TB Magazine Aprile 2009

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Tutto Brindisi - Anno 14 numero 7

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il Paradiso è a due passi da casa. Venite a godervi il nostro nuovo Centro Benessere

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RAFFAELE DE MARIAINSIEME PER LA CITTÁBRINDISI NEL CUORE

PARTITO PENSIONATI E INVALIDI MPA

ANTONIO GIUNTAITALIA DEI VALORI

DOMENICO MENNITTIPDL

VINCENZO GUADALUPISOCIALISTI

SALVATORE BRIGANTEPD

BRINDISI DEMOCRATICA

NICOLA DI DONNALA DESTRA

VINCENZO GALLONETERRA DI BRINDISI

BRINDISI SOCIALISTA

e forse non è ancora finita...

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Non restate a guardareTre film, tre capolavori, tre discorsi incredibili. Utili anche per i brindisiniQuinto potere, L’attimo fuggente, Ogni maledetta domenica. Leggete qui, o guardateli sul nostro sito

È tutto partito da Facebook. Dove qualcuno ha caricato un pezzo di “Quinto potere”. Poi la cosa è proseguita su

YouTube, dove si trovano spezzoni di tanti altri film. I tre discorsi che potete leggere in questa pagina hanno qualcosa di incre-dibile. Sono senza tempo, valgono per tutti e ovunque. Valgono anche per una città problematica come la nostra, che si avvicina ad un evento importante come le elezioni. Dedico le prossime righe a tutti quei brindisini che in questi mesi ci stanno manifestando la voglia di fare qualcosa per cambiare la città, rompendo con gli schemi e i personaggi del passato e del presente. Le dedico a loro, e a quelli che si aggiungeranno nelle prossime settimane e mesi. Perché qualcosa sta cambiando. Anche qui.

Non serve dirvi che le cose vanno male. Tutti quanti sanno che vanno male. Abbiamo una crisi. Molti

non hanno un lavoro, e chi ce l’ha vive con la paura di perderlo. Il potere d’acquisto del dollaro è pari a zero. Le banche stanno fallendo... e non c’è nessuno che sappia cosa fare, e non se ne vede la fine. Sap-piamo che le cose vanno male, più che male.È la follia. È come se tutto dovunque fosse impazzito e noi non usciamo più. Ce ne stiamo in casa e lentamente il mondo in cui viviamo diventa più piccolo. Almeno lasciateci tranquilli nei nostri salotti per piacere! Lasciatemi la mia tv, la mia vec-chia bicicletta e io non dirò niente, ma lasciatemi tranquillo. Ma io non voglio che voi state tranquilli, io voglio che voi vi incaz-ziate! Non voglio che protestiate, non voglio che vi ribelliate, non voglio che scriviate al vostro senatore per chiedere cosa fare.Io so soltanto che prima dovete incaz-

zarvi. So soltanto che prima dovete dire «io sono un essere umano, porca puttana! La mia vita ha un valore!». Quindi io voglio che ora tutti quanti voi vi alziate, vi alziate dalle vostre sedie, pro-prio adesso. Andate alla finestra e urlate: «Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!» Voglio che vi alziate in questo istante. Le cose devono cambiare. Allora penseremo cosa fare per combattere la crisi, l’in-flazione e la crisi energetica, ma Cristo, alzatevi dalla vostra sedia e andate alla finestra!Dovete dire: «Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più.Quinto potere, di Sidney Lumet, 1976, con Peter Finch.

Perché sono salito sulla cattedra? Per ricordare a me stesso che dobbiamo guardare le cose da angola-

zioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. È proprio quando credete di sapere qualcosa, che dovete guar-darla da un’altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco, o assurdo, dovete provare. Ecco, quando leggete, non considerate soltanto l’autore, considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce. Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarlo affatto. «Molti uomini hanno vita di quieta dispe-razione», non vi rassegnate a questo! Ribellatevi, non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi intorno! Osate cam-biare e cercate nuove strade!L’attimo fuggente, di Peter Weir, 1989, con Robin Williams.

Tutto si decide oggi. O risor-giamo come squadra, o cederemo, un centimetro alla volta, uno schema dopo

l’altro, fino alla disfatta. Siamo all’inferno adesso, signori miei. Credetemi. E pos-siamo rimanerci, farci prendere a schiaffi,

oppure aprirci la strada lottando verso la luce. Possiamo scalare le pareti dell’in-ferno un centimetro alla volta. Io però non posso farlo per voi, sono troppo vecchio. Mi guardo intorno, vedo i vostri giovani volti e penso: certo che ho commesso tutti gli errori che un uomo di mezza età possa fare. Sì perché io ho sperperato tutti i miei soldi, che ci crediate o no, ho cacciato via tutti quelli che mi volevano bene, e da qualche anno mi dà tanto fastidio la faccia

che vedo nello specchio. Sapete, col tempo, con l’età, tante cose ci ven-gono tolte, ma questo fa parte della vita. Però tu lo impari solo quando quelle cose le cominci a perdere, e scopri che la vita è un gioco di centimetri. E così è il football. Perché in entrambi questi giochi, la vita e il football, il margine di errore è ridottissimo: capitelo, mezzo passo fatto un po’ in anticipo o in ritardo e voi non ce la fate, mezzo secondo troppo veloce o troppo lenti e mancate la presa. Ma i centimetri che ci servono sono dappertutto, sono intorno a noi, ce ne sono in ogni break della partita, ad ogni minuto, ad ogni secondo. In questa squadra si combatte per un centimetro! In questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi per un centimetro, ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro, perché sap-piamo che quando andiamo a sommare tutti quei centimetri, il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta. La differenza tra vivere e morire. E voglio dirvi una cosa: in ogni scontro è colui che è disposto a morire che guadagnerà un centimetro. E io so che se potrò avere un’esistenza appagante sarà perché sono disposto ancora a battermi e a morire per un centimetro. La nostra vita è tutta lì, in questo consiste. È in quei 10 centimetri davanti alla faccia. Ma io non posso obbli-garvi a lottare: dovete guardare il compa-gno che avete accanto, guardarlo negli occhi, io scommetto che vi vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi, un uomo che si sacrificherà volen-tieri per questa squadra, consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete altrettanto per lui. Questo è essere una squadra, signori miei. Perciò o noi risorgiamo adesso come collettivo, o saremo annientati individual-mente. È il football ragazzi. È tutto qui.Ogni maledetta domenica, 1999, di Oliver Stone, con Al Pacino.

EDITORIALE

di Fabio Mollica

L’IRRIVERENTE

«Cosa penso dei candidati sindaci e presidenti? Semplice...»

Sincerità, adesso è tutto così semplice, con te che sei l’unico complice di questa storia magica... Sincerità, un elemento imprescindibile per una relazione stabile, che punti all’eternità...

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Di solito al palasport, accanto a Ferrarese, c’era il sindaco. A volte invece il sostituto procuratore Cosimo Bottazzi...

QUELLE POLTRONE DELICATEPILLOLE

Strettamente riservato voci, rumors, dicerie

Di solito accanto al patròn Massimo Ferrarese, al Pala-Pentassuglia, si accomodava il sindaco Domenico Mennitti, che forse in questo periodo si farà vedere

un po’ meno, perché non sarebbe una gran bella cosa apparire al fianco del candidato presidente di un altro schieramento. Motivi di opportunismo politico hanno convinto Mennitti a disertare l’ultima partita, quella del dopo candidatura del presi-dente di Confindustria. Altre volte invece è capitato, e capita, che accanto (o molto molto vicino) a Ferrarese, ci sia il sostituto procuratore Cosimo Bottazzi, in forza da parecchi anni alla procura di Brindisi ed in corsa per prenderne il comando. Una vicinanza non vietata, ci mancherebbe altro, però, siccome i magistrati e le forze dell’or-

CITTÁ

Colonna infame di Giampaolo Pensa

L’avvocato Roberto Fusco, notoriamente vicino al

notaio Michele Errico, ha smontato la candidatura di Massimo Ferrarese (che parte del PD vorrebbe fare propria, magari al ballottaggio, per conservare un ultimo briciolo di identità e di faccia) con una battuta: «Dicono che con Ferra-rese si vince. Bene, allora, se la logica da seguire è questa, alle prossime elezioni il PD candidi Berlusconi!».Come dare torto allo stimato

professionista? Purtroppo la politica a volte va oltre la fanta-sia. E così dopo aver ascoltato per almeno tre mesi il presi-dente Ferrarese ribadire ogni santo giorno, in televisione e sui giornali, che lui «mai e poi mai avrebbe lasciato la barca Confindustria nel mare in tem-pesta», eccolo lì, pronto a fare il presidente della Provincia, a buttare in quello stesso mare gli amici Domenico Mennitti e Marcello Rollo, e a gettarsi volentieri nelle braccia del PD.

Ci sarà questo abbraccio? Penso di sì. E riporto un’altra battuta, di un personaggio che nel cen-trosinistra conta molto, perché politicamente è sempre stato qualche passo più avanti dei compagni di partito: «Abbiamo fatto il ribaltone con Antonino, perché non fare l’accordo con Ferrarese?».Già, perché?Forse perché questa volta sarà davvero difficile spiegare ai tanti dubbiosi le ragioni di una svolta simile. Si cancella

dine devono sempre essere al di sopra di ogni sospetto e di ogni chiacchiera, forse sarebbe bello che questa vicinanza non si verificasse. E sia ben chiaro: nei confronti del padrone della squadra di basket, così come di altri imprenditori o soggetti politici locali. Meglio, molto meglio, quei magistrati che non si fanno vedere in pubblico accanto a politici o imprenditori. Perché così facendo il loro lavoro non sarà mai attacabile o cri-ticabile, restando sempre al di sopra di ogni sospetto. Qualcuno per esempio avrà notato che un altro sostituto procuratore, Giuseppe De Nozza, quello della tangentopoli brindisina, un tempo seguiva le partite della Prefabbricati in parterre, ma ben lontano dai dirigenti della società. Oggi invece non lo si vede neanche più al palazzetto. Punti di vista. Non solo delle partite.

Il teatro? Top secret Il consigliere interroga, la Fonda-zione non risponde. Il 16 gennaio scorso il consigliere comunale del PD Raffaele Iaia chiede alla presidenza della Fondazione Teatro Verdi documenti inerenti la gestione della Fondazione stessa, in particolare le delibere del 2008, l’elenco dei soci fon-datori, le quote versate e la lista delle aziende sponsor. Il 27 gen-naio risponde il presidente della Fondazione, il sindaco Domenico Mennitti: «In quanto Fondazione, il diritto di accesso a questi dati non può configurarsi alla stregua della legge 267/2000. La richie-sta deve essere rivolta al Comune di Brindisi, e vagliata in quella sede in corrispondenza della natura dell’Ente partecipato».E così Iaia, il 4 febbraio, ripro-pone il quesito al Comune. Passa un altro mese, e la risposta arriva dallo stesso Mennitti: «Si richiede più precisione nella

richiesta della documentazione». Il primo cittadino spiega anche che l’accesso a queste notizie può riguardare «solo l’area della attività inerenti l’attività ammini-strativa (del Comune)». E chiede inoltre di «motivare l’interesse che sorregge la domanda».Insomma: sul Teatro Verdi nes-suna notizia, per il momento. Ma Iaia non si dà per vinto, e nei giorni scorsi ha scritto al prefetto Cuttaia per denunciare quello che, a suo avviso, è «un vero e proprio abuso, contrario alle norme sulla trasparenza degli atti amministrativi e gestionali». Si attende la prossima puntata.

Adesso è un rapporto davvero, ma siamo partiti da zero, all’inizio era poca ragione, nel vortice della passione...

Michele Errico, pur dicendo che ha operato bene, e si candida il suo opposto, Massimo Ferra-rese. Ma bisogna vincere, e c’è in gioco un accordo politico che va ben oltre Brindisi.Del resto, anche nel PDL non è che la coerenza sia di casa, visto che l’onorevole Luigi Vitali, favorevole al rigassifica-tore, dovrà sostenere, magari senza grande entusiasmo, il candidato Mennitti, contrario al rigassificatore a Capo Bianco. È la politica, ragazzi.

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Il direttore di Neonatologia nel pool di consulenti UE sulla valutazione dei rischi della salute.

GIUSEPPELATINI

Brindisini del Mese

La Commissione Europea della Salute e Tutela dei Consumatori ha nominato il professor Giuseppe Latini, direttore dell’Unità Operativa di Neonatologia presso l’ospedale “Perrino” di Brindisi, componente del pool di consulenti scientifici sulla valutazione dei rischi. Il prestigioso riconoscimento dà lustro a tutta la sanità pubblica brinidisina.Con questa designazione il nome del dottor Giuseppe Latini è stato inserito nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea nell’apposito elenco dei con-sulenti scientifici sulla valutazione dei rischi. Tra i criteri di selezione che hanno determinato la nomina di Latini vi sono esperienza professionale per-tinente applicabile ai settori di competenza dei comitati; esperienza nella valutazione dei rischi e nella consulenza scientifica, in particolare nei settori attinenti alla sanità pubblica; capacità di analisi; comprovata preparazione scientifica di eccellente livello in uno o più campi attinenti al settore di com-petenza; esperienza professionale in un ambiente multidisciplinare e inter-nazionale; capacità manageriali e organizzative, in particolare per quanto riguarda la presidenza e l’organizzazione di gruppi di lavoro.«Si tratta di un riconoscimento che mi lusinga - ha dichiarato Latini -, in quanto sono davvero tante le richieste che ogni anno giungono alla Com-missione Europea per la selezione di esperti scientifici. Un risultato che mi stimola, anche se porterà ad un incremento del carico di lavoro, dovendo partecipare attivamente a seminari e audizioni, che richiedono un notevole lavoro preparatorio. Il tutto per contribuire attivamente alle discussioni scientifiche portando la mia esperienza anche in rappresentanza della sanità brindisina».

PERSONE

Una vita dedicata al sindacato e alle lotte per i lavoratori

ANGELO LANDELLA

Una vita spesa all’insegna della lotta - contro le ingiustizie, il sottosalario, il lavoro nero e per una maggiore protezione sociale e previdenziale di tutti i lavoratori in generale e per lo sviluppo economico e sociale della Provincia - non è bastata per consentirgli di vincere l’ultima battaglia: quella contro il “ male oscuro” che lo aveva colpito circa un anno fa. E così si è spenta, a 78 anni, l’indomita esistenza di Angelo Landella, sindacalista di lungo corso. Angelo Landella ha conosciuto sin da giovanissimo privazioni e sof-ferenze. Non avendo la sua Famiglia i mezzi necessari per proseguire negli studi, dopo la scuola dell’obbligo, incominciò a lavorare con il padre nei campi, gestiti in colonia dalla propria famiglia e, per conto terzi, come brac-ciante agricolo. A soli 14 anni si iscrisse alla CISL e venne subito nominato responsabile dei giovani braccianti. Iniziò così la sua vita di lotte per l’eman-cipazione sociale. Apprezzato molto dal gruppo dirigente, il giovane Angelo fu inviato poi al Corso di formazione sindacale, presso il Centro Studi di Firenze. Completato il corso, con esito positivo, fu inviato a Brindisi, dove nel frattempo era in piena attuazione il processo di industrializzazione, con la costruzione del più grande Petrolchimico d’Europa. Nel 1977 fu eletto Segre-tario generale della CISL di Brindisi, incarico che Landella seppe ricoprire con grande equilibrio e responsabilità, nel momento più critico e dramma-tico del mondo del lavoro brindisino. Nel 1983 fu chiamato da Franco Marini e Sergio D’Antoni a dirigere l’Unione Sindacale Regionale. Conclusasi con successo anche la parentesi regionale, durata quattro anni, continuò il Suo impegno nella Federazione Nazionale Pensionati. Anche nel sindacato dei pensionati ha contribuito al raggiungimento di alcuni obiettivi. Primo fra tutti: quello di riconoscere alla FNP la titolarità di soggetto contrattuale, alla pari di altre categorie. Pressante il Suo ultimo appello ai colleghi ai quali è stato affidato - dopo di Lui- il “testimone”: “ sentire sempre il bisogno di lottare per una società migliore e per una grande alleanza giovani - anziani, affinché il futuro non sia incerto ma pieno di speranza, di fraternità, di pace”. L’impegno di Angelo Landella è stato a tutto campo: dalla Giunta Camerale della Camera di Commercio di Brindisi, al Consiglio di amministra-zione dello Iacp, dalla Presidenza del Comitato Regionale Inps alla Comitato di Indirizzo e Vigilanza Nazionale del medesimo Ente. Infine è stato presi-dente del Comitato provinciale Inps, carica mantenuta sino alla fine. La Cisl tutta sarà sempre grata all’amico fraterno Angelo Landella, per il suo inse-gnamento, la dedizione disinteressata, la passione e l’impegno senza limiti, che hanno caratterizzato gli ultimi cinquant’anni della Cisl brindisina. Dopo la sua morte, una Camera ardente in Suo Onore è stata allestita presso il salone di rappresentanza della Unione Sindacale Territoriale Cisl di Brindisi. Ai funerali, celebrati in Cattedrale il 24 marzo scorso, hanno partecipato tutti gli esponenti di spicco del sindacato e le più alte cariche cittadine.

