da sola si preoccupa di accogliere bene chi arriva da mezzo mondo. è bellissimo, ma se ci fosse più supporto e minore burocrazia ne gioverebbero tutti» Dino Lupelli (Elita)

di Francesca Vuotto

A

JUKEbOX

onstage aprile 19

Woodkid è uno degli ospiti del Design Week Festival di Elita: dj set il 10 aprile al Teatro Parenti

Page 20: Onstage magazine aprile 2013

famosa Sinead O’Connor per essere una che non le manda a dire, diretta anche nel titolo del suo ultimo al-

bum How About I Be Me (And You Be You?): «È un modo carino per dire alle persone di andare a quel paese e lasciarmi in pace. C’è stato un periodo in cui tutti mi dicevano cosa fare, cosa dire, cosa pensare. Ora vo-glio solo poter essere me stessa». Nemme-no i problemi di salute che lo scorso anno l’avevano spinta a cancellare la promozione del disco sembrano aver intaccato il carattere forte e risoluto della mu-sicista irlandese, che oggi più che mai ha imparato a godersi in modo genuino quello che fa: «Quando ero più giovane fare musica mi aiutava ad affrontare e gestire determinate emozioni - spiega - ma negli ultimi anni il punto di vista da cui scrivo è cam-biato ed ho iniziato a farlo per il semplice gusto di suonare. Questo significa che ades-so posso tranquillamente fare canzoni senza che debbano avere per forza un’implicazione emotiva, pure e semplici canzoni pop».

Proprio come l’ultimo singolo 4th And Vine che «non è altro che un brano allegro per ragazze. La gente dovrebbe scriverne di più di pezzi così, che parlano di trucchi e

cose del genere, visto che ci piacciono tan-to!». Insomma messo da parte il “personag-gio”, Sinead è determinata a concentrarsi solo sulla sua arte. «È tanto tempo che lavoro nell’industria musicale, ma quello che usavo veramente per fare musica era molto limita-to. Ora però ho ribaltato la situazione ed è molto meglio», racconta prima di confessare che la parte che ama di più del suo lavoro è suonare dal vivo: «Non mi interessa dove, come e con chi. Stare su un palco insieme ad

altri musicisti è la sensazione più bella del mondo».

E pensare che da bambina voleva fare tutt’altro. «Volevo diventare una balleri-na - ammette - ma mi hanno fatto notare che il mio corpo non era adatto, perché ho la schiena un po’ curva. Allora ho iniziato a pensare che invece avrei potuto cantare e oggi col senno di poi sono contenta di come siano andate le cose». Voi che dite?

DoPo quALChE PRobLEMA DI SALuTE, SINEAD O’CONNOR è DI Nuovo IN PISTA. IN ATTESA DI RAggIuNgERE ANChE L’ITALIA (IL 2 APRILE A vENEzIA E IL 7 A RoMA), CI hA RACCoNTATo LA SuA NuovA vITA ARTISTICA. di Antonella Frezza

NON È PIù COME PRIMA

JUKEBOX

«Negli ultimi tempi ho iniziato a scrivere per il semplice gusto di suonare. Posso anche fare canzoni senza un’implicazione emotiva. Pure e semplici canzoni pop»

20 onstage aprile

1973 Esce il disco seminale dei Pink Floyd The Dark Side Of The Moon.2013 40 anni di The Dark Side Of The Moon, Tom Stoppard ne scrive una piece teatrale.1973 I Rolling Stones vanno in tour ed è il tour dell’anno.2013 I Rolling Stones vanno in tour ed è il tour dell’anno.1973 Se vai male a scuola i tuoi ti fanno un culo così e ti spediscono a lavorare. 2013 Se vai male a scuola i tuoi fanno un culo così ai professori. 1973 Esce Ciao mare dell’Orchestra Casadei.2013 Babel dei Mumford&Sons vince un Grammy.1973 Led Zeppelin e Stones vanno in giro con le meglio sbarbe, che si schiantano su jet privati e macchinoni.2013 Gli artisti vanno in giro con mam-me e fidanzate, mangiano organico e arrivano in Toyota Prius.1973 Vuoi portarti a letto Stevie Nicks2013 Non pensare di portarti a letto Taylor Swift, scriverà una canzone dicendo che sei una pippa.1973 I comici vanno in tv.2013 I comici vanno in Parlamento, i politici in TV (Renzi ai talent).1973 I politici cercano di apparire di fianco ai musicisti per pigliare quattro voti in più.2013 I musicisti cercano di apparire di fianco ai politici per vendere quattro copie in più.1973 Porto il programmatore di una radio a cena. 3 ore per convincerlo a suonarmi il pezzo.2013 Mando il pezzo via email al pro-grammatore radio. Lo ascolta? Boh, io l’email l’ho inviata...1973 Lucio Battisti e i Led Zeppelin non si fanno vedere in televisione.2013 Gli artisti si scannano per andare a X Factor e Amici.1973 Se lo mando a Sanremo ho chiuso con la sua credibilità di artista.2013 Mandiamolo a Sanremo! La credi-bilità? Ma di che cazzo parli?1973 Ho lo stereo.2013 Avete lo smartphone.1973 L’Alessandrino Maledetto e Rapino rubano i soldi in casa per comprare The Dark Side Of The Moon e farsi le seghe mentali.2013 L’Alessandrino e Rapino comprano The Dark Side Of The Moon del 40simo (in vinile) per farsi le seghe mentali alla faccia del 2013, che è roba da democra-zia, roba da repubblica!

1973 vs 2013: TROVA LA DIFFERENZA

LONDON CALLINGDi Charlie Rapino *

È

Page 21: Onstage magazine aprile 2013
Page 22: Onstage magazine aprile 2013

nche quest’anno, per tutti gli appassio-nati, il Record Store Day si preannuncia

una fantastica festa mondiale, non solo e giu-stamente a salvaguardia dei negozi di dischi, ormai “professione protetta” e quindi da sup-portare in maniera incondizionata, ma anche per la qualità sempre eccelsa delle uscite che saranno disponibili dal 20 aprile. E non è cer-tamente un caso che il nuovo ambasciatore, dopo sua maestà Iggy Pop, sia un appassiona-to di vinili e collezionismo come Jack White che, con la sua label personale Third Man, ha dato alle stampe alcuni tra i pezzi più pregiati, rari e bizzarri degli ultimi anni. Proprio l’ex leader dei White Stripes, nel video promo che introduce l’edizione del 2013, spiega con do-vizia di particolari la sua passione per i vinili

e offre un maggiore incentivo, se ancora ce ne fosse bisogno, all’iniziativa.

Già, perché il Record Store Day non vuole solamente essere un’esortazione ad andare a visitare il negozio a voi più vicino - o quel-lo che preferite, insomma -, ma anche un bel modo per accaparrarsi pezzi pregiati e unici, edizioni in vinile che saranno disponibili in quantità limitata e per un breve periodo di tempo (salvo poi finire su eBay o sui siti per collezionisti al triplo del prezzo di partenza). La lenta ma costante riconquista di fette di mercato consistenti da parte dei vecchi 33 e 45 giri è un bel segnale, soprattutto se si pensa a una fruizione della musica dominata ormai da lettori mp3, streaming, Spotify, YouTube e, parzialmente, dai CD, ormai quasi obsoleti

e tristemente superati. Possiamo leggerlo come una piccola vittoria della qualità sulla quantità, un segno che, sep-pure di nicchia, il vecchio vinile affascina un pubblico non solo composto da appassionati cinquantenni. Se non ci credete, andate a ve-dere coi vostri occhi il prossimo 20 aprile, se non altro per toccare con mano splendide edi-zioni di Cure, PIL, Garbage e decine di altri. Cominciate a contare i vostri sudati risparmi, ne vale la pena.

l mio lavoro è diffondere bellezza e in-telligenza» ha recentemente dichiarato

Patti Smith in un’intervista. Come non inna-morarsi di un tale manifesto? È tutta riassunta in questa frase la sua vita, in cui si è votata alle più svariate forme d’arte. E non si poteva non pensare ad una figura di tale caratura e poliedricità per festeggiare le prime dieci cande-line dell’Auditorium Parco della Musica, polo culturale e multi-funzionale della Capitale. Dal 9 al 25 aprile la Sacerdotessa del Rock farà il suo ingresso, appro-priandosene, nel Tempio romano della Musica con My Festival, manifestazione da lei curata per festeggiare il compleanno della location attraverso le mille sfaccettature dell’Arte. Tra mostre, incontri,

letture e la proiezione di documentari - tra cui Dream Of Life dedicato proprio alla Smith - e film (come la Medea di Pasolini, alla presenza di Bernardo Bertolucci) la fa da padrona, ine-vitabilmente, la musica. Cinque i concerti a

calendario (Nicola Piovani, John Grant, Meshell Ndegeocello, Cristiano De Andrè e Vinicio Capossela), a cui si aggiungono tre eventi speciali che Patti ha ri-servato a sé. Il 10/04 rivisita il suo repertorio insieme ai figli Jesse (al piano) e Jackson (alla chitarra), la sera del 13/04 omaggia il poeta ed amico Allen Ginsberg - con un reading in cui gli fa da spalla il

fido chitarrista Lenny Kaye -, mentre il 14/04 ripropone, in esclusiva, i brani del disco Hor-ses con cui si è fatta notare nel 1975. F.V.

QUALITà vs QUANTITà

INTENSAMENTE PATTIL’AuDIToRIuM PARCo DELLA MuSICA DI RoMA CoMPIE 10 ANNI E SI FA uN REgALo: uN RASSEgNA ARTISTICA, My FESTIVAL, CuRATA DA PATTI SMITh.

DEPECHE MODE SOOTHE My SOUL

(Delta Machine, 2013)

DAVID bOWIE THE STARS (ARE OUT TONIGHT)

(The Next Day, 2013)

FEDEZ FEAT. FRANCESCA MICHIELIN CIGNO NERO

(Sig. Brainwash, 2013)

DONNY HATHAWAYSOMEDAy WE’LL BE FREE(Extention Of A Man, 1975)

THE KNIFE A TOOTH FOR AN EyE

(Shaking The Abitual, 2013)

SOUND CITY PLAYERSMANTRA

(Sound City: Real To Reel, 2013)

bLOOD SWEET AND TEARS LUCRETIA MAC EVIL

(Blood Sweet And Tears 3, 1970)

KENDRIK LAMARSWIMMING POOLS (DRUNK)(Good Kid M.A.D. City, 2012)

THE STROKESTAP OUT

(Comedown Machine, 2013)

FRANK OCEANLOST

(Orange Channel, 2012)

JUKEBOX

HOT LIST

I 10 bRANI PIù ASCOLTATI IN REDAZIONE DURANTE LA

LAVORAZIONE DI qUESTO NUMERO

22 onstage aprile

«I

A

IL 20 APRILE SI CELEbRA IL RECORD STORE DAy 2013, APPuNTAMENTo ANNuALE DEDICATo AI NEgozI INDIPENDENTI DI MuSICA: uNA RIvINCITA DELLA quALITà SuL DoMINIo DELLA quANTITà. di Stefano Gilardino

Page 23: Onstage magazine aprile 2013

«voglio che le persone rispettino la mia voce e la mia musica. Non so se questo significhi anche avere paparazzi che mi seguono, ma finchè là fuori ci saranno persone che ascoltano le mie canzoni, io sarò felice»

ALTRO CHE JUSTIN bIEbER!uN ALTRo TEEN IDoL ESPLoSo gRAzIE A YouTubE, INSEguITo DA uN’oRDA DI FAN CoN TANTo DI TIToLo (MAYNIACS). EPPuRE CONOR MAyNARD, INgLESE CLASSE ’92, DICE DI NoN AvERE NuLLA A ChE FARE CoN bIEbER. IN EFFETTI…

iquidato spesso troppo frettolosa-mente dai più come la versione bri-tannica di Justin Bieber, il dicianno-

venne Conor Maynard si vede sempre più costretto a dimostrare quanto in realtà sia fortemente diverso dal suo presunto alter ego. I punti in comune tra i due si esauri-scono nell’aver agguantato la visibilità gra-zie a YouTube e nelle orde di ragazze urlanti che si portano dietro, pronte a scannarsi su quanto sia bello e bravo l’uno o l’altro - è l’infinita lotta Beliebers vs Mayniacs. Messi da parte questi elementi, che il nostro Co-nor maneggia con grande filosofia, Maynard ce la sta mettendo tutta per porta-re avanti il suo progetto musicale, cercando di affermarsi sempre più con la sua arte piuttosto che con gli atteggiamenti da star che invece ca-ratterizzano il suo coetaneo a stelle e strisce.

Ben consapevole delle sue spicca-te doti - che non a caso sono state notate agli albori della sua carriera da Ne-Yo - Conor sta lavorando affinchè quel che rimanga nelle persone sia la sua musica, proprio come quella R’n’B ha fatto breccia in lui fin da piccolo. Per il suo disco di esordio Contrast - che ha intitolato così proprio per sancire quanto non sia la “ver-

sione 2.0 di un disco di Bieber” - si è ritro-vato a lavorare con uno dei big di cui fino a poco fa interpretava i brani postandoli poi sulla piattaforma video, Frank Ocean, che ha dato il suo contributo al brano Pictures. «Voglio che le persone rispettino la mia voce e la mia musica. Non so se questo signifi-chi anche avere paparazzi che mi seguono, ma finchè là fuori ci saranno persone che ascoltano le mie canzoni, io sarò felice” ha spiegato a Rolling Stone USA a gennaio.

Con questo candore, il (quasi) ricono-sciuto talento e la sua bella faccia pulita arriva in Italia dal 18 al 20 aprile per tre

concerti a Milano, Roma e Modena in cui promette di farcene ascoltare delle belle. E cantargliele, così, a quel Bieber che a fine marzo in quel di Bologna ha tirato fuori la stoffa da entertainer, ma un po’ poco quella da performer. F.V.

*

onstage aprile 23

Nel 2011 ho prodotto il disco di un gruppo italiano: gli Apple Pies.

L’estate scorsa il loro bassista/can-tante è stato scelto per il cast del musical sui Beatles intitolato Let It Be, che esordirà il prossimo ottobre a Londra. Ho avuto il piacere di an-darlo a vedere.

Il musical è abbastanza anomalo, perchè non ha alcuna storia recitata o narrata ma è semplicemente una performance rigorosamente live e molto accurata nei dettagli e nelle scenografie, che ripercorre tutta la carriera dei Fab Four. Ora, come è noto, i Beatles hanno ad un certo punto della loro avventura smesso di suonare dal vivo: in questo mu-sical viene immaginato come sa-rebbero potute essere le esibizioni di alcuni brani che nemmeno gli “originali” hanno mai suonato in concerto.

La scelta dei Beatles, non salire più sul palco e proseguire la carrie-ra pubblicando solo LP registrati in studio, fu allora rivoluzionaria, ma s’inseriva in un momento storico (1966/67) in cui i dischi subivano una fortissima impennata di produ-zione e di vendite. Pensate che oggi si parla di cali del 70% da un anno all’altro, e per un artista o gruppo attualmente sarebbe impensabile prendere una decisione del genere. Certo, i Beatles furono particolar-mente sfortunati nei live, perchè non avevano attrezzature adeguate e perchè proprio la beatlemania gli si rivoltò contro come un boome-rang. La scelta radicale di chiuder-si in studio li portò d’altro canto a spingersi verso nuovi orizzonti so-nori e a fare sperimentazioni sulle tecniche di registrazione, delle qua-li ancora oggi se ne godono i risul-tati. Per un musicista esprimere la propria creatività in studio è cosa ben diversa dal condividere la pro-pria musicalità dal vivo.

Che strana inversione di rotta è accaduta: oggi, sarebbe più plau-sibile e rivoluzionario per un musi-cista non fare più dischi in studio, ma suonare la propria musica solo dal vivo, ed eventualmente mettere in vendita solo le registrazioni live. Beh, io dico “let it be”, lasciate che sia così!