Presidente della neonata Associazione Pasticceri

FABIO RAVONE

È nata a Brindisi, promossa dalla Confartigianato, l’Associazione Pasticceri Terra di Brindisi. Il direttivo della neo costituita Associazione si compone di artigiani titolari di pasticceria ed è rappresentata da Luigi Aprile, Nicola Durso e Marco Tateo di Brindisi, Raffaele Prodi di Carovigno, Carlo Sardano di Francavilla Fontana, Luca Chiriacò di San Pietro Vernotico. Presidente è stato eletto Fabio Ravone di Brindisi. “Il nostro intento - dice Ravone - è quello di promuovere i nostri prodotti artigianali, creare nel cliente-consumatore la consapevolezza che il prodotto artigianale si differenzia per qualità e bontà. Abbiamo già partecipato ad eventi regionali come la “Fiera del Cioccolato di Galatina”, ma anche a livello nazionale, con la Fiera di settore svoltasi a Rimini. In entrambe le occasioni abbiamo dato la possibilità ai tanti visitatori ed amanti del settore, di gustare ed apprezzare i prodotti della nostra terra, ed abbiamo già affiancato al prodotto un nostro marchio che ci identificherà ed accompagnerà per tutta questa esperienza, che speriamo possa diven-tare simbolo di riconoscimento e di affidabilità”.

...e fare e rifare l’amore, per ore, per ore, per ore, aver poche cose da dirsi, paura ed a volte pentirsi...

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10 TB APRILE 2009 ...ed io coi miei sbalzi d’umore, e tu con le solite storie, lasciarsi ogni due settimane, bugie per non farmi soffrire, ma a volte era meglio morire...

MENNITTI CONTRO BRIGANTEIL PRIMO FACCIA A FACCIA

DOMENICO MENNITTI

IL BILANCIO DELLA LEGISLATURA«Si può sempre fare di più, ma bisogna considerare le condizioni in cui abbiamo operato. Il problema del cambiamento resta un problema politico. C’è una difficoltà obiettiva nel rinno-vare la classe dirigente e burocratica. Quando dico che abbiamo ricostruito la dignità della Pubblica Amministrazione intendo che oggi chi viene qui parla con persone vere, ed ha certezza del diritto. Purtroppo certi problemi non si cancellano in un giorno. E la ragnatela che era stata creata ci ha frenati molto».

IL FATTORE ANTONINO...«Antonino può votare come vuole, ma vota, non governa. A parte il fatto che nella sua dichiarazione di voto a mio favore credo ci sia un po’ di divertimento...»

...E QUELLO FERRARESE«La rottura con Ferrarese è reale, altro che patto per prendersi Comune e Provincia. Non mi aspettavo la sua scelta. Guardavo alla sua figura pubblica come contributo a stabilizzare la situazione in città. A lui, e ai Barretta, come ad imprenditori capaci di portare avanti e ridare dignità a calcio e basket.Dopo che ha deciso di candidarsi non l’ho più sentito. E non sono andato al palazzetto perché ritenevo inopportuno sedermi al suo fianco in quel momento. Ma non avrei alcun problema a parlarci, ci mancherebbe altro!».

GLI AVVERSARI«In questa grande confusione politica il PDL nasce, mentre il PD rischia di rompersi. Direi che i problemi maggiori ce li hanno loro. La politica è moltiplicazione se funziona, divisione se non funziona.Comunque io non temo nessuno, rispetto tutti. MI auguro solo che sia una campagna elet-torale civile».

IL RICAMBIO GENERAZIONALE«Questa storia di lanciare un altro, più giovane, non ha senso. I giovani capaci si guada-gnano la scena da soli, non hanno bisogno di essere lanciati. E di giovani capaci, in giro, ne vedo tanti».

CULTURA E LAVORO«Non è che se uno si interessa di cultura toglie pane e lavoro. Questa è una idiozia. Liberia-moci dall’ignoranza: questa è la base del nostro riscatto! Lo so che ci sono sacche di dispe-razione, specie in questo momento, ma non si può pensare solo all’emergenza, perché di emergenza si muore. Dobbiamo pensare a come superarla. Per vivere di previsioni, non più di espedienti».

I TRE PILASTRI DELLA CAMPAGNA ELETTORALE«1) Insisto, la conoscenza: dobbiamo andare oltre; 2) Lo sviluppo del porto: è il volano della nostra economia, in direzione Balcani e Mediterraneo, ovviamente. Ma dobbiamo dotarlo di infrastrutture; 3) Una nuova dimensione urbanistica per la città. Elimineremo i quartieri ghetto. E insisto sulla Città d’Acqua, altro che slogan vuoto, tra poco vedrete i progetti e i soldi per finanziarli!»

Il sindaco uscente è il candidato del PDL

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MENNITTI CONTRO BRIGANTEIL PRIMO FACCIA A FACCIA

SALVATORE BRIGANTE

IL FATTORE ANTONINO...«Antonino rappresenta un passato dalla doppia faccia. Quello delle cose buone, di cui Men-nitti gode, perché tutto quello che inaugura oggi è frutto della programmazine della vecchia amministrazione, e quello meno buono. Dalla cronaca giudiziaria dobbiamo prendere le distanze e cambiare pagina. Io porterò in giunta e in consiglio persone giovani, professioni-sti, gente non coinvolta col passato. Certo non andrò dietro ad Antonino per chiedere i suoi voti. Non l’ho fatto da candidato alla Regione, e persi di un soffio. e non lo farò oggi».

IL BILANCIO DI MENNITTI«Mennitti è stato l’uomo delle pie ilusioni. Si era presentato come il cambiamento, ma per cinque anni è rimasto ingabbiato dai veti incrociati della sua maggioranza, in cui è rimasto molto del vecchio che egli accusava. Altro che pulizia! Solo il PD ha rinnovato tutti i suoi consiglieri».

CULTURA «A parte qualche evento culturale, che mi dicono organizzati sempre dai soliti noti, Mennitti non ha fatto altro. Io cambierei direzione: ridarei spazio e voce alle nostre radici. Oltre alla cultura “alta”, istituirei una Scuola di teatro popolare. E poi una Scuola di teatro e cinema, magari nei capannoni ex Saca».

INDUSTRIA«In cinque anni Mennitti non ha detto una parola contro l’Enel che brucia molto più car-bone rispetto al passato. Ha parlato solo del rigassificatore. Invece dobbiamo fare chiarezza su tutto e con tutte le aziende produttrici di energia».

ALLEANZE«Sono sicuro che il PD marcerà unito. Supereremo le divisioni delle primarie. Io sono per l’alleanza con tutti i partiti che si oppongo al centrodestra, quindi ben venga l’Udc, ma anche i socialisti, i repubblicani. E alla sinistra dico che non si possono più fare le barricate ma si deve costruire una alternativa».

I MANIFESTI DI MENNITTI«Si è appropriato di un evento che riguardava tutta la città, e che non è stato certo lui a volere. Del resto, cosa ha fatto dopo la visita del Papa? Nulla. Basta guardare quel piazzale a Sant’Apollinare, desolatamente vuoto. Avrebbe dovuto stampare un manifesto bianco, visto che in 5 anni non ha fatto nulla».

I TRE PILASTRI DELLA CAMPAGNA ELETTORALE«1) Sviluppo industriale rinnovato e non più legato solo all’energia ma anche all’agroa-limentare; 2) Lo sviluppo del porto: dragaggio dei fondali fino a 18 metri, per far arrivare le navi crociere. E poi via le servitù militari che ne impediscono lo sviluppo. Brindisi deve essere una “Città di mare”, aperta agli scambi con l’estero, specie con la Turchia; 3) Riquali-ficazione urbana, non vista come speculazione edilizia ma come offerta di maggiori servizi (parchi, piste ciclabili, servizi sanitari...) in tutti i quartieri. E poi una cittadella dello sport tra Sant’Elia e La Rosa: un nuovo campo di calcio, una pista di atletica, un palazzetto, e perché no? un palaghiaccio».

Il medico è il candidato del PD

ELEZIONI

Sincerità, adesso è tutto così semplice, con te che sei l’unico complice di questa storia magica

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Le dita nel naso di Dario Bresolin

Dal Vangelo secondo Mimmo:“Lasciate che la folla venga per me”Quei manifesti non offendono la gente normale, il Papa, la città. Quella è “la politica”.

Non sono nato ieri e per mestiere faccio

“comunicazione”. Ma vi giuro, e lo faccio sulla Costituzione, che mai e poi mai avrei cre-duto possibile che potesse accadere un fatto così… così… non so nemmeno io che parola usare (bugia, non la voglio usare).Scrivo nel primo giorno di primavera, ma sarà ormai una settimana che la “città vera” si interroga su di un particolare “manifesto” fatto “affliggere”, sì “affliggere” da non si sa chi e che ha come soggetto “Mennitti Sindaco”. Perdona-temi. Nella parte sinistra del pre-sunto “manifesto” c’è una foto, una foto dall’alto, che ritrae parte della folla pre-sente alla messa di Benedetto XVI a Sant’Apollinare. Ricono-scibilissimi, assurdo!, alcuni volti dei presenti. Sulla parte destra, dall’alto verso il basso, “Brindisi c’è” - “Crediamo in noi stessi” - “Mennitti Sindaco” - “www.mennittisin-daco.it”. Intorno alla scritta centrale, una fascia tricolore adagiata come se fosse una “stola” e alle cui estremità appaiono due simboli: uno è quello della città di Brindisi e l’altro è quello della Repub-blica Italiana.Immagino, con molto sforzo, quale sia il messaggio che l’autore del manifesto abbia

voluto affidare a chi lo legge. Anche se a mio avviso nessun professionista dovrebbe mai abbinare l’immagine della folla che partecipa ad una messa di un Papa al nome di un candidato sindaco o quantomeno ad un prodotto di comunicazione da propa-ganda elettorale. I pubblicitari devono sempre avere una dignità, hanno la loro cultura dei mezzi, hanno il buon senso, e dunque devono avere rispetto di chi dovrà leg-gere quel prodotto. E allora, mi sono chiesto, chi è l’autore del manifesto? Non si sa. Ho cercato la firma dell’autore così come quella del “commit-tente responsabile”. Niente. Ho pensato, tra me e me: “Adesso cerco qualcuno che ancora parla con Mennitti e glielo facciamo chiedere. Già,

Quante cose noi miseri mor-tali non capiamo!Una cosa però io credo di averla capita e spero che la capiscano tutti i candidati sindaci, veri o presunti, che si sono fatti avanti: questa città ha bisogno di essere guidata da persone vere, gente che vive valori condivisi, gente che combatte, gente che lavora, gente che saluta, gente che ha rispetto, gente che stringe le mani e non si gira dall’altra parte, gente che sorride, gente che vive in mezzo agli altri, che va anche nelle periferie a sentirne gli odori, i malcontenti, i desi-deri, le aspettative e talvolta anche i sogni?C’è un patrimonio di dignità, in questa città, che da tempo è soffocato, mortificato, costretto a sopravvivere ad ogni quotidiana intervista nella quale si esprime il “vuoto nel vuoto” anche argomentato in tanti aspetti diversi. Chi se la ricorda la scena del cappotto da impegnare, quella di “Miseria e nobiltà”? Ecco, oggi quel cappotto è così tanto logoro, tante volte voltato e rivoltato che nessun macellaio, fruttivendolo e salumiere accetterebbe più in pegno per darci in cambio qualcosa da mangiare. Basta scherzare. Adesso, ed è urgente, ci vuole un manife-sto di scuse. E questa volta ci metta la sua faccia.

OPINIONI

“Caro sindaco, ora ci vorrebbe

un manifesto di scuse. E questa

volta ci metta la sua faccia”

ma poi c’è il rischio che non lo riceverà e stiamo al punto di partenza”.Allora sono venuto in studio per concentrarmi. Non è stato facile, di fronte a cotanta maestrìa. Mi sono chiesto come mai una persona di 70 anni, che ha avuto esperienza politica, una persona che si dice molti ci invidiano… possa aver acconsentito ad una ope-

nitti, vedendo la bozza del manifesto, avesse avuto un lampo di dignità, uno “scatto di reni” come ai vecchi tempi, una “incartata” di buon senso. Invece no. Quella non è un’offesa pesantissima a delle persone normali, ad un Papa, alla dignità di una città. Quella è “la politica”. Avevo avuto l’il-luminazione!

pento e mi dolgo per il mio peccato e ho capito benis-simo che così facendo ho solo meritato i suoi castighi. Mennitti, complimenti dav-vero per il manifesto, com-plimenti per aver capito che ognuna di quelle persone che erano lì alla messa del Papa in realtà sognavano, in cuor loro, di poter un giorno apparire accanto al suo nome.

razione che ad un comune essere umano può sembrare, a prima vista, quanto meno un gesto poco elegante e di scarso rispetto per chi ha organizzato quell’evento, ma anche per chi è andato a vederlo, mai pensando di poter essere ritratto per un manifesto elettorale? Sarebbe stato bello che Men-

Allora, sindaco, nella mia veste istituzionale, non for-male, di cittadino, mi rivolgo a Lei nella sua veste istituzio-nale, di “primo cittadino” e, inchinandomi, le faccio i miei complimenti. E mi dispiace che negli ultimi tempi io non abbia anelato il suo sguardo, il suo saluto, non sia venuta ad omaggiarla, a riverirla. Mi

Adesso sembriamo due amici, adesso noi siamo felici, si litiga quello è normale, ma poi si fa sempre l’amore, parlando di tutto e di tutti...

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ATTUALITÁ

Sono stati in tanti in città a storcere il naso per quei manifesti. Ma come sempre

accade in pochi, pochissimi, parlano ad alta voce. Lo hanno fatto nei giorni scorsi i consiglieri del PD Raffaele Iaia ed Enzo Albano, puntando il dito contro la scelta di Mennitti di utilizzare la foto della folla festante per l’arrivo del Papa a Brindisi, per avviare la sua campagna elettorale per la rielezione a primo cittadino.«Una inelegante strumentalizzazione della visita del Santo Padre», l’ha definita Albano, invitando Mennitti ad oscurare i manifesti, «come atto di buon senso ma anche di rispetto verso chi è al di sopra delle nostre miserie umane».In questo numero, nalla pagina accan-to a questa, potete leggere l’opinione di Dario Bresolin sull’argomento. Abbiamo interpellato il sindaco, e ci ha spiegato la sua posizione su quei manifesti che tanto fanno discutere.

E IL SINDACO RISPONDEAnche i consiglieri del PD, Iaia e Albano, criticano Mennitti per i manifesti con la foto della folla accorsa dal Papa. Ma lui replica: «Nessuna strumentalizzazione»

DIRITTI & DOVERI di Emilio Graziuso

Ex Banca 121: condanna in Appello per i MyWay

Con una importantissima sentenza, la prima a

livello nazionale di un tri-bunale di secondo grado, la Corte d’appello di Lecce ha condannato la ex Banca 121, oggi Banca Monte dei Paschi di Siena, per le modalità con le quali l’istituto di credito ha venduto ad un ignaro rispar-miatore, tra l’altro brindisino, il prodotto finanziario deno-minato My Way.Più in particolare la Corte d’appello, dopo aver detta-gliatamente illustrato le carat-teristiche del prodotto finan-ziario, altamente rischioso per i risparmiatori, ha eviden-

ziato la violazione da parte dell’istituto dei “principi di correttezza e buona fede che devono obbligatoriamente informare il comportamento dell’intermediario nella con-clusione delle operazioni di investimento”. Ed ancora, passaggio fonda-mentale della sentenza, “nel caso di specie, la violazione dell’obbligo di non com-piere operazioni inadeguate rispetto alla posizione dell’in-vestitore è sicuramente grave, tenuto conto dell’interesse e del profilo dell’investi-tore, che è stato indotto a sottoscrivere un contratto

notevolmente penalizzante, non adeguato al suo profilo di rischio, e del conseguente turbamento dell’equilibrio contrattuale. A tal fine va tenuto conto non solo delle conseguente pregiudizie-voli dell’operazione per il risparmiatore, che ha assunto oneri gravosi, ma anche dei riflessi del contratto sull’intero sistema della gestione del risparmio che il TUF intende tutelare”.Di conseguenza, la Corte ha dichiarato la risoluzione del contratto e condannato la banca al risarcimento del danno patrimoniale patito

dal risparmiatore, pari agli esborsi monetari versati dal risparmiatore in conseguenza dell’operazione.Data l’importanza dalla stessa rivestita, la sentenza è tra quelle destinate “a far giurisprudenza”, in quanto costituisce un precedente fondamentale per altri giudizi ancora in corso nei quali si controverte sulla violazione da parte delle banche dei primari doveri di informa-zione, correttezza e traspa-renza stabiliti dal Testo Unico dell’Intermediazione Finan-ziaria, posto che gli Istituti di credito, in molte fattispecie,

hanno taciuto sia nella fase della stipula del contratto sia in quella successiva circo-stanze decisive per l’econo-mia negoziale che avrebbero permesso ai risparmiatori di effettuare scelte economiche consapevoli.