LET IT BE (Smettere di fare dischi in studio)

RETROMANIAdi Stefano Verderi

L

Page 24: Onstage magazine aprile 2013

SANTINO MARELLA (AL SECoLo ANThoNY CARELLI) INTERPRETA L’ITALIANo oRgogLIoSo DELLA SuA PATRIA, NoNoSTANTE SIA CANADESE. CI hA SPIEgATo CoSA SIgNIFIChI ESSERE uNA SuPERSTAR DEL WRESTLINg. di Jacopo Casati

NON È FACILE!

S

JUKEBOX

«viviamo sugli aerei e negli hotel, lavoriamo 330 giorni l’anno e dobbiamo

essere sempre in forma sempre»

port entertainment per antonoma-sia oltreoceano, il wrestling funzio-na bene anche in Italia. Nonostante

l’ostracismo degli intellettuali da bar (quelli appassionati di reality), la WWE fa periodi-camente tappa nel nostro paese, registrando un sold out dopo l’altro. In attesa che il roster di Smackdown arrivi a Bologna (25 aprile) e Trieste (26), il portabandiera Santino Marella ci ha parlato di tutto quello che in televisione non si vede.

Cosa vuol dire essere una superstar della WWE?Io dico sempre che combatto gratis e che sono pagato per portare le mie valigie intorno al mondo. Viviamo sugli aerei e negli hotel, la-voriamo circa 330 giorni l’anno e dobbiamo essere sempre in forma. Le performan-ce sono solo una piccola parte in tutto questo.

Quanto è impegnativo un lavoro del genere?Quando partiamo per una tournée non abbiamo giorni di riposo, se la prima sera ti fai male devi convivere con il dolore. Ma questa è la parte meno difficile. Dopo un paio di setti-

mane tutti noi passiamo ore a guardare le foto delle nostre famiglie. E’ dura. Per fortuna oggi comunicare è più semplice.

Hai mai pensato di mollare tutto?Più di una volta, ma poi passa. Quando capi-sci che stai perdendo così tanti momenti im-portanti nella vita della tua famiglia è terribile. Ma questo mestiere ti consente di aiutare i figli ad avere una vita migliore, puoi mandarli all’università e fare in modo che non abbiano preoccupazioni.

Come ti senti ad avere successo grazie a un personaggio così particolare, piuttosto che per le doti da lottatore?Per avere successo devi essere un lottatore ca-ratteristico, saper fare l’attore e interpretare il personaggio. A questo devi poi unire uno

stile di combattimento che ti renda credibi-le a 360 gradi. Mi trovo benissimo in queste vesti, quando ero più giovane mi chiamavano The Center Stage, ho sempre avuto un gran-de ego e sono perfettamente a mio agio in queste vesti.

Hai esordito proprio a Milano. Cosa ricordi di quella sera?Quella volta sono diventato Campione Inter-continentale, la folla è impazzita non appena ho gridato “Forza Italia”. I colleghi mi hanno detto che raramente hanno sentito una reazio-ne del genere per un debuttante. Io sono nato in Canada ma mio nonno era calabrese, ho passaporto italiano e mi piacerebbe vivere qui.

Nella mia esistenza musicale ho incontrato Piero Pelù e i Litfiba

in diverse occasioni e ogni volta per puro caso. Agli albori della mia storia da musicante, in quel di Firenze, abi-tavo ad un portone di distanza dallo studio dell’allora I.R.A. Records (casa produttrice dei primi lavori di Litfi-ba e Diaframma) e facevo colazione un giorno sì e uno no con qualcuno di loro. qualche anno dopo, sempre a Firenze, al centro sociale l’Indiano c’erano i White Zombie di Rob Zombie e li avevo di fianco. Quando Piero e Ghigo decisero di separarsi e il nome dei Litfiba rimase al chitarrista, mi ri-trovai la band come headliner ad uno pseudo-festival di Roma, in un locale che se non ricordo male di chiamava Albatros o probabilmente Alpheus, non ricordo. Senza Piero, una trage-dia. Invece lui, Pelù, aveva intrapreso la carriera solista e l’iter da seguire era quello più mainstream, quello dettato dall’industria discografica che nel 2008 stava per esalare l’ultimo re-spiro. Come il Festivalbar d’altra par-te, dove lo incontrai nella tappa di Na-poli. Eravamo in un hotel molto bello e famoso che affacciava sul mare e sulla passeggiata di via Partenope. Alle 2 del mattino lo incontro al bar dell’hotel, una lunga chiaccherata tra rockers, tra vecchi amici che in realtà manco si conoscevano.

Oggi lo rivedo in Tv in uno dei nuo-vi contenitori musicali alla ricerca di nuovi talenti da triturare e risputare privati dei loro sogni. Continua a fare quello che sa fare meglio, il diabolico Pelù, El Diablo. Non ha mai cambia-to una virgola del suo personaggio da quando prendeva il cappuccino al bar di Via Luca Landucci alla fine de-gli anni 80. Neanche durante le sue performance soliste del nuovo mil-lennio e neanche ora che è approdato al grande schermo a giudicare i nuovi talenti al buio. Semplicemente diabo-lico, e a me piace molto.

In cucina il Diavolo è il peperonci-no, che in Italia è buono e abbondante. Pelù +Lifiba + pereroncino? Le Fettuc-cine El Diablo!

Ingredienti per 2 persone: 200g fettuccine all’uovo, 70g salame piccante, 150ml pan-na da cucina, 1 spicchio d’aglio, 1 cucchiaio di curcuma, 2 uova, 3 cucchiai caciocavallo grattugiato, peperoncino a volontà.

Per la preparazione www.ricetterock.com

FETTUCCINE EL DIABLO

*RICETTE ROCKdi Andrea Bariselli

Page 25: Onstage magazine aprile 2013

OnStage_IronMan3 2-04-2013 14:28 Pagina 1

Page 26: Onstage magazine aprile 2013

FACE TO FACE

arliamo di musica sembra un invito per il pubblico, ma leggendolo si ca-pisce che è indirizzato anche ai tuoi

colleghi.Mi sono accorto che il mondo è pieno di gente che parla, ma da sola, senza capire che maga-ri anche gli altri gli stanno dicendo qualcosa e anche tanti musicisti sono sordi, si suonano addosso senza ascoltarsi. E così trasformano la musica in una forma di egoismo.

Insisti in più passaggi sulla necessità del dialogo tra musicisti durante i live.

Quando manca, il pubblico percepisce la noia e la pappa pronta, che per certi generi è quello che vuole. Mi spiego: è molto probabile che chi va a vedere Paul McCartney speri di ascoltare Yesterday, possibilmente nell’arrangiamento originale, e con i Beatles al completo. La pap-pa pronta può anche essere di altissimo livello, ma crea concerti sempre uguali. Nel caso del jazz invece il pubblico esige un’esperienza la cui unicità sia garantita da quello che succede in quel momento sul palco.

E il tuo dialogo con il pubblico meno av-vezzo al jazz come si realizza?L’improvvisazione è quello che mi fa suonare ogni sera, altrimenti mi annoierei e sarebbe un mestiere come un altro. Ma non credo sia il modo con cui lo conquisto, penso piuttosto di arrivargli perché gli parlo di musica e spiego ciò che faccio, interagendo dal palco. Anche se poi la gente vuole il risultato, che la canzone sia bella, e non è detto che gli interessi il modo in cui è stata concepita o eseguita.

Quindi non sono gli ascoltatori ad essere pigri ma i musicisti a porsi male.Le colpe e le responsabilità sono sempre di tutti e io penso innanzitutto a me stesso. Bi-sognerebbe ragionare in ogni ambito così, ma non si fa mai nella vita, figurati nella musica. I musicisti hanno la responsabilità di mettere sincerità, professionalità e voglia di comunicare

in quello che fanno. Le prime due bastano per ottenere un buon prodotto, ma non per comu-nicare. E se non si vuole comunicare non si sta parlando di fare musica. D’altra parte, non c’è mai stato in Italia un programma ben pensato per educare alla musica nelle scuole, con evi-denti ricadute sull’atteggiamento nei confronti di ciò che non è popular.

A volte il dialogo tra musicisti giù dai palchi si traduce in aggressività, soprattutto dove intervengono logiche commerciali.La competizione e l’aggressività riguardano quasi sempre questioni spicciole, mai la musi-ca. Dell’altro danno fastidio il successo, le ven-dite o la presenza massiccia sui media, ma non si arriva a odiarne la musica. I grandi musicisti si amano, di questo sono convinto. È difficile che uno che scriva bella musica non abbia il coraggio di togliersi il cappello davanti a un collega che faccia altrettanto.

Per tornare al pubblico, cosa ci dici di quello italiano?Al momento è il migliore per il jazz, tra i più numerosi in Europa. Anche se non è più quello

purista di un tempo, è trasversale e ascolta an-che il pop o la musica etnica. Per una volta non siamo il fanalino di coda e possiamo vantarce-ne anche nei confronti della Francia, da sempre appassionata di questo genere.

Eppure non c’è spazio in tv per i generi musicali colti. Resti un’eccezione.

Purtroppo è cosi, di gente che fa jazz o classica in tv non se ne vede. È un peccato anche per-ché programmi dedicati ad altri generi coste-rebbero poco: basterebbe una buona idea, una buona regia e dei buoni musicisti, che si accon-tenterebbero di una tale conquista e di certo non chiederebbero un compenso stellare. Ma non si può ridurre tutto a una questione di sol-di: anche i rimedi naturali costano meno, ep-pure la gente continua ad andare in farmacia. E così torniamo al discorso sull’educazione. La tv può fare qualcosa, ma serve un cambiamento più radicale.

un grande del jazz italiano, recentemente diventato

popolare grazie alla tv. Ma l’ultima prova di Stefano

bollani è un libro, Parliamo di musica, che affronta il suo

mondo a 360 gradi.

di Francesca Vuotto

«Non c’è mai stato in Italia un programma ben pensato per educare alla musica nelle scuole, con evidenti ricadute sull’atteggiamento nei confronti di ciò che non è popular»

P

STEFANoboLLANI

© E

rmin

ando

Alia

j

Page 27: Onstage magazine aprile 2013

PARTECIPA AL CONCORSO

visita il sito ufficialehttp://it.marvel.com/iron-man-3

IRON MAN 3

Ricordati che potrai giocare una volta sola per ogni persona e l’indirizzo e-mail deve essere esistente ed attivo. Nel caso contrario la giocata sarà annullata.

Marvel e Onstage Magazine ti regalano fantastici gadget personalizzati Iron Man 3!

Per partecipare rispondi alle due domande: 1 Qual è il nome del brillante industriale dietro al quale si cela Iron Man?2 In quale anno debuttò il primo fumetto interamente dedicato ad Iron Man?

COME PARTECIPAREPer partecipare invia una mail a [email protected] come oggetto “Iron Man 3”, scrivi le risposte esatte e i seguenti dati: nome, cognome, numero di cellulare, indirizzo, età.

Page 28: Onstage magazine aprile 2013

tutti i gusti di vIenna

Il vIaggIo pIù “saporIto” che puoI fare? vIenna!Per conoscere la città, la sua cucina, le sue bellezze

partecIpa subIto al concorso cts.

Per i Più bravi e i Più fortunati in Palio quattro viaggi a vienna e tanti altri Premi.

Concorso organizzato da CTS - Centro Turistico Studentesco e Giovanile, Montepremi totale € 3.518,90Scadenza concorso 12/05/2013 - Regolamento completo su www.ctsconcorsi.it/gustodivienna

facebook.com/ctsfanpage

Onstage-Vienna_OnStage-MPE 03/04/13 17.53 Pagina 1

Page 29: Onstage magazine aprile 2013

onstage aprile 29

FACE TO FACE

n questa commedia di Corsicato inter-preti una conduttrice televisiva molto amata dal pubblico e sposata con un

chirurgo estetico, interpretato da Alessan-dro Preziosi, che fa operazioni in diretta TV.E ad un certo punto Bella, il mio personaggio, viene licenziato. Si infuria e quando esce dal lavoro ha un incidente in auto che le sfigura il volto. Insieme al marito decide di sfruttare questa nuova condizione per rilanciare la pro-pria immagine.

Grondano metafore o sbaglio?

Il messaggio che passa è questo: il mondo è una finzione e viviamo in una società in cui noi tutti quando scendiamo dal letto andiamo in scena. Siamo ossessionati da una perfezio-ne fisica e morale che è irraggiungibile. È una riflessione sui tempi attuali dove essere e appa-rire sono diventate la stessa cosa. Molte perso-ne cercano di spettacolarizzare quasi tutto di sé, anche un incidente d’auto come in questo caso. Pappi Corsicato ha trovato una chiave molto ironica per raccontare questa deriva.

A parte le riflessioni si direbbe un bel ruolo per un’attrice.Mi sono divertita molto. Per la prima volta ho avuto un ruolo importante con un alto contenuto, non una spalla ma un personaggio centrale con un vero sviluppo. Detto questo, Bella è caratterialmente molto lontana da me, molto poco naturale, recita anche nella vita privata.

Quando hai fatti i conti con la tua inne-gabile bellezza?Mai fatti. Ognuno trova sempre grandi difetti su di sé. Sono meglio adesso di quando ero una teenager, sono più donna, ho più cose da raccontare con il viso. Quelle rughette che mi vedo ora mi rendono più vissuta, più matura, non mi dispiacciono. Si accompagnano alle esperienze emotive della mia vita. Poi sì, ci

sono giorni in cui mi trovo carina, altri in cui sono pessima.

E il tuo canone ideale di bellezza maschi-le qual è?Il mio fidanzato (il giocatore di basket Davide Lamma, ndr), ovviamente! Più invecchia più diventa affascinante. Non perché sia il mio fi-danzato, perché è oggettivamente molto bello. Se vuoi un altro esempio ti dico Vincent Gal-lo. Al di là del fatto che mi piaccia come attore ha una bellezza particolare, molto imperfetta.

Se la Disney non ti avesse ingaggiato per doppiare voce e canzoni di Rapunzel non avremmo saputo nulla della tua voce mera-vigliosa...Quella è stata l’esperienza più bella della mia vita. Cercavano un’attrice che potesse recita-re e cantare. È stata una grande soddisfazione rifare le canzoni dal vivo ai miei due nipotini che non aspettano altro.

...e non avremmo saputo nemmeno che avevi inciso due dischi in inglese a 15 anni.Oddio, sui dischi possiamo anche sorvolare. Quelli sono stati un esperimento di un pro-

duttore amico di famiglia che mi aveva messo in mezzo ad un progetto per gioco. Non vorrei mai riascoltare quei CD, perché l’inglese lo sto studiando adesso. Non so come abbia potuto cantare in lingua all’epoca.

Forse cercavi una scusa per assecondare una tua vocazione.È vero che è stata sempre la mia passione il canto. Mi portavano ai karaoke da piccola, mi divertivo molto, ma non di fronte al pubbli-co perché diventavo subito afona. Ho capito che non avrei mai potuto farlo come mestiere. Poi a 30 anni mi sono accorta che ero pronta. Ascolto molta musica italiana: Luigi Tenco, Rino Gaetano, Al Bano, Tiziano Ferro, Negra-maro, Modà, Malika Ayane. Mi piace capire il senso delle canzoni. Adoro anche Bob Dylan ma soffro per non capire il testo. Ecco perché studio inglese. Non per andare a fare l’attrice in America.