«Se avessi voluto sfruttare quell’even-to avrei utilizzato una foto che pochi in Italia possono vantarsi di avere, parlo ovviamente di un momento privato durante quella visita».«Quella che appare nel mio manife-sto, invece, è folla, ed è la più bella e qualificata che questa città abbia mai avuto. Esprime un sentimento che attribuisco alla città. Dice: adesso abbiamo speranza».Conclude Mennitti: «Quando uno fa una cosa, la gente la esprime e la valuta. Altro che strumentalizzazioni». Il primo cittadino ha concluso la sua opinione con questa frase: «Questa era una città emarginata, oggi c’è par-tecipazione e presenza. Che non viene dal cielo, viene dagli uomini».Se volete, potete dire la vostra sul nostro sito: www.tbmagazine.it. La pensate come Iaia, Albano e Bresolin, oppure state dalla parte del sindaco? Partecipate al dibattito, fate sentire la vostra presenza!

Altri due manifesti fatti affiggere dal sindaco Mennitti

...facciamo duemila progetti, tu a volte ritorni bambino ti stringo e ti tengo vicino. Sincerità, scoprire tutti i lati deboli, avere sogni come stimoli, puntando all’eternità.

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Zona Branca di Barbara Branca

Altro che elezioni, qui sembra il Grande FratelloSi parla solo per slogan. Tutti annunciano grandi progetti. Nessuno dice come farli

All’indomani delle primarie, con la nomina di uno dei tanti “anti Mennitti” nella

persona di Salvatore Brigante, il conto alla rovescia all’election-day è partito. Le “voto-scommesse” sono aperte ed iniziano a spuntare come funghi slogan e programmi politici da parte di quasi tutti i candidati delle prossime ammi-nistrative.È ancora vivo il ricordo di quando ancora bambina, passeggiando per strada, sentivo megafoni strillare appelli al voto più dispa-rati, il tutto condito dai profumi caldi dell’estate appena iniziata e dal vociare appassionato della gente, che si scaldava il cuore in nome delle ideologie. Se chiudo gli occhi, mi sembra di tornare indietro nel tempo, mi sembra di sentire ancora quei profumi, quelle voci, di vedere quei gruppi di persone che animatamente discutono e litigano su questo o quel candidato. “Sere d’estate dimenticate”, intona una nota canzone.Certo, i ricordi hanno sempre un sapore più intenso, più bello a volte della realtà vissuta, perché rappresentano il tempo che non c’è più, il tempo che rimuove i ricordi peggiori, lasciando solo i migliori. A parte questa mia imperdibile vena romantica penso che oggi si sia perso qual-cosa che animava le campagne elettorali di allora.C’era più partecipazione, si “combatteva” con e per il proprio candidato perché rappresentava una “idea di vita” condivisa, per cui valeva la pena battersi. Si credeva veramente in lui perché rappresentava il partito a cui ci si sentiva vicini, pur nell’onesta

consapevolezza che avrebbe dovuto comunque superare l’esame del consenso popolare. Non come accade oggi dove gli eletti non sono tali, non sono scelti dai cittadini, ma sono solo il frutto di designazioni dei capi partito. Una volta esisteva la consa-pevolezza dell’importanza del proprio voto, si era convinti che la “partecipazione” fosse il sale della democrazia. Ricordo che ancora pochi anni fa, la mia cara nonna, anche se molto anziana, non mancava un solo appunta-mento elettorale riprendendomi aspramente con un secco ”biso-gna votare!” se scopriva che non avevo votato. Che bello se avessimo dentro oggi quel senso d’appartenenza e quegli ideali che spingevano la mia nonna a rimproverarmi severamente. Vorrei poter sen-tire ancora il profumo di quelle campagne elettorali, quello che animava le sere d’estate di un po’ d’anni fa, quegli slogan forse

alla coalizione di maggioranza del Comune che si candidano contro il Sindaco attualmente in carica, ma che ancora sostengono. Nello stesso tempo il Sindaco si ricandida avendo come concorrenti i signori della sua maggioranza. Spettacolare!Poi, partiti e gruppetti politici che delineano alleanze impossibili per costituire cartelli elettorali funzionali solo a questo o quel candidato, considerato più o meno “capopopolo” perché capace di tirarsi dietro qualche pacchettino di voti e quindi per questo degno di essere candidato a fare il sindaco.Ancora, addirittura personaggi che dalla cosiddetta società civile si sono prestati alla politica, rinnegando quello che hanno detto fino a ieri, magari alla testa di associazioni. E così assistiamo alla sagra di slogan politici quali “Brindisi c’è” come fosse una scritta su un ponte che evoca il bisogno di comunicare l’esistenza divina. O altri come

tifosi e non, con i fumi di otto milioni di tonnellate di carbone che utilizza per alimentare le sue centrali elettriche. Ci sono poi quelli che vogliono essere valutati per quello che hanno già fatto e non per quello che faranno. In questo caso dovrebbe essere un compito facile per gli elettori, visto che in questi cinque anni appena trascorsi c’è chi ha fatto pochino, poco e chi proprio non ha fatto nulla. Ma c’è già chi una bozza di programma l’ha già scritta e parla di un generico e fantoma-tico “sviluppo sostenibile” nella città delle centrali elettriche e di una improbabile “minimetro-politana esterna”, per tornare inesorabilmente sul punto forte di tutti i candidati che io ricordi… le famose convenzioni con le società elettriche, cavallo di battaglia di tutte le campagne elettorali…Ancora, c’è chi ragiona in termini “di cambiamento radicale della società”, magari fosse possibile.

Barack Obama dice “yes, we can”… ma dice anche come, mentre i nostri candidati spesso dicono solo cosa, senza spiegare come. Ma soprattutto parlano con slogan spesso ridicoli, pensando così di essere in linea con la modernità, con quella del “Gran fratello” naturalmente, dove per diventare famosi, potenti e perchè no, fare i soldi, non occorre aver studiato, essersi costruiti una carriera, no! Basta solo parlare per slogan, dire qualche frase fatta e se hai for-tuna vinci il Grande Fratello, alla faccia di tutti quelli che si sono impegnati. Tanto il mondo è solo uno slogan, è solo apparenza.Non importa chi saranno i vinci-tori di questa battaglia politica, l’importante è che esistano pro-grammi di sviluppo seri e fattibili, che esistano uomini in grado di portare avanti i progetti e che questi uomini siano credibili, che non cambino idea a seconda dei ruoli che rivestono. Tornando ad Obama anche noi dovremmo avere chi dice “noi possiamo”, perché dobbiamo cambiare il futuro di questa città e di questa provincia, non abbiamo più tempo per nicchiare e rinunciare.Sono in trepidante attesa di persone credibili, di programmi politici seri e concreti.D’altronde, la campagna eletto-rale è appena iniziata e chi sa se un Obama, anche un Obama di provincia, si farà avanti.Se tutto ciò non dovesse esserci, cara nonna, perdonami ma… io non andrò a votare. E se lo faremo in tanti forse, qualcuno incomincerà a capire.Non votare non è bello e non è giusto, ma votare per un candi-dato incapace è cosa ancor più sbagliata.

OPINIONI

“Cara nonna perdonami, ma se non spunta

il nostro Obama, non andrò a votare. So che non

è bello, ma votare un incapace è anche peggio”

un po’ caserecci ma semplici e coinvolgenti.Ma nell’era dell’apparire e della comunicazione è il “marketing politico” che fa da padrone. E così, ascoltiamo proposte politiche che si limitano ad essere slogan, così come gli esperti di pubblicità, con lo stesso mezzo, cercano di vendere detersivi e dentifrici.In queste settimane abbiamo assistito al mercato delle vacche: esponenti di partito appartenenti

“Ora crediamo in noi stessi” come se sì fosse andati ad una seduta di analisi. E cosa dire dello spicciativo “il programma fatelo voi”… Oppure, ancora più ridicolo, “i giovani dove sono?”. Come non riflettere poi sul “portare il Brindisi in serie A…” sulla scia della squadra che scalda qualche migliaia di cuori di brindisini votati anima e corpo alla pallacanestro, con uno sponsor che invece riempie i polmoni di tutti i brindisini,

Chi insiste sulla necessità di pre-disporre un nuovo piano rego-latore generale e di un nuovo piano regolatore del porto, senza però specificarne i contenuti, per passare ai piatti forti della definizione del problema delle caratterizzazioni e delle bonifiche ed allo spauracchio del famoso impianto di rigassificazione che, data la sua importanza, ha tenuto naturalmente impegnate le attuali amministrazioni per cinque lunghi anni.

Ero a capo del mondo, i mari si sollevavano ad una mia parola, adesso di giorno dormo da solo, spazzo le strade che un tempo erano mie.

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IDEE

PROPOSTA N. 6RIAPPROPRIARSI

DEL PASSATOLiberiamo Porta Lecce e Porta Mesagne dall’abbraccio degli edifici

che le affiancano. Demolire per costruire una nuova cultura, che riaffermi la supremazia del bene naturalistico o storico. Per recuperare il senso della bellezza. Cercare di capire la nostra storia. E il nostro presente

di Guido Giampietro

Lo scrittore tedesco Michael Ende ne La storia infinita dalla A alla Z affermava: “Siamo andati avanti

così rapidamente in tutti questi anni che ora dobbiamo sostare un attimo per consentire alle nostre anime di raggiungerci”. E dal momento che il “ricongiungimento” con l’anima è un fatto troppo importante per non tenerne conto, conviene dunque fare una sosta. Per pensare. A cosa? Per esempio, al presente ed al futuro di questa città. Il che, per l’equazione temporale che lega il presente al pas-sato, significa dover riandare indietro nel tempo. E da quale luogo iniziare il viaggio? Da Porta Lecce, una delle due Porte superstiti dell’antica cinta muraria brindisina. Quella costruita dagli Aragonesi nel 1464 e completata intorno al 1530 ad opera di Ferdi-nando Alarçone, architetto militare di fiducia di Carlo V di Spagna. Ma perché una sosta proprio qui e non davanti a Porta Napoli o ad uno dei Bastioni? La scelta di Porta Lecce ha una duplice motivazione. La prima è legata allo stemma marmoreo della città di Brindisi che fa bella mostra di sé sul timpano al di sopra dell’arco. Anche se poi l’emblema cittadino risulta di più ridotte dimensioni in confronto non solo a quello troneg-giante dell’imperatore Carlo V (e fin qui la differenza ci può stare) ma

anche a quello del suo vanaglorioso architetto Alarçone. La seconda è la riflessione sulla infelice condizione della Porta, da troppo tempo (in riferimento alla mia corta memoria storica, naturalmente) “soffocata” dalle costruzioni che impunemente le tolgono il respiro. A differenza di quello che avviene nel resto del Paese ove le antiche Porte, se non rappresentano una vera e pro-pria entrata scenografica nella città, quanto meno non vengono mortifi-cate da “vicinanze” a dir poco penose. Poi, d’improvviso, a riaccendere la speranza di restituire al monumento l’aria e lo spazio ingiustamente sottrattigli, è giunta la lettura d’un avviso di vendita (già rimosso) affisso al balcone dello stabile che, come un pungolo, gli martirizza il fianco sinistro, impedendo al viandante-

E allora? Perché mai la vendita di quelle costruzioni dovrebbe chetare la rabbia per uno dei tanti affronti che, nel tempo, sono stati rivolti ai resti della nostra storia?Diceva Natalia Ginzburg: “È vero che più passano gli anni e più si accre-scono le risorse della nostra pazienza. Sono le nostre sole risorse che si accrescono. Tutte le altre tendono a prosciugarsi”. Dunque, con un po’ di pazienza, che è poi quella proverbiale dei brindisini (erroneamente confusa con l’apatia!), cercherò di chiarire meglio il mio pensiero.Da qualche anno, nel basso Salento, è stata costituita - tra gli altri dal regista Edoardo Winspeare - l’associazione “Coppula tisa” che prende il nome dal personaggio del fumetto satirico ideato da Norman Mommens e raffigu-rato da una lucertola con la coppola

“Chi ha voluto l’Officina Elettrica?

E chi la demolizione del bastione?”

costa) e, successivamente, abbatterle o comunque farle sparire al fine di restituire dignità al territorio. L’obiet-tivo, contrariamente a quanto può apparire, non è tanto la “demolizione” spettacolare (tipo quella dell’eco-mostro di Punta Perotti), quanto la “costruzione” di una nuova cultura che riaffermi la supremazia del bene naturalistico o storico, e perciò stesso da tutti godibile, rispetto a quello pri-vatistico, necessariamente egoistico. E chi se non l’Amministrazione comunale, che di tali “delitti” contro il patrimonio storico-culturale della città si è più di tutti macchiata nel tempo, può provvedervi? Anche se, ad onor del vero (come riferito dal prof. Andriani in Brindisi da capoluogo di provincia a capitale del Regno del Sud), proprio nel caso di Porta Lecce fu un sindaco - Filomeno Consiglio - a battersi affinché la Porta, già nel 1859, non venisse demolita a causa delle

turista di scorgere il congiungimento della Porta al tratto occidentale delle mura di cinta. E non è tutto! Perché, volgendo lo sguardo a destra, si notavano altri cartelli di vendita di appendici - fino a non molto tempo fa presumibilmente adibite a magazzini e/o officine - che si trovano anch’esse “appoggiate” alle vecchie mura.

all’insù, come usavano i nostri fieri contadini d’una volta. L’associazione, grazie a contribuzioni pubbliche e pri-vate, si prefigge lo scopo di acquistare costruzioni di vario genere classifi-cabili come brutture nei confronti del paesaggio (ultime, in ordine di tempo, le discariche abusive sorte, come funghi, nelle campagne e lungo la

Ero solito lanciare il dado. Avvertivo la paura negli occhi dei miei nemici. Ora la folla canta: “Il vecchio Re è morto!”.

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muraria! Come dire che si stanno volu-tamente tralasciando le altre mostruo-sità che la civica Amministrazione ha perpetrato a danno del mai troppo rimpianto Teatro Verdi, del Parco della Rimembranza, della Torre dell’Orolo-gio e via di questo passo.Dunque giustizia vorrebbe che fosse il Comune ad acquistare quei fabbricati (ai prezzi correnti di mercato, natu-ralmente!) e, dopo averli abbattuti, a sistemare convenientemente le aree così liberate. Magari con qualche panchina ed un po’ di verde che offra

la più efficace difesa del lato orientale delle mura. O fantasticare sul tram-busto che, nei momenti di pericolo, doveva esserci nei due locali voltati a botte - situati a destra e a sinistra della parte interna della Porta - adibiti a polveriere e alle esigenze proprie dei Corpi di Guardia.Ma, in definitiva, a parte una provo-catoria possibilità di “riscatto” che si offre al Comune, qual è il senso vero di questa operazione (minima!) di recu-pero? Si tratta dell’assunzione d’una “responsabilità storica collettiva sull’uso del territorio e sulla generale perdita del senso della bellezza”. Oltre che della necessità di riappropriarci della nostra storia, per cercare di capirla. Perché se non si capisce la storia non si capisce l’oggi. E qualsiasi progetto di cultura rischia di diventare un vacuo esercizio d’immagine fine a se stesso.

continue infiltrazioni d’acqua che ne avevano danneggiato seriamente la volta di copertura. Fu dunque la per-severanza di quel sindaco ad opporsi alle ingiunzioni del Comandante della Reale Piazza di Brindisi e, successi-vamente, del Ministero della Guerra, entrambe finalizzate alla demolizione delle “fabbriche vecchissime e crol-lanti”. Finché una delibera di restauro, votata all’unanimità l’1 aprile del 1860, non salvò Porta Lecce.Ma dopo? Chi ha autorizzato, dopo, la costruzione di quei manufatti che ora vengono messi in vendita? Chi, nel 1903, ha permesso d’impiantare, proprio a ridosso del corpo di fabbrica adiacente a Porta Napoli, la cosiddetta “Officina Elettrica” (il contenzioso con l’Enel, come si vede, affonda le origini molto lontano nel tempo…)? Chi non ha alzato un dito per salvare dalla demolizione il Bastione S. Gior-gio che doveva far posto alla Stazione

Porta Lecce

Ferroviaria (quando, invece, sotto la Stazione Termini sono stati giusta-mente preservati i resti di manufatti attribuibili all’età degli Antonini…)? Chi ha lasciato che venisse spazzata via la terza Porta della cinta, quella Reale? Chi ha consentito, agli inizi degli anni Trenta, la realizzazione in via Cristoforo Colombo d’una possente incamiciatura “piena”, in blocchi di tufi di càrparo, a contenimento d’un terrapieno realizzato (anche questo!) a ridosso delle mura di cinta? E chi, amministrativamente parlando, ha

“Il Comune potrebbe comprare,

abbattere, e sistemare le aree”

decretato la fine anche dell’ultimo dei Bastioni, l’Arruinado?E, si badi bene, questo “je accuse” si riferisce unicamente alla demolizione e/o sparizione di tratti della cinta

al cittadino ed al turista la possibilità di godere in pieno della bellezza di Porta Lecce e, perché no?, vedere i camminamenti di ronda, i parapetti e le cannoniere deputati ad assicurare

Un minuto prima tenevo la chiave. Quello dopo le mura si chiudevano su di me. Ho scoperto che i miei castelli si reggevano su pilastri di sale e colonne di sabbia

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TB SCRITTO DAI LETTORI

“L’unica cosa bella

che si può vedere è Acque Chiare,

ma pure lì, quanti problemi...”

...Per qualche motivo non posso spiegare. Quando capisci che non c’era mai, mai una parola onesta. Così era al tempo in cui ho regnato.

La brutta Città d’acquaLa costa brindisina? Sembra Baghdad bombardata. Case demolite, rifiuti, zone militari abbandonate, la piscina dimenticata, lidi inutilizzati che, chissà per quale motivo, non vengono venduti ai privati. Cronaca di una passeggiata domenicale in moto, che ti lascia l’amaro in bocca...

Domenica mattina mi alzo di buon ora. C’è un sole accecante che riesce ad entrare ovun-

que. Bellissimo, si comincia a sentire quel calore della primavera con tutti i suoi profumi. Sveglio mia moglie e le propongo una passeggiata in moto al mare. Una doccia veloce e su’ il giubotto da centauro. Prendiamo la statale per Bari, voglio andare a Penna Grossa, i colori del mare in quel posto sono unici. Durante il tragitto penso a tutti quegli amici che sono al Nord per lavoro, e che quando scendono parlano di quelle città che io conosco, col petto in fuori: «Noi le carte mica le buttiamo per terra», «Noi abbiamo un sacco di servizi li sù». Ma lacosa che non sopporto è quando dicono: «Noi vorremmo anche scendere, ma questa città che futuro potrà mai dare ai nostri figli?». Io mi sgolo a dire: «Ma come, qui ora ci sono le università». Ma quali università, poi un giorno andranno via, così come abbiamo fatto noi. Io invece sono riuscito a tornare nella mia amata,e non andrei più via.Arrivati a Penna Grossa, il vento col profumo del mare ci assale. Sarà che siamo poveri e abbiamo poco, ma tutti quegli amici al Nord tutto questo profumo e questi colori, che d’inverno con le giornate di sole è ancora più

bello, non li hanno. Tutto orgoglioso della mia terra e del mio mare con i suoi colori, ora verde poi celeste e ancora azzurro in fondo, emozionante. Dopo un po’ io e Vale decidiamo di tornare verso Brindisi costeggiando la litoranea. Lei mi chiedeva: «Ma qui cos’è? E io, come tutti gli uomini accanto alla propria compagna, rispondevo con la presunzione che distingue l’uomo, «le so tutte!».I pensieri però erano tantissimi, guarda quant’è bello lì, “minchia come siamo fortunati noi brindisini”,

lumaca, proprio per non perdermi nulla di quello spettacolo naturale. Ecco Giancola, madò Valentì, se un giorno vinco il Superenalotto vado dal

pensavo. Dopo lido Azzurro vedo uno stabilimento balneare diroccato, con della pittura ci hanno scritto sulla parete “Oasi”. Quando ero ragazzetto

proprietario di quella torre e facendo lo spaccone gli dico: «Questo è l’assegno,la cifra mettila tu. Ma ti rendi conto che si affaccia proprio sull’ac-qua? Poi un’amica mi dice che non si può vendere perchè il proprietario è lo Stato e lui ce l’ha solo in concessione. Continuo in direzione Brindisi, ma qualcosa mi turba, e non poco. Che schifo ci sono discariche ovunque, è tutto sporco, possibile che non sap-piamo neanche tenere bene una cosa nostra di così rara bellezza?Quanta gente si vedeva lungo quella via, ragazzi con i motorini, famiglie con bambini (dice che lo iodio ai bambini fa bene, penso ai poveri bam-bini dei miei amici al nord che non possono respirarlo,ma in compenso avranno università e lavoro...). Non c’è un bar, un posto dove fermarsi, dove prendere un caffè e magari incontrare persone che ormai hai perso di vista.

ci sono venuto qualche volta, però cavolo, una sistemata la potevano dare! Continuo ad una velocità da

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WWW.TBMAGAZINE.IT TB 19...La gente non si rendeva conto di cosa sarei diventato. I rivoluzionari aspettano la mia testa su un piatto d’argento. Chi vorrebbe mai essere re?

La passeggiata continua: guarda Acque Chiare, che bel villaggio, però che gran casino. Possibile che non c’è una cosa che fili liscia in questa città?Subito dopo c’è il vecchio stabili-mento Acque Chiare, con un mare bellissimo e ruderi di vecchie case distrutte e lido che è in quelle con-dizioni da quando ero piccolo. Mi sa che questa passeggiata mi sta facendo male, penso ad un certo punto. Con-tinuo, ma il mio sguardo e i miei pen-sieri non sono più rivolti alle bellezze naturali, ma alle catrastofi causate dal brindisino. Ora l’immondizia la si nota anche se non vuoi farci caso, è una discarica a cielo aperto, ovunque. E parliamo di Napoli, ma siamo cretini o ciechi in questa città? Piu’ mi avvici-navo a Brindisi, piu’ notavo il disastro ambientale. Ecco Sbitri, per rendere migliore l’idea di come mi sento guar-dando quel posto, mi sento come uno al quale hanno dato un calcio nelle “palle”, credo che sia il modo giusto per farmi capire quando dico cosa sento guardando Sbitri. Ora sono vera-mente incacchiato, non è possibile tutto questo.Quando ero piccolo questi posti non erano Rimini o su di lì, ma non erano neanche delle discariche nell’indif-ferenza generale. Ma quanto lavoro potrebbero dare questi luoghi? Quanta gente verrebbe a Brindisi per le vacanze se fossimo stati migliori in passato, o anche solo nel presente. Arrivo al campeggio internazionale, e ricordo che quando ero piccolo ci sono stato con la mia famiglia e i miei zii. Ricordo che dalla strada si vedevano dei pali altissimi, sui quali sventolavano bandiere di altre

nazioni, Grecia Spagna Inghilterra, mi piacevano tantissimo. Di fronte c’era la piscina, era bellissima, e ora sembra che siano appena terminati i bom-bardamenti. Altro che striscia di Gaza. Maledetto a me e che sono voluto uscire stamattina. Mi sono rovinato la giornata.Carissimo direttore, ti scrivo perchè ho deciso di protestare, e ti chiedo aiuto.Prima però per rendere l’idea di come vedo Brindisi e i brindisini vorrei che tu immaginassi una cosa. Imma-

Ecco, caro direttore, come mi sono sentito io ieri. Brindisi è stata violen-tata nell’indifferenza generale, com-presa la mia. Insomma sono tornato a casa che ero a terra, ho pensato a tutti quei candidati politici che in questi giorni sfilano nelle tv locali. La cosa grave è che non dicono più neanche cose belle, del tipo faremo questo o faremo quest’altro, ora sono così sicuri di andare comunque a governarci che non si sforzano neanche di rac-contarci le belle storie. L’altro giorno

faranno nulla una volta eletti, ma non s’impegnano neanche a raccontarti balle, mi sa che preferivo i vecchi Pascali, almeno uno stadio in plastico ce lo fece vedere. Chiedo scusa, anche questi hanno parlato di stadio e palaz-zetto nuovo, ma solo ora che si rivota. Insomma direttore, è da ieri che penso a come posso ribellarmi a tutto questo. Tanto ormai i candidati sono sempre quelli,le stesse facce, gli stessi vagabondi che faranno l’ago della bilancia al ballottaggio, chiedendo in cambio un assessorato o una presi-denza di una società dove il comune è azionista.Allora ho pensato: il mio diritto di andare a votare, cacchio, è mio e me lo tengo. Allora faccio un’al-tra cosa, visto che comunque non riuscirò a far cambiare le idee di molti miei amici, ho deciso di vendere il mio voto. Bravo,hai capito benissimo, io vendo il voto al migliore offerente. Se non altro avrò migliorato il mio tenore di vita per un breve periodo. Questa ovviamente è solo una provo-cazione. Il mio motto è quello di Diego Abatantuono nel film “Mediterraneo”: «Distruggerete anche il mio paese, ma almeno non potrete considerarmi vostro complice».

Omar Miacola

Nelle foto di questa pagine, da sinistra in alto: stabile demaniale abbandonato; i ruderi di Lido Poste e della Piscina comunale; la spiaggia della Marina Militare. A sinistra, in basso, i resti delle case demolite due anni fa a Sbitri.

“Brindisi è stata violentata

nell’indifferenza generale di tutti,

me compreso”

gina di stare per i fatti tuoi e sentire gridare aiuto da una voce di donna. Queste grida sono sempre più forti e disperate, ma tu pensi: «Tanto ci sarà qualcuno che andrà a vedere cosa è successo a sta ragazza». Le grida sono più forti e disperate e alla fine decidi di andare a vedere cosa è accaduto. Arrivi di corsa e trovi una scena ter-ribile, ormai sei arrivato in ritardo. Una bellissima ragazza ti dice che ha subito una violenza, pensi a quanto sei stato stupido, eppure le grida di aiuto le hai sentite, potevi impedire che si consumasse una tragedia del genere. Lei piange, ha qualche livido e tu disperato cerchi di aiutarla, di fare qualcosa, ma ti vergogni con te stesso perchè avresti potuto fare qualcosa.

sentivo uno che diceva: se possono prendere le impronte digitali ad un parlamentare, non vedo il motivo per cui non possono prenderle all’ultimo dei cittadini. Un altro? Eccoti servito: «A Brindisi abbiamo un problema serio, il problema degli asili nido. Le donne che lavorano non sanno a chi lasciare i figlioli», e tutti ad applau-dire, mi sembrava lo zio di Jonny Stec-chino quando diceva che il problema a Palermo era il traffico. Parlare da candidato sindaco a Brin-disi è la cosa più facile del mondo. È come quando alle scuole elemen-tari la maestra diceva: «Tema: testo libero», e potevi parlare di quello che volevi, potevi spaziare come ti pareva. E invece no, non solo sanno che non

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Giorni fa, alcuni amici ormai fuorisede mi hanno pro-posto di condividere con

loro il primo sole incoraggiante di marzo passeggiando per le vie del “Monumento”. Questo originale punto di ritrovo di noi giovani casalini ci ha ospitati per rimpatriate, confessioni, amori, e senza dubbio per oziare dinanzi al panorama suggestivo che offre. Il “Monumento” non è solo una struttura commemorativa, per il sotto-scritto rappresenta una sorta di Eden verso il quale rifugiarsi anche quando si è solitari e si cercano ispirazioni. Per alcuni di noi quelle strade, con tutto il loro “arredamento”, rappresentano la nostra seconda casa, anche quando di prime case ne abbiamo dovute cam-biare troppe. Manca lo zerbino con la scritta Benvenuti e sarebbe una reggia perfetta. Sono rimasto “percosso e attonito” quando ho scoperto che qualcuno negli anni si è preso la briga di profanarla, deturpandone la bel-lezza con curiose ed anonime scritte a bomboletta sulle pareti circostanti. Ogni volta che ci ritornavo non potevo fare a meno di essere dispiaciuto che l’amore per una 13enne da un 14enne potesse essere riproposto in varie tinte ed a caratteri cubitali all’attenzione dei presenti. Non è che non riesca a comprendere la voglia e la sua intensità… non capisco però come un brindisino possa lordare un simbolo memorabile di fianco al quale molti turisti avrebbero voluto fotografarsi senza portar a casa quel lussurioso “Cosimina ti amo alla follia”, taggato da quel poeta coraggioso di un Anti-mino a caso.Tutti gli artisti, anche se di bassa lega, sanno di essere eccelsi, ma qui non si parla di decoratori e soprattutto non si parla di writers veri. Trattasi di ragazzini invaghiti più delle loro trovate che del soggetto per il quale consacrano passione eterna. Parlasi di autentici inconsapevoli, educati alla diseducazione civica. Tutti amiamo le attività artistiche, anche i cosiddetti graffiti sono frutto di talentuose menti sognatrici e creative. Non disdegno

questi lavori e capolavori su mura diroccate di costruzioni sconosciute, ma evidenzio e mi allibisco dei grandi “geni” che senza la minima ponde-razione mentale hanno disonorato le ancore d’epoca collocate ai lati del Monumento con una bomboletta rosa shocking, che di certo non le rende più fashion agli occhi dei viandanti, coatti partecipi delle loro testimo-nianze passionali.Mi allieta l’esistenza della bacheca facebookkiana in alternativa a quegli ormeggi considerevoli e datati, da sempre protagonisti degli scatti essen-ziali del brindisino medio.Sicura-mente sarebbe vantaggiosa un’azione politica per spodestare i maestri di bomboletta improvvisati e non. Biso-gna lottare contro i vandali e innalzare gli artisti. Se solo si potesse avere a disposizione qualche brandello di muraglia sfitta anche io sarei felice di regalarne un contributo a grafia colos-sale che reciterebbe: «Ragazzi, ci son rimasto male!».

Emanuele Vasta

Potete inviare i vostri articoli a: [email protected],

oppure a [email protected]

BASTA CON GLI SCEMPI!Il Monumento al Marinaio e le sue ancore deturpate da stupide scritte, lasciate da giovani più invaghiti delle loro trovate che della persona alla quale giurano amore eterno. Ma non gli basta Facebook?

Sento le campane di Gerusalemme suonare, i cori della Cavalleria di Roma cantare.

TB SCRITTO DAI LETTORI

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INTERVISTA

D R&DOMANDE&RISPOSTE

“L’INDUSTRIA METANIERA NON HA MAI REGISTRATO MORTI O INCIDENTI GRAVI”

Antonio Giunta, candidato sindaco dell’Italia dei Valori. Da solo contro tutti. La sua sembra una missione impossibile.E invece noi ci crediamo. In città è palpabile il malcontento nei confronti dell’amministrazione uscente di centrodestra, ma anche la voglia di qualcosa di nuovo. Noi cerchiamo di dare voce e volto a questo malcontento.Come?Proponendo una lista di 40 volti nuovi: tra di loro non troverete nessun vecchio consigliere comunale. E non c’è gente che si candida perché è in cerca di una occupazione. Noi non promettiamo posti di lavoro a nessuno. Ma una svolta vera, quella sì.Perché non siete insieme al PD?Perché se non avessimo avuto un nostro candidato, avremmo svilito il nostro progetto di rinnovamento. Noi vogliamo discontinuità rispetto al passato e al presente. E vogliamo parlare di programmi. Non di persone o di incarichi. Inizi a farlo, allora.Intanto il nostro è un programma “aperto”, che stiamo arricchendo giorno per giorno attraverso le proposte dei cittadini che si stanno avvicinando all’Italia dei

Informazione elettorale. Committente responsabile: Antonio Giunta

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ANTONIOGIUNTA“Buongiorno Brindisi”È il più giovane dei candidati sindaci. A 33 anni prova a dare fastidio ai vecchi nomi e ai gruppi di potere. In nome della discontinuità. Con il partito di Di Pietro, una lista fatta esclusivamente di volti nuovi, ed un programma aperto al contributo di tutti i cittadini, che possono proporre suggerimenti anche da Facebook

WEBLINK www.italiadeivaloribrindisi.it

Valori. Riceviamo suggerimenti e consigli dalla gente che ogni sera si riunisce nella nostra sede centrale. Ma ci arrivano anche tante email, e perfino Facebook è stato prezioso per inserire nel nostro programma dei consigli utili. Iniziamo dallo slogan.“Buongiorno Brindisi”: in due parole c’è tutto il senso del nostro progetto politico. Vogliamo che questa città si risvegli. E si liberi.Da chi o cosa?Dalle incrostazioni, dai gruppi di potere. Il primo punto del programma lo abbiamo intitolato “Brindisi libera”: aeroporto, porto e costa, tre nodi cruciali per la città, non godono di libertà e non possono essere sviluppati.A che sviluppo pensate?Ad un patto per il rilancio, basato su industria chimica, energetica ed aeronautica. Noi non siamo quelli che ostacolano lo sviluppo e dicono no a priori a qualsiasi progetto di investimento. Vogliamo concretezza nell’azione politico-amministrativa.Chiediamo che si firmino le nuove convenzioni, ma anche che ci siano degli organi di controllo che verifichino il rispetto dei

patti. Ma vogliamo anche che le aziende energetiche non siano additate come il nemico, ma si sentano e si comportino come parte integrante del territorio. No al muro contro muro.Parlate solo di economia?Altroché! Parliamo di politiche sociali e vogliamo un’Amministrazione comunale che finalmente dialoghi e collabori con le associazioni di volontariato. Ma lo sa che i nostri Servizi sociali non conoscono la povertà esistente sul territorio? Mi riferisco non solo alla povertà economica, ma anche alla povertà di servizi, di occasioni per i giovani.A proposito di giovani, immagino, vista la sua età, che avrà un occhio di riguardo per loro.Certamente, ma non solo a parole. Proponiamo progetti concreti. Non vogliamo uno sportello Informagiovani (che peraltro ora è chiuso) che dica ai nostri ragazzi: «Ci sono posti di lavoro a Bologna». A che serve? Noi i giovani vogliamo farli rimanere qui. Allora: ci sono in città 25 istituti bancari. Se ci sono vuol dire che qualcosa la guadagnano. Bene: chiediamo

loro di finanziare la fase di lancio, lo start-up, delle nuove aziende che i nostri giovani vorranno aprire. Non ci perderanno nulla, anzi, guadagneranno ancora di più da un territorio più ricco. E chiederemo anche di sostenere, con politiche di credito più incisive, le aziende già esistenti. E a proposito di imprese: proponiamo sgravi sulle bollette energetiche e sulla Tarsu.Politiche sociali.Altro tasto dolente. Ma lo sa che a Brindisi abbiamo una cooperativa convenzionata con il Comune ed incaricata di condurre in ospedale gli anziani che hanno bisogno di cure mediche e non hanno mezzi per raggiungere il Perrino?No.Ecco, come lei migliaia di brindisini non sono al corrente dell’esistenza di questo servizio. Che senso ha? Questa è una città disgregata, noi vogliamo aggregare. E si fanno politiche sociali anche chiedendo (così come facciamo nel nostro programma) che non vi siano più strade buie. Si faccia un giro di sera in via Sicilia, al quartiere Sant’Angelo, e in altre strade della città: buio pesto. Noi lanceremo il “progetto luce”:

nessuna strada cittadina dovrà più restare al buio.Avete anche una idea per il vecchio cinema Di Giulio.Sì, vorremmo farne un contenitore alternativo al Verdi. Capisco che per motivi economici nel nuovo teatro possano trovare spazio solo gli spettacoli più importanti, ma la cultura teatrale locale deve avere un suo spazio. Ne ha tutto il diritto.Non abbiamo parlato di commercio.Ma stiamo pensando a dei progetti anche in questo settore. Per esempio, per quanto riguarda l’occupazione del suolo pubblico con tavolini e sedie, proponiamo di estendere il periodo di ammissibilità da tre a 12 mesi, e non solo al Centro. E se poi alcune stradine sono troppo strette per consentire la presenza dei tavolini e lo scorrimento del traffico, allora blocchiamo le auto, non le attività commerciali.E riduciamo il canone per l’occupazione del suolo pubblico.Come deve essere il prossimo sindaco?Diverso da quelli visti finora. A questa città serve un sindaco che sappia essere promotore di sviluppo.