Nel film Il volto di un’altra, dall’11 aprile nei cinema,

l’attrice si mette in gioco per interpretare con grande ironia una bella (di nome e di fatto)

star della Tv.

di Antonio Bracco

«Per la prima volta ho avuto un ruolo importante con un alto contenuto, non una spalla ma un personaggio centrale con un vero sviluppo»

I

LAuRAChIATTI

Page 30: Onstage magazine aprile 2013

30 onstage aprile

NUMbERS

QUANTO COSTA FARE UN DISCO?«Ormai tutti pOssOnO fare un discO, nOn cOsta nulla». sentiamO questa frase abitualmente. sarà verO? nOn prOpriO. si può spendere pOcO, ma anche tantissimO. eccO tre pOssibili scenari. di Jacopo Casati

l digitale, la banda larga e il software open source hanno rivoluzionato moltissimi ambiti produttivi. Creare, registrare e incidere musica è un’attività completamente diversa rispetto solo a dieci anni fa. Ma è

sbagliato credere che a tutto questo corrisponda un azzeramento totale dei costi per incidere un disco, come si sente dire in giro con il tipico pressapochismo di chi è ignorante in materia. Così abbiamo “costrui-to” tre possibili profili di spesa per chi desidera confezionare un album decente nel 2013 - ovviamente tralasciando le super produzioni interna-zionali da centinaia di migliaia di euro e le priorità del momento sotto contratto major.

Partiamo dal presupposto che, specialmente a livello di autoprodu-zione casalinga, si può parlare di investimenti più che di spese di regi-strazione. Qualora acquistiate un pc/mac adeguatamente potente con tanto di scheda audio, casse, cuffie, microfono, sequencer, interfacce di registrazione usb e software di livello per catturare l’audio e per la

batteria, state prendendo qualcosa che riutilizzerete sicuramente, e che sicuramente vi tornerà utile per produrvi autonomamente i vostri pez-zi da Mc piuttosto che da deejay. Stesso discorso, aggiungendo anche la non certo trascurabile componente “strumenti”, se siete una band alle prime armi: acquistare chitarre, amplificatori e pedaliere adeguati vi permetterà di sfruttarli oltre che sul palco anche per le future inci-sioni, quando magari potrete permettervi uno studio di registrazione più attrezzato della vostra cameretta. Stiamo parlando in questo caso di una spesa minima che parte dai 2.500 e non arriva oltre i 5.000 euro, considerando nella lista della spesa anche quella del computer che al giorno d’oggi chiunque possiede. Potete sostituire quel millino con una sessione in studio per registrare una batteria vera, piuttosto che per farvi fare un master semi-professionale dei vostri brani. Distribuzione? Solo digitale per non avere praticamente costi, le grafiche ve le potete disegnare da soli.

I

AUTOPRODUZIONESOLO ARTIST

TOT.2.500 €

800 € 800 €

300 €

200 €100 €

100 €

100 €

100 €

INTERFACCE DI REGISTRAZIONE USB

SCHEDA AUDIO

MICROFONO

SOFTWARE

PC/MAC

CASSEMONITOR

CUFFIE

SEqUENCERPLUG INTASTIERA MIDI

TOT.5.000 €2.500 €

2.000 €

da 500 €

TUTTI I COSTI DI PRODUZIONE DELL’OPZIONE AUTOPRODUZIONE ARTIST

STRUMENTAZIONE DI LIVELLO (chitarre, amplificatori, pedaliere...)

0 €*DISTRIBUZIONE DIGITALEGRAFICHE E PROMOZIONE DIy

(Do It yourself)

AUTOPRODUZIONEBAND

STUDIO PER REGISTRARE LA BATTERIA

1

0 €*DISTRIBUZIONE DIGITALEGRAFICHE E PROMOZIONE DIy

(Do It yourself)

Page 31: Onstage magazine aprile 2013

onstage aprile 31

Il livello successivo è quello in cui si possono riconoscere la stragrande maggioranza delle band emergenti con esperienza live, spesso con una release autonoma già alle spalle e strumentazione di livello, nelle quali almeno uno dei componenti sia ferratissimo in materia informatica o addirittura abbia già un mini-studio con il necessario per trattare le re-gistrazioni del proprio gruppo. In questo caso sono presenti i costi dello studio di registrazione per almeno 15 giorni, la presenza di un fonico, la sessione di mixaggio e di mastering. La fase di pre-produzione dev’essere già stata fatta autonomamente, già si ha poco tempo per incidere e per permettersi errori d’esecuzione, figuratevi se potete cincischiare in stu-dio su un arrangiamento che non vi convince! Probabile infine abbiate almeno un accordo di distribuzione con un’etichetta indipendente, da cui dovrete acquistare alcune copie per contratto. Se non altro avrete un po’ di promozione e i costi relativi alla stampa e alle licenze inclusi.

Infine la forchetta che differenzia band sotto contratto con le major

(ma non priorità principale delle stesse) o con etichette di grandi di-mensioni è relativamente ampia e si può racchiudere sommariamente in un unico raggruppamento. Un totale indicativo che va dai 50mila euro in su (che però in questi casi potrebbero essere spesi totalmente o alme-no in buona parte dalla label che vi offrirà il contratto) raccoglie un’infi-nità di artisti che hanno un seguito abbastanza consolidato e solidissime realtà underground con anni di esperienza sulle spalle. In questo caso lo studio di registrazione, oltre a essere maggiormente affermato e quindi con tariffe meno ‘popolari’, verrà utilizzato anche per la fase di pre-produzione e rimarrà impegnato mediamente per un mese, un mese e mezzo, nei quali oltre alla probabile presenza di un arrangiatore potreb-be essere necessario chiedere aiuto a dei turnisti. Il fonico difficilmente vi chiederà meno di 500 euro al giorno di cachet, mixaggio e mastering saranno più onerosi e a tutto questo si aggiungerà inevitabilmente il costo di un ufficio stampa e di promozione il più possibile efficiente.

MAJOR bANDBAND CON ESPERIENZA

PLURIENNALE

STUDIO DI REGISTRAZIONE PER 15 GIORNI

bANDEMERGENTE

TOT.12.000 €4.500 €

4.000 €

2.000 €

2.000 €1.500 €SOFTWARE

MIXAGGIO

MASTERING

VARIE ED EVENTUALI (acquisto copie da label, settaggio strumenti, acquisto nuovi effetti…)

TOT.50.000 €

20.000 €

15.000 €

8.000 €4.000 €

3.000 €

FONICO PER30 GIORNI

MIXAGGIOMASTERING

UFFICIO STAMPA / PROMOZIONE PER 3 MESI

STUDIO DI REGISTRAZIONEPER 30 GIORNI

2

3

Page 32: Onstage magazine aprile 2013

se si potesse parlare di musica

Modà

Page 33: Onstage magazine aprile 2013

Destino inevitabile per tutti i big, i Modà sono

costantemente sotto i riflettori. Specialmente in questi mesi, che li hanno visti protagonisti con un nuovo disco, il secondo

posto a Sanremo e una tournée record da oltre 100.000

biglietti venduti. Normale. È strano invece che quasi

nessuno parli con loro della storia musicale di cui sono

protagonisti. Ci abbiamo pensato noi, alla vigilia del Gioia Tour

2013. Abbiamo fatto a Kekko le domande che nessuno

gli rivolge mai.

di Stefano Gilardino foto di Julian Hargreaves

Page 34: Onstage magazine aprile 2013

34 onstage aprile

una carriera piuttosto emblematica quella dei Modà, partita dall’hin-terland milanese, Cassina De’ Pecchi per l’esattezza, fatta di una lun-ghissima gavetta e di una fan base costruita con pazienza e costanza. Dai concerti nei locali di provincia - ma con un successo di pubblico incredibile - alla conquista di tutta Italia, Sanremo compreso. È piut-tosto difficile, in questi giorni concitati che precedono il tour, riuscire a intercettarli, tra prove serrate che servono a oliare una macchina che dovrà dimostrarsi perfetta fin da subito, e Kekko Silvestre, cantante e compositore della band, in vacanza per qualche giorno per riposare mente e voce. A disturbarlo ci pensiamo noi, per farci spiegare una storia che parte da molto lontano e che abbiamo cercato di riassumere con uno dei protagonisti principali.

Tieni spesso a rimarcare come i Modà abbiano avuto successo dopo ben quattro album e grazie a una lunghissima gavetta. Al di là dei meriti, credi che se fosse arrivato prima sarebbe stato un problema?Non ci potrà mai essere una vera e propria riprova, ma sono certo che se a vent’anni ci fossimo trovati nella situazione attuale sarebbe stato piuttosto difficile gestire la band. Non voglio dire che ci saremmo sciolti, ma di sicuro non saremmo stati in grado di fare determinate scelte che si sono dimostrate vincenti. Ad ogni modo, mi piace ribadire come la nostra lunga scalata verso il successo sia servita soprattutto a noi, anche a livello personale. Ora apprezziamo con maggior gusto

quello che ci succede attorno - ogni conquista ha un sapore partico-lare - e lavoriamo con molta cura su ogni aspetto della band. Quindi, prima di fare una cazzata ci pensiamo su due volte (ride, ndr).

Ti sei mai chiesto perché il pubblico ci abbia messo così tanto a scoprirvi?Potrà essere una spiegazione fin troppo semplicistica, ma il vero bal-zo l’abbiamo fatto dopo aver firmato per Ultrasuoni, la nostra attuale etichetta, che ha dato la visibilità che mancava al progetto Modà. Non credo che le canzoni di oggi siano più belle di quelle dei primi anni, sono solo più fortunate ad aver avuto un’esposizione mediatica mag-giore.

Mi sono letto alcune interviste online prima di chiamarti e mi ha fatto effetto constatare come, nella maggior parte dei casi, vi fac-ciano pochissime domande di musica. Piuttosto bizzarro per una band che ha puntato tutto su quello, no?Non dirlo a me (ride, ndr)! Tieni anche conto che l’aspetto peggio-re per me è quello della popolarità esagerata. Non amo troppo stare al centro dell’attenzione quando non sono sul palco e quindi soffro questo paradosso. Purtroppo, come notavi anche tu, nell’ambiente musicale si parla molto spesso di tutto tranne che dell’argomento di cui si dovrebbe discutere, ovvero della musica in sé. Cerco di andare in televisione solamente se posso cantare e basta, mi sento a disagio quando l’attenzione si sposta su altri argomenti, non so mai cosa dire.

Sei un personaggio pubblico con un grande ascendente sui tuoi fan ed è prassi comune, purtroppo, che chiunque sia famoso debba avere un’opinione su qualunque argomento.Ma io esprimo un sacco di opinioni e concetti nei testi che compongo, non ti pare? Spero che possano bastare quelli ai miei fan, perché le cose veramente importanti che ho da dire sono tutte nelle mie canzoni e non potrebbe essere altrimenti. Perché la gente dovrebbe sapere chi voto oppure interessarsi a mia moglie o alla mia famiglia? Mi piace separare il pubblico dal privato, è una condizione essenziale per vivere al meglio la popolarità.

C’è qualcosa che non ti chiedono mai nelle interviste e che invece ti piacerebbe uscisse fuori?Mi piace quando posso parlare del percorso dei Modà, credo sia un buon esempio per chiunque voglia provare a realizzare i propri sogni. Spero che venga fuori la nostra perseveranza, la fatica che sta dietro a una band, un certo messaggio positivo che deriva da tutto ciò. Non sto parlando solo di musica, voglio pensare che questo discorso sia applicabile a qualunque professione, dal parrucchiere all’astronauta. Senza passione e sudore non si può ottenere nulla e non sempre questo concetto viene fuori, specialmente al giorno d’oggi. Purtroppo è più semplice parlare d’altro, il concetto di gavetta non è un argomento che fa vendere i giornali.

Ho letto però che ti piacciono i talent show e avete anche collabo-rato con artisti che hanno partecipato a qualcuno di questi come Emma Marrone. Non trovi che il concetto di talent, invece, vada contro a quello di sudore e gavetta di cui parlavi poco fa?Non ricordo di aver detto che mi piacciono, ma li ritengo utili per la discografia moderna. Una volta c’erano i talent scout delle etichette che andavano in giro per i locali a cercare artisti e gruppi interessanti,

è

«si parla di tutto tranne che dell’argomento di cui si dovrebbe discutere, ovvero della musica.

vado in televisione solo se posso cantare e basta, mi sento a

disagio quando l’attenzione si sposta su

altri argomenti»

Page 35: Onstage magazine aprile 2013

onstage aprile 35

purtroppo ora non funziona più così, piaccia o no. Noi siamo stati scoperti in quel modo, dopo aver invitato il nostro attuale discogra-fico, Lorenzo Suraci, presidente di RTL, a vederci dal vivo davanti ai nostri fan. Siamo stati fortunati perché lui ancora crede a questo tipo di percorso, ma siamo consapevoli che le cose non stanno così. Il discorso sarebbe troppo lungo, toccherebbe dire che anche gli spazi per suonare sono ormai ridottissimi, a meno che tu non sia già famoso, e che i locali preferiscono puntare sulle cover band, cosa che noi non siamo mai stati, per esempio. Tornando alla domanda, penso che quei programmi siano un buon banco di prova per cantanti che vogliono dimostrare il proprio talento. È brutto che siano quasi l’unica possi-bilità in Italia, ma almeno qualcosa di buono esce anche da lì. Non è scontato, ma una come Alessandra Amoroso si è costruita una carriera di tutto rispetto, oppure pensa a Emma Marrone o a Marco Mengoni. Ce ne sono altri che scompaiono subito dopo, succede, è la vita.

Diciamo anche due parole sul vostro nuovo disco, che parte con Gioia, tua figlia e anche titolo dell’album, e finisce con A Laura, che è tua moglie. Cosa c’è in mezzo, quindi?

In mezzo c’è tutto il resto della mia vita, direi: la musica, i miei sen-timenti, il mio percorso personale e quello con il gruppo. Però, mi piaceva l’idea di aprire e chiudere con le cose più importanti.

Tu sei il cantante e l’immagine pubblica della band. Se dovessi fare un disco solista in cosa sarebbe diverso da uno dei Modà?Non lo so davvero, sinceramente non c’ho mai pensato perché la car-riera da solista non mi attira per nulla, sono per il lavoro di squadra. Provo a immaginarmelo e credo che, dal punto di vista musicale cam-bierebbe molto poco, essendo io il compositore dei Modà, ma umana-mente sarebbe totalmente diverso e non mi sentirei a mio agio. L’idea di salire sul palco senza gli amici che mi hanno accompagnato per tutto questo tempo e che hanno diviso tutto con me sarebbe impra-ticabile. Le canzoni sono fondamentali all’interno dell’economia del gruppo, ma senza la presenza umana e il supporto complice che c’è fra di noi sarebbe un disastro. Ho un grande bisogno di qualcuno che sap-pia gestire le mie difficoltà o i momenti di crisi e non mi vedo proprio da solo ad affrontare tutte queste cose. Spero che i ragazzi non mollino mai, se no mi toccherà pensarci seriamente (ride, ndr). (continua)

«le cose importanti che ho da dire sono tutte

nelle mie canzoni. perché la gente dovrebbe

sapere chi voto oppure interessarsi alla mia famiglia?»

PRIMA TRANCHE. La tournée dei Modà inizia a Roma il 9 aprile e tocca le principali città italiane. 21 date in totale, di cui 4 nella capitale, 5 a Milano (già 4 sold out), 2 a Padova, Firenze e Torino. La seconda data in Piemonte è a ottobre: che sia l’indizio di una tranche autunnale del tour?

Page 36: Onstage magazine aprile 2013

36 onstage aprile

Ho chiesto a Kekko come mai quando si parla di Modà, la musica venga quasi sempre relegata ad aspetto seconda-rio. Qual è il tuo parere?Credo che in linea di massima sia un argomento che interes-sa poco alle riviste, se non a quelle strettamente di settore. Purtroppo la maggior parte delle persone preferisce altre cose, anche chi magari segue qualche band con assiduità si fa trascinare da argomenti extra-musicali e dà meno importanza

ai testi o agli arrangiamenti. Sei sensibile all’argomento

visto che sei l’arrangiatore.Direi di sì, Kekko è quello che scrive testi e musica ma poi tocca a me e devo dire che sono molto orgoglioso del lavoro che faccio, mi dà una grande soddisfazione. Soprat-tutto, mi piace lavorare con lui, fin da quando ci siamo cono-sciuti da ragazzini. Ho sempre pensato che avesse un talento incredibile e quando mi faceva sentire i pezzi a casa sua ero

certo che fossero di qualità su-periore. quello che è mancato ai Modà, per molti anni, è stata la giusta esposizione media-tica, poi quando abbiamo tro-vato i canali giusti le canzoni si sono rivelate perfette per il grande pubblico. Ne ero certo, come ti ho detto, bastava solo la spinta giusta ed è arrivata grazie a Ultrasuoni.