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LA NOSTRASCUOLA

AI TEMPI DEL

FASCIO

Dai documenti dell’archivio della scuola San lorenzo, che dal 22 aprile saranno messi in mostra nella

“Stanza della Memoria”, si possono ripercorrere gli anni del Duce e i riflessi che la politica aveva in classe.

di Katiuscia Di Rocco*

*Direttrice della Biblioteca Arcivescovile A. De Leo

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Sugli archivi scolastici si è da diversi anni orientata l’atten-zione di insegnanti, dirigenti, Enti locali, Istituti di ricerca.

A promuovere questo interesse hanno contribuito la diffusione di riflessioni e pratiche didattiche imperniate sulla pro-posta del Laboratorio di Storia e ricerche storiografiche di più ampio respiro. Su questi temi le sezioni didattiche di vari Istituti soprattutto del Nord Italia (Veneto, Piemonte, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna) hanno lavorato producendo interessanti ricerche, come testimoniano le varie iniziative intraprese nel corso degli ultimi anni. Gli archivi scolastici sono diversissimi tra di loro e quello custodito dal 2° Circolo Didattico “San Lorenzo” di Brindisi è la scoperta di un piccolo tesoro: un pezzo di storia e cultu-ra cittadina in cui traspare una scuola produttrice e conservatrice di memoria, deposito di tracce delle persone che l’hanno abitata nel tempo. L’archivio custodisce le carte prodotte dall’isti-tuzione scuola, dalla segreteria, dalla direzione: registri di protocollo, la parte amministrativa, i fascicoli degli alunni e degli insegnanti, i registri generali dei voti, registri di inventario, i verbali delle riunioni, le circolari. Carte sparse e raccolte con criteri diversi fino al 1927 e dal 1928 classificate secondo direttive ministeriali.Ad esempio, l’Ordinanza Ministeriale del 10 gennaio 1924 introduceva nel registro di Classe uno spazio dedicato alla “Cronaca della scuola”, nel quale il docente doveva segnare i fatti salienti della vita scolastica. Nelle intenzioni dell’ideatore Giuseppe Lombardo Radice, al quale si devono i programmi della scuola elementare del 1923, ciò avrebbe permesso di “scoprire il segreto della effettiva scuola, (…) di sorprendere la scuola nella sua vita, esaminare i docu-menti, freddi per solito, ma mai tanto da non tradire la personalità del maestro”. Al di là della funzione di controllo degli insegnanti sugli allievi, dei direttori sugli insegnanti, le cronache rappresentano oggi uno dei documenti più interes-santi per cogliere la vita della scuola e dei soggetti implicati, il rapporto tra avvenimenti politici e il loro riflesso nelle aule. Ad esempio la chiusura delle scuole occupate dai soldati che sarebbero dovuti partire per l’Albania veniva così raccontata in un registro del 1939: “Albania, un nome caro ma che suscitava sempre nell’anima di chi ricorda, di chi non dimentica, un’eco dolorosa, associandosi alla rievocazione di tristi giorni di rinunzia, che avevano reso inutile il sacrificio delle migliaia di soldati caduti nella guerra mondiale

(…) ma il fascismo riparatore di vecchi torti dopo Adua ha vendicato Valona”; o ancora dopo le leggi razziali le maestre riportavano alle piccole discepole come il Regime avesse “direttamente o indiret-tamente avuto un rapporto con la sanità della razza”; le inique sanzioni per le quali “tutte le Nazioni, ben 52, cercava-no di farci morire di fame, ci volevano far perire strangolati, desideravano che i vostri genitori imitassero quel fattaccio del Conte Ugolino che prima l’uno e poi l’altro dovette divorare i propri figli”; l’anniversario della stipula dei trattati la-teranensi; la difficile ricostruzione dopo

teressante prospettiva di osservazione delle vicende cittadine, restituendo una geografia della scuola che si modifica seguendo eventi politici, congiuntu-re economiche o calamità naturali, prospettiva che sul territorio brindisino è ancora terreno inviolato. I pannelli insieme a bacheche nelle quali saranno esposti a partire dal 22 aprile oggetti di-dattici storici conservati all’interno della scuola, avranno sede in una “stanza della memoria”: una storia visiva delle generazioni che hanno abitato la città di Brindisi e percorso momenti storici importanti. Le tappe percorse sono state

formazione storica degli alunni che saranno i cittadini che avranno il dovere un domani di interagire con la città. La selezione di fonti, il confronto degli oggetti e delle persone di oggi con quelli del passato e la distinzione di alcuni tipi di fonte storica orale e scritta, infatti, renderà possibile la predisposizione di itinerari didattici e laboratori di storia an-che attraverso l’utilizzo di fonti incrociate conservate presso altri enti. La proposta è nata da un’esigenza di in-contro tra due mondi quello della scuola e quello della costruzione di una co-scienza civile attraverso la storia che per non rimanere impermeabili l’uno all’al-tro, necessitano di momenti di comuni-cazione, di scambi continui di contenuti, di metodologie e di professionalità. Vi è infatti un rapporto diretto tra la studio interattivo della storia e le scuole, una osmosi che coinvolge da molto tempo professionalità, ricerca, informazione, didattica e dovrà assumere sempre più la forza tipica delle collaborazioni preziose e necessarie. Il documento d’archivio è il punto di partenza per la costruzione della microstoria e della storia della mentalità, in grado di rendere protago-nisti i ragazzi che, coinvolti nei laboratori didattici, scoprono un nuovo e diverso

approccio alla storia: diretto e immediato. In particolare nel corso dell’ultimo decennio, almeno a partire dalla direttiva con la quale il Ministro Giovanni Berlinguer conferiva speciale importanza allo studio della storia del XX secolo e con l’istituzione del “Gior-no della memoria”, le iniziative delle istituzioni scolasti-che per la diffusione e la conservazione della memoria storica sono andate

intensificandosi mettendo in evidenza come la ricerca documentaria sia importante per una didattica della storia più incisiva ed efficace e per la tra-smissione di una memoria consapevole e attiva. Un archivio scolastico motiva gli alunni e tutta la comunità cittadina ad un senso di appartenenza e alla ricerca della propria storia, e consentendo di lavorare sui documenti originali motiva ad una consapevolezza forte e decisa. Un dovere morale, un imperativo cate-gorico al quale non ci si può sottrarre in un momento in cui parafrasando Oriana Fallaci “tacere diventa una colpa e parla-re diventa un obbligo”.

STORIA

la fine della guerra quando si sentiva l’esigenza di creare delle fondamenta che non sarebbero più dovute crollare: “la formazione della coscienza sociale, morale e civile delle nuove generazioni”. Si possono ricavare anche dati utili per una storia sociale: le ben evidenti diffe-renze di classe, le osservazioni sulle con-dizioni fisiche e di salute, le annotazioni puntuali per l’abbandono scolastico e per l’emigrazione. Si tratta inoltre, come osserva la storica Silvia Cassano, di una delle rare forme di scritture delle maestre, pioniere alle quali fu chiesto di sbozzare per sé un nuovo modo di essere e di agire intorno ad un progetto di comunità nazionale che prevedeva dalla riforma del 1883 la formazione del cittadino elettorale attraverso la scuola e la diffusione dell’alfabeto.La ricostruzione storica del 2° Circolo di-dattico di Brindisi che si è intesa portare avanti e riprodurre in pannelli perma-nenti grazie alla collaborazione e alle ricerche effettuate dal CRSEC di Brindisi, diretto da Silvana Ungaro, offre un’in-

un censimento degli archivi storici scolastici, presenti in provincia di Brin-disi; la produzione di materiali didattici utilizzabili all’inter-no di laboratori sulla storia dell’istituzione scolastica e sui rapporti tra scuola e società italiana tra Ottocento e Nove-cento; ed infine una mostra di materiali documentari esemplari, provenienti dagli archivi della scuola coinvolta nel progetto. Fin dal gennaio 2009 la direttrice didattica dottoressa Angela Citiolo ha premuto moltissimo sulla valorizzazione dell’archivio scolastico della scuola S. Lorenzo anche grazie alla collaborazione della Soprintendenza Archivistica per la Puglia-Sezione archivi scolastici e della Fondazione Biblioteca Pubblica Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi. Il primo intento è stato e sarà curare una

“Tutte le Nazioni vogliono farci morire di fame”, dicevano le maestre alle alunne

I miei missionari in terra straniera: che siano il mio specchio, la mia spada, il mio scudo.

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ARTI & CULTURE

SOS dalla “Corte delle Botteghe artigiane”

LIBRI

Storie e luoghi brindisini«Piazze, luoghi, quartieri di Brindisi.Storie, racconti e leggende». È il nuovo libro di Antonio Caputo, edito dalla Hobos/Edizioni, in vendita nelle librerie della città e nelle principali edicole. Si tratta di una interessante ricerca sulle origini - tra storia, curio-sità, aneddoti e leggenda - dei quar-tieri e delle maggiori piazze della città.Dopo “Memorie Brindisine”, “’Ncera na vota” e “’Ncera na vota 2”, questo è il quarto libro che Antonio Caputo, uno dei maggiori esperti di storia brin-disina e di tradizioni locali, pubblica per la Hobos Edizioni. Prezzo di coper-tina € 12,00.

Presidio di lettura al circolo ArciPromuovere la lettura, l’amore per i libri e la passione per le parole scritte con semplicità e naturalezza. È questo lo scopo principale che si prefigge il “Presidio di lettura” costituito presso il circolo Arci “45 Rosso”, che ha sede a Brindisi, in via Filomeno Consiglio 45. Appuntamenti fissi per i compo-nenti del Presidio sono il mercoledì alle 20,30 e il sabato alle 18,30. Il presidio organizza inoltre incontri con gli autori, locali e non, e piccoli eventi che hanno al centro la lettura e l’amore per i libri. È aperto al con-tributo di tutti e intende agevolare lo scambio di opinioni sui testi e sugli argomenti di maggiore interesse. Per chi volesse aderire al Presidio, invi-tiamo a contattare il responsabile del “45 Rosso”, Daniela Masiello, presso la stessa sede del circolo; recapito telefonico 347-8280116.

Mi sono vestita con gli abiti del viaggiatore curioso e avido di conoscere il luogo che lo accoglie, partendo dal certo e con-solidato, verso le oscure memorie che celano misteriosi tesori. Così muovendomi da Palazzo Granafei-Nervegna, custode maestoso di cultura e arte, soffermandomi ad osservare con attenzione lo spazio intorno a me, non ho potuto ignorare un piccolo cartello ligneo, una semplice freccia, non facilmente visibile ai più, sicuramente distolti dalla presenza prepotente del Teatro Verdi, che giganteggia beffardo e incurante del resto, meno visibile, ma di ben più lunga memoria. Su, la scritta, “la Corte delle botteghe Artigiane”... e così, incasto-nata nel quartiere di San Pietro degli Schiavoni, come perla che riluce, l’ex Convento delle Suore Pie, che accoglie le botte-ghe di sette Maestri d’arte (Maria Concetta Malorzo (foto), vetri d’arte; Mino Pica, lavorazione della cartapesta e terracotta; Angela Potì, creazioni di plastica riciclata; Carmen Mazzeo Inchiostro, copie d’Autore; Lucia Calò, creazioni e decorazioni; Ornella Carbonara, ceramiche; Dorina Delle Donne, ricami e merletti) costituitisi in un’associazione che prende il nome, appunto, de “la Corte delle botteghe Artigiane”. Qui pare che il tempo si sia fermato, interrotto solo dal rumore degli attrezzi, dal calpestio dei passi e dal vociare sommesso degli operosi artisti; c’è tanta alacrità, commisurata, però, ad altrettanto sconforto; i Maestri Artigiani ci dicono, infatti, che sono sfi-

Giovedì 9 aprile 2009, alle ore 18, presso lo spazio espositivo di via Calvario 77 ad Erchie, sarà inaugurata la mostra foto-grafica a cura del professor Massimo Guastella, “Città dell’ulivo e della vite, il Salento contemporaneo fotografato”. La mostra collettiva (a cui partecipano: Pippo Affinito, Nico Barile, Carlo Elmiro Bevilac-qua, Fernando Bevilacqua, Stefano Bra-mato, Federica Bruno, Arianna D’Accico, Angelo Locorotondo, Claudio Longo, Gio-vanni Membola, Terasia Panagrosso, Ales-sandro Rodia, Ida Santoro, Giuseppe Scar-ciglia, Luigia Scardicchio, Carlo Michele Schirinzi, Gabriele Spedicato, Massimi-liano Spedicato, Francesca Speranza, Pio Tarantini) è organizzata da UN.I.C.A ed è

patrocinata dalla Camera di Commercio di Brindisi, dall’Università del Salento, dalla Facoltà di Beni Culturali e dal Dipartimento delle Arti e della Storia, dalla Lega Coop e dal Credito Cooperativo cassa Rurale ed Artigiana di Erchie. Gli scatti dei fotografi-artisti, tutti salentini, non celebrano retoricamente i due “motivi”, vite e ulivo, ma più in generale il paesaggio salentino, per capirne l’approdo dopo lo scorrere di una millenaria civiltà attraverso i diversi aspetti estetici. Ma non solo fotografia, perché suggestiva sarà anche l’opera di Carlo Michele Schirinzi, giovane video-maker già affermato a livello nazionale, che propone una videoinstallazione tra guerra e pace in cui costante è la pre-

senza di un ulivo. Dalle opere scaturisce, dunque, una percezione del paesaggio tra tradizione, lirismo e contemporaneità e questo è ben interpretato sia dai gio-vani artisti che da figure professionali di spicco presenti quali Pio Tarantini, Fernando Bevilacqua, interpreti della fotografia artistica salentina.Generazioni a confronto, quindi, che ritraggono l’ulivo, simbolo del territorio salentino ormai da generazioni!L’iniziativa si svolge nell’ambito delle festività erchiesi per la patrona Santa Lucia , che quest’anno vedrà la presenza delle reliquie provenienti da Siracusa e il gemellaggio tra i due comuni.

Stefania Fontana

duciati, che attendono la possibilità (attraverso un concorso bandito dal Comune) di divenire affittuari dei locali, che per ora hanno solo in comodato d’uso, in scadenza ad aprile. Le loro, sono arti antiche che ci riportano ai mestieri di un tempo, ormai quasi abbandonati, ma le opere, le creazioni son ben lungi dall’essere passate. Sono, invece, all’avanguardia con i tempi, in linea con le esigenze ecologiche e ambientali dello sviluppo sostenibile; così, le creazioni dell’architetto Angela Potì (vincitrice nel 2001 della borsa di studio della Regione Puglia sul Tema della ricerca scientifica) in synplast, il materiale in plastica riciclata lavorato da un’azienda che produce arredo urbano. Le sue opere insieme a quelle di Maria Concetta Malorzo (Vetri d’Arte), sono state esposte al “La Dolce vita Show” di Londra. Maria Concetta Malorzo presidente dell’associazione, è uno dei pochi artisti in tutto il mondo che conoscono ed utilizzano la tecnica del “venedego”, brevettata dal maestro Silvano Zamburlin. I Maestri d’arte, ognuno con la propria sapienza di studio ed esperienza creativa, possono essere e divenire un bacino importante per lo sviluppo del territorio, sia come detentori di cultura e tradizione, sia di tecnica ed innovazione, da trasmettere alle future generazioni per un recupero dei localismi in un’ottica di avanguardia e di crescita della città.

Francesca Alparone

MOSTRE Il Salento in fotografia

Per qualche motivo non posso spiegare. So che San Pietro non chiamerà il mio nome Mai una parola onesta. Così era al tempo in cui ho regnato.

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FUTURO

Fino a qualche anno fa i neo-diplomati brindi-sini che volevano pro-seguire gli studi nella propria regione, dove-

vano scegliere fra le sedi universitarie di Bari e Lecce.Di recente, però, è stato istituito un plesso universitario a Brindisi (sede decentrata dell’Università di Bari) che attualmente offre corsi di laurea triennale in Economia aziendale, Informatica, Progettazione e gestione delle attività culturali e corsi di laurea specialistica in Amministrazione e consulenza aziendale ed Economia e management delle organizzazioni marittime e della logistica.Nonostante la promozione pubblici-taria e nonostante venga data la pos-sibilità agli studenti di rimanere nella propria città l’affluenza ha deluso le aspettative.Per l’anno accademico 2008/09 si registrano, infatti, solo 20 immatrico-lazioni al corso di laurea in Ammini-strazione e consulenza aziendale, 10 immatricolazioni al corso di laurea in Economia e management delle organizzazioni marittime e della logi-

stica; meglio le immatricolazioni ad Economia aziendale: 140 iscritti.Cos’è che manca allora per dare slan-cio all’Università di Brindisi?Domanda posta a qualche studente

iscritto, osservatore diretto di questa realtà. Claudio Panareo, frequentante il primo anno di informatica, dice: “Forse la poca affluenza è dovuta al fatto che Brindisi non è proprio una città per noi ragazzi e quindi la scelta universitaria è spesso un pretesto per cambiare città. Brindisi, per essere considerata a pieno titolo città univer-sitaria, dovrebbe dare la possibilità a noi studenti di poterla vivere. In molte città universitarie esistono agevolazio-ni e convenzioni presso negozi, pub, teatri… ecco, questa potrebbe essere un’idea. Brindisi è una bella città e comunque l’introduzione dell’Univer-sità è già un passo avanti per renderla più “giovanile” anche se secondo me bisogna ancora lavorare molto. Non essere numerosi in aula, sicuramen-te è un vantaggio, si stabilisce un rapporto più diretto con il docente e si riesce a seguire meglio la lezione”.Carmine Abruzzi, studente di infor-matica, sostiene che “le lezioni sono strutturate bene, i professori sono molto disponibili, anche fuori dall’ora-rio di ricevimento; purtroppo gli ap-pelli di esami sono unici a differenza della sede di Bari dove c’è la possibili-

tà di poter sostenere un esame avendo a disposizione più appelli”.“Ci sono molti pregiudizi sull’Univer-sità a Brindisi, forse perché è ancora troppo “giovane”, e poi spesso chi si è già laureato è stato costretto comunque ad andare fuori perché qui, in città e nella provincia, non c’é possibilità di lavoro, quindi tanto vale trasferirsi prima”.Sicuramente la mancanza di lavoro condiziona tantissimo le scelte dei giovani ma c’è da dire che il problema riguarda gran parte dei laureati del Sud-Italia, indipendentemente dalla scelta della facoltà universitaria e dalla sede.Forse il problema oggi più imminente da risolvere sarebbe quello di rendere la città un po’ più a misura di ragazzo, capace di coinvolgere i giovani nelle varie manifestazioni, solo così forse la città potrebbe crescere culturalmente.L’idea dell’Università a Brindisi è co-munque già una piena dimostrazione della grande voglia di crescita, ma c’è ancora molto da fare perché la nostra città arrivi a competere con le altre realtà universitarie.

Stefania Fontana

DOVE VA L’UNIVERSITÁ?Iscrizioni deludenti: ad un corso di laurea solo 10 matricole. Economia aziendale va meglio. Ma si potrebbe fare di più. Anche seguendo i consigli degli studenti che hanno scelto di rimanere in città

ECONOMIA AZIENDALEImmatricolazioni 2008/09 140Iscritti anni successivi 544Laureati 114

INFORMATICAImmatricolazioni 2008/09 55Iscritti anni successivi 236Laureati 20

PROGETTAZIONE E GESTIONE DELLE ATTIVITÁ CULTURALIImmatricolazioni 50Iscritti anni successivi 39Laureati 0

AMMINISTRAZIONE AZIENDALEImmatricolazioni 20Iscritti anni successivi 40 Laureati 2

ECONOMIA DELLE ORGANIZZAZIONI MARITTIME E LOGISTICHEImmatricolazioni 10Iscritti anni successivi 13Laureati 0

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Risulta molto variegata, oltre che interessante, l’antica storia della via Lata. “Lata” forse perché, come c’infor-

mano sia lo storico Moricino (sec.XVIII), quanto, successivamente, il padre Andrea Della Monaca, era convinzione comune che i romani avessero costruito quella che sarebbe stata via Lata come si usava fare nella loro patria “che per la lunghiezza, come per l’ampiezza e drittura, dovea ra-gionevolmente contenere nobili, et ricche habitationi”.Si trattava della strada principale della città e sembra che fosse stata edificata a somiglianza della via Trionfale di Roma. Di ciò però non c’eè alcuna traccia nei rinve-nimenti archeologici di cui si ha notizia. A voler fare un altro grave sgarbo ai cultori della origine romana del toponimo, vi è da considerare che in via Lata, al decli-nare del XVII secolo, abitasse, con la sua famiglia, un facoltoso e intraprendente commerciante, tal Beltramo Lata, capace di intessere proficui rapporti commerciali con la dirimpettaia Grecia, tanto che la sua attività apportava indiscussi benefici alla città. È sbagliato, e irriguardoso, pensare che la strada abbia preso proprio da lui il nome?A dar retta ancora agli storici sopra indi-cati, forse è vero che in via Lata abitava gente importante, ma i nomi che vengono alla memoria non ci riportano oltre qual-che secolo fa. Ad esempio, nel 1758 la famiglia Lacolina (che poi dette il nome all’omonima via con un antico arco) con Onofrio e poi con Leonardo, dottor fisico, quindi con Francesco e poi con Vincenzo, sacerdote, si erano stabiliti nel palazzo che fu dei Ripa e che attualmente è di pro-prietà della famiglia Rollo.Agli albori del Risorgimento era risaputo che nel palazzo D’Oria, al centro di via Lata, vi era il movimento dei “Liberi Pia-centini”, a due passi da palazzo Catanzaro, la costruzione di maggior rilievo nell’area a mezzogiorno di via Lata, intorno alla quale ruotava un grande quartiere della città.Nel secolo XIX in Brindisi erano attive due botteghe di ceramisti, la prima, forse la più famosa, quella dei maestri Spinosa,

si trovava proprio in via Lata, mentre la seconda era ubicata nei pressi della Chiesa di Santa Maria degli Angeli, dove operava il maestro Camillo Fioravanti.La via Lata era nota e trafficata anche nel periodo medioevale. Procedendo per via Conserva e continuando per via Lata si giungeva alla famosa chiesa, ora distrutta, di S. Antonimo Abate che conteneva beni mobili di grande valore, tra cui importanti opere d’arte attualmente fruibili nella due-centesca chiesa della SS. Trinità-S. Lucia, sita proprio in via Lata.Nel 1899, quando con altre strade, a via Lata fu data una pavimentazione più decorosa e, per quell’epoca moderna, il vate dei poeti brindisini, don Agostino Chi-mienti, sul giornale “Indipendente”, nella sua poesia: “Na caminata pi Brindisi”, tra l’altro, così verseggiò: «‘mber’alla Colina, alla via Lata, Atru no dicunu, cce bedda strata».Lungo l’ultimo tratto di via Lata, proce-dendo verso ovest (ovvero lasciandosi alle spalle il mare), s’incontrano Corte Torto-

trare casi di degrado estremo. Da quelle strade le ragazze “perbene” non avreb-bero mai e poi mai dovuto passare, pena tremende reprimende, ma anche castighi e talvolta ceffoni che i severi genitori di quel tempo infliggevano “sempre per edu-cazione” alle stupefatte ragazze che forse non comprendevano bene i motivi di così netti divieti.Nell’ampio agglomerato che ruotava intorno alla “Violata”, oltre alla casa chiusa ufficiale (il “Dodici”), che però stava in via Porta Lecce, in un’altra viuzza della zona operava la “pasionaria del sesso”, passata poi alla storia come “Maria la brindisina”, vestale del dio Eros che in una religiosità tutta pagana introduceva il giovane in una società adulta. Maria, sul famoso motivo di: “Firenze stanotte sei bella in un manto di stelle…” indicava la sua disponibi-lità, pronta per il cliente successivo. Ma nonostante la notorietà, Maria non aveva certamente il monopolio del meretricio: in quelle viuzze, operavano tante altre Maria, spesso in insospettabili abitazioni.

Maria vi era, al civico 98, funzionava il famoso “Giardino della Danza”, uno spiazzo recintato di circa 500 metri quadri gestito da tale “don Pasquale” un ex appuntato dei carabinieri in pensione. Si trattava di balera all’aperto, con annesso ingresso coperto, bar e forse anche servizi igienici dove i giovanotti, dopo le prover-biali sette fatiche, conducevano le riottose ragazze dell’epoca a ballare. In determi-nate circostanze, la festa era “esclusiva”: l’ingresso era rigorosamente riservato a soli uomini che nella balera di via Lata avrebbero trovato delle “signorine” pronte a far loro compagnia. Ciò accadeva soprattutto quando arrivavano nuove navi americane in porto con tanti militari pieni di dollari e di voglia di divertirsi. Tutto si svolgeva nel massimo ordine, tanto che nessuno nel vicinato ebbe mai a ribel-larsi o protestare per tali festini. Solo la madre del dott. Ernani Rollo, il cui palazzo era di fronte, borbottava perché il “figlio per il rumore non riusciva a studiare”. Don Pasquale con la sua autorità riusciva a tenere lontani dal locale eventuali malintenzionati o esponenti della malavita che pure all’epoca non mancava. In quel giardino si organizzavano anche “Serate per famiglie” che riscuotevano grande successo. Quando, alla metà degli anni Cinquanta, don Pasquale, ormai stanco, decise di ritirarsi nella sua città di prove-nienza, Napoli, il “Giardino della Danza” cessò di funzionare e cadde in un malin-conico oblio.Era una zona rossa la “violata”, con tanto di sezione comunista, forse la prima della città, intitolata a “Vincenzo Gigante” le cui prime riunioni si svolgevano in una rivendita di carbone il cui leader era “Ntu-nucciu” Quarta, che fu anche assessore nelle giunte di sinistra del dopoguerra. Come non ricordare la storica bottega della “pippara”, il bar di Porcelluzzo, ‘Ntonio “lu furnaru”, Vittorio il tabaccaio, la cantina di “Patesi”, la casa-deposito di Giardino che con il suo triciclo vendeva gelati d’estate e focaccine d’inverno. La via Lata portava diritta al mare, in quel seno di Levante che dal dopoguerra in poi è profondamente cambiato, sino a risultarne sconvolto lo stesso panorama. Negli anni Settanta, ad esempio, si decise che nel Seno di Levante, proprio dirim-petto al “Turrigghione” e all’imbarcadero delle navi traghetto, dovessero essere allocati, quale invalicabile barriera tra via Lata e l’orizzonte, sette enormi ed alti silos per la conservazione di mangime e cereali. Da quel momento via Lata venne autenticamente tappata e perse orizzonte e panorama.Colpa della politica si disse e come si sa, spesso, la politica non aveva e non ha colpevoli.

LETTURE

I SEGRETI E I VOLTI DI VIA LATAQuesto mese pubblichiamo un capitolo del libro di Antonio Caputo, «Piazze, luoghi, quartieri di Brindisi» (Hobos Edizioni). In vendita nelle principali edicole e librerie della città a 12 €.

Era la via della gente importante,

ma lì vicino c’erano anche la borsa

nera, “zzumpisti” e contrabbandieri

rella e via Schiena, tra le due, Corte Tor-torella, fino al 1905, collegava, attraverso un omonimo arco, via Lata con i giardini denominati “Minunni” e con quello che sarebbe stato il prolungamento di Corso Garibaldi, oggi Corso Roma. Nel secolo XX, a partire dagli anni Trenta in poi, il massimo della trasgressione dei giovanotti di allora era quello di chiamare via Lata: “la violata”. Qualcuno potrebbe vederci anche un doppio senso, ma forse non è così. Intorno alla via Lata ruota circa un quarto della vecchia cinta muraria della città. Si andava dalla via provinciale per Lecce, a Sant’Antonio Abate, alla Madonna della Scala, Santa Lucia, San Dionisio, le Mattonelle, il carcere vecchio, “lu Turig-ghioni”, la “Rabbia” e tanti altri piccoli rioni, scendendo poi verso il mare nel Seno di Levante. Spesso si trattava di un dedalo di viuzze, dove non era raro incon-

Si era nell’immediato dopoguerra, degrado e fame imperavano, insieme all’arte di arrangiarsi. Nel dedalo di viuzze ai confini tra via Lata e le Mattonelle, c’era il regno degli “zzumpisti”, dei contrabban-dieri e della borsa nera. Gli “zzumpisti” erano quelli che saltavano dai camion americani in corsa carichi di derrate ali-mentari che percorrevano via del Mare. Gli scatoloni di farina, sigarette, cioccolato venivano fatti immediatamente sparire nelle viuzze intorno a via Lata dai com-plici in agguato. I più anziani ricordano ancora nei paraggi di via Madonna della Scala o delle Mattonelle i falò di “Amlire”, la moneta introdotta dagli americani, quando vennero dichiarate fuori corso. Qualcuno in quegli anni si arricchì, in tanti invece ebbero la vita segnata da galera e sofferenze. A qualche decina di metri dalla casa di

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Buona vita! di Don Giuseppe Satriano

A tutto c’è un limite!Un nuovo stile di vita è possibileAbitare il limite vuol dire accogliere la libertà dell’altro, costruire un futuro migliore per tutti.

OPINIONI

Sin da piccoli siamo stati edu-cati a distinguere nei nostri com-portamenti tra

bene e male. I suggerimenti e le proi-bizioni, ci hanno aiutato a comprendere il limite da acquisire per evitare di incor-rere in pericolose situazioni: nò! questa cosa non si fà perchè..., non mettere le dita nella presa altrimenti..., togli dalla bocca quella... Quanti pianti e litigate con i genitori per “tentare” di superare quei limiti; quanti atteggiamenti seduttori e manipolatori creati ad arte per ottenere il superamento della soglia del limite imposta dagli adulti. È questo il dato antropologico emergente da una semplice analisi “casalinga”, familiare, del percorso vissuto da molti di noi. A partire dal quadro di valori o pseudovalori appar-tenenti alle figure genitoriali, i figli vengono fatti crescere consapevolizzando una “soglia” oltre la quale “non è bene” andare.Crescendo e cogliendo la forza della vita che ci scorre dentro, la parola limite assume sempre più un suono non gradevole all’orecchio. Oggi più che mai, nessuno vuole sentir parlare di limiti o, peggio, di essere limitato. “Limite” evoca spesso il concetto di ostacolo, tabù, divieto, proibizione, morti-

ficazione della propria gioia di vivere, inutile e penoso ostacolo alla propria realizza-zione.È strano, ma andando all’eti-mologia della parola limite (da latino limes) si presenta una significazione più ampia quale: viottolo, linea che fa chiarezza, tracciato dirimente e, dunque, consapevolezza delle proprie possibilità.Parlare di “limite” è rendersi consapevole che ogni realtà limitante può divenire regola o incentivo alla ricerca di alternative possibili.È proprio quello che leggiamo nel testo del Deuteronomio: “Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male” (Deut.30,15). Il testo, che richiama l’episodio dell’albero proibito del para-diso terrestre, fa riferimento ad un intervento educativo più ampio di Dio nei confronti d’Israele, realtà di schiavi senza identità, che viene chiamato a divenire popolo mediante delle scelte chiare e definitive, scelte che possono dare “la vita” o procurare “la morte”, scelte capaci di aprire orizzonti nuovi e ine-splorati. L’uomo viene così a contraddistinguersi dagli altri esseri viventi non solo per la sua razionalità ma anche per la sua capacità di scegliere, secondo “coscienza” e “intel-ligenza”, utilizzando una facoltà che rende grande la sua dignità: il libero arbitrio.“Abitare il limite” credo sia

l’imperativo educativo a cui ci si debba convertire, impa-rando uno stile di sobrietà e di verità, quella verità inscritta nella natura delle cose che legittima una libertà autentica, ovvero una libertà

diviene capacità di acco-glienza della libertà dell’altro, che limita la mia ma con la quale posso costruire un futuro possibile per tutti. Abbiamo bisogno di riscoprire una dimensione di vita meno

terizza la nostra vita? Quale storia stiamo disegnando con le nostre scelte? Quale futuro andiamo consegnando a chi viene dietro di noi? È nell’agire responsabile di un vivere relazionale, civile,

«Oggi più che mai, nessuno vuole sentir

parlare di limiti o, peggio, essere lmitato»

che sa bene di essere limi-tata proprio perché creata e donata ad ogni uomo come bene primario. In tal senso, abitare il limite diviene atteggiamento posi-tivo di chi desidera misurarsi con sé stesso e con la realtà, a partire da quello che real-mente è e può divenire, non coltivando “allucinazioni” impossibili e distruttive;

“frenetica” e più ricca di riflessione imparando a scor-gere il “limite” di ogni cosa. Scegliere tra bene e male, tra vita o morte è il percorso che da sempre attende l’uomo, sapendo cogliere dai limiti reali le prospettive in cui col-locare il proprio cammino.Chiediamoci quale cultura viene oggi seminata intorno a noi? Quale identità carat-

rispettoso ed equilibrato, che si può pretendere di costruire cammini di vita luminosi sot-traendoli alla facile tentazione di scelte affrettate, relative o, peggio ancora, strumentali ed asservite a logiche individuali ed egoistiche.È bello sfidare i nostri limiti ma facciamo attenzione a non rimanervi imprigionati. Buona Vita!