Stai approfittando di questa pausa prima del tour per pre-parare alla perfezione tutti i suoni e gli arrangiamenti live.

Come sta andando?Molto bene direi, siamo a buon punto, tutto fila liscio e non ve-diamo l’ora di cominciare con la data zero, prima dei palaz-zetti in tutta Italia. Le canzoni di Gioia sono molto complesse dal punto di vista dei suoni e mi ci sono volute due setti-mane di lavoro per approntare tutto quanto. Nel momento in cui saliremo sul palco, i Modà dovranno funzionare alla per-fezione, quindi devo sistemare per bene ogni canzone.

RISPONDE DIEGOtre domande al chitarrista e arrangiatore dei modà

>

Com’è lavorare con te? Sei un “rompipalle”, nel senso buono del termine?Certo che sì, sono pignolo e voglio che ogni cosa sia perfetta, ma potrei dire lo stesso per ogni componente dei Modà. E senza questa spasmodica ricerca della perfezione, per quanto sia possibile, non ci sarebbe la band perché verrebbe a mancare il senso fondamentale del tutto. Se non punti al meglio che cosa suoni a fare? È giusto pensare a chi spende i soldi per comprare i tuoi dischi e partecipare ai concerti. Voglio che ognuno abbia il massimo possibile, che torni a casa soddisfatto, sempre e comunque.

Tra poco suonerete per ben cinque volte di fila al Forum di Assago, senza contare tutti gli altri palasport esauriti in tutta Italia. Qual è il prossimo traguardo? Lo stadio di San Siro?Figuriamoci se ci penso, ancora mi pare un sogno riuscire a fare tutto esaurito al Forum. Andiamo avanti un passo alla volta, sperando di conquistare altro pubblico e di poter continuare a proporre la nostra musica. Se pure dovessimo tornare a suonare nei club, non sarebbe certo una tragedia, ci mancherebbe altro. Sognare va bene, ma senza esagerare per evitare di diventare matti. Certo che San Siro, però... l

Page 37: Onstage magazine aprile 2013
Page 38: Onstage magazine aprile 2013
Page 39: Onstage magazine aprile 2013
Page 40: Onstage magazine aprile 2013

Zucchero

40 onstage aprile

Page 41: Onstage magazine aprile 2013

è un artista in Italia che ama stupire e stupirsi. Certo, Zucche-ro se lo può permettere dopo trent’anni di carriera e successi in ogni parte del mondo. Ma in quanti, concluso un tour

mondiale, invece di fermarsi e riposare, si sarebbero rimessi subito all’opera? E così è stato per lui, che ha voluto farsi un regalo da troppo tempo rimandato. Un concerto a L’Avana, con oltre 70mila persone a ballare le sue canzoni riarrangiate per l’occasione. Sognato per più di vent’anni e alla fine realizzato con grande successo. Quello che doveva essere un regalo per sé, oltre che per i cubani, è diventato un nuovo progetto artistico. La mattonella sulla quale costruire un’intera nuova casa. Così è nato La Sesión Cubana, l’ultimo album dell’artista emilia-no. E da qui a un nuovo tour mondiale il passo è breve. Per quanto in-stancabilmente folle. Ma quando si parla di Zucchero nulla appartiene alla categoria del “troppo”. Chi, ad esempio, avrebbe pensato di fare una data a Tahiti, nella Polinesia francese? È da lì, dall’altra parte del mondo, che il cantante reggiano ha deciso di ripartire nel 2013. Una prosecuzione ideale del Chocabeck Tour che farà tappa anche in Nuova Caledonia, per poi fermarsi quattro volte in Australia. Sei concerti in due settimane per chiudere, dopo il vecchio continente e le Americhe, la circumnavigazione del globo iniziata nel 2012. Guai però a parlare

di riscaldamento in vista del nuovo tour, perché chi ha avuto il piacere di partecipare a un suo evento sa che Sugar non si risparmia mai.

QUALCOSA DI SPECIALEC’è poi un altro aspetto. La Sesión Cubana era nato come progetto incluso in se stesso. Torniamo indietro: è l’8 dicembre 1990 quan-do Zucchero è il primo cantante occidentale ad esibirsi al Cremlino, nell’ex Unione Sovietica, dopo la caduta del muro di Berlino. «Pensai subito che ne avrei dovuto fare uno anche a Cuba», ci spiega. «Allo-ra mi guidava un’ideologia politica, adesso ho altre motivazioni. Ho sempre rimandato per altri impegni, ma finito l’ultimo tour mi sono detto “se non lo faccio quest’anno non lo faccio più”. Perché a breve le cose a Cuba cambieranno, mi auguro per loro in meglio. Allora ho fissato un concerto a L’Avana per l’8 dicembre 2012, lo stesso giorno di quello a Mosca».

Solo dopo è nato l’album. «Mi è venuta voglia di preparare qual-cosa di speciale, ed ecco l’idea del disco», conferma. «È un lavoro che volutamente ha un approccio diverso dai miei dischi di studio: questi sono i miei brani interpretati da musicisti cubani. Gli ho detto “ecco la mia musica, lavorateci e fatemi sentire come la fareste”. Poi abbiamo

La voglia matta(di stupire)

Chi si aspettava una pausa dopo il Chocabeck World Tour dell’anno scorso non conosce Zucchero. Per l’artista emiliano ogni sfida è solo il presupposto per lanciarne una nuova. E così una vecchia promessa a

se stesso si è trasformata in un nuovo progetto artistico, che da fine aprile Sugar porta dal vivo in giro per l’Italia e l’Europa. Di questa storia, ancora

tutta da scrivere, ci ha parlato lui stesso.

di Alvise Losi

C’

onstage aprile 41

Page 42: Onstage magazine aprile 2013

42 onstage aprile

provato mille volte e alla prima session di registrazione abbiamo inciso tutto, dal vivo». Roba d’altri tempi insomma. E anche in questi piccoli dettagli sta la follia di un artista che dopo tanti anni riesce a non essere mai uguale a se stesso.

SOLO UN PAZZO Il terzo passaggio è stato il (nuovo) tour internazionale. «Sembra che il disco sia piaciuto a tutti, per questo portiamo La Sesión Cubana in tour». E, come per l’album, sembra che Zucchero si debba stupire anche per l’amore che gli è tributato in patria. Le tre date previste inizialmente all’Arena di Verona (30 aprile, 1 e 2 maggio) non sono state sufficienti a coprire le richieste. L’immediato sold out ha obbliga-to Sugar a tornare in Italia alla fine del tour europeo con cinque date a Genova, Milano, Torino, Padova e Bolzano (rispettivamente 10, 24, 25, 28 giugno e 2 luglio).

Un progetto che era partito come «una roba che solo un pazzo come me e quelli che io mi trascino dietro potevano pensare» ha assunto ben altra prospettiva: in totale 32 concerti in due mesi. Per ora. Perché con Zucchero non si sa mai. «Per uno come me è difficile stare a casa senza far niente», ammette. «Non sono quel genere di persona che prende un libro e passa le giornate a contemplare il mare, a riposarsi. Le tournée magari possono stancarmi da un punto di vista fisico, ma psicologi-camente mi ricaricano. Per cui alla fine del Chocabeck World Tour ho deciso di ripartire subito». E magari sarà così anche dopo questo, se è vero che la La Sesión Cubana «mi ha stimolato molto, al punto da per-mettermi di incamerare sensazioni e idee per il mio prossimo album».

LA VIA CHE AMOUna fucina di idee in continua evoluzione che coinvolge anche il tour in partenza. Non si sa quasi nulla della scaletta e poco di chi lo accom-pagnerà sul palco. Non perché sia top secret, ma per la volontà del cantante di continuare a sperimentare e provare. Qualche certezza però c’è. Intanto le cover caraibiche: «Nena e Pana sono brani che nessuno conosceva, ma non è detto che se una canzone non è famosa non è bel-la». Non mancherà Guantanamera (Guajira), il singolo di lancio che all’inizio non doveva neppure entrare nell’album. «È venuta fuori in studio, per caso: tutti la conoscevano e abbiamo cominciato per gioco.

« l’intensità del ritmO, la sensualità, la ripetitività.

tutta la musica nera ha una matrice cOmune.

a new Orleans è cajun, a memphis sOul, a cuba mambO,

in Giamaica reGGae »

EN VIVo. La Sèsion Cubana World Tour 2013 inizia con le tre date a Verona (30 aprile, 1 e 2 maggio). Poi un mese in Europa e quindi Zucchero farà nuovamente ritorno in Italia, con 5 date (il 10 giugno a Genova, il 24 a Milano, il 25 a Torino, il 28 a Padova, il 2 luglio a Bolzano).

Page 43: Onstage magazine aprile 2013
Page 44: Onstage magazine aprile 2013

44 onstage aprile

« nOn sOnO unO che passa il tempO a

cOntemplare il mare. i tOur, psicOlOGicamente, mi

ricaricanO. per cui alla fine del chOcabeck wOrld tOur

sOnO ripartitO subitO »

Alla fine ci siamo ritrovati una versione molto diversa dalle altre, fresca, e a me piaceva cantarla in italiano, perché adattando il testo mi sono reso conto che è una canzone molto profonda che parla di amicizia».

Ci sono poi i classici riadattati alle nuove sonorità. E Zucchero, che ha sempre cercato di sperimentare, ci si è buttato con la gioia di un bambino che scopre un nuovo mondo. «L’intensità del ritmo, la sen-sualità, la ripetitività dei concetti», questo ha trovato a L’Avana. «È l’Africa che si è mescolata ai Caraibi. Se prendi un compasso, punti sul Mar dei Caraibi e tracci un cerchio, dentro ci trovi New Orleans, il Messico, Cuba, Giamaica, parte del Brasile. Lì è da dove è partita la musica nera. A New Orleans è diventato cajun, a Memphis soul, a Cuba è mambo, in Giamaica reggae. Ma la matrice è la stessa. È una via che amo percorrere».

Discorso a parte merita un brano che fa brillare gli occhi a Sugar. Si tratta di Never Is a Moment, che «avrei voluto scrivere io, ma l’ha composta Jimmy Lafave, un cantante texano qui da noi sconosciuto al grande pubblico. È un pezzo stupendo che sicuramente canterò anche in futuro nei concerti dal vivo, così come ho fatto con Indaco dagli oc-chi del cielo. Anche quella è una cover che ho fatto di una canzone bel-lissima». E che è diventato uno dei brani più amati dai fan. Come Così celeste, che ne La sesión cubana ha assunto una prospettiva diversa, pur mantenendo l’intimità che le è propria, nonostante le dimensioni della band. Ed è questa l’incognita più grande: Sugar ci sta ancora lavoran-do, ma dovrebbe essere confermata nella sua interezza. Nel concerto a L’Avana Zucchero era accompagnato da una vera e propria orchestra di 22 elementi, composta da cinque percussionisti, due batterie, quattro fiati, un basso, due chitarre elettriche, una chitarra acustica e un tres

(strumento a corde cubano molto simile alla chitarra classica). In alcu-ne canzoni poi erano presenti anche le tastiere e una sezione d’archi. E, a completare l’ensemble, le coriste.

A Cuba ha funzionato tutto alla perfezione, nonostante i timori ini-ziali. «Questa del concerto a L’Avana è una sfida», aveva dichiarato il cantante a fine novembre, prima di partire, «perché lì non hanno nemmeno le corde per le chitarre, quindi ci si immagini quando si va a parlare di generatori, di palchi enormi e tribune. Spero che Dio ce la mandi buona perché lì non c’è logistica, non c’è un promoter: bisogna fare i poster e volantinaggio. È una sfida che mi affascina e però mi prendo anche il mio rischio: può essere che arrivino 5mila persone come 100mila, perché tanto l’ingresso è gratuito. Lì non hanno ne-anche i soldi per piangere. Spero che venga fuori una grande festa». E festa è stata.

Il suo trucco in fondo, forse, è proprio questo. Mettere amore e gioia in ogni suo progetto e rendere ogni concerto una grande festa. E, alla base, mantenere sempre vivo uno stupore che hanno solo i matti e i bambini. Perché per sorprendere gli altri, bisogna cercare di stupire prima se stessi. E c’è da scommettere che anche questa volta Zucchero lascerà a bocca aperta il suo pubblico. l

Page 45: Onstage magazine aprile 2013
Page 46: Onstage magazine aprile 2013

{Un Paese come l’Italia ha dannatamente bisogno di artisti che non abbiano paura di essere politicamente scorretti. Artisti mai artificiali, che si parli di musica o di altro. Artisti come

Gianna Nannini. Nell’intervista concessa a Onstage in vista del tour in partenza ad aprile, la toscana non ha mai tradito l’autenticità del suo spirito battagliero, confermandosi interprete

di quell’attitudine rock che molti vantano ma pochissimi possiedono.

di Simona Voglino Levy

aggiungo Gianna in una mattinata di marzo ancora invernale: voce viva e graffiante. La sua. «Posso darle del tu?», domando. «Certo, sennò mi offendo», si affretta a rispondere. È presa, man-

ca poco all’inizio del tour che la vedrà in giro per il vecchio continente a promuovere il nuovo album, Inno, uscito il 15 gennaio per Sony Music. La chiacchierata è densa. Solo gli argomenti più “sensibili” e privati restano in un angolo. Per quelli, ha scelto di scrivere una canzone ad hoc, da regalare a chi compra un biglietto per i suoi concerti: Baciami qui è l’eloquente argomentazione rock in difesa di un relativismo stanco di essere indagato. E giudicato. Per il resto, nessuna reticenza: le sue risposte non smentiscono il suo animo libero, borchiato con sfumature punk. In versione melodica. Grinta da pantera per la nuova avventura che sta per iniziare. Questa volta con la piccola Penelope al seguito.

Come affronterai questo tour? Con molta carica. Si parte con un motorhome, che non è un camper, ma una specie di casetta con le ruote con cui viaggeremo per tutta la tournée italiana. Saremo io, l’autista, la baby-sitter e la mia assistente.

Se c’è la baby-sitter, Penelope viene con te.Sì, certo. Sono una madre rock. Mi vorrei vivere il grosso camper, farci da mangiare. Come dire: una vita nomade-rock.

Sei molto sportiva: ti stai allenando?Assolutamente. Faccio pilates e ho un personal-trainer. Voglio dare il massimo. Mi preparo come si fa con le macchine di Formula Uno.

Hai già detto che questo tour sarà “irresistibile” e molto rock. In che modo?La mia preparazione è cambiata: certi cliché del rock non mi interes-sano. Sto lavorando con una coreografa che fa su di me un lavoro di danza-teatro: sviluppa nei miei gesti normali, quelli fatti spontanea-mente, delle tecniche di improvvisazione da applicare poi sul palco. La grande novità sarà appunto questa: coreografare il mio corpo.

A proposito di danza-teatro. La dantesca “Dolente Pia” de’ Tolo-mei su cui costruisti un musical e un album, nel 2007, che fine ha fatto? Sarà in scaletta? La persona che detiene i diritti al momento è malata, per questo siamo fermi da un po’. Spero di poterci tornare presto: è la cosa più bella che ho fatto. Dopo Penelope, ovviamente.

Anche quest’anno suonerai all’estero: cosa cambia rispetto ai con-certi italiani?Siamo abituati a sentire cantare in inglese e andare ai concerti di grup-pi che cantano in inglese. Quando faccio date all’estero, la musica italiana diventa internazionale: il rock è un comune denominatore, va oltre la lingua di appartenenza. Cambia la reazione fisica: quando si conoscono le parole è meno scatenata, visto che canti a memoria. Quando uno non conosce il brano, si muove, segue la musica e lascia andare di più il corpo.

Confermi che parteciperai al serale di Amici? Sì, ci andrò prossimamente.