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LA DOLCE VITA vini, sapori, luoghi, eventi, persone

Sono gli studenti dell’Istituto Alberghiero di

Foggia i vincitori della quarta edizione del Premio “Chez Vous Giovani Cuochi”, organizzato dal gruppo Chez Vous e svoltosi nei giorni scorsi a Tenuta Moreno: i sono aggiudicati la statuetta in bronzo “Il Cuoco”, opera dell’artista Cosimo Giuliano, e una borsa di studio di 1.000 euro. La scuola di Foggia si è classificata prima, presentando alla giuria tecnica i piatti “Lagane in tazza con rape scottate, favetta piccante, lacerto al limone con fumè e pomodorino candito” e “Cilindro di pasta fillo al canestrato, con ricotta di capra, ceci piccanti, sgombro cotto a bassa temperatura, epices araba e bottarga di lesina”).A conquistare il secondo posto, l’Agostinelli di Ceglie. Il terzo posto è andato all’Ei-naudi di Canosa di Puglia. A premiare i ragazzi, l’Am-ministratore Delegato del Gruppo Chez Vous, Antonio Argentieri, e lo chef Igles Corelli, che ha partecipato attivamente alla gara.Corelli si è impegnato a segnalare personalmente, a colleghi ristoratori di fama nazionale, per ogni istituto partecipante, un allievo di cucina, per un’attività di stage.Le due giornate di manife-stazione, condotte con la consueta professionalità e la giusta dose di ironia da

PREMIO CHEZ VOUS 2009

AI FOGGIANI IL CONCORSO TRA GLI ISTITUTI ALBERGHIERI

VINO E SAPORI Prima il Vinitaly, poi Londra

FUORI CASA

Sul podio anche Ceglie Messapica e Canosa. Ed il cuoco-star Igles Corelli, presidente della giuria, promette a tutti i giovani un periodo di stage nei migliori ristoranti italiani

Periodo intenso per le aziende agroalimentari brindisine.

Le cantine della provincia saranno impegnate dal 2 al 6 aprile a Verona, alla 43esima edizione del Vinitaly, che si prennuncia in tono minore, a causa della crisi. Alla manifestazione parteciperanno anche alcune aziende olearie, che esporanno nel padiglione del Sol, la rassegna degli olii extravergini italiani. «Il periodo non è certo eccezionale - afferma Sergio Botrugno, proprietario della più angtica cantina privata del capoluogo - però a certi eventi non si può mancare, e comunque sono fiducioso, perché soprattutto in questi momenti gli importatori sanno valutare meglio l’importanza della qualità dei prodotti, oltre che del loro prezzo».A maggio invece lo stesso Botrugno

ed altre 12 aziende della provincia di Brindisi saranno impegnati in una missione commerciale a Londra, organizzata da Promo-Brindisi, azienda speciale della Camera di commercio di Brindisi. Il 12 maggio, infatti, sono in pro-gramma incontri con un gruppo di operatori commerciali (importatori, distributori, ristoratori). Seguirà una degustazione die prodotti agroalimentari e dei vini brindisini, che vedrà la partecipazione anche di illustri esponenti della comunità italiana che vive e lavora nella capitale inglese. L’iniziativa è stata fortemente voluta dal presidente di PromoBrindisi, Mimmo Convertino, nell’ambito del progetto di interna-zionalizzazione delle imprese locali che vedrà l’azienda speciale della Camera di commercio impegnata in missioni in Tunisia e Australia.

RISTORANTIAlla Cantina piatti d’artistaEra da tempo che non andavo in questo locale. Lo ricordavo come un posto piacevole, dove poter degustare piatti della gastronomia locale. Beh, devo dire che con il tempo la cucina de La Cantina ti l’Artisti ha fatto un salto di qualità. Non che prima non fosse di buon livello, ma ora è ancora migliore. E la diffe-renza la fanno proprio i piatti più tipici: su tutto segnaliamo le “fave n’capriate” (con cico-ria e pane fritto) e la trippa (spettacolare!!!). Ottima la selezione di dolci, tra cui spiccano dei cannoli siciliani con crema al pistacchio: da applauso.Via de Terribile, 11. Brindisi. Tel. 0831.529036

Antonio Stornaiolo, hanno visto gli studenti delle 12 scuole alberghiere di Puglia dare dimostrazione di grande tenacia e volontà: l’impe-gno richiesto dalla gara è stato affrontato con serietà, non solo al momento della

prova davanti alla giuria, ma anche nella fase preliminare, quando ragazzi e docenti hanno elaborato i menu, seguendo le indicazioni date dal regolamento del Premio. La manifestazione gode del contributo intellettuale

di Slow Food Puglia e del sostegno degli Assessorati regionali alle Risorse Agroalimentari e al Diritto allo Studio, della Città di Mesagne e della Camera di commercio di Brindisi.

Nelle due foto, scattate da Giuseppe Di Viesto, la gioia dei vincitori alla ufficializ-zazione della loro afferma-zione, e una foto di gruppo dello staff che ha partecipato al concorso.

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LA DOLCE VITA vini, sapori, luoghi, eventi, persone

Un’oasi nell’oasi. Sì perché la Tenuta Moreno era già un

paradiso in aperta campagna. Ora, con l’inaugurazione del nuovo centro benessere, un gioiello senza eguali in provincia, la struttura si arricchisce di un servizio esclusivo, che le permetterà di avvicinarsi a nuove fasce di mercato. Il percorso “mellness” realizzato al primo piano dellìhotel situato tra Mesagne e Latiano, offre sauna finlandese, bagno turco, bagno alle erbe, raxul thalasso, table Hamman, vasca nuvola, piscina idromassaggio con vista sul panorama circostante, doccia emozionale, fontana

di ghiaccio, sauna tropicale, nebbia fredda, doccia solare, cabine estetiche. Insomma, c’è tutto ciò che serve per trascorrere mezza giornata da dedicare al proprio

BENESSERE

IL PARADISO A DUE PASSI DA CASA

CORSI Yoga, una filosofia di vita per essere felici. Anche a Brindisi

FUORI CASA

Tenuta Moreno inaugura il nuovo stupendo centro benessere. E lo apre anche ai clienti che non sono ospiti dell’albergo.

Non è solo una fortunata moda o un vezzo per pochi: da anni lo yoga ha abbandonato le sacche new age, per entrare nella nostra quotidianità. Oggi si incontra nei centri benessere, nelle aziende più all’avanguar-dia e addirittura nelle scuole. Per provare l’ “illuminante” esperienza non è necessario scomodarsi troppo. Anche a Brindisi c’è chi si occupa dell’insegnamento di questa di-sciplina dedicandosi con cura e passione al benessere di grandi e piccini. Si chiama Claudia Lo-vato (tel. 347.8196560, [email protected]).Che cos’è lo yoga?È una disciplina olistica che si prende cura di corpo, respirazione e mente. La pratica fornisce gli strumenti

per sconfiggere uno dei più grandi problemi dell’individuo moderno: la tensione nervosa. Una sola lezione di yoga o un singolo esercizio di respirazione possono infondere un senso di calma e concentrazione.Chi lo pratica deve avere parti-colari predisposizioni fisiche o mentali?È una disciplina per tutti, non solo per chi è agile. Una pratica costante ottimizza il funziona-mento dell’organismo, aiuta a rilassare il corpo e la mente, allontana gli effetti delle malat-tie psicosomatiche, dà maggiore tonicità muscolare, aumenta il benessere e l’ottimismo.Tu come hai incontrato lo yoga?È un incontro che risale a dieci anni fa, quando per la prima volta sono stata in Kerala e ho

conosciuto lo yogi Shanti che è stato mio maestro. Lì ho studiato anche danza indiana Katha-kali e Kalaripayattu, un’arte marziale. Al rientro in Italia ho iniziato uno studio costante, a Bologna, dove ho conseguito la laurea in Storia Orientale. Ho proseguito lo studio e la pra-tica per diventare insegnante, presso la Scuola “Satyananda Ashram Italia”, a Rimini, affiliata all’unica università dello yoga indiana “Bihar School of Yoga”, qui ho conseguito il diploma di formazione per insegnanti e l’attestato di aggiornamento per insegnare la pratica alle donne incinte. Attualmente sono l’unica insegnante a Brindisi e provincia membra della Yani (Yoga-associazione nazionale insegnanti).

Qual è la risposta della città? Positiva, sempre più persone partecipano ai corsi: signore, ragazzi, uomini e bambini. A gennaio, in occasione della manifestazione nazionale “YogaPorteAperte”, ho dedicato due giornate dimostrative a chi voleva avvicinarsi alla discipli-na. Hanno partecipato bambini con lo “Yoga giocando” e adulti, con incontri pratici e teorici. Perché praticarlo?“Imparare a vivere, amare e ridere è lo scopo dello yoga” queste parole di Swamiji racchiudono parte dell’essenza di una disciplina che ci aiuta a vivere meglio, raggiungendo benefici fisici e mentali.

Maura Cesaria

corpo e alle propria mente. La direzione dell’hotel sta studiando inoltre speciali pacchetti promozionali che consentiranno di abbinare ai trattamenti del centro

benessere una cena a lume di candela, oppure, nel periodo estivo, la possibilità di utilizzare la piscina. Per ulteriori informazioni: 0831.774960.

IL BLOG E LE NEWSOgni giorno un argomento diverso su cui potete intervenire e dibattere.E in collaborazione con www.brundisium.net: tutte le novità dell’ultima ora.

DISCUSSIONICari lettori, raccontateci la vostra recessione: le storie, i sacrifici, le trovate per battere la crisi e continuare a tirare avanti.

SONDAGGI1) Ferrarese candidato del PD-UDC? Cosa ne pensate?2) Foto del Papa sui manifesti pro-Mennitti. Dite la vostra.3) Toto sindaco: secon-do voi, tra i candidati attuali, chi la spunterà?

Sul nostro sitowww.tbmagazine.it

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LA PIÚ BELLA DEL MESE

Altan sull’Espresso del 9 marzo

Voci di popolo lettere, email, fax, sms

PARLANO I LETTORI

Bel lavoro!Complimenti per il vostro magazine, l’ho apprezzato sin dal primo numero! bel lavoro!

Eliana Galasso

Un nuovo giornalismoCiao, non ci conosciamo ma volevo farti i complimenti per gli editoriali coraggiosi sul tuo giornale. Brindisi ha bisogno di giornalismo d’inchiesta (alla Milena Gabanelli, per intenderci) non di cronaca, nera, rosa o di qualunque colore essa sia, evitando il più possibile gli schieramenti politici, fatti salvi i nostri ideali, stretta-mente personali.È necessario un nuovo giornalismo che rilanci la città e la faccia uscire dal torpore in cui è precipitata da anni, ultimamente senza tanta cronaca nera, fortunatamente, ma mai abbassare la guardia.Buon lavoro.

Alessandro De Vito

Grazie per i complimenti, Alessandro. Credo anch’io che la città abbia bisogno di più giornalismo d’inchiesta. Se non proprio quello alla Gabanelli, inarrivabile, basterebbe anche quello del tipo “Le Iene” o “Striscia la Notizia”. Che forse sarebbe più appropriato ad una città tragi-comica come la nostra.

Fabio Mollica

La causa giovanileSiete dei grandi. Continuate a sostenerci,continuate a sostenere la causa giovanile . Grazie di cuore. Un giovane della provincia.

[email protected]

Caro direttore di TB, questa non vuole essere una semplice let-tera di complimenti per il servizio informa-tivo svolto , ma è posta in essere per fun-gere da vero e proprio RINGRAZIAMENTO

che mi sento di doverle rivolgere. I com-plimenti e i “grazie”, si sa, devono essere sempre ben accetti, specie se a rivolgerli è un ragazzo di 20 anni come me, che inizia a guardare al di là del proprio naso, a farsi un’ idea su ciò che lo circonda. Ebbene se per la maggior parte dei ventenni brindisini la massima aspirazione consiste nell’andare a mangiare un bel panino “alla Lega” o l’ aperitivo al Betty, per la restante parte che cerca di capire qualcosa del panorama politico brindisino, si prospetta uno scenario imbarazzante. Da una parte l’attuale sindaco Mennitti, ritenuto dai più “il sindaco dei pochi”, reo di concentrare la sua attenzione esclusivamente al centro della città tralasciando gli altri quartieri, e di non far mancare mai iniziative “ari-stocratiche” (come se tutti i brindisini andassero a teatro!); dall’altra il PD, che si è davvero molto impegnato, utimamente, nel confondere tutti e nel dare di se un’ immagine disunita e disorganizzata: le pri-

TB a Londra!Da questo numero TB viene di-stribuito anche a Londra: 5000 copie per i brindisini residenti nella City. E per il lancio non abbiamo badato a spese: 10 bus gireranno per tutto il mese con la nostra pubblicità che recita, come potete vedere in foto, “Anyone can get TB” (Ognuno può prendere TB). TB London è in distribuzione dall’1 aprile. Prossima tappa New York, dove il lancio è previsto l’1 aprile 2010.

lizzarli. Non lo avesse mai fatto!!! Accende la tv su studio 100 e li trova lì, gli “aspiranti sindaci”, uno accanto all’altro, intenti a dare di sè un’immagine sicura, convin-cente, rassicurante... Peccato che non abbiano proposto un pro-gramma decente in tre e che l’italiano in cui si esprimevano fosse raccapricciante. Prima i politici usavano riempirsi di “belle parole”, ora non sono rimaste neanche più quelle. E quella piccola parte di giovani brindisini interessati credo faccia meglio a tornare a mangiare dai camioncini il solito panino alla Lega. Antonio De Donno

Senza veliCiao, grazie per l’opera critica,senza veli e propositiva della vostra iniziativa edito-riale.

Mino Danese

TBtuttobrindisi

Direttore Resp: FABIO MOLLICA

Grafica: SALVATORE ANTONACI

Webmaster: ANTONIO TEDESCO

Stampa: Tipografia MARTANO Lecce

Redazione/PubblicitàProlungamento Viale Arno, sn72100 BrindisiTel/Fax 0831 [email protected]@tbmagazine.it

Autorizzazione Trib. Brindisi: n. 4 del 13/10/1996Distribuzione gratuita nei principali luoghi di lavoro e di ritrovo dall’1 di ogni mese

Cercaci anche su facebook.Sono presenti:FABIO MOLLICA - DARIO BRESOLINMARIO LIOCE - GIOVANNI ANTELMIGRUPPO AMICI DI TBGRUPPO FAN DI DARIO BRESOLINSTEFANIA FONTANAFRANCESCA ALPARONEI brani che trovate a fondo pagina questo mese sono tratti da:Sincerità, Arisa, 2009;Viva la Vida, Coldplay, 2008.

Su Facebook

n. 7 / aprile 2009

marie si fanno, non si fanno, si rifanno...ebbene si faranno. Cosa fa dunque il gio-vane ventenne smanioso di conoscenza? Si informa sui candidati alle prmarie, sui loro programmi e su come intendono rea-

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SPAM 0831 La satira di TBIl contenuto di questi articoli è completamente inventato. Però...

FUORI REGOLESIAMO TUTTI SINDACI: APPROVATO IL NUOVO CODICE ETICO AL COMUNE

Mentre tutto intorno è agitazione e confusione, il nostro Sindaco, nel più

assoluto riserbo, tenta di mettere insieme la sua maggioranza. Purtroppo, le posizioni emerse durante gli incontri, sono ancora distanti.Forza Italia suggerisce: Datti al Gas. An: Datti da Fare. Insieme per la città: Datti all’Ippica. La destra: Datti e Basta.In ogni caso si continua a lavo-rare per la costruzione di una compagine di governo degli “ultimi giorni”, dalla quale è stato categoricamente escluso, per scaramanzia, l’assessore ai servizi “dell’ultimo e definitivo saluto”, che, non si sa mai, è stato spedito in esilio a Lampe-dusa, nel villaggio vacanze extra-comunitario.Per mettere al riparo la giunta dalle continue fibrillazioni dei consiglieri è stata già approntata una batteria di regole democra-tiche da inserire nello statuto comunale.Molte le novità: 1) Litigata libera: tutti i consi-glieri di maggioranza hanno il diritto, per statuto, di litigare tranquillamente senza dover far finta di curarsi dei cittadini.2) Numero legale: le riunioni del consiglio comunale saranno valide, in prima convocazione, solo se non si presenta nessuno;3) I saggi: tutte le decisioni saranno prese da un organo indipendente ed imparziale

composto da tre saggi: il Sindaco, Mimmo e Mennitti. Sono valide solo le decisioni prese all’una-nimità.4) Briscola: le eventuali contro-versie o reclami dei cittadini e delle opposizioni saranno risolti, civilmente, con una mano di Bri-scola, a carte rigorosamente truc-cate, fra il sindaco ed il campione della sua maggioranza che, per evitare privilegi, dovrà “giocare”, come sempre, alla cieca, con gli occhi bendati.Il nuovo codice etico approntato, dà dignità finalmente all’istituto

degli annunci e delle inau-gurazioni a iosa, che saranno incentivate, specialmente in vici-nanza delle elezioni, ponendo fine alla fastidiosa e strumentale polemica delle opposizioni sulle doppie inaugurazioni della sta-tale 7, o ai 6 mila annunci sui lavori e sulla destinazione del teatro Di Giulio che, è finalmente ufficiale, rimarrà dove sta, è stato escluso ogni spostamento nel piazzale Lenio Flacco, o nel centro fieristico, anche per evitare confusione di film o di commedie.