Dunque sei una dei pochi che non condanna i talent-show?Andare come ospite non significa partecipare. Se fossi giovane oggi non so se lo farei, anzi probabilmente direi di no. Però i talent sono fra le poche trasmissioni tv in cui si può ancora far sentire la musica. Per raccontare il mio disco ho Amici e Fazio. Basta. Una volta c’erano trasmissioni come Fantastico o Canzonissima. Oggi non più.

Non trovi che abbiano appiattito un po’ la musica?A me la formula del talent non piace perché costringe i concorrenti a imitare voci già esistenti e si basa sulle cover.

Immagino sia per questo che aiuti giovani talenti, come Marco Mengoni.Bisogna dare spazio agli emergenti con talento, aiutandoli a trovare

R

La coscienza del rock

46 onstage aprile

Page 47: Onstage magazine aprile 2013

La coscienza del rock

Gianna Nannini{

Page 48: Onstage magazine aprile 2013

quello stile musicale che deve avere il marchio doc italiano. Lo ri-peto da mesi e vorrei diventasse una legge, perché sennò troviamo solo robaccia in giro. Questi talent distruggono la creatività. Quello che voglio fare con i giovani talenti è tirare fuori quello che hanno, riuscire a comporre insieme a loro. Voglio che imparino come si scrive una canzone. Non come si imita chi lo fa.

A proposito di televisione, sei stata a Che tempo che fa per pro-muovere Inno. Ma la conduzione sanremese di Fazio è stata all’altezza delle tue aspettative? A me di Sanremo non è mai fregato niente, all’infuori di quando ero piccola che lo guardavo. Non credo che Sanremo rappresenti la musica italiana, ma solo un modo per vendere dischi. Aiuta gli sconosciuti a farsi conoscere. Per me andare a Sanremo è una caz-zata. Che Fabio faccia più o meno la differenza, rimane sempre e solo un carnevale.

In che senso?Nel senso che dura una settimana e poi dopo non si capisce mai che succede. Cos’é successo dopo Sanremo, quest’anno? Niente. Va bene, ha vinto Mengoni che senza il Festival magari non avrebbe avuto questo lancio. Diciamo che può essere una grossa opportuni-tà se uno deve farsi conoscere. Ma la musica italiana, quella vera, la vedi e senti ai concerti. Non certo lì.

Quanto conta la fortuna nel successo? Tu hai avuto quella di incontrare Mara Maionchi...Che non era un giudice, ma era peggio. Si emozionava se le piaceva una persona e poi ti aiutava a dare il massimo. È il mio talent-scout. Dopo di lei sono andata all’estero, dove ho conosciuto Connie Plank che mi ha instradata veramente sul rock che in Italia, ai tempi di Mara Maionchi, non c’era. C’era piuttosto molto cantautorato.

Dunque è essenziale che qualcuno creda in te?È il tramite con il pubblico. Ed è essenziale. Ma finché non lo trovi, ci devi credere da solo. Per anni mi sono ripetuta che ce la dovevo fare perché io mi piacevo, credevo che la mia voce avesse qualcosa e volevo farlo sentire. Se non ci credi tu, non puoi pretendere che qualcuno lo faccia per te.

L’Italia ha un tasso di natalità basso. Tu, nel tuo piccolo, hai contribuito ad alzarlo, andando un po’ contro-tendenza...Assolutamente ho contribuito. Ma il tasso non si alza grazie a me. In Italia c’è questo problema: bimbi non ne nascono molti. Forse perché la gente è un po’ stanca. Poi credo ci sia anche un fatto cli-matico. Anche cibo e ambiente una volta erano molto più naturali e questo certamente influisce sulla riproduzione.

Ma siamo sicuri che sia una buona idea mettere al mondo un figlio in questo Paese?Se credi nella vita e fai un figlio come Penelope, assolutamente sì: ti dà la forza di credere nel futuro. (continua)

«per anni mi sOnO ripetuta che ce la dOvevO fare perché iO mi piacevO, credevO che la mia vOce avesse qualcOsa e vOlevO farlO sentire»{

DoDICI E LoDE. Nel momento in cui andiamo in stampa sono 12 le date italiane del tour di Gianna. Si comincia con una doppietta a Roma il 12 e 13 aprile, poi Caserta (16), Firenze (18 e 19), Perugia (22), Rimini (24), Milano (26 e 27), Torino (30) e infine Verona (3 e 4 maggio)

48 onstage aprile

Page 49: Onstage magazine aprile 2013
Page 50: Onstage magazine aprile 2013

50 onstage aprile

Parliamo del Palio di Siena. Sei nata nella Contrada dell’Oca: come hai vissuto l’estensione del diritto di voto alle donne nelle assem-blee di contrada? Le contrade sono ancora regolate da leggi un po’ medioevali. Comun-que è il popolo che fa la contrada. Noi per tradizione popolare esclu-devamo le donne dal voto, ma era una cosa che ormai faceva ridere.

Nel Palio contano molto le tradizioni e anche per me sono importanti, però se una non ha senso, non ne ha. C’è stato anche uno scontro perché alcune donne preferivano rimanere escluse.

Per attuare il tuo programma di governo (disarmo, detassazione beneficenza, abolizione privilegi degli etero e promozione cultura nostrana), chi vedresti bene?Io non credo in nessun governo. Nessun partito ha parlato di disarmo totale. Quando qualcuno lo farà, io mi schiererò. In questo momento è anche vero che c’è un cambiamento in atto: vediamo cosa succede.

Purtroppo tra il dire e il fare, come si sa, c’è di mezzo il mare. Noi si vive ancora con le leggi del dopo Seconda Guerra Mondiale.

Pensi che il nuovo Papa potrebbe aiutare una svolta progressista?Appartiene a quella casta lì. Mi può stare simpatico e mi sembra che sia anche informato sulle mie canzoni: oggi leggevo che dice di non aver paura della tenerezza. E anche sul discorso dell’umiltà mi ritrovo perfettamente. Non è il momento per sfoderare la pro-pria ricchezza: la gente è davvero incazzata. Il Papa però deve seguire quello che per anni hanno fatto in Vaticano. Sarà anche simpatico, ma questo non può cancellare quello che hanno fatto per secoli i fonda-mentalisti cattolici. Non mi basta un Papa per dimenticare o risolvere i problemi.

Tra poco verrà eletto il prossimo Presidente della Repubblica. Tu chi vorresti?Non lo so, ma mi sembra il momento di una donna.

Un nome in particolare?Gianna Nannini! A parte gli scherzi, non saprei.

In Notti senza cuore parlavi di “un’urgenza di vivere e furia di sen-tire”. Ce l’hai ancora?Anche nel mio ultimo disco, in ogni canzone c’è un po’ di quell’aspet-to. Magari non è più la stessa furia di allora. Oggi penso che la vita dovrebbe un po’ rallentare. Più vai al sud e più sei rallentato. E a me piace il sud. Bisogna rallentare qualche volta, sennò schianti. l

«hO ancOra quella “furia di sentire”, anche se nOn è la stessa furia di una vOlta. bisOGna rallentare qualche vOlta, sennò schianti»{

RoCK TEAM. In tour Gianna sarà affiancata da Mylious Johnson (batteria), Alex Klier (basso), Davide Tagliapietra (chitarre), Milton McDonald (chitarre) e Davide Ferrario (chitarre e tastiere).

Page 51: Onstage magazine aprile 2013
Page 52: Onstage magazine aprile 2013

ASAF AVIDAN

Page 53: Onstage magazine aprile 2013

THEVOICE

e vie della musica sono misteriose. Lo sa bene uno come Asaf Avidan, che per assaporare il successo internazionale ha dovuto aspettare che un dj tedesco (che si fa chiamare Wankelmut) si

prendesse la briga di remixare una sua canzone e farne una hit da classi-fica. Non che prima il cantautore israeliano se la passasse male: insieme alla sua vecchia band, The Mojos, aveva pubblicato tre album in tre anni, diventando seguitissimo in patria. Niente a che vedere con l’im-patto mediatico di One Day/Reckoning Song: un ritornello ormai nelle orecchie e sulle bocche di tutti, una di quelle hit destinate a durare nel tempo e che in pochi mesi ha portato Asaf a fare incetta di partecipa-zioni televisive, radiofoniche e comparire su pagine di giornali e siti. Non può essere tutto merito di un remix però, per quanto azzeccato. Dev’esserci qualcos’altro. E quel qualcos’altro è la sua voce, delicata ma potente, sofisticata ma grezza, in una parola e senza esagerare: unica.

Different Pulses è il primo album che incidi senza la tua band. Me-glio così?È una domanda complicata. Da un lato ho più libertà, posso prendere qualsiasi direzione artistica io desideri, non devo dar conto ad altri e posso davvero fare quello che sento. In questo senso è più facile vivere la condizione di musicista come solista. Però mi mancano i miei amici sia in tour che in studio e non ho quel senso di protezione che avver-tivo dentro una band. Non posso contare su nessun’altro che non me stesso. È stato un grande passo, ma l’ho fatto perché ne sentivo davvero il bisogno.

È difficile catalogare il tuo primo album solista in un genere.Io e il mio produttore avevamo le idee ben chiare: non volevamo veder-lo in nessuna sezione specifica nei negozi di dischi. Non si può definire con un unico genere musicale perchè c’è di tutto, dalle percussioni latine all’elettronica, dal folk al rock. È la combinazione di tante cose diverse e la varietà di stili che definisce la musica di questo album.

Se un artista viene invitato a Sanremo, dove hai avuto un’accoglien-za a dir poco calorosa, significa che ha fatto il grande salto. Per lo meno in Italia.Ero già molto sorpreso quando sono stato scelto per partecipare come ospite, visto che fino a pochi mesi prima non mi consideravo affatto un artista popolare o mainstream. Poi tutti quegli applausi... Partecipo a tante trasmissioni televisive in cui devo cantare solo una canzone, occasioni in cui non ho davvero il tempo per scrollarmi di dosso l’a-gitazione iniziale e prendere confidenza col palco. A Sanremo invece, dopo la standing ovation, mi è stata data la possibilità di esibirmi di nuovo ed è stato il momento in cui mi sono divertito di più. Quando ho ricominciato ero totalmente rilassato e la mia voce è venuta fuori senza inibizioni. È stata un’esperienza fantastica e un onore essere parte di una cosa così grande. Voglio dire, è come il Super Bowl in America!

Cos’è il successo e come lo vivi?Mettiamola così: la vita è fatta di alti e bassi e io adesso so bene di trovarmi in un periodo estremamente favorevole. Ma sono consapevole

L

nell’universo del pop brilla una nuova stella. capace di illuminare anche l’italia: dopo il circuito dei club italiani a dicembre (con tre sold out su tre), l’ospitata al festival di sanremo di

febbraio, arriva ad aprile con un concerto a milano che sarà bissato a roma in luglio. la storia del successo di asaf avidan è davvero particolare, almeno quanto la sua voce. ne abbiamo parlato con lui.

onstage aprile 53

di Antonella Frezza - foto di Dudi Hasson

Page 54: Onstage magazine aprile 2013

«hO iniziatO a scrivere canzOni in un periOdO della mia vita infelice. cOstava menO di unO psicOlOGO. la vOce pOi è venuta da sé, era il mezzO per esprimere la

mia sOfferenza»

che tra un paio d’anni potrebbe finire tutto. Nei prossimi 30 anni spero di avere ancora la possibilità di fare musica come adesso e che la gente continui ad amare la mia arte permettendomi così di perpetuarla. Ecco cosa significa avere successo per me.

È innegabile che l’attenzione del grande pubblico sia arrivata gra-zie al remix di un tuo brano. Ti pesa?Sono sempre molto combattuto. Reckoning Song è uscita nel 2008 e il testo parla della fine della relazione con la mia ragazza di allora. Era tutt’altro che un brano ottimistico. Quando ho sentito il remix di Wankelmut ero davvero stranito, perché è lontanissimo dall’idea origi-nale della mia canzone, che all’improvviso era diventata un pezzo balla-bile. All’inizio non mi andava giù, perché non ero un ascoltatore qual-siasi che sente per la prima volta una nuova canzone. Qualcuno aveva stravolto una mia creatura! Però poi considero il fatto che molte delle persone che oggi mi seguono si sono avvicinate alla mia musica proprio grazie a quel remix e lo accetto. È una storia veramente pazzesca.

Ho letto che la tua prima passione è l’animazione. Quando ti sei reso conto di avere una voce così particolare?Il periodo in cui facevo animazione è lo stesso di cui ti parlavo prima, quando la mia relazione stava giungendo al termine. È stato un periodo molto difficile e sentivo la necessità di tirare fuori quello che sentivo in qualche modo. Suppongo che fare musica e cantare fosse più eco-nomico che andare da uno psicologo, quindi ho preso la chitarra e ho

iniziato a scrivere canzoni su quello che mi stava succedendo. La voce poi è venuta da sé, era il mezzo per esprimere la mia sofferenza. Non mi sono reso conto che ci fosse qualcosa di unico fino a quando non ho deciso di esibirmi davanti a un pubblico. Stavo per iniziare a suonare e la gente era distratta, poi appena ho aperto bocca tutti hanno alzato lo sguardo verso di me. Dall’espressione sui loro volti ho capito che forse poteva esserci qualcosa di speciale nella mia voce.

Qualcuno ti ha paragonato a Janis Joplin. Che ne pensi? Non me lo merito. Penso che Janis Joplin sia una delle più grandi can-tanti di sempre, l’anima e la precisione nella sua voce sono incredibili. Onestamente questa somiglianza non la sento, ma se proprio devo es-sere paragonato a qualcuno, allora ben venga lei!

Ti abbiamo visto soprattutto in performance soliste, voce e chitarra acustica. Ma sul palco di Milano e Roma salirai insieme ad altri musicisti. Cosa dobbiamo aspettarci?A livello di emozioni non c’è differenza, perché le emozioni vengo-no dalla musica indipendentemente dal numero di musicisti. Stavol-ta però avevo voglia di suonare con una band perché come ti dice-vo nell’album ci sono tanti strumenti, percussioni, tastiere, è molto stratificato. Quando suono solo con una chitarra acustica si tratta di interpretazioni particolari dei brani, più che dei brani veri e propri. La prossima volta invece ascolterete delle versioni più simili a quelle contenute nel disco. l

54 onstage aprile

Page 55: Onstage magazine aprile 2013
Page 56: Onstage magazine aprile 2013

Lo sguardo timido non inganni: Gualazzi è un tipo deciso, attento, coltissimo, con una chiara visione del suo posto nel mondo. Capace di immaginare la musica come un quadro e le note come colori con la stessa precisione con cui parla delle radici del jazz. Lo abbiamo incontrato a metà strada tra Sanremo e il tour teatrale (si comincia il 6 aprile da Senigallia), gli estremi dentro i quali può usare tutti i colori della sua tavolozza. di Raffaella Turati

RAPHAEL GUALAZZI

b

56 onstage aprile

Il pIanIsta pIttore

Page 57: Onstage magazine aprile 2013

una delle poche giornate di caldo di questo martius horribilis (in altre parole, un marzo che è una ciofeca), raro intervallo tra una bufera di neve e pioggia da buche in tangenziale. In

un ufficio della Sugar Music, un raggio di sole si stende orgoglioso e fiero nel bel mezzo della scrivania accendendo la stanza, e mi acceca mentre prendo appunti. Ma Raphael Gualazzi, si capisce subito, è uno che riesce a tirar fuori il lato positivo da ogni cosa, e trova il modo di farsi ispirare anche dall’insolente fascio luminoso: «Io vedo la musica come una cosa forte, come può esserlo questo raggio di luce - dice mezzo ciecato dal riflesso che irrompe dalla finestra, ma imperturbabile - e la luce è fatta di tanti colori nel suo prisma. La realtà rappresenta quel prisma che la musica può esprimere in tutte le sue lingue e i suoi colori. Mi piace toccare tutti i colori della musica, credo sia un linguaggio universale che dentro a tutte le sue forme racchiude un solo significato: il contatto tra la natura umana e il complesso di emozioni che la circondano».