Si sta anche esaminando la possibilità di sanare la ferita delle mancate inaugurazioni. Per questo è stato dato mandato all’ufficio legale, per trovare un cavillo, un appiglio legale, che consenta di procedere, prima del 6 giugno, alla inaugurazione ufficiale della colonna romana, di San Giovanni al Sepolcro, del monumento al marinaio e perché no, della nuova statua del sindaco ignoto, con la capitale in mano.Speriamo in bene.

Crest

Quello che segue è il testo inviatoci in gran segreto da un consigliere comunale, uno dei pochi che usa ancora il cervello, oltre che la lingua. Ha scritto questo intervento durante uno degli ultimi Consigli comunali, il ché la dice lunga su chi avete votato e che cosa fanno questi strani soggetti durante le ripetute inutili riunioni condominiali. E questo è uno dei migliori. Figuratevi gli altri...

Malgrado gli ottimi rapporti diplomatici che intercorrono tra la Santa Sede di Piazza Duomo e Palazzo Granafei Nervegna, a molti fedeli i manifesti elettorali pro-Mennitti con la foto del raduno pro-Papa hanno creato un leggero fastidio, che nei più sensibili ha provocato anche una inattesa, quanto giustificata, roteazione di palle. E così, in risposta all’affronto del primo cittadino, dalle schiere più estremiste dell’arcivescovado è giunta la pronta risposta al sindaco: i manifesti per la candidatura di Talucci a Papa sfrutteranno i volti dei politici del centrodestra. A causa dei continui cambiamenti di fronte dei politici locali, onde evitare clamorosi errori, i manifesti saranno stampati all’ultimo minuto. Nella foto, che siamo riu-sciti ad ottenere in esclusiva grazie ai nostri infiltrati nelle varie parrocchie brindisine, una bozza del manifesto, che a monsignor Talucci sembra essere piaciuto molto.

PERLE DI SAGGEZZA

La strana rapinaLeggete questo incipit di un

articolo di Quotidiano del 22

marzo scorso: «Due banditi

irrompono nella notte in un

pub del centro con il volto

travisato e un fucile a canne mozze puntato in aria contro i clienti». Quindi i clienti erano

seduti sul soffitto!

Più avanti si leggeva l’identikit

dei due rapinatori: «Si cercano

una persona tarchiata e alta,

l’altra più smilza e poco più

bassa». Ma se la definizione

di Tarchiato è “di corporatura

robusta e tozza”, può un tizio

essere alto e tarchiato?

L’ipotesi

miglioreSulla Gazzetta del Mezzo-giorno del 29 marzo, invece,da

un articolo di cronaca (pag.

II delle pagine brindisine)

apprendiamo di attraversare

«un periodo in cui tutti, nella migliore della ipotesi, arri-vano a fine mese con qualche affanno». Tutti, indistintamente,

anche quelli che guadagnano

un milione di euro l’anno. Viene

da chiedersi, poi, cosa accade

nella peggiore delle ipotesi. A

pagina III, invece, un titolo otti-

mista sull’offensiva criminale

a San Pietro Vernotico: «Lunga

teoria di attentati, e non si intra-

vede la fine». Come se i mal-

viventi dovessero comunicare

alle forze dell’ordine, e magari

anche alla stampa, la decisione

di realizzare l’ultimo attentato.

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Era una notte strana. Supermax aveva cenato con la famiglia, dopo

una estenuante giornata di lavoro che lo aveva visto prota-gonista di ben cinque interviste, quattro delle quali rilasciate al quotidiano Senzacolonne (ma su argomenti diversi!), e la quin-ta a se stesso mentre si radeva la barba dinanzi ad uno specchio dorato, arricchito dalle fotografie di Hatten e Killingsworth. Ma Su-permax, pur conscio di aver fatto già tanto per il territorio brin-disino, non riusciva a prendere sonno. Così telefonò ad Al Bano, l’amico fraterno, che si trovava in Cina per un concerto. Erano le 22. In Italia. Le 5 in Cina. SuperMax: «Ciao Albà, ti distur-bo?».Albà: «No Max, tu non disturbi mai. Ma che orà è? Le 5? Li mortacc....».La linea cadde per qualche secondo. Poi si rialzò.SuperMax: «Albà, mi sento strano. Sento una voce dentro che mi vuol dire qualcosa, ma non capisco cosa....».Albà: «Forte ti sta dicendo “va corchiti!”».SuperMax: «No, è una cosa seria. Quasi quanto il disco che abbiamo fatto insieme...».Albà: «Non me ne parlare, che pure qua in Cina mi chiedono “ma chi cazzo è quel Ferrarese che hai fatto cantare con te?”. E io no so che rispondere. Dico che è stato un gesto di benefi-cenza».SuperMax: «Infatti, proprio di questo sto parlando. Voglio fare un grande gesto di beneficenza per questa città».Albà: «Te ne torni a Francavil-la?».

SuperMax: «No, ma scherzi, proprio ora che la cosa inizia a piacermi. Ho deciso che la devo portare in serie A».Albà: «Senti, Max, io ti voglio bene, lo sai, ma adesso smettila di sniffare i fumi della zona in-dustriale di Brindisi. Vienitene a Cellino, a respirare aria di campagna».SuperMax: «Vedi, anche tu non mi capisci. Lo devo fare. È una missione. Mi candido con l’Udc. Me lo hanno chiesto D’Alema e Casini. È tutto sistemato».Albà: «Infatti a loro li hanno sistemati bene: tutti e due a casa».SuperMax: «Ma ci sono anche Frugis, una cinquantina di tifosi del palazzetto...».Albà: «Ah, vai proprio forte

SIAMO TUTTI SINDACI / ESCLSUIVA TB: ECCO COME SI È ARRIVATI ALLA CANDIDATURA

La satira di TB SPAM 0831Il contenuto di questi articoli è completamente inventato. Però...

allora! Ma scusa, butti a mare Mennitti, Rollo, gli amici che finora ti stavano accanto?».SuperMax: «Lo so, lo so. Ma ca-piranno. Questa è una missione superiore».Albà: «E scusa, hai ripetuto 200 volte che non abbandonavi Confindustria in questo periodo difficile, e mò cambi idea?».SuperMax: «Ma figurati se i brindisini ricordano queste cose! E poi capiranno che lo faccio per loro».Albà: «Vabbè, che ti devo dire, tanto ormai hai deciso. In bocca al lupo! Ciao».SuperMax: «Aspetta, aspetta un attimo, mi scriveresti l’inno? Ti nomino vicepresidente».Albà: «Mavaff....».E la linea cadde di nuovo, e mai più si rialzò. SuperMax trascorse la notte a scrivere il programma: il rigassificatore a Cerano (come da sempre egli aveva sostenuto,

LA NOTTE CHE SUPERMAX DISSE: «SIA FATTA LA MIA VOLONTÁ!»La voce dentro. I dubbi di Al Bano, a cui è stata proposta la vicepresidenza. Le battute su Mennitti. Lo scoop dei tre giornalisti amici. E la telefonata di Dio...

Credeteci, il bel fondoschiena che vedete qui raffigurato, è di esclusiva proprietà di un consigliere comunale brindi-sino che, preso dalla foga di festeggiare la vittoria dei suoi amici, si è lanciato in una corsa sfrenata per abbracciare i pallonari uno per uno, manco avesse visto Aida Yespica nuda. La par condicio ci impedisce di svelarvi il nome del consigliere. Potremmo farlo solo se pubblicassimo anche la foto del culo di un consigliere di centrosinistra, ma siamo sicuri che lo spettacolo non sarebbe dei migliori. Quindi, cari lettori, accontentatevi di vedere questo. E sappiate che le donne della nostra redazione hanno così commentato la foto: «È sicuramente la migliore cosa finora messa in mostra da un consigliere comunale a Brindisi». Saggezza delle donne.Ringraziamo il Nuovo Quotidiano per averci concesso la foto.

da convinto ambientalista della prima ora); l’onorevole Vitali confinato all’isola d’Elba, così impara a chiamarlo solo ragio-niere e non presidente o patròn; Francavilla capitale del Grande Salento.Alle 6 del mattino uscì di casa e sull’usciò rilasciò le prime inter-viste ai tre giornalisti amici che non riescono a cominciare bene la giornata se non ascoltano (e diffondono) il verbo di Super-Max. I loro nomi, li conoscete tutti, sono... Vabbè, per questa volta non lo diciamo.Sereno, in pace con se stesso, e sempre più convinto di aver pensato, voluto e progettato la cosa più giusta, SuperMax entrò a Brindisi, sognando una nuova skyline fatta di prefabbricati colossali edificati proprio sul porto, (”altro che quella cazzata della città d’acqua di Mennit-ti”, pensava tra sè e sè ad alta voce davanti ai cronisti che lo accompagnavano in ufficio e prendevano appunti).Durante il tragitto, salvò 15 per-sone da incidenti mortali sicuri, trovò dimora a 36 senzatetto e concluse le trattive per gli ultimi 14 rinforzi della squadra di basket.Giunto sull’uscio di Confindu-stria, suonò la suoneria del suo telefono: “One”, degli U2, can-zone che Bono scrisse proprio per il patròn, in quanto creatura unica e sola. Dall’altro lato del telefono c’era Dio in persona, che avendo finalmente trovato un po’ di tem-po libero grazie alla discesa in campo di Supermax, disse al suo successore: «Vai Max, candidati. Sia fatta la tua volontà». Ed egli si candidò per noi.

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Liste Nozze

Illuminazione

Idee regalo

Arredamento

Cucina

Accessori Vino

TUTTOBRINDISI FOTOGRAFIA

Solo

di IDA SANTORO

Menzione Speciale sezione Bianco e Nero

al concorso “Salviamo la Puglia”,

organizzato da Italia Nostra.

Questa rubrica (ideata da Massimo Guastella) è aperta al contributo di fotografi professionisti e appassionati di fotografia. Pubblichiamo volti, paesaggi, eventi, scene di vita cittadina. Alla fine dell’anno organizzeremo una mostra fotografica: gli scatti saranno venduti ed il ricavato sarà devoluto in beneficenza ad associazioni di volontariato brin-disine. Se volete partecipare, inviate le vostre foto all’indirizzo e-mail: [email protected].

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TUTTOBRINDISI FOTOGRAFIA

Il lavoro dell’uomo

di FRANCESCO DI PAOLA

Vincitore della Menzione Speciale al concorso “Salviamo la Puglia”, organizzato da Italia Nostra.

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Turista per casa di Mario Lioce

“Yes we can”: non è solo uno slogan è la consapevolezza del poter fareUna via per riappropriarsi dell’autostima e generare “potere” in grado di far cambiare le cose

OPINIONI

Alcuni giorni fa, nello sfogliare uno dei tanti settimanali

che vengono distribuiti in abbinamento ai diversi quo-tidiani nazionali, ho letto un articolo che mi ha fornito spunti di riflessione su un aspetto caratteriale che con-traddistingue l’operato della nostra città. I concetti espressi nell’articolo riguardavano una realtà apparentemente a noi lontana, una disciplina delle scienze sociali adottata dalle Nazioni Unite e dalle Orga-nizzazioni non governative in Africa: l’empowerment. È una strategia di prima linea che trova la sua concretizzazione immediatamente dopo il primo intervento, rappresentato come sempre dalla erogazione di sussidi per le popolazioni in difficoltà. Apparentemente strana, la parola empowerment non vuole significare altro che un arricchimento del proprio “potere”, fatto di autostima ma anche di informazione e consapevolezza di se stessi. Un concetto di potere tuttavia estremamente diverso dal classico stereotipo della pre-varicazione, essenzialmente intesa come l’azione del comandare e decidere, quindi, per gli altri, degli altri. Se ci fate caso, l’esempio perfetto di empowerment ci è stato fornito dallo slogan diventato ormai familiare: “Yes we can”. Da incredibile comunicatore qual è, il neopresidente degli Stati Uniti - Barack Obama - ha

sintetizzato in poche parole un concetto contenente una fortissima progettualità in grado, tra le altre cose, di sviluppare un altrettanto forte senso di appartenenza e coinvolgimento. Ma non è solo uno slogan elettorale. La vittoria stessa di Obama ha reso evidente a tutti quanto il potere della gente sia in grado di far cambiare le cose. “Yes we can”, appunto, è il concetto che sta alla base dell’empo-werment e cioè che prima di fare bisogna pensare di poter fare. È in sostanza un processo di crescita personale o col-lettiva, che vuol dire “sentire di avere potere” - o meglio ancora - “sentire di essere in grado di fare”. L’immediata riflessione scaturita dalla lettura di questi concetti ha scatenato in me la consapevo-

interpretato come assenza di consapevolezza? Temo di sì e a tal proposito cito un esempio che spero risulti significativo per la comprensione del con-cetto che desidero esprimere. Tutti noi abbiamo vivo nella nostra memoria il recente ricordo della disputa, volgare e mortificante per le modalità, che ci ha visto fronteggiare i cugini leccesi per evitare che si appropriassero di parte della sabbia delle nostre spiagge. L’ovvietà del sopruso è tale da consentirmi di tralasciare i dettagli della vicenda. Tut-tavia, né prima né dopo ho sentito voci interessate ad analizzare le ragioni per cui questo sopruso è sembrato alla nostra controparte lecito e percorribile. La nostra inerzia e l’incapacità di saper utilizzare, ad esempio, le nostre risorse

crema solare e una pasta al forno, è stata la nostra unica forma di indignazione. Ma in quale recondito angolo della nostra coscienza alberga l’in-dignazione quando vediamo regnare il sottosviluppo senza che la nostra classe politica e noi stessi si intervenga per cambiare lo stato delle cose? E qui ritorniamo al concetto di

di partenza psicologico ma inevitabilmente sfocia nel poli-tico. Attraverso il suo slogan e la sua persona, il presidente degli Stati Uniti trasmette un simbolismo positivo ed inclu-sivo: “tutti quanti, nessuno escluso, rimbocchiamoci le maniche ed incominciamo ad agire”.

Senza voler proporre paragoni tanto azzar-dati quanto incon-

sistenti, a livello locale non intravedo forze o personaggi in grado di esprimere quel simbolismo, inteso come capa-cità di far detonare finalmente e fragorosamente la nostra consapevolezza di dover e, principalmente, poter fare. Nelle prossime tornate elet-torali che ci attendono, spero che ognuno sappia cercare nei diversi candidati quei tratti che rendono grande un uomo che desidera condurre altri uomini: la capacità reale di dare spe-ranza e di restituire, specie nell’oscurità del periodo che stiamo attraversando, la consa-pevolezza del poter fare. Car-lotta Capua, la brava giorna-lista dal cui articolo ho preso spunto per queste riflessioni, ha usato una metafora di rara efficacia e bellezza: “chi pianta alberi mette radici, e sogna un’ombra di cui godranno altri”. Ecco, spero infine che l’azione di chi prossimamente governerà la nostra città possa rispecchiarsi nella lungimi-ranza di questo pensiero.

“Yes we can? Significa essere coscienti

di poter fare qualcosa. Chi tra i vari candidati potrà

far detonare le nostre consapevolezze?”

lezza della nostra tragica man-canza di consapevolezza (mi scuso per il gioco di parole). In un mio precedente articolo sostenevo come i numerosi problemi che attanagliano la nostra città non sono suffi-cienti a far vacillare il nostro immobilismo, che continua a mantenerci in una infeconda assenza di giudizio. Può questo immobilismo essere

naturali per produrre sviluppo e benessere, hanno fatto rite-nere normale questa sorta di “esproprio”, declassandoci al rango di colonia da sfruttare. L’autocompiacimento per aver saputo reagire a questa forma di neocolonialismo inter-provinciale ci è stato tuttavia sufficiente. L’esserci messi in fila in mutande tenendoci la mano sul litorale, tra una

empowerment, con la tragica mancanza di consapevolezza cui accennavo in precedenza. Dov’è il nostro “sentire di essere in grado di fare”? Più ci si sente consapevoli del proprio potere e più cresce la coscienza di cittadini attivi, più ci si sente capaci di poter e saper fare e più c’è una mol-tiplicazione delle opportunità. L’empowerment ha un punto

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