SOGNATORE DETERMINATOPer come Raphael definisce il suo stile estremamente eclettico, si guadagna il titolo onorifico di “Raffaello della musica italiana”. E del resto, come il buon Sanzio, è di Urbino pure lui. Ma meno antico, con i suoi 31 anni. Gualazzi è uno che con le note dipinge: la varietà con cui rappresenta la realtà è perfettamente rispecchiata nell’ultimo album Happy Mistake, uscito nel giorno degli innamorati e in buona posizione nella classifica iTunes (viaggia intorno al 10° posto). Anzi, ottima, considerato il genere non proprio in linea col gusto italico e che, nonostante tutto, l’ha portato a guadagnarsi un più che onore-vole quinto posto tra i big nella finale del Festival di Sanremo 2013 con la sua Sai (Ci basta un sogno), dietro solo a Mengoni, Elio e le Storie Tese, Modà e Malika Ayane (altra di casa Sugar). Il suo ingres-so tra i grandi se l’era meritato vincendo nella categoria “Giovani” nel 2011 con Follia d’amore: e fin qui, sembrerebbe il solito percorso obbligato da idolo pop. Ma di pop Gualazzi non ha forse neanche i lacci delle scarpe. Proprio questa è la sua stranezza: con quell’aria da bravo ragazzo, un po’ impacciato e timido, ha conquistato trasver-salmente anche teneri cuori da mamma, pur suonando del ragtime indiavolato al pari di un Ray Charles, che le mamme manco sanno chi è. Ed è entrato quatto quatto nel mainstream con un genere di nicchia, per intenditori. Perché seduto al pianoforte il ragazzo si scatena, e viene fuori tutta la passione che cela dietro al suo sorriso ben educato. Un sognatore schivo e riservato ma incredibilmente determinato.

LE RADICI Parlando con lui, Sanremo svanisce nella cortina fumogena di un in-cantesimo, da cui fuoriesce un appassionato cultore di jazz e blues, a livelli da enciclopedia ambulante della storia della musica. Gli chie-do cosa ha spinto un pianista, per di più italiano, ad appassionarsi alla tecnica dello stride piano, stile Leggenda del pianista sull’oceano tanto per intenderci. «Come diceva Django Reinhardt (chitarrista virtuoso cui si ispirò Woody Allen per il film Accordi e disaccordi, ndr), ogni popolo ha il suo jazz. Lui è il pioniere francese, alcuni pionieri italiani sono stati tra i primi a registrare musica jazz agli inizi del ‘900 a New Orleans, come Nick LaRocca, di origine sici-liana, che incise Tiger Rag, uno dei primi brani jazz registrati su 78 giri. È un mondo da cui prendo spunto come se fosse una tradizione classica: quello che faccio è colorare di venature tradizionali e post

moderne una rosa grande di realtà e generi musicali».Con una formazione da conservatorio alle spalle, l’amore per il

genere è nato da un bisogno preciso: «Mi sono avvicinato al blues perché volevo conoscere la tradizione dalle sue origini. Fin da pic-colo componevo, ma non mi sono mai preso sul serio: verso i 21 anni, più mi accostavo alla cultura blues e più mi affascinava l’idea di poter scrivere dei brani e di poterli cantare. Quindi ho cominciato ispirandomi al mondo del ragtime e del blues, a nomi come Roo-sevelt Sykes, Muddy Waters, Blind Lemon Jefferson, e a scrivere i brani che poi sono stati pubblicati nel primo album, nel 2005, Love Outside The Window». Un disco d’esordio realizzato con l’approccio dell’epoca: 14 brani registrati in un giorno e mezzo! «Sento il mo-mento della creazione in studio molto vicino a quello del live. Nelle ultime produzioni ho avuto più tempo per riflettere, per scrivere, ma non ho mai voluto rinunciare al carattere spontaneo della musica, che a chi la suona dà la possibilità di comunicare e a chi l’ascolta di ricevere emozioni vere».

DIVERTIMENTO & MELODIAL’attività dal vivo è sicuramente uno dei punti forti di Raphael Gua-lazzi: attualmente è in tour con Happy Mistake (date in Francia fino a marzo e poi dal 6 aprile in tutta Italia), dieci elementi sul palco

tra cui tre coriste, una sezione di ottoni, chitarra (che all’occorrenza diventa banjo o ukulele) e sezione ritmica. «Il divertissement è un elemento imprescindibile fin dagli inizi della mia carriera: la mu-sica nasce a scopo di intrattenimento». Ecco la filosofia onstage di Raphael. «Un concerto si fa sempre in due! Se suoni solo per te stesso sei troppo individualista, se suoni solo per il pubblico sei troppo commerciale. L’importante è che alla fine si muova tra le persone e i musicisti qualcosa che è ancora più bello e intangibile: la musica, con tutte le emozioni che può dare».

Per uno cresciuto a pane e blues, la musica italiana ha influito poco o niente: lusingato dai paragoni con Paolo Conte, riesco a estorcergli un pollice in su per Fabrizio De Andrè, e basta. Ma a sorpresa dichiara che «la forza della nostra musica popolare sta pro-prio nelle melodie, quindi nella semplicità e nell’intensità, mentre il mondo americano è molto più concentrato sul sound, sulla ritmica». Si sbilancia sul comporre in italiano. «Una buona musica deve suo-nare bene in tutte le lingue, tanto che in quest’album c’è anche un pezzo in francese (L’amie d’un italien, cantata da Camille). La nostra è una lingua bellissima, difficile da musicare solo per un fatto: è già musicale di per sé. Il rischio è forse di inflazionarla». Saggio e bravo: sentiremo parlare di lui a lungo. l

È

b b«credo che la musica sia un linguaggio universale che dentro tante forme racchiude un unico significato: il contatto tra la natura umana e il complesso di emozioni che la circondano»

onstage aprile 57

Page 58: Onstage magazine aprile 2013

58 onstage aprile

STYLE

TOUCH DOWN !

dai suburbs delle metrOpOli usa alle passerelle dei più impOrtanti fashiOn desiGner del mOndO. lO stile american fOOtball dOmina le cOlleziOni primavera/estate 2013, simbOlO dell’attenziOne sempre maGGiOre che le Grandi firme della mOda ripOnGOnO nelle tendenze che venGOnO dalla strada. cOsì il GhettO va in meta.

A cura di Virginia Varinelli

l fenomeno stilistico che sta dilagando sulle passerelle del prêt à porter è una rappresentazione simbolica dei movimenti che vengono dal basso. In questo caso è la forza creativa dei ragaz-

zini dei sobborghi americani ad aver avuto un impatto dirompente, trasformando in tendenza quella che originariamente era una neces-sità. L’American Football style che oggi vediamo disegnato da molti grandi stilisti nasce infatti da un esigenza dovuta alla povertà: qualche decennio fa, i kids più poveri hanno cominciato a indossare le ma-glie sportive dismesse dai fratelli maggiori, non potendo permettersi altro. Ecco perché quel tipo di indumenti si porta così largo. La crea-tività sembra esplodere con maggiore irruenza laddove ci sono pochi mezzi e con quelli ci si deve arrangiare.

Lo stile della strada si trasforma in moda grazie anche e soprattutto al lavoro dei cosiddetti “cool hunter” (cacciatori di tendenze): per-sone mandate in giro per il mondo a scovare tendenze e nuovi stilli da introdurre nel mercato. Un altro segnale di come la moda stia cambiando, diventando sempre più accessibile e “umana”. In passa-

to, dalle passerelle venivano esclusivamente proposti abiti sontuosi e difficili da indossare nella vita di tutti i giorni. Complice la crisi economica del mondo occidentale, anche gli stilisti più prestigiosi hanno compreso che la partita si vince avvicinandosi maggiormente alla praticità del quotidiano. E per farlo, devono avere un contatto continuo con la realtà quotidiana.

Dal celebre brand TopShop fino all’italianissimo Replay, molti portano il vestiario sportivo nel “daily life outwear”, rendendolo più accattivante e dinamico. T-shirt oversize con numeri impressi per le ragazze da abbinare ad aderentissimi skinny jeans e giacconi in stile collegiale per il mondo maschile. Questo stile sta letteralmente im-pazzando negli Stati Uniti e pian piano si sta spostando in Europa. Non a caso il primo fra tutti gli stilisti ad introdurre questa tendenza fu Ralph Lauren, che nell’ottobre 2004 lanciò una collezione life-style completa, concepita per giovani uomini e giovani donne con un range tra i 16 e i 34 anni. Tra gli esempi che possiamo portare nel presente, Frankie Morello si è ispirato a questo mondo per creare la linea primavera/estate 2013. Per la donna propone giacche bomber oversize dai colori vivaci e metallizzati con t-shirt traforate e numeri dalle tonalità fluo stampati sulla schiena, mentre per l’uomo giacche in stile collegiale ma esclusivamente in nero o grigio con qualche trasparenza. Altro elemento introdotto dallo stilista è il cappellino con visiera da indossare in una taglia più grande per entrambi i sessi. Anche Bikkembergs ha voluto creare una linea dedicata esclusiva-mente al mondo del football (Luxury Sport): tra i vari capi e accessori segnaliamo la borsa di pelle da palestra maschile, a forma di palla da football.

Cosa è opportuno abbinare a questi capi? Non può mancare è l’oc-chiale da sole, per esempio l’immortale modello “aviator” prodotto da Ray-Ban con la variante della lente sfumata, funzionale anche nelle giornate più grigie; oppure il modello bicolor di Web Eyewear per le ragazze che amano legare l’occhiale al capo che indossano. Il cappellino si diceva, colorato e borchiato per le ragazze, con scritte in stile graffiti per i ragazzi. Ma sono solo degli esempi: il Football American Style è una tendenza unisex, accessibile ma soprattutto per-sonalizzabile e adatta a tutti, senza eccezione alcuna.

Del resto, viene dalla strada. l

I

5

Page 59: Onstage magazine aprile 2013

onstage aprile 59

6THE UGLY TRUTH OF V

Il blog di Virginia Varinelli nasce nel settembre 2011, diventando subito un riferimento per gli ap-pasionati di moda e gli addetti ai lavori. quotidianamente il blog registra accessi da ogni luogo del mondo.Virginia è di Milano. Si è laureata in Economia nel 2009 e ha subi-to cominciato a lavorare. Da uno stage a Parigi presso Diane von Furstenberg è sbocciata la sua grande passione per la moda. Ha recentemente lanciato il suo brand Viridì, che in pochi mesi di vita ha già raccolto numerosi ammiratori.

www.uglytruthofv.com

s

95

4Virginia indossa:Maglia di paillettes con numero. Replay 199 €

occhiali da sole sfumati verdi Just Cavalli 110 €

bracciale con cristalli di Rocca e parti in argento Viridì 75 € I

3

Page 60: Onstage magazine aprile 2013

60 onstage aprile

en

d z

on

e

+10 +20 +30 +40 +50

+10 +20 +30 +40 +50Il football americano nasce all’incirca nel 1861. Ogni squadra mette in campo 11 giocatori, con lo scopo di segnare più mete possibile. La palla è di forma ovale e la sua lunghezza non a caso corrisponde a quella del piede (foot) canonico preso come misura convenzionale in America. La squadra che difende calcia il pallone situato sulla linea delle 30 yards

FOOTBALL AMERICANO accenni e regole base

occhiali da sole Web Eyewear: KETCh_mod.WE0113 160 €

bomber Frankie Morello 670 €

Profumo Jean Paul Gautier Le beau Male 57,20 €

MBC: t-shirt di cotone con stampa football americano 19,90 €

Levi’s 511 Red Tab:aderente e raffinato dalla vita ai piedi86 €

Shorts Coaln&Terry: vintage castomizzate con borchie tonde 98 €

I

I

III

I

Page 61: Onstage magazine aprile 2013

onstage aprile 61

en

d z

on

e

+10+20+30+40+50

+10+20+30+40+50cercando di mandarlo il più lontano possibile. La squadra che attacca ha a disposizione due alternative: se il pallone arriva nelle proprio 20 yards, il giocatore preposto alla ricezione della palla (kick returner) può rinunciare a correre segnalandolo all’arbitro, oppure può correre con la palla cercando di portarla il più avanti possibile. La partita viene

suddivisa in 4 tempi da 15 minuti ciascuno per un totale di 60 minuti. Se allo scadere del tempo non c’è un vincitore si aggiungono due tempi supplementari avvalendosi della regola del Golden Goal, ovvero chi segna per prima vince. Ora che vi abbiamo svelato le regole fondamen-tali siete pronti per giocare una partita?

Smalto L’Oreal: Color Riche Lo Smalto Top Coat che renderà più “shining” la vostra manicure 5,99 €

Chanel:Palla da football americano 350 €

Alcott: maglia oversize7,99 €

Ray-Ban: occhiale aviator con lente tortora fumè 145 €

Bikkembergs bag: edizione limitata della sport Couturedel brand 380 €

Elie Saab Le Parfum: da 49,50 €

I

I I

I

II

Page 62: Onstage magazine aprile 2013

62 onstage aprile

TU VUO’ FA L’AMERICANO (MA SI NATO IN ITALY!) 10 prodotti per raggiungere gli states senza muoversi

I COLLEGE, IL FOOTBALL, LA POP-ART. L’ITALIANO È SEMPRE STATO AFFASCINATO DAGLI STATI UNITI. MA ANCHE I PIù CONVINTI SUPPORTER DEL LIFE STyLE A STELLE E STRISCE NON POSSONO NASCONDERE L’ISTINTO ITALICO. ECCO qUALCHE SUGGERIMENTO PER SODDISFARE ENTRAMBE LE FASCINAZIONI.

EASTPAK Lo storico marchio statuniten-se (nato nel 1952) propone una nuova collezione ispirata alle sue origini: l’America. Lo zainet-to a stelle strisce, con la zip e il tipico tascone frontale, si adatta ad ogni necessità, che si tratti di un viaggio o di una scampagnata fuori porta. 100 Euro

I-WOODIl look è proprio quello (ci siamo capiti?), l’utilizzo un po’ diverso.I-Wood è una lavagnetta incassa-ta in una struttura di legno del-le dimensioni di un portatile. Il pensiero scivola diretto ai ricordi della giovinezza dietro ai banchi di scuola. Dediacata a piccoli e meno piccoli. 44 Euro

NY YANKEES - NEW ERALui, l’intramontabile, l’inimitabi-le. Il cappellino americano per antonomasia. Chi non ne ha mai avuto uno alzi la mano e corra immediatamente ai ripari! Non solo icona di stile ma anche ec-cellenza produttiva: non a caso 22 sono le fasi necessarie per realiz-zarlo. 34 Euro

bEATS STUDIO bY DR. DRE Una volta erano solo dei calciato-ri che sfuggivano alle interviste. Oggi sono un must al quale è dif-ficile rinunciare. Questo modello, disegnato dal rapper americano Dr. Dre, è tra i più prestigiosi della gamma in quanto dotato di sistema di riduzione del rumore ambientale. 299 Euro

MOLESKINE DIARY/PLANNERIl tempo è prezioso. Per organiz-zarlo al meglio è utile avere sem-pre con sé un’agenda maneggevo-le e colorata la Moleskine. Sapere che è l’erede del leggendario tac-cuino di Ernest Hemingway, cele-bre scrittore americano, non può che stimolare la vostra voglia di scrivere. 12 Euro

KEEPCUPIn perfetto stile college americano. Utile per portarsi in giro la propria bevanda calda preferita e, diciamo-celo, per tirarsela un po’ fingendo-si protagonisti di qualche telefilm poliziesco d’oltreoceano. Notizia gradita: sul sito del marchio è possibile personalizzare colori e dimensioni. Da 9,60 a 12,80 Euro

STyLE

Page 63: Onstage magazine aprile 2013

onstage aprile 63

CUFFIA POOLISH - ARENACon questa cuffia sulla testa il plu-rimedagliato nuotatore americano Michael Phelps vi guarderà con so-spetto. questa nuova collezione di cuffie in silicone è leggera e confor-tevole ed adatta sia ai delfini d’e-sperienza sia a chi si cimenta per le prime volte. Di certo non vi sentirete pesci fuor d’acqua. 8,95 Euro

NINTENDO 3DS XLLa prima console che permette di giocare in 3D senza l’ausilio di nessuno scomodo occhiale, ba-sta regolare tramite un pulsante il livello di tridimensionalità che desideriamo. questo cosa vi sug-gerisce? Che l’importante è aver-la in borsa, nello zaino o in tasca, il resto vien da sè.189 Euro

ELECTROLUX EKF 5220Fondamentale nelle notti prima degli esami ma anche per il dopo cena in compagnia, visto che la caraffa in vetro ha una capacità di 10 tazze di caffè (americano). Se siete sbadati non preoccupatevi perchè è dotata anche di un timer programmabile e di spegnimento automatico. 49 Euro

CALCIO bALILLA F20 GARLANDOquattro amici, un calcio balilla a dispo-sizione ed il divertimento è garantito. questo modello stabile e robusto viene in-contro anche a chi ha problemi di spazio: grazie ad innovative gambe pieghevoli si può ripiegare e nascondere all’occorren-za (a volte cancellare le traccie conviene). Altro che America! 319 Euro

GOOOAL!

Page 64: Onstage magazine aprile 2013

imotorhead.com

The Wörld is Yours TOUR 2013

brucespringsteen.net

oca of� cine creative ansaldo

GIOVEDÌ 23 MAGGIONAPOLI PIAZZA DEL PLEBISCITO

VENERDÌ 31 MAGGIOPADOVASTADIO EUGANEO

LUNEDÌ 03 GIUGNOMILANO STADIO SAN SIRO

GIOVEDÌ 11 LUGLIOROMAROCK IN ROMA

PINO SCOTTO

GIOVEDÌ 23 MAGGIONAPOLI

I N F O : 0 2 . 6 8 8 4 0 8 4 - B A R L E Y A R T S . C O M - F A C E B O O K . C O M / B A R L E Y A R T S P R O M O T I O N

LUN. 17/06 > CODROIPO (UD) - VILLA MANINMAR. 18/06 > MILANO - MEDIOLANUM FORUM

kissonline.com MAR. 25/06 > VIGEVANO (PV) - CASTELLO SFORZESCO10 GIORNI SUONATI (ATTENZIONE: NUOVA DATA)

MER. 03/07 > VIGEVANO (PV)CASTELLO SFORZESCO - 10 GIORNI SUONATIGIO. 04/07 > PISTOIA - PIAZZA DUOMO - PISTOIA BLUES

+ SPECIAL GUEST

+ SPECIAL GUESTS

UNICA DATAITALIANA

blackcrowes.com DOM. 21/07 > VIGEVANO (PV)CASTELLO SFORZESCO - 10 GIORNI SUONATILUN. 22/07 > ROMA - ROCK IN ROMAMER. 24/07 > MAJANO (UD) - PIAZZA ITALIA

SCOPRI TUTTE LE NOSTRE ATTIVITÀ: CONCERTI, MOSTRE, EVENTI, LABORATORI SU FACEBOOK.COM/OFFICINECREATIVEANSALDO

brucespringsteen.net

GIOVEDÌ 11 LUGLIOROMAROCK IN ROMA

UNICA DATAUNICA DATA

WRECKING BALL WORLD TOUR 2013

deep-purple.com

MILANOVIA TORTONA 54 - VIA BERGOGNONE 34 ocamilano.it

ON STAGE_AAVV_130402.indd 1 02/04/13 17.08

Page 65: Onstage magazine aprile 2013

onstage aprile 65

i sono chiaramente delle in-fluenze blues. Il filo condut-tore delle canzoni è un grido

d’aiuto, che è proprio del blues. Ci si lamen-ta delle proprie pene, ma in qualche modo ci si libera attraverso la musica». Così Dave Gahan descrive l’approccio compositivo di Delta Machine, tredicesimo lavoro in studio del terzetto di Basildon, una sorta di ritorno verso quel sound che li ha resi davvero im-mortali. Dopo aver sparigliato le carte della scena pop con una manciata di dischi che me-scolava ritornelli affascinanti ed elettronica di largo consumo, i Depeche Mode hanno ster-zato in modo piuttosto evidente poco dopo la metà degli Ottanta, lasciando intravedere un aspetto piuttosto oscuro della proprio mu-sica, alimentato anche dai ben noti problemi di tossicodipendenza di Gahan, un Iggy Pop della generazione elettropop, presenza fonda-mentale sul palco e autentico rovescio della medaglia dell’amico Martin Gore, composi-tore eccelso e leader incontrastato del gruppo.

Il risultato più affascinante di questo mix viene ben riassunto in una tripletta di dischi che li consegna alla storia e li lancia in cima alle classifiche di tutto il mondo: Violator, Songs Of Faith And Devotion e Ultra sono la summa di un suono personale e affascinante, devoto al blues del Delta - lo stesso del tito-lo del nuovo disco -, ma piegato alle esigenze dei sintetizzatori e delle drum machine. Gore si divide tra chitarra e tastiere e regala una sequenza di singoli che non ha rivali, impo-nendo la sua band come una delle migliori anche degli anni Novanta. Il peso della fama e di una carriera sempre ai vertici rischia di interrompere la parabola dei Depeche, ma la maturità e un nuovo equilibrio interno (Gahan, per esempio, ottiene di inserire tre suoi brani in ogni disco) garanti-scono un sereno proseguimento senza troppi scossoni.

E se la sequenza di album successivi conti-nua sulla strada di una musica elettronica per-sonale, ma un po’ troppo di maniera, Delta Machine cerca con coraggio di rivolgersi verso quella fonte d’ispirazione che tanto bene ha fatto alla musica del terzetto. I tre pezzi di Ga-han si mantengono su uno standard discreto - manca la scintilla di genio, ahinoi, ma do-vendo scegliere propendiamo per Secret To The End -, mentre il materiale proposto da Gore si

divide equamente tra buone cose ed episodi esaltanti che giustificano l’acquisto dell’album e rilanciano con successo le quotazioni dei De-peche. Per carità, non era certo il successo di classifica a mancare ai nostri, ma la sensazione è che un singolo come Soothe My Soul diven-terà il prossimo singalong da stadio, mentre Angel e Slow (blues primitivo ed elettronica ai massimi livelli, con la seconda che proviene addirittura dai tempi di Songs Of Faith And Devotion) faranno ammattire i fan storici. Il nostro plauso va anche al pop oscuro ed epico di Alone, all’elettronica scarna, quasi in odore

di Warp, di My Little Universe, alla conclusi-va Goodbye che potrebbe essere una nuova I Feel You. Il resto delle canzoni, come già det-to, si mantiene su buoni livelli, garantendo comunque la necessaria qualità a un album che dimostra quella vitalità che molto spesso manca ad artisti in pista da oltre trent’anni. Parafrasando una delle loro hit immortali, an-cora oggi, a distanza di così tanto tempo, “we just can’t get enough”. L’appuntamento live, a questo punto, è obbligatorio.

DELTA MAChINESony Music Italy

WHAT’S NEW

dOpO una carriera che nOn ha cOnOsciutO altrO che successi, i depeche mOde hannO incisO un altrO Gran discO. delta machine seGna il ritOrnO ai suOni che hannO resO unica la band inGlese. di Guido Amari

Non era certo il successo di classifica a mancare, ma la sensazione è che un singolo come Soothe My Soul diventerà il prossimo singalong da stadio.

NoN è

MAI AbbASTANzA

«C

Page 66: Onstage magazine aprile 2013

66 onstage aprile

ove vanno gli Strokes? Il loro percorso, inizia-to con il rock’n’roll sfacciato e arrabbiato di Is This It, sta evolvendo in qualcosa di più perso-nale, ma anche più sfuggente. Comedown Ma-chine prosegue nel solco obliquo che avevano iniziato a tracciare con  First Impression Of Earth, con diverse novità. Il “suono Strokes”, quel misto di chitarre e indolenza, ha lasciato il posto a composizioni spregiudicate, delizio-samente retrò, dove sintetizzatori e tastiere la fanno da padroni.

Il primo ascolto può lasciare spiazzati. Si sente l’eco di una certa fascinazione per gli anni 80, tra i Cocteau Twins e il dream-pop, arricchito però dall’attitudine rock che da sempre caratterizza il quintetto newyorke-se. 80’s Comedown Machine lo dichiara già dal titolo, ma basterebbe il rullante riverberato a rivendicarne la paternità Eighties.  Slow Ani-mals e Happy Ending, i pezzi più convincenti, trovano il perfetto equilibrio tra strofe incal-zanti e ritornelli che ti portano dove vogliono loro. 50 50  e All The Time  sono i brani che più ricordano i primi Strokes, ma è come se fossero filtrati da una luce particolare che ne confonde i contorni e ne scompone i tratti. I synth di  One Way Trigger  (che sembrano

rubati da  Enola Gay  degli  OMD) si intrec-ciano alla perfezione con la voce di Julian Ca-sablancas, mai così versatile, che si assottiglia tanto da riconoscersi a stento - succede anche in Chances mentre in Welcome To Japan, si fa suadente e profonda.

L’impressione generale è che neppure gli stessi Strokes sappiano esattamente che dire-zione stiano intraprendendo, ma che con co-raggio  e un pizzico di incoscienza vadano definendo sempre di più le coordinate di un loro personalissimo stile. L’album, pur sen-za nessun pezzo particolarmente forte e con qualche colpo a vuoto, chiarisce una volta per tutte che no, non sono e non saranno più quelli di Is This It.

bASTILLE Bad Blood (Virgin/EMI)Capelli alla moda, coretti, spolverate di elettronica e melodie a presa rapi-da. I Bastille si candidano a riempire le radio di hit, come già il primo singolo Pompeii #tenetelidocchio

LITFIbATrilogia 1983-1989 Live 2013 (Sony Music)Il live che sancisce il successo del tour dedicato ai primi tre dischi, con la formazione originale. Un salto negli anni ’80, uno dei momenti più belli del rock italiano #nostalgia

SALMOMidnite (Tanta Roba Label)Il rapper più hardcore d’Italia sputa fuori rime gonfie di malessere, in-cazzature nichiliste e citazioni horror su basi dubstep e drum’n’bass scure come un film di Carpenter #darkrap

THE KNIFEShaking The Habitual (Rabid Records)La potenziale soundtrack di uno psycho-thriller 2.0, ossessiva. Tra kraut-rock ed echi elettronici, le tur-be dei due fratelli svedesi in musica. #nonprimadiaddormentarsi

Micro-reviews

ThE STROKESCOMEDOWN MAChINE

(RCA Records)

MUSICA

D

di Tommaso Cazzorla

Page 67: Onstage magazine aprile 2013

onstage aprile 67

Il dono non si cerca, perché non si trova. O ce l’hai quando nasci o nisba. E chi ce l’ha spesso lo spreca. Non James Blake, che si applica con dedizione e trova il modo per tra-sformarlo in strumento a tutti gli effetti. La sua formula magica consiste nel dosare tutto con parsimonia, creando una tensione che si libera solo nell’attimo giusto, grazie a colpi di genio che sfidano i manuali del perfetto arrangiatore. La title-track di Overgrown è un brillante esempio di come l’inglese concepisca la musica: l’apparente architettura mini-malista e una (ingannevole) staticità armonica vengono sconvolte all’improvviso, con il basso che si ferma e lascia via libera al piano, o con una nota lunga di violino che si apre in un generoso ventaglio di archi (finti? non importa). Parlando di congettura sonora, si ascolti Life Round Here prestando attenzione ai continui e talvolta repentini cambi di co-lore: si prendono gioco della ripetitività (per molti uno spauracchio, per lui una giostra) senza perdere il filo del discorso.

James Blake è in grado di infrangere le regole e creare qualcosa di perfettamente coe-rente. All’origine di tutto non c’è improvvisazione, ma solide basi culturali e artistiche. Se aggiungiamo quella voce che ricorda Anthony Hegarty - un altro col dono - si capisce im-mediatamente quanto sia prezioso il suo contributo alla scena musicale dei nostri tempi.

James Blake - Overgrown (Polydor/Republic Records)

di Marco Rigamonti

Il 2013 segna il trentennale della band dell’Oklahoma. Da non credere, specialmente se si pensa alle trasformazioni che hanno caratterizzato una carriera densissima, ricca di dischi importanti, qualche capolavoro, cadute di tono e follie assortite che solo un pazzo totale come Wayne Coyne poteva escogitare. Un esempio: Zaireeka, un quadruplo CD da ascoltare in contemporanea con quattro lettori. In un mondo fatto di meraviglie come Te-lepathic Surgery e Transmissions From The Satellite Heart - quello con il singolo prodigio She Don’t Use Jelly - non stupisce che la band abbia sterzato così tante volte da rendere ogni uscita discografica un piccolo evento. E se il successo di un album come The Soft Bulletin pare ormai lontano e irraggiungibile, è interessante notare come la tensione creativa tra Coyne e l’altra mente del progetto Steven Drozd sia ben lungi dall’esaurirsi.

The Terror arriva dopo un travagliato periodo personale per i due, alle prese con problemi matrimoniali (il primo) e dipendenze poco sane (il secondo) e suona come un incrocio tra il sound cosmico tedesco degli anni 70, spesso senza batteria o con drum machine, e il rock psichedelico caro a Wayne: i tredici minuti di you Lust sono uno dei momenti chiave, ma non possiamo dimenticare la chiusura serrata di Always There... In Our Hearts e lo spazio profondo di Turning Violet e you Are Alone.

Flaming Lips - The Terror (Bella union)

di Stefano Gilardino

questa nuova opera dei Paramore non è quella della maturità, ma i ragazzi di Franklin, Tennessee, ci stanno provando. Giunti al quarto album, le coordinate rimangono quelle di un teen rock di stampo americano, energico e accattivante, ma con la volontà, questa volta, di andare un po’ oltre. Si percepisce la voglia di provare altre strade, non solo la più diretta, per arrivare comunque al refrain schitarrato da stadio.

La voglia di rinnovamento traspare in tutto l’album. Si nota dagli inserti di synth un po’ ovunque, dall’andamento swingato di Grow Up, dal timido ukulele degli interludi e dalla bella Ain’t Fun che sfocia addirittura in un coro gospel. Il tutto calato perfet-tamente nell’economia del disco. Ma il meglio lo danno quando assecondano la loro natura alternative-ma-non-troppo, e giocano a fare i cuginetti modaioli dei Garbage, o la versione ripulita dei No Doubt come in Anklebiters e in Still Into you.Menzione a parte per il brano di chiusura Future, una cavalcata semi-strumentale di sette minuti che spazia dal post-rock all’industrial, in cui pesa la mano del produttore Justin Meldal-Johnsen (ex Nine Inch Nails). Se questa è l’idea che la band ha del pro-prio futuro, la crescita è appena cominciata.

Paramore - Paramore (Fueled by Ramen)

di Tommaso Cazzorla

Page 68: Onstage magazine aprile 2013

lla fine la fantascienza non passa mai di moda. Un po’ perché tra i nuovi cineasti in circolazio-ne c’è sempre qualche sfegatato fan cresciuto a pane e Star Wars, un po’ perché se trattato bene è un genere che parla d’altro per dare risposte su noi stessi. Tom Cruise interpreta Jack Harper, uno degli ultimi riparatori di droni operanti sulla Terra. Parte di una massic-cia operazione per estrarre risorse vitali dopo decenni di guerra contro una terrificante mi-naccia conosciuta come Scavs, la sua missione è quasi terminata.

Vivendo e perlustrando gli straordinari pae-saggi da migliaia di metri d’altezza, Jack crolla ed entra in crisi d’identità quando salva una bella straniera da uno spacecraft precipita-to. L’arrivo della donna innesca una serie di eventi che lo costringono a mettere in dubbio tutto ciò che conosceva e di cui era stato in-formato e, suo malgrado, si trova tra le mani il destino dell’umanità. Il 38enne regista Joseph Kosinski non è cresciuto con la passione per la science fiction, ma il suo destino era segnato ancor prima che lo potesse immaginare. Lau-reato in architettura con specializzazione in CGI e modelli 3D, è stato scovato nel 2005 da David Fincher che lo ha messo al lavoro nella sua agenzia di pubblicità. Si è fatto notare con

alcuni spot realizzati in computer graphica che l’hanno indirizzato verso il primo lavoro da re-gista, Tron: Legacy. La storia di Oblivion l’ha scritta lui concependola inizialmente come una graphic novel, la quale è in effetti stata re-alizzata per essere pubblicata in concomitanza con l’uscita del film. A garanzia di tutto c’è naturalmente Tom Cruise. Il suo status di su-perstar di Hollywood potrà non essere quello di una volta, ma in quanto a credibilità e de-vozione ai progetti che sceglie di fare è ancora largamente insuperabile.

Oblivion

TUTTO PARLA DI TE di Alina Marazzi (Svizzera, Italia, 2012)Pauline è una donna adulta che nasconde un segreto, Emma una giovane madre in crisi d’identità. La #maternità non è sempre fatta di serenità e sorrisi, a volte c’è un disagio che si fatica a superare

COME UN TUONO di Derek Cianfrance (USA, 2013)Uno stuntman (Ryan Gosling) incon-tra una sua ex (Eva Mendes) e scopre di essere diventato padre. Accetta le proprie responsabilità, ma per affrontare le difficoltà economiche inizia a #rapinarebanche

ATTACCO AL POTEREdi Antoine Fuqua (USA, 2013)Audace thriller con un piccolo gruppo di estremisti armati fino ai denti che mette in atto un #agguato alla Casa Bianca in pieno giorno, prendendo in ostaggio il Presidente degli Stati Uniti (Aaron Eckhart)

CI VEDIAMO DOMANI di Andrea Zaccariello (Italia, 2013)Un uomo sul lastrico (Enrico Bri-gnano) apre un’agenzia di pompe funebri in un remoto paesino popola-to solo da ultranovantenni credendo di fare affari, ma quei vecchi sono dei veri #duriamorire.

CRITICAPUbbLICO

USA, 2013, 110 min.Il cast: Tom Cruise, Morgan

Freeman, Nikolaj Coster-Waldau, Olga Kurylenko, Zoe Bell, Melissa

Leo, Andrea Riseborough

Di Joseph Kosinski

CINEMA

Aa cura di Antonio bracco

68 onstage aprile

Micro-reviews

Page 69: Onstage magazine aprile 2013

CRITICAPUbbLICO

In questa storia girata con il buon vecchio stile anni Ottanta dal re-gista di 48 ore, si racconta di un sicario di New Orleans che non co-nosce le buone maniere. Il suo nome è Jimmi Bobo, il suo obiettivo è vendicare la morte di un amico per mano del mercenario Keegan. Per riuscire nell’impresa è costretto a farsi aiutare da un riluttante detective di Washington D.C. con lo smartphone sempre accesso e connesso ad internet. I due si aiutano e si pestano i piedi continua-mente fino ad arrivare a mettere le mani su documenti scottanti. Coinvolto è anche un politico corrotto che vorrebbe cambiare faccia alla città e poi lucrare sull’edilizia. Presentato allo scorso Festival del Film di Roma in presenza dello stesso Sylvester Stallone e del regista Walter Hill, il film si ispira ad una graphic novel francese intitolata Du plomb dans la tête.Il Cast: Sylvester Stallone, Jason Momoa, Sarah Shahi, Christian Slater, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Sung Kang, Jon Seda

Il maestro del brivido è uno solo: Alfred Hitchcock. Lo straordinario regista cinematografico noto per aver ideato alcune delle sequenze più spaventose ed intriganti mai apparse al cinema nascondeva un segreto, una lunga ed intensa storia d’amore con una donna forte e decisa. La donna in questione era Alma Reville, sua collaboratrice professionale nonché sua unica moglie dal 1926 al 1980. Questo film fa luce sulla loro relazione affascinante e complessa attraverso il racconto dell’avventura cinematografica più coraggiosa, la lavora-zione dell’inquietante thriller Psycho che sarebbe stato il film più controverso di tutta la filmografia di Alfred Hitchcock. Alla fine di questa produzione tumultuosa ed incredibile nulla nel cinema sa-rebbe più stato lo stesso. Hitchcock e la moglie sono magistralmen-te interpretati da Anthony Hopkins e Helen Mirren.Il Cast: Anthony Hopkins, Scarlett Johansson, Jessica Biel, Helen Mirren, Ralph Macchio, Toni Collette, Danny Huston

quel mostro di intelligenza e sfacciataggine che è l’industriale Tony Stark ritorna nell’armatura del suo alter ego Iron Man. In questo terzo capitolo della saga il supereroe della Marvel è costretto ad in-traprendere una straziante missione alla ricerca del nemico che ha distrutto tutto il suo mondo. Un nemico terribile e temibile capace di mettere a dura prova il coraggio di Iron Man, come mai gli era ca-pitato fino a quel momento. Messo con le spalle al muro Stark è co-stretto a sopravvivere senza i dispositivi da lui creati, fidandosi solo del proprio ingegno e del proprio istinto. E forse capirà finalmente se è l’armatura che fa l’uomo o l’uomo che fa l’armatura. Iron Man 3 (in 3D) segna la quinta apparizione di Robert Downey Jr. nei panni di Tony Stark, considerando anche The Avengers e la breve scena dopo i titoli di coda de L’incredibile Hulk.Cast: Robert Downey Jr., Gwyneth Paltrow, Guy Pearce, Don Cheadle, Rebecca Hall, Paul Bettany, Ben Kingsley, Jon Favreau, William Sadler

IRON MAN 3 di Shane Black, USA, 2013

onstage aprile 69

hITChCOCK di Sacha Gervasi, USA, 2012

JIMMy BOBO - BuLLET TO ThE hEAD di Walter Hill, USA, 2012

CRITICAPUbbLICO

CRITICAPUbbLICO

Page 70: Onstage magazine aprile 2013

i sono poche persone capaci di raccontare storie come Ken Levine. Nella circostan-za la sfida è di quelle epiche: cercare di

eguagliare (o superare) il fascino di Rapture - la città in fondo al mare che ospitava l’inquietante realtà distopica di Bioshock. Per farlo, Ken sceglie il reset: con un coraggioso e inesorabile colpo di gomma cancella Big Daddy, sorelline, ADAM e personaggi chiave come Andrew Ryan e Seb Fontaine. E così i riflessi blu e verdi dell’acqua vengono sostituiti dalle accese tonalità cromati-che di Columbia, una città sospesa tra le nuvole.

La claustrofobia che si provava muovendosi sotto all’oceano è rimpiazzata dalla libertà di fluttuare tra i cieli. Anche l’epoca storica è diver-sa: dagli anni 60 si fa un passo indietro, all’inizio del ‘900. A livello di gameplay è fondamentale l’inserimento delle sky-lines (rotaie che consen-tono di spostarsi a mo’ di montagne russe dan-do vita a inevitabili e surreali battaglie), mentre sono meno invadenti i ritocchi in ambito poteri (i Plasmidi ora si chiamano Vigor, ma il siste-

ma di combattimento “a due mani” - arma da una parte, potere dall’altra - rimane pressoché invariato). Al fianco del protagonista Booker c’è Elizabeth; se tecnicamente è corretto definirla un NPC (Non-Player Character), sarebbe dav-vero un errore sottovalutare il suo apporto nel corso dell’avventura. Perché oltre a collaborare in maniera attiva (per esempio raccogliendo mu-nizioni), mette a disposizioni anche dei varchi temporali che aiutano non poco nelle situazioni più intricate.

Ma al di là di ogni possibile variazione, va messa in evidenza la cosa in assoluto più impor-tante: Ken Levine è riuscito ancora una volta a creare una maestosa opera d’arte, dove l’osten-tata critica nei confronti di certe sfaccettature della politica si intreccia con sentimenti puri e semplici, dove gli intriganti spunti storici vanno a braccetto con la rodata componente action e dove si alternano emozioni e riflessione in un brillante equilibrio. Proprio come nel migliore dei film.

BIOShOCK INFINITE COME IL MIGLIORE DEI FILM

GEARS OF WAR: JUDGEMENT (Xbox 360)L’ultimo(?) episodio della saga più amata dalla ge-nerazione 360 è in realtà un flashback (pre GOW 3); la campagna single-player non brilla affatto, e allora vai di multi. #Orde #Muoribattiterra

GOD OF WAR: ASCENSION (Ps3)L’attesa è finita, il prequel è servito: grafica da urlo e dinamiche di combatti-mento aggiornate rendono God Of War più esuberante e spettacolare che mai. #Ilritornodikratos #battagliemitologiche

LUIGI’S MANSION 2 - DARK MOON (3DS)Il secondo idraulico italia-no più famoso al mondo torna a vestire i panni del ghostbuster in un’esclusi-va Nintendo 3DS diverten-te, fresca e originale. #Avventuraarcade #Aspirandoectoplasmi

MONSTER HUNTER 3 ULTIMATE (Wii, 3DS)Sbarca anche in Europa e America l’elaborata espansione di Monster Hunter Tri, ottima sia per gli aficionados che per chi intende muovere i primi passi nella serie di culto giapponese. #Cacciagrossa

GAMES

C

a cura di blueglue

70 onstage aprile

nuOvO capitOlO della saGa biOshOck.ancOra una vOlta irresistibile.

produttore: (irrational Games)Genere: fpsdisponibile per: Xbox 360 / ps3 / pc

Micro-reviews

Page 71: Onstage magazine aprile 2013

GIUGNOStadio OlimpicoROMA21

SETTEMBREVERONAVERONAVERONA

ArenaArenaArena

111314

NOI WORLDTOUR2013

info 02 53006501

Seguimi sugoogle.com/+ErosRamazzotti

Page 72: Onstage magazine aprile 2013

72 onstage aprile

benvenuta!IL 22 APRILE DEBuTTA ONSTAGE RADIO

PRIMA E uNICAAvete mai ascoltato una digital radio che trasmette solo musica live? Anticipare la vo-stra risposta: no! Onstage Radio è il primo progetto radiofonico digitale interamente costruito intorno alla musica live. Cliccando play accederete al nostro mondo: i concerti. La selezione musicale, curata da Daniele To-gnacca (Radio Deejay, Virgin Radio e altre nel suo curriculum, vi farà rivivere le emozio-ni dei grandi live di artisti italiani e interna-zionali 24 ore su 24.

CoMPuTERIl player di Onstage Radio sarà naturalmente posizionato all’interno del sito di Onstage. Ma non solo: lo troverete anche in un ampio numero di siti partner (l’elenco completo sarà pubblicato a ridosso del lancio della radio). Insomma, lo troverete in Rete e potrete acce-dervi da qualunque dispositivo, fisso o mobi-le. Se invece volete ascoltare la nostra digital radio senza entrare in Internet, potete addi-rittura scaricare il Desktop Player sul vostro pc. Sarà ancora più semplice e immediato.

MobILEPer facilitare l’accesso e migliorare l’ascolto in movimento, potrete scaricare l’app di On-stage Radio sui market place dei dispositivi Apple (App Store) e Android. L’interfaccia della nostra applicazione è semplice da fruire: ascoltare musica rigorosamente live, conosce-re la programmazione e gli artisti proposti sarà semplicissimo. E se vorrete condividere l’ascolto con i vostri amici, basterà accedere alla radio con il profilo Facebook e sfruttare la funzione “Condividi”.

HI-TECH

di gianni olfeni

!

Hot

Page 73: Onstage magazine aprile 2013

C

M

Y

CM

MY

CY

CMY

K

On STAGE ZU.pdf 1 29/03/13 12.09

Page 74: Onstage magazine aprile 2013

CALENDARIOCONCERTI

baustelle02/05 Parma04/05 Montecatini

bruce Springsteen23/05 Napoli31/05 Padova

beyoncé18/05 Milano

Gianna Nannini03/05 Verona04/05 Verona

Joe Satriani26/05 Rimini28/05 Napoli29/05 Roma30/05 Milano31/05 Firenze

Lana Del Rey03/05 Torino06/05 Roma07/05 Milano

Green Day24/05 Milano25/05 Trieste

Marco Mengoni20/05 Torino21/05 Genova 23/05 Firenze24/05 Padova26/05 Napoli 27/05 Ancona29/05 Roma 30/05 Bologna

Ministri03/05 Reggio Emilia

04/05 Venezia17/05 Lecce18/05 Teramo

Mark Knopfler02/05 Torino03/05 Milano

My bloody Valentine27/05 Bologna29/05 Roma

Modà03/05 Genova04/05 Torino06/05 Milano08/05 Bologna10-11/05 Padova14/05 Bolzano17-18/05 Firenze21/05 Caserta22/05 Bari25/05 Palermo

Niccolò Fabi10/05 Sassari

One Direction19/05 Verona20/05 Milano

Raphael Gualazzi05/05 Torino06/05 Verona07/05 Udine10/05 Padova11/05 Bologna12/05 Pescara

Zucchero01/05 Verona02/05 Verona

icapitoliamo. Nel 2010 i Green Day sono gli headliner dell’Heineken Jammin Festival, ma un nubifragio si

abbatte sul Parco San Giuliano di Mestre e co-stringe gli organizzatori a cancellare l’evento. Poco più di due anni dopo, settembre 2012, sono il gruppo principale del I-Day festival di Bologna, ma questa volta è la stessa band che annulla il concerto, poche ore prima dell’i-nizio, per un presunto malore che avrebbe colpito il frontman Billie Joe Armstrong co-stringendolo in ospedale. La situazione è poco chiara, non si capisce cosa sia successo.

L’ospedale parla di gastrite, gli altri membri del gruppo di influenza, e anche gli orari non tornano. Si chiarisce tutto pochi giorni dopo, quando Billie Joe sbrocca durante l’iHeart Fe-stival di Las Vegas: innervosito dagli organiz-zatori che hanno tagliato lo show dei Green Day, ferma l’esibizione, spacca la chitarra e se ne va insultando tutti in malo modo, eviden-

temente fuori di sè. È tempo di correre ai ri-pari. Scuse ufficiali da parte della band e rehab per il cantante, che avrebbe avuto un crollo nervoso dovuto allo stress e alle miscele di al-cool e sonniferi di cui fa uso e abuso.

Tutto risolto? Macchè, poco tempo dopo i Green Day rimandano il resto del tour 2013, che coinvolgeva principalmente l’America, per permettere al cantante/chitarrista di ri-prendersi al meglio. La band gli dimostra tut-to l’affetto di cui ha bisogno. «Abbiamo dovu-to mettere la vita del nostro amico Billie Joe davanti a tutto per salvarlo». Funziona. A fine 2012 l’annuncio dei nuovi concerti. Tra cui, per farsi perdonare il forfait di Bologna, ben 4 in Italia (a Milano, Trieste, Roma e Bologna). Sembra che tutto si sia risolto per il meglio e il peggio sia ormai alle spalle. Proprio Billie Joe ha recentemente raccontato in un’inter-vista, la prima dopo la difficile riabilitazione, come l’autunno 2012 sia stato il periodo peg-giore della sua vita: «In quel momento la mia dipendenza dai farmaci era al massimo. So-prattutto medicine per tenere sotto controllo l’ansia, e poi sonniferi».

Incrociamo tutti le dita, allora, perché il tour estivo metta fine alla lunga serie di sfor-tunate circostanze che hanno segnato il rap-porto tra il nostro paese e la band americana. Che questa sia la volta buona.

*R

74 onstage aprile

GREEN DAY

di Tommaso Cazzorla

COMING SOON

CHE SIA LA VOLTA bUONA

Page 75: Onstage magazine aprile 2013
Page 76: Onstage magazine aprile 2